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ECO
DELLE mu VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TORRE BEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 109 - Num. 14 ABBONAMENTI | L. 3.500 per l’interno Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 1 TORRE PELUGE - 7 Aprile 1972
Una copia Lire 90 L. 4.500 per l’estero Cambio, di indirizzo Lire 100 1 Amm. : Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Malgrado La nostra strana incapacità di attenderlo
GESU’.^SORTq VIENE
Il movimento di Pasqua : dalla paura alla giqia
La sera di Pasqua « Gesù venne ». Venne senza essere atteso; se
fosse stato atteso, non avrelibe
trovato la porta chiusa. I discepoli
han chiuso la porta per timore dei
Giudei, ma anche perché non pensano che Gesù venga. Sanno che è
risorto ma si dicono: Chissà dov’è. Non è più nel sepolcro, ma
chissà dov’è andato. Non pensano:
Forse sta venendo, lasciamo la
porta aperta. Pensano invece: Certamente Gesù non verrà, chiudiamo pure la porta. Gesù aveva promesso: « Non vi lascerò orfani,
tornerò a voi », ma chi si ricorda
delle promesse di Gesù! Appare
già qui, fin dalla sera di Pasqua,
quella strana incapacità di attendere il Signore che tutti conosciamo, per cui ci sembra sempre che
Gesù non debba venire, o che debba semmai venire domani piuttosto che oggi, un’altra volta e non
ora. Non c'è da stupirsi allora che
quando Gesù viene trovi la porta
chiusa, perché con grande facilità
diciamo come i discepoli: Certamente Gesù non verrà questa sera,
certamente non sta venendo, chiudiamo pure la porta.
E invece Gesù viene, malgrado
le porte chiuse. Ci sarebbe un lungo discorso da fare su queste «porte chiuse » attraverso le quali Gesù passa ugualmente, ma forse
non è necessario. Ciascuno di noi
intuisce il senso di questo dettaglio: il senso è questo, che non
possiamo chiudere Gesù fuori dalla nostra vita, fuori dal nostro
mondo, fuori dalla nostra storia,
se Egli ha deciso di entrarvi; non
possiamo escludere Gesù se Egli
vuole venire. Gesù viene, malgrado le porte chiuse. Ci sono molte
porte chiuse. Noi pensiamo immediatamente ai non credenti, che
chiudono le porte all’Evangelo. Ma
badiamo che le porte chiuse, qui,
son proprio quelle dei discepoli,
son proprio le nostre. In realtà
quando Gesù viene, sia che venga
nel mondo sia che venga nella
chiesa, trova sempre delle porte
chiuse. La differenza tra noi che
ci reputiamo credenti e coloro che
consideriamo increduli non è che
noi siamo aperti e loro sono chiusi; in realtà siamo chiusi anche
noi; la differenza è che noi dovremmo accorgerci di essere chiusi, loro invece non se ne accorgono, credono di essere aperti. La
radice dell’incredulità è l’illusione
su se stessi.
Gesù dunque viene, contro tutte
le attese e malgrado le porte chiuse. Ma perché viene? Non per far
sapere ai discepoli che è risorto,
essi lo sanno già. Ma per far sapere ai discepoli che Egli è presente.
« Si presentò » dice l’evangelo,
cioè letteralmente « fece atto di
presenza ». Fino a quel momento
Gesù era assente, da quel momento egli è presente. E da quel momento è Pqsqua anche per i discepoli. Fin dal mattino era Pasqua,
ma per i discepoli era come se non
lo fosse. Gesù era risuscitato, ma
era assente. Ora invece è presente. Questo è il punto decisivo. Pasqua non è soltanto risurrezione.
E’ risurrezione e presenza. Gesù
risuscita, e appare, non scompare.
Perciò celebrare la Pasqua non significa soltanto ricordare che Gesù è risorto, ma anche che Gesù è presente. Succede sovente il
contrario: molti ricordano la ri
f< Or la sera di quello stesso giorno^ ch’era il
primo della settimana^ ed essendo per timore
dei Giudei serrate le porte del luogo dove si
trovavano i discepoli, Gesù venne e si presentò
quivi in mezzo e disse loro: Pace a voi! E detto questo, mostrò loro le mani e il costato. I
discepoli, com’ehhero veduto il Signore, si rallegrarono y>. (Giovanni 20: 19 e 20)
surrezione di Gesù ma non la sua
presenza. Per molti cristiani d’oggi Pasqua significa soltanto che
Gesù è risorto, non che Gesù è
presente. Ma, tanto vale dirlo chiaramente: è inutile celebrare la risurrezione di Gesù se poi si dimentica la sua presenza. E’ inutile dire: Gesù è risorto, se poi dobbiamo aggiungere: Però è assente dalla nostra vita. Gli apostoli e i primi cristiani ci hanno lasciato questa testimonianza: che credere nella risurrezione o significa credere
nella presenza di Gesù oppure non
significa nulla.
Gesù venne, e si presentò quivi
in mezzo a loro, precisa l’evangelo. E’ una precisazione importante, perché molti, di fronte ai
racconti delle apparizioni di Gesù
risorto, pensano fra sé: Non è che
Gesù sia veramente apparso; i discepoli, come si dice, hanno sognato a occhi aperti, hanno ’’visto”
Gesù nel senso di una visione interiore, ma nella stanza non c’era
nessuno oltre a loro. L’evangelista
però, dicendo che Gesù apparve
« in mezzo » a loro, vuole appunto
dire che non s’è trattato di una visione interiore, ma esteriore; Gesù non appare nell’intimo dei discepoli ma davanti a loro; essi lo
vedono non dentro di sé, ma accanto a sé. Se fosse una visione interiore, Gesù vivrebbe soltanto nel
nostro ricordo, sarebbe presente
solo perché ci ricordiamo di lui,
saremmo noi a farlo vivere, a perpetuarne la memoria di generazione. Ma non è così. E’ più quello
che dimentichiamo di Gesù che
dimentichiamo di Gesù che quello
che ricordiamo. Tra poco, forse
............... iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Soljenitsin e la Chiesa artadassa ressa
avremo già dimenticato l’annuncio di Pasqua, saremo tornati ai
nostri pensieri di sempre. Tra poco, forse avremo già dimenticato
che Gesù è risorto e presente. Con
quanta facilità lo dimentichiamo.
E’ più facile dimenticarlo che ricordarlo. E’ dunque chiaro che se
Gesù vive non è perché ci ricordiamo di lui. Al contrario, abbiamo
poca memoria per le cose dell’Evangelo. No, non è il nostro ricordo che fa rivivere Gesù; è la
sua presenza che fa rivivere il nostro ricordo di lui.
E infine: « I discepoli, com’ebbero veduto il Signore, si rallegrarono ». Prima avevano paura, a
motivo dei Giudei. Ora si rallegrano, a motivo del . Signore. Dalla
paura alla gioia: questo è il movimento di Pasqua. Non che tutti i
problemi siano risolti, non che la
minaccia dei Giudei sia svanita,
non che le pene, le sofferenze, i
drammi della vita e della storia
siano scomparsi, ho, tutto questo
c’è ancora, ma non c’è più solo
questo. C’è il Signore. Questo è il
messaggio di Pasqua. E la gioia
per la sua presènza deve essere
più forte della paura. Se la paura
è più forte della gioia vuol dire
che viviamo ancora nell’ombra
del Venerdì Santo anziché nella
luce di Pasqua. Diciamolo ancora
una volta: tutti i drammi della vita e della storia ci sono ancora,
nulla ci è risparmiato, ma la gioia
di Pasqua dev’essere più forte.
Dalla paura alla gioia: questo
passaggio vale anche per la Chiesa. Gesù viene in una comunità
chiusa, asseragliata nelle sue mura, prigioniera delle sue paure, paralizzata perché sulla difensiva.
Gesù viene per trasformare questa Chiesa impaurita e triste in
una Chiesa coraggiosa e lieta, che
in mezzo ai pericoli e ai problemi,
non si perde d'animo ma crede e
spera. Amen. Paolo Ricca
Alexander Soljenitsin ha dato una nuova
prova di indipendenza e di coraggio. In una
lettera indirizzata al Patriarca Pimen, egli ha
accusato il capo della Chiesa ortodossa russa
di asservire il suo ministero pastorale alla dittatura ateistica e di abbandonare e trascurare
il suo gregge. Lo scrittore lamenta Parrendevolezza della Chiesa russa di fronte al divieto
di insegnamento religioso ai ragazzi e constata
che i bambini russi sono defraudati dell’ereditè di fede dei padri. « Stiamo perdendo le ultime tracce e gli ultimi segni di un popolo cristiano. Non dovrebbe, questa, essere la preoccupazione di fondo del patriarcato russo? »
Soljenitsin rimprovera pure che il patriarcato
di Mosca, mentre ha condannato l’ingiustizia
compiuta qua e là in Asia o in Africa, taccia
invece su quanto avviene nella sua nazione.
Anzi, la Chiesa dovrà tacere anche in avvenire, perché neU’Unione sovietica non vi è libertà di opinione per la Chiesa.
La situazione criticata da Soljenitsin è stata evidenziata recentemente anche dal presidium della Federazione protestante svizzera,
che ha dichiarato, in occasione di un giro di
conferenze di Richard Wurmbrand: «Le cose non vengono semplificate quando Stati, che
praticano una politica antireligiosa, non sono
spinti ad attuare, se le vogliono, le norme repressive, ma possono riuscire piuttosto nel
loro intento attuando limitazioni tramite l’amministrazione ecclesiastica. In tal modo la
credibilità dei responsabili ecclesiastici e
gravemente compromessa all’interno delle comunità ».
Questa contatazione pare adatttarsi in modo particolare alla Chiesa ortodossa russa. Ha
qui un peso decisivo il fatto che questa Chiesa, tradizionalmente, non ha conosciuto affatto il diritto alla resistenza maturato nell’epoca dell’illuminismo. Essa distingue il Regno
Ridare allo Stato la pienezza di decisione
cui ha linnnciato con l'art. 1 delia Costituzione
L'on. Lelio Basso ha illustrato, a Roma, la proposta di legge da lui presentata
alla Camera il 23 febbraio 1972 e contenente modificazioni degli articoli 7, 8 e
19 delia Costituzione — Il senso di tale proposta, anche in fine di legislatura,
sta nel fatto politicamente rilevante di avere richiamato in sede parlamentare
l'attenzione del paese sulla gravità della situazione attuale e sulla necessità
di risolverla in termini costituzionalmente coerenti.
di Dio dal regno terreno in modo assai più
radicale di quanto avvenga nel luteranesimo
più ortodosso (un’"ortodossia” che però pretende a torto di rifarsi veramente a Lutero). Essa si volge unicamente, in modo esclusivo al
Regno dei cieli ed evita di assumere responsabilità politiche. Gli ortodossi russi non hanno
reagito alle strutture sociali dell’impero zarista né verrebbe loro in mente di mettere in
qualsiasi modo in discussione il sistema sovietico. Essi non sono comunisti, si considerano
rigorosamente credenti e non ateisti, ma limitano la loro attività all’ambito ecclesiastico,
soprattutto alle forme liturgiche di un culto
ricco e alla meditazione cristiana in raccoglimento claustrale. Sono paghi quando lo Stato
permette loro in questo ambito la necessaria
libertà di movimento. Se in epoca recente la
Chiesa ortodossa russa, in qualche sporadica
occasione, si è lasciata indurre a considerare
un problema internazionale, si è trattato più
che altro di una concessione ai desideri delle
istanze governative sovietiche. All’osservatore
salta però agli occhi che a partire dall’occupazione della Cecoslovacchia la Chiesa è diventata più circospetta nell’assumere posizioni politiche, limitandosi a considerazioni generali e
generiche suU’auspicabilità di un ordinamento internazionale pacifico e avanzando la proposta di una conferenza europea sulla sicurezza. Questo riserbo corrisponde alla antica tradizione apolitica della Chiesa ortodossa in Russia.
Ritornando aUa lettera dello scrittore, questi si chiede : « Con quali prove ci si può convincere che la distruzione pianificata dello spirito e del corpo della Chiesa sotto la direzione
degli atei sia il miglior modo per conservarla?
E conservarla per chi? Certamente non più
per il Cristo. E conservarla come? Con una
menzogna? ». Riferendosi alla lettera pastoraf continua a pag. 5)
I! 24 marzo in Roma nella sala dell'Istituto per lo studio della società
contemporanea, dinanzi ad un pubblico prevalentemente costituito da giuristi e da rappresentanti della stampa,
l’on.le Lelio Basso ha illustrato la proposta di lepe costituzionale da lui
presentata il 23 febbraio scorso alla
Camera e contenente modificazioni degli artt. 7, 8 e 19 della Costituzione.
Oltre che sotto il profilo generale,
in quanto investe la disciplina di tutta la materia ecclesiastica sul piano
costituzionale, tale proposta interessa
più direttamente l’ambiente evangelico in quanto essa riformula, nel contesto costituzionale, anche quelle norme (artt. 8 e 19) che regolano la condizione giuridica delle confessioni religiose diverse dalla cattolica e l'esercizio dei diritti di libertà in tema di
religione.
L’on.le Basso, in una breve ma esauriente esposizione, richiamatosi alla
lentezza ed alle difficoltà con cui procedono i lavori preliminari inerenti
la revisione concordataria cui egli stesso dette l’avvio sin dal 1965, con una
apposita mozione, ha prospettato alla
attenzione dei presenti la necessità di
ridare allp Stato quella pienezza di
decisione a cui ebbe a rinunciare con
l’art. 7 della Costituzione, che lo forza ora a conservare la pattuizione lateranense o a modificarla solo nei limiti cui sia disposta a consentire la
controparte. Questa la ragione fondamentale di opportunità politica — ha
sottolineato il parlamentare — che
giustifica la sua proposta di revisione
costituzionale.
Rilevati i contrasti, sollevati anche
dalla dottrina giuridica e dalla giurisprudenza, tra norme pattizie e costituzionali e tra i principi della laicità,
della libertà religiosa e dell’eguaglianza giuridica da un lato, ed il regime
privilegiario assicurato dal Concordato alla Chiesa romana dall’altro, l’on.le
Basso ha ricordato come l’eliminazione della regolamentazione concordataria sia vieppiù avvertita, anche come esigenza giuridica, da un numero
sempre più elevato di studiosi, in vista del superamento di quelle discriminazioni che ancora sussistono sul
piano del trattamento giuridico delle
diverse confessioni religiose e che
non trovano giustificazione nel contesto della Costituzione repubblicana
del 1948.
La proposta avanzata dall’on.le Basso enuncia, in modo del tutto diverso
da quelli sin qui seguiti in Italia, i termini di una soluzione inerente al problema dei rapporti tra Stato e Chiese.
Egli fa cioè ricorso ad una formula
che considera rispettosa al tempo
stesso dei diritti delle Chiese e dei
principi della democrazia propri di
una società pluralistica come è quella che la Costituente italiana ha voluto promuovere. Una tale proposta
prelude cioè ad una impostazione del
problema in termini di relazioni ed
incidenze correnti tra società civile e
società religiose, ed appare atta ad
assicurare, nel quadro della legislazione dello Stato, tra l’altro la piena autonomia istituzionale di tutte le confessioni religiose senza livellamenti
dei rispettivi caratteri di ciascuna.
Non è possibile in questa sede dilungarsi in un’analisi delle singole
norme proposte dall’on.le Basso a
modifica di quelle vigenti, al fine di
valutarne la rispondenza non solo ai
fini da lui proposti, ma anche sotto il
profilo delle esigenze proprie delle
Chiese evangeliche e delle istanze da
queste proposte nel quadro della vita
generale del paese. Tuttavia perché il
lettore sia in grado di rendersi conto
della portata delle suggerite modifiche, in altra parte del giornale viene
pubblicato il testo dell’articolato ed
uno stralcio della relazione delTon.le
Basso relativa a quella parte nella
quale egli si sofferma ad illustrare il
contenuto delle disposizioni di modifica da lui avanzate.
Taluno potrà domandarsi quale possa essere il significato di una tale proposta di legge costituzionale presentata in chiusura di legislazione e quale possa essere il suo apporto reale in
vista di una concreta soluzione delTannosq problema della liberalizzazio
ne della le^slazione italiana dal regime di privilegio confessionale e dai
lacci imposti con l’art. 7 della Costituzione. È certo che oggidì non è ancora sviluppata nel nostro paese una
mentalità adatta a valutare tutta la
portata di tali problemi; ed anche
quegli ambienti politici, che nelle diverse direzioni si dichiarano più avanzati, non dimostrano una soverchia attenzione per queste esigenze. Occorre
considerare inoltre che i nuovi aspetti che caratterizzano la soluzione of-,
ferta dall’on.le Basso se potranno apparire di un ardire sconsiderato in taluni ambienti confessionali nonostante le aperture della « Chiesa post-conciliare », non troveranno probabilmente rispondenza neppure in quegli ambienti laici tuttora legati ai postulati
assoluti deH’indifferentismo e dell’agnosticismo peculiari delle concezioni sviluppatesi sul finire dello scorso secolo.
È ovvio che sul piano pratico è oggi del tutto impensabile che nel qua-,
dro della prossima sesta legislatura
iiMiiiiiiiimimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Si leggano, a pag. 2, ampi stralci
della relazione con la q^ja’e l’on.
Lelio Basso ha presentato alla Camera la sua proposta di legg» costituzionale, e il testo deg’i articoli
proposti, a raffronto con il testo
attuale della Costituzione.
liiiilliiiliiliiillilllllllllliiiiliilllll
quanto forma oggetto della attuale
proposta dell’on.le Basso possa conseguire quella maggioranza qualificata e necessaria per modificare il testo costituzionale.
