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Anno 125 - n. 19
12 maggio 1989
L. 900
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Gruppo 11/70
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a : casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
DIRITTO CANONICO
NAPOLI ■ IX CONVEGNO DELLE COMUNITÀ’ DI BASE
Credere, obbedire, Per una terra di speranza
giurare...
La Congregazione per la dottrina della fede ha compilato
una nuova formula di professione di fede e uno speciale ’’giuramento di fedeltà” da emettere assumendo un ufficio a nome
della chiesa. La professione di
fede consiste nel credo nicenocostantinopolitano (con ’’filioque”), segue l’espansione del
’’credo” a « tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta e trasmessa e che dalla chiesa è proposto da credere come
divinamente rivelato, sia con
solenne decisione sia con magistero ordinario e universale ».
Tutto ciò va ’’creduto”, inutile
ribadire che alcune cose sono
’’incredibili”; il canone 750 del
CJC è perentorio, o si è cattolici così o non lo si è. A quando
una verifica che ci dica quanti
sono quei cattolici? Tutto ciò
che la chiesa definisce circa la
fede e i costumi (morale) è da
accogliersi e professare fermamente.
Nel caso di pronunciamento
non solenne, non espresso con
’’atto definitivo” sì può dfesentire? No, va esercitato un religioso ossequio della volontà e
dell’intelletto che conduce ad
aderire agU insegnamenti. E’
quanto prescrive il canone 752,
che conclude: « I fedeli perciò
procurino di evitare quello che
con essa (dottrina) non concorda ».
Questo giuramento, a norma
del canone 833, rìgiuarda i partecipanti a concili e sinodi, i cardinali, i vescovi ed equiparati,
parroci, insegnanti di filosofia
e teologia nei seminari, i docenti di discipline teologiche e morali in ogni università, ecc. Chi
giura promette di conservare la
comunione, con la chiesa cattolica, di osservarne il credo e i
costumi, di obbedire al Codice
di diritto canonico, anzitutto,
ma anche a tutte le leggi ecclesiastiche. Promette di obbedire ai ’’sacri pastori”, ’’capi della chiesa”.
Il giuramento si conclude in
questo modo: « Così mi aiuti Iddio, e questi santi Vangeli che
tocco con la mia mano ».
La nuova formula di professione di fede e giuramento di
fedeltà è in vigore dal 1° marzo 1989. Riteniamo che qualcosa di sim,ile, o le stesse formule, saranno proposte, anche agli insegnanti di religione nelle
scuole. Insomma: tutti in riga!
Il 1° marzo non sarà la data deH’allineamento universale
dì tutti i teologi, più di quanto non lo è stato il 1967, data
della stesura del testo in vigore sino al 1“ marzo ’89.
Ci chiediamo: chi metterà la
mano sui Vangeli e giurerà
con riserva mentale farà un
servizio o un danno alla chiesa universale, intesa quale comunione dei credenti di tutte
le chiese? Cosa faranno i teologi dissenzienti? La Congregazione si illude se crede di
estinguere il dissenso proponendo una nuova formula di
giuramento, ma crediamo che
non coltivi questa illusione, piuttosto ha approntato uno strumento che le consentirà di agi
re applicando con rigore quanto prescrìtto dal libro VI del
CJC: « De sanctionibus in Ecclesia ».
Q sarebbe parso più coerente
fare porre la mano dei giiuranti non sui Vangeli, ma sul Codice di diritto canonico o, con
qualche piccola riserva, sui documenti del Vaticano II! Il Vangelo non sottoscrive troppe cose sulle quali si chiede di giurare: l’Inventario sarebbe lungo.
Dopo l’alba conciliare la chiesa romana conosce ora la notte
fonda, il tempo del controllo,
della paura, della forza. Il domenicano Bernard Quelquejeu ha
scritto, a proposito del riconoscimento dei diritti umani nella chiesa romana; « L’autorità
continua ad essere esercitata in
modo monarchico, in modo indiviso, senza controllo, senza contropoteri, senza opinione pubblica, senza possibilità di contenzioso amministrativo. In tal modo non è gran che sorprendente
che 1 fenomeni ideologici vi abbiano particolare virulenza: autolegiittimazione, autoritarismo,
rivendicazione d’infallibilità, accecamento ed incoscienza, attrattiva per il segreto, tendenza all’inerzì'a ed alla stereotipia, tradizionalismo, paura dell’innovazione. 'Tutti tratti che non si
può fare a meno di rilevare nella preoccupazione della propria
salvaguardia istituzionale, nella
ossessione ripetitiva della propria -autorità magisteriale » (Concilium 1/89, p. 168).
Cosa diremo dei riconoscimenti dei diritti dell’EVANGELO?
Il vecchio leone B. Häring chiede che la Congregazione sia
messa a riposo, o almeno ”in
sonno”; noi auspichiamo un forte critico risveglio evangelico
di tutti i cattolici evangelicamente pensanti.
Alfredo Berlendis
La realtà delle Cdb coinvolge anche i giovani.
Nuovi orizzonti e campi d’impegno per un movimento che si è presentato ricco di energie - La linea espressa dal tema dell’assemblea
Se qualcuno pensava che l’esperienza delle Comunità cristiane di
base (Cdb) fosse finita, stroncata
dall’era wojtyliana e dal rigore del
card. Ratzinger, ebbene si sbagliava di grosso. Le Cdb sono vive e
vegete, c l’hanno dimostrato col
loro IX Convegno nazionale, svoltosi a Napoli dal 29/4 al 1/5.
Certo, oggi come un tempo, sempre in movimento, nel senso che
vivono in spazi precari, nel rischio
di ulteriori emarginazioni, senza
garanzie che ne assicurino la sopravvivenza finanziaria, con strutture quasi evanescenti tanto son
leggere. Eppure continua la linea
di riflessione lungo le dritte abbozzate negli anni ruggenti, quando sulle pagine dei giornali venivano descritte le vicende dell’Isolotto di Firenze, di Oregina di Genova o di S. Paolo fuori le mura
di Roma. Direi che in questi anni
sono state disattese le speranze più
diverse: di quei protestanti che ne
attendevano l’arrivo in massa, di
quei difensori del cattolicesimo
tradizionale che ne auspicava la
sparizione, di quei laici che ne sottovalutavano le ragioni ideali.
Rimangono, certo, un movimento di minoranza. Però c’è da domandarsi se questo primo dato
regga ad una verifica. Sono circa
150 le Cdb collegate con la Segreteria, lo strumento che serve a
mantenere i collegamenti. Forse
potrebbero essere di più. In venti
anni di vita molte realtà sono nate, durando talvolta solo una breve, ma intensa stagione; molte
altre, dopo il chiasso iniziale che
sembrava promettere chissà quali
sviluppi, si sono stabilizzate su
certi livelli, e a quelli sono rima
ste. Ma non si può giudicare un
fenomeno come questo solo in base ai numeri ( che comunque sono
interessanti e significativi).
Vi sono infatti istanze e suggestioni che sono andate ben al
di là degli stretti confini delle
Cdb. Penso alla battaglia contro
il Concordato: uno degli elementi qualificanti, fin dall’inizio, le
Cdb per esprimere una chiesa senza potere. Una battaglia che, allora, sembrava persa in partenza.
Eppure oggi, come ha detto Giorgio Bouchard nel corso della tavola rotonda del 29/4, « cominciamo
a vivere l’inizio della fine del Concordato ». Lo stesso Domenico
Rosati, già presidente delle Adi,
ora senatore democristiano, un
cattolico intelligente e aperto ma
anche leale verso la gerarchia, ha
riconosciuto che il Concordato è
qualcosa che appartiene alla sto
VERSO L’ASSEMBLEA ECUMENICA DI BASILEA
La risposta mancata
« Ej s’aspettava ch’essa gli facesse dell’uva e
gli ha fatto invece delle lambrusche » (Is. 5: 2).
« Voglio cantare una storia: è il canto di un
amico e della sua vigna ». Con queste parole inizia il canto della vigna del profeta Isaia. Il canto
della vigna si presenta come una canzone nuziale.
La vigna era immagine ben nota per la sposa, e
nell’immagine venivano lodate la bellezza e le virtù della sposa. Era anche consuetudine che l'amico dello sposo gestisse il matrimonio e parlasse
al posto dello sposo. All’inizio del canto tutto sembra auspicare una grande fortuna. Il profeta loda
la bellezza delta vigna/sposa, racconta tutte le fatiche dell’amico per rendere perfetta la sua vigna,
per dare un futuro fruttuoso al suo rapporto d’amore. Sembra veramente un canto d’amore che
non può finire che con un happy end.
Ma non finisce così. « Ei s’aspettava ch’essa gli
facesse dell’uva, e gli ha fatto invece delle lambrusche ». Questo piccolo versetto trasforma il
canto della vigna, iniziata come una canzone d’amore, in una durissima accusa contro la sposa infedele. Ma Isaia non abbandona ancora il tono
della canzone popolare, non rivela ancora la realtà che sta denunciando. Lo sposo tradito chiama
gli ascoltatori della canzone come arbitri tra sé e
la sua vigna; essi devono testimoniare che la colpa è tutta della vigna/sposa. Secondo questo giudizio lo sposo tradito annuncia la punizione: la vigna non sarà più protetta dal muro e dalla siepe,
non sarà più lavorata, le nuvole non le daranno
più la pioggia, e questo elemento rivela che lo
sposo è il Signore, perché solo lui ha il potere di
comandare le nuvole. La vigna quindi sarà distrutta, morirà abbandonata.
I primi sei versetti del canto respirano la freschezza e la plasticità della canzone popolare, si
sente l’amore dello sposo, il dolore nel vedersi ingannato e tradito, la rabbia che è forte come prima l’amore. Soltanto nell’ultimo versetto Isaia lascia cadere la maschera del cantastorie: « Or la
vigna del Signore è la casa d'Israele, e gli uomini
di Giuda son la piantagione ch’era la sua delizia;
Klaus Langeneck
(dallo studio biblico di Wille Riekk'ncn,
della Chiesa luterana finlandese)
(continua a pag. 2)
ria. Dunque può essere modificato,
rivisto e anche, volendo, abolito.
Intorno a questa bandiera del rifiuto del Concordato anche laici,
anzi atei professi e incalliti, come
M. Alighiero Manacorda, co-autore di « Carta ’89 » che in breve
tempo ha raccolto centinaia di firme da parte di intellettuali di ogni
orientamento politico e religioso,
si ritrovano a combattere gomito a
gomito, a far parte di un’area di
dissenso che si allarga sempre più.
Su un altro versante, una chiesa-senza-potere (che non vuole essere, come le Cdb dicono di se
stesse, un’altra chiesa, ma una
chiesa altra, cioè diversa) può avere oggi un grande ruolo da svolgere. E’ quanto ha sottolineato Rossana Rossanda in un bell’intervento sulle « realtà alternative di
fronte ai processi mondiali di organizzazione e concentrazione dei
poteri ». In un mondo, ha osservato, nel quale il dato economico,
produttivo (e consumistico) sembra prevalere non solo all’Ovest,
ma anche all’Est, è importante sviluppare e far crescere il tessuto
delle relazioni sociali. Le Cdb possono aiutare gli uomini e le donne
di oggi a capire quali sono i valori reali della vita, senza lasciare
che altre forze cattoliche o cristiane in genere invadano questi
spazi con le loro proposte alienanti.
Molto attenta l’analisi della società attuale, nell’introduzione curata da Marcello Vigli, a voler sottolineare l’unione tra fede e storia.
II convegno si è svolto a Napoli, una scelta non casuale; Napoli come capitale del Sud; Napoli come concentrato e vetrina degli squilibri dello sviluppo capitalistico; ma anche Napoli come
luogo di speranza, in cui si coltiva l'utopia di un mondo che può
nascere. In questo quadro si colloca l’intervento di Isaia Sales, capogruppo del PCI alla Regione,
sulla questione della camorra. E’
Luciano Deodato
(continua a pag. 3)
2
commenti e dibattiti
12 maggio 1989
COMITATO PER LA
LAICITÀ’
DELLA SCUOLA
Il Comitato torinese per la laicità
della scuola — ad immediata ottemperanza di quanto motivatamente pronunciato dalla Corte Costituzionale con
sentenza n. 203 dell’H aprile 1989
(cfr. G.U. n. 16, prima serie - speciale
Corte Costituzionale - del 19-4-1989)
circa lo « stato di non-obbligo » di
ogni alternativa all'insegnamento della religione cattolica ■ per quanti decidano di non avvalersene », ed in sollecita attesa dei conseguenti adeguamenti del Parlamento e del Ministero
della Pubblica Istruzione per la reale
e finora elusa facoltatività di tutto ciò
che discende dalla normativa concordataria in fatto di presenza religiosa
confessionale nella scuola statale italiana — sottolinea agli utenti degli
istituti scolastici pubblici di ogni ordine e grado (genitori e studenti)
e al personale direttivo e docente
che è caduto sin d'ora l'obbligo per
I non awalentisi di frequentare nelle
rispettive sedi « attività alternative »
di qualsiasi genere.
IN RICORDO
DI NERI
Alle belle espressioni ohe Sergio
Ribet ha dedicato a Neri Giampiccoll
sul numero del 5 maggio 1989 vorrei
aggiungere una testimonianza personale.
Neri è stato per me un « collega
fraterno ». Più che un semplice collega: una persona con cui avevo molti
ideali e aspirazioni in comune. Una
persona che rappresentava una volontà di rinnovamento della Chiesa valdese. Vent'anni fa qualche giovane
velleitario poteva liquidarlo facilmente come « borghese », mentre altri lo
consideravano troppo « progressista ».
Ma al di là di questi contrastanti giudizi c'era in lui — mi pare — una
volontà al tempo stesso riservata e
VIAGGI STORICI
Nella terra
di Lutero
Le chiese luterane dell'area napoletana organizzano dal 17 al 25
giugno prossimo un viaggio storicoculturale • nella terra di Lutero ».
L'organizzazione del viaggio consente la partecipazione da ogni luogo
d'Italia. Infatti è possibile raccogliere i partecipanti lungo tutto l'asse
autostradale da Napoli a Milano.
Il viaggio prevede la visita ad Eisenach, Erfurt, Weimar, Eisleben,
Mansfeld, Halle, Wittenberg, Leipzig, Altenburg, Norimberga.
Il viaggio costa L. 1.250.000 comprensivo di vitto, alloggio e trasferimenti e del costo della guida.
Si effettua in autopullman.
Per informazioni telef. a Inter
national smarty travei, 081/8625910
ovvero 8626458 o al past. Ciro
Rocco, tei. 081/8612627.
Iscrizioni entro il 30 maggio '89.
ferma di favorire un rinnovamento armonico della chiesa. Non aveva certo la manìa del protagonismo o del
decisionismo. Una parola che gli ho
sentito ripetere molte volte nella
■■ Commissione ministeri » e in altre
circostanze era: coralità. Vedeva la
chiesa come, appunto, qualche cosa
di corale, in cui ogni voce ha la sua
originalità, ma nessuna predomina sulle altre e tutte assumono il loro significato e valore dal fatto ohe cantano (agiscono) « insieme »1
Questa era la sua visione delle cose. Ad essa ho aderito e la considero valida perché è una visione al tempo stesso molto umana e molto evangelica, che vale la pena sostenere e affermare.
Durante gli anni in cui è stato moderatore ha dovuto affrontare dei problemi molto difficili. E' stato spesso
contestato. Ha probabilmente avuto alle
elezioni — in questi ultimi decenni
— il più alto numero di schede bianche o negative di qualsiasi altro moderatore: e ciò non perché non fosse
un buon moderatore, ma precisamente
perché è stato uno dei migliori,
poco preoccupato della propria figura,
del proprio successo, della propria
immagine e molto più attento a far fare alla chiesa quei piccoli importanti
passi avanti, realisticamente possibili e in pari tempo indispensabili perché essa potesse affrontare le sfide
e i problemi di questa fine di secolo.
Ne conservo un eccellente ricordo
sia sul piano dell'amicìzia personale
che su quello, più importante, dell'impegno comune per una chiesa riformata semper reformanda.
Aldo Comba, Ginevra
NERI, PREDICATORE
E MAESTRO
Con la morte di Neri Giampiccoll
scompare una figura fondamentale per
il protestantesimo italiano. Ho conosciuto Neri una quindicina di anni fa,
quale maestro nell'ultimo corso di
catechismo presso la Chiesa valdese di Milano, dove era tornato a lavorare dopo aver svolto il servizio di
moderatore. Di quest'uomo, all'apparenza minuto e fragile, mi colpirono
subito due qualità: l'umiltà e lo spirito con cui Interpretava la sua missione e la profonda fede, accompagnata da un bagaglio di cultura e di esperienza che ne facevano un interlocutore privilegiato per quanti avevano
la fortuna di attingere dal suo discorso.
Ma di un dono particolare Neri era
dotato, quello della predicazione. Ricordo, tra i molti sermoni ascoltati,
un intervento memorabile tenuto a San
Fedele Intelvi per la ricorrenza del
centenario di Pietro Andreetti, durante il quale, con termini che dopo parecchio tempo è difficile descrivere
con esattezza, diede un impareggiabile esempio di testimonianza e di fedeltà ai principi che informano l'esperienza di fede di un protestante.
Più tardi, ho avuto occasione di lavorare con lui per diversi anni nell'ambito del Comitato del Centro culturale protestante, delia cui fondazione
fu uno dei più tenaci assertori. E,
nuovamente, riecco le doti di mode
stia e di tenacia, ma anche la perseveranza nel non deflettere dal principi
sui quali siamo talvolta portati a cedere per la logica dei compromessi
che incontra la prassi della società
in cui viviamo.
Una personalità vivace, sempre attenta ai fermenti che, nei difficili anni
Settanta, attraversavano il nostro paese, cosciente che il protestantesimo
dovesse avere un preciso ruolo, assai
critica nei confronti della burocratizzazione strisciante che talvolta caratterizza anche le nostre strutture, ma
permeata da un autentico desiderio di
capire l'altro e donare i frutti del suo
impegno.
Ho rivisto Neri per l'ultima volta lo
scorso anno, in occasione di una riunione di valutazione di dieci anni di
lavoro del Centro culturale protestante. Non aveva voluto mancare, a ennesima riprova di una fede vissuta
nel segno della disponibilità.
Marco Rossi, Milano
LA TOGA
E LE CAMPANE
Gent. sig. Direttore,
ho letto l'articolo sulla toga che
dovrebbe indossare il pastore: sono
d'accordo anch'io, e ho pensato di far
pubblicare il mio punto di vista. A
San Salvo, in provincia di Cbieti, si
sta ultimando la costruzione della chiesa valdese, ma abbiamo visto che non
mettono la campana. Voglio dunque
far sapere che la comunità non è contenta, perché manca qualcosa di bello: che figura fa, così, un fabbricato
destinato a chiesa?
Noi evangelici sappiamo che la chiesa siamo noi, non l'edificio, sappiamo
che c'è un orario per il culto, ma per
il pubblico, per i passanti, non sarebbe
bello. Tutti saprebbero invece che le
campane servono alle chiese.
Ci tengo a far sapere che il pastore che ha fatto fare il progetto sapeva che avevamo due campane a nostra disposizione: perché non le ha
fatte mettere nel progetto?
Ora la nostra cittadina vedrà un edificio qualsiasi, non una chiesa, come
un uomo ben vestito ma senza cravatta, oppure una signora elegante senza
borsetta ed orecchini, oppure uomini e donne sposati senza anello.
Donato Cilli, San Salvo
LEGGE DI DIO
E LEGGI UMANE
Caro Direttore,
ancora una volta tutta la stampa italiana, non solo all'insegna della emotività, ma piuttosto a quella dello sdegno, è costretta ad occuparsi delle decisioni della magistratura in merito alle adozioni dei minori (parlo di Denis
e Christian Zanon), sulla base di una
legge che è stata formalmente dichiarata sul nostro settimanale « una buona legge » alla quale la nostra chiesa
avrebbe contribuito con tanta passione.
E' vero che dopo la drammatica decisione relativa alla piccola Serena,
La risposta mancata
(segue da pag. 1)
ei s’era aspettato rettitudine, ed ecco spargimento
di sangue; giustizia, ed ecco grida d’angoscia ». Im
vigna/sposa è il popolo di Dio, lo sposo è Dio.
