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ECO
DELLE mu VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TORRE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 109 - Num. 18 Una copia Lire 90 ABBQNAMENTl 1 L. 3.500 per 1 1 L. 4.500 per rinterno l’estero Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 Cambio di indirizzo Lire 100 TORRE PELLICE - 5 Maggio 1972 Amm. : Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Profezia politica Definito ' profano' 0 'deniagogico" queiio che è Qumràn e ii
« Come si può chiudere gli occhi davanti al fatto che i dèmoni stessi hanno preso il potere, e sono le potenze
delle tenebre che qui han fatto lega —■
è terribile — e possono scatenarsi a
ogni istante? Chi osa immaginare che
si possano scacciare questi dèmoni e
scongiurare queste potenze, educando
un po’ l’umanità in vista di una comprensione internazionale e facendo prova di un po’ di buona volontà? Come
non sarebbe un atto di leggerezza semplicemente sacrilega immaginarsi di
poter mettere al bando il diavolo con
l’esclamazione: Mai più la guerra! e
con una nuova organizzazione — per
quanto cristiana possa essere? Di fronte a questa realtà che cosa sono tutti i
tentativi di riconciliazione internazionale, tutti gli sforzi di comprensione,
tutta la sedicente amicizia internazionale — per quanto necessarie siano
queste cose? Tali organizzazioni non sono che un nulla; la burrasca le rovescia
come un castello di carte... la nostra
volontà bene intenzionata, i nostri discorsi sulla pace e sulla buona volontà
■— tutto questo è nulla se il Signore
non viene egli stesso a cacciare i dèmoni.
« Il Cristo deve diventare presente in
mez.z.o a noi nella predicazione e nel
sacramento, avendo fatto la pace con
Dio e con gli uomini per mezzo della
sua morte sulla croce. Cristo crocifisso
è la nostra pace. Egli solo esorcizza gli
idoli e i dèmoni. Il mondo trema .soltanto davanti alla croce, non davanti a
noi ».
Questa pagina ha 50 anni (è stata
scritta neH’estate del 1932 da D. Bonhoeffer), ma non li dimostra. Sembra
scritta per il nostro tempo. Sarebbe
difficile oggi trovare una parola più
autentica sul piano evangelico e allo
stesso tempo più pertinente sul piano
politico, in rapporto alla situazione internazionale e anche a quella interna. È
un fatto che siamo disabituati a discorsi di questo genere: non li sappiamo
fare e non li sappiamo neppure ascoltare. Ma come potremmo pensarli e come potremmo intenderli, se
continuiamo caparbiamente a eludere,
per vie diverse ma tutte comode, la responsabilità e i rischi della profezia politica? Come possiamo sperare di combattere i dèmoni se non ci accorgiamo
neppure della loro presenza e della loro azione? Come potremo chiamarli
fuori dal corpo sociale se non ne conosciamo neppure i nomi? Non è forse
presente in mezzo a noi quella « leggerezza sacrilega », come la chiama Bonhoeffer, che ci impedisce di individuare
a tempo gli aspetti demoniaci delle situazioni umane e storiche, comprese
quelle di potere? E dunque così difficile
accorgersi che i poteri di cui siamo in
balìa sono in larga misura indemoniati? E il compito politico specifico della
chiesa non sarebbe proprio questo: snidare i dèmoni là dove sono e, nel nome di Gesù, cacciarli? Chi, se non la
chiesa di Gesù, può compiere quest'opera essenziale? Perché non la compie?
Parlare di lotta contro i dèmoni non
è né fare un discorso mitico né fare un
discorso retorico ma è semplicemente
indicare alla chiesa il suo programma
politico: la lotta contro i dèmoni non
è che il corollario della fede in Gesù
Signore. Bonhoeffer, che questa lotta
l’ha condotta fino in fondo, ce ne dà
qui i termini essenziali. Il primo è la lucidità della valutazione politica ( « i dèmoni hanno preso il potere »: siamo
nel 1932, fascismo e nazismo ormai dominano la scena europea, le loro guerre imperialistiche incombono); il secondo è la consapevolezza che le buone
intenzioni, la buona volontà, sono radicalmente insufficienti (« tutto questo è nulla »); il terzo è la dichiarazione perentoria che senza Gesù siamo
in balìa dei dèmoni, lui solo li può
cacciare, perciò « il Cristo deve diventare presente ».
Domenica si vota e anche noi andremo a votare. Ben altro però è il compito politico del cristiano: un compito
molto più severo, molto più impegnativo. Si tratta di lottare contro i dèmoni che avvincono e straziano il corpo
dell’umanità. E i dèmoni non li si combatte con un buon voto, ma con la
predicazione della croce e con l’azione
che ne consegue, nel vivo della vicenda politica. Solo la fede crede che Gesù debba essere presente per esorcizzare i dèmoni. Ma, col nostro cronico
disimpegno sia sul piano della profezia politica che su quello deH’azione
politica, lavoriamo non per la presenza ma per l’assenza di Gesù. E anche
chiaro che chi annuncia e porta la croce nel vivo della storia umana finirà
per trovarsi solo, tutt’al più in compagnia di un paio di « banditi » condannati a morte. Allora il credente si ricorderà che la croce non rientra in nessun
programma dell’uomo, è la via di Dio
che soltanto la fede accetta e percorre.
Paolo Ricca
Mannato
forte appello al naeovainento delle chiese
dal Vaticaaa il "laanifesto dei 33
II
Recentemente è apparso su alcun*
riviste cattoliche un documento di
notevole interesse, sottoscritto da un
gruppo di teologi di quella confessione, che viene ormai indicato col nome
di « manifesto dei 33 », dal numero
dei suoi firmatari. Si tratta di un documento sintetico, lucido ed appassionato che mette in rilievo la situazione
di involuzione e di crisi che sembra
caratterizzare il cattolicesimo post
conciliare. « La credibilità della chiesa, che nel corso degli ultimi cinque
secoli non era stata così alta come all’inizio del pontificato di Paolo VI, si
è abbassato in modo preoccupante »
afferma il documento e si sta creando
una situazione di confusione e di crisi, crisi di « autorità e di fiducia » che
rischia di compromettere tutto il rinnovamento della chiesa di domani e
di frustrare tutte le speranze e le attese suscitate dal Vaticano IL
SINTOMI DELLA CRISI
I sintomi di questa crisi? Sono evidenti: crisi del clero, confusione tra i
credenti, vescovi e conferenze episcopali che non sanno essere guida del
popolo credente, incapaci di vedere i
gravi problemi del tempo presente,
spirito di rassegnazione che pervade
i migliori, questi i grandi temi. Se
scendiamo alle cose pratiche, al vivere cotidiano della comunità ecclesiale
si deve lamentare il carattere autoritario, segreto, di troppe decisioni, la
elezione dei vescovi, le procedure, il
paternalismo che continua a caratterizzare troppi atteggiamenti delle « gerarchie » nei riguardi del laicato e del
basso clero, e quel costante appello
all’obbedienza che caratterizza la chiesa romana post tridentina. Si comprendono facilmente queste lagnanze,
chi non le condividerebbe? E potremmo aggiungerne delle altre, molto caratteristiche del nostro ambiente italiano in questo clima pre elettorale!
In fondo il cattolicesimo è sempre
stato fatto così e ci vorrà tempo per
farlo cambiare, per farlo entrare nel
mondo moderno. Questo molti evangelici l’hanno detto e non pochi lo dicono ancora oggi, i 33 teologi dicono
però qualcosa di molto più profondo,
che va alla radice del problema:
« ...la chiesa non è solamente in ritardo col suo tempo, ma essa è rimasta in ritardo con la sua missione...
Qvunque... al postq di servire l’umanità esercita un potere sugli uomini...
si aliena al tempo stesso Dio e gli
uomini ed entra in crisi. Questa crisi
non può essere superata che nella misura in cui tutta la chiesa (papa, vescovi, pastori, religiosi, teologi e laici)
mediti di nuovo sul suo centro e fondamento, l’evangelo di Gesù Cristo,
da cui essa trae la sua origine ed a
partire dal quale essa deve comprendersi in ciascuna nuova situazione ».
LA COMUNE VOCAZIONE
Tolto il papa ed i religiosi, e quella distinzione tra pastori, vescovi e
laici, il documento è del tutto analogo
ai molti che andiamo redigendo nei
nostri sinodi da alcuni anni a questa
parte. Questo significa che oggi la parte più viva della chiesa cristiana, di
quel popolo di credenti che appartengono al Signor Gesù su questa terra,
vive un problema profondo, quello
della propria vocazione e lo vive nelle singole denominazioni in cui si è
trovato e si trova impegnato. Il problema della vocazione è da un tato
quello di una chiesa, di una organizzazione ecclesiastica che sembra incapace di rinnovamento e dall’altra quello di un compito di testimonianza che
non si vede come attuare. Si potrebbe quasi dire che la comunità dei credenti è oggi prigioniera aH’interno
della chiesa. La cattività babilonese
di cui parlava Lutero quando accusava la chiesa romana di infedeltà evangelica, a ragione, si ripete ora per tutte le chiese cristiane; tutte più o meno, in una forma-|^' Taltra_ sembrano
diventate un carcere dello Spirito e
dell’Evangelo, una terra pagana in
cui il popolo di Dio vive imprigionato, come Israele in Babilonia. Ovunque sembra delinearsi un fronte comune di ostilità e di resistenza non
solo, come giustamente dice il nostro
documento, al rinnovamento della vita, ma di resistenza alla vocazione di
Cristo, all’appello del Signore. Il centro e fondamento della fede sono sèmpre meno accolti in questa loro vera
natura di elementi primario, sempre
più prendono piede considerazioni di
ordine opportunistico, di calcolo, di
politica ecclesiastica, di convenienza.
Che fare in questa situazione? si
chiedono i teologi cattolici firmatari
del documento. Abbandonare il cam
tiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiimiiiiiiiiii"it!iiiiimiiiiiimhiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Dissenso cattolico
processo e
italiano
on oDovo fliovioiento
Dopo la pubblicazione del « Manifesto dei 33 » teologi cattolici europei
(nessun italiano) e americani — Giorgio Tourn ne dà in questa pagina una
prima valutazione — due fatti almeno, sul fronte sempre movimentato
del « Dissenso cattolico », meritano di
essere segnalati.
Il primo è il processo intentato
« per direttissima » contro il Bollettino di collegamento fra comunità cristiane in Italia per « vilipendio delTQrdine Giudiziario » in quanto in un
articolo intitolato « La disubbidienza
è anche una virtù », comparso sul n.
giugno-luglio 1971, si affermava che
« la borghesia clericale e quella politica stanno stringendo le fila, ricorrendo in certi casi anche alla magistratura loro serva per impedire la crescita
sia politica che religiosa del popolo ».
Il Comitato Nazionale di Collegamento dei gruppi e delle comunità cristiane dissidenti, dando notizia dell’incriminazione, afferma che il processo al
« Bollettino » in realtà è un processo
al movimento cristiano di base nel
suo complesso, che « si cerca di colpire... proprio perché sta acquistando
un suo peso ed una sua efficacia nella società italiana ».
Il secondo fatto rilevante è la nascita, avvenuta a Roma il 25 aprile,
di una nuova associazione di preti e
laici dissidenti, chiamata Movimento
1 novembre 19'71. Perché questo nome
e questa data? Perché il 7 novembre
1971 è il giorno successivo alla chiusura dell’ultimo Sinodo dei vescovi,
col quale, secondo i promotori del
nuovo movimento, sono definitivamente sfumate le speranze di riforma della Chiesa cattolica emerse col Concilio. E chiaro ormai che l’istituzione
ecclesiastica romana si trasforma ma
non si riforma e in particolare non
può e non vuole accogliere alcune delle istanze fondamentali che hanno dato origine al fenomeno del Dissenso.
Che cosa si propone il « Movimento 7 novembre 1971 », cui hanno già
aderito 210 persone (42 laici e 168 preti), tra cui il prete dei baraccati di
Pratorotondo don Gerardo Lutte e
p. Agostino Zerbinati della Comunità
di Qregina (Genova)? Il documento
programmatico approvato dalTassemblea costitutiva indica, tra gli altri,
questi obiettivi prioritari:
1 ) « Superare il tipo di chiesa ’sacrale’, burocratica, e di potere attualmente esistente ». In che modo? Appoggiando il movimento delle comunità di base che « concretamente si sforzano di proporre e sperimentare un
nuovo modo di essere chiesa ».
2) « Liberare il prete dal condizionamento di tipo culturale, politico ed
economico cui è soggetto ». Questo
implica il rifiuto della nozione di sacerdote separato dal popolo di Dio e
l’impegno a concrete forme di solidarietà con i preti colpiti dall’istituzione. Come « contenuto essenziale della
vita cristiana e della vita del prete »
si indica « il coinvolgimento in tutte
le lotte di liberazione del popolo contro le classi dominanti e i condizionamenti di qualsiasi genere ».
3) Tutti gli aderenti al Movimento sono invitati ad attuare, fin dove
è loro possibile, « una vita ecclesiale
desacralizzata e impegnata nella lotta
di liberazione delle classi oppresse ».
In conclusione gli obbiettivi di fondo del Movimento sembrano essere
due: desacralizzare la chiesa e liberare gli oppressi.
po ed andarsene altrove? Rinunciare
ed adattarsi trovando in qualche modo il proprio posticino in qualche situazione di compromesso? No, dicono
questi credenti, restare nella comunità e sfruttare tutte le occasioni per
far sorgere una comunità fedele. Cinque sono i punti di questo impegno,
di questo programma di resistenza attiva, potremmo dire.
RIMANERE AL PROPRIO POSTO
— Non lasciare il campo. Nel documento è l’ultimo punto, in realtà è il
fondamentale. « Nel rinnovamento
della Chiesa, la più grande tentazione
e l’alibi più facile sono forniti dalla
considerazione seguente: tutto ciò
non ha alcun senso; non si va avanti;
meglio sarebbe andarsene ». Occorre
invece serbare la propria calma ed una fede fiduciosa sapendo che senza
lotta non c’è rinnovamento. Occorre
serbare la fede in « una chiesa che annunzi meglio il messaggio evangelico
e sia di conseguenza più aperta, più
umana, più credibile... più cristiana ».
Come si fa però a sperare questo, nel
nome di che Io si spera? Molti sono
anche fra noi coloro che hanno cessato di sperarlo, che si sono stancati di
sperarlo dopo vani tentativi, dopo
rinnovati sforzi. La lettera di Rita
Gay nell’ultimo numero del nostro
giornale lo dice. Ci sono, affermano i
firmatari del nostro testo, sintomi che
la cosa è possibile, realizzabile, qualcosa si sta muovendo in molti settori,
« Tavvenire della chiesa è già cominciato ». Ma soprattutto « perché crediamo che la forza delTevangelo di
Gesù Cristo si manifesta nella chiesa
al di là delTincapacità e della superficialità umana e al di là della nostra
pochezza e rassegnazione ».
Più che i sintomi di rinnovamento,
l’incoraggiamento di alcuni fratelli,
piccoli movimenti qua e là, deve dunque essere determinante la promessa
del Signore stesso che ha annunziato
ai suoi un tempo di difficoltà e di prove ma una presenza costante dello Spirito. « Non lasciare il campo » non significa avere paura di andarsene, essere tratenuti da calcoli opportunistici e
timori, essere legati da remore di tipo
sociologico o sentimentale, significa,
come dice il Credo, credere la Chiesa.
Logicamente non significa credere che
« questa chiesa » sia la Chiesa di Gesù
Cristo, identificare quella che la storia ci ha dato come la comunità contingente in cui siamo nati e cresciuti
con la sua Chiesa. Significa impegnarsi perché questa chiesa diventi la
Chiesa di Cristo, perché sorga da questa comunità compromessa una comunità testimone, significa lottare perché
la cattività babilonese sia seguita dalla liberazione. Per fare questo dice il
nostro testo occorre alcune linee di
azione:
PARLARE E NON TACERE
— Non tacere anzitutto. « ...Tacere
per opportunismo, noncuranza o superficialità non sarebbe che la ripetizione storica del silenzio colpevole...
ai tempo della riforma » affermano i
teologi cattolici con una visione molto
chiara della storia passata, ma con altrettanta chiarezza sul presente dicono: « i teologi non possono più, in nome della loro professione, rimanere
ai margini dei problemi della vita ec
Giorgio Tourn
(continua a pag. 3)
Nuovo Testamento
Alcuni frammenti di papiro scoperti nella settima grotta di Qumràn
(Mar Morto) sarebbero parti di testi
del Nuovo Testamento e risalirebbero al I secolo e alTinizio del II.
Questa tesi è stata sostenuta il 29
u. s. dal prof. O’Callaghan del Pont.
Istituto Biblico, autore della sensazionale identificazione, davanti a un numeroso pubblico.
Le altre grotte di Qumràn hanno
custodito per secoli libri o frammenti scritti in ebraico (o aramaico) su
pergamena. Essi sono stati identificati con la biblioteca della comunità
monastica ebraica che si era isolata
presso il Mar Morto per il suo dissenso con la linea ufficiale del Giudaismo.
La grotta VII invece conteneva solo
pochi frammenti, per lo più di misura ridottissima (alcuni di solo ima,
due o tre lettere), in greco e scritti
su papiro. Qra alcuni sarebbero da
identificare con brani dei vangeli e
delle epistole.
Il P. O’ Callaghan ha illustrato specialmente due frammenti: uno avrebbe contenuto alcuni vv. della I Tim.
(da 3: 16 ai primi vv. del c. 4). Ne rimangono soltanto alcune lettere che
corrispondono alla fine delle righe. Il
frammento è della fine del I o dell’inizio del II secolo. L’altro frammento importante sarebbe da Me. 6: 52-53.
Di questo è rimasta la parte centrale:
una striscia verticale che contiene da
una a cinque lettere per ogni rigo,
neppure tutte complete. Nessuna di
queste serie di lettere basta a formare una parola intera, ma si crede di
poter riconoscere una parte della parola Gennezaret, e questo è stato il
punto di partenza per la proposta
identificazione del testo.
