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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
'vWAf'^^VXAAz^
Seguendo la verità nella carità. — Efes. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE 5 LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione]____ £. 3 00 c In Toeiso all'Uffizio del Giornale, via del Principe
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 ■ Tommaao dietro il Tempio Valdese.
Per l’Inghilterra, id................... „ 5 50 v Nelle Pbovikcib per mezzo dì francofili po
Per la Germania id................... „ 5 60 < stali, che dovranno essere Inviati franco al Di
Non si ricevono associazioni per meno di un anno. \ rettore della Büosa Novklla.
AU’estero, a’seguenti indirizzi; Parigi, dalla libreria C. MejTueis, rue Rivoli;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMARIO
La libertà di coscienza — Meditazione biblica, un invito misericordioso— Avvertimento alla mediocrità — La testa e la coda — I gesuiti nella Cina — Corrispondenza della B. Novella — Cronaca della quindicina.
LA LIBERTA’ DI COSCIENZA
Il culto della divinità costituendo un semplice ed esclusivo rapl)orto della creatura verso Dio, ne conseguita che l’uomo sia solo
risponsabile dinanzi a lui delle sue credenze religiose, e di quegli
atti e modi con cui intende di riconoscerlo ed onorarlo. È però divietato, secondo ragione e giustizia, ad ogni sociale legislazione d’intervenire arbitra e donna in questi intimi rapporti deU’uomo col suo
Creatore; l’operare altrimenti sarebbe un profanare i sacri penetrali
della coscienza umana, ed arrogarsi un diritto che a Dio solo compete.
Ecco d’onde origini quella libertà che noi chiamiamo di coscienza,
e che iu altri termini vuoisi pure definire: indipendenza dell’uomo
da ogni sociale intervento nei suoi rapporti colla Divinità.
Non havvi certamente alcuna libertà anteriore a questa, nè più
legittima, e che più rilevi la dignità umana. Eppure nel sociale con
\o. f ; V
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soi'zio questa nobile prerogativa fu disconosciuta e manomessa a
segno, che l’imaanità fu travolta nelle più funeste sventure.
Anche il Cristianesimo, che avea ristaurato il concetto della libertà
di coscienza, lottando vittoriosamente contro la tirannide politeistica
dei Cesari, fu a sua volta degradato da tanta abberrazione, fatto
esso medesimo istrumento di tirannide dalla perversità e demenza
dell’uomo, il quale, mentre tutto si arroga e vuole invadere, si lascia
poi in pari tempo esautorare de' suoi più eminenti privilegi.
Il perchè nacque nel suo seno una Chiesa, la quale violando ogni
legge divina, e conculcando ogni umano diritto, volle imporre la religione colla violenza, seguendo in ciò il mal vezzo, comune ad ogni
setta d’ambire la dittatura del pensiero.
In secoli di tenebre e d’igaoranza questa spuria figlia del Vangelo
crebbe a dismisiu'a, e stese su tutta Europa la sua malefica influenza.
Per tal ragione le leggi politiche s’informarono o^Tinque a quei principj che essa sanciva col sangue e coi patiboli. Di qui la civile intolleranza religiosa, empia, incivile, insociale. Si usurpò a Dio il diritto
ch’egli avea di seder solo giudice della coscienza umana; si diniego
all’uomo la sua più eminente e legìttima libertà, e finalmente si allumò la face delle discordie e delle guerre fratricide.
E chi havvi fra noi che non sia stato ammaestrato da una storia
ferale di sangue e di carneficine ?
Ma questa notte di caligine e d’ignoranza, di orrore e di spavento
ha finalmente compito anch’essa di suo tramonto; ed il cristianesimo
ritornò a ristamare una seconda volta il falsato concetto della libertà
deU’umana cosienza, bene di cui il mondo va ora debitore alla Eiforma religiosa del secolo sedicesimo.
Molta parte d’Europa, illuminata dalla divina sapienza del Vangelo, cristianizzò le sue leggi, e queste divennero tosto incremento
di civiltà ed universale progresso.
La misera Italia, questa leggiadrissima primogenita dell’Europea
famiglia, dopo d’aver recato per ben due volte al mondo intero il
benefico dono della civiltà, ha dovuto vedere altre più felici nazioni
avanzarla, non che nel cristiano intuito, nel materiale ed estrinseco
progresso sociale, precisamente perchè le sue leggi civili non armonizzavano colle divine, della qual sventura essa va unicamente debitrice alla malefica influenza di quella Chiesa tiranna, cui volle
subire.
Tutti gli sforzi che essa fece in questi ultimi secoli per ritornare
alla sua gloria e primitiva possanza, le riuscirono inutili, perchè co-
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stantemente contrariata e combattuta, compressa c soflbcata da un.i
politica religiosamente intollerante. Si avverò così, a suo danno, che
la schiavitù del pensiero è pur sempre, se non la morte, l'agonìa dei
popoli.
Lottò la generosa e lungamente e cou mirabile costanza, ma la
\ittoria non le sorrise, se non quando fece miglior viso alla libertà
di coscienza.