Isaia racconta nell'immagine il tradimento del patto con Dio da parte del popolo di Giuda. Non sappiamo in quale contesto concreto Isaia ha pronunciato la sua accusa, ma in fondo tutto il periodo
della sua attività profetica era caratterizzato da
tentativi disperati da parte dei re di Gerusalemme
di salvare l'esistenza politica del regno di Giuda,
e di fronte a questa grande meta veniva trascurata la fedeltà verso Dio, che si sarebbe dovuta rispecchiare nella giustizia e nella pace all'interno
della società.
Il canto della vigna è stato scelto come testo
di studio per l’assemblea di Basilea su « Giustizia,
pace e integrità del creato », perché noi chiese
europee ci dobbiamo chiedere se le affermazioni
di Isaia sulla vigna del Signore non valgano oggi
per noi. Non ha Dio fatto tutto per noi dando il
suo figlio Gesù Cristo per liberarci dal peccato?
Non doveva aspettarsi che le sue chiese l’avrebbero ringraziato annunciando il suo regno di pace,
giustizia ed amore non soltanto con parole, ma
con impegno attivo, con opere di solidarietà, con
lotte contro le ingiustizie, la mancanza di pace e
le sofferenze di oppressi e sfruttati? Noi chiese
europee dobbiamo capire che oggi pace e giustizia
non sono più soltanto questioni nazionali, ma questioni di dimensione mondiale. Noi, vivendo in un
paese industrializzato e ricco dell’Europa, non possiamo distanziarci dalla disuguaglianza economica che divide il ricco Nord e il povero Sud del mondo creando ingiustizie, conflitti e sofferenze innumerevoli. Dobbiamo invece chiederci che cosa abbiamo fatto per superare questa divisione, ubbidendo così alla volontà del nostro Signore, e quante volte siamo diventati colpevoli rendendoci partecipi dei privilegi di cui gode il ricco Nord del
mondo a spese del povero Sud.
Klaus Langoneck
considerata alla stregua di un cagnolino o di un micetto, il nostro giornale si è indotto a pubblicare alcune lettere di lettori sostanzialmente in disaccordo, come me, con quanto ha potuto verificarsi ma, per quanto mi risulta, la redazione del giornale non ha
mai cambiato di una virgola il proprio
« punto di vista ». Non pensa che sarebbe un chiaro segno di « urhiltà cristiana » dichiarare a tutti i lettori
che anche la convinzione della redazione è cambiata (se è cambiata)
esprimendo l'auspiclo che tale legge,
che obbliga i magistrati a decisioni
certamente in contrasto con gli Insegnamenti del Vangelo, vada in qualche
modo migliorata, senza essere stravolta?
Per me e, credo, per molti evangelici,
quando una legge umana, in qualunque
campo, anche se malauguratamente
sostenuta da una parte dei credenti
delle nostre chiese, è contraria alla
legge del Signore, cioè alla legge dell'amore verso Dio e verso il nostro
prossimo, alla legge del perdono suggerita dalla crocifissione e resurrrezione di Cristo, essa va modificata o
da parte nostra disattesa, anche se tale comportamento ci riserva qualche
rischio umano. Tra Dio e Mammona, che
non significa solamente nostro personale interesse materiale, ma anche
mancanza di coerenza cristiana, sappiamo bene che cosa dobbiamo scegliere. E questo, secondo me, vale sia
per l'adozione che per l'aborto e
per la violenza sessuale.
Che il Signore ci aiuti a capire sempre meglio e a seguire con zelo le
sue leggi.
Reto Bonifazi, Terni
QUALE USO
DELLA LIBERTA’
Giornali e varie altre fonti d'informazione ci fanno conoscere le gravissime conseguenze causate dal pessimo uso della libertà, dai benessere
mal goduto, dalla mancanza assoluta della morale, soprattutto nei giovani.
Così, quale spinoso anello della interminabile catena delle sventure sociali, abbiamo appreso il suicidio del
ragazzo diciassettenne Cristiano Bertini di Pisa. Aveva lasciato scritto: « A
scuola vado male ». Ma queste frasi
penso siano solo un pretesto, anche
se frutto di rilassamento e di irregolarità che predominano nei giovani di
oggi; insomma, la conseguenza del
pessimo andamento della attuale società. Perché gl'insuccessi scolastici fanno parte anch'essi delle irregolarità familiari (ragazzi che hanno
scambiato la loro casa per una trattoria e per un albergo); famiglie che
hanno rotto il sano equilibrio (madre
che va fuori a lavorare, coniugi divorziati, oppure in preda a continue discordie); continui divertimenti che distolgono i giovani dall'attaccamento
alio studio, dal calore della famiglia,
dalle sane amicizie, dai doveri che
dovrebbero essere il cardine dei diritti reclamati; dal sano sport delle
gite podistiche e ciclistiche; dalla lettura assidua, quale svago indispensabile per il miglioramento culturale. E,
infine, daH'ausilio alla famiglia mediante servizi utili alla casa, come
facevano i ragazzi nei tempi passati, imparando a prepararsi a divenire
uomini dabbene, donne di casa per
fare onore alla società.
La totalità della gente di oggi ha
perso l'indispensabile baricentro dei
doveri che dovrebbero sorreggerla;
perciò è divenuta simile ad un edificio
che crolla per mancanza di equilibrio
etico.
I giovani si tuffano nel locali di
gioco, nelle discoteche, dove si
intiSichiscono la mente ed II fisico, ignorando perciò la campagna e
le bellezze della natura. E tutto questo alimenta i pessimi incontri, il vizio del fumo, il pericolo della droga e
tutte le altre storture che fanno degenerare sempre più la società, con l'illusione miseranda di essere liberi e
progrediti, ma con la realtà di avere
percorso un progresso deleterio perché a ritroso.
Le dialettiche che giustificano il male stanno continuamente in agguato,
ma la verità che deve risplendere sui
sentieri dell'umanità non potrà venire soffocata dalle menzogne, dalle leggi inique, dalla demagogia di quei politicanti che stanno calpestando il vero contenuto della sana politica, che
dovrebbe essere la propulsione del
vero progresso e della autentica giustizia.
Elio Giacomelli, Venturina
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Comitato di redazione: Mirella Argentieri Bein, Valdo Benecchi, Claudio
Bo, Alberto Bragaglia, Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino
Conte, Piera Egidi, Claudio Martelli. Emmanuele Paschetto, Roberto
Peyrot, Mirella Scorsonelli
Redattori; Alberto Corsani, Luciano Deodato, Adriano Longo, Plervaldo
Rostan
Segreteria: Angelo Actis
Amministrazione; Mitzi Menusan
Revisione editoriale: Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò
Spedizione; Loris Bertot
Stampa: Coop. Tipografica Subalpina - via Arnaud, 23 ■ 10066 Torre
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ABBONAMENTI 1989
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011/655278 — Redazione valli valdesi: via Repubblica, 6 - 10066 Torre
Pellice - telefono 0121/932166
Il n. 18/89 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino il 4 maggio
e a quelli delle valli valdesi il 5 maggio 1989
Hanno collaborato a questo numero : Oriana Bert, Archimede Bertolino,
Febe Cavazzutti Rossi, Ivana Costabel. Giuliana Gandolfo, Giovanni
Gönnet, Paola Montalbano, Luigi Marchetti, Lucilla Peyrot, Teofilo Pons,
Aldo Rutigliano, Alberto Taccia, Margarete Ziegler.
3
12 maggio 1989
attualità
NAPOLI - IX CONVEGNO DELLE COMUNITÀ’ DI BASE
Le Cdb, oggi
Diamo qui spazio a due voci significative: quella di don Enzo Mazzi, della nota comunità
dell’lsolotto di Firenze, e quella di Ciro Castaldo, della segreteria delle Cdb di Napoli. Da
queste brevi testimonianze emergono alcune linee di fondo delle Cdb e quella che è la loro
realtà oggi.
Don Enzo Mazzi
Le Comunità cristiane di base
italiane, -fin da quando sono sorte, hanno sempre evitato due
scogli: uno quello dello spontaneismo, proprio di un movimentismo che era in auge a quel tempo (1968) e che lo fu ancora per
qualche anno; un movimentismo
privo di identità, di organizzazione e di radicamento. L’altro scoglio era quello della istituzionalizzazione. La navigazione è stata piuttosto difficile, ma in fondo anche produttiva e positiva,
se dopo 20 anni siamo ancora
qui, sulla breccia, a interrogarci e a socializzare esperienze che
riguardano le tematiche dell’oggi e non quelle di un tempo.
Si tratta di una linea di autenticità, che si lega al fondamento dell’annunzio evangelico,
che è un annunzio di morte e di
resurrezione.
Il progetto di Gesù, il movimento nato da lui (io non parlo di chiesa a questo punto, perché la chiesa è già troppo identificata), secondo come ce lo presenta il Nuovo Testamento, è
un movimento che da un lato si
pone in atteggiamento di conflittualità, alternativo rispetto a
tutte le forme istituzionali del
potere di quel tempo, dall’altro
cerca delle forme di identificazione della socialità nella dimensione comunitaria.
Fra
partecipanti alla tavola rotonda sono riconoscibili D. Rosati,
M.A. Manacorda, G. Bouchard, M. Vigli.
Nella nostra realtà viviamo
questa duplicità: da un lato abbiarno bisogno di forme di organizzazione, ma queste diventano, inevitabilmente, poteri sugli
altri. Dall’altro noi abbiamo anche il bisogno di riscattarci da
questi poteri che si originano
dalla necessità di socialità ed organicità. Abbiamo cioè un bisogno continuo di morte e resurrezione. La resurrezione quindi
non come cosa che è avvenuta
in un determinato momento e
poi s’è chiusa, ed ora noi dobbiamo vivere di rendita. Dobbiamo in un certo senso rinnovarla continuamente; continuamen
te riscattarci da questi poteri
che ci dominano a tutti i livelli:
culturale, morale, politico, economico.
In una pausa dei lavori Giovanni Franzoni (della Comunità di S.
Paolo, Roma) con Enzo Mazzi della Comunità dell’lsolotto, Firenze.
LA MOZIONE SU « BASILEA '89 »
le chiese
si convertano
Le Comunità cristiane di base salutano con gioia e con speranza i
rappresentanti di tutte le chiese europee che stanno per raccogliersi
nell'assemblea ecumenica di Basilea su « Pace e giustizia ».
Le Cdb ritengono che questo evento possa diventare una straordinaria occasione di ascolto corale
della Parola di Dio e di risposta
coraggiosa alle speranze ed alle
angosce delle donne e degli uomini del nostro continente, come
già si è visto nel primo appuntamento di preparazione al processo
conciliare, avvenuto nell'agosto '88
ad Assisi, dove i gruppi e movimenti cristiani dell'Italia erano
molto numerosi;
constatano tuttavia con disappunto che la CEi, nel comporre la
delegazione cattolica italiana all'assemblea, ha usato criteri discriminatori ;
esprimono le speranze che una
assemblea ecclesiale convocata non
per disquisizioni teoriche né dot
trinali, ma per domandarsi quali siano le sue responsabilità per la pace e la giustizia, trovi il discernimento necessario per un esame rigoroso e severo delle colpe delle
chiese europee per le guerre e le
conquiste del passato e per l'attuale modello di sviluppo che ha
portato al degrado ambientale;
auspicano infine che tutti i cristiani italiani si adoperino per contribuire con tutte le loro forze, con
scelte coerenti affinché il processo
conciliare ecumenico mondiale su
« Pace, giustizia e salvaguardia del
creato », la cui fase conclusiva sarà a Seoul (Corea del Sud) nel marzo 1990, abbia una preparazione adeguata in tutte le variegate espressioni della chiesa italiana ed una
partecipazione significativa delle
realtà operanti da tempo in questo
senso e su questi temi ad un evento che dovreobe porre tutte le
chiese in stato di conversione all'evangelo e alle speranze del mondo.
Ciro Castaido
Da questo convegno viene fuori una grossa vitalità. Bisogna
infatti tener in conto le grosse
difficoltà che si sono dovute affrontare per realizzarlo, dagli
scioperi dei trasporti al finanziamento. Chi viene qui viene a proprie spese, perché crede in un
discorso alternativo.
C’è un’emarginazione da parte
dei mass media. E’ un convegno
di più di 500 partecipanti, provenienti da tutte le parti d’Italia, e con delegazioni estere, dal
Belgio, Olanda, Spagna... ma non
troviamo spazio sui giornali. L’episcopato ci ignora. La nostra
segreteria è collegata con 150
Cdb, ma i punti di riferimento
Sono molto più numerosi; vari
sono i momenti attraverso i quali le Cdb danno un segnale della
loro presenza e tra questi non
vanno dimenticati i seminari di
studio, l’ultimo dei quali dal titolo: « Le scomode figlie di Èva ».
Siamo contro il Concordato ed
ovviamente l’insegnamento della
religione a scuola, ed anche contro il finanziamento della chiesa da parte dello stato. E’ la comunità dei credenti che, autonomamente, se ha una maturazione adulta, .si fa carico dei contributi per mantenere se stessa.
Questo mescolamento di carte
tra stato e chiesa, questo concedersi scambievolmente, non è un
segno profetico.
Abbiamo invitato l’arcivescovo
di Napoli e i vescovi della Campania, più tanti altri. Ci ha risposto solo Marco Ivaldi del
MEC (Movimento ecclesiale culturale). Invece ci ha mandato un
messaggio gradito Hans Kùng.
MOZIONE APPROVATA
Otto per mille:
no alle tasse
per la chiesa cattolica
Le Comunità cristiane di base,
nel loro nono convegno nazionale,
riflettendo sulle loro esperienze di
chiesa senza potere in una società in trasformazione, hanno affrontato anche il tema del finanziamento della chiesa cattolica italiana,
previsto dal nuovo Concordato del
1984 e dalle successive applicazioni dell'infausto Patto.
La Conferenza episcopale italiana (Cei) infatti, nella nota che ha
fatto leggere nelle parrocchie domenica 23 aprile, e che gran parte
della stampa ha ripreso acriticamente, dà una visione molto distorta
della nuova normativa, introdotta
dall'articolo 47 della legge 222/85
che dà esecuzione aH’articolo 7 del
Concordato.
Dalla dichiarazione dei redditi di
quest'anno (comincia infatti ad andare ora in porto la riforma del
Concordato in materia finanziaria) i
contribuenti hanno il diritto di detrarre dal proprio imponibile fino
a due milioni, ove si documenti che
sono stati devoluti alla Cei.
A partire dall'anno prossimo, tutti i cittadini, a prescindere dalla
loro religione, nella dichiarazione
dei redditi dovranno — in un'apposita casella — scegliere se devolvere alla Conferenza episcopale italiana, o ad alcune opere umanltarie-sociali dello stato l'8 per mille
dell'IRPEF dovuto.
La Cei, nella sua nota, ed In
successive dichiarazioni dei suoi
massimi esponenti, sostiene ia tesi
che con le nuove norme la chiesa
cattolica ha fatto una scelta di povertà evangelica e di coraggiosa
riforma. Un'analisi attenta della
nuova normativa non ci pare confermare questo trionfalismo ecclesiastico a buon mercato.
Quanti infatti devolvono — del
loro — fino a due milioni hanno
però un non trascurabile vantaggio; si abbassa la quota dell'imponibile. Ma è soprattutto suH'8 per
mille che si assommano insanabili contraddizioni. Infatti, anche coloro che « sceglieranno » di far devolvere alla Cei il loro 8 per mille,
non compiono un atto di generosità
dando del proprio. Semplicemente
« dirottano » sulla chiesa cattolica
parte delle tasse già dovute allo
stato.
La legge 222/85 prevede, inoltre, che le « scelte non espresse »
(quelle dei cittadini che non avranno optato di devolvere l'8 per mille né alla chiesa cattolica né allo stato) siano spartite, percentualmente, secondo le scelte espresse. In altre parole, con questa trovata, la Cei si assicura un’entrata
supplementare. Saranno, infatti, «costretti » a pagarla anche i cittadini
(cattolici o non) che non intenderebbero in alcun modo sostenere
le iniziative della Conferenza episcopale italiana.
Le Comunità cristiane di base
trovano tutta questa normativa estranea alla logica del Vangelo,
e lontana perfino dal Concilio Vaticano Il che, in nome del Vangelo e della povertà praticata da Cristo, si era impegnato a rinunciare
a tutti i privilegi concordatari.
Una comunità cristiana matura
deve trovare al suo interno, senza
interventi dello stato o con pseudo-elemosine, le risorse finanziarie
necessarie alla sua vita. E la condivisione dei beni — di cui parlano gli Atti degli Apostoli — si può
ipotizzare solo in una chiesa di
sorelle e di fratelli, ove tutti abbiano lioertà di parola e possibilità di scelta per tutto ciò che riguarda la vita della chiesa e la sua
missione nel mondo.
Del resto, anche alcuni parroci
hanno cominciato a protestare contro le nuove norme per il sostentamento del clero, che li rende
quasi dei funzionari ed in balìa di
un sistema che non li mette al riparo neppure da ingiustizie.
Le Comunità cristiane di base, infine, propongono a tutti i cattolici, in quanto tali, di rifiutare l’8
per mille richiesto dalla Cei. Un
« no » motivato dalla coerenza evangelica e per l’afferòiazione delia democrazia nella chiesa ed in difesa di uno stato veramente iaico.
L’ipotesi di una schedatura degli
italiani, dividendoli in « buoni » o
« cattivi » cattolici a seconda della
loro scelta dell'8 per mille, va fin
da ora respinta.
Napoli, 1” maggio 1989
I partecipanti al IX convegno nazionale delle Comunità cristiane di base
Per una terra
di speranza
Parla la delegata della Cdb di
Pinerolo.
(segue da pag. 1)
possibile non solo lottare, ma anche vincere la camorra, egli ha
detto. La premessa della vittoria è
data da un cambiamento della soeietà attuale, o meglio del suo modello di sviluppo che privilegia la
quantità al posto della qualità;
per dirla in altri termini, privilegia la produzione al posto delle
relazioni sociali.
Anche qui, un campo immenso
per le Cdb, e non solo per esse.
Non mi pare dunque, da queste
poche note, che si possa parlare di
crisi delle Cdb. Questa c’è, come
in ogni organismo: ma non di più
che altrove. Invece emergono molte proposte, si individuano nuovi
orizzonti; gli impegni sono tanti
e stimolanti.
Anche questo convegno s’è con
cluso con la « assemblea eucaristica». Il momento è stato preparato con cura e costruito in modo
tale da permettere a tutti di prendervi parte in modo attivo. Nella
liturgia s’intrecciano le parole dei
profeti e quelle del Vangelo, i
canti « spirituals » negri, così densi di speranza e di fede, e quelli
di oggi d’impegno nel sociale e
nel politico. La parola « speranza ». che ritroviamo nella enunciazione del tema del convegno,
attraversa le epoche e le generazioni, viene da lontano, si protende
verso il futuro; unisce ed accomuna oppressi di ieri e di oggi,
crea una comunione che non conosce frontiere e limiti, isjjira e
fortifica l’azione di oggi, innerva
la preghiera e l’attesa del Regno.
Luciano Deodato
4
4 fede e cultura
12 maggio 1989
FIRENZE
NASCE « CONFRONTI »
Palestina: quale futuro? sì comincia da tre
principi della Convenzione di Ginevra sono violati dall’occupazione
« Il popolo palestinese lotta
per la sua terra da prima dell’occupazione israeliana, da quando si oppose al colonialismo inglese. Il mio non è rancore verso il mondo ebraico, ma verso
l’Europa ».
Così diceva, fra l’altro, Ali Rascid, dell'ufficio italiano dell'OLP,
in Un dibattito promosso dall'Unione degli studenti palestinesi e dalla Lega per i diritti e la
liberazione dei popoli, con il patrocinio della Provincia di Firenze.
Con lui hanno parlato Pierluigi
Onorato, presidente della Lega e
senatore della Sinistra indipendente, Antonio Moscato dell’Università di Lecce, e padre Ernesto Balducci, direttore di « Testimonianze ».
Onorato, da poco rientrato da
un viaggio compiuto con una delegazione di giuristi nelle zone
occupate da Israele, ha cercato
di prescindere (3a quanto visto
di persona, per delineare reizionalmente dei principi di diritto.
Citando i principi sanciti dalla
Convenzione di Ginevra del 1949
in caso di occupazione militare,
ha fatto un elenco di ciò che
essa prevede per la tutela delle
popolazioni civili. Ne risulta che
Israele, in un primo tempo (1967)
favorevole all’applicazione di questi principi, li ha successivamente dichiarati inapplicabili. A detta dei suoi dirigenti, non essendovi in quelle zone una sovranità
di tipo statale, non si può parlare di occupazione militare, ma
solo amministrativa.
