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DELLE VAm VALDESI
Quindicioalc
della Chiesa Valdese
" Gettate lungi da voi tutte le vostre trasgressioni per le quott avete peccato, e iatevi un cuor nuovo e uno spirito nuovo
Ann. LXXXIV
U - . e . P i .
Num. 24
L. 2S
ABBONAMENTI
{
£ea: L. 70# per l'interee I Eco e Lo Lmeo: L.'-l2## per Tinterne | Spedi*, «kfc. pestale 11, Grappe
L,'l8i0 per l’estere | Casbie d’indirissa Lire 40,—
Ls. 1200 per l*«ster«
TORRE PELLICE — 19 novembre 1954
Anmin. Cl«mJì*n« T«rre Pelliee -C.C.P. 2-17537
UN PROBLEMA SEMPRE ATTUALE
Disagio pastorale (e làico)
Ho rilètto con grande attenzione
l’ampio resoconto dei lavori sinodali che ha trovato cortese ospitalità
nelle colonne dell’Eco, perchè penso
che L’Eco ahhia voluto offrirci materia a riflessione; perciò, mi sia
concesso di portare un modesto, ma
spero non molesto contributo, alla
discussione di un problema che mi
pare sia stato d’importanza fondamentale nei dibattiti sinodali.
Nel nostro Sinodo, se ho ben compreso, si è parlato di uno stato di
disagio in seno alla nostra Chiesa
Valdese; si è discusso a lungo,’ e si
è concluso con un o. d; g. che invita
i membri di Chiesa a ritornare alla
Bibbia; non insisto su questo punto,
poiché non c’è che da rileggere il
resoconto dei lavori sinodali, paragrafo: Situazione dell’opera.
Non ho la presunzione di portar
lumi in una discussione nella quale
sono già intevenuti tutti i grossi calibri sinodali, anche se, in questo
l’ainpo, sarebbe stato più interessanti' udire la voce degli umili credenti,
le impressioni dei nostri modesti,
troppo modesti, membri di Chiesa.
Perciò mi limiterò a' segnalare ai lettori dell’Eco le conclusioni di un
analogo dibattito che ha avuto luogo nel Sinodo nazionale di Le Havre. « Comparaison n’est pas raison »
Havre e un’altra cosa; qualcosa di
più solenne, di più importante che
non il nostro piccolo Sinodo Valdese!
Lo so! Però, a ripensarci bene,
un po’ di « raison » c’è anche in
questa « comparaison ». Infatti, anche là, im resoconto di Evangile et
Liberté osserva : « Ho constatato che.
i laici parlano sempre meno nei Sinodi; solo, di tanto in tanto, si ode
la voce di qualche specialista; dot■ tore, professore... ».
Infatti, anche là, esiste un disagio
pastorale, e se n’è parlato.
Infatti, anche là, esiste un disagio
laico; ma non sembra che se ne sia
parlato molto. Qui, da noi, in fondo ci sono gli stessi problemi: esiste
un disagio laico; e se n’è ampiamente parlato. Esiste un disagio pastorale; ma non sembra che se ne sia parlato molto.
Disagio pastoraie
Sono soltanto un laico, e quindi
non voglio trinciare giudizi in una
materia che non è di mia competenza; mi limito solo a notare che la
Commission du ministère postomi.
riferendo a quel sinodo, ha ritenuto
che fosse opportuno « di arrivare ad
una chiara definizione del Ministero
pastomle ».
Dice proprio così! Dopo secoli di
ministero pastorale, dopo la Riforma, le guerre di religione, la Rivoluzione Francese, la grande guerra e
la Liberazione, una « chiara definizione del Ministero pastorale^ è
sembrata necessaria,... in Francia.
E la suddetta Commissione non si
è limitata a constatare uno stato generico di disagio; essa « si accinge a
iniziare lo studio, poiché è evidente
che dalla definizione di quel che deve essere il Ministero pastomle, dipende la preparazione dei futuri pastori »; anche questa una quistione
che era all’o. d. g. dei lavori sinodali (francesi!).
Il Sinodo francese ritiene insomma che quando si sa quel che si ■vuole, si possono facilmente trovare i
metodi più indicati per raggiungere
lo scopo. In gergo filosofico questo
sistema si chiama... cartesiano; in
lingua volgare si dice: buon senso.
Anche la nostra piccola Chiesa Valdese ne avrebbe talora bisogno. E il
sinodo francese ha fatto già un primo passo sulla via delle realizzazioni: a Ha accettato che i futuri pastori consacrino un anno — un quinto anno di studio — all’esame delle
discipline che dovrebbero permetter
loro di stabilire il contatto col mondo: psicologia, medicina, ecc. ».
Perchè anche questo è accaduto a
Le Havre : « Ho udito il signor Maury lamentarsi della difficoltà che incontmno i pastori nel farsi capire dai
laici ».
A Le Havre!
E a Torre Pelliee anche; si è parlato di crisi della predicazione, per
esempio. Ed anche in qualche parrocchia delle Valli Valdesi c’è ancora il pastore che sale sul pulpito, con
tremore e reverenza, perchè sente
che è difficile farsi capire dai laici.
(I Pastori e laici non si capiscono
più... ». Allora bisogna trovarne la
ragione e parlare del:
Disagio laico
Durante il recente sinodo se n’è
molto parlato. Ci sia oggi concesso
di far sentire una voce nuova per
molti di noi; quella di J. Carpentier
(Evangile n.,^% . ,,
cc La spiegazione di questo fatto
(che pastori e laici non si comprendono più) è semplice.
Il messaggio dell’Evangelo consta
di due parti -— simili — come risulta dal Sommario della Legge. La prima concerne i nostri rapporti con
Dio ed è su questa parte pummente
spirituale del messaggio che è centrata la formazione dei nostri pastori, ed in questo senso sono orientati
i loro studi. Purtroppo non è dato a
tutti di essere ” aperti ” alle cose
spirituali e di realizzarle.
Certuni sono ricettivi aH’intelligenza delle formule chimiche: dietro la costruzione dei simboli, vedono il corpo eh’essa definisce. Altri
sanno che questo corpo esiste; la
costruzione non dice loro niente. Così ne è in materia di fede; per certuni le iwrità spirituali non hanno una
realtà concreta...; vi è chi è incapace di concepire la ” risurrezione della carne ”...
Eppure Cristo è morto per essi;
ad essi è rivolta la seconda parte del
messaggio dell’Evangelo ; ” Ama il
tuo prossimo come te stesso ”; nella
sua messa in pratica si iscriverà la
loro fedeltà: non c’è bisogno di comprendere per amare. E’ a questa gente che è rivolta la parabola del giudizio finale.
Ma ancora occorre che questo messaggio si incarni realmente nella loro vita, non solo creando in essi uno
spirito di benevolenza e di generosità. ma come un imperativo categorico che essi dovranno vivere nella loro vita quotidiana, nella loro specifica attività. Quando però si tratta di
sapere a che cosa li impegna la loro
fede nell’Evangelo nella ” quotidianità ” della loro vita, essi sono soli;
la nostra Chiesa Riformata di Francia, i nostri pastori si limitano a ripetere: ” Ama il tuo prossimo come
te stesso ”; il loro messaggio si ferma R.
Essi non si sono mai provati a concepire un mondo in cui gli scambi
tra gli uomini si fonderebbero su basi diverse da quelle che regolano »
rapporti della nostra società; il principio cioè che conviene ricevere pjfi
di quanto si dà (principio basilare
e contabile di tutta la nostra economia liberale, da cui deriva tutta la
nostra struttura economica, fiscale e
politica). Non si sófio cioè mai provati a concepire un inondo in cui nei
nostri rapporti noi.ei ricorderemmo
di essere al servizifi degli altri; che
occorre, per lo mòno, non ricevere
più di quanto dianw; non diciamo
dare di più di quanJ^ riceviamo, che
sarebbe realizzare il ■ Regno di Dio
sulla terra.