11 Piemonte fu il primo a darne il nobile esempio, ed un decennio
di esperimenti ha provato quanto le libertà politiche si avvalorint)
dalla libertà religiosa. Il Piemonte, che prima era gesuiticamente
camuffato, risplende in oggi irradiato dall’aureola della gloria più
bella. Da misero e spregiato valletto dell’Austria si è fatto il suo più
temuto avversario, ed ha potuto stendere la mano soccorritrice agli
altri popoli d’Italia, che ora si stringono seco lui in patto di fraterna
amistà intorno al più leale dei re.
Se non che molta parte d’Italia è da despotismo ancor compressa;
ed il popolo che più d’ogai altro morde disperatamente le catone del
servaggio, è il popolo Eomano. Questo popolo fiero e nobile, che fu
già signor del mondo, è ora flagellato dal vincastro de’ suoi preti !
Triste ed umiliante condizione ! Egli deve ubbidire a coloro che in
nome di Dio lo degradano, lo demoralizzano, lo abbruttiscono. Egli
deve curvar la cervice sotto il giogo di coloro, che in nome del Vangelo lo imprigionano, lo esiliano e lo mandano alla gogna. Egli ha
duci che lo guidano all’abisso, e maestri che lo pascono di fole, d’ignoranza e di superstizione. 0 singolari maestri d’Israello ! Voi vi
chiamate il sai della terra, e l’avete condita di stoltizia. Voi vi chiamate la luce del mondo, ed operato nelle tenebre. Di quale obbrobrio
non siete voi cagione per il glorioso nome cristiano, e di quale sventura per la nostra povera Italia ! La vostra intolleranza ha messo la
disperazione nel cuore, e la bestemmia sul labbro d’un popolo generoso, e basterebbe essa sola ad annientare, non che il cristianesimo,
il nome cristiano, se la Chiesa di Cristo non riposasse sicura sull’infallibile sua parola. Insensati ! Non sentite l’alito divino che riscalda
e ravviva le ossa inaridite ? Non udite il fremito d’un popolo che ritorna a vita, e che sta per chiedervi ragione della giustizia diniegata,
della sua libertà violata e d’ogni suo diritto manomesso ?
Avventuroso Piemonte ! Tu hai potuto, il primo fra i popoli italiani, proclamare la libertà di coscienza, mercè la civile sapienza e
la cristiana giustizia di un magnanimo monarca, ben degno di
miglior fortuna. E si fu allora cho molti generosi figli d’Italia si ri-
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covrarono sotto le tue libere tende ospitali, i martiri della patria
riatcesero in te la sacra fiamma della carità cittadina, ed i più eletti
ingegni resero illustre il tuo nome oltre l’alpi ed oltre i mari. Se di
molta fama vai tu dunque glorioso, lo devi a quel libero e grande
principio, sul quale hai innalzato il tuo politico edifizio, la libertà
del pensiero e della coscienza.
Ma questo principio, avvegnaché nobilissimo e fecondo di così
grandi beni, ha dovuto e deve tuttavia lottare contro il malefico genio
della religiosa intolleranza. E per verità, di quali persecuzioni non
furono eglino anche a dì nostri, fatti segno i seguaci del Vangelo ?
E certamente ingrato uficio quello di ricordar cose che conturbano
la pubblica gioja in questi giorni di così grandi speranze; eppure mi
corre l’obbligo di farlo.
Non ha guari un genitore diseredava un suo figlio perchè avea abbracciato il puro Cristianesimo, ed il magistrfito sanzionava quell’atto
appoggiandosi alla lettera del codice. Io confesso di non sapermi
spiegare iu modo consentaneo alla giustizia, anche puramente legale,
questo fatto. Mi si cita il codice; ma esso, in questa parte, è in manifesta opposizione collo Statuto elargito dal magnanimo Carlo Alberto. Se pertanto lo Statuto riconosce e proclama la libertà di coscienza, ed accorda il pieno esercizio dei diritti civili agli accattolici
dello Stato, il codice, quando si trova in opposizione allo spirito ed
alla lettera della nostra carta costituzionale, per non parlare della
pubblica opinione, non potrebbe più, a mio giudizio, somministrare
una norma, non dico equa od intrinsecamente giusta, ma eziandio
puramente legale al magistrato, per formarsi un retto criterio su fatti
analoghi a quello che ho dovuto segnalare. Come poteva dunque il
padre in discorso privare il proprio figlio, j)er religioso dissenso, di
quei diritti che gli sono garantiti dallo Statuto ? e per conseguenza
come poteva il magistrato sanzionare quel fatto? Dov’è la legalità in
questo caso ? dove la giustizia, lo spirito liberale dello Statuto e dei
tempi? il rispetto alla coscienza individuale ed alla pubblica opinione?
La Magistratura piemontese, non sarò l’ultimo%a dirlo, fu sempre
e meritamente stimata per chiara dottrina e specchiata integrità;
ciò ch’essa fu per lo addietro lo è pure di presente, ed è per questo
appunto che trovo inesplicabili alcuni suoi atti. So che molti, anzi
moltissimi ed illustri magistrati disapprovano l’operato di alcuno di
loro ; ma ciò non toglie che tratto tratto s’abbiano a vedere sanzionati
in nome della giustizia e della legge atti che sono assolutamente ingiusti ed illegali.