L’ONU ha tuttavia ritenuto che
le condizioni di applicabilità dei
principi di Ginevra sussistessero, e si dovesse garantire la proibizione di ogni violenza, fisica
e morale, sulle popolazioni civili, di ogni operazione di sterminio, di torture, delle deportazioni collettive e della colonizzazione delle terre occupate. « Un
grande divario — ha detto Onorato — sussiste tra questo minimo di civiltà giuridica e la situazione reale di queste zone.
Questo stato di cose è tutto il
contrario di quanto si era voluto esprimere nel diritto internazionale, sulla spinta degli entusiasmi venuti a porre fine alle
vicende che già avevano contrassegnato la seconda guerra mondiale ».
SEGNALAZIONE
Studi
di teologia
E’ uscito il primo numero della nuova serie della rivista teologica diretta dal prof. Pietro Bolognesi, « Studi di teologia »
(SdT). La rivista è pubblicata a
cura dell’« Istituto di formazione
evangelica e documentazione » di
Padova. Essa ha una frequenza
semestrale, si compone di un
centinaio di pagine, ed ha carattere monografico con una ricca
serie di segnalazioni e recensioni
di opere teologiche italiane e
straniere. Questo primo numero
è dedicato al tema, sempre di attualità, dell’evangelizzazione; accanto a quattro impegnativi saggi compare per la prima volta in
italiano il testo del « patto di Losanna » votato nel Congresso
evangelico internazionale che ebbe luogo dal 16 al 25 luglio 1974
alla presenza di 2700 delegati di
150 diversi paesi.
Per contattare la redazione e
fare l’abbonamento scrivere a :
SdT, via .T. della Quercia 81 35134 Padova.
Profughi palestinesi.
Il dramma che sta
vivendo la Palestina
deve trovare al più presto
una via d’uscita
duratura in una
prospettiva di pace
per le parti. (
Per Moscato la creazione (che
sta andando di pari passo con
l’intifada), di « embrioni di uno
stato è una delle sconfitte maggiori per Israele. In ventun anni nessuna collaborazione è stata raggiunta sul piano amministrativo, come mai era accaduto
nella storia ». Tutto questo sta
originando una situazione difficile per Israele, producendo ima
critica situazione interna. L’esercito comincia a rifiutare servizi di quella che possiamo definire « bassa macelleria ».
« L’unica soluzione stabile, ancorché lontana — ha concluso
Moscato — è quella di uno stato multirazziale e multiculturale,
dove ci sia spazio per tutti, e
dove si possano accogliere gli
ebrei che si trovino in pericolo
nel mondo ».
Citando Martin Buber, Balducci ha detto che il sogno del « sionismo puro » prevedeva « uno
stato che fosse una cerniera di
pace nel Medio Oriente, non un
satellite del capitalismo in una
zona di esso ». E ancora: quando Arafat ha parlato all’ONU,
. 1 -.-«i
« l’ONU assumeva il volto della
comunità mondiale, che investiva il popolo palestinese di un
riconoscimento pieno. Il piccolo
popolo vive linee avanzate della
trasformazione umana, quando
al diritto della forza si sostituisce la forza del diritto ».
In definitiva, secondo Balducci, « la conferenza intemazionale è necessaria se vogliamo che
la lotta del popolo palestinese
Sviluppi in pieno tutte le sue capacità; vi sarà la necessità dei
due stati in un primo momento,
ma successivamente quella di
uno stato laico che abbia come
fondamento la pace nel Medio
Oriente, punto di raccordo tra
terzo, primo e secondo mondo ».
Citando poi La Pira, il direttore
di « Testimonianze » ha aggiunto: « Il Medio Oriente, nonostante l'esiguità territoriale, è il fulcro della storia universale ».
Ali Rascid ha poi chiesto una
sempre maggiore solidarietà per
la causa dell’autodeterminazione
del suo popolo.
Italo Pons
RIEVOCAZIONE
Valdesi in mare
Giovanni Cignoni, capitano marittimo (1813-1889), fu il fondatore ed una
delle colonne della chiesa valdese di Rio
Marina all’iso'la d’Elba. La sua figura
ed il movimento evangelico cibano sono
stati studiati più volte (Rochat - 1913,
Preziosi-1976, Santini^l976 e 1987). In
questa occasione pubblichiamo un inedito, lo stralcio di una lettera scritta
da Rio Marina il 13 febbraio 1863 dal
past. Marchand al past. Revel, presidente del Comitato di evangelizzazione.
Le premier évangélique de Vlle^ celui
qui porta la Bible dans ce petit royaume, notre bien aimé frère, le capitaine
Cignoni, fit naufrage à la fin de novembre dans les eaux du Frioul Par
une dispensation providentielle, des 6
navires qui furent dans cet endroit le
jour de la tempête, cinq coulèrent à
fond, celui du capitaine, seul, fut jeté
sur une plage amie et put, malgré
ses nombreuses avaries,^ être remorqué
par un vapeur jusqu^à Marseille oîi il
vient d"être réparé. La foi et la résignation de nos frères (tout Véquipage
est évangélique) furent admirables; pas
une plainte, pas un cri de découragement ni de crainte.
« Ho sopportato la mia perdita con
pazienza, nous écrivait le capitaine.
avendo il mio cuore verso il cielo ed
avendo fede nelle promesse del nostro
buon Padre celeste il quale ci assicura d’aiutarci se Tinvochiamo nella nostra distretta. (...) La prima folata ci ha
portati nel peggior posto del luogo sic
ché eravamo in gran pericolo di perdere la vita, ma la mattina, per grazia
di Dio, ci siamo trovati dentro un piccolo seno dove c’era da una parte rena,
daH'altra piccole pietre. (...) Il mio spirito mi dice che le vostre preghiere ci
hanno aiutati e ora prego che ringraziate Iddio per parte nostra ».
La perte de notre ami a été de plus
de 9 mille francs. Il va sans dire que les
prêtres ont immédiatement répandu le
bruit que tous s^étaient sauvés et que
le capitaine protestant seul avait péri!
Mario Cignoni
^ Arcipelago roccioso di fronte a Marsiglia.
PROTESTANTESIMO
IN TV
Domenica 14 maggio
ore 23,30 ca. - RAI 2
replica: lunedì 22 maggio
ore 10,30 - RAI 2
In questo numero:
« Pace nella giustizia », dibattito sull’Assemblea ecumenica
di Basilea. Giorgio Girardet
risponde alle lettere dei telespettatori; notizie dal mondo
evangelico.
Sarà un bel rebus per gli storici futuri capire perché « Confronti » inizi la serie col numero 3, anno XVI! AU’interno, nell’editoriale, lo spiega il direttore, Luca M. Negro, dicendo che
la nuova testata si pone in continuità con Com-Nuovi Tempi.
« Confronti », dunque, ha una
storia lunga: nel ’67 vede la luce
« Nuovi Tempi »; nel ’72 nasce
« Com », che sta per « comunità », foglio delle comunità di base; due anni dopo le testate si
uniscono, nasce così nel ’74
« Com-Nuovi Tempi ».
In questi dati stanno le speranze, le lotte, i fallimenti, ma
anche le sempre nuove aperture di una delle vicende tra le
più singolari di un gruppo di
credenti in Italia. Un gruppo di
frontiera; dove però la frontiera
non è la linea di demarcazione
tra due popoli, due culture od
altro, ma il punto di contatto
tra realtà diverse che vogliono
dialogare. Così il protestantesimo dialoga col cattolicesimo, la
fede con la politica, la cultura,
la scienza... Scrive il direttore:
« ...Abbiamo deciso di concentrare la nostra riflessione su quattro temi che, come il leit motiv
di una sinfonia, dovrebbero percorrere, quasi intrecciandosi, ogni numero: le ’’nuove frontiere”
deU’ecumenismo, dell’etica, delle etnie, delle religioni ».
Va detto, e senza alcuna riserva, che il nuovo mensile si presenta bene. Bella la veste tipografica, dignitosa ma non lussuosa, chiara, invoglia alla lettura. Gli articoli non sono troppo lunghi, il che denota, nel
gruppo dei redattori, una certa
pratica di giornalismo.
Questo primo numero è ricco
di contenuti: intanto comincia
con ben tre editoriali, brevi e
succosi, poi c’è un « lunario »,
costruito con intelligenza, a cura di Giorgio Girardet; segue una serie di servizi, in parte sotto
forma di intervista, su argomenti vari (Concordato, infallibilità,
laicità, ecumenismo, immigrazione, matrimoni interconfessio
nali, femminismo, evangelizza
zione). Su due problemi di attua
lità (questione dei minori, dille
renza sessuale), esprimono la lo
ro opinione A. Zarri e L. Mena
pace. Chiude il fascicolo una se
rie di rubriche, (letteratura, ci
nema, teologia...). La sorpresa
di trovare qui la riflessione biblica. Forse le si poteva dare un
posto a parte; o forse è anche
giusto metterla lì, per non ghettizzarla, e farne qualcosa di distaccato dalla vita quotidiana.
Comunque collocata, l’importante è che continui ad essere interessante e stimolante come
quella che qui troviamo.
L’abbonamento annuo è fissato in 40 mila lire, ma il costo
reale è di 70 mila lire. Dunque
per ogni abbonamento dato a
prezzo politico, bisognerà trovare le 30 mila lire mancanti.
Non è poco; come pensa la
cooperativa che gestisce il mensile di far fronte a questo deficit? Dietro a questa mia domanda c’è la constatazione, una volta di più, che tra di noi non mancano le idee e talvolta abbiamo
anche le persone disposte e capaci di portarle avanti, ma ci
mancano i mezzi finanziari. O
almeno, questi ci sarebbero se
si trovasse un numero sufficiente di abbonati. E’ un problema
sul quale anche il nostro giornale è sensibile; per questo simpatizziamo con « Confronti » e
gli auguriamo un pieno successo.
I,. D.
Abbonamenti: annuo lire 40.000, a
costo reale lire 70.000, sostenitori
lire 100.000. Estero; (tutti i paesi, via
aerea) lire 70.000. Versamenti sul ccp
61288007 intestato a cooperativa ComNuovi Tempi, via Firenze 38, 00184
Roma, oppure su vaglia postale appoggiato sull’ufficio postale di Roma 13.
daudìana editrice
NOVITÀ’
MASSIMO OLMI
Protestanti e società
in Francia
Dalla Rivoluzione a Michel Rocard
pp. 196, 14 cartine a colori, L. 21.000
Sapevate che Michel Rocard, primo ministro francese,
è protestante e, come lui, tanti altri? Questo libro illustra la
presenza significativa dei protestanti nei posti chiave dell’amministrazione francese dalla Rivoluzione fino alle elezioni amministrative del marzo scorso, presentando un ampio spaccato
delle componenti politiche, sociali, economiche e religiose della
comunità protestante d’oltralpe.
ALLAN A. BOESAK
Se questo è tradimento,
sono colpevole!
Discorsi, studi, conferenze
In appendice : la lettera aperta al Ministro sudafricano
del 13 febbraio 1989
pp. 192, Lire 18.000
Questo libro illustra ogni aspetto dell’impegno totale del
pastore Boesak alla guida del movimento anti-apartheid quale
acuto ideologo della non violenza e grande leader politico.
Una battaglia epica che merita d’essere conosciuta. La combatte un uomo normale, che non è solo, anche se la sua vita
è in costante pericolo.
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Via P. Tommaso, 1 - 10125 Torino - Tel. 689804
C.C.I.A. n. 274.482 - C.C.P. 20780102 - cod. fise. 00601900012
5
12 maggio 1989
glorioso rimpatrio 5
REGIONE PIEMONTE
INTERVISTA
Dalle vicende di un popolo
alla stona dei popoli
La vicenda del Glorioso Rimpatrio, cronologicamente lontana è anche
occasione di riflettere su problemi e situazioni del nostro presente
Più di duecento persone hanno
partecipato al primo atto del seminario sul Glorioso Rimpatrio,
organizzato dal Consiglio regionale del Piemonte e dal Centro
evangelico di cultura « Arturo
Pascal », svoltosi a Torino nell’ampio salone di Palazzo Lascaris. Preceduto dai saluti di Angelo Rossa, presidente del Consiglio regionale del Piemonte, e di
Nicoletta Casiraghi, presidente
del Consiglio provinciale (il sindaco di Torino Maria Magnani
Noya ha inviato un messaggio di condivisione della linea culturale del convegno), il seminario è stato introdotto da una breve nota del pastore Luciano Deodato che ha ricordato come il riflettere sul Rimpatrio nella prospettiva che scaturisce « dalla vicenda di un popolo e che va verso la storia dei popoli » signiflca,
in un’ottica protestante, aprirsi
al dialogo, gettare dei ponti, sollecitare gli incontri e gli scambi
tra culture e sensibilità, anche di
fede, diverse tra loro. Difficile
sintetizzare qui l’ampiezza delle
relazioni che — questa è la speranza espressa dal pubblico —
verranno prossimamente pubblicate a cura della Regione. Tratteggiamo semplicemente alcuni
aspetti emersi dalle dense comunicazioni.
Enea Balmas, al solito documentatissimo, dell’Università di
Milano ha tracciato il quadro intemazionale del Glorioso Rimpatrio definito, anche dai gazzettieri olandesi del ’6(X), un’impossibile impresa. Dopo la revoca del
concretizsierà anni dopo il Rimpatrio dei valdesi, ma sarà un
fallimento. Sicché i valdesi, rientrati « manu militari » nella loro
patria e cambiato subito dopo il
loro rientro il quadro delle alleanze politiche dei Savoia, in sostanza ottengono ciò che gli ugonotti si vedranno negare ancora
per molti anni.
Giorgio Toum ha ricordato alcune premesse e personaggi, teologicamente rilevanti, del Rimpatrio: il Sinodo di Dordrecht che
rilancia agli inizi del XVII secolo il principio fondamentale
della divina elezione; la vocazione puritana che ha in Oliver
Cromwell uno dei suoi più significativi esponenti ; Jurieu e la
sua teologia profetica ed apocalittica del Rifugio ugonotto.
L’esercito dei santi (ovvero dei
credenti, nel linguaggio biblico)
marcia, dal Remano alle Valli,
avendo nel cuore la « vraie et
sainte religion», sentendo su di
sé la forza sicura della mano di
Dio che indica loro la direzione
dell’eredità dei padri. Lo studente in teologia Reynaudin scrive,
con toni apocalittici, nel suo diario della Rentrée : « Dio ha accecato il nemico affinché entrassimo nella nostra Canaan, e cacciassimo gli idoli ». I numerosi richiami veterotestamentari, la
teologia del Patto si traducono
nella ferrea vocazionalità di rm
esercito che sa interrompere la
guerra per partecipare al culto o
alla predica del mercoledì, e che
apre e chiude la sua giornata
con la preghiera. E tutte le pre
ì
c, - ^
masmm:â,a§Êsl^m..
11 ■: '
* ^ A,. ^ ¡r. •
Da sin.: prof. Enea Balmas, prof. Guido Quazza, dr. Nicoletta Casiraghi (presidente Provincia), Angelo Rossa (presidente Regione),
lo scrittore Muto Revelli, prof. Franco Venturi, past. Giorgio Tourn,
past. Luciano Deodato.
l’Editto di Nantes del 1685, come
è noto, migliaia di ugonotti lasciano la Francia. Ma sognano di
tornarvi se il Re Sole, l’Hitler
del XVII secolo, cancellerà la
revoca. In alcuni ambienti ugonotti transfughi si sogna così il
ritorno sull’onda di una spedizione militare che penetri nella
parte della Francia meno difesa :
il Sud, la Savoia, le Cevenne. Più
tardi i verbali degli interrogatori
dei valdesi catturati durante la
battaglia di Salbertrand registreranno il fatto che i valdesi conoscevano, almeno in parte, il progetto (anche se ce n’era ben più
d’uno) d’invasione della Francia
e che faceva affidamento sull’insurrezione delle popolazioni di
Provenza. Questo progetto si
ghiere iniziano con la parola del
pentimento, della confessione di
peccato; è per l’infedeltà a Dio
che si è abbattuta la tragedia.
Dalla dimensione storico-teologica si è passati poi, grazie ad un
audace salto di Guido Quazza,
preside della Facoltà di magistero dell’ Università di Torino,
uomo della Resistenza, a tratteggiare alcuni paralleli tra la Resistenza di ieri e quella di oggi.
Quazza ha scavato intorno ai
concetti di patria, di autonomia
e di protagonismo cogliendo analogie, per esempio, tra la vicenda del Rimpatrio e la Resistenza
al nazifascismo come lotta
contro l’oppressione e l’ingiustizia. « Sì, — dice Quazza — l’impresa valdese militare del 1689 fu
veramente un fatto di guerra
partigiana e il punto di contatto
con la Resistenza di questo secolo sta nella sfida che non sia
possibile accettare l’idea che l’uomo diventi schiavo di un sistema
totalitario, sia quello del Re Sole
o quello dei moderni fascismi».
L’ultimo intervento è stato di
Franco Venturi, uno dei maggiori studiosi italiani del ’700, docente di storia moderna all’Università di Torino, che ha ricordato
gli echi della Glorious Revolution del 1688 inglese che risuonano nelle pagine del libro di Arnaud sulla Rentrée. Un libro,
quello di Arnaud, significativamente dedicato ad Anna Stuart
d’Inghilterra: «A sa Majesté très
haute, et très puissante, princesse Anne, Reine de la Grande
Bretagne, de France, d’Ecosse et
d’Irlande: protectrice de la foi».
Rispetto all’aria che tirava in
Europa in quegli anni, la Gloriosa
Rivoluzione inglese introdusse il
concetto di tolleranza e, agitando
la bandiera « liberty and property », apriva il protestantesimo a
nuovi orizzonti. In Italia il rullo
compressore della Controriforma schiacciò per molto tempo
ancora ogni più piccolo fermento di novità in materia religiosa
e spense anche i pallidi lumi i
cui raggi arrivavano d’oltralpe
e illuminavano i primi passi della libertà di coscienza. Venturi
ha schizzato magistralmente il
profilo di un nobile piemontese,
criptoprotestante, certo Adalberto Radicati di Passerano, conte a
Torino che nel 700 entra in contatto con i protestanti delle Cevenne ed è un tramite, di qua e
di là dalle Alpi, delle idee calviniste. Era una meteora che lasciò
una pallida traccia. Sicché tra
qualche nobile, nascosto nella
sua dimora patrizia a coltivare
Lutero e Calvino, e il popolo ugonotto, perlopiù borghese, la Bestia apocalittica — sia essa vista
come il re o come il papa, la musica è sempre quella — continuò
a menare colpi a destra e a manca. Ma la furia della Bestia non
riuscì a fermare il drappello dei
santi che, pur non riuscendo ad
accendere la miccia di una vasta
rivolta nel ventre molle della
Francia, riuscì comunque a riprendersi il suo territorio. E di
lì a poco Vittorio Amedeo II
stacca il suo carro dalla Francia
e lo aggancia alla Coalizione anglo-olandese. Ormai è fatta. La
battaglia per la libertà contro
l’assolutismo aveva segnato un
punto a proprio favore. Forse in
questa sfida del piccolo Davide
che vince il grande Golia sta il
fascino di una storia vera e ben
documentata che continua ad appassionare tanta gente, come il
convegno torinese ha dimostrato.
« Sono stupito di questa vasta
ed attenta partecipazione alla
questione storica del Rimpatrio
— ha commentato lo scrittore
Nuto Revelll, moderatore dell’incontro — ; evidentemente quella
lontana vicenda valdese diventa
oggi concreta occasione di riflessione sui problemi del presente ».
Se è così, il primo del quattro
mercoledì torinesi ha evidenziato un parallelo fecondo che continuerà a svilupparsi come, prossimamente, riferiremo.
Pagina a cura di
Giuseppe Platone
Centenario:
a che punto siamo?
Bruna Peyrot, 38 anni, due lauree, una in psicologia e l’altra in
metodologia della ricerca storica, è la segretaria del Seggio della
Società di studi valdesi (S.S.V.). Continuamente richiesta, specie
in questi mesi, di partecipare a convegni, tavole rotonde, dibattiti
in tutt'Italia su tematiche storiche, non disdegna i problemi organizzativi che cura anche nei minimi dettagli. Da 7 anni lavora come
collaboratrice della S.S.F., ma solo da 4 è a tempo pieno. Un lavoro
che è diventato una vocazione e che si esprime soprattutto nell'impegno rigorosamente scientifico di ricerca storica.