Ed è quest’assenni di curiosità,
quest’assenza di ric&rca che crea il
disagio: noi, laici, veniamo alla Chiesa, ai nostri pastori,’persuasi che l’esercizio del nostro mestiere d’uomo
è una vocazione, la valorizzazione di
un talento che Dio di ha affidato e
di cui dovremo render conto: un talento di cui sappialo che non deve
esser impiegato come il mondo vuole; ed avremmo bisogno di esser consigliati, guidati, ’’tirati su”: non
incontriamo che il silenzio..,
E così nasce uno cR quei soliti dialoghi tra sordi, in cui si evitano tutti
i problemi delicati -d fondamentali:
per esempio il problema del pastoreoperaio, del colonialismo, del contenuto del ministero poderale ”.
Preghiamo i nostiT lettori di ricordare che questo «arsivo si riferisce sempre al siim^o della Chiesa
Riformata di Franiig, perchè, a Torre Pelliee, dei sordijflon ce n’erano,
aneorabè un- veatdaisi^m^aveKhie dica,;
« tl n’y pas de pire somd que celui qui ne veut pas entendre! ».
Comunque, conclude J. Carpentier: (c Questi problemi non potranno essere affrontati con efficacia che
quando la nostra Chiesa avrà avuto
il coraggio di prender di petto il problema che ci pone l’incarnazione della seconda parte del messaggio delV Evangelo nella nostra vita professionale di laici.
In questa ricerca, che può farsi sol.
tanto in seno alla Chiesa, ricerca difficile e dolorosa perchè si urterà col
nostro fondamentale egoismo, si ristabilirà l’intesa tra Pastori e Laici,
e non vi sarà più disagio nè laico nè
pastorale ». L. A. Vaimal.
# ROVI
Anche i rotti servono a qualche cosa: in questi primi giorni di settembre, sui loro spinosi tralci, si colgono abbondanti, lucide, nerissime
mote.
Mentre — per cogliere le bacche saporite, mi pungevo abbondantemente le mani, mi è apparsa — e non è la prima volta — un’immagine preziosa.
♦
Dal grosso rizoma tenacemente abbarbicato negli anfratti della
montagna o fra i lastroni delle baite spuntano numerosi e robusti i polloni i quali — serpeggiando sul terreno o rimanendo appesi dalle rocce nel vuoto — si allungano, in poche settimane, di parecchi metri.
Quando Vestremità dei nuovi tralci è ormai distante dal ceppo, la loro
punta si gonfia e s’incurva in basso, tendendo ad affondare nel suolo.
Quasi serppre ci riesce. Allora — nel silenzio della terra nera — entrano in azione misteriose energie e — senza che si stacchi dalla pianta
madre — la punta interrata del pollone mette in pochi giorni piccole
radici che sviluppano nuove forze vitali. Nelle vene della pianta scorre possente la linfa prodigiosa: il rovo ha prodotto altri rovi; senza
morire il rovo è rinato!
Ed ecco manife.starsi agli occhi della mente la grande Legge dei
perenne rinnovamento spirituale.
Quando si vive un certo numero di anni, il tempo — a poco a poco — compie delle stragi: il corpo s’indebolisce, gli entusiasmi si
smorzano, i ricordi personali perdono la forza di suggestione, gl’ideaU
da cui si attingevano la luce della speranza e la gioia di vivere appadidj,j^j^t^fqtì.,., . - ___-..tl..____________
tono im^
Ma resta in noi il fondamento eterna su cui abbiamo costruito, un
giorno, il nostro edificio morule; rimane, intorno a noi, il terreno
sano e fecondo dei principi essenziali in cui •— sin dalla prima giovinezza — abbiamo radicato saldamente la nostra terrena esistenza...
Allora, ecco che i lunghi tralci delle nostre molteplici delusioni —
stanchi di scorrere, forse inutilmente, nelle pietre dure delVincomprensione, oppure isteriliti per esser rimasti troppo a lungo appesi
dalle rocce nel vuoto — ecco che, all’improvviso, sentono il bisogno,
e riescono quasi sempre, ad affondare nuovamente neZZ’humus fertile
della nostra vigilante Fede,
E ripullulano ancora una volta, più giovani che mai. più vigorosi
che mai, più viventi che mai!
GlOVANNt E. Meillel.
Uoratorio di Calvino
L’assemblea generale dell’Alleanza riformata mondiale, riunita a
Princeton nella scorsa estate, decise
di procedere ad importanti restauri
dell’Oratorio di Calvino di Ginevra
e nominò un Comitato con l’incarico
di prendere accordi con le Autorità
civili e religiose di quella città, di
raccogliere fondi in tutto il mondo
riformato-presbiteriano, di predisporre adeguati progetti di restauro
e di ricostruzione e di assicurare l’esecuzione dei lavori quanto prima,
possibilmente entro il 1955.
La Tavola Valdese decise di invitare le nostre chiese a consacrare la
colletta della domenica 5 Dicembre
a questo scopo.
La Chiesa ginevrina di Nostra Signora la Nuova, ora conosciuta come l’Oratorio di Calvino, fu costruita nel 1215. Nel XIV secolo subì restauri importanti dopo un incendio e
si arricchì di alcune cappelle laterali. Cadde in disuso nel periodo della
Riforma, finché fu posta a disposizione dei rifugiati italiani e britannici.
Giovanni Knox, il famoso riforma,
tore scozzese, vi predicò dal 1556 al
1559, anno della dispersione della comunità di lingua inglese.
La Chiesa italiana, formata da rifugiati religiosi della penìsola, spe
cialmente del Veneto, della Toscana
e del Napoletano, continuò a tenervi
i suoi culti per ben 200 anni.
Dopo i rifugiati germanici vi celebrarono i loro servizi religiosi e, da
quegli amanti della musica che sono
i tedeschi, vi posero un organo nel
1706.
Fu in questa chiesa che, a partire
dal 1557, la « Congregazione » si riuniva ogni venerdì alle 7 antimeridiane. Si trattava d’una riunione pubblica nella quale pastori esponevano
punti difficili di dottrina e dove ognuno poteva liberamente prendere
la parùla per discutere argomenti di
fede.
Nel 1562 l’insegnamento teologico
fu trasferito in questo edificio, donde il nome di Oratorio o Uditorio.
Calvino e Beza vi fecero lezioni a
non meno di mille studenti alla volta accorsi da ogni parte d’Europa.
Per oltre due secoli l’Oratorio fu
un centro luminoso di cultura cristiana, il cuore della vita accademica, il progenitore dell’Università di
Ginevra.
Durante il secolo decimonono varie manifestazioni religiose vi ebbero ancora luogo; poi l’Oratorio fu
abbandonato.
Nel 1875 una pesante superstruttura vi fu disgraziatamente aggiunta
e compromise oltre all’estetica anche
la stabilità dell’edificio.
Si tratta ora di liberare almeno
parzialmente la costruzione delle sovrastrutture, dì consolidarla, in modo da evitare ogni pericolo e di ridarle l’aspetto che aveva ai tempi di
Calvino. ;
L’Oratorio dovrebbe diventare un
Centro internazionale riformato, un
museo permanente dove, mediante
schizzi, grafici, fotografie, carte geo.
grafiche, la storia, l’espansione, la
vita di ogni Chiesa appartenente alla famiglia della Riforma potrebbe
essere ampiamente documentata ed
illustrata.
L’Oratorio potrebbe fors’anche diventare la sede permanente dell’Alleanza Riformata Mondiale.
Per noi l’Oratorio ha un interesse
tutto particolare: migliaia di riformati italiani in esilio vi sono stati
fraternamente accolti ed hanno potuto liberamente adorare il Signore
secondo la loro fede.
La colletta che faremo avrà il valore simbolico di adesione aU’iniziativa dell’AUeanza Riformata, ma sarà anche il segno concreto della saldezza dei vbicoli che ci legano alla,
città di Ginevra e agli insegnamenti
del grande riformatore..
Ale. Ricca.