L’aspetto più problematico è costituito dalla data del frammento: secondo esperti di papirologia non sarebbe posteriore al 50 d. C. Se questa
data dovesse risultare confermata da
più approfonditi esami, essa metterebbe in crisi la data generalmente
indicata per Marco (verso il 70 d. C.)
come pure la tradizione della sua
composizione a Roma dopo la morte
di Pietro, del quale Marco sarebbe
stato l’interprete. Questa tradizione
risale a Papia, Ireneo e al prologo antimarcionita (sono tutti scritti del II
secolo) ed è seguita finora dagli studiosi cattolici ma non da tutti i protestanti, che ci vedono piuttosto un
antico tentativo di mettere questo
vangelo, attribuito a Marco, sotto l’autorità indiretta di uno dei Dodici.
La proposta identificazione pone
molti problemi, come ha fatto notare
P Martini, rettore del Pont. Istituto
Biblico. Il minore di tutti è la presenza di testi cristiani in una grotta di
Qumràn: una di queste potrebbe essere stata utilizzata, forse molti anni
dopo che i settari avevano nascosto
la loro letteratura nelle altre grotte,
per mettere al riparo gli scritti di una
comunità cristiana della regione di
Gerico in epoca di persecuzione.
Si attendono ora le reazioni degli
esperti di tutto il mondo a questa comunicazione: teoricamente, è anche
possibile che il frammento attribuito
a Marco sia di un altro scritto. L’identificazione che è stata suggerita è una
ipotesi di lavoro. Ma finché non ne
vengono proposte altre, è la sola valida. Piuttosto, sarà interessante vedere se la data indicata è suscettibile
di qualche spostamento, che consenta
di lasciare un periodo sufficientemente ampio per lo sviluppo della predicazione cristiana anche in ambienti
pagani (cfr. Me. 7: 34 e 10: 12) prima
che il vangelo più antico sia stato
messo per iscritto.
Bruno Corsani
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiifiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiMiiiiiìtitimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Stati Uniti: le Chiese
e la guerra nel Vietnam
Si è svolta quest'anno negli Stati Uniti (a
Kansas City, nei Missouri, dal 13 al 16 gennaio
— solo ora, purtroppo, ne siamo stati informati ) — quella che deve essere considerata la
più rappresentativa conferenza cristiana per la
pace mai avvenuta in questo paese. Ben 46
chiese e denominazioni erano rappresentate attraverso i 650 delegati ( laici, teologi, pastori )
alla conferenza, patrocinata dal Consiglio nazionale delle Chiese in America. Cospicua la partecipazione cattolica: circa 190 delegati, tra cui 7
vescovi.
Il tema « L'appello di Dio, l'eredità della
guerra e la politica di potenza » è stato trattato
in sei gruppi di lavoro. II messaggio finale critica severamente la politica del governo americano in Vietnam : particolarmente immorale
viene considerato il fatto che, malgrado il ritiro
di forti contingenti di truppe americane, le operazioni di guerra non sono affatto diminuite, al
contrario sono aumentate per l'intensificazione
della guerra aerea. Da quando Nixon ha preso
il posto di Johnson —• afferma il messaggio della conferenza — la media mensile di bombe
sganciate sull'Indocina è salita da 60.000 a
95.000 tonnellate.
« Gli antichi profeti — conclude il messaggio — hanno chiamato le loro nazioni a ravvedimento. Proprio questo noi dobbiamo fare.
Hanno purificato Í loro templi. Proprio questo
noi dobbiamo fare. Si sono identificati con i peccati dei loro popoli e hanno implorato misericordia. Proprio questo noi dobbiamo fare ».
2
pag. 2
N. 18 — 5 maggio 1972
PAROLE DELL'UOMO
PAROLA, DI DIO • • .
■ 0.
Due rubriche per una lettura criticamente aggiornata della Bibbia • Il commento biblico: Scrttura e Parola - Una proposta teologica moderna: la teologia della speranza, di J. Moltmann - La Chiesa: un problema aperto che non bisogna lasciar cadere
Capire l'Antice Testamean; la Parola tome storia
1. - Parlare della Bibbia oggi può
sembrare ad alcuni un’impresa superflua: non siamo stati educati tutti, chi
più chi meno, nella lettura e nella meditazione delle Scritture e non ci troviamo forse in im’epoca di rinnovamento biblico, rinnovamento al quale
anche il Cattolicesimo si sta faticosamente adeguando?
Chi volesse impostare il problema in
questa maniera ignorerebbe una serie
di questioni, delle quali menziono soltanto alcune. Anzitutto che le conoscenze del messaggio biblico aumentano con ogni generazione e che quindi
quello che poteva sembrare dubbio o
insufficientemente provato una o due
generazioni fa, oggi viene accettato come completamente ovvio; che d'altra
parte la Bibbia è stata scritta per
un’epoca e per una società che non erano le nostre, come dovrebbe essere ovvia a tutti, e che quindi è necessario
per ogni generazione in certo qual modo riscoprirla.
Ci proponiamo dunque di parlare ai
■lettori de « L’Eco-La Luce » della Bibbia combinando elementi di storia letteraria con nozioni di teologia biblica,
una opera nella quale, per l’Antico Testamento, siamo stati autorevolmente
preceduti dal teologo tedesco Gerard
VON Rad ^901-1971), la cui Teologia dell'Antico Testamento, di prossima pubblicazione in italiano, s’articola proprio
secondo questi criteri.
2. - Si parla spesso della Bibbia non
come di un libro, ma come una raccolta di libri, una vera e propria biblioteca. Certo, la Genesi è un libro ben diverso, diciamo daìVApocalisse. Dicianao
dunque una piccola biblioteca, divisa in
due parti ben distinte: L’Antico ed il
Nuovo Testamento. E da questa colonna ci occuperemo specialmente del
prirrio.
Ma le differenze esistenti tra i vari
libri dell’Antico e del Nuovo Testamento non devono farci perdere di vista un
elemento che le supera di gran lunga:
la sostanziale unità dei libri in questione. E questa sostanziale unità data anzitutto daH’argomento: le opere di Dio
per il proprio popolo in passato, nel
presente e nell’annunciato futuro. Ancora: un secondo elemento è dato dalla qualità dell’ascoltatore: il credente
che nella Scrittura cerca risposta ai
propri interrogativi, la comunità che
sulla base della Scrittura crede ed opera. Il credente forma la comunità, e la
comunità è composta di credenti, sicché il momento individuale non può essere separato da quello collettivo: individuo e comunità credenti sono inscindibilmente legati l’uno all’altro nel
comune fondamento che è Gesù Cristo, la cui venuta viene predetta dall’antico Testamento e annunciata come avvenuta dal Nuovo.
3. - Alla base di ambedue sta, come
ci hanno insegnato, lo Spirito Santo
IIIIIIIMtlllilllItlIMMIIIIIIIIIIimilllllllllllllllIIMIIIIIIIIIIIII
che ne ha ispirato gli autori. Notiamo
dunque che la testimonianza biblica è
anzitutto testimonianza di uomini, anche se dobbiamo aggiungere subito, di
uomini ispirati. Uomini che vivevano in
tempi determinati, in società ben diverse dalla nostra, che spesso avevano
conoscenze scientifiche, geografiche e
storiche completamente diverse dalle
nostre (non conoscevano, per citare
l’esempio più noto, il sistema solare come lo conosciamo noi dalla metà del
XVI secolo in avanti e che chiamiamo
sistema copernicano; attribuivano le
malattie mentali ad esseri infernali
chiamati demoni; avevano conoscenze
storiche molto inferiori alle nostre
odierne). È dunque frequente trovare
in campo astronomico, medico, storico
affermazioni che oggi consideriamo insostenibili e che da parte di alcuni sono
state usate in passato e vengono usate
oggi per dimostrare al credente che la
sua fede si fonda su elementi fantastici, oggi non più sostenibili dopo secoli di progressi delle scienze.
Ma anche le scienze stanno ferme e
quanto era considerato un loro dogma
è stato superato da scoperte posteriori. E dall’epoca degli scrittori biblici
fino ad oggi ne è passata di scienza! Il
termine ispirazione non può essere inteso evidentemente nella garanzia d’assena di ogni errore, va inteso diversamente. Iddio ha ispirato gli scrittori biblici affinché vedessero nella loro giusta
portata i suoi interventi nella storia degli uomini. L’Esodo dall’Egitto si lascia
spiegare anche attraverso le migrazioni
dei popoli che ebbero luogo nel Medio
Oriente verso la fine del II millennio a.
C., la conquista di Canaan anche nella
divisione esistente tra i vari staterelli
della Palestina di quell’epoca, della quale i conquistatori avrebbero saputo abilmente profittare. L’Antico Testamento non nega questi dati storici, piuttosto vi aggiunge qualcosa; che nel caso
d’Israele ciò avveniva nell’ambito dell’esecuzione di uno specifico piano divino: l’elezione d’Israele in vista della
salvezza degli uomini. Lo scrittore ispirato, affermando questo, riconosce
quello che Iddio ha fatto, senza sminuire in nulla il valore della storia corrente degli uomini, riconoscendo invece
che il discorso non si chiude, ma continua al di là d’essa.
J. Alberto Soggin
iiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiniiiiiiiiiiiiiMiiiiiniiiii
NOTIZIARIO
Continua la diminuzione del numero dei
sacerdoti cattolici nel mondo. Nel 1959 c’era,
su scala mondiale, un prete ogni 1829 fedeli;
nel 1970 ce n’era uno ogni 2229 fedeli. In
Italia dal 1881 a oggi il numero complessivo
dei sacerdoti è sceso da 84.384 a 42.794, mentre nello stesso periodo la popolazione italiana
è salita da 28 milioni a oltre 53 milioni : la
popolazione è quasi raddoppiata, il numero dei
sacerdoti si è dimezzato. È elevato anche il numero di sacerdoti e seminaristi che abbandonano il ministero o non vi accedono : secondo
una stima approssimativa, 25.000 negli ultimi
dieci anni.
Sarebbe interessante sapere qual’è la situazione nell’ambito delle chiese evangeliche. Si
può supporre che un fenomeno di flessione si
registri anche nelle facoltà di teologia protestanti, ma non siamo a conpscenza di statistiche riguardanti l’intero mondo evangelico, per
cui un giudizio fondato non è possibile.
Tendenze della teologia evangelica moderna
La teologia della speranza - 1
Una delle correnti più importanti
della teologia protestante contemporanea è la cosiddetta « teologia della
speranza ». In una serie di tre o quattro articoli ci proponiamo di presentale il pensiero del più noto e autorevole esponente di questa teologia, il tedesco Jürgen Moltmann.
Recentemente Moltmann ha compr
sto una specie di autoritratto teologi
co in cui riesamina le tappe fondamentali del suo cammino. Egli appartiene
alla generazione che è cresciuta durante la seconda guerra mondiale e
ne ha conosciuto direttamente gli eventi e le conseguenze. Ricordare quel
periodo della sua vita è importante,
perché è allora che si è formata la
sua personalità di teologo. L’esperienza del falilmento totale della Germania, la consapevolezza delle tragedie
provocate dal suo popolo, l’occupazione del suo paese da parte delle potenze straniere — tutte queste esperienze
avrebbero potuto indebolire qualsiasi
desiderio di rinascita e favorire un atteggiamento di profondo scetticismo.
Questo però non è stato il caso di
Moltmann: anzi, la consapevolezza dei
fatti accaduti e la situazione presente
sono stati stimoli importanti a voler
cambiare, una volta per tutte, e a rinnovarsi. Questo atteggiamento non fu
solo di Moltmann ma di tutta la sua
generazione. Gli avvenimenti economici, politici, culturali ed ecclesiastici
del dopoguerra giustificavano una
speranza nuova e concreta; ma, come
La lettera e lo Spirito V Corinzi 9, 16
di Claudio Tron
L'ultimo Sinodo ha sfiorato il problema delTìdentità della chiesa ed ha anche udito su questo argomento un forte
messaggio di Paolo Ricca, poi pubblicato
su queste colonne : l'identità della chiesa è « Sono st-ato crocifisso con Cristo e
non sono più io che vivo, ma è Cristo
che vìve in me ». La conseguenza essenziale di questa vita nuova in Cristo può
essere vista in quest'altra parola delrApostolo : « Guai a me se non evangelizzo! ». L'identità della chiesa è di saper
dire questo a se stessa.
Guai a me ! Noi siamo piuttosto inclini a dire: «Guai agli altri! ». Ma, anche agli altri, per tutt'altre ragioni. Nemmeno agli altri diremmo « Guai I » se
non evangelizzano. Potremmo forse dirlo
anche per motivi seri, fraternamente, a
chi conduce vita sregolata e trasgredisce
i comandamenti del decalogo ; ma dif*
ficilmente faremmo a qualcuno una colpa se non evangelizza. Paolo, invece, la
fa anche a se stesso. Guai a me I Non è
il primo venuto, non è un peccatore im
penìtente, che dice « Guai a me !» : è
quel Paolo che in questo capitolo rivendica l'autenticità del suo apostolato,
il suo disinteresse, la sua fede. Anche il
suo passato è incensurabile. Tuttavia,
« Guai a me I ».
Se non evangelizzo. La missione della
chiesa è evangelizzare, secondo l'estrema consegna del Maestro (Mt. 28, 19).
Ad ogni evento della Sua vita è sempre
seguita l'evangelizzazione, l'annunzio,
dal Natale «lo vi retò MI buon annunzio...» ( Le. 2, 10 ), . quando l'evangelizzazione è affidata 'éd un angelo, a Pasqua « Il Signore è veramente risuscitato » ( Le. 24, 34 ). Gesù stesso ha evangelizzato i poveri, ogni suo atto, ogni
suo miracolo porta all'annunzio, di cui,
a volte, si incaricano; anche i suoi oppositori. La vicinanza e la comunione col
Cristo porta all'annunzio anche se gli si
è contrari; non evangelizzare ò quindi
segno di lontananza dal Cristo. Vicino a
Lui : « necessità me n'è imposta ».
Se non dico « guai a me », le nostre
comunità dicono caso mai : « povera
me », quando cadono le attività 'tradizionali, o quando restano senza pastore, oggi che i pastori son sempre meno. Non è
del tutto assente il lamento perché alcuni pastori non hanno cura di una comunità. In qualche caso questo lamento e
giustificato : per esempio quando i pastori sono destinati a compiti amministrativi. Ma quando un predicatore è destinato alla stampa o alla RAI-TV, anche ;'.e
fosse l'ultimo o l'unico pastore della
Chiesa Valdese, poiché quelli sono '.ira
,Ì pochi settori in cui l'evangelizzazione ò
possibile, guai a noi se lo destinassimo
ad altro servizio.
« O sarete evangelizzatori o non sarete nulla I » è la consegna lasciata alla
Chiesa Valdese da un suo benefattore.
« Non sarete nulla neanche se avrete
culti ben frequentati, unioni vive, corali
numerose, e crederete, quindi, di essere
molto ». La non evangelizzazione è la
nullità della chiesa, la non chiesa; l'evangelizzazione è l'identità della chiesa.
Capire il Nuovo Testooieoto; "E‘ veooto io casa sua
II
£ venuto in casa sua: con queste
parole il vangelo di Giovanni (1: 11)
precisa sul piano storico e geografico
quello che dirà dopo in forma più generale: la Parola è stata fatta carne
(1: 14). La «incarnazione» della Parola eterna di Dio non è un’astrazione, ma un fatto che si è realizzato in
un momento preciso, in una situazione storica determinata, in una zona
perfettamente circoscritta di questo
nostro mondo. In casa sua vuol dire
in seno al popolo di Dio, al popolo
eletto dell’Antico Testamento. Quel popolo era stato scelto per essere una
luce che illuminasse le genti, cioè una
testimonianza vivente di cosa sia un
popolo in cui sono realtà la conoscenza e il servizio di Dio. Se questa testimonianza è stata data o no, e per quali motivi, sta ai lettori del’Antico Testamento di dirlo. Ma fa parte della
sua missione anche il privilegio di essere la culla del messla, del rivelatore di Dio.
E venuto in casa sua: quest’espressione è la maniera giovannica di dire
che attraverso Gesù Cristo, Dio ha
parlato « in situazione », cioè in un
contesto geografico, storico e religioso determinato. I principali testimoni
dell’Evangelo, nel Nuovo Testamento,
sono d’accordo con il quarto vangelo.
Così l’apostolo Paolo all’inizio della
lettera ai Romani, dichiara che l’Evangelo di Dio concerne il suo figliuolo,
nato dal seme di Davide secondo la
carne (Rom. 1: 3): l’umanità di Gesù
appartiene alla stirpe di Davide, a
una discendenza genuinamente israelitica. I due evangelisti maggiori, Matteo e Luca, che hanno avuto modo di
dedicare un po’ di spazio alla questione dell’ambiente in cui Gesù è nato, lo precisano molto bene nei loro
capitoli iniziali. Luca ci ritorna anche
in 3: 23-27, collocando a questo punto
la genealogia di Gesù che Matteo invece ha all’inizio del suo libro.
Possiamo aggiungere anche alcuni
testimoni indiretti, che non ci hanno
dato in proprio la loro testimonianza.
Alludo a Giovanni Battista e agli abitanti di Nazaret.
Giovanni Battista presenta Gesù (in
Giov. 1: 29) con queste parole: Ecco
l'agnello di Dio, che toglie il peccato
del mondo. In questo versetto, la missione di Gesù è descritta con un simbolismo che appartiene all’ambiente
nel quale egli è apparso, il simbolismo
dell’agnello che veniva sacrificato per
i peccati del popolo. Il problema di
Giovanni e degli altri scritti del Nuovo Testamento è proclamare che questa missione di Gesù, che si manifesta e si realizza in termini che appartengono a Israele, al Giudaismo, in
realtà è destinata al mondo, come scoprono i samaritani (Giov. 4: 42) e come confessa la I epistola di Giovanni
al cap. 4, vers. 14: testimoniamo che
il Padre ha mandato il figliuolo per
essere il Salvatore del mondo.
I cittadini di Nazaret, a loro volta,
riconoscevano Gesù come uno di loro, il falegname del villaggio, i cui fratelli e le cui sorelle erano amici loro
(Me. 6: 3).
Gesù è dunque venuto in una situazione ben precisa — e non solo in senso locale! Anche il momento storico
della sua apparizione ha avuto la sua
importanza, come dice Paolo in Gal.
4: 4: Quando giunse la pienezza dei
tempi, Iddio mandò il suo figliuolo.