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¡Se lo studio di civile giurisprudenza non si deve punto rassomigliare alle grettezze e soffisticlierie del giure teoeratieo-romano, evidentemente il magistrato illuminato e coscienzioso saprà applicare la
legge secondo lo spirito dei tempi, ed allontanerà in cotal modo il
sospetto, a moltissimi comune, che si lasci talvolta prevenire da spirito
di religiosa intolleranza, e che sotto il mite e liberale governo di
Vittorio Emanuele II sabbiano a rinnovare atti, che per ingiustizia
cd inumanità si rassomiglierebbero troppo da vicino a quelli che
veggiamo tuttodì consumarsi sotto la stolida ed efferata tirannide
degli Antonelli.
Mentre scrivo queste linee, vengo iu buon punto informato che
una Commissione di chiari ed illustri giurisprudenti sia stata incaricata dal saggio e provvido nostro governo di porre i nostri, codici
in armonìa collo spirito liberale dello Statuto, e colla sempre progrediende civiltà del secolo. Io riposo sicuro sul senno e sul cristiano liberalismo di quegli eminenti personaggi, ai quali venne affidato il
nobile incarico, e prego caldamente il Signore ad assisterli in questo
lavoro, che segnerà un’epoca novella nella nostra civile legislazione.
MEDITAZIONE BIBLICA
UN INVITO MISERICORDIOSO
“ Venite a me, voi tutti che siete travagliati
“ ed aggravati; ed io vi alleggerò. ”
Matteo XI, 28.
Oh! prezioso detto del Salvatore, sul quale può l’anima ii[)osare
con tutta fiducia, e nel quale rinviene ima pace eterna! E non per
le celesti stanze solamente ci è promessa una tal pace, chè fin di
quaggiù noi possiamo assaporarla. Aspettando il riposo della gloria,
noi possiamo godere il riposo deÀla grazia. Di già fannosi presentire
gli splendori della città di Dio ; di già l’ombra della gran rupe stendesi sul nostro arido suolo. Senza dubbio, il mar di vetro perfettamente piano non trovasi che davanti il trono di Dio ; ma havvi, fin
da questa terra, un posto per coloro che sono sbattuti dalla tempesta: “ Noi che abbiamo credìdo, entreremo nel riposo. ”
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Lettore mio ! hai tu trovata la soave pace comprata col sangue
di Emmanuele ? Dopo aver vagato per molto tempo qua e là, cercando riposo, e noi trovando, risuona ella al tuo orecchio, come
soave armonìa, questa chiamata del tuo Salvatore: Venite a me?
Pericolosa, fittizia, ingannevole è qualsiasi altra pace. L’aquila prigione rode le sbarre indorate che la tengono cattiva ... misero compenso alla libertà perduta! Non possono le immortali aspirazioni
dell’anima venir appagate se non dal possesso della grazia di Dio
e dell’amore di Gesù.
E quale larghezza, quale pienezza in quell’invito ! Se ad una sola
condizione ci fosse convenuto di adempiere prima di entrare nell’arca
dell’alleanza, saremmo stati, dalla tempesta, balestrati, in tutta l’eternità; ma no, tutti sono del pari chiamati; tutti saranno del pari
ben venuti ; la pace di Dio è offerta ad ognuno senza denaro e
senza prezzo alcuno. Una porta è aperta alla grazia per il debole,
per il peccatore travagliato dal sentimento delle sue colpe, per l’anima carica del peso deH’afflizione.
Ritorna dunque nel tuo riposo, anima mia ! ed infonda in te,
quella soave parola di G-esù, tanto coraggio che basti per sopportare
le prove di questa terra. Alla di lui ombra tu te ne stai sicura per
il tempo, sicura ¡ler l’eternità ! A molte scosse, a molti timori, a molti
aberramenti (altrettante conseguenze dell’interna tua corruzione) tu
dovrai ancora far fronte ; ma non saranno più che come quei flutti
che scorgonsi alla superficie del mare. Al disotto regna una calma
inalterabile; Tu manterrai vera pace, sta egli scritto, a chi si confida in te.
E se il prelibai-e un tal riposo è già cosa tanto soave, che ne sarà
di quel riposo goduto durante tutta l’eternità? Oh! prospettiva oltre
ogni dire deliziosa! quando, al mattino deH’eternità, noi ci sveglieremo, il sogno efimero della vita scomparirà dietro a noi; la nostra
fede sarà trasformata in vista, la nostra speranza in realtà; non rinverrassi più in noi l’inclinazione al male; nulla verrà a conturbare
l’eterna serenità dell’anima; ed il cuor nostro troverà per sempre nel
godimento del Dio infinito un riposo perfetto ed eterno. Queste
COSE VI HO DETTE, ACCIOCCHÉ’ ABBIATE LA PACE IN ME.
( dall’ inglese )
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AVVERTIMENTO ALLE MEDIOCRITÀ’
1( lu conosceva che tu sei uomo aspro,
n che mieti ove non hai seminato, e ri« cogli ove uon hai spar.so. »
Jlatteo XXV.
Caro amico, io v'ho udito testò deplorare i vostri mezzi in,sufficieuti, la
vostra posiziono modesta, la vostra fortuna più che ristretta che vi tolgono
ogni possibilità d’influire efficacemente sopra quelli che vi stanno d'intorno;
ed è per la debolezza dei vostri doni che stimate giustificare il genere di
vita che seguite, .solitario, silenzioso e rinchiuso nel circolo ristretto dei
vostri vicini: — in ciò siete il rappresentante d’una moltitudine d’uomini,
anche cristiani, dell’epoca nostra, e cercando io couvincer^'i d'errore, calcolo indirizzarmi pure ai tanti vostri simili. — Il tempo nostro, ad onta
deU’importanza degli avvenimenti che passano sotto gli occhi nostri, è assai
povero d’individualità potenti; anche dopo le prove dello nostre armate,
anche dopo gli allori che hanno colti, sui campi d’Italia, i Macmahon, i
Garibaldi, i Cialdini, — cercasi tuttavia, noi drammi contemporanci, dogli
uomini e degli attori che sieno all’altezza delle scene che recitano; le naturo
forti, le anime profonde che realizzano neH'Lmo del cuore gli avvenimenti
della publica piazza, e danno alle azioni, grandi per le conseguenze loro
materiali, delle proporzioni morali, questi uomini, esempio e modello del
popolo — dove sono eglino'? io li cerco senza trovai'li, sperando infine che
il sole della libertà li farà uscire dal fecondo suolo d’Italia, Voi mi dite
essere precisamente la stessa esperienza che vi scoraggia e vi abbatte e,
per compiere il quadro, aggiungete che il mondo religioso non fa eccezione,
e che là come do\Tinque le grandi individualità scompaiono, lasciando il
posto ad uno stuolo di mediocrità che non acquistano che l’importanza del
numero.
Voi pronunziate la parola, caro amico; i nostri contemporanei sono, in
genere, persone mediocri; la nostra società, la nostra vita religiosa, le nostre
opere, noi pur troppo! sì, noi stessi siamo per la più parto deUe mediocrità.
Le grandi voci dell’eloquenza e dol pensiero fecero silenzio le une dopo le
altre; la Chiesa come il secolo sembi’a muoversi nel mediocre, e quando gli
avvenimenti medesimi sono giganteschi, gli uomini sembrano ancora piccoli.
Caro amico, dinanzi a questa verità poco lusinghiera per noi, che faremo?
Ascoltate ciò che fece il servitore malvagio e ne<jlirjcnle : — egli prese il
suo talento, lo involse in uno sciugatoio e lo nascose in terra; e quando il
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Padrone venne, glie lo rese dicendo: io conosceva che tu sei uomo aspro,—
creo tu hai il tuo.
Tale è il linguaggio della negligenza e dell’orgoglio. Della negligenza,
perchè è sempre più comodo e più spediente di non far nulla; dell’orgoglio,
perchè quand’egli non può primeggiare, si ritira e non vuole altro posto che
il più rimarchevole. Havvi di più; affianco della negligenza e dell’ergoglio,
v’ha una profonda ingratitudine verso l’Autore d’ogni bene, verso Colui
che arricchisce e impoverisce ; il servitore inutile ed orgoglioso misconosce
ciò che Iddio gli diede, per non ricordarsi che di quello che gli negò; è
umiliato per non essere all’altezza dei primi, nel mentre che dovrebbe es•sere onorato di non trovarsi fra gli ultimi. Da tutte queste disposizioni riunite, risulta uno stato dì disgusto, d’indifferenza, e, in sostanza, un deplorabile scoraggiamento, che n’è la giusta punizione e, nel medesimo tempo,
uno de’ mali più difficili a sanare, perchè Gesù Cristo ha detto; — Come
potete voi credere se cercate la gloria gli uni dagli altri? La radice di questo scoraggiamento, — è la ricerca di noi stessi, — orgoglio, negligenza,
ingratitudine, tutto ciò può chiamarsi, con nome comune, egoismo, e l'egoista che non ama alcuno, eccetto se stesso, come mai potrebbe credere
all’amore di Dio , e confidarsi in Colui che solo può supplire alla sua
inopia ?
Voi non volete fare il culto di famiglia a casa vostra; —perchè? perchè
vorreste farlo benissimo e rimanere col sentimento d’avere ben parlato,
bone predicato, bene pregato; — voi non volete incaricarvi di un circolo
di fanciulli nella scuola della domenica, — perchè? perchè non potete far
bene come altri, e se vi mischiate di una cosa, voi dite, bisogna che la cosa
vada egregiamente ; non volete visitare il tal malato e leggergli un capitolo
della Bibbia, — perchè ? perchè pretendete ancora essere troppo freddo in
materia di religione, perchè non vi sentite abbastanza ben disposto ; non
osate aprire la bocca a prò della vostra fede nella tale società di derisori,—
perchè ? perchè non siete abile nella discussione, perchè non avete la parola al vostro comando, — cioè perchè in tutti questi casi avete fatto e fate
come il servitore negligente ; avete involto il vostro talento in uno sciugatoio, l’avete nascosto, e il malcontento che allora sorge qualche volta dal
vostro cuore si traduce nel linguaggio perfetto deUa verità divina, iu queste
parole : « io conosceva che tu sei uomo aspro, che mieti ove non hai seminato,
e ricogli ove non hai sparso! ” Se almeno io fossi come un tale che comprende facilmente, che parla bene, che ha del fascino e si fa ascoltare ! Ma
io, che valgo? — Quante anime ohe si lamentano così, e resistono contro
le vie dcUa Provvidenza, e in luogo dì acquistare nuovi doni, come potrebbero, perdono quelli che hanno!
