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LA BUONA NOVELLA
Si dislribuisce ogui Venerdì. — Per cadun Numero cenlesimi 40. — l‘er caduua linea d’inserzione eenlesimi 20.
Condizioni d’Astteciazionet
Per Torino — Uq Anno L. 5. — Adomicilio L. G » — Proyincib L. • *0.
Sei mesi » S. — • S — • * 7S,
Tre mesi • t. — > t . S a«.
Per Francia e Sritzera franco a deetinazione» e per l’Inghitterra franco al confine lire 9
per un aiuio, e lire & per sei mesi.
ly .UtMciazioDÌ si rioeti»no : in Tori.*«) aUXfUKlo drì C>:lornHl«*^ viale del Re, imm. )i.
— A GenoTt, olla Cappella YuldoMr, mura di S. Chiara.
Nelle provincie, presso tulli gli l’ffirii ¡wninU iKrmciZodi che dovraunocwre inviali
fi ftneo a» Direitoie ddla IUo>a Novrlla e non «lirimenli.
AU'esiero, ai aegucnii indirizzi : Lo?«ura, dai sigK. NÌMl>eit e C. librai, 21 B('rnere-»tr«r«(;
Parici, dailalibreria C. Meyrucis, iu«Trofichei, 2; Nimks^ dal sig. Peyrot-Tinel libraio; Lieo«ì
dai tigg. Dtnis et Pelli Pierre librai, rue Neuve, 1»; Gi.-<kviia, dal sig. E. Heroud libraio
Li»SANr<A, dui Big. Delafoniuine libraio. ,
Sommarlo.
A’ miei Concittadini. — Sulla divisione della
Chiesa dallo Stato. — Esame istorico-critico
s«l viaggio di S Pietro a Roma. — Traffico di
Messe. — Notizie: Valli Valdesi - Francia - Inghilterra - Spagna - Austria. — Annunzi.
A’ MIEI CONCITTADINI
IL
Agli increduli.
Fatta questa premessa generale, discendo ai
particolari e stabilisco intanto, riguardo alla
fede religiosa, una triplice categoria de’miei
concittadini, la quale può sussistere eziandio
in ordine alla intera massa de’cattolici-romani,
voglio dire gl’increduli, gl’indifTerenti, i pii
superstiziosi: ora, la mia intenzione è di ragionare separatamente con ciascheduna di queste
classi.
Chiederò prima a voi, o increduli, perchè vi
sorprendete se io credo, pogniamo, alla Bibbia,
anxichè in modo assoluto ai canoni della romana curia? Che facciate le meraviglie perchè
taluno crede, sta bene forse; ma che le facciate perchè ha fede in una cosa invece che in
altra è fuor di ragione per voi, e la ragione ò
per me se mostrovi stupore: e dissi forse bene
sta che mostriate meraviglia se alcuno crede,
poiché in sostanza voi non siete già increduli,
ma credete in que’ capisetta da cui succhiaste
la miscredenza; indi credete alla vostra incredulità; e per ultimo serbate senza accorgervi,
nelle più recondite pieghe del vosiro cuore,
alcun granello di fede pei dogmi stessi romani;
il che fa sì che vi scandalezziate se altri usa ,
col ripudiarli francamente, della propria liberlà.
Ma simili contraddizioni che cosa provano?
Che l’uomo ha bisogno di credere a qualche
cosa; ha bisogno d'aiuto perchè stentesi debole;
ha bisogno di una speranza che lo conforti; ha
bisogno di felicità e di pace: laonde 6 naturale
che non avendo ancora trovato nella sfera elevata delle cose spirituali il soddisfacimento di
tulli questi bisogni, l’uomo vada strisciando
sulla t«rra, senza mai posa, in cerca sempre,
e qualche volta si arresti abbagliato dalle dottrine dell’uno o dell’altro de’ suoi simili; creda
aver trovalo la soluzione del mistero; poter
lasciare ogni ricerca ed ogni studio, persino
quello d’investigare tali dottrine a fondo ; per
cui spesso avvieno che fermandosi alla corteccia,
abbracci degli errori di cui, penetrando nel mi
dollo di esse, ne scoprirebbe la causa, verrebbero da lui ripudiati e così per questa medesima via tortuosa potrebbe giungere alla conoscenza del vero; pongasi il caso in termini concreti.
La febbre di miscredenza dell’età scorsa invase tutti gl’ingegni i piìi eletti ; or come supporre che la pazzia e la corruttela sole sieno
state la causa di un errore cosi grave, universale e predominante? No, la pazzia e la corruttela non ispiegano coteslo fatto, bisogna altrove
cercarne il motivo,, e con facilità lo si trovaallorchèsi bada alle alterazioni introdotte dalla clerocrazia nel dogma cristiano, alcune delle quali
contribuirono a renderlo frivolo e ridicolo, altre
odiosoedorrendo. Se gl’increduli del secolo XIX,
anziché arrestarsi alla lettera delle opere famose
degli increduli del secolo XVIIl, riflettessero
allo spirito loro, vedrebbero che le obbiezioni
cbe allor muveansi alla fe<f>, quasi In Ite non
erano mica dirette contro di essa, ma contro
qualche fantasma .schifoso della medesima: l’illustre poeta Monti, nella Bastilliana, cosi parla
della divinità:
c Sì crudo è il nume di costor, sì moria,
« Sì ripiena d’error del ciel la strada
« Che a eroder nulla o a disperar ne porta ».