A me sembra tuttavia che il progetto dell’on.le Basso esprima una disciplina dei rapporti tra Stato e Chiese
meritevole della massima attenzione,
poiché’ secondo i canoni della nostra
democrazia interpreta tali rapporti inserendoli a nuovo nel contesto di
quanto la Costituzione repubblicana
ha voluto disporre in tema di società
pluralistica. Non si tratta naturalmente di un radicale sconvolgimento
del sistema attuato nel 1947, ma di
un suo ripensamento coerente che
tende a superare quelle difficoltà e risolvere quei problemi che i regimi
laicisti e confessionali che da oltre im
secolo si sono avvicendati nel nostro
paese hanno lasciato di volta in volta
insuperate e insoluti anche per via
degli strumenti giuridici che tali regimi hanno voluto rispettivamente
adottare.
Il senso proprio di tale proposta mi
sembra risieda nel fatto politicamente rilevante di aver richiamato in sede parlamentare l’attenzione del paese sulla gravità della presente situazione e sulla necessità di risolverla,
offrendo allo scopo un articolato costituzionalmente coerente e corredato da una dotta relazione in cui vengono richiamate ed impostate a nuovo le tematiche di fondo relative al
problema.
Come lo stesso on.le Basso ha voluto precisare, quando egli nel 1965 presentò la mozione per la revisione dei
Patti lateranensi nessun partito si dimostrò favorevole, mentre soltanto
due anni dopo tutti, tranne i gruppi
dell’estrema destra, furono favorevoli
ad avviare quanto meno l’onerazione
di revisione del Concordato. Del resto,
ha concluso l’on.le Basso rammentando un’espressione di Filippo Turati, in
politica maturano solo le cose che si
vogliono far maturare.
Mi è sembrato pertanto opportuno
presentare all’attenzione degli ambienti evangelici la proposta avanzata dall’on.le Basso perché venga attentamente meditata e studiata, perché anche con il modesto contributo che i
nostri ambienti potranno dare, maturi nel nostro paese la necessità di procedere nelle linee generali di una revisione piena delle norme costituzionali che oggi presiedono a questa materia.
Giorgio Peyrot
2
pag. 2
N. 14 — 7 aprile 1972
LA BIBBIA NON LETTA
in
Il Gantier dei Cantici,
un libro contestato
Dopo che l'esercito del generale romano Tito, il futuro imperatore, ebbe distrutto, nel 70 d. C., Gerusalemme e il Tempio, il Gran Sinedrio fu
costretto a scegliersi un’alt, a sede.
Migrò così a lamnia, città antica e
popolosa, situata ad una ventina di
chilometri a sud dell’attuale Tell-AvivGiaffa e a circa 6 chilometri dal mare,
lamnia (forma grecizzata del nome
ebraico di Jabneh o labneel) era già
rinomata, fra gli ebrei della Palestina,
come centro della cultura ta’mudica
e questa fu certo la ragione della s elta del Sinedrio, che ivi rimase per
circa mezzo secolo.
Fu così a lamnia che, verso il 90
d C., un Sinodo di Rabbini (in numero di 72) decise di fissare il « canone »
dell’Antico Testamento, come è rimasto oggi ancora, anche per noi. Trattavasi di precisare, in modo definitivo ed autorevole, quali fos.ero i libri
che potevano, e dovevano, ritenersi
« sacri », ossia divinamente ispirati, e
di scartare quelli che, anche se in uso
in qualche sinagoga, non lo erano. Ovviamente non c’erano dubbi sul Pentateuco (la Torah), che si faceva risalire a Mosè, e nemmeno sui 1 bri dei
Profeti, ma non tutti erano da?co”co
sugli altri « scritti » (ketubim) poetici o non.
Tra gli scritti maggiormente contestati da una parte, ed esal ati dalTa'tra, entrati ormai nella lettura cultuale delle sinagoghe, c’era (per venire
subito al nostro argomento) il libro
del «Cantico dei Cantici» (1 «Cantico per eccellenza »), che costituiva addirittura il primo dei « Meghillot »,
ossia dei cinque «rotoli» che si r citavano, o cantàvano, in occasione deicinque grandi feste ebrai-he, cui abbiamo già accennato nella precedente noterella. Il « Cantico » era, ed è
tutt’ora, destinato alla festa più im
portante di tutte: la Pasqua.
Lo contestavano i Farisei della rigida scuola di Shammai, ma prevalse l’opinione della maggioranza dei
grandi Rabbini che si appellavano alla tradizione ormai affermata, per la
quale il « Cantico » veniva in'erpretato allegoricamente, come un inno al
reciproco amore di Dio e del suo popolo. Così il Cantico rimate tra gli
scritti sacri degli Ebrei, e nella loro
liturgia pasquale, e passò nel’a Chiesa Cristiana con la sua in'eroreti;line allegorica, con la sola difieren-a
che i cristiani vi trovarono la li i'a
esaltazione delle nozze tra lo « sposo
celeste » e la sua « sposa »: la Chiesa.
L'allegoria
del patto nuziale
L’immagine del rapporto D o-Popolo
come « patto matrimoniale », già im
plicita nell’antichissima idea del « patto », era stata ripresa da vari pro eti
e in particolare da O ea. Qu Ila delle
« nozze » tra Cristo e la sua Chiesa
percorre poi tutto il Nuovo Testamento dalla predicaz'one di Giovanni Battista (Giovanni 3: 29), alle varie parabole di Gesù sulle nozze, alle sue
parole sulla presenza dello sposo (Lu
ca 5: 34), ai vari passi in cui Paolo si
richiama alla medesima immagine
(2 Corinzi 11: 2; Efesini 5: 25-32) e,
infine, alla Apocalisse che si c’siu'.e
con l’invocazione della « sposa » che
attende il gran ritorno dello « sposo ».
Sotto questo aspetto 1 interpretaziune allegorica del Cant eo appare noi
soltanto legittima, ma naturale e in
armonia con tutta una linea eli pensiero, radicata nell’Antico Testamen
to e sviluppata nel Nuova.
Dove al lettore mederro, soprattutto se di mentalità occidentale, si può
presentare qualche diffivoltà, nel se
guire ed apprezzare l’immagine, è in
certe descrizioni, un po’ veriste, anche se poetiche, delle bellezze della
sposa, delle effusioni di tenerezza tra
gli sposi ecc... Non che ci sia nulla
che possa offendere anche la più delicata sensibilità, soprattutto se si
tien conto di quanto oggi siamo abituati a vedere e a leggere, ma perché,
sebbene disposti ad accattare l’immagine biblica nelle sue grandi linee, c’
se il
autore
rimane più difficile trovare il senso
allegorico di certi dettagli.
Sarebbe interessante sapere
« Cantico » fu scritto dal suo
già come una allegoria destinata a ce
lebrare, dopo il rimpatrio dalla cattività babilonese, la restaurazione dell’alleanza del popolo eletto, oppure se
in origine le liriche che compongono
il Cantico fossero veri e propri canti
nuziali ai quali l’interpretazione allegorica venne data solo in un secondo
tempo. Su questo problema le opinioni sono divise e non si troverà forse
mai una risposta definitiva. Ma si tratta di una curiosità puramente culturale, perché, dal punto di vista religioso, il valore del « Cantico » sta nella sua allegoria. Ciò non significa che,
anche dal punto di vista prettamente
umano, non si tratti di un libro assai
bello e che la sua esaltazione dell’amore coniugale non sia in perfetta armonia con il concetto che il credente
ha del matrimonio come di uno stato
che Dio stesso ha voluto e benedetto.
Né ci sarebbe alcunché di s'rano che
la Bibbia, che vuole essere appunto
il libro che porta la parola di Dio nella realtà della vita umana, trattasse
anche della bellezza di un vero e fedele amore tra due creature destinate a completarsi Luna con l’altra.
Quello però che conta è che il Cantico è entrato nella Bibbia degli Ebrei,
e poi in quella cristiana, a causa, ed
in funzione, della sua interpretazione
e che pertanto dobbiamo leggerlo tenendo conto di questo fatto.
Per leggerlo e per - comprenderlo
dobbiamo cercare di immedesimarci
con la « mente » e col « linguaggio »
di chi ha scritto e di chi ha voluto e
conserva'o quel libro nella Bibbia co
me una poetica parabola, cui probabilmente si riferiva l’Apostolo Paolo
quando scriveva: « Io vi ho fidanzati
ad un solo sposo, per presentarvi a
Cristo, come una vergine casta » (2 Corinzi 11: 2).
Ernesto Ayassot
N. B. - Nella prossima noterella cercheremo di esaminare più da vicino
la interpretaz one alkgorica, almeno
nelle sue grandi linee.
la laicifà dello Stato e riconoscere alle confessioni religiose
pari dignità di fronte allo Stato
Dalla relazione con cui Von. L. Basso ha presentato il 23 febbraio alla Camera la
proposta di legge costituzionale a modifica degli articoli 7, 8 e 19 della Costituzione
La disposizione del primo comma del proposto articolo 7 è norma di regime diretta a
soddisfare a due fondamentali esigenze.
La prima di queste esigenze è quella del ruperamento della ormai vieta e ingiustìfìcata
concezione dello Stato confessionista mediante la piena realizzazione, giuridica e di fatto,
della laicità statale.
Quale uno dei postulati scaturenti dalla sua
fondamentale qualificazione democratica, consacrata neirarticolo 1 della Costituzione, il
principio della laicità statale è stato tradotto
dalla Costituzione nel riconoscimento dello
Stato pluralista, cioè dello Stato non indifferente verso il fenomeno religioso ma necessariamente incompetente a prendere posizione
in ordine alle opzioni spirituali dei cittadini,
L altra esigenza è quella di integrare la
garanzia accordata, con l’articolo 19, alla libertà religiosa individuale, mediante la predisposizione degli strumenti idonei non solo a
soddisfare le istanze religiose deirindividuo,
ma a facilitarlo in quella ricerca della verità
in cui si compendia l’essenza della libertà religiosa.
E’ appena il caso di sottolineare che una violazione della norma del primo comma dell’articolo 8 si configura non solo ogni qualvolta sì ponga una limitazione alla libertà di
una confessione religiosa, ma anche ogni
qualvolta si offra ad una di esse la possibilità
di una esplicazione più accentuata di libertà.
E’ a questo fine che nel procedere alla redazione di questa proposta di revisione costituzionale, abbiamo ritenuto opportuno preferire, a una formula iniziale che avevamo già
pubblicato e che suonava « tutte le confessioni religiose godono, dinanzi alla legge' di
eguale libertà nell’esercizio del proprio :ninistero spirituale », l’altra secondo cui « tutte le confessioni religiose hanno pari dignità
sociale e sono eguali di fronte allo Stato ».
Abbiamo cioè preferito, una volta eliminata la fonte operativa della differenziazione
nel tmttamento giuridico delle confessioni religiose, riprodurre in materia la formula usata dall’articolo 3 della Costituzione per l’affermazione del principio di eguaglianza giuridica dei cittadini.
Il superamento della concezione individualistica propria della dottrina liberale, per la
quale soltanto l’uomo è soggetto di diritto,
senza che una qualche soggettività sia riconosciuta ai raggruppamenti da esso posti in essere per il soddisfacimento dei propri bisogni
iiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiin’ininiiiiiiiiiiitiiiiiMimiiiimiiiiiiiiiimiiiiiiiimiiimiiiiMiMiimimtiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Il tempo e l’uomo
La coscienza che ha l’uomo dei limiti umani ha posto nel suo animo un
desiderio d’infinito; ed anche se in esso il pensiero annega, il naufragare è
dolce in questo mare: chi non ricorda
i versi de « L’Infinito » del Leopardi,
ove il pessimismo del Poeta si scioglie
in questo dolce abbandono?
La fede cristiana, che è una fede
di speranza, non sprofonda nel pensiero dell’infinito e dell’eterno, ma i credenti vi attingeranno valori spirituali
e universali, che alimenteranno la loro vita terrena, ed a questi valori si
sosterranno, come dirà di se stesso un
filosofo, affinché il fiume del tempo
non li travolga.
Dante, spirito profondamente cristiano, dirà del suo amato maestro
Brunetto Latini, ritrovato nell’immaginario viaggio ultraterreno, che gli
insegnava « come l’uom s’eterna ».
Ma l’uomo di oggi ha perso il senso
dell’eternità. L’uomo non vive più il
suo attimo fuggente in un contesto eterno, affrancato dal tempo, ma è diventato invece succube, schiavo, vittima del tempo che lo afferra e lo incastra: prova della mancanza di fede
dell’uomo moderno. « Non c’è tempo
che leghi il poeta », scrive Goethe nel
Faust. Ma possiamo anche dire: « Non
c’è tempo che leghi chi crede in Dio ».
L’uomo che ha fede, in modo particolare se si tratta della fede cristiana,
vive il suo momento terreno e temporale svincolato dalla soggezione del
tempo e delle cose di questo mondo,
per guardare ciò che è eterno.
Non è questa, e non deve intendersi.
NOVITÀ’ CLAUDIANA
Paul Tillich
L’ERA PROTESTANTE
ed. a cura di Franco Giampiccoli
pp. 276 - L. 2.900
(coll. « Sola Scriptura » 4)
L « era protestante » è conclusa. È dunque segnata la fine del protestantesuno. Non tutto è perduto se il protestantesimo saprà riscoprire il
« principio protestante », la protesta profetica contro ogni potere che richieda pei sé un carattere divino, sia esso chiesa o stato, capo o partito.
Una delle maggiori opere del grande teologo-filosofo « sulla linea di
confine ».
Ï! ciau
K ) Mi dia
f na
EDITRICE CLAUDIANA
Via Principe Tommaso, 1
c.c.p. 2/21641
- 10125 Torino
una posizione conservatrice, egoista
ed egocentrica. Mirare le stelle non
autorizza a nùn guardare ove mettere
i piedi. Si può aspirare alle cose eterne e non essere conservatori; così come — e forse con più forte motivo —
si possono guardare le cose materiali,
preoccupandosi esclusivamente di esse, ed essere conservatori.
Certo, per troppo tempo è stato detto a chi soffriva ingiustizie e fame:
X Beato te che soffri, perché tuo sarà
il Regno dei Cieli ». Ciò poteva dirlo
soltanto Gesù, perché ha saputo morire sulla croce per il riscatto della
umanità, e non poteva essere lecito il
dirlo a chi se ne stava satollo in comoda poltrona.
Ma anche neH'amore verso il prossimo, deve essere l’infinito a guidare
e ad operare nel cuore dell'uomo: perché la legge d’amore non può essere
che una legge universale, e quindi,
traslata nel tempo, una legge eterna.
Non vi può essere l'amore di ieri e
l’amore di oggi, né Taniore di domani.
La crisi del mondo attuale può avere perciò la sua origine nel fatto che,
come già detto, l'uomo di oggi ha perso il senso deH'eternità. Scriveva il
Windelband: « Chi è irretito nella vita
immediata di ogni giorno, nell'intreccio dei desideri, delle passioni rivolte
a cose temporali, a cose effimere, o
chi tesse il filo della sua attività in apatica e cupa indifferenza, non avverte forse mai la consapevolezza di un
valore che trascende il tempo ». L'uomo di oggi, strettamente legato al
tempo in cui vive e che lo consuma,
non può più dialogare con Dio. che è
l’Eterno, cioè « Colui che è, che era
c che sarà» (Apocalisse 1: 4). E come
non può dialogare con Dio, così non
può ascoltare la sua Parola. Poiché
Dìo può manifestarsi all'uomo soltanto mediante la Parola, l'uomo che più
non ode la Parola di Dio dirà che Dio
si è allontanato dal mondo o addirittura. che è morto. Ma Dio non può
abbandonare il mondo, il che si tradurrebbe nell’abbandono dell'uomo,
sua creatura: né tanto meno morire.
Sta all’uomo saper ascoltare la Parola di Dio. La Parola di Dio non è però parola del tempo, parola che vale
oggi, ma è Parola fuori del tempo, e
nerciò può valere anche oggi. L'uomo
invece non vuole più ascoltare la Parola di Dio. perché crede che sia una
parola posta nel tempo, mentre invece
è posta nell'eternità. E l'uomo, legato
al tempo, più non ode la Parola che è
fuori del tempo, perché è la Parola di
Dio. che è l'Eterno.
L'uomo ritorni dunque a vìvere il
senso dell’eterno, e gli sarà allora agevole udire la Parola di Dio. quella
Parola che gli assicura libertà e salvezza, perché è la Parola eterna.
Eros Vicari
materiali e spirituali, è stato infatti operato
dall’articolo 2 della Costituzione.
Il fatto poi che l'espressa dichiarazione della eguaglianza delle confessioni religiose sia
posta in apertura della disciplina ad esse relativa, non implica affatto l’assunzione, da parte dello Stato, di un impegno a favore o addirittura a promuovere le formazioni religiose
più di quanto esso non sia tenuto a favorire
o addirittura a promuovere altre formazioni
sociali data la funzione di completamento e di
integrazione della personalità ad esse riconosciuta: niente, nella nostra Costituzione, legittima l’affermazione che il bene della religione sia un bene tutelato più di ogni altro,
la libertà religiosa al pari di ogni altra essendo tutelala dallo Stato principalmente per quel
valore di utilità che essa presenta nei confronti della sua organizzazione polìtica.
E non a caso la formula che abbiamo usato
parla di eguaglianza e pari dignità di fronte
allo Stato. Essa sta infatti a significare, al di
là di ogni criterio di valutazione qualitativo o
quantitativo, garanzia di una parità di posizione dì tutte le confessioni religiose non
solo di fronte alla legge — e quindi garanzia
dì un trattamento giuridico uguale per tutte —
ma anche di fronte a tutto l’apparato dello
Stato.