Negli austeri uffici della Società di studi valdesi cerchiamo
brevemente, con Bruna Peyrot,
di fare il punto della « operazione centenario » chiedendole di ricordarci le linee portanti del programma ufficiale delle celebrazioni della storica vicenda del
1689.
« Il programma definitivo è
stato approntato. Vi si trovano
diverse dimensioni che cercano
di soddisfare le esigenze di tutti e, si sa, spesso i valdesi sono
difficili da accontentare! Innanzitutto, in ogni commemorazione c’è un momento centrale che
riassume il senso dell'iniziativa,
certo senza sminuire le altre.
Per noi, a mio avviso, è il momento dell’apertura del Centro
momenti, poco valorizzati negli
ambienti valdesi ».
Abbiamo parlato più di una
volta,_ in questa nostra pagina
mensile, dello «spessore europeo»
della vicenda del rimpatrio dei
valdesi. Si tratta di un approccio storiografico assolutamente
nuovo, frutto diretto degli studi
più recenti, o si tratta invece di
una semplice riscoperta e approfondimento di qualcosa che già
prima si era individuato?
«Quest’anno si parla molto della dimensione europea; sarà per
l’effetto anticipato del 1992? A
me sembra che questa dimensione non sia una novità. Sul piano
storiografico, infatti, sebbene non
’’applicato” al Seicento, già è
stato un approccio individuato
Proseguono i lavori per il Centro culturale.
culturale E’ una nuova opera
che apre sul futuro, indica una
via che sarà possibile percorrere
con il contributo di ognuno: la
riflessione sulla nostra identità
culturale e la cura nell’organizzare il materiale del nostro passato, che non è cosa semplice.
Tutti pensano che trattare di cose culturali sia facile, e non comporti se non attitudini individuali. In realtà la cultura si può
gestire in modo intelligente o
meno e soprattutto, che lo si voglia o no, tutti la facciamo. Per
questo è importante avere uno
spazio, un luogo, delle occasioni
per riflettervi. Il Centro è una
di queste.
Accanto a questa nuova Casa
che — mi si consenta la digressione — potrebbe essere letta
come la versione aggiornata dell’antica Casa valdese del 1889,
certamente abbiamo altre giornate significative. Potrebbero essere raggruppate in tre parole:
storia, impegno nel presente,
gioia dell’incontro fraterno.
La storia si affronterà specificatamente nel XXIX Convegno
storico intemazionale e nei dibattiti; l’impegno nel presente
sarà manifesto nell’attenzione
ad alcune opere come l’Asilo per
anziani di San Germano o radio
Beckwith che, su fronti diversi,
realizzano servizi indispensabili
al sociale e, infine, la gioia dell’incontro fraterno potrà essere
negli incontri di Balsiglia, Sapatlé, Sibaud, e con la conoscenza
dei valdesi del Rio della Piata
o di altre località venuti alle
valli per l’occasione del centenario. Direi di non sottovalutare
la dimensione della festa, del
piacere di stare insieme, di chiacchierare al di fuori delle dispute e dei dibattiti. A volte il senso delle cose si trova in questi
dai nostri studiosi medievisti,
Molnàr e Gönnet e, sul piano dei
contatti, si può dire che la collaborazione — a tutti i livelli,
non solo culturali — sia passata
sempre attraverso la solidarietà
e l’attenzione intemazionale. Il
terzo centenario ha meglio visualizzata la dimensione europea
del rimpatrio valdese del XVII
secolo e l’ha posta sotto la lente di ingrandimento ».
Quali sono oggi le prospettive
future della Società di studi vaidesi nei confronti del prossimo
nuovo Centro culturale, i cui lavori di allestimento stanno procedendo rapidamente?
« La differenza di impegno fra
Società e Centro con probabilità si preciserà nel concreto. Penso però che la Società, che in
questi anni ha dedicato molte
forze ad iniziative di divulgazione, di presenzia culturale, di accompagnamento alla conoscenza
della realtà valdese, potrebbe ritrovare il suo spazio nella ricerca scientifica che non ha mai abbandonato, ma che è rimasta forse un po’ nell’ombra. Resta aperta, infatti, ancora la messa a
punto di un "grande” progetto
di studio della storia sociale valdese che potrebbe coprire varie
discipline e vari settori di interesse e richiedere molte collaborazioni. Ma ci penseremo dopo
il centenario... Quello che. tuttavia, mi preme sottolineare è che
lo studio, la ricerca non devono
perdere una caratteristica tipicamente valde.se che è la verifica
dei ri,sultati del lavoro scientifico con un pubblico più vasto
delle ristrette cerehie accademiche, il "pubblico” delle comunità che non devono diventare
— come talvolta corrono il rischio — soltanto "campo d’indagine” ma interlocutrici di chi
parla di loro ».
6
6 prospettive bibliche
12 maggio 1989
la fede interroffa
Perché la morte, perché la risurrezione di Gesù?
Le questioni poste da questa
lettera sono immense, toccano il
fondo e la totalità della nostra fede. Ci vorrebbe ben altro che una
paginetta, e le mie forze, per tali
questioni che da quasi 20 secoli i
cristiani si pongono, tentando risposte, con una serietà e una passione che, mi pare, la lettrice banalizza un po’. Non le faccio l’offesa di pensare che aspetti una rispostina precisa e limpida. Provo,
come dice lei stessa, ad accennare qualche linea di riflessione e di
ricerca. Salto a piè pari la prima
parte: tutti noi vediamo in Gesù
ben altro che un maestro di morale (benché, pure in questo campo, non è stato l’ultimo venuto);
cerco di rispondere, in modo assai
fragile e provvisorio e parziale, alle due domande.
Perché Gesù
ha dovuto morire
per salvarci?
Non è una domanda così peregrina se un pensatore cristiano
della statura di Agostino ha potuto osservare che Dio, senza dubbio, avrebbe potuto trovare un altro modo, ma — aggiunge subito — non migliore né più adatto
di questo. V. Roggeri dà voce alla
rivolta contro la dottrina della
sostituzione vicaria, « che ripugna
profondamente alla sensibilità dell’uomo moderno ». Per questo, ripugna senz’altro all’uomo di sempre, anche all’uomo antico, anche
a quello medioevale o rinascimentale (lo ammettesse o meno). Paolo osserva che l’Evangelo della
croce è scandalo e follia per l’uomo naturale, anche e soprattutto
religioso. Quanti polemisti pagani
antichi hanno proprio combattuto
la dottrina cristiana in nome di
questa domanda e di questa argomentazione (mentre, è vero, erano
tanti gli adepti di culti centrati sul
mito — non la storia — di una
figura divina redentrice attraverso
la morte); e lo scettico e critico
« uomo moderno » era già ben
vivo negli argomenti dei sociniani
antitrinitari del XVI sec., poi negli
illuministi e via via fino a noi.
Detto questo, mi pare che si
presti a confusione parlare semplicemente di « sostituzione vicaria »: in che senso? « Sostituirci »
nel « pagare » a Dio con la sua
passione e morte il prezzo del nostro peccato, è una cosa; è la dottrina « soddisfattoria » (satisfacere Deo, « dare soddisfazione » a
Dio, alla sua giustizia) elaborata
da quel giurista che era Tertulliano e poi da Cipriano, a partire
dalla fine del II sec. d.C. Tutt’altra cosa è se Gesù Cristo si è sostituito a noi nel vivere — a che
prezzo!
una vita umana secón
LA DOMANDA
Ritengo personalmente il fatto resurrezione
come il nocciolo di tutto il kerygma evangelice), sul quale vado riflettendo da anni; ma devo
dire che la mia impressione globale su quanto
teologi e pastori vanno predicando nei tempi
nostri sia quella di un certo imbarazzo, oserei
dire di una certa paura ad affrontare una domanda a cui le semplici risposte catechistiche
tradizionali non bastano più. L'imbarazzo in
proposito non deve essere nuovo, perché vedo
che da oltre un secolo c'è come un brancolare
nel cercare e nel definire in che cosa consista
in ultima analisi l'essenza dell'evangelo, inteso
nel suo originario significato di « buona notizia ».
Da giovane mi aveva molto colpita un'affermazione di Giovanni Rapini in « Vita di Cristo »,
secondo la quale il centro dell'annuncio cristiano non starebbe affatto in una particolare e originale sublimità d'un insegnamento morale. Lo
studio della teologia protestante e la lettura attenta della Bibbia, che ho potuto compiere solo in questi ultimi vent'anni, mi ha confermato
l'esattezza dell'affermazione che, a quei tempi,
poteva apparire semplicemente scandalistica,
persino blasfema.
No, Dio non si è incarnato in una sua creatura umana per trasmetterci una morale un
po' più, o tanto più sublime di altre che già
c'erano e che farebbe di Gesù un uomo eccezionale e singolarmente degno di venerazione
e di stima umane. Non c'è parola, per quanto
eccelsa, di Gesù che non si trovi già, talvolta
esplicitamente, nella Bibbia ebraica (il nostro
Antico Testamento). I due famosi comandamenti dell'amore riportati negli evangeli e più organicamente in Matteo 22: 37-39 (amare Dio e
amare il prossimo), si trovano con le stesse
parole il primo in Deuteronomio 6: 5, il secondo in Levitico 19: 18; anche le altre massime
evangeliche sono rinvenibili in vari passi dell'Antico Testamento (perdonare ai nemici, non
vendicarsi, aiutare i poveri, e così via).
Chiaro: Gesù è venuto sulla terra per ben
altro, e per che cosa se non per morire e risorgere portando agli uomini, attraverso ciò e
non altro, la salvezza? Ma questo punto è proprio quello che apre le più sconcertanti domande, compendiabili in questa: perché Gesù ha
dovuto morire per salvarci? Poi: che relazione
c’è tra la sua morte e la sua resurrezione?
Alla prima domanda si è sempre risposto,
e si continua a rispondere nelle chiese fondamentaliste, secondo la dottrina della sostituzione vicaria: Gesù paga per noi, e paga perché
Dio esige una soddisfazione della sua giustizia
che l'uomo non può dare, perché Dio è infinito
e vuole una riparazione infinita a un peccato
che è infinito, mentre l'uomo è soltanto finito...
ecc.; insomma la dottrina di sant’Anselmo d'Aosta.
E ancora giorni fa un fratello metodista
sosteneva che questa è la vera e unica dottrina neotestamentaria, da cui non si scappa. Una
dottrina, inutile dirlo, che profondamente ripugna alla sensibilità dell'uomo moderno e che,
se non ho letto male, anche diversi teologi moderni non accettano più, per esempio Kaesemann. Ma non accettandola più, a parte che
non si saprebbero più spiegare tanti passi neotestamentari (specialmente la lettera agli Ebrei),
la dornanda rimane più che mai senza una precisa risposta.
Forse Gesù è morto per dimostrarci il suo
immenso amore che non si arresta nemmeno
di fronte al martirio? Ma tanti altri uomini,
non meno di Gesù, hanno affrontato atroci martiri per nobilissime cause o per amore di qualcuno, ma non ci hanno dato una salvezza eterna. O Gesù è morto per indicarci un modello,
per dirci insomma: « Sappiatelo fare anche voi »?
Bella notizia, quella che ci invita al dolore e
al martirio!
Poi, in tutte queste risposte, non c'è quella
a una domanda chiave: perché Gesù ha dovuto
essere anche Dio, non bastava un angelo, come
asseriscono i Testimoni di Geova, o un uomo
semplicemente sublime, come credevano un
Tolstoj, un Gandhi, e insomma anche molti non
cristiani e semplici ammiratori di Gesù e del
cristianesimo?
Poi, la resurrezione: che cosa ci porta di
vantaggio, che Gesù sia risorto? Era proprio
necessario che risorgesse? E' stata la domanda
di una signora a uno studio biblico (rimasta
senza risposta). Ora oso una rapidissima ipotesi di risposta, l'inizio di una via: non si potrebbe dire (e sembrerebbe ovvio, ma non lo
sento dire da nessuno) che Dio, incarnato in
un uomo, annulla in se stesso, Dio-uomo, il
dolore e la morte proprio vivendoli di persona,
e con ciò e per ciò, non per un risarcimento
legalistico, li annulla in ognuno di noi, superandoli, sempre nella sua persona, per superarli « ontologicamente » in ognuno di noi, facendoci oltrepassare fin dall'intimo della nostra
essenza umana psicofisica dolore, malattia e
morte, in una nostra resurrezione insieme individuale e cosmica (Romani 8), già ora, ma in
vista di una finale città di Dio di vittoria completa della vita e della luce (Apocalisse)?
Vera Ruggeri
do il cuore, il progetto e la volontà di Dio, incrinando così a fondo
la compagine chiusa della nostra
« vecchia » esistenza. Insomma,
una cosa è essere capro espiatorio,
tutt’altra essere il « secondo adamo » contrapposto al primo (noi),
il « nuovo adamo ».
Del resto, la grazia di Dio non
si « paga ». mai e in nessun senso. Né in positivo, meritandola, né
in negativo, avendone demeritato
e « pagandone » appunto la pena.
Sì, certo. Paolo diee ehe la morte
è il salario del peccato; ma noi
moriamo non perché Iddio, irritato. «ce la faccia pagare», bensì
perché, lontani da lui, contro di
lui, ci stacchiamo letteralmente
dalla fonte della vita (« In quel
giorno, morrai », Gen. 2: 17; non
è una minaccia, è un benigno av
vertimento, eome lo è sempre la
legge di Dio). Dobbiamo veramente liberare l’intero nostro rapporto eon Dio dal senso del merito: e del resto, ehe mai potremmo « pagare », eon la nostra morte?!
A questo proposito, dato che
parlavamo del capro espiatorio:
ebbene, anche quello offerto al
culmine del kippur, nel gran giorno delle espiazioni (Lev. 16: 7 ss.
parla di due capri, uno per l’Eterno, uno per Azazel) non era offerto sacrificalmente a Dio, ma « caricato » ritualmente di tutto ciò
che di malvagio e di mortifero vi
era in Israele (il richiamo di Is. 53
s’impone) e gettato « fuori del
campo », spinto nel deserto, dato
in preda alle forze del male e della morte. Se qualcuno era « pagato », non era Dio. ma il male,
l’Avversario. E senza dubbio questo intendeva Gesù quando, alla
vigilia della morte, avvertiva i
suoi che stava per dare la sua
vita come « prezzo di riscatto »
per molti (Me. 10: 45; Mt. 26:
28). Gesù ci ha riscattati, redenti
(letteralmente: comprati) per Dio,
col suo sangue, con la sua vita:
ma non a Dio ha pagato il prezzo
di sangue, bensì al male, al peccato. alla « maledizione della legge »
(Apoc. 5: 9: 1 Pt. 1: 18; Gal. 3:
13. 4: 5; 1 Cor. 7: 23; 1 Tim. 2:
6; Tito 2; 14).
Perché dunque è morto Gesù?
Perché la sua predicazione e la sua
condotta sono state insopportabili
per i fanatici del Tempio e della
Legge, pericolose e deludenti per
i pasionari del Potere (di qualunque colore), intollerabili e irrecuperabili per ogni logica umana.
Una vita umana che, come la sua,
osservi senza compromessi il r
comandamento, ponga veramente
Dio al primo posto, in modo assoluto e rigoroso, anche davanti
alla chiesa, al tempio, alla famiglia, alla patria, alla ragione, al
buon senso, a se stessi, una tale
vita non può che essere rifiutata,
abbandonata, rinnegata, schernita,
crocifissa. Gesù non è morto perché Dio sia un moloc avido, se
pur « giusto », ma perché noi siamo a-tei, nemici di Dio, a cominciare dalla nostra interlocutrice e
da me.
Fra gli innumerevoli morti ammazzati — più o meno « legalmente » — della storia, secondo la
testimonianza apostolica e la nostra fede e predicazione cristiana,
Gesù è il solo che è morto per aver
vissuto il «regno di Dio», fatto la
sua volontà già ora, in questa nostra esistenza. Accanto a noi, per
noi, al nostro posto. Uno di noi,
fino all’abisso insondabile della
solitudine e dell’abbandono totali (apparenti, ma con quale forza
terribile, quando quello che « pare » è così evidente!). Così, senza cedimenti, fino alla fine, c'è stata almeno una vita umana secondo il cuore di Dio; almeno questa
volta il Padre ha potuto effettivamente « compiacersi » di una tale
partecipe obbedienza, di un tale
fiducioso abbandono. Per questo,
attestano i testimoni, « ascoltatelo! », seguitelo. Lui, il diletto,
l’Unico.
Ma è così importante,
la risurrezione
di Gesù?
Lo è, perché Dio non è rimasto
nascosto, assente, inerte di fronte
alla vittoria così pesantemente apparente del male e della morte:
la risurrezione è il suggello di Dio
sulla vita e sul messaggio di Gesù;
quel capolavoro di fiducia filiale,
di obbedienza volenterosa e partecipe, di speranza invincibile, quel
vivere già nelle contraddizioni dure, feroci di questa terra e di questa nostra esistenza la realtà del
« regno » di Dio e la sua « giustizia », il suo amore, Dio non ha
lasciato che. pur con gli ultimi
onori semiclandestini degli ultimi
amici di-sperati, finisse in una
tomba, vigilata a evitare eventuali mosse eversive degli ultimi seguaci, mosse che in realtà nessuno
si sognava di fare. Quella vita che
noi distruggiamo, perché ci è intollerabile, Dio la ri-suscita, la ricrea; quella vita storicamente non
recuperabile, non inquadrabile, irriducibilmente «straniera», Dio
la riafferma, eternamente valida,
aperta sul suo futuro, sola veramente « giusta », e di una « giustizia» contagiosa, irradiante per noi.
Certo che è importante che Gesù risorgesse (più esattamente;
fosse risuscitato da Dio; infatti secondo la cristologia più antica dei
testimoni apostolici Gesù non risorge per virtù propria, è risuscitato dall’onnipotenza (ri)creatrice di Dio)! Se non fosse stato risuscitato, la nostra fede — dato e
non concesso che esistesse — sarebbe «vana» (1 Cor. 15: 17),
senza fondamento e senza avvenire, illusoriamente poggiata su una
impresa velleitaria, anche se generosa, e fallita, su un vuoto, su una
redenzione abortita, su un tentativo di vita « nuova » andato miseramente a vuoto. Proprio perché
la morte di Gesù non è stata un
« pagare » Dio (dopo di che, poco
importa in fondo che ne è del pagatore, il debito è saldato...), ma
è stata il prezzo di quella vita vera, di quella sfida — fidente in
Dio malgrado e contro tutto ■—
all’esistenza compromissoria, accomodante con il male e con la
morte, idolatra, proprio per questo
è essenziale che Dio abbia risuscitato Gesù, dando così vita al primogenito dai morti, al primogenito fra molti fratelli e sorelle, al
primogenito di ogni creatura, al
principio della creazione di Dio
(Rom. 8: 29; Col. 1: 15, 18;
Apoc. 1: 5, 3: 15). Egli vive,
tutt’uno con quel regno e quella
volontà di Dio che — a che prezzo! — ha vissuto fra noi, e perciò
a buon diritto lo chiamiamo Signore. « Gesù, avendo amato i
suoi che erano nel mondo, li amò
fino alla fine» (Giov. 13: 1). E’
vissuto — così — per noi, è morto
— così — per noi, per noi è stato
risuscitato e di noi, « in Cristo»,
l’apostolo può dire, annuncio
splendido ed esigenza formidabile; « Siete stati risuscitati con
Cristo... voi moriste e la vostra
vita è nascosta con Cristo in Dio »
e «sarà manifestata» (Col. 3:
1 ss.). In Cristo risuscitato già vive, offerta a tutti L 1’esistenza nuova, ricreata, il mondo in cui non
ci sarà più lamento, grido, dolore,
in cui la morte e il suo onnipotere
saranno per sempre annientati
(Apoc. 21: 4).
Ma perché non è così ora, pienamente? Forse perché tanti, a cominciare da noi, da me, non si riconoscono ancora veramente « in
Cristo », non vedono e non vivono veramente la loro esistenza
orientata dal fatto che sono « risuscitati con Cristo » e che « la
loro vita è nascosta con Cristo in
Dio », non sperano davvero, con
attesa ardente e attiva e contagiosa, che quella vita vera « sia manifestata », per loro e per il mondo. Per questo l’Evangelo di Gesù
morto per noi e per noi risuscitato continua a percorrere il mondo,
chiamando al ravvedimento, alla
fede, alla speranza e all’amore:
« Svegliati, tu che dormi, risorgi
dai morti e Cristo t’inonderà di
luce! » (Ef. 5; 14).