Ebbene o miei concittadini, credete voi che se
il Monti avesse conosciuto il Dio della Bibbia,
l’avrebbe così dipinto, vale a dire tutto all’opposto, mentro è invece il Dio d’amore e di paco,
nel senso il più assoluto? No di certo; ma egli
dipinse il nume di costor, dei clericali. Non basta; diciamo eziandio una parola dei filosofi in
genere e di Voltaire in ispecie, c’ha fama di caposcuola e da cui si nominano gl’increduli che
vennero dopo di lui. Come va che in que’ filosofi la mente discordi dal cuore, figurino miscredenti in teorica ed abbiano un sentire puro,
nobile e sommamente cristiano, che versa nell’amore all’umanità? Come va che quel Voltaire
abbia ardito chiamare infame il Crislianesimo
e tentato spiantarlo dal mondo, e poi ad ogni
passo nelle sue opere s’incontrino ideo e sentenze di cotesta religione medesima ingiuriata
da lui, per cui le sue scritture sono animate
dallo spirito di carità e di fratellanza, da odio
coniro l’intolleranza e la persecuzione? Come
va ciò? quale psicologia può spiegeirci una tale
contraddizione? Ma cessa il mistero quando
si pensi che il Voltaire, educato dai gesuiti, non
conobbe che lo pseudo cristianesimo clericale,
e questo abborrì ; per la tristizia dei tempi, il
cristianesimo biblico gli rimase occulto, e nondimeno l’adorò senza saperlo. Ah! è ben vero
che la religione de’ clericali, a creder nulla o
a disperar ne pirrta, nè piii nò meno di ciò cho
avvenne a! tempo del paganesimo, specialmente
neirullimo periodo della sua esistenza, nel quale
i filosofi giunsero alle teoriche disperale del
godere o dei morire; la divinità umana si personificò negli imperatori romani, aventi por
consiglieri la voluttà e la crudèltà; e l’umanità
gentilesca finì per maledire gli iddii. Ed ora,
o miei concittadini, i medesimi fatti riproduconsi nel mondo , calcolate le diverse condizioni doi tempi in cui viviamo : io vi recherò
l’esempio di un solo uomo, di Giacomo Leopardi, sia perchè, si può dire, il tipo dcll’umanità moderna, vittima della filosofia do' seusisti; sia perchè rappresenta il vero uomo aulico: per l'animo suo cho fu temperato; forte,
costante, abborrente da ogni viltà e menzogna;
sia perchÌ! il suo ingegno fu straordinario od
universale; sia perchè in lui appariscono luminosi i tristi effetti della miscredenza: con questo divario però, che mentre nel resto degli
uomini, i quali, generalmente parlando, sono
fiacchi nel sentire, o inetti aH’operare, apparisce la frivola e meschina disperazione che si
chiama indiflerenza, apatia; in lui, in Leopardi,
la disperazione stessa è forte, intrepida, operosa,
utile, poich'egli, per ullimo risultamento della
sua vasta e profonda scienza ( beninteso all'infuori della.scienzarivelata), e delle sue squisite ed acute osservazioni del cuore umano,
giunse a maledire la filosofia e la scienza come
capitali nemiche degli uomim': ei reso evidenti
gli ultimi corollari cui può giungere la scienza
umana quando non è basata sulla divina. La
sua disperazione emerge come una necessità
dello spirito, come il sunto di tutto un sistema,
talché arrivò per via della miscredenza a ripetere le divine parole deH'Ecclesiaste, con questo verso :
€ E l'infinita vanità dol tutto ».
Or dunque, dopo Leopardi, in cui rivisse il genio ilalo-greco in tutta la sua pienezza, il perdurare nella miscredenza equivale ad essere
affatto retrogrado. Nò si pensi che in Leopardi
la incredulità fosse malattia del cuore; no, il
suo cuore generoso e benefico «ira fatto per essere cristiano e lo era, senza accorgersi, vale
a dire senza aver in esso ricevuto per feda
Gesù Cristo e il Vangelo; e quantunque la d
lui mento si trovasse ingombra da errori, tuttavia assaporò la bellezza della dottrina evangelica , e lo prova il seguente passo, il qualo
può dare eziandio un’idea della sublimità del
suo ingegno: egli ragionando sulla voce «¡«mììo,
che spesso viene adoperata negli Evangeli, la
interpreta come sinonima di corruttela e si
2
esprime assai bene così : « Gesù Cristo fu il
« primo che distintamente additò agli uomini
« quel lodatore e precettore di tutte le virtù
« finte, detrattore e persecutore di tutte le vere;
« queiravversario d’ogni grandezza intrinseca
< e veramente propria dell’uomo; derisore di
« ogui sen limento alto, se non lo credo falso,
« d’ogni affetto dolce, se lo crede intimo; quello
« schiavo dei forti, tiranno del deboli, odiatore
€ degl’infelici ; il quale esso G. C. dinotò col
« nome di mondo, che gli dura in tutte le lin« gue colte insino al presente. Questa idea ge« nerale, ch’è di tanta verità, e cho poscia è
« stata e sarà sempre di tanto uso, non credo
« che avanti quel tempo fosse nata ad altri, nè
« mi ricordo che si trovi, intendo dire sotto
« lina voce 'unica o sotto una forma precisa,
« in alcun filosofo gentile » [Pensieri, 84).