Naturalmente — e ci sembra quasi superfluo accennarvi — parlare di eguaglianza dì
trattamento giuridico non significa fare ad
ogni confessione un trattamento eguale in senso assoluto.
Eguale trattamento giuridico, dunque, realizzabile soltanto attraverso una regolamentazione specifica e differenziata. Ed eguale trattamento giuridico che può dirsi compiutamente realizzato solo quando questa regolamentazione specifica e differenziata risponderà nei
singoli casi, a quelle che sono le caratteristiche peculiari, le finalità, le esigenze delle singole confessioni, e solo quando non venga a
concedere « qualcosa di più » di quanto la
situazione concreta richieda.
Il secondo comma dell’articolo 7 sancisce
il riconoscimento a tutte le confessioni del
« diritto di darsi i propri ordinamenti, nonché la piena indipendenza nello svolgimentò
della loro missione, escluso ogni intervento da
parte dello Stato ».
Si tratta dì una disposizione che integra la
garanzia di pari libertà religiosa sancita per
tutte le confessioni nel primo comma, garantendo loro la pienezza dell’esercizio della loro
missione spirituale mediante il riconoscimento
degli ordinamenti che esse hanno il diritto di
darsi e l’assicurazione della loro indipendenza
da ogni interferenza e ingerenza statale.
Fuori da ogni richiamo a concezioni di
agnosticismo o di indifferentismo statale in
tema di religione, con questa norma abbiamo
inteso affermare la considerazione dello Stato
per gli interessi religiosi di tutti i cittadini, assicurando, aècanto alla libertà e all’indipendenza loro propria, l’imparzialità dello Stato
nei confronti di tutte le confessioni.
Tali principi, tuttavìa, non esauriscono,
ancora, l’intero arco di problemi che l’argomento postula e propone; resta anzi da risolvere quello forse più delicato e importante.
Quello, cioè, se alla regolamentazione anzidetta debba provvedersi attraverso una legislazione statuale rilasciata alla più completa
autonomia decisionale dello Stato, o mediante leggi che prevedano una preventiva commisurazione delle esigenze delle confessioni reli
giose in cui converga tanto la valutazione della confessione interessata quanto quella dello
Stato.
Certo, la negativa esperienza concordataria da un lato, la non attuazione, fino ad oggi,
di « intese » con le confessioni acattoliche dall’altro, nonché tutte le discussioni che in sede
giuridica si sono avute e si continuano ad
avere intorno alla determinazione dei limiti
che la previsione normativa di cui al terzo
comma dell’articolo 8 pone alla potestà legislativa dello Stato nella regolamentazione dei
suoi rapporti con le singole confessioni, e tutte
le discussioni per determinare l’atipicità o
meno a livello costituzionale delle leggi emanate sulla base di intese, e quindi se esse abbiano o meno la forza innovativa e di resistenza della legge costituzionale stessa, sono
tutti motivi che potrebbero alimentare la tentazione di un ritorno ad una legislazione inte^3 mente rilasciata all’autonomia decisionale
dello Stato.
Ci chiediamo, tuttavia, se una soluzione
del genere sarebbe idonea a garantire la realizzazione dell’eguaglianza di trattamento giuridico — nel senso sopra delineato — di cui
abbiamo detto dover godere tutte le confessioni religiose per rispondere all’istanza democratica statale; ci chiediamo, cioè, se sarebbe possibile, una volta che venisse rilasciata esclusivamente ad esso la valutazione
delle esigenze delle varie confessioni religiose,
evitare un ritorno, da parte dello Stato, a posizioni autoritative in materia, e se non ì3Ì
riaprirebbe la strada ad un ritorno ad un giurisdizionalismo, con il rischio del ricostituirsi
di posizioni di privilegio in favore di quelle
confessioni che disponessero, ad esempio, di
mezzi maggiori o che potessero vantare maggiori aderenze nella compagine statale, che è
quanto con questa proposta di revisione costituzionale si è inteso eliminare.
Se è la fondamentale qualificazione democratica dello Stato ad esigere, con l’-accoglimento del pluralismo confessionale, che le
confessioni, per poter svolgere compiutamente la loro funzione di integrazione della personalità umana, godano di un eguale trattamento giuridico, la regolamentazione dei
loro rapporti con lo Stato non potrà scaturire
che dairincontro delle due volontà contrapposte.
E’ questo, in ultima analisi, il motivo che
ha fatto rifiutare ad alcuni giuristi che l’articolo 8 della Costituzione possa riguardarsi
semplicemente come norma politica diretta
esclusivamente ad avvicinare il trattamento
fatto alle confessioni acattoliche a quello fatto
alla Chiesa cattolica.
Sono queste le considerazioni che hanno determinato il proponente di questo progetto
di revisione costituzionale a ripetere la :formula del terzo comma dell’articolo 8 della Costituzione, con quelle sole aggiunte che ha ritenute indispensabili onde evitare, hell’.nttuazione pratica della previsione normativa stabilita, ogni possibile violazione, anche solo indiretta, del principio di eguaglianza giuridica previsto al primo comma dell’articolo 7.
Al fine di dissipare ogni possibile e ragionevole dubbio che attraverso le singole « intese » si possano introdurre privilegi o discriminazioni per una confessione religiosa rispetto ad altre, abbiamo ritenuto porre come
prima condizione dì validità della regolamentazione emanata sulla base dì intese che essa
(continua a pag, 6)
Proposta di legge costituzionale
Art. 1.
Gli articoli 7 e 8 della Costituzione della Repubblica italiana sono sostituiti dai seguenti:
Art. 7. - « Tutte le confessioni religiose hanno pari dignità sociale e
sono eguali di fronte allo Stato ;
esse godono altresì di pari libertà
nell’esercizio del loro ministero.
Ad esse la Repubblica r conosce
e garantisce il diritto di darsi propri ordinamenti, in quanto non
contrastino con l’ordinamento giuridico italiano, nonché la piena indipendenza nello svolgimento della loro missione, escluso ogni intervento da parte dello Stato ».
Art. 8. - « I rapporti fra lo Stato
e le confessioni religiose sono r£gulati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze;
tale regolamentazione deve rispondere alle specifiche effettive esigenze avanzate dalle singole conifessioni, senza comunque ledere la
libertà religiosa e l’eguaglianza a
tutte garantite, nonché i diritti
costituzionali garantiti ai cittadini.
Le attività ecclesiastiche, in
quanto afferenti ad interessi diversi da quelli propriamente snirituali sono disciplinate dal diritto comune, nel rispetto della indipendenza delle confessioni religiose ».
Art. 2.
L’articolo 19 della Costituzione
della Repubblica italiana è sostituito dal seguente:
Art. 19. - « La libertà della fede
e della coscienza è inviolabile. Tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede reFgiosa in qualsiasi forma, individuale
o associata, di farne propaganda
e di esercitarne in privato o in
pubblico il culto, purché non si
tratti dì riti contrari al buon costume.
La discussione sulle materie religiose è pienamente I bera ».
Testo attuale
Art. 7. - Lo Stato e la Chiesa
cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai
Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, aocettàte dalle due
parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.
Art. 8. - Tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse
dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con
Tordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di
intese con le relative rappresentanze.
Art. 19. - Tutti hanno diritto di
professare liberamente la propria
fede religiosa in qualsiasi forma,
individuale o associata, di farne
propaganda e di esercitarne in
privato o in pubblico il culto, purché non Si tratti di riti contrari al
buon costume.
3
7 aprile 1972 — N. 14
pag. 3
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
FONDO DI SOLIDARIETÀ
Ecco il razzismo sudafricano
Un (dstruttivoyi estratto del messaggio dato al 11 febbraio a Frali
La raccolta del nostro fondo cU solidarietà — attualmente rivolta a sostenere il programma di lotta al razzismo del
Consiglio ecumenico delle Chiese — trova sempre ’nuovi consensi e nuove sottoscrizioni, anche a livello di comunità. il pastore pavite di Prati, nel trasmettere a nome della comunità una sottoscrizione a detto scopo, ci ha anche
inviato (da noi sollecitato) un estratto del messaggio tenuto in tale circostanza. Si tratta essenzialmente della lettura di articoli della legge sull’apartheid sudafricano. Sono articoli di per sé straordinariamente eloquenti e che ci
auguriamo procurino numerosi altri nuovi sottoscrittori. Ricordiamo che le offerte vanno inviate al conto corr. postate n. 2/39878 intestato a Roberto Peyrot, corso Moncalieri 70, Torino.
« Un pastore... che regolarmente im
partisce delle lezioni ai suoi fedeli o
insegna loro a leggere la Bibbia è colpevole di reato ». «Ogni agente di polizia ha il diritto di compiere una
ispezione in una casa in cui ha ragione di sospettare che un (uomo) di oltre 18 anni commetta il reato di abitare con suo padre senza avere la necessaria autorizzazione ».
Questi due articoli ora citati non
sono tratti da norme persecutorie
contro i Valdesi od altri Protestanti
negli anni della Controriforma, come
potrebbe a prima vista sembrare, ma
fanno parte di una legge attualmente
in vigore in uno Stato razzista e precisamente nel Sud Africa. Infatti basta leggere al posto dei puntini di so
spensione nel primo articolo e dcila
parola (uomo) nel secondo il termine
« africano » per avere gli articoli nella loro forma esatta.
E, naturalmente, non sono i soli.
Quelli che citeremo ora sono abbastanza eloquenti da non dover essere
commentati. Ci limiteremo a sottolineare alcune frasi per renderle più
evidenti. La fonte da cui essi sono
tratti nella traduzione italiana è al di
sopra di ogni sospetto, trattandoji
del « Corriere dell’Unesco ».
Ecco il florilegio;
— Africano è « un individuo che, in
realtà o secondo l'opinione generale, appartiene ad una razza o ad
una tribù originaria dell'Africa ».
— Un individuo che non è africano in
realtà, ma « che per l’aspetto sembra africano» sarà classificato co
me tale nel registro della popola
zione.
— Anche venticinque anni dopo che
un individuo è stato classificato come bianco nel registro della popolazione ed ha ricevuto la relativa
carta di identità, il Segretario di
Stato agli Interni può richiedere
una sua riclassificazione.
— Un Africano che è nato e vissuto
senza interr^ione in una città e
poi l'ha lasciata per andare ad abitare altrove, sia pure per due settimane, non ha più il diritto di tornarvi, se non per un soggiorno di
settantadue ore.
Un Africano che fin dalla nascita
ha sempre abitato in una stessa
città, non ha il diritto di ospitare
nella sua casa per più di settantadue ore la figlia maritata, il figlio
che abbia compiuto diciotto anni,
i nipoti o i pronipoti.
— Un giovane Africano di sedici anni
che ha lasciato la scuola, ma non
lavora e vive nella casa dei genitori che lo mantengono può in ogni
momento essere arrestato senza
rnandato di cattura da un agente
di polizia se questi « ha motivo di
pensare che egli è un ozioso ».
— Un Africano che ha vissuto e lavorato nella città dove è nalo, può
essere obbligato a lasciarla in ogni
momento e andare ad abitare in
una zona bantù dove non ha mai
vissuto e dove non ha né parenti
né amici.
— Nessun bianco che abita in una
città può ospitare nel sud appartamento i figli del domestico negro
che abita con lui, se questi fig'i
hanno raggunto l'e à ci dieci ann'
(a meno di averne- ricevuta l'auto
rizzazione del Consiglio municipale).
— Nessun Africano ha il diritto di acquistare un terreno in nessuna zana del Sud Africa..., neanche nelle
zone bantù che so::o loro riservate.
— Per un lavoratore africano è illegale prendere parte ad uno sciopc^
ro, quale ne sia la sua motivazione.
Se lo fa è colpevole di reato e passibile di ammenda (massimo 1430
dollari — circa 840.000 lire) o di
detenzione (massimo 3 anni) o di
ammenda e detenzione insieme.
— Un Africano che, a titolo di favore
personale e senza ricevere pagamento, ripara un qujlsiasi impianto elettrico dell’abitazione di u;i
amico, che risiede nei locali del
suo datore di lavoro in città, si rende colpevole di reato.
— Un Africano non ha alcun diritto
di esercitare un lavoro specializzato nel campo dell’edilizia, in una
città bianca del Sud Africa.
— Quando un datore di lavoro ha costruito degli alloggi per il suo personale africano, nessun lavoratore
che vive in questi ed fici può rice
vervi dei visitatori, in nessun momento, a meno di averne ricevu'o
il permesso dal datore di lavoro o
da altra persona autorizzata.
— Un Africano che abita in città e
che gratuitamente nel suo domicilio dà lezioni di lettura o di scrittura a qualcuno dei suoi amici africani è colpevole di reato.
— Un bianco che dedica qualche o.a
alla settimana nella sua casa ad in
segnare a leggere ai suoi domestici
africani si rende colpevole di reato.
- Se un Sud-Africano bianco sposa
legalmente una donna di colore al
l’estero, il matrimonio è nullo e
privo di effetti nel Sud-Africa.
- In tutti i caffè del Sud Africa è
vietato ai bianchi di bere una tazza di tè coi non bianchi e vicever
sa, a meno di avere ricevuto pe ■
ciò un’autorizzazione spe.iale.
- Qgni Asiatico, Africano od altr .i
persona di colore che si sieda su la panchina di un giardino pubbli
co ad uso esclusivo dei bianchi s
rende colpevole di reato ed è pas
sibile di un’ammenda (massim )
840 doliari — 504.C00 lire) o di detenzione (massimo tre anni) o di
fustigazione o di detenzione e fustigazione insieme.
Uno scapolo che « d’aspetto è ma
nifestamente un bianco o in generale è considerato come tale » e
che tenta di avere rapporti sessua
li con una donna che « d’aspetto è
manifestamente non bianca o generalmente è considerata come tale » si rende colpevole di reato ed
è passibile di condanna ai lavori
forzati, per un massimo di 7 anni.
Una persona di colore è colpevole
di organizzare una « adunata » se
tiene a pranzo due amici.
E severamente proibito ad im giornale pubblicare un articolo che
prenda nettamente posizione contro l’apartheid.
Se un Africano ha ricevuto una lettera da un altro Africano che gli
chiede di partecipare ad una manifestazione pacifica contro Tingiu
s tizia della legge dell’apartheid
può subire ima perquisizione nell',
sua casa, su mandato emesso d i
un magistrato.
Se un Africano è stato inv tato da
un tribunale a lasciare una deter
minata zona, deve ubbidire, e nes
sun tribunale ha il diritto di opporsi a questa deportazione, ne sun appello, nessuna revisione \i
si può opporre, anche quando sia
stato constatato con assoluta certezza che l’ordine del tribunale riguardava qualcun altro, e che era
stato ingiunto a quell’Africano p r
errore.
— Se qualcuno infrange i vetri di u.i
edificio nel corso di una manife
stazione o' ganizzata per chiede e
la concessione agli Africani di qualche diritto, si rende colpevole del
reato di sabotaggio, a meno che
eg’i non possa provare che ques o
atto era involontario e non aveva
per oggetto Lineo;aggÌ3mento dell’ostilità fra bianchi ed Africani.
Questo reato è punibile con la pena di morte.
— Ogni ufficiale di polizia dal grado
di tenente colonnello in su, che ha
motivo di supporre che una persona nasconda alle autorità di po
lizia delle informaz’oni sui « terrcristi » ha il diritto di arrestare questa persona e di trattenerla in pr gione a tempo indeterminato.
Franco Davite
Gli esempi sopra citati sono desunti per la
maggior parte dal « Bantu (Urban Areas consolidation) Act » n. 25 del 1945; dal « Bantu
(Abolition of Passes and Coordination of Documents) Act » n. 67 del 1952; dal « Bantu
Labour (Settlement of Disputes) Act » n. 48
del 1953; dal « Workmen’s Compensation Act»
n. 30 del 1941; dal « Bantu Education Act »
n. 47 del 1953; « Extension of University Education Act » n. 45 del 1959; e dalla « Proclamation » n. 333 del 1“ novembre 1957, che si
riferisce al « Group Areas Act » n. 77 del
1957.
Da « Il Corriere dell’UNESCO anno IX, n.
11. Novembre 1971.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiimiifiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiimiiiiiiiiiimiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiimiiiiiiiiiiiiiimmm iiimiiiiimiiiiiiniimimmiiiiiiiiii iiiimiimiiiiiimi
Notiziario Evangelico Italiano
Pentecostali iteliani e il CEC
Dalle Chiese ilei Fratelli
« Cristiani o Marxisti? » questo è il
titolo di un articolo che occupa le prime pagine del numero di marzo del
periodico dei Fratelli « Il Cristiano ».
Vedere trattato un argomento simile
su un giornale fondamentalista è
quanto meno inusitato e ci ha stupito, ma piacevolmente; infatti non possiamo capire che questi fratelli leggano e scrivano soltanto pezzi di edificazione. L’articolo è di Edoardo Labanchi.
Per l’estate prossima i Fratelli stanno preparando l’opera di evangelizzazione «Tenda Azzurra», che sarà svolta a Terni e Foligno e dove si impegnerà particolarmente l’Assemblea di
Perugia.
I primi tre giorni di aprile ha avuto luogo a Firenze (Ist. Comandi) il
Convegno sull’Evangelizzazione.
Operaxiene Mobilitazione
Italia 1972-1974
1974 - Piazza Donati 15, Pisa.
È indetta una Crociata di evangelizzazione in Italia per i mesi di giugno, luglio, agosto, con le tende « Verità », che si protrarrà fino al 1974.