Gino Conte
1 Offerta per grazia, gratis, « senza
pagare» (efr. Is. 55: 1). Insisto che
un aspetto essenziale del ravvedimento, di fjiu«to radicale cambiamento, rovesciamento di mentalità, è proprio
l'acquisire, meglio, lasciarsi invadere
dal senso della gratuità dell'amore redentore di Dio. manifestato in Gesù
Cristo. E* un amore certo esigente, impegnativo, imperativo, vuole ri.sj>osta,
e il ravvedimento inelmle tale risposta.
Ma è un amore impagabile: né in positivo. meritandolo, né in negativo, pagando il fio per averlo rifiutato. Se
mai. siamo noi ad essere pagati o ripagati : non da Dio. ma <la noi stessi, dal
peccato. dall'Avversario (efr. Rom.
6: 23 n e bl).
7
12 maggio 1989
diaconia 7
LA COMUNITÀ’ ALLOGGIO DI TORRE PELLICE
Il 1988 in via Angrogna 18
Pensando all’anno appena trascorso, ci è difficile
individuare qualche elemento che lo differenzi da altri anni. Si è concluso il corso intensivo di formazione degli educatori e ci si è avviati a mettere in pratica
la metodologia appresa (osservazione e progettazione
educativa). Il personale è rimasto stabile, l’obiettore
ci ha lasciato a novembre, dopo 20 mesi di servizio, e
già ne sentiamo la mancanza. Abbiamo una volontaria
che coliabora con i due gruppi e una seconda che .inizia a fine anno. Le ammissioni e dimissioni (riportate
net riquadro) sono state programmate e neila norma.
Allora un anno tranquillo? Tutt’altro. Con 15 adolescenti per casa la tranquillità è una contraddiz;ìone
di termini. E’ noto che anche chi ha avuto un’infanzia
senza grossi traumi, una famigtia unita in grado di dare
affetto e sicurezza per un normale sviluppo, spesso attraversa un periodo difficite nella adolescenza. A maggior ragione è vero per chi non ha avuto queste
cose, chi è in cerca di un modello da segmre, chi è in
ribellione contro un mondo che gli ha riservato solo
confusione, rifiuto e incomprensione. Il nostro quotidiano diventa un tentativo di far rivivere le tappe
saltate, incanalare la rabbia accumulata, cercare di
stabiiire rapporti sani, coerenti e rassicuranti. Vita faticosa, per noi e per ioro.
Ma anche se a volte sarebbe auspicabile, non è concessa una pausa nella vita per occuparsi di un compito così gravoso come recuperare e consolidare una
propria identità. Ci sono per tutti degli obblighi esterni non di poco conto. li primo è quello di prendere il
diploma della terza media.
Nel progetto deile comunità ailoggio come spazio
di recupero, la scuola è vista come collaboratore primario. Quasi quotidianamente tuttavia ci chiediamo quale
sia oggi ii compito della scuola. Quale sia il suo ruolo
nell’educazione dei ragazzi al dì là dell’apprendimento
in senso stretto. Ci troviamo di fronte ad un’istituzione in crisi che malgrado innumerevoli ore di «recupero » continua a lasciare indietro chi è partito
svantaggiato. Rischia inoltre di riversare addosso a chi
non ha una famiglia alle spalle in grado di intervenire le proprie frustrazioni, sperando di farla franca.
Il secondo compito che spetta subito dopo è quello
di trovare un lavoro e poi saperlo mantenere. E’ sempre stato un problema per chi non ha appoggi familiari e sa che a 18 anni non avrà più diritto ali’assistenza.
Un problema che sentiamo maggiormente con la crescente concentrazione di ragazze/i tra i 15 e ì 18 anni
e una disoccupazione in aumento.
Le risorse del territorio sono limitate. I dati di
realtà insiti nella disciplina di un qualsiasi lavoro sono
in contrasto con alcune caratteristiche di ragazzi come
«i nostri»: difficoltà nella continuità, poche motivazioni perché il futuro è poco definito, insicurezza che rende necessari stimoli e controlli continui.
L’impossibilità di programmare il futuro porta a
vivere alla giornata. Uno stipendio a fine mese non rappresenta una motivazione sufficiente per alzarsi tutte
le mattine e produrre con costanza. Con l’impressione di essere da sempre in balìa della casualità, assumersi delie responsabilità per sé e la propria vita è
un controsenso.
La comunità alloggio è uno dei momenti di formazione e crescita per questi ragazzi. Ce ne devono essere aitri — nel tempo libero (abbiamo sentito la mancanza di «Spazio giovani», un’iniziativa della Comunità Montana Val PelUce, quest’anno), nella scuola
e nel mondo del lavoro. Dateci una mano.
SCHEDA
Un po’ di storia
Sfogliando l'album della storia della casa: il gruppo delle ospiti deil’allora Orfanotrofio femminile. La foto è del 1942.
Nella seconda metà del secolo
scorso la necessità di fondare un
istituto per minori orfani divenne una esigenza inderogabile per
la vai Penice (si contavano ben
233 bambini tra maschi e femmine senza famiglia).
Nel 1852 1’« Associazione donne inglesi », grazie all’interessamento di W. Forster, raccoglie
fondi per costruire l’orfanotrofio e una scuola industriale alle valli. La prima pietra viene
posta il 26 maggio 1856, alla chiusura del Sinodo, e due anni più
tardi 48 orfanelle occupano l’edificio il cui costo è stato di 37.000
franchi. .L’estrazione sociale delle ospiti era molto modesta. La
maggior parte delle ragazze, dopo aver ricevuto una educazione
morale e religiosa accantp ad
una sufficiente istruzione e dopo
aver acquisito alcune capacità
pratiche, veniva collocata in famiglie evangeliche delle valli o
in città in qualità di domestiche
o dame di compagnia. Metà del
Salario andava all’islituto. La vita dell’« Orphelinat » non era
sempre facile. Soprattutto ad inizio secolo e durante la seconda
guerra mondiale intercorsero periodi di difficoltà finanziarie e
conscguenti ristrettezze alle quali
si faceva fronte ricorrendo ai
bazar e ai doni in natura provenienti dalle comunità e dalle
chiese.
1 regolamenti interni scandivano le norme alle quali ci si doveva attenere; le Commissioni
lOV gestirono 1’« Orphelinat » fino al Sinodo del 1971 durante il
quale, con l’atto n. 35, si decise
di scorporare l’istituto (che dal
Un servizio aperto al territorio
1970 aveva assunto la denominazione di « Convitto femminile
valdese ») dagli altri istituti affidati alla CIOV nominando un
apposito Comitato per la sua gestione. Man mano si puntò per
le ragazze all’ottenimento di un
titolo di studio e a un conseguente impiego con il raggiungimento della maggiore età, quindi anche la fisionomia e la vita della
casa si modificarono.
L’istruzione religiosa occupa
un posto importante nella storia dell’istituto; fino al 1890 veniva designato un « direttore spirituale » che svolgeva regolari lezioni a gruppi di orfanelle, distinte per età; successivamente
un pastore o un laico fu incaricato di preparare le ospiti al catechismo e sia dalle documentazioni esistenti, sia dai ricordi di
coloro che hanno vissuto per anni all’orfanotrofio, si può capire
come un orientamento di ispirazione evangelica abbia sempre
segnato il lavoro nella casa. Dopo il 1968, anche per il fatto che
ormai non tutte le ospiti sono
protestanti, la frequenza alla
scuola domenicale e al catechismo dipende dalle situazioni delle famiglie di provenienza.
Negli anni settanta si va verso
la costituzione delle due attuali
comunità alloggio c si dà l’avvio
ad una diversa impostazione di
lavoro: inizia la collaborazione
già con l’ente locale, in attesa
dell’attuazione della legge regionale n. 20 del 1982 che vedrà l’effettivo passaggio alla Comunità
Montana dei fondi per l’assistenza ai minori.
Myriam Bein
L’universo giovanile, si sa, è
affascinante e pieno di problemi allo stesso tempo. Vivere
con dei minori che stanno crescendo e maturando le loro
scelte di studio, lavoro, amicizia è coinvolgente, faticoso, ricco di stimoli, gioie e anche delusioni. E sicuramente è un impegno che non può essere lasciato all’improvvisazione, ma deve
essere organizzato al meglio con
le risorse disponibili.
Nel 1987 venne avviato un programma di riorganizzazione della struttura con l’obiettivo di
raggiungere, nell’arco di un
triennio, una migliore qualificazione del servizio. Può essere
questo il memento di un primo
bilancio.
Un primo obiettivo che ci eravamo posti era il riequilibrio
del numero degli educatori nei
confronti del numero dei ragazzi, per poter seguire con maggiore efficacia le esigenze dei
minori ospitati. Il rapporto di
un educatore ogni due ragazzi
è stato raggiunto all’inizio di
quest’anno.
Si è poi avviato un programma di formazione degli educatori e si è data periodicità ad incontri con gli operatori sociali
delle zone di provenienza dei
minori.
Un altro obiettivo era la definizione della convenzione con
la Comunità Montana Val Penice (C.M.). L’opera si pone come
servizio aperto alle esigenze del
territorio, in primo luogo della
vai Penice. Dopo molti anni
(quasi dieci) di faticose discussioni, la convenzione è stata siglata all’inizio di quest’anno.
La convenzione, che ha durata
triennale, prevede:
— la comunità alloggio riserva un determinato numero di
posti per i minori della vai Pel
lice: i posti riservati attualmente sono 9, e vengono aggiornati
semestralmente, tenuto conto
delle ammissioni e dimissioni
preventivate;
— la CM., qualora un posto
riservato divenga vacante, corrisponde i 2/3 del costo della
retta per poter disporre del posto stesso quando le esigenze
lo richiedano;
— la retta giornaliera prò capite viene fissata annualmente,
sulla base del bilancio della comunità alloggio.
Parimenti viene ribadita la
collaborazione tra gli operatori
delle due strutture per la definizione e le verifiche del programma educativo di ciascun minore. Viene così confermato l’inserimento della comunità alloggio nei servizi sociali territoriali e viene data maggiore
certezza alle forme di finanziamento dell’attività.
Oltre a minori di ambo i sessi
della vai Pellice, sono ospitati
anche ragazzi provenienti dal comune di Torino.
Le rette corrisposte dagli enti pubblici si stanno adeguando
alle necessità e ora coprono i
costi di gestione, pur restando
inferiori alla media delle rette
di altre comunità alloggio della
regione.
In questi anni si è anche portato avanti un programma di
ristrutturazione deH’ediflcio. Finora sono stati effettuati vari interventi al r e 2’’ piano, finanziati con contributi della Tavola e quote del bilancio interno.
A completamento del programma di ristrutturazione sono previsti interventi al piano terreno,
cantine e serramenti esterni.
Per questi lavori (il cui preventivo è di 110 milioni circa) si
potrà contare anche su im contributo regionale, in base alla
7 ragazzi della comunità alloggio riuniti per festeggiare un compleanno.
legge 14/86, previo aggiornamento del progetto alle disposizioni che eliminano le barriere architettoniche (il che non è poco per un edificio sorto 135 anni fa).
Un’ultima considerazione riguarda il rapporto con le chiese. Se da un lato è stato positivo rincontro con altre opere
tramite il Dipartimento diaconale, dall’altro resta insufficiente il dialogo con le chiese. Spesso manca una reciproca capacità
di informazione e non si trovano
modi e spazi per indicare nuove
possibilità di incontro. Negli ultimi venti anni il tipo di servizio è totalmente mutato, sarebbe perciò senz’altro fecondo riprendere la riflessione sul significato dell’opera in relazione alla diaconia e, più in generale, alla comprensione delle chiese verso queste strutture. E’ uno dei
principali compiti sulle spalle
del Comitato.
Silvio Vola
Alcune cifre
• Personale: 1 direttrice, 7 educatori.
E’ prevista anche la presenza di
1 obiettore di coscienza (oggi assente) e di 2 volontari.
A Minori ospitati (aprile ’89) secondo la provenienza:
— Val Pellice 8
— Comune di Torino 6
(7 maschi e 7 femmine - Età media: 14 anni).
Nel 1988 5 minori sono usciti e 3
sono entrati.
A Retta giornaliera prò capite richiesta per il 1989: L. 71.000.
A La legge regionale n. 20 del 1982
definisce le comunità alloggio come residenze assistenziali destinate ad ospitare soggetti che non
possono, 0 che non desiderano,
vivere autonomamente o presso I
loro familiari o essere affidati a
persone singole.
A Finita la scuola dell'obbligo i ragazzi hanno bisogno di situazioni di
lavoro-formazione dove possano anche acquisire capacità e sicurezza.
A chi avesse la possibilità di offrire
un apprendistato in qualsiasi campo,
chiediamo collaborazione In questo
senso (tei. 0121/91237).
A II nuovo numero di conto corrente
postale è 22820104 Intestato: Tavola
valdese, comunità alloggio - via Angrogna 18 - 10066 Torre Pellice.
Pagina a cura del
Comitato della com. alloggio
8
8 vita delle chiese
12 maggio 1989
RAPPORTI CON LE CHIESE DELLA CECOSLOVACCHIA
Con i figli
di Svejk e di Hus
I contatti con gli bussiti boemi e moravi e con i metodisti - Le zone storiche della rivoluzione, con i ricordi di insediamenti valdesi
CORRISPONDENZE
Emilia Rosa Brusin
I rapporti fra i valdesi e gli
bussiti boemi e moravi risalgono al Medioevo della « Prima Riforma » e sono continuati durante e dopo la Riforma del Cinquecento; analoga è anche stata nei
due paesi una lunga storia di repressioni e deportazioni, e i metodisti, dal canto loro, hanno avuto relazioni con i "fratelli moravi” dell’« Unitas Fratrum » già
con John e Charles Wesley;
ma nel nostro secolo vicende diverse hanno reso più difficile il
dialogo. Così la Tavola ha accettato volentieri l’invito del Consiglio sinodale delle Chiese evangeliche dei fratelli cechi per l’invio a Praga di una delegazione
allo scopo di aumentare la reciproca conoscenza e riaprire i
rapporti fra le nostre chiese.
L’accoglienza è stata molto cordiale, fraterna e affettuosa. Nel
colloquio con il Consiglio, all’incirca il corrispettivo della Tavola, siamo stati incaricati di trasmettere alle nostre chiese la
proposta di esaminare le possibilità di futura collaborazione,
anche attraverso le due Facoltà
di teologia e la stampa.
Molto interessante anche rincontro con il pastore della Chiesa metodista, legata alla struttura episcopale, che ha avuto origine negli anni seguenti la prima guerra mondiale ad opera di
un evangelizzatore ceco negli
USA; Joseph Dobes, richiesto di
amministrare la distribuzione di
aiuti materiali americani in Cecoslovacchia, ottenne di distribuire anche quelli spirituali aprendo stazioni volanti (tende) di evangelizzazione.
Tale opera si è poi consolidata con la costruzione di un complesso edilizio a Praga e con l’adesione all’intemazionale metodista, nonostante l’iniziale desiderio di essere solo un movimento vivificatore all’interno delle
chiese esistenti. Data l’attuale legislazione, il sovrintendente è
ceco, ma alle conferenze annuali
partecipa ed ha l’ultima parola
PENTECOSTE
«Pace nella
giustizia»
In vista dell’assemblea europea « Pace nella giustizia » che
si terrà a Basilea nella settimana successiva a Pentecoste, le chiese metodiste e vaidesi sono invitate a concentrare nel culto di Pentecoste
l’informazione relativa a questo evento e l’intercessione
per i partecipanti ai lavori
dell’assemblea.
Anche in attuazione di
24/SI/88, sono invitate altresì
a dedicare la colletta del culto
di Pentecoste al sostegno degli impegni assunti in relazione all’ assemblea, inviando
l’importo alle rispettive amministrazioni.
per l’OPCEMI :
past. Claudio Martelli
per la Tavola valdese :
past. Franco Giampiccoli
Praga: la sede dell'editrice protestante Kalich.
Sugli argomenti trattati il vescovo europeo che risiede a Zurigo.
Alla fine dei lavori gli atti delle
Conferenze vengono consegnati al
competente ministero statale.
Il momento forse più bello è
stato il culto domenicale nella
piccola chiesa di Jarov (una delle ventuno esistenti nella capitale), con la predicazione di Gianna Sciclone, seguito da un lungo
incontro fraterno a cui tutti hanno partecipato con calore. Altri
colloqui nella zona al confine fra
Boemia e Moravia, sotto una nevicata primaverile che stroncava
i rami dei meli in fiore, ci hanno
aiutato a capire alcune realtà e
alcuni problemi di queste chiese, in parte diversi, ma più spesso simili a quelli che anche noi
incontriamo: la tendenza a delegare tutte le responsabilità al
pastore, o a vergognarsi di confessare la propria fede in un
ambiente indifferente o sprezzan
te, il diffuso, ma anche contestato, rimpianto per le opere dì
concreta solidarietà, oggi riservate allo Stato, la possibilità di
mantenere le attività esistenti
ma gli impedimenti a crearne di
nuove che spinge ad una certa
chiusura, i problemi derivanti
dal fatto che i pastori sono stipendiati dallo Stato.
Ma accanto a questo la presenza di giovani che partecipano con entusiasmo alla vita della chiesa e alla realtà esterna,
il vivo interesse e il diffuso amore alla lettura e alla musica (non
solo ascoltata passivamente), la
voglia di dialogare, la giovane
donna-pastore che regge sorridendo le responsabilità di una
parrocchia abbastanza isolata, la
testimonianza di persone che affrontano scelte difficili fra la carriera ed il lavoro nella chiesa.
Nelle zone storiche della rivolta hussita, a Pisek e Tabor, è
ancora presente il ricordo di insediamenti valdesi nei dintorni.
In quest’ultima città gli aspetti
rivoluzionari del movimento hussita sono ricordati con fierezza
dai marxisti di oggi, e lo stemma della città è di nuovo il calice della Santa Cena, sormontato oggi dalla stella rossa, in
una visione per noi piuttosto riduttiva e sconcertante dell’antico simbolo.
Vorremmo ricordare infine le
parole ammonitrici del professor
Molnàr. che personifica nella sua
lunga attività di studioso e di
credente la comunione profonda
fra le nostre chiese geograficamente separate: « Noi abbiamo
due personaggi piuttosto noti ed
esemplari, Jan Hus e il soldato
Svejk, che cerca pateticamente
di sopravvivere in un mondo che
lo schiaccia. Troppo spesso noi
siamo i figli di Svejk e non di
Hus, impavido testimone della
verità che ci fa liberi ». Questo
può valere anche per noi in Italia.
Marcella Gay
Gianna Sciclone
Aldo Vlsco Gìlardi
ZURIGO
Nuovo pastore
In un piacevole clima primaverile, è stato insediato quale pastore della chiesa evangelica valdese di lingua italiana a Zurigo,
il 30 aprile scorso, Emidio Campi.
Sono stati numerosi i convenuti, di lingua italiana, francese e
tedesca, fra cui molti emigrati
originari del Friuli, della Sicilia e
di altre regioni italiane o paesi
europei, anche da trent’anni nel
cantone di Zurigo,
Il culto si è svolto al Bethaus,
presieduto da Marcella Bodmer
Tron, presidente del consiglio di
chiesa. Ha vivacemente predicato il decano pfr. Ernst Sieher, noto per il suo impegno sociale a favore dei senzatetto e
dei malati di Aids, sul testo di
Isaia 45; 9: « Guai a colui che
contende col suo creatore; l’argilla dirà a colui che la plasma:
Che fai? ».
Il testo è stato illustrato con
una copia in gesso del David di
Michelangelo, plasmata dallo
stesso Sieber, che ne ha poi fatto dono al nuovo pastore.
L’insediamento in lingua italia
COAZZE — Era nata il 14
aprile 1888. L’anno scorso abbiamo festeggiato nella nostra chiesa — assieme ad una folta rappresentanza della cittadina di
Coazze — i suoi 100 anni. Ha vissuto ancora in salute il compleanno dei 101. Poi, dopo pochi
giorni di malattia, il Signore Tha
chiamata a sé, il 21 aprile scorso.
Con Emilia Rosa Brusin ved.
Boero la chiesa di Coazze perde
una testimonianza vivente dei
suoi inizi. Infatti i suoi genitori,
Giovanni Rosabrusino e Rosa
Vacchieri e i suoceri Fedele
Boero e Teresa Girardi, erano
stati i fondatori della chiesa di
Coazze.
Emilia, lucida fino all’ultimo,
ripeteva volentieri i racconti dei
suoi « vecchi », ricordando i primi tempi dell’evangelizzazione.