Credetelo, o miei concittadini, voi che siete
ancora sotto l’impressione del materialismo,
la miscredenza è ormai un’anticaglia che più
non regge; 6 provato che si trova già nella Bibbia, ossia nella rivelazione, il riscontro delle
scoperte scientifiche fatte dai più dotti naturalisti moderni : dalle brevi parole che sono per
farvi sulla Bibbia medesima ve ne risulterà un
qualche esempio.
SÜ lA DIVISIONE DELIA CHIESA DAllfl STATO
II.
1». Origine e. scopo della Società Civile.
Per dimostrare l’indipendenza vicendevole
della Chiesa e dello Stato, noi dobbiamo anzitutto studiar la natura deH’uno e deH’altro, indagarne le origini e le fondamenta. — Incominciamo dallo Stato.
L’uomo, dissero molti, è un animale socievole ; egli è costretto da infiniti bisogni a colegarsi co’ suoi simili, poiché solo ed eslege
non potrebbe vivere, o vivrebbe simile ai bruti.
Quindi l’origine della Società civile è un’alta
necessità, e il suo scopo è la conservazione degl'individui. Gl’individui si collegano o contro
la natura ribelle, le cui forze gigantesche e fatali minacciano la distruzione, o contro altre
famiglie umane già collegate e più forti. Da
questo necessario collegamento di voleri e di
forze emerge il governo, in cui si riassume unificata la Società civile.
Ma alcuno elemento di una natura superiore
non si frammischia agli elementi primitivi di
questa istituzione? Certo che sì: la giustizia,
senza della quale non potrebbe sussistere, secondo Platone, neppure una società di ladri,
pone subito radice in mezzo alle umane aggregazioni; ma essa accompagna e non crea le
società civili, la cui formazione emerge dai bisogni ciechi della natura umana, e non ha niente
di libero e d’individuale. Quindi lo Stato s’impone agl’individui come una necessità che li
domina, che può essere trasformato, ma non
mai distrutto.
2“. Origine e scopo della Società Religiosa.
Ma i legami onde ò costituita la Società religiosa non nascono da una fatale e fisica necessità; società invisibile, appartiene unicamente
al mondo degli spiriti, e nasce da un istinto superiore ai bisogni della terra, l’istinto dell’immortalità. Nessun pericolo imminente, nessuno
interesse umano e terreno, ha costretto un numero d’individui a congregarsi e costituire una
Chiesa; i legami dello spirito col suo Creatore
sono individuali, e ognuno può tendere alla sua
maniera e secondo la misura delle sue forze al
porto deireternità: nata dalla libertà, la Società
religiosa non può esistere se non per la libertà.
Imperciocché quale è la sua base? la fede.
Quale il suo mezzo? la fede. La fede, dice
san Paolo, è una viva rappresentazione delle
cose che si §perano , e una dimostrazione di
quelle che non si veggono. Una tale adesione
non può essere comandata, nò imposta, nè prescritta; essa è un sentimento; e chi altri, eccetto
Dio, ha il diritto di comandare ai sentimenti?
Imponete la fede, e voi non avrete una religione,
ma un’istituzione profana.
Nò l’argomento si distrugge, se consideriamo
la fede come una credenza, fondata su ragioni.
Si può credere senza vedere, ma sarà eternamente assurdo di pretendere che si possa credere senza avere delle ragioni per credere.
Dunque per credere, bispgna esaminare, e l’esame suppone la libertà. La fede, per sua natura,
sotto qualunque aspetto la si consideri, suppone
dunque la libertà, ed essendo l’anima ed il legamo della Società religiosa, segue che lo spirito di libertà è essenziale a questa.
Onde la Chiesa e lo Stato son due istituzioni,
nato da opposta origine e costituite da caratteri
opposti. Una é propriamente il sagrifizio di una
parte delle nostre libertà ai bisogni comuni;
l’altra è l’esercizio, anzi l’ultimo sviluppo
della nostra libertà. Una ha esclusivamente in
vista i vantaggi e la sicurezza di questa vila
passaggiera ; l’altra non ha per obietto che i
beni spirituali e una felicità eterna, nascosta
dietro il velo della tomba.
ESAME [STORICO CRITICO
SUL VIAGGIO DI S. PIETRO A ROMA.