Nella fase estiva ci si propone di rag
giungere 12 milioni di persone, servendosi di circa seicento giovani e di
molta letteratura evangelica, in un’opera itinerante di casa in casa. Tutte le Chiese evangeliche locali sono invitate a collaborare.
* * *
« Prisma » è il titolo trovato per la
nuova rivista del Club Amici Istituto
Taylor di Roma. GU Amici si impegnano a raccogliere fondi per apportare
modifiche agli edifici dell’Istituto. Il
complesso di Via delle spighe comprende sette edifici e quasi tutti hanno bisogno di miglioramenti. La rivista è stata, nell’ambiente battista, variamente lodata e criticata. A quelli
di. buona volontà un augurio sincero
di un lavoro proficuo!
* * *
La Casa Editrice Battista, V. Antelao 2, Roma, ha pubblicato un libro
di Watchman Lee: « Siedi, Cammina,
Resisti », che è uno studio della Lettera agli Efesini (L. 650).
* * *
Ascoltate da Radio Montecarlo (onde medie 1466) o^i venerdì alle ore
22,15 la trasmissione « La via maestra » preparata in cooperazione con
le Chiese Battiste d’Italia.
Inda Ade
Il Venerili Sante I respeesakili delle Chiese irlandesi
danna rivalta insieme nn messaip al lare pópele
deremo di tutte queste cose e di molte
altre ancora. Rammenteremo che Cristo ci ha portato ad una nuova dimensione di vita, non semplicemente per
fare agli altri quello che vorremmo fosse fatto a noi ma per darci liberamente
agli altri, anche a coloro che dissentono da noi, senza nessuna preoccupazione di vantaggio o perdita per noi
stessi. In questo spirito esortiamo la
gente di questo paese ad.osservare il
Venerdì Santo come una Giornata di
Preghiera.
Perciò vi chiediamo di porre davanti
a Dio, con una speciale preghiera, il
nostro paese con le sue terribili necessità. Ricordate tutti quelli che soffrono,
tutti coloro le cui vite sono offuscate
da perdite e dolori, tutti coloro che
hanno paura per sé e per le loro famiglie, per i loro amici. Pregate nelle vostre chiese; pregate in silenzio ovunque siate durante quella giornata. Pregare è prendere il nostro posto contro
le forze del male: smettendo di pregare impediamo il trionfo finale di Dio
e impoveriamo ogni uomo con la nostra
.negligenza.
Il Signore sia con tutti voi.
Charles H. Bain, Presidente,
Chiesa Metodista in Irlanda Cardinale William Conway, Arcivescovo cattolico di Armagh
e Primate di tutta l’Irlanda ]. L. M. Haire, Moderatore dell’Assemblea Generale, Chiesa
Presbiteriana d’Irlanda - George O. Simms, Arcivescovo anglicano di Armagh e Primate
di tutta l’Irlanda, Presidente
del Consiglio Irlandese delle
Chiese.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiifiiitimiiiitiiiiiiiiiiiiiiiimmmiiiiii
La probabile unione
tra presbiteriani e
congregazionalisti
inglesi
Londra (bip) — La creazione di una
Chiesa riformata unita in InghiLeria
sembra oramai certa. I risultati de:
voti, pubblicati il 6 gennaio, rivelano
che le xmioni delle contee e le parrocchie locali della Chiesa congregazionalista dell’Inghilterra e del Galles ed
anche le circoscrizioni regionali della
Chiesa presbiteriana dell’Inghilterra si
sono pronunciate in favore di una
unione tra le due Chiese.
Le Assemblee delle due Chiese avevano già accettato il piano di unione
nel maggio 1971. In questa occasione,
la percentuale dei voti in favore dell’unione era stata dell’89,01% presso i
congregazionalisti e del 79,3% p-esso
i presbiteriani.
Erano poi stati informati del p;'o
blema gli organismi regionali e le parrocchie.
Nel prossimo maggio, le due assemblee saranno ufficialmente incaricate
di procedere verso la creazione di una
Chiesa riformata unita e la prima Assemblea unita sarà convocata entro il
prossimo ottobre ’72; questa felice conclusione dopo lunghi negoziati (un
tentativo d’unione fallì 24 anni fa) rappresenterà, nei limiti della sua riuscita, la prima unione inter-denominazio
naie in Gran Bretagna dopo la Riforma.
Avvicinandoci al Venerdì Santo pensiamo alle sofferenze ed al sacrificio di
Gesù Cristo. E’ giusto che i Cristiani
facciano di quel giorno un tempo di
preghiera speciale. Non vi può essere
altro che gratitudine e riconoscenza
verso l’Qnnipotente perché il Suo Figliolo Gesù Cristo è entrato a far parte della vita degli uomini e ha identificato se stesso con noi in tutti gli aspetti della vita. Venerdì prossimo i Cristiani di tutte le confessioni, in quasi
tutti i paesi ricorderanno di fronte a
Dio il sacrificio del nostro Signore.
Anche noi, nella nostra terra dilaniata e tormentata, renderemo grazie a
Dio. Ma nel nostro ringraziamento ci
sarà pure una nota di pentimento per
la nostra incapacità a vivere pienamente il messaggio cristiano di riconciliazione. Troppi di noi hanno confuso
l’amor di patria con la pietà religiosa,
dimenticando che la dedizione al nostro paese non significa violenza degli
uni contro gli altri. I migliori difensori
di una nazione nOn sono gli uomini dell’amarezza e della violenza, ma gli uomini disposti ad accettare l’insegnamento di Cristo e a testimoniarlo nel
modo di vivere.
Cristo è ancora crocifisso, continuamente, ma non muore. Più è crocifisso
e più è vivente, poiché lo splendore della Sua vita risalta ancor più chiaramente sul cupo sfondo del peccato
umano. La nostra speranza e la nostra
fede, allora, sono che anche le lotte del
nostro paese possano diventare, nelle
mani di Dio, il Suo strumento per riportarci nelle Sue vie. E la nostra preghiera è che dalla nostra società dilaniata possa sorgere una forza di intendimenti per tutta la gente di questa
terra; e che la Chiesa Cristiana diventi sempre più una via di comunicazione
e non più una cittadella, di autodifesa.
L’amore di Dio deve significare amore per il prossimo, qualunque esso sia.
Se non abbiamo sollecitudine per il
nostro prossimo la nostra adorazione
di Dio diventa una finzione e una pura
parodia del Cristianesimo, Anche il nostro culto a Dio diventa falso se :non
siamo capaci di attraversare la strada,
di superare le divisioni sociali e religiose, i contrasti politici della nostra società. Il nostro Signore stesso dice:
« Perché mi chiamate; Signore, Signore e non fate le cose che dico? ».
Il giorno di Venerdì Santo ci ricor
uiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiii./iiiiiiiiiiiintiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiii
Presentato a Milano, a cura della Claudiana
il libro recente del pastore Sergio Carile
Attualità del pensiero teologico metodista
Nella nostra sala di via F. Sforza a
Milano, la Claudiana ha presentato a
una scelta adunanza l’ultima opera
del pastore Sergio Carile dal titolo
Attualità del pensiero teologico metodista.
Il past. Vezio Incelli ha presentato
del libro gli aspetti storici e teologici
che gli danno una impronta seriamente valida per mettere a punto la teologia del metodismo sulla quale le
idee sono ancora fra noi piuttosto vaghe. Il metodismo ha sempre posto
nella sua storia l’accento sulla attività pratica da svolgere nella società
per la riaffermazione dei principi
evangelici, ma ciò non toglie che abbia saputo anche, attraverso gli scrìtti di Wesley, dare a tale attività una
base teologicamente ancor oggi valida che ne sottolinea le speciali caratteristiche.
Il dr. Niso De Michelis ha illustrato
le conseguenze pratiche che appaiono
valide ad un laico dopo la lettura del
libro, evidenziando lo stretto rapporto, che anche sul piano teologico ha
sempre distinto il metodismo, tra la
teologia e la prassi individuale e sociale che ne consegue.
Un’ampia discussione e le risposte
finali dell’autore hanno confermato
non solo che questo è un libro « che
fu pensare » (secondo la definizione
del past. Incelli), ma che fa pensare
in termini di attualità per la messa
a punto e la soluzione evangelica dei
problemi che ancor oggi dividono le
nostre Comunità a proposito del rapporto fra la Fede e la Testimonianza
di essa nel mondo.
Un libro, in conclusione, la cui lettura è consigliabile a chi voglia conoscere del metodismo non solo la generica immagine che spesso ce ne facciamo in base a conoscenze storiche
più o meno approfondite, ma le basi
teologiche e di pensiero che sono ancor oggi valide e fra di esse quella
forse fondamentale ossia la salvezza
considerata come esperienza attuale
e dinamica nel quadro della storia in
cui si svolge.
Caro direttore,
nel n. 13 dell’« Eco-Luce », del 31 marzo,
leggo il testo del comunicato « Soepi » riguar
dante « I Pentecostali e il CEC ». E’ certo ral
legrante sapere che una delle Chiese penteco
stali italiane abbia presentato domanda di ■■'.desione al Consiglio Ecumenico delle Chiesa di
Ginevra, ma forse l’entusiasmo per la bella
notizia ha reso il redattore un po’ meno prudente del dovuto. Permettimi perciò di fare
alcune osservazioni che non vogliono essere
affatto malevole, ma che si propongono unicamente di chiarire meglio ai lettori la reale
portata della notizia.
Intanto il titolo è inesatto ed induce in errore il lettore. La notizia non riguarda « I
Pentecostali » in genere, ma solo un ramo (e
certo non dei maggiori) di recente costituzione
del movimento pentecostale. Il grosso delle
chiese pentecostali italiane e cioè le « Assemblee di Dio », come pure le numerose chiese
pentecostali indipendenti, non hanno nulla a
che vedere con la « Chiesa Evangelica Internazionale » del dr. John McTernan.
La « Chiesa Evangelica Internazionale » 'lichiara circa 200 chiese locali con 200.000
membri (s’intende membri adulti battezzati) e
due milioni di simpatizzanti. Se non avessi letto la stessa notizia su vari giornali esteri, avrei
pensato ad un errore di stampa, tanto la notizia appare incredibile! (Tanto per fare un confronto, le « Assemblee di Dio », con oltre 700
comunità, non raggiungono i 100 mila membri). Anche accettando a occhi chiusi la cifra
di 200 comunità (notevole per una Chiesa operante in Italia da una diecina d'anni!), sembra per lo meno improbabile che ogni comunità locale raggiunga una media di 1000 membri! Ho per caso sott’occhio la fotografia della
« Comunità di Massafra (Taranto) » di detta
Chiesa, pubblicata sul suo organo mensile
« Dialogo cristiano » : si possono agevolmente
contare non più di 30 membri adulti. Si obietterà che Massafra è un piccolo centro. E’ vero, ma anche là comunità « madre » di Roma
conta « alcune centinaia di membri che non
riempiono gli oltre mille posti del locale di
culto » (come afferma R.E. Hedlund, The Protestant Movement in Italy, 1970, p. 116, di
solito bene informato). Dove sono le comunità
di oltre 1000 membri? Quanto ai due milioni
di simpatizzanti, la cifra è talmente fantastica
da non aver bisogno di commenti.
II senso di disagio che si prova di fronte a
queste cifre cresce ancora quando si tenga conto che la « Chiesa Evangelica Internazionale »
è stata l’unica Chiesa Evangelica italiana a
rifiutare di comunicare alla Claudiana gli indirizzi dei 'propri locali di culto per la pubblieazione della nuova edizione dell’Annuario
Evangelico. Da notare che a. questa iniziativa
hanno aderito praticamente tutte le Chiese
Evangeliche, tra cui alcune notoriamente molto « esclusive ».
Purtroppo quella di « gonfiare » dati e sta
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIinilllllimill
IN GRECIA
“Naturali,, i figli
dei Testimoni di Geova
Ginevra (epis) - I figli di genitori che sono
Testimoni di Geova, sposati secondo la loro
confessione, saranno registrati negli uffici di
stato civile come figli « naturali » : secondo
la legge, infatti, il matrimonio civile è nullo
e non avvenuto. Cosi ha deciso il Ministero
degli interni greco, udito il parere del Consiglio di Stato. La decisione è stata accolta favorevolmente da una parte deUa stampa religiosa, che ha sempre richiesto l’intervento
dello Stato per impedire l’intenso proselitismo
dei Te.stimoni di Geova in Grecia.
IMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIimilllllllllllllllltMIIIIIIIIII
tistiche è una vecchia cattiva abitudine di alcuni movimenti d’importazione e non sarebbe
il caso, forse, di drammatizzare, se non avesse
oggi — al momento in cui viene presentala
la candidatura al Consiglio Ecumenico delle
Chiese — un odioso carattere di... millantato
credito.
Non stupisce che notizie come questa vengano accolte e divulgate in perfetta buona fede da fonti estere; sembra invece un po’ strano che un giornale come 1’« Eco-Luce » le
avalli senza un rigo di commento.
Carlo Papi ni
Per un disguido che mi spiace e di cui mi
scuso, la corrispondenza ginevrina che avevo
ripreso e tradotto dai soepi e inviato in tipografia per Ut composizione, ripromettendomi
però di accertare i dati che erano parsi anche
a me più che improbabili (e in una recente
riunione ecumenica di giornalisti europei, a
Helsinki, Vho fatto presente ad alcuni responsabili), è stata invece pubblicata, in mia assenza, senza commento. Sono quindi lieto e
grato per questa messa a punto, anche se è
spiacevole.
G. C.
4
pag. 4
N. 14 — 7 aprile 1972
Cronaca delle Valli
nlavnrn ripirilliVPIìI sull'occupazione in Vai Peiiice
■ ■■ «F Per evitare che anche la pagina di a Cronaca delle Vallici trasformi in una palestra
Continuando il « giro » dei nostri Istituti presentiamo in questo numero
l’Uliveto. Forse l'Istituto meno conosciuto, alle Valli Valdesi. La breve intervista
che la Direttrice, Sig.na Franca Recchia, ci ha concesso, non ha alcuna pretesa
di completezza. E’ praticamente impossibile presentare tutto il lavoro che si
svoilge in questa casa in un’intervista. Per questo, accogliendo l’invito della Direttrice, proponiamo ai nostri lettori, di visitare personalmente questo Istituto.
Non già per promuovere una campagna contro i pettegolezzi; ma per vedere
con i propri occhi l’umile e pesante lavoro che si svolge all’Uliveto. Un lavoro
poco conosciuto perché umile. Un lavoro poco conosciuto perché richiede una
dedizione,totale di sé. Un lavoro che dà frutti nella misura in cui si crede che
anche i « minimi di questo mondo » hanno bisogno di essere amati, e particolarmente. E quando uno di questi «minimi» viene recuperato ed inserito con
altri bambini « normali » è veramente una grande vittoria. Siamo grati a Fiammetta Cullo per questa intervista. E. G.
L’Uliveto, per chi non lo conosce, è
posto in ima siplendida-posizione sulla
collina di Luserna San Giovanni, a metà strada tra la stazione di Bibiana e
San Giovanni. La posizione ottima, contribuisce a dare (oltre all’aria sana di
campagna) ai bambini che vi abitano,
un ideale di spazio e di libertà ohe li
aiuta, nel gioco all’aria aperta, a sviluppare le loro capacità creative, a dimenticare i loro complessi, per diventare
bambini normali ambientati nella natura che li circonda L’Uliveto è infatti un
istituto per bambini ritardati mediogravi in età scolastica (dai 6 ai 14 anni),
che curati con amore e serietà trascorrono qui gran parte dell’anno, con la
speranza di chi li cura di poterli reinserire nella società che il j^iù delle volte
li emargina.
1) Come e quando è nata l’iniziativa di creare un Istituto per
bambini sub normaWnella Valle?
L’idea di creare un centro per bambini ritardati è nata nel 1965 a opera
del senatore Rotta. L’ospedale valdese
e il Concistoro di Torino hanno poi
appoggiato l’iniziativa, che è diventata
realtà, dando un valido contributo anche finanziario.
2) Ci parli un poco dei suoi
« bambini ».
I bambini dell’Istituto sono 23, 13
maschi e 10 femmine. Sono tutti in età
scolastica e frequentano regolarmente
la scuola speciale per bambini ritardati di Airali.
II loro ritardo mentale è il più delle
volte, d’origine fisiologica.
Sono bambini molto difficili, bisognosi di cure particolari, con comportamenti a volte imprevedibili, determinanti anche da gravi carenze affettive.
Bisogna sempre tenerli occupati, cosa
non sempre facile, dal momento che
generalmente non si trovano mai due
bambini d’accordo, sul gioco o sul tipo
d’occupazione. •
Molti di loro sono degli irrequieti;
rompono tutto ciò che capita a loro
tiro, sono incontrollabili nelle loro azioni, altri invece sono apatici, vivono nel
loro mondo e non riescono, perché
bloccati da timidezze e paure a comunicare con il mondo esterno.
Ogni piccolo miglioramento, impercettibile magari per coloro estranei al
nostro lavoro, è una vittoria per noi,
che vediamo a poco a poco trasformare un ribelle in un bambino. Nell’Istituto vi è un doposcuola, che funziona
ogni pomeriggio, con attività varie. Dal
disegno, alle attività manuali, dal canto all’educazione fisica. I bambini lavorano in gruppi di sette, assistiti da
quattro signorine. Attraverso queste
attività creative il bambino si libera
più facilmente dalle sue incertezze, e
per noi il compito di educarli si fa più
facile.
