1
LOIvíJO SEI MA
Casa Valdese’
7o:.Rw’ Dpr r.ri't.’
DELLE YAliLT VALDESI
Settimanale
della Chiesa Valdese
" Gettate lungi da voi tutte le vostre trasgressioni per le quali avete peccato, e fatevi un cuor nuovo e uno spirito nuovo
Anno LXXXIX - N. 8
Una copia Lli
30
ABBONAMENTI
}
Eco: L. 1.200 per l’iatenio | Eco e Là Luce: L. 1.800 per l’intemo | Spediz. abb. postale • il Gruppo
L. 1.600 per l’eatero | L. 2.500 per l’estero | Cambio d’indirizzo Lire 5 I)
TORRE PELLICE - 20 Febbraio 1959
Ammin. Claudiana Torre Pellice - C.C.P. 2-17557
La "Parola., ed il miracolò
Una testimonianza luminosa e sconvolgente, quella di Cari Dreyer, regista danese che riprendendo fedelmente un dramma di Kaj Munk —
il pastore poeta e drammaturgo danese ucciso dalla Gestapo — ha prodotto « Ordet » (La Parola). Il film,
presentato al Festival di Venezia del
1955, vi fu insignito del primo premio; ma poi, per l’Italia, archiviato.
Censura o sfiducia nel pubblico?
L’una cosa e l’altra, forse. La RAI,
qualche mese fa, ha trasmesso il dramma. Ora un cinema di Torino, che ha
come programma la presentazione di
film di prim’ordine, talvolta sconosciuti in Italia, ha preso l’iniziativa
di presentare « La Parola ». Ci importa qui fino ad un certo punto se
questo rientri in una campagna del
cinema che tenta la riscossa contro
la concorrenza della televisione, puntando sul valore profondo di certi
film — quale sia, cioè, il movente
economico. Ci importa che il film sia
stato presentato, e che alcune migliaia di torinesi e alcuni « provinciali » abbiano avuto il privilegio di
ricevere questa testimonianza così
forte.
Testimonianza a che cosa? Si sa,
forse, che il punto culminante del
dramma è un miracolo, una resurrezione. Vi è stato chi ha visto un dramma a tesi, sul problema del miracolo: esistono, oggi, i miracoli? Non
credo che sia così. Anzitutto, il dramma-film è tutt’altro che un’opera a'
tesi; non ha il minimo tono sermoneggiante e la minima intenzione
apologetico-propagantistica; è una sobria testimonianza vissuta, resa con
scarna semplicità, alla potenza della
Parola viva fra noi.
Per questo, il problema centrale
non mi pare il miracolo, ma la fede.
Vengono lasciati in disparte, controfigure, il medico che afferma che crede solo nei miracoli che la scienza dimostra (a lui il vecchio Borgen risponde che anche i più piccoli atti
della scienza sono miracoli della benedizione del Signore), e il pastore
che pontifica sul fatto che Dio è il
Creatore, e quindi può naturalmente
fare miracoli, ma che Egli non vuole
infrangere le leggi naturali da Lui volute (oh innaturalità delle leggi « naturali » del nostro mondo sotto la
maledizione!) e quindi non fa più miracoli : anche quelli di Gesù sono
piuttosto... incomodi (a lui risponde
lohannes, il lucido folle che si crede
il Cristo risorto, che pronuncia il severo « guai! » sugli « uomini della fede che non sanno credere », e che.
tornato in sè, nel nome di Gesù richiama in vita la giovane donna morta di parto).
La fede. La fede limpida e serena,
— fede che è speranza invincibile —
della giovane sposa Inger, che crede
« che molti piccoli miracoli succedono in silenzio intorno a noi senza che
ce ne accorgiamo, anche ai nostri tempi, e che il Signore esaudisce ancora
le preghiere degli uomini, ma lo fa
piuttosto di nascosto, così, per evitare rumori inutili ». La fede del vecchio Borgen, vecchia quercia sbattuta
da tante bufere (come dimenticare la
inquadratura viva e pur simbolica di
lui, battuto dal vento, mentre chiama
il figlio disperso per le dune danesi?),
che osa dire, prostrato, « Il Signore
ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore », ma su
bito dopo confessa che siamo come
i piccoli bimbi, e non comprendiamo...
La fede della figlioletta della morta,
così sicura che lo zio (Johannes) risusciterà la sua mamma come le ha
promesso (e sarà solo la fede di questa bimba — « il primo nel Regno
dei cieli » — che sosterrà la voce e
la mano dello zio quando chiamerà:
Ascoltami, tu che sei morta...). La fede di Johannes, tarpata dall’incredulità che lo circonda, fortificata da
quella della piccola bimba. La fede
cui il marito — che non riusciva neppure ad aver fede nella fede — giunge quando il Signore gli rende la sposa. Soltanto per lui il miracolo crea
la fede; per gli altri è già avvenuto
il miracolo della fede, ma il miracolo
fisico la conferma, la rafforza, la precisa. Dio non è l’Iddio dei morti ma
dei viventi.
E’ impossibile rendere la pienezza
di significato che trabocca da ogni sequenza, da ogni parola. Lo schermo
vive; e parla, mi parla, mi interpella;
una testimonianza. Credi tu questo?
Il film è pieno di parole bibliche, ma
ecco, avviene il miracolo che esse sono preservate dalla nostra verbosità,
rimangono, diventano la PAROLA,
« la Parola che crea, la Parola che dà
la vita ». Confusione a noi. popolo
della Parola, uomini della Parola!
Mi ha però colpito il rispetto per
l’uomo, nella sua miseria e nella sua,
a volte inconscia, dignità di figlio di
Dio. C’è posto per tutti, sotto il sole
di Dio! La fede dei « cristiani in letizia » cui appartiene Borgen è indubbiamente difesa: ma anch’essi conoscono la tristezza e il « dov’è la
tua fede? ». D’altra parte il gruppetto di pietisti, presentati realisticamente nella loro sicurezzà e nella loro tentazione d’orgoglio di « soli salvati »,
nel loro rigorismo e nel loro biblicismo letterale, non sono affatto delle
caricature : sono rispettati nella loro
sincerità pur angusta. E il pastore e
il dottore, cui si accennava sopra, non
sono neppure loro delle figure caricaturali, ma anch’essi riconosciuti nella - limitata - verità e sincerità del
loro lavoro, del loro impegno, e nella
loro distretta di piccoli uomini.
Accadono miracoli, oggi? Crediamo a un Signore morto o a un Signore vivo? Ognuno risponda alla domanda rappresentata da questa testimonianza. Ma forse, fra i piccoli, dimessi miracoli in cui credeva Inger
Borgen. c’è quello che alcune migliala
di torinesi si siano disturbati ad andare a vedere un tale film. Godimento
estetico per una fiura opera d’arte?
Chissà. Comunque la Parola è stata
loro rivolta, una Parola forte, potente, viva. Nel nome di Gesù Cristo.
g- c.
I falò si sono accesi nelle nostre Valli e su per le nostre montagne.
N<»n si è potuto non vederli. Così brilli la nostra luce davanti agli
uomini... Ecco, a Pomaretto, un falò un po'... anticipato! (Foto Costantino)
Autoniitte ^ Distretti - Sovrintendenti»
L’ultimo Sinodo ha, ancora una volta, nominato una Commissione con
l’incarico di studiare e l’organizzazione della Chiesa Valdese e la possibilità di svincolare la carica di Sovrintendente da quella di Membro della
Tavola.
Bene ha fatto Sliahor a scrivere su
questo periodico (n. 3, c. a.) in merito
all’autonomia distrettuale, prendendone in considerazione i limiti ed i vantaggi, ed è bene che se ne parli e se
ne riparli sulla stampa e nelle comunità; non per togliere alla suddetta
Commissione la materia referendi. ma
perchè, nella prossima sessione sinodale. la discussione possa essere fatta
dai deputati con piena consapevolezza. e conduca finalmente a qualcosa
di concreto: anche se è vero che le
strutture non fanno la Chiesa, possono
però facilitarne il compito.
Come sapete, le chiese delle Valli
Responsabilità dei giovani
Domenica 1» febbraio 1959 ha avuto luogo alle ore 14,15 un Convegno
generale delle unioni valdesi delle
due Valli a Pinerolo. Malgrado il
tempo, possiamo affermare che il
Convegno è riuscito per il numero
dei presenti e per le unioni che vi
erano rappresentate: Torre Pellice e
Coppieri, Luserna S. Giovanni Capoluogo e Peyrot, Pomaretto, Prà del
Torno, Perrero, Chiotti, S. Germano
Chisone, San Secondo e Massello.
Oratore della giornata i 1 Pastore
Giorgio Tourn che efficacemente ha
intrattenuto i presenti sul tema : « Responsabilità dei giovani valdesi nelle
varie attività di Chiesa e nella società in CUI vivono».
Ecco in breve quanto l’oratore ci
ha esposto e ci spiace di non poterci
dilungaré maggiormente per mancanza di spazio, poiché l’argomento,
quanto mai attuale, meriterebbe una
considerazione particolare.