X.
(Vedi i 9 numeri antecedenlij.
Proseguiamo le nostre ricerche sul soggetto
dell’episcopato di san Pietro.
Tertulliano e Girolamo considerano che Clemente fosse stato vescovo di Roma dopo san
Pietro, e così ancora credono molti scrittori
cattolici romani. Il papa Damaso dice che Lino
occupasse quella sede per due interi anni dopo
il martirio dell’apostolo. Giovanni III, Anacleto
e Alessandro dicono che Clemente fu il primo
vescovo dopo san Pietro. Secondo il pseudo
Clemente, l’apostolo stesso parla come seguo ;
i Davvero Clemente ò stato da me (Pietro) or« dinato secondo vescovo dopo la morte di Lino »
(Epist. Apoc. di Clem. ad Jacob.]. Cosicché Lino
morì prima di Pietro e non avrebbe potuto succedergli. Tuttavia Eusebio dice che Lino era
vescovo infino all’undecimo anno dopo la morte
di sun Pietro. Epifanio, Ireneo , Ottato e Agostino scrivono cho Lino fu il successore dell’apostolo; e Platina pure è del medesimo pa
rere; ma lo pseudo Clemente, Turriano, Sofonio Jerosol., Mariano Scoto, Giovanni III, Anacleto ed Alessandro dicono, tutli quanti, che
Lino morì avanti san Pietro ; e altri ancora,
che Clemente fu il suo successore! Onofrio dice
che Lino succedette all’apostolo, e che fu messo
a morte dopo un mese, cosicché questi non
avrebbe potuto essere vescovo per undici anni.
Cortesie dice che Clemente succedette a san
Pietro veramente, e che non glielo rifiutò, come
Bellarmino afferma. Ignazio scrive che Clemente
seguì Anacleto nell’episcopato. Turriano dice
che Pietro fu papa principale, Lino il minore!
Perchò non lasciò questo un successore come
10 fece il principale? Ruffino, che visse nel quarto
secolo, afferma distintamente che Lino fu il
primo vescovo della Sede romana, e che egli e
Cleto entrambi avevano l’uffizio episcopale durante la vita e sotto la soprintendenza dell’apostolo ; e ciò si trova anche nella Cronaca che
ha per titolo; Rudimentum Novitiorum (CoteLERio, I, 492). Eusebio ripete due volte che
Lino fu il primo vescovo (lib. Ili, c. 2; hb. IV);
una volta ne parla esplicitamente come segue;
« In quell’epoca Clemente governava la Chiesa
« di Roma, essendo il terzo vescovo dopo Paolo
« e Pietro. Il primo fu Lino, il secondo Ana« Cleto » (lib. IV, c. 19). Era creduto che entrambi questi apostoli avessero fondalo quella
Chiesa, e che Lino ne fu primo vescovo; idea
che si può benissimo stimar corretta, poiché
Pietro avendo convertito molti Romani col suo
predicare nel giorno della Pentecoste, e raccolto
in quel modo i rudimenti della Chiesa, a Paolo
poscia sarà stata commessa l’opera di ridurli
in ordine ecclesiastico, e consacrar Lino per
esserne vescovo, come è detto nelle Costituzioni Apostoliche ; e prima della consacrazione
di costui la Chiesa può esser stata sotto la cura
d’un Anziano o d’un Evangelista sopravvisto
dagli apostoli. Ireneo è in perfetto accordo con
Ruffino; ei parla della « universalmente cono« scinta Chiesa, fondata e costituita a Roma
« da’ due più gloriosi apostoli, Pieiro e Paolo,
« i quali consegnarono il vescovato a Lino ac« ciocché egli governasse la Chiesa » (Ire».,
c. III). Tenendo in memoria ciò che abbiamo
già detto, trattando della visita di san Pietro a
Roma, di quante volte vien narrato che un certo
apostolo avesse fondato una Chiesa che di fatto
egli non aveva mai personalmente visitata, è
facile accettar per veri tutti questi racconti; ma
le parole sì d’Ireneo come di Ruffino, e anche
11 Rudimentum Novitiorum, negano l’idea che
sifn Pietro fosse mai stato vescovo di Roma.
Non v’ha maggior prova di questa supposizione
che dell’idea che san Paolo fosse stato vescovo
di Corinto, d’Efeso o di Creta. Neanche Eusebio
nella sua Storia Ecclesiastica dice una parola
dell’episcopato di san Pietro, nò della supremazia ereditaria; omissione affatto inesplicabile
se quesli erano fatti conosciuti quando egli scriveva. Eusebio dice però nella sua Cronaca che
san Pietro aveva fissato la sua sede in Antiochia neU’ultimo anno di Tiberio, e che era stato
vescovo di lloma pure per 23 anni! Ma nel greco
d’Eusebio non se ne trova una parola. Il Cave
crede che quello cose furono interpolate da Girolamo, il quale tradusse la Cronaca in latino.
