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BIBLIOTECA VALDESE
10066 TOaRE PEIL ICE
DELLE muí VALDESI
Settimanale
della Chiesa Valdese
Annn 109 - Nlim. 29-30
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TORRE PELLICE 28 Luglio 1972
Amm. : Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre PeUice - c.c.p. 2/33094
QUANDO VERRÀ?
SINODO VALDESE 1072
Il Sinodo Valdese, secondo quanto disposto dall’atto sino
i
I discepoli più volte hanno ripetuto
a Cristo la stessa domanda « quando
sarà la venuta del tuo Regno? » e sempre, costantemente, Egli ha risposto
« solo il Padre lo sa »; pure la domanda è continuata... anche dopo la resurrezione. Dopo l’ascensione non potevano più chiedergli la stessa cosa,
ma è tanto chiaro che la domanda in
loro e fra loro sussisteva sempre. L’attesa imminente della apparizione di
Cristo dominava la chiesa tutta. Lo
vediamo inequivocabilmente negli Atti e nelle Epistole. Lo sentivano sempre così vicino da pensare che da un
momento all’altro sarebbe apparso
per fare « ogni cosa nuova ».
Ci domandiamo, ora, se ci è lecito
ripetere la domanda dei discepoli e
della chiesa della prima aurora cristiana. È questa domanda connessa
con la fine della storia? Con un mutamento integrale e totale di tutto? Con
l’avvenimento concreto dei « nuovi cieli e della nuova terra », sospiro di tanti uomini e « gemito » costante della
creazione?
La promessa, unica speranza cristiana, è che ciò sarà. E sarà in un giorno simile ad ogni altro giorno che viviamo nella « routine » normale della
nostra esistenza: « come avvenne ai
giorni di Noè, così pure avverrà ai
giorni del Figliuol dell’uomo. Si mangiava, si beveva, si prendeva moglie,
si andava a marito (...). Nello stesso
modo che avvenne anche ai giorni di
Lot: si mangiava, si beveva, si cortiprava, si vendeva, si piantava, si edificava (...). Lo stesso avverrà nel giorno che il Figliuol dell’uomo sarà manifestato » (Luca 17: 26-30).
Siamo abituati al tempo « che non
finisce », ormai l’attesa si è spenta, la
« routine » quotidiana ci prende, la seguiamo senza riflettere o ci affanniamo in soluzioni provvisorie, in mutamenti che non mutano la realtà delle
cose, sia che questi mutamenti abbiano sapore riformista o dinamica rivoluzionaria. In realtà anche i maggiori
rivolgimenti concepiti dai rivoluzionari non son essi già superati dalla situazione presente e, pur essendo impegnati fino in fondo, non dovremmo « sentirli » più chiaramente, del tutto chiaramente e senza ombra alcuna, alla luce della speranza cristiana della -venula di Colui che solo fa ogni cosa
nuova?
Ormai, ogni giorno di più, constatiamo che, passata assai presto l’euforia
per l’uomo signore della natura, cui
tutte le possibilità sono aperte, un
sempre maggior numero di pensatori
e di scienziati son spaventati della
macchina che l’uomo ha fabbricata e
che ormai lo domina. Son sempre più
allarmati per il prossimo futuro, non
lontano ma di alcuni decenni, perché
il mondo sembra aver cominciato « il
conto alla rovescia » e uscite non se ne
vedono, né si hanno proposte valide
per evitare la catastrofe. E se ci son
proposte — debolucce assai, osservo
io —, queste incontrano una difficoltà
di realizzazione enorme nell’uomo di
oggi (o di sempre?). Chi non ha, noii
può rassegnarsi a morir di fame, chi
ha (e non solo i padroni) non si rassegnerà ad una vita molto misera per
dividere il poco e piccolo pane che resta con i più miserabili di lui. Accennavo di recente alle ipotesi Forrester circa le varie combinazioni dell’interazione fra i fattori più rilevanti
della presente crisi dell’umanità. Soluzioni non ne ha da prospettare. Mansholt, per conto suo, fa un onesto tentativo di indicare nuove linee per una
nuova politica economica, però le prime reazioni alla sua lettera a Malfatti
son queste: è possibile sperare che chi
detiene il potere sia così politicamente
serio da tenerne conto rischiando la
sua popolarità e quindi la sua « poltrona »? E le masse saranno così avvedute da accettare una tale nuova
condizione di vita? Ed anche se queste due ardite ipotesi si avverassero, di
quanti decenni in più la catastrofe sarebbe rimandata?
Tutti gli uomini, senza eccezione di
grandi e di piccoli, sono coinvolti nella situazione che riguarda tutta l’umanità. Ma di questo si parla ben poco.
Si continua a sottolineare solo i pericoli dell’inquinamento, pericoli non
piccoli, ma certo non i soli, ed oltrelutto essi non sono che la conseguenza del genere di civiltà che abbiamo
inventato o alla quale siamo giunti
senza pensare all’essenziale, cioè alla
vera vocazione dell’uomo. Abbiamo voluto esser signore, ma non nel senso
in cui Cristo è Signore, essendo ad
immagine di Dio. Cancellata ^ l’immagine, la vocazione umana ne è distorta, anzi arrovesciata. Ed ora siamo alla resa dei conti.
Siamo ad un passaggio di era, come
tante volte è stato detto da 40 anni a
questa parte, o vi è qualche imminenza più grande ancora? Intanto la nostra povera umanità vive ancora in
piani storici ben diversi: v’è chi è all’epoca tribale più arretrata, v’è chi
vive in una società di schiavismo feudale, vi è una società borghese, v’è chi
è allo stadio nazionalista più rigido,
v’è una società neocapitalista e neocolonialista, v’è una società socialista
in vari esperimenti... La domanda mia
(non la risposta) è se non dobbiamo
intravvedere ora un momento post-socialista per i fatti nuovi che appaiono
sempre più marcati all’orizzonte e che
determinano una radicale critica ai
pensieri che fin’ora hanno occupato e
tormentato la nostra mente. Passaggio
di era o fine della storia? Se si tratta
della fine della storia allora anche le
relazioni umane, economico-politiche,
ne devon tener conto. Mi si accusi pure di fare delle elucubrazioni apocalittiche, ma se siamo senza uscita, come più scienziati ormai affermano,
perché non ravvivare in noi la sola
speranza vera che è l’intervento di
Dio? Chi ci libera quando non abbiamo più vie aperte? Quando il Mar
Rosso ci separa dalla terra promessa?
A tutto questo, anche quando è informata, la gente reagisce come abbiamo sentito dire recentemente anche
qui a Riési, al nostro Centro Dibattiti:
« il mondo se l’è sempre cavata e se la
caverà ancora ». È così (sia che lo dica sia che non lo dica, che sia informata o no), l’andamento d’ogni giorno non muta, si segue la corrente, ci
si inserisce nella « routine ». A questa
sfuggono ben pochi, anche se si ritorna al vecchio discorso delle strutture
malvage, che son sì malvage, oppressive, repressive. Questo sarebbe disonesto negarlo. Però si deve andare al
di là anche di questo discorso, se pur
nell’azione dobbiamo tutti oggi, qui
da" noi in Italia almeno, lottare contro la repressione in corso e contro
un arretramento spaventoso del livello storico raggiunto dopo la liberazione.
Al di là di tutte le programmazioni
necessarie, al di là di ogni nuova concezione della società, pur lavorando
per tutto questo, perché l’attesa vera
non è mai inoperosa o sonnacchiosa,
più che mai occorre esser tesi nell’ascolto del Signore per discernere i
tempi, per sentire in essi i suoi passi
che si avvicinano. È certamente presuntuoso, oggi come nei secoli trascorsi voler fissare « i tempi ed i momenti che il Padre ha riservato alla sua
autorità» (Atti 1: 7), ma è anche da
sfiduciati e senza amore non scrutare
l’orizzonte per scoprire ravvicinarsi
dell’alba. La notte non può durare. Il
Signore stesso, del resto, ci invita a
discernere i segni dei tempi: « quando vedrete avvenire queste cose, sappiate che il Regno di Dio è vicino »
(Luca 21: 31), ed accusa proprio i Farisei ed i Sadducei di aver gli occhi
aperti per le cose degli uomini e chiusi agli eventi di Dio (Matteo 16: 1-4).
Qui ancora la testimonianza al Regno è atto d’agape. Se gli scienziati
onesti ci avvertono che le uscite per
l’umanità mancano, come mancherà,
fra altro, il pane ad una popolazione
fra trent’anni raddoppiata, perché non
dovremmo noi credenti gridare sui tetti che tutte le vie son chiuse, tutte le
porte sbarrate ad un possibile destino umano, ma che Cristo ha rotto il
fatalismo della storia e che a Lui, m
attesa fiduciosa, si posson volgere gli
sguardi umani! La sua promessa non
verrà meno, come non vien meno la
sua agape. Verrà. Quando? Verrà. Si
avvicina. L’importante è che «amo attenti e tesi quando, com Egli ha det
to, tornerà per far ogni cosa nuova.
Forse nelle tribolazioni che ci aspettano potremo ritrovare la forza per
gli altri e per noi nel ripetere il saluto antico « Maràn-atà »: il Signore
viene! Se i cristiani dicevano così diciannove secoli fa, tanto più possiamo
dirlo noi ora se il nostro amore per
Lui è più forte di ogni considerazione
intellettuale. « Sì, vengo tosto! Amen!
Vieni, Signor Gesù! » (Apocalisse 22:20)
Qui non si tratta di risuscitare nell’avvicinarsi del 2000 il terrore e lo
squilibrio dell’anno 1000 e neppure di
insistere sulla fine del mondo («L’Eterno regna... il mondo quindi è stabile », Salmo 93: 1), ma ben piuttosto
di salutare in gioiosa attesa e sottolineare che, nella situazione attuale, non
v’è notizia più bella che quella della
speranza cristiana che il Signore viene. E se viene presto, molto meglio
ancora. Tullio Vinay
XI 01Ì.10LAAI V
dale n. 81 del 1971, è convocato per
domenica 20 agosto, alle ore 15
nell’aula sinodale della Casa Valdese di Torre Pellice.
Poiché il Sinodo svolgerà i suoi lavori in parte in sessione
congiunta con la Conferenza della Chiesa Evangelica Metodista
d’Italia, il culto di apertura in comune sarà presieduto dal pastore Mario Sbaffi, presidente della Chiesa Metodista; predicatore sarà il pastore Davide Cielo.
Il culto avrà inizio nel tempio di Torre Pellice alle ore 15,30.
Qualora l’esame di fede e il sermone di prova abbiano esito
favorevole, si procederà alla consacrazione del candidato Ermanno Genre.
Si pregano i pastori di dare comunicazione alle chiese, a
norma dell’art. 132 RR.OO., della consacrazione del suddetto
candidato.
per la Tavola Valdese
Neri Giampiccoli, moderatore
Una lettera aperta del segretario generale del C.E.C. al presidente Richard Nixon
sui bombardamenti alle dighe nel Vietnam del Nord
10 miioni (fi abitanti minamäati
Il 17 luglio il pastore Eugene Carson Blake, segretario generale del
CEC, ha chiesto in una lettera aperta
al presidente Richard Nixon di bloccare, nella sua qualità di Comandante
in capo delle forze armate statunitensi, i bombardamenti delle dighe nel
Vietnam del Nord. Anche la televisione italiana, sia pure in brevi sequenze, ha documentato, là sera del 22 luglio, la realtà dei ^,.vrni che i bombardamenti americani hanno apportato a
delle dighe. Ecco il testo della « lettera aperta », diffuso dal servizio stampa del CEC.
Sua volontà di discutere questi punti
con i responsabili ecumenici del Suo
stesso paese.
Signor Presidente,
come ricorderà, il 26 aprile avevo
sollecitato, a nome di un gruppo ristretto di rappresentanti ecumenici
americani, un incontro per discutere
con Lei gli aspetti morali della guerra
nel Vietnam. Sebbene avessi sottolineato che eravamo pronti a fare i nostri programmi in modo da incontrarLa in una data che Le convenisse fra
il 7 e il 14 aprile, soltanto il 10 maggio ho ricevuto una risposta negativa
dal Suo addetto, sig. Parker. La corrispondenza ulteriore del sig. Parker
(24 maggio) e del sig. McLaughlin (29
giugno). Suo addetto per le questioni
religiose, mi ha assicurato che Lei continuava a considerare l’eventualità di
un tale incontro. Finora, però, non vi
è stato alcun segno che attestasse la
Questo mi spinge a rivolgermi a Lei
con una lettera aperta che la mia coscienza mi spinge a rendere pubblica
non appena Le sarà pervenuta, non
restandomi altra soluzione che questa.
L’incontro sollecitato durante tre mesi non ha avuto luogo. Non ripeterò
ciò che ho dichiarato pubblicamente
con sette presidenti di Chiese americane, FU maggio scorso, nella cattedrale St-John di Washington. In questa lettera non affronterò che un solo
punto, di estrema urgenza e portata
morale. Da alcune settimane, i miei
colleghi del Consiglio ecumenico delle Chiese ed io stesso siamo allarmati
da comunicazioni sempre più frequenti secondo le quali l’Alto Comando
americano sta perseguendo una politica di volontaria distruzione delle dighe del Vietnam del Nord, mediante
bombardamenti e piogge artificiali. Si
pretende che essa avrebbe lo scopo di
indebolire il sistema di dighe del Vietnam del Nord si da provocare una catastrofe « naturale ». Ammetto che mi
pare difficile credere a tali comunicazioni, poiché è inimmaginabile l’entità
delle sofferenze umane che sarebbero
provocate da cospicue rotture di dighe. Qltre 10 milioni di abitanti, sui
18 che conta quella nazione, vivono in
regioni protette da dighe fluviali e ma
Contro - rltBnn in marcia...
L’Istruzione del Segretariato per l’Unione 6e\ Cristiani sull’anrimissione dei non cattolici all’eucarestia
cattolica dimostra la non-disponibilità della Curia
romana al movimento ecumenico
IL SALTO INDIETRO
Esami di Inde
dei candidati al pastarata
Un solo candidalo valdese si presenta, quest’anno, all’esame di fede dinanzi al Corpo
Pastorale ; Ermanno Genre, della ehiesa di
Villar Perosa, il quale dopo gli studi teologiei
presso la nostra Faeoltà di Teologia, a Roma,
e presso quella di Zurigo, ha compiuto il suo
anno di prova nella chiesa di Torre Pellice. Il
suo esame di fede si terrà nell’aula sinodale,
a Torre Pellice, sabato 12 agosto, alle ore
9,30; lo stesso giorno, nel tempio dei Coppieri, egli terrà il sermone di prova.
Poiché nel culto inaugurale del Sinodo,
comune con i membri della Conferenza Metodista, si avranno le consacrazioni dei candidati pastori Franco Becchino, Renato Di Loreno e Gianmaria Grimaldi, e del candidato
anziano evangelista Moncada, tutti metodisti,
comunichiamo che i loro sermoni di prova
avranno luogo nel tempio di Pinerolo, la sera di sabato 19 agosto alle ore 21.
A queste sedute sono invitati tutti i membri di chiesa.
In data 8 luglio 1972 l’Osservatore
Romano pubblica una Istruzione del
Segretariato per l’Unione dei Cristiani su « i casi di ammissione di altri
cristiani alla comunione eucaristica
nella Chiesa Cattolica ». Tale Istruzione porta la data ufficiale di promulgazione del 1 giugno 1972 e il ritardo di
pubblicazione fa pensare che qualche
interna esitazione ci debba essere
stata.
Se qualcuno aveva ancora qualche dubbio sulla ben precisa volontà
della Curia romana di annullare ogni
apertura teologica del Concilio Vaticano II e riportare la chiesa cattolica
entro le linee del Concilio di Trento
(contro la Riforma) e del Concilio Vaticano I (infallibilità e primato del
papa), questo documento può ben dissipare ogni dubbio, perché è la più
chiara dimostrazione della chiusura
della Curia romana entro gli antichi
schemi.
L’Istruzione parte dall’assunto che
« vi è uno stretto legame tra il misterc della Chiesa e il mistero dell’Eucarestia » (n. 2). Il ragionamento, poi, diventa estremamente semplice: il mi
stero della Chiesa è la sua costituzione gerarchica, quindi il mistero dell’Eucarestia è « il potere ministeriale »
della gerarchia sul corpo di Cristo
« contenuto » nell’Eucaristia. Non stiamo qui a ripetere quale è la dottrina
tradizionale cattolica sull’Eucarestia;
quanto è stato detto negli opuscoli di
Attualità Protestante su La Messa in
italiano (n. 1) e su L’Eucarestia cattolica in discussione (n. 25) vale benissimo per la dottrina esposta nella
Istruzione, che — come si è detto —
segna un ritorno al passato.
Notiamo qui due cose. Anzitutto si
afferma che « L’Eucarestia contiene
ciò che è il fondamento stesso dell’essere e dell’unità della Chiesa; il corpo
di Cristo offerto in sacrificio e dato ai
fedeli come Pane di vita eterna » (2.a).
Benché questa espressione indichi la
dottrina tradizionale cattolica della
« transustanziazione », la parola « transustanziazione » non è usata. Perché?
Non certo perché la Curia romana vi
rinunci, ma — dato che la Istruzione
si rivolge con particolare benevolenza
agli Ortodossi — la Curia romana si è
Alfredo Sorelli
(continua a pag. 5)
rittime. Si valuta che oltre un milione sarebbero le vite umane esposte all’annientamento immediato se i corsi
d’acqua resi tumultuosi da ogni stagione delle piogge non fossero più imbrigliati. Molti milioni di abitanti sarebbero senza tetto e senza cibo, esposti alle epidemie che funestano le regioni inondate provocando altre migliaia di vittime civili.
Negli ùltimi giorni abbiamo condotto inchieste approfondite presso varie
personalità europee che sono state testimoni di questa situpione a partire
dal giugno scorso, e siamo costretti a
concludere che;
— la spiegazione americana secondo
cui la fragilità delle dighe era dovuta
alla negligenza della popolazione, è errata; durante gli ultimi mesi inilioni
di metri cubi di terra sono stati spostati per consolidare le dighe, e il lavoro è stato compiuto in condizioni
assai difficili dovute alla guerra. Alcune di queste dighe risalgono a quattromila anni fa e i Vietnamiti sanno che
la loro esistenza come nazione dipende dal mantenimento di questo sistema protettivo;
— le proteste americane che affermano che non ha luogo alcun bombardamento volontario e che solo « accidentalmente » le bombe sono cadute
sopra o presso le dighe, sono anch’esse errate. Il sig. Jean Thoraval, corrispondente a Hanoi dell,’Agence FrancePresse, ha riferito (« Le Monde », 12
luglio 1972) di essere stato testimone
con altri giornalisti stranieri, in occasione di un giro d’ispezione alle dighe,
nella giornata dell’ll luglio, del bombardamento diretto e ripetuto delle
medesime da parte dell’aviazione_ americana. Films girati dalla televisione
svedese sulle dighe, cinque giorni dopo il bombardamento, mostrano la
gravità dei danni arrecati.
Sono perciò portato a concludere
che dev’essersi verificato un bombardamento intenzionale delle dighe, e
faccio appello a Lei, quale comandante in capò delle forze armate degli Stati Uniti d’America, affinché usi di tutta la Sua autorità per fermare irnmediatamente questi bombardamenti. Le
chiederò inoltre di fermare ogni bombardamento nella regione delle dighe
per permettere al popolo vietnamita
di procedere alle riparazioni urgenti e
necessarie, sì da evitare una catastrofe di dimensioni inimmaginabili.
Con rispetto. Suo
Eugene Carson Blake
Segretario generale del CEC
Una nuova testimonianza su questi bombardamenti giunge da Joseph Kraft, inviato
ad Hanoi dal giornale americano Washington
Post.
« Non vi è dubbio — scrive Kraft — che
le dighe siano state colpite da bombe ameriricane. Io stesso ho visto coi miei occhi due
esempi indiscutibili di questi attacchi ». II
giornalista sottolinea che, avendo le incursioni raggiunto il ritmo di duecento al giorno, sarebbe molto strano se queste non fossero state investite.
Nel suo secondo servizio, egli scrive che i
bombardamenti hanno arrecato « distruzioni
terribili » e che, ad esempio, il porto di Haiphong « è stato bombardato a tal punto che
ora sembra un paesaggio lunare ».
2
pa^. 2
N. 29-30 — 28 luglio 1972
LA BIBBIA NON LETTA
L’ATTUALITÀ’ TEOLOGICA
più citato che conosciuto
un profeta Un libro sulla fede cristiana
comune ai cattolici e ai protestanti
Fra tutti coloro che, ogni anno, a
Natale o all'Epifania, leggono o ascoltano dal Vangelo di Matteo (2: 4) la
famosa prpfezia: « E tu Betlemme,
terra di Giuda... » quanti saprebbero
andarla a ritrovare tra le pagine dell’Antico Testamento? Molti, forse, non
sanno nemmeno che essa risale ad
un’epoca di oltre settecento anni anteriore alla nascita di Gesù. Quel versetto infatti, come vari altri che vengono citati assai frequentemente, appartiene al Profeta Michea, il quale
visse pochi anni dopo Amos e Osea e
fu contemporaneo di Isaia, almeno
per la seconda parte del ministero di
quest’ultimo. Trattasi infatti del 725
a. C. circa.
Pietà personale
e giustizia sociaie
Di Michea sappiamo assai poco oltre alla data, abbastanza precisa, della sua vocazione ed al nome del villaggio (Moresh-Gat) dal quale proveniva, nella regione sud occidentale
della Giudea, verso i confini con la
Filistia. Anche Michea fu, come tanti
altri profeti, un profeta religioso e,
contemporaneamente, un apostolo della giustizia sociale; due cose che andavano sempre assieme in una società
teocratica come quella d’Israele, nella quale non c’era soluzione di continuità tra società religiosa e società civile, tra diritti e doveri nelTuna e nell’altra.
La nostra problematica sui rapporti
tra Stato e Chiesa non avrebbe avuto
alcun senso in quei tempi, soprattutto in Israele, come non avrebbe avuto
alcun senso qualsiasi concezione di un
reggimento autonomo di una qualsiasi forma di « Stato laico ». Il Profeta
parlava di Dio al popolo ed il suo discorso era sempre un discorso unitario: quando condannava l’infedeltà religiosa e il peccato morale, non sarebbe stato capace di disgiungerli dalla
ingiustizia sociale e dalla prevaricazione politica e, quando prometteva
restaurazione, c’era sempre la nota
del risveglio della pietà religiosa quale presupposto ad una maggiore giustizia sociale ed alla prosperità nazionale. Le nostre discussioni sui rapporti tra religione e politica avrebbero
grandemente stupito un profeta come
Michea, per il quale l’uomo era una
entità unica, inscindibile, tanto nei
suoi rapporti con Dio, come in quelli
con il prossimo. La sua differenza da
certi moderni, stava forse nel fatto
che mentre, oggi, alcuni discorrono
di religione « in chiave politica », il
Profeta parlava di politica « in chiave
religiosa ». Bisogna tener conto di questo fatto per comprendere come Michea, non diversamente da molti altri
Profeti, passi rapidamente da considerazioni religiose a considerazioni sociali e politiche, le quali ultime non
sono per lui che una estensione normale della pietà esprimentesi nei rapporti con il prossimo.
Tanta ricchezza
in soli sette capitoli
Il libretto di Michea (sette capitoli
in tutto) potrebbe suddividersi in tre
parti;
1. (Cap. 1-2-3) Una raccolta di brani,
o riassunti, di discorsi che fustigano
Tiniquità del popolo e dei suoi capi:
le tendenze idolatriche, le sopraffazioni dei ricchi sui poveri (cap. 2); le ingiustizie dei magistrati che si lasciano corrompere (3: 1 a 4); i falsi profeti « che traviano il popolo » (3: 5 a 8).
Il tutto riassunto con vivace precisione alla fine del cap. 3 v. 9 a 12).