Dalla sua voce ritornava vivo un
periodo che per noi è soltanto
storia : i primi convertiti alTEvangelo, i culti pubblici sotto
la tettoia del comune, l’opera dei
colportori, la costruzione del
tempio. Emilia ricordava una
chiesa piena ogni domenica,
con tanti giovani e tanti bambini. Raccontava della scuola valdese, accanto al tempio, che anche lei aveva frequentato; della
stima che i valdesi godevano nel
paese, e l’entusiasmo per TEvangelo, e la conversione di tante
persone...
Raccontava anche come Dio
l’aveva aiutata nelle varie difficoltà della vita. Aveva tanti episodi da raccontare fra due guerre
e due continenti. Aveva vissuto in
na è stato fatto dal past. Christian Gysin, presidente del IX
Circuito; Oriana Bert ha portato i saluti della Tavola alle comunità rappresentate e al festeggiato. Sonia Sieber ha cantato
l’Ave Verum di Mozart, accompagnata dall’organista della comunità.
Emidio Campi ha predicato in
italiano sul testo di Tito 3: 4-5,
riferendosi alla « filantropia » di
Dio che genera una vita nuova
nelle persone credenti.
La Santa Cena ha raggruppato la comunità e il pfr. Ruedi
Reich, rappresentante del Kirchenrat, ha espresso una preghiera di intercessione.
E’ seguito un pranzo comunitario preparato da un gruppo di
sorelle e fratelli, alla fine del quale sono stati ancora espressi a
Emidio numerosi messaggi di aupjri e di fraternità per il suo
impegno quale pastore della comunità, che si concilia con il suo
impegno sul versante culturale
di insegnamento alla Facoltà di
teologia dell’Università.
O. B.
fatti parecchi anni in Brasile. A
S. Paolo, nel 1953, era morto il
marito. Sereno Boero, e nell’agosto 1988 il figlio Cornelio. L’altro
figlio, Arrigo, vive tuttora a S.
Paolo del Brasile. Lei abitava
con la figlia Nella — che ha sposato il farmacista di Coazze —
circondata da nipoti e pronipoti.
Al funerale, domenica 23 aprile, tutta la cittadinanza di Coazze era presente per salutare la
sua «decana». Tutti l’avevano stimata ed apprezzata, e soprattutto amata. Emilia rifletteva la serenità e la forza che provengono
dall’amore di Dio e dall’amore
del prossimo.
Ospiti
de diversa ha consentito a parecchi, tradizionalmente cattolici, di venire a contatto con le
nostre comunità e di interessarsi ai vari « perché » della nostra
presenza protestante in Italia.
1.’evangelizzazione nel basso
Lazio dà qualche segno di ripresa. Un infermiere deH’Ospedale
di Prosinone, vissuto molti anni
in Canada, partecipa da qualche
tempo ai nostri culti, e questo
interesse per il Vangelo gli è
nato per la testimonianza di un
nostro fratello degente per parecchi mesi in quel luogo di cura. Un altro motivo di grande
consolazione spirituale ci è venuto dai casolari attorno a Ferentino: il seme della Parola di
Dio, sparso ben quarant’anni fa
e che sembrava essere caduto
tra i rovi e le pietre (Matteo 13;
1-23) è rinato, e ciò perché una
nonna ha desiderato che la nipotina le leggesse la Bibbia donatale a suo tempo dagli « evangelisti » venuti da Vallevona e
dalla Foresta. Ora, tutta la famiglia frequenta i culti, e quella nipotina, studentessa, ha manifestato l’intenzione di iscriversi alla nostra Facoltà di teologia.
Locale di culto
SALERNO — Domenica 21
maggio 1989, alle ore 11, in via
Manzella 27, sarà inaugurato il
nuovo locale di culto della chiesa evangelica metodista. Durante il culto saranno accolti come
membri effettivi due giovani catecumeni. La predicazione sarà
tenuta dal past. Claudio Martelli, presidente dell’OPCEMI.
• Nel pomeriggio, nel medesimo locale, sarà inaugurato il
Centro comunitario « Aurelio
Cappello » con una conferenza
del dott. Giovanni Colangelo dal
titolo: « Un momento della storia della chiesa metodista di Salerno: la costruzione del tempio ».
Comunità
CARRARA — L’Evangelo della
resurrezione e della speranza è
stato annunciato in occasione dei
funerali della signora Trudy Keller, madre della nostra sorella
Silvia. La comunità le esprime
la sua fraterna simpatia.
• Al piccolo Alessandro Cavallaro, che è stato battezzato il
25 aprile a Pietrasanta, ed ai
Suoi genitori la comunità augura la benedizione di Dio.
• II fratello Ariodante Mussetti ha dedicato mesi di lavoro al
restauro dei due portoni di legno del tempio di Carrara, che
con competenza e molta pazienza ha riportato agli antichi splendori. I membri di chiesa lo ringraziano di cuore.
FERENTINO — Domenica 23
aprile hanno assistito al culto
fratelli e sorelle irlandesi di fede anglicana, provenienti da Belfast, capitale delI’Ulster. Accompagnavano un gmppo di « handicappati », venuti a restituire una
visita fatta nel settembre 1988
da un gruppo consimile di Prosinone, sotto l’egida dell’USL.
All’andata in Irlanda il gruppo
di Prosinone era stato accompagnato, tra gli altri, anche da Beatrice Lupi, figlia di Odoardo e
Maria Adelaide, e questo scambio tra italiani e irlandesi di fe
TORINO — NeH'ambito del Salone
del libro, sabato 13 maggio fra le ore
18 e le 20, presso la Sala Valentino
del Teatro Nuovo, sarà proiettato il
film Fedele per secoli, girato nel 1924,
che fa la storia valdese da Pietro Valdo fino al Glorioso Rimpatrio. La
proiezione, a cui si può accedere con
biglietto d'ingresso al Salone del libro, sarà presentata da Bruna Peyrot,
Giorgio Vola e Pappino Ortoleva.
PIOSSASCO — Venerdì 12 maggio
alle ore 20.45, nella sala del Consiglio
comunale, avrà luogo una tavola
rotonda su questioni ambientali. Parleranno il past. Sergio Ribet, li prof.
Angelo Tartaglia e Giuseppe Gamba.
E' organizzata dalla Chiesa valdese
di Piossasco, daila Comunità di base,
dalla parrocchia di S. Francesco e dal
Comitato per la tutela deH'ambiente
di Piossasco.
9
l
12 maggio 1989
vita delle chiese
RICORDO
L’amico Neri
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Impegno finanziario
Durante la costruzione e i primi anni di Agape fu consigliere avveduto e guida neM’impostazione teologica dell’attività del centro
Ho visto per l’ultima volta il
mio amico Neri sul suo letto dì
morte. Era minuto e ridotto a
nulla, ma il mio primo pensiero è stato: vive! Vive nella resurrezione di Cristo, vive, come
Marcella sua moglie, nella resurrezione di Cristo. Non è questa
un'anticipazione del giudizio di
Dio, né un prenderne il posto,
ma la certezza della fede, poiché
se Cristo è resuscitato anche noi
risuscitiamo con lui. Quelli che
ci precedono sono viventi e così possiamo pensarli. Se poi
Cristo non è risuscitato, allora
qual è la nostra confessione di
fede? Ci resta soltanto la memoria della nostra storia per esaltarla come se potesse prendere
il posto della vita! Voglio, dunque, ricordare Neri come un vivente e dire quel che egli è stato per me.
E’ stato un amico vero. Amico
sempre pronto a comprendere
ed a aiutare. Non uno che adula
per accattivarsi la simpatia, ma
un amico che mostra il suo affetto richiamandoti criticamente
quando ciò è necessario. E le sue
critiche mi sono state sempre di
aiuto, indispensabile aiuto.
Quegli anni
avventurosi...
Molti ricordi. Soprattutto quelli del periodo della costruzione
di Agape. Vivendo vicini ho conosciuto la sua profonda bontà.
Gli anni 1946, ’47 e ’48 erano delrimmediato dopoguerra e c’era
fra noi molta povertà. Più volte
ha voluto dividere con me quel
poco che aveva, con grande semplicità. Ma divideva con me anche le grandi ansietà e le grandi
speranze di quegli anni avventurosi. E quando, al Sinodo, Agape era violentemente criticata,
mi era sempre vicino esortandomi alla pazienza ed alla moderazione nelle mie reazioni. Quando, dopo l’inaugurazione (1951),
l’umore dei sinodali era cambiato e si esagerava nelle lodi. Neri
si schierò coi pochi oppositori,
prendendo la parola in loro difesa e sforzandosi di comprenderli. Bellissimo! Ricordo come
quel suo modo di essere mi commosse: quella era l’agape di Cristo!
La sua venuta come pastore
a Frali (1948) fu per Agape in
costruzione e per tutti i lavoratori un fatto molto importante.
Potè seguire da vicino, con l’aiuto fraterno e col pensiero, l’opera che aveva amato fin dai suoi
inizi. Egli è stato, da allora, il
consigliere avveduto sì ma anche fermo e profetico di quest’cxpera. I visitatori italiani e
stranieri che passavano da casa
sua ricevevano i chiarimenti necessari su Agape e su quel che
essa significava per i giovani e
per tutta la Chiesa. E ciò era,
anche, un contributo notevole da
lui dato all’indirizzo ecumenico
del progetto. Poi non collaborò
soltanto alla maggior comprensione di Agape fra la popolazione della valle, ma al chiarimento in genere dell’opera, divenendone la guida intellettuale e coordinando i primi studi su argomenti connessi ad essa. Quando
poi il campo di lavoro si chiudeva per la stagione avanzata,
ed anche io ero partito, era lui
che seguiva l’andamento delle cose da vicino per quel che concerneva le pendenze del campo
stesso e per la preparazione di
quello successivo.
Da un lato mi era vicino per
moderare il mio modo impulsivo di essere, dall’altro era sempre vigile a che non ci si allontanasse da una sana teologia biblica, pur essendo aperto a tutti
i problemi sollevati dai giovani,
spesso irrequieti verso la chiesa
istituzionale. L’evento ha bisogno
dell’istituzione, come l’istituzione
ha bisogno dell’evento, diceva.
Spesso mi domando che cosa
avrei fatto senza averlo sempre
vicino, sia quand’era pastore a
Rodoretto, prima di Frali, sia do
Una vita
di servizio
Neri Giampiccoli era nato
a Milano nel 1914. Studiò
alla Facoltà di teologia negli
anni 1933-36, e dopo un anno di servizio a Torino (’3637) fu a Bassey, per poi trasferirsi ad Aosta (193940). Fu
consacrato nel 1940; esercitò
il ministero pastorale a Firenze e Sanremo (1943-46), Rodoretto e Frali (1946-50), Bergamo (dal 1950 al 1964), Milano (’64-65). Moderatore della Tavola valdese tra il 1965 e
il 1972, riprese poi l’attività
nelle chiese di Losanna e Ginevra (1972-74), Milano (1974’78) e Bergamo.
Nel 1983, con l’emeritazione, si trasferì a Torre Pellice.
po quand’era a Bergamo. Agape
ha avuto in lui un leader teologico tanto più efficace quanto
meno egli si metteva in mostra.
Nel libro dei Proverbi leggiamo: « L’amico ama in ogni tempo; è nato per essere un fratello
nella distretta » (Prov. 17: 17).
Così è stato Neri per me. E lo è
stato sempre anche in seguito.
Così lo ricordo e così lo sento
anche ora vicino e vivo. Sì, vivo!
Tullio Vinay
TORINO
Storia di un cimitero
e di un muro
Nel 1972, in seguito al rapido
sviluppo della popolazione torinese, il Comune attuò il progetto di un nuovo cimitero a sud
della città. Questo cimitero, giustamente denominato « parco »,
fu realizzato con principi di notevole modernità, eliminando le
cappelle funerarie e mantenendo
VASTA PRODUZIONE
croci
ugonolle
in
oro e argento
da
Oreficeria BORNO
di TESI e DELMASTRO
Via Trieste, 24 - PINEROLO - Tel. 793117
e presso le Librerie "Claudiana”
le lapidi rasoterra in grandi
aree erbose, abbellite da una ricca vegetazione arborea con numerosi alberelli di ridotte dimensioni.
Senza interpellare le chiese evangeliche della città, in una zona laterale del cimitero fu collocato il reparto cosiddetto « acattolico », in un’area delimitata
da un muro altissimo, grigio, del
tutto antiestetico e opprimente.
Tale muro, al di là probabilmente delle intenzioni degli amministratori, tendeva a perpetuare
l’emarginazioiie dei non cattolici,
esclusi, come un tempo, dai camposanti e relegati in recinti fuori le mura.
Il muro non fu accettato da
nessuno e le proteste cominciarono a fioccare. Finalmente, dopo un colloquio nel 1984 con l’assessore ai servizi demografici, si
ottenne la promessa dell’abbattimento e, finalmente, il 27 aprile di quest’anno, ne] quadro di
una piccola conferenza stampa
organizzata dall’assessore Giuseppe Lodi a cui va il merito dell’impresa, il muro fu definitivamente abbattuto. Qra l'occhio
spazia libero su questa immensa città dei morti che, senza più
segni di discriminazione, accoglie degnamente le salme di tutti i cittadini.
Sempre nello stesso spirito è
pure stata progettata una sezione per i musulmani, i quali non
dovranno più essere rispediti al
loro paese dopo la loro morte,
ma potranno essere raccolti in
tombe perenni orientate verso la
Mecca.
A. T.
POMARETTO — Nel corso
dell’assemblea di chiesa di domenica 30 aprile è stato deciso di
accettare la richiesta di impegno
finanziario per il 1990 che è di
88.200.000 lire.
• Ricordiamo il concerto che
il gruppo di trombettieri di
Schwabish Hall (RFT) terrà nel
tempio sabato 13 maggio alle
ore 20,30.
• Sono deceduti la sorella lidia Bertalmio di Rocciautegna
(Pinasca Inverso) all’età di 88
anni ed il fratello Enrico Peyrot
di anni 80; alle famiglie in lutto
rinnoviamo la cristiana simpatia
della comunità.
I soldi nella vita
PRAROSTINO — L’assemblea
di chiesa ha nominato deputati alla prossima Conferenza distrettuale : Bnmo Avondetto,
Glaudina Bertalot Robert, Paolo
Vigliano Montalbano ; per il Sìnodo: Patrizia Giacbero e Oriana Soulier.
• Il culto del 16 aprile è stato
‘preparato dalTunione giovanile
sul tema : « I soldi nella nostra
vita». Il culto, articolato in tre
momenti, comprendeva anche
una scenetta e alcune canzoni
preparate con molto entusiasmo
dai giovani, ai quali va l’apprezzamento della comunità per il
loro servizio. La colletta di questo culto viene destinata al lavoro della FGEI.
• La chiesa di Prarostino si
rallegra e augura un cammino
ricco di gioia e di speranza ai
nuovi nati Denise, di Luciano e
Silvana Godino ; Daniele di Mauro e Denise Rivoir; Valeria di Attilio e Wilma Fornerone; a Valeria, figlia di Luciano e Clara Gay
che è stata battezzata il 23 aprile
scorso, e alla coppia Claudio Rol
e Nella Camusso per il loro matrimonio.
Pentecoste
VILLASECCA — Domenica 14
maggio, Pentecoste, la liturgia
del culto, con celebrazione della
Cena del Signore, sarà condotta
da un gruppo di giovani. Subito
dopo avverrà l’àgape, cui parteciperanno anche gli ospiti tedeschi.
Grazie!
PRAMOLLO — Ringraziamo
di cuore Fulvio Crivello che ha
presieduto il culto di domenica
23 aprile, portandoci di nuovo un
messaggio vivo ed attuale.
• Sempre domenica 23, nel
tempio di S. Germano, ha avuto luogo il funerale di Eli Beux,
deceduto all’età di 87 anni. Ai familiari la comunità esprime la
sua profonda e sincera solidarietà cristiana.
Problema droga
TORRE PELLICE — In rela
zione al problema delle tossicodipendenze, trattato nell’ultima
assemblea di chiesa, è fissato, come auspicato, im incontro con
alcuni funzionari dell’USSL 43
per martedì 16 maggio, alle 20,45,
presso la Casa unionista, per esaminare come da parte della chiesa possano venire appoggi alle
iniziative intraprese o da organizzare.
Nuovi anziani
SAN SECONDO — L’assemblea di chiesa ha eletto quali anziani Anna Casagrande Coìsson
e Velia Gardiol Rivoira in sostituzione di Armando Ribet (che ha
concluso il suo terzo quinquennio) ed Ermellino Godino che ha
chiesto di non essere rieletto per
motivi di salute. E’ stato confermato per altri cinque anni Adolfo Rivoiro.
• Sono stati eletti deputati
alla Conferenza distrettuale: Mirella Fornerone, Claudio Rivoira
e P. Augusto Genre, e al Sinodo :
Rosanna Paschetto e Mirella Rivoiro.
• E’ stata anche incaricata la
commissione stabili di presentare alla prossima assemblea del
21 maggio le possibili soluzioni
per l’impianto di riscaldamento
del tempio.
• Infine, di fronte alla richiesta di impegno finanziario di 42
milioni per il 1990, l’assemblea ha
approvato un ordine del giorno
in cui, constatando che negli ultimi anni gli impegni finanziari sono considerevolmente amnentati,
« si rende conto che non è in grado di accettare la richiesta ed
auspica di raggiungere la stessa
cifra dell’impegno preso per il
1989 che è di 35.500.000».
Assemblee di chiesa
PERRERO-MANIGLIA — Do
menica 21 maggio, a Perrero,
avrà luogo l’assemblea di chiesa, con inizio alle ore 10. Ordine
del giorno: elezione dei deputati
alla Conferenza distrettuale e al
Sinodo e relazione morale del
concistoro.
ANGROGNA — L’assemblea
di chiesa di domenica scorsa ha
nominato la deputazione al Sinodo: Jean-Louis Sappé (supplente: Vera Coisson), ed alla Conferenza distrettuale : Armando
Bertalot, Marina Bertot, Donatella Rivoira (supplenti: Ernesto
Malan, Adriano Chauvie).
• Con il mese di maggio riprende la rotazione estiva dei
culti in vai d’Angrogna: la prima e la quarta domenica del mese il culto è al capoluogo, la seconda al Serre e la terza a Pradeltorno.
A Pentecoste sarà quindi al
Serre e in via eccezionale l’ultima domenica di maggio il culto
sarà al capoluogo, causa tre matrimoni nella stessa occasione.
• Martedì 25 aprile sì sono
svolti i funerali di Giuseppina
Porcero ved. Pons (Finuccia),
spentasi all’età di 92 anni. Ai familiari rinnoviamo la nostra solidarietà in Cristo.
Deputazioni
VILLAR PELLICE — Dopo la
lettura della relazione morale e
finanziaria dell’anno ecclesiastico testé terminato, l’assemblea
di chiesa ha nominato deputati
alla Conferenza distrettuale: Lino Bonjour, Remo Dalmas e Roberto Geymonat, supplenti: Bruna Frache Pividori e Mario Geymonat. Per il Sinodo sono stati
eletti: Mar.iita Barolin Charbonnier e Giovanni Frache, supplenti: Vanda Michelin Salomon
Bouissa e Giuseppe Gönnet.
Giovedì 11 maggio
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELLICE -- Nella riunione
che al tiene alle 21 presso II Centro
d’incontro prosegue lo studio dell'Esodo.
10
10 valli valdesi
12 maggio 1989
LUSERNA SAN GIOVANNI
TORRE PELLICE
Occasione di chiarezza wwf ai vandaiino
La Cartochimica ha sospeso alcune lavorazioni: per alcuni si parla
di cassa integrazione - Interventi immediati e problemi politici
L'inquinamento prodotto dalla
ditta Cartochimica di Lusema è
stato al centro della cronaca degli ultimi mesi; ancora una volta sono stati i cittadini a mobilitarsi in massa chiedendo alle autorità competenti di fornire
tutte le informazioni il loro pK)ssesso. La difficoltà di dialogo è
sfociata in polemica quando la
gente ha avuto la sensazione che
mancasse una volontà politica
di informare; si arriva ora ad
una assemblea pubblica organizzata dairUSSL 43 presso il bocciodromo di Luserna per venerdì 12 maggio alle ore 20.30.
Più di un mese è trascorso
dalla scadenza dell’ordinanza del
sindaco di Lusema che imponeva all’azienda di riportare le emissioni di formaldeide e metanolo nei parametri di accettabilità previsti: è accaduto che l’azienda abbia preferito cessare alcune lavorazioni piuttosto che
sostenere la spesa di parecchi
milioni p>er la depurazione o l’abbattimento di queste sostanze.