I bambini partecipano pure direttamente alla vita della casa, che è la loro,
aiutando (nel limite delle proprie possibilità) in cucina, apparecchiando e
sparecchiando le tavole, facendosi i
letti. Rendendosi indipendenti in piccole cose (vestendosi, lavandosi da soli)
hanno più possibilità, nella loro vita
futura, di cavarsela da soli, cosa che
per molti, non appoggiati dalle loro
famiglie, sarà indispensabile.
II nostro scopo è proprio quello di
reinserire nella società degli individui
responsabili che più con la loro volontà
che con la loro intelligenza, riescono a
vivere in mezzo agli altri.
3) L'avere dei bambini « misti »
non le dà dei problemi, specialmente nella loro educazione sessuale?
No, assolutamente. Direi, invece, che
mi crea dei vantaggi. Il vivere insieme,
blocca la inibizione da entrambi i sessi,
e l’abitudine noti porta a creare dei
problemi di sesso. I bambini sono come
fratelli, è da ricordare solo, un lieve
senso di pudore dei maschi nei confronti delle femmine. L’argomento sessuale però, non è stato ancora toccato
con i bambini, anche perché, non ci
sembra ancora il momento adatto.
4) Lei parlava prima di grave
carenze affettive nei bambini. Crede ci sia un modo, almeno in parte, di ovviare a ciò?
La mancanza d’affetto, sta alla base
di molti comportamenti dei bambini.
La famiglia in molti casi, non dà l’affetto in modo giusto e la lontananza non
contribuisce certo a migliorare la situazione. Noi, cerchiamo in tutti modi,
di far sentire al bambino, un ambiente
familiare sereno. Non sempre ci riusciamo. Al bambino poi, piace sentirsi
al centro, il più importante, il più osservato. Invece noi dobbiamo dividere il nostro amore a più bambini,
che per noi sono tutti uguali. Io avrei
tanto piacere, se qualche famiglia della
Valle si occupasse per qualche ora di
questi bambini. Portandosi a casa uno
di loro, facendolo sentire veramente il
più amato, il preferito, trascorrendo insieme a lui delle ore liete. Non so se sia
il metodo migliore, ma sono certa, che
i miei bimbi ne sarebbero felici.
5) Cosa pensa la gente del vostro lavoro?
L’Istituto è poco conosciuto, nel senso che pochi veramente sanno di che si
tratta, e del lavoro che vi si svolge. .A
parte l’indifferenza, i giudizi più delle
volte, sono negativi.
Giudizi spinti dal pettegolezzo, ma
che dispiacciono, proprio perché detti
da persone che non solo non conoscono tutto il nostro lavoro ma che pretendono di giudicare basandosi su giudizi espressi da altri. Che i bambini
sono sporchi, che si comportano male
per strada, che noi stesse ci comportiamo male con loro. Ma vorrei che
venissero un giorno all’Uliveto e vedrebbero com’è veramente il nostro lavoro. Dal mattino alla sera ininterrottamente senza contare poi la notte. I
giudizi cadrebbero perché infondati.
Bisogna tener conto che i bambini
non sono normali, quindi il lavoro è
doppio.
6) Cosa bisogna fare per far accettare dei bambini all’Istituto?
Per poter entrare nell’Istituto i barnbini devono essere segnalati dai genitori, dai maestri o dai medici, che hanno notato qualche ritardo, al servizio
Psico Medico Sociale di Torino. Dopo
esami psicologici, neurologici, se sono
effettivamente carenti vengono accettati.
7) Le famiglie pagano la retta?
No. L’Istituto è sovvenzionato dalla
Provincia. I bambini ora sono diminuiti di numero, quindi anche le rette che
ci venivano date.
Le spese però, sono rimaste sempre
le stesse.
Per evitare che anche la pagina di « Cronaca delle Valli « si trasformi in una palestra
di botta-risposta come è capitato talvolta in altre pagine del nostro settimanale, dopo aver ricevuto la lettera di L. Bein, abbiamo chiesto all’estensore (che non si cela) del trafiletto « Convegno sull’occupazione in Val Pellice », apparso sul n. 12 del 24 marzo, R. Gay, una^ breve
replica.
E. G.
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIUIIIIIIIIUIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIUIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIinilllllllllllllllllllllMIIIIIIIIIIIIIII
Assemblea degli amici di Agape: 31 marzo - 3 aprile
Agape; verso il terzo deceenio
Il cambio di direzione, la costituzione di un gruppo residente largamente
rinnovato, il progetto di rinnovamento
della costruzione di Agape, sono stati
altrettanti motivi che hanno consigliato di dedicare tre giorni nel periodo pasquale all’assemblea degli amici di Agape. Un’ottantina circa di partecipanti, di cui quindici tedeschi e i
restanti italiani, hanno discusso sul
presente e futuro del centro, partendo
dalla relazione del gruppo residente,
sulle sue linee di fondo, seguendo una
serie di brevi tesi che riassumevano il
libro di F. Giampiccoli, Chiesa e tabù
politico, e infine sul progetto di rinnovamento.
Il gruppo residente si è presentato
rifiutando subito l’etichetta di erede
di una pretesa tradizione di Agape. Si
tratta di un gruppo costituitosi recentemente, che vede Agape come uno
strumento per il lavoro dei gruppi giovanili evangelici in Italia e per una
riflessione a livello internazionale sulle forme della testimonianza cristiana
e sui problemi fondamentali dell’uomo di oggi, ma che riconosce di essere
soltanto all'inizio di un’esperienza,
sia per quanto riguarda la vita comunitaria, sia per quanto riguarda la testimonianza evangelica, sia per quanto
riguarda il lavoro.
Per i membri del gruppo è chiaro
che tutto ciò che si fa deve avere il
suo senso in Cristo, ma come questo
si realizzi nell’attività di ogni giorno
e nei rapporti reciproci è una cosa che
il gruppo deve cercare di capire insieme non in teoria, ma nella pratica.
Questo non è possibile se il gruppo
rimane rinchiuso; esso deve mantenere il contatto con la realtà circostante, e prima di tutto con la realtà locale, che è quella delle valli; ecco
quindi un programma di lavoro, che
il gruppo si propone di svolgere in
contatto con i giovani valdesi e con
gli operai.
L’assemblea è stata un’occasione
per conoscere non soltanto l’impostazione attuale del lavoro di Agape, ma
anche le iniziative più interessanti
che si stanno sviluppando nelle valli
in campo valdese e cattolico.
Inoltre si è continuato a riflettere
sul problema sempre aperto del rapporto tra la testimonianza evangelica ’
e l’impegno politico. Su questo problema ciò che viene detto nelle coinunità tradizionali non è molto illuminante, perché queste hanno smesso da
tempo di evangelizzare. Ma tutti coloro che si propongono seriamente di testimoniare, sanno che non è facile
parlare in modo da essere ascoltati e
capiti. Senza trascurare l’impegno politico, molti hanno riconosciuto che
questo è il primo passo della testimonianza, ma che poi la preoccupazione
centrale dev’essere quella di trovare
un modo significativo di parlare di
Cristo. Anche le comunità possono riconoscere l’importanza di questo problema; in questo senso il discorso tra
comunità tradizionali e gruppi impegnati politicamente non è affatto chiuso, anche se molti pensano che si sia
chiuso nel ’68 (o con il congresso
FGEI del ’71!); e la funzione di Agape è certamente anche quella di tenere
aperto questo discorso.
UN APPELLO
Le offerte per il piano finanziario
(che prevede in tre anni di coprire le
spese per il rinnovamento della costruzione e per la costituzione di un
fondo di ammortamento) hanno quasi
raggiunto la cifra prevista per questo
anno. Le offerte degli amici italiani
hanno superato i due milioni, ma questa cifra potrebbe ancora aumentare.
Il relativo buon andamento di questo
primo anno non deve però indurre a
considerazioni troppo ottimistiche: il
costo dei materiali aumenterà sicuramente, e inoltre l’inverno straordinariamente nevoso ha causato danni il
cui ammontare — da una stima parziale — risulta essere parecchio rilevante (circa 1.300.000 lire).
Gli amici presenti si sono impegnati
a fare conoscere il progetto di rinnovamento. Dall’assemblea giunge dunque un appello a tutti coloro che ritengono in qualche modo_ significativo
il lavoro di Agape, perché non facciano mancare il loro sostegno.
b. r.
Egregio Signor Direttore,
leggo suirultimo numero delEEco delle Valli una corrispondenza da Luserna riguardante il convegno indetto dal Consiglio dì Vallesulla occupazione in Val Pellice.
L’estensore della corrispondenza che si cela
sotto le iniziali R. G. (se non vado errato già
autore di un artìcolo sullo sciopero alla « Helca » clamorosamente smentito dagli stessi operai) trova il modo di denunciare una operazione politica relativa alla elezione del Presidente del Consiglio della Val Pellice con dei sottointesi rispondenti solo alla sua fantasiosa
immaginazione.
Voglio quindi precisare, e spero me lo consenta, che la parte -social-democratica aveva
agito anche in quella occasione tenendo presente l’interesse della Valle e non certo valutazioni di ordine strettamente partitico.
Se R. G. volesse rileggersi il verbale riguardante la elezione deH’Assessore Provinciale
Martina potrebbe constatare che proprio la nostra parte aveva proposto per la formazione
della Giunta nominativi delle varie tendenze,
non escluse quelle del settore nel quale penso
R. G. si agiti. Questo per l’interesse dejla Valle
al di sopra delle divergenti visioni politiche.
Che poi gli operai non partecipino più a
convegni poco ha da vedere con il Consiglio
di Valle ma è da attribuirsi piuttosto al fatto
che di parole se ne sono fatte fin troppe mentre Teconomìa nazionale va peggiorando mese
dopo mese.
Il problema della occupazione nella Valle è
certamente di primaria importanza e merita
tutta l’attenzione degli amministratori ma non
può essere ristretto in visione campanilistica.
Esso deve essere considerato nella più ampia
visione del mondo del lavoro da tempo turbato da violenze e minato dalla conflittualità permanente.
Le oltre 100 milioni di ore lavorative perse
llllllllllllllllllllhirillllllllllllllllimtlllllllllllllllllilllllll
Da “Il Giornale
di Pinerolo e Valli”
QUADRI PARTE
Sabato 18 marzo si è diffusa la notizia che
il vescovo Quadri lascia Pinerolo per andare
a Terni-Narni (Umbria). Il motivo ufficiale è
questo : è una diocesi più vicina a Roma e
permette a Quadri più rapidi contatti con la
capitale.
Nessuno lo dice, ma bisogna pur ricordarlo, ne aveva basta di Pinerolo; infatti molte
volte ha chiesto di andarsene.
Era venuto otto anni fa da Roma in modo
inaspettato nel 1964, come ausiliare (= aiutante) del vescovo Binaschi. Ma Binaschi pare
che non l’avesse richiesto e che non fosse per
nulla entusiasta; e non doveva essere neppure il neo-ausiliare. Da assistente nazionale
delle AGLI ad ausiliare di Pinerolo il salto
non era molto chiaro; ma a Roma, come del
resto in molti altri posti, si usa così ; quando
non vogliono più uno o lo silurano o lo fanno
vescovo.
L’interessante è che oggi Quadri è recuperato a livello di CEI (Episcopato italiano) proprio nel momento in cui le AGLI vengono
« sconfessate » per la loro scelta di sinistra. E
lui è pronto, perché ha fatto tutta la trafila
del concilio, ha girato un po’ il mondo, ha
fatto scrivere dei libri su temi sociali, è stato
avanzato ma non troppo, non ha commesso
imprudenze, e infine ha conservato certe buone amicìzie romane.
ATTEGGIAMENTI DIVERSI
Quelli che contestavano il vescovo da destra
evidentemente tirano un sospiro di sollievo :
« Finalmente! Quadri se ne va! »; ma lo dicono piano, perché non sta bene criticare il
vescovo, successore degli apostoli. Secondo costoro Quadri avrebbe dovuto essere più deciso,
non permettere certe esperienze e stroncare
certe posizioni.
Non abbiamo più saputo niente del gruppo
di preti « Prendiamo il potere », ma certo
questo sarebbe il momento buono per un « colpetto », tanto più se viene un vescovo un po’
duce. Motto: «Quando cambia il direttore,
cambia la musica ».
L’Eco del Chisone con il suo gruppo e con
i fedelissimi di Quadri è su ben altre posizioni: in fondo il vescovo non è stato capito né
da destra né da sinistra né dai contestatori né
dai conservatori; e pensare... che ha fatto tutto bene! (vedere L’Eco del Chisone, 23 marzo
1972). Evidentemente questi avevano bisogno
di Quadri e Quadri aveva bisogno di loro. Vedono quindi con una certa preoccupazione il
cambio di guardia.
Altri, forse pochi o forse la massa, pensano che, con Quadri o senza, le cose non cambieranno molto nella sostanza.
IL FUTURO DELLA DIOCESI
Unita a Torino o per conto proprio, non
interessa. Ci sono invece due cose molto importanti :
1) la necessità di far partecipare la comunità alla scelta del pastore; e per questo
bisognerebbe non aver fretta; non si capisce
la fretta dei canonici;
2) abbattere il culto della persona... si
stanno svolgendo gl’incontri di addio a Quadri
nelle parrocchie, negli istituti, a livello diocesano. Quante baggianate e quanta ipocrisia :
le baggianate fanno ridere la gente e l’ipoerisia scandalizza.
Almeno in questo prendiamo la lezione di
Quadri: è stato e rimane un vescovo del Vaticano più che del suo popolo, ma col suo atteggiamento ha demistificato la figura del vescovo-monarca. Insultava, lo insultavamo... ma
con tutto questo ci siamo dette tante verità e
speriamo ancora di dircele.
nel 1971 richiedono, nell’interesse dei lavoratori, una disciplina del diritto di sciopero come previsto dalla stessa costituzione bandendo
così gli scioperi polìtici ai quali debbono aderire anche coloro che non lo vorrebbero sotto
la minaccia di gravi rappresaglie.
Solamente dalla rigida osservanza dei contratti di lavoro per tutto il tempo cui si riferiscono e da parte degli imprenditori e da
parte dei lavoratori potrà scaturire la ripresa
produttiva senza la quale è fallace utopia sognare riforme e pura demagogia promettere
migliori condizioni di vita ai meno abbienti.
Ringraziandola per la pubblicazione La prego voler gradire ì miei più cordiali saluti.
Loris Bein
D’accordo sul fatto che gli operai non partecipino ai convegni perché stanchi di sentire
promesse, parole senza seguito, ma al convegno non c’era neppure Loris Bein e così non
ha sentito il « patetico appello » di Celeste
Martina alVunità fra le forze « progressiste ».
Ora tutti ricordano, senza dover andare a rileggersi i verbali della seduta che all’elezione
di Martina a presidente del Consiglio della
Val Pellice questo appello non ci fu, anzi, ci
fu uno scontro fra la sinistra, che rimase isolata, e la democrazia cristana che con l’aiuto
dei liberali e dei socialdemocratici. Cresta,
Bertotto, Cotta e Loris Bein in testa, prese per
la prima volta in mano le sorti della Valle.
Loris Bein non legge neppure con molta attenzione l’Eco, altrimenti sulla situazione alla
Helca avrebbe letto l’articolo « chiarificatore », ispirato dagli « stessi operai » apparso
sul n. 2 del 14 gennaio ’72.
In quanto all’allarmismo sulla situazione
economica, motivo di propaganda comune ai
socialdemocratici e ai democristiani « dorotei »
(ogni giorno si legge un qualche intervento di
Piccoli su questo argomento), si tratta di «propaganda falsificatrice » della reale situazione.
Tutti sanno, per averlo letto anche sulla
«Stampa », che nel ’71 le ore di lavoro perse
per scioperi sono diminuite del 30%; molti
sono al corrente che il fenomeno dell’assenteismo é dovuto ai ritmi di lavoro imposti agli
operai ed è un fenomeno non « italiano » ma
mondiale, anzi meno accentuato per il momento qui da noi che in Germania o in Francia:
bisogna che tutti sappiano che se .crisi economica c’è è dovuta a ben altre ragioni: crisi
monetaria, crisi del dollaro e dell’economia
americana in generale (per le troppe spese di
guerra), crisi degli investimenti (gli imprenditori italiani non investono apposta per punire i lavoratori e per fiaccare la loro combattività con una situazione di recessione e disoccupazione); tanto, come sempre, le crisi
chi le paga? Quelli che benevolmente Loris
Bein chiama i « meno abbienti », che vedono
i loro salari fermi quando i prezzi aumentano,
che perdono il posto di lavoro o devono sopportare nuovi ritmi per permettere agli imprenditori di « razionalizzare la produzione ». Questa è la situazione e prendiamo nota
che Loris Bein si schiera decisamente con coloro che auspicano una « ripresa economica »
sotto la bandiera dorotea: limiti al diritto di
sciopero e contenimento dei salari.
R. Gay
(lillillMllllllllllllilMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIiniilllItlllllllll
Personalia
Il presbiterio di Bobbio Pellice è
stato allietato dalla nascita della primogenita Anna BelUon.
I nostri più vivi rallegramenti e un
fraterno augurio.
Domenica 9 aprile avrà luogo al Castagneto di Villar Pellice un incontro dei
neoconfermati del presbiterio della bassa Val
Pellice.
La sede della prossima assemblea generale della Federazione mondiale del Movimento cristiano studenti sarà Rampala, nell’Uganda. Si svolgerà dal 18 al 25 luglio 1973 con
la partecipazione di circa 500 delegati.
Il Ministro degli interni Rumor ha disposto il richiamo in servizio di 3.000 poliziotti per la durata di un anno. Lo .scopo del
provvedimento è di « rendere più incisiva
l’azione delle forze dell’ordine nella lotta
contro la criminalità ».