Chi vi ha detto, amico mio, che non giungerete colla perseveranza a fare
non solamente un po' bene, ma eziandio assai bene. « Io sarò sempre un es-
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sere mediocre. » È ciò che vi umilia; voi siete mediocre, io non \ì contraddico; non dirò nemmeno col savio pagano che la migliore condizione è la vostra, un’ aurea mediocrità'; — cioè vero forse in tutto fuor che nella vita
religiosa e morale;—no, c’è nel vostro rammarico di trovarvi ancora in una
grande mediocrità di forza, di vita, di zelo, di fede, c’è, dico, in esso qualche
cosa di vero; — dovete uscirne, — ma come ? Ve lo insegni la Scrittura, « tu
devi mettere i miei danari in man di banchieri......» voi dovete uscirne,
uscir dobbiam noi dalla nostra impotenza, per la fede, per l’umiltà, per
l’attività. — La fede! — ecco ciò che abbisogna per combattere lo scoraggiamento;— l’umiltà! — ecco ciò che abbatterà l’orgoglio della nostra
mediocrità; —l'attività! — ella scaccierà la nostra detestabile’negligenza.
Mettere il 'proprio talento alla banca, — ecco un atto di fede che esige una
reale confidenza uella potenza del Bene, — crediamo alla banca di Dio,.
alla sua perfetta puntualità a pagare gl’interessi dol nostro piccolo capitale;
non temiamo di tentare qualche cosa per il bene; — Non ha egli detto Iddio
a Caino medesimo; « se tu fai il bene, non vi sarà eyli esaltazione? » Io
fui sorpreso come, ad onta del male che regna dovunque, il bene abbia pure
tante volte riuscito; in proposito il proverbio dice vero: « non v’ha che il
primo passo che costi. » In un tempo come il nostro, nessuno può nè deve
scaricarsi «opra altri, in ordine all’avanzamento del regno di Dio, e, nemmeno in ordine al trionfo del bene e delle cose temporali. Quando le grandi
individualità, che l’hanno seguito istintivamente, mancano, c'è un appello
più diretto all’attività individuale e agli sforzi di ognuno.
Cerchiamo di far il bene, quanto bene è possibile ; il Signore approverà,
crediamo alla sua parola, crediamo al suo amore, egli ha detto : « a chiunque
ha sarà dato. »
G. A.
LA TESTA E LA CODA
Nel Cristianesimo giova distinguere la testa dalla coda. La testa è il pensiero moderno, la coda, il fardello delle idee antiche. Questa tien dietro a
({nella, e quella non può disgiungersi da questa per una legge che è d’ogni
tempo, e che vuole che il vecchio si mescoli col nuovo, il passato còl presente. Così ogni innovazione è tosto seguita da reazione : la coda, che era
poc'anzi la testa e che se ne vede allontanata, cerca con ogni mezzo di riprendere il suo posto. Così avvenne al Cristianesimo. La coda seppe maneggiarsi così bene, ch’essa giunse a ripiegarsi sulla testa. — La caricò del suo
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peso, ne compresse il movimento, e l’avea quasi soffocata sotto il fardello
che la costrinse di portare. La testa comincia a sbarazzarsene alla voce di
Lutero: qual sussulto si fu quello della coda ad un tratto! qual rabbia!
qual lotta ! Il litigio si assopisce ; le forze sono esaurite dall’una parte e
dall’altra; un secolo scorre nella tregua e nel riposo; la politica e le sue rivoluzioni occupano ben tosto tutti gli spiriti, e l’idea religiosa sembra posta
in obblìo. Eccola ricomparire, e con essa la pugna; la coda raddoppia gli
sforzi per avvinghiare e ricoprire la t^sta, ma la vittoria sorride a questa,
perciocché essa ha in suo favore e la eloquente rimembranza del mal passato
e le belle prospettive dell’avvenire. Il passato resiste, ma finisce sempre per
cedere, la qual cosa non deve recar stupore, perciocché si è desso stesso che
ha generato ciò che lo deve rimpiazzare.
Saturno divora i suoi figli, ma havvene uno che gli sfugge, e che giunge
a bandirlo dal cielo.
I GESUITI NELLA CINA
« I Gesuiti, ne’ loro collegi cinesi, fanno spiegar Confuccio ai loro allievi,
onde porli in istato di subire gli esami d’ammissione agli impieghi dello Stato,
e procacciarsi in tal guisa dei discepoli influenti ed alto locati. Eglino ciiconvcngono così la Cina colla Cina, affine di poterla sorprendere con più
sicuro successo. Simili artifizj sono a loro famigliari e di antica data ; tuttavia
non hanno mai potuto assicurar loro grandi risultati ; poterono eon essi aggitarsi per lunga pezza, senza però giungere ad alcun costrutto. L’astuzia
non giova che come accessorio, almeno nelle grandi intraprese; ma quando
la si vuole movente principale, si può essere sicuri ch’essa fallisce. L’imprevisto sventa sempre le lunghe astuzie, e le astuzie gesuitiche si sa non
esser curte ; esse sono sempre di lunga portata. Sono soldati che bruciano
molta polvere, quanta ne possono, ma essi non sparano che di nottetempo ;
il giorno l’intorpidisce e si direbbe che li fa morire asfitici.
Così dacché ricomparisce il giorno, si disperde e distrugge ogni loro
lavorìo notturno. Vero è ch’essi lo ricominciano tosto che sopraggiunge la
notte, ma essa non dura mai abbastanza pel compimento dell’opera loro. La
brevità delle notti e la lunghezza dei giorni furono sempre lo scoglio fatale
d’ogni loro impresa, e del loro coraggio. S’eglino potessero perdurare per
ventiquattr’ ore, mal si saprebbe presagire che cosa ne potrebbe succedere.
Ma la luce li affoga. — Questo è il compendio della loro storia — »
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CORRISPONDENZA DELLA B. NOVELLA
Firenze ‘l'I sellevihrc 1859.
Caris.siuio signor Direttore,
Questa letterina vi mando per far noto ai vostri lettori, che la felice
estensione deU’opera nostra, acquistataci dagli ultimi eventi, dà le migliori
speranze e sembra dover andar crescendo, col crescere delle politiche e
civili libertà. Onde giova credere che, salvo qualche nuovo sconvolgimento,
potremo lavorare in pace qui in Toscana e nell’altre provincie dell’annessione. Sebben giunto da pochi giorni in questa bella città ho potuto scorgere che noH mancherà il lavoro nè la ricompensa del Signore all’operaio;
e senza dimenticar le difficoltà che derivano dalla doppia critica posizione
e politica e religiosa del paese, ho buona fiducia chc il Signore sarà con
noi e condurrà molte anime alla sua conoscenza. — Dal mio predecessore
signor B. M... tengo i dettagli e le direzioni necessarie per il materiale
dell'opera, ed ho potuto convincermi di quel che mi dice intorno ad alcuni
fratelli i quali, nei loro modo di giudicare le quistioni religiose, gli parvero
consentanei ad un sano raziocinio ed ai principj evangelici di una chiesa
ordinata. Oh piacesse al Signore che, vinti gli ostacoli d’ogni sorta che si
oppongono al suo Vangelo per parte del mondo incredulo, del clero ignorante, e delle sètte anarchiche, risplenda agli occhi di tutti la sublime luce
della verità qual’è in Cristo, sol capace di salvare e salvando di assicurare
all'individuo come ai popoli il doppio benefizio del vero ordine e della vera
libertà.
Ho sentito che da Milano pervenne alla nostra amministrazione la domanda di un pastore per quella congregazione, e che il fratello, al quale fu
fatta la proposta di recarvisi, ad onta di tutti i vantaggi che da tale coniiuista scaturirebbero pell’opera in genere e pella Lombardia in ispecie,
abbia intenzione di ricusarsi ad andarvi por motivi a lui particolari. — Oh
se potessi dire o far qualcosa per incoraggir o lui od un’altro ad accettar
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•quel posto, acciò venisse ben presto predicato il puro Vangelo nella città
di Claudio e di S. Ambrogio!
Ho per l’appunto ricevuta una lettera d’una signora di Milano cbe manifesta quel santo desiderio, e voglio trascriverne qui un brano...
Carissimo fratello in Cristo,
« .................. Lo scopo che mi propongo è quello di raccomandarle
« la mia diletta Milano non che tutta la Lombardia. Ora che è con voi,
« che è redenta politicamente, desidererei lo fosse anche spiritualmente.
« Ond’io lo prego e prego i suoi compagni d’opera afiiiochè vogliano pen« sare a portar in queste parti la parola salvatrice del Signore.
« Mi perdoni, caro signor Pastore, se una meschina donna osa tanto, ma
« è l’affetto che nutro verso i miei simili, i miei concittadini ed i miei com« patrioti, che mi spinge a dir tanto. La carità cristiana che anima gli
« operai del Signore, saprà comprendermi. Oh portino in questi cari paesi
« la buona novella della salute ! Intanto la serva del Signore, benché l’ul« tima, pregherà affinch’ egli faccia’ discendere ne’ cuori, qual balsamo sa« lutare, il suo Spirito di Vita. »
Gradisca, etc.
M. C.
Non aggiungerò nulla a tali accenti. Possa quell’appello tanto umile ma
tanto caldo di una santa donna, toccare i nostri cuori, e spingere un’operaio
fra noi a rispondervi ben presto, per l’estenzione del regno di Dio e la consolazione dei cuori anziosi di salute.