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È certo ch’egli fece molte interpolazioni dappertutto nella traduzione. Eusebio è stato grandemente falsificalo. Ma i testimonii stessi non
son d’accordo in queste cose, ed è probabilissimo che certe opere pubblicate sotto i nomi
di Lino e Dionisio l’Areopagita servissero per
base principale ai miti numerosi che sono stati
trasmessi riguardanti san Pietro ed i suoi successori; e poi aggranditi ad essere tradizioni
della Chiesa romana. Queste false narrazioni
furono raccolte, aumentate ed emendate, e
finalmente accettate come tradizioni accreditate.
Lattanzio ci conduce a credere che il libro apocrifo della Predicazione di san Pietro, che è
spesse volte citato da Clemente Alessandrino,
e che fu scritto nel tempo di Papia, abbia dato
origine in gran parte alle favole che ottennero
fede nella Chiesa; e una volta stabilite « per la
« baratteria degli uomini e perla loro astuzia »
la Chiesa di Roma se ne sia approfittata per poggiare i suoi ambiziosi progetti. Da quell’epoca
in poi la questione della connessione di san
Pietro con la Chiesa di Roma è stata sempre
intimamente unita con le pretese di codesta gerarchia. Nel terzo e quarto secolo la primazia
principiò a svilupparsi in supremazia; e divenne
necessario di stabilirla su di altra base che
quella del Principato dell’imperiale città, sopra
la quale soltanto il rango e precedenza del vescovo di Roma erano stati poggiati sino a quell'epoca. La base che cercarono fu quella della
supremazia accordala a san Pietro, e la sua presenza e morte nella città de’ Cesari. Non fu difficile di forzar la Scrittura a dar sostegno , almeno in apparenza, alla prima, e i varii scritti
apocrifi che abbiamo già menzionali furono
adoperati per stabilire il resto. Cosi una favola
venne ricevuta come fatto istorico, e divenne
il fondamento al pib gigantesco sistema d’errori e d’usurpazione che sia mai stato imposto
al mondo!
Abbiamo mostrato essere totalmente senza
baso l’asserzione che san Pietro avesse visitato
Roma; abbiamo pure disaminato a lungo gli
ambigui e contraditlorii cenni che ci sono stati
trasmessi, concernenti i primi vescovi di quella
Chiesa; e in somma tulle le tradizioni che han
rapporto alla presenza e all’episcopato di quell’apostolo e in Roma e in Antiochia, senza trovanie un iota di prova. E nullameno, sopra
queste ambigue asserzioni e tradizioni, e sopra
un’interpretazione della Bibbia, contraria alle
spiegazioni di tutti i più antichi Padri, è stato
fondato l’intero sistema teocratico di Roma in
tutla la sua immensa estensione e potere; sistema che è stato benissimo descritto come contenente tutte le profondità dell’asluzia e dell’inganno di Satana.
Appena è necessario osservare, che anche
se fosso stabilito come fallo la presenza di san
Pietro a Roma, o se fosso capace di prova che
al tempo della sua morte egli era vescovo di
quella Chiesa, ciò non proverebbe in nessun
modo l’ereditaria trasmissione de’ suoi apostolici poteri e privilegi alla linea dei vescovi romani. Anzi se dalla Sanla Scrillura stessa si
potesse stabilire la supremazia di san Pietro,
sarebbe estinta con lui; a meno che l’infallibile
testimonianza della Divina Rivelazione ci avesse
informalo distintamente che tale supremazia doveva trasmettersi agli occupanti la Sedo romana. Il mero fallo dell’esser egli morto a
Roma non stabilirebbe che le sue funzioni sarebbero trasmesse al vescovo di quella città ;
altro essendo l’autorità episcopale, allro quella
dell’aposlolo. Un caso simile si trova al presente nel vescovo di Londra, il quale è allo
stesso tempo rettore di una parocchia nella
citlà; alla sua morte un altro rettore gli succederebbe nella parocchia, ma questo non avrebbe
necessariamente il vescovato. Cosi, se san Pietro fosse stalo vescovo di Roma, il papa avrebbe
potuto succedergli nell’episcopato, ma non nell’apostolato; poichò difatti quel vescovo di Gerusalemme che succedette a san Giacomo non
può esser con.siderato l’erede dello vere sue
funzioni apostoliche, t L’apostolato è più emi« nenie dell’episcopato », come Agostino dice
(De Baptismo, cont. Donat., 11,1), e come anche Bellarmino confessa con queste parole ;
t Non vi può essere vera successione se non
« da uno precedente; ma apostoli e vescovi esi« slevano insieme nella Chiesa» (Bei.l.\rmi>o,
De Pont. Rom., IV, 25) ; e come dice pure la
Santa Scrittura stessa; « prima aposloli, secon« dariamente profeli, terzamenledottori » [Cor.,
XII, 28). Perciò i due ufllzii essendo distinti,
e l’uno superiore aH’altro, nessun semplice vescovo avrebbe potuto pretendere ad una vera
apostolica autorità. Il vescovo anglicano Barrow
ha ben osservalo, che t Ove non vi furono apo« stoli non vi potè esser capo o principale de« gli apostoli, in nessun senso. L’ufllzio dei
« vescovi fu derivato dagli apostoli, non pro« priamenle nel modo di successione, ma col
« mezzo di ordinazione che conferiva tutte le
« virtù appartenenti a tale uffizio ; le quali vi
« erano esercitale anche durante la vila degli
« apostoli, e in subordinazione a loro: in simil
« modo che un dittatore di Roma poteva creare
« magistrati inferiori, che derivassero il loro
« potere da lui, ma non avere successori »
(B.4rrow). I Padri adunque che chiamano i
vescovi successori degli aposloli, vogliono solamente dire che ciascun vescovo aveva ricevuto autorità da qualcheduno, il quale fu costituito vescovo da un apostolo, ed ebbe da lui
autorità per pascere e soprintendere una greggia particolare, con gU anziani e diaconi d'essa.