2
ccriiiV ftcí=lí^í3
2 —
fLu!':e^>
L’ECO DELLE VALLI VALDESI
CROHACA DI VALLASPRA
Terra di missioni
Non 8i può dire che tutto vada psr
il meglio nella selva selvaggia ed aspra e forte ». Ogni tanto qualcuno
tenta un’analisi della situazione: teologi, filosofi, economisti, « politici »,
ognuno dice la sua e dotte poi smiche
sorgono e si concludono lasciando le
cose come sono. Anche l’uomo de'la
strada ha da dire la sua, e la « posta
del direttore » dei rotocalchi è una
finestra aperta, non priva di interesse, sul nostro mondo. Così, in uno
di questi settimanali illustrati, im
brav’uomo, è intervenuto in una interessante polemica sullo stato del a
democrazìa in Italia, chiedendo chia.
'rimenti e facendo alcune osservazioni: « Ho riassunto a mia moglie la
Sua esposizione, dicendo che, per
me, questa situazione odierna della
nostra Italia si compendia così: 1)
ignoranza della dottrina cristiana a
la sua conseguente non messa in pratica da parte di noi italiani; 2) mancanza di senso pratico della realtà
quotidiana, nel tener fede alle promesse, ai desideri, alle necessità di
noi italiani... ».
Ci piace questo brav’uomo che discute con sua moglie di problemi così seri come l’ignoranza della dottrina cristiana, la incurabile disonestà
presupposto fondamentale delle relazioni tra i cittadini della nostra patria
E ci piace, una volta tanto, la nota redazionale che lo segue : cc Infatti la dottrina e la morale cristiana
sono sconosciute in Italia quanto la
lingua etrusco; nemmeno nel semplice catechismo la preparazione è
più sufficiente, e, purtroppo, da gran
parte dei pulpiti, più che un insegnamento chiaro e metodico della
dottrina cattolica, calano, sulle teste
distratte, esortazioni generiche ad attuare princìpi di cui le teste medesime sono all’oscuro. L’Italia è più
un paese di battezzati che di cattolici: direi addirittura che, per quanto ospiti la Cattedra di Pietro, è e
diventa sempre più una terra di missione... ».
Parole sacrosante ed assennate,
queste che abbiamo letto in Oggi. E
poiché non ci fa velo un volgare anticlericalismo, non ci rallegreremo di
questa amara constatazione di un’amara realtà, ma la considereremo come un sintomo rallegrante di una
coraggiosa presa di posizione che ci
piace di accostare all’amara indagine che Roberto Jouvenal ha fatto
nello scorso numero dell’Eco a proposito di una pretesa educazione evangelica. Sostituite alla Patria, la
piccola patria; ail’Italia, le Valli Vaidesi, ed il ragionamento qui sopra
riferito non fa una grinza. Anche le
« Valli » sono « più un paese di battezzati che di Valdesi » « sempre più
una terra di missione », dove bisogna
parlare di « conversione », anehe se
le teste distratte preferiscono generiche dissertazioni sull’educazione,
che cullano dolcemente cuori e menti nei ricordo dei padri.
E’ cosi piacevole sentire che, dopo tutto, ritalia ospita « la cattedra
di Pietro », e Torre Pellice il Sinodo
Valdese!
Una corona
Ma bando al pessimismo, per la
Grande Patria almeno. Un articolo
di fondo di un autorevole settimanale ce l’ha annunziato nel suo numero del 30 ottobre.
« Per i credenti essa (la proclamazione della regalità universale di
Maria) rappresenterà una meravigliosa ” schiarita di concetti ”, una
visione di pace, una ripresa di fiducia nell’avvenire di questo povero
mondo, avviato a diventare sempre
più cc una casa di matti senza le benedizioni del Magnificat ».
Ci siamo ri’etto le parole magnifiche del Magnificat: l’inno di riconoscenza di una creatura umana che
ha ricevuto dal suo Dio la grazia di
cui non si sente degna! E, tutti i secoli l’hanno chiamata, ed ancora
sempre la chiameranno beata perchè
ha ricevuto la grazia. Così chiaro,
così semplice, così limpido, che abbiamo atteso con ansietà questa
ft schiarita di concetti ». E lo stesso
settimanale cattolico di Pinero’o, nel
numero del 6 novembre, ci ha dato
alcune precisaziom che, a dire il vero, non hanno coltituito una grande
schiarita. Ci parta di « maestosità
del rito.,,, di una nuova festività liturgia »; nel corso deUa cerimonia
il Santo Padre « quasi a segno esterno ha posto sul capo del Bambino
Gesù e della Verone dell’antichissima immagine Salus populi Romani
una corona d’oro.
Le corone — quella della Madonna pesa 587 grammi e quella del
Bambino Gesù 206 — sono di oro
massiccio e tempestate di gemme
provenienti da quasi tutte le parti
della terra. Nel centro della grande
corona v’è un topazio storico. Apparteneva ai re di Francia e fu donato da Luigi XVJ alla Chiesa ».
Per comprendefe queste cose, siamo precedentenvente avvertiti che
bisogna essere « nel recinto della fede y>. Ma poiché^^uesta nuova «.festività liturgica » e questa solenne
proclamazione si rivo'gono ad un.»
umanità che vive in uno stato di pericolosa « depressione psicologica »
e vogliono costituire un tonico efficace, forse è lecito di domandarsi se
questa regalità non sia fuori posto!
Abbiamo l’impressione che questi
587 grammi di orò puro sul dolce capo di Maria, pesino troppo! E questo topazio dei re di Francia (oh!
l’ombra sinistra *de’la Notte di S.
Bartolomeo!) suPcapo della madre
del crocifisso sul Golgota, ci dà uno
strano senso di sconforto che non at
teniia la preziosa annotazione che fu
donato alla Chiesa da quel re che salì su’la ghigliottina a scontare gli errori e le colpe dei padri.
Vogliamo rileggere le parole suggestive del Magnificat; così come Luca, al capitolo I, versetti 46-55 ce le
ha tramandate?
Maria che confessa la sua indegnità;
Maria che esalta l’onnipotenza di
quel Dio che abbatte i potenti dal
loro trono ed innalza gli umili;
Maria che celebra quel Dio che sazia coloro che hanno fame, e respinge i ricchi;
Questo, tutto questo e nient’altro
che questo è il Magnificat.
Che ci sta a fare tutto questo con
Maria, regina sul trono, con una corona d’oro di 587 grammi.sul capo?
Il libro
Anche la Chiesa Valdese ha voluto additare ai credenti una luce nella « depressione » degli animi: ha
invocato un ritorno alla Bibbia. Non
ci piace la retoHca e quindi ci asterremo da note parenetiche. Preferiamo aspettare i fatti. Ma una cosa è
lecito fin d’ora dire: il solo, il vero
Grande Ritorno é quello all’Evangelo; ed è una cosa seria; bisogna
considerarlo con tutta la serietà che
esso merita, come la sola cosa seria
che si possa ancora e sempre fare.
L’abate di Vallaspra.
w E VI ^ Q NIA N Z A
La giornata era bella e soleggiata
ed ho approfittato di un paio d’ore
di libertà per fare una passeggiata
lungo il Po.
Ad un certo punto della mia passeggiata ho scorto un gruppo di persone che assistevano ad una gara di
bocce. Giudicando che valesse la pena di fermarmi a vedere giocare dei
campioni che attiravano tanti" spettatori, mi sono infilato nella folta
siepe di persone che seguivano le
vicende della partita con vivo interesse.
Effettivamente i giuocatori erano
abili. Doveva trattarsi di una gara
fra i rappresentanti di due società
bocciofile composte di operai e pensionati. C’erano dei giocatori anziani i t[uali mandavano regolarmente
la boccia molto vicino al pallino:
e c’erano dei giovanotti dai muscoli
poderosi i qua.i sgombravano il terreno con delle bocciate secche che
mandavano in visibilio gli spettatori.