Dopo tutte le perizie, le indagini, non
si sa ancora con certezza come sia morto
Feltrinelli. Mentre sono stati incriminati per
notizie tendenziose i 10 firmatari di un comunicato in cui si parlava di « assassinio »
dell’editore, i fascisti che hanno definito una
« canagliata propagandistica » l’incriminazione di Hauti e camerati sono rimasti indisturbati. Il prof. Maccacaro, uno dei periti, si dichiara convinto che l’editore sia esploso a
terra, probabilmente bastonato prima dell’esplosione.
La Filodrammatica di Angrogna farà una
replica della commedia : « Il tempo non è galantuomo », sabato 8 aprile alle ore 21, nella
Sala delle attività.
Una delegazione di circa 60 Avventisti
del 7° giorno di Zurigo è in visita alle Valli
durante le vaeanze pasquali.
5
7 aprile 1972 — N. 14
pag. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
La mostra della Bibbia a Biella
Una delle manifestazioni più riuscite ed una delle più efficaci affermazioni di presenza evangelica in Biella è
stata certamente la « Mostra della
Bibbia » che abbiamo organizzato in
collaborazione con la Comunità Cattolica di San Filippo. La Comunità
Valdese aveva preso l'iniziativa, in
liMiiiiiiiiiiiimiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimmiii
Milano
Un gruppo di giovani ha preparato e tenuto
il cullo della « Domenica della gioventù ».
Il 13 marzo si è avuta una tavola rotonda,
nel corso della quale, insieme aH’autore, il
past. Vezìo Inceli! e il doti. Nìso De Michelis
hanno presentato e discusso il libro Attualità
del pensiero melodista, del pastore Sergio Carile, pubblicato alcuni mesi fa dalla Claudiana.
Il martedì 21, in una riunione della Lega
femminile, i missionari Foltz del Madagascar,
hanno parlato deH'opera cristiana nella grande
isola.
La sera del giovedì santo le varie comunità
evangeliche milanesi si sono riunite per un
culto presieduto dal past. Giorgio Bouchard.
Con le domeniche successive alla Pasqua
inizia un ciclo di predicazioni sui primi capitoli della Genesi, che dovrebbe concludersi
con la Domenica di Pentecoste.
iiiiiiiinininiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMMiMiiiiiiiiiiiiiiii
“Fui malato...
Un culto all'ospedale
Questo Ospedale è come la Montagna incantata di Thomas Mann:
ad ogni piano che si sale, le malattie diventano più gravi. Al primo piano ci sono le sale comuni e
i convalescenti, al secondo le malattie delle ossa, al terzo la tubercolosi, al quarto certe forme avanzate di asma e al quinto la sclerosi
a placche.
Quando si arriva a questo piano,
si vedono solo carrozzelle; e sono
i malati meno gravi, ché gli altri
non possono muoversi dalle stanze.
Il peggio è che la malattia non si
sa donde venga, se sia ereditaria o
no, se sia infettiva o no; e non si
sa come curarla. Quelle che chiamano cure sono dei palliativi che
non cambiano nulla. L’unica cosa
che si sa è che, presumibilmente,
10 stato del malato peggiora ogni
sette anni. E vi sono tra loro dei
giovani, dei padri e madri di famiglia, gente che sa che non può
neppure morire della sua malattia,
ma che ha davanti a sé una vita
con le gambe o le braccia, o il movimento del capo o quello degli occhi, paralizzati.
Salivo un giorno al quinto piano
per un culto in settimana, e i
« miei » malati erano già riuniti in
fondo a un corridoio, un gran circolo di carrozzelle. Quando arrivai
mi offersero una sedia, e io, in
mezzo a loro, non sapevo cosa dire. Mi vergognavo un poco di essere arrivato lì con le mie gambe,
di essere il solo seduto su una sedia normale, e di sapere che di lì
a poco me ne sarei andato. Avrei
dovuto sapere cosa dire, ma mi
pareva di parlare « da fuori », come uno che dice parole inutili.
Intanto i malati parlavano fra
loro, dei casi loro, della loro malattia; gentilmente mi ascoltavano
se dicevo qualcosa, ma non come
11 « signor - pastore - che - fa - il culto », ma come uno di loro, e trovai che questo era molto bello. Po’
uno mi disse « sa, qui siamo tutti
eguali, il ricco sta come il povero,
e il povero è curato come il ricco.
Qui ci si sente veramente fratelli ».
E io ebbi, ancora una volta, l’impressione che dicesse questo per
me, come se volesse dirmi che, nonostante la mia buona salute, potevo essere accolto come un fratello.
E quindi ripresero a discutere
tra loro, sulle possibilità di guarire o meno, e uno disse « in fondo,
l'importante è utilizzare bene questi anni, per esempio aiutando qualcuno ». Gli chiesi allora chi pensava di aiutare e mi disse « c’è qualcuno che non crede in Dio, e allora si .scoraggia; si può aiutarlo a
sperare ». E io pensavo che c’è anche chi crede di credere e si scoraggia e spesso per cose di assai
minor conto e avrebbe bisogno di
conoscere questi malati per continuare a sperare.
Pochi giorni dopo ero di nuovo
in quell'ospedale per un culto, questa volta a tutti i malati, nella
grande sala. E guardando tra i letti e le carrozzelle, vidi quelli del
quinto piano. Allora misi da parte
il sermone che avevo preparato e
dissi quello che loro mi avevano
detto.
E fu, credo, un ottimo culto.
Pierluigi Jalla
Il pastore Pierluigi Jalla, che da
un anno e mezzo cura la comunità
protestante di Montana, nel Vallese, ha fra i compiti del suo ministero la cura pastorale dei degenti
protestanti nei numerosi ospedali
e sanatori di quella località montana.
occasione della « settimana dell'unità »
dei cristiani, suggerendo una manifestazione comune su di un tema di comune interesse quale la Bibbia. La
Comunità di San Filippo non solo ha
accettato di collaborare, ma ha offerto i propri locali.
In una vasta sala sono state allestite varie vetrine nelle quali sono state
esposte oltre centocinquanta edizioni
diverse della Bibbia sia cattoliche che
protestanti. Alcune delle Bibbie esposte erano pezzi rari del 1500, le altre
davano una panoramica di quanto
stampato nei secoli successivi, sia in
campo protestante che cattolico, in
italiano, in francese (per i Valdesi da
Olivetano in poi), in dialetto piemontese ecc... Su alcuni tavoli, nel centro
della sala, erano esposte Bibbie, sia
cattoliche che protestanti, in vendita;
il che ha permesso a molti visitatori
di portarsi a casa il libro che aveva
attirato il loro interesse.
La mostra è stata aperta il sabato
18 marzo ed è rimasta a disposizione
del pubblico tutta la domenica 19 fino alla sera, quando il Pastore Ayassot ha dato, davanti a un numeroso
uditorio, una conferenza su « La Bibbia in Italia ». L’interesse suscitato
dalla mostra è stato dimostrato non
solo dal fatto che si è dovuto decidere di prolungarla al sabato e alla domenica successivi, ma anche dalla
menzione che vari insegnanti ne hanno fatto nelle scuole della città invitand.q gli alunni a visitarla e dagli articoli che la stampa locale vi ha dedicato, sia in occasione dell’apertura,
che della chiusura.
La Comunità Valdese di Biella ha
collaborato con gioia alla riuscita della manifestazione e riconosciamo, con
soddisfazione, che il pubblico, ovviamente molto più vasto, della Comunità Cattolica, ha dimostrato un vivo
interesse, sia per la Bibbia in se stessa, che per la possibilità di un’ulteriore collaborazione, nello studio e nella diffusione della Parola di.Dio.
Il tema della Bibbia sarà ulteriormente presentato nelle conferenze
che rispettivamente nelle domeniche
9 e 23 aprile saranno tenute su « La
ispirazione delle S. Scritture » e « La
Bibbia, unica base di fede ».
E. A.
Collegio Valdese
Lezioni, conferenze e culti
del prof. Bruno Coreani
Si terrà dal 16 al 23 aprile il quarto e, per quest’anno, ultimo ciclo di lezioni organizzato dal Comitato del
Collegio Valdese d’intesa con i pastori
della bassa Val Pellice e con la
collaborazione di professori della Facoltà . Valdese di Teologia di Roma.
Sarà per otto giorni ospite gradito
delle Valli, questa volta, il prof. Bruno Corsani, docente di Nuovo Testamento a Roma, il quale terrà una serie di lezioni di « Introduzione al Vangelo di Giovanni », una conferenza su
« L’imposizione delle mani e il ministero », predicazioni a Pomaretto e a
S Secondo, nonché lezioni agli alunni dei nostri istituti d’istruzione secondaria. Seguirà, la prossima settimana, il programma dettagliato.
Il Comitato
Torre Pellice
OFFERTE RICEVUTE
In ricordo del Pastore Alberto Ricca:
I figli neiranniversario del distacco dal loro
Padre L. 175.000; Paola, avec une pensée
pour Grand-papà 5.000; Signora Bianca Fonìe
Carrera, Cannero-Novara, ricordando il pastore ed amico doti. Alberto Ricca 70.000.
II Comitato del Collegio Valdese vivamente
ringrazia.
« Ben è la messe grande, ma pochi ancora
sono gli operai! Eccomi Signore, manda me!
Siatemi testimoni, fino alle estreme terre
portate l’Evangel!
Col messaggio tuo Signore, Eccomi manda me!
Chi vuol seguirmi, serva gli afflitti, i poveri amando del mio amor.
Nel servìzio tuo d’amore, eccomi manda
me! ».
È il canto della Corale con l’accompagnamento di due chitarre per i 28 catecumeni che
la Domenica delle Palme sono stati ricevuti
in Chiesa come membri comunicanti. La musica è una proposta di stile nuovo del Maestro
Ferruccio Corsanì, che s’ispira ai modi espressivi dello spiritual, dando luogo ad un canto
religioso più duttile e meglio percepibile alla
mentalità dei nostri giovani. Un folto pubblico attento e raccolto ha circondato i nostri
giovani ed ha ascoltato l’annuncio della Parola di Dio da parte del Pastore Sonelli sul testo Efesini 4: 11-16.
I catecumeni honno avuto due incontri comunitari uno di preghiera e meditazione, giovedì sera 23 marzo e un’agape fraterna preparata da alcuni giovani dell’Unione sabato
sera 25 marzo.
Alcuni di loro sono già impegnati nelle
Scuole Domenicali, altri sono membri della
nostra Corale; molte altre attività li attendono
e speriamo che non sia vana l’esortazione del
Pastore a vivere tutti insieme una vera vita
comunitaria.
Domenica 27 Febbraio ha avuto luogo la
seconda assemblea di Chiesa dedicata allo studio dei problemi che riguardano la vita della
nostra comunità. La sorella Elena Pontet ha
llllililllillllllllllllllllllilllllilllllllllllillilllllillllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllilllillllllllllllllllllllllllimilllllllllllllllll
Luserna S. Giovanni
Un gruppo di giovani, seriamente preparati,
ha presieduto il Culto nel Tempio la Domenica della Gioventù. È stata una esperienza positiva che ha trovato il consenso dei presenti,
sia per l’impegno dimostrato nella preparazione biblica, sia per i convincenti messaggi che
questi nostri giovani hanno saputo dare.
Ci auguriamo che questi Culti comunitari,
che già avevamo intrapreso lo scorso anno,
non siano lasciati cadere, per il bene della comunità e per ritrovare insieme, attorno alla
Parola del Signore, quei doni che Iddio ha
dato ad ognuno di noi perché portino i loro
frutti.
= iiiiiiiiiiiiitiiimiiiii iiiii;]i:iiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimi
villar Penosa
=
Il nostro 17 è stato ottimo. Il 13 abbiamo
avuto la commemorazione ufficiale con due
messaggi, uno del giovane Ronni e l’altro del
Pastore, ed è stato bello di. sentire queste due
voci concordi nel proclamare che non dobbiamo adagiarci sulla fede dei nostri padri, ma
essere a nostra volta dei credenti attivi ed operanti. Il culto è terminato con la celebrazione
della S. Cena e con un canto della Corale.
Il 16 è giunto da Berlino il sovraintendente Pastore Kirchner nostro ospite d’onore, che
è stato pieno d’ammirazione per i falò. Il 17,
nel tempio gremito, egli ci ha dato un ottimo
messaggio. Il culto è stato abbellito dalla Corale e dai Trombettieri. Nella seconda parte
hanno avuto la parola i nostri bimbi che hanno recitato delle belle poesie sul 17 ed un
lavoro biblico sul profeta Daniele.
L’agape ha avuto luogo nel nostro salone
affollato da 160 commensali, ed è stata preparata e servita egregiamente da uno stuolo
di volontari che ringraziamo sentitamente.
Erano nostri graditi ospiti amici e personalità tra cui il Pastore Conte, membro della
Tavola, il Pastore Stollreiter e i nostri ire
Sindaci. Uno d'essi, nel suo messaggio, ci ha
detto « Leggo vari giornali e sono al corrente
delle vostre polemiche su questa festa. Ebbene,
come cattolico, vi esorto: conservate il vostro 17! »
Il pomeriggio è stato dedicato ai canti e.
dopo l’agape serale che ha riunito ancora 60
partecipanti, ha avuto inizio la serata. I nostri giovani sono stati felici di inaugurare il
loro palco, al quale avevano particolarmente lavorato, e ci hanno presentato due ottimi
lavori, recitati con bravura.
Riunioni quartierali. Ne abbiamo avute di- _
verse nelle nostre scuolette e, so'prattulto, nel- E
le case private ove si ha il vantaggio di far ^
meglio conoscenza e di poter fraternizzare. ^
Dipartenza. Il 3 febbraio, dinanzi ad una =
„__nde folla, hanno avuto luogo le esequie del =
nostro fratello Alberto Costabel di anni 65 di =
Vivían, deceduto quasi improvvisamente. Invo-, g
chiamo sulla vedova e suoi figli, le consola- ^
zioni del Signore. ^
Nozze. Il 7 marzo nel nostro tempio, ador- =
no di fiori, si sono sposati Mario Ribel e Fran- Z
ca Galliano di Castelnuovo. Benedica il Si- E
gnore questo giovane focolare! S
Incontro giovanile. Ha avuto luogo il 18 e =
19 nella nostra Foresteria e ha riunito oltre =
40 giovani i quali sono stati lieti di trovarsi =
insieme durante le due agapi. Il sabato sera ^
uno d’essi ha guidalo ila meditazione, poi, E
un'altro, ha illustrato con diapositive il suo g
soggiorno in America. Infine una avvincente g
« caccia al tesoro » li ha appassionati fino a ^
tardi. =
La mattina seguente il culto è stato inte- ^
ramenle preparato dai nostri giovani che han- _
no svolto la predicazione e la parte liturgica =
dinanzi ad una buona assemblea. s
Concerto. La sera dei! 19 marzo la Banda di E
Inverso Pinasca, diretta dal Maestro Arturo ^
Coucourde, ci ha offerto una magnifica serata, =
suonandoci vari pezzi che sono stati molto ^
apprezzati. Durante un intervallo, due valenti ^
artisti di Pomaretto, hanno recitato con bra
vura un « bozzetto » che è stato entusiastica' ^
mente applaudito. =
Un gruppo di nostri Trombettieri, diretti =
da Renato Ribet, ha pure suonato alcuni pez
zi molto applauditi.
Recita. La filodrammatica dì Prarostino,
guidata dal suo Pastore che si è pure dimostrato bravissimo attore, la sera del 25 marzo
ci ha recitato un commovente dramma.
Al Pastore ed ai suoi giovani, il nostro ringraziamento per la loro gradita visita.
Ammissioni. Alle Palme, dinanzi ad una
bella assemblea, sono stati ammessi alla Chiesa, mediante pubblica professione della loro
fede, Avondet Eloide, Bertalot Franca, Ribet
Claudia, Rosso Silvana, Giustet Emilio, Long
Guido.
Il pomeriggio, nel nostro salone, ha avuto
luogo un ricevimento di benvenuto, organizzato dall’Unione Femminile.
Dipartenza. Il 29 marzo abbiamo accompagnato alTultima dimora terrena le spoglie mortali della nostra sorella Clara Coucourde ved.
CosLabel di anni 75, deceduta nella sua casa
a Vìvian. Bella figura di credente, in passato
era stata insegnante di quartiere proprio nella
scuoletta di Vivian. Era pure stata un’.attiva e
fedele unionista.
Ai figli che ne piangono la dipartita, sia di
consolazione la certezza della risurrezione e
della vita eterna in Cristo.
titiiiiiiiiitiiiimiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiir
— È stata graditissima la visita dei sig.ri
Jules Foltz, dipendenti del Dipartimento Evangelico francese di Azione Apostolica e missionari al servizio della Chiesa di Cristo nel Madagascar. Essi hanno vivamente interessato la
comunità, intervenuta ospite dell’Unione Femminile alla riunione nella Sala Albarin domenica pomeriggio 12 marzo, con i loro messaggi e con interessanti proiezioni luminose.
Li ringraziamo per la loro visita e chiediamo al Signore di accompagnarli nel loro campo di lavoro dove svolgono una efficace missione evangelìstica.
— Su invito della Società « Le Printemps »
il dott. Loris Bein ha tenuto, venerdì 17 marzo nella Sala del Presbiterio, una conferenza
con diapositive sul suo recente viaggio nell’Unione Sovietica.
Con vivace eloqueza e con assoluta obiettività, l’amico Loris ha illustrato le varie immagini delle famose località da lui visitate,
tra cui la grande Piazza del Cremlino, la tomba di Lenin e il maestoso monumento ai Caduti di Stalingrado.