V. aiF. fratello in Cristo,
0. C.
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CRONACA DELLA QUINDICINA
Il voto delle Eomagne di annessione al Piemonte.—Il vescovo di Reggio (Modena).—
I Brusi ed i Maroniti del Libano. — Riforme Austriache. — Necrologia.
Un periodico d’indole atrabilare, diventò completamente idrofobo al leggere i motivi che l’Assemblea Romagnuola adduceva per legittimare il suo
ripudio della sovranità temporale del Papa, e la sua annessione al Piemonte. Esam-ito un intiero vocabolario di sarcasmi ed ingiuriosi epiteti,
trova comodo espediente la smentita.
Non è cosa nuova che periodici, sedicenti religiosi, si chiariscano non
solo leggieri ed imprudenti, ma altresì cinicamente nemici della verità,
della patria e della religione. La pubblica opinione però li punisce con
quella severità che si meritano, li disprezza e non si cura punto del lor ringhiare
Noi però per conto nostro amiamo di osservare, che l’Assemblea Romagnuola poteva benissimo, senza correre alcun rischio d’essere smentita dai
fatti, aggiungere ai suoi temperanti.ssimi considerando, che i delitti non si
moltiplicarono nelle Romagne che pel mal’ esempio delle autorità pontificie. — Essa poteva altamente dichiarare che il disprezzo delle leggi era
appunto causato dal giornaliero esempio di quelle autorità che, violandole
per arbitrio ed iniquo de.spotismo, aveano quasi onninamente cancellato il
senso morale in quelle popolazioni. Prova lampante di questo asserto non
erano forse gli ultimi tre mesi, nei quali, cessate le autorità papali, i delitti
diminuirono, e crebbe la sicurezza pubblica? — Certamente l’Assemblea
non avea penuria di ragioni por legittimare al cospetto d’Europa il ripudio
che essa faceva della sovranità del Papa. Un governo che avea distrutte
le libertà locali, violate le antiche franchigie , eretto 1’ arbitrio a sistema, introdotta la corruzione negli ufici e nei tribunali, istituito un comunismo tale, da degradare, come altri disse, quello dei Babeuf e dei Louis
Blanc, e ripudiata qualsiasi riforma, perchè esso è tale, da non potersi riformare senza suicidarsi, un tal governo, diciam noi, somministra ad esuberanza ragioni per esser posto al bando della civiltà, e respinto da un popolo che ha il diritto di essere cristianamente governato.
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n malefico genio che presiede ai destini del popolo Romano, estende
sventuratamente la sua influenza sopra non poche sommità chericali della
penisola, e l’odioso incubo non si perita di rivelarsi in pien meriggio.
NeU’ultimo nostro numero ricordavamo un atto di religiosa intolleranza
del vescovo di Bergamo ; ora è il vescovo di Reggio che ne ripete lo sconcio
esempio; ed ecconeil fatto, come viene concordemente narrato dai periodici
politici dello Stato.
H municipio di Reggio avea con apposito avviso invitato i cittadini ad
accorrere, la mattina del 18 volgente, alla cattedrale per assistervi al Te.
Deum che si voleva cantare per la risposta data dal nostro magnammo Sovrano alla Deputazione Modenese. Ma dopo mezz’ora compariva un secondo
avviso ad informare il pubblico che, per ragioni indipendenti dal municipio,
l’uficiatura si sarebbe invece eseguita nella chiesa di san Prospero. — Anche questa volta il vescovo cd i canonici avevano rifiutato il loro ministero.
La funzione si compiè dunque con pompa e grande affluenza di popolo
in san Prospero. — Il Duomo rimase completamente deserto, poiché sino
da quella mattina su tutti i canti della città si leggeva ; non mai più
a messa in Duomo ; ed in molti luoghi si trovò scritto a grandi caratteri il
seguente proclama:
Ritenuto che il vescovo non vuole che in Duomo si preghi per la patria,
ma solo per Francesco V e per l’Austria, il popolo
Decreta :
a Sarà chiamato nemico della patria chiunque entrerà in Duomo. »
La chiesa rimase dunque deserta; tutti accorsero in san Prospero, e questa dimostrazione ebbe luogo senza violenza, senza soprusi e senza alterare
menomamente l’ordine che continuò a regnare il più perfetto.
L’operato del popolo di Reggio è certamente degno di sommo encomio.
Esso si diportò in quella guisa, che gli veniva suggerita dalla propria di •
gnità. — H modo da lui tenuto, per punire l’orgogliosa intoUeranza del suo
vescovo, sarebbe veramente quello che dovrebbero sempre addottare gl’italiani in fatti analoghi. — Lasciare i preti in disparte, lasciarli nelle loro
chiese ad intendersela come loro talenta, e non prendersi alcun pensiero di
loro. E, poiché essi si chiariscono con tali portamenti non solo nemici della
patria, ma infedeli guardiani dell’ovile di Cristo, i popoli, da tanto tempo
così indegnamente bistrattati da questi mercenari, dovrebbero pur rivolgersi
al solo ed unico buon pastore, che li condurrebbe a salvazione !