Vedremo, in una serie di brevi note bibliche, che le più antiche testimonianze di Cristo sono state fedeli a
questo carattere della sua apparizione, e che gli hanno reso testimonianza anch’esse «in situazione», pur nella consapevolezza che la risurrezione
lo aveva stabilito e manifestato Signore e Salvatore di tutte le genti
(cfr. Rom. 1: 4; Atti 4: 10-12; 10: 40-43;
Mt. 28: 18-20).
Bruno Corsani
iiiiiiiimiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiMiiiiMiiiiiiiHiniiiiiiiiiiii
Dispense di teologia
Mercoledì 26 aprile sono terminate a
Torre PeUice le lezioni sull’Antico Testamento del pastore Tourn. Il secondo ciclo riprenderà il prossimo autunno. Le dispense ciclostilate dell’intero corso sono a disposizione di
quanti ne faranno richiesta presso la libreria
Claudiana di Torre, al prezzo di L. 250.
Ricerca della Chiesa: perchè i credenti
non rinuncino a diventare comunità
Nessuna riflessione cristiana seria
può eludere il problema della chiesa.
Nessuna esistenza cristiana autentica
può ignorare la realtà della chiesa.
Non tutti consentiranno con questo
punto di vista: qualcuno, anzi, penserà che oggi parlare della chiesa sia fare un discorso di retroguardia, suggerito da una concezione introversa della fede e della testimonianza; preoccuparsi ancora della chiesa sarebbe il
sintomo di un inguaribile clericalismo
e forse un alibi per non affrontare i
veri problemi; alla base vi sarebbe un
atteggiamento di paura e di autodifesa L’attuale « ricerca della chiesa »
sarebbe motivata non da una preoccupazione di fede ma dal vecchio e
sempre vivo istinto di conservazione.
È vero che parlare della chiesa può
costituire un diversivo o una fuga e
quindi essere davvero un’operazione
teologica retriva o anche mistificante,
quando il discorso sulla chiesa tende
ad assorbire, incorporandolo, il discorso sul Signore. Ma non è necessariamente così. Si può parlare correttamente della chiesa, e bisogna farlo,
perché come non c’è fede senza confessione di fede, così non c’è confessione di fede senza comunità confessante. Là dove c’è risposta alla vocazione di Dio, là dove l’Evangelo è vissuto, quivi è la chiesa. Essa non fa
parte del messaggio evangelico, ma è
il suo frutto. Non si predica la chiesa
ma il Signore, però si crede e si vive
come chiesa.
Se oggi c’è una diffusa insofferenza
nei confronti della chiesa come realtà e come problema è a motivo delle
ripetute delusioni provate da parecchi credenti — non solo delle nuove
generazioni — in seno alla chiesa storica. Il fatto che da oltre mezzo secolo si parli della sua riforma senza che
ancora se ne vedano tracce sicure
(quasi che parlare di riforma serva
apunto a non farla!); il fatto che in
ambito cattolico il tema della riforma
sia stato diluito in quello di un « aggiornamento » che finora non ha scal
fito la struttura dogmatica e istituzionale della chiesa di Roma; il fatto, infine, che in ambito protestante il motivo della riforma sia presente come
appello ma non come programma (a
differenza di quanto accadde con la
Riforma del XVI secolo), per cui se ne
ribadisce continuamente la necessità
ma non se ne indicano i termini e i
contenuti — tutto ciò non può non
scoraggiare e alimentare una certa inquietudine circa l’avvenire della chiesa. Non può però sfociare in una sorta di rinuncia a porsi come chiesa, a
essere chiesa, per affidarsi all’ipotesi
evangelicamente inconsistente di un
« cristianesimo senza chiesa ». Se infatti da un lato è evidente la crisi che
la chiesa sta vivendo, dall’altro è stabile la promessa del Signore circa la
sua (non la nostra!) comunità: alla luce di questi due fatti l’atteggiamento
evangelico non è rinunciare a essere
chiesa ma cercare come esserlo.
Il filo conduttore di questa « ricerca della chiesa » ci sarà offerto da un
libro uscito di recente, dal titolo La
natura della chiesa: si tratta di appunti presi durante un ciclo di lezioni
sulla chiesa, tenute 50 anni fa, nella
primavera del 1932, (ma sembrano
scritte ieri) da Dietrich Bonhoeffer,
che in quello stesso anno, in un discorso pronunciato a Gland (Svizzera) ebbe a dire tra l’altro:
« Il mondo incredulo dice: "La Chiesa è morta; celebriamo il suo funerale, con discorsi, conferenze e prese di
posizione che le faranno onore".^
Il mondo incredulo, al quale è rimasta qualche pia illusione, dice: “La
Chiesa non è mòrta, è solo debole; la
serviremo con tutte le nostre forze
per aiutarla a risollevarsi. La buona
volontà ci riuscirà; creiamo una nuova morale!”.
Il credente dice: "La Chiesa vive in
piena morte, per il fatto solo che Dio
la chiama dalla morte alla vita, e contro noi e per mezzo nostro fa l'impossibile; ed è così che tutti vogliamo
parlare" ». Paolo Ricca
molto spesso accade, la ricostruzione
prendeva la strada della restaurazione, cioè del ritorno al passato e del
quieto vivere.
Intanto il pensiero teologico viveva
un travaglio analogo. Nel 1945 Dio appariva come l’unico superstite in mezzo alla disfatta e alla distruzione. La
fede era il porto sicuro per gli uomini sconvolti. Pochi anni prima la
« chiesa confessante » aveva predicato
l’esperienza di Dio che sta nei luoghi
bassi della terra; ora invece la chiesa
parlava della elevazione di Dio come
signore di se stessa, e partecipava al
processo di restaurazione. La chiesa
Si sistemava nella «società cristiana»:
acquistava influenza sulla scuola, sui
giornali, nella politica, molto di più
di quanto ci si potesse aspettare, poiché essa si trovava legata agli interessi del potere economico.
La teologia della speranza nasce
dunque, quasi per contrasto, in tempi
di recessione spirituale e di restaurazione ecclesiastica. La sua matrice è
biblica; essa nasce cioè da una rilettura della Bibbia come storia del popolo di Dio attraverso i secoli. Che
cosa fa camminare Israele e, oggi, la
chiesa? La promessa e la speranza del
suo adempimento. Il popolo di Dio è
in tutta la Bibbia il popolo della speranza — una speranza che trasforma e
trascende il mondo. Il Dio dell’esodo,
il Dio della resurrezione non si trova
sopra di noi, in cielo, o dentro di noi,
nel profondo del nostro essere. Dio è
davanti a noi e ci precede. Le sue promesse legate alla storia risvegliano in
noi la speranza di un futuro diverso e
nuovo, di un avvenire di vita contro la
morte. Questa speranza ci strappa dalla nostra prigionia e ci guida nel paese della libertà. Gesù con il suo operare e la sua sofferenza appare come
l’anticipatore di questo avvenire di
Dio. La fede in lui consiste nel precedere, nell’antiripare come lui questo
avvenire. La teologia non può quindi
rimanere un’attività di reazione e di
difesa del cristianesimo: essa deve essere come il primo abbozzo di questo
avvenire che Gesù ha già aperto, l'avvenire di una nuova creazione; e nello
stesso tempo deve lanciare un attacco
critico contro il mondo prigioniero
della sua angoscia e delle sue leggi.
« Questa presa di coscienza è stata
per me una liberazione » confessa lo
stesso Moltmann. Intanto scopre alcuni segni della speranza del mondo attuale: il messaggio dell’assemblea ecumenica di Upsala si esprime nelle
parole evangeliche « ecco io faccio
ogni cosa nuova »; il Concilio vaticano
è avvenuto all’insegna dell’aggiornamento. Egli vede nella manifestazione
di un « marxismo dal volto umano »
nuove prospettive di dialogo tra gli
uomini, una nuova comunione; e infine ricorda l’esperienza del movimento
studentesco mondiale per li suo entusiasmo e per la sua capacità di assumersi rischi molto grandi in maniera
responsabile e consapevole. I segni
della speranza verso una creazione
nuova diventano reali, e non solo sul
piano politico.
Ci sono diverse indicazioni: da un
lato la teologia segue un indirizzo politico: vuole manifestare la libertà
cristiana nell’ambito della politica e
nei conflitti della nostra società. Però
accanto a questo aspetto ce n’è un
altro più pressante: il significato della croce di Cristo per la teologia, per
la chiesa, per la società. Al centro
della fede cristiana c’è la croce; Cristo è morto nell’insuccesso e nella sofferenza. In una cultura come la nostra che adula il successo e il benessere e chiude gli occhi sul malessere degli altri, ci viene indicata la possibilità di spezzare l’orgoglio e risvegliare
la solidarietà verso coloro che la nostra cultura schiaccia e uccide. Dio
ha resuscitato un crocifisso il quale è
diventato la speranza del mondo: il
suo ricordo deve aiutare le chiese a
rompere le loro alleanze con i potenti
per entrare in comunione con gli
umili.
La speranza cristiana non si presenta come un ottimismo cieco; sta con
gli occhi ben aperti; constata la sofferenza e non si rassegna davanti ad
essa; pertanto crede nella libertà. Per
diventare più salda, la speranza deve
passare per la sofferenza e il sacrificio. Spesso si è visto la speranza tramutarsi in rassegnazione di fronte alla violenza. Ma l’essenza della speranza è la perseveranza. Andrea Ribet
IIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIItlllllllMIIIIItlllllllllItllimMIII
Predicazione e azione
^ Presentando rultimo volume di sermoni
di Calvino, uscito Tanno scorso, il curatore R.
Peter ricorda Taffermazione di P. Imbart de
La Tour : « La prima creazione di Calvino
era stato un libro: TIstituzione; la seconda fu
una città: Ginevra. Libro e città si completano. Il primo è la dottrina formulata, la seconda è la dottrina applicata y> — e osserva che,
nella Ginevra di Calvino, Tanello di congiunzione tra la teologia e la vita, tra la « dottrina
formulata » e la « dottrina applicata » fu la
predicazione.
3
5 maggio 1972 — N. 18
pag. 3
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
Razzismo e religione
Società di Studi Valdesi
Nella serie « noi e gli altri », iniziata dalla editrice Jaca Hook sotto l’insegna « i luoghi di separazione e di
incontro culturali e razziali », appare
il secondo volume sul tema del razzismo (*)■ Il problema è ormai da anni all’ordine del giorno ed è stato sviscerato a tal punto che non si può
leggere cose del tutto nuove in materia.
Il libro del Bastide è invece ricco
di spunti e di annotazioni inedite, si
tratta infatti di una raccolta di saggi
originali, molto documentati e di indagini settoriali sulla interrelazione
esistente tra la cultura europea e quella africana in settori particolari come
il folklore, la religione, gli usi, le leggi. Il campo di indagine è quasi sempre il Brasile con la sua complessa situazione interrazziale, un paese in cui
sono confluite e si sono amalgamate
la tradizione cattolica portoghese e
quella pagana africana. Non possiamo
esaminare il molto materiale raccolto
ma un capitolo merita particolare
menzione: il cap. V dal titolo « la dimensione religiosa » e dal sottotitolo
« calvinismo e razzismo ». L’autore
parte dalla constatazione che « i pregiudizi razziali sembrano molto più
forti e velenosi nei paesi protestanti:
Stati Uniti e Africa del Sud, che nei
paesi cattolici. Si è così condotti a
chiedersi se la religione non costituisca un fattore sia di creazione che di
rafforzamento di tali pregiudizi ». Siamo dunque davanti ad un interrogativo che rientra nel discorso generale
del calvinismo-capitalismo, su cui molto spesso si odono discorsi assurdi e
infondati: il capitalismo è sorto nei
paesi protestanti, dunque è un frutto
della religione protestante, gli americani sono razzisti perché protestanti
mentre non lo sono i portoghesi cattolici, i tedeschi sono stati nazisti dunque il protestantesimo ha prodotto il
nazismo ecc.
Il nostro autore è molto chiaro: il
razzismo è un fenomeno che si riscontra ovunque indipendentemente dalla
religione professata, ha radici sociologico-economiche, il fenomeno religioso non ne è la matrice ma può solo
dare una particolare coloritura al fenomeno razzista.
Egli veriflca il suo assunto su due
piani: anzitutto con un esame, sia pure appena accennato, alla teologia di
Calvino ed ai suoi presupposti essenziali, in secondo luogo vagliando situazioni concrete di razzismo in terra protestante: Stati Uniti, Sud Africa.
Il pensiero di Calvino sembra essere contraddittorio: « alcuni elementi,
come l'analisi del pensiero pagano... il
mondo pagano come luogo della tentazione... il valore del lavoro come vocazione... sono atti a suscitare un
comportamento di tipo razzista, mentre altri come l’egalitarismo, la legge
di carità e quella di umiltà nei rapporti con il prossimo si oppongono al
razzismo ». Questo non significa logicamente che il Riformatore di Ginevra si sia barcamenato tra due posizioni ma che la sua predicazione e la
sua lettura della Scrittura forniva stimoli e suggerimenti che potevano con
durre ad atteggiamenti diversi. Come
si spiega allora la politica razzista, indiscutibile, di tante comunità in paesi
protestanti? « Il razzismo non nasce
direttamente dal calvinismo » afferma
il Bastide, che anzi mirava ad una
eguaglianza razziale; il razzismo non
è che un prodotto, posteriore, conseguenza della sconfitta missionaria,
frutto della esperienza dei pionieri e
dei colonizzatori protestanti.
Le prime generazioni di calvinisti
si sarebbero insomma trovati con una
teologia molto chiara: quella della libera grazia e della predestinazione di
fronte a popolazioni pagane ma convinti che queste dovessero convertirsi
alla fede ed entrare nel mondo di
pensiero loro, il fatto che questo non
sia accaduto li ha spinti su posizioni
di chiusura, di distacco da cui è nata
la loro politica di segregazione. L’errore è stato insomma di non saper discernere su in modo sufficientemente
chiaro tra la fede e la propria cultura, scambiare la propria civiltà con
l’evangelo. Questa esperienza però è
stata vissuta « attraverso l’etica calvinista... ne consegue che il calvinismo
è appunto il responsabile delle differenze di comportamento nelle relazioni interrazziali tra i popoli protestanti e quelli cattolici ».
Per dirla in breve: « Se il calvinismo è dunque responsabile di qualche cosa, non si tratta del razzismo
vero e proprio, ma di una certa forma o di un certo aspetto del razzismo ». Di un razzismo che secondo gli
studi del van den Berghe si può definire « concorrenziale » laddove quello
cattolico si può definire « paternalista », una relazione razziale carica di
tensione, di frustrazioni, di antagonimi, emotivo, il razzismo del « linciaggio’ » o « passionale » come in Sud
Africa. Il tipo cattolico è invece protettivo, in condizioni di stabilità sociale, senza conflitti ideologici e privo di contenuti sessuali, è il razzismo
del buon padrone che colora il sangue
delle sue schiave generando meticci,
è la bonarietà ipocrita del Brasile contrapposta alla durezza degli Afrikaanders.
Sostanzialmente l’impostazione del
discorso ci trova consenzienti, affermare che la « religione » di un gruppo sociale determina alcuni tipi di
comportamento piuttosto che altri
non significa negare il valore della fede cristiana ma soltanto richiamarci
aH'umiltà necessaria per non scambiare l’evangelo con i nostri comportamenti; ci deve altresì rendere prudenti quando valutiamo o rivendichiamo
i « valori » della nostra confessione
religiosa. Il razzismo, ed ogni altro
peccato non è in questa o quella forma di fede cristiana, in questa o quella confessione ma nella nostra umanità che troppo spesso si serve della
fede per coprire i suoi interessi!
Giorgio Tourn
Una nuova storia valdese
(*) Roger Bastide, Noi e gli altri,
Jaca Book, 1972.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiii
Le Chiese tedesche e l’Ostpolitik
Nel dibattito pro e contro la ratificazione dei trattati con l’Est, dibattito al tempo stesso appassionato e congelato, impegnato nella Germania occidentale fra la coalizione governativa
(socialdemocratici e liberali) e l’opposizione (democristiani: ricordiamo che
nella Germania federale vi sono anche
dei protestanti nell’Unione democratico-cristiana), la Chiesa evangelica in
Germania (EKD) ha qualcosa da dire?
IL RICORDO DEL 1965
Ai tenipi del cancelliere Erhardt e
del ministro degli esteri Schröder,
quando si aspettava con buona coscienza una riunificazione della Germania, l’EKD aveva pubblicato un memorandum coraggioso « Ostdenkschrift ») sulla questione dei territori
dell’Est: Germania orientale e territori tedeschi diventati polacchi o russi. Questo memorandum chiedeva che
si facesse un passo incontro ai paesi
vicini dell’Est, vittime dell’aggressione tedesca.
UN CONSIGLIO PRUDENTE
Ora che il governo Brandt ha firmato dei trattati e che il Parlamento è
chiamato a ratificarli, l’EKD ha in un
primo momento tardato a pronunciarsi, sentendo che se avesse fatto pendere la bilancia nel campo degli affari esteri, si sarebbe forzatamente impegnata pure nella politica interna. Il
20 marzo il Consiglio dell’EKD ha finito per pubblicare una breve dichiarazione « in merito alla discussione
sui trattati con l’Est ». Esso rifiuta di
prendere posizione pro o contro i partiti politici, nel dibattito odierno, ma
« incoraggia tutti i responsabili politici nelle loro ricerche, affinché procedano sulla via della riconciliazione
con i nostri vicini dell’Est, via sulla
quale la Chiesa evangelica si è avviata da tempo ».
CRISTIANI CONVINTI
In risposta, venticinque personalità
eminenti del protestantesimo tedesco,
ritenendo che si dovesse parlare più
chiaramente, hanno firmato una dichiarazione circostanziata con la quale approvano la ratificazione dei trattati con l’Est. Fra i firmatari vi sono
vescovi e presidenti di Chiese, il presidente del Sinodo tedesco, il presidente del Kirchentag, teologi, laici.
Contemporaneamente, nel Württenberg 250 pastori e decani scrivono ai
deputati al Bundestag per avvertirli
che un rifiuto dei trattati equivarrebbe a trascurare la riconciliazione e a
isolare la Germania.