2. Nella seconda parte (cap. 4-5) il
tono severo del censore si trasforma
in una serie di luminose e confortanti
promesse di restaurazione. Sono due
capitoli bellissimi che iniziano con una
promessa di pace che fu citata anche
da Isaia. Il popolo, duramente punito
dall’esilio babilonese, potrà tornare in
patria e i tempi messianici si avvicineranno. È a questo punto che, al
cap. 5 vers. 1, si trova la famosa profezia su Betlemme, la piccola cittadina di Giuda dalla quale, come era venuto il grande Re-pastore Davide, sarebbe venuto anche, dalla sua discendenza, il promesso Messia. Evidentemente Michea non poteva sapere, a
settecento anni di distanza, come e
quando la sua predizione si sarebbe
avverata (è anzi probabile che si facesse un’idea molto diversa del Messia che antivedeva), ma tutto ciò non
toglie nulla al valore ed alla importanza della sua profetica intuizione
che si inciderà così profondamente
nella speranza del popolo di Dio, che,
quando i « Magi » vennero a Gerusalemme per raccogliere informazioni
sul luogo di provenienza del Messia, i
dotti non ebbero esitazione a citare
le parole di Michea.
3. Gli ultimi due capitoli (6-7) oltre
che assai interessanti sono di una particolare originalità letteraria in quanto si presentano sotto la forma di un
dialogo tra Dio e il suo popolo.
Dio interpella il popolo e questi risponde confessando il proprio peccato ed esprimendo la sua fiducia nella
bontà del Signore: « Quanto a me, io
volgerò lo sguardo verso l'Eterno, spe
rerò nell'Iddio della mia salvezza; il
mio Dio mi ascolterà... ». Ma questa
non è che una delle tante citazioni che
si potrebbero fare, per non dire che
tutto il dialogo meriterebbe di essere
citato. Come isolare infatti dal loro
contesto, tante « perle di valore » come la seguente professione di fede nell’amore di Dio: « Egli tornerà ad avere pietà di noi, si metterà sotto i piedi le nostre iniquità - e getterà nel
fondo del mare tutti i nostri peccati!»?
Ma anche qui, occorre ripeterlo, la
<' pietà » alla quale Michea fa app>ello,
è una pietà die non va mai disgiunta
dalla vita pratica, sia individuale che
sociale:
« O uomo, Dio ti ha fatto conoscere
ciò che è bene,
e che altro richiede da te l'Eterno,
se non che tu pratichi ciò che è giusto,
che tu ami la misericordia,
e cammini umilmente col tuo Dio? »
Non è meraviglia che questo Profeta lasciasse un così incisivo ricordo
che, quando si trattò, oltre un secolo
più tardi, di difendere la persona e la
predicazione del Profeta Geremia (il
quale per l’arditezza delle sue parole
stava per essere condannato a morte)
fossero proprio il ricordo e la citazione espressa di Michea e delle sue profezie a salvare la vita del profeta e ad
evitare alle autorità di Gerusalemme
di commettere uno dei più gravi ed
ignominiosi errori giudiziari (Geremia:
capitolo 26). Anche per questo possiamo essere grati a Michea!
Ernesto Ayassot
Ginevra (soepi) - Per la prima volta, dalla Riforma, teologi cattolici e protestanti hanno redatto insieme un’opera sulla fede cristiana, comune alle due
confessioni. Quest’opera sarà al tempo stesso un libro di lettura, di lavoro e
d’insegnamento. I curatori sono, da parte protestante, Lukas Vischer, direttore della Commissione « Fede e Ordinamento » del CEC, e da parte cattolica, il
prof. Johannes Feiner di Zurigo, un collaboratore del Segretariato vaticano per
¡'unità cristiana.
Quest’opera di 520 pagine, che ha per titolo Neues Glaubensbuch — dcr
gemeinsame christliche Glaube (Nuova esposizione della fede — la comune
fede cristiana) sarà pubblicato nell’autunno prossimo, in coedizione fra THerder Verlag (Friburgo-Basilea-Vienna) e il Theologischer Verlag di Zurigo.
Non nascondiamo la più viva aspettativa per la pubblicazione di quest'opera singolare e, malgrado la garanzia del nome del curatore protestante, forti
riserve; al titolo — « la comune fede cristiana » — non si dovrebbe apporre un
interrogativo? Ci domandiamo se l’opera si presenta in termini dialettici, e sopratutto se s’imposta essenzialmente su « ciò che già unisce », o se i collaboratori hanno accettato un confronto globale, non solo sui vari « loci » o temi dc-gmatici, ma sul fondamento teologico, sulla norma ultima della fede. Un’opera
come quella annunciata può essere un prezioso servizio ecumenico o un deleterio strumento antiecumenico; ci auguriamo vivamente che sia vera la prima
alternativa. G. C.
Ricerca" ana collana di buona divulgazione
La Libreria Editrice Fiorentina, segnalatasi
anni addietro con la pubblicazione delle Esperienze pastorali, il primo, sconvolgente libro
di don Milani, ha recentemente avviato una
nuova collana curata da Enrico Paschetto :
<c Ricerca, una collana divulgativa di aiuto
all’investigazione biblica e teologica nello spirito e nel metodo ecumenico ». I primi due
volumi, usciti lo scorso anno, erano l’uno
il saggio dedicato alla Santa Cena dal teologo
riformato ginevrino F. J. Leenhardt, il secondo una vivace e acuta opera di Alan Richardson su La Bibbia nell’età della scienza,
con cui l’autore vuol dare una valutazione cri
II 1“ aprile 1972 è morto il segretario
generale dell’Alleanza biblica mondiale dott. Olivier Béguin di Ginevra. Durante 26 anni aveva presieduto il movimento biblico nel mondo, approfittando di ogni occasione per promuovere la causa alla quale aveva consacrato tutte le sue forze.
La Società biblica canadese ha offerto due bibliobus per diffondere la Parola di Dio in India e nell’Iran. Una
camionetta ha percorso molti chilometri in piccoli centri indiani, fermandosi sulle piazze del mercato e vendendo circa 200 copie del Vangelo ai poveri salariati delle piantagioni d icaffè, che non avevano mai sentito parlare di Gesù. L’altra camionetta ha
raggiunto cittadine e villaggi del sudest dell’Iran, e in poco tempo ha venduto tutto il materiale che aveva,
tanto che è stato necessario fare arrivare altre copie della Scrittura per
accontentare le urgenti richieste. In
alcuni villaggi sono state vendute
2000 copie della Scrittura, in altri 3000
Evangeli in due ore.
Nell’Africa occidentale, alle porte
del Sahara,, in un’antica città, che un
tempo era un centro del mercato degli
schiavi, vi è una libreria deU’Alleanza
biblica dove è possibile ascoltare brani della Scrittura registrati su nastro
in arabo: si tratta di una lettura cosidetta « cantata » delle Scritture, secondo lo stile islamico. La libreria vende la Bibbia tradotta in 8 lingue.
Tutte le chiese della Nigeria e i
gruppi della Bibbia del Lagos hanno
celebrato una « domenica della Bibbia » il 14 maggio u. s. Parecchi manifesti e stampati sono stati emessi in
questa occasione, destando in molte
persone interesse per il lavoro biblico
e per la Bibbia.
Alcuni giovani hanno costituito un
gruppo di studio biblico nelle prigioni
di Sri Lanka, già Ceylon: essi distribuiscono la Scrittura, e sperano anche di
poter preparare gli ex-carcerati al lavoro di evangelisti-colportori.
Un prete della Malesia ha acquistato 7000 Evangeli in diverse lingue; alcune suore 2000 selezioni bibliche per
le loro classi di catechismo.
Nella Nuova Caledonia sono state
stampate, a cura della Società biblica della N. Zelanda, 10.000 copie delTEvangelo di Marco, tradotto per la
prima volta in quell’idioma polinesiano. Il vescovo cattolico del luogo ha
vivamente ringraziato la Società « per
il dono che ci ha fatto del Vangelo
tradotto nella nostra lingua ».
Ad Amsterdam è aperta, da marzo
a ottobre, una grande esposizione di
fiori, « La Floriade », che attira migliaia di visitatori. La Società biblica
olandese aveva rinunciato ad aprire
uno stand in questa esposizione, per
chè il prezzo richiesto era molto elevato. Ma il padiglione dello Stato di
Israele ha offerto uno stand gratuito
alla Società biblica per vendere Bibbie, esporre stampe della città di Gerusalemme, e opere archeologiche.
stiana dello sviluppo della scienza moderna e
mostrare come i cristiani, nel XIX secolo inclini al panico in una sorte di guerra fra scienza e religione, sono stati nel XX secolo condotti a una migliore comprensione della natura
della fede cristiana, nei confronti del problema
della scienza. Una rivoluzione teologica, basata su un serio ritorno alla Bibbia, ha accompagnato la grandiosa rivoluzione scientifica e
ad essa ha risposto in maniera creativa. Purtroppo il gran pubblico ha avuto scarsa conoscenza di questo processo e l’autore, mantenendosi su di un piano rigoroso ed elevato, delinea uomini e movimenti con chiarezza e vivacità divulgativa.
Sono ora usciti altri due volumi della simpatica e utile collana. Il primo di essi è una
antologia di Letture di teologia contemporanea, a cura di J. Bowden e J. Richmond;
storicamente e criticamente inquadrati, abbiamo una serie di capitoli nei quali nomi famosi e altri meno (in Europa la teologia anglosassone non gode, salvo eccezioni, di molta
diffusione) si alternano ; « La teologia della
Parola di Dio » (K. Barth) - « Esistenziali
smo e oltre » (R. Bultmann, P. Tillich) - « La
teologia cattolica romana » (K. Rahner, E.
Schillebeeckx, P. Teilhard de Chardin) « Scienza e secolarizzazione » (C. F. von
Weizsäcker, D. Bonhceffer, C. van Peursen) « Teologia e filosofia analitica » (R. B. Braith
Abbiamo visto, in uno degli ultimi
articoli, che la più antica delle lettere
di Paolo è probabilmente la U epistola ai Tessalonicesi, scritta verso Tanno
50 d. C.
Più o meno alla stessa epoca risale
anche la più antica raccolta di insegnamenti di Gesù non limitata a un
aspetto solo (dibattiti, o parabole, o
miracoli) ma già di una certa estensione. Si tratta di una raccolta formata quasi per intero da insegnamenti:
alcuni brani che apparentemente non
appartengono a questa categoria, come i racconti delle tentazioni o l’episodio del centurione di Capernaum e
del suo servo, in realtà sono stati tramandati per gli insegnamenti di Gesù
contenuti nelle sue risposte al tentatore e nel suo commento alla fede del
centurione.
La raccolta alla quale ho accennato,
purtroppo, non ci è pervenuta come
scritto indipendente: la sua esistenza
si deduce dal fatto che gran parte degli insegnamenti di Gesù riferiti da
Matteo e Luca e non da Marco, sono
comuni ai due evangelisti maggiori e
spesso si leggono nei loro scritti in
modo quasi identico.
Poiché è assodato che Matteo e Luca composero i loro vangeli servendosi di quello di Marco e riproducendolo
quasi per intero con piccole modifiche,
è verosimile che le parti che Matteo e
Luca hanno in comune, ma non hanno
potuto ricavare da Marco, provengono
da un’altra raccolta antica. E poiché si
tratta sempre, come abbiamo detto, di
insegnamenti di Gesù, dobbiamo concludere che questi attirarono molto
presto l’interesse della cristianità primitiva che ne mise po' iscritto una
parte non indifferente (questo documento, indicato di solito con la sigla
« Q », conteneva da 200 a 250 versetti,
a quanto pare).
L’interesse per gli insegnamenti di
Gesù non ci sorprende: anche gli ebrei
avevano l’abitudine di tramaridare, a
voce e per iscritto, le massime dei
maestri più dotti e venerati (rabbini);
e così faranno poi nel secondo secolo
anche le sette eretiche, p. es. gli gnostici. Fra gli scritti gnostici scoperti subito dopo la seconda guerra mondiale
a Nag-Hammadi in Egitto c’è anche un
vangelo apocrifo detto « di Tommaso »
che contiene una serie di insegnamenti attribuiti a Gesù, in parte paralleli
a massime o parabole dei Sinottici,
in parte di stampo schiettamente gnostico, senza cornice narrativa.
Che carattere aveva la testimonianza di « Q » a Ge*jù?
A differenza delle raccolte di massi
me rabbiniche o gnostiche, Q dava una
grande importanza all’elemento escatologico della predicazione di Gesù. I
primi e gli ultimi paragrafi comuni a
Matteo e Luca sono caratterizzati dalla predicazione del giudizio: all’inizio
abbiamo la profezia di Giovanni Battista ( Mt. 3: 7-9; 16-17 e Le. 3: 7-10;
11-12), alla fine il discorso apocalittico
di Le. 17 (cfr. i vv. 23-24; 26-27; 34-35;
37 con Mt. 24; 26-27; 37-39; 40-41; 28. La
maggior parte di Mt. 24 proviene da
Marco 13 e non da Q). I brani citati
erano probabilmente anche l’inizio e
la fine di quell’antico scritto cristiano.
Un altro elemento predominante in
Q era il rilievo dato alle caratteristiche messianiche di Gesù. Ricordiamo
che si trovavano già in quello scritto i
passi di Matteo e Luca sulle tentazioni di Gesù (Mt. e Le. 4; 1 ss.), sul segno di Giona (Le. 11: 29-32) con la dichiarazione « Qui v’è più che Giona »,
la controversia su Belzebù (Le. 11:
14-28) con la parola di rivelazione « Se
è per il dito di Dio che io caccio i demoni, è dunque pervenuto fino a voi il
regno di Dio », la profezia della desolazione di Gerusalemme (Le. 13; 34-35)
in cui Gesù si presenta come il gran
Pastore che raccoglie i figli d’Israele,
il ringraziamento di Gesù al Padre (Le.
10; 21-24, Mt. 11; 25-30) in cui i rapporti fra il Padre e il Figlio sono presenti in termini che fanno pensare al
Vangelo di Giovanni, e la rivelazione
portata da Gesù ai discepoli è dichiarata superiore a quella di molti profeti e re del passato.
Qualcuno potrebbe chiedersi che
importanza ha sapere dell’esistenza di
uno scritto Q poi scomparso e che
questi passi e tanti altri ne facevano
parte. Menzionerò soltanto due importanti risultati che se ne possono
trarre:
1) storicamente, possiamo sapere
che cosa scrissero e quindi che cosa
pensavano i gruppi cristiani prima dei
grandi viaggi missionari di Paolo e
prima della composizione degli Evangeli;
2) teologicamente, l’esistenza e la
ricostruzione di « Q » ci permette di
sostenere che le concezioni cristologiche accennate sopra non sono state
una elaborazione delle generazioni successive, perché i testi sono anteriori
di almeno trent’anni alla composizione di Matteo e Luca.
Nello scritto chiamato Q si incontrano il ricordo dclTinsegnamento del
Gesù terreno e l’esperienza fatta dai
discepoli dell’incontro con il Cristo risorto e vincitore.
Bruno Cor.sani
waite, A. Flew, B. Mitchell, J. Hick)
« Commenti è reazioni » (H. D. Lewis, D. Jen,
kins, J. Macquarrie). Bibliografia e indici ren
dono maneggevole questa utile antologia, a no
Etra conoscenza la sola — anche se ovviamen
te parziale e incompleta, anche data la sua
mole — del genere attualmente corrente in
Italia : vi sono infatti alcune storie della teologia contemporanea, ma non antologie.
L’altra novità, a molti particolarmente gradita, è il Commentario alla Genesi di F. Michaeli, docente di Antico Testamento alla
Facoltà teologica protestante di Parigi. Esso
raccoglie, in versione italiana, i due volumi
apparsi in francese nella collana « La Bihle
ouverte » edita da Delachaux et Niestlé. Fondato solidamente sui dati aggiornati della scienza biblica, il commento si presenta però libero dal peso di riferimenti bibliografici e di
note erudite : esso è stato pensato e pubblicato soprattutto per i “laici” ebe vogliono meglio conoscere la Bibbia, per quelli impegnati
nel ministero catechetico, che non sempre hanno tempo e modo di consultare opere più specializzate e tecniche. L’opera è ricca di spunti
omiletici e si presta ottimamente alla riflessione personale e di gruppo sulla Bibbia.
COLLANA «RICERCA»
1. Franz Joseph Leenhardt, Questo è il mio
corpo. La presenza eucaristica. Trad. di E.
Paschetto. Pag. 148, L. 800.
2. Alan Richard.son, La Bibbia nell’età della
scienza. Trad. di E. Paschetto. Pag. 220,
L. 950.
3. John Bowden e James Richmond, Letture
di teologia contemporanea. Trad. di E. Paschetto. Pag. VI-246, L. 1.200.
4. Frank Michaeli, Commentario alla Genesi. Trad. di P. Collini, pag. 320, L. 1.500.
In preparazione:
Wolfhart Pannenberg, Ghe cosa è l’uomo?
Capire il Nuova Testamento: lo priioa raccolta
di insegnaoieoti di Gesù
La Claudiana pubblica
un’opera di Richard Shaull
Oltre le resele
del gioco
Trasformazione sociale
e liberazione umana
Richard Shaull, Oltre le regole del gioco.
Trasformazione sociale e liberazione umana
- Piccola Collana Moderna 22, Claudiana,
Torino 1972, 16“, pp. 160, L. 1.500.
L’argomento
11 radicale cambiamento sociale di cui gli
Stati Uniti — come ogni Paese occidentale ■—
hanno bisogno può essere operato mediante
una evoluzione interna al sistema democratico occidentale (come sostengono i progressisti americani), oppure deve essere ricercato
attraverso una rottura nei confronti del sistema, un andar oltre le regole del gioco liberal-progressista (come sostiene la Nuova Sinistra americana)?
Richard Shaull — professore di Ecumenismo alla Università di Princeton — non ha
dubbi nel rispondere a questa alternativa :
per luì la prima non è una possibilità ma una
illusione e la seconda è Tunica via aperta
verso il futuro. Ma la sua non è solo una scelta politica : in una società in cui non solo il
sistema socio-politico, ma anche ogni sistema
culturale, filosofico, teologico è ormai crollato, la necessità di un saluto qualitativo, nel
morire a ciò che è vecchio per risorgere a
ciò che è nuovo, acquista una dimensione ben
più vasta, coinvolgendo la vita del singolo e
delle comunità e dei gruppi disposti a questa
scelta.
In questa situazione una nuova comunità
cristiana profetica « potrebbe identificarsi con
i nuovi rivoluzionari sostenendoli e impegnandosi con essi in una seria riflessione sui problemi che ad essi si pongono e indicando segni di speranza che non sono certo facili da
discernere in questo tempo. E una tale comunità, a partire da una posizione che si identifica con la lotta rivoluzionaria, potrebbe anche impegnarsi nel compito difficile ma essenziale che consiste nelVinterpretare per segmenti della classe media il significato di questi eventi e la natura della loro responsabilità.
Ma questo non può avvenire finché non si sia
verificata un’inversione di tendenza che consenta ai cristiani che si preoccupano della
sfera sociale di porsi al posto giusto ».
L’autore
Da vari anni docente di ecumenismo alTUniversità americana di Princeton, ha compiuto viaggi di studio in Brasile e in altri
paesi dell’America Latina che hanno profondamente influito sugli sviluppi del suo
pensiero teologico e politico. Attualmente è
personalmente impegnato in comunità di ricerca in campo teologico e sociologico. In
America è considerato una delle voci più originali e più vive nelTattuale dibattito sulla
« teologia politica ». In Europa è noto soprattutto dalTepoca della sua partecipazione alla
conferenza « Chiesa e Società » (Ginevra
1966). Alcuni suoi saggi sono già apparsi in
italiano. Claudiana/inf.
Jacques Blocheh. La Chiesa romana allo
specchio. Ediz. Centro Biblico, Napoli 1971.
pag. 301, L. 1.200.
L’autore, un pastore battista francese, ha
vissuto, durante Tultimo conflitto, in campo
di concentrainento fra Taltro con sacerdoti cattolici: la sua opera polemica, che si affianca a
Ma il Vangelo non dice così senza oscurarlo,
è nata da questa esperienza di comunione e dì
divisione al tempo stesso. A chi ritenesse che
opere come questa e quella del Nisbet appaiono oggi anacronistiche, è facile rispondere che
una parte sostanziale della vita cattolica in
molle nazioni ha, allora, lo stesso carattere
anacronistico: per non parlare dei molti dogmi
sostanzialmente immutati.
3
28 luglio 1972 — N. 29-30
pag. 3
CAMPI ESTIVI AD AGAPE
DODICESIMO CAMPO EUROPA-AFRICA
.31 luglio ■ 11 agosto
L’internazionalismo
proletario
Diretto da una équipe di Africani ed Europei. Quota: lire 19.800, più 1.600 lire di
iscrizione. Lingue: italiano, francese, inglese, tedesco. Età minima : 17 anni.
La necessità di riflettere su di un argomento che presenti un interesse comune sia per
gli europei (ed anche per compagni provenienti da altri paesi), la necessità di scambiare esperienze su di un argomento relativo
alle preoccupazioni quotidiane dei militanti
che parteciperanno al campo, hanno indotto
la staff internazionale che era stata scelta per
organizzare il campo a cambiare il tema che
era stato deciso nell’assemblea conclusiva il
campo dell’anno scorso e che era stato pubblicato sul programma generale di Agape.
Oggi, noi assistiamo ad una relativa vivacità nelle iniziative internazionaliste del movimento operaio verso certi specifici settori di
lotta (ad es. tutti sostengono la lotta delle
popolazioni vietnamite contro l’aggressione
degli USA) e nello stesso tempo constatiamo
la passività del movimento operaio organizza-^ ,
to verso altri settori di lotta (ad es. sulla questione del CIAD). Esistono inoltre stretti rapporti dialettici tra le lotte a livell-o nazionale
e quelle a livello internazionale.
D’altra parte ci sembra che rinternazionalismo proletario manchi di organizzazione.
Dopo la fine del Kommintern dobbiamo constatare che né le internazionali operaie né le
internazionali sindacali hanno avuto una funzione di coordinamento delle lotte. Questa
mancanza di organizzazione viene pagata duramente dal movimento operaio ed in tutto i
casi è necessario che i militanti facciano una
profonda riflessione sulle sue cause e sulle
implicazioni per la lotta di classe.
Lo studio che faremo dovrà rispondere ad
interrogativi di natura teorica (la teoria marxista dell’internazionalismo) e pratica : in questa fase quale deve essere in concreto la solidarietà dei paesi socialisti verso le lotte per
il socialismo che si combattono nei paesi capitalistici e nei paesi del terzo mondo?
Dovremo lare inoltre una seria analisi di
alcune lotte che ricevono o non ricevono un
sostegno internazionalista, vedere quali sono
le componenti, quali sono le classi rappresentate, le cause e le implicazioni del sostegno (o del mancato sostegno) internazionale, ecc.
Tutti questi aspetti del problema sono strettamente legati tra di loro e non dovrebbero
essere studiati separatamente. Tuttavia non è
possibile in soli 10 giorni approfondire l’intera questione. Per cercare di superare questa contraddizione la staff propone di dividere
il campo in quattro seminari che cominceranno lo studio del campo da quattro angolature diverse, ma che in seguito — se possibile — cercheranno di affrontare Tinsieme
dei problemi.
I quattro seminari proposti sono :
— Tinternazionalismo proletario nei rapporti di forza internazionali (crisi dell’internazionalismo) : la teoria dell’anello forte e
dell’anello debole dell’imperialismo.
— le lotte nelle metropoli e nella periferia : come le lotte nelle metropoli imperialiste si ripercuotono sulla periferia e come le
lotte di liberazione hanno delle conseguenze
sulle contraddizioni delle metropoli.
— il senso della solidarietà del campo socialista : i paesi socialisti sostengono certe lott-e (ad es. il Vietnam) e non ne sostengono altre (ad es. la Polonia ha fornito carbone alla
Spagna durante uno sciopero di minatori che
stava per paralizzare il paese per mancanza
di carbone), oppure ne sostengono delle altre
in maniera contraddittoria (ad es. il caso della guerra Indo-Pachistana) o ambigua (ad es.
il sostegno a certi movimenti di liberazione in
.àfrica).
— l’analisi di classe dei movimenti rivoluzionari nei paesi capitalisti e nei paesi del
terzo mondo.
Per permettere ai seminari ed ai gruppi di
cominciare subito il loro lavoro, alcuni documenti saranno distribuiti ai partecipanti all’inizio del campo e circoleranno tra i gruppi. Per una buona riuscita del campo però
sarà necessario il contributo personale di
esperienza e conoscenza di ciascun militante.
Una bibliografia sarà inviata ai partecipanti al momento della iscrizione.