(Vedi Clemens Romanus ad Corintii, I, p. 54
e 57; Cipriano, Epist., 55). Parimente fu detto
che il vescovo di Alessandria succedette agli
apostoli, perchè si credeva che san Marco fosse
stato allogato in quella città, e che da lui Clemente avesse derivato l’ordinazione episcopale;
benché non si trovi nella storia che verun apostolo avesse personalmenle visitato l’Africa.
Gli apostoli davvero per mezzo della consacrazione ammisero certe persone a partecipare
deH’episcopato, ma non mica dell’apostolato;
il quale ufficio non era dagli uomini, nè per
alcun uomo, ma per « Gesù Crislo, ed Iddio
Padre, che lo suscitò da’morli» (Gai., 1,1). Non
era nel potere degli aposloli di lasciare in eredità ad altre persone il loro uffizio. Un atto speciale e determinalo del Signore stesso fu necessario a queU’incarico ; come si vede nel caso
di Paolo e.Barnaba, i quali furono designati a
qucH’ufflcio nella Chiesa d’Anliochia; ma non
si trova alcuna traccia di lai chiamala nel caso
di Lino, nè di alcun altro vescovo di Roma.
Anzi i papi in tempi posteriori non sono stali
eletti dal governo universale della Chiesa [ter
alcun mezzo che pretenda di aver a\itorità ecumenica; non per un sinodo generale, nft per
delegali della Chiesa sparsa per tutta la terra;
ma prima per il clero e (topoio di Uoma, poi
dairimperalore, cui Leone Vili trasferì il potere elettivo, e infine per mezzo de’cardinali,
conforme ad un decreto di Niccolò II, nel Laterano (Pi.atina , Vita de Papi, Leono Vili e
Niccolò II). Ma chi mai ha dato al clero e popolo romano, o aH’imperatore, oppure ad un
corpo di cardinali, il privilegio di scegliere un
apostolo, supremo reggitore della Chiesa, vicario del Signore Gesù Cristo? Insomma, l’intera fabbrica deH’autorilà papale è poggiata su
d’una serie d’asserzioni senza base, e manca
totalmente di alcuna prova j)roveniento o dalla
divina o dall’umana testimonianza.
.Nella settimana entrante, por finire (}uesto
esame, faremo qualche indagazione doll’argomentazione che ci vien fornita sopra questo
soggetto da due celebri o dotti leologi], l’una
cattolico romano, l’altro protestante, cioò dal
padro Ventura e dal vescovo anglicano Pearson.
F.
TRAFFICO DI MESSE
Iddio faccia che l’ora pur giunga eziandio pei
cattolici-romani di non adorare il Padre Celeste
fiè sul monte di Samaria, nè in Gerusalemme, particolarmente ; ma di adorarlo in ispirito e verità,
in qualsiasi luogo, imperciocché Iddio è Spirito
(Gio., IV, 21-24).
L’erigere nuovi templi aU’Eterno, siccome
fanno da poco in qua i papisti in Francia, è buona
cosa di certo ; a che vale però, se l’adorazione
loro è spoglia dello spirito e verità in cui deve
consistere I Non la maestosità di uua fabbrica,
non la ricchezza degli ornamenti, non la moJtiplicità dei riti costituiscono il vero tempio o casa
di Dio; bensi la spiritualità dei fedeli raccolti,
in quella guisa che in vero tempio si tramutava
l’alto solaio dove dimoravano gli apostoli, perseveranti di pari consentimento in orazione ed
in preghiera [Atti, I, 13-14).
Il clero francese poi, onde procurarsi il danaro
necessario alla costruzione dei varii templi, è costretto a ricorrere a mezzi alquanto singolari,
cioè a vendite di varia specie, a lotterie inserite
sui giornali, a società anonime, ecc. Ma ecco un
mezzo d’origine episcopale e che vai la pena di
farlo conoscere.