Dall’intemo della fabbrica alcuni operai fanno sapere che dei
colleghi impegnati alla linea
C sarebbero stati posti in cassa
integrazione.
Del resto, a sostegno della notizia della sospensione dell’utilizzo della resina fenolica, l’USSL
precisa che qualora la Cartochimica volesse reintrodurre questo
tipo di lavorazione, essa dovrebbe seguire l’iter amministrativo
previsto dal D.P.R. 203/’88.
Su un altro elemento di cui
poco si è fin qui saputo, la fuoriuscita di oltre 1.000 litri di formaldeide e che dovrebbe essere
alla base di una moria di pesci
registrata nel mese di febbraio,
sempre l’USSL ha recentemente
comunicato che è stata imposta
l'immediata rimozione del terreno inquinato con smaltimento di
5.480 kg di sabbia presso la ditta Servizi industriali di Orbassano ed altre operazioni, fra cui
l’ultimazione deH’impermeabilizzazione delle vasche di contenimento che, come da mesi denunciavano i cittadini abitanti nella zona, rappresentavano un forte elemento di rischio di incidente.
Preso atto dunque delle informazioni date dall’USSL, non si
esaurisce però la lista dei pro
blemi di carattere « politico »; ai
sensi della legge 349 del 1986 che
tra l’altro, proponendosi di assicurare la promozione, la conservazione ed il recupero delle condizioni ambientali necessarie per
una accettabile qualità della vita, sancisce che qualsiasi cittadino ha diritto di accesso alle
informazioni sullo stato dell’ambiente presso gli uffici della pubblica amministrazione, un gruppo di cittadini lusemesi ha chiesto al sindaco di avere copia della documentazione inerente il
« caso Cartochimica ».
Il pur denso fascicolo di documenti fornito si presta, dicono i richiedenti, almeno a due
critiche: anzitutto in molti casi
sono state fomite soltanto copie delle comunicazioni riguardo
ad atti compiuti, ma non la documentazione in oggetto (esem.;
mancano regolarmente gli allegati, istanze, relazioni, tutto ciò che
in pratica dà al cittadino la possibilità di conoscere realmente
« lo stato dell’ambiente »); in secondo luogo, mentre il rilascio
delle copie della documentazione è per legge un diritto e pertanto l’unica condizione è il pagamento delle spese a carico delFamministrazione interessata,
perché, si chiedono ancora i richiedenti le notizie, si è imposto che ogni documento fosse
corredato da autenticazione del
Comune con relativa marca da
bollo da 5.000 lire? I cittadini
colgono dietro questo atteggiamento una volontà di ostmzionismo rispetto ad un diritto...
Sarà dunque l’assemblea di venerdì l'occasione per un po’ di
chiarezza?
Pìervaldo Rostan
CONCORSO PIANISTICO A TORRE PELLICE
Diventerà internazionale?
L’ottava edizione del concorso
pianistico « K. Czemy » si è conclusa con un concerto dei primi
classificati, nel tempio valdese di
Torre Pellice.
« Di anno in anno la manifestazione cresce di intensità »,
sottolineava durante la premiazione il m.o Angelo Bellisario,
che da sei anni è direttore artistico del concorso. « E questo
dimostra come vi sia un interesse rinnovato da parte dei giovani verso il fare musica ».
Uno dei principali meriti che
il concorso pianistico di Torre
sta assumendo è do'vuto alla continuità delle persone costituenti
la giuria e all’indiscusso prestigio a loro riconosciuto negli ambienti musicali: dai tre pianisti
concertisti. Gloria Lanni (presidente della giuria). Franca Lessona e Riccardo Risaliti, al critico musicale Umberto Padroni,
al compositore Giancarlo Facchinetti, che entro l’anno debutterà a Brescia con una sua op>era
lirica, ai due già affermati vio
BOBBIO PELLICE
Presto le ruspe?
Si farà la pista Villanova-Pra
di cui si è tanto discusso nel
corso dell’inverno?
Al di là delle 1.100 firme raccolte dagli ambientalisti contro
tale decisione ed inviate in Regione, Parlamento, a riviste e
partiti politici, tutto ciò che si
sa è che dalla Regione Piemonte è venuto l’invito a produrre
il progetto dettagliato e che detto progetto è stato presentato
alla giunta della Comunità Montana vai Pellice che lo ha approvato.
La deliberazione della giunta
non fuga certo i timori espressi
riguardo all’esiguità dei fondi
messi a disposizione; dei 344 milioni che dai fondi CEE per l’agricoltura vengono impegnati per
la realizzazione della pista, infatti, soltanto 267 milioni circa andranno direttamente ai lavori,
essendo gli altri utilizzati per le
spe.se tecniche oltre che per
PIVA.
Si attende dunque l’autorizzazione da parte del Servizio foreste ed economia montana della
Regione Piemonte onde iniziare
i lavori, che verranno affidati mediante licitazione privata.
Nota curiosa l’assenza della vicepresidente Coisson sia nel novembre scorso, quando il consiglio di Comunità Montana deliberò sulla materia in generale,
sia nella seduta di giunta del
27 aprile scorso quando è stato
approvato il progetto.
Nel frattempo ci è pervenuto
il testo di una interrogazione che
un gruppo di parlamentari ha
presentato ai ministri per i Beni
culturali ed ambientali e dell’Ambiente per sapere se detti ministri « non ritengano necessario,
nell’ambito delle rispettive competenze istituzionali, intervenire
presso la Regione Piemonte e la
Comunità Montana Val Pellice al
fine di sottoporre a riesame le
deliberazioni adottate ed il relativo progetto a valutazione di
impatto ambientale, anche al fine di accertare la effettiva destinazione ad esclusivi usi agrosilvo-pastorali della strada che si
intende costruire ».
Gruppi di giovani, provenienti da tutta l’Italia,
durante l’estate, nell’edificio dell’ex seggiovia
finisti Felice Cusano e Massimo
Marin.
E’ importante sottolineare che
il concorso pianistico di Torre
si sta dimostrando come un notevole trampolino di lancio per
giovani talenti: è il caso di Fabrizio Filiziu e Roberto Galfione
che, vincitori negli scorsi anni
nelle loro categorie, hanno in
seguito conseguito importanti
successi nel concorso Béla Bartók di Roma.
Naturalmente tutto questo determina una selezione nelle iscrizioni, ma al tempo stesso garantisce una partecipcizione qualificata da scuole musicali e conservatori di tutto il territorio
italiano.
Un’ultima considerazione, ma
non meno importante: l’organizzazione locale e la versatilità della struttura ospitante che permette la necessaria concentrazione in
un ambiente accogliente e al
tempo stesso distensivo e l’impegno di diversi membri dell’Associazione turistica pro loco prima e durante tutto lo svolgimento. Novità di questa edizione ’89,
il primo concorso di esecuzione
per violino e pianoforte ed ancora una molto qualificata presenza nella categoria E (pianoforte a quattro mani), dove diverse coppie si sono contese le
prime posizioni. Alla coppia vincitrice, i fratelli gemelli Diego
e Fabio Gordi, è stato assegnato
un concerto alla Biblioteca nazionale di Vienna, mentre al vincitore della categoria D (dai 19
ai 26 anni), sono stati assegnati
due concerti, nell’Aula magna dell’Università Bocconi di Milano
ed alla Sala Greppi di Bergamo.
Altra menzione speciale al duo
Katia Rossi e Alessia Toffanin,
che avremo occasione di risentire a Torre Pellice durante la
serie dei quattro concerti con la
solista seconda classificata Federica Valenta.
Visti i risultati, è forse giunto
il momento per un ulteriore passo in avanti con l’estendere la
partecipazione a livello internazionale?
Indubbiamente questa prospettiva, che sarebbe la diretta conseguenza dell’impegno organizzativo profuso in tutti questi anni,
necessiterebbe di maggiori garanzie a livello degli enti locali
(Provincia, Comunità Montana),
per far sì che alla spinta volontaristica e personale dei singoli
faccia riscontro un adeguato e
costante supporto finanziario.
A. L.
Una interessante iniziativa dovrebbe concretizzarsi nei prossimi mesi a Torre Pellice, contribuendo tra l’altro a rilanciare
una zona, quella della Sea-Vandalino, divenuta negli ultimi anni del tutto marginale.
La storia dei passati progetti
per lo sviluppo di quest’area sul
piano del turismo invernale è
abbastanza nota: la seggiovia che
doveva portare al colle improbabili sciatori sull’introvabile neve
è da anni fallita e le strutture
metalliche che negli anni ’60 dovevano diventare un simbolo di
sviluppo sono diventate soltanto
il segno di un degrado che è pure costoso eliminare. Neppure le
strutture edilizie che ospitavano
le stazioni della funivia, ristoranti con ampi saloni, ecc., si sono
sottratte ad un declino che per
certi versi pare incredibile in
una località « turistica » come
Torre Pellice.
Ora il WWF, tramite uno dei
suoi responsabili di zona. Michele Benedetto, ha presentato una
proposta di turismo diverso, in
stretto contatto con l'ambiente.
« Si tratta di quelli che noi
chiamiamo "campeggi selvaggi",
e cioè della possibilità per gruppi di giovani di trascorrere un
periodo di vacanza presso alpeggi o malghe in montagna o comunque a contatto con attività
di tipo agricolo. Queste proposte (una quarantina sul territorio nazionale) vengono presentate tramite riviste e giornali. La
nostra attenzione è stata attirata dall’alpeggio del Vandalino,
una struttura che il Comune ha
recentemente ristrutturato ».
Purtroppo sono sorte delle difficoltà rispetto a questa prospettiva...
« In effetti — conferma il sindaco Armand Hugon — si sono
posti grossi problemi di convivenza rispetto all’allevatore che
attualmente utilizza la struttura
parzialmente e che si è dichiarato assolutamente contrario alla prospettiva. Preesistendo un
impegno con questa persona, abbiamo valutato se non erano possibili altre soluzioni, per esempio
utilizzando l’edifìcio che fu un
tempo la stazione d’arrivo della
seggiovia e che attualmente rischia di non essere utilizzato.
Il contatto con i proprietari, avviato rapidamente, si è risolto
favorevolmente per cui, quest’anno, in attesa di definire la questione dell’alpeggio, l’inizicUiva
avrà luogo al colle della Sea ».
« Si tratta — aggiunge Benedetto — di una iniziativa importante, perché offre possibilità
nuove al turismo di valle e per
un certo numero di anni. In previsione questi campeggi possono
riguardare sia i ragazzi che gli
adulti e soprattutto c’è una volontà precisa di confrontarsi con
la realtà locale, utilizzando prodotti della zona, acquistando
presso artigiani locali, collaborando per la ripulitura dei boschi o dei sentieri. Non nascondo di essere stato molto preoccupato perché ad un certo punto sembravano frapporsi ostacoli tali da mettere in forse l’iniziativa, anche se tutta l’amministrazione si è, fin dall’inizio, dichiarata molto interessata; posso aggiungere che già altri comuni della valle, venuti a conoscenza del progetto, si sono fatti
avanti offrendo la disponibilità
di altre strutture ».
Dunque un segnale positivo di
un turismo nuovo, a misura d’tiomo ed inserito nell’ambiente di
una valle; in questo caso, ripetiamo, significa anche un recupero importante di un’area, forse
l’unica di Torre Pellice in cui
questo fosse possibile e su cui
gravavano da tempo forti interrogativi. P.V.R.
PEROSA: DIBATTITO SULLA DROGA
Alla base
il vuoto interiore
Quando si parla di morale, la
domanda; di chi è la colpa? è
quasi un motivo ricorrente. Ancora una volta, nel corso del penultimo incontro sul tema delle
tossicodipendenze, venerdì 5 maggio a Perosa Argentina, si è fatto sentire il peso di questo interrogativo angoscioso. I genitori che hanno preso la parola hanno chiesto appunto se qualcuno
poteva prendersi la colpa di una
situazione che pare ormai quasi
irreversibile. Non di colpa si deve parlare, se mai di responsabilità, hanno sostenuto i due presentatori dell’argomento, Sergio
Ribet e Franco Barbero, cercando di individuare le motivazioni
del ricorso alla droga da parte
di tanti giovani.
Secondo Sergio Ribet, sono droghe anche il fiasco di vino e il
pacchetto di sigarette, ma queste si trovano in libera vendita
e costano poco, mentre la marijuana e la cocaina, oltre al
piacere che procurano, presentano il fascino perverso della trasgressione. Franco Barbero, che
da 10 anni vive quotidianamente
con tossicodipendenti, ha indicato il punto cruciale nel vuoto
interiore che provoca una continua ricerca di nuovi stimoli. Chi
non ha sottomano sostanze stupefacenti, fuma, beve, si riempie
di cibo, ingoia psicofarmaci, pur
di colmare in qualche modo questa insopportabile assenza di sensazioni forti. Ma esiste anche in
casi così problematici una possibilità di azione e qui Franco Barbero ha indicato tutta una serie
di comportamenti utili al recupero della persona con cui si deve vivere o che si vuole aiutare.
Nessuno può però illudersi di
farcela da solo, sia una persona
singola o una famiglia. Bisogna
avere alle spalle un gruppo, una
comunità, altre persone con cui
parlare e a cui chiedere consigli, ricorrere anche all’aiuto delle varie équipe medico-psicologiche.
Ma l’importanza del gruppo (c
su questo aspetto si è concentrata
buona parte della discussione) è
evidente anche dal punto di vista della prevenzione. Spesso i
giovani non sanno come passare
il tempo libero, non hanno luoghi di incontro che non siano
bar e discoteche, non conoscono
iniziative sulle quali concentrare
le loro energie. Certo, non si può
dare quello che non si ha e solo
una società ricca di impegno e
di ideali può sperare di trasmettere ai giovani gli elementi positivi che impediranno loro di andare alla deriva, nella disperata
ricerca di una felicità impossibile.
Liliana Viglielmo
11
12 maggio 1989
valli valdesi 11
TORRE RELUCE: COOPERATIVA OPERAIA DI CONSUMO
Al servizio del consumatore
Un’attività di calmieramento dei prezzi unita alla devoluzione degli utili in mutualità - Il problema dei grossi centri di vendita
Nata nel 1898 la cooperativa
operaia di consumo è sicuramente una delle più « vecchie » della valle e dello stesso pinerolese: 789 soci ed un centro di vendita che esercita da decenni un
ruolo di calmieramento dei prezzi in Torre Pellice. La recente
assemblea annuale ne ha valutato l'attività e lo stato di salute;
con l’occasione incontriamo il
suo presidente dott. Giulio Giordano.
Qual è il grado di interesse intorno alla cooperativa?
« Anche nello scorso anno abbiamo avuto l’inserimento di soci nuovi ( il costo della quota va
per legge da un minimo di 5.000
lire ad un massimo di un milione), il che ci permette di mantenere il loro numero costante.
Fino a pochi anni or sono risultavano più di 2.000 soci, ma ciò
era dovuto ad un mancato aggiornamento degli elenchi in cui
figuravano persone decedute da
tempo ».
Quali sono i « vantaggi » ad
essere soci della cooperativa?
« Oltre a concorrere allo scopo principale (acquisto di generi alimentari e non, rivendendoli facendo opera di calmieramento), noi devolviamo la parte principale degli utili in mutualità.
A Natale viene distribuito ai soci pensionati ed ai figli di soci
di età inferiore ai 6 anni un pacco dono; in più, al momento del
ritorno a scuola, organizziamo
una festa per gli alunni della
scuola dell'obbligo, anche in questo caso offrendo ai figli dei soci
un pacco dono con materiale di
cancelleria. Inoltre negli ultimi
anni abbiamo deciso di dare offerte in denaro ad associazioni o
attività della zona come la CRI
o la Casa di riposo San Giuseppe ».
Possiamo fare un po’ di storia
di questa cooperativa?
« Direi che dobbiamo distinguere due periodi: dal 1913 al
1929 questa cooperativa è vissuta "in simbiosi” con la Società generale di mutuo soccorso;
a partire dal ’29, con il pretesto
di regolarizzare la situazione burocratica, il regime fascista separò i due enti attribuendo in
modo netto compiti differenti (di
tipo mutualistico e cooperativo)
alle due società. Successivi aggiustamenti non hanno mutato
di molto la linea ».
Dunque una riunifìcazione delle due società non è più pensabile?
« Secondo me, fin dal dopoguerra si sarebbe dovuto riuni
ANGROGNA
Inaugurato
il museo dei Pons
Domenica 30 aprile è avvenuta
l’inaugurazione del museo ai
Pons, borgata ubicata nel comune di Angrogna, sperduta fra i
boschi dove confinano quattro
comuni; Prarostino, Bricherasio,
Luserna San Giovanni ed Angrogna. E’ raggiungibile in macchina partendo da quattro località:
da Pinerolo salendo a San Bartolomeo di Prarostino, per proseguire verso i Piani e la Colletta ed imboccare infine la strada
sterrata in direzione Pons; da
Bricherasio, avventurandosi lungo la strada che da San Michele
sale sulla collina coltivata in prevalenza a vigneto, per inoltrarsi
in una vasta zona coperta da
piante di castagno, raggiungere
i Piani, e confluire nella strada
menzionata in precedenza; dal
comune di Luserna San Giovanni percorrendo le località Colletto, Castelluzzo e Pons; da Torre
Pellice, verso le Bruere, Sonagliette e Pons, che rimane al mo
mento attuale il percorso da consigliare.
L’inaugurazione è avvenuta alla presenza di un gruppo di persone tra le quali collaboratori,
sostenitori morali e materiali,
simpatizzanti e curiosi, in quanto il museo è privato, ovviamen
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IL
fìcare i due organismi; ancora
recentemente abbiamo proposto
alla Società di mutuo soccorso
tale operazione, ma ciò non sembra loro interessare: è un peccato perché sono convinto che
si potrebbe lavorare di più e meglio ».
Lei ha avuto modo di esprimere più volte le Sue perplessità
sulla nascita in valle di grossi
centri di vendita, di supermercati; perché?
« Noi sosteniamo che il supermercato non esercita in realtà
azione di calmieramento; accanto a vendite a prezzi bassissimi
dei cosiddetti prodotti civetta, il
meccanismo porta invece la gente ad acquistare più del necessario e talvolta delle sue stesse
possibilità, senza educare cioè
all’acquisto mirato ed utile; si
finisce per correre dietro a ciò
che la pubblicità propone. Chiaramente, la cooperativa, come
molti altri negozi della zona, ha
risentito della nascita dei supermercati, anche se debbo dire che
oggi, dopo un primo periodo particolarmente duro, il colpo è stato in parte riassorbito ».
Malgrado queste difficoltà la
relazione di fine anno non chiude in modo pessimistico; grazie
al lavoro dei dipendenti ed alla
collaborazione gratuita di alcuni
soci si riesce infatti, come visto,
a mantenere fede a quelli che
sono i suoi compiti istituzionali.
O. N.
SEMINARIO
te a disposizione dei visitatori.
E’ nato con l’intento di salvaguardare dal deperimento biologico quel patrimonio di oggetti
inerenti alla vita contadina di
quei luoghi, che altrimenti sarebbe andato perso per sempre.
Per le nuove generazioni questi
oggetti possono avere un valore
di testimonianza anche se, a una
visione superficiale, possono apparire insignificanti; per i meno
giovani rappresentano l’occasione per rivivere tempi e ricordi
della loro giovinezza.
Il materiale è abbastanza abbondante, costituito da cose semplici, suddiviso per settori relativi al lavoro: dall’agricoltura,
zootecnia e falegnameria, all’arredamento e agli oggetti di uso
domestico, all’illuminazione. C'è
inoltre una piccola sezione di
mineralogia legata al fatto che
la zona è stata oggetto di estrazione della grafite.
Di altri materiali invece, giunti troppo tardi con questa iniziativa, non è rimasto nulla; mi
riferisco in particolare agli attrezzi del fabbro e all’arredamento della scuola dei Pons.
Gli abitanti della zona, molto
ingegnosi, costretti dal bisogno
e dalle ristrettezze economiche,
diversificavano le attività dedicandosi, oltre al lavoro della terra, zootecnia e viticultura, anche
a lavori artigianali quali falegname, fabbro, muratore; a tal
fine si era realizzata una fornace per la fabbricazione di mattoni necessari per la costruzione
delle case, della quale non è rimasta traccia.
II museo rimane a disposizione delle persone interessate, tutti i giorni, rivolgendosi in borgata ai signori Valdina Prassuit
o Alfredo Malan, due famiglie residenti sul posto e gentilmente
disponibili ad accompagnare i visitatori.