La dichiarazione dei 25 ha fatto molto più rumore che quella del Consiglio dell’EKD, troppo debole per destare un’eco. Taluni membri del Consiglio l’hanno deplorata: « È un colpo
inferto alla comunione delle Chiese in
seno all’EKD ». « Non è che un gruppo di individui, ci sono anche altre
opinioni ». Ma è certo che i 25 hanno
pronunciato per molti delle parole liberatrici. Un presidente di Chiesa afferma: « Non si può scrivere un memorandum e suscitare un procedimento politico, e poi tacere quando questo procedimento si è realizzato. D’altronde la ratifica dei trattati rafforzerà la comunione con le Chiese della
Germania orientale, che la auspicano
manifestamente ». Da parte sua il vescovo Hanns Lilije, di Hannover, ex
co-presidente del CEC, dichiara che
non c’è da tergiversare: « La ragione
ci impone come un dovere politico di
fare un passo avanti, ora che se ne
presenta l’occasione ».
(da « La vie protestante »)
Da parecchi anni si avverte la necessità di avere a disposizione un numero adeguato di libri sulla Storia
Valdese. L’edizione del prof. Ernesto
Comba è esaurita e non si trova perciò
in commercio; disponibile è soltanto la
« Breve Storia Valdese » dello stesso
prof. Comba, riedita parecchie volte
ma che può essere utilizzata solo per
un primo contatto con la storia, essendomolto sintetica.
In secondo luogo manca in modo
quasi assoluto il materiale storico in
lingua straniera da offrire ai molti turisti e fratelli in fede che provenendo
dall’estero cercano una documentazione sia pur minima sulla nostra chiesa. Esiste ora, è vero, un volume in
tedesco del prof. Vinay che raccoglie
una serie di articoli pubblicati in Germania negli ultimi anni ma la situazione in lingua inglese e francese è
più grave dovendosi ricorrere a testi
ormai molto antichi. Per rispondere
alle molte richieste la Società di Studi Valdesi ha provveduto a fare una
riedizione fotografica del volume del
prof. Jean Jalla.
Di qui la necessità di rivedere tutta la situazione e provvedere in modo adeguato. I contatti tra la S.S.V.
e la Claudiana sono stati costanti in
questi ultimi anni e stanno portando
i loro frutti: si prevede infatti di pubblicare nel prossimo triennio una serie di volumi per soddisfare queste
diverse esigenze.
Anzitutto una « Storia Valdese » in
t^e volumi, di circa 250 pagine l’uno,
scritta in forma divulgativa ma che
tenga conto degli ultimi studi; un volume in sostanza che corrisponda alla Storia Valdese di E. Comba, sia
pure un tantino più ampia e rinnovata nelle illustrazioni. Autori soiio i
prof. Molnar, Armand-Hugon e Vinay
a cui sono affidati rispettivamente il
Medioevo, l’Età moderna sino al 1848
e l’Età contemporanea, dal 1848 ad
Un’opera di questo tipo deve soddisfare le esigenze di ogni lettore sia
valdese che no, e deve essere accessi
bile ad una persona di media cultura.
Ad un livello più semplice, popolare, anche se altrettanto documentato
seguirà una « Breve Storia » di poco
più che 200 pagine da servire a tutti
coloro che non hanno conoscenza storica ma desiderano entrare in contatto con la storia della comunità valdese; servirà ai catecumeni, ai simpatizzanti ed a tutti coloro che entrano,
per un motivo o un altro in contatto
con l’ambiente valdese: turisti alle
Valli, fratelli delle Chiese estere in
viaggio in Italia ecc. Tenendo conto
di quest’ultima esigenza la « Breve
Storia » sarà appunto tradotta nelle
lingue più accessibili: francese, tedesco, inglese.
Accanto a queste due opere, ma ad
un livello molto più tecnico è prevista
una Storia dei Valdesi nel Medioevo,
opera dei prof. Molnar e Gonnet, che
mette a punto la situazione in questo
settore così ricco di problemi e di
studi e che suscita tanto interesse in
tutti oggi. Dato il valore particolare
di questo lavoro, la sua mole (consterà di oltre 500 pagine) e soprattutto
del fatto che è stato redatto in buona
parte in francese, si è ritenuto opportuno pubblicarlo in questa lingua, in
vista anche di una maggior diffusione.
È quest’opera la prima che verrà
stampata, anzi è già in composizione
e speriamo poterla offrire al prossimo sinodo.
Tutte queste opere verranno edite
dalla Claudiana e non sono perciò direttamente attinenti alla Società di
Studi Valdesi ma indirettamente rientrano nelle sue prospettive e nel suo
raggio d’azione, nei suoi interessi. Non
ci resta che augurarci che ogni famiglia valdese colga l’occasione per rileggere, come è stato scritto anche su
questo giornale, la storia dei suoi padri. Data la mole notevole di volumi
in questo quadro editoriale ed il costo delle pubblicazioni è prevista una
sottoscrizione: per conoscerne le modalità basta rivolgersi alla Claudiana
che sarà ben lieta di darle.
Giorgio Tourn
............................................................unii
Vita della comunità Evangelica d’Azione Apostolica
(a cura di Teofilo Pons)
Il Comitato Centrale della C.EV.A.A.
s’è riunito dal 16 al 19 gennaio u. s.
per prendere un certo numero di decisioni concernenti il funzionamento
della Comunità. La Segreteria della
C.E.V.A.A. ha incominciato ad insediarsi in Rue de Vaugirard 46 - Parigi 6e.
Il Pastore sig. René Tiercy, vice segretario generale, ha assunto la sua
carica a pieno tempo. Il segretario
generale. Pastore Victor Rakotoarimanana, si è stabilito a Parigi nel corso
del mese di aprile.
Una nuova riunione del Comitato
Centrale avrà luogo probabilmente a
Parigi verso la fine del prossimo mese di giugno, mentre il Consiglio della C.EV.A.A. si riunità a Cartigny
(Svizzera) nel corso del prossimo mese di settembre.
NOTIZIE DALL'AFRICA DEL SUD
(Da una lettera del Pastore D. Cook).
« ...Ci sono 30.000 Basotho suddivisi
nei ventisei « compounds » delle miniere d’oro dello Stato Libero d’Orange (Welkom, Virginia e Qddendaalrus, a 200 km. da qui verso il sud). I
Basotho che lavorano nelle miniere
della Repubblica del Sud Africa sono
circa 150.000, cioè quasi un quinto della complessiva popolazione del Lesotho.
« Sul piano locale, il lavoro prosegue nell’intento mai terminato di scoprire le tracce dei membri delle Chiese, giunti dal Lesotho senza la minima idea d’una presenza evangelica qui
e perduti nella massa. Ci si rallegra
quando un membro che si è allontanato ritorna a servire il Signore fra i
suoi compagni; quando un uomo nato in una famiglia cristiana chiede di
diventare catecumeno. Ci si rallegra
quando un gruppo di cristiani stanchi
si sveglia, organizza una corale, o riunisce i Basotho che lavorano nelle fattorie vicine alla miniera. Ma ci si sente tristi quando un gruppo non si
muove o talvolta scompare. Altrove,
anche dopo cinque o sei visite, non
si costituisce alcuna comunità. Bisogna lottare contro lo scoraggiamento.
« Eppure, il primo tentativo di incontro di membri comunicanti di una
delle zone di lavoro è stato un
successo. È evidente che bisognerà
proseguire questo genere di incontri.
* * *
Dal Lesotho dobbiamo far sapere
che la Scuola Normale delle ragazze
di Morija cerca libri in francese, di
facile lettura, per alunni che studiano
tale lingua. Chi ne possiede può inviarli alla Signorina J. Regamey - Girls
Training School - LESQTHO - Africa
del Sud.
Anche gli alunni della 3» classe del
C.E.G. di Ndoungué (Cameroun) gradirebbero corrispondere ih francese
con ragazzi della loro età e finora hanno ricevuto una sola risposta!
L'AZIONE APOSTOLICA COMUNE
NEL DAHOMEY
(Da una lettera di Suor Marie-Jeanne
e di Suor Paola, due diaconesse che
lavorano attualmente nel gruppo
dell’Azione Apostolica Comune del
Dahomey).
« Dopo quattro mesi dal nostro ritorno nel gruppo di Bohicon, siamo
confuse nel vedere qui così spesso l’azione di Dio sopperire alla nostra
grandissima debolezza.
« Giungemmo, infatti, il 12 settembre, in due questa volta, per il nostro
periodo («fetta») di tre anni, se piace a Dio.
« Da parte nostra, abbiamo organizzato il nostro lavoro, destinando ogni
settimana in uno stesso villaggio tre
giorni e mezzo (dalla Domenica pomeriggio al mercoledì sera). Accettiamo allora l’ospitalità dei contadini in
una delle loro capanne. Le Suore, il
nostro allievo infermiere Richard,
sempre così sorprendente per la devozione e la gentilezza, ed anche un
altro giovane che ci serve da interprete, costituiscono il gruppo medico.
« Nel corso di quei giorni che trascorriamo nel villaggio, assicuriamo
consulti e cure al mattino dalle ore
7,30 alle 13; i pomeriggi sono riservati
alle riunioni d’educazione sanitaria
(donne, giovani, alunni delle scuole).
Infine, diamo vita alle serate che sono ricreative con proiezioni di film o
di diapositive, ci sforziamo di annunziare la buona novella o lasciamo semplicemente che si stabiliscano dei contatti fraterni ed allegri con i contadini.
« I tre giorni per settimana in cui
ci troviamo nella base di Bohicon ci
permettono di fare delle visite brevi
e più rapide nei villaggi in cui dubbia-,
mo seguire qualche caso grave ed altresì di stabilire il necessario contatto
con l’ospedale di Abomey, dove spesso ricoveriamo gente. Questo ritmo
di lavoro ci permette di visitare ogni
villaggio più di frequente ed in modo
più valido di prima.
« Ogni Domenica, come tutti gli altri membri del gruppo, ognuna predica in un villaggio.
« Questo ben ricco programma è affiancato a quello dell’istruzione, del
lavoro giovanile e della catechesi.
Quest’anno, gli altri membri del gruppo sentono meno il bisogno di fermarsi più giorni nei villaggi: vi fanno delle visite regolari e più frequenti.
« Rimane da aggiungere che in questo nuovo ramo di attività, l’A.A.C. ha
deciso di rafforzare e di approfondire
il lavoro abbozzato nel corso dei tre
primi anni, limitandosi a sei villaggi,
cioè a quelli che annoverano già alcuni battezzati e che la Chiesa locale
del Dahomey non può ancora assumere.
(segue da pag. 1)
clesiastica ». E questo, riteniamo per
sonalmente, valga anche per i teologi
di casa nostra. Chi deve parlare? Solo
i teologi o i vescovi? No di certo!
« Ogni credente cristiano, uomo o donna ha il diritto di dire ciò che pensa
della chiesa e dell’autorità ». Non possiamo che approvare questo invito,
che non è invito al mugugnare, al protestare ma al contribuire col proprio
intervento alla riforma della comunità. La denuncia implica però l’azione,
implica un
IMPEGNO PERSONALE
— agire di persona. « Ogni membro
della chiesa... deve impegnarsi personalmente per il rinnovamento della
chiesa », dice il nostro testo e l’insistenza è sul « personalmente ». Non
basta denunciare, protestare, lamentarsi, occorre che la propria volontà di
rinnovamento sia espressa da una
scelta ed un impegno personale.
Impegnarsi sta bene, dice qualcuno
ma l’azione singola finisce non di rado nel nulla. La constatazione è realista: « se un membro di chiesa va dal
suo parroco non otterrà nulla. Se si è
in cinque, si dà fastidio. Se si è in
cinquanta si può arrivare a cambiare
La situazione ». Le cose non sono molto diverse da noi; in tutte le comunità
umane le situazioni si sbloccano unicamente in seguito ad una pressione. Le
persone che vogliono il rinnovamento
della chiesa e lo ricercano devono tenere presente questa constatazione.
Un impegno personale in parole e testimonianze è necessario, indispensabile anzi, ma risulta efficace solo nella
misura in cui è comune ad un gruppo di credenti. Forse non poche delle
denunce delle prese di posizione avutesi fra noi non hanno avuto seguito
perché è mancata questa visione comune, questo
IMPEGNO COMUNE
— avanzare insieme. Con molto realismo il documento afferma: « non si
può permettere alle tendenze settarie
di indebolire la collaborazione tra i
gruppi... questa deve invece essere rafforzata dalla visione del fine comune ». Per fare questo occorre coordinare i tentativi, unificare gli sforzi, occorre insomma che la pressione esercitata per il rinnovamento della comunità cristiana sia organizzata.
« Le sole discussioni non concludono nulla. Bisogna spesso dimostrare
con i fatti la serietà con la quale si
dibatte il problema ». Su questo tutti
sono d’accordo, anzi è proprio questo
lo slogan preferito della cosi detta
maggioranza silenziosa. « Facciano
qualcosa invece di stare sempre a parlare, contestano solo e non combinano nulla, meno parole più disponibilità ecc. ». Nel contesto del documento
che ci interessa il problema è però diverso, si tratta per i 33 teologi di orientare l’azione in un senso costruttivo; molte riforme effettuate nella vita della chiesa cattolica negli ultimi
anni, dalla riforma liturgica a quella
sui matrimoni misti non sarebbero avvenute senza « una pressione costante
e leale » della base.
Che significato può avere qui un aggettivo del genere: « leale »? Nei confronti di chi i credenti impegnati nel
rinnovamento della chiesa devono essere leali? In modo assoluto dobbiamo essere tali verso il Signore ed il
testo dei 33 teologi lo dichiara esplicitamente: « quando un provvedimento preso dalle autorità... non è chiaramente in accordo con l’evangelo, la
resistenza è obbligatoria... ». La menzione dell’autorità, cioè della gerarchia
non può non suscitare in noi evangelici perplessità, il rapporto nella chiesa
di Cristo non è tra gerarchia e popolo
ma tra credenti e il Signore. Detto
quésto il fatto resta, ed è quello che
intende dire il documento: l’impegno
per il rinnovamento non deve essere
volontà di rottura; esso implica che si
debba oggi
MANTENERE I CONTATTI
— mirare a soluzioni intermedie.
Questo significa cercare posizioni ed
atteggiamenti che « non portino alcun
pregiudizio all’unità della chiesa », in
altri termini, significa assumere posizioni che mantengano un contatto sia
pure critico néi confronti della parte
della chiesa che permane vincolata ai
suoi schemi di prudente e timorosa
conservazione. Per i 33 teologi cattolici è la gerarchia, per noi evangelici
è la parte della comunità che interpreta come un pericoloso salto nel
buio ogni forma di abbandono di forme tradizionali d ivita.
Qualcuno certo giudicherà superata
la posizione che questo documento
prospetta, lo leggerà come un ennesimo appellò ad una azione riformista
nella comunità, già tentato e fallito
molte volte, altri lo giudicherà pericoloso invito ad organizzare una contestazione ecclesiastica già troppo vivace. Il fatto che sia scritto e sottoscritto da credenti cattolici non ci impedisce di riceverlo come un appello a riflettere, perché chiunque legge questo
nostro giornale con attenzione deve
ammettere che i nostri problemi sono
identici: possibilità di un rinnovamento della comunità, coraggio di denuncia, chiarezza di motivazioni, umiltà e
lealtà delle parole, concretezza dell’impegno. Quello che rende purtroppo così teso il clima dei nostri dibattiti è
la convinzione che è in gioco la salvezza della Chiesa e spetta a noi salvarla. Forse un pizzico di umiltà renderebbe meno teso il nostro discorso.
4
pag. 4
N. 18 — 5 maggio 1972
Cronaca delle Valli
la nuova lep sulla mantagna olire l'occasloiie di
Ricostituire i'unità delie Valli (valdesi)
Disoccupali Convegno giovanile di Vallecrosia
in aumento
Sulla « Cronaca delle Valli » del 21
aprile R. Genre ha pubblicato un articolo « Prospettive per la Val Germanasca », che portava sul titolo come occhiello « La nuova legge sulla montagna ».
Questa legge offre delle possibilità
che la popolazione delle nostre Valli dovrebbe saper cogliere. Non le prime e,
speriamo, neanche le ultime. Ma questa
legge adesso c’è e dovrebbe essere bene
utilizzata. È la legge che istituisce le
Comunità Montane, che dovrebbero essere qualcosa di più dei Consigli di Valle. Ma la « base » sa queste cose, se ne
interessa? Gli amministratori la interessano? Eventuali possibilità ed eventuali limiti (da superare) dovrebbero
essere discussi quanto prima dalla e
con e per la « base ». Le elezioni ci hanno distratto, forse apposta, ma la vita
continua e qual che sia il risultato delle elezioni il rinnovamento deve venire dal basso, appunto anche dalle nostre Valli. È il discorso dell'identità —
come si sottolinea oggi —, dell’affermarsi di sé, deH’autonomia, che ripiglia. E un discorso che va inquadrato,
evidentemente, in contesti più ampi. Ci
affermiamo non per chiuderci come
una tribù, ma per contribuire al progresso generale, mondiale. L’autonomia
non è soltanto una difesa ma, in questo
caso, è l’organizzazione territoriale che
permette di aprirsi, di esprimersi come
gli individui da soli non potrebbero fare, rispettando e valorizzando gli individui stessi, senza opprimerli. La Legge
sulla montagna è uno strumento che
può essere utilizzato, certamente non è
l’unica via.
Si parla già di Comunità della Val
Germanasca, della Val Germanasca e
dell’Alta Val Chisone, della Val Chisone
intera, della Val Pellice. Ma perché non
decidere subito di ricostruire o piuttosto riconoscere la vecchia unità delle
Valli Valdesi o come le si vogliano
chiamare, comprendenti le Valli del
Chisone con la Val Germanasca e del
Pellice, la zona di Prarostino e San
Secondo? Serpeggia uno spirito dimis
sionario che fa apparire questa unità
non più valida. È probabilmente soltanto uno spirito minoritario ma con qualche effetto paralizzante. Sarà che ci
siamo abituati a veder prendere sempre da altri le decisioni per noi? Siano
gli altri svizzeri, olandesi o inglesi, Roma, Torino o Pinerolo. Si adducono motivi di comunicazioni, di economia, di
religione ed altri. Qui si tratta della società civile, non della società religiosa,
anche se fra le due ci sono dei rapporti. Questi sono argomenti su cui occorre spiegarsi. Che si abbiano più Comunità montane unite sotto un’unica Comunità delle nostre Valli, pare a me e
ad altri che si debba arrivare a un Distretto Alpino, collegato con altri Distretti Alpini, cominciando dai nostri
vicini della Provincia di Cuneo, che
hanno problemi in parte simili ed un
comune fondo culturale occitano.