PROGRAMMA
— 31 luglio: arrivo per cena;
___ 1 agosto: introduzione al campo e riunione organizzativa dei seminari;
___3-4-5 agosto lavoro nei seminari eon riunione plenaria il 5 sera;
— 6 agosto: giornata libera per gita o altro;
____ 7 agosto: continuazione del lavoro in seminari;
— 9-10 agosto: rapporti dei seminari, sintesi del campo, conclusioni;
___ 11 agosto: partenza la mattina dopo colazione.
PARTECIPAZIONE
Pur situando la propria prospettiva politica in una linea marxista. Agape non aderisce
ad alcun partito o gruppo politico ed accetta
quindi i partecipanti al campo senza distinzioni. Tuttavia al fine di permettere una certa continuità nel lavoro di ricerca dei campi Europa-Africa, il campo è aperto soprattutto ai militanti vale a dire a coloro che
con la loro prassi hanno dimostrato di avere
un concreto e politico interesse a dibattere
questo tipo di problemi.
Coloro che non hanno mai partecipato ad
un campo Europa-Africa sono quindi pregati
di prendere contatto con uno dei membri
della staff del campo. L’indirizzo del componente la staff più vicino al domicilio del
campiste gli sarà comunicato al momento
della sua domanda di iscrizione.
Il campo Europa-Africa fa parte dell’insieme delle attività di un centro giovanile evan
gelico che accetta e ricerca un confronto .;on
il significato attuale del messaggio biblico e
che si pone il problema di una testimonianza di fede al proletariato. Agape è una organizzazione autonoma dal punto di vista finanziario poiché nessuna organizzazione di stato,
privata o religiosa la finanzia; Agape vive
delle proprie attività il cui reddito costituisce più dei tre quarti delle sue risorse finanziarie, mentre il resto è costituito da doni
provenienti da amici, gruppi o anche chiese.
PER ISCRIVERSI
— compilare la scheda di iscrizione ed inviarla a :
Segreteria Campo Europa-Africa - Agape
10060 Frali (Torino) - tei. 0121.8514
— versare sul c.c.p. n. 2/20554 oppure sul
conto corrente bancario n. Ili del Banco
di Roma, Filiale di Pinerolo, ambedue intestati ad Agape - Centro Ecumenico, la
quota di iscrizione di lire 1.600.
CAMPO BIBLICO
PER EVANGELICI ITALIANI
11-20 agosto 1972
La testimonianza
evangelica nella
società moderna
Campo biblico per evangelici italiani 11-20
agosto 1972. Quota individuale: L. 15.500
più L. 1.600 di iscrizione. Direzione: Gustavo Bouchard, Paolo Balagna, Francesco Casanova, Bruno Rostagno, Renzo Turinetto.
Il « campo famiglie », come ormai si è abituati a chiamarlo, ha ottenuto negli scorsi
anni un interesse crescente; non soltanto per
il periodo favorevole, in cui moltissimi hanno
le loro ferie, ma per il clima fraterno che si
é realizzato, per la gioia di riscoprire insieme,
credenti di diverse denominazioni, la potenza e la bellezza dell’Evangelo.
Agape si è rivelata in grado — con qualche adattamento — di fornire un soggiorno
gradevole alle famiglie, anche con bambini
piccoli. Tuttavia è sempre anche stata rilevante la partecipazione di singoli cosicché il
nome di « campo biblico per evangelici italiani » corrisponde meglio alla realtà deU
campo. Si tratta infatti di un campo di argomento biblico che si rivolge in primo luogo
ai membri delle comunità evangeliche italiane.
IL TEMA
Nelle giornate conclusive del campo 1971,
discutendo della comunità evangelica e dei
suoi rapporti con il mondo, si era giunti ad
esprimere la necessità di conoscere alcune situazioni precise in cui si trovano a testimoniare dei credenti; carattere del luogo in cui
lavSrano, edùdizioni di lavoro, rapporti tra
le diverse categorie, ecc. E ciò non al fine di
trasformare il campo in un dibattito politico,
ma perché le condizioni in cui una comunità testimonia possono far scegliere certi
metodi di testimonianza piuttosto che altri,
ed è sempre interessante confrontare diversi
tipi di testimonianza. Saranno dunque presentate tre situazioni caratteristiche, due in
grandi città del nord, una nel sud agricolo;
nella discussione ognuno potrà portare la sua
esperienza.
Gli studi biblici dovranno però illuminare
queste esperienze e farci capire che cosa sia
essenziale in una testimonianza evangelica
nella società moderna.
PROGRAMMA
venerdì 11 : arrivo per cena, culto di apertura, assemblea;
sabato 12 : Bruno Colombu: La testimonianza
nel contesto della crisi economica del sud;
domenica 13 : culto con la comunità di Frali;
pomeriggio : Studio biblico su I Pietro
5: 8-9, introdotto da Franco GiampiccoU.
lunedi 14 ; Tati Bouchard: Il gruppo comunitario di Cinisello Balsamo;
martedì 15 ; giornata libera;
mereoledì 16: Vittorio P erres (probabile):
Esperienze di evangelizzazióne a Torino;
giovedì 17: Studio biblico: Matteo 5: 1-12
(B. Rostagno)',
venerdì 18: Studio biblico: Matteo 6: 19-33
(Gustavo Bouchard);
sabato 19: Studio biblico: I Cor. 15: 32 (R.
Turinetto); conclusioni del campo;
domenica 20 : partenza dopo la colazione.
FACILITAZIONI
Per le famiglie (genitori e figli): quota
per due adulti L. 25.000; figli sotto i 3 anni:
gratis; 3-7 anni L. 6.500; dagli 8 ai 13 anni:
iscrizione al campo pre-cadetti, quota lire
9.000. Famiglie una sola quota di iscrizione.
Per Comunità: almeno 5 persone provenienti
dalla stessa comunità: sconto del 10% sulla
quota del campo.
Inviare le iscrizioni a : Segreteria di Agape,
10060 Frali (Torino), c/c postale n. 2/20554,
conto bancario n. Ili Banco di Roma 10064
Pinerolo, intestati ad Agape, Centro Ecumenico (con indicazione del campo).
CAMPO PRE-CADETTI
11-20 agosto 1972
Conosciamo un paese
delle Valli Valdesi
Campo pre-cadetti: 11-20 agosto 1972.
Età: 8-13 anni. Direttori: Ermanno Genre,
Riccardo Bensì e un’équipe di collaboratori.
Quota: L. 9.000 più L. 1.000 di assicurazione.
La zona di Frali offre la possibilità di magnifiche gite e passeggiate, attraverso boschi,
piccoli villaggi, prati ricchissimi di fiori o
zone rocciose. Una passeggiata è in genere
un’occasione di svago: si cammina, si chiacchiera e si gioca. Noi vorremmo, durante que
sto campo, fare molte passeggiate, ma con
uno scopo : giungere, alla fine del campo, a
conoscere un po' meglio questo paese, il suo
passato, la vita dei suoi abitanti, quali fiori,
piante o alberi vi crescono, quali animali vi
si trovano.
Se il campo sarà numeroso, potremo dividerci in gruppi : a qualcuno piacerà fare
una raccolta dei vari tipi di fiorì, altri preferiranno studiare i minerali (il più diffuso in
questa zona è il talco, ma ve ne sono molti
altri che è interessante conoscere). Si potrà anche osservare come sono costruite le
case, e fare un confronto tra le case vecchie
e le case costruite in questi anni; qualche
gruppo potrà andare a interrogare gli abitanti, tarsi raccontare dai vecchi come si viveva
una volta o farsi raccontare da qualche operaio come si lavorava in miniera (forse sarà
anche possibile visitare una vecchia miniera).
Negli ultimi giorni, se quello che avremo
visto sarà stato interessante, potremo fare un
giornale, raccontando quello che abbiamo visto e illustrandolo con qualche disegno,
PARTECIPAZIONE
Il campo è aperto a tutti i ragazzi dagli 8
ai 13 anni. Data la coincidenza con il campo
bìblico, il numero dei posti sarà limitato .a 30,
compresi i figli dei partecipanti a quel campo.
ARRIVO
Gli iscritti dovranno prendere il pullman
di linea in partenza da Torino (Piazza Carlo
Felice) alle ore 16,45 dell’ll agosto. Con
questo mezzo raggiungeranno Porosa Argentina dove un mezzo di Agape provvederà a
trasportarli sino qui. Quanti non intendessero usufruire di questo trasporto, ma intendessero arrivare con i loro mezzi, sono pregati dì comunicarlo alla Segreteria di Agape
entro il 7 agosto.
ISCRIZIONI E INFORMAZIONI
vanno indirizzate a: Segreteria di Agape 10060 Frali.
Agape, 21-27 agosto 1972
Capitale e classe
operaia di fronte alla
scadenza contrattuale dell’autunno
Agape 21-27 agosto 1972. Direzione: gruppo residente di Agape. Quota: L. 12.000 più
1.000 di iscrizione. Età minima: 17 anni.
Entro la fine del 1972 circa 60 contratti di
lavoro nazionali scadranno, ed al loro rinnovo sono interessati quasi cinque milioni di lavoratori.
Il numero dei contratti che scadono e
l’entità dei lavoratori coinvolti hanno una
dimensione tale da fai* diventare il prossimo
autunno una scadenza importantissima per il
movimento operaio italiano nel suo insieme.
Il rinnovo dei contratti di lavoro si svolge
scere le scelte economiche della borghesia:
per questo abbiamo pensato di cominciare il
campo con un seminario economico.
Inoltre riteniamo che sia indispensabile
analizzare i problemi di fondo che gli operai
sollevano attraverso i sindaeati nelle lotte per
i rinnovi contrattuali. Vorremmo esaminare
in concreto il grado di convergenza e di coerenza tra le scelte rivendicative contrattuali
e le rivendicazioni che il movimento sindacale avanza a livello sociale sui problemi dell'occupazione, del caro-vita, delle riforme sociali, dello sviluppo del mezzogiorno.
Il terzo aspetto che riteniamo indispensabile analizzare nel nostro campo è il momento politico attuale. Si tratta di vedere in concreto la situazione politica italiana nei suoi
riflessi internazionali ed interni, nella consapevolezza che il giudizio che le varie componenti del movimento operaio danno su di
essa differiscono anche notevolmente tra di
loro ma che su questa problematica è necessaria una ricerca unitaria.
PROGRAMMA
21 agosto: arrivo per cena;
22-23 agosto : seminario economico sui seguenti testi: M. Salvati, L’origine della
crisi in corso - quaderni piacentini n. 46;
F. Silva e F. Targetti, Politica economica
e sviluppo economico in Italia: 1945-1971
in Monthly review n. 1-2-3-4-5 del 1972;
Conflndustria - Documento di lavoro del
14 gennaio 1972; G. Carli, Relazione all’assemblea generale della banca d’Italia
del 31-5-72.
2 4 agosto : « La lotta contrattuale del prossimo autunno : piattaforme rivendicative e
loro rapporti con le rivendicazioni, sociali dei sindacati (occupazione, caro-vita,
mezzogiorno, riforme sociali, ecc.) » a cura della segreteria confederale della camera del lavoro di Torino.
25 agosto : « La situazione politica attuale » a
cura di Vittorio Rieser.
26 agosto: conclusioni.
27 agosto: partenza.
MATERIALE PER IL CAMPO
A tutti i partecipanti sarà distribuito al
l’inizio del campo un fascicolo ciclostilato con
tenente il materiale per il seminario economi
co, il « documento di Tarquinia » dei .sinda
eati, le piattaforme rivendìcative sindacali
per il rinnovo dei contratti dei lavoratori chimici, metallurgici ed edili.
PARTECIPAZIONE
Il campo fa parte deH’insieme delle attività
di un centro giovanile evangelico che accetta
e ricerca un confronto con il significato attuale del messaggio biblico e che si pone il
problema della testimonianza di fede al proletariato. Per questo anche durante questo
campo avremo momenti di riflessione biblica
e di predicazione evangelica a cui tutti i campisti sono invitati.
Agape, pur situando la propria prospettiva
politica in una linea marxista, non aderisce
a nessun partito polìtico o gruppo organizzato ed accetta quindi i partecipanti al campo
senza distinzioni. Tuttavia per il tema specifico di questo campo raccomandiamo la partecipazione agli operai, agli studenti, agli operatori sociali ed in particolare a quelli resi
denti nel Pinerolese, che hanno un concreto
e politico interesse a dibattere i problemi delle lotte operaie del prossimo autunno.
Inf j Agape
A
ECUMENE
^ (( Divisioni politiche e comunione fra
terna » è il tema del II campo EGEI, che si
terrà dalla sera del 28 luglio alla mattina dell’8 agosto ad Ecumene di Velletri (Roma). Le
iscrizioni vanno indirizzate a Mary Granatelli,
via Calabria 2/D, 20075 Lodi. La quota è di
L. 15.000 + 2.000 di iscrizione. Il campo,
oltre che sul materiale fornito dai relatori
(Sergio Ribet, Giampaolo Ricco, Paolo Pioppi,
E. Paschetto, G. Sciclone, G. Mottura, Valdo
Corai) lavorerà su alcuni testi essenziali :
« Appello alla libertà » di E. Kàsemann, ed.
Claudiana; «Chiesa e tabù politico» di F.
Giampiccoli, ed. Claudiana e un dossier sul
dibattito al II Congresso FGEI in preparazione al centro dì Agape.
A SANTA
SEVERA
^ Al Villaggio della gioventù di Santa Severa dal 19 al 29 luglio si è svolto il campo
giovani. Tema : « Chiesa unita - chiesa aperta », la testimonianza cristiana della comunità in un mondo politicamente e socialmente
diviso. Relatori: Paolo Spanu, Pino Mollica,
Doriana Giudici, Maurizio Girolami.
A ADELFIA
H Con il tema cc La sfida del cattolicesimo
del dissenso », si è svolto ad Adelfia dal 18 al
21 luglio il campo studi della FGEI. Relatori saranno Jean-Jacques Peyronel, padre Alfonso Di Giovanna, don Giuseppe Malandrinoe il pastore Salvatore Rapisarda, che han
parlato rispettivamente su : Come, quando,
perché è nato il dissenso; temi di fondo del
cattolicesimo del dissenso; fedeltà all’cvangelo in un mondo diviso; la riforma e il cattolicesimo del dissenso.
H[ L’associazione per lo sviluppo delle
scienze religiose in Italia, bandisce un concorso a borse di studio per l’addestramento
alla ricerca scientifica nelle discipline storicoreligiose presso l’Istituto per le scienze religiose. Le borse, che ammontano a L. 1.500.000
annue, sono quadriennali : vi possono concorrere tutti i giovani laureati, italiani o stranieri, i quali non abbiano superato il 25°
anno di età. Le domande, in carta semplice,
indirizzate alla Segreteria dell’Istituto (via S.
Vitale 114, Bologna), devono pervenire entro
il 15 agosto 1972.
quest anno in un
clima assai diverso dal pe
riodo nel quale essi furono stipulati tre anni
fa. A livello dell’economia nel ’69 si parlava
di sviluppo e di integrazione europea, oggi
si parla di crisi; a livello politico il governo
allora era di centro sinistra e si dichiarava
disponibile per un progetto riformista nel
paese, oggi è di centro destra ed è caratterizzato dalla volontà di infliggere al movimento
operaio una sconfìtta politica.
Il movimento operaio ha oggi la necessità
di reagire a questo disegno padronale e di
farlo fallire e di porre le basi per una nuova avanzata della classe operaia verso il potere socialista. Nella storia del capitalismo
italiano le crisi economiche e politiche sono
sempre state ricomposte a favore della borghesia: la crisi politica del 1898 sfociò nel giolittismo, quella ancor più grave del ’19-’20
fu risolta nel fascismo, le grandi lotte politi^sociali del ’43-’48 portarono al governo De
Gasperi ed al neo-capitalismo. Nella stona
italiana il capitalismo è sempre riuscito a
riformare su nuove basì il proprio equilibrio
interno; ha mutato le sue caratteristiche politico-ideologiche ma ha mantenuto la sua essenza di sempre cioè il dominio capitalistico
sulla classe operaia
Notiziario Evangelico Italiano
L’Istituto Biblico Evangelico divide
la sua estate tra impegni di predicazione e di insegnamento. Parecchi giovani stanno lavorando con le diverse
tende di evangelizzazione, nella penisola e nelle isole italiane, anche in
collaborazione con le chiese locali.
Funziona inoltre la « Scuola estiva
1972 » con i seguenti argomenti: epistola agli Ebrei, Apocalisse, Libri storici dell’Antico Testamento, evangelizzazione personale.
Ricordiamo che TI.B.E. apre ogni
anno un corso di studi sulla Bibbia e
sull’evangelizzazione, che dura tre anni, ed è collegato ad altri istituti biblici in Europa. Il direttore generale
è il Dr. Royal Peck, il preside il Dr.
B, Oxenham. La sede è a Roma, V. Cimone 100.
* * *
L’Editrice Lanterna (Chiesa di Cristo) ha pubblicato un libro sui Mormoni, la cui chiesa, che si denomina
« di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi
Ora, le lotte, della primavera-autunno ’69 e giorni » conta Oggi in Europa circa 100
del ’70 (ed in minor misura quelle per gli mila membri.
aecordi aziendali del ’71) hanno visto un progresso della classe operaia, non tanto per quello che riguarda gli aumenti salariali che sono
stati rimangiati dall’aumento dei prezzi, quanto piuttosto per il fatto che forse per la prima
volta gli operai hanno cominciato a contare
qualcosa nella fabbrica.
Concretamente gli operai si sono conquistati il diritto di parola, sono riusciti ad opporsi all’aumento dei ritmi di lavorazione,
hanno imparato a difendersi meglio contro
gli attacchi del padrone, si sono dati migliori
forme di organizzazione quali i delegati, i
consigli, i comitati di base, ecc .
Fuori della fabbrica i passi in avanti della
classe operaia sono stati molto meno importanti: le riforme non sono state fatte o sono
state fatte in maniera molto diversa dalle richieste degli operai; il diritto dì parola conquistato in fabbrica viene negato fuori dal
governo e dalla magistratura che sono impegnati in una vasta opera di repressione verso
le classi subalterne; i padroni attaccano le
classe operaia anche a livello economico con
la ristrutturazione delle aziende ed aumentando la disoccupazione e la sottoccupazione.
Da quanto detto emerge l’importanza politica della lotta per il rinnovamento dei contratti nazionali di lavoro.
Questo campo cui sono invitati soprattutto
gli operai, gli studenti, e gli operatori sociali,
vuole essere un momento di riflessione sui
temi fondamentali delle lotte del prossimo
autunno.
Innanzitutto pensiamo che al fine di permettere una discussione sensata sulle varie
proposte politiche delle differenti componenti del movimento operaio sìa prioritario cono
II libro è di Truman Scott e si intitola Il Mormonismo ed il Vangelo (lire 800).
Editrice Lanterna, V. Alimonda 3,
Gnova, c.c.p. 4/1015.
* * *
La « Voce del Vangelo » annuncia un
libro uscito per le edizioni Voce della
Bibbia, Modena: La Parola del Signore, 2» di E. Harrison (L. 5.000). Si tratta di una introduzione al Nuovo Testamento, cioè di un esame di problemi che riguardano la formazione dei
testi del N. T., i tempi in cui furono
scritti, le influenze subite, gli autori,
le date, lo scopo, i problemi testuali.
Voce della Bibbia, Modena, c.c.p.
1/11740.
* * *
Assemblee di Dio. Un nuovo locale
di culto è stato aperto dai Pentecostali a Rimini. Si trova in Via Calatafimi
21. Nuovo locale di culto anche a Ribera (Agrigento).
Inda Ade
niella Federazione
apulo-lucana
Ecco alcune notizie sulla riunione del Consiglio della Federazione delle Chiese apulo-lucane che si è svolta il 29 u. s. a Bari.
1) Preso atto della discreta riuscita del
convegno di Barletta, avente per oggetto il
problema delle responsabilità delle chiese nei
confronti delle nazioni economicamente e politicamente assoggettate del Terzo Mondo, si è
dato seguito ad una raccomandazione di quella assemblea mirante a tradurre in termini
concreti la nostra solidarietà, proponendo alle
chiese di effettuare una volta all’anno una
oolletta-sottoscrizione, il cui ricavato verrà inviato al CEC; ciò perché si condivide pienamente l’atteggiamento più realistico che il
Consiglio Ecumenico ha assunto di recente
con l’appoggio ai movimenti di liberazione
dell’Africa australe,
2) Si prevedono per i prossimi mesi i seguenti incontri : l’assemblea generale ordinaria per la verifica del lavoro svolto dalla Federazione nel primo biennio di vita, fissata per
l’8 dicembre p. v. a Bari; un convegno di
chiese all’inizio dellap rima vera che affronti
le questioni attinenti al divorzio nel quadro
più generale del Concordato e delle manovre
clerico-fasciste sfociate nella richiesta di un
referendum abrogativo della legge BasliniFortuna; vari incontri di chiese vicinioni in
preparazione all’assemblea primaverile; un raduno comunitario in giorno di Ascensione.
3) Risultati soddisfacenti ha ottenuto il
giro di vìsite, in via di completamento, delle
chiese federate in vista di un loro maggiore
impegno per la diffusione dell’Evangelo; alcune comunità hanno già iniziato o hanno programmato delle attività evangelizzatrici imperniate essenzialmente sulla predicazione
pubblica e su un capillare colportaggio.
4) Il gruppo di lavoro che si occupa dei
cadetti e dei monitori ha già realizzato una
settimana di vita comunitaria a Mottola cui
prenderanno parte 28 ragazzi deUe due regioni, che saranno impegnati in una ricerca
didattica attiva sull’attualizzazione del messaggio di Cristo. Per l’autunno è previsto un
analogo incontro di monitori delle scuole domenicali.
5) Per quanto riguarda le attività sociali, tenuto conto delle luci e delle ombre del
convegno di Villa S. Sebastiano promosso dal
Federazione nazionale si è dato mandalo
al responsabile del gruppo di lavoro di fare
i passi necessari per costituire un centro di
assistenza agli emigrati, sulla falsariga di
quello operante a Palermo; inoltre entrerà
presto in funzione il centro di consulenza sulle attività sociali delle chiese, istituito ad
Altamura.
6) Si è poi deliberato di collaborare strettamente con la Federazione giovanile regionale e si è preso atto con soddisfazione del
lavoro notevole che essa svolge.
7) Sono stati espressi vivo compiacimento e solidarietà per le recenti prese di posizione della Federazione nazionale, in particolare sulla guerra di sterminio nel Vietnam.
Nicola Pantaleo
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N. 29-30 — 28 luglio 1972
Conobbi André Philip ad una riunione del Movimento Internazionale per
la Riconciliazione, nella Casa di Versailles diretta a quel tempo dal Pastore André Trocmé. Erano anni difficili
e incerti per la Francia, lacerata dal
problema algerino che divideva gli aninii e metteva in crisi tutte le istituzioni, pubbliche e private. A. Philip, che
su ogni problema di rilievo aveva sempre espresso la propria opinione e aveva preso la propria posizione, decisa
e responsabile, non poteva rimanere
indifferente e presentava all’Assemblea
Nazionale per la Pace in Algeria un
. rapporto nel quale proponeva il riconoscimento del diritto aH’indipendenza, « perché ogni popolo, allorché esiste, ogni nazione, quando prende coscienza di se stessa, ha diritto alla sua
indipendenza »; conclusione che non
poteva piacere a molti francesi e che
10 poneva sulla barricata. Ma chi conosceva A. Philip capiva che non
avrebbe potuto prendere un atteggiamento diverso.
Gli avvenimenti, precipitando, portovano al potere De Gaulle, che salvò,
ir quel momento, la Francia dalla
guerra civile. L’antico amico di De
Gaulle, colui che era andato negli Stati Uniti a perorare la spa causa, rimaneva adesso in disparte. La Costituzione della V Repubblica, « fatta a misura di un uomo », come A. Philip ebbe
ad esprimersi in una sua conferenza,
non piaceva al giurista. Anche se egli
prestava fiducia in quel momento a
De Gaulle, era pur tuttavia già preoccupato del « poi ».
Impegnato
e pur isolato
Aveva inizio forse in quel momento
l’isolamento in cui A. Philip venne a
trovarsi. Ma è fatale, per un cristiano che voglia percorrere sino alle
estreme conseguenze le vie del cristianesimo, trovarsi a un certo punto solo. Anche il Past. Maurice Voge, uno
dei più attivi esponenti del Cristianesimo Sociale, finiva per essere praticamente estromesso dal Movimento.
Le opinioni contrarie e ancor più la
prudenza dei benpensanti non potevano conciliarsi con le posizioni nette
di uomini alieni dai compromessi.
La vita di A. Philip è una vita esemplare per la sua coerenza, per la fedeltà agli ideali da lui scelti, con una
straordinaria precoce maturità di pensiero, sin dalla giovinezza. In lui si
identificano lo studioso e l’uomo d’azione, in lui il socialismo si armonizza con il cristianesimo che rimaneva
alla base di tutto il suo sentire ed
esprimersi.
Di una attività prodigiosa, di una
straordinaria capacità di concentrazione, di ima non comune chiarezza di
pensiero, egli lascia una ventina di
volumi e centinaia di articoli sparsi in
riviste e giornali. E se si esaminano
gli scritti giovanili con quelli della
maturità o della più tarda età, non si
può non rimanere sorpresi dalla linearità del suo pensiero. Migliaia furono
inoltre le conferenze e i discorsi da
lui pronunciati. A. Philip era considerato uno dei migliori, più chiari e penetranti oratori di Francia.
Un socialismo
d’ispirazione cristiana
Giovane professore universitario di
economia politica, aderisce alla SFIO,
11 partito socialista francese, apportandovi, oltre alla sua non comune
competenza di economista, anchè il
suo spirito profóndamente cristiano.
Il suo socialismo ben può dirsi di
ispirazione religiosa.
La sua scelta politica era stata forse determinata sin dall’infanzia da
uno di quegli episodi che colpiscono
l’immaginazione infantile già predisposta in tal senso. Racconta infatti
egli stesso che ritornando un giorno,
all’età di dieci anni, con la mamma da
un viaggio, e non essendovi a quel
tempo alla stazione ferroviaria portabagagli, due uomini si precipitarono
per prendere le loro valigie e uno dei
due mandò l’altro a terra a colpi di.
pugni. Questo avvenimento fu determinante per tutta la sua vita: agire
affinché un uomo non sia costretto a
battersi per guadagnarsi da vivere.
Eletto deputato del Rodano al tempo del Fronte Popolare, inizia una importante carriera politica, senza tuttavia mai andare alla ricerca di onori.
Egli stesso dirà: « Non ho avuto mai
ambizioni, e neppure fini precisi sul
piano politico. Ho l’impressione di
aver sempre, durante tutta la mia vita, risposto ad appelli e impulsi. In un
certo senso, ciò che è stato non è mai
dipeso da me ». Non è forse questo il
concetto calvinista della vocazione?
Il fascismo e il nazismo non lo illusero, né prestò fede ai patti di Monaco. Quando Pétain assume il governo
della Francia invasa, entra nella Resistenza ed è accanto a De Gaulle a
Londra. Fu quindi Ministro dell’Economia Nazionale sotto il primo Governo
della IV Repubblica.
L’economista
e il cristiano
davanti al Terzo Mondo
Come uomo politico, A. Philip ha
svolto anche importanti incarichi internazionali e fu un convinto e attivo
europeista. Ma il problema internazionale che più lo interessava era senza dubbio quello concernente il Terzo
Mondo, problema che vedeva con il
realismo dell’economista e sentiva con
l’animo del cristiano.
In disaccordo con Guy Mollet, leader del partito, ch’egli accusava di me
Ricordo di Jin[dr.é Philip
« Il-cristianesimo è un appello alla vocazione di ogni individuo e alla sua responsabilità personale. E uno sforzo per cui ognuno di noi prende coscienza di ciò che Dio domanda a lui, che non
è la stessa cosa di ciò che Egli domanda a un altro, che non è forse la stessa cosa che domanderà allo stesso uomo domani ». — « Lungi da un idealismo che sogna e da un realismo che si
adatta, il ruolo del cristiano è di testimoniare e d’incarnare nell’immediato presente una realtà
nuova ». — « Diffido molto delle visioni apocalittiche che pretendono svelare ciò che sarà domani e ad esse preferisco i messaggi profetici che ordinano ciò che deve essere fatto adesso » —
« Ho paura della nuova idolatria di certi cristiani d’avanguardia che ricorda una nuova macinatura del marxismo, cioè un’adattamento al reale, al corrente che passa. Io tento di non inchinarfrii dinanzi al costume, alla moda, alla realtà o al vento della storia. Nella misura in cui io
sono nel mondo, vi sono totalmente: accetto il mondo con gioia, tutto ciò che esso apporta, ma
senza essere mai di questo mondo. La distinzione è indispensabile, altrimenti la libertà dell’uomo si perde al vento della storia »
todi dittatoriali, A. Philip rompeva clamorosamente i rapporti con il Partito
Socialista, nel quale aveva militato
con tanta convinzione. Ma era pur
sempre per motivi di coerenza. Le ragioni della uscita dal partito sono
esposte nel suo libro: « Il socialismo
tiadito », il titolo che già da solo esprime un’accusa.
Ma, per A. Philip, non si può mai
parlare di un ritiro totale dalla vita.
Egli continua ad essere presente ovunque, avendo sempre qualcosa da dire
sui problemi più concreti di questo
mondo nel quale gli uomini, ed in particolare i cristiani, sono chiamati ad
operare. Sino a quel 5 luglio del 1970,
giorno in cui quest’uomo che sembrava fatto di roccia, vito da un male fisico inesorabile, terminava la sua vita
pi odigiosamente attiva sino alla fine.
Come ebbe a scrivere Pierre Alexandre su « Réforme », « egli è morto giovane a più di sessant’anni ».
Un’antologia
dei suoi scritti
A rinverdir la sua memoria, a poco
più di un anno dalla sua morte, a cura dei suoi familiari viene pubblicata
una raccolta, quasi una antologia di
suoi scritti, alcuni dei quali già probabilmente introvabili. Chiude la raccolta una intervista con suo genero,
registrata su nastro magnetico poche
settimane prima della morte, e che
<' Réforme » ha pubblicato in parte nel
numero del 3 luglio 1971.
Come scrive il cattolico Jean-Marie
Domenach, che ha recensito il volume
su « Le Monde » del 6 giugno c. a., « si
diffida spesso di questo genere di libri
composti dalla pietà dei familiari e degli amici, ma questo qui non ha nulla dell’omaggio postumo ».
André Philip par lui-même ou les
voies de la liberté suddivide e raggruppa intelligentemente i brani scelti in due parti; la prima che concerne
il pensiero (valori e convinzioni), la
seconda che concerne l’azione (impegni e libertà). Questa sistematica consente al lettore una chiara e rapida informazione sul pensiero religioso e politico di A. Philip.
I rapporti tra cristianesimo e società, tra cristianesimo e guerra, tra cristianesimo e problema sociale, tra cristianesimo e cultura, trovano in A. Philip una chiara soluzione.
Un cristianesimo
totale e personale
II cristianesimo, per A. Philip, è totale. Esso si rivolge a tutto Tessere, in
tutte le relazioni umane. Ciò non vuol
dire che il cristianesimo apporti una
dottrina sociale già fatta o un sistema
ecpnomico o un sistema politico. Non
vi possono essere partiti cristiani né
una dottrina sociale cristiana. « Il cristianesimo è essenzialmente un appel
lo alla vocazione di ogni individuo ed
alla sua responsabilità personale. E
uno sforzo per cui ognuno di noi prende coscienza di ciò che Dio domanda
a lui, che non è la stessa cosa di ciò
che Egli domanda a un altro, che nan
è forse la stessa cosa che domanderà
allo stesso uomo domani ». È il principio della responsabilità individuale,
personale, su cui A. Philip insisterà
tante volte.
Il sentimento religioso di A. Philip
non è dunque un sentimento astratto,
nebuloso, fuori del tempo. A. Philip
cristiano rimane un uomo concreto,
pratico potrebbe dirsi, che guarda al
tempo presente, al tempo in cui vive
e nel quale è chiamato ad operare.
'<■ In realtà, il cristiano non persegue
uno scopo, obbedisce a un valore; non
cerca di realizzare qualche cosa nell’avvenire, esprime una realtà spirituale. presente che lo spinge e lo ispira..
10 diffido molto delle visioni apocalittiche che pretendono svelare ciò che
sarà domani e ad esse preferisco i
messaggi profetici che ordinano ciò
che deve essere adesso. Allora, io sono cristiano, io sono ispirato da qualche cosa di vivente in me, che sul piano intellettuale traduco ed esprimo in
valore di civiltà. Questa costituisce un
linguaggio utile, una comune misura
delle differenti ispirazioni, delle vocazioni individuali dei cristiani; nel nome di questi valori, io mi metto dinanzi al mondo quale essó è; cerco di
conoscerlo e di guardarlo al fine di
trasformarlo. Due errori devono essere allontanati: l’idealismo che fabbrica dei sistemi e « non aggancia » con
11 mondo quale esso è, e il realismo
che guarda il mondo per adattarsi ad
esso e lo segue nei suoi meandri, allorché la realtà è una crema che, per
divenire valore, ha bisogno di essere
frullata. Lungi da un idealismo che sogna e da un realismo che si adatta, il
ruolo del cristiano è di testimoniare
e di incarnare nell’immediato presente una realtà nuova ».
Un senso profondo
della libertà
e della democrazia
In A. Philip era profondo il sentimento della libertà (e giustamente il
volume che raccoglie questi suoi scritti ha per sottotitolo: « Le vie della libertà »), elevato il concetto di democrazia. « La democrazia è innanzi tutto una filosofia della libertà e non una
filosofia della natura. È una filosofia
della libertà che afferma dogmaticamente il valore supremo dell’uomo...
La democrazia è dapprima un progetto di liberazione dell’uomo, affinché
ciascuno possa essere il suo proprio
creatore. La democrazia è in seguito
una filosofia razionale ed etica che si
indirizza a ciò che nel l’uomo è ragione e riflessione. Lo spirito democratico esige il riconoscimento della rela
Un’iniziativa interessante,
nel quadro
dell’Anno internazionale
del libro indetto dell’ UNESCO
Edizioiii multinazionalì
di libri per l’infanzia in Asia
La prima parola pronunciata da un
bambino è causa di meraviglia per i
suoi genitori, è il segno del passaggio
dalla dipendenza muta alla comunicazione mediante la parola. 11 primo libro sul quale, più tardi, il bambino
posa uno sguardo intelligente ha anch’esso qualcosa di magico: è una finestra che si apre sul mondo esterno.
11 primo libro! È possibile che segni anche l’inizio di un piacere che accompagnerà tutta l’esistenza, un primo
contatto con il mondo delle idee, delle scoperte e della conoscenza.
Eppure in molte regioni del mondo
i libri, e in particolare i libri per l’infanzia, sono rari; quando esistono, sono spesso spenti, poco adatti a stimolare Timmaginaziqne .dei, giovani e a
dar loro il gusto della lettura.
Come porvi rimedio? Come pubblicare libri di migliore qualità e renderli più accessibili a un maggior numero di lettori?
Otto paesi asiatici hanno dato risposta a questo domande, una risposta
semplicissima: hanno deciso di mettere in comune le loro opere migliori
per l’infànzia e di pubblicare questi li
bri di valore nelle varie lingue della
loro regione.
Suggerito per la prima volta nel
1966, in una riunione organizzata dal
Segretariato dei ministri delTistruzione del sud-est asiatico, il progetto è
stato adottato nel 1970 dal Centro di
Tokio per lo sviluppo del libro. Questo
organismo è stato creato dalla Commissione giapponese per l’UNESCO e
dall’Associazione degli editori nipponici, per stimolare l’editoria nei paesi
asiatici.
ILLUSTRAZIONI IN COMUNE
L’idea che sta alla base di questo
progetto è che la parte più costosa di
un libro per ragazzi al di sotto dei dodici anni, sono le illustrazioni. Se le
stesse illustrazioni potessero applicarsi a versioni in varie lingue, il prezzo
di costo di ciascuna delle edizioni nazionali sarebbe assai ridotto, e lo sarebbe ancor più se tutte queste edizioni fossero stampate nello stesso
centro.
Quale tipo di libro conveniva sce(continua a pag. 8)
tività di tutti gli atteggiamenti, la coscienza del danno di ogni ideologia, il
riconoscimento del fatto che vi è un
elemento di errore in ogni verità, un
elemento di verità in ogni errore e che
ciascuno deve sempre cercare di ricevere la critica degli altri al fine di
prendere meglio coscienza dei propri
limiti e di meglio chiarire la propria
posizione ».
Tolleranza, utilità del dialogo, senso della relatività, questi principi hanno sempre informato coerentemente il
pensiero e l’azione di A. Philip.
Al genero che gli chiedeva, nella intervista riportata nel volume citato:
« Tu sei cristiano e sei nel mondo. Come vedi il rapporto tra questi due fatti?». A. Philip rispondeva: « Io ho una
vita personale, un contatto con Dio
— che è una realtà, un dialogo, e di
dove io parto. Dialogo che conduce ad avere una relazione con gli altri
uomini, ma questa relazione è una
conseguenza della mia fede. Ed io ho
paura della nuova idolatria di certi
cristiani d’avanguardia che ricorda
una nuova macinatura del marxismo,
cioè un adattamento al reale, al corrente che passa. Io tento di non inchinarmi dinanzi al costume, dinanzi alla moda, alla realtà o al vento della
storia. Nella misura in cui io sono nel
mondo, io vi sono totalmente: accetto
il mondo con gioia, tutto ciò che esso
apporta, ma senza essere mai di questo mondo. La distinzione è indispensabile, poiché altrimenti la libertà dell’uomo si perde effettivamente al vento della storia ».
A. Philip soleva ripetere: « Ho avuto
sempre il sentimento di essere totalmente in questo mondo senza essere
di questo mondo ». E questo sentimento A. Philip lo ha sempre tradotto in
pratica, vivendo negli onori del monde senza gloriarsene, vivendo la vita
del mondo in un impegno cristiano
proteso verso il Regno di Dio, che non
ci è presentato da una filosofia o da
una dottrina politica e non è neppure,
per A. Philip, su urf fjiaho. escatologico, ma è, sopra tutto, ’una responsabilità presente, immediata di ogni cristiano.
Nel testo della fotografia pubblicata
nel volume di cui abbiamo parlato, è
riprodotta questa frase di Goethe:
« Agire è facile, pensare è difficile, ma
il più difficile è agire secondo il proprio pensiero ». Possiamo dire che A.
Philip abbia superato al njassimo questa difficoltà. I
P,aul Crespin ha scritto di lui: « In
André Philip, il convincimento fondava
l’azione. Partendo da una posizione
cristiana, egli cercava di costruire il
socialismo senza mai dimenticare la
posizione di partenza ».
Quasi un
testamento spirituale
A. Philip non è un idealista, visionario che sogna una società costruita secondo i propri desideri. In una lettera
del 16 giugno 1970 ad un suo nipotino,
riportata da « Réforme » e che può
considerarsi, per la sua data, quasi un
testamento spirituale, egli scrive: « Tu
hai l’aria di credere alla possibilità di
creare una nuova società, fabbricata
di sana pianta e che permetterebbe di
fare un mondo nuovo. Ogni tentativo
fatto in questo senso, nella storia, è
finito in uno scacco terribile e quell!
che hanno voluto creare, sulla terra,
il Regno di Dio, hanno finito col generalizzarvi l’inferno. Non si fabbrica artificialmente una società giusta: bisogna suscitare a un tempo uomini giusti e creare strutture costringenti che
facilitano la loro evoluzione ». Come
Mazzini, egli comprendeva che bisogna
agire sugli uomini, trasformare gli
uomini, se si vuole trasformare la società nella quale viviamo. Ed al nipotino lasciava questa norma di condotta: sempre esigere da te stesso molto
più di quanto tu non domandi agli
altri. Norma in cui è forse compendiata tutta l’etica di A. Philip.
In questo nostro mondo attuale di
smarrimento e di contraddizioni, di
sete di potere, onori e guadagno, in
questo mondo dominato dal fanatismo
c dalle ideologie che hanno tolto all’uomo la sua vera libertà, uomini come A. Philip ci confortano e sono motivo di speranza. Jean-Marie Domenach chiude la sua recensione su « Le
Monde » con queste parole: « Nel momento in cui il socialismo democratico cerca, in Francia, un nuovo destino,
potrebbe trovare migliore esempio e
più forte ispirazione? ». Ed io vorrei
allora terminare così queste mie note: Nel momento in cui il Protestantesimo, in Italia, sembra cercare altre
vie, potrebbe trovare in A. Philip un
motivo di riflessione? Eros Vicari
NOTE DI STORIOGRAFIA VALDESE - 5
La testimonianza di un francescano tedesco
(Seconda metà del sec. XIII)
Il brano sulle origini valdesi che leggiamo nel quarto capitoletto del
Trattato sull’inquisizione degli eretici
attribuito al francescano D. d’Augsburg ha dato parecchio filo da torcere ai critici. Esso proviene da un testo anonimo francese, intitolato « Donde ebbe origine Terrore dei Poveri di
Lione », che si trova in numerosi manoscritti francesi, italiani, irlandesi, tedeschi, cecoslovacchi, polacchi, austriaci e jugoslavi, e venne più volte edito
o come anonimo o sotto il nome di
Ivoneto o sotto quello del francescano
che oggi ci interessa in modo particolare. Del trattato che gli viene attribuito abbiamo due recensioni: una breve che inizia proprio col racconto delle origini del movimento valdese, ed è
forse opera di Davide d'Augsburg; l’altra lunga, in cui questo racconto for
ma il capitoletto IV, ed è probabilmente opera di un inquisitore tedesco del
secolo XIV.
Come si vedrà subito, questa narrazione — in cui il nome del fondatore
del valdesismo non è nemmeno menzionato — è interamente calcata sulla
falsariga di quel « canovaccio » da noesaminato nella nostra terza puntata
A leggerla, si prova la stessa impres
sione che si ha nel sentire una delle
tante variazioni musicali, famosa tra
le famose quella del Paganini sul noto
inno inglese God save thè King (o thè
Queen).
« Ecco come si dice — scrive il Nostro — abbia avuto origine la setta
chiamata dei Poveri di Lione, secondo
quanto io stesso udii da diverse persone e da taluni di essi ritornati alla
fede mentre assistevo ai loro interrogatorii: vi furono a Lione dei semplici laici che, infiammati di un certo
spirito e presumendo essere superiori
agli altri, si vantavano di vivere integralmente secondo la dottrina del
Vangelo e di osservarla perfettamente
alla lettera. Perciò chiesero al papa
Innocenzo di confermare con la sua
autorità, ad essi e ai loro seguaci, tale
forma di vita, riconoscendo fin qui che
presso di lui risiedeva il primato della
potestà apostolica. Poi, onde ostentare
più apertamente che si professavano
discepoli di Cristo e successori degli
apostoli, cominciarono ad arrogarsi
con iattanza anche l’ufficio della predicazione, dicendo che Cristo aveva ingiunto ai suoi discepoli di predicare il
Vangelo e, dato che presumevano d’interpretare a modo loro le parole sue,
non vedendo in alcun modo altre persone osservarlo strettamente alla let
tera, si proclamarono i soli veri imitatori di Cristo. Vedendo che essi usurpavano l’ufficio della predicazione —
un ufficio che non era stato loro affidato, essendo essi semplici e laici ■—,
la Chiesa glielo proibì com’era suo dovere ma, non avendo essi voluto ubbidire, li scomunicò. Si misero allora a
disprezzare le chiavi della Chiesa, dicendo che i preti agivano così per invìdia perché ■ vedevano che essi. Poveri di Lione, erano migliori di loro, sapevano insegnare meglio e perciò godevano maggior favore da parte del popolo: nessuno — dicevano — deve e
può essere scomunicato per un’opera
buona e perfetta quale l’insegnamento
della fede cattolica e della dottrina di
Cristo, mentre nessuno deve obbedire
a chiunque proibisca un’opera tanto
buona. Perciò consideravano quella
scomunica come una benedizione eterna, vantandosi di essere i successori
degli apostoli perché, come questi ultimi — essendo stati scacciati fuori della sinagoga per opera degli scribi e
farisei a causa della dottrina del Vangelo — avevano patito la loro maledizione e persecuzione, così a loro volta
essi soffrivano simili cose da parte dei
preti. Cosi questa presunzione orgogliosa, mascherata di santità e di singolarità, li spinse alla cecità dell’eretica pravità, mentre la perfezione evangelica insegna ad ubbidire umilmente
ai dottori e rettori della Chiesa piuttosto che a scindersi, per prurito di singolarità, dall’unità cattolica ».
Nella prossima puntata esamineremo un altro tipo di racconto, più sereno perché meno polemico, come quelli
datici da qualche cronista o narratore
occasionale.
Giovanni Gönnet
Rabat, 6 luglio 1972.
(segue: L’Anonimo di Laon, della
prima metà del secolo XIII).
Bollettino della Società
di Studi Valdesi
È uscito il n. 131 (giugno 1972) del « Bollettino della Società di Studi Valdesi». Esso
contiene la seconda parte di un saggio di
Romolo Cegna, Appunti su Valdismo e Ussittismo (La teologia sociale di Nicola della
Rosa Nera), la seconda parte di uno studio
di Mia van Oostveen sulla Correspondance
de Jean Léger e un articolo di Theo Kiefner
su Enrico Arnaud in Germania (1698-1721).
Seguono una rassegna bibliografica e notizie
sulla vita della Società.
5
28 luglio 1972 — N. 29-30
pâg. 5
LA^GHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
vN ¿i '
la Chiesa Metadista in Anstraiasia adensce
ai pragramma antirazzista dei CEC
Continua la nostra sottoscrizione allo stesso scopo
(soepi) - La Conferenza generale della Chiesa metodista in Australasia,
tenutasi a fine maggio, ha votato all’unanimità una sottoscrizione di mille
dollari australiani per il Fondo speciale di lotta al razzismo del Consiglio
ecumenico delle Chiese. Nello stesso
tempo, essa ha pure chiesto alle Conferenze annuali di organizzare un programma educativo sul razzismo e di
cercare un aiuto finanziario supplementare per questo fondo sotto forma
di contribuzioni volontarie.
La Conferenza della Chiesa metodista in Gran Bretagna, riunita nella
scorsa settimana a Nottingham, ha votato alla quasi unanimità una risoluzione che raccomanda ai suoi membri
di contribuire generosamente al Fondo contro il razzismo del CEC, dato
che l'appello già lanciato nel marzo
scorso a questo proposito da sedici
membri non ha raggiunto che la somma di un milione e mezzo di lire.
Intanto, in un comunicato pubblicato sulla relazione della commissione
Pearce {si tratta della missione inglese
inviata in Rhodesia per informarsi
sulle reazioni della locale popolazione
agli accordi anglo-rhodesiani, accordi
rifiutati dai neri), il Comitato esecutivo del Consiglio britannico delle
Chiese (CBC) ha reso omaggio all’« indipendenza » e all’« integrità » di questa Commissione. Il CBC ha inoltre appoggiato le sanzioni deliberate dalla
Gran Bretagna contro la Rhodesia,
unitamente al suo rifiuto di riconoscere il regime di Smith. La CBC chiederà al CEC di esaminare « il contributo che le Chiese-membro possono dare, allo scopo di attirare l’attenzione
del pubblico sulle violazione delle sanzioni ». Ha inoltre chiesto al governo
britannico di aumentare l’aiuto ai fruitori di borse di studio e ai programmi
di formazione professionale per gli
studenti rhodesiani che proseguono
gli studi fuori del loro paese.
Come i lettori sanno, da tempo ormai il nostro « fondo di solidarietà »
è rivolto ad appoggiare il programma
antirazzista del CEC e quanto prima
saremo in grado di versare un primo
milione alla Tavola per il relativo reinoltro. Ancora una volta, nel pubblicare un nuovo elenco di sottoscrizioni,
invitiamo i singoli e le comunità a me
ditare e dibattere questo problema che
costituisce senza dubbio una delle
macchie più profonde ,e dolorose, del
nostro tempo. Ricordiamo che le sottoscrizioni vanno inviate al conto corr..
postale n. 2/39878 intestato a Roberto
Peyrot, corso Moncalieri 70 - 10133 Torino.
Da S. Germano Chisone: N.N. con simpatia 5.000; in mem. past. Rathgcber 5.000;
Vera Vinçon Viti 2.000.
Da Riesi: F. T. 27.000.
Da Venezia: C. Bocus 1.000; fam. Viti
2.000; sor. Zecchin 6.000.
Da Udine: A. Grillo 2.000.
Da Torre Pellice: S. Cornelio 5.000.
Da Campobasso: P. Corbo 2.000.
Da Pomaretto: G. Laetscb 5.000.
Da Napoli: E. Tomasetti 10.000.
Da Angrogna: R.M.F. 2.000.
Da Bargia Vorezzi: Bimbi e ospiti della colonia e Casa Valdese 15.000.
Totale L. 89.000; prec. L. 728.825; in
cassa L. 817.825.
Riformati beigi e iii mondo
Bruxelles (soepi) - Il 119° sinodo della
Chiesa riformata nel Belgio ha avuto luogo
a Marchienne-au-Pont dal 9 alPll giugno
scorsi.
Al di fuori delle questioni che riguardano
la vita delle parrocchie, la gioventù, la catechesi, ecc. i delegati si sono rivolti verso i
problemi dello sviluppo e dell’aiuto al Terzo
mondo. Essi hanno dichiarato fra l’altro; a il
sinodo ha preso maggior coscienza della responsabilità di tutti i cristiani nei riguardi
dei problemi della giustizia nel mondo e dello
sviluppo »... « Sia sul piano nazionale che
mondiale^ ci rallegriamo dove i grandi movimenti cristiani sono alVavanguardia in quello che concerne Valuto allo sviluppo. Sul
piano delVazione locale, possiamo rinnovare
lo spirito del dialogo ecumenico e della nostra
presenza nel mondo collaborando attivamente
a pratiche iniziative di aiuto al Terzo mondo... Dobbiamo adoprarci a informare seriamente, a sensibilizzare chi ci è vicino, a educare coloro che sono a contatto con noi. Questa informazione sboccherà in una nuova comprensione... che ci farà accettare gioiosamente Videa della condivisione, Videa che quelli
che vogliamo aiutare potranno legittimamente diventare nostri ’’concorrentV^ ».
La lotta razziale e I massacri
continuano nel Burundi
(sepd) — Chiunque ha contatto con
il Burundi sa che il massacro continua. Tutta l’élite dei neri Hutu, uno
dei circa 200 gruppi etnici bantù, che
costituiscono T85% della popolazione
del Burundi, è stata sterminata dopo
la sciagurata e male organizzata rivolta dell’aprile scorso: i Tutsi vogliono
assicurare una volta per tutte la loro
struttura di potere, qualunque Hutu
appena istruito è uh nemico potenziale e la vendetta ha già fatto fra le 80
mila e le 100 mila vittime fra gli uomini, i giovani e i bambini hutu.
Dal XV secolo il potere è nelle mani
dei Tutsi, una stirpe di pastori originari della valle del Nilo, i quali costituiscono oggi il 14% dei 3,5 milioni di
Burundiani; essi hanno tutti i posti
elevati nel governo, nelle forze armate, nell’amministrazione e nell’economia; per i contadini hutu la situazione non è mutata con il raggiungimento dell’indipendenza nel 1962, anzi l’antica struttura feudale si è ulteriormente indurita. La rivolta dell’aprile 1972
è l’ottavo tentativo, da parte di alcuni Hutu, di mutare questa struttura.
Bisogna tener presente che il 79%
della popolazione del Burundi è cristiana e che il presidente Micombero
va solennemente ogni domenica a messa. Ciò malgrado la maggior parte dei
sacerdoti indigeni hutu sono stati trucidati, e così pure molti catechisti, i
quali hanno molta importanza nel paese, anche come uomini impegnati nell’alfabetizzazione di una nazione che
non ha quasi scuole.
Un missionario svizzero, da molti
anni nel Ruanda (il piccolo paese contiguo al Burundi) alla direzione della
scuola teologica e per evangelisti della Chiesa presbiteriana del Ruanda,
ha scritto: « L’Unione delle chiese battiste del Ruanda, che collabora con la
nostra scuola, riceve giorno dopo giorno notizie peggiori delle Chiese sorelle nel Burundi, per bocca di loro membri profughi. Queste Chiese battiste
operano in. regioni a maggioranza hutu, e sono state duramente colpite dalle "azioni di pulizia" tese a “schiacciare i nemici della nazione". Dei 14 membri del Consiglio esecutivo delle Chiese battiste nel Burundi, 11 sono stati
eliminati. Un solo pastore battista è
ancora in funzione. I missionari all’opera nella zona vivono isolati nella loro stazione, senza possibilità di contatti con il mondo esterno. Tutti i loro collaboratori africani sono spariti,
alcuni hanno potuto rifugiarsi nel
Ruanda. Siamo terribilmente turbati
da questa caccia all’uomo, che avviene a 40 km. da noi. Di fronte a questa
indicibile sofferenza, siamo condannati all'inazione. La sola cosa che possiamo fare è pregarvi d’intervenire per
mutare questa situazione catastrofica,
supplicarvi di lanciare tallarme all'opinione pubblica e alle istanze internazionali. È assolutamente necessàrio
che l’opinione pubblica mondiale eserciti una pressione sul governo del Burundi e faccia cessare i massacri ».
Un missionario che un anno fa era
fra i Padri Bianchi che lasciarono il
Mozambico per protesta e che si era
stabilito nel Burundi, ha detto: « Sono caduto dalla padella nella brace.
Posso continuare la mia opera qui?
Ciò che qui sta accadendo è genocidio
e razzismo nero ». Effettivamente sia
per i missionari sia per il personale
tecnico nelle scuole superiori si pone
il problema se è possibile continuare,
quando un’intera etnia, che per di più
rappresenta T85% della popolazione, è
esclusa dall’istruzione.
Che accadrà? Come finirà? Domande che sempre ritornano, e nessuno
può rispóndere. Una cosa è però certa: la soluzione non può venire unicamente dall’interno. La vecchia formula della non immistione negli altrui affari interni non è oggi più sufficiente.
Lo sviluppo è assai più che semplice
aiuto: è partecipazione, corresponsabilità e coraggio a favore della giustizia.
Secondo il giudice incaricato dell’incbiela pastorale matrimoniale, dell’arcivescovo di
Parigi, solo quattro matrimoni su dieci, celebrati nella città si svolgono in cbie.sa. La percentuale dei matrimoni religiosi, nella capitale francese, è in costante diminuzione: 70%
nel 1885, 55% nel 1930, 50% nel 1965,
40% oggi; la media nazionale dei matrimoni
religiosi in Francia è oggi del 70%.
■jç La Chiesa cattolica in Cecoslovaccbia,
che conta 12 diocesi e oltre 10 milioni di fedeli, non ha più che due vescovi in funzione.
Tornasele a Praga e Trochta a Litomerice.
La branca francese della Chiesa Apostolica, nata nel 1904 da un risveglio di tipo
pentecostale nel Paese di Galles, ha posto la
sua candidatura alla Federazione protestante
di Francia.
La Chiesa battista nella Repubblica democratica tedesca conta circa 30.000 membri. in 224 comunità con 125 pastori.
Contro - riforma
in marcia...
(Segue da pag. 1)
ben guardata dal presentare una parola che difficilmente gli ortodossi accetterebbero.
Inoltre vogliamo notare che tutto il"
senso della dottrina sull’ eucarestia
presentata dal documento — del tutto
estranea al Nuovo Testamento — sembra avere solo lo scopo di giustificare
e fondare l’autorità della gerarchia
cattolica. L'eucarestia della Curia romana non ha nulla a vedere con la
Cena del Signore presentata dal Nuovo Testamento, ma ha il solo effetto
di giustificare il potere della Curia romana, di condizionare l’opera di Cristo al potere del clero, di sostituire al
Cristo vivente e alTo{>era dello Spirito
Santo l’autorità della gerarchia sul popolo cristiano: « il potere ministeriale
conferito da Cristo ai suoi apostoli e
ai loro successori, i vescovi con i presbiteri, per attualizzare sacramentalmente il suo atto sacerdotale... l’unità
di questo ministero deve essere esercitato in nome di Cristo, Capo della
Chiesa, e dunque nella comunione gerarchica dei ministri...» (il corsivo è
nostro. N. d. A.),
Posto il principio che « L’Eucarestia... è necessaria ad ogni cristiano... »
(3.a) ne deriva che senza la sottomissione alla gerarchia non c’è possibilità
di accedere a Cristo in modo pieno.
Tale affermazione viene fondata sulle
parole di Giov. 6: 56: « Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non
bevete il suo sangue, non avrete in
voi la vita ». Queste parole si riferiscono chiaramente alla fede nel Cristo
« Parola fatta carne » e non propriamente all’eucarestia.
SI AGLI ORTODOSSI,
NO AI PROTESTANTI
Ripresa la dottrina tradizionale sull’eucarestia, la Istruzione si chiede
quali cristiani non cattolici possono
essere ammessi alla eucarestia cattolica. L’argomento era già stato trattato
nel Direttorio Ecumenico del 1967 e la
Istruzione lo ripete.
Gli ortodossi si trovano in posizione
di privilegio nei confronti delle Chiese
derivate dalla Riforma (qui nori indicate in parole precise). Infatti « Le
Chiese orientali hanno veri sacramenti — soprattutto, in virtù della successione apostolica, il Sacerdozio e l’Eucarestia... ». Al contrario, gli altri cristiani « che non hanno il sacramento
dell’ordine » non hanno vera eucarestia (naturalmente «cattolica»!). Perciò gli evangelici possono essere arnmessi alla eucarestia cattolica individualmente, se lo richiedono, ma « si
domanda che manifestino personalmente nell’Eucarestia una fede conforme a quella della Chiesa cattolica, vale a dire come Cristo istituì questo sacramento e la Chiesa cattolica insegna ». Al contrario, « questa richiesta
non viene fatta ad ùn ortodosso, perché questi appartiene ad una Chiesa
la cui fede nell’Eucarestia è conforme
alla nostra » (5).
FUORI DI OGNI EQUIVOCO
Da vari anni, in vàrio modo e in varie circostanze teologi protestanti coriducono un dialogo con teologi cattolici sulla S. Cena. Il senso ecumenico e
il desiderio sincero di una ricerca comune induce talvolta i teologi protestanti a sviluppare il discorso sulla
falsariga della tematica cattolica: presenza reale, ministro, efficacia, ecc. Si
ha anzi l’impressione che talvolta la
preoccupazione maggiore di alcuni teologi protestanti sia di dimostrare che
anche le chiese della Riforma hanno i
requisiti richiesti dalla chiesa cattolica e, in particolare, il ministero.
L’Istruzione della Curia romana dovrebbe indurre tutti ad una assoluta
chiarezza e sarebbe veramente necessario che si rinunciasse una buona volta a portare avanti il'discorso su queste linee. Tra la presentazione biblica
della Cena del Signore e le questioni
della « presenza reale » e del « ministero », così come sono posti, non c’è
nessun punto di congiunzione e non si
arriverà mai ad una confessione di fede comune, ma soltanto a compromessi che danno l’impressione dell’accordo
solo perché mettono insieme una serie di affermazioni equivoche. Per il
Nuovo Testamento non c’è nessun
« mistero » dell’eucarestia, come non
c’è nessun «mistero» della gerarchia,
ma soltanto il mistero di Dio in Cristo.
Tutto questo parlare dell’eucarestia
come qualcosa di particolare e a se
stante non ha altro effetto che allontanare i credenti dal Cristo vivente
per legarli ai vari poteri ecclesiastici,
oscurare il significato della fede come
incontro con Cristo per giustificare i
clericalismo, evadere dalla libertà del
cristiano per vincolare alla soggezione
all’uomo, sviare dall’impegno effettivo
della comunione dei credenti per ridurre la vita del cristiano a « rito sacro ».
Il dialogo ecumenico va certamente
perseguito e sviluppato anche con i
cattolici, perché la chiesa cattolica (vogliamo sperare!) non va identificata
con la Curia romana, ma dovrebbe essere un chiaro e franco confronto con
TEvangelo, in vista della testimonianza
verso il mondo e non inutile accademia con le apparenze della teologia.
Tra la Curia romana e noi non pare
Presa di posizione evangelica
di 200 cristiani portoghesi
Un gruppo di duecento cristiani portoghesi — cattolici la maggior parte,
e alcuni protestanti — hanno elaborato il documento che pubblichiamo e
che non è soltanto una meditazione di
Pasqua, ma esprime pure il desiderio
di impegnarsi nella realtà portoghese.
Questo documento, pubblicato il 18
aprile scorso sul giornale portoghese
« Diario de Lisboa », è stato ora difuso dal bip-snop, il bollettino cattolicoprotestante dei Services d’information
chrétienne en Trance. Si comprende
che per ragioni di sicurezza non possano essere citati i nomi dei firmatari
e delle comunità cui appartengono.
PASQUA 1972
1. Riuniti per celebrare e annunciare, una volta ancora, la risurrezione
di Gesù Cristo, sentiamo che si fortifica la nostra fede e la nostra speranza nell’uomo; quest’uomo che è capace di vivere in modo libero è fraterno, di dominare il mondo e di godere
delle proprie forze, d’inventare nuovi
modi di vivere nella giustizia, nella libertà e nella pace.
2. In quest’atteggiamento di fede e
di speranza guardiamo alla società in
cui viviamo. Vi scopriamo situazioni
d’ingiustizia, di violenza e di oppressione contro le quali siamo pronti a
lottare. Vi scopriamo meccanismi di
forze che impediscono, di diritto e di
fatto, che tutti i cittadini partecipino
alla scelta e alla costruzione della società nella quale vogliono vivere. In
questi meccanismi e in queste forze
vediamo ragioni delTimmobilismo e
dell’atmosfera stagnante in cui vive il
popolo e, indirettamente, fattori che
perpetuano situazioni di oppressione
e d’ingiustizia che crediamo di dover
denunciare e superare.
3. Sappiamo che non siamo soli. Ci
sentiamo uniti a tutti coloro che credono nell’uomo, che aspirano alla giustizia, all’unità e alla pace e che s’impegnano sinceramente nella lotta per
un mondo più umano. Con noi sono
pure i più poveri. Certo, la loro voce
è debole, ma un argomento possente
gioca a loro favore: l’ingiustizia della
oppressione che subiscono.
4. Non vogliamo vivere Pasqua senza interrogarci seriamente e in modo
critico sulla Chiesa alla quale apparteniamo e sulla società nella quale viviamo. Nella misura in cui non abbiamo agito fino ai limiti delle nostre
forze, ci sentiamo solidali e complici
degli errori delTuna e dell’altra.
5. Vogliamo partecipare alla creazione di condizioni che rendano possibile a breve scadenza una trasformazione profonda della società portoghese.
Vogliamo:
a) assicurare a tutti gli uomini la
medesima possibilità di accedere ai
progressi materiali, alla salute, alla
istruzione, alla cultura, a un alloggio
decente, alla giustizia e alla sicurezza
sociale;
b) garantire la partecipazione concreta di tutti i Portoghesi al processo
di sviluppo, alla gestione economica
e all’organizzazione della società;
c) porre alla testa delle istituzioni
c alla direzione dei servizi pubblici
persone capaci di sopprimere immediatamente le situazioni di privilegio
basate sul denaro, sul nome e sulle
convenzioni politiche;
d) creare una stampa libera e responsabile, protetta legalmente contro gli abusi del potere economico e
dei gruppi politici;
e) rendere possibile un tipo di
università che risponda alle aspirazioni e alle esigenze del popolo e che
sia capace di mettersi al suo servizio;
f) permettere a tutti di accedere
alla cultura e alla sua libera espressione, posta al servizio degli uomini e
non dei sistemi;
g) far nascere un nuovo tipo di
organizzazione economica orientato
verso le esigenze individuali e collettive come verso il benessere effettivo
del popolo;
h) eliminare le ineguaglianze attuali nella ripartizione dei redditi;
i) promuovere l’esercizio delle libertà civiche fondamentali, in particolare il diritto di associazione;
j) porre fine alla guerra cercando
attivamente soluzioni che portino rapidamente alla pace.
6. Quanto alla Chiesa nel Portogallo, le nostro aspirazioni si uniscono
oggi a quelle del movimento di rinnovamento i cui frutti sono già visibili
in altre comunità. Questi risultati concreti rafforzano la nostra speranza e
il nostro impegno.
Vogliamo costruire una Chiesa sempre più aperta allo Spirito, attenta ai
segni dei tempi e pronta a vivere qui
e ora, con le parole e con gli atti, la
buona novella delTEvangelo. Vogliamo
costruire una Chiesa — quale il Cristo
l’ha voluta — solidale con le angoscio
e le aspirazioni di tutti gli uomini e
soprattutto attenta ai poveri e agli óppressi, libera da ogni compromesso
con le potenze politiche ed economiche. Vogliamo costruire una Chiesa
che sia centro d’unità e di comunione
per tutti coloro che s’impegnano nell’avventura di liberare l’uomo dai legami dell’oppressione e dell’ingiustizia.
Vogliamo costruire una Chiesa, comunità dei credenti ed espressione intelligibile della fede in Gesù Cristo; per
il quale la liberazione degli uomini
non è stata solo una promessa o una
vaga intenzione, ma l’esperienza di un
impegno personale fino alle estreme
conseguenze.
7. Questo è il nostro sentimento in
questo tempo di Pasqua 1972. Lo esprimiamo, perché questo gesto ci è dettato dalla nostra coscienza ed è parte
integrante della nostra volontà di conversione personale e comunitaria alTEvangelo.
Il pastore Blake rende emagglo al patriarca
Ateaagora, decednto a Istanbul
Ginevra (soepi) - Il past. E. C. Blake,
segretario generale del C.E.C., ha reso omaggio al patriarca ecumenico di Costantinopoli,
Atenagora I, deceduto il 7 luglio a Istanbul.
« Tutta la Chiesa cristiana perde, nella
persona del patriarca ecumenico Atenagora I,
uno dei suoi maggiori dirigenti. Una fede cristiana sivihile e irraggiante e un amore generoso per tutta Vumanità sono stati il fondamento del suo ruolo di guida religiosa e
umana.
« Fervido difensore, da lunga data, del Consiglio ecumenico, il patriarca ecumenico Atenagora I si è sempre sforzato di consolidare
la partecipazione ortodossa. Rivolgendosi al
personale e a numerosi invitati, sottolineava
nel discorso pronunciato in occasione della
sua visita alla sede del C.E.C., nel novembre
1967, che ^^nessuna Chiesa cristiana ha il diritto di rimanere nelVisolamento proclamando di non avvertire il bisogno di essere in
contatto con gli altri fratelli cristiani, e che
coloro che vivono al di fuori delle sue frontiere sono privati dei legami che li uniscono
a Cristo". Ponendo Vaccento sulla collaborazione fra le Chiese ortodosse e il C.E.C., egli
sottolineava che questa non tendeva a passare sotto silenzio le nostre divergenze teologiche né a giungere a un accordo superficiale o
che ci sia nessuna possibilità di discorso, perché TEvangelo rimane senipre
Talternativa al tipo di cristianesimo
che essa propone.
Nessun evangelico ha bisogno di
chiedere di essere ammesso alTeucarestia della Curia romana, in nessun momento della vita e neppure in punto
di morte. Nessuna foma di comunione interconfessionale è pensabile nel
contesto della dottrina esposta dàlia
Istruzione. Un discorso ecumenico serio non può che andare al dì là di tutto ciò e trovare veramente il suo fondamento su Cristo e su ciò che Egli ci
annuncia e ci chiede.
Alfredo Sonelli
a trascurare i punti che ci separano, bensì'tendeva a creare uno spirito di Comprensione
reciproca e sincera nel genuino spirito di
Cristo. La saa risposta alla ntiova presa di
posizione ecumenica del 'GottCili& Vaticano II
ha ispirato positivamente tutti i Cristiani.
« Fin dal 1920 il patriarca ecumènico ha
operato con ardore a favore di un dialogo
ecumenico che favorisse Vanità cristiana e, in
questo spirito, la Chiesa di Costantinopoli é
stata quella che ha sostenuto la creazione di
una comunità delle Chiese, che ha poi trovato espressione nel C.E.C. Essenzialmente sotto la direzione illuminata del patriarca Atenagora il Patriarcato di Costantmopoli ha
preso Viniziativa di una riconciliazione cristiana con la Chiesa cattolica romana, con la
Chiesa anglicana, con la Chiesa vecchio-cattolica e con le Chiese ortodosse orientali.
Operando in questo senso, il patriarca era fermamente convinto di avere incoraggiato il lavoro del C.E.C.
« A nome di tutte le nostre Chiese-membro
e dei miei colleghi, esprimo le mie vive condoglianze alla gerarchia, al clero e ai fedeli
del Patriarcato ecumenico come al mondo
ortodosso nel suo insieme ».
È evidente che il patriarca Atenagora è
stato, specialmente nell’ ultimo periodo del
suo ministero, particolare assertore dell’unità
pan-cattolica, se si intende per cattolicesimo
non soltanto quello romano ma anche quello
non-romano : ricordiamo infatti che molti anni fa, con lucida penetrazione, W. A. Visser ’t
Hooft aveva definito cattolicesimo non romano l’ortodossia orientale, il vecchio-cattolicesimo (il ramo cattolico che ha rifiutato l’infallibilità pontificia) e un settore dell’anglicanesimo. E’ altrettanto evidente che, grazie
pure ai suoi sforzi, il cattolicesimo — romano e non romano — ha acquistato peso crescente nel movimento ecumenico e nel C.E.C.
in particolare. Sono constatazioni, che hanno
numerose conferme, ultima l’Istruzione vaticana sull’ammissione all’eucaristia dì non
cattolici, un significativo esempio di « ecumenismo » cattolico.
G. C.
6
pag. 6
N. 29-30 — 28 luglio 1972
I LETTORI CI (E SI) SCRIVONO | M 3 RÌ3SÌ
NON CONTATE SU ME
Un lettore, da Roma;
Caro direttore,
Negli ultimi numeri de i< L’Eco-La Luce » ho visto pubblicato il comunicato di
« Un Convegno indetto dal Servizio Studi
della F.C.E.I. a Torre Pelliee dal 16 al
18 agosto » su « Anabattismo e Riforma », nel quale io vengo nominato fra i
relatori. Domenica 16 luglio la notizia è
stata ripetuta nel Notiziario Evangelico
radiotrasmesso. In data 10 giugno avevo
comunicato al direttore del Servizio Studi
della F.C.E.I. che per serie ragioni (che
ora non desidero pubblicare) non ero più
disposto a partecipare a detto Convegno.
Prego quindi di non includere più il mio
nome nel comunicato in questione.
Cordialmente Valdo Vinay
Prendiamo atto. Nel Notiziario Evangelico radiotrasmesso la domenica 23 luglio
il nome del prof. Vinay non è più stato
menzionato.
GRAZIE
Una lettrice, da Erlangen:
Sono molto contenta di ricevere « La
Luce »; non sono sempre d’accordo con la
linea di certi articoli, ma in complesso resta il mio giornale. Ho letto con vivo interesse la « seconda pagina », con gli articoli di A. Soggin, B. Corsani, R. Turinetto e gli altri, e spero che dopo il periodo
estivo riprendano.
Emanuella Scherffic
i STATISTICHE: LETTURA DIFFICILE
“ Un lettore, da Pomaretto:
= Signor direttore,
= mi spiace doverLa ancora disturbare,
^ ma la replica del Dr. Roberto Peyrot (n.
= 27-28 del giornale) alla precedente mia
= lettera mi costringe a farlo. Questa volta,
= sarò comunque breve.
= Vorrebbe il Dr. R. Peyrot essere cosi
= gentile da completare le sue argomenta= zioni rispondendo alle seguenti domande :
= 1) Come è riuscito a stabilire, attra
^ verso un unico dato di fonte INAIL ri= ferentesi all’Italia, confronti a livello in
= ternazionale e dedurre che deteniamo il
“ primato europeo degli infortuni mortali
= sul lavoro? Sono infatti tuttora convinto
= che, per confronti a tale livello, sia ne= cessario ricorrere a statistiche adeguate
= fra loro a cura di un ente internazionale,
= quale appunto la Comunità Europea.
= 2) Perché non espone parallelamen
= te ai valori dei salari nei vari paesi i re
= fativi costi del lavoro, non dimenticando
H di citare la fonte d’informazione? Credo
= di avere infatti spiegato esaurientemente
= perché confronti limitati ai salari non
= hanno senso.
= Senza queste precisazioni, per quanto
= mi concerne, la precedente risposta del
= Direttore alla mia lettera era più che suf
= ficiente, in quanto sarebbe assurdo insiste
= re nel voler dare ad ogni costo la dimo
^ strazione di ciò che non è dimostrabile.
= Riguardo alle espressioni usate nella
= mia lettera, mi limiterò a far notare che,
= se sono pervenute alla Redazione lettere di
= critica violenta, non sono neppure man
= cate critiche benevole e fraterne. Ma con
= quali risultati? Avete continuato imper
= territi nella vostra propaganda politica di
= parte ignorando del tutto i suggerimenti
= dei lettori. Perché dunque vi risentite
= quando qualche lettore esplode? Se la ru
= brica « I lettori ci scrivono » serve uni
= camente a riempire uno spazio disponibi
E le del giornale, ditelo apertamente ed al
= lora i lettori sapranno come regolarsi.
= Infine una nota unicamente per la pre
= cisione: nella penultima riga, 2° eapo
= verso, della mia lettera (n. 26 del giorna
= le), leggasi « fortunatamente » e non « for
= temente » come erroneamente pubblicato.
= Grazie per l’ospitalità e cordiali saluti.
= Guido Baret ;
IMPEGNO ANTIMILITARISTA
Un lettore, da Roma:
Caro direttore,
nell’impegno che minoranze attive si
sono assunte per far crescere anche in
Italia il perimetro delle libertà civili (libertà per tutti), non c’è dubbio che quello degli obiettori di coscienza sia tra i
più significativi e degni di attenzione e
di sostegno da parte delle minoranze religiose.
Forse è a conoscenza di quello che è
avvenuto quest’anno, grazie all’iniziativa
dei nuovi obiettori di coscienza che hanno deciso di rendere pubblica la loro decisione non più isolati, ma a gruppi : si
è per la prima volta intaccato l’assolutismo incostituzionale dei Tribunali Militari, si è promosso a dignità di grande
dibattito civile il tema degli eserciti e
della loro funzione nelle società moderne
« capitaliste » e a « capitalismo di stato », quello della nonviolenza come metodo alternativo alla violenza di stato e
delle istituzioni, quello del rapporto tra
cittadino e istituzione militare. Ma si è
anche dato un contributo al silenzioso
« martirio » di tanti acattolici, testimoni
di Jeova cioè, che per decine di anni hanno letteralmente riempito le carceri militari senza che nessuno, mai, anche nei
mondo degli acattolici, mostrasse di volersene occupare e difendere seriamente
le loro ragioni; e si è aperto anche un civile confronto su tutta la questione del
cappellanato militare e dell’ideologia cal
tolìca che viene obbligatoriamente propinala a chiunque scelga di servire il paese vestendo la divisa.
Non sono, queste cose, argomenti che
interessino i lettori de « La Luce »? Pensiamo di sì. E pensiamo che tra di loro
vi possano essere molti interessati a partecipare alla VI marcia antimilitarista, che,
partendo da Trieste il 26 luglio prossimo (alle ore 7, da Piazza Roiano) si concluderà ad Aviano il 4 agosto. Mi consenta perciò, caro direttore, di rivolgere,
dalle colonne de « La Luce » un appello
ai suoi lettori, per la partecipazione e
l’adesione (o, quanto meno, il sostegno
anche finanziario) alla iniziativa.
II 30 luglio, ad esempio, ad Udine, si
terrà un dibattito pubblico su « Credenti
e non credenti dinanzi al diritto-dovere
della obiezione di coscienza », nel corso
del quale parlerà, tra gli altri, anche
l’abate Franzoni, della Comunità di San
Paolo di Roma. Nessuno, tra i non cattolici, che pure testimoniano, in questo paese, un fondamentale diritto di « coscienza », civile perché religiosa, è 'interessato
a portare un suo contributo a questo dibattito? Non vorremmo crederlo, ed anzi
ci auguriamo in una presenza significativa di questo tipo.
Uguale presenza dobbiamo auspicare,
caro direttore, per dibattiti come <^’iello
su « Controviolenza e nonviolenza rivoluzionaria » che si terrà, sempre ad Udine,
il 31 luglio, o gli altri che si terranno
nelle varie sedi di tappa, secondo questo
itinerario: 25 luglio, Trieste, manifestazione di apertura, ore 21, largo Goldoni;
26 luglio, partenza alle ore 7 da Trieste,
arrivo a Monfalcone; 27 luglio, Monfalcone-Gorizia; 28 luglio, Gorizia-Cormons:
29 luglio, Cormons-Palmanova; 30 luglio.
Palmanova-Udine; 31 luglio, riposo ad
Udine; 1° agosto, Casarsa-Pordenone; 4
agosto, Pordenone-Aviano.
È una richiesta troppo « gravosa »? Da
obiettore di coscienza ad obiettori « in coscienza », credo di no.
Cordiali saluti,
Roberto Cicciomessere
GIUDIZI SOMMARI
Un lettore, da Ospedaletti:
Caro direttore,
approvo, con tutto il cuore, le precise
argomentazioni con cui Roberto Peyrot —
al quale rivolgo la mia stima e il mio più
caldo incoraggiamento a continuare — risponde ai morbosi, sardonici e stufanti interventi a A. Long, G. Baret et similia. Il
troppo stroppia e l’invito che rivolgo a
Lei, sig. Conte, è di buttare nel cestino,
nella pattumiera gli scritti di loro signori,
dettati non da una critica costruttiva, non
da amore, ma da un odio insanabile, da
uno spirito malevolo, dall’aspettativa che
ritorni il « loro ordine », che ritorni a imperare l’autoritarismo, il militarismo cieco ubbidiente e assoluto, l’assoluta mancanza dì libertà in una parola... il fascismo. Grazie per l’ospitalità,
Enrico Long
La mia modesta ma non più breve
esperienza direzionale mi ha insegnato che
sono molto numerosi coloro che desiderano che i pareri diversi o difformi dal loro
finiscano nel cestino (etc.) e la Sua mi
conferma che quest’intolleranza non conosce ’’colori”. Così pure ho dovuto continuamente constatare che da molte parti si
indulge a impennarsi per certi toni — di
cui ho più volte deplorato l’acredine —
facendosene un alibi tutto sommato abbastanza comodo per non sforzarsi di capire i moventi dell’altro, in modo un po’
meno sommario di quanto anche Lei mi
sembri fare. Gino Conte
UN BUON GIORNALISMO...
Un lettore, da Livorno:
Ho letto lo scritto del Past. Ricca « Riperca della Chiesa », sul n. 21 del 26 maggio u. s. e il successivo articolo sul n. .23
del 9 giugno, e nella rubrica <c I lettori ci
scrivono » ho letto la lettera della signora
Clot che condivido in ogni sua parola.
Nel secondo scritto, il Past. Ricca, dopo avere amaramente constatata la fuga
di molti giovani e non più giovani, dalle
assemblee cultuali sì pone due domande :
— L’Evangelo è predicato male?
— La chiesa è afflitta da una malattìa
mortale?
Cercherò di dare una risposta opinabile, ma sempre valida :
Di massima il vangelo, nelle assemblee
e nei culti radio-trasmessi è predicato bene e spesso, oltre che godimento spirituale, riesce anche godimento intellettuale,
ma capita, per fortuna non di frequente,
che non si riesca a distinguere i confini
tra la confessione di fede e l’ansia politica.
Anzi e più esattamente, di una certa politica che vede tutti i mali che affliggono
l’umanità provenire dalla politica di potenza che fa un grande popolo, minimizzando o ignorando tutti i mali che affliggono l’umanità provenendo dalla politica
di potenza che fa un altro grande popolo.
Questo mi sembra uno dei mali che afflìggono le nostre chiese. Noi si potrebbe
facilmente ovviare a questo inconveniente, senza tradire la nostra missione di credenti, perché Cristo, pur avendo vissuto
da povero in mezzo a poveri, non ha mai
fatto professione dì fede politica, riguardando con distacco le cose di allora.
Il Past. Ricca termina il suo secondo
scritto con queste parole: « ...ma una
chiesa senza fraternità, è una chiesa senza Cristo ». Io, completando questa frase,
aggiungo che una Chiesa siffatta, non è
una chiesa, ma una conventicola dalla
quale si può liberamente uscire.
Una chiesa deve avere la capacità di
amalgamare in unico corpo, in fraterna
assemblea, uomini di cultura diversa e di
diversa formazione politica, divisi sul piano umano dalle loro passioni, e se non ci
riesce, torno a ripetere che non è chiesa,
ma conventicola e quel sermone che fa
affiorare qua e là implicazioni politiche
non è predicazione profetica, ma comizio
elettorale.
Quanto poi alla stampa la situazione è più grave. Ognuno è padronissimo di
scrivjere che Nixon è un boia e che le carceri militari italiane sono delle sentine
da SS, ma lo faccia su altri periodici, magari su « Lotta Continua » e non servendosi delle pagine del nostro glorioso settimanale che porta in testata un versetto
del Vangelo di Giovanni e la scritta « Settimanale della Chiesa Valdese ».
Vi sembra sia stato un bel servizio pubblicare sul n. 23 del 9 corr. il diario di
uno squilibrato che paria dì « Buchi per
murati vivi » e che il più avanzato sistema di riscaldamento era la masturbazione
fisica? Il pezzo è stato ripreso da un lì
bello radicale che combatte, non il gover
no, ma i suoi ministri e non per la poli
tica che esprimono, ma perché i primi sono anticlericali e i secondi dei clericali,
entrambi dal dente avvelenato; ma noi
non abbiamo nulla da divìdere, né con i
primi, né con i secondi.
La nostra Chiesa Valdese ha almeno un
parlamentare praticante e molti, molti
amici parlamentari sparsi un po’ in tutti
i gruppi polìtici e sarebbe stato facile dare mandato ad uno di essi per una interrogazione al ministro della Difesa.
Non mi risulta che giornali dì informazione e giornali di partito, abbiano fatta propria e pubblicata una lettera tanto
sballata e non mi risulta che parlamentari abbiano rivolta interrogazione al ministro della Difesa e figuratevi se non lo
avrebbero fatto, appena appena la notizia
avesse avuta qualche parvenza di veridicità!
E vi pare fare un buon giornalismo
evangelico avanzare pesanti dubbi sulla
morte pulita del povero Pinelli ed avanzare pesanti riserve sulla sporca morte del
miliardario Feltrinelli?
A coloro poi che si sentono in petto il
cuore di Cesare ed in mano il brando di
Achille, vorrei dare un consiglio : se voi
ritenete che quei gentiluomini dei Vietcong sono dei buoni legni da crocifissi e
che quei boia degli americani sono degli
invasati luciferini, voi, se volete essere
coerenti con le vostre idee, dovete seguire l’esempio delle migliaia di antifascisti
che nel 1938, abbandonando -famiglie e
beni, andarono in coerenza con la loro
fede democratica a combattere a fianco
delle milizie spagnole del governo repubblicano di Negrin. St ~voi invece restate a
casa ad ingrassarvi, ingoiando proteine
americane e vi limitate a esibirvi in « Veglie di preghiera » sul sagrato delle chiese cattoliche, mescolati a studenti di trent’anni ed anche trentacinque che malgrado tanta liberalità scolastica, non sono
riusciti fin’oggi a prendersi un diploma
di laurea, sarete sempre dei « bronzi suonanti ». Giovanni Simoni
La invito a leggere, più oltre, gli stralci della lettera di un suo quasi concittadino, E. Giacomelli. Per altro non vediamo il mondo in bianco e nero, affatto!
G. C.
SU VALPREDA
Un lettore, da La Spezia:
Signor direttore,
sul n. 27/28, nel trafiletto La denuncia dei Valpreda nella rubrica « Uomini,
fatti, situazioni » si scrive che Valpreda è
molto ammalato e che in Italia non c’è
carcere che possa curarlo etc. Il Valpreda — rispondo io — avrebbe fatto bene a
starsene a casa a lavorare onestamente e
a curarsi il suo male, così come farebbe
bene « La Luce » a non scrivere di politica e ad interèsàawi. come un tempo,
della Bibbia e di cose religiose, lasciando
perdere la politica. Quando nelle chiese, o
nei giornali religiosi entra la polìtica, è
la Fede che se ne va. Questo dovrebbero
capirlo a destra e a sinistra e al centro.
Chi ha orecchie per udire, oda!
Luigi Rosati
uno che legge « La Luce »
dal 71. i (1912)
A me pare che non sta a noi dire a
Valpreda quel che doveva o non doveva
fare; il problema è unicamente questo:
quanto tempo dovrà trascinarsi in carcere
in attesa di procedimento legale un uomo
ammalato, la cui colpevolezza non è stata
affatto provata? Non la turba profondamente il pensiero che un uomo, che puh
essere innocente, soffra in carcere da molti mesi, senza prospettive di soluzione, per
di più in una situazione di malattia che
non può essere adeguatamente curata in
carcere? Ancora: non Le pare un po’ debolina la fede che, quando arriva la politica, se ne va? Non è forse di fronte a
tutti gli aspetti della vita, e quindi anche
di fronte ai problemi politici, che essa deve porsi e rendere testimonianza al suo
Signore? Che questo sia arduo, nessuno
lo contesta, ma è parte integrante, anche
se non esclusiva, della nostra vocazione.
Con Vaugurio fraterno che Lei possa e voglia ancora leggerci a lungo. G. C.
DUE CAMPANE
Non solo i nostri lettori ci scrivono parecchio, ma talvolta lettere molto lunghe:
non sembrano neppure rendersi conto dei
problemi di spazio: una cartella dattilo
scritta rappresenta in media una colonna
di composizione, o poco meno (e, per la
cronaca, una colonna del giornale costa
oltre 6.000 lire di puri costi tipografici!)
e a volte riceviamo più cartelle fitte fitte...
Sicché, se vogliamo pubblicare, siamo costretti a condensare e stralciare.
Un lettore de La Spezia, Giuseppe
Florentino, ha poco gradito l’articolo di
Luigi Santini, Giochiamoci la libertà,
pubblicata sul n. 26: « Avrei piacere di
sapere quali libertà gli italiani si stanno
giocando. Forse quella di aver perduto
il governo dei comunisti, che attraverso
la canalizzazione dei socialisti dettavano
legge facendo il proprio gioco? Ben conosciamo la libertà che costoro concedono ai
loro paesi, con il loro ateismo e la loro
dittatura! Non capisco perché il Santini
se la prende tanto con il predominio degli USA, con le guarnigioni americane in
Italia, con il capitalismo, il clerico-fascismo endemico etc. Il gran vociferare dei
vari Santini, Conte, Girardet, Parlanti, e
altri ’’eonduttori d’anime”, il loro persìstere nelle varie contestazioni hanno forse
risolto ì problemi di ’’guerre e rumor di
guerre”? Anche ai tempi di Gesù gli ebrei
gemevano sotto l’oppressore : i romani non
scherzavano, e i regimi coloniali sono quel
che sono; ma mài Gesù si è presentato
come un contestatore polìtico. Alzò la voce irato e agi solo contro coloro che
avevano profanato il tempio, ’’casa d’orazione” e gli scribi e i farisei per motivi
puramente religiosi. Egli distingueva ciò
che è di Cesare da ciò che è di Dio, e
il prossimo, sul quale tanti imperniano le
loro azioni socio-polìtiche, è ben messo in
luce nella parabola del buon samaritano.
(...) Gesù non ci ha comandato di andare
a annunciare il suo Evangelo, la buona
novella di amore, pace e salvezza? Facciamo questo, ora, o annunciamo un altro
Evangelo? ’’Siate miei testimoni” : che
cosa testimoniamo? cose che Gesù non ha
mai pensato né fatto? (...) Guardiamo in
noi : solo dopo aver ben pulito la nostra
vita da ciò che è gradito al Signore, si
manifesterà la potenza dello Spirito Santo,
che c’insegnerà e sapremo qual è la buona, accettevole volontà di Dio ».
Alla base di quest’intervento, un’ennesima volta si esprime una visione globale
diversa della vocazione cristiana, anche
se non sprezziamo certo gli avverùmenti
che essa racchiude anche per noi. All’interrogativo iniziale, mi pare rispondere
un’altra lettera, ricevuta da un lettore pisano-livornese, Elio Giacomelli, « cristiano e mutilato di guerra ». Questi risponde a F. Marozzelli, a proposito duella
morte in carcere, in seguito a violenze di
uomini della polizia, del giovane F. Serantini. Il lettore, che ci assicura di .'scrivere pure a nome di numerosi concittadini, anche evangelici, parla con conoscenza di causa, essendo stato in parte testimone dei fatti: « a Livorno, in occasione
di una manifestazione antifascista, il comportamento incostituzionale delle ’’forze
deU’ordine” lanciate contro gente d’ognì
età, tendenza e posizione, valendosi .anche
di quei gas di cui non pochi — io compreso — subimmo le conseguenze, mentre
ho assistito io stesso feriti ricoverati in
ospedale. Anche più gravi i fatti avvenuti a Pisa, dove ha perso la vita un giovane elogiato per la sua dedizione allo
studio e al lavoro, come conferma chi gli
ha insegnato e lo ha diretto per lunghi anni e l’ha conosciuto da vicino. Si noti che
è il secondo giovane deceduto in questa
città, dopo l’universitario Pardini, in seguito a cariche della polizia ». Quanto a
Serantini, « Enti patrocinatori e privati
si sono costituiti parte civile nel processo
che sarà tenuto contro i responsabili, fra
le ’’forze dell’ordine” e i dirigenti del carcere Don Bosco: perché quando la violenza, come troppo spesso accade, si riscontra in chi dovrebbe tutelare l’ordine
pubblico, la responsabilità è tanto più
grande! Invece la grande stampa e la radiotelevisione nazionale hanno attuato la
congiura del silenzio, in una nazione
che si professa democratica e repubblicana e che ha votato la Costituzione! Se
qualcuno non avesse interferito, non ci
sarebbe stato nemmeno il corteo funebre,
tanto più che il povero Serantini, figlio di
N.N., non aveva parenti. Ma nella camera
mortuaria vedemmo con i nostri occhi i
segni delle percosse. Chi è il sedizioso? i
comizi missini o coloro che li contestano?
Chi vilipende la bandiera nazionale? Non
sono forse quelli che la sequestrano per il
proprio movimento neo-squadrista, e nelle cui file militano molti di coloro che furono responsabili della dissoluzione delle
unità militari, l’8 settembre o che, peggio,
le consegnarono ai tedeschi? Non tutti i
carabinieri di oggi ricordano con reverenda — come ricordiamo noi — quanti loro
compagni d’armi furono deportati e persero la vita proprio per colpa dei criminali collaborazionisti col nazismo. E adesso
le ’’forze dell’ordine”, col pretesto dell’equità, si schierano a salvaguardia di
campioni dai trascorsi cosi nefandi?
Quando si pensa che Valpreda è in ^lera,
senza prove atte a detenerlo, e che Rauti
è libero deputato, c’è da domandarsi: a
quale giustizia credere? ». Questo ci pare
il succo della lunga e appassionata lettera
toscana.-forse il lettore ligure vi troverà,
con altri, motivo di riflessione. Personalmente io non ritengo che il fascismo sia
oggi un pericolo analogo a quello che costituì cinquantanni fa; anche un popolo
in parte civilmente immaturo come il nostro non vive invano cinquant’anni come
questi. Ciò non vuol dire che il fascismo,
in modo diverso, certo più sottile e indiretto, non possa essere nuovamente utilizzato oggi da chi ha interesse a farlo.
Perciò occorre vegliare intorno a noi e in
noi; esso si annida profondamente anche
nella nostra generazione, e ha risvolti più
maliziosamente policromi di quel che forse
G C.
pensiamo.
I LA COLLINA
E Dalla finestra dello studio vedo la
= collina che dieci anni or sono abbiamo
= tanto desiderata per farvi il centro del= la nostra azione iij Riesi. Era, allora,
= d’inverno e la collina era verde, bella,
E e ci sembrava proprio il posto ideale.
= Ora col caldo d’estate è brulla e bru= data, ma non è questo che mi fa pen= sare alla scelta migliore alla quale sia= mo stati costretti dalle circostanze del
= momento. Su quella collina, il cui ter= reno si riduce man mano che la città
= colle sue nuove costruzioni si allarga,
H i bimbi della Scuola materna e di quel= la Elementare non avrebbero potuto
= correre fra il verde delle aiuole, fra i
= fiori e all’ombra degli ulivi. Gli alun= ni della Scuola per meccanici come
= gli operai della fabbrica non avrebbe= ro avuto gli spazi che ora hanno, e i
E riesini non avrebbero avuto il loro
= giardino per le passeggiate al tramon= to. Non ci sarebbe stato posto suffi= ciente per il Centro agricolo, essenzia= le attività del gruppo, e via dicendo.
= Quanto ci siamo amareggiati per
= aver perso quella collina! I lettori del
= nostro bollettino dei primi anni se ne
= ricorderanno. Avevamo su essa tanti
= progetti... ma quel che è avvenuto con= tro nostra volontà è stato per il me= glio. Ora non la rimpiangiamo più anH che se v’è chi critica la scelta del
= « Monte degli Ulivi » fuori città — a
H 300 metri da essa! — senza sapere le
= motivazioni della nostra ultima scel= ta! Ma qui o là le difficoltà e le possi= bilità non stanno nel luogo ma nel sa= pere o non sapere esser coerenti al sen= so dell’agape per il quale siamo venuti.
I NUOVE COSTRUZIONI
^ È terminata una nuova costruzione
= per tre alloggi, due di due stanze ed
= uno di tre per le famiglie che vi sono
= nella comunità. Infatti, una sola stan= za non è sufficiente quando ci sono i
= figli. La nuova costruzione, a cinquanta
= metri dalla casa residenziale, è essa
= pure su disegno dell’Arch. Leonardo
E Ricci, al quale tanto dobbiamo per le
^ realizzazioni del « Monte degli Ulivi ».
= Si inserisce bene nel vario complesso
=' ' di edifici, fra gli ulivi e le roccie e
= nell’insieme di tutto il paesaggio.
= E opera anche dei muratori che vi
= hanno lavorato con grande amore.
= Questo gruppo di operai è meraviglioE so per lo spirito, oltreché per la capa= cità, con cui costruiscono. Son veri
= amici che capiscono le situazioni e
= « vogliono » collaborare col « Servizio
= Cristiano » non solo per il salario ma
= oltre ad esso. Pronti e spontanei sem= pre in tutto, come continuamente con^ statiamo.
= Quando sul lavoro o la sera in piaz= za ci rivediamo è una gioia.
= La casa, come ognuno sa, è come
= una creatura che cresce, che ogni gior^ no propone nuovi problemi in ogni
= parte da eseguire, poi alla fine è adul= ta, cioè pronta per il suo scopo. I mu= ratori ed i manovali ne sono come i
= genitori che la « tiran su » e la forma= no in ogni sua parte. E quando fra
= questi « genitori » v’è piena intesa e
E con essi si discute ogni problema la ca= sa vien su bene anche « spiritualmen= te », cioè dice qualcosa di vero anche
= con i suoi muri e le sue pietre.
I RIVOLUZIONE SI’, MA QUALE?
= Da anni ed anni abbiamo sempre
= pensato e detto che il mondo deve
= cambiare radicalmente o perirà. Ne^ cessaria dunque una rivoluzione, non
= nel senso violento perché la violenza
= non muta nulla, anzi ci mantiene nel
= « vecchio » anche se mutano le strut
= ture attuali che sono di per sé la peg= giore violenza.
= Tutti parlano di rivoluzione oggi. E
= necessario. Non si logori però il discor= so in vane ripetizioni ed in slogan che
= stancano! Un ospite dopo aver visitato
= le varie realizzazioni del « Servizio
= Cristiano » ebbe ad esclamare « questa
= è un’opera rivoluzionaria ». Tuttavia,
= noi ci sentìàflào di àver fatto ben po= co. Ci autocritichiamo sempre perché
= tutte le nostre attività insieme non so^ no che una goccia d’acqua in un im= menso oceano.
= Siamo, però, convinti di una cosa:
= che ci son due modi di essere rivolm
= zionari: quello di chi si sforza in azio= ni, in piccole azioni di portare avanti
= un discorso nuovo, e quello di chi
= giucca alla rivoluzione con parole su
= parole, ma senza pagarne alcun costo.
= 1 primi vanno avanti a piccoli passi e
= attraverso gli atti fanno un discorso
= valido. Vi è, invece, come altrove av= viene, chi parla molto e perfeziona il
= discorso, però questo non si « incarna »
= mai. La cosa è più facile, però il di
= scorso non ha il suo naturale control= lo con la realtà la quale è cruda assai,
= proprio nella nostra attuale società,
j V’è a Riesi -u'n popolano, veramente
= grande oratore per dono naturale.
S Quando tiene comizi la piazza è pie
S na, però di voti il suo partito n’ebbe
= 46!’ La gente dice « parla molto bene,
= ma che fa tutto il giorno? Non lavora
= mai ». Di discorsi disincarnati ce ne
= sono molti: questi possono soddisfare
= perché le parole non incontrano osta= coli, ma un discorso che si incarni nel= le azioni è meno veloce, meno soddi= sfacente per l’intelletto, però è più ve= ro perché sottoposto giornalmente ad
= una critica serrata, quella delle circo= stanze storiche, ambientali e del fan= go immenso del mondo in cui viviamo.
= Quest’ultimo tipo di rivoluzione, poi,
= tiene al primo posto l’uomo e le sue
S necessità urgenti, sia chi egli sia, per= (continua a pag. 7)
7
28 luglio 1972 — N. 29-30
pag. 7
Nei borghi vaidostani
messaggeri deila Buona Novella
Giorni a Riesi
Quanto son belli, sui monti, i piedi del
Messaggero di buone novelle, che annunzia
la pace, ch^è araldo di notizie liete, che annunzia la salvezza... » (Isaia 52: 7).
Tornando dal mìo giro di visite e evangelizzazione neH’alta Valle d’Aosta, mi sono fermata anche a Viering, borgata a valle di Aosta e poco distante da Montjovet e da Verrès.
Quanto avrei voluto passare almeno due o tre
giorni in quel luogo dove il nostro caro padre fu maestro-evangelista durante sette anni! Purtroppo ho dovuto limitare la mia visita a Viering rimanendovi soltanto pochissime ore. Però ho avuto la gioia di rivedere la
nostra cara cappella valdese con alloggio che
nel passato serviva dì abitazione al maestroevangelista ed alla sua famiglia. In quel tempo quello stabile non aveva né acqua, ne luce
elettrica, né gabinetti igienici. Ora invece è
stato fornito di tutti quei conforti moderni,
con docce e lavandini con acqua corrente! E’
stato anche tutto ripulito dentro e fuori e i
balconi e le porte sono stati riverniciati. Sembra veramente uno stabile nuovo e tutta questa bella trasformazione è dovuta all’interessamento dei nostri fratelli di Aosta e di Ivrea.
Hanno affrontato una spesa non indifferente,
e per finire di pagare quella somma assai
considerevole, avrebbero bisogno dell’aiuto di
fratelli delle nostre Valli che abbiano a cuore
l’opera del Signore in Val d’Aosta.
Intanto, in quello stabile vi sono già dieci
giovani stranieri venuti da sei paesi diversi,
e cioè dalla Finlandia, dalla Svezia, dalla Danimarca, dalla Germania, dalla Svizzera e
perfino dagli Stati Uniti d’America!
Dalla mattina alle otto fino alla sera alle
sette, questi giovani vanno fuori a distribuire
in tutte le borgate e villaggi circostanti « il
buon seme » della Parola di Dio. avevo lasciato anni fa tre pacchi di opuscoli in un
armadio della Cappella, non avendo potuto
allora riuscire a fare una completa distribuzione. Quei cari giovani mi hanno subito
preso quei pacchi, intatti da tanto tempo, li
hanno aperti e poi m’hanno promesso di distribuire tutto il loro contenuto. Sia lodato
Iddìo di avere ispirato quei giovani a venire
a Viering! Il loro gruppo dipende dall'Associazione Biblica Internazionale, la cui sede
centrale è nel Belgio e che a gruppi manda
quei messaggeri dell’Evangelo di Cristo nelle
varie regioni della nostra Patria. Il lavoro di
quei cari e zelanti fratelli forestieri sarebbe
però molto più soddisfacente ed efficace se
ogni gruppo fosse accompagnato da un giovane delle nostre valli animato da un grande
amore per l’opera di evangelizzazione e capace di parlare inglese con quei giovani, per
servire loro da guida e da interprete. Tutti
quei giovani sanno l’inglese, ma pochissimi
l’italiano e il francese.
Voglia Iddio ispirare alcuni giovani vaidesi che leggeranno questo mio appello, a rispondervi con entusiasmo e a mettersi subito in relazione con quei cari giovani stranieri che ora sono a Viering, in Val d’Aosta
e il cui capo-gruppo è Daniel Bachmann, un
giovane svizzero.
Domando al Signore che almeno tre o quattro giovani delle nostre valli rispondano senza indugio e con gioia all’appello.
Fiduciosa che la mia preghiera venga esaudita, ringrazio in anticipo quei giovani valdesi per la loro risposta alla chiamata che
Dio rivolge a loro in questo momento di eccezionale importanza per la nostra opera di
evangelizzazione in Val d’Aosta, favorito dalla stagione estiva in cui si possono fare tante
belle gite in quella valle e anche altrove.
Paolina Bert
Casa di Riposo
10065 San Germano Chisone (To)
(segue da pag. 6)
ché del pane tutti han bisogno. E Cristo è morto per Fuomo, non per le nostre idee. Nel dire quest'ultima parola
la direzione della « rivoluzione » è
chiara. È quella dell'agape che va
sempre al dilà di ogni nostro progetto anche se a passi lenti la inseguiamo
con l’angoscia nel cuore, coscienti di
esser di fronte ad essa, comunque e
sempre « servitori inutili ».
VISITE
Fra le tante visite che, quasi quotidianamente, abbiamo, vogliamo ricordarne due di grandi amici e collaboratori del « Servizio Cristiano »: la
prima, quella del Past. Georges Richard-Molard e della sua Signora. I
due conoscono la Comunità d'Agape
fin da quando lavoravamo al Centro
Ecumenico, e Fhanno poi seguita nel
suo evolversi con profondo amore dando un grande contributo di pensiero
da un lato e di finanze dall'altro. La
Signora dirige il gruppo degli amici
francesi di Riesi e giornalmente lavora pei’ sostenere le nostre iniziative.
La seconda visita è quella del sig. Paul
Oertli. Egli da molti anni ha preso a
cuore il progetto e la realizzazione della piccola industria di frese che ora
è nel suo terzo anno di vita. Egli viene ogni anno più volte a visitarci per
darci consigli e collaborazione diretta
Domenica 30 luglio, ore lì
Incontro
al Colle delia Croce
sia per la produzione che per il mercato. Questa volta il suo particolare
interesse è nella costruzione della fabbrica che è già avanzata e che sarà ultimata entro quattro o cinque mesi.
La costruzione nuova darà più spazio
agli operai ora in locale provvisorio
(parte della Scuola Meccanici) troppo
ristretto e di conseguenza la Scuola
stessa avrà intieramente i suoi locali.
Il Sig. Oertli è venuto, questa volta,
accompagnato da uno dei pastori della sua chiesa (il sig. Flachsmann) e
dal figlio Christoph.
Ambedue le visite ci sono state estremamente utili soprattutto se si pensa
al periodo di crisi che attraversiamo.
La loro partecipazione ai nostri problemi ed il loro affetto ci hanno fortemente incoraggiati e sostenuti.
CENTRO DIBATTITI
Sabato 24 giugno abbiamo concluso
il ciclo di conferenze con una relazione del Dr. Fulvio Rocco su « Stampa,
Radio-TV e informazioni di massa ».
Egli ha fortemente interessato il pubblico presente sia con le informazioni
che con le argomentazioni date. Il dibattito che ha seguito è stato anche
buono; l’argomento, poi, è di così
grande importanza che siamo felici
che il Dr. Rocco ci abbia promesso di
ritornare fra noi nel prossimo futuro.
Riprenderemo il programma di conferenze e di dibattiti a settembre, o
prima, poiché riteniamo thè questa
attività abbia una certa rilevanza.
T. V.
Cronaca delle Valli
Angrogna
Prossimi culti al Bagnau:
Domenica 30 luglio, ore 14,30; domenica 13 agosto, ore 14,30; domenica 27
agosto, ore 14,30.
Tutti sono cordialmente invitati ad
unirsi agli abitanti dei nostri alpeggi
per questi culti, in particolare quanti,
approfittando della nuova strada, si
recano in gita alla Vaccera.
Luserna S. Giovanni
BAZAR
L’annuale bazar organizzato dalla
Società di Cucito « Le Printemps »
avrà luogo domenica 30 c. m. alle
ore 15 nella Sala Albarin.
Tutti sono cordialmente invitati ad
intervenire ed a portare amici e conoscenti.
Pomaretto
La gioia dei coito
Domenica 16 al culto del mattino;
messaggio del fratello F. Gagliani, gestore della Claudiana di Torre Pellice
e per lunghi anni impegnato nell’opera della diffusione della Bibbia e di libri di pietà evangelica.
Un gruppo internazionale di giovani
colportori dell’« Operazione mobilitazione » ha dato testimonianza col canto e con messaggi. Di questi giovani
parleremo ancora in un prossimo numero, per far conoscere la loro opera,
l’azione compiuta alle Valli e fuori.
Oltre al gruppo di questi giovani al
culto c’era una comitiva di tedeschi
guidata dal Pastore Grefe; anch’essi
hanno allietato il culto con il canto ed
un messaggio.
Un culto così è molto più ricco, più
seguito che quello « togato »; su questa via continueremo a muoverci per
una maggiore partecipazione nella preghiera spontanea, partecipazione di corali ecc.
Un grazie a tutti per la testimonianza data.
Rorà
A Dio piacendo domenica 13 agosto
avrà luogo l’annuale BAZAR organizzato dall’Unione Femminile. Ringraziamo fin d’ora quanti collaboreranno alla buona riuscita e rivolgiamo
un cordiale invito a tutti.
Torre Pellice
ARTURO VOLA ci ha lasciali alfetà di 75
anni : eravamo abituati a vederlo operoso e
gioviale, dopo una vita dedicata al lavoro ed
alla famiglia, e la sua scomparsa repentina
ha commosso tutti.
Aveva dedicato gli anni del suo riposo a
varie attività sociali, e lo ricordiamo nella
sua veste di consigliere comunale e nella sua
attività presso la Cooperativa Elettrica locale,
ma vogliamo soprattutto ricordarlo nella sua
funzione modesta, ma non meno importante,
dì cassiere della Società di Studi Valdesi, a
cui da ormai venti anni egli dedicava il suo
fattivo interesse. In tale compito, scrupoloso
e precìso, egli ha costantemente collaborato
col seggio della Società, pronto a giovare con
le sue esperienze, ed anche col suo ’humour .
Lo ringraziamo vivamente, e nel suo ricordo esprimiamo alla sua compagna, ai fi
glioli, a tutti i parenti i sentimenti della più
viva simpatia.
H.
Esercito della Salvezza
CAMPO BIBLICO INTERNAZIONALE
A Bobbio Pellice 45 giovani salutisti
provenienti da nove paesi differenti e
40 giovani italiani si riuniranno presso
il Centro Montano della Gioventù
(Esercito della Salvezza) dal 1” al 10
agosto. Il Maggiore Metcalf, responsabile dei corsi per corrispondenza a
Londra, darà gli studi biblici in inglese con traduzione simultanea.
I campisti formeranno diversi gruppi di canto e musica (fanfara, tamburelli, chitarre, musica moderna) e daranno serate pubbliche a Bobbio e a
Torre Pellice alle quali la popolazione
delle Valli è cordialmente invitata.
«GOOD NEWS» DA LONDRA
NELLE VALLI
In occasione del Campo Biblico Internazionale, il complesso moderno ufficiale dell’Esercito della Salvezza in
Inghilterra « Good News » (Buona Novella) sarà per dieci giorni nelle Valli
e darà, da solo o con la partecipazione
dei campisti, programmi di alta qualità.
Formatosi 15 mesi fa sotto la direzione del capitano Bill Davidson,
« Good News » ha acquisito qualità eccezionali. La Radio-Televisione Britannica, presso cui « Good News » si esibisce frequentemente, ha da poco
emesso un primo disco con 12 canti
registrati per programmi speciali. Lo
scopo del gruppo è di dare alTEvangelo un linguaggio ed espressione accessibili ai giovani d’oggi.
Sono previste le seguenti serate:
Bobbio, sala del Centro salutista, il 1“,
6 e 8 agosto, ore 20,30 e Torre, ore 21:
giovedì 3 (Piazza Muston) e sabato 5
(Aula Magna).
Torre Pellice 1-3 settembre 1972
Terzo incontro
franco-svizzero-italiano
dei matrimoni misti
Incontro diretto da un’équipe italo-francese con Padre René Beaupère.
Quota per il soggiorno completo (sera del
1 settembre - pomeriggio del 3 settembre),
presso la Foresteria Valdese di Torre Pellice:
L. 5.000.
L’invito è rivolto a coppie di fidanzati e di
sposi, a preti e pastori - a membri di chiesa
che si interessano al problema.
N.B. - Per informazioni più dettagliate e
per l’iscrizione spedire a « Gruppo Focolari
Misti », presso Claudio Bertolotto, Via Agnelli 3, 10064 Pinerolo (Torino).
A Frali sacrificano uomini e mucche
ai flippers e alla speculazione edilizia?
^ La costruzione deU’acquedotto comunale
di Angrogna è terminata per il primo lotto,
alimentato dalla fresca acqua proveniente dai
Marchetti; imminente l’allacciamento del secondo lotto, per cui l’arteria principale dalla
località Barbetta porta al grande serbatoio del
Serre.
^ A Pinerolo è stato inaugurato il nuovo
parco comunale, l’ex Villa Prever.
^ A Torre Pellice ha iniziato l’attività
estiva il Parco giochi Robinson, sotto la guida di quattro insegnanti animatori. Finanziato dal Comune, con la collaborazione della
Provincia, sarà in funzione fino alla fine di
agosto. Funziona pure un servizio di refezione.
^ A Torre Pellice la SIP ha installato tre
cabine telefoniche pubbliche (Appiolti, Piazza Cavour, Piazza Gianavello) a gettoni : analoga misura a Luserna S. Giovanni.
^ Con ordinanza del sindaco, da domenica 16 luglio è stata disposta la chiusura festiva totale dei negozi a Porosa Argentina. La
disposizione — che ci pare giusta e opportuna ___ ha trovato opposizioni, anche se risul
terebbe maggiore il numero di esercenti e
clienti favorevoli alla misura. Analoga chiusura domenicale è stata stabilita dal Comune di
Luserna S. Giovanni.
Signor direttore,
chiediamo la Sua ospitalità per far conoscere che a Ghigo di Prali sta consumandosi
uno degli ultimi atti del dramma del centro
storico e del suo sacrificio ad interessi privati.
Nella piazzetta della fontana la ruspa sta
demolendo un vecchio e tipico edificio per
far posto ad alcuni metri quadrati di anonime camere d’affitto ed anzi pare che perfino
il vecchio passaggio, rappresentante una parte integrante del vecchio nucleo del paese e,
quindi, per consuetudine patrimonio comune,
venga demolito.
Ora qui non si vuole discutere tanto sulla
legittimità dell’intervento edilizio (anche se la
conservazione del poco che ancora è da salvare, e specie dei nuclei storici, è inderogabile dovere degli amministratori) né sul diritto del proprietario a voler anteporre i propri interessi a quelli di tutta la Comunità (anche se il proprio diritto non può pregiudicare
il diritto altrui, ivi compreso il diritto di
non vedersi sovvertito il tradizionale ambiente di vita).
Piuttosto si vuole riaffermare che non è
demolendo il paese per far posto a camere
d’affitto che si tutelano i diritti dei residenti
c quelli dei villeggianti e neppure che per
incrementare il turismo e ridare lustro ad
un paese sia sufficiente fornire ricettività a
qualsiasi prezzo eliminando o sovvertendo tutto il contesto di tradizione e di storia.
Nello scempio (« Risanamento Conservativo»!?) che si sta perpetrando e’è infatti un
elemento assai più grave che deve essere sottolineato: per far posto a locali più remunerativi è stata sacrificata una delle ultime
stalle del paese contribuendo ancora una volta a mortificare e rendere difficili quelle che
erano le tradizionali attività del paese, quelle
che ne giustificavano l’esistenza e che ancora
oggi riteniamo abbiano un loro ruolo fondamentale ai fini dello sviluppo generale della
Comunità montana.
Ora pensare che si possa, senza infliggere
colpi mortali alla vita ed alle strutture di un
paese di montagna, stravolgerne la vita per
dargli altre dubbie forme di economia, ci pare assolutamente pericoloso: non si .salvaguarda, non si dirige lo sviluppo di un paese se non salvandone quei valori che la sua
gente si è creata, tra difficoltà e col proprio
lavoro, se non adeguando il diritto turistico
al diritto di chi ha nel paese la propria vita
e il proprio diritto di vivere.
E neppure si vuole pensare a creare delle
(c riserve » dove chi vive in città possa andare la Domenica e vedere il contadino nel
suo duro lavoro.
Il problema, grande e diffuso purtroppo, è
quello di salvare quell’equilibrio ormai precario, se non già compromesso, e di guidare
con la partecipazione di tutti, anche di chi
attualmente non ha voce e mezzo per farsi
ascoltare, lo sviluppo dei paesi montani in
modo che il patrimonio di tutti non venga
affogato nel cemento e in malintese e precarie nuove forme di economìa; il problema è
di non far si che quello che in un millennio
è stato costruito e strappato alla terra venga
distrutto, ridotto a sterpi in un paio di anni.
E questo, si badi, nell’interesse anche di
chi in montagna cerca il rifugio dalle aberrazioni cittadine, infatti già ora in quelli che
fino a pooo tempo fa erano terreni coltivati
serpeggiano le vipere sempre più numerose e
vanno perdendosi sentieri di belle passeggiate.
Lo sviluppo di un paese è naturalmente
combattuto tra il vecchio e il nuovo, ma ogni
passo intrapreso non è un fatto puramente
amministrativo da decidersi nel chiuso di una
stanza, ma poiché è un intervento che implica l’utilizzazione del territorio e dello stesso
paesaggio, cioè di un bene che è di tutti, deve essere autonomo e comunque soggetta alla
verifica di tutta la Comunità ed ha valore
solo nella misura in cui riesce ancora ad
esprimere i valori culturali che possono dare
un senso concreto ad una comunità montana.
E’ comprensibile d’altra parte che piccole
comunità siano soggette al ricatto, alle pressioni ed al miraggio di una facile economia
di chi può farsi ascoltare e che spesso esprime interessi estranei alla Comunità, ed è auspicabile che una opportuna attività comprensoriale possa instradare le attività delle valli
in modo più organico ed indipendente e fornire gli strumenti tecnici che le assicurano
la sopravvivenza.
Resta però il grave fatto che interventi
non ponderati sul paesaggio e sul centro storico, costruzioni avventate, possano innescare
reazioni a catena difficilmente controllabili
sul piano economico e urbanistico. E non si
dovrebbe arrivare, in un paese di montagna,
a sacrificare le mucche per i flippers! Di questo sarebbe bello che tutti si convincessero,
villeggianti e residenti, a cominciare dagli
Amministratori!
Seguono 21 firme
Ghigo di Prali, 23 luglio 19 i 2
del Corpo pastorale
Il corpo pastorale è convocato per
SABATO 12 AGOSTO 1972
alle ore 9,30 nell’aula sinodale
della Casa Valdese di Torre Pellice per procedere alTesame di
fede del candidato Ermanno
Genre.
Il sermone di prova del candidato avrà luogo nello stesso
giorno, alle ore 18, nel tempio
dei Coppieri di Torre Pellice.
Il corpo pastorale è convocato per
SABATO 19 AGOSTO 1972
alle ore 9,30 nell’aula sinodale
della Casa Valdese di Torre Pellice con il seguente ordine del
giorno:
1. Progetto di concordia luterano-riformata (relazione Ricca, Subilia, Vicentini allegata al
rapporto al Sinodo);
2. Preparazione dei ministeri locali;
3. Consacrazioni.
Si prevede che la seduta proseguirà anche nel pomeriggio.
Il moderatore
Neri Giampiccoli
Associazione
Amici del Collegio
Viaggio in Palestina. — Per questo
viaggio sotto l’egida della nostra Associazione le iscrizioni si chiuderanno il
31 luglio p. v. Dato il numero di partecipanti già iscritti la partenza ed il ritorno avverranno aH’aeroporto di Caselle per chi risiede nella nostra zona.
Per iscriversi e per informazioni rivolgersi alla Duomo Viaggi e Turismo
S.p.A. via S. Antonio, 5 - 20122 Milano,
oppure telefonare al 91.277 - Torre Pellice - Dott. Gardiol. Il viaggio in Palestina inizia il 1° settembre e termina il
10 settembre.
Seduta Sociale 1972. — E’ stata fissata per la domenica 27 agosto. Il programma verrà comunicato con il Bollettino che uscirà a giorni.
PERSONALIA
A Roma si sono sposati Ondina Corsani e Paolo Ribet. A questa futura
coppia pastorale il nostro augurio fraterno.
Ili
AVVISI ECONOMICI
TORRE PELLICE vendesi villa con parco
adatta anche ristorante. Telefonare (ore
pasti) 91281 oppure geom. Poet, 91594 (ore
ufficio).
La famiglia della compianta
Rachele Eynard
vedova Gaydou
riconoscente ringrazia tutte le gentili
persone che in vario modo hanno preso parte al suo dolore. Un ringraziamento particolare al Dott. Pellizzaro,
ai Pastori L. Rivoira e A. Taccia ed
ai vicini di casa.
Luserna S. Giov., 22 luglio 1972.
La famiglia del compianto
Arturo Vola
riconoscente per le numerose prove
di simpatia ricevute per la perdita del
suo caro, ringrazia tutti coloro che
con la loro presenza, scritti e fiori,
hanno preso parte al suo grande dolore. Un ringraziamento particolare
ai Pastori Coisson e Sonelli, ai Dottori De Bettini e Gardiol, alla Direzione della Soc. Coop. Luce Elettrica,
alla Direzione ed amici del C.A.I. ed
ai vicini di* casa.
Torre Pellice, 25 luglio 1972.
Il 15 luglio, all’età di soli 42 anni,
è improvvisamente mancata
Frida Rostan in Pascal
Il marito, la famiglia e i parenti
tutti ne danno il doloroso annuncio
e ringraziano quanti sono stati loro
vicini in questa occasione.
« Venite a me, voi tutti che siete
travagliati e aggravati, e io vi
darò riposo »
(Matteo 11; 28)
Prali, 17 luglio 1972.
« L’anima mia si acqueta in Dio
solo,
da Lui viene la mia salvezza »
(Salmo 62: 1)
È piaciuto al Signore richiamare
a sé
Alberto Rostan
Afflitti ma fidenti nelle promesse divine lo annunciano a funerali avvenuti la moglie Clémence Albarin, i figli: Wanda, Giorgio, Franco con la
moglie Donatella Guerrini e il piccolo Jean Daniel, la sorella Alice Nisbet,
suocera, cognati e parenti tutti.
Torre Pellice, 23 luglio 1972.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia del compianto
Giovanni Pascal
commossa per la grande dimostrazione di stima e di affetto tributata al
suo caro, nell’impossibilità di farlo
singolarmente ringrazia tutti coloro
che partecipando al funerale, con
scritti, con parole di conforto, sono
stati vicini nella triste circostanza.
Un grazie particolare al Past. G. Bouchard per le sue parole di solidarietà
cristiana e di fraterna simpatia.
« Non temere, perché io sono teco »
(Isaia 41 ; 10)
Pomaretto, 14 luglio 1972,
8
■pag. 8
N. 29-30 — 28 luglio 1972
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
Mac Govern...
La Convenzione nazionale del partito democratico americano si è ormai
conclusa da 15 giorni colla vittoria finale di Mac Govern alla candidatura
alla presidenza degli Stati uniti. A coso fatte, si può dire che la questione
era piuttosto scontata dato che il suo
incrollabile impegno a far .cessare entro brevissimo tempo la guerra in
Vietnam — qualora egli venga eletto
presidente — ha trovato il consenso di
gran parte del suo elettorato, che si
sta sempre più rendendo conto dell’infamia di questo conflitto. (E’ di
verità contro la menzogna. Torna a
casa America, torna agli ideali dei fondatori di cui ci siamo nutriti fin dall’inizio. Dalle segretezze e dagli inganni degli uomini che stanno al comando, tu, America, torna a casa. America, torna a casa dalTIndocina dove sono stati mutilati i nostri soldati assieme ai nostri ideali, torna a casa dallo
spreco di spese militari; torna a casa
America dai pregiudizi di razza, di sesso o di età, dalla solitudine dei vecchi
poveri e dalla disperazione degli ammalati trascurati. Torna a casa alla
fede e alTaffermazione del nostro sogno, alla convinzione che abbiamo una
questi giorni la notizia, diramata dalle nazione da far progredire, alla convinagenzie Reuter e A.F.P. dell’ultimo « ri- nncsiamn cercare un mondo
trovato » statunitense, e vale a dire
della « bomba al propano » che, esplodendo, sopprime totalmente l’ossigeno
dell’aria circostante, procurando la
morte per asfissia di chiunque si trovi
anche in un bunker sotterraneo non
raggiungibile dalle bombe normali.
Per non parlare della nuova bomba da
una tonnellata chiamata, con un umorismo alquanto dubbio, « Fat Albert »
ovvero « il grasso Alberto »).
In effetti, anche il presidente Nixon,
in occasione della sua precedente camp>agna presidenziale, aveva promesso
la fine della guerra in Vietnam se fosse stato eletto, ma è fuor di dubbio
che, sotto questo punto di vista, la de
SCIENZI ATI
E MILITARI
(da L’Espresso) - Da oltre sette anni, a Fort Belvoir e ad Alexandria
(USA) un gruppo composto in massima parte di scienziati, coadiuvati da
un drappello di militari d’alto grado
che dispongono di fondi praticamente
illimitati, insieme con un’intera divivione corazzata dell’esercito, prepara
e studia le situazioni belliche che presumibilmente si creeranno nei prossimi 20-25 anni, assegna compiti precisi alle forze armate del paese... e predispone il ruolo degli Stati Uniti in
conflitti potenziali fra nazione e nazione, blocco e nazioni, blocchi e blocchi. In una gigantesca « mappa mondiale », i dati forniti dai numerosi
centri di ricerca del dipartimento della Difesa, corroborati dalle « manovre
simulate » nel teatro di guerra minimo
attorno a Fort Belvoir, fanno accendere o spegnere i punti nevralgici degli eventuali scontri, conducono vere
e proprie battaglie teoriche, mettono
a prova le nuove tecniche, aggiornano
continuamente l’apparato di difesa-offesa che poi il Pentagono trasmette al
presidente perché venga tradotto in
termini di politica generale.
zione che possiamo cercare un mondo
più nuovo. Questa terra è la vostra
terra, è la mia terra... è stata fatta
per te e per me. Che Dio ci dia la saggezza di apprezzare questa buona terra, per affrontare la grande sfida che
ci richiama nella nostra casa ».
...e Andreotti
Il Popolo, organo della Democrazia
Cristiana, ha pubblicato nei giorni
scorsi il testo integrale del discorso
che il capo del governo italiano di
centrodestra, Andreotti, ha pronunciato in pieno Senato nel corso delle sue
dichiarazioni programmatiche. Egli, in
sostanza, ha detto di « non condividere » il programma di Mac Govern e
che inoltre « non gli piace » il punto
« in cui si afferma che bisogna assolutamente chiudere a giorni la guerra
in Vietnam ». Egli ha poi soggiunto
che « forse il ministro degli esteri
(italiano) mi rimprovererà » dato che
si è evidentemente reso conto — lui
così « prudente » e diplomatico — di
aver clamorosamente contravvenuto
alla prassi delle relazioni internazionali che impone la più stretta neutralità dei governi esteri in materia elettorale. Un esempio lo abbiamo avuto
poche settimane fa allorché il governo
israeliano ha pubblicamente sconfessato il suo ambasciatore a New York,
Rabin, per aver egli detto in un discorso che gli ebrei americani dovrebbero
dimostrare la loro gratitudine per la
assistenza che Nixon ha dato a Israele.
Le reazioni non hanno tardato a farsi sentire. Il quotidiano americano
« International Herald Tribiine » ha
dato grande rilievo alla cosa, definendola « senza precedenti », non ricordando un altro attacco di un leader
italiano contro un candidato presidenziale americano.
Anche « Le Monde », quotidiano francese, in un titolo in testa alla prima
pagina ha denunciato l’interferenza di
un presidente del consiglio negli affari elettorali di un altro paese e ha
contemporaneamente posto in rilievo
che « pur senza nominarlo », ha reso
omaggio a Nixon.
Pochi giorni prima del suo discorso,
in occasione della visita in Italia del
segretario di Stato americano Rogers
(carica pari a quella di ministro degli
esteri), veniva sottolineato in un comunicato 1’« allineamento » del governo alla politica nixOniana. Il giorno dopo le suddette dichiarazioni in Senato,
Andreotti riceve dal governatore reazionario e razzista della California —
l’ex attore Ronald Reagan — le espressioni del SUO compiacimento per la sua
presa di posizione contro « l’isolazionismo » di Mac Govern.
Ci siamo voluti allacciare all’argomento precedente solo per dimostrare
e confermare la già prevista politica
di involuzione conservatrice del nuovo
governo il quale, sostenuto da un’infima maggioranza, è già stato inquinato dai voti fascisti. Clamoroso esempio, l’elezione del socialdemocratico
Preti alla presidenza della Commissione bilancio della Camera con 27 voti.
Ne erano necessari, per eleggerlo, 24. I
4 deputati fascisti hanno dichiarato di
averlo votato. Dunque, c’è stato almeno un voto fascista determinante.
Qualcuno potrebbe però obiettare che
— secondo le dichiarazioni dei 24 deputati elettori della maggioranza —
nessuno di questi ha dichiarato di non
aver votato per Preti, di modo che i
voti della « destra nazionale » avrebbero dovuto essere tre, e solo aggiuntivi. C’era comunque un modo semplicissimo per rifiutare quei voti. Preti
avrebbe potuto dimettersi dichiarando
di rifiutare voti fascisti eventuali, per
essere successivamente eletto dalla
sua maggioranza. Questo, però. Preti
non ci risulta lo abbia fatto.
Roberto Peyrot
Edizioni muitinazionaii di iibri
per i’infanzia in Asia
{segue da pag. 4)
gliere in vista di questa cooperazione?
Erano da escludere i manuali scolastici, i quali seguono necessariamente
programi nazionali e rispondono a esigenze specifiche. Gli esperti ritennero
che si dovesse dare la priorità a libri
illustrati atti a sviluppare la comprensione reciproca fra i bambini delle
varie nazioni dell’Asia, e a fornir loro
letture istruttive — ma non scolastiche — in settori quale la scienza, in
cui le opere per i giovani sono purtroppo rare.
I due primi volumi che dovevano
apparire nel quadro di questa esperienza, furono indicati nel luglio 1971,
nella seconda riunione degli esperti
asiatici; si tratta di due libri già assai popolari fra la gioventù giapponese, Taro e i suoi amici, di Keiko Murayama con illustrazioni di Seij chi Horiuchi, e La storia del sangue, scritta
e illustrata da Seijchi Horiuchl.
LA SCELTA DELLE LINGUE
In quella riunione si dovettero pure scegliere le lingue nelle quali sarebbero apparsi i libri di quest’edizione multinazionale. Non era cosa facile
come sembra a prima vista; infatti
molti paesi asiatici utilizzano due o
più lingue principali; l’India, ad esempio, non ne ha meno di quindici. Si
era convenuto che per i due libri di
saggio l’edizione sarebbe stata fatta in
una lingua sola per ciascun paese, con
la possibilità di pubblicare ulteriormente edizioni bilingui in paesi come
l’Afghanistan, ove si parla il pasHto e
il dari.
Per cominciare le tirature saranno
fra le 500 e le 1000 copie per ogni versione linguistica, con la possibilità di
procedere in seguito a ristampe più
forti. Gli editori vedono in questa nuova iniziativa il mezzo per sviluppare
il loro mercato; soprattutto quando
più paesi condividono la stessa lingua
nazionale: ad es. il tamul, comune à
Sri Lanka (già Ceylon), all’India, alla
Malesia e a Singapore. In tali condizioni i costi editoriali possono essere
ridotti al minimo se i paesi interessati si accordano nell’utilizzare la stessa
RESPONSABILIr
TÀ DI DUE
PRESIDENTI
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
cisione e la sincerità di Mac Govern
abbiano ben altra consistenza.
Ma altri punti, nel programma del
neo candidato -democratico, ci paiono
degni di essere sottolineati: punti che
sembrano (se non sono solo promesse
elettorali, cui noi in Italia siamo così
adusi) effettivamente proporre una
scelta reale fra il sistema repubblicano e il democratico, che per il passato
hanno sempre finito per assomigliarsi
come due fratelli gemelli. I punti sono, in modo particolare, il programma
di ridurre il bilancio militare, entro
tre anni, da 78 a 32 miliardi di dollari, creazione di milioni di posti di lavoro e una profonda riforma fiscale
che consentirebbe alla Stato ulteriori
entrate annue di almeno altri sedici
miliardi di dollari, spremuti dalle grosse compagnie monopolistiche, dai
grandi industriali e dai potenti azionisti che, di tasse, pare ne paghino poche o punto. Si tratta di programmi
che solo fino a qualche tempo fa sarebbero parsi inconcepibili _ ma che
ora paiono non solo accettabili, ma anche auspicabili alla maggioranza degli iscritti al più forte partito americano, e questo anche se la cosa ha suscitato parecchie discordie interne ài
partito e nel campo dei sindacati.
Con questo, non vogliamo certo dire che Mac Govern sia un « rivoluzionario » o un sovvertitore del sistema
americano. Egli, anzi, è un uomo che
crede nel « suo » sistema e che cerca
di correggerne gli errori più vistosi;
il che dimostra per lo meno la sua
coerenza riformatrice, contro i miti
vecchi e nuovi delTAmerica.
Quali sono le previsioni per la battaglia presidenziale del prossimo novembre? Indubbiamente i repubblicani, da ironici e ottimisti quali
sono passati a una certa tensione. Ma
il presidente Nixon sa di poter contare (oltre che sulla più gran parte del
potere economico) sulla « maggioranza silenziosa » ed è certo del successo.
Tanto più se riuscirà entro il suddetto termine a comporre politicamente
la questione vietnamita, senza contare
__ come ha detto un esponente della
«nuova sinistra» americana
gli è riuscito « il colpo maestro di arruolare contemporaneamente Mao e
Breznev come suoi agenti elettormi ».
Mac Govern, a chiusura della Convenzione, ha pronunciato un discorso
di « accettazione » che ha intitolato
« Go home America », torna a casa
America. Si tratta di una specie di
« sermone laico »: non per nulla egli
è figlio di im predicatore itinerante e
per un paio di anni lui stesso è stato
pastore di una chiesa. Ecco un brano
del suo discorso; « —È il tempo della
Si tratta di
Johnson e Nixon,
ultimi due presidenti degli U.S.A. Su
« Le Monde » dell’8.7.’72, Maurice Duverger pubblica le seguenti osservazioni sulla loro politica nella guerra del
Vietnam.
« A partire dal 16.4.’72, i B. 52 bombardano sempre più violentemente la
Repubblica Democratica del Vietnam.
Mentre una parte di questi aerei attaccano Hanoi, gli altri intervengono contro il porto di Hatphong e numerose
altre località. Ufficialmente essi hanno
di mira solo obiettivi militari: ma praticamente vengono attaccati, senza discriminazione, i civili, le donne, i bambini, gli ospedali e le scuole. L’uso
delle bombe dirompenti contro le città, i sobborghi e i villaggi, dimostra
chiaramente che si cerca di terrorizzare la popolazione. A parte le dighe del
fiume Rosso (che non si confessa essere obiettivo di distruzione, v. l’articolo
"Una guerra crudele e spietata’’ su
questo settimanale, n. 21 del 28.5.’72),
la distruzione sistematica degli stabilimenti industriali e delle infrastrutture moderne tende a far morire d’asfissia il paese e a respingerlo in un sottosviluppo, dal quale esso cominciava
appena ad emergere a prezzo d’uno
sforzo gigantesco.
Che i dirigenti di Hanoi siano, in
parte, responsabili d’una tal situazione, è indiscutibile. Essi hanno 'giuocato un gran rischio nel tentativo di
trasformare la ritirata dei reparti USA
in una rotta dèi Sudisti, pochi rhesi
prima delle elezioni americane. È lecito pensare che, pazientando un poco,
essi avrebbero potuto cogliere con
molto meno sforzo, come un frutto
maturo, quel ch’essi hanno cercato di
prendere con la loro offensiva della
primavera 1972. Essi non potevano
ignorare che una tale offensiva avrebbe scatenato le violente reazioni di
Washington, sia che avessero fatto
perder la faccia agli americani, sia che
li avessero indotti a rispondere duramente. Provocare o accelerare la disgregazione del regime di Saigon, era
un obiettivo che valesse tanto sangue
e tante rovine? L’osservatore straniero, lontano, neutrale, è indotto a dubitarne. Eppure solo i combattenti
vietnamiti sono in grado d’esprimere
un giudizio valido sulla maniera di
concludere opportunamente la loro
guerra dei Trent’Anni.
Questo è il loro problema personale: il nostro è diverso. Il nostro problema riguarda la contraddizione fondamentale fra i valori dell'Occidente e
il modo in cui l’Occidente agisce in
Indocina. E qui sono in causa non solo gli Americani, ma anche gli Europei. Nel 1967, quando un presidente
già moltiplicava i bombardamenti del
Nord-Vietnam allo scopo di preparare
la riconferma del suo mandato da parte dei cittadini, venne denunciato quel
"genocidio elettorale”. Si dimostrò allora che gli USA s’impegnavano in
una pericolosa dissociazione del loro
democrazia politica,
nessuna ha mai
raggiunto un tale
grado d’orrore e di
cinismo ».
sistema politico. Infatti, mantenendo
la libertà e il rispetto altrui nel proprio territorio, e invece sviluppando
contemporaneamente i propri rapporti con una piccola nazione, sulla base
del terrore, gli USA facevano coesistere la “democrazia interna" con un certo tipo (diciamo cosi) di "fascismo
esterno”.
Una tale incoerenza, o dissociazione,
non era del tutto nuova: spedizioni coloniali, guerre di conquista e imperialismi vari, ne avevano già dato l’esempio. Ma mai l’incoerenza era stata cosi profonda, per l’ampiezza della violenza, per l’impunità dell’impiego di
questa, per la sproporzione dei mezzi
e dei fini. Fra le avventure coloniali
classiche e i bombardamenti sistematici del Vietnam, v’è quasi la stessa
differenza che fra l’imprigionamento
di taluni avversari politici ad opera
delle democrazie, e i campi di concentramento delle dittature. D’altra parte, l’opinione pubblica ha reagito, negli anni 60, contro il "fascismo esterno". In Europa, la condanna è stata
viva e profonda. Negli stessi USA, molti cittadini non hanno ammesso che i
principi della dichiarazione d’indipendenza vengano violati dalla nazione
che li ha proclamati. Infine la stanchezza, la chiaroveggenza, e forse anche i rimorsi indussero il presidente
Johnson ad interrompere il genocidio
e a rinunciare alle elezioni.
Il suo successore fa oggi esattamente il contrario, ed anzi in circostanze
aggravate. Il rimpatrio dei combattenti terrestri è compensato da una concentrazione di mezzi aero-navali mai
vista nella guerra del Vietnam. I bombardamenti e le distruzioni superano
tutto quanto è stato fatto nel passato.
Eppure quest’“escalation” della violenza appare sempre meno giustificata.
Certo gli USA dimostrano, in tal modo, d’esser capaci d'aiutare il loro protetto del Sud, anche senza truppe terrestri. Ma a che serve ciò, visto che
essi sono praticamente decisi a ritirarsi dall’Indocina, con tutte le conseguente che unci tuie decisione com~
porta nel quadro della loro nuova politica mondiale?
Cinque anni fa, Johnson poteva ancora sperare che i bombardamenti a
oltranza del Nord-Vietnam gli avrebbero dato la vittoria. Oggi Nixon è
perfettamente consapevole del contrario Egli non s’illude su quale sarebbe
la sorte futura di Thieu e del regime
di Saigon, se l’appoggio americano venisse a mancar loro. Egli fa uccidere
i civili, le donne e i bambini, fa distruggere le città, fa annientare le
strutture fondamentali d’un paese, non
per vincere la guerra, ma per^ guadagnar tempo: il tempo di farsi rieleggere. Fra le numerose violazioni dei
propri principi, che gli Occidentali
hanno commesse dall’epoca dell’insediamento, presso di loro stessi, della
VERSO L’UNIFICAZIONE
DELLA COREA?
La Corea del Nord e quella del
Sud hanno preso l’iniziativa d’accordarsi in vista d’una futura unificazione: è lecito sperare che, con pazienza,
il loro piano possa un giorno realizzarsi. Intanto si apprende però (da
una dichiarazione, fatta a Seul giovedì 29.6 da Marshall Green, segretario
di Stato aggiunto americano per gli
Affari del Sud-Est asiatico e del Pacifico), che « la sorveglianza dell’ONU in
Corèa verrà mantenuta a dispetto dell’accordo firmato fra le due Coree,
verrà quindi mantenuta, nella Corea
del Sud, la presenza di 40.000 militari
americani; ciò in virtù appunto di una
apposita decisione dell’ONU ». Nel passato (scrive Claude Monnier sul « Journal de Genève» del 7.7.’72), quando infierivano le ostilità fra URSS e Cina
da una parte, USA dall’altra, le due
Coree compivano l’ufficio di stati cuscinetti: tristemente la Corea del Nord
faceva da diga contro l’imperialismo
americano, quella del Sud contro l’imperialismo comunista.
« Il quadro è oggi diverso. Le grandi potenze, più modeste, meno pungolate dalla volontà d’espandersi, non
corrono quasi più il rischio d’urtarsi
frontalmente: ne segue che gli Staticuscinetto divengono inutili. Ciò spiega che i problemi inter-germanici sono avviati a soluzione, che la guerra
del Vietnam è virtualmente terminata, e che Seul e Pyongyang (le capitali delle due Coree, rispettivamente
del Sud e del Nord) possono accordarsi.
Meglio, anzi: esse DEVONO accordarsi. Perché quando le grandi potenze non hanno più bisogno dei piccoli
Stati, esse cessano ben presto ài sentirsi responsabili del loro destino. Ora,
in Estremo Oriente, il Giappone è
sempre più attivo: per i coreani quest’attivismo solleva ricordi antichi e
sgradevoli (la Corea fu colonia giapponese dal 1910 al 1945). (...) Forse gli
affaristi giapponesi, che già commerciano cop la Corea del Sud, non sono
estranei alla volontà di Seul di dialogare col Nord: si sa infatti che, quest’anno, anche il Nord farà commercio
coi giapponesi, per una somma di ben
cento milioni di dollari.
Lasciate così a sé stesse, di fronte
a un Giappone il cui espansionismo è
inevitabile, e di fronte a una Cina la
cui politica estera sembra loro divenuta improvvisamente opportunista, le
due Coree, troppo piccole, troppo deboli, hanno avuto un riflesso vecchio
quanto il mondo: l’unione contro il
pericolo ».
Noi non condividiamo in tutti i dettagli quest’analisi, ma ne apprezziarno
l’acutezza e, in grandi linee, la crediamo valida.
traduzione, la stessa composizione tir
pografica e la stessa impaginazione.
11 Giappone era indicatissimo per
servire da banco di prova a quest’impresa cooperativa: non aveva forse
pubblicato, nel 1969, 2.713 libri per l’infanzia, fra cui 740 traduzioni? Di fatto
il Centro di Tokio per lo sviluppo del
libro si è assunto non soltanto le formalità relative ai diritti d’autore per
i libri scelti, ma ha pure offerto generosamente di assumersi i costi di traduzione, di stampa, di rilegatura (in
brossura) di tutte le edizioni.
In tal modo, nel settembre 1971 le
opere designate, prima tradotte in
francese e in inglese, sono state spedite da Tokio ai servizi specializzati costituiti in ciascuno dei sette paesi che
partecipano all’esperimento. Al tempo
stesso pervenivano loro bozze di ogni
opera con le illustrazioni e l’indicazione dello spazio riservato al testo.
Nel gennaio 1972 le traduzioni erano
compiute, scelti i caratteri tipografici,
rivisti i testi e rispediti a Tokio per
esservi stampati.
PER LA CONFERENZA DI TOKIO
Questi lavori sono stati condotti a
spron battuto, poiché tutti i partecipanti tenevano a che i primi volumi
fossero diffusi durante l’Anno internazionale del libro. E pare che tale scopo sia raggiunto. Sono giunte a Tokio
le bozze, con il testo e le illustrazioni
al loro posto, pronti per la fotografia
e la stampa in offset. Secondo le speranze dei promotori almeno alcune edizioni sono già disponibili nel corrente
luglio, mentre editori provenienti da
tutta l’Asia si riuniscono a Tokio per
un’importante conferenza organizzata
dal Giappone nel quadro dell’Anno del
libro. E tutte le edizioni saranno esposte a Parigi, nell’ottobre prossimo, in
un’esposizictne internazionale che si
terrà contemporaneamente alla Conferenza generale dell’UNESCO.
Ma Ü progetto non si fermerà al
1972. Come molte altre iniziative prese durante l’Anno internazionale del
libro, esso proseguirà. Lo scopo perseguito è fornire regolarmente ai paesi asiatici libri di valore per l’infaiizia;
stampa e rilegatura delle varie edizioni saranno eseguite nel paese d’origine dell’opera. Nel corso dell’anno sarà messo in funzione un organismo
che coordini questo lavoro.
Taro e i suoi amici e La storia elei
sangue non sono dunque che i primi
di una serie di libri illustrati che i
bambini dell’Asia avranno presto la
gioia di leggere.
Francis Martin
{Informations UNESCO)
I papaveri
della Thailandia
Gran parte della droga che si consuma nel
mondo — riferisce VEcomond Press — proviene dalla Thailandia, ove i papaveri vengono coltivati dalle tribù ad un prezzo oscillante tra i 20 e i 30 dollari al chilo. Dopo k
trasformazione dell’oppio in morfina o w
eroina, effettuata in un grande centro urbano,
il prezzo si moltiplica per mille, raggiungendo
fino i 30.000 dollari al chilo. I campi di papaveri si trovano in regioni di montagna quasi inaccessibili, che praticamente sfuggono ad
ogni controllo di polizia.
Per combattere l’espostazione della droga
dalla Thailandia si è recato in questo paese
il rappresentante personale del Segretario generale deirONU Schiirmann, il quale, ha
predisposto delle misure per la lotta antidroga.
Con l’assistenza di esperti della FAO, le
popolazioni indigene impareranno a coltivare,
sulle terre dove oggi crescono i papaveri, altre piante capaci di assicurare dei profitti. A
questo proposito il Governo thailandese ha
gin impiantato stazioni sperimentali per. le
coltivazioni di ortaggi, frutta, caffè e per
l’allevamento dei montoni e dei bachi da seta.
Attualmente la FAO sta esaminando una domanda avanzata da Schürmann e studia la
possibilità di fornire assistenza nel promuovere colture di sostituzione. Da parte sua il
Governo ha avviato un programma di costruzione di strade tali da consentire il trasporto dei nuovi raccolti nei centri commerciali.
Una parte del lavoro di Schiirmann consiste nell’otlenere l’appoggio delle organizzazioni specializzate dell’ONU. Cosi, FOrganizzazione Mondiale della Sanità può cooperare
al recupero dei drogati; FUNESCO può aiutare nella campagna contro la droga; l’Organizzazione Mondiale del Lavoro può trovare
impieghi per i guariti dalla droga e reintegrarli nella società.
Naturalmente, per ottenere risultati apprezzabili occorrono molti fondi e pertanto
Schiirmann deve fare appello ai contributi
volontari dei governi. Per la maggior parte
del tempo — egli ha dichiarato — « io faccio
il mendicante ».
Il fondo delFONU ha potuto essere creato
grazie all’appoggio iniziale degli Stati Uniti,
che hanno versato un contributo di due milioni di dollari. Altri contributi rilevanti sono
finora quelli versati dal Canada (400 mila dollari) e dalla Francia (100 mila dollari).
(da ”Uincontro”)
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 . 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)