Luciano Pons
«Popoli
senza
terra»
« Popoli senza terra » è il titolo del seminario organizzato dall’Associazione per la pace per sabato 20 maggio a Torre Pellice e
Luserna S. Giovanni.
Nell’ anno del tricentenario
del Glorioso Rimpatrio, con il
patrocinio dei comuni denuclearizzati della Val Pellice e della
Comunità Montana, due momenti di studio saranno dedicati a
quanti sono costretti a vivere
lontano dalla propria terra, o ne
sono espropriati.
La mattina, presso il cinema
Trento di Torre Pellice saranno
proiettati dei videotape su palestinesi, curdi, eritrei e indios.
Saranno presenti rappresentanti
di questi popoli. L’incontro è destinato agli allievi delle scuole
medie.
Oggi
e domani
Incontri
VILLAR PEROSA — Si avvia alla
conclusione la serie di serate sul
problema droga visto sotto vari aspetti; venerdì 12 maggio, alle ore 20.30,
presso gli ex locali dell’USSL in via
Asiago 5, la psicoioga Emma Turvani
parlerà sul tema « Le conoscenze
utili alia prevenzione: i segni dei disagio ».
LUSERNA S. GlOVANNi — li 12
maggio, alle ore 20.30, si terrà presso
il bocoiodromo un incontro pubblico
per fornire le informazioni che i cittadini richiedono in merito ai problemi
di impatto ambientale derivanti dalla
produzione della ditta Cartochimica.
TORRE PELLICE — Il 17 maggio alle ore 18 si terrà un incontro presso la
Sala consiliare della Comunità Montana - USSL 43 - Corso iombardini 2
Torre Pellice, onde valutare congiuntamente le forme e le iniziative di informazione tra il lavoro sui problemi
ambientali svolto dal Servizio di igiene pubblica e i cittadini.
Concerti
PINASCA — Presso il salone comunale, sabato 13 maggio alle ore 21, la
rassegna musicale Cantavalli propone
una serata del gruppo francese « Beau
temps sur la province » che proporrà
musiche tradizionali della Francia centrale e del Québec.
Mostre
■ PINEROLO — La Collezione civica
d'arte di Palazzo Vittone e l'assessorato alla cultura di Pinerolo ha organizzato una mostra di Giacomo Manzù
con sculture, medaglie, disegni e incisioni.
L'esposizione è impostata su opere
selezionate di altissimo valore creativo, soprattutto degli anni trenta-quaranta, con alcuni pezzi degli anni sessanta, e resterà aperta al pubblico
dal 13 maggio all'11 giugno.
Manifestazioni
PINEROLO — Venerdì 12 maggio,
alle ore 21, con partenza da piazza
Facta, avrà luogo una fiaccolata per
le vie di Pinerolo <■ contro la droga e
l’indifferenza » promossa dal Gruppo
familiari dei tossicodipendenti e dall’ARCI; aderiscono forze politiche e
varie associazioni.
TORINO — La delegazione piemontese dell'UNCEM organizza per sabato
13 maggio una manifestazione « a
difesa della montagna e dei montanari », contro la chiusura di servizi
e l'accentramento che limita la reale
autonomia degli enti locali. La manifestazione si svolgerà con partenza
dalla stazione di Porta Nuova alle ore
11 ed un corteo fino al palazzo della
■Regione.
Teatro
Alle 14,30, presso rauditorium
dell’Istituto tecnico di Luserna,
avrà luogo il dibattito con André
.Jacques, già addetto alle migrazioni del CEO e ora membro del
direttivo della Lega per 1 diritti
dei popoli ; Waldo Villalpando,
delegato in Italia dell’Alto Commissariato ONU per i rifugiati, e
Bruna Peyrot, che affronterà il
legame tra fede, terra e identità
nella vicenda dell’esilio e del Glorioso Rimpatrio. La sera di venerdì 19 l’iniziativa sarà introdotta da Beppe Reburdo, responsabile regionale dell’Associazione
per la pace, e da alcuni videotape, presso la Sala unionista di
Angrogna. Saranno inoltre allestite delle mostre (tra cui quella del Servizio migranti PCEI)
nei paesi interessati.
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LUSERNA S. GIOVANNI
billetta recente costruzione su lotto
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natura. L’appuntamento è per domenica 14 maggio, ore 21, presso il Salone
'opera gioventù recentemente ristrutturato.
Cinema
TORRE PELLICE — Presso il cinema Trento sono in programma le seguenti proiezioni: « Ghiaccio », per la
serie alpinismo in celluloide, ven. 12,
ore 21.10; «i| gemelli», sabato 13 e
domenica 14.
RINGRAZIAMENTO
Miranda Giraud, commossa e riconoscente per la grande dimostrazione
di simpatia tributata al suo caro papà
Edoardo Giraud
ringrazia tutte le persone che le sono
state vicine in questa triste circostanza prendendo parte al suo grande dolore.
Un particolare, sentito ringraziamento è rivolto al pastore signora Erika
Tomassone per il suo messaggio di fede, al sig. Fausto Borda, alle cugine, a
tutte le gentili signore per la premurosa assistenza e per aver circondato
d’affetto il caro defunto.
Pinerolo, 2 maggio 1989.
RINGRAZIAMENTO
(( Io alzo gli occhi ai monti.
Donde mi verrà Vaiuto? Il mio
aiuto viene dalVEterno che ha
fatto il cielo e la terra »
(Salmo 121: 1-2)
I familiari di
Maria Enrichetta Rostan
ved. Bounous
ringraziano tutti coloro che hanno
partecipato al funerale. Un ringraziamento particolare ai pastori Gregorio
Plescan e Jack Bitzer, a tutto il personale dell’Ospedale valdese di Pomaretto
e a tutte le persone che hanno aiutato
la famiglia durante la malattia.
Frali, 3 aprile 1989.
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MILANO - CENTRO CULTURALE PROTESTANTE
ARENA DI VERONA
Se incontri il musulmano... Perché ii popolo
Dobbiamo migliorare il livello di comunicazione con una cultura in
cui fede, diritto, società e politica sono un insieme inscindibile
Gli echi deir«affaire Rushdie»,
l’ambulante maghrebino che incrociamo nel mezzanino della metropolitana, il ricco uomo d’affari sceso ad acquistare le ultime
meraviglie del « made in Italy »
avvolto nella candida tunica dei
cammellieri del deserto: tre spezzoni del nostro tempo che sono
accomunati dal riferimento all’Islam, la religione monoteista
che pochi spiriti avvertiti, fautori
di un costruttivo dialogo, considerano essere la grande sconosciuta
nel dibattito culturale che agita il
nostro paese.
Ed è proprio per avviare un lavoro contestualmente formativo e
informativo che il Centro culturale protestante ha promosso sabato
8 aprile un dibattito sul tema
« L’Islam tra noi », con la partecipazione dei pastori Giuseppe La
Torre, membro del Comitato
« Islam in Europa » della Conferenze delle chiese europee, e Sergio Ribet, direttore del Centro
ecumenico « Agape ».
Incomunicabilità
Un dato — ha sottolineato La
Torre — si impone prima di qualsiasi considerazione di stampo metodologico o critico: quello dell’incomunicabilità, nonostante la
storia non sia stata avara di contatti con la realtà islamica, dal fecondo scambio di idee e scoperte
avvenuto quando l’Europa si affrancava dai travagli del Medioevo al contenzioso con l’Impero
turco, dall’avanzata del colonialismo al sorgere dei fermenti che
hanno proiettato nuove entità politiche sulla scena di un mondo
sempre più multipolare.
Ne discende quindi la necessità
di liberarsi da schemi che pregiudicano la comprensione di un riferimento religioso e civile allo
stesso tempo, dato che nell’Islam
fede, diritto, società e politica costituiscono un insieme non scindibile di regole che ritmano la vita
di un credente. E' quindi estraneo
il concetto della separazione delle
sfere di azione, che la cultura occidentale considera un patrimonio
inalienabile della libertà dell’individuo, conquistato in secoli di
battaglie.
Il profeta Muhammad
tata direttamente dall’arcangelo
Gabriele al profeta Muhammad,
assumendo così una dimensione
paragonabile a quella della vita di
Gesù per noi cristiani.
Un parallelo con i Vangeli si riscontra in una seconda fonte della
teologia islamica, la Sunna, ovvero la tradizione dei racconti che
tramandano gli insegnamenti del
profeta Muhammad. Un terzo elemento teologico, fondamentale per
la formazione del diritto religioso
tradizionale, la sharia, è rappresentato dal consenso dei dotti, dei
giuristi e degli studiosi (igma).
E proprio l’applicazione della
sharia (letteralmente: via maestra), legge civile e contestualmente religiosa, imposta anche alle popolazioni non-islamizzate, ha suscitato gravi conflitti in diversi
paesi, come l’esperienza del Sudan
insegna. Tuttavia le accuse di intolleranza sono strumentali se si
prescinde dal considerare che la
sharia, trattato di diritto che comprende una parte dedicata ai riti
del culto (i rapporti con Dio) e
una seconda consacrata a regolamentare gli atti della società (i
rapporti con le persone), non è un
insieme di leggi sancito dal popolo o dal potere politico, ma deriva
dalla diretta volontà di Dio rivelata al profeta, la cui applicazione
non può essere lasciata alla soggettività del giudice, ma deve essere
risolvibile per analogia con le tre
fonti teologiche sopra citate.
Il dialogo tra le
religioni monoteiste
La Torre, dopo aver tratteggiato
le vicende più significative dell’esistenza del profeta Muhammad (ed
è corretto citarlo con il nome arabo, privo delle degenerazioni semantiche che il vocabolo « maomettano » ha assunto con i secoli
nelle nostre lingue), ha analizzato
lo spessore filosofico e religioso
dei cinque cosiddetti ’’pilastri”
nell’Islam, la professione di fede,
la preghiera, l’elemosina, il digiuno nel mese di Ramadan e il pellegrinaggio alla Mecca, soffermandosi poi a verificare alcuni concetti che paiono pervicacemente
presenti nel distoreere il quadro
della fede islamica.
Generalmente si tende infatti a
definire il Corano come l’equivalente islamico della Bibbia, non
considerando una discrepanza ontologica. Mentre la Bibbia è il prodotto della fede di credenti che in
tal modo hanno voluto offrire una
testimonianza, il Corano è considerato una intoccabile rivelazione
di Dio, una parola incarnata, det
Ribet ha focalizzato il suo intervento su alcuni problemi che ci
impongono di riflettere in maniera
non superficiale sui contenuti dell’Islam.
Anzitutto una rivalutazione del
dialogo tra le grandi religioni monoteiste, nei confronti del quale il
protestantesimo ha per lungo tempo manifestato diffidenza. Tale
colloquio deve essere privato delle
connotazioni positivistiche (una
sterile e anatomica teoria di analogie e divergenze), e necessita di
un nuovo approccio interdisciplinare che non frantumi il momento religioso da quello etico, civile
e politico.
In secondo luogo il cruciale destino della pace nel Medio Oriente. Se l’Occidente ha ritenuto di
pagare un debito storico nei confronti del popolo ebraico favorendo la ricostituzione dello stato di
Israele, non si può dimenticare
che il mondo islamico, al di là di
ogni retorica, vede tale entità politica come l’ultima trincea di un
colonialismo che spezza l’unità
della Umma, la comunità dei credenti.
Terza questione, forse la più
impellente poiché tocchiamo le
conseguenze con mano ogni giorno, la presenza sempre più cospicua degli immigrati dai paesi in
via di sviluppo, in buona parte
provenienti dagli stati islamici che
si affacciano sul Mediterraneo.
Dobbiamo quindi agire parallelamente con un’azione sul terreno
culturale e con la solidarietà nell’ambito deH’accoglicnza. affrontando i problemi di inserimento
dei nostri fratelli islamici nel rispetto delle esigenze del singolo.
Evitando quindi di associare sistematicamente l’Islam al solo mon
nero viva
do arabo, dato che centinaia di
milioni di uomini che professano
tale religione vivono in un’area
geograficamente compresa dal
golfo di Guinea, sull’oceano
Atlantico, attraverso il Sahara e il
Sahel, all’Egitto e alla « mezzaluna fertile » dalla penisola arabica
e l’Iran, attraverso il subcontinente indiano, alla penisola malese
e all’Indonesia che, con i suoi 170
milioni di abitanti, per oltre il 90
per cento musulmani, è il più popoloso tra i paesi islamici. Con
consistenti minoranze negli Stati
Uniti, in Urss, in Europa (23 milioni, principalmente in Jugoslavia
e Turchia europea; 7 milioni nei
paesi occidentali; si stima circa
400 mila in Italia).
O, al contrario, definendo musulmani tutti gli arabi: ve ne
sono molti che, come cristiani,
chiamano anch’essi Dio con il termine « Allah ».
Non si renderebbe infatti un
servizio utile banalizzando le difficoltà incontrate da un venditore
ambulante proveniente dalle campagne del Marocco appiattendole
su quelle di un ricercatore universitario inviato da un governo in
missione ufficiale o sugli interrogativi che si pone un italiano convertito all’Islam dopo una ricerca
di fede.
Si presenta allora la necessità di
modificare l’approccio linguistico.
Non a caso si legge spesso sui
nostri giornali che le popolazioni
musulmane sono portate « per loro stessa natura » aH’intoIleranza.
Come vi è chi afferma che l’IsIam
possa aiutare i cristiani nella riscoperta della trascendenza, e il
cristianesimo instillare nei musulmani i principi della tolleranza,
scordando così quanto sangue sia
stato versato in due millenni di
storia cristiana (e la vicenda dei
valdesi docet!).
Occorre invece lavorare su un
terreno concreto, mettendo loro a
disposizione locali di culto, affrontando i problemi legati all’educazione religiosa delle giovani generazioni, rispettando le abitudini
alimentari, senza cadere in paternalismi. Perché una scadenza è
vicina: l’Europa del 1992, un bivio davanti al quale dovremo tutti
compiere una scelta. O erigeremo
un baluardo arroccato nella difesa
delle proprie paure e dominato
dalle fobie causate dall’irrazionalità e dai nazionalismi di antica e
recente data; o, ed è la nostra speranza e il traguardo per cui dobbiamo operare, costruiremo un
forum nel quale gli interrogativi
di fondo delia nostra epoca (quale
rapporto con la natura e con la
scienza? quale senso dare all’immagine dell’uomo?) trovano feconda contaminazione attraverso
la pluralità delle presenze antropologiche, culturali e religiose.
Marco Rossi
Lavorare insieme per un nuovo Sud Africa è
possibile - Una preghiera per la terra e la gente
Domenica 30 aprile, il pastore sudafricano Samso Khumalo ha
parlato alle diverse migliaia di persone, in massima parte giovani,
che gremivano l’Arena di Verona, nel grande raduno per la pace,
la giustizia e l’ambiente organizzato dai « Beati costruttori di pace », in un clima caldo, festoso e fortemente partecipe. Il pastore
Khumalo è moderatore della Presbyterian Church of Africa. La
Chiesa presbiteriana in Africa non è multirazziale: vale a dire che
non accoglie sotto la stessa denominazione i vari gruppi razziali. Quindi, la Presbyterian Church of Africa è chiesa solo nera. Oltre ad essere il moderatore, il past. Khumalo è membro del Comitato centrale del CEC, membro della Alleanza mondiale riformata, presidente di Diakonia e membro attivo del South African
Council of Churches nel Gruppo di azione sociale. Ha ricevuto il
dottorato honoris causa dalla London University. Questo è stato
il suo messaggio.
« Fratelli miei e sorelle mie, vi
ringrazio perché mi avete invitato ad essere qui con voi in
questo grande giorno. Leggiamo
quello che è scritto nell’Evangelo secondo Luca 4: 16-20: ”11 Signore ha mandato il suo Spirito
su di me. Egli mi ha scelto per
portare il lieto messaggio ai poveri. Mi ha mandato per proclamare la liberazione ai prigionieri e il dono della vista ai
ciechi, per liberare gli oppressi,
per annunciare il tempo in cui
il Signore sarà favorevole”.
Predicare il lieto messaggio!
Ma quando lo Spirito mi manda
a predicare io non sono libero.
Mi manda a sanare i cuori rotti dal dolore, ma io stesso ho il
cuore rotto. Eppure mi manda
ad annunciare ai carcerati che
saranno rilasciati, ai ciechi che
vedranno, ai calpestati che saranno liberati dai loro oppressori e che Dio è pronto a donare le sue benedizioni a tutti
coloro che vanno a lui.
Fratelli e sorelle, per me è
molto diffìcile nella mia situazione di oppresso in Sud Africa.
P. W. Botha dichiara di volere
negoziati e riforme ma, quando
si tratta della vita dei neri, questi sono solo lacci per tenerli
meglio in pugno. Il governo sudafricano vuole trattare coi neri
su quanto apartheid conservare e
quanto abbatterne e inoltre il
partito nazionalista al potere dichiara che la libera associazione ed espressione dei neri sarà autentica solo se imposta con
delle nuove leggi. La verità è
che aggregazione spontanea e
libertà di associazione sono termini sconosciuti nel vocabolario del partito nazionalista! Detenzioni senza processo, leader
messi a tacere, uso della forza
militare, la polizia che governa
il paese; qual è la causa di tutto
ciò? Il governo ha paura dell’ignoto, il governo non è libero,
il governo è oppresso dalle regole e dalle leggi che ha imposto.
E allora: chi è responsabile della violenza, dello spargimento di
sangue nei ghetti, del nero contro il fratello nero, chi è responsabile? Sicuramente il governo!
E allora, come potrò annunciare che il popolo di Dio sarà
restituito a libertà quando io
stesso sono oppresso, come potrò dire ai destituiti e calpestati
che saranno liberi quando io
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stesso non lo sono? Anch’io sono prigioniero del sistema. Eppure lo Spirito mi manda.
Voglio rallegrarmi con voi
perché in questa grande arena
vedo moltissimi giovani. Nel mio
paese i giovani non hanno tempo di andare in chiesa e neppure possono trovarsi in riunioni
così. I giovani dicono che la
chiesa non ha peso e non conta,
perché non siamo capaci di parlare in favore degli oppressi,
non siamo la loro voce perché
abbiamo paura! Ma i nostri giovani no, non hanno paura né di
parlare né di agire, e lottano
perché vogliono veramente la libertà. Non credono in una chiesa che ubbidisce agli uomini. Gli
uomini muoiono e sono sepolti;
anche i governanti muoiono e
sono sepolti. Ma Dio non muore
ed è il Dio dei viventi, perciò
conviene ubbidire a lui. Il nostro futuro oggi è nelle mani
dei giovani, che non temono di
disubbidire agli uomini.
Chi ha visto il Sud Africa
qualche anno fa e lo rivede oggi
resta sorpreso perché vede molti cambiamenti: ma non sono veri, e non sono sufficienti. I bianchi credono che quando tocche
rà a noi prendere il governo
del paese li cacceremo e li uccideremo; non succederà! Vogliamo restare con loro, vogliamo condividere le ricchezze della
nostra terra. Io sogno un tempo vicino in cui ci sia un nuovo Sud Africa, governato da tutti, in cui stiamo insieme come
figli di uno stesso Dio in una
medesima famiglia. Questo è il
mio sogno. Vedo un futuro luminoso per il Sud Africa: non
più spargimento di sangue, non
più odio e divisioni.
Fratelli e sorelle io faccio
appello a voi perché preghiate
per la mia terra e per la mia
gente.
Ci saranno le elezioni presidenziali e poi prevedo cambiamenti. Ma non accetteremo false elezioni in Sud Africa: mi riferisco all’attuale parlamento
tricamerale. Solo quando ci sarà un solo parlamento potrà esserci pace in Sud Africa. Ora il
mio popolo è smembrato per le
detenzioni di giovani e bambini
dì undici anni: quando questi
vengono scarcerati sono distrutti, hanno subito il lavaggio del
cervello, si mettono contro genitori e fratelli, sono distrutti
nella personalità e un giorno
non saranno neppure cittadini
utili. Chiediamo che tutti i nostri carcerati siano sottoposti
a giusto processo o liberati!
Da qui, da questa grande arena, porto a casa un messaggio
soprattutto per i nostri giovani: che lavorare insieme per un
nuovo Sud Africa è possibile,
che non è necessario uccidere o
distruggere le proprietà altrui
per vincere, che morte e distruzione non servono, serve il vostro coinvolgimento. I governanti di questo mondo passano: Dio
non passa, e anche il suo popolo vivrà! ».