E Pinerolo? Il nostro primo vicino
della pianura con cui trattare uniti e
non come dei deboli che aspettano la
beneficenza. R. Genre parla del Convegno sull’area ecologica del Pinerolese.
(cfr. Eco-Luce del 21-4-1972).
Questa delTarea ecologica del Pinerolese è una definizione recente e discutibile. Che cosa è il Pinerolese? Ben
venga un Convegno con Pinerolo. Ma
presentiamoci con la nostra identità.
Non abbiamo bisogno di una città-guida, né, come è stato detto, di conservare la fiducia a Pinerolo che così istituirà per noi scuole artigianali, magari
per sellai. Pinerolo stessa sarà avvantaggiata dall’avere alle spalle delle Valli solide sulle loro gambe anziché dei
diseredati. Anche i quattro concistori
del cosidetto presbiterio della Bassa
Val Pellice hanno chiesto questo convegno (cfr. Eco-Luce del 25-2-1972).
È la prova di un inquietudine, di un
interesse comune a tutte le parti della
nostre Valli. Vorremmo, permettete il
bisticcio di parole, che ci fosse più
interesse per quanto c’è di comune nelle nostre Vaili, e che non ci svegliassimo ancora una volta troppo tardi.
Gustavo Malan
PIU' DI 60 GIOVANI EVANGELICI DELLE VALLI, SUSA, IVREA, TORINO, ED UN GRUPPETTO LIGURE, HANNO PARTECIPATO AL
CONVEGNO GIOVANILE DI VALLECROSIA DAL 23 AL 25 APRILE
iiiiiiMiiiiiiiiimiiiiiimiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiHiiiiiniMiiiiiiiiiiimiiiii
Una difesa inutile
La pagina del « Diario » di Jacopo Lombardini pubblicata su queste colonne 15 giorni fa ha
suscitato una reazione inaspettata che pubblichiamo sotto.
Rileggendo sul n. 16 della Luce del 21 aprile l’estratto del diario in cui Lombardini racconta la sua partenza dal Convitto di Torre
Pellice, non ho potuto reprimere un moto di
sdegno per la durezza di cuore del direttore
dell’istituto. Questo individuo, quando Lorabardini venne a trovarsi in difiBicoltà con i fascisti, pur di salvare la propria pelle (cosa però che, se ben ricordo, in quei tempi tutti cercavano di fare) non esitò a buttarlo vilmente
sul lastrico.
A dire il vero, Lombardini non ha detto
nulla di simile, ma può darsi che, a distanza
di quasi trent’anni, qualcuno che allora non
era ancora nato, possa effettivamente ricevere
questa penosa impressione, leggendo un estratto, avulso dal contesto, del diario. Ho perciò
pensato di chiedere all’ex direttore di rispolverare le sue memorie, ed ecco quello che risulterebbe.
Il Lombardini era da tutti conosciuto per i
suoi sentimenti antifascisti, in Convitto e fuori, perché non ne faceva mistero con nessuno.
Il tribunale di Modena, dopo quello di
Reggio Emilia, Trapani e Isernia, ha confermato che corrisponde alla verità definire Almirante (c torturatore e massacratore di italiani », in base alla documentazione del suo passato repubblichino.
Una lettera di propaganda elettorale firmata da Almirante è stata recapitata a molti
coltivatori diretti; qualcuno ha passato al MSI
l’indirizzario dell’organizzazione di Bonomi.
'A' Circa 900 mila lavoratori italiani emigrati all’estero non ritorneranno in Italia per
votare. Non potranno votare 20 mila marittimi, 15 mila malati, 16.454 detenuti in attesa
di giudizio che, pur avendone diritto, non potranno accedere alle urne perché rinchiusi nelle carceri.
^ 11 regime fascista greco, ormai saldamen
te in mano a Papadopulos, primo ministro,
ministro della difesa, degli esteri, controllore
della stampa e della polizia e, ultimamente,
capo dello stalo, ha festeggiato il quinto anniversario del colpo di stato. Nonostante tutti
i controlli Topposizione democratica ha fatto
sentire la sua voce: il 21 aprile alcune centinaia di studenti hanno manifestalo davanti alrUniversità, scandendo slogans antigovernativì.
L'ambasciatore tedesco ad Atene è stato
dichiaralo « persona non gradita » e richiamato in patria. È accusato dai colonnelli greci di
aver favorito la fuga, a bordo di un aereo militare tedesco, del prof. Mangakìs, esponente
dell’opposizione al regime.
Il primo maggio a Casa Gay sono stati
consegnati i diplomi (15) alle ragazze che avevano frequentato i corsi durante questi ultimi
due anni.
^ Domenica 30 aprile si sono riunite a S.
Giovanni per la festa di canto, le corali di
Angrogna, Pomaretto, S. Giovanni, BobbioVillar Pellice e Rorà-Prarostino.
Roma (adista) - L’occupazione in Italia è
diminuita nel corso del 1971 di 338 mila unità. In particolare, gli occupati in agricoltura
sono stati 89 mila di meno, quelli nell’industria 117 mila e quelli in attività terziarie sono diminuiti di 132 mila. Nel complesso le
persone in cerca di occupazione sono aumentate di 63 mila unità.
In base ai primi risultati dell’indagine campionaria dell’ISTAT sulle forze del lavoro, realizzata all’inizio dell’anno, risultano occupati
18.377.000 lavoratori, di cui 3.308.000 in agricoltura, 8.108.000 nell’industria e 6,961.000
nelle altre attività. Nel complesso degli occupati, il numero dei lavoratori sottoccupati è
risultato pari a 425 mila. Il numero dei disoccupati è invece di 739 mila.
iiiiiiiiiitiimiiiiiiiiiiiiiiiiiii]iiiiiiiiiiiiii
Dopo averlo avuto per due anni come collaboratore, se quel direttore avesse voluto disfarsi di un ospite così compromettente, avrebbe
avuto motivo di farlo, perché — com’egli dice — in Convitto non c’erano che pochi giovani. Ma Lombardini si trovava bene in Convitto, e il direttore volentieri gli venne incontro, trattenendolo come ospite. È da tener
conto che a quei tempi non solo il Lombardini,
ma tutti i Valdesi con qualche incarico di responsabilità erano dai fascisti considerati con
sospetto, e lo si vide quando, dopo averli minacciati di morte, li rinchiusero in buon numero — direttore del Convitto compreso —
nelle carceri di Pinerolo.
Un bel giorno il direttore ricevette la visita
di qualcuno il quale gli dimostrò che Lombardini distribuiva ai Convittori delle pubblicazioni antifasciste. Il direttore logicamente informò Lombardini del pericolo che lo minacciava.
Ma neppure in quel momento di pericolo,
non solo per lui, ma per lo stesso direttore,
questi ingiunse, o fece capire al Lombardini,
di andarsene. Se cosi fosse, risulterebbe dal suo
diario privato.
In realtà, come spiega nel seguito, egli si
affrettò ad andare a consigliarsi con uno dei
comandanti partigiani, il quale, resosi conto
che era venuto per Lombardini il momento di
pensare alla propria incolumità, gli propose
di aggregarsi a una banda, in qualità di cappellano Valdese e commissario politico a nome del Partito d’Azione. « E fu cosi che divenni bandito » scrive nel diario.
Dopo queste precisazioni, la figura dell’ex
direttore del Convitto può apparire un po’
meno disgustosa, e, almeno per questo episodio, la problematica risulta alquanto elementare.
Roberto Nisbet
Vorrei solo precisare, ad evitare fraintendimenti sempre possibili, come questa lettera dimostra, che non era nell’intenzione di chi ha
estratto queste righe dal diario di Lombardini,
né nel testo riportato, di "far apparire disgustosa” la figura del direttore del Convitto. In
altre parole mi sembra che la lettura che R.
Nisbet ha fatto sia eccessivamente autolesionista. Nessuìio ha parlato della "durezza di cuore” del direttore; nessuno ha scritto (neppure
Lombardini) che il direttore "non esitò a
buttarlo sul lastrico”. E allora, perché questa
lettera?
Aggiungo che la figura del direttore del
Convitto non aveva alcun interesse nelVeconomia di questa pagina; il problema che si voleva sottolineare era un altro, che pare sia sfuggito anche a R. Nisbet che ha letto tutto in
chiave personale. Vale a dire che il problema
del fascismo ieri e del neo-fascismo oggi prima che un fatto di cronaca nera, di attentati,
era e rimane un fatto di educazione, di cultura, di formazione della persona. E mi è parso
che questa pagina fosse utile per una meditazione in questa prospettiva; ed è in questa
prospettiva che invito R. Nisbet a rileggere
la pagina del "Diario” di Lombardini, senza
alcuna denigrazione velata per il direttore
del Convitto di ieri.
E. G.
Val Germanasca
CRntro Sociale
d’Educazìone Permanente
Venerdì 6 aprile, presso il Centro Sociale di
Educazione Permanente di Chiotti nel comune
di Perrero, il Centro Mobile di Lettura del
Provveditorato agli Studi di Torino ha tenuto
una interessante serata cui hanno preso parte
una cinquantina di persone. La serata è iniziata con un breve saluto e la presentazione
delle varie attività del Centro da parte del
dott. Bianchi che e è da anni l’infaticabile
animatore. Nel terminare la sua breve relazione egli ha annunziato l’acquisto e la prossima
consegna dell’arredamento della sala di lettura. Arredamento che consiste in tavoli, poltroncine e scaffali per un valore che si aggira
sul mezzo milione. Oltre a questo il Centro di
Chiotti può contare su un contributo annuo
ordinario di circa 70 mila lire per l’acquisto
di libri od altro materiale.
Ha fatto seguito la proiezione del film cecoslovacco <( Negozio sul corso » che è stata
seguita con attenzione ed interesse dai numerosi presenti, grandi e piccoli. Validissimo ed
attuale il messaggio del film che presentava
la problematica di un impegno personale e
concreto dell’uomo anche se questo richiede
coraggio e sacrificio. È poi avvenuta la consueta distribuzione di libri-omaggio ed il prestito di opere del Centro stesso.
Era presente anche il maestro Amato responsabile del Centro Provinciale Sussidi Audiovisivi che ha concorso alla realizzazione
della riuscitissima serata.
Il notevole numero di presenti e l’interesse
dimostrato per la serata fanno sperare che esse in futuro possano essere più numerose a
sostegno e complemento della già notevole attività del Centro Sociale istituito a Chiotti lo
scorso anno grazie all’interessamento e sotto la
responsabilità del maestro Jahier. Fra le altre attività minori, proprie dì tutti i Centri,
come il prestito libri, serate varie con diapositive, films, audizione di dischi, écc. vogliamo
segnalare in particolare il doposcuola gratuito
di cui hanno potuto usufruire i ragazzi delle
elementari e delle medie e le lezioni di lingua
inglese, sempre gratuite, che sono state seguite
da parecchi allievi.
Le attività si concluderanno all’inizio di giugno con una gita in Valle d’Aosta cui potranno partecipare tutti gli abituali frequentatori del Centro. La gita, durante la quale è
prevista la visita ad un castello medioevale e
ad alcuni laboratori artigianali della Valllée,
sarà finanziata da un contributo straordinario del Ministero della Pubblica Istruzione.
Era ormai da molto tempo, da quando si è
sciolta la F.U.V. se non vado errando, che non
erano più stati proposti convegni di questo tipo. La mancanza di contatti fra i giovani delle ultime generazioni si è fatta sentire in modo particolare in questi ultimi anni proprio
alle valli ed è precisamente con lo scopo di intensificare o di creare questi contatti che si è
proposto il Convegno di Vallecrosia. L’incontro
era interdenominazionale ed aperto a tutti i
giovani del Piemonte e della Liguria; ed è un
vero peccato che i liguri non abbiano ricevuto
l’invito e che la loro presenza fosse ridotta a
poche persone.
Il largo spazio riservato al tempo libero
non ha permesso l’approfondimento del programma che era stato indicato; lo sì è notato
soprattutto per la parte ultima dell’incontro,
con i fratelli della Comunità di Oregina. Ed è
anche per questo fatto che si è deciso un nuoincontro per approfondire alcuni temi emersi
a Vallecrosia; il 28 maggio al Castagneto di
Villar Pellice si cercherà di chiarire le pos
sibilila organizzative che ci si può dare e che
sì è visto essere ìndspensabili per evitare la di
spersione. I pochi amici liguri presenti ci fa
cevano notare che questa proposta poteva si
gnifìcare la loro esclusione a causa del
la distanza che li separa dalle valli ed
essere per noi un pericolo di rinchiuderci an
cora una volta nel nostro ghetto valligiano
D’altra parte, se si vuole portare avanti un
lavoro in comune con i gruppi delle valli, di
Ivrea, Torino, ed avere dei contatti regolari,
è assolutamente necessario che si limitino un
po’ gli orizzonti per evitare di fare un buco
nell’acqua. In un secondo tempo sarà più facile ed anche più concreto avere degli incontri con la Liguria : quando cioè questi incontri possano avere un’ossatura propria che dia
loro un contenuto preciso.
Una mattinata dell’incontro è stata dedicata
al problema del neofascismo in Italia; si è
parlato soprattutto dell’organizzazione neofascista di questi ultimi anni, legata a uomini o
fatti abbastanza noti dalla stampa, mentre è
mancato un po’ l’approfondimento per quanto riguarda la forza di penetrazione del neofascismo nella mentalità e nella cultura dell’italiano medio, soprattutto delle nuove generazioni che sono cresciute in un clima in cui
i valori emersi dalla Resistenza sono progressivamente declinati. Forse il pericolo che il
neofascismo rappresenta oggi in Italia è stato
un po’ sottovalutato.
Il momento di maggior interesse è stato
l’incontro con un folto gruppo della Comunità del dissenso cattolico di Oregina. Ci si è
accorti, in concreto, che la discussione sul neofascismo non era una discussione accademica, staccata dai problemi e dai fatti che questi fratelli hanno posto alla nostra attenzione.
È così emerso con chiarezza come numerose
difficoltà che la Comunità di Oregina ha incontrato nella sua crescita siano dovute a leggi
fasciste che costituiscono oggi un duro osta
iitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMtiiii!iiiiiiitiiii!tiiiiimmmiMiiiiiiiiit
Ospedale di Pomaretto:
offerte di lavoro
Sono richiesti per POspedale Valdese di Pomaretto, Ospedale per lungodegenti e convalescenti, munito di regolare decreto di equiparazione per quanto riguarda il personale :
N. 2 (due) Infemiere Professionali
N. 1 (uno) Infermiere(a) gererico(a)
N. 1 (uno) Cuoco(a)
N. 1 (uno) Operaio qualificato.
Per ulteriori informazioni, rivolgersi alPUfficio CIOV, 6, Via Caduti per la Libertà 10066 Torre Pellice - Tèi. 91536.
p. la Comm. degli Istituti Ospit. Valdesi
E. Aime. Presidente
Raimondo Genre
oiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiimiiiiiiiiiimiiiiìiiiiiiiMiiiiiiiiMiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiimiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiii
Concimi e propaganda elettorale
Sono trascorsi ormai tre anni da
quando un Prof, di economia e politica
agraria dell’Università di Padova disse,
in base a delle ricerche svolte nell’Università, ad un convegno di tecnici agricoli organizzato dalla Coldiretti, che il
prezzo dei concimi complessi in Italia
era un vero furto ai danni degli agricoltori. Da allora le cose non sono cambiate; i concimi sono andati progressivamente aumentando di prezzo e la
Coldiretti ha pensato bene di non invitare più questo professore ad altri Convegni perché dire la verità in questi
termini poteva esser troppo pericoloso
e dare la possibilità a molti contadini
di ragionare con il proprio cervello.
La DC ed il PSDI, i due partiti che
hanno il controllo della Montecatini e
quindi il monopolio della vendita dei
concimi in Italia, rispondono che la
colpa dell’aumento dei prezzi è da attribuirsi agli operai con le loro assurde pretese e con i continui scioperi per
ottenere dei miglioramenti salariali. Le
cose però non stanno in questi termini.
Ne è prova il fatto che le industrie italiane vendono gli stessi prodotti ai paesi stranieri, alla Francia, Belgio, ecc.
con la riduzione del 40-50% rispetto alle tariffe nazionali; e questo per poter
avere la concorrenza sul mercato internazionale. Questo dato di fatto dovrebbe contribuire a chiarire a molti
apricoltori quanto sia contraddittoria
la propaganda elettorale che la DC ed
il PSDI stanno facendo in questo tempo fra gli argicoltori, anche qui alle
Valli. Non è certamente edificante no
tare come la DC, con l’appoggio dei preti, il PSDI con Loris Bein che ha l’appoggio di alcuni pastori valdesi e di
grossi dirigenti industriali e bancari,
cercano di convincere gli agricoltori a
votare per i loro partiti per il ristabilimento della giustizia e dell’ordine.
Ma quale giustizia e quale ordine?.
Le idee ed i programmi di Loris Bein
ormai li conosciamo tutti per aver letto quanto scriveva regolarmente sul
giornale liberale « Il Pellice », collaborazione che è stata prudentemente interrotta in questo periodo preelettorale. Molti agricoltori hanno però capito
che cosa significhi per loro la politica
della DC e del PSDI; non solo lo hanno
capito ma hanno dovuto anche subirne
le conseguenze. L’abbandono della terra e dell’economia montana di questi
ultimi anni ne è la prova schiacciante.
A questa politica che si serve della
chiesa e che carpisce i voti in buona
fede di molti valligiani, noi contadini
rifiutiamo decisamente il nostro voto.
Ma questo non basta. Occorre che ci
organizziamo fra di noi, che discutiamo insieme questi problemi perché è
chiaro che non saranno i senatori, né i
medici né gli avvocati che risolveranno i nostri problemi. Dobbiamo saperli
risolvere da noi o comunque averli ben
chiari per poterli imporre a chi sino ad
oggi si è servito di noi ed evitare di
continuare a subire delle situazioni ingiuste causate da una politica che tiene conto soltanto dei vantaggi di chi
già ne ha troppi.