Ho notato però, fra i giuocatori,
un particolare che è purtroppo molto comune nel nostro paese: i giuocatori non si facevano scrupolo di
adoperare mezzi non molto onesti
pur di ottenere il loro scopo. Il regolamento concede al giuocatore di
far due passi quando cerca di accostare la boccia al pallino. Due passi : ma i giuocatori facevano due
balzi scimmieschi e spesso vi aggiungevano, di straforo, un terzo salterello, o partivano da posizione più
avanzata. Nascevano quindi continue
contestazioni poco simpatiche; in alcune partite si è stati costretti ad
abolire i « passi Inoltre nel bocciare i giuocator( non si contentavano mai dei tre passi rego’amentari,
ma ne facevano quattro. Non parlo
poi di mille altre piccole disonestà
che infioravano il giuoco, trasformando un bello sport in una gara
irritante.
Guardando la partita io penso allo sport come è praticato, per esempio, nei paesi aq^Qsassonì dove, prima di tutto, SI devono rispettare
con onestà puntigliosa le regole del
giuoco, applicando il cc fair play »
(giuoco leale). Lo sviluppo morale
di un popolo lo si giudica proprio
da questi particolari. Quando un popolo educa i propri figli, fin dalla
prima giovinezza, alla lealtà e all’onestà come prima regola assoluta
in ogni aspetto della vita (anche negli
sports), quel popolo dimostra di essere moralmente evoluto e degno di
rispetto.
Ad un certo momento fu necessario ricorrere alla misurazione per
accertare se una boccia avesse preso
il punto. Uno dei giuocatori — un
ometto anziano, modesto e silenzioso — prese due bacchette e si chinò
per fare la misurazione. Ripetè con
cura per due volte la misurazione,
mentre gli altri, giuocatori osservavano attentamenfe, eppoi indicò deciso la boccia che risultava più vicina al pallino: era una boccia della sua squadra. Subito uno degli av
- I
Ma il Cristo non ha detto così
99
Abbiamo dinanzi, gli studi del Dupont e di F. Spadafora: tutti, e due
preti della chiesa romana. Il primo,
studioso, scrittore, profondo conoscitore del N. T. ma abitante lungi da
Roma, quindi senza smanie di approvazioni gesuitiche, senza bramosie di promozioni, senza preoccupazioni revisionali. Il secondo, invece,
presso Roma, prima di studiare e di
indagare il testo evangelico, preoccupato di non dispiacere i difensori
del papa, i gesuiti, e di non cadere
sotto le unghie dei revisori romani,
di guardia sia nel campo suaresìano.
sia tomista, sia tridentino, sia vaticano o mariano, sia universitario gregoriano o sacrocuoriano milanese,
officina di vescovi e di ministri.
La differenza dunque consiste in
questo: il primo, Dupont, studia per
approfondire il testo; il secondo,
Spadafora, ripete e raccoglie studi
per confermare tradizioni in evoluzione contìnua e sfociare in affermazioni che contraddicono parole evangeliche di Gesù.
Chi mi legge, se proveniente dalla chiesa romana, comprenderà la
gravità di ciò che indico; ma se nato in famiglia evangelica, sorriderà,
ripetendo: ecco uno che non vuole
l’unione delle chiese! ecco uno che
è contrario al pan-cristianesimo! ecco uno che è fuori della cerehia dei
mistici - teosofi - universalisti - gnostici - poetici! ecco insomma un polemista che canta fuori coro!
E’ vero. Questi polemisti sono stati messi da parte, in località perdute o sperdute, e le statistiche ci
dicono cosa produce la predicazione
gnostica-universalistica-panreligiosa.
* *
Leggiamo lo studio di Spadafora
nel fase. Ili di Rivista biblica, pag.
234: Maria alle nozze dì Cana.
« La risposta migliore, esatta, fedelissima. sebbene non servi’mente
letterale, è, mi pare, la seguente:
(sarebbe questa la risposta di Gesù, nota di Api):
« — perché rivolgermi questa domanda; o madonna (nel nostro lin
guaggio toscano); la mia ora (il momento di iniziare a manifestare la
mia gloria di Messia: 2: 11) non è
ancora arrivata ».
Finalmente!
Avete letto e capito?
Gesù avrebbe detto a sua madre:
madonna mia! E che aspettate di
più? c’è, c’è ancora un passo e poi
tutto è compiuto per la chiesa romana.
Quanto prima leggerete in un
un prossimo studio che il sangue di
Maria ci purga da ogni peccato. E
perchè?
Perchè il sangue di Gesù, prima
di essere di Gesù, era stato sangue
di Maria, madre di Dio, e quindi
il sangue di Maria che è sangue di
Dio e sangue di Gesù, ci purga da
ogni peccato.
E col 1954 Gesù il Cristo è messo fuori dal piano divino salvifico,
e Maria, la madonna, è la salvezza
degli italiani.
Ma il Cristo non ha detto niente
di tutto questo. Api.
versati gli strappò di mano le bacchette protestando con violenza e
accusandolo di avere imbrogliato.
Probabilmente egli aveva l’abitudine di cercar d’imbrogliare, nel misurare, e non aveva quindi fede nel
prossimo.
Ma mentre si accingeva a chinarsi
per eseguire una nuova misurazione,
un suo compagno, un pezzo d’uomo
dai cape’li grigi, lo fermò risolutamente dicendogli: cc Quando Francesco ha misurato, non si discute:
lo conosco troppo bene perchè si' possa dubitare. Vai a giuocare! » E l’altro, pur brontolando, ha dovuto lasciar perdere la sua nuova misurazione.
La cosa mi ha colpito ed ho guardato con attenzione l’ometto al quale era stato dato pubblicamente un
tale attestato di onestà e di scrupolosità. Il suo viso mi è parso noto;
dove mai lo avevo conosciuto? Durante il resto della partita ho guardato solo lui e al termine del giuoco
l’ho accostato per salutarlo. Mi son
detto: cc Se non dà segno di conoscermi, gli dirò solo che desidero
congratularmi con lui per la stima
che anche gli avversari hanno dimostrato per lui ». Ma quando gli ho
tesa la mano, ha sorriso stupito :
cc Anche lei da queste parti? Ho proprio piacere di vederla ».
Voi avete capito, amici lettori, che
si trattava di un fratello valdese residente a Torino.
Tragga ognuno le conseguenze da
questo episodio. Ci sono molti modi di rendere la propria testimonianza. C’è chi ha il dono di portare la conversazione sul terreno religioso per annunziare l’Evangelo.
E c’è chi difficilmente trova le parole adatte anche quando vorrebbe
compiere il dovere della testimonianza. Ma tutti possono e debbono
almeno dare una continua testimonianza indiretta colla propria onestà
e rettitudine (anche negli sports) e
far capire che seguono la regola che
i! Signore ha messa nella loro vita
morale.
Allora la gente — colpita da quella cc testimonianza indiretta » — sarà costretta a dire: cc Si vede che costui è stato con Gesù ».
_______ Penna Nera
Settimana del libro
H Sinodo, in occasione del Centenario della Libreria Editrice
Claudiana, fa appeUo alle Chiese per uno sforzo particolare durante tutto l’anno in vista di una
diffusione straordinaria di pubblicazioni evangeliche col duplice scopo di rafforzare la nostra
Casa Editrice, e di inserire maggiormente il libro evangelico nel
mondo italiano.
Dalla relazione della Commissione d’emme sull’operato della Tavola al Sinodo.
Vogliamo attirare l’attenzione
del Sinodo sul fatto che nel prossimo anno la Claudiana celebra
il suo Centenario.
La Commissione d’esame ritiene che l’occasione sarebbe favorevole per ricordare che la Claudiana è nata come uno strumento
di diffusione del pensiero evangelico in vista di raggiungere le
masse a mezzo del libro. Si potrebbe, in occasione del Centenario, fare appello a tutte le comunità per uno sforzo particolare
nel settore del libro. Ogni chiesa
una agenzia di distribuzione del
libro evangelico. Ogni collaboratore locale un colportore in vista
di una circolazione straordinaria
che allarghi le possibilità del Comitato Editoriale della Claudiana. Ci sembra che questo sarebbe
il modo migliore per celebrare
il Centenario nello spirito di coloro che vollero e organizzarono
questa attività.