A Seez (Orne) per l’erezione di un tempio ad
uso degli alunni del piccolo seminario, sotto il
titolo dell'immacolata Concezione della santissima
Vergine, si fecero delle collette: non avendo
queste prodotto che il ventesimo della somma
necessaria, il vescovo di Seez pensò dover stimolare i donatori con apposita circolare, in cui
si legge cotesta disposizione : « Noi fondiamo e
stabiliamo, nella chiesa deH'ImmacolataConce« zione del piccolo seminario di Seez, una messa
ÍÍ bassa che sarà celebrata tutti i giorni in perpe€ tuo,per tutti i benefattori di questa chiesa, tanfo
« per coloro che hanno già offerto, quanto per gli
4
c altri che offriranno in seguito, qualunque ne
« sia il valore, ecc. ».
In nota è indicato che si riceverà il dono anche di un franco; ed ecco per un franco assicurato al fedele il beneficio della messa: ma non
basta, v'ha di meglio. Il registro in cui saranno
inscritti i nomi de’benefattori sarà aperto eziandio pei « nomi delle persone estinte che i'parenti
« loro desidereranno farle partecipi, sia indivi€ dualmente, sia coUettivameate, de’ frutti del
0 santo sacrifizio, nonché per quelli dei bimbi
« a cui i padri e le madri vorranno con tal mezzo
« (al prezzo d’un’offerta qualunque, foss’ella an« che di un franco) procurar loro abbondanti be« nedizioni in questa vita e grazie di salvezza ».
La circolare, portante la segnatura di Federico vescovo di Seez, è convalidata coll’impronta
delle armi del prelato, e stampata a Seez per
Giulio Valin, tiprografo vescovile. Ciò non é
ancor tutto : un’ appendice aila circolare commenta le ultime parole che abbiamo riferito;
ella porta in fronte la seguente epigrafe : Vantaggi temporali offerii alle famiglie pei loro figli.
Come ognun vede, si vuole trar profitto dalla
paterna affezione ad aumento della colletta : Assicurare ad un fanciullo i frutti del santo sacrifizio della messa offerto ogni dì alla di lui intenzione,
durante tutta la sua vita, in una chiesa consecrata
alla santa Vergine (e sempre coll’offerta anche di
un solo franco). «Unamessa tutti i giorni! [leggesi)
« hawi in cotesto favore ben raro dei vantaggi
« incalcolabili. É in qualche modo resa certa la
« felicità. Infatti, potrebbe egli non riuscire nelle
« sue intraprese colui pel quale il Salvatore si
« offre vittima tutti i giorni : quegli sul di cui
« capo la benedizione del prete fa discendere
« del continuo le benedizioni di Dio? Non v’è
« luogo a dubbio ; quel figlio privilegiato rice« verà degli aiuti straordinari per tutte le ne« cessità, e là dov« tanti altri pericolano, egli,
« diretto da mano celeste, eviterà gli scogli e
« scamperà dal naufragio. Che se per disgrazia ei
« cadesse in fallo, credesi forse che potrà resister
« all’efficacia del santo sacrifizio, la di cui obla« zione, come dichiara il santo Concilio di Trento,
« calma l’ira del Signore, ed ottiene ai peccatori,
« con la grazia della penitenza, la remissione
<( de’ peccati eziandio i più enormi ? »
Ora, che dire dell’esposto, in aggiunta agli
altri moltissimi errori della clerocrazia? In quale
labirinto si aggira mai la Chiesa di Roma? Doy’è la spiritualità non solo, ma il buon senso?
Cotesta è ella ignoranza assoluta, od empio traffico e turpe ipocrisia?.... Iddio giudicherà.
_ Valu Valdesi. — La scuola delle Cenciose
(École déguenillée), promossa dal sig. G. Appia
e stabilita in Torre, andò svolgendosi e prosperando nel presente inverno. Sessanta e più allieve, di varie parrocchie, tolte alla miseria e
peggio , raccolte in acconcio locale , ricevono,
sotto unamaterna direzione, oltre al villo, i principii di un’educazione cristiana, e la pratica dei
lavori donneschi, maglia, cucito, e per alcune
del tessere ancora. Le più lontane poi sono
convenevolmente ricoverate presso la maestra,
o altrove.
L’^n’opera tutta di carità e di [fede merita incoraggiamento e simpatia. Quindi si è deciso di
assegnare la metà della vendita annua, in Torre,
a benciicio di tale stabilimenlo. L'altra metà
resta invariabilmente destinata alle missioni presso i pagani. Le persone che saranno disposte a
coadiuvare cotal opera sono pregate di mandare
i lavori, sino a tutto maggio prossimo.
Alla Signora S. Mbille, in Torino.
Alle Signora L. Malan, in Torre.
Francia. — Recenti conversioni. — Soltanto
nella città di Lione, dal principio dell'anno corrente in sino ad ora, ventotto cattolici-romani
furono ricevuti membri della Chiesa evangelica;
un più grande numero seguono il corso d'una
regolare istruzione. — In Havre, la popolazione
fissa della Chiesa, come risulta dalla relazione
non è guari presentata al consiglio presbiteriale,
nello spazio 3i 20 anni, si elevò dalle 500 alle
3000 anime ; senza contare un numero a parte
e variabile di mille persone. Il proselitismo è
ritenuto come una delle cause di tale aumento.