Mauro Gardiol
colo per dei credenti che vogliono esprimere
la loro fede opponendosi al secolare connubio
fra trono e altare. Per molti giovani convenuti a Vallecrosia questo incontro con il gruppo della Comunità di Oregina è stato il primo
approccio con questa nuova realtà che emerge
dal cattolicesimo e che cresce nella scoperta
dell’evangelo giorno dopo giorno. Una scoperta
dell’evangelo di cui i nostri gruppi hanno oggi assoluta necessità per ricevere quel contenuto che le nostre chiese nel loro insieme ritengono .spesso di possedere senza un impegno
concreto.
L’incontro è terminato con un breve culto
con meditazione prendendo lo spunto da
Isaia 59 e indicando alcune prospettive di impegno per i gruppi giovanili, alla luce di quanti era emerso dalla discussione in comune.
E. Genre
I RiDrti non sono morti
Pubblichiamo il testo che la Comunità di Oregina ha diffuso in occasione
del 25 aprile 1972 e che ci è stato letto in occasione dell'incontro di Vallecrosia. Merita la nostra attenzione.
Nella giornata di oggi, 25 aprile 1972,
anche in Oregina si ricorda la fine della guerra e la definitiva liberazione dal
nazifascismo. Come comunità cristiana, attenti a cercare di vivere il Vangelo in modo non evasivo od equivoco
di fronte alle esigenze di liberazione degli uomini, ci sentiamo chiamati direttamente in causa da tale « commemorazione ». Vorremmo proporre a tutti un
momento di riflessione.
Ci sembra purtroppo che — allontanandosi ormai sempre più quei giorni
del 45 — queste rievocazioni e questi
ricordi prendono per lo più l’aspetto di
riti formali: si ricorda i morti con una
messa, si rievocano momenti passati
con discorsi ufficiali, ci si ritrova tra
vecchi combattenti, si depone una corona al cippo dei Caduti. Poi, ad un
certo punto, la celebrazione finisce; il
prete è soddisfatto per la « sua » bella
messa; i partiti, le associazioni ex combattenti ed ex partigiani hanno assolto
i loro doveri. Ed i morti di allora rimangono fuori della nostra vita presente e futura, esistenti non più per
noi ma solo per il passato.
Quello che ci sconcerta, ripetiamo, è
Tapparenza di ritualismo e di formalismo che — al di là delle intenzioni di
ognuno — hanno questi momenti. Ed è
questo stato di cose che rifiutiamo.
Gesù Cristo ci ha insegnato che la
morte non è l’ultimo momento di noi;
è a volte la condizione indispensabile
per liberare gli uomini.
Così, perché crediamo in Gesù Cristo
morto ma realmente risorto. Vi diciamo: quei morti non sono morti.
Non sono morti perché del loro sacrificio tuttora noi viviamo i frutti. Essi vivono tra noi nelle loro persone e
nella liberazione conquistata; la loro
presenza ci è monito costante, perché
la libertà non la regala nessuno per
nulla: solo chi lotta, o per essa muore, può farla sua o donarla ad altri.
Non sono morti e non è morto il loro
compito. La lotta per la liberazione degli uomini va ben oltre il 25 aprile. La
loro resistenza continua, perché continuano l’oppressione, lo sfruttamento,
l’emarginazione, l’autoritarismo, la fame, il razzismo, la guerra, i genocidi.
È per continuare a combattere contro
queste cose che quegli uomini sono ancora qui con noi.
Non sono morti perché il loro nemico di allora, il fascismo, è ancora vivo:
col fez e l’orbace o con la giacca a
doppio petto e il fiore all’occhiello, nelle squadracce di teppisti o col sorriso
alla televisione protetti dal manganello o dal capitale, mai come in questi
giorni i fascisti di allora e di oggi hanno insultato i Caduti e gli uomini della
Resistenza.
Non possiamo considerarli morti, come « episodi » chiusi per sempre, perché tuttora vi sono migliaia, milioni di
uomini che muoiono e che sono oppressi. Muoiono e sono oppressi nelle fabbriche alla catena di montaggio o sulle piazze nelle cariche della polizia, cadendo dalle finestre di una questura, o
dalle impalcature senza protezioni dei
cantieri edili. Muoiono e sono oppressi
dai bombardieri nel Vietnam o dai
carri armati a Praga, tra i bambini nel
Biafra o tra i palestinesi in Israele, tra
i neri a Chicago o tra gli ebrei a Mosca.
Eppure sulla loro morte altri uomini
costruiscono la vita. Sulla loro momentanea sconfitta tocca a noi, adesso, costruire la vittoria per l’uomo.
È dalla loro morte e dal loro dolore
che ci costruisce la speranza, anzi, la
volontà che non ci siano mai più di
quelle morti.
Quei Caduti, per noi Cristiani e per
tutti coloro che lottarono e lottano perché gli uomini siano liberi e veramente
uomini. Essi sono già risorti. Non sono
fantasmi, ricordi del paspto da « commemorare » con riti religiosi o civili,
ma persone, presenze vive, tuttora « Resistenti » in mezzo a noi.
La Comunità di Oregina
5
5 maggio 1972 — N. 18
pag. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
Fui malato..
Pietro, l'invalido I
Nella corsia deH’ospedale di P. un j
uomo si muove nervosamente nella ;
sua carrozzella: foltissime sopracci- j
glia, in un volto segnato da un dolo- J
re incessante; una smorfia improvvi- =
sa e le due mani scheletriche afferra- [
no le gambe « condannate » da un =
male incurabile: nei momenti di cal- :
ma due dita ingiallite dalla nicotina È
premono su una « cicca » che si rin- |
nova automaticamente, a triste con- ;
forto d'un uomo invecchiatò innan- i
zitempo. i
Pietro non parla del suo passato ;
e neppure della sua famiglia; mi di- |
ce sempre: « Sono solo, non ho nes- ;
suno; qui almeno mi comprendono, ;
sono affabili, non mi manca nulla, ;
ma dopo che ne sarà di me? » — e ;
il pensiero del ’’dopo” lo angoscia — :
« Spero di andare ”ai poveri vec- i
chi”; troverò qualche amico d’infan- i
zia, forse.
Con la sensibile antenna del suo
dolore coglie il calore d’un sorriso,
la dolcezza d’una parola, oppure la
asprezza d’una voce, d’un gesto rituale di chi serve, di chi gli porta
una medicina o le vivande. Il suo
« taccuino » sciorina tutto quello
che avverte attorno a sé e lo fa a
mo’ di conforto, per sfogarsi; poi,
prima di salutarmi con ambo le mani mi implora: « Mi saluti tanto M.
<un ragazzo che ha prestato servizio
volontario e al quale è rimasto molto affezionato); si ricordi, me lo saluti, quello sì che è un ragazzo d’oro,
quello sì... » e l’emozione gli tronca
le ultime parole.
Pietro non viene al culto; se ne sta
un po’ discosto, alla distanza giusta
per ascoltare il canto e la predicazione; poi, alla fine s’avvicina, ringrazia, saluta, fa i suoi apprezzamenti, ma non svela nulla della sua
vita interiore.
Una domenica sono venuti dei giovani pentecostali; nel cortile hanno
cantato inni di fede con accompagnamento di chitarre, poi qualcuno
ha pregato, dato dei messaggi ed i
malati alle finestre hanno ringraziato e in coro ripetevano: « Ancora! »
Pietro non c’era al balcone; s’era fatto accompagnare in cortile, ma era
dietro una colonna, solo.
Quando il gruppo s’è sciolto Pietro era ancora là, dietro la colonna,
con un gran fazzoletto colorato in
mano, intento ad asciugarsi le lacri- me; forse, la Grazia di Dio aveva toccato quel cuore ormai indurito da
una vita grama.
Qualche giorno dopo l’ho rivisto,
ancora in corsia. Era più triste del
.solito; s’è avvicinato e m’ha gridato con angoscia: « Domani parto;
non so dove andrò! » I bambini della mia Scuola domenicale hanno voluto mandargli un segno di affetto,
un parente ha poi inviato un messaggio di ringraziamento, poi, il silenzio!
Gustavo Bouchard
tiiiiiiiiiiimiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiimiMiiiiiiim
Mantova
FEDERAZIONI FEMMINILI EVANGELICHE
Roma, 13 maggio 1972
Congresso della Federazione Femminile Valdese
Programma:
ore 9 — culto di apertura a cura di Berta Subilia
ore 9,30-12 — Lettura e discussione delle relazioni morali e finanziarie del comi
tato nazionale
ore 14,30-18,30 — Continuazione della discussione. Elezioni. Messaggi delle delegate
estere
ore 21,30 — Serata in comune
Primo convegno lemminlle Interdenomlnazlonale
(Battiste, Metodiste, Valdesi)
Roma, 14 maggio 1972
— Relazioni, presentate dai Convegni delle tre denominazioni. Relazione del Consiglio di collegamento
— Conferenza del Pastore Paolo Spanu: « Evangelo e morale - Aspetto
biblico e teologico della famiglia »
— Culto con Santa Cena nella chiesa Valdese di Piazza Cavour
— Conferenza del Prof. Ezio Ponzo: « Bambino e famiglia - I nostri
pregiudizi e la morale del padrone »
— Discussione a gruppi, e relazione plenaria
— Incontro con le comunità romane con la partecipazione della corale
evangelica romana.
I lavori si svolgeranno nelPAula Magna della Facoltà Valdese di Teologia, via
Pietro Cossa 42.
Viaggio : Per le delegate delle Valli — e quante del V distretto possono anche essere interessate — si sta organizzando il viaggio in comitiva (riduzione del 40% per
25 persone). Andata: partenza venerdì 12 maggio: alle ore 7,20 da Torre Pellice; 7,54
da Pinerolo; 9,10 da Torino. Arrivo Roma: ore 17,58. Mettersi in contatto con MarieFrance Coïsson - 10060 Angrogna Serre (Torino) - Tel. 90456.
Programma
ore 10
ore 11
ore 14,30
ore 15,30-18
ore 18,30
XXV Anniversario
La « Fédération Suisse des Femmes
Protestantes » ha festeggiato a Zurigo
nei giorni 28 e 29 aprile il venticinquennale della sua fondazione.
E stata invitata a rappresentare la
nostra Federazione Femminile Valdese la presidente sig.ra Ade Gardiol
Theiler che ha portato il saluto e l’augurio delle sorelle valdesi; i lavori dell’Assemblea generale si sono svolti celermente, con ordine e vivacità toccando problemi che, in questi tempi,
sono comuni a tutte le Unioni Femminili.
Dopo un saluto del Presidente della Federazione delle Chiese Protestanti Svizzere pastore W. Sigrist che ha
puntualizzato le responsabilità che
toccano le Unioni Femminili se vogliono avere tuttora una ragione di
vivere, una profonda e dotta conferenza del prof. J. Ai. Lochmann di Basilea su « La speranza della Chiesa nostro avvenire » ci ha portato a riflettere sui momenti attuali certo difficili per la Chiesa ma che offrono anche grandi possibilità di rinnovamento e di servizio.
E seguito un banchetto ufficiale al
Kongresshaus (la magnifica decorazione floreale era offerta dal Municipio
della città!): vi hanno partecipato i
rappresentanti delle varie denominazioni che hanno voluto dire alla
F.S.F.P. la riconoscenza per quanto ha
fatto e l’augurio per le grosse responsabilità che l’attendono.
A. Gardiol Theiler
Nuovo orario del culto - Con il culto di Pa5qua, ben frequentato con persone giunte sin
da Castiglione delle Stiviere, abbiamo terminato il cosidetlo orario invernale dei culti. Sin
da domenica 9 aprile il culto ha ora luogo alle ore 9 del mattino. Si raccomanda la massima puntualità perché il pastore deve presiedere un altro culto a Felonica alle 11,15.
Scuola domenicale e catechismo - La scuola
domenicale ed il catechismo hanno sempre
luogo alle ore solite e nei luoghi stabiliti : dai
signori Mantovani in Via Cedrol la scuola domenicale alle ore 16 circa e dai signori Pavesi
in Via Goldoni il catechismo alle ore 15 circa.
Lavori allo stabile della chiesa - Certamente non molti dei partecipanti ai culti si rendevano conto che correvano il rischio un giorno
o Faltro di sentire la pioggia cader loro sul
capo proprio stando seduti! Il tetto aveva bisogno di urgenti riparazioni, diciamo meglio,
bisognava sostituire un bel po’ di grondaie per
evitare che l’acqua colasse lungo le pareti e
che i confinanti si vedessero le case rovinale
dalFacqua grondante fuori... dalle grondaie.
Ora lutto è in ordine.
Incontro a Ferrara con Bologna e Felonica Il 16 aprile, nel pomeriggio ha avuto luogo a
Ferrara il secondo degli incontri organizzati
su piano interdenominazionale delle comunità
di Ferrara, Felonica e Bologna. Si è studiato,
sulla base di un documento distribuito ai presenti e redatto dalla comunità di Felonica, il
problema della scuola nell’attuale situazione
italiana. Nel primo di questi incontri si era invece studiato il problema del divorzio specialmente in riferimento al futuro referendum.
A Santa Lucia di Quistello - È deceduto a
Santa Luica di Quistello, aU’età di 88 anni,
Ferruccio Pedrazzolù padre del sindaco di
Quistello. È stato tra i primi evangelici di
Santa Lucia ed era anche stato fino all’avvento del fascismo, assessore comunale quale militante nel partito socialista. Dopo la guerra
fu nuovamente per lunghi anni assessore socialista al comune di Quistello. Il suo funerale è stato un’occasione dì testimonianza della
fede evangelica all’intero paese. Alla vedova ed
ai figli rinnoviamo l’espressione della nostra
simpatia cristiana nelTora del lutto.
Bruno Costabel
San Germano
Nel mese di marzo è avvenuto qui a San
Germano un incontro delle Unioni Femminili a cui hanno partecipato ben 180 sorelle, rappresentanti di 12 Unioni. Esso costituisce forse l’avvenimento di maggior rilievo nella vita della nostra chiesa in questi ultimi mesi. È inoltre da segnalare una
altra riunione dell’attivo gruppo dell’Unione Femminile a cui ha partecipato la prof.
Frida Malan, Assessore alla sanità presso
il comune di Torino, la quale ha esposto il
problema deH’inquinamento deU’ambiente
nelle sue molteplici forme. Nel mese di
marzo i culti sono sempre stati presieduti
dall’A.E. F. Bertinat, il quale ha anche celebrato un culto di Pasqua alla Casa di
Riposo. Nel Tempio il culto di Pasqua è
invece stato presieduto dal pastore Giorgio
Tourn. Il messaggio rivolto alla comunità
era tratto dall’Epistola ai Romani 12: 2 :
« Non vi conformate a questo secolo... », ed è
stata esaminata in particolare la differenza tra
l’anticonformismo, inteso quale atteggiamento
preconcetto, ed il non-conformismo del cristiano, le cui azioni escono dagli schemi comuni
alla maggior parte degli uomini per seguire
l’insegnamento di Cristo. Durante il culto sono stati confermati: Loredana Beux, Mimma
Balmas, Lucetta Bouchard, Bruna Beux, Oriana Blanc, Renzo Bounous, Fiorenzo Bounous,
Doriano Canonico, Nadia Gardiol, Claudia Jahier, Gianni Long, Ornella Reynaud, Aldino
Bouchard, Oretta Long, Bruno Martinat, Graziella Monnet, Ornella Comba.
" Giovedì 13 aprile è stato celebrato il primo
martimonio del 1972; si sono infatti sposati
Clara Bounous e Remo Bouchard, entrambi
membri della nostra comunità.
Sono deceduti a partire dal 1° gennaio:
Bouchard Luigi (dei Bernard), Durand Rosa
(della Casa di Riposo), Bouchard Luisa ved.
Melchiore (dei Gondini), Bouvier Susanna ved.
Soulier (delle Lussie), Davit Davide detto
Mimmo (della Casa di Riposo), Letizia Theiler
ved. Rossetto (di Villa).
Festa di canto delle
Scuole Domenicali
Domenica 21 maggio: ore 15
nel tempio di Bobbio Pellice: Festa di Canto delle Scuole Domenicali della Val Pellice.
Domenica 21 maggio: ore 15
nel tempio di San Secondo di Pinerolo: Festa di Canto delle Scuole Domenicali della
Val Chisone.
Le, prove d’insieme avranno luogo alle ore
14,45 nei locali che saranno tempestivamente
indicati.
Il pubblico è cordialmente invitato.
La Commissione del Canto Sacro.
La Casa Evangelica
di Frassignoli
È una villetta di 6 stanze, attrezzata di luce, gas e acqua, posta in mezzo a grandi prati pianeggianti e a boschi? di castagni e faggi.
Situata sull’Appennino Pistoiese, a quota
800 circa, presso il viUaggio di Case Bezzi, è
il luogo ideale per cfii cerea aria buona e tranquillità, eon vasto spazio sicuro per i bambini
e possibilità di passeggiate nei dintorni.
Questa casa servirà per convegni, gite e
campeggi della Chiesa e degli Istituti, ma potrà servire anche per i fine-settimana e le ferie di famìglie della comunità. Sarebbe interessante e auspicabile che in questa casa si
sperimentassero periodi di vita in comune tra
più famiglie credenti. Si possono accogliere
fino a 16 persone.
L’itinerario stradale è : Firenze-Pistoìa-strada
dell’Abelone fino a Pontepetri-Pracchia, bivio
Frassignoni-Case Bezzi (km. 62).
Questo « esperimento », per un anno, è stato deciso dalla Assemblea dopo non pochi rinvìi e perplessità. Ora dobbiamo però adoperarci perché il tentativo sia portato a fondo per il
meglio. L. S.
Pomaretto
Incontro studenti di Torre
Domeniea 9, nella sala del teatro, un gruppo
di studenti del Collegio eon la collaborazione
dell’« outsider » Arnoulet ha recato un buon
messaggio di canti, poesie di Brecht, interessando il pubblico presente.
Ringraziamo molto il gruppo, guidato dal
prof. Mathieu ed il signor Arnoulet per la serata accuratamente preparata.
Martimonio
Saabto 22 è stato celebrato il matrimonio di
Bounous Roberto e Giovanna Rostan. Un pensiero augurale agli sposi.
Battesimi
Domenica 23 : Igor di Favaro Mauro e Adriana Laidetto, Barbara di Valdo Pons e Breuza Matilde, Anita di Rino Riceli e Maria Paire, hano ricevuto il segno dello Spirito di Dìo
con la promessa dei genitori di collaborare col
Signore in vista d’una vita nuova dei loro figlioli.
Predicazione
All’Inverso Pinasca predicazione laica e culto comunitario con Flavio Micol, Norma, Sandra e Marcella per il culto mensile preparato
in gruppo. Un grazie per la loro collaborazione.
Servizio funebre
Alla famiglia dì Serre Walter improvvisamente deceduto, il nostro pensiero di simpatìa
cristiana, memori della sua collaborazione all’ospedale e a vari Enti di aiuto fraterno.
Prossimamente
Domenica 7 maggio alle 14,30 al teatro i
bambini della Scuola Materna presenteranno
un programma di canti, dialoghi con relativa
esposizione dei disegni.
Sono benvenuti, oltre i membri della comunità locale quelli delle chiese vicine.
DOMENICA 7 MAGGIO
ore 15
BAZAR DELLA CHIESA
A VILLAR PEROSA
Tutti sono cordialmente invitati
immiiiiiiiiimimiimiiiiiiimiiimni iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiMiiiimiiiiiiiiiniiiiiiHiiiiMiHinMiinmnimiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiMiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Notiziario Evangelico Italiano
A Villa San Sebastiano
Un convegno organizzato dal
Servizio Sociale della F. C. E. I.
Il Servizio Sociale della Federazione
delle Chiese Evangeliche in Italia ha indetto per i giorni 11 e 12 maggio, a Villa S. Sebastiano (L’Aquila) un convegno
di azione sociale, aperto ovviamente a
tutti, e che interesserà in modo particolare tutti coloro che nelle chiese sono
particolarmente impegnati nel servizio
sociale. Il convegno ruoterà intorno a
una relazione generale di Mario Miegge
su « Il significato dell’azione sociale delle chiese nell’attuale contesto socioeconomico del nostro paese, con particolare riferimento all’area marsicana »
(il testo di questa relazione è stato diffuso in questi giorni), cui si affiancherà
una presentazione e una verifica del lavoro che viene svolto da cinque gruppi
di servizio: S. Benedetto dei Marsi, Villa S. Sebastiano-Tufo, Napoli-Ponticelli,
Taranto, Cinisello. Le adesioni devono
essere indirizzate immediatamente al
past. Sergio Aquilante, 67060 Villa S.
Sebastiano (Aq).
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin iiiitiiiiiiiiiiiiiiiii
Le notizie in ritardo
non servono
Caro direttore,
ci riferiamo al trafiletto « L’Evangelo non
fa più notizia? » comparso su « La Luce » del
14 aprile a firma del pastore E. Santilli.
Il Servizio Stampa Radio Televisione della
Federazione è grato a tutti coloro che gli in
viano notizie, e si è servito non molto tempo
fa anche di quelle fornitegli dal pastore Santilli. Solo è necessario che le notizie siano tali
e pervengano in tempo. Lo stesso pastore Santilli ci ha scritto il 18 aprile una lettera impostata il 19 e pervenutaci il 21, nella quale
ci prega di annunziare certe conferenze da tenere a Genova dal 12 al 22 dello stesso mese.
Poiché il notiziario va in onda il 23 è evidentemente fuori luogo annunziare una attività ormai passata. Non di meno il Servizio
avrebbe volentieri menzionato nel Notiziario
quella serie di conferenze se anziché il semplice annunzio gliene fosse pervenuto un resoconto con qualche dettaglio sui contenuti,
sulla partecipazione del pubblico, sulle conclusioni e conseguenze di tale attività. Queste
ultime infatti sono notizie che potrebbero interessare gli ascoltatori del Notitiazio, mentre
la mera menzione del nome di un conferenziaere avrebbe un carattere troppo personalistico. In altri termini questo Servizio considera più importante parlare delle assemblee
dei credenti e delle loro azioni e decisioni, ossia della vita della chiesa, che non dei singoli
pastori e della loro attività. Riteniamo che
questo criterio non manchi di fondamento ecclesiologico.
Lo stesso incoveniente di una informazione
tardiva e inutilizzabile si è verificato per
quanto riguarda le notizie cui si riferisce il
pastore Santilli nel trafiletto menzionato all’inizio. Se lo stesso pastore Santilli avesse
perlomeno meglio controllato il calendario e
se La Luce avesse verificato le proprie informazioni si sarebbero potuto evitare le illazioni non benevole (e poco fondate) formulate
dal pastore Santilli nei riguardi di questo Servizio e sottolineate editorialmente nel titolo
del trafiletto.
Per il Servizio
Stampa Radio e Televisione
Aldo Comba
Come ogni anno, il giorno dell’Ascensione — giovedì II maggio — avrà luogo il tradizionale
Coiveino di Vierind
(Valle di Aosta)
organizzato dalle chiese valdesi
di Aosta e Ivrea in collaborazione con altre comunità evangeliche della Regione su un piano di
fraternità interdenominazionale.
Avremo anche il piacere di inaugurare i locali del nuovo « centro
evangelico », ultimamente restaurati.
Il programma prevede:
ore 10,30 - Culto, presieduto dal
Past. E. Rostan di Ivrea. Colletta
a favore dei restauri,
ore 12 - Pranzo al sacco,
ore 14 - Riunione con presentazione e discussione del tema; Il
Vangelo per il nostro tempo (Cosa dire di Gesù all’uomo di oggi?
Dove ci collochiamo come testimoni di Cristo?)
ore 16 - Tè offerto dagli evangelici di Viering.
L’invito a partecipare è rivolto
a tutti gli evangelici su un piano
di comunione fraterna.
Viering (frazione del comune
di Champdepraz) si trova nella
bassa Valle di Aosta, sulla riva
destra della Dora Baltea, passato
l’abitato di Verrès per chi viene
da Torino e Ivrea.
Verona
Visita della commissione distrettuale - Sabato 25 e domenica 26 marzo la commissione
distrettuale ci ha dato l’occasione dì una serie
di incontri : culto con santa cena e predicazione di Franco Wyss, agape fraterna, assemblea
di chiesa con discussione dei nostri problemi
dì testimonianza, riunione di discussione dei
problemi finanziari della chiesa, conferenza
pubbUca dì Giorgio Bouchard su « Testimonianza evangelica oggi : l’esperienza di Cinisello », incontro con alcuni giovani deUa
PGEI. Molti di noi — preoccupati per le difficoltà dei loro impegni neUa vita quotidiana
— ne sono stati aiutati in modo notevole.
Un questionario sulla forma e sul contenuto del culto - L’anno scorso era stato distribuito a tutti i membri di chiesa un questionario
concernente la forma e il contenuto del culto
a Verona. Son state distribuite cento copie del
questionario. Ne sono state consegnate riempite a qualche membro del consiglio di chiesa
26 (cioè circa un quarto); inoltre sono state
espresse a voce alcune opinioni. Non si è però tenuto conto di queste opinioni nello spoglio dei risultati. Un fascìcoletto ciclostilato
sarà distribuito con i risultati completi. Ma,
perchè anche quelli che non sono stati presenti all’assemblea di chiesa di qualche mese fa,
nella quale sono stati commentati i risultati,
possano rendersi conto di quel che è stato detto — riportiamo le indicazioni di massima.
1) Ritieni che il culto possa avvenire in
forma diversa da quella attuale? Su 26 risposte 3 ritengono che la forma attuale sia l’unica possibile; uno aggiunge che la forma attuale è la più sperimentata; tutti gli altri ritengono che la forma del culto può essere cambiata, undici perché andrebbe megUo, altri undici perché ”la coralità deUe meditazioni garantisce una maggiore fedeltà al testo biblico”;
sette persone chiedono che — qualsiasi esperienza si faccia — pariodicamente sia data la
possibilità di una discussione sulla validità
dell’esperienza.
2) Come vorresti cambiare, se hai risposto prima di si? Dieci persone vorrebbero un
culto seguito da discussione, sei persone vorrebbero un culto corale, con dibattito già durante la riunione; poi : tre vorrebbero che si
scegliesse un argomento insieme almeno una
settimana prima, quattro preferiscono che
qualcuno predichi e poi si discuta; cinque
propongono altre possibilità; una parte non
prende posizione e non si esprime.
3) Quale reazione provocherebbe in te
una decisione della maggioranza diversa dal
tuo punto di vista? Undici persone affronterebbero la discussione e cercherebbero di convincere (o di essere convinti), tre se ne andrebbero, due sopporterebbero; uno non sa e
due non reagirebbero.
4) Per il contenuto: la predicazione della
chiesa deve contenere un esplicito riferimento
al fascismo? Uno risponde di no; quattro non
vorrebbero che si parlasse in chiesa di fascismo tredici sono nettamente favorevoli; gli
altri o non sanno o esprimono la necessità
di condanna di qualsiasi violenza.
5) In generale: sei contrario a che si parfi dì politica in chiesa? Quindici sono del parere che si debba parlare di politica ’’perché
il messaggio che si dà deve tener conto delle
situazioni concrete in cui i‘contemporanei vivono”; quattro sono contrari ’’perché il messaggio non deve pretendere dì giudicare i rapporti nella società”; le altre risposte ritengono che ’’nella chiesa” non ci si deve occupare
dì politica.
In ogni questionario ci sono domande lasciate senza risposta; qualche volta i questionari sono accompagnati da una lettera che cerca di spiegare meglio la propria posizione; a
volte si esprime l’insoddisfazione per il modo
come sono formulate le domande. Nel ciclostilato di cui si parla più sopra queste indicazioni appariranno. Molti pensano che su altri
punti la comunità dovrebbe (cosi o in altro
modo) essere interrogata per esprimere il suo
parere..
Eugenio Rivoir
Festa di canto
delle Corali
La Festa dì Canto delle Corali della Val Chisone avrà luogo domenica 14 maggio alle ore
15 nel tempio di San Germano Chisone.
Prova d’insieme alle ore 14,15 nel locale
che sarà indicato sul posto.
Il pubblico è cordiamente invitato.
La Commissione del Canto Sacro
La famiglia Gobello esprime il suo
più sentito e commosso ringraziamento a quanti hanno preso parte al
suo dolore per la dipartita della amata mamma
Giuseppina Gobello
Martina
di anni 51
in modo particolare ai medici Prof.
D. Varese, Dott. R. Frairia, Dott. P.
Pellizzaro; ai Pastori Sigg. Alberto
Tacda, Carlo Gay, al personale tutto dell’Ospedale Evangelico Valdese
di Torino, al Concistoro ed alla Comunità della Chiesa Valdese di Luserna San Giovanni; agli amici Luigi
e Norina Cavaliere, Domenica Sobrero Airaudo.
« Confida in lui in ogni tempo
espandi il tuo cuore al suo cospetto
Dio è il nostro rifugio».
(Salmo 62)
Dai dalla di S. Giovanni, 5-5-1972.
6
pag. 6
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
N. 18 — 5 maggio 1972
GLI ESCLUSI DA «TRIBUNA ELETTORALE»;
Il voto tedesco
e il referendum francese
Le elezioni tedesche regionali del
Baden-Wurttemberg hanno del tutto
superato il loro carattere locale e interno per assumere un significato internazionale. Vorremmo qui sottolineare una cosa che la grande stampa non ha
fatto presente: la confluenza dei voti
nazisti verso la CDU, e vale a dire la
democrazia cristiana di colà. Lo stesso
cancelliere Brandt — alla vigilia del voto sulla « mozione di sfiducia costruttiva » presentato dalla CDU, che doveva riconfermarlo nella sua carica — in
un dibattito al parlamento ripreso in
diretta dalla televisione (povera rai-tv,
che in ripresa diretta non trasmette
nemmeno una., canzone!) ha fatto una
denuncia circostanziata su questo grave fatto, vólto essenzialmente a congelare e a capovolgere la politica attuale
tedesca federale nei riguardi dell’Est
(Ostpolitik e ratifica dei trattati di pace). Il clamore delle proteste della de.
non è valso a cancellare la denuncia.
Basterà infatti ricordare che nelle precedenti regionali del 1968 la de. aveva
avuto il 44% dei voti mentre ora ne ha
ottenuto il 53%; allora la npd (neonazisti) aveva avuto il 9% e rotti dei voti
e ora sono « spariti ». Il conto torna
definitivamente se si tenga anche presente che, sempre in dette elezioni, i socialisti avevano avuto il 29% mentre
ora hanno registrato oltre il 37%, mentre per contro i liberali sono crollati
dal 14% a poco più dell’8%.
La vittoria di stretta misura dei socialisti non è stata confermata dalla
successiva votazione (risoltasi alla pari) sul bilancio della cancelleria. C’è da
augurarsi che Brandt ritrovi la maggioranza in occasione del voto sulla ratifica dei trattati di pace (votazione che
avrà luogo quando questo giornale sarà in macchina).
Non possiamo esimerci dal rilevare
una situazione assai significativa e vale
a dire la « convergenza parallela » della
democrazia cristiana internazionale in
Germania, in Cile e in Italia dove, per
un verso o per l’altro, nell’intento di
conservare o giungere al potere, essa
non esita a praticare una politica involutiva e conservatrice (soprattutto in
nome e per conto del grande capitale
internazionale) che viene ad opporsi ad
una maggiore giustizia sociale e alla pacificazione fra le nazioni.
•k ic -k
In modo contrario, l’aspetto internazionale del referendum francese indetto da iPompidou suH’ammissione della
Gran Bretagna, Irlanda, Danimarca e
Norvegia alla comunità economica europea ha ceduto di fronte ai risvolti nazionali dell’operazione. In primo luogo,
non ha espresso nelle giuste proporzic>
ni l’atteggiamento dell’elettorato nei riguardi della C.E.E. perché, anche se i
« sì » hanno largamente superato i «no»,
fra astensioni e schede bianche (o nulle) la percentuale dei voti mancati è
del 46% sul totale (illuminante la inancata votazione dei socialisti di Mitterand, che pure sono europeisti).
Ne deriva che, quella che Pompidou
riteneva un’abile mossa per provare la
« popolarità » del suo governo, si è ritorta contro di lui: il suo prestigio, sia
in Francia che nell’opinione internazionale, ne ha avuto un colpo non lieve. Se
infatti ci prendiamo la pena di fare una
semplice operazione aritmetica e cioè
sommare al suddetto 46% di voti mancanti al 17% di coloro che hanno votato
« no » se ne ha che la politica generale
del governo gollista è ignorata o condannata dal 63% dei francesi. Questo
non significa che essi non siano favorevoli all’Europa. Significa che essi non
hanno voluto avvallare la politica di
Pompidou tramite un referendum, considerato per di più come una cerimonia
inutile, dato che effettivamente non ha
molto senso votare per ciò che è già
stato deciso a livello internazionale.
Fra scarcerazioni
e subiimazioni
Proprio alla vigilia del 25 aprile, che
ci ricorda la Liberazione dalle forze nazi-fasciste, abbiamo assistito ad un’altra « liberazione » di un degno esponente di tali forze, il nazista e fascista P.
Rauti, accusato fra l’altro degli atti dinamitardi del 1969. Di queste sue «qualifiche » pensiamo nessuno abbia dubbi, stanti le notizie divulgate da tanta
stampa, e anche in questa sede. La collezione di dati e di testimonianze a suo
carico non è stata sufficiente per il giudice D’Ambrosio, che ha peraltro aggiunto (bontà sua) che permangono
« gravi motivi di sospetto » e che « la
vicenda è tutt’altro che chiusa ». Francamente, al pari di altri milioni di cittadini ci è assai diffìcile sottilizzare fra
« indizi » (per la cui « mancanza » è stato liberato il Rauti) e i « gravi sospetti ». Un fatto certo è che la Giustizia —
sia per colpa delle leggi, del sistema e
dei suoi uomini — non ne esce rafforzata da una simile decisione, tanto più
se si fa il confronto (che viene spontaneo) colla situazione di Valpreda, da
due anni e mezzo in galera (egli « dipende » dallo stesso tribunale che ha
messo in libertà il Rauti) per il quale
l’unica, ambigua e dubbia testimonianza di una persona già gravemente malandata nel fisico all’epoca dei fatti (e
poi successivamente morta) fa da perno su tutta la costruzione dell’accusa.
Si vede che i fascisti, solo per essere
tali, non sono pericolosi; gli anarchici,
solo per essere tali, sì.
E vediamo qualche altro fatterello,
sintomatico sull’attuale e sempre più
accentuata svoita repressiva del paese.
L’attore svedese Lou Castel è stato
espulso dall’Italia senza che gli sia
neanche stato concesso di salutare la
madre e i parenti; motivazione del
provvedimento: « sprovvisto di lavoro ». A parte il fatto che egli aveva dimostrato di essere in procinto di girare un altro film, è strano che altre centinaia di attori più o meno noti e altri
individui stranieri dalla dubbia professione possano continuare tranquillamente il loro soggiorno. A meno che...
a meno che la cosa sia dovuta al fatto
che il Castel fa parte del partito comunista marxista leninista. Ma allora se
egli era considerato un pericoloso sovversivo, la polizia doveva dirlo onde
consentirgli l’inviolabile diritto alla
difesa.
La cantante e attrice Miranda Martino, che si è prestata gratuitamente a
cantare alcune canzoni popolari in
occasione della celebrazione del 25 aprile a Ivrea, si è vista capitare fra capo
e collo una denuncia (a piede libero)
per « apologia di reato e per vilipendio
verso le forze armate ». Ella aveva infatti suscitato la scandalizzata reazione dell’on. (de) Valdo Fusi, del pres.
del cons. regionale Oberto e del capitano dei carabinieri, che se ne sono andati via. La denuncia è essenziaimente
dovuta al fatto che la Martino ha cantato una canzone antimilitarista e pacifista dal titolo « La dolorosa istoria del
povero soldato », nella quale il povero
militare, dopo essere stato ucciso riceve la grazia, si alza dalla tomba e torna al reggimento per compiere il proprio dovere.
Per finire, il « caso Cabrini » la professoressa liceale che sta facendo il giro dell’Italia settentrionale perché nessuno la vuole a causa delle sue personali concezioni suH’insegnamento e sui
rapporti cogli allievi, concretati nel libretto « alla mia professoressa con rabbia » in cui il linguaggio degli studenti
è trascritto così com’è, colle sue cariche irrispettose e aggressive. I reati di
cui è incolpata sono ben quattro: « interesse privato in atti di ufficio » (l’insegnante non sa a che cosa questo si
riferisca); « turpiloquio »; « violazione
dei segreti d’ufficio »; « omissione di atti di ufficio » (forse perché non ha preteso il « lei » e ha accettato il « tu »
nelle conversazioni in classe?).
Roberto Peyrot
Il movimento del «Manifesto»
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
LA MISTIFICAZIONE
DELLO «STA’TO FORTE»
-¡H- « L’operazione più spettacolare di
tutta la campagna elettorale italiana
è stata organizzata, sotto la direzione
del ministro degl'interni, Mariano Rumor, negli uffici di questo. Dall'Alto
Adige alla Sicilia, ventimila poliziotti
e carabinieri hanno perquisito appartamenti, formato cordoni, interrogato
migliaia di persone. Bilancio di questo gigantesco rastrellamento: controllate 163.213 persone e più di 100.000
veicoli, 469 arresti e 432 denunce, requisizioni di armi, di munizioni, di
esplosivi...
La manipolazione politica è evidente. S’è voluto dimostrare che lo Stato
è “forte”, e che il governo, oggi in carica, è perfettamente in grado di fronteggiare sia il “banditismo", sia gli
"estremisti”. Per la democrazia cristiana, la difesa dell’ordine funziona come programma elettorale. Al di là dei
manifesti, dei discorsi, delle campagne di stampa, si mira ad un unico
obiettivo: far paura agl’italiani. Paura dei comunisti, dei neo-fascisti, degli estremisti della sinistra extra-parlamentare.
La risposta a questa crociata dema
cratico-cristiana, è una contro-campagna condotta dal P.C.I. da un lato, dal
M.S.I. d’altro lato.
“La destra non è la nazione", “La
destra non è il coraggio", “La destra
non è l’ordine’’, proclamano i manifesti del P.C.I., ed è vero. Una statistica
recente lo dimostra: nel 1930, sotto la
dittatura di Mussolini, il quale s’era
impegnato a far regnare Vordine”, i
furti e gli assassini erano più numerosi che nel 1972, anno in cui regna il
disordine ».
(Dal « Nouvel Observateur » del 2430 aprile 1972).
UN REGALO D’OLTRE OCEANO
Nel n. 6 di questo settimanale
(in data 11.2.’72) abbiamo dato notizia de « L’ultima contestazione giovanile », quella dei capelloni cristiani
americani, coi loro spettacoli « pop’ ».
Non ci sentivamo di esprimer giudizi
su cose che ci erano personalmente
così lontane, così estranee, così ignote.
Lo spettacolo «Jesus Christus superstar » è ora dagli Stati Uniti giunto anche in Europa: per es. è stato ripetutamente rappresentato a Parigi,
al Palais de Chaillot. Pensavamo:
« non è assurdo che uno spettacolo
comico (per così dire) sul Vangelo,
possa anche avere un contenuto profondamente spirituale, religioso ». Pensavamo per es. a certi films di Chariot...
Ma alcune fotografie dello spettacolo, colte qua e là sui rotocalchi, ci hpno inorriditi e spaventati. Blasfemia.
Mostruoso infantilismo? Vuoto
tuale? Non osiamo rispondere. Ci limitiamo a riportare da « Le Monde »
(del 22.4.’72) la seguente recensione:
« Una tale nullità, da tutti i punti di
vista, è rara, quasi unica.
Anzitutto il libretto. A parte l’assenza d’allusioni alla divinità del Cristo,
com’è da Lui stesso proclarnata, e la
preferenza data agli sguardi di Giuda
o di Maria Maddalena, sembra che gli
autori si preoccupino meno d’esprimere un punto di vista sulla passione,
che di sfruttarne prudentemente i tesori commerciali, rivalutati negli ultimi tempi.
Arrivo a Gerusalemme, miracoli. Cena, Giardino degli Ulivi, crocifissione:
la storia si riduce ad alcune visioni celebri, nient’altro che un “digest” soffuso di tristezza. Misteri di sagrati e
cortei di Settimana Santa.
Quanto allo spettacolo, esso è inesistente: una successione di entrate.
Direttore responsabile; Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coep. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)
tutte identiche, su un fondo neo-sulpiziano (l) di pala d’altare. Costumi da
cromolitografìa, effetti da Teatro dei
Châtelet, illuminazioni multicolori da
vecchio varietà. Nessuna messa in scena, nessuna creazione avente un minimo di valore, nessun rilievo notevole,
ad eccezione d’un sinistro “charleston
d’Erode" circondato di danzatrici con
le piume. Insomma la semplice illustrazione, timida e fuori moda, di due
o tre arie di “rock” divenute familiari. Le quali arie non verrebbero neppure notate, se mancassero il martellamento sincopato e il fondo di cartone che intende riferirsi a Gesù.
Il tema di Maria Maddalena e la
sua interpretazione (cantante Anna M.
David), che qualcuno afferma d’apprezzare, non superano — poniamo —
un “là-haut sur la montagne” gorgheggiato da Maria Laforèt. Quanto al ritornello di fondo (re, si, sol; mi, do,
sol; fa, re, fa, mi, re, do, re, si, sol),
nessun ruggito di belva ferita, (...)
nessuna smorfia dell’attore Daniele
Beretta (Gesù) possono nasconderne
la miseria di filastrocca portata alla
incandescenza: qualcosa come “sur le
pont d’Avignon” ritmato dallo scalpitio di Claude François.
Resta una macchina per fare dei denari: o, più probabilmente e più giustamente, per perderne ».
UNA PROPORZIONE
« Grazie! con quegli aiuti! », dicono certi maligni (o testoni, o ingannati) commentando le folgoranti vittorie nord-vietnamite delle ultime settimane. Alludono agli aiuti sovietici.
Ebbene, « secondo gli avversari americani della politica vietnamita del
presidente Nixon, l’aiuto militare sovietico ad Hanoi si sarebbe elevato
l’anno scorso a 100 milioni di dollari.
Esso non rappresenterebbe dunque
che il 5% di quanto gli USA forniscono a Saigon ».
(Dal « Nouvel Observateur » del 2430 aprile 1972).
(1) Stile decadente e freddo, tipico
delle chiese dell’ordine di « Saint-Sulpice » dopo la Restaurazione.
niiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiii»ii
Processo all’esercito svizzero
Berna (L’Espresso) - L’esercito svizzero è al
centro di una vivace polemica dopo che 32
preti e pastori elvetici (n.d.r. fie demmo notizia a suo tempo) hanno dato vita a un gruppo
pacifista « per il rifiuto e il sabotaggio attivo
della difesa nazionale ». AlTassociazione hanno aderito molti cittadini. Gli ambienti militari hanno risposto con alcune denuncie e
molte dure prese di posizione fra cui quella
del capo del dipartimento militare federale R.
Gnaegi.
Anche il partito socialista ha deciso di sferrare un attacco all’esercito chiedendo di ridurre di almeno il 20% il bilancio militare e ha
dichiarato di essere disposto a scontrarsi su
questo punto cogli altri partiti della coalizione
di governo. I socialisti hanno deciso di passare direttamente dalle parole ai fatti e hanno
designato come loro rappresentante alla commissione per gli affari militari un noto deputato pacifista, A. Villord, che gli altri partiti
avevano definito « indesiderabile ».
La canzone di Lotta Continua
Roma (Relazioni Religiose) - Il gruppo della sinistra extraparlamentare Lotta continua”
si è inserito nella campagna elettorale in corso, con l’incisione di un di.sco. Le parole sono le seguenti :
Ti ringrazio Ministro Tonassi
per il fucile che mi hai fatto dare
ti ringrazio Ministro Tonassi
che mi hai insegnato ad ammazzare.
Quand’ero in fabbrica alla catena
io non avevo che queste mani
scendevo in piazza con i compagni
con qualche pietra ed un bastone.
Adesso mi sento più forte
queste armi non sono più vostre
ora siamo capaci di usarle
le volteremo su voi.
Il disco è in libera vendita.
— Come è nato il movimento del
« Manifesto » e perché?
Sbaglieremmo se nel rispondere alla domanda, « come è nato il Manifesto », ci limitassimo a ricordare le vicende che sono approdate nell’esclusione dei cinque compagni del Manifesto
dal Comitato Centrale del PCI, dopo
una lunga battaglia, durata diversi anni, che questi compagni ed altri avevano condotto aH’interno di quel partito
e che era culminata nella decisione di
pubblicare la rivista. La ragione vera,
quella che ha permesso al Manifesto
di svilupparsi come movimento politico con sedi in tutto il territorio nazionale, che sviluppano un intervento politico diretto nelle situazioni di classe,
e ha permesso di superare il pur importante, ma riduttivo ruolo di semplice rivista teorica fatta da pochi cervelli, è data dal movimento di lotta sviluppatosi negli anni sessanta e particolarmente dal 68 in poi. Un movimento che
a livello di massa ha dimostrato come
sia radicata in milioni di persone l’insofferenza contro questa società, contro i meccanismi inumani che regolano
questo sistema sociale basato sullo
sfruttamento dell’uomo sull’uomo. È
questa esplosione spesso spontanea che
ha dimostrato come uno dei fondamenti dell’analisi marxista, la contraddizione tra le esigenze e del proletariato e
quelle del capitalismo, non fosse un
semplice assunto teorico ma invece l’interpretazione reale della volontà delle
rtiasse di operai, di proletari, di emarginati. Le lotte di questi anni, con la
tendenza aH’equalitarismo, al rifiuto
dell’organizzazione capitalistica del lavoro, dentro e fuori la fabbrica, all’unificazione dei diversi momenti di lotta,
(fabbriche, scuole, quartieri) con la ricerca di nuovi strumenti organizzativi,
che siano diretta espressione delle masse, hanno espresso l’esigenza diffusa
tra le masse del superamento di questa
società, fondata sullo sfruttamento, e
della costruzione di una società nuova.
Hanno espresso quello che noi, in breve, chiamiamo “maturità del comunismo”.Tutto ciò pone, anche nelle società a capitalismo avanzato, ed in particolare nell’europa occidentale, all’ordine del giorno l’apertura di un processo
rivoluzionario che modifichi i rapporti
di forza tra le classi. Con ciò si è posto
il problema della costruzione di una
forza politica nuova, la quale, superando la teoria e la pratica dei partiti comunisti occidentali, e unificando gli insegnamenti della storia del movimento
operaio con le esperienze delle lotte di
questi anni, ponga al centro della propria costruzione e della propria strategia la possibilità di dare uno sbocco rivoluzionario alle contraddizioni di questo periodo storico. Il Manifesto è nato,
prima come rivista, poi come giornale
quotidiano, e come organizzazione, per
portare il proprio contributo alla costruzione di una tale forza.
— La « sinistra di classe » è oggi divisa come lo è la « sinistra riformista ».
Come spiegate queste divisioni? Quelle
che vi sono nell’ambito della « sinistra
riformista » sono della stessa natura di
quelle presenti nell’ambito della « sinistra di classe »? Inoltre, vi sono secondo voi elementi comune a tutta la sinistra, tali da giustificare la proposta
avanzata da più parti, di « unità delle
sinistre »?
La costrizione di una tale forza politica non è cosa né semplice né facile.
Non è sufficiente definirsi « partito »
per esserlo realmente nella propria pratica e nella propria strategia. Riteniamo che in Italia la costruzione del Partito debba coinvolgere due aree politiche fondamentali, le avanguardie rivoluzionarie, attualmente espresse e divise nei vari gruppi della sinistra di
classe, e le migliaia e migliaia di militanti ancora organizzati nel PCI e nei
sindacati. Le divisioni interne alle avanguardie rivoluzionarie, che sovente sfociano nel settarismo, hanno appunto
questa origine: come, con quali forze,
con quale pratica, con quale impostazione strategica è possibile oggi costruire il nuovo partito della classe operaia? Questa domanda, questo problema posto con forza dalle lotte di questi anni deriva dal voto che la strategia
rinunciataria del PCI ha lasciato dietro di sé. Il rifiuto del riformismo, della sostanziale accettazione dei meccanismi del sistema, dell’idea che sia possibile modificare gradualmente questa
società senza sovvertire i meccanismi
fondamentali del potere nella fabbrica
e nello stato, questo rifiuto è un dato
che unifica tutta l’area politica della
sinistra di classe. Ma è un dato ancora
negativo, è un cartello dei no, e perciò
insufficiente. Noi riteniamo che questa
area politica dovrà unificarsi, o meglio,
dovrà sciogliersi all’interno di un processo che porterà al partito. Ma la strada è ancora lunga e passa soprattutto
attraverso le lotte nelle fabbriche e
fuori. Riteniamo che il processo di costruzione del partito debba coinvolgere
i militanti di base delle organizzazioni
riformiste, e che il coinvolgimento di
tali militanti debba passare attraverso
la maturazione della contraddizione
sempre più esplosiva fra la domanda
politica che la base pone e la risposta
rinunciataria che danno le direzioni.
Non riteniamo tuttavia che alcun compromesso sia possibile con le direzioni
dei partiti riformisti. Se il riformismo
presenta delle divisioni al suo interno,
se vi sono differenze tra il PCI e il PSI,
queste differenze sono sostanzialmente
diverse da quelle presenti nell’area dei
gruppi rivoluzionari. Le scelte di fondo
che separano noi e gli altri gruppi rivoluzionari dal riformismo, e che sono
state verificate nelle risposte date alle
lotte di questi anni, l’uno alla ricerca
di uno spazio nell’area del potere borghese, gli altri alla ricerca di una risposta politica e organizzativa rivoluzionaria alle lotte, tali scelte non possono
permettere nessuna ipotesi di unificazione di tutta la sinistra (rivoluzionaria e riformista).
— Che tipo di socialismo auspicate?
La costruzione di una società socialista nei paesi di capitalismo avanzato
non può proporsi alcun modello esistente di socialismo. Questo, o perché
quelle società di "socialista" hanno solo più il nome, o perché le condizioni
economiche e sociali in cui la classe
operaia ha preso il potere sono assolutamente diverse da quelle dei nostri
paesi. Ciò non toglie che consideriamo
la rivoluzione cinese e soprattutto la rivoluzione culturale un importante punto di riferimento, per le soluzioni che
ha saputo dare a problemi come quello
del superamento della divisione del lavoro, ed in primo luogo tra lavoro manuale e intellettuale, quello del rapporto tra le classi aH’interno della società
socialista e l’affermazione che lo scontro di classe non si esaurisce esclusivamente con la presa del potere.
Per quanto riguarda il problema dello stato socialista, noi riteniamo che la
conquista del potere da parte di un
blocco di forze già orientate su una
prospettiva comunista permetta che il
potere sia esercitato in modo profondamente democratico con una attiva e
piena partecipazione delle masse. Che
sia possibile non solo la piena libertà
di espressione, di pensiero, di organizzazione, ma che sia possibile dare a
queste libertà nuove basi materiali e
presupposti sociali. Riteniamo che per
garantire da un lato una reale democrazia e un reale potere delle masse, e dall’altro per garantire che il potere resti
alle masse e in primo luogo alla classe
Il silenzio
del Quirinale
Non sappiamo se i lettori hanno notato il silenzio del Quirinale in merito alla rieorernza del 25 aprile. Ecco
quanto scrive il giornale L’Unità del
27/4:
« ...mentre abbiamo sempre guardato criticamente a certe manifestazioni
ufficiali di tipo rituale e retorico... sottolineiamo che la celebrazione della Resistenza è un dovere da parte dello Stato repubblicano, nato dalla lotta di Liberazione nazionale. Anche se certi dirigenti dello Stato lo fanno controvoglia, essi non possono sottrarsi ad un
tale obbligo... La Resistenza fu celebrata da Einaudi, da Gronchi, da Saragat. Non fu celebrata da Segni, eletto
coi voti della destra fascista. Non è
stata ricordata da Giovanni Leone. Non
vi è stato un documento della presidenza, nemmeno il più esteriore e formale. Il quotidiano de. informa che il
presidente della Repubblica ha inviato un messaggio al ’’sodalizio” costituito dal F.y.L. (Fed. Naz. Volontari
della Libertà) di ispirazione democristiana. Questo è quanto: ed e anche
peggio che nulla, giacché se così stanno le cose non è certo accettabile il metodo di rivolgersi ad una parte sola ».
operaia e non venga riconquistato dai
residui delle classi borghesi, la struttura portante dello stato socialista devono essere i consigli (di fabbrica, di
scuola, di quartiere e di tutte le articolazioni fondamentali della società).
— Qual è la vostra posizione sui rapporti tra Stato e Chiesa? Quale percentuale di cristiani confessanti avete nelle vostre fila?
Il problema della religione, della
fede, del rapporto tra una milizia politica rivoluzionaria e una professione
'di fede (pubblica o no) vede un grosso
ritardo di elaborazione e riflessione da
parte di tutta la sinistra rivoluzionaria.
A queste due domande è possibile per
ora dare risposte necessariamente generiche... Innanzi tutto in una società
socialista ciascun individuo deve essere libero di esprimere tutta la propria
personalità e tutte le proprie esigenze.
Per questo deve essere libero di esprimere anche la propria eventuale fede
religiosa, e se lo ritiene opportuno partecipare ad organizzazioni ecclesiali.
Tuttavia, poiché la religione si è presentata storicamente come strumento
di controllo e manipolazione ideologica
da parte delle classi dominanti sulle
classi oppresse nascondendo la sostanziale diversità tra sfruttati e sfruttatori dietro all’uguaglianza di fede, bisogna affermare chiaramente che lo Stato socialista non potrà perméttere resistenza di organizzazioni religiose che
mantengano la difesa delle vecchie classi sfruttatrici. Del resto fin da ora, nelle lotte di questi anni, abbiamo visto
la presenza attiva di organizzazioni ecclesiali di base (cattoliche e protestanti) come la Comunità dell’Isolotto, per
fare un esempio, e moltissimi sono i
militanti della sinistra rivoluzionaria
che hanno una origine cristiana e che
hanno vissuto un travaglio personale
che li ha portati dal cristianesimo attivo alla militanza rivoluzionaria. Questi travagli però sono per ora rimasti
vicende personali e non sono stati occasione di una discussione e riflessione
collettiva.
Centro del « Manifesto »
di Torino