PubHicazioiii della dai
Miana
PUBBLICAZIONI’ missionarie^ '
E. Ayassot: Il medico della giungla
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nella mia Valle
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CATALOGO DEL CENTENARIO
Un invito ai Lettori
Durante la prossima Settimana del libro
(21-28 Novembre) tutte le pubblicazioni
della Claudiana verranno cedute con lo
sconto del 20% sul prezzo di copertina.
La Claudiana ha pubblicato un numero
unico in rotocalco, a due colori, riccamente illustrato, dal titolo ’’Domina il
mondo, sfida i secoli: un Libro”.
Lo segnaliamo all’attenzione particolare
dei lettori per la sua importanza. Si tratta di una pubblicazione speciale che verrà
diffusa dalle Alpi alla Sicilia in decine di
migliaia di copie, grazie alla collaborazione di tutti gli Evangelici, a qualunque
denominazione appartengano. All’iniziativa hanno già dato la loro adesione, oltre
alla Tavola Valdese, la Chiesa Metodista,
la Chiesa Battista, la Chiesa Battista della
Spezia, le Assemblee di Dio (Pentecosta
li), e attendiamo l’adesione di tutte le altre denominazioni.
Il numero unico inizia una grande campagna in vista della diffusione della Parola di Dio nel nostro Paese.
Ritolgiarno un caldo invito a tutti i lettori oerchè ne prenotino al più presto un
numero adeguato di copie per la distribuzione fra amici e conoscenti.
Preghiamo pure vivamente i Concistori
perchè ne vogliano ordinare una copia per
ogni famiglia della loro Comunità.
3
L’ECO DELLE VÆU VALDESI
— $
L^educaÆÊone cristiana
Non mi aspettavo proprio la fiera
* protesta del professore Jouvenal contro al mio articolo inteso ad affermare l’importanza della educazione cristiana in un momento nel quale i
problemi deU’educazione sono all’ordine del giorno, e con carattere d’urgenza, nel mondo intero.
Avevo scritto spinto da un amore
ardente per la causa Valdese e con
sentimenti di solidarietà verso tutti
i coaii)aani d’opera che la servono e
nello stesso spirito riprendo la penna. Forse il mio contradditore ha
fatto bene a scrivere perchè, sia pure con un tono polemico che non era
necessario, egli tocca dei problemi
che sarà bene, un momento o Faltro.
mettere sul tappeto per una chiarificazione.
Sarò breve; non riesumerò neppure i luoghi e i paragrafi nei quali il
mio nome od il mio articolo sono incriminati; credo che il prof. Jouvenal, trascinato dalla sua penna g ovallile, sia andato oltre alle proprie
intenzioni e credo che i lettori abbia
no già dato per conto loro molte d;
quelle risposte che più mi sarebbero
state a cuore. Il giorna’e della Chiesa non deve essere una palestra di
dialettica, ma solo servire all’utilità
dei lettori; ed in vista di questa loro
« utilità » esporrò qualche considerazione su alcuni motivi che mi sembrano particolarmente urgenti:
Importanza deU'educazione
Non vorrei che questa discussione
dove mi si contesta che « se l’educazione cristiana fosse più universalmente sparsa « au bout de quelques
années le monde en serait complètement transformé et on n’y entendrail
plus parler de guerre, mais seuleiiiont d’amour et de paix », possa
uietlere in causa l’estrema imporlanza dell’educazione cristiana che,
specialmente tra noi non dovrebbe
incontrare incertezza.
E’ presto fatto d’altronde di renliersene conto: poniamo il caso, per
esempio, che il prof. Jouvenal ed io,
per infelice ventura, fossimo nati con
un piccolo secolo di anticipo o in un
paese che sta agli antipodi- del nostro... saremmo diventati ambedue
cannibali ed io che son più piccolo e
debole avrei avuto paura di lui! Qui
ed ora, invece, possiamo discutere
da buoni amici e persino mostrarci
i denti senza neppure sentirci accapponare la pelle! Ed è già qualcosa
mi sembra, per mostrare i risultati
non solo teorici ai quali può portare
una diversa educazione.
L'educazione cristiana
Ma, naturalmente, fra tutte le educazioni buone di cui si può parlare,
a noi credenti import» siqiratutto
Risposta del post. E. Geymet al prof. Roberto Jouvenal
quella che abbiam chiamato « cristiana » e che consiste nel condurre
a Cristo — a Cristo crocifisso e risuscitato — coloro che vogliamo educare. Qualcosa come quel che facevano coloro che conducevano dei
bimbi a Gesù, come fecero Andrea
con Simone e Filippo con Natanaele (Giov. 1). Qulcosa come, nel clima dell’antico patto, fece Anna col
suo figlio Samuele.
E’ questa l’educazione che secondo
la Parola di Dio il credente deve dare ai propri figliuoli e che dona una
part? del suo significato al passo per
U quale i figli dei credenti sono santi.
Questa è l’educazione che qualcuno ha posto addirittura sullo stesso
piano della conversione, perchè entrambe mirano a Cristo e in Cristo si
compendiano, poiché : l’educazione
implica la conversione e la conversione esige una rieducazione, e tutte
e due si esprimono nella nuova nascita. Dono di Dio tutte quante, a
partire dalla educazione cristiana
stessa che è un dono della Grazia,
così come lo fu il battesimo e come
lo sarà la santificazione.
L'educazione non è istruzione
L’educazione cristiana non può
confondersi con l’istruzione o la cultura cristiana, perchè altra cosa è il
condurre un’anima a Cristo e altra
cosa il dare alla mente delle nozioni
di dottrine o di cose cristiane. Tutti
conoscono infatti i casi di persone
dotte in ogni ramo dello scibile cristiano, che rispondono con un sorriso scettico a chi parla loro del « sangue della croce » che lava i nostri
peccati, o del Cristo che è « vivente » in mezzo a noi.
Meno che mai l’educazione cristiana può confondersi con la cultura dei
cristiani o di chiunque altro si voglia. La cultura tutta sola non educa
a Cristo e nemmeno alla mora!e. Con
la solta cultura i cannibali restano
cannibali. E’ noto infatti che talune
tribù antropofaghe ancora esistenti
un 80-100 anni or sono si distinguevano per la loro cultura e per la loro inteTigenza superiore a quella
delle tribù circostanti. Esse attribuivano alla antropofagia il carisma di
una tradizione avita. E’ la cultura
moderna incurante di Cristo che ha
creato la bomba atomica.
Tutt’al più la cultura, come qualunque altro talento umano, può diventare uno strumento in vista della
educazione e il professore di matematica potrà trasformarsi in un ottimo
pedagogo che conduce a Cristo i suoi
alunni, ma ciò non dipenderà dalla
matematica, bensì dal professore.
Chi è che educa?
Evidentemente il compito di educare la nuova generazione compete
anzitutto ai genitori, ma non a loro
soltanto. Con i genitori educheranno
i maestri, i parenti, gli amici e tutto
l’ambiente. Tutti coloro che eserciteranno sull’educazione una qualche
influenza bene o male educheranno
tutti. Potranno educare a Cristo, oppure no. Se sono credenti, naturalmente, sapranno che la loro vocazione essenziale, anzi, la loro ragion
d’essere stessa, è qùeUa di condurre
a Cristo le anime sulle quali è loro
possibile di esercitare l’influenza di
genitori, maestri, parenti, amici o
conoscenti.
E il nostro Collegio ?
Nel mio articolo incriminato non
pensavo neppur da lontano di chiamare in causa il nostro Collegio. Pensavo al nostro popolo Valdese nel suo
insieme, composto da tutti i suoi credenti, al quale compete la responsabilità di trasmettere la sua fede alk.
nuove generazioni.
Il prof. Jouvenal ci ha costretti —
e forse ha fatto bene — a portare la
nostra attenzione sul Collegio, come
sopra una delle forze educatrici che
sono fra noi.
Egli ha fatto molte riserve a questa funzione, ma noi le buttiamo volentieri a mare tutte ed affermiamo
— tout court — che continuiamo a
vedere nel nostro caro Collegio tutte
le possibilità necessarie perchè sia
unc degli strumenti di educazione
cristiana più eificenti in seno alla nostra comimità Valdese.
L’argomento è appena sfiorato,
uno scambio di pensieri su di esso
potrà forse essere utile e rafforzare
la solidarietà tra il Collegio e la comunità.
Vorrei qui toccare ancora altri ar
gomenti, come i rapporti tra la cui
tura dei credenti e la loro testimo
nianza e dire anche una parola sul
l’esistenzialismo, ma non voglio abu
sare della pazienza dei lettori e ri
mando la cosa ad un prossimo nume
ro, se il Direttore me lo permetterà
Concluderò per oggi con la
Ricetta per la felicità
Sono infatti incriminato di presen.
tare il cristianesimo ai giovani come
una« ricetta per la felicità ».
Ebbene accetto di gran cuore lo
scherno !
Se il trovare nel cristianesimo la
certezza della Vita Eterna e il possesso di quel qualche cosa che vale
ancor più della vita di cui ha sete
l’anima mia, non è trovare il massimo bene ch’io mi possa augurare, dove ne andrò a cercare un altro? Se
esse non riempiono l’anima mia di
una snnrema letizia, dove andrò a
cercare un’altra felicità?
Certo, e lo sanno anche i nostri
giovani senza che lo andiamo loro a
ripetere ad ogni momento, la felicità
delt'Evangelo è ben diversa da quella che si smercia tutto attorno.
La nostra felicità non ci impedisce
di dover combattere ed affrontare più
sofferenze di tanti altri, non impedisce che talvolta il nostro volto si ricopra di lacrime e la nostra carne di
sangue, ma proprio qui, essa appar
più preziosa.
Poter dire, mentre attorno il mondo va disperatamente cercando una
via che non trova una soluzione di
problemi che sono insolubili ed una
felicità che è inafferrabile;
10 combatto il buon combattimento____ Io conservo la mia fede... Mi
è riservato la corona di giustizia e
di vita eterna...
Non è forse proclamare una pace,
una certezza, ima forza ed una allegrezza interiore che nessun’altra felicità potrebbe eguagliare?
E tutto questo i nostri giovani lo
sanno molto bene, non meno di quelli di venti secoli or sono.
E non è vero che essi non apprezzino più la felicità, che proviene da
una simile fede vivente.
11 tesoro nascosto è oggi ancora un
tesoro.
La perla di gran prezzo non è ancora svalutata.
Enrico Geymet.
TRA LIBRI E RIVISTE
OTTO WEBER — La Dogmatique de Karl
Barth — Editions Labor et Fides, Genève.
Il sottotitolo di quest’opera ne definisce
il carattere e ne limila il contenuto: Introduction et analyse. Non a tutti è dato di
leggere i nove volumi della Dogmatica di
Karl Barth e non tutti hanno il coraggio di
accingersi ad una tale fatica: circa 7.000
pagine! Nella prefazione al volume riassuntivo dello Weber. Barth stesso così si
esprime: « Qu’il me soit permis de le dire:
j'éprouve toujours du respect lorsque j'apprends — et cela arrive! — que quelqu'un
a lu les quelques 7000 pages que comptent
les 9 tomes de la Dogmatique parus jusque
ici ».
Ha dunque particolare importanza il volume di Otto Weber, uno degli interpreti
più accreditati e più sicuri del noto teologo svizzero. In poco più di 200 pagine egli
avvia il lettore alla conoscenza della dogma
tica barthiana, di cui cita letteralmente moiti brani per essere aderente alla verità nel
modo più fedele possibile; e di questa dog.
matica egli offre un’analisi seria, completa,
obbiettiva. Molti sono i cosidetti interpreti
del pensiero bartbiano; pochi, forse, lo
hanno veramente Compreso come Otto We
ber, il quale scrive : « Je n’aurais pas osé
publier ce résumé si Karl Barth lui-même
ne m’avait assuré qu’il pouvait encore s’y
reconnaître ». D’altra parte, Barth stesso
nella prefazione ricorre ad un felice paragone: «Je comparerais cet essai à l’un de
ces robustes et actijs petits remorqueurs que
l’on utilise pour conduire en mer ou diriger vers le port ces énormes et lourdes machines que sont les transatlantiques. Mon
entreprise, je m’en rendais compte depuis
fort longtemps, réclamait semblables résu
mé qu’il m’eût été impossible de rédiger
moi-même ».
Il nome di Otto Weber e le stesse parole
di Karl Barth sono la migliore raccomandazione per l’acqüifto di questo volume,
che le Edizioni Labor et Fides ci presentano nella stessa veste dei volumi della Dogmatica attualmente in fase di traduzione e
di pubblicazione. e. r.
A. ANTOMARCHI — Aux Ecoutes de l’Ec
prit — Préface du Pasteur H. Eberhard
presso Mad.lle Chauvine, S.t Fortunat.
(Ardèche) Francia.
Il nome dell’autore è ben conosciuto, oltre che in Francia, anche alle Valli Valdesi, dove il Past. Antomarchi ha recato il
messaggio della sua fede e della sua conoscenza della Parola di Dio.
Si tratta di un vero e proprio « sommario » della fede cristiana, redatto dall’autore quando per lui si avvicinava l’ora del
la dipartenza; come si legge sulla prima pa
gina : « un chrétien, avant son dernier si
lence, vous parle... ». E la sua parola è den
sa di pensiero: un pensiero biblico innanzi
tutto, che trae alimento dalla Parola di
Dio ed espone al tempo stesso il grande
piano di Dio nella preparazione deUa salvezza, nell’opera di Gesù Cristo e della
Chiesa, nella promessa gloriosa del ritorno
di Cristo. Ma quella parola non manca di
esperienza e di conoscenza; essa riflette an.
che le lotte e le sofferenze di colui che
volle essere nella sua vita un coraggioso
messaggero della buona novella. Dice il
Pastore Eberhard nella prefazione: « J’ai
aimé ce résumé de notre certitude, ce memento de la Joi, ce credo qui pleure la lutte et l’epuisement dernier des combats gagnés ». E lo consiglia sopratutto ai pastori.
« à ceux qui ont la charge et responsabilité
d’âmes, qui portent le souci des esprits
embroussaillés dans les contradictions et les
oppositions mal définies de notre époque ».
{continua in 4“ pagina)
BREVE SOMMARIO DI STORIA VALDESE
C Fin dai primissimi anni del ’200
_ è provata l’esistenza di Valdesi
nelle valli alpine del Piemonte: risale infatti al 1210 un ordine delTim.
peratore Ottone IV al vescovo di Torino, incaricato di espellere dalla sua
diocesi « gli eretici Valdesi ». Due
anni prima s’era iniziata nella Francia meridionale la famosa crociata
contro gli Albigesi, bandita da papa
Innocenzo III, ed evidentemente
molti di quei perseguitati si erano
rifugiati nelle montagne del Delfinato e del Piemonte, venendo ad acere,
scere il numero dei discepoli di Valdo allontanati da Lione una ventina
di anni prima. L’origine francese dei
nuclei di eretici nelle Valli Valdesi
sembra accertata non solo in base a
questi elementi storici, ma ancora
dall’onomastica fami’iare: è noto infatti che quasi tutti i nomi di famiglia delle Valli Valdesi hanno i loro
corrispondenti nelle regioni della
Provenza e del Delfinato, mentre ben
pochi lo hanno tra i nomi di fami
glia in uso nel Piemonte. Se qmnd
una supposizione legittima è da far
si, è quella che fa provenire le fami
glie degli antichi Valdesi dalla vici
na Francia, piuttosto che quella in
versa: essa attende peraltro di essere
confermata da qualche studio sull a.
nalogia dei nomi di famiglia valdesi
con quelli dei centri protestanti della
Francia (non vi è riscontro con l’onomastica familiare di altre regioni
francesi), e in cui oltre ai fattori religiosi si seguono le tracce di evén
Primi segni di intolleranza
tuali correnti di commercio e di
scambi dimenticate nel corso dei secoli.
Non sappiamo, e appare improbabile, che il vescovo di Torino abbia
iniziato nel 1210 a perseguitare i
Valdesi: rimane però il fatto che fu
quello il primo segno di intolleranza
che doveva chiudersi solo nel 1848
con l’editto di emancipazione. Nel
1220 poi, gli statuti della città di Pinerolo stabiliscono una multa per
chiunque ospitasse consapevolmente
un valdese in casa sua.
Da quell’epoca fino alla fine del
quattrocento, e cioè per due secoli e
mezzo, i Valdesi subirono visite in
quisitoriali e vessazioni di vario ge
nere, che non degenerarono però mai
in aperte e dichiarate persecuzioni
generali. Non si deve dimenticare
che la Chiesa Cattolica era in quei
secoli in piena decadenza, e che, non
essendo appoggiate dal centro, le autorità periferiche si curavano ben poco di convertire gli eretici, a meno
che questo fruttasse anche denaro:
se c’erano confische di beni in vista
allora lo zelo poteva divenire più
ardente, e ne partecipavano anche i
signori temporali, come dimostra
l’accordo tra Filippo di Savoia e la
inquisizione, che stabiliva la divisione delle spese per l’opera di repres
sione, ma anche la divisione in parti
uguali dei profitti (1297). Forse per
questo troviamo la prima martire valdese, una donna accusata di « valdesìa » e condannata al rogo a Pinerolo nel 1312.
Non bisogna d’altra parte dimenticare che i signori feudali non avevano alcun interesse a che si perseguitassero i loro sudditi, fonte del
loro sostentamento attraverso le varie tasse e decime cui erano obbligati: a prendersela coi Valdesi, ci rimettevano loro per primi, e perciò
furono sempre lenti e contrari a lasciare mano libera agli inquisitori.
Nella Valle del Pellice è sintomatico, per esempio, il fatto che l’eresia
valdese si estendeva solo fino ai confini dei beni feudali dei Conti di Luserna, e non oltre; Cavour e Barge
per esempio, non ebbero mai dei Val.,
desi, come invece li ebbero Campiglione o Bibiana, appartenenti al casato dei Luserna. il che prova in sostanza una larvata protezione dei signori ai loro sudditi eretici.
Forti anche di questo, nel 1332
quelli di Angrogna uccisero il loro
prete e fecero volgere in ritirata l’inquisitore domenicano Alberto di Castellazzo: il fatto era stato determinato dall’arresto in Provenza del
barba Martin Pastre, zelante propa
gandista, a cui gli Angrognini erano
particolarmente attaccati. Non tutti
i domenicani furono fatti fuggire dai
Valdesi; al principio del ’400 Vincenzo Ferreri, poi santo, visitò le
Valli, e ci ha lasciato buone testimonianze specialmente delle scuole
degli eretici, i quali udirono le sue
buone prediche, ma non si convertirono.
I Valdesi erano in genere descritti e
considerati come essere abbietti, gente malvagia e di cattivi costumi, tan.
to che l’epiteto di « barbette » o di
« valdese » veniva considerato non
solo offensivo, ma addirittura un’ingiuria, il cui colpito poteva sporgere querela e per cui il giudice poteva
infliggere una multa. Nel 1448 inoltre
l’inquisitore Giacomo di Buronzo.
essendo venuto a Lusema ed avendovi inutilmente discusso in piazza col
barba Claudio Pastre, se ne partì
« sentendo la polvere dei suoi calzari », e cioè lanciando su tutta la valle l’interdetto, vale a dire la maledizione della Chiesa: cosa che non fece soverchio effetto sui Valdesi del
tempo !
Anche le valli del versante francese
delle Alpi, appartenenti al Delfinato
e poi alla Francia, come la valle
Pragelato che ne seguì la stessa sorte,
ebbero a subire svariate repressioni
in quisitoriali, tra cui notevole quella del 1345, determinata unicamente
dall’ingordigia di denaro del Delfino
Umberto II. Questi aveva .arruolato
il domenicano inquisitore Fra Rufino. con lo stipendio annuo di 60 soldi e la paga giornaliera di 15 denari
grossi d’argento « per purgare i suoi
stati dall’eresia »: il provento delle
confiscìie sarebbe andato al pio Delfino. Le varie comunità della Val
Pragelato comprarono (termine esatto!) la loro immunità con il versamento di forti somme: Mentoulles
pagò in quell’occasione 200 fiorini.
Pragelato 120, Fenestrelle 50, Usseaux 100. Fatto' il conto, il Delfino
Umberto II ebbe un utile netto di
1847 fiorini e rotti : dopodiché la sua
coscienza fu a posto, e sopratutto le
sue finanze furono assestate.
Qualche anno dopo avvenne il noto episodio del Monte Albergian: i
profughi della Val Pragelato, nel
cuore dell’inverno, alla vigilia di
Natale, fuggendo l’inquisitore Borelli furono sorpresi dalla tormenta
e dal freddo sulle alture del monte,
sicché al mattino seguente molte madri si trovarono tra le braccia i bimbi assiderati.
Tutti segni premonitori di una prima organizzata spedizione armata
contro i Valdesi, colpevoli come sempre solo di essere eretici e ribelli alle leggi della Chiesa.
Augusto Armand Hugon.
4
L’Fm DFLLE VALLI VALDESI
La voce delle Comunità
Torre Pellice
Il 31 ottobre. Festa della Riforma, il culto domenicale della mattina è stato presieduto dal pastore
Guido Miegge, Direttore della Soeietà Biblica. Il messaggio del nostro Fratello, di elevata ispirazione,
era inteso a ricordare l’eterna efficacia della Rivelazione Divina nel
rispondere alle necessità umane; la
Comunità l’ha accolto con viva soddisfazione e ■— lo voglia Iddio —
con grande profitto spirituale.
Le numerose Attività della Chiesa hanno ripreso regolarmente il loro corso col 1“ novembre. Data la
mole non indifferente del lavoro,
l’opera dei molti volonterosi Collaboratori dei pastori e del Concistoro
continua ad essere apprezzatissima;
a tutti è assicurata la gratitudine
della Chiesa,
Atti liturgici dal 17 ottobre al 12
novembre.
Battesimi: Tomasini Flores e Tomasini Daniela di Rodolfo (il 24 ottobre).
Matrimoni: Martina Arnaldo Paolo con Pasquet Clementina (il 23 ottobre); Malan Pietro con Roland
Nella (il 6 novembre).
Funerali: Revel Letizia ved. past.
Jahier, di anni 90 (il 17 ott.); Frache Elvira nata Hehler, di anni 65
(il 17 ott.); Tron Enrico, past. em.,
di anni 71 (il 17 ott.); Avondet Alberto, di anni 57 (il 10 novembre).
Dio santifichi così le gioie come
i dolori dei suoi figliuoli.
Pinerolo
La vita della Comunità sta riprendendo a poco a poco il suo ritmo
di attività. Alcuni culti domenicali
hanno dato il segnale della ripresa:
il 10 ottobre, con un messaggio di
circostanza e la celebrazione della
S. Cena; il 17 ottobre, con la partecipazione degli alunni e delle famiglie alla riapertura dei corsi d’istruzione religiosa; il 24 ottobre, con
una predicazione rivolta particolarmente ai giovani dal Past. em. Paolo Bosio; il 31 ottobre, con la commemorazione della Riforma Protestante, a Pinerolo (cand. Gino Conte) e a S. Secondo (Past. Rostan);
il 7 novembre, con il messaggio della consolazione cristiana di fronte
al dolore.
La comimità ha partecipato a questa ripresa ed è ora impegnata nel
lavoro invernale, in modo speciale
in vista degli appelli ad un ritorno
alla Parola di Dio, fondamento della nostra fede C luce della nostra
vita.