Circa 500 individui furono condotti alla professione della fede evangelica per via di matrimoni
ed altri motivi. La Chiesa d’Havre non ingrandì
soltanto in numero, ma ben anco in zelo, in fede
e in carità; durante il detto periodo, la cifra dei
comunicanti ammontò dai 150 ai 650 alle feste
di Pasqua; e le somme annualmente raccolte
per opere di beneficenza crebbero dai 1,800 ai
33,000 franchi. In luogo di una scuola di 100
fanciulli, ora se ne contano quattro frequentate
da più di 400 giovanetti ; ed una quinta scuola
sta per sorgere. I due templi divennero successivamente troppo angusti; l’uno poteva contenere
400 uditori, l'attuale ne capisce mille: si costruirà il terzo, che dovrà bastare per 2,000 persone.
[Le Lien).
Inghilterra. — Nuovi doni della sig. Goldschmidt (Vedi B. N. n» 10). — L’illustre cantante
Jenny Lind Goldschmidt sottoscrisse per la
somma di lire 1,872 (46,800f.) ai fondi di Miss
Nightingale destinati alla creazione d’una scuola
normale d'infermiere. Cotesta somma è l'introito
di un concerto dato in Eieter Hall. La signora
Goldschmidt inviò altresì 200 guiñee (5,400 fr.)
all’ospedale di Leicester, e 50 (1,350 fr.) all’ospedale tedesco di Londra. Che ne dicono l’Umvers, VArmonia e quanti altri organi clericali
calunniarono miss Nightingale e proclamarono
fallito il progètto della scuola suindicata, vedendo una sola cristiana evangelica concorrere
alla pia opera in modo cosi generoso??
Spagna. — Nuovo atto inquisitoriale. — Qualche settimana fa la Bibbia venne stampata a Madrid, in lingua spagnuola, senza 'gli apocrifi e
note, in un solo volume. Al momento in cui l'editore stava per metterla in vendita, a basso
prezzo a pro della classe povera, il vicario ecclesiastico ne proibì la circolazione. Cotesto divieto produsse grande sensazione nel paese e
nelle cortes medesime. [ChriitianTimes).
Austria. — Ulteriori effetti del Concordato. —
L’Opinione riferisce la seguente corrispondenza
del Times, da V^ienna, 27 marzo:
« Un caso che avvenne recentemente in una
delle principali città della Stiria, dimostra che
il clero è risoluto di estendere l'autorità datagli
dal Concordato sino agli estremi. Si suppone
che nelle provincie la gente riceva qualche istruzione religiosa preparatoria prima che vada a
confessarsi per Pasqua; ma la maggior parte di
quelli che appartengono alle classi superiori e
medie ha l’abitudine d’aggiustare l’affare col sagrestano della parrocchia, che con una rimunerazione trova ordinariamente il mezzo di procurare alle parti ii voluto certificato d’istruzióne religiosa senza ulteriore disturbo. Uno degli anziani
della città suddetta aveva sempre ottenuto il suo
certificato dal prete stesso, e una o due settimane fa mandava a prenderlo come al solito. Il
Concordato però aveva risvegliato lo zelo del reverendo, e con suo grande stupore l'onorevole
cittadino ebbe per riscontro che se voleva il certificato dovesse andare a pigliarselo in persona.
Una seconda domanda fu fatta per un messo, ma
il prete sembrava volesse prendere la rivincita
per la passata’sua tolleranza, e gli fece sapere
che avrebbe mandato a prendere l’impenitente
cristiano col mezzo di un gendarme se immediatamente non fosse comparso alla sua presenza. Il cittadino, che era uomo ragguardevole
nella città, andò immediatamente dal prete, unicamente però per informarlo che non v’era bisogno che si mandasse il gendarme perchè aveva
deciso con tutta la sua famiglia di separarsi dal
grembo della Chiesa romana.
« Non ha guari morì a Linz la moglie di un
capitano austriaco, ma il clero non volle permettere che fosse inumata nel sepolcro di famiglia perchè era protestante ».
tirosMo Domenico gerente.
ANNUNZI.
Invitati, annunziamo la recente comparsa iu.
Novi di un giornale politico, letterario, commerciale , intitolato : Il liemme. E per dare
un’idea de’ giusti e buoni sentimenti ch’emergono dal programma, che si legge nel primo numero ne riportiamo il seguente periodo. « La
« libertà del pensiero non deve andar disgiunta
« dalla libertà della parola, siam d’accordo; ma
« la libera parola siccome non è sempre l’espres« sione di un buon pensamento, cosi avviene che
« pensando male, si parla anche male, ogniqual« volta si voglia esprimere un 'pensamento det« tato, non dal cuore in armonia colla ragione
c [e, potrebbesi aggiungere, illuminala dallo spirilo
« religioso), ma da cieco ottimismo , o da siste« malico peggiorismo ».
AL DEPOSITO DI LIBRI RELIGIOSI
Viale del Re, 31.
Pubblicazione recentissima
GENESI
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