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Ogni qual volta noi ricerchiamo un qualche riscontro della religiosa intolleranza della Chiesa di Roma, il solo Islamismo risponde alle nostre
ricerche. — Narreremo un fatto recente che segna appunto l’odioso paralello.
I Drusi si sollevarono novellamente contro i Maroniti. — Beytijemert, a
qualche lega di distanza da Betrouth, fu il luogo della mischia. — 1
ragguagli che di colà pervennero in Europa fanno presagire che la guerra
prenderà questa volta delle funeste proporzioni, e che ricorderà i cattivi
giorni del 18-41.
Fratanto è noto che i Drusi, dopo un giomo di continuo combattimento,
in cui molti furono i morti ed i feriti d’ambe le parti, si dispersero nei dintorni di Beytiemeri, ed incominciarono a saccheggiare ed incendiare i villaggi cristiani, non risparmiando per sino i monasteri e gli altri stabilimenti
posti sotto la protezione europea.
I filatori di seta, veggendo le loro filande minacciate di distruzione, si
consigliarono d'inalberare il vessillo francese. — Dicesi che il console di
quella nazione mandasse sul luogo doUc forze per proteggere i suoi connazionali.
Sgraziatamente però i Drusi sono sostenuti dai loro correligionarj delle
città, i quali loro procacciano munizioni da guerra, e li eccitano a continuare la lotta.
n governo ottomano, che avea sino ad ora fatto il sordo, e disprezzato
tutti gli avvisi che lo prevenivano di questa sollevazione, ha finalmente
spedito qualche reggimento di soldati ed un commissario. Ma questo troppo
tardo intervento si è arrestato a Beytiemeri, ove non v’era già più nulla da
fare, e gl’incendj continuavano a breve distanza colla più completa impunità. — Dalle alture delle montagne il commissario stava mirando le fiamme che distruggevano le proprietà dei cristiani.
Se l’islamismo ed il romanesimo volgono precipitosamente al loro tramonto, l’idea cristiana è evidentemente destinata a conquistare il mondo.
Pochi ijiesi addietro, chi avrebbe mai detto cho 1’Austria riconoscerebbe
i diritti de’ suoi sudditi protestanti ? Eppure è ora questo un fatto irrecusabile.
Un decreto imperiale riconosce definitivamente Vantonnmia deUe cliiese
protestanti nell’Ungheria e nelle provincie adiacenti, le quali contengono
all incirca tre milioni di protestanti.
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A tenore del decreto che fu pubblicato, le chiese protestanti potraimo
amministrarsi da loro stesse. — AUe parocchie spetterà esclusivamente la
nomina dei pastori ed institutori, e i sopraintendenti saranno nominati dai
pastori del distretto. — Non sarà frapposto alcun ostacolo alla costruzione
di templi. — In ogni anno poi le soprintendenze avranno un sinodo, ed ogni
sei anni le chiese della confessione d’Ausborgo e quelle deUa confessione
Elvetica terranno un sinodo generale, al quale non interverrà alcun commissario governativo.—Professori stranieri potranno essere chiamati ad
insegnare nei ginnasj protestanti.
Delle disposizioni improntate dello stesso spirito saranno pm-e applicate
alle provincie alemanne deUimpero, e già fu rivocato l’ordine assui'do che
decretava che i due concistori dei culti luterano e riformato a Vienna doveano avere un Presidente cattolico.
Il Cristianesimo, che va ricoverando sotto le sue libere tende i’opprcssa
umanità, innalza ovunque il suo faro luminoso che di benefica luce rischiara
la terra. — DaU'Europa alle più remote contrade dell’Asia scorse qual luminosa meteora un uomo, del quale la stampa religiosa di tutti i paesi protestanti lamenta la morte, avvenuta a Calcutta in sul principio dello scorso
luglio: quest'uomo singolare ed eminente è il missionario Laceoix. — Morì
neUasua età di 60 anni; — egli era nato in Isvizzera. — Giovanissimo ancora andò alle Indie sotto gli auspicii deUe missioni dei Paesi-Bassi. —
Più tardi passò al servizio della Società deUe missioni di Londra, e lavorò
nel Bengala per ben 40 anni aU’incirca senza alcuna interruzione. —Nella
sua gloriosa impresa sviluppò tali qualità fisiche ed intellettuali, che di rado
soglionsi rinvenire unite neUo stesso individuo. Divenuto maestro di lingua
Bengalese meglio d'ogni altro Europeo, si trovò eminentemente adatto
aU’uficio di predicatore fra gl’indiani. Vi applicò tutta la sua energia, e
tuttala sua perseveranza: ed i successi ch’egli ottenne neU’esercizio di
questo ministero sono di pubblica notorietà nel Bengala, sia fra Cristiani che
fra gl’idolatri.—La sua pietà era così vera, il suo giudizio così sicuro, il suo
zelo così disinteressato, U suo attaccamento così solido, che bastava^conoscero
il Lacroix per stimarto ed amarlo. —La sua morte perciò lascia nella carriera
che ha per si gran tempo illustrata un vuoto, che sarà difiicile riempiere.
Domenico Grosso gerente.
TORINO — Tipoerafla CLAUDIANA, diretta ila R. Trombetta.