La serata è stata piacevole e simpatica per
cui ringraziamo ancora il dott. Bein e la Società di Cucito per l’invito.
— La Domenica delle Palme sono stati ricevuti nella piena comunione della Chiesa alla presenza di un’assemblea numerosa che gremiva il Tempio i catecumeni che a marzo
hanno terminato il corso quadriennale di istruzione religiosa. Hanno confessato la loro fede
ed hanno promesso di servire il Signore : Agli
Luciano, Benecchio Piero, Bonnet Carla, Bouissa Fulvia, Cairus Mauro, Cougn Leila, Giacobino Marina, Gaydou Franco, Lapisa Franco,
Malan Fabrizio, Malanot Enrica, Michelin Salomon Duccio, Malvicini Giovanni, Pasquet
Claudio, Peyronel Silvana, Revel Marco, Sapp2 Franca, Taccia Claudio, Chiavia Marco.
Iddio li guidi nel cammino della vita e li
renda fedeli membri della Sua Chiesa.
Dino Gardiol
presentato un ampio quadro delle Scuole Domenicali e Catechismi. I problemi più gravi
sono dì stabilire e mantenere uno stretto collegamento fra i vari corsi. Mario Sibille ha
sottolineato l’urgenza che la Chiesa prenda in
considerazione i problemi che interessano i
giovani e che sono quelli che interessano l’intera società in cui s’inseriscono come parte
attiva. Se la vita della Chiesa sarà la ricerca di
■dare ititnf finzione cristiana ai problemi concreti, sarà più facile che ì giovani sentano il
bisogno dì cercare la comunione con gli altri
membri di chiesa, perché tutti insieme saranno impegnati nelle stesse cose.
NeU’assemblea di Chiesa del 19 Marzo, la
sorella Mirella Bein ha presentato una relazione sul tema: Culto e Testimonianza, con riferimento alTimpegno politico e alla soluzione di
problemi socio economici. Successivamente il
past. Sonelli ha messo in luce i punti essenziali del problema : la Parola quale ^gno
operante nella nostra vita e cioè : l’essere disponibili all’azione di Cristo; ne scaturisce
l’importanza di una vera testimonianza che
dia sapore alla nostra presenza nella Chiesa e
nel mondo, è quindi indispensabile che ci sia
una ricerca e una verifica in comune da parte
di tutti i membri della Comunità. La Chiesa
si riunisce per cercare alla luce dell’Evangelo
quale dev’essere il suo posto nel mondo, mantenendo un atteggiamento critico nei suoi confronti, ma non priva di carità.
Il past. Genre osserva che per prendere sul
serio le prospettive presentate nella relazione,
occorre intensificare lo studio comunitario della Parola e propone che alcuni fratelli una
volta al mese presentino mediante lo studio
esegetico della Parola alcune linee di azione
alla meditazione della Comunità per avviare
un discorso concreto sulla problematica del
nostro tempo alla luce deU’Evangelo.
— Si sono sposati; Davide Bolognesi e Franca Rostan, Giorgio Vinçon e Mirella Bertin,
Gianpaolo Ricco e Elena Bein. Ai cari sposi
l’augurio di ogni bene nel Signore.
— I fratelli Roberto ed Elsa Gay hanno presentato la loro bambina Federica al Battesimo. Il Signore li benedica e li guardi.
— Ci hanno lasciati in attesa della resurrezione: Stefano Meynet, Alfredo Geymet, Domenica Lobrano ved. Rivoir, Ersilio Benedetto,
Delfina Cogno in Eynard, Paolina Peyrot ved.
Chiesa, Alberto Bertalot, Evodie Roland, ved.
Cesan. Alle famiglie in lutto esprimiamo la
nostra viva e fraterna solidarietà nella prova.
Lina Varese
iiiMiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuimiiiiniimiiiii
Soljenitsin e la Chiesa
ortodossa russa
(segue da pag. 1)
le che il patriarcà Pimen ha indirizzato in occasione dell’ultimo Natale, ai credenti ortodossi, lettera che non è stala diffusa all’interno
dell’Unione Sovietica ma solo all’estero, Soljenitsin chiede perché a tale onesto appello è
stato rivolto solo agli emigranti (...). È forse
solo per i figli di costoro che il patriarcato
chiede un^educazione nella fede cristiana? E
per noi? Clamore per la Chiesa deve essere
inculcato ai nostri figli o no? ».
Secondo stime non ufficiali, i credenti ortodossi neirURSS sono fra i venti e i trenta milioni. La Costituzione sovietica garantisce la
libertà di fede, ma proibisce .la propaganda religiosa e l’insegnamento religioso a chi :aon
abbia compiuto i diciotto anni. Libera invece
è, e anzi condotta dal governo, la propaganda
atea.
(EPD - ANSA)
Funerali: chi ci va
chi no
/ lettori ci scrivono
i e
= Caro direttore,
E Nel n. del 31/3, Ricca Adelchi, con l’inten'
E zione di rispondermi, ribadisce le sue convinzioni in merito ai « funerali ». Debbo chiederle
uii po’ di spazio per qualche rilievo a tale
articoletto.
1) Comìncio subito dal titolo « Funerali o
risurrezione? ». Cosa significa quel « o »? È
un « aut-aut »? « 0 » l’uno « o » Tallro? Bi
sognerà dunque scegliere: « o » funerale senza risurrezione, « o » risurrezione senza funerale? Radicalìzzando sino al paradosso, non si
cade nel ridicolo?
2) Quanto ai ricordi del fratello R. A.
circa le predicazioni da lui udite, bisogna riconoscere che è stato proprio sfortunato... le
prediche « scorrette » sono capitate tutte a luì!
Salvo che non gli sia successo quello che può
succedere a chiunque, ossia che la predica
venga recepita in modo diverso a seconda dello stalo d'animo dell'uditore. Persino quando
parlava Gesù c’erano di quelli che ascoltavano
soltanto per cogliere a volo qualche parola per
incriminarlo!
3) Tra i ricordi dì R. A. c’è quello di un
discorso funebre da cui « sembrava che quella
sorella, al momento del trapasso fosse ascesa
in paradiso ». E se fosse stato proprio cosi?
Senza sosta intermedia in purgatorio o .'»lira
sala d’aspetto? Ignoro cosa abbia detto il pa
store incriminato, né perché, né come, ma conosco un altro caso, di uno che predicava in
aveva parlalo di un povero che « morì e fu
portato dagli angeli nel seno di Abramo ».
Potrei citare altri predicatori, non sospetti, per
i quali morire significava « partire ed essere
con Cristo » ecc., ma mi fermo qui, perché riconosco che, nelle Scritture, le rivelazioni sull’al di là non sono di semplice e univoca interpretazione e non sì risolvono sparando versetti presi qua e là.
Tralascio il ricordo di quel pastore che .aveva imparato a fare salami « durante un accompagnamento funebre » e che sarebbe -andato a raccontarlo ai ragazzini della Scuola
Dom.... preferisco attenermi airipotesi più caritatevole che è di pensare che il « ragazzino
iUlelchì » fosse allora troppo piccino, o troppo distratto, per capire!
4) Quanto aH’invito che mi viene rivolto
di « rileggere con molta più attenzione i quattro evangeli », ringrazio il premuroso interlocutore per Tesortazione sempre opportuna, perché la Bibbia non la si conosce mai abbastanza. Vorrei anzi reciprocare la cortesia, augurando al giovane fratello dì capire quello che
legge. Infatti i suoi riferimenti ai « funerali »
degli evangeli sono un po’ strani: Luca riferisce soltanto le poche parole di Gesù direttamente connesse al miracolo della risurrezione
di Naìn, se ne deduce che fece scena muta o
parlò di altro. Per la risurrezione della figlia
di lairo sarebbe arrivato troppo presto per partecipare al funerale, mentre per quella -li .Lazzaro sarebbe, invece, arrivato troppo tardi...
insomma, cronometro alla mano, Gesù non
arrivava mai per tempo ai funerali o se « per
puro caso » arrivava al momento buono, :non
modo corretto, che disse un giorno ad un pec- pa>*iava. . , , . .
calore pentito e fiducioso « Oggi sarai meco in , Cerchiamo di non scherzare! Bieca Adelchi
paradiso ». e che. in una precedente predica, dovrebbe sapere che i a funerali » all'epoca di
Gesù costituivano una faccenda assai più lunga e complicata che da noi oggi e duravano
almeno sette giorni. Quindi niente troppo presto e niente troppo tardi, tanto è vero che
quando Egli arrivò in casa di lairo le prèfiche
e i suonatori di nenie funebri erano già all’opera e che quattro giorni dopo la morte di
Lazzaro Gesù trovò ancora una folla di amici
e conoscenti, alla quale Egli afferma di avere
predicato « Padre... ho detto queste cose a
motivo della folla che mi circonda, affinché
credano che tu mi hai mandato ».
5) Che il fratello R. A., da un anno in
qua, non voglia « perdere tempo » a « correre
dietro ai morti » (come garbatamente dice) è
cosa che lo riguarda. Spero soltanto che egli
adoperi veramente « quelle due o tre ore che
si perdono per andare a un funerale » a « prestare aiuto a qualche persona che si trovi in
situazioni difficili », come insegna agli altri.
Perché, se così non fosse... se, pur sapendo
quello che sì deve fare, egli si accontentasse
di raccomandarlo agli altri... la sua argomentazione saprebbe assai più di alibi che dì convinzione. Sarebbe di lui come di coloro che
parlano tanto di « poveri ». di « senza tetto »,
pur continuando a vivere da ricchi, in lussuosi
appartamenti, salvo che trascorrano il weekend o le ferie nella villa al mare o nello
« chalet » in montagna...
Cordiali .saluti
Ernesto .4yassot
Per ragioni di spazio siamo costretti a rinviare al prossimo numero un altra lettera su
questa questione, del Circolo V. Janni di Sanremo: così pure altre lettere.
6
pag. 6
N. 14 — 7 aprile 1972
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
La crisi irlandese
Nei giorni scorsi è entrato in funzione — assumendo i relativi poteri
esecutivi — il segretario di Stato inglese per rUlster, la provincia nordirlandese. Il parlamento di Belfast, lo
Stormont, è stato sospeso per un anno. Con questa soluzione, s a pure di
carattere provvisorio (e in attesa c’i
un futuro, non precisato plebiscito sulrUlster) lo scopo ufficiale del governo
conservatore inglese è quello di « iniziaré un nuovo corso » e di « spezzare
il circolo vizioso della violenza ». Scopo più immediato, secondo vari commenti iqglesi, è q^uello di ristabilire
coi cattolici un dialogo, bloccato da
anni di repressione e di guerriglia" e
da secoli di oppressione e di sfruttamento, senza con questo giungere ad
una rottura aperta colla maggioranza
protestante (un milione contro 550 mila cattolici).
Mentre il governo di Dublino (Irlanda del sud) e l’opposizione moderata di Belfast (nord) hanno avuto
una reazione favorevole nella sostanza, i gruppi intransigenti, sia cattolici
che protestanti, hanno fatto dichiarazioni decisamente negative.
I protestanti, che da tempo plurisecolare godono ■ di una condizione di
supremazia totale, « logicamente » non
sono disposti a rinunciare ai loro privilegi.
I cattolici hanno indubbiamente ottenuto una prima vittoria: lo sciogl mento dello Stormont rappresenta ai
loro occhi la caduta del simbolo della loro oppressione. Larghi strati della popolazione cattolica pare abbiano
fatto pressione sui gruppi dell'IRA
per la proclamazione di una tregua.
A loro volta questi ultimi non paiono
voler rinunciare alla lotta dato che
questi primi provvedimenti di Londra
provano l’efficacia della loro azione
armata.
In questa incerta e sempre drammatica situazione, si inseriscono le
varie proposte per soluzioni di compromesso, fra cui la proposta di una
Irlanda unita, ma divisa- in quattro
provincie autonome, oppure di ima
correzione dei confini fra le Irlande,
con adeguati trasferimenti di popolazione.
A proposito dell’IRA, abbiamo letto con stupore lo scritto dell’agenzia
Relazioni religiose (di solito assai più
obbiettiva) pubblicato nel numero
scorso di questo settimanale e commerrtata col titolo: «Un parere». In
esso viene detto (facendo di ogni erba un fascio) che TIRA in sostanza
non è che una banda di ex nazisti e
che saranno, sì, dei cattolici, ma certamente non dei cristiani perché usano le armi. Rifiutiamo questa classificazione del tutto superficiale e ingiusta e questo anche se non possiamo
condividere la « tecnica » delle uccisioni e degli attentati terroristici (per
non parlare che di quelli cattolici!).
Ma sono forse cristiani quei protestanti nordirlandesi (che secondo l’ar
L'"ordine»
della destra
Il direttore de « Il Borghese », M.
Tedeschi, candidato al senato per il
m.s.i. ha dato nello scorso numero di
gennaio de « La Destra » le definizioni
della politica di destra, che riportiamo
integralmente :
« È nazionale: perché si oppone all’utopia dell’internazionalismo.
Riconosce la funzione utile della
guerra: perché si oppone all’utopia della inviolabilità della vita umana e del
pacifismo.
È imperialista: perché riconosce che
l’uomo tende alla conquista, o non esiste.
È estranea ad ogni culto religioso:
perché riconosce l’esigenza umana di
spiegare col ricorso al mistero tutto l’incomprensibile, ma proprio per questo
considera ogni gruppo religioso organizzato, ogni Chiesa, esclusivamente come
instrumentum regni. Per la destra, tollerante sul piano ideologico, ma niente
affatto "permissiva” sul piano dello
Stato, una sola divinità dei poteri è possibile: in questo mondo, tutto è di Cesare; nell’altro mondo, tutto è di Dio ».
È a questo « ordine » che hanno dato la loro adesione, come candidati missini, militari che per anni hanno occupato posti rilevanti : i meno noti Nastri,
Parlato, Toschi, Nistri, ma anche Birindelli, ex comandante NATO, De
Lorenzo, ex capo di stato maggiore e
del Sifar, Barbara, generale di pubblica
sicurezza.
ticolista « non vogliono unirsi all’Irlanda per non sottostare a certe leggi retrograde ») che a tutt’oggi mantengono quella discriminazione razziale e religiosa, che è stata l’arma di
dominio coloniale ed economico da
quasi quattro secoli? È cristiano varare e mantenere, invece del suffragio
universale, quello « catastale » (vota
solo chi possiede un alloggio) per cui
almeno la metà dei cattolici sono sta
ti fin qui esclusi dalle urne? È cristiano che neH’amministraz'one statale,
nella magistratura, negli, ospedali, la
forte minoranza cattolica sia presente solo in ragione del 10 per cento?
È cristiana la lettera Inviata dal premier nordirlandese B. Brook (che fu
in carica dal 1943 al ”63) a tutti gli uffici pubblici e all’industrie: « Io raccomando di non assumere d'p.ndenti
cattolici: novanta su cento sono traditori »?
I “camici bianchi,,
di Torino
Forse parecchi fra i nostri lettori
non piemontesi non sono al corrente di
quanto sta succedendo all’università di
medicina di Torino: una facoltà molto
« tranquilla », non scossa dal vento della contestazione studentesca (chissà,
forse sarebbe servito a qualche cosa...).
Per quindici direttori di clinica, per
l’ex presidente di un ospedale e per il
magnifico rettore dell’università è stato richiesto, dopo una lunga e accurata
indagine del sostituto procuratore della repubblica, il rinvio a giudizio per
concorso in peculato continuato e (per
alcuni) per altri reati, quali falsità materiale e omissione di atti di ufficio. Per
altre 25 persone è stato invece richiesto il proscioglimento con diverse formule, fra cui quella: per mancanza di
dolo (che ovviamente è ben diversa da
quella: per non aver commesso il fatto). E’ stata cioè concessa la presunta
« buona fede » e vale a dire la non volontarietà a causa della difficile interpretazione delle circolari ministeriali.
Però, anche in questo caso, i personaggi interessati saranno chiamati a risarcire lo Stato: non per nulla fin dallo
scorso anno il giudice istruttore ha
fatto ipotecare in via cautelativa i beni immobiliari degli indiziati.
La requisitoria del pubblico ministero consta di 300 pagine e tutto il materiale dell’inchiesta, durata sedici mesi,
è stato raccolto in una stanza, a dis-posizione dei legali dei clinici. E’ probabile che la relativa sentenza di rinvio a
giudizio, che dovrebbe ricalcare la li
nea accusatoria del p.m., venga pronta
per il prossimo mese di giugno e che il
relativo processo in tribunale possa
avere inizio a novembre: a due anni
esatti dall’inizio della clamorosa inchiesta.
Fra i fatti curiosi, da registrare che
uno dei luminari dichiarati non imputabili è stato considerato « incapace di
intendere e di volere all’epoca dei fatti »: all’« epoca dei fatti » quel signore
era direttore della clinica delle malattie nervose e mentali ».
Ma, in sostanza, in che consiste questo peculato? E’ presto spiegato: questi illustri clinici sono accusati di aver
tratto parte dei loro enormi guadagni
(oltre due miliardi di lire!) dal non
aver versato alla cassa universitaria le
quote di sua spettanza. Si_ trattava infatti di prestazioni, di visite mediche,
di ricoveri, ecc. effettuati in istituti
universitari e come tali pagati dalle
mutue e dai clienti privati.
La cosa coinvolge tutti i più famosi
nomi della facoltà di medicina torinese. Nomi che qui non farenjo in quanto
10 scopo essenziale di questo scritto è
di denunciare il male (particolarmente
odioso in quanto compiuto verso pèrsone particolarmente « indifese » e verso enti di valore sociale) e non il presunto malfattore.