« Stiamo vivendo in un tempo non
facile, in un tempo in cui la società
è agitata socialmente, politicamente
ed economicamente. Numerosissimi
sono i problemi che la società di oggi è chiamata a risolvere, ma notiamo nei giovani di oggi delle menti
più sveglie ma anche più stanche; in
generale non vi sono particolari problemi che possano particolarmente
interessare. La dimostrazione di que
sta affermazione la si ha nel grande
disinteresse dei giovani per le attività della Chiesa. La mentalità odierna si può stigmatizzare in questi due
punti che purtroppo son diventati tacita parola d’ordine: 1) Non fare
niente che non renda. 2) Non lasciarsi prendere in una posizione dalla
quale non si possa poi « tagliare la
corda ».
E’ certamente preoccupante il constatare quanto il nostro pensiero sia
colmo del problema del denaro. Ma
la nostra vita è qualcosa di più ricco e più importante che ima macchina per far soldi. I soldi sono la distinzione dell’uomo, del vero uomo.
In molte case non vi è più altro problema di discussione se^ non quello
del denaro « E’ necessario guadagnare di più : cercare un suppletivo lavoro rimunerato». Cerchiamo di accorgerci di questo ritornello sul denaro e sulle questioni economiche, di
accorgerci del suo pericolo per porre
in tempo una barriera.
L’imjregno per la Chiesa non è un
impegno di soldi ma esattamente in
contrario di quella che è la nostra
mentalità corrente. L’impegno per la
Chiesa è quello che deve farci dire:
« Io faccio qualche cosa per la Chiesa senza avere utile alcuno », I soldi
per la Chiesa non contano niente. E,
ricordiamolo, è proprio l’impegno che
non dà nessuna immediata soddisfazione che farà di noi degli uomini.
Soltanto se ci impegneremo per Cristo saremo dei veri uomini.
Quanto al secondo punto, sul « tagliare la corda » ciò è causato dal
fatto che non si vogliono avere nè
legami nè responsabilità; vi è una
assoluta mancanza di spirito altrui
stico ed unitario nelle nostre Chiese.
I membri si possono dividere in due
gruppi: 1) La categoria di coloro che
lavorano « se piace loro », se va loro
a genio, e sono il 90%; 2) La catego
ria di coloro che lavorano «perchè
devono», perchè sentono che così
vuole il dovere di cristiani e sono
il 10%.
Nell’impegno nostro verso la Chiesa, il nostro si sia si e il nostro no
sia no. Ma la nostra risposta sia al
meno qualche volta sì. Non rifuggiamo continuamente dalle responsabili
tà che Dio ci vuole dare. Impariamo
tutti a fare qualche cosa, molto poco,
per Dio e per Gesù Cristo, con gioia
e con riconoscenza. Lo studio del Pastore Tourn ha dato lo spunto per
delle ottime ed anche animate discussioni che ne sono seguite.
Alle ore 17,30 il Convegno aveva
termine. Vogliamo ringraziare il Pastore 'Toum e l’Unione di Pinerolo
per la sua generosa ospitalità.
e. p.
e quelle ché. in possesso di certi requisiti spirituali, si addossino certi
oneri finanziari, sono autonome; altre no, e ce ne è anche qualcuna, se
non erro, che, pur potendo essere autonoma, non ha rivendicato questo
suo diritto.
Poiché, in ultima analisi, l’autonomia si riduce al diritto di una comunità di scegliersi il pastore, diritto cui
99 volte su 100 deve rinunziare per
mancanza di chi accetti l’offerta, poiché alcune delle chiese tradizionalmente autonome non rispondono più
ai requisiti di vario genere richiesti
per l’autonomia, ma soprattutto perchè non ci dovrebbero essere « primi
della classe » nella chiesa del nostro
Signore Gesù Cristo, sarebbe bene togliere l’autonomia dei R. O. a tutte
le chiese: la Tavola dovrà pensare a
far riparare qualche grondaia in più,
ma provvederà a mettere fhe righi
man in fhe righi place (l’uomo adatto
nel posto adatto).
1 Distretti vanno curati e seguiti e
sostenuti anche più da vicino dai Sovrintendenti : ne consegue che ce ne
deve essere almeno qualcuno di più.
E, data la forma a « T » della nostra
Italia, potrebbero essere così costituiti: Valli Valdesi; Piemonte e Liguria; Lombardia, Venezie e chiese dislocate in Isvizzera; Toscana e Lazio; Abruzzi e Molise, Campania e
Puglie; Calabria e Sicilia; comunità
d’oltremare.
I Sovrintendenti dovrebbero essere
eletti tra i pastori de«,' singoli Distretti,
non dovrebbero necessariamente essere i pastori delle comunità più grandi,
e non dovrebbero essere Membri della Tavola.
Shahor, parlando di questa autonomia, ne ha ricordato i vantaggi ed ha
aggiunto che essa sarà naturalmente
limitata dalla scarsezza dei fondi.
Quello che temono i negatori dell’autonomia distrettuale è che, tirando
le Commissioni Distrettuali in direzioni differenti, le redini e con esse
l’armonia delle mete da raggiungere,
cadano dalle mani della Tavola.
Niente di tutto questo.
La Tavola non è, e non deve essere,
un organo che si occupi solo di questioni finanziarie come, diciamolo
francamente, molto spesso si pensa (e
il decentramento finanziario può servire ad aumentare ü senso di responsabilità delle chiese ed a sfatare il
pregiudizio di cui sopra).
Una volta che essa abbia posto a
capo delle singole comunità i pastori
ritenuti meglio indicati, impartisce alle singole Commissioni Distrettuali
le direttive generali dell’anno ecclesiastico in corso (la sana dottrina, particolare sforzo evangelistico, problemi di convivenza locale con credenti
di altre denominazioni, problemi sociali, problemi edilizi, contributi Cassa
culto, etc...). Con queste direttive i
singoli Distretti si nomineranno i Sovrintendenti, che dovrebbero essere
quelli tra i pastori dei Distretti più
idonei ad attuare Luna o l’altra direttiva. Le relazioni dell’operato delle
Commissioni distrettuali sarebbero
presentate alla Tavola, la quale potrebbe già dire il suo relativo giudizio
nella sua relazione al Smodo, a scanso di sue responsabilità, ma sarebbe
solo il Sinodo a prounziarsi definitivamente in merito.
Una volta sancita la responsabilità
diretta delle singole Commissioni distrettuali, viene di conseguenza che i
Sovrintendenti non possono essere
Membri della Tavola: divefsamente
essi sarebbero giudici, sia pure di prima istanza, anche del proprio operato; e per quanto ho detto prima questo non significherà un distacco troppo netto della Tavola dalla comunità.
1 Membri della Tavola potranno, anzi dovranno essi stessi visitare i diversi Distretti, e questo per incoraggiare o per dare, se richiesti, consigli
per meglio condurre a soluzione un
problema locale. E potranno farlo con
maggiore facilità se già non saranno
troppo legati in un Distretto.
Peraltro, per diminuire il troppo
grande numero di pastori legati ad incarichi particolari, i Membri della Tavola potrebbero essere ridotti a cinque (tre pastori e due laici): essi, in
questioni particolari potrebbero usufruire dei lumi (non dico, dei voti) dei
Direttori dell’Ufficio legale e deH’Ulììcio tecnico.
Dite la vostra... ché ho detto la mia.
l. c.
2
L'ECO DELLE VAUI VALDESI
Esiste la libertà
di pensiero?
Così, non hai mutato parere? Paladino incorruttibile dell’assoluta autonomia del pensiero individuale, continui a sostenere che la libertà dell’individuo può essere conculcata nell’azione e nella parola ma che nei segreti più intimi del tuo pensare e sentire nessun estraneo può interferire?
Credi, in una parola, come se fosse
una cosa ovvia e naturale, di essere
assolutamente libero di pensare come
ti pare e piace? Non è così che la
pensi? Il tuo cenno del capo mi fa
capire che ho interpretato correttamente il tuo pensiero. Ebbene, per te
ho preparato oggi un piccolo esperimento di fisica che certamente ti farà
riflettere.
Vieni qui. Questi, come vedi, sono
due pendoli, di uguale peso e di uguale lunghezza. Li pongo uno accanto
all’altro. Sta a vedere quel che succederà. Metto in movimento uno dei
due pendoli, questo per esempio, e
lascio l’altro in riposo. Via! Lasciamo che il pendolo oscilli un momento. Adesso guarda il pendolo che abbiamo lasciato immobile. Cosa è capitato? Eccolo che incomincia a riscuotersi. a vibrare impercettibilmente, poi a subire le oscillazioni del compagno e a seguirlo nei suoi movimenti.
Non ti pare strana la cosa? Ecco che
ora oscillano all’unisono.
Ma voglio farti un esperimento ancora più probante. Ti ho preparato
qui due diapason che pongo ad una
certa distanza l’uno dall’altro. Come
i due pendoli così i due diapason sono
in tutto perfettamente uguali. Tutt’e
due, come vedi, tacciono. Avvicinati
a quello che è più lontano mentre io
rimango accanto a questo. Adesso,
con un colpo di bacchetta, io farò vibrare il mio diapason e dopo un momento fermerò bruscamente le sue
vibrazioni. Accostando allora l’orecchio al tuo diapason vedrai che senza
che tu lo tocchi si è messo a vibrare.
Ci siamo? Attenti! giù la bacchetta!
Ecco che il mio si è messo in moto.
Adesso vedi, fermo le sue vibrazioni.
Accosta l’orecchio al tuo: senti distintamente che s’è messo a vibrare
pure. Bravo! Dunque vedi che il tuo
diapason, a quella distanza, ha subito
l’influenza del mio.
Potrei adesso fare altre prove e
convalidarle con altrettante controprove. Facendo, per esempio, che i
due pendoli o i due diapason abbiano un periodo di oscillazioni diverso,
ti farei vedere che le oscillazioni dell’uno possono essere frenate o addirittura fermate dalle oscillazioni dell’altro, dimostrando così che esiste
tra loro una indiscutibile interdipendenza. Del resto gli scienziati hanno
provato che tutti i fenomeni naturali
si riducono in fondo a vibrazioni di
varia natura e che tra quelle vibra
zioni esiste un legame che è assurdo
voler misconoscere.
Tu sei intelligente ed hai capito dove voglio andare a parare. 11 tuo cervello ed il mio sono due pendoli (o
se vuoi, diapason). Quando pensiamo
essi vibrano ed emettono delle onde.
Quelle onde, naturalmente, non possiamo controllarle e misurarle (per
ora) con un esperimento simile a quello di cui sopra, ma indubitabilmente
esistono e tra loro non può non esistere un innegabile fenomeno di interdipendenza. Mentre il tuo cervello vibra (o si riposa) infiniti altri cervelli
vicini e lontani vibrano (o si riposano) e quei cervelli hanno sul tuo una
influenza alla quale non ti è facile resistere. Solo con uno sforzo lungo e
tenace riuscirai ad isolarti e, solo in
parte, a rendertene indipendente.
No, mio caro, la libertà del pensare
non esiste. Come tutte le libertà, come tutte le cose belle e grandi, per
averla, devi conquistarla, e devi conquistarla con sforzo e dolore. Di tutte
le conquiste umane la libertà di pensiero è la più preziosa, ma anche la
più ardua. Quella libertà, la devi conquistare per te e per gli altri.
Per te anzitutto. Nulla di più difficile per te che pensare liberamente,
pensare con il tuo proprio cervello,
resistere alle mille insistenti sollecitazioni che ti vengono dai cervelli degli
altri, specialmente in questi climi di
lavaggio dei cervelli e di imbottimento dei crani. Ti minaccia da ogni lato
il conformismo, il pericolo di lasciarti
trascinare pigramente dalla corrente
generale, di pensare come gli altri, di
ragionare con il cervello degli altri.
Ma non basta che tu conquisti la
libertà di pensare per te. Devi conquistarla anche per gli altri. Hai visto, nel nostro esperimento, come un
pendolo, se dotato di un movimento
autonomo e potente, non solo può
mantenere la propria autonomia di
fronte ad.altri pendoli, ma può frenare o accelerare il movimento di questi e può anche imprimere loro un
moto se non l’hanno. In piccola misura, forse, ma con un risultato mai disprezzabile, puoi contribuire a rompere il conformismo generale e a spezzare per altri la catena che per tuo
conto già hai infranta. Molte sono le
coscienze che dormono assopite nella
acquiescenza dell’apatia. Altre vi sono, più rare però, che si sforzano di
pensare liberamente ma che si sentono soffocate dal conformismo ambientale. Tutte aspettano una spinta da
te. Non rifiutarla quella spinta. Rompi il tuo silenzio, esci dalla torre d’avorio del tuo isolamento, parla, parla
forte, grida se è necessario. 1 tuoi simili hanno bi.sogno di te.
Samuele Tran.
17
Febbraio
i?(D(Deia]
Guizzano, alte le fiamme del falò,
uno dei tanti che, gioiosamente,
ancora poi che la notte calò,
lancian faville, nettamente,
al cielo cupo, bucato di stelle.
E’ tutto un luccichio nella valle
di quelle grandi luci tanto belle;
in cima ai monti - piccole palle presso al torrente - larghe e potenti -;
e qui, la brezza le fa oscillare,
mentre, lassù, sfidano i venti.
Piccole ombre si vedon passare;
dei giovanetti giungon le grida,
- a chi più in alto le fa arrivare gettando ad altri la loro sfida. •
Vampate calde giungon dai bracieri;
canti e risate riempion la sera;
chi l’ha più bello è tra i più fieri;
per molti è stata una fatica vera.
Poi, piano, piano la fiamma discende,
si fa rossastra, cede e poi si spegne.
11 gran desio, solo allor, mi prende
di saper cosa resta delle insegne.
Resta l’ardore vivo della fede,
restano i guizzi dell’amor cristiano,
oppure tutto quanto è bello, cede
ridiscendendo verso il quieto piano?
Rimane, ancora, quel rosso calore,
simbolo d’una vita preparata
ad umiliarsi dinnanzi al valore
d’ogni persona da fede animata?
Rimangono la gioia ed il tripudio
di chi, inconscio, fiorisce in libertà;
di chi non sa qual conturbante studio,
tutto questo costò in altra età?
Vorrei che quelle luci iridescenti
e quel vivo calore profumato,
rimanessero incisi nelle menti,
come ricordo del lontan passato.
A.B.T.
Paese stillante
latte e miele
Alla fine del mese di maggio 1956 la
« Giaffredo Varaglia » da Torino faceva
una gita sociale in quel di Massello, visitando quei luoghi storici e precisamente
la Balsiglia ed il suo museo.
Bella e soleggiata giornata: nello smeraldo dei prati spiccavano i mille fiori della primavera montana. Venivano in mente
le parole della promessa avverata e constatata dai Profeti Geremia ed Ezechiele:
« ...paese slillanle latte e miele ».
.Si avvertiva la presenza del latte, nello
scampanio delle greggi non molto distanti
e..., per associazione d’idee, si cercava,
con gli occhi, il miele nella presenza di
api volteggianti sni fiori e di alveari nelle
vicinanze dello storico liorghetto.
Ricerca negativa!
Ad una donna amor giovane, domandammo: Dount avèuo votrà-z-aheilla? L’é
oura qu’là venen butinaa. — INou n’an
pS — risponde la donna, con accento un
po’ vergognoso, per essere stata presa in
fallo.
E dopo aver sentito un nostro piccolo
discorsetto di circostanza, in cui le si faceva notare, essere:
a) un delitto di LESA PRÜVV10E2NZA,
il disprezzare quel meraviglioso dono dì
Dio che è ij miele;
b) un delitto di LE.SA ECONOMIA in
proprio, rinunciando (senza contropartita)
ad un non indifferente cespite di entrata,
atto a migliorare le sorti del bilancio familiare ;
c) un delitto di LESA .SOCIALITÀ’ privando altrettanti bambini ed ammalati di
un ottimo ricostituente-medicamentoso;
la donna concludeva: «’Ntò dirlou à
nòtri gent » (vale a dire, ai nostri uomini).
Questto è uno dei tanti episodi che ci
servono per controllare quel bisogno dì
sapere, che è patrimonio di tutte le nostre
genti della montagna, e della necessità e
urgenza <li additare loro quello che con
poca spesa e poca fatica, può essere elemento complementare del loro bilancio,
perchè elevando il loro standard di vita,
sul posto, si ponga alfine un freno alla
continua migrazione a valle dei giovani.
(Imperocché ]a ragione che ci fa prendere posizióne in questo travagliato momento, non è quella di veder passare le
nostre valli, dall’epoca della gerla a quella del mulo, o dalla zappa'all’aratro, bensì
quella di vedere tramontare l’era del basto, sostituita dall’epoca del motore.
E le nostre popolazioni hanno bisogno
di sapere come passare dall’una all’altra
epoca. Ecco perchè i primi anni della Scuola di Agricoltura, hanno visto degli allievi, che speravano di arrivare a sapere.
Invece neH’ultìma relazione della Scuola pubblnala sul N. 5 de L’ECO si legge
che la vera e propria Scuola di Agricoltura è rimasta inefficiente per la ben nota
mancanza di allievi; dunque abulia? Mentre sullo stesso numero nell’articolo a firma del Doti. E. Bosìo si legge che )’iniziativa di i‘ui si parla sia stata presa dagli
agricoltori, e più su: l’iniziativa ha avuto
la collaborazione fattiva di tutti gli Agricoltori (di quella zona naturalmente).
Dal che emerge che gli allievi ci sono,
ma non alla Scuola; desiderano sapere,
imparare ma non vanno alla Scuola. Oggi.
Con buona pace del Dott. Bosio, che
sposta il bersaglio per poterlo colpire (nella nostra nota ci occupavamo di Zootecnica e non di aratura) siamo costretti a concludere che una Scuola per essere efficiente
deve avere un valido Corpo Insegnante,
un approprialo programma, ed una scolaresca.
Mancando quest’ultima, restano in piedi delle pie intenzioni che, malheureusement, sono inefficienti. Come volevasi dimostrare! E. A. Beux.
P- S. — Per ovvie ragioni mi astengo
dal commentare la lusinghiera efficienza
della Sezione Economia Domestica soprattutto perchè si è messa sulla strada di
Scuola Artigianale, che era quanto si auspicava nella nostra lettera aperta al Presidente della Pro Valli. La quale, per essere efficiente dovrebbe moltiplicare queste iniziative; spremendo le meningi dei
vari Dottori, Ingegneri. Scienziati. Industriali valdesi. E.A.B.
IL SERMONE SUL MONTE
Il grande dono, che Thumeysen possiede, di saper porgere in un linguaggio piano e a tutti accessibile le linee
più essenziali, ma appunto per ciò più
ardue del messaggio cristiano, quelle
interpretazioni cosi lineari che aprono all’improvvisò la visione quasi
vertiginosa e sconvolgente del significato della Parola, si rivela anche in
questo breve commento al Sermone
sul Monte, che in poche pagine racchiude spunti preziosi di metodo esegetico, di impostazione teologica, di
critica biblica e di meditazione interiore. E la novità del commento dei
Th. ci sembra consista soprattutto
nella critica ch’egli fa di ogni interpretazione del Sermone sul Monte
che, pur restando sul terreno della
fede cristiana, faccia appello a criteri
secondari rispetto al nucleo centrale
di quel messaggio, costituito dalla
persona vivente di Gesù Cristo. E'
questo un equivoco al quale il Sermone può prestarsi con illusoria facilità: tutti noi sappiamo quanto sia
diffusa, aU’intemo come all’esterno
degli ambienti evangelici, l’idea che
nel Sermone sia espresso un sublime
ideale di vita; alla quale convinzione
Scrive un Colportore | /# Libro ^^2001
Hiß
Il treno corre oltre Pescara alla
volta di Foggia: fuori la natura è
stupenda, in un maggio esuberante
di fiori e di sole. Lo scompartimento nel quale mi trovo è affollato di
operai, contadini del Sud, sopratutto della Puglia e del Leccese in particolare; si discute con animazione,
da qualche ora, intorno a problemi
d’ordine sociale e di natura religiosa. Il dialogo è vivace, seppure avviato nel cuore della notte; a renderlo poi più vario concorre un dignitoso signore, salito sul treno dopo
Pescara il quale appena preso posto
accanto a noi, bruscamente, senza
conoscere le cose già dette comincia a sentenziare su tutto e con tanta sicurezza da scambiare persino il
sottoscritto per un prete travestito,
difensore del pontefice Pio XII. La
sua convinzione è tale da sbottare
con questa dichiarazione, in segno
di sfida: ”Io sono cattolico apostolico romano ma anticlericale!” Poi,
mano mano la conversazione s’addentra nelle cose dell’Evangelo l’uomo s’avvede deli’abbaglio, s’accorge
pure che il suo anticlericalesimo è
.semplicemente una divergenza di
idee intorno alla politica del Pontefice e non intorno all’istituzione del
Pontificato... Egli passa poi rapidamente da un argomento all'altro e
mi dichiara, in confidenza, di possedere ben 2.000 libri di .storia, vanto
e gloria del suo casato; in un attimo
di sosta, quando ha appena terminato di decantare le sue letture storiche gli rivolgo, ingenuamente una
domanda: "Possedete anche la Ribbia nella vostra biblioteca?” L'uomo
rimane .smarrito, perplesso, quasi
annientato da (¡nella semplice richiesta; si schermisce, si .scusa, ma
la Bibbia non figura purtroppo nei
.suoi numerosi scaffali di libri; gli
offro qualche opuscolo, poi aggiungo: "Si procuri presto una Bibbia
e co.sì il libro 2001 darà sajmre a tutti gli altri libri, sarà il lievito autentico che farà lievitare tutte le idee
atte a recar pace, gioia, salvezza nel
La conversazione prosegue ancora
per qualche momento e il nostro interlocutore domuiuln, s'informa, si
rallegra di possedere un giorno la
Bibbia, è lieto di lulir parlare de!
popolo della Bibbia di cui aveva
sentito vagamente accennare nei libri .suoi; prima di Foggia ci si separa, col vivo rammarico che l in
contro .sia durato ¡loco, troppo poco. Mentre lo saluto dalla stazione
di Termoli ripenso al numero 200]
che farà bella mostra di sè nella sua
casetta e forse sarà un giorno la Luce che splenderà in un nuovo cuore.
Luce di Salvezza e gioia in Cristo.
La vita è tes.suta d'incontri: nei
treni, nelle fabbriche, nell’ufficio,
dovunque; non .stancltiamoci di parlare del libro 2001. atto a ricomporre famiglie distrutte, a recare speranza in un tempo di disperazione
c di suicidi, in un tempo di i/ii/it/'etiidini, di ansie, a ricondurre ai piedi del Salvatore anime incerte, dubbiose, tormentate dai rimorsi del
passato e attenagliati da pensieri cupi del domani, ar.se da pa.ssioni, travolte da una vita insopportabile.
Siamo .sempre lieti di portare a queste. anime il mes.saggio del (ruaritore che per grazia di ìlio noi abbiamo conosciuto e del (¡uale non, po.s.siamo non parlare, in virtù dell’appello che il Signore ci rivolge ancora: ’’Libera quelli che sono condotti a morte, salva quelli che vacillando vanno al supplizio...! .
Un colportore delle Valli
il pubblico cristiano si limita per lo
più ad anteporre una sorta di presupposto religioso, per il solo fatto
che tale ideale viene espresso dalla
viva vece di Gesù, sempre restando
però nebuloso l’effetto che tale presupposto ha sul significato del Sermone stesso. Questo non è che uno,
forse il più appariscente, dei molti
equivoci che non solo il pubblico
li profane » ma anche i teologi specializzati hanno contribuito ad acctunulare attorno al nucleo del messaggio
evangelico. Ed è di fronte a questi
equivoci che il Th. riafferma la necessità di interpretare la Parola di
Cristo unicamente in funzione della
Sua persona, come già facevano Lutero e Calvino.
Cosa significa dunque avere una
h comprensione cristologica » del Sermone sul Monte? Significa che da
qualunque parte noi lo affrontiamo,
esso ci riporta necessariamente alla
persona di Cristo, o altrimenti perde
tutto il suo lievito; e al tempo stesso.
Cristo ne costituisce la chiave che ci
permette di leggere veramente quel
messaggio. Ogni altra interpretazione non fa che sfiorarne il vero significato senza afferrarlo, poiché i temi
che in esso Gesù tocca possono anche
essere commentati di per se stessi,
fatta astrazione dalla Sua persona,
mentre unico ed essenziale è il contenuto del testo. La nostra attenzione deve dunque portarsi su Gesù, e
non sui problemi vitali di cui egli
tratta; solo così questi problemi saranno messi nella loro giusta Rice.
In che consiste il senso cristologico del Sermone sul Monte? Nel fatto che Gesù vi è presentato come il
portatore del Regno messianico con
la sua nuova giustizia, descritta attraverso la nuova linea di condotta
dell’uomo chiamato a questo Regno.
Qui il Th. delinea con mano maestra
il concetto di « Regno di Dio » nella
sua essenza dinamica e nella sua qualità personale, in quanto è presente
fra noi nella persona di Cristo. In
Cristo il Regno di Dio fa la sua irruzione nel mondo dell’uomo; in Cristo
la nostra vita è assunta e vissuta da
qualcuno che è diventato nostro simile e che può trasformarla in una
testimonianza unica del Regno da
cui egli viene; in Cristo la vita dell’uomo nuovo, che è stata vissuta una
volta per tutte, diviene la nostra vita : essa, la nostra vecchia vita dalle
linee falsate e periture, viene come
« afferrata da una mano straniera e
ptossente », che le da dei lineamenti
nuovi e la apre alla speranza imperitura.
Ma nel Sermone sul Monte non è
forse contenuta una legge? Senza
aubbio. Ma è una icgge la quale non
fa che annunciare Gesù Cristo. Essa
prescrive che noi serviamo Dio come
il solo Signore, e proclama la signoria di Dio sulla vita intera. Questa
legge di « giustizia », questa nuova
conformazione della nostra vita non
è dunque una legge che uccide con la
sua irrealizzabilità, ma è la forma
sotto la quale l’Evangelo ci viene offerto come appello alla vita: essa
non fa che descrivere la vita che è
giusta agli occhi di Dio, una vita che
l’uomo di per sè non potrà certo mai
realizzare, ma che da Gesù Cristo
viene a noi. E la venuta di questa vita che emana da Cristo è la grazia:
accettarla come se fosse la nostra vita è la fede, poiché in Cristo essa è
effettivamente divenuta nostra: questa giustizia, come dice Paolo, non è
quella che noi realizziamo, ma che ci
è imputata pter misericordia.
Non è dunque, quella del Sermone
sul Mente, la predicazione di una morale, neppure di una morale religiosa,
ma solo la predicazione della venuta
del Regno e del rinnovamento dell’uomo; non la predicazione della legge, ma della libera grazia; non la
tensione verso un ideale irraggiungibile, ma l’attesa messianica del Regno. Essere in questa attesa significa
camminare nella « strada stretta »
che porta alla vita ; significa cioè non
già « imitare » Gesù, ma seguirlo, ossia affidarsi alla Sua croce e resurrezione ; comprendere che la parete
inaccessibile della legge è stata elevata dinanzi a noi per penetrarci di
questa elevazione perfetta di Dio, e
che essa viene realizzata non da noi,
ma per noi da Gesù Cristo incarnato; che la nostra vita, nella sua forma sfibrata e corrotta, diviene il
luogo di dimostrazione di ciò che Dio
opera impegnandosi verso di noi.
Nell’annuncio di questa «mano straniera e possente », di questa signoria
che è un’offerta di grazia e di trasformazione totale, consiste la rivoluzione del Sermone sul Monte.
______ R. Gay
E. THURNEYSEN: « Le Sermon sur
la Montagne», ed. Labor et Fides,
Genève, 1958.
Psaumes
et Cantiques
Per provvedere alla ristampa deRli
« Psaumes et cantiques » da vari anni esauriti e molto richiesti, occorrerebbe raccogliere un migliaio di prenotazioni. A chi inviasse la propria
prenotazione non oltre la fine del
corrente mese di Febbraio, il libro, in
brossura, verrà ceduto per sole L. 700
(anziché L. 950). La ristampa verrà
però eseguita solo se verrà raggiunto un numero sufficiente di prenotazioni. Rivolgersi alla Libreria Claudiana - Torre Pellice.
3
L'ECO DEUE VALU VALDESI
— 3
Per una migliore conoscenza di Prali
Molti sanno di Prali soltanto che vi sorge Agape : ecco un primo
articolo che presenta la situazione del comune e della chiesa
Con il nome di Prali si intende geograficamente la parte superiore della Val Germanasca (anticamente Val San Martino)
clic dall'ingresso ajla borgata di Villa si
apre nella conca che dà il nome alla località. Dalla falda di monte su cui sorge
Agape, Prali appare tutta intera: in basso
il torrente Germanasca, il villaggio di
Ghigo (centro del vallone), e poi lungo il
torrente variamente disposte le altre borgate: a sinistra il Chapeau d’Envie, a destra la Vergia, sul fondo il Colle della
Longia e la catena alpina che con il Col
d'Ahries si apre sulla Francia e con ¡I Colle Giuliano dà sulla vicina Val Pellice.
Zona in piene Alpi, dai 1455 di Ghigo ai
3060 del Gran Queyran: roccie, boschi,
pascoli, seminati.
La popolazione è sulle 470 unità: intendiamo qui la popolazione del vallone di
Prali, chè il comune di Prali come unità
amministrativa è assai più ampio, coinItremlendo anche parte della Val Germanasca verso Perrero ed il vicino vallone
di Rodoretto (popolazione totale del comune: 785).
La comunità valdese di Prali ha pressaI>oco gli stessi limiti geografici del vallone, e raccoglie una popolazione di 425 persone, su 126 famìglie. I-a popolazione cattolica (per lo più immigrata in epoca relativamente recente) conta circa 45 unità.
La comunità valdese, con il tempio e l’abitazione del pastore in Ghigo, è naturalmente divisa in « quartieri » corrispondenti alle borgate del vallone, e cioè: Villa,
Cugno, Ghigo, Agape, Indìritti, Malzat,
Urgiere, Pomieri, Giordano, Ribba. I membri adulti di chiesa sono 326, una quarantina i ragazzi della Scuola Domenicale, 15
i catecumeni (dati del gennaio 1959); ogni
i< quartiere » ha di regola un suo membro
nel Concistoro, che conta cosi sette anziani e due diaconi.
// passato
Mon sì sa esattamente quando la valle
fu inizialmente popolata, nè con precisione quando sì manifestarono i primi nuclei
valdesi. I dati attualmente noti, e indubbiamente suscettibili dì aggiornamento, indicano che il vallone era abitato agli inizi
dell’XI secolo, e nel XIV già si parla di
pralini « eretici ». Prali giunse certamente
ad essere zona in pratica totalmente valdese alquanto prima della Riforma, e della
storia valdese seguì le alterne vicende sino
ai dì nostri; dominazione di una vicina
abbazia e di diversi feudatari nel Medio
Evo ed oltre, occupazioni, guerre di varia motivazione « religiosa », le più cruente ultime campagne di eliminazione dei
valdesi nel XVII secolo, con il susseguente
esilio ed il ritorno in forze, periodi di relativa tranquillità, infine Femancipazionc
civile (1848).
Per l’epoca più recente, avvenimenti <li
rilievo furono l’emigrazione, tra la fine
del secolo scorso ed il principio del ’900,
che condusse molti pralini fuori d’Italia,
soprattutto nella Francia meridionale c
nell’America del Nord, negli Stati Uniti
(dove un consistente nucleo di abitanti
della cittadina di Valdese, Norlb Carolina, è appunto di pralini) ; lo sfruttamento
delle ricche cave di talco della zona; le
vicende belliche dell’ultimo periodo della
recente guerra, con l’occupazione militare
e la guerriglia partigiana; infine la costruzione di Agape, con la vastissima notorietà raggiunta dal nome di Prali ed il conseguente movimento portato nella vita del
paese, cui la prossima costruzione di una
moderna seggiovia apre nuove e notevoli
prospettive di sviluppo.
La mlnloras
attivo e passivo
La situazione odierna è in sostanza determinata dai due ultimi elementi. Esaminiamo il primo. Lo sfruttamento delle care di talco è intervenuto da alcuni decenni. e soprattutto dopo l’ultima guerra, ad
integrare un’economia fondata sulla sola
agricoltura e che andava progressivamente
denunciando la propria insufficenza (onde
le forti emigrazioni;. La miniera ha tosi
«salvato» economicamente Prali: ogni famiglia, in pratica, vive oggi su una economia mista in quanto almeno un membro del nucleo lavora in niinìera, mentre
ai continua a sfruttare i campi (con lenta
Il salone di Agape
Le « Chiese libere » d’Inghilterra
(metodiste, battiste, congregazionali*
ste, presbiteriane) s’interessano vivamente alla formazione di predicatori laici. Attualmente i metodisti ne
preparano 3.600, in maggioranza giovani, i congregazionalisti 324 e i batti.sti 107. Essi sono particolarmente
preziosi per la cura dei disseminati
c delle piccole comunità della diaspora.
tendenza a trasformarli iti pascoli). Lai
levamento del liestiame ed il taglio <lei
boschi.
La miniera ha contemporaneamente introdotto il primo elemento di un inntaniento delle strutture sociali, immutate da
secoji, e fondate sul classico schema patriarcale delle zone rurali ed isolate: i più
acuti problemi del lavoro salariato, anche
se in parte alleggeriti da una parziale autonomia economica, hanno introdotto clementi di sensibilità sindacale e politica del
tutto nuovi, con ij conseguente progressivo distacco da modi di pensare fissati
in schemi ben precisi e immutabili. Processo lento, non avvertibile in forme clamorose. ma definitivamente attivo.
Gli effetti del lavoro in miniera banno
avuto i loro lati negativi: introduzione di
malattia professionale (silicosi), con gravi
conseguenze soprattutto sulla prima generazione di minatori; netto abbassamento
degli interessi culturali (minor tempo a disposizione, e quindi meno letture: un tempo, la biblioteca parrocchiale era fiorentissima); minor stimolo a cercare una
« uscita » nella preparazione professionale (un tempo, relativamente numerosi erano i pralini avviali con notevoli sacrifici
agli studi, e non pochi pastori e professionisti delle passate generazioni sono
usciti di qui: ora il lavoro in miniera offre anche ai giovanissimi una soluzione
più immediata anche se fisicamente gravosa). Il pericolo di una tale situazione era
che la lenta erosione delle strutture sociali e dei modi di pensare precedenti
procedesse senza una spinta definita e cosciente verso forme nuove: il modo stesso
in cui veniva risolta là mera questione della sopravvivenza economica minacciava di
inficiare automaticamente più ampie e
complete forme dì sviluppo.
Agapo
In questa congiuntura, la costruzione di
Àgape ed il conseguente movimento di interesse esterno per il paese han dato l’avvio ad una nuova fasé. Esistono cioè oggi
le possibilità oggettive di inserimento in
una situazione economicamente stabile, e
con tendenza al miglioramento, di elementi nuovi (die shlocchino la situazione su
accennata, onde la speranza di uno sviluppo del paese che investa in profondità
tutta la sua vita sul piano non solo economico ma anche sociale ed umano, senza
cioè che la soluzione del primo di tali
aspetti significhi l’atrofia degli altri, ma
si abbia con un respiro nuovo uno svilupparsi armonioso c sano dì tutto l’organismo.
Lo sviluppo del turismo come fattore
non marginale ma del tutto centrale e determinante per la vita del paese (incremento edilizio, maggiori consumi, necessità di personale, possibilità di forme artigianali. etc.). anche se non toccherà direttamente lutti gli strati della popolazione
ma solo alcune categorie di essa, prospetta un quadro nuovo in cui è lecito prevedere un ridimensionarsi delle attività tradizionali (allevamento del bestiame e lavorazione dei relativi prodotti, necessità
di una lungimirante ed intelligente politica di rimboschimento, nuovo atteggiamento di fronte al lavoro della miniera sinora
considerato come inevitabile ed unica soluzione).
Fan cornice a questo quadro la messa a
l>unto dei servizi essenziali — nuova strada asfaltala, introduzione del telefono e
recentemente dell’ufficio postale —. Ja
prossima costruzione della seggiovia dei
Tredici Laghi ed il ventilato progetto di
una l'entrale elettrica sotto Villa. Non è
certo prevedibile quanto tempo occorrerà
I)erchè queste attività trovino la strada di
un continuo, produttivo funzionamento:
iiuovameiile, accanto alla questione strettamente economica si pone un altro grosso
problema, che è quello di un nuovo equilibrio che il paese deve trovare onde lo
sviluppo non avvenga in modo caotico ed
incontrollalo, a tutto detrimento della vita della popolazione, del suo modo di intendere i rapporti umani, delle strutture
familiari e di gruppo in cui essa si articola -- delle possibilità stesse di quello
sviluppo armonioso e completo cui dianzi
accennavamo.
Indubbiamente, la circolazione di idee
e di mentalità nuove, se non si concluderà
in una loro affrettala ingestione, fornirà
non pochi spunti di apertura e validi suggerimenti. Ma occorre soprattutto una consapevole percezione del momento che il
paewe sla altraverRando, foraggio noll'affrontare situazioni nuove, criteri fondati
di selezione e di scelta. Diciamo la parola
riassuntiva: occorre, sul fondo, una chiara
coscienza vocazionale.
In questa situazione i compili della chiesa di Prali sono del tutto urgenti e precisi: la decisione cui si è giunti di costruire un nuovo tempio, con annessi locali per le più varie attività, pone la chiesa fisicamente al centro del paese (in Ghigo, all’inizio della strada di Agape) ed indica la raggiunta coscienza che essa deve
essere anche al centro del suo sviluppo,
con funzione di stimolo, di incontro, di
testimonianza.
Sandro Sarti.
Non vogliamo ghotti
Rieevo l’Eleo, lo sfoglio subito, leggo
un titolo: « Il commercio a Torre Pellice ». Il sottotitolo, ancora più invitante,
mi fa sperare bene: « Diciamo la verità
ai commercianti valdesi. E diciamola anche ai loro clienti! Solidarietà implica sacrificio »... Di bene in .meglio, penso tra
me e me: sarà la solita storia del mercato
che ha luogo a Torre la domenica mattina. Sarà un articolo che tenta, come già
altri, di richiamare i valdesi almeno, al
senso della santificazione della domenica.
Non servirà a nulla, purtroppo, ma apprezzo sempre coloro che non si stancano di
ripetere le stesse cose e che osano dire la
verità ai commercianti ed ai loro clienti.
Questi dovrebbero imparare a fare le loro
spese il sabato e quelli a rinunziare al loro guadagno nel giorno del .Signore. Con
un po’ di buona volontà e di solidarietà
degli uni con gli altri la cosa sarebbe fattìbile!
Forse non è inutile ripetere ai Valdesi,
che vendono e comprano la domenica mattina, proprio all’ora del culto, con accento di esortazione e non più di lirismo poetico: «La diamengio a la Priero lu bon
vaudois po pa manca! ».
Ma no! L’articolo ha tutt'altro scopo.
Incita alla solidarietà, si! All’unione, è
vero! Ma a quale solidarietà ed a quale
unione!...
^ Quanto scrive r. b. si può riassumere cosi: acquirenti valdesi, comprate dai commercianti valdesi! A qualsiasi costo, anche
se « le bilance del negozio valdese sono
meno generose e la carta da avvolgere più
pesante », anche se, insomma, vi truffano
chiaramente e spudoratamente (non dico
che lo facciano, ma l’articolista, con le sue
perifrasi, finisce quasi col dire questo). Sopportate le difficoltà e le scomodità di un
locale (e perchè no, allora, chiedo a r. b„
anche qualche bestemmia, qualche infondata e maligna critica contro i Pastori e
la Chiesa, e forse qualche barzeUetta sacrilega del suo proprietario?), qualsiasi cosa,
in una parola, purché venga da un valdese!
Francamente mi sono sentito umiliato
quando ho letto tutto questo! Mi immaginavo le Valli trasformate in un campo di
competizione razziale dove non gioca più
il colore della pelle, ma la religione, in
un ghetto, insomma, dove per un errato
senso di solidarietà e dell’unione, daremmo spettacolo di grettezza di spirito pari,
se non maggiore, a quella dei nostri nemici, veri o presunti che siano. « Tantum
religio potuit suadere malorum »! (Lucrezio mio, quanto avevi ragione...).
Cerco invano una scusa, un’attenuante
per l’articolista, ma non ne trovo che una,
ahimè!, non valida. E’ per rispondere alla: « parola d’ordine che da qualche tempo circola tra. le famiglie cattoliche della
nostra cittadina »: « Non comperate dai
valdesi », che r. b. ha dato alle stami>e il
suo articolo. E vi risponde con un chiaro,
seppure sottinteso : « e voi non comperate
dai cattolici ». Occhio per occhio, dente
|>er dente, quindi! Ed io che pensavo che
i Valdesi sapessero che la legge del taglione era stata abolita da Cristo ! Eld io.
che apprezzavo la larghezza di vedute dei
valdesi, che non devono, nè vogliono essere meschini, nè lo possono se sono veramente cristiani, e non soltanto, come si
suol dire, « plus vaudois que chrétìens »!
Infatti è sicuro indizio di meschinità il
volersi .separare dagli altri uomini, anzi
il volerli boicottare o respìngere, quando
finalmente hanno copito, o si sono rassegnati, a non più considerarci cani randagi
da scacciare o infedeli da far morire di
fame o da perseguitare come un tempo
(parlo naturalmente dei commercianti cat
tolici, non della Chiesa cattolica in generale).
Ma... forse nel Regno dei cieli ci sarà
un posto riservato per i cattolici ed un
altro per i valdesi, e quindi è bene che
già qui su questa terra ci alleniamo a vivere come in paradiso!!! Pazienza, se un
cattolico (persuaso che fuori della sua
Chiesa, non c’è salvezza e che i valdesi
sono irrimediabilmente condannati alle
fiamme eterne dell’inferno) avesse scritto:
« cerchiamo quindi di eliminarli già da
questa terra come lo saranno dal cielo »,
ma che lo dica un valdese...
Mi sono di colpo sentito riportare nell’ambiente in cui ho dovuto vivere durante i primissimi anni del mio ministerio,
ambiente cattolico per eccellenza. 1 preti
incitavano i commercianti a non vendermi
nulla, perchè ero evangelico e nessun proprietario voleva affittarmi un alloggio, perchè non ero della loro « religione ». Ma
sono certo che il Signore non avrebbe mai
voluto che facessi altrettanto rendendo
pan per focaccia. Affittare un appartamento a chi ne cerca disperatamente uno,
0 vendere del pane a chi ne è privo, senza chiedere prima se è cattolico o protestante, maomettano o negro idolatra è certamente il nostro primo dovere in quanto
credenti, figli di quel Padre che « fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra
1 buoni, e fa piovere sui giusti e sugli
ingiusti ».
E con questo non voglio affatto relativizzare la fede, poiché mi sento, anzi, profondamente attaccato alla confessione riformata deUa nostra Chiesa valdese. Non
voglio nemmeno dire che il commercio sia
un campo estraneo alla fede, ma è certo
che essa non deve spingerci a compiere
discriminazioni. Per me non vi è nulla di
scandaloso nel fatto che un giornalaio cattolico venda l’Eleo o la Luce, o che un
esercente valdese veda « entrare ugualmente nel suo locale... il cattolico ed il
valdese ugualmente attirati dalla T.V. e
dall’aromatico caffè »! Forse che l’esercente valdese dovrebbe pigliare per la collottola il cliente cattolico ed espellerlo
dal suo locale e viceversa?
E’ bene che la cortesia e la gentilezza
(ed aggiungo l’onestà nel peso e nelle
misure) regnino in questi rapporti reciproci e non invece uno spirito bigotto e
gretto.
Ognuno si serva dove vuole, in piena
libertà e con buona pace di tutti.
Bbuno Costabel.
'Voce Evangelica,,
L’Amministrazione del periodico mensile che si pubblica a Zurigo ci comunica:
11 nostro giornale, organo delle Comunità Evangeliche di lingua italiana della
Svizzera, raggiunge centjutia di italiani
nella Confederazione e stabilisce tra loro
un legame di cristiana .solidarietà. Pur essendo sostenuto da abbonamenti ed offerte,
il foglio può essere inviato a titolo amichevole a molti, che ora sfuggono alla
nostra azione. Preghiamo, pCTtanto, j Signori Pastori ed i singoli credenti di tutte
le Chiese Evangeliche in Italia di volerci
segnalare cortesemente gli Indirizzi di conoscenti, evangelici e simpatizzanti, attualmente residenti nei vari Cantoni.
Siamo anello li^i di inviare, a titolo di
omaggio, il giornale a quanti, in lulia,
desiderano seguire l’opera che si svolge a
favore degli italiani in Isvizzera.
Inviare indirizzi e richieste a:
Voce Evangelica — Goldbrunnenstr. 65
Zurìgo 55.
Associazione «Enrico Arnaudm
I Valdesi io UriidDay
Domenica il past. E. Qanz, nel gradito idioma francese, parlò della « República Orientai del Uruguay», cosi
denominata perchè trovasi a oriente
del fiume Uruguay. Narrò la storia d.
quei paese dai suo inizio, quando le
truppe spagnuole ne presero possesso
annientanao la popolazione indigena,
e via via Ano ai giorni nostri. Fece
notare come questa RepuoDiica seb
pene la più piccola del Sud America,
e la sola che non abbia voluto religione di Stato e che abbia sostenuto
l'assoluta parità nei paese di tutte le
reugiom, nnutaado nsiruzione religiosa nelle scuole.
i primi anni furono duri per i nostri coloni, dissodando spesso terra
vergine ; non vi erano alberi, e fu prima cura piantare boschetti di eucalipti onde il bestiame, che è fuori tut,0 l'anno potesse ripararsi dal vento
dal soie e dalla pioggia; ogni loro .
casa è circondata da aioeri fruttiferi
e possiede torto. Ora tutti lavorano
.yi trattore, le colture sono diverse;
grano, meaga, imo, patate, girasole
per escrame l'olio; s'incomincia a coltivare la canna da zucchero ed il tapacco. 11 terreno è molto fertile; per
le patate si è appena principiata la
concimazione, ma si fanno due raccolti nell’anno nel medesimo campo.
Le famiglie stanno bene, quasi tutte hanno ia radio e la televisione che
sono esenti da tasse; posseggono l’automobile; tengono ancora due o tre
cavalli per la vettura quando piove:
non tutte le strade sono asfaltate. Ci
è stato spiegato come cucinano la
carne all’aperto (l’assado), nelle grandi occasioni e come viene consumata.
L’istruzione è sempre stata curata
sia in famiglia che nella collettività,
cosi pure il canto; i coloni costruirò
no scuole e fondarono corali in tutte
xe comunità.
Le poche famiglie arrivate colà cento anni addietro con quelle scese in
seguito hanno dato, a tutt’oggi, una
popolazione che supera i quindici mia individui sparsi su migliaia di Km.
quadrati, occupando posti, anche elevati, nelle amministrazioni comunali e governative, nel commercio e nell’industria. Hanno al loro attivo il
«Banco Vaidense» istituito per favorire la colonizzazione, in buona attività; un Asilo dei Vecchi a Colonia
Vaidense con tutti i conforti moderni;
con gli attuali mezzi di comunicazione i vecchi possono arrivare dai punti più lontani. Possono vantarsi di
aver portato nella Repubblica la bella istituzione della Croce Rossa. Delle famiglie passarono nell’Argentina
spingendosi fino oltre 800 Km. da Buenos Aires mantenendo sempre il contatto tra loro malgrado le distanze di
centinaia di Km.
Nutriti applausi s’unirono alla par
rola del presidente per ringraziare il
pastore Ganz della sua interessante
«causerie» sulle nostre colonie del
Sud America.
PERSONALIA
Apprendiamo che Marco Ricca si
è laureato in medicina presso l'Università di Firenze, con il massimo dei
voti e la lode. Le nostre più vive congratulazioni, e i migliori auguri per
la sua futura attività.
4
Fratelli, voi siete stati chiamati a libertà.
(Gal. 5: 13).
L'Eco delle Valli Valdesi
Non fate della libertà un'occasione alla carne, ma per mezzo dell'amore servite gli uni
agli altri. (Gal. 5: 13)
Notizie dalle nostre Comunità
VILUR PELLICE
DIPARTENZE
Il 3 gennaio, Carolina Janavel del
Ciarmis di anni 84. Bella figura di
credente, colonna della nostra Riunione di preghiera. Con lei è caduto
« un prode » in Israele.
Il 10 gennaio, Paolo Vigna dei Garin di anni 79. Uomo mite e buono
era stato membro del nostro Concistoro per molti anni. Alle sue esequie
ci diede un commosso messaggio il
Pastore Bertinat, parente del defun
to.
Luigia Baud (B’pa) di anni 86. Da
lunghi anni era ricoverata al Rifugio e quantunque fosse sordomuta,
aveva una mimica così espressiva che
si rendeva simpatica a tutti. Era soprattutto una fervida credente.
Il 20 gennaio Piera Geymonat deceduta alla Maternità di Torre dopo
un giorno di vita. Soave fiorellino,
tornato troppo presto fra gli angeli
del cielo! Esprimiamo la nostra profonda simpatia ai cari genitori Eliseo e Irma Geymonat che tanto si
rallegravano di questo dono e che sono ora profondamente afflitti. Coraggio! Che il Signore consoli i vostri
cuori.
Il 24 gennaio. Maria Armand Bosc
in Charbonnier di anni 75 del Teynaud. Si era convertita nella sua giovinezza pier merito dei Salutisti. Alle
sue esequie davanti ad una numerosa folla di parenti ed amici dettero
il messaggio della speranza cristiana
il Pastore ed il capitano Calzi.
Il 26 gennaio Giovanna Puy (Jeannette) ved. Rambaud di anni 54 deceduta in una casa di cura a Torino.
Quantunque fosse di intelligenza limitata aveva saputo dare la sua testimonianza di credente perchè fino
a pochi mesi fa l’avevano vista frequentare regolarmente i nostri culti.
Le sue esequie nella cappella del
Cimitero evangelico, sono state presiedute dai Past. Corsani e Geymet,
e alla presenza di amiche villaresi e
di un gruppo di sorelle della Chiesa
di Torino e ci hanno fatto sentire tutta la dolcezza e la bellezza dell’amore che ci unisce in Cristo. La nostra
prc fonda simpatia va ora ai figliuoli
Alfredo e Franco che restano completamente orfani. Da ora innanzi saranno un po’ i nostri figliuoli, perciò,
serberemo loro un posto nei nostri
cuori.
Il 31 gennaio Susanna Barolin ved.
Bouissa di anni 89 del Teynaud. Eravamo abituati a vederla, sempre se
rena, anima forte di credente, circondata dalle affettuose cure della figlia
Margherita e dagli altri figli. Una banale caduta le ha causato la rottura
di un arto, così ha dovuto essere trasportata al nostro ospedale di Torre
ove è deceduta dopo vari giorni di
sofferenze. Il servizio funebre ha avuto inizio all’ospedale, presieduto dal
Pastore Sommani ed è proseguito al
Teynaud dinanzi ad una numerosa
folla di parenti ed amici dell’estinta.
Il 2 febbraio Giovanni Rivoire di
anni 77 di leminuto. Era stato colpito da un’embolia e per una decina di
giorni la sua robusta fibra ha lottaccn la morte. Le sue es^uie sono
state una dimostrazione di simpatia
\ suoi familiari tanto più sentite a
causa del tempo pessimo che rende
I le strade poco praticabili. Per la
prima volta dopo tanti anni si è dovuto impiegare il carro funebre su
slitta a motivo della gran neve caduta.
Su tutte le famiglie nel lutto Invochiamo le consolazioni del Signore.
VISITE GRADITE
II 1 gennaio il nostro culto è stato
presieduto dal Past. Cipriano Toum
i S. Giovanni che ringraziamo per
il sue ottimo messaggio.
Il 25 gennaio abbiamo avuto la gradita visita del sig. Emilio Ganz Pastore nell’Uruguay, che ci ha dato
un’ apprezzato messaggio in lingua
francese.
Gli sposi Italo e Irene Long hanno
preso la gestione del negozio dei Chaiol.
Spiacenti di vederli allontanarsi
dal Villar (quantunque ancor vicini)
auguriamo loro una buona attività e
! consideriamo ancora un po’ villa
resi!
Il nostro giovane fratello Attilio
Vernè ha preso la gestione del negozio di commestibili della Cooperativa
e, anche per lui, formuliamo i nostri
auguri sperando di vedergli presto al
fianco « l’aiuto convenevole ».
Una parola anche vogliamo dire
alla nostra cara sorella Margherita
Gamier che dopo. 22 anni di lavoro
indefesso lascia la Cooperativa, ed è
una parola di gratitudine per il buon
sorriso col quale accoglieva i clienti
per la sua innata gentilezza verso
tutti.
Un vivo grazie alla nostra sorella
Marìuecia Charbonnier della Basana
che ha abbellito i nostri culti natalicon due bei mazzi di garofani.
Celebrato a Rorà
il XVII Febbraio
Come già altri anni abbiamo anticipato la festa del 17 febbraio al 15,
per permettere a rorenghi lontani d>
partecipare alla nostra giorn-ata di festa.
Da qualche giorno il vallone di Rorà era inondato di sole e la visione
dei cumuli di neve che costeggiavano
la strada e ricoprivano abbondantemente ogni cosa attorno, non incuteva più alcun timore. Questo ha favorito una buona affluenza al culto, che
è stato raccolto. Il pastore ha sottolineato l'importanza della libertà che
ci viene data da Cristo, che non può
venir scalfita o resa inoperante da
alcuna forza o volontà umana e che
j essenziale anche per vivere in un
perioao di relativa tranquillità come
i! nostro. Quindi si è svolta la Santa
Cena in mi atmosiera di gratitudine
nei comronti di Colui cfie e U nostro
iioeratore e che ci chiama a vivere
con la nuova aigmtà di suoi servitori
LiUnione delie Madri aveva egiegiameme organizzato i agape tiaici-a a cui hanno preso parte una cinquantina ai memori di cniesa ai tuc, 1 quartieri, anche dei piu loruaxu
Alle nostre oravo maari vogliamo riaire la nostra riconoscenza per esser
.xi soooarcate il non lieve peso di cinquanta uoccne piuttosto esigenti, n
i^r. ivieynet aveva voluto coimurre con
se un gl appo ai amici cne aooiamo
accolto volentieri in mezzo a noi. li
pivi. Attilio uaiia na panato con vi
vacita acne responsaoiiita cne n no
stio piccolo popolo na nei comronti
.X quanti IO circoiiaano ea na tenni
nato lnac<..nuosi an esempio ai oianaveilO, e pananuo ai quanto SI inxcxxUe laie per tiare una veste a.gni_a axia tjiiaiiaveiia. XI Concistoro ui
Rorà na ueoiso ui inviare Xx. oo.uuo alla r'io Vani, quaie coiitriouto per
1 acquisto aeiio staoile in questione.
La gxornata di festa si è chiusa con
una serata in cui è stata recitata una
commedia in tre atti: «Un ispettore
in casa Birling », seguita dall’immancabile farsa. Il pubblico ha accolto benevolmente lo sforzo degli attori.
A Edda Tourn ed Alfredo Morel.
che devono in questi giorni recarsi a
Torino per sottoporsi ad interventi
chirurgici facciamo i nostri migliori
auguri per una pronta guarigione, sp>e
rando di riaverli presto in mezzo a
noi pienamente ristabiliti.
Martedì 17 febbraio ha avuto luogo
la festa dei bambini, alle ore 14. In occasione di quest’ultima vennero estrat; i quattro numeri vincenti della loiteria.
Domenica prossima, 22 febbraio, avrà luogo l’Assemblea di Chiesa, durante la quale si procederà all’elezio
ne di una Commissione in rapporto
alla proclamazione della vacanza dela Chiesa di Rorà. Contiamo su di
una buona partecipazione!
Un cantiere-scuola, per la strada da
Rcrà a Piamprà è in pieno svolg mento. I nostri giovani non hanno
esitato a spalare la neve pur di poter
cominciare questo lavoro cosi utile,
approfiìttando del tempo veramente
favorevole. Speriamo che la viabilità
della nostra valle continui ad essere
oggetto di assidue cure da parte deinostre autorità competenti.
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Vola Adolfo, 100 Long Alice, lOO.
sani SHcoiuDO
La festa del XVII febbraio è stata
celebrata con fervore da tutta la popolazione. Lunedi sera molti falò sono stati accesi e due stemmi Valdesi
di grandi proporzioni sono stati illuminati sulla collina. La mattina del
XVII un limgo corteo, al suono maestoso delle campane, ha fatto ingresso nel tempio dove è stato celebrato
il culto. All’agape fraterna erano presenti una ottantina di persone. E’ stato gradito un telegramma del Moderatore. Pure molto gradita la presenza del Pastore Lui^ Marauda, che ha
rivolto un messaggio al culto del mattino, e quella dell’avv. Ettore Serafino che nel pomeriggio ha proiettato
alcuni film, con grande ^oia dei pie
oli, e anche dei grandi. Ottima la
partecipazicne della Corale, sotto la
direzione del sig. Vicino.
pniwaiiETTO
Domenica 8 e lunedì 9 pom. hanno avuto luogo i servizi funebri di
Long Giovanni e Bertalot Giovanni
Pietro già avanti negli anni e sofferenti da molto tempo. Un folto nucleo di amici e parenti ha accompa
gnato le due bare. Il messaggio della
speranza cristiana è stato annunziato nel tempio alla presenza di molti
estranei.
Che il Signore benedica e consoli
le famiglie in lutto.
Il 1" marzo alle ore 10,30 la Missionaria Anita Gay presiederà nel tempio un culto missionario.
CONGO R S O
Il Comitato Editoriale della Libreria
Claudiana bandisce un concorso per
la pubblicazione di un'opera teatrale
inedita, adatta alla possibilità di modeste filodrammatiche (pochi personaggi e pochi cambiamenti di scena).
L'opera, che può anche -riferirsi a
situazioni bibliche o storiche, deve
comunque essere di intonazione evangelica.
Al vincitore del concorso verrà attribuito un premio di L. 30.000 e il
manoscritto rimarrà di proprietà della Claudiana.
I manoscritti, contrassegnati da
uno pseudonimo ripetuto su una busta chiusa contenente il nome e l'indirizzo dell'autore, dovranno pervenire alla Claudiana, ’ possibilmente
scritti a macchina in duplice copia,
entro il mese di Settembre 1959.
La Commissione delle pubblicazioni
della Libreria Editrice Claudiana.
Il movimenio
valdese
Di Ijuigi Santini, sIihHoì’JO ili sloria della
Riforma in Italia e pastore valdese, segnaliamo: Il movimenUt valdesp, un breve
.saggio elle in 35 pagine ri presenta gli sviluppi del movimento valdese attraverso i
secoli. Siamo lieti di «lare il benvenuto a
questo opuscolo edito dalla Claudiana, che
colma una lacuna della nostra stampa evangelica; esso costituisce un ottima presentazione della storia e deirattività della
Chiesa Valdesé;
Movimento o Chiesa? L autore risolve
salomonicamente il «lilcinma nel titolo
stesso: Movimento Valdese — Chiesa Valdese. Dilemma che raulore prospetta solo
sul piano storico: parla infatti di Movimento Valdese, per il periodo compreso
tra le Origini e il sinodo di Chanforan io
Colloquio (li Cianforano che dir si voglia). Poi viene la Chiesa Valdese.
Se si prescinde dalla simpatica vivacità
dell’esposizione, la trattazione segue le linee tradizionali delle Storie Valdesi più
o meno ufficiali. Da segnalare soltanto con
soddisfazione come trasparisca da ogni pagina serietà d’indagine e sicurezza di metodo; non una stucchevole prosa apologetica, ma serena ohicitivilà nella valutazione, tanto più encomiabile in quanto l’autore è giunto fino ai tempi nostri.
lertor.
Lt ici Santini: Il movimento valdese, Claudiana 1959 — L. 180. _________
Redattore: (iino Conte
Coppieri - Torre Pellice
Tel. 94.76
Sede e Amministrazione
Editrice Claudiana
Torre Pellico - c.c.p. 2/17557
Tipografia Subalpina - s. p. a
Torre Pellice (Torino)
Direttore : Prof. Gino Costabel
Pubblicaz. autorizzata dal Tribunale
di Pinerolo con decreto del 1-1-1955
AVVISI ECONOMICI
La famiglia della compianta
Eugenia Giordano
nata Bertalot
deceduta improvvisamente all’età di
69 anni, ringrazia sentitamente quanti, con scritti o di presenza, hanno
preso parte al suo dolore ed in particolare il pastore sig. Bert, il medico
Bertolino dott. Vittorio, la sig.na Jahier Lily, la sig.ra Travers-Jahier Silvia ed i vicini di casa delle Gorge.
S. Germano Chisone 16-2-1959
La fa.miglia del compianto
Carlo Gonin
mancato, tragicamente, all’affetto dei
suoi cari, esprime tutta la sua rico
i.ioscenza al Dott. Bertolini, ai sigg
Pastori Peyrot e Bert, a tutte le per
sone vicine e lontane che si sono prò
oigate, sia con aiuto che con scritti,
nella dolorosa circostanza.
« Vegliate e pregate perchè non
sapete nè il giorno nè l’ora... >.
Matteo 24: 42
Pralarossa ( Inverso Porte ) 1 feb. 1959
La famiglia di
Giovanni Long
d? anni 74, ringrazia tutte le persone
che hanno partecipato al suo lutto, e
in particolare il Dott. Sabbione di Porosa Argentina, le sig.re Guerrina Rosi an ed Elisa Sciarrone, i vicini di
casa.
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