— E’ stata accolta con gioia la visita del Past. Paolo Bosio accompagnato dalla sua Signora, il 24 ottobre. Nel pomeriggio, la sala di San
Secondo si è riempita di giovani e
di non giovani, per trascorrere insieme alcune ore veramente belle e
benefiche. Messaggi dei Pastori Bosio e Rostan, oltre alle semplici, serene testimonianze di alcuni fratelli di Torino, da poco giunti alla fede
evangelica.
— Approfittando di alcuni giorni
festivi per la popolazione tutta, il
Pastore ha tenuto due conferenze
pubbliche nel Tempio, la sera del
31 ottobre e del 1“ novembre, sul
seguente argomento: « Lo speranza
cristiana di fronte alla morte. Ha
parlato la domenica sera sul tema:
« O morte, dov’è la tua vittoria? »
e il lunedì sera sul tema: « Che cosa
si può dire sul mistero dell’oltre
tomba? »
Anche in queste occasioni è stato
annunziato agli uomini l’Evangelo
di Cristo, messaggio di verità per la
vita e per la morte.
— Domenica 3 ottobre, il culto è
stato presieduto dal Past. Edoardo
Aime di Angrogna. Domenica 21 novembre, d. V., il culto a Pinerolo
sarà presieduto dal Past. Guido
Miegge, Direttore della Società Biblica Britannica e Forestiera per l’Italia. A chi è già venuto fra noi ed
a chi vi giungerà presto, il nostro
cordiale ringraziamento.
— Atti liturgici.
Battesimi: Wellmann Fva Cristina di Enrico e Gallo Carmela — Rostan Mauro Albertino di Bruno e di
Breuza Livia — Long Aldo di Ermanno e di Long Lilia — Fomerone Letizia di Valdo e di Bessone
Graziella.
Matrimoni: Bonardo Giovanni e
Paschetto Enrica (Pinerolo), il 18
settembre — Pons Guido (Abbadia)
e Ceschia Luciana, il 23 settembre:
Coucourde Oreste (Inverso Pinasca)
e Bruera Maria, il 25 settembre.
Funerali : Revel Cesare (Pinerolo) all’età di 50 anni, il 25 agosto ■—
Cauda Renato (Abbadia) il 28 settembre, all’età di 25 anni, in seguito a tragico incidente stradale —
Long Marta Delfina (Pinerolo) il 1®
ottobre, all’età di 83 anni, per lunghi anni custode della chiesa — Fornerone Luigia re. Geymonat (Miradolo) il 27 ottobre, all’età di 89 anni — Richaud Lilia re. Don (San Secondo) il 2 novembre, all’età di 52
anni, deceduta dopo molti anni di
infermità, sopportata con fiduciosa
e serena pazienza cristiana.
La Chiesa addita alle famiglie nella gioia ed a que.le che sono nel lutto Colui che rimane nei secoli il nostro solo, vero bene, la nostra speranza in vita ed in morte.
Tra libri e riviste
(continua dalla 3“ pagina)
Possa la voce dell’autore essere udita an
cora oggi. e. r.
GIOVANNI PIOLI — Luce sul mistero —
pagg. 32 - presso l’autore: Via San Vincenzo 8, Milano - c.c.p. 3-19349.
L’autore è un medico; le pagine dell’o
puscolo vogliono rispondere a questa do
manda, di grande attualità: «Come si spie
ga la comparsa di lacrime e sangue su im
magini di Madonne? ». L’esposizione è fat
ta con criterio scientifico, la lettura riesce
facile e particolarmente istruttiva. Lo stu
dio attuale « vuole essere, senza scopo po
lemico, l’espressione di un invito al clero
ed ili laicato cattolico a riflettere alla re
sponsabililà che si assumerebbero indui
gendo a una nuova superstizione... un in
vito anche a considerare piuttosto come do
vere immane dell’ora presente quello di
asciugare le lacrime dell’umanità... ».
e. r.
G. C. WEISS — Il vero cristiano — Edizioni Religiose Biginelli - Arezzo . L. 150 Trad. di M. T. de Giustina.
Il volumetto di 90 pagine è tradotto dall’inglese ed è di facile, benefica lettura. Si
tratta di 15 capitoli dedicati allo studio di
aspetti della nostra vita cristiana. Non è
una esposizione nebulosa, teorica e neppure teologica; ma estremamente pratica, fat.
ta di pietà che è utile alla vita presente ed
anche a quella avvenire. Il contenuto del
libro riflette naturalmente l’esperienza religiosa dell’autore ed una certa mentalità
anglosassone influenzata dal pietismo; ma
C! sono in esso motivi di istruzione e di riflessione anche per noi e per le nostre famiglie. E può fare veramente del bene.
e. r.
H. A. IRONSIDE — Le grandi parole del
Vangelo — Edizioni Biginelli —■ Arezzo
- L. 150 - Trad. di E. Fanelli.
Le grandi parole del Vangelo che vengono spiegate e commentate nel volume sono
alcune fra le più note nel linguaggio di
Cristo e degli Apostoli. Anche del carattere
di quest’opera si può dire, come già della
precedente, che esso rivela l’ambiente teo
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Non sciupate i vostri motori con ravvolgiture mal proporzionate
che oltre allo spreco di energia ve ne limitano la durata
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logico da cui proviene l’autore. Buona è
l’intenzione dì spiegare, suUa scorta di pas.
si biblici, il significato di certe parole come queste; rigenerazione, redenzione, giustificazione, santificazione, risurrezione,
glorificazione ed altre ancora, E buono è
pure il lavoro compiuto per il bene di ogni
evangelico desideroso di aUmentare la prò.
pria fede. e. r.
KEITH L. BROOKS Corso biblico basilare — Centro bìblico ■ Piazza Dante 56,
Napoli - L. 60.
Si tratta di un piccolo opuscolo composto
di otto capitoli; in ogni capitolo ci sono
varie domande con indicazioni di passi bibUci. L’allievo deve rispondere a queste
domande; cosi facendo si istruisce neUa
conoscenza della Bibbia.
A. BIGINELLI — / tj^ni spirituali — Edizioni BigìnelU - Arazzo.
E’ un opuscolo di una trentina di pagine;
contiene la sostanza di alcune meditazioni
presentate daU’autore ad un Convegno gio.
vanile.
Il contrassegno dell’amore vero è
questo: se colui che ama dimentica
se stesso, fa solo ciò che piace all’essere amato, non pretende nu’la
da lui, nemmeno grazie, nemmeno
uno sguardo, nemmeno che egli sappia il bene che per mezzo suo il Padre Celeste ha voluto fargli, quegli
ama d’amore perfetto, dell’amore
che non sa pensare a se, ma pone innanzi tutto il bene dell’oggetto amato.
Dal periodico Valdese « La Luce »
Direzione e Redazione: Past. Ermanno Rostan ■ Via dei Mille 1^- Pinerolo - Tel. 2009
Pubblicazione autorízala dal Tribunale di
Pinerolo, con decrctq del 27-XI-1950.
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La famiglia della compianta
Luigia Geymonat
ved. Fornero ne
lingrazia in special modo il Pastore sig.
Rostan, i vicini e tutte le gentili persone
che hanno preso parte al suo grande dolore.
S. Secondo di Pinerolo
(Miradolo), 27-10-1954.
A près une longue maladie a été enlevée
à l’affection de ses chers
Emiiie Durand
née le 27 novembre à Rorà
Sa nièce Dolores, ses soeurs Valentine et
Félicie, son neveu René et son beau-frère
Ë. Musset annoncent ses funérailles qui
ont eu lieu, à Milan, le 13-X1-1954.
Mon âme bénis l’Eternel.
La famiglia Richaud, sensibile alla manifestazione di simpatia ricevuta in occasione della dipartenza della cara
LILIA
ringrazia quanti le sono stati vicini nell’ora
del lutto.
S. Secondo di Pinerolo - novembre 1954
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