Per il peculato, i clinici rischiano
una condanna da tre a dieci anni di reclusione, che potrebbero salire anche a
tredici, coll’aggravante del danno rilevante recato all’università.
Com’è strana la giustizia! Per un povero disgraziato che si appropria di un
paio di brache stese ad asciugare o di
un paio di calzini in un supermercato
11 termine è perentorio: furto! Per dei
sommi clinici che si servono alla cassa
si parla di peculato: staremo a vedere
come andrà a finire.
Roberto Peyrot
Echi della setiimana
a cura di Tullio Viola
I CARNEFICI DEL BRASILE
Al direttore de « L’Astrolabio » è
giunta dal Brasile la seguente lettera:
«Caro Direttore, sono Zilda Paula Xavier Pereira, brasiliana, figlia di un
ferroviere e di una contadina di Pernambuco. Per vent’anni ho militato
nel Partito Comunista Brasiliano dal
quale uscii nel 1966 con Carlos Marighella, Joaquim Camara Ferreira e altri, per dissensi sulla linea da seguire. Dopo la morte di Marighella fui
catturata a Rio de Janeiro, mi torturarono sfondandomi i timpani,, e con
scariche elettriche nelle parti intime
del corpo mi ridussero in condizioni
da dover essere ricoverata nelVinfermeria del presidio militare per due
rriesi; e non fu per umanità, ma per
rimettermi in grado di subire nuove
sevizie, al fine di farmi confessare ciò
che non erano fino ad allora riusciti
a strapparmi. Riuscii ad evadere il 1»
maggio 1970, intanto la lotta continuava a mietere vittime, espatriai in Italia per organizzare all'estero la solidarietà con la causa brasiliana. Ho
trovato buoni compagni nei comunisti italiani che non mi hanno chiesto
quale fosse la mia tessera per aiutare
l'organizzazione di cui faccio parte, e
altrettanto nei cattolici, nei socialisti
del Comitato Europa-America Latina
e nei partigiani dell'AMPI. Ma la Battaglia in Brasile si è fatta sempre più
dura, abbiamo sofferto perdite gravi.
II 19 gennaio 1972 mio figlio Alex Xavier Pereira di ventuno anni è stato
ucciso in una via di San Paolo a raffiche di mitra. L’8 febbraio, l'altro mio
figlio Yuri è sfuggito a un'imboscata,
rimanendo graevmente ferito e adesso è ricercato assieme a mia figlia che
ha diciassette anni e milita nelle nostre file. Il movimento si trova in una
fase molto difficile, anche se niente
potrà schiacciarlo definitivamente.
Per questo ti scrivo, perché non cessi
la solidarietà con la resistenza in Brasile, perché l'opinione democratica italiana non dimentichi i nostri morti, i
nostri combattenti, non abbandoni la
denuncia dell'infame regime che opprime la mia patria, non cessi di sostenere coloro che sono decisi a tenere aperta la strada che dovrà portare
alla sua liberazione. Anche la vostra
esperienza di antifascisti ci aiuta, ci
insegna che l'ora della resa dei conti
viene sempre per i carnefici. In Brasile essa verrà quando il nostro popolo saprà guadagnarsela; ma, compagno Barri, aiutateci perché venga
presto, anche grazie alla solidarietà
internazionalista del popolo italiano.
Zilda Xavier Pereira (militante di
Agao Libertadora Nacional, ALN) ».
L’« Astrolabio » (n. 2 del 29.2.’72)
pubblica questa lettera, facendola seguire da un vibrante commento:
« Un'altra voce eloquente aveva già
richiamato l'attenzione del mondo sulla triste ed insanguinata dittatura che
opprime il Brasile, la voce del vescovo Cámara. Ora è la vedova di Marighella ad indirizzare il suo appello
dolente e fiero agli antifascisti italiani, compagni delle lotte per la libertà. Impariamo ancora una volta che
la distensione è una realtà soltanto
diplomatica, se e dove g'ustizia e libertà sono negate ai popoli schiacciati da tirannici regimi di classe. Impariamo una volta di più che sarà l'America Latina la protagonista domani
di grandi movimenti politici e sociali.
Ed una conclusione ci sia oggi ben
presente: è l'affermazione delle forze
di sinistra, anche nelle lotte di domani, lo sfruttamento di efficaci solidarietà internazionali. Assicuriamo Zltlda Pereira che il suo avpello (fedelmente tradotto dall'originale portoghese) sarà profondamente sentito
dall'Italia viva e giovane».
IL MICROSCOPIO
ELETTRONICO
I nord-Vietnam iti non cessano di
attirare i nostri sentimenti di ammirazione e di stima. Gl’immensi sacrifici della guerra contro gli Stati Uniti,
non attenuano la loro vitalità, anzi
sembrano stimolarla ed esaltarla. Ciò
è provato dal seguente appello che alcuni docenti della facoltà di scienze
di Orsay (una delle 13 università di
Parigi) hanno lanciato per il reperimento di fondi destinati ad un’iniziativa di alta cultura.
« / ricercatori e i docenti universitari vietnamiti hanno urgente bisogno
d'un microscopio elettronico. Questo
permetterebbe all'Istituto di Epidemiologia di Hanoi di effettuare ricerche su certi microrganismi (in particolare su quello della lebbra) e di
creare, presso l'università di Hanoi,
un dipartimento di Biochimica.
Per raggiungere quest'obiettivo, si
devono raccogliere circa cento mila
franchi francesi. Riprendendo pertanto un'iniziativa dei ricercatori della
facoltà di Orsay, il Collettivo Intersirh
dacale Universitario vi chiede di rispondere, numerosi e con generosità, ,
a questo nuovo appello.
Poiché questa campagna fa seguito
alla nostra continua opera d'aiuto ai
tre popoli Cambogiano, Laotiano e
Vietnamita, in lotta contro l'imperialismo americano, una parte dei fondi sarà donata al PUNK (Fronte Unito Nazionale del Kampouchea, che significa Cambogia) ed al fronte patriottico LAO. Un'altra parte sarà consacrata al nostro sforzo permanente
per dotare l'Università di Hanoi d'una
biblioteca moderna.
Non trascurare nessun fronte della
lotta: queto è il segreto della vittoria! ».
(Da una circolare del « Collettivo Intersindacale Universitario d'azione
Vietnam - Laos-Cambogia» - 28, rue
Monsieur le Prince, Paris VI. Coloro
che desiderano contribuire, possono
inviare i versamenti a tale indirizzo,
al nome del prof. E. Schatzmann).
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale eli Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)
Due responsabili del Movimento Sviluppo e Pace scrivono
Il razzismo nell'Africa australe
Signor direttore,
abbiamo Ietto con vivo interesse l’ampio
articolo di Alberto Soggin apparso su l’Eco
delle Valli Valdesi in data 18 febbraio
corr. anno, con il titolo : « Il Consiglio
Ecumenico delle Chiese e gli aiuti ai movimenti africani di liberazione ».
Non intendiamo entrare in merito alle
varie ipotesi sulla morte di Eduardo Mondlane né (a proposito degli aiuti) sulla
« scelta responsabile » che, tra l’aÌtro, « discerne a chi vada l’aiuto in questione e se
si tratta di movimenti di liberazione validi e vitali, capaci di mantenere gli impegni assunti ».
Nell’articolo di Alberto Soggin ci pare
di cogliere alcuni concetti che ci hanno lasciati perplessi e che desideriamo qui evidenziare : « Se parliamo di Unione Sudafricana, parleremo di razzismo ma non di
colonialismo : la popolazione bianca presente da circa 300 anni nella regione a
suo tempo praticamente disabitata è evidentemente “indigena”. Se parliamo delle
colonie portoghesi, parleremo di colonialismo, ma non di razzismo, dato che il Portogallo non ha mai praticato in passato e
in presente una discriminazione basata su
criteri razziali. Solo nel caso della Rhodesia è possibile parlare di razzismo e colonialismo, anche se il primo elemento sembra avere il sopravvento sul secondo : da
un lato infatti i bianchi rhodesiani sono
anch’essi là dal secolo scorso, dall’altro
però impongono con la forza la propria
supremazia sul resto della popolazione :
situazione dunque simile, anche non identica a quella del Sud Africa ».
1) Sull’asserzione che la popolazione
bianca dell’Unione Sudafricana sia « evidentemente indigena » per il solo fatto che
ne occupa la superficie da circa 300 anni
(è più esatto dire « occupa » non solo « vi
è presente »), occorrerebbe premettere alcuni cenni relativi alla situazione delle
popolazioni africane presenti in tali territori prma deU’invasione bianca. Tali popolazioni autoctone erano costituite da tre
popoli: gli Ottentotti, i Bantù, i Boscimani. Questi ultimi (cacciatori e nomadi)
furono sterminati o costretti a stabilirsi
nelle zone desertiche del Kalahari. Le altre popolazioni (essenzialmente pastori e
agricoltori sedentari furono trasformate in
una massa di schiavi é braccianti. Nel
1652 la Compagnia Olandese delle Indie
Orientali sbarcò nell’attuale Sud Africa un
proprio esercito che si abbandonò su vasta
scala a distruzioni, massacri, ecc. Le popolazioni Bantù tentarono ripetutamente di
ribellarsi senonché i Boeri alleatisi con gli
Inglesi che, nel quadro delle guerre napoleoniche sconfissero gli Olandesi nel 1795,
imposero massicciamente la loro presenza.
L’occupazione territoriale inglese non cessò che nel 1910. La situazione odierna dell’Africa australe (Sud Africa, Namibia,
Rhodesia) è la seguente : 30 milioni di
abitanti di cui il 10% circa costituito da
bianchi che dispongono in modo assoluto di
ogni potere. Degli Africani, 1/3 vive nelle
campagne, lavorando in condizioni di schiavitù; 1/3 nelle « riserve »; il resto ai margini delle città. Uno studio condotto nel
1968 ha rilevato che in Sud Africa, gli
Africani costituiscono il 67,9% della popolazione, ma hanno solo il 18,8% del reddito nazionale (poco più di 6.000 lire al
mese pro capite) mentre i bianchi, che costituiscono il 19,2% della popolazione,
hanno il 73,3% del reddito nazionale (circa 83.000 lire al mese pro capite).
Il discorso di A. Soggin è grave anche
perehé, se accettato, legittimerebbe l’installazione massiccia di popolazioni bianche ai
danni delle popolazioni indigene e avvallerebbe quanto già avvenuto in passato (occupazione delle terre e massacro degli Indiani d’America, delle popolazioni pre-colombiane in centro a sud America, ecc.) e
quanto sta avvenendo oggi (Angola, Mozambico, Alaska, Australia, Amazzonia,
eco.). Senza tralasciare due fatti importanti: in Australia, ad esempio, è impedita
rimmigrazione di gente di colore (indiani.
africani, ecc.); in Africa Australe i governi attuano una politica di controllo delle
nascite tra la popolazione africana e di incremento demografico tra i bianchi.
2) Circa l’asserita assenza di razzismo
nelle colonie portoghesi, ci sia consentito
qui citare le frasi conclusive del Rapporto
redatto da una apposita commissione dellO.N.U. la quale, tra l’altro, ha accertato
la pratica corrente di allucinanti torture
nei territori africani sotto controllo portoghese e che mette in dubbio l’affermazione di Soggin secondo cui nelle colonie portoghesi il regime « è infinitamente più
mite » di quello dell’Algeria francese negli
anni ’50.
« li decreto-legge n. 43893 del novembre 1961 che abroga il decreto-legge numero 39666 del 20 maggio 1954, stabilisce
una "discriminazione razziale" tra gli indigeni, da una parte, e gli "assimilados"
ed i bianchi dall’altra. Questa discriminazione razziale si manifesta in tutti gli atti
della vita quotidiana; per quanto concerne
la vita culturale, esiste una netta discriminazione tra la poipolazione cosidetta “civilizzata" e la popolazione detta “non civilizzata". Solo gli africani che abitano
nelle zone urbane hanno la possibilità di
accedere allo status di “assimilados"; ma
la discriminazione è flagrante soprattutto
nel sistema scolastico ».
Sempre a proposito del carattere razzista
di tale politica ci pare interessante citare
parte di una dichiarazione del comandante
Kaulza de Ariaga, comandante in capo delle truppe coloniali in Mozambico, e pretendente al posto di Presidente dèlia Repubblica Portoghese : « La sovversione è una
guerra soprattutto di intelligenza. È necessario essere intelligenti per fare la sovversione, non la può fare chiunque. Ora i popoli neri non sono intelligenti; al contrario, essi sono, di tutti i popoli del mondo,
i meno intelligenti. Noi non saremo in grado di mantenere la dominazione bianca
(che costituisce un obiettivo nazionale) a
condizione che il popolamento bianco si
effettui con un ritmo che accompagni e
sorpassi, almeno leggermente, l’intervento
di neri evoluti. Poiché se succede il contrario, se la popolazione bianca sarà superata
dai neri evoluti, due cose avverranno fatalmente : o noi installeremo Fapartheid, che
sarà terribile e alla quale noi non teniamo,
oppure avremo governi neri con tutte le
conseguenze che ciò comporta ».
Lo stesso Gaetano, in un discorso del 27
novembre 1968 ha detto: «Noi non difendiamo una civiltà, ma la civiltà ».
Va consideralo inoltre che, i citati tre
paesi (Rhodesia, Sud Africa, Portogallo)
conducono una politica concertata di aiuto
reciproco in campo sia economico che militare.
4) Ci pare non superfluo, infine, sottolineare come la distinzione tra razzismo
e colonialismo su cui il sig. Soggin si sofferma, sia quanto mai ambigua.
Giova, infatti, ricordare la definizione
del pregiudizio su cui si fonda il razzismo
fornita da Oliver Cromwell Cox : « È un
atteggiamento sociale propagalo tra la gente dalla classe sfruttatrice allo scopo di bollare un gruppo col marchio di inferiorità
in modo da facilitare lo sfruttamento suo
e delle sue risorse ».
Il discorso del sig. Soggin, inoltre, non
parla affatto né della realtà del neo- colonialismo né dell’imperialismo. Fenomeni
questi storici, che rispondono aH’esigenza
di principio dell’utile inteso come assoluto
che ha sin qui caratterizzato tanta parte
della storia dell’occidente.
Per documentazione alleghiamo il numero 2^3 del Bollettino Terzo M.ondo Informazioni (Colonie africane portoghesi :
Tortura), e il n. del dicembre 1971 della
rivista OgniuomOy nonché il numero della
stessa rivista dedicato all’Africa in lotta.
Con preghiera di pubblicare questo nostro intervento sul periodico da Lei diretto,
La ringraziamo dell’o&pitalità e le porgiamo distinti saluti.
per il Movimento Sviluppo e pace
(Luisa Signorelli - Piergiorgio Gilli)
l'illlllllllllllllllllinillllllllllllllllllllllll IMIIIIIIMIIIIlllllllinilllllllIlllllIlllllltll)|ll|||||||||i]||||||||||||;i|||||||||||j||||||||)(.
Realizzare la laicità dello Stato
(segue da pag. 2)
risponda alle « specìfiche effettive esigenze avanzate dalle singole confessioni religiose ».
Pertanto :
а) tutto quanto corrisponde ad esigenze
comuni a tutte le confessioni deve essere disciplinato dallo Stato con leggi generali;
б) le esigenze devono essere « specifiche »,
cioè particolari di quella determinata confessione religiosa che le prospetta; e solo in questa
specificità sta, come già abbiamo detto in precedenza, la vera nota giustificativa della intesa; e devono inoltre essere « effettive ».
Intendiamo cioè dire che è necessario, ma
non sufficiente, che la confessione religiosa
prospetti autonomamente le sue particolari esigenze; occorre altresì che queste vengano valutate insieme — in sede di trattative — e
che risultino reali ed « effettive » anche a giudizio dello Stato.
Resta adesso da soffermarsi sul secondo comma dell’articolo 8 della proposta.
È noto come alcune confessioni religiose
svolgano anche attività che si muovono nella
esclusiva sfera temporale e non attengono ad
interessi di natura spirituale, e che anzi toccano settori già autonomamente regolali da
leggi statali (sì pensi ad esempio alle attività
editoriali o assistenziali o di insegnamento di
molti istituti religiosi). Con l’articolo 8, .secondo comma si intendono riaffermare due principi, già sufficientemente presenti nella tradizione giuridica italiana :
a) che tali attività sono disciplinate dall»
legge. 11 che vuol significare, anzitutto, che
1 esercizio delle attività medesime è pienamente libero e lecito; e quindi che ad esse si applicano le norme già esistenti;
b) che la disciplina di tali attività non deve comunque ledere, neppure indirettamente,
l’indipendenza delle confessioni religiose.
Fuori, dunque, da ogni ritorno ad eventuali posizioni giurisdizionalistiche, la norma che
proponiamo, intende assicurare, nel rispetto
delle disposizioni dettate dal legislatore statale sulle materie di pretto carattere temporale,
il libero esercizio delle attività ecclesiastiche
in conformità ai caratteri propri di ciascuna
confessione religiosa.
Con l’articolo 2, la nostra proposta di legge
vuole inserire due nuovi comma all’articolo
19 della Costituzione.
Con il primo comma intendiamo precisare,
fuori da ogni possibile dubbio, il pieno riconoscimento della libertà di coscienza; e ciò a
garanzia di tutti quei cittadini éhe fondano i
principi della loro coscienza morale su motivi
non di ordine religioso.
Con il secondo, desideriamo parimenti che risulti in modo indubbio che anche sulle materie
religiose la discussione e il conseguente diritto
di critica sono del tutto liberi anche nelle forme pubbliche precisate dall’articolo 21 in tema
di manifestazioni del pensiero.
Lelio Ba.s.so