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Anno 116 - N. 45
14 novembre 1980 - L. 300
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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
% punti
di vista
Si sa con quanta abilità e spregiudicatezza gli americani sappiano applicare la tecnica pubblicitaria — r«ingegneria del consenso », come la chiamò negli anni ’30 uno dei suoi fondatori —
non solo ai vari rami della produzione ma anche alla promozione di un risveglio religioso o alla
campagna per le elezioni presidenziali. Lo si è visto ancora una
volta: rimmagine del candidato
« fabbricata » accuratamente sulla base di minuziose indagini di
mercato e collaudati meccanismi
psicologici, così come Hollywood
(il paragone oggi non è certo
stravagante) crea rimmagine di
un divo.
Altrettanto aderente ai canoni
dell’« ingegneria del consenso »
è stato l’uso di perfezionatissimi
sondaggi d’opinione fatto dall’uno e dall’altro candidato non
soltanto per identificare le « falle » nell’immagine dell’avversario secondo i gusti della gente,
ma anche le correzioni da apportare alla propria per renderla
più aderente alle aspettative degli elettori.
Ma c’è di più, avverte un recente articolo apparso su « Le
Monde diplomatique »: un ultimo sviluppo dell’« ingegneria del
consenso » si è prodotto durante i quattro anni deH’amministrazione Carter ed è consistito in
questo: fare della gestione del
potere una « campagna permanente», usando cioè i sondaggi
d’opinione come riferimento permanente per adattare la politica
del presidente alla « domanda »
della popolazione nel tentativo
di restare costantemente sulla
cresta dell’ onda dell’ opinione
pubblica.
Ora sulla cresta dell’onda si
è affermato Ronald Reagan. Non
pochi hanno espresso a questo
riguardo forti preoccupazioni
che non sono certo infondate:
basta notare per esempio che il
giorno dopo la vittoria di Reagan alla borsa di New York le
azioni delle industrie belliche
americane andavano a ruba. Ma
al di là delle preoccupazioni che
può far sorgere una svolta conservatrice, mi pare debba esprimersi questa: la scena politica
americana continuerà ad essere
dominata da un’estensione sempre crescente dell’« ingegneria
del consenso » applicata alla politica? Si stabilizzerà la linea
della non linea? La forma prenderà il posto del contenuto? La
popolarità diventerà più essenziale del rigore? Se a queste domande l’azione del nuovo presidente e del suo staff dovesse rispondere affermativamente, si
dovrebbe prevedere un danno incalcolabile: una politica senza
alcun solido punto di riferimento, una popolazione sempre più
depoliticizzata, una frantumazione progressiva dell’azione governativa interna ed esterna, una
identificazione del bene comune
con il 51% deU’opinione pubblica del momento.
A ben vedere, mi pare che
un’eventualità di questo genere
— che potrebbe essere contrastata solo da una personalità veramente autorevole quale non è
stato Carter né è Reagan — è
ancor più pericolosa della sottolineatura conservatrice e autoritaria impressa alla politica
americana dalle recenti elezioni
presidenziali e congressuali.
Davvero, non c’è da stare al;
legri.
Franco Giampiccoli
LA CONCLUSIONE DEL SINODO DEI VESCOVI SULLA FAMIGLIA
Il rifugio della casistica pastorale
Per non riformare i precetdenti insegnamenti (dottrinali e tener conto (delle situazioni reali,
si fa ricorso a soluzioni « pastorali » che spesso scadono nel giuridismo casistico
Penso che sia utile per parte
protestante riflettere sul merito
delle questioni dibattute durante il recente sinodo dei vescovi
cattolici. Non solo perché un tale
consesso rappresenta sempre un
evento che di per sé non deve
essere ignorato da alcuno, ma
soprattutto perché le questioni
dibattute sono di grande rilevanza per tutti noi sia in ordine alla loro natura, sia riguardo alle
loro ripercussioni in Italia.
Già altri hanno fatto alcune
osservazioni generali che qui vale la pena enunciare soltanto: il
sinodo ha un valore non decisionale, ma solo consultivo; esso rispecchia, però, le opinioni correnti nella chiesa romana ufficiale e gerarchica; la rappresentanza laica era molto esigua e
poco rappresentativa; mancava
tutta quella parte delle comunità
di base che da anni è impegnata
sia nella ricerca evangelica sia
nelle lotte di liberazione del
mondo; fino a che punto eventuali voci dissenzienti o solo diverse si saranno espresse e che
probabilità hanno di essere ascoltate; e infine, di quale famiglia
si è parlato e in riferimento a
quali modelli.
Va detto pure, che le nostre
osservazioni sono da riferirsi solo al messaggio finale del papa e
al messaggio dei padri sinodali,
perché le annunciate quarantatré
« propositiones » non sono state
pubblicate.
Quale verità
Il sinodo si è occupato dei
« compiti cristiani e apostolici
della famiglia » orientando la discussione secondo un « accurato
esame delle questioni dottrinali
e pastorali », cioè, tenendo presente sia le esigenze della dottrina, sia quelle della cura pastorale. Pare, comunque, che la salvaguardia della dottrina abbia
fatto premio sulle esigenze pastorali, perché, come ha dichiarato solennemente il papa « nessuno può praticare l’amore se
non nella verità » e poi ha ribadito: « Infatti la verità è quella
che libera; la verità è quella che
mette ordine; la verità prepara
la via alla santità e alla giustizia ». E c’è da supporre che per
verità non s’intenda il Cristo, ma
quella astratta della dottrina
cattolica.
Nel loro messaggio, i padri sinodali rivelano di essersi occupati innanzi tutto della situazione della famiglia nel mondo.
Hanno preso alto del fatto che
moltissime famiglie cattoliche
sono impegnate a vivere la loro
responsabilità e le loro difficoltà
con grande fedeltà, ma hanno
anche analizzato le situazioni di
estremo disagio in cui la famiglia cattolica viene a trovarsi per
moltissimi motivi. Dopo di che
essi denunciano tali cause di disgregazione e poi passano ad
esaminare il « consilium Dei »,
cioè, il disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia. A questa
parte esegetica e dottrinale è seguita una parte in cui si fissa
quale sia la risposta della famiglia al disegno di Dio, ed infine
è posto un capitolo su Chiesa e
famiglia, che elenca una serie di
consigli atti a rinsaldare e questo rapporto e il rapporto dei
singoli all’interno dell’una e dell’altra.
Diciamo subito che se la procedura di lavoro è stata quella
annunciata, ciò va considerato
un fatto positivo. Infatti i vescovi hanno rinunciato alle pure dichiarazioni teologiche astratte o
ai cavilli giuridici e si sono impegnati sul duplice fronte della
lettura biblica e dell’esame della
complessa realtà mondiale in tema di famiglia. «
Ovviamente e ancora una volta, però, osserviamo che il metodo di lavoro è quello tipico
dell’ortodossia cattolica, che qui
fa ricorso alla teologia naturale
con la sua gradualità dal mondo
a Dio; all’uso strumentale della
Bibbia, teso, non tanto a ricercare il messaggio, quanto a sostenere la dottrina in altre sedi
e con altri mezzi formulata; alla
casistica per uscire dalle contraddizioni che inevitabilmente
emergono tra la semplicità delle
formule di principio e la mutevole varietà della vita.
LE BEATITUDINI - 5
Per una vera sazietà
Beati quelli che sono affamati ed assetati della giustizia, perché
essi saranno saziati. (Mt. 5/6).
Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. (Le. 6/21a).
Guai a voi che siete ora satolli, perché avrete fame. (Le. 21/25a).
La formulazione originale era
probabilmente apodittica, cioè
breve e perentoria: « beati gli affamati, perché saranno saziati ».
Non era nello stile di Gesù ammorbidire o circostanziare le sue
affermazioni. Tutta la sua predicazione era sconvolgente e contrastava con i luoghi comuni e
con le conclusioni ovvie. Beato,
perciò, chi ha fame perché si capovolgerà la situazione di miseria che lo avvolge e godrà della
saz.ietà della tavola.
Noi abbiamo dimenticato i
tempi della fame, anche se qualcuno ancora ricorda il tempo di
gtterra... Ma il problema della
fame nel mondo è reale e tocca
tragicamente due terzi della popolazione mondiale, mentre da
noi, nonostante la crisi, si dà per
scontalo il diritto di avere tutto
ciò che il criterio produttivo della società del benessere ci propone e quasi ci impone tramite
la persuasione occulta o palese
dei mass-media.
La promessa della beatitudine
era immediatamente comprensibile da parte degli ascoltatori di
Gesù, che la fame la cono.scevano std serio, e corrisponde a tutta una serie di passi dell’A.T.
Nel Salmo 37, ad esempio, alla
promessa che i mansueti avranno il dominio della terra segue
quella che essi « saranno saziati
nel tempo della fame » (v. 19).
Ed Isaia 65: 13 dice: « Cosi par
la il Signore, l’Eterno: Ecco, i
miei servi mungeranno, ma voi
avrete fame; ecco, i miei servi
berranno, trqi voi avrete sete... »,
e sviluppa tutta una serie di antitesi che forse hanno influenzato la redazione lucana.
La sazietà è quindi una delle
caratteristiche del mondo nuovo
che. in Cristo, si è iniziato, il regno di Dio. Ed una lettura “materialistica” della beatitudine non
ha nulla di indegno di Gesù, né
del sermone sul monte. Anche la
aggiunta di Matteo, o meglio la
intenzione di allargarne il senso
a quanto concerne la giustizia,
non toglie realtà alla beatitudine. .Avere il cibo necessario, debellare la fame nel mondo, sconfiggere la miseria, non è forse
Una questione di giustizia?
Non mi sentirei di condividere
l’interpretazione di moda soprattutto nel secolo scorso per cui
« fame e sete della giustizia » significavano il desiderio intenso
della giustizia personale nei confronti di Dio, che l’uomo non
puf) conseguire e che solo Dio
gli dona in Cristo. Questo tema
paolinodut erano è certamente
biblico, ma interpretare così la
beatitudine ne limiterebbe il senso, o meglio lo nasconderebbe.
La giustizia del regno di Dio è
quella che crea rapporti giusti
fra gli uomini, secondo l’economia del dono e dell’amore in^ risposta al rapporto tra Dio e l'uo
mo che, in Gesù, si è manifestato come dono, amore e servizio.
Essere liberati dalla fame e dalla sete, dai cosiddetti “bisogni"
(che non sono solo quelli della
tavola, della casa, del lavoro, ma
anche quelli della cultura, dell’arte, della scienza...) è certamente il segno distintivo di un
mondo in cui la giustizia viene
praticata a tutti i livelli.
La piena manifestazione della
giustiz.ia di Dio, come espressione della sua volontà di salvezza,
è una delle caratteristiche degli
ultimi tempi in vari passi biblici; e la giustizia viene intesa nel
senso più ampio che investe tutti i rapporti umani, privati e
pubblici. Così commenta G. Miegge (Il sermone sul monte, Torino 1970, p. 45): « La giustizia annunciata non è soltanto quella
che rende giuste le opere dei
santi, ma anche la rivendicazione del diritto degli oppressi e
degli esuli, che saranno restituiti alla loro situazione di pace e
di prosperità. E’ così che dovremmo intendere anche l’espressione ’cercate innanzi tutto il regno e la giustizia di Dio’ in Mt.
6: 33 ». Miegge cita anche Calvino che così interpreta la fame e
la sete della beatitudine « essere
sprovveduti del necessario ed anche essere frustrati nei propri
diritti » ed aggiunge « Dio esaudirà i loro lamenti ed acconsentirà ai loro giusti desideri, poiché egli vuole colmare di beni i
famelici, secondo il cantico di
Maria (Le. 1: 53) ».
Paolo Sbaffi
(continua a pag. 3)
I divorziati
nella chiesa
Ecco un esempio clamoroso
che si commenta da sé. Dice il
pontefice, e si suppone che i vescovi approvino, che si può dare
il caso di divorziati credenti che
« si siano congiunti in una nuova unione » (novam unionem,
non un matrimonio, dunque). A
questo punto bisogna salvare sia
il potere del battesimo (vis baptismatis) per la quale i due non
sono separabili dalla chiesa, sia
la indissolubilità sacrarnentale
della precedente unione, cioè del
matrimonio vero. Se quei due
sono credenti in buona coscienza, allora, potranno e dovranno
partecipare alla vita della chiesa, ma solo per alcuni aspetti:
la preghiera, l’ascolto della parola, la presenza alla celebrazione
dell’eucarestia, l’impegno di amore e di giustizia. Essi, cioè, non
possono aver parte al sacramento della penitenza e dell’eucarestia.
Ma se essi si impegnano ad
una unione in cui sia garantita
l’astinenza dal rapporto sessuale
e da cui sia lontana ogni possibilità di scandalo, allora possono partecipare anche ai due suddetti sacramenti.
Vien fatto di esclamare: quali
e quanti giri solo per salvare
la sacramentalità dei riti ecclesiastici!
A parte il fatto che una tale
pastorale contribuirà certamente al tormento di molte coscienze cattoliche sincere e all’incremento del tipico costume dei cattolici meno imnegnati contrassegnato dal lassismo etico e dall’ossequio delle forme, c’è da ribadire la domanda su come sia
possibile far discendere la sacramentalità del matrimonio dal
testo biblico.
Ribadita
l’Humanae vitae
Circa i contraccettivi, l’aborto,
la sterilizzazione e l’eutanasia
vengono ribadite le posizioni dell’Humanae Vitae. Solo sul piano
pastorale si annuncia maggiore
comprensione e gradualità di applicazione.
E’ possibile certamente moltiplicare le critiche e gli interrogativi su questi argomenti. Per
esempio è interessante notare
come le poche citazioni bibliche
vengono interpretate non tanto
per ricercare il buon annunzio,
quanto per farne discendere precetti di dottrina sull’uomo e sulla morale.
Però mi sembra che, al di là
di questo tipo di considerazioni,
è nostro compito come protestanti non sottovalutare i problemi che comunque la vita familiare pone. Noi non abbiarno
soluzioni pronte, né le ricerchiamo, ma è necessario che facciamo un po’ di chiarezza, comunque sia, perché non lasciamo
agli individui la responsabilità
di portare il peso di decisioni e
di situazioni gravosissime.
E’ a partire da questa coscienza di inadeguatez.za e di peccato
che possiamo dire che le soluzioni prosnettate dai vescovi cattolici non solo non sembrano
adeguate alle esigenze, ma nemmeno evangelicamente plausibili.
Paolo Spanu
2
14 novembre 1980
ROMA: ATTIVITÀ’ GIOVANILE
A PROPOSITO DI AMMINISTRAZIONE
Insieme anche se differenti Lusso ecclesiastico
A Roma numerose sono le chiese evangeliche che operano nella
città. Ognuna ha la sua caratteristica, la sua storia, il suo metodo, e il lavoro viene fatto quasi sempre ignorando quello degli
altri. Se vi sono stati incontri
fra le varie chiese sono stati episodici e ad un certo livello e nurnerose sono state le critiche reciproche alle quali poi non è seguito nulla di concreto. Da una
parte i « federati », dall'altra gli
altri, quelli che con un’espressione americana si possono definire
gli evangelicals. Fra i giovani
questo problema si sentiva un
po’ dappertutto. Così all’inizio
dell’anno (cfr. La Luce n. 19 e
21) per iniziativa di Sergio Canelles battista, Debora D’Angelo
deU’Esercito della Salvezza, Mario Cignoni valdese e Emanuela
Ricci battista (ora in Inghilterra), si sono avute alcune riunioni ed è sorto un gruppo che è
andato presto ingrandendosi e
che coinvolge ora un centinaio
di giovani evangelici della città
(circa dai 15 ai 30 anni). Si tengono riunioni generali ogni seconda domenica già da diversi
mesi, quando ci si incontra per
un’agape per poi rimanere insierne nel pomeriggio. Ci si riunisce
di volta in volta in un tempio
diverso. Ad un nucleo di Nove
portayoci delle varie comunità il
compito di un minimo di organizzazione logistica. Si sono poi
formati cinque sottogruppi, a seconda degli interessi (musicale,
informativo, pratico, teologico,
SDortivo), che si autogestiscono,
radunandosi per conto loro più
volte durante il mese, e che riferiscono alle riunioni generali. E’
Stato preparato un programma
di massima fino a giugno, che
prevede fra l’altro una gita all’isola d’Elba per la fine di quel
mese. A breve scadenza, dopo
una prima occasione di incontro che ha avuto luogo il 9 novembre, per il 14 dicembre il
grupno teologico (E. Stretti) ha
invitato il moderatore della Tavola Valdese Bouchard a tenere
un discorso sul significato del
l’evangelismo italiano negli ultimi decenni.
Dunque persone di provenienza e di pietà completamente diverse, pur conservando la propria caratteristica, e certamente rispettando quella dell’altra,
si sono incontrate e si incontrano per conoscersi e per affrontare un lavoro comune. I gruppetti più settari si aprono alla
dialettica, o per lo meno prendono atto che, all’interno del
protestantesimo, si può vivere la
fede con manifestazioni e idee diverse, perché è Cristo e solo Cristo la fonte della vita di tutti e
la meta verso la quale tutti sono
diretti. Quelli che ricercano Dio
nel silenzio e coloro che lo trovano più vicino nel frastuono,
quelli che studiano la critica biblica e i fondamentalisti, quelli
che sono abituati solo all’organo
e quelli che suonano invece la
batteria e i tamburi, quelli che
parlano in lingue e quelli che
studiano il greco, tutti insomma
si siedono ad un tavolo e si trovano a casa loro. Vi è realmente
la possibilità di testimoniare nella maniera alla quale siamo abituati e anche eventualmente di
poter sperimentare le esperienze proprie degli alti'i, senza nessun timore di perdere la nostra
identità: sappiamo chi siamo. Si
cominciano a fare strada pure in
Italia la necessità e il dovere del
rispetto per l’altro, e l’idea di
un corpo di Cristo più grande
della nostra propria denominazione e articolato al di là dei nostri schemi? La domanda e la risposta stanno di fronte ad ognuno di noi. E le differenze, che
pur ci sono, saranno superate
non da un certo sentimento caritatevole, o per desiderio di pace,
ma dalla ricerca della verità,
cioè di Cristo, e dalla consapevolezza che il ’corpo’ è formato
da tante membra.
Consideriamo questa realtà
una novità, perché di fatto da
circa trenta anni non si sono
più avute iniziative di questo genere fra i giovani. E’ da ricordare però l’YMCA di Roma che fa
un lavoro simile, ma con altra
impostazione. Diamo qui sotto
un elenco degli evangelici che
hanno finora partecipato talvolta solo con qualche rappresentante, tal altra in maniera massiccia:
Apostolici; Battisti (quattro comunità); Chiese libere (anche da
Ostia); Esercito della Salvezza;
Facoltà Valdese di Teologia; Fratelli; Istituto Biblico Evangelico;
Nazareni; Pentecostali indipendenti (anche da Decima); Valdesi
(due comunità).
Evidentemente le riunioni non
sono riservate o limitate ai soprascritti, ma aperte. Anzi, si
cerca di fare in modo che un numero sempre maggiore di giovani evangelici vi sia coinvolto
e partecipi portando il suo proprio contributo, e ricordiamo che
i gruppi più freddi o in crisi, ce
ne sono tanti, possono ritrovare
qui un nuovo impulso. La critica? Sì, è facile, si .sa, ma... i fatti
ci sono. M. C.
Sino al 1960 la Chiesa valdese
in Italia e Svizzera era divisa in
cinque distretti e veniva amministrata dalla Tavola valdese
composta da 7 membri e da cinque Commissioni distrettuali che
erano formate da: capodistretto
(membro della Tavola); un vice
presidente e un segretario. Vi
erano così soltanto 17 persone
che amministravano.
Come risulta dalla relazione al
Sinodo 1960 la Chiesa valdese era
composta (al 31/5/1960) di 21.302
membri comunicanti.
La relazione al Sinodo 1980 riporta che i membri comunicanti
delle Chiese valdesi e metodiste
al 31/12/1979 erano 22.224; ma gli
amministratori sono saliti da 17
a ben 103 e cioè:
— 7 membri della Tavola valdese;
— 18 componenti le quattro
Commissioni esecutive distrettuali;
— 78 componenti i consigli
di circuito.
Appuntamenti
Federazione lombarda
L’Assemblea della Federazione
regionale delle Chiese evangeliche Lombardia e Piemonte orientale si terrà a Milano sabato 22
novembre alle ore 9.30 nella chiesa metodista di via Porro Lambertenghi 28.
Al centro della giornata, che
prevede anche la relazione del
Comitato esecutivo e la relativa
discussione, una conferenza del
pastore Piero Bensì, presidente
della Federazione delle Chiese
evangeliche in Italia, « I protestanti e la sfida degli anni ’80 »,
una riflessione sulla sfida che i
cambiamenti attuali portano all’Evangelo e nel contempo sulla
sfida che l’Evangelo stesso con
il suo programma di amore e libertà costituisce per la nostra
società e le sue tensioni.
La giornata il cui programma
comprende un’agape fraterna si
concluderà alle 17.30 dopo la votazione del nuovo Comitato esecutivo.
Triveneto ecumenico
Il 7” Convegno dei Gruppi ecumenici del Triveneto avrà luogo
domenica 16 novembre con inizio alle ore 9.30 presso la Casa
Cardinale Urbani, via Castellana
16/A, Mestre.
Il Convegno, che sarà aperto
da una introduzione liturgica,
verterà su « Un solo Spirito - diversi doni - un solo corpo »; questo tema sarà presentato dal
punto di vista biblico dal pastore valdese Bnmo Costabel e teologicamente dal sacerdote cattolico don Roberto Tura. Il Convegno, che prevede un pranzo comunitario, terminerà alle 17.30.
DALLE CHIESE
2 novembre: Evangelo di risurrezione
OMEGNA-LUINO — Un foglietto di calendario, quello del 2
novembre, con una annotazione
a mano: « Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà... Credi tu
questo? ». Riprodotto sulla prima pagina di un volantino, questo messaggio ha voluto attirare
l’attenzione degli abitanti di due
quartieri di Omegna e Luino sull’annuncio evangelico della risurrezione nel « giorno dei morti ».
Il discorso parte dalle più correnti concezioni della morte per
affermare che secondo la Bibbia
la morte è il salario del peccato.
Nel quadro di un discorso sobrio e biblico il messaggio è
presentato in forma positiva,
con un unico accenno alla pratica cattolica della preghiera per
i morti. « L’unico suffragio per
i peccati è quello ottenutoci da
Cristo sulla croce. Non ce ne
possono essere altri! Il credente
sa ’’che sulla croce Dio è sceso
incontro all’uomo, ha preso su di
sé il peso della sua colpa e del
suo dolore e gli ha dato il pegno
della vittoria sulla colpa e sul
dolore” (Giovanni Miegge).
L’altra grande certezza è quella della risurrezione di Cristo
come afferma l’apostolo Paolo:
Anche noi crediamo, e perciò
parliamo, sapendo che colui che
risuscitò il Signor Gesù, risusciterà anche noi con lui ».
Dopo aver ricordato che la risurrezione non è la prosecuzione
di questa vita ma il suo compimento, il volantino conclude:
« La speranza che la nostra vita sarà portata al suo compimento, non ce la possiamo dare da
noi stessi. Ci deve essere annunziata e dobbiamo accettarla, malgrado la realtà di questi giorni
e cosi ripetere con l’apostolo
Paolo queste parole: O morte,
dov’è la tua vittoria? o morte
dov’è il tuo dardo? Sia ringraziato Dio, che ci dà la vittoria per
mezzo del Signor nostro Gesù
Cristo! » (1 Corinzi 15: 55-57).
Il volantino, stampato è stato
diffuso a cura delle Chiese metodiste di Omegna e Luino.
7.12: giornata dei
predicatori locali
In una lettera inviata il 17 ottobre ai pastori e conduttori delle chiese valdesi e metodiste
Claudio Tron, segretario della
Unione Predicatori Locali ricorda che la domenica 7 dicembre
è stata fissata dalla Tavola valdese come giornata dei predicatori locali.
« Vorremmo chiedervi — scrive
il segretario dell’U.P.L. — di adoperarvi affinché tale giornata non
sia solo caratterizzata da una colletta per l’U.P.L. ma che sia
utilizzata come occasione per valorizzare la predicazione « laica » e per stimolare nuove vocazioni, soprattutto tra i giovani.
Anche per i predicatori locali,
infatti, si può fare la stessa osservazione che si fa per i pastori: l’età media è piuttosto elevata e non sempre i posti vuoti sono colmati da giovani che iniziano il lavoro con energie fresche.
Penso di poter assicurare la totale disponibilità dei predicatori
locali per la collaborazione allo
scopo della buona riuscita della
giornata ».
Collettivo ligure
BORGIO VEREZZI — Sabato
pom. 18 e domenica 19 ottobre si
è tenuto nella sempre ospitale e
bella Casa Valdese di Borgio Verezzi il primo « collettivo teologico » di quest’anno, organizzato
dal Consiglio di Circuito e dalla
Federazione ligure. Il tema era
molto bello: l’Evangelo della na
tura, il rapporto fra l’uomo e la
natura secondo l’A. e il N.T. Una
buona trentina di partecipanti,
da Cuneo a Chiavari, da Borgio
a Valenza Po; da Genova erano
più numerosi del solito, ed è stato rallegrante vedere anche un
bel gruppo di giovani. Il lavoro
è stato impegnativo, sabato pomeriggio e sera e domenica tutta la mattina (dopopranzo, come
sempre, il culto condotto comunitariamente e la Cena del Signore intorno al gran cerchio di tavoli). I partecipanti sperano di
portarne l’eco in varie sedi nelle
singole comunità.
Assenza pastorale
VERONA — Si è riunito recentemente il Consiglio di chiesa per
fare una riflessione comune sull’anno ecclesiastico trascorso e
per programmare le attività di
quello che inizia.
Ai membri del consiglio è sembrato che durante l’anno 1979-’80
le benedizioni del Signore non
siano mancate, sia per quanto
riguarda la vita interna della
Chiesa ove vi è stato interesse
per lo studio della Parola e di
alcuni problemi di attualità sui
quali ci siamo voluti confrontare, sia per i contatti col mondo
esterno ove si è cercato di testimoniare sul nostro modo di intendere e di vivere l’Evangelo di
Gesù Cristo.
Quanto al nuovo anno, la Comunità sarà priva per circa un
mese, dalla metà di ottobre alla metà di novembre, del pastore.
Per ragione di salute, si recherà
in Germania dove, accompagnato dalla moglie, sarà ricoverato
in una clinica. Il Signore benedica il loro andare e il loro ritornare presso di noi!
Durante l’assenza del pastore i
culti domenicali si terrranno regolarmente per la disponibilità
di alcuni fratelli della Comunità
e di alcuni predicatori laici del
Circuito.
Il Consiglio ha riconfermato
alla sua presidenza il pastore Aldo Sbaffl e ha chiamato alla vice-presidenza Lorenzo Bonfante.
Verifica con la Tavola
IVREA-AOSTA — Il Pastore
Franco Becchino, membro della
Tavola Valdese, delegato per il
distretto, è stato fra noi sabato e
domenica 4-5 ottobre, accompagnato dalla sua Signora. Sabato
4 (dopo un sopralluogo allo stabile di Carema e una visita al
rinnovato Centro comunitario di
Viering) ha partecipato, ad Aosta, ad una riunione congiunta
dei Consigli di Chiesa di Ivrea
e di Aosta per fare il punto, a
due anni dall’abbinamento, sul
lavoro nelle due zone. Ha preso
atto delle difficoltà e dei problemi, ma anche del buon impegno
di tutti a farvi fronte in attesa
di soluzioni diverse che la carenza di forze pastorali disponibili
non rende per il momento possibili. Si è abbozzato, nelle sue linee generali, un programma di
lavoro, il più possibile realistico,
per il corrente anno ecclesiastico,
che ora occorrerà portare avanti
con determinazione e rapporto
di tutti.
• Il Consiglio di Circuito, eletto nell’Assemblea del 27 settembre a Torino, ci ha già tempestivamente informati che ci
fornirà collaborazione per questi aspetti del lavoro: 1) culti
domenicali; 2) conferenze esterne; 3) eventuale seminario di
studio; 4) materiale per trasmissioni nelle radio locali. In questo quadro siamo lieti di poter
comunicare che ad Aosta domenica 23 novembre il culto sarà
presieduto dal pastore Franco
Giampiccoli.
Ora essi periodicamente devono pur incontrarsi per assolvere
il loro compito. I laici fanno i
« salti mortali » per avere il tempo libero per questi incontri (rinunziando magari a ferie o tempo da dedicare alla comunità o
alla famiglia). I pastori per forza di cose devono tralasciare il
loro lavoro nella comunità.
Inoltre è necessario lo stanziamento di un minimo indispensabile per questi spostamenti, corrispondenza, telefono, ecc.
(Chiediamoci seriamente: possiamo permetterci un « lusso »
simile?
Per la vita della nostra chiesa
è necessaria una così elefantiaca organizzazione?
La Commissione d’esame presentò alla Conferenza del IV distretto di Palermo (4-5 giugno
1977) un o.d.g. che proponeva di
formare una Commissione distrettuale composta da un rappresentante di ogni circuito c
sopprimendo il consiglio di circuito perché doppione inutile.
L’o.d.g. non venne approvato.
L’assemblea di chiesa di Palermo (via Spezio) il 26/2/’78 votò
aH’unanimità un o.d.g., in cui si
chiedeva di snellire e render più
efficace la struttura organizzativa della chiesa e proponeva di
unificare le due strutture (circuito-distretto) « in un unico organismo, territorialmente limitato,
che curi sia la parte spirituale
sia quella amministrativa ».
Sino ad oggi nessuno ha risposto.
Archimede Bertolino
Scompare un amico
Walter
Adler
RIMINI — È mancato improvvisamente, il 10 ottobre scorso,
nella sua casa di Wilhelmsfeld,
presso Heidelberg, il Pastore
Walter Adler della chiesa luterana tedesca.
Era nato a San Gallo nel 1911
ed era in emeritazione da un anno, dopo 50 anni di servizio pastorale in varie chiese della Germania, ultima delle quali la Markus Kirche di Mannheim dove
aveva prestato la sua opera per
oltre un ventennio.
La nostra comunità perde in
lui un carissimo amico, un affezionato e sincero sostenitore ed
un validissimo’ collaboratore.
Era venuto a Rimini per la
prima volta nel 1966 quale predicatore estivo. Convinto sostenitore della nostra opera sulla
Riviera Adriatica e grande amico
della chiesa valdese, aveva contribuito largamente con doni personali e collette della sua comunità e fra amici al fondo per la
costruzione del tempio e l’acquisto delle case pastorali di Viale
Trento. Ed era tornato quasi
ogni anno, o come pastore estivo
0 come conduttore e animatore
di gruppi in vacanza.
Quest’anno era stato ancora una volta a Rimini come pastore
estivo nel mese di settembre.
La morte lo ha colto all’improvviso, mentre si preparava
per un viaggio in Israele quale
accompagnatore di un gruppo di
studenti liceali.
Da tutti i suoi viaggi, da tutti
1 suoi studi, da tutte le sue esperienze traeva sempre, per sé, e
per gli altri, un insegnamento
profondo: l’opera di Dio profusa nella creazione e, attraverso
l’uomo sua eccezionale creatura, nell’arte e nella scienza, era,
e doveva essere, senza alcun dubbio, garanzia di un avvenire di
solidarietà e di pace per l’umanità futura a condizione che i
credenti fossero disposti a convertirsi profondamente ed essere
sinceri testimoni.
Noi che lo abbiamo conosciuto
e stimato vogliamo raccogliere
questo suo messaggio e farne
partecipi gli altri.
Alla cara signora Helène Adler,
ai suoi figli e alle loro famiglie
esprimiamo tutto il nostro affetto e la nostra fraterna simpatia,
rassicurandoli che la comunità
di Rimini non dimenticherà mai
il Pastore Adler. a. d.
3
14 novembre 1980
FEDERAZIONE MONDIALE STUDENTI CRISTIANI
Educazione per la liberazione
Un importante incontro internazionale fa il punto in vista della prossima assemblea della Federazione che si terrà nell’estate del 1981
¡echi dal mondo cristiano!
a cura di ANTONIO ADAMO
A Ecumene (Velletri) dal 15 al 26 ottobre 1980
si è svolto un incontro internazionale organizzato
dalla Federazione Mondiale Studenti Cristiani sul
tema « Educazione per la Liberazione ».
Una ventina di partecipanti, tutti impegnati concretamente nel campo dell’alfabetizzazione e dell’educazione, e alcuni consulenti, si sono scambiati esperienze e problemi in uno spirito di ricerca.
Ne sono derivati orientamenti e linee d’azione che
saranno presentati aU’Assemblea Glenerale delia
Federazione che avrà luogo a San Francisco (USA)
l’estate prossima.
A Mario Miegge, per vari anni membro del
Comitato esecutivo, abbiamo chiesto un inquadramento generale della Federazione, e a Youssef
Hajjar, segretario generale aggiunto, abbiamo chiesto im commento globale sull’incontro.
F. C.
Evoluzione della FMCS
La Federazione dei Movimenti
Cristiani Studenti (FMCS) ha celebrato in queste ultime settimane il suo 85esimo anniversario,
inaugurando la nuova sede degli
uiìici interregionali: può essere
considerato emblematico della
nuova e più modesta realtà degli
anni ’80 il trasloco dal Quai Wilson, nel centro della potenza finanziaria e dell’attività diplomatica ginevrina, al silenzioso Chemin des Créts de Pregny, sotto
le grandi querce del Foyer John
Knox e non lontano dal Consiglio Ecumenico.
Autonoma dalle Chiese ma fin
dall’inizio profondamente legata
alla vicenda ecumenica (a cui ha
fornito molte idee e alcuni dei
più prestigiosi dirigenti) la Federazione ha attraversato anni di
mutamento e di notevole travaglio.
Il seminario internazionale tenuto a Ecumene, sui temi della
« educazione per la liberazione »
(una trentina di partecipanti provenienti da 17 paesi di tutti i
continenti) è il primo punto di
arrivo del programma lanciato
nell’ultima assemblea mondiale
(Sri Lanka 1977) della Federazione.
Si può dire che, con lo sviluppo di questo programma, si delinea una nuova fase internazionale nella vicenda dei Movimenti Cristiani Studenti.
All’origine la Federazione esprimeva interessi religiosi e missionari, in larga misura ispirati ancora ai « risvegli » dell’Ottocento. A differenza di altri movimenti evangelici la Federazione
era tuttavia caratterizzata da una
più consistente dimensione culturale. Dopo la prima guerra
mondiale essa divenne uno dei
centri di elaborazione e diffusione del rinnovamento biblico (Suzanne de Dietrich fu membro del
Comitato Esecutivo) e della nuova teologia. Nel secondo dopoguerra la Federazione cominciò
ad affrontare in modo più diretto i problemi dell’Università come istituzione culturale e a recepire anche le conseguenze della diffusione delle istituzioni dell’istruzione superiore nei paesi
in via di sviluppo. La presenza
sempre più consistente dei movimenti studenteschi asiatici, latino-americani e africani doveva
porre i temi politici al centro
dell’attenzione. Gli anni ’60 hanno segnato l’apice della « politicizzazione » degli studenti anche
nell’America del Nord e in Europa. I MCS si sono trovati in vari
modi coinvolti in questo processo. Nello stesso tempo, sotto la
direzione del pastore Valdo Galland. Segretario generale fino al
1968, la Federazione ha avuto una
svolta organizzativa, con la costituzione delle sei « regioni »
(America del Nord, America latina, Europa, Africa, Medio Oriente e Asia), largamente autonome quanto a programmi e dirigenza.
Ma negli anni ’70 vi è stato il
rischio di una frantumazione
delle attività internazionali della
Flanno collaborato per questo numero: Thierry Benotmane, Fernanda Comha, Gino
Conte, Giovanni Conte, Franco Davite, Ada D'Ari, Ennio
Del Priore, Attilio Fornerone,
Dino Gardiol, Enos Mannelli,
Italo Pons, Piervaldo Rostan,
Aldo Shaffi, Franco Taglierò,
Claudio Tron.
Federazione. L’impianto delle
strutture regionali veniva infatti
a coincidere con un maggiore
impegno politico, che accentuava
le differenze e si traduceva talora in polemiche ideologiche. Per
esempio l’orientamento dei MCS
occidentali verso sinistra veniva
spesso considerato dai MCS di
altri continenti come una nuova
espressione di « imperialismo
culturale ».
In questa situazione di notevole tensione l'Assemblea mondiale del 1977 ha deciso il lancio
di un nuovo programma interregionale, centrato sullo studio
critico dei sistemi ufficiali di formazione scolastica e sul confronto di esperienze alternative
nel campo dell'educazione.
Non si tratta di una rinuncia
al confronto politico. Dopo le
lotte degli anni '60 la coscienza
del carattere necessariamente
« politico » delle scelte educative si è diffusa un po’ dovunque.
Ma nello stesso tempo l’insistenza sui problemi di una « educazione per la liberazione » elimina molte astrazioni ideologiche
e permette ai MCS più impegnati di interrogarsi sulle specifiche
pratiche quotidiane in cui sono
coinvolti i loro membri, studenti e, in misura crescente, insegnanti.
I dodici giorni di intenso lavoro nell’atmosfera raccolta e
familiare di Ecumene hanno dimostrato quanto possa essere
arricchente un metodo di lavoro
che investe la « biografia sociale » dei partecipanti.
Mario Miegge
In vista di un ampliamento
Di questo seminario su « Educazione per la Liberazione » meritano di essere sottolineati tre
aspetti:
1) Il primo riguarda il metodo di lavoro seguito. Abbiamo
voluto uscire dallo schema tradizionale basato su conferenze di
tipo didattico, seguite da discussioni o da gruppi di lavoro.
Il materiale di base è stato fornito dai partecipanti stessi che
hanno descritto il loro lavoro.
Ogni progetto è stato così sottoposto all’esame critico degli altri. Su questa base abbiamo tentato, con l’aiuto di persone invitate in qualità di consulenti, di
fare emergere una comprensione
coerente delle lotte condotte dai
nostri movimenti nel campo dell’educazione.
2) Per molti anni non è stato possibile organizzare un simile incontro nella Federazione
Mondiale Studenti Cristiani. Ma
era tempo di farlo. Le prime conclusioni danno un contributo alla riflessione in corso sulla vocazione della Federazione negli anni '80. Abbiamo potuto constatare che la maggioranza dei nostri
movimenti, a causa della loro
autonomia, costituiscono degli
spazi-frontiera dove si possono
esplorare le nuove sfide poste
dalla dinamica sociale. Malgrado
il peso di una certa tradizione di
lavoro nel campo educativo, i
movimenti, che sono malgrado
tutto movimenti di studenti, e
perciò sottoposti a un rapido ricambio generazionale, dimostrano una notevole capacità d’iniziativa nell’ambito politicizzato dei
fatti culturali. Non soltanto sono
un luogo di coscientizzazione per
gli studenti stessi, ma possono
anche essere, nello stesso tempo,
una forza d’intervento socio-politica e una spinta alla creatività.
Il seminario ha dimostrato, ed
è importante annotarlo, che la
scelta di quasi tutti i movimenti
è per il socialismo. Il grado di
elaborazione di questa opzione è
disuguale, talvolta rudimentale,
ma essa si fonda su una scelta
di classe che si identifica nettamente con le lotte degli oppressi.
3) In un tempo in cui è evidente una crisi della militanza, in
cui appaiono diverse forme di
totalitarismo e in cui l’emergere di nuovi soggetti storici è ancora embrionale, la riflessione
teologica può dare ai nostri lavori una dimensione significativa.
Infatti abbiamo sentito l’appello a guardare con nuovi occhi il
testo biblico. Siamo partiti dall’ipotesi che la storia della profezia, che si erge instancabilmen
te contro ogni tentativo di appropriarsi di Dio fatto da istituzioni che si presentano come assolute, può dare ai movimenti un
impegno di fede stimolante nelle
lotte per la liberazione. Si tratta di una delle raccomandazioni
prioritarie che abbiamo formulato durante il seminario, in vista
dell’ampliamento del nostro lavoro sull’educazione.
Vorrei concludere affermando
che i contributi portati dai compagni italiani sul contesto politico, sindacale e religioso delle
loro lotte, sono stati fonti di riflessioni feconde e stimolanti.
Il Centro di Ecumene, che è
una delle espressioni concrete di
quello spazio-frontiera costituito
dal protestantesimo italiano, resterà a lungo un punto di riferimento negli annali della Federazione.
Youssef Hajjar
Profughi africani:
assistenza difficile
(SOEPI) Il Consiglio ecumenico delle Chiese ha informato le
Chiese africane che, a causa della mancanza di mezzi a sua disposizione, alcuni programmi di
aiuto per i profughi non potranno essere finanziati. Un rapporto
della Commissione per l’assistenza. del Servizio delle Chiese e
dell’Assistenza ai profughi (CESEAR) del CEC sul finanziamento dei progetti per i profughi
africani indica che, in effetti,
all’inizio di settembre soltanto
la metà dei 2,6 milioni di dollari
necessari a questo scopo erano
stati raccolti.
In una lettera alle Chiese e
agli enti donatori, il consulente
del CESEAR per i profughi, Melaku Kifle, sottolinea la necessità di portare a termine i progetti di aiuto e considera pura
follia l’ipotesi di un ridimensionamento o addirittura dello
smantellamento delle infrastrutture esistenti. Secondo Kifle le
Chiese africane stanno compiendo degli sforzi lodevoli per assistere i profughi il cui numero
in Africa, secondo una recente
stima, si aggirerebbe sui 4,5 milioni.
No al finanziamento
deirapartheid
(SOEPI) - Il recente annuncio
da parte di un consorzio di quattro banche di un prestito di 250
milioni di dollari destinato al
Sudafrica ha sollevato vive proteste da parte dell’organizzazione anti apartheid e del Consiglio
ecumenico delle Chiese. Il direttore del Programma di lotta contro il razzismo del CEC, ha dichiarato che questo nuovo prestito costituisce una sfida al CEC
ed un chiaro consenso alla politica razzista dell’apartheid. Già
nel 1972 il Comitato centrale del
CEC decise « di non depositare
fondi presso le banche che avrebbero intrattenuto dirette relazioni bancarie con il Sudafrica ».
Le quattro banche implicate
sono l’Unione delle Banche Svizzere, la Dresdner Bank (RFT), la
Citicorp (USA) e la Barclays
Bank (GB).
Proteste sono giunte anche alla Barklays Bank da parte del
gruppo per il blocco dei prestiti
al Sudafrica (ELTSA). Vive proteste anche a Zurigo nei confron
Beatitudini
(segue da pag. 1)
Parlare di giustizia, o meglio
praticare la giustizia non significa, però, fare un'operazione
semplicemente sociale, ma inserirsi nella comprensione dell’attesa messianica: « Egli giudicherà i poveri con giustizia, e farà
ragione con equità agli umili del
paese, e la giustizia sarà la cintura delle sue reni'» {Isaia 11:
4-5); « Il nome del Messia sarà:
Yahveh è la nostra giustizia »
{Ger. 33: 16). L'attesa messianica
è esaudita in Gesù Cristo che ne
dà il segno concreto, ad esempio,
con la moltiplicazione dei pani e
dei pesci. Sconfiggere la fame nel
mondo è anche segno di riconoscimento dell’avvento del mondo
nuovo di Dio in cui « non avranno più fame e non avranno più
sete... » {Apoc. 7: 16). Non si tratta infatti di una realtà riservata
a pochi eletti perché « molti verranno di levante e di ponente, e
sederanno a tavola con Àbramo,
Isacco e Giacobbe nel regno dei
cieli» (Mt. 8: 11) ad indicare una
universalità del Regno nella
commensalità col Cristo vivente.
Mi sembra legittimo aggiungere, a questo punto, che la S. Cena è l’anticipazione di questa
commensalità. Tramite la S. Cena la promessa del Regno non
è la proiezione in un futuro sempre di là da venire, ma è una
realtà presente. E’ qui che la
beatitudine assume un aspetto
etico. L’amniissione alla mensa
del Signore deve potersi tradurre in relazioni più “giuste" tra
gli uomini, associati in una nuova fraternità. Ed in queste relazioni nuove va esercitata la “giustizia" in tutte le sue accezioni.
Anche questa beatitudine non
propone una felicità masochistica o autolesionistica. Non dice
« beati quelli che digiunano » o
« quelli che mortificano il corpo
e le sue esigenze ». La felicità
proclamata risiede nella sazietà
promessa.
Prolunghiamo un po' la linea
del discorso e ci accorgiamo che
sono chiamati beati anche coloro che non si avviliscono nella
rassegnazione, che sono sempre
in ricerca di migliorare le condizioni della vita umana; coloro
che si adoperano per cambiare
questo mondo ingiusto con i suoi
sistemi discriminanti e oppressivi.
La beatitudine, inoltre, non dice 'beati gli scontenti o i mugugnatori’, né 'beati gli idealisti o
gli utopisti...', sia i primi che i
secondi non potranno mai essere
saziati. A loro non basterebbe
neppure il regno di Dio!
Il messaggio della beatitudine
è, come nelle altre, positivo e stimolante: annuncia che il benessere nella giustizia è possibile se
si accetta di guardare il mondo
con gli occhi di Cristo e di costruirlo .sulla base della Sua
umanità, che è quella dell'amore senz.a riserve che libera da
ogni ingiustizia, da ogni disparità, da ogni discriminazione.
Paolo Sbaffì
ti dell’UBS da parte del movimento svizzero contro l’apartheid.
Londra: fondi per
l’Esercito Salutista
(SOEPI) - Per la prima volta
dalla sua creazione nel 1865, l’Esercito della Salvezza lancia un
appello finanziario direttamente al mondo degli affari, affinché
questo sostenga quella che è stata definita la più grande organizzazione di servizio sociale della
Gran Bretagna dopo lo Stato. Il
duca di Westminster presiede un
comitato di uomini d’affari che
ha lanciato un appello finanziario di un milione di sterline a
favore dell’Esercito della Salvezza a Londra. Tra i membri di
questo comitato figurano presidenti e direttori di società come
la Esso, United Biscuits, John
Laing, Fine Fair, Monsanto,
Mark and Spencer e Sheerness
Steel.
Anche se questo tipo di appello lanciato al mondo degli affari è basato sullo stesso principio del finanziamento del Partito conservatore, l’Esercito della
Salvezza valuta che ciò non mette in discussione né i suoi principi, né la sua azione. La sua
posizione rimane quella del suo
fondatore, William Booth, il quale dichiarava che se fosse stato
necessario egli sarebbe stato
pronto « a lavare il denaro sporco nelle lacrime delle vedove e
degli orfani ».
Chiesa ev. tedesca
e lavoro notturno
(SPP) - La commissione per
gli affari sociali della Chiesa
Evangelica della Germania Federale è preoccupata per le conseguenze che il lavoro notturno ha
sulla vita delFuomo. In Germania sono circa 2,5 milioni i lavoratori che svolgono il proprio
lavoro nelle ore notturne. Considerando i rischi maggiori per
la salute dei lavoratori, la commissione chiede che si limiti il
lavoro notturno alla fascia di
età dai 20 ai 55 anni, la concessione di pause più lunghe e di
misure atte a facilitare la conversione professionale, quando
l’operaio decide di abbandonare il
lavoro notturno. Vengono richiesti controlli più regolari sulla
salute dei lavoratori e altre misure che rendano questo turno
di lavoro più oneroso per l’imprenditore e meno attraente per
il lavoratore. Le motivazioni sociali ed umane debbono in ogni
caso superare quelle economiche.
Comitato di Redazione: Franco
Becchino, Dino Ciesch, Niso De
Michelis, Giorgio Gardiol, Marcella Gay, Aurelio Penna, Jean-Jacques Peyronel, Roberto ^eyrot,
Giuseppe Platone, Luciano Rivoira,
Liliana Viglielmo.
Editore: AIP, Associazione Informazione Protestante - Torino.
Diréttore Responsabile:
FRANCO GIAMPICCOLI
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Fondo di solidarietà ccp 11234101
intestato a « La Luce: fondo di solidarietà », Via Pio V, 15 - Torino.
« La Luce »; Autor. Tribunale di
Pinerolo N. 176, 25 marzo 1960.
« L'Eco delle Valli Valdesi ■: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
4
14 novembre 1980
DIAKONIA: IL DIBATTITO SULLA PLURALITÀ’ DEI MINISTERI
DALLA PARTE DEI SOFFERENTI
Punti fermi sui ministeri Guardare oitre
1960; « Solo con la revisione dei ministeri è possibile rompere la chiusura e l’isolamento delle chiese nei confronti del mondo circostante »
Per favorire lo studio del « Ruolo diaconale », su cui abbiamo pubblicato lo scorso numero un inserto di documentazione, intendiamo promuovere un dibattito sulle pagine del nostro giornale. Abbiamo chiesto perciò al pastore Neri Giampiccoli, per diversi anni presidente della Commissione Permanente per i Ministeri, un’introduzione che esponga i termini
essenziali del dibattito che negli anni ’60 la CPM animò sulla
rivista « Diakonia ». I tre articoli che proponiamo tratteranno
della pluralità dei ministeri, del ministero pastorale e dei ministeri non pastorali.
La proposta della Tavola Valdese di un inquadramento del
« ruolo diaconale » non nasce improvvisamente dal nulla; essa è
la conseguenza di un lungo dibattito che da tempo la rivista
« Diakonia » aveva proposto alla
attenzione delle chiese. Sul finire degli anni ’50 il Sinodo, riprendendo l'annosa questione della
preparazione degli anziani evangelisti, aveva proposto alla Tavola la nomina di una commissione ad hoc, cui in seguito fu
affidato altresì l’incarico di studiare l’attuazione dei cosidetti
« ministeri femminili » ausiliari,
già approvati in linea di massima dal Sinodo.
Prima relazione
La Commissione si metteva al
lavoro, ma constatava la necessità di ampliare la sua ricerca
sul tema generale dei ministeri
nella chiesa. Pertanto nel luglio
’60 inviava alla Tavola una relazione in cui scriveva:
« Chiamati ad affrontare il problema della preparazione e della
attività degli anziani evangelisti
prima e dei possibili ministeri
femminili poi, ci siamo resi conto immediatamente che non si
potevano dare chiare e soddisfacenti risposte ai due problemi
senza affrontare radicalmente il
tema generale dei ministeri nella chiesa. Siamo convinti che soltanto attraverso una revisione
coraggiosa e biblicamente fondata di questo problema sia possibile rompere il fronte di chiusura e di isolamento di cui ci sembrano soffrire le nostre chiese
nei confronti del mondo circostante... Lo studio di questo problema ci ha condotti ad alcuni
punti fermi:
a) E' urgente riscoprire il
senso del ministero come « diaconia » del popolo di Dio nel
mondo;
b) altrettanto chiaro deve
NOVITÀ’
VALDO VINAY
Storia dei Valdesi - 3
dal movimento evangelico italiano al movimento
ecumenico (1848-1978)
8°, pp. 528 + 40 tavole f.t., con 106 ill.ni e 5 cartine,
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— Si completa con questo atteso terzo volume la grande
« Storia dei Valdesi » dalle origini al 1978. L’opera completa è disponibile al prezzo di L. 30.000.
— Fondandosi su una imponente mole di fonti e di saggi critici, questo terzo volume sintetizza la vita e l’opera di evangelizzazione delle chiese valdesi nell’ultimo secolo e mezzo,
senza dimenticare la contemporanea attività delle altre
chiese e missioni evangeliche in Italia.
— Ampia bibliografia al termine di ogni capitolo e tabelle
statistiche.
CLAUDIANA Via Pr. Tommaso 1 - 10125 TORINO
c.c.p. 20780102
essere il principio che nella diversità dei doni, dei servizi e dei
compiti si esplica la vocazione
comune di ogni credente;
c) il ministero non è dunque
esclusivo, anche se vi è chiaro e
ben tracciato un ministero della
Parola che non deve però essere
prerogativa di una casta;
d) i ministeri non sono maschili o femminili: essi si esplicano secondo i doni ricevuti e
non secondo il sesso;
e) se questa « diakonia » è di
tutti occorre dare ad ogni credente il senso del suo servizio
nel lavoro specifico che compie
nel mondo;
f) in questo quadro prendo
no chiara fisionomia i servizi
speciali, siano essi di carattere
pastorale o no, siano essi dedicati per l’intera vita ovvero per
un periodo soltanto di essa. Ma
tutti debbono avere lo stesso
senso di disponibilità e la stessa
« dignità » (se così ci si può
esprimere): ministri della testimonianza di Cristo nel mondo ».
La rivista Diakonia
La commissione si trasformava quindi in commissione permanente per i ministeri (CPM)
e nel luglio ’60 iniziava la pubblicazione di una rivistina ciclostilata « Diakonia », chiarendo
subito, nel sottotitolo, il significato di quella parola:
« 'Diakonia' è una parola greca che si trova spesso nel Nuovo
Testamento per indicare il servizio della chiesa, e quindi dei
singoli credenti, nel mondo. Abbiamo scelto questo titolo per
indicare il nostro programma:
studi e informazioni sul servizio
del popolo credente nel mondo.
Non si pensi dunque alla cassa
di beneficenza o soltanto al ministero dei diaconi! Qui si tratta
del servizio di Cristo, vocazione
comune di tutti quelli che credono in lui ».
Nell’editoriale a quel primo numero, la CPM scriveva: « La prima cosa che ci colpisce nel confronto con le chiese dell'epoca
apostolica è che in esse non c'erano solo pastori, né solo pastori, diaconi ed anziani come da
noi, ma molti altri servizi, corrispondenti ad altrettanti doni dello Spirito. Anzi tanti e tanto vari
Neri Giampiccoli
(continua a pag. 10)
Circa un anno fa, una lettera
ai lettori di questo giornale chiedeva un maggior interessamento ai problemi dei malati per
aiutarli nella loro lotta contro la
sofferenza e l’isolamento.
I fratelli non sono stati sordi
a questo appello, rispondendo già
sul giornale, poi nelle chiese locali, nei distretti, con articoli,
tavole rotonde ed infine con la
pubblicazione dell’opuscolo della commissione sinodale: « I diritti dei malati e dei morenti »
ed. Claudiana - collana Attualità
n. 82.
Ci pare perciò giusto esprimere gratitudine per quanto si è
fatto e certamente ancora si farà, in particolare per la prosecuzione del dialogo tra medici e
malati.
Io vorrei però ora tentare di
abbozzare alcune considerazioni
sul mio cammino personale di
questi ultimi mesi, sia per stimolare altri malati ad esprimere le loro esperienze, sia per incoraggiare quelli che si trovassero nelle mie condizioni, pur
sapendo che esse non sono mai
uguali per tutti.
Anzitutto ho notato che la parola cancro colpisce ancora la
gente, che non osa nominarlo, lo
definisce con una vaga circonlocuzione (brutto male, male incurabile). Cinquanta anni fa era la
tubercolosi che produceva questo effetto traumatizzante; oggi
non se ne sente più praticamente
parlare.
Ora, se il cancro è oggi più
diffuso, esso è molto più curabile. In tutto il mondo c’è una
ricerca frenetica di nuove terapie e tante di esse, sconosciute
pochi anni fa, riescono a bloccare, se non a guarire, il male per
molto tempo, permettendo una
vita abbastanza normale ed autosufficiente; unica condizione,
affrontare il male al più presto,
senza tergiversare. Perciò non è
il caso che tanto il malato che
i familiari vivano nell’angoscia e
nella disperazione, ma piuttosto
ragionino, guardando in faccia
la realtà, senza mai scoraggiarsi.
Intanto, è un male non contagioso ed è una gran bella cosa.
Intanto, non è la sola malattia
che « può » avere decorso lungo
e progressivo; un solo esempio,
i paraplegici (paralizzati ai quattro arti) che possono vivere così
tutta una vita. Intanto, ci sono
oggi anche nuove tecniche per
vincere il dolore.
Perciò non siamo diversi da
tanti uomini e donne nella bufera della sofferenza. Queste sono
le considerazioni più immediate
che mi si sono presentate, quando mi sono trovata improvvisamente coinvolta in questa avventura e che possono presentarsi
a chiunque voglia lottare senza
arrendersi contro la malattia,
perché qui, come in tutte le altre, conta moltissimo l’atteggiamento positivo del malato.
Ma questo non è tutto quello
che volevo dire, anzi è il meno.
Questa malattia mi ha messa
brutalmente di fronte ai problemi penultimi e ultimi della nostra esistenza. Mi sono detta:
Qui bisogna riflettere, ma riflettere davanti a Dio, altrimenti
non si esce da questo vicolo cieco. Così mi sono messa davanti
a lui, con la mia angoscia, la mia
impotenza, il mio niente, ma consapevole che è questo che Egli
aspetta per riversare su di noi,
come un padre, giorno dopo giorno, il suo amore e la sua pace.
Così, tra alti e bassi, lentamente procedo, riconoscente al Signore che mi abbia impedito,
come dice Kierkegaard, di spendere gli anni che ancora mi dà,
nell’acquisto di dolciumi invece
che di cibi più nutrienti.
In principio gli dicevo: Signore, fammi guarire un pocolino!
Ma un giorno mi balenò questo
pensiero: Ma come! vuoi tornare alla tua vecchia vita, al tuo
vecchio tran-tran che ti porterà
fatalmente, prima o poi, alla
morte? Cerca piuttosto di chiedergli il suo aiuto per andare
avanti, per vedere — come, non
lo so, ma lui lo sa — quello che
ti aspetta oltre, perché è questo
che vale, la morte non è che un
passaggio, oltre il quale certo
non saremo separati dal Signore
vivente.
E questo, credo che valga per
tutti, per tutti quelli che, malati
o sani, hanno paura della morte:
e chi ne è immune? (v. pagg. 30-32
del citato opuscolo).
Certo, restano l’ansia per il domani, il timore della sofferenza,
ma, per grazia di Dio, restano
anche la fiducia nelle promesse
della sua Parola, la fiducia che
Egli avrà cura di noi, resta la
gioiosa certezza che « il nostro
Re cammina davanti a noi sulla
via del Regno ». (Dall’antologia
degli scritti di Bonhoeffer).
Evelina Pons
A chi è interessato a questi problemi
segnalo l’<c Associazione italiana per la
ricerca sul cancro », via Burini, 5 20122 Milano - c.c.p. 307272; abbonamento L. 400 al notiziario bimensile,
quota per l’associazione, minimo Lire
4.000.
NUOVA ANIMA
Spett. Direttore de
L'eco delle valli valdesi »,
seguo con molta attenzione il Suo
giornale pur non essendo valdese, bensì ebrea e ho spesso avuto modo di
apprezzare lo spirito critico e l’acutezza di molti collaboratori: mi ha particolarmente commossa, per ovvi motivi,
l'articolo di Francesca Spano « Israele:
distinguere tra popolo e governo ». Raramente mi è capitato di vedere trattare questo argomento con tanta sensibilità e sono pienamente d'accordo sull'analisi dell'attuale situazione Medioorientale fatta dall'articolista: vorrei solo riflettere su un punto, dove si auspica il ritrovamento dell'anima ebraica... « l'anima che noi abbiamo imparato ad amare nelle pagine di Amos, nel
ricordo dei ribelli del ghetto di Varsavia e nella fatica ostinata e fiduciosa
dei primi Kibbuzim di Galilea, quell'anima che viene quotidianamente violentata e tradita dal passo pesante dei
soldati israeliani sulle strade di Betlemme e di Nablus ».
Anch'io istintivamente ho spesso pensato queste stesse cose ma alla reazione emotiva è subito seguita l'analisi razionale; stiamo attenti a non istituzionalizzare il modello ideale dell'ebreo perseguitato; il resistente di Varsavia, il fondatore eroico del Kibbuz,
altri non erano se non il prodotto di
anni di persecuzioni e di violenze; purtroppo anche II soldato arrogante attuale è l'ultimo prodotto di quelle persecuzioni, è l'orgoglio, discutibile se vogliamo, del perseguitato per secoli che
improvvisamente ha imbracciato il fucile e si è appropriato di quella forza
fisica che per secoli aveva delegato
ad altri.
A questo punto io non auspico per
il futuro raffermarsi di nessuna di queste due anime nate dai Lager, ma l'avvento di un’anima nuova, affrancata
dalle precedenti e, possibilmente, non
più alimentata dal sangue di vittime innocenti; un'anima che, pur nella sua
intrinseca diversità, abbia il suo posto
nel mondo e la sua dignità alla pari
con tutte le altre.
Bruna Laudi, Pinerolo
APPELLO DA RIESI
Nell'articolo sull'Incontro internazionale organizzato dalla CEvAA ad Agape
(« La Luce » del 19.9.80), G. Platone
accenna alla necessità di persone che
si inseriscano nella comunità con un
compito preciso.
Abbiamo fatto degli appelli in questo
senso su « Le Notizie da Riesi », ma,
dato che » La Luce » ha una diffusione
molto più ampia in Italia, vogliamo specificare per quali settori di lavoro si
richiede collaborazione:
— Centro Agricolo;
— Scuola Elementare:
— Centro Formazione Meccanici: 1 agromeccanico o 1 tecnico generico;
— Ufficio;
— 1 Assistente Sociale.
Ricordiamo ohe un gruppo è impegnato in questo lavoro da molto tempo;
altri si aggiungono per un periodo più
breve, ma per prendere delle responsabilità specifiche nei settori sopramenzionati, sarebbero necessari più di 2
anni, eccetto per l'agromeccanico, che
potrebbe venire anche per 1 anno.
Questo è un impegno di servizio
volontario inserito in un lavoro comunitario. Scriveteci per avere maggiori
informazioni: Servizio Cristiano, 93016
RiESI (Sicilia).
PAP’OCCHIO
Ho letto il commento del pastore,
sig.ra Giuliana Gandolfo, sul film « Il
Pap'occhio », e desidero fare alcune
considerazioni, perché me ne sono rammaricata un poco. In primo luogo; avendo la Signora asserito nel corso del
suo scritto che Arbore e la sua troupe, in genere, non sanno fare che un
tipo di spettacolo « frivolo, leggero e
un po' stupido », non avrebbe poi dovuto dire che « un protestante (letto il
titolo del film e visti anche i quadri
esposti davanti al Cinema) si sente subito coinvolto nell'argomento ». Mi
chiedo « Perché se ne sente coinvolto?
Perché vuole anch’egli divertirsi con
la folla "fatua” alle spalle di un uomo che, a ragione o a torto, è rispettato e amato da centinaia di milioni di
persone? » Mi sembra così che la Sig,ra
Gandolfo consideri ogni "buon protestante" incline a nutrire sentimenti
ispirati ad una polemica bassa e volgare verso la Chiesa cattolica, specie in
un momento in cui, nonostante le
molte perplessità e difficoltà, ci stiamo
avviando verso tentativi di reciproca e
fraterna distensione e collaborazione.
In secondo luogo, pur averrio la
commentatrice rimproverato ad Arbore
di aver coinvolto nella satira anche la
religione, la fede e il messaggio cristiano, termina quasi invitando i suoi
correligionari ad andare a vedere il
film, perché « in certi punti » è divertentissimo e apprezzabile. Credo che la
presenza di un evangelico ad una simile farsa distruttiva significhi incoraggiamento e adesione a tale tipo di
spettacolo, il che non rappresenta un
atteggiamento di testimonianza cristiana.
Vittoria Stocchetti, Genova
PAROLA UBERA
Sig. Direttore,
Nella nostra chiesa, finito il sermone, il Pastore, scende dal pulpito ed
invita i membri di Chiesa al commento del soggetto della predica; la discussione è libera ed aperta a tutti; si
applica la vera democrazia. Chi ha chiarimenti da chiedere e spiegazioni da
dare, si alza e parla ed è ascoltato con
cristiana pazienza. E così, quando si
esce di Chiesa si è coscienti degli Ideali che il Cristianesimo persegue e della necessità di un maggiore affiatamento fra i membri della propria Chiesa.
Perché non applicare questo sistema
popolare anche nei riguardi del giornale? Perché non mettere addirittura
una pagina intera a disposizione dei
lettori? Bisognerebbe aprire una finestra al pubblico, come fanno i giornali
di grande tiratura.
A volte la « Luce » pubblica veri e
propri trattati di teologia che ci vuole
una buona dose di sapienza per capirne il significato. La civiltà è galoppante; sono i problemi odierni ohe interessano il pubblico dei lettori.
D'altra parte i nostri Pastori hanno
a propria disposizione II pulpito per
ammaestrarci: facciano assumere un po’
di responsabilità ai lettori che devono
sottoscrivere l'abbonamento. Non ci
devono spaventare le sgrammaticature!
La maggioranza degli apostoli erano
analfabeti e ci hanno fatto diventare
CristianiI Non credo che Valdo avesse
a propria disposizione un uditorio di
intellettuali per seminare l’Evangelo che
è arrivato sino a noi. Dico questo perché è sempre il solito cenacolo che ci
elargisce la sua dottrina.
Per quanto mi riguarda dichiaro che
potrei fare a meno di agi e molte cose
piacevoli; ma del culto domenicale e
della lettura della « Luce » non potrei
farne a meno. Mi sentirei Isolato, sperso e infelice senza il legame spirituale
rappresentato da questo nobile giornale
che leggo da 55... anni.
Fraterni saluti
Guglielmo Sellari, Torino
La mag filar parte degli interventi
spontanei che giungono al giornale
vengono pubblicati, anche se non tutti nelle rubriche « a colloquio con i
lettori »e « tribuna libera »; molti, soprattutto nelle pagine delle Valli vanno sotto l’occhiello di « dibattiti », « riflessioni », « interventi », ecc. Altri ancora sono inseriti come articoli nelle
varie pagine a seconda dell’argomento.
Se si mettessero tutti insieme (ma che
disastro dal punto di vista giornalistico!) raggiungerebbero qualche volta la
pagina. Ad ogni modo non possiamo
che condividere questo appello per un
maggior contatto tra il giornale e i
lettori. (f-g-)
5
14 novembre 1980
5
IL DRAMMA DEL DISCEPOLO CHE HA TRADITO NELLA LETTERATURA E NELLA TEOLOGIA
Specchio della
nostra umanità
GIUDA
Taylor Caldwell, Io, Giuda. Mondadori 1977.
Giuseppe Berto, La gloria. Mondadori 1978.
Il divario di valore artistico
fra i due testi mi pare notevole;
Berto ha scritto un’opera veramente drammatica e interessante, mentre quello di Caldwell è
uno dei tanti libri della serie "storia romanzata” costruiti con una
ricetta fondamentalmente analoga: si prende un fatto drammatico della storia recente o remota, ci si documenta più o meno
a fondo su alcuni piccoli particolari che diano l’impressione
della vita vissuta e sulle abitudini più pittoresche del tempo e del luogo per fornire il colore locale, si fa raccontare la vicenda direttamente da protagonisti ed oscuri testimoni, si mescola il tutto in uno stile « Selezione » e il successo è quasi assicurato. Il lettore legge facilmente e ha la piacevole impressione
di assistere allo svolgersi dei fatti, che si tratti di un incidente
al passaggio a livello o della crocifissione, facendosi contemporaneamente una cultura.
Al di là di queste differenze di
livello, in entrambi i testi si ha
l'impressione che Giuda non sia
tanto il personaggio di cui ci
parlano i Vangeli quanto il portavoce del nostro disagio di uomini che si sentono colpevoli e
che cercano di giustificarsi davanti a se stessi e davanti agli
altri. In entrambi troviamo l’uomo pronto ad accettare gli altri
solo in quanto corrispondano ai
suoi schemi mentali; il Messia
deve essere il liberatore politico
di Israele dai Romani; lo scoprire che non lo sarà porta al fallirnento, e quindi all’impiccagione,
di un Giuda deluso più che pentito.
Così si ha l’impressione, almeno per Caldwell, che il discorso
di Giuda sia rivolto ai cristiani
come velato ammonimento a non
impegnarsi nella ribellione politica contro l'ingiustizia e l’arroganza, come invito alla rassegnazione in attesa di un Regno
piuttosto indistinto e lontano. In
Caldwell c’è una fede sicura e
chiara, nelle promesse dell’Eterno, ma il Cristo che ci appare è
molto alla Zeffirelli, biondo, bello, affascinante, colorato ogni
tanto di parapsicologia (i discepoli lo difendono dalla folla perché « l’aura » che permette i miracoli rischia di esaurirsi come
una pila elettrica troppo usata).
Un dramma umano
Nel libro di Berto ho avuto invece l’impressione che Gesù non
sia il Redentore e che l’aver scelto la vicenda biblica rimanga un
fatto in qualche modo marginale: il dramma è tutto umano.
Senza scomodare la psicanalisi
(in cui il discorso, credo, risulterebbe ancora più evidente) anche un profano come me vede il
rapporto fra Giuda e Gesù, come quel misto di ammirazione,
invidia, rabbia, bisogno di farsi
notare dal proprio idolo, a cui
non si perdona proprio il fatto
stesso di realizzare, almeno in
parte, quello che noi stessi
avremmo voluto essere (non a
caso Giuda si illude, per una notte, di essere lui il Messia atteso
da Israele). Così invece di Gesù
potrebbe esserci il padre, il campione sportivo, il divo dello
schermo o San Gennaro, a cui
deleghiamo la realizzazione di
tutto quello che ci piacerebbe
fare e di cui non siamo capaci.
Così l’atteggiamento di Giuda
verso gli altri discepoli è un misto di invidia rabbiosa, quando
fanno bella figura con Gesù, e
di superbia sprezzante, perché
lui è colto, intelligente, raffinato, mentre quei pescatori puzzano d’aglio e di sudore.
Concludendo, direi che, a parte i nomi dei personaggi, Caldwell è una lettura estiva, facile
e non spiacevole, ma che può
essere fuorviante; Berto è un testo sgradevole, ma proprio per
questo utile, in quanto ci costringe a guardarci nello specchio e
a riconoscerci in queirindividuo
antipatico che Giuda rimane,
nonostante tutti i tentativi di
autogiustificarsi — altro elemento comune — sia pure con espressioni antitetiche (unico necessario collaboratore scelto da Gesù
a realizzare la redenzione della
umanità col suo gesto risolutivo,
o utopista politico deluso da un
maestro imprevedibile e sconcertante).
Rimane nel lettore il rimpianto che nei due autori sia mancato il dialogo col Cristo, che è invece così vivo, per esempio, nel
Maestro e Margherita di Bulgakov, quando alle facili disquisizioni filosofiche di Pilato sulla
verità inconoscibile, quel povero
uomo stanco e malandato in piedi davanti al governatore romano che lo interroga risponde semplicemente « La verità è che tu
hai mal di testa ». L’egoismo feroce di Giuda e di tutti noi non
ci permette di vedere, in chi ci
sta di fronte e si prepara a ferirci o a crocifiggerci, il fratello
che ha mal di testa e così rimaniamo ciechi e sordi davanti al
Maestro.
Marcella Gay
Drammaticamente ucciso a tradimento,
del suo sangue ci si lava vistosamente le mani
e di fronte alla notizia della sua morte
è detto « possiamo essere sicuri
che non risorgerà»... Gesù? No, Giuda:
nel film del regista polacco Wajda « Pilato
e gli altri », recentemente dato in televisione.
Indizi di un fascino, di un interesse
preminente che esercita questa figura
ambigua e tragica, in cui l’uomo
del nostro tempo riflette le sue angosce
autodistruttive e la sua ansia
di autorendenzione.
Rifiutare questo interesse preminente
— magari con l’intenzione di « difendere »
la centralità di Gesù ■—
sarebbe da parte nostra un segno di aridità,
di disumanità. E’ necessario invece
approfondire e comprendere le componenti
di questo fascino esercitato da Giuda,
specchio della nostra umanità.
E’ quanto cerchiamo di fare in questa pagina,
da un lato riflettendo su due opere
di scrittori contemporanei su Giuda,
dall’altro sintetizzando la presentazione
che di Giuda ha fatto uno dei maggiori
teologi del nostro secolo.
Nella foto: Giotto, « Il bacio di Giuda »,
Padova, Cappella degli Scrovegni (particolare)
Il reprobo eletto
Delle 500 dense pagine che trattano della « libera elezione di
Dio » Barth ne dedica 45 all’apostolo Giuda, quelle conclusive.
A quanto mi consta, in tutta la
dogmatica di Barth non è dato
di riscontrare per nessun altro
apostolo, una trattazione così
ampia, così esegeticamente e sistematicamente lavorata, come
per Giuda.
Per capire l’ottica da cui Barth
guarda tutta la problematica dell’elezione di Dio, bisogna tener
presente la sua collocazione nell’economia della dogmatica: nel
mezzo del discorso su Dio. E qui
sta già una prima presa di distanza rispetto al modo con cui
i Riformatori del XVI secolo, e
al loro seguito la teologia protestante, avevano situato la questione dell’elezione, tra il discorso su Cristo e quello sulla chiesa, vale a dire nello spazio dell’etica cristiana (nella prima edizione dell’Istituzione cristiana
[1536] Calvino aveva situato la
elezione nella parte concernente
la chiesa). Non è questione di
lana caprina: l’ordine della trattazione porta con sé questa affermazione centrale della teologia di Barth; l’elezione è una
questione di Dio, fa parte della
sua decisione d’amore verso gli
uomini ed ha la sua origine ed
il suo compimento in Gesù Cristo. Mentre Calvino sosteneva
che l’elezione è un « mistero assoluto » di Dio, per Barth reiezione ha la sua origine in Gesù
Cristo, nella luce della sua rivelazione: Gesù Cristo è al tempo
stesso il soggetto e l’oggetto dell’elezione di Dio. Non solo, Barth
dirà successivamente che Gesù
Cristo è anche l’unico reprobo!
Come si situa allora la figura
di Giuda, il traditore per eccellenza, il reprobo, il maledetto
fra gli uomini, come la nostra
cultura (cristiana) lo ha definito
da sempre? Barth prende subito
le distanze da questi giudizi moralistici e affonda la sua riflessione nell’esegesi dei testi cercando di recuperare una valutazione d’insieme che è indubbiamente geniale, pur lasciando aperti
numerosi interrogativi, anche rispetto ai testi evangelici.
Innanzitutto occorre situare
la figura e l’azione di Giuda in
stretto rapporto al gruppo dei
discepoli, di cui fa parte, e ad
Israele, alla tribù di Giuda, di
cui è figlio; in altre parole la
vita di Giuda non può essere letta semplicemente in chiave individuale, di contrapposizione e di
negazione. Da lui però parte la
iniziativa che porterà Gesù sulla
croce, è lui il primo anello di una
catena di avvenimenti inarrestabili; senza di lui la narrazione
evangelica sarebbe incomprensìbile. Giuda è quindi l’agente necessario (l’executor Novi Testamenti, lo definisce Barth) perché
il piano di Dio si possa realizzare.
Il pentimento
di Giuda
Il Nuovo Testamento è concorde nel definire l’azione di Giuda
una colpa imperdonabile (Me.
14: 21, eco.); ma dice anche che
Giuda si pente della sua azione
e cerca di rimediare. Barth prende molto sul serio questo fatto
fino a dire: « il pentimento di
Giuda non è forse, a modo suo,
più completo che quello di Pietro, di cui ci è detto semplicemente (Matt. 26; 75) che dopo il
suo triplice rinnegamento uscì e
’’pianse amaramente”? ».
Giuda però non è in grado di
espiare la colpa commessa: il
suo atto iniziale ha fatto scattare una catena di avvenimenti rispetto ai quali non ha alcuna
possibilità di « pagare » di persona, resta prigioniero della sua
azione.
La questione del « pentimento »
di Giuda — dice Barth — resta
aperta, perché il Nuovo Testamento stesso la lascia aperta:
« nessuna promessa di grazia viene a dare una risposta ». Il destino di Giuda sembra dunque segnato, senza appello. Ma perché?
Perché l’unico atto in grado di
poter perdonare la sua vita non
si è ancora compiuto: la morte
di Gesù sulla croce e la promessa ad essa legata.
Gli Atti però, fa notare Barth,
non dicono parola del pentimento di Giuda, né parlano di suicidio. Seguendo la traccia degli
Atti Barth sottolinea il vuoto
che viene a crearsi nel cerchio
dei discepoli, quel vuoto che « indica la colpevolezza stessa degli
apostoli ». Un vuoto dunque che
sta ad indicare che Giuda non
può avere un posto nella chiesa,
né un avvenire; il futuro è dalla
parte di Maria che esprime l’atto d’amore per Gesù (Giov. 12 e
paralleli). La versione degli Atti
parla invece di incidente mortale
per descrivere la morte di Giuda; è l’autorealizzazione del giudizio. Il Nuovo Testamento quindi rifiuta la possibilità del pentimento dì Giuda; Giuda è il traditore, l’uomo in cui è entrato
Satana. Ma qui Barth si chiede:
« Che cosa vuole Dio da quest’uomo? Che cosa ha deciso di fare
di lui?... qui siamo situati, nel
centro del Nuovo Testamento,
di fronte al problema dell’uomo
reietto... dove il Nuovo Testamento ha sollevato e risolto la
questione dell’uomo eletto ».
Giuda è uno dei 12, ciò che ha
fatto concerne anche i compagni. Barth porta in appoggio a
questa ipotesi dei testi significativi; quando Gesù dice ai 12
« uno di voi mi tradirà » (Me. 14
18 sgg. e oaralleli), i discepoli
impallidiscono, sono quasi terrorizzati, e la loro risposta è una
domanda; « sono io? ». Una risposta che in sostanza conferma
l’ipotesi che i 12 sono potenzialmente dei Giuda!
Un’altra conferma Barth la
trova nell’esame del racconto
sulla lavanda dei piedi ai discepoli (Giov. 13). Questo episodio,
nel suo rapporto evidente con la
Cena, è dimostrazione di come
Gesù abbia amato i suoi discepoli fino alla fine e di come tutti
i discepoli (compreso Pietro che
tenta un rifiuto), sono sullo stesso piano di fronte a Gesù: « Pietro e Giuda occupano lo stesso
posto e conoscono in ogni caso
la stessa miseria ».
Gesù salva
anche Giuda
A partire di qui Barth avanza
un altro interrogativo: la morte
di Gesù qui indicata dalla Cena
e dalla lavanda dei piedi ha una
portata salvifica anche per Giuda? L’interrogativo non trova risposta nei testi che sottolineano
il contrasto: da una parte Gesù
che è per Giuda, dall’altra Giuda contro Gesù. Però Barth afferma: « Bisognerebbe dar prova
di una durezza senza misura per
affermare che non c’è perdono
per Giuda, in una parola che Gesù per lui è morto invano ». Il
Nuovo Testamento, sostiene
Barth, non fissa alcun limite alla grazia di Gesù Cristo nei riguardi di Giuda, intende piuttosto « descrivere la situazione esistente tra Gesù e Giuda — situazione che ricapitola quella esistente tra Gesù e tutti gli altri
uomini, tra reiezione dell’uomo
da parte di Dio e la sua necessaria reiezione — come situazione
aperta della predicazione ».
Ciò detto Barth fa un altro
passo innanzi. Riprendendo il
racconto degli Atti, nota che se è
vero che Mattia prende de jure il
posto scoperto di Giuda, de facto
il successore di Giuda è Paolo:
« nel senso che Paolo è stato per
la chiesa nascente la ’’cattiva coscienza” che Giuda era stato per
Gesù ». Giocando sul doppio si
gnificato di un verbo greco che
significa sia « consegnare » che
« trasmettere », Barth afferma
che come Giuda ha consegnato
Gesù nelle mani degli uomini,
così ora Paolo trasmette Gesù
ai pagani.
Barth non intende eliminare
la colpa, il peccato di Giuda, che
resta a suo carico, però Barth
considera l’azione di Giuda come
« la rivelazione dell’infamia di
tutti gli apostoli, dell’insieme di
Israele »; Barth vuole sottolineare l’analogia che c’è nei testi
evangelici tra Giuda, e lui solo
fra gli apostoli, e Gesù. In altre
parole Gesù non è andato da solo verso la morte. Giuda lo ha
preceduto! Ma non è tutto: il
Nuovo Testamento, prima ancora che parlare di Giuda che consegna Gesù nelle mani degli uomini parla di un’azione primordiale di Dio che ne è il prototipo: Dio tratta gli uomini così
come Giuda tratta Gesù (Rom. 4:
25; 8: 32, ecc.). Il punto di partenza sta dunque nella decisione di
Dio di inviare il Figlio nel mondo e nell’obbedienza del Figlio
al Padre, cioè nell’atto d’amore
di Dio e — aggiunge Barth — «La
realizzazione di questa intenzione coincide con il regno di Dio ».
Di conseguenza « Credere in Gesù Cristo significa non considerare più come perduti nessuno
di coloro che Dio ha abbandonato nella sua collera... non conosciamo nessuno che Dio abbia
veramente e definitivamente abbandonato a se stesso! Conosciamo un solo essere abbandonato
e perduto, cioè Gesù Cristo ». E
con ciò siamo rimandati all’escatologia (ultimi avvenimenti), che
è però uguale a Gesù Cristo.
Elezione più che
reiezione
Giuda quindi compie una missione, permette la realizzazione
del disegno di Dio. Il suo posto
nei racconti evangelici è pertanto, secondo Barth, superiore a
quello degli altri apostoli; Giuda
è il personaggio più importante
insieme a Gesù, è « un servitore
di Dio come non hanno potuto
esserlo né Pietro né Paolo: il servitore dell’opera di riconciliazione... ». In definitiva « l’elezione
di Giuda oltrepassa, eclissa, controlla e regge la sua reiezione...
la sua azione perniciosa è in rapporto all’azione benefica di Gesù ».
Concludendo, che cosa vuole
Dio dal non eletto? Che gli sia
data la possibilità di ascoltare
l’Evangelo. In altre parole il reprobo non esiste, è una possibilità che è negata da Dio stesso:
ciò che gli è concesso è di essere
un reprobo... eletto!
Ermanno Genre
6
14 novembre 1980
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
PINEROLO
Footing Due dibattiti sulla FIAT
e vanità
Fino a poco tempo fa, per le
strade, non si vedevano molte
persone correre a piedi, e quelle
poche erano, probabilmente, i soliti atleti a tempo perso che si allenavano in vista della gara domenicale. Non che adesso ci sia
poi una grande confusione dì
gente in tuta, ma tutte queste
marce non competitive, organizzate, nei periodi estivi, dalle più
disparate associazioni, enti ecc.,
hanno certo servito a qualcosa.
Tanto è vero che ora, al motto di
« quattro passi di corsa = tanta
salute in più », molti si cimentano in tali tonificanti sgroppate.
E a scorrazzare sulle strade di
città e di campagna non sono
più solamente baldi giovani con
cronometro al polso e sguardo
fisso, concentrato al massimo,
ma anche persone di mezza età.
Tra di loro c’è però chi prende
veramente sul serio il nuovo
hobby, tanto da non tirarsi indietro neanche di fronte al freddo e alla pioggerellina autunnali;
anzi, incurante del tempo, sudatissimo e un po’ stravolto, sbuffando come una ciminiera, se ne
va al piccolo trotto.
Il footing, in effetti, è un modo per avvicinarsi diversamente
alla natura, per tenersi in forma
ed evitare, forse, l’infarto, per
scaricarsi e passare il tempo. Ma
oltreché salutare è sicuramente
suggestivo, come sport, se uno,
non più giovanissimo, dopo otto
ore di lavoro, ha ancora voglia di
uscire di casa, la sera, con il freddo che fa, per farsi sei o sette
chilometri a piedi.
D’estate, quando una persona
attempata passava, correndo, per
le stradine periferiche, il contadino, magari suo coetaneo, la
guardava con una certa sufficienza, ma anche con un pizzico di
invidia. Ora, invece, le lancia piuttosto occhiate di compassione,
pensando a cosa mai spinga quel
buon uomo a fare una simile faticaccia
I signori di mezza età sono
sempre stati in crisi in ogni paese del mondo; ma qui da noi la
malattia è più grave. Una ragione: la forte differenza di ceto che
intercorre fra taluni di loro e tali
altri. Non che praticare lo sport
sia, in linea di principio, un privilegio di pochi o, per lo meno,
di chi ha un certo reddito e tanto tempo libero. E’, io credo, un
fatto di mentalità.
Chi a vent’anni comprava le
nazionali sciolte, portava le scarpe smesse dai fratelli, i pantaloni rivoltati del padre e passava
buona parte della giornata in
fabbrica per poi aiutare a casa
nei lavori di campagna, a fatica
riesce ad adattarsi a mode e modi che cambiano sempre più velocemente, all’idea, per esempio,
che oggi si possano spendere dei
soldi per correre, per giocare a
tennis, per andare in piscina, in
pratica per stancarsi. Semmai ci
si distrarrà ritrovandosi il sabato sera fra amici, in una mano il
bicchiere e nell’altra le carte, a
cantare le vecchie melodie.
Gli altri, sia quelli che hanno
lasciato da parte l’immagine della casa povera della loro infanzia sia quelli che da sempre hanno vissuto per loro fortuna nell’agiatezza hanno, in parte, già
capito, che in un mondo dove
l’individuo è solo e stenta a trovare la propria identità, la vanità è oramai diventata un modo disperato di comunicare. Chi
è grasso è colpevole, chi è trasandato è immorale, chi non fa
le ferie al mare è un derelitto, e
così via. Oltre alla sauna, alla cyclette, alla tuta, alla racchetta,
nella loro vita di gente di mezza
età, entreranno, pian piano, pure
gli antirughe, le cotonature, gli
idratanti, naturalmente secondo
le singole disponibilità. Ma anche loro finiranno con l’essere
presto degli emarginali, come lo
sono i coetanei che lavorano le
terra o che fanno i turni alla
Fiat. L’unica differenza è che questi ultimi sono doppiamente
emarginati: perché oramai sulla
via del prepensionamento e perché dimenticati e traditi da quelli che contano.
Marco Borno
Venerdì e sabato della scorsa settimana si sono svolti a Pinerolo due dibattiti sulla vicenda FIAT. Uno, organizzato dalle comunità
cristiane, ha voluto sottolineare la responsabilità dei credenti rispetto ai problemi che travagliano il mondo del lavoro e la società;
l’altro, organizzato dal Settimanale « Cronache del Pinerolese », si
proponeva di valutare criticamente i problemi emersi durante la
lunga vertenza FIAT e gli insegnamenti che se ne possono trarre
rispetto al ruolo del sindacato, alla funzione della classe operaia e
alla strategia politica dei partiti di sinistra.
« Cristiani, uomini fra gli uomini che, come tali, devono prendere posizione come ha fatto il
Dio liberatore ». Questa una delle
tesi di Carlo De Michelis, il prete
operaio della Fiat in cassa integrazione che ha introdotto l’assemblea tenutasi venerdì 7 novembre al Cinema Roma organizzata dalle Comunità cristiane di
Pinerolo sulla situazione di crisi delle fabbriche Indesit e Fiat.
De Michelis, dopo una cronologia a grandi linee dei fatti, che
andava dal periodo prima delle
ferie alla firma deH’accordo, ha
analizzato alcuni momenti fondamentali del periodo di lotta.
Questa, durata 35 giorni con
più di 80 presidi nella sola zona
torinese, è stata di grande valore, ha detto De Michelis, per due
motivi principali: 1) la sua compattezza, anche se si sono verificate delle piccole debolezze, ha
visto le punte maggiori con la
nartecipazione di operai di altre
regioni e compagni esterni alla
fabbrica; 2) nonostante la grande
tensione creatasi in quei giorni
non si sono avuti incidenti gravi.
Il corteo cosiddetto dei « 40.000 »
è stato per molti casi conseguenza di pressioni morali e psicologiche fatte dall’industria su impiegati e capi.
L’accordo non è la chiusura
del « caso Fiat » anche se molti
tirano un sospiro di sollievo perché i licenziamenti non ci sono
stati, ma è stata una sconfitta del
sindacato e della classe operaia.
Chi sono i 23.000 in Cassa integrazione? Donne, delegati, handicappati, militanti che in questo
momento si sentono come « cani
rognosi ». Infatti non è loro permesso di entrare in fabbrica,
neanche ai delegati che prima potevano entrare in qualsiasi momento (con un permesso speciale). Per ritirare gli effetti personali sono scortati da un guardiano passando tra coloro che prima erano i loro compagni di lavoro. Andare a ritirare lo « stipendio » è come recarsi all’ufficio assistenza dove si prendono soldi
che non gli appartengono.
Dopo questa prima parte informativa De Michelis ha letto il
capitolo 8 del profeta Amos dal
quale ha preso spunto per dire
alcune cose su come i cristiani
sono implicati nel caso Fiat. Dio
ha fatto una precisa scelta: quella dei poveri, non perché sono i
primi santi ma perché sono poveri. Si è sporcato le mani e ha
preso posizione, non si è tenuto
al di sopra delle parti. E’ nostro
dovere come cristiani informarci, capire, non essere superficiali, interrogarci. Dobbiamo « sporcarci le mani » e se non lo facciamo e non aiutiamo gli altri a
farlo tradiamo il Vangelo.
Gli interventi (5 in tutto) sono
stati di due tipi: chi avrebbe voluto sentire anche « l’altra campana », chi invece — come un
operaio Fiat in cassa integrazione — ha rilevato le contraddizioni della Fiat che insiste sulla produttività ma che non esita a sprecare 50 operai per lustrare le
macchine dei dirigenti e le moquettes degli uffici.
L’incontro era organizzato dalle comunità cristiane e, sentendo
parlare un prete operaio, credo
che ogni credente presente si sia
sentito personalmente coinvolto,
anche se proprio noi cristiani
dobbiamo forse ancora imparare
a mettere in pratica il messaggio
evangelico che è di prendere posizione per coloro che soffrono,
non come « assistenza », ma come segno di amore fraterno.
Bruna Ricca
* * *
« Quali sono le prospettive della sinistra dopo l’accordo Fiat? »
Ha aperto il dibattito organizzato dal settimanale « Cronache »
la relazione di Riccardo Vercelli
(segretario della sezione del PCI
della Fiat-Rivalta) che ha fatto
un’analisi della vicenda Fiat dalle cause che l’hanno prodotta ai
metodi e contenuti della lotta
per poi dare un giudizio articolato, ma sostanzialmente positivo dell’accordo evidenziando in
esso luci ed ombre. Il secondo relatore, Elvio Fassone (magistrato), ha offerto alla discussione
uno schema interpretativo dei
fatti di carattere politico generale.
Partendo da elementi di malcontento e di malessere diffusi
nei confronti del sistema e del
potere costituito quali la diseguaglianza sociale, l’impunità dei
corrotti e l’alienazione (presenti
non in una singola classe sociale
ma in strati maggioritari della
popolazione), cercava di individuare quali sono le possibili basi
di un processo di trasformazione
in senso democratico della società e quali i possibili agenti di
trasformazione e gli obiettivi
strategici.
Uno schema, quello di Fassone, che rimetteva in discussione
la centralità della classe operaia
quale elemento di trasformazione sociale per evidenziare come
vi sarebbe oggi una classe emergente (il ceto medio, che schematicamente nel caso Fiat potrebbe
corrispondere alla manifestazione dei capi e della maggioranza
silenziosa) con la quale occorrerebbe allearsi strategicamente
per non rimanere su un terreno
minoritario e in definitiva perdente.
Con questo tipo di analisi il relatore ha anche individuato i limiti e gli errori che avrebbero
impedito all’azione delle forze di
sinistra di risolversi in un ribaltamento dei rapporti forza per
avviare un reale processo socialista. Tra questi errori viene dato particolare rilievo alla confiittualità praticata nei confronti
dell’impresa che avrebbe avuto
come effetto non quello di provocare mutamenti sostanziali nell’organizzazione del lavoro, nella
società, ma quello di mettere in
crisi le imprese sovraccaricando
il mercato di compiti e responsabilità non sopportabili.
Al contrario, il dato di un certo modo di produrre, quindi di
questa organizzazione del lavoro
e del mercato conseguente, andrebbe assunto come irreversibile e non mutabile per cui tutta
una serie di problemi (tra cui
fondamentale è quello della piena occupazione) dovrebbero essere posti e risolti in modo diverso da come sono stati affrontati
fino ad ora dalla sinistra.
Il dibattito che ne è seguito ha
messo in evidenza come il giudizio sulla vertenza Fiat e la fase
politica nuova che si è aperta,
sia ancora un terreno di confronto e di discussione all’interno della sinistra.
Indipendentemente dallo scarso numero di partecipanti (una
trentina circa) rincontro è stato
utile per il tipo di dibattito che
c’è stato anche se una serie di interrogativi rimangono ed in particolare sulle posizioni, a mio avviso discutibili, espresse da Fassone.
Togliere validità all’analisi
marxista sui rapporti di produzione, Torganizzazione del lavoro, la centralità della classe operaia come elemento « rivoluzionario » di trasformazione della
società è un po’ negare il marxismo stesso. Ognuno è libero di
essere marxista oppure no, ma
non può essere quello che non
è, solo perché si afferma tale.
Questo crea confusione e battaglie politiche distorte.
Beniamino Lami
Comunità Montana
Val Pellice
La nuova Giunta
La professoressa Franca Coisson, sindaco di Angrogna, è stata
eletta Presidente della Comunità Montana Val Pellice nel corso
della prevista riunione del Consiglio che ha avuto luogo a Torre
Pellice lunedì 10 c.m.
Franca Coìsson che nella precedente giunta ricopriva la carica di vice-presidente oltre a quella di assessore all’agricoltura, è
stata eletta sulla base di una
ampia maggioranza che comprende, oltre ai socialisti, comunisti
ed indipendenti, anche liberali e
socialdemocratici.
Su 26 votanti il sindaco di Angrogna ha ottenuto 18 voti a favore ed 8 schede bianche.
In precedenza, nella dichiarazione di voto, i consiglieri Rivoira e Longo avevano appoggiato
la candidatura Coìsson indicata
nel segno della continuità, il liberale Gamba aveva dato il suo
sostegno avendo riscontrato comunanza di vedute sul programma mentre polemico era stato
l’intervento di Celeste Martina
che evidenziava a suo dire una
sorta di isolamento in cui si era
voluto portare la D.C.
Dopo le brevi dichiarazioni
programmatiche presentate dalla
neo-eletta F. Coìsson, in cui partendo come base dal piano di
sviluppo, la Comunità Montana
dovrà operare nel senso di una
sviluppo costante nei settori che
più dovranno caratterizzarne gli
interventi, si passava poi alla
elezione degli altri membri della
giunta: alla vice-presidenza veniva chiamato con 17 voti a favore il lusernese Mauro Suppo,
mentre su proposta del presidente Coìsson la nuova giunta risultava composta dai consiglieri
Sergio Davit, Osvaldo Fornero,
Giandomenico Gamba, Giulio
Giordano e Mauro Pons.
i.p.-r.
VILLAR PEROSA
TORRE PELLICE
Un po’ di allegria
Tutti j sabati, alle 21 in punto,
la Compagnia Teatrale di Agostino Fassi presenta presso il cinema-teatro Riv-Skf di Villar Penosa una gustosa commedia in
dialetto piemontese: « Le langasse ed Ciaciarét ». L’argomento è sempre attuale: la commedia ci dimostra, con scenette e
battute spiritose, quanto siano
dannosi i pettegolezzi che circolano facilmente nei paesetti, e ci
invita a diffidare di chi si occupa troppo volentieri dei fatti altrui. Coloro che vivono in un
piccolo centro ne riconosceranno
l’ambiente con i suoi pregi e i
suoi difetti. Molto bravi gli interpreti. Le rappresentazioni proseguiranno fino a esaurimento
delle richieste; si possono prenotare i posti presso l'edicola
Gavazzi di Villar Perosa (tei.
51.034).
Alcune riflessioni sul 4 novembre Luserna San Giovanni
4 novembre, festa delle Forze
Armate ed anniversario della vittoria.
Anche quest’anno tra suoni di
bande e retorici discorsi l’Italia
democratica si è trovata riunita
a celebrare la « gloriosa vittoria »
del 1918.
In questo clima di grande unanimismo, mentre coloro che guidano le nostre sorti non sembrano sfiorati da alcun dubbio, a noi,
invece, gruppo di giovani credenti, pare il caso di fare alcune
riflessioni e considerazioni che
vogliamo proporre all’attenzione
di tutti, nell’intento di aprire una
discussione sulle pagine di questo giornale.
Innanzitutto ci chiediamo se
ha un senso dedicare una giornata come il 4 novembre alle
Forze Armate. Infatti le stesse
Forze Armate cui compete il
« sacro » dovere di difendere la
patria sono chiara espressione
di una scelta comunque militarista dello Stato cui appartengono, sia per come sono costituite, sia per come sono organizzate. Ci sembra assurdo che non
solo si approvino, ma addirittura si incrementino enormemente
le spese di bilancio della difesa,
quando tutti noi conosciamo le
carenze in ben altri settori...
Quali antimilitaristi, crediamo
fermamente nella forza dell’impegno nonviolento in contrasto
con la scelta dell’armarsi sempre di più allo scopo di una difesa « attiva ». Anche se a molti
può sembrare impopolare o uto’'istica, cì'ediamo che l’unica via
che oggi sia possibile seguire sia
quella del disarmo unilaterale in
contrapposizione al disarmo concordato, parziale, che i vari stati
sembrano voler portare avanti.
Non ha senso limitarci a rifiutare missili e armamenti in particolare, quando vediamo gli effetti prodotti in questi ultimi
150 anni dalle cosiddette armi
convenzionali.
TI presidente Pertini, al momento del suo insediamento, disse: « Si colmino i granai, sorgente di vita, e si vuotino gli arsenali, sorgente di morte ». Eppure l’Italia è oggi ai primi
posti nella triste classifica di
esportatori di armi, cioè di
morte.
Nello stesso tempo anche varie
autorità ecclesiastiche si sono
espresse contro l’ignobile sterminio preparato dai fabbricanti di
armi, ma di fatto. si tollera che
le spese militari vengano aumentate giorno dopo giorno; né ci
risulta che dette autorità abbiano formato comitati per la vita
o raccolto firme...
Per celebrare autenticamente
l’anniversario della vittoria (ma
la vittoria in guerra è sempre
sconfitta dell’Umanità), lo ripetiamo, l’unica via da seguire ci
sembra quella dell’impegno per
la vita contro la morte, contro
la preparazione di nuovi immani massacri che coinvolgerebbero, a questo punto, tutti, militari
c civili.
A Torre Pellice esiste un collettivo anti-militarista che è costituito per la maggior parte da
giovani delle comunità cristiane
cattolica e valdese. Alla luce del
semplice comandamento evangelico: « ama il tuo prossimo come te stesso », può il cristiano
rimanere inerte o indifferente?
O non si impone forse un radicale mutamento nel suo modo
di porsi di fronte a guerre, eserciti e armamenti?
Gruppo Giovanile Evangelico
Agricoltura
alternativa
Visto l’interesse con cui nelle
nostre valli si sta guardando ad
una agricoltura più sana che non
comprenda nei suoi metodi l’uso
di sostanze chimiche, quindi una
agricoltura meno suicida, un
gruppo di coltivatori ha organizzato, con l’adesione della Comunità Montana Val Pellice, per sabato 15 (alle ore 15) e domenica
16 novembre nel palazzo comunale di Luserna S. Giovanni un
breve corso introduttivo sull’Agricoltura Biodinamica che verrà
tenuto dal Presidente dell’Associazione Biodinamica Italiana
Signor Righetti. Coloro che fossero interessati a partecipare a
questo corso e a quello pratico
che verrà tenuto in primavera,
dato l’esiguo numero dei posti
ancora disponibili, sono pregati
di rivolgersi per l’iscrizione presso la Cooperativa Agricola Terranova, Fernand Peyrot, e l’erboristeria la Gerla a Luserna S.
Giovanni e l’ufflcio Servizi Tecnici della Comunità Montana Val
Pellice.
7
14 novembre 1980
CRONACA DELLE VALLI
NE PARLIAMO CON L’ASSESSORE PROVINCIALE
Prima neve: si blocca tutto?
Intervista sui problemi della neve con riferimento alla provinciale PerosaPrali. Risponde l’arch. Longo, assessore Montagna e Agricoltura della Provincia
Domenica scorsa, all’improvviso, la prima neve.
Nelle zone alte delle nostre
Valli qualcuno è rimasto
bloccato. E subito si pensa
al sale sulle strade contro
l’insidioso « verglas » e soprattutto ai mezzi sgombraneve. La nevicata ha veramente colto tutti di sorpresa. Un’escursione di 30
gradi sul termometro, in
tre giorni, non è cosa normale. Comunque quel po’
di neve che è arrivata ha
bloccato tutto; basta poco
per paralizzare il traffico.
Per quest’inverno quali sono le prospettive per lo
sgombero della neve almeno nella zona delle nostre
Valli? Lo abbiamo chiesto
all’arch. Piercarlo Longo,
Assessore alla montagna e
agricoltura della Provincia
di Torino.
« Il problema — precisa
Longo — interessa in primo luogo l’Assessorato alla
viabilità; però posso dire
che dal 1977 l’Assessorato
alla montagna ha disaggregato il proprio bilancio per
le Comunità Montane che
oggi sono dotate di un parco macchine per lo sgombero della neve relativamente alle strade comunali. Direi quindi che oggi, almeno per il 90%, le Comunità Montane della Provincia di Torino hanno risolto
questo problema. Aggiungo che una delle pronoste
che oggi la Provincia fa come Assessorato alla montagna è quella di elaborare un piano che integri il
lavoro delle Comunità
Montane con la Provincia
per le strade di sua competenza. Riguardo allá situazione della Val Pellice,
martedì 11, si avrà un incontro tra l’Assessorato alla montagna, l’Assessorato
alla viabilità e le Comunità
Montane per studiare un
piano organico di intervento per i lavori di sgombra
neve. Si tratta quindi di
operare una integrazione
non solo tra l’Assessorato
alla montagna con le Comunità Montane bensì anche con l’Assessorato alla
Viabilità che ha competenza sulle strade provinciali ».
— Dall’incontro che si è
svolto, a fine ottobre, a
Torino con ì tredici presidenti delle Comunità Montane della Provincia sono
emerse iniziative per la
viabilità?
« Per quel che concerne
la nostra zona posso dire
che non solo le nostre due
Comunità Montane, ma anche le altre, propongono
di usare i finanziamenti loro assegnati per interventi, diretti o indiretti, a favore della viabilità. Per
esempio la Comunità Val
Pellice ha scelto di usare
questi fondi per acquistare un capannone per il ricovero dei mezzi sgombraneve, attrezzato d’officina
meccanica. Stessa cosa farà la Comunità Montana
Val Chisone e Germanasca. Quest’anno quindi i
finanziamenti del nostro
Assessorato per le due Comunità Montane avranno
questo fine poiché ai mezzi sgombraneve, in quanto
tali, s’era già provveduto
in passato. Certo noi miriamo, per ritornare alla
domanda, a promuovere interventi integrati : dove
non arriva la Provincia arriva la Comunità Montana
e viceversa. Mi sembra un
passo avanti se pensiamo
che prima ogni ente viaggiava un po’ per conto
suo... ».
— Un’ultima questione
che riguarda la strada provinciale Perosa-Prali. È
chiaro che senza una adeguata attrezzatura paravaìanghe quella strada, spe
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cialmente nei tratti tra
Perrero e Prali, sarà sempre pericolosa compromettendo lo stesso sviluppo
turistico di Prali che verrà forzatamente limitato.
Insomma la gente che d’inverno va a Prali ha paura
dì restare bloccata lassù
per qualche slavina o valanga che blocca la provinciale. Cosa ne pensa?
« Il problema certo è
grosso ed è di competenza
dell’Assessorato, come è
ovvio, della viabilità. Posso però dire da informazioni che ho in mio possesso che questo Assessorato
sta mettendo in cantiere
una cifra non indifferente
destinata a compiere so
stanziali migliorie sul tratto di strada in questione.
E’ un problema vecchio:
si tratta di una strada con
andamento difficile che, a
mio parere, avrà sempre
grossi problemi di manutenzione. Quando fu costruita questa strada nessuno poteva prevedere che
essa avrebbe dovuto sopportare un traffico cosi intenso specie nei mesi più
difficili dell’anno. Comunque ritengo che i prossimi
finanziamenti verranno finalizzati al problema dei
paravalanghe anche se non
è l’unico problema di quella strada».
A cura di
Giuseppe Platone
ANGROGNA
Il Foyer
ha due anni
Secondo anno di vita del
Foyer per persone anziane
della Valle d’Angrogna. La
casa ( l’ex-Presbiterio valdese del Serre) ospita dal
1“ novembre sino a maggio un gruppo di persone anziane, autosufficienti,
che, continuando a vivere
nel loro ambiente valligiano possono usufruire dì
una serie di servizi (riscaldamento, mensa, lavanderia...) che permette loro di
superare agevolmente i
mesi invernali, cioè quelli più rischiosi per le persone anziane specie se isolate o di salute cagionevole. Se l’anno scorso la Casa ospitava solo cinque
persone, quest’anno si è
« fatto il pieno » arrivando
a completare i dodici posti
disponibili.
L’anno scorso la gente
interessata ha voluto vedere se la cosa poteva funzionare, ora che è stato dimostrato che la « cosa è
buona » non mancano, né
mancheranno in futuro le
richieste d’ospitalità.
Cuoca, guardarobiera e
simpatica organizzatrice
della casa è Hélene Rivoira che, essendo del luogo,
conosce abitudini e mentalità della nostra gente ; collabora saltuariamente con
lei. Miranda Canale, attiva
e giovane visitatrice domiciliare delle borgate d’Angrogna.
Dell’iniziativa che, ripeto, è al suo secondo anno
di vita è stata, anni addietro, promotrice l’assistente
sociale M. Gaietti che, incontrando l’appoggio del
Comune di Angrogna, in
tutti questi anni, con la
sua équipe, ha lottato affinché questo progetto andasse in porto. Ci sono voluti anni di trattative, ci
sono stati anche momenti
di tensione con il Concistoro proprietario dello
stabile (oggi rimesso completamente a nuovo) che
lamentava, giustamente, il
ritardo dei lavori; ma tutto questo è stato superato
in uno spirito di collaborazione a tutto vantaggio della nostra gente che può
scoprire in questa casa una
comunità di amici. Un’alternativa insomma al ricovero in Istituto. Per le persone anziane non è poco.
g. P
SAI
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decessi
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privativa ai trasporti nei Comuni di Torre Pellice e Luserna S. Giovanni.
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PENTECOSTE ’80
“Non è stato un
punto d’arrivo”
Con queste parole la Commissione Coordinamento terminava il suo intervento in seguito alla
raccolta di impressioni avvenuta sia nel corso della
festa che in riunioni successive. Infatti, nella ricerca di fedeltà al comune Signore non vi sono punti
di arrivo ma tanti momenti di riflessione in vista
di tappe successive.
La ricerca che è stata alla base della_ realizzazione si è mossa dal concetto di « essere insieme »
nell’oggi per costruire « un domani » in cui vi siano ancora spazi per delle espressioni di fede delle
comunità e possibilità di vita e di lavoro per le
nostre vallate. _ .__
Proponiamo quindi, in vista della realizzazione
di un audio-visivo di riprendere la riflessione fatta,
analizzando con successivi interventi alcuni degli
aspetti della festa.
Il primo di questi ha come tema: 11 canto.
(Canto corale; canto della comunità; canto nella
scuola domenicale).
1° punto. Canto Corale
Canto Comunitario
Canto nella Scuola Domenicale
Le comunità valdesi
hanno sempre avuto il
canto come momento
di espressione della loro fede, della riconoscenza al Signore, del
loro impegno non tanto
visto come strumento
di evangelizzazione (come nel caso dei Pentecostali e dell’Esercito
della Salvezza) ma come momento di coesione della comunità.
I testi erano nella
maggior parte in francese (tratti da Psaumes
et cantiques), conosciuti ancora bene dalle persone anziane mentre invece non essendo orrnai
più praticati dalle giovani generazioni, rischiano di perdersi.
Alla Scuola Domenicale si è ripreso il problema del canto con
tentativi nuovi, nuovi
testi, più semplici, alcuni tratti da «Spirituals»
(canti dei credenti neri d’America), altri tradotti dalle nuove collane francesi «Nos coeurs
chantent» e «Carnet de
chants».
La maggior parte di
essi sono adatti per essere accompagnati con
strumenti semplici come la chitarra, il flauto ecc.
Ma questi canti non
sono a loro volta conosciuti dalla generazione dei più anziani.
Anche il nuovo Innario Cristiano stampato nel ’69 ed attualmente in uso nelle comunità non ha portato nei
confronti del precedente innario quel contributo che ci si aspettava. Il cambiamento
dei numeri, delle parole ma non della musica: della musica ma non
delle parole, ha posto e
pone dei problemi di
raffronto all’interno delle comunità.
Con Pentecoste 80 si
è tentato di creare un
filo conduttore che unisse tutte le espressioni
di canto della comunità
e delle comunità fra di
loro. Si è quindi dato
dello spazio al cantare
insieme; bambini-corali-comunità. Trombe-corali-comunità.
I ruoli si sono intersecati, in una sequenza
che ha preso buona parte del pomeriggio.
L’esperimento è parso positivo.
Si tratta ora di continuare questa ricerca.
II discorso del canto
ha bisogno aH’interno
delle nostre comunità
di una migliore qualificazione (maggior conoscenza della musica,
contatti con altre corali, scambi di esperienze).
Ma una specializzazione per l’impegno che
richiede non può essere fine a se stessa od
utilizzata solo in qualche occasione sia pure
solenne. Deve stemperarsi e quindi essere
lievito anzitutto nella
pasta che l’ha generato, cioè nelle comunità.
Sorgono quindi degli
interrogativi a cui tutti
insieme siamo chiamati ■
a rispondere.
Come possono le nostre corali essere questo elemento di lievito?
Se riteniamo che vi
sia uno spazio scoperto
fra le generazioni, come.possiamo colmarlo?
Riprendiamo il Culto
in francese di quando
in quando?
Ogni generazione ci
ha trasmesso la sua musica, la sua ricerca e
così sarà anche per le
generazioni nuove. Possono essere le nostre
corali questo strumento
di collegamento fra esperienze che rischiano
di perdersi e quelle nuove, aiutando le comunità a colmare quel divario di conoscenza a cui
arcemevamo?
I modi ed i tempi di
attuazione sono ancora
da discutere. Il problema rimane comunque
aperto al contributo di
tutti.
La Commissione
Coordinamento
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8
8
CRONACA DELLE VALLI
14 novembre 1980
INTERVENTO DELLE COMUNITÀ’ DI BASE AL CONVEGNO DI TORINO
Per un ecumenismo quotidiano
Al convegno organizzato
dal Segretariato Attività
Ecumeniche a Torino, di
cui abbiamo dato notizia
nello scorso numero, Franco Barbero ha presentato
ima relazione a nome delle
Comunità di base piemontesi. Ne pubblichiamo qui
la parte centrale e finale.
(n.d.r.)
Dopo aver osservato che
la pratica ecumenica delle
Comunità di base è centrata sulla ricerca biblica e
teologica in comune e su
alcune iniziative comuni
nei confronti delle « vicende ecclesiastiche del nostro tempo », e su una collaborazione ad iniziative
quali Agape e la Claudiana, la relazione così prosegue:
Alcune
valutazioni
1) Le iniziative — po
che o tante che esse siano
— non possono costituire
il punto centrale del nostro impegno ecumenico.
Riteniamo infatti che il
primo ecumenismo vada
fatto nelle vie del mondo,
nello spazio profano nel
quale l’evangelo di Gesù di
Nazareth ci invia a servire
la causa dell’uomo e della
donna oppressi. Lì è il primo luogo in cui dobbiamo
trovarci insieme, il primo
appuntamento ecumenico.
Ci siamo? Continuiamo ad
esserci?
2) Per noi resta prioritario su tutte le iniziative
l’ancoraggio alla Parola di
Dio e quindi un ecumenismo che perseveri nel porre al centro la lettura comune della bibbia, sia in
comunità ecumeniche, sia
in collettivi, sia in occasioni varie che occorre sempre saper vedere o creare.
Questo ci sembra un punto sul quale occorre non
mollare, ma progredire. La
lettura della Parola di Dio
è l’asse portante della pratica ecumenica.
3) Mentre tutte le occasioni e iniziative hanno
il benvenuto, ci è sembrato in questi anni che, senza escludere affatto i momenti forti di ecumenismo
festivo, vada privilegiato
l’ecumenismo quotidiano e
feriale, quello che nella
pratica di ogni giorno, favorisce la crescita di uno
spirito ecumenico. Ci sembra che esso si costruisca
fianco a fianco, fuori da
ogni idillio, ma anche nella gioia di constatare che
progressivamente il Signore ci libera dai nostri confessionalismi. E’ un ecumenismo, ci sembra, che
parte dalla realtà comunitaria e ci abitua a riflettere teologicamente insieme.
Ancora, si tratta di un ecumenismo che non permette idilli, ma nemmeno compromessi tattici.
4) Tra le valutazioni ’negative’ va subito annotato
che, intanto, l’esperienza
ecumenica continuativa è
ancora molto ridotta nelle
comunità di base piemontesi. Non raggiunge se non
cinque o sei comunità. Le
altre vivono una sensibilità ecumenica o esperienze
sporadiche di incontri, ma
non un’esperienza continuativa.
5) Se le molteplici piccole iniziative elencate hanno certamente numerosi
elementi positivi perché
nascono e rispondono al
vivo e alle esigenze di un
cammino comunitario, non
sembra però positivo il
fatto che manchi una certa rigorosa sistematicità
nei confronti e nella ricerca. Certa eccessiva asistematicità dà vita a parecchi
interessanti spezzoni ecumenici che rischiano però
di andare ognuno per conto suo. Si avverte l’esigenza di un lavoro ecumenico
che, senza rinnegare la
spontaneità che viene dalla vita, si concretizzi in alcuni « filoni » sui quali con
L’angolo di Magna Linota
Cara Magna Linota,
mi è stato passato da
mia zia il volantino di cui
ti accludo una fotocopia.
La poesia anonima mi ha
fatto venir voglia di porre
a te alcune domande tra
l’ingenuo e il malevolo (ma
mai malevolo come la poesia).
1. I pastori degli anni ’30
godevano tra la base del
cattivo nome che sembra
riflesso nella poesia?
2. Erano veramente così
imborghesiti?
3. Le accuse di abbandono della fede dei padri toccano, da parte degli anziani, a tutte le generazioni?
4. Le accuse di imborghesimento che venivano, presumibilmente, da una persona dell’altro secolo, erano in qualche modo affini
a quelle che furono poi
formulate dalla generazione del ’68?
5. Le accuse di abbandono della fede erano in
Il poeta, in visita alle Valli,
nota che non è mutato l’aspetto
esteriore dei boschi, dei valloni
e dei fiumi. Ma « tempora mutantur », sono cambiati i tempi
e i costumi. E prosegue:
VII
Autrefois les chaumières
Du pays des Vaudois,
Etaient des sanctuaires
Ouverts au Roi des rois.
Mais les palais splendides
Qu’on y voit aujourd’hui
Sont des cavernes vides
D’où l’Evangile a fuit.
VIII
Autrefois la prière
Et les hymnes divins.
En des cœurs purs et saints.
Aujourd’hui le tapage
Les infâmes chansons
Et le libertinage
Dans beaucoup de maisons!
IX
Dans les siècles sinistres
De nos persécuteurs
Nous avions des ministres.
De fidèles pasteurs^
Eux, prêchant sous les châumes
De ce peuple croyant
N’avaient pas les diplômes
Qu’on exige a présent.
X
Les tribus exilées
N’avaient pas de salons
Les saintes assemblées
Se tenaient nu vallon
Au fond d’une carriere
Ou sur quelque hauteur
Un roc servait de chaire
Pour nos prédicateurs.
XI
Point de riantes cures
Avec contrevents verts
Mais un habit de bure
Par les plus froids hivers
Une table rustique
Et de rudes labeurs
Telle est la gloire antique
De nos anciens pasteurs.
XII
Au temps jadis la Table
S’assemblait en secret
Dans la plus sûre étable
Du Vaudois plus discret:
Aujourd’hui le Synode
Se rassemble au grand jour
Dans un local commode
Aux portes de la Tour.
XIII
Dans de grands presbytères
Magnifiques à voir
Vivent des mercenaires
En gants, en habits noirs
A leur mine hautaine
Au timbre de leur voix
On aurait de la peine
A les croire Vaudois.
XIV
Et lorsque sur la route
Les voit un passager!
Il dit: « C’est sans doute
Quelque prince étranger! ».
Leur démarche orgeuilleuse
Indique à tout venant
Une piété douteuse
Dans un cœur inconstant.
XV
Eglises des Vallées
Si pures autrefois
Maintenant si souillées
Est-ce vous que je vois?
Pourquoi dans un autre âge
Vos robustes dieux
Ont-ils par leur courage
Pu rentrer dans ces lieux?
XVI
Se peut-il que leurs armes
Aient conquis ces vallons
Et faut que leurs larmes
Aient arrosé ces monts
Pour avoir tant de traîtres
Parmi leurs descendants
Et de mines de prêtres
Au lieu de prédicants?
La poesia termina con amarezza : un vento invincibile costringe il poeta a ripartire da
quello che pensava il paese della Bibbia, non senza una richiesta a Dio di voler perdonare ancora il « fico .sterile ».
qualche modo affini a quelle formulate oggi (spesso
dalla generazione accusata
nella poesia) alla generazione del ’68?
6. Come mai i richiami
alla gente sono relativamente contenuti (strofe VI,
VII e Vili) mentre quelli
ai pastori sono così diffusi
(strofe IX, X, XI, XII, XIII,
XIV)?
Mi piacerebbe sentire il
tuo pensiero su queste domande. Grazie.
Claudio Tron
Caro Claudio Tron,
sono passati parecchi
mesi da quando ho ricevuto la tua lettera; ma fai
molte domande, e alcune
sono troppo difficili: non
sapevo proprio come rispondere.
Però piano piano mi sono venute alcune idee e te
le scrivo, anche se non sono ben sicura di come stanno esattamente le cose e
di come stavano allora.
1. Non prenderei troppo
alla lettera le accuse: ci sono sempre state persone
pessimista, e soprattutto
nella Vallèe des Lumières
(Torre Pellice) la critica è
una vecchia tradizione. In
qualche cassetto devo ancora avere un volantino
della fine dell’SOO con un
lungo elenco di pastori e
maestri cantori che bevevano troppo, almeno secondo l’autore, anche lui
anonimo.
Allora si facevano lunghi
giri di visite alle famiglie,
tutti si offendevano se il
pastore « faceva il superbo » e non accettava almeno un bicchiere di vino; se
alla fine era un po’ troppo
allegro, ecco che lo criticavano. Oggi invece la gente
protesta perché fa poche
visite: io mi domando però come può fare: di giorno sono quasi tutti fuori,
e quando finalmente tornano a casa, ti guardano storto perché non hanno più
né tempo né voglia di parlar con te.
2. Forse c’è stato un periodo in cui pastore e maestro si sentivano persone
importanti e hanno preso
prima degli altri certe nuove abitudini di benessere.
Ma eravamo anche noi a
volerli così: ricordo come
mi ha scandalizzata il primo pastore vestito di marrone invece che di nero.
Non parliamo poi di quando incontrai a Prati il signor Tullio Vinay in tuta
da muratore: non mi sembrava più un vero pastore.
3. Ho proprio paura di
sì: il mio pastore mi ha
fatto vedere alcuni atti di
vecchi Sinodi. Nel 1693 il
Sinodo rimproverava gli
eccessi commessi la domenica nelle osterie ed esortava i fedeli a dedicare la
giornata al servizio di Dio
e non alla corruzione. Non
ti sembra di leggere la
strofa 8 che contrappone
le preghiere e gli inni di
una volta al chiasso delle
canzoni infami e al libertinaggio di oggi?
4 e 5. Sono le due domande più difficili e non
so proprio che cosa dire.
Un po’ le accuse si assomigliano tutte, perché i vecchi del secolo scorso e i
giovani di ieri pretendono
che la gente, e soprattutto
i pastori, siano compietamente liberi da tutte le
idee e le abitudini sbagliate del loro tempo. E poi
nonni e nipoti sono spesso
d’accordo nel criticare
quelli che stanno in mezzo, i padri che, bene o male, fanno in quel momento
la maggior parte del lavoro. Gli uni e gli altri hanno una giusta paura di una
vita troppo facile, tna spesso mi pare che ammirino
una povertà che forse non
conoscono veramente, come i nostri fratelli cittadini che ammirano le nostre riunioni quartierali
nelle stalle, ma poi tornano in auto nelle loro case
di città a farsi una bella
doccia calda mentre noi
andiamo a prendere l’acqua al “badas”.
Certo ci sono anche
grosse differenze: i vecchi
rimpiangono i bei ricordi
del passato e i giovani sognano un futuro diverso.
6. E’ chiaro: le persone
sul pulpito sono più in vista di quelle sedute sui
banchi.
Scusa il ritardo, ma mi
hai proprio fatto sudare
per risponderti; e non sono sicura di essere riuscita a spiegarmi bene.
Magna Llnota
MADE
Concessionario di Zona :
BORNO LUCIANO
TORRE PELLICE Via Garibaldi 4
frontarci ed operare più
seriamente. Diversamente
non è impossibile che l’ecumenismo diventi un ’ingrediente’ un po’ formale
della nostra vita di fede,
ma non realmente incisivo,
o scarsamente incisivo.
6) Mentre attorno alla
Parola vivente di Dio cerchiamo di cucire alla base
una profonda comunione
ecumenica, mi pare che
siano da superare due limiti: a) quello di non arrivare mai ad un confronto serrato su alcuni temi
nodali a livello sacramentale ed ecclesiologico; b)
quello di perdere di vista
tutto il fecondo travaglio
ecumenico che, tra grazia,
fatica, ambiguità, promesse e delusioni, è in atto in
tutte le chiese cristiane in
tutte le loro articolazioni.
Diversamente ricadiamo in
un 'ecumenismo delegato’
ai vertici ecclesiali o agli
addetti ai lavori. Senza
partecipazione al travaglio
ecumenico non c’è ecumenismo. In questo senso la
nostra scarsa partecipazione ai ’campi’ nazionali va
criticata.
7) Sembra cresciuta tra
noi la convinzione che i
grandi temi della nostra
fede in Gesù Cristo e le
grandi sfide del nostro
tempo non possano più essere affrontati se non ecumenicamente, ma ciò non
significa automaticamente
che riusciamo a farlo. Si
pensi all’attuale confronto
tra fede ed ideologia radicale; tra fede ed ateismo
ed altri.
Alcune
prospettive
Le comunità di base piemontesi vorrebbero essere
presenti — seconda la pochezza delle loro forze —
in tutti quei luoghi e quegli spazi in cui è in atto un
confronto ecumenico che
parta dalla lettura della
Parola e non prescinda da
un reale impegno di liberazione storica dei più poveri.
Ci pare dunque importante anche un incontro
come quello di oggi.
Le nostre proposte, oltre
al lavoro quotidiano per
una crescente riappropriazione ecumenica della bibbia, sono poche e ci vedo
no al lavoro da un po’ di
tempo:
a) sono in atto alcune
collaborazioni ecumeniche
per quattro piccoli volumi
che vedono impegnati parecchi membri delle comunità cristiane di base e che
usciranno nei prossimi anni:
— « i diritti umani nella
chiesa cattolica » (dicembre '80);
— « la presidenza della cena del Signore » (giugno ’81);
— « Maria nell’evangelo e
nella vita delle chiese »
(giugno ’82);
— « le chiese cristiane di
fronte alla morte » (giugno '83);
b) alcune comunità cristiane di base lanciano
l’idea di un seminario di
studi std modernismo come momento alto di una
possibile riflessione ecumenica da organizzarsi per la
prossima primavera in occasione del centenario della nascita di Ernesto Bonaiuti;
c) secondo noi, mentre
ancora esistono divisioni
profonde che non vogliamo misconoscere perché
possono metterci in guardia da « unità » non evangeliche, mentre ancora triboliamo a riconoscerci reciprocamente nella stessa
fede, nello stesso battesimo, nella stessa eucarestia
e ad ammettere l’equivalenza dei rispettivi ministeri, noi insistiamo perché
si metta presto aH’ordine
del giorno un concilio davvero ecumenico. Esso potrebbe costituire un imprevedibile evento di speranza e trasportarci tutti oltre le nostre chiese. Ma
forse occorre ancora lavorare un po’ a prepararlo...;
d) ci pare però importante ricordare che questo
« credere in dialogo » non
può eliminare né la realtà
delle lotte di classe che attraversa anche le nostre
chiese, né estromettere
ogni tensione, né tradursi
in una unità più ecclesiastica che ecclesiale, più
funzionale alla istituzione
che non all’annuncio del
Regno di Dio. Unità sì, concordismi no. Certo, lavorare per l’unità, ma senza
mai cessare di domandarci « quale chiesa? » e « quale unità? ».
Franco Barbero
NOTE DI VIAGGIO
La casa di Arnaud
è pericolante
Nel corso del viaggio organizzato dalla Società di
Studi Valdesi per il Waldensertag 1980 (vedi EcoLuce del 17.10.’80) la località che più mi ha impressionato è Schönenberg, tra
Mühlacker e Oetisheim,
con la casa a suo tempo
abitata da Enrico Arnaud.
Oggi essa è museo, ma un
museo che rischia di crollare! È vero che una parte deH’ediflcio è stata già
restaurata, ed in essa, dalla scuderia preesistente, è
stata ricavata un’ampia
sala per riunioni, con sopra l’abitazione del custode, un giovane studioso di
biblioteconomia addetto
ora alla schedatura dello
ampio e vario materiale
conservato appunto nel
museo. Ma l’altra parte è
pericolante, rischia di franare, occorrono misure
drastiche per evitarne la
rovina definitiva. La «Deutsche Waldenservereinigung » ha lanciato un appello aprendo una sottoscrizione (Konto 981079,
Sparkasse Pforzheim, Spende für Arnaud-Haus). Noi
Valdesi italiani, che tanti
aiuti materiali abbiamo ricevuto e continuiamo a ricevere dai nostri amici e
fratelli in fede tedeschi,
dobbiamo sentirci concretamente solidali e fare anche noi un sacrificio personale. Per i modi e i tempi,
basta mettersi in contatto
con il Pf. Werner Eiss, segretario della D.W., Pfarrstrasse 2, D. 7024 Filderstadt 4, o con il nostro cortesissimo ospite, Dr. Pf.
Theo Kiefner, Lehengasse
5, D-7260 Calw.
Giovanni Gönnet
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PiNEROLO Via M. Grappa (ang. Via Bravo)
9
14 novembre 1980
CRONACA DELLE VALLI
___ 9
PRIMO DISTRETTO
PRAROSTINO
ANGROGNA
Il nostro impegno
a TelePinerolo
Il 7 marzo di quest’anno è andata in onda la prima trasmissione evangelica a TelePinerolo.
Son trascorsi ormai otto mesi
e riteniamo di dover fare il punto della situazione.
Partiti da un impegno spontaneo di alcune persone, questo
programma è stato oggetto di discussione in Conferenza distrettuale che ne ha sostanzialmente approvato le finalità e si è
pronunciata circa la sua continuazione con il mandato alla
C.E.D. (Commissione Esecutiva
Distrettuale) di nominare una
commissione apposita. (Questa
commissione è formata da M.
Ayassot, F. Davite e A. Fornerone). Compito di questa commissione è quello di coordinare il
lavoro, trovare le persone o gruppi o comunità disposte a partecipare a queste trasmissioni.
Non ha e non vuole avere alcuna presunzione di controllare
in qualche modo ciò che si fa.
D’altra parte nessun controllo
o censura è fatto da TelePinerolo, per cui una volta che è chiaro che chi parla è la tal comunità o persona, sua è la responsabilità di quanto dice o afferma.
La commissione ha cercato di
interessare, dal mese di settembre in poi, un po’ tutte le comunità del secondo circuito e vuole ora arrivare a maggiori contributi, se possibile, da parte di
un po’ tutte le comunità delle
valli.
Questo perché la zona che la
emittente sta pian piano coprendo, si configura proprio con le
valli, la pianura pinerolese e la
periferia di Torino.
Tenendo conto di quale può
essere il pubblico che segue la
trasmissione, questa deve avere
due diverse finalità;
— far conoscere il mondo
valdese nei suoi diversi aspetti
a chi sa bene o male che esiste.
Questo non per dire solo chi siamo ma per far conoscere ciò in
cui crediamo. Far capire come
non siamo, in quanto chiesa valdese, un gruppo a sé ma una parte del più ampio mondo protestante europeo;
— essere un momento di riflessione biblica, di informazione
sulla attività delle chiese evangeliche per i nostri membri di chiesa.
Attualmente le trasmissioni
vanno in onda al sabato sera in
un orario decisamente favorevole: le 20.15.
Dopo questa cronistoria della
trasmissione vorremmo tentare
di rispondere ad alcune domande:
— La trasmissione è seguita?
Non ci interessa evidentemente
un indice fine a se stesso, ma
verificare se lo spazio che ci è
stato offerto e che cerchiamo di
sfruttare in modo dignitoso, pur
essendo tutti dei dilettanti, risponda a delle esigenze reali.
La gente cioè sente la necessità di una trasmissione evange
Incontro dei
gruppi teatrali
giovanili ad Agape
Si svolgerà ad Agape, in due
week-end (29-30 novembre e 13-14
dicembre), un incontro di scamj
bio e di studio aperto a tutti i
gruppi evangelici teatrali e alle
persone che sono interessate a
questo tipo di lavoro nelle nostre comunità.
Durante il primo di questi fine-settimana, con inizio alle ore
18, è in programma un incontro
oon il Gruppo Teatro Angrogna;
seguirà poi un momento di dibattito che dovrebbe elaborare
proposte concrete di collaborazione e di studio, da approfondirsi poi nel corso del secondo
incontro. A dicembre sarà presentato un lavoro teatrale (a
Ghigo di Frali) che verrà discusso poi nei gruppi.
Parteciperà in questa occasione il past. G. Tourn che parlerà
su « Il patrimonio culturale valdese delle recite: che cosa ha
significato? si può riproporre? ».
Le iscrizioni ai due incontri
vanno comunicate al più presto
alla direzione di Agape.
fica televisiva? Oppure, in altre
parole: Serve entrare nelle case
con questo mezzo di comunicazione — che per altro potrebbe
esser vista come una tra le tante
pubblicità — per annunziare l’Evangelo di Cristo?
La nostra opinione è affermativa.
Alcuni gruppi di ascolto nelle
comunità e anche persone singole hanno apprezzato questo lavoro, ci hanno dato dei suggerimenti per migliorarlo e delle indicazioni circa gli argomenti da trattare.
— È questo un modo di evangelizzare e di testimoniare la fede in Cristo?
La risposta in questo caso non
può essere così sicura.
Diciamo che oggi è forse più
facile raggiungere la gente con
questi mezzi.
Ciò non toglie che si possa sbagliare, prendere delle cantonate,
essere cioè dei predicatori da un
pulpito sbagliato.
Ma ciò che ci deve preoccupare
principalmente è il parlare di
Cristo, del suo Evangelo, della
sua proposta per un mondo nuovo. Dipenderà dalla convinzione
e coerenza con le quali noi diciamo queste cose e cerchiamo
di viverle, la possibilità di non
essere solo una voce nel deserto.
Un’ altra ancora deve essere la
nostra preoccupazione: Gesù disse, a chi chiedeva di far tacere
i discepoli, che se fossero stati
zitti avrebbero parlato le pietre.
Non rischiamo, noi, di tacere
del tutto per paura di comprometterci, di sporcarci un po’, di
essere fraintesi?
I nostri discorsi non possono
e non devono essere solo per noi
stessi.
Per la commissione televisiva
Attilio Fornerone
TORRE PELLICE
Secondo lo schema stabilito,
il culto della terza domenica del
mese è il « culto della gioventù ».
Sono quindi particolarmente invitati i catecumeni e i giovani in
genere.
• Nel tempio del centro è stato celebrato, sabato 8, il funerale della sorella Elena Sibille, che
per molti anni ha servito il Signore nell’Esercito della Salvezza. La comunità esprime la sua
simpatia cristiana alla famiglia.
V DISTRETTO
Incontro
pastorale
Il prossimo incontro pastorale del 1° Distretto avrà luogo a Torre Pellice,
presso la Casa Unionista,
lunedì 17 novembre 1980,
con inizio alle ore 9.
Tema centrale dell’incontro sarà; « Il nostro atteggiamento di fronte al cattolicesimo ».
Testo di discussione: relazione sulla questione dei
rapporti con il cattolicesimo romano, presentata al
Sinodo 1980 dalla Commissione consultiva per le relazioni ecumeniche.
Pranzo presso la Foresteria.
Coordinamento
FGEI-Valli
Il Coordinamento FGEIValli è convocato per lunedì 17 novembre, alle ore
21, presso i locali della
Chiesa Valdese di Via dei
Mille 1, a Pinerolo.
All’ordine del giorno:
— valutazione dei culti finora realizzati dalla
FGEI-Valli, in riferimento al problema Indesit e FIAT;
— preparazione del prossimo convegno FGEI-Valli su « la vita », che avrà
luogo il 15 dicembre.
Nel mese di ottobre si è tenuto un incontro tra il Concistoro
e l’Amministrazione Comunale.
Oggetto dell’incontro è stato
10 studio della possibilità di ottenere, da parte regionale, dei
contributi per la ristrutturazione di stabili di proprietà di enti
pubblici o morali.
Un interesse comune in quanto a S. Bartolomeo esistono due
stabili prospicienti, uno della
chiesa (la casa estiva) l’altro del
comune (il vecchio municipio).
Si è quindi prospettata la possibilità di predisporre un piano
di recupero unico.
Nei prossimi incontri vedremo
le concrete possibilità di realizzare un simile progetto.
• Su richiesta di un gruppo di
catecumeni è ripresa giovedì
scorso l’attività del gruppo giovanile.
• Martedì 18 novembre riprenderanno i lavori del gruppo di
studio biblico. Si pensa di seguire il sistema dell’anno scorso con
riunioni nei vari quartieri.
INCONTRO AL FOYER
PER ANZIANI D’ANGROGNA
• Domenica 2 novembre ha
avuto luogo ad Angrogna, presso
11 Foyer, un incontro tra le Amministrazioni comunali di Angrogna e Prarostino. Scopo d.ell’incontro, oltre allo scambio di
esperienze in campo amministrativo, è stato quello di prendere
visione di come sia possibile utilizzare certi stabili, siano essi comunali e non, per scopi nuovi.
Riuscire a creare, come al
Foyer, un luogo di incontro per
la comunità, un servizio di alloggio per anziani nel periodo invernale, non può che essere un programma molto valido e ambito.
Ciò che più ha colpito è l’organizzazione stessa del Foyer: un
luogo in cui l’anziano è protagonista della vita della comunità in
cui vive, non è un oggetto di assistenza ma un soggetto autosufficiente che mantiene la sua iden.tità anche se in un contesto diverso dalla propria abitazione
della Vaccera o di Ciò d’Mai.
Un luogo in cui l’ospite non
riceve soltanto ma può ancora
dare molte cose (particolarmente interessante il progetto di recupero di attività artigianali del
passato).
Come chiese evangeliche occorre chiederci se non sia questa
una delle vie da seguire per l’utilizzo di certi nostri stabili che,
oltre al costo di mantenerli in
piedi, magari vuoti, possono assumere il triste aspetto di « cattedrali nel deserto ».
LUSERNA
SAN GIOVANNI
ASSEMBLEA DI CHIESA
Sabato sera, 15 c.m. alle ore
20.30 nei locali della ex scuola
materna avrà luogo l’Assemblea
di chiesa per l’esame della relazione annua e la elezione di nuovi Anziani per i quartieri che sono rimasti scoperti in seguito
alla scadenza del mandato di tre
membri del concistoro.
L’Assemblea dovrà pure eleggere la Commissione d’esame sull’operato del concistoro che quest’anno sarà in funzione per la
prima volta, come è stato deciso
dall’Assemblea in una sua precedente seduta.
Tutti i membri di chiesa ed in
particolare i membri elettori sono invitati ad essere presenti data l’importanza dei punti all’ordine del giorno.
INCONTRO ECUMENICO
A FAMOLASCO
Dopo la positiva esperienza
dello scorso anno si è deciso di
di continuare gli incontri ecumenici mensili di studio biblico
a Famolasco di Bibiana.
Il prossimo incontro avrà luogo domenica 16 novembre alle
ore 15, presso l’abitazione di
George Brizz a Famolasco, ed
avrà come tema lo studio di alcuni brani delTEvangelo di Marco. Tutti sono invitati a partecipare.
CONCERTO ROCK
La filodrammatica organizza
per il giorno 22 c.m. un concerto
Rock nella sala Albarin con il
gruppo « Vieta » di Pinerolo.
Intervenite numerosi.
RORA’
Nel corso del culto di domenica 9 novembre, abbiamo battezzato il piccolo Luca Pagetto. Ai
genitori l’augurio da parte della
comunità valdese che egli possa
crescere nella conoscenza della
verità evangelica.
• Domenica 16, alle ore 10, nella cappella annessa al presbiterio, si terrà Passemblea di chiesa: relazione sul Sinodo, problemi finanziari, richiesta d’informazione sulla vita ecclesiastica, ecc.
La colletta verrà destinata alle
vittime del terremoto di E1
Asnam (Algeria).
• Ricordiamo che ogni domenica è aperta la biblioteca mezz’ora prima del culto; l’organizzazione della distribuzione dei libri e della eventuale vendita di
pubblicazioni della Claudiana è
a carico del gruppo EGEI Prassuit-Verné.
• Al nostro gruppo di monitrici si è recentemente aggiunta
Elvina Benech che si occuperà
della scuola domenicale al capoluogo; alla nuova venuta, auguri
di buon lavoro.
SAN SECONDO
• Ricordiamo ai membri di
chiesa che la lista degli elettori
è aperta per tutto il mese di novembre e che tutti coloro che
non vi sono ancora iscritti, ma
desiderano farne parte, lo devono segnalare ad un Anziano od
al Pastore. Naturalmente i membri elettori si impegnano a seguire le attività di chiesa e le
assemblee.
• Segnaliamo che nella seconda metà di novembre verranno,
come tutti gli anni, raccolti i doni in natura per il Rifugio Carlo Alberto e l’Asilo dei Vecchi
di San Germano. Come l’anno
scorso il vino verrà raccolto in
bottiglioni e sarà subito restituito il vuoto.
• I quartieri di erotta e di Rivoira hanno deciso che nei mesi prossimi le riunioni quartierali avranno inizio alle ore 20 e
non più alle 20,30.
SAN GERMANO
Abbiamo affittato un organo
elettronico per ovviare in parte
all’assenza deH’organo in restauro. Continuiamo tuttavia a contare con gratitudine su corale e
coretto per l’ottimo supporto dato al canto nei nostri culti.
• Gli studi biblici suH’Apocalisse continuano ogni martedì alle
ore 20.30 nella saletta.
• Domenica 16 corrente avrà
luogo durante il culto l’Assemblea di chiesa dedicata alla relazione sui lavori sinodali.
• Nelle riunioni quartierali
stiamo esaminando la progettata
ristrutturazione della CIOV e i
suoi riflessi sulla situazione dela
nostra Casa di riposo, e l’aspetto del rinnovamento della chiesa, due temi sinodali. Siamo grati a Nelly Rostan e Gustavo Ribet che curano la presentazione
di questi argomenti.
• Siamo vicini in preghiera
alla famiglia Revel che è stata
colpita dal lutto per il decesso
di Guido Revel all’età di 77 anni.
Che la nostra speranza sia più
forte della morte.
Festa
di canto ’81
L'Assemblea delle Corali Vaidesi, nella sua seduta del 9.XI.’80,
ha scelto per la Festa di Canto
del 1981 i seguenti inni;
ITALIANI
97 le tre prime strofe
278 le tre strofe
235 le tre strofe
257 la 1", 3“ e 4” strofa
FRANCESI
50 le tre strofe
Coro: Pentecôte di Bortniasky
per 4 voci miste.
BOBBIO PELLICE
Durante il culto di domenica
scorsa è stato battezzato Ivo Artus di Rinaldo e Ada Rostagnol. I
bambini della Scuola domenicale hanno circondato il nostro
nuovo fratello con i loro canti
dando alla nostra celebrazione
un’atmosfera gioiosa. Il Signore
benedica il nostro fratello e ci
dia di ritrovarci spesso così numerosi per lodarlo.
• In settimana riprenderanno
i corsi di precatechismo (giovedì ore 15.30 nel presbiterio).
• L’unione femminile riprenderà le sue attività domenica 23
e non il 16 novembre come annunciato.
• Il 16 novembre tutta la comunità è invitata a ritrovarsi alle 14.30 con i pastori Bruno Bellion e Thierry Benotmane e le
loro famiglie. Non abbiamo potuto purtroppo trovarci insieme
nel mese di settembre e abbiamo dovuto aspettare che tutti
fossero tornati a Bobbio per ringraziare il pastore Bellion e per
fare conoscenza col pastore Benotmane. È un’occasione da non
perdere!
Domenica 23 novembre culto in
francese. Domenica 30 novembre
il culto sarà animato dai giovani della EGEI. Dopo il culto
avremo un momento di discussione con i giovani. Il tema della discussione sarà comunicato
la settimana prossima sull’Eco.
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Enrichetta Benech ved. Bertin
ringraziano tutti coloro che, con la
loro presenza, scritti e fiori, hanno preso parte al loro dolore. Un grazie particolare al Pastore Platone per il suo
messaggio di conforto e al Dott. De
Bettini per le sue lunghe, amorevoli
cure.
Angrogna, Prassuit, 30 ottobre 1980
Martedì 18 novembre, riunione
quartierale alle Fucine alle ore
20.15.
Ogni singola Corale, o gruppi
di Corali, è pregata di presentare un inno o un coro, a sua scelta.
La Giunta Esecutiva
COMUNITÀ' MONTANA
VAL PELLICE
SERVIZIO
GUARDIA MEDICA
notturna - prefestiva - festiva
dal sabato ore 14 al lunedì ore 8
dalle ore 14 della vigilia del giorno festivo infrasettimanale alle
8 del giorno successivo presso
rOSPEDALE MAURIZIANO - Luserna San Giovanni - Tel. 90884.
Nella notte del giorni feriali, dalle ore 20 alle ore 8 (escluso sabato, domenica e vigilia dei festivi] presso i'OSPEDALE VALDESE - Torre Pellice - Tel. 932433.
FARMACIE DI TURNO
festivo e notturno
DOMENICA 16 NOVEMBRE
Torre Pellice; FARMACIA INTERNAZIONALE - Via Arnaud, 5
- Tel. 91374
Luserna San Giovanni: FARMACIA CALETTO - Via Roma, 7 Tel. 909031
CHIUSURE INFRASETTIMANALI
A Torre Pellice: martedì chiusa
la farmacia Muston, giovedì chiusa la farmacia Internazionale.
A Luserna San Giovanni; mercoledì chiusa la farmacia Preti,
giovedì chiusa la farmacia Gaietto.
AUTOAMBULANZA
DOMENICA 16 NOVEMBRE
AGLI' Bruno - Tel. 932332
0 tei. 91288 - Vergnano « Noccioleto »
VIGILI DEL FUOCO
Torre Pellice: Tei. 91365 - 91300
Luserna S.G.: Tel. 90884 - 90205
COMUNITÀ' MONTANA
VAL CHISONE-GERMANASCA
GUARDIA MEDICA
dal sabato ore 14 al lunedi ore 8,
dalle ore 14 della vigilia dei
giorni festivi alle ore 8 dei giorni
successivi al festivi
le notti dalle ore 20 alle 8.
Il recapito del servizio è presso
la CROCE VERDE di Perosa Argentina - Tel. 81.000.
FARMACIE DI TURNO
festivo e notturno
DOMENICA 16 NOVEMBRE
San Germano
FARMACIA TRON
Ferrerò
FARMACIA VALLETTI
AUTOAMBULANZA
Croce Verde Pinerolo ■ Tel. 22664
Croce Verde Porte - Tel. 74197
Croce Verde Perosa - Tel. 81900
10
10.
14 novembre 1980
CON L’ELEZIONE DEL NUOVO PRESIDENTE AMERICANO
Riesumazione di un mito
Ha vinto chi ha saputo impersonare l’americano medio che si è fatto
da sé e che vede semplicisticamente il mondo in bianco e nero
Dunque, come si temeva e come lasciavano prevedere gli ultimi sondaggi, ha vinto Reagan.
Ma quello che nessuno si aspettava è una vittoria così netta, indiscutibile, schiacciante. La prima impressione che si ricava è
che il successo di Reagan appare
prima di tutto come un verdetto
inappellabile contro Carter. Su
questo, la stampa internazionale è praticamente unanime; gli
americani hanno premiato Reagan per punire Carter.
L’esito sorprendente di questa
competizione elettorale — la più
lunga, più accanita e più incerta
degli ultimi anni — ci induce ad
alcime riflessioni. Come si spiega questo terremoto che ha
scombussolato la geografla politica dell’intero paese, ivi comprese le zone tradizionalmente democratiche (gli stati del Sud e
della costa orientale)? Indubbiamente, questo voto è espressione di una crisi profonda, reale,
oggettiva, deli’intera società americana; non solo è tramontato
il sogno americano ma la crisi
mondiale del capitalismo — che
non è un’invenzione dei padroni
— ha avuto negli ultimi anni ripercussioni tangibili sulle condizioni materiali di vita della popolazione. I licenziamenti massicci degli operai metalmeccanici di Detroit e di quelli sederurgici di Pittsburg — per citare solo due esempi tra i più significativi — sono segni indiscutibili di
una crisi dell’economia che, protraendosi, ha avuto risvolti inevitabili nella coscienza popolare.
Trovandomi negli Stati Uniti Testate scorsa, ho potuto sentire
nettamente, sia nell’Est che nell’Ovest, questo clima diffuso di
sfiducia, di rassegnazione, di consapevolezza di una crisi complessiva del sistema economico e sociale.
Quando, in un paese come
quello, la gente si lamenta del
’ivello raggiunto dalla disoccupazione e dall’inflazione, delle tasse troppo alte, dell’invasione dei
prodotti stranieri (giapponesi in
testa); quando parla di risparmio, di austerità, di rinuncia al
superfluo, vuol dire che istintivamente capisce che qualcosa
non funziona più nel sistema economico. Allora vengono a mancare l’ottimismo e la fiducia che
sono stati due delle molle più
potenti dello sviluppo del capitalismo americano. La prima arma
di Reagan — e forse la più decisiva — è stata quella di far leva
su questo sentimento collettivo
di scontento, addossando Finterà
responsabilità di questa situazione all’amministrazione Carter e
promettendo riduzioni drastiche
delle tasse, della disoccupazione,
delle restrizioni nel consumo energetico, ecc. Ci vuole poco a
capire quanta demagogia ci sia
in questo modo qualunquista di
strumentalizzare problemi reali
per convincere la gente al cambiamento. Però, l’operazione ha
funzionato. Come mai?
Immensa provincia
Per capire, credo che occorre
tenere presente un aspetto fondamentale della fisionomia geografica e socio-politica di questo
paese: l’America, tolte le 15 o 20
megalopoli situate prevalentemente sulle coste, è una grande,
immensa provincia, e la stragrande maggioranza della popolazione ha una mentalità provinciale. Quello che noi europei conosciamo dell’America attraverso i film e i mass-media è l’America delle grandi città e quella
leggendaria del West e del profondo Sud, ma la vera America
di oggi è un’altra: è fatta di piccoli e medi contadini proprietari, di operai specializzati ben pagati, di una massa enorme di
impiegati; è fatta di un'infinità
di piccole e medie città senza
grattacieli in cui ogni famiglia
ha la sua casa individuale e le
sue due o più automobili; è fatta di una miriade di chiese e
sette (fra cui gli « evangelicals »
che hanno avuto un peso notevole nell’elezione di Reagan), di
organizzazioni e associazioni cul
turali, sportive, ricreative, ecc.
senza dimenticare i gruppi etnici
e nazionali di vecchia emigrazione, e la più recente e svariatissima immigrazione proveniente da
ogni parte del mondo. Stando cosi le cose, c’è sempre stato uno
stacco nettissimo tra società civile e società politica, tra la grande provincia e Washington o New
York. La politica è, per Tamericano medio, un affare riservato
a quel mondo particolare di politici più o meno corrotti che
stanno sull’« East Coast », così
lontani dai veri problemi della
gente comune. Sul piano politico
interno, dunque, il consenso popolare va di pari passo col mantenimento del benessere economico e sociale, secondo il ben
noto pragmatismo americano. Se
il sistema economico s’inceppa,
la colpa non è del sistema ma
solo di chi detiene il potere, indipendentemente dalle sue tendenze politiche e ideologiche.
Una forte domanda di
prestigio americano
Se questo è vero per la politica interna, ben diverso è l’atteggiamento nei confronti della
politica estera. Qui il condizionamento ideologico è fortissimo.
L’americano medio è intimamente convinto che il suo paese è il
più grande, il più forte, il più
giusto, il più libero, e che questo sia una benedizione divina.
Pertanto, Timperialismo economico e il condizionamento politico non vengono visti per quello
che sono, ma come una specie
di vocazione della nazione americana nei confronti del mondo
intero. Appoggiare dittature o fomentare colpi di stato viene
quindi sempre giustificato nel nome della libertà e delTanticomunismo. In questo, i politici di
Washington hanno sempre ragione... a meno che il prestigio USA
non venga più affermato con forza, ottimismo e determinazione,
o che venga addirittura umiliato
com’è successo col Vietnam e
con la rivoluzione islamica iraniana. Per la mentalità comune
americana, Carter non solo si è
dimostrato troppo indeciso, ma
soprattutto troppo problematico
e troppo conciliante. Bisognava
agire subito, anche con la forza
militare, anziché tergiversare. Il
fallito raid in Iran è stato probabilmente la decisione politica
più condivisa dell’intera politica
estera carteriana in questi quattro anni. Al di là dei suoi errori
e dei suoi tentennamenti, infatti,
la politica di Carter non è stata
capita perché era in gran parte
estranea alle convinzioni di fondo del popolo americano. Per
Reagan che, per la sua biogra
fìa e per le sue idee, rappresenta
il simbolo dell’americano medio
(l’uomo che si è fatto da sé e
che vede il mondo in bianco e
nero), il gioco era facile: occorre ridare il suo prestigio alTAmerica e riaffermare con decisione
la sua leadership mondiale, potenziando gli investimenti militari. Il popolo americano gli ha dato retta, pur di ripristinare quello che considera la sua identità,
senza preoccuparsi se questa sfida sia realistica o meno.
Il mondo
in bianco e nero
I giornali hanno parlato, giustamente, del manicheismo di
Reagan che ha fatto presa sul
manicheismo profondamente radicato nelTanimo americano, perché la storia americana è sempre stata studiata e inculcata in
questa chiave: pionieri contro
Europa, bianchi contro indiani,
bianchi contro neri. Nord contro
Sud, libertà contro comunismo,
ecc. Carter, con la sua morale
protestante, coi suoi dubbi, con
la sua filosofìa dei diritti umani,
usciva da questo schema manicheo e non è riuscito a creare il
consenso. Non è stata questione
di incapacità o incompetenza,
come spesso è stato detto in
Europa. In fatto di intelligenza
e di preparazione, Carter non
aveva niente da invidiare a nessuno. Ciò che non gli hanno mai
perdonato, in alto, specie nel
Congresso, è di essere un provinciale del Sud (un « cafone battista del Sud », come scriveva G.
Spini su questo giornale), estraneo al mondo politico della capitale e che pretendeva di attuare
piani economici e sociali audaci
(vedi piano energetico, per es.).
Quasi tutti questi piani furono
bocciati dal Congresso, anche se
i democratici erano in netta maggioranza. Carter, quindi, è stato
un uomo solo. Alla base, invece,
non gli hanno perdonato di essersi dimostrato troppo « religioso » e moralista quando occorreva essere pienamente politico.
Su quest’ultimo aspetto, specie
per noi cristiani, ci sarebbe molto da riflettere.
In un mondo che, da varie parti, invoca un ritorno all’autorità,
anche la democrazia americana
ha espresso questo bisogno del
capo forte e carismatico. Crisi
della democrazia? Riflusso? Oppure crisi della politica? L’aver
dato carta bianca ad un uomo
qualunque come Reagan che non
ha altro programma se non la
riesumazione del mito e del sogno americano, appare davvero
un triste presagio in questa fine
di secolo.
Jean-Jacques Peyronel
Come i lettori avranno appreso
da questo stesso giornale, la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia ha ianciato un appello alle Chiese-membro per
una urgente raccolta di fondi
per soccorrere la popolazione algerina di E1 Asnam colpita dal
terremoto.
Abbiamo ritenuto opportuno
che anche il nostro Fondo partecipi a questa iniziativa cosi urgente e provvediamo pertanto a
devolvere la somma di un milione di lire, che preleviamo dalla
iniziativa « contro la fame nel
mondo », per la quale avevamo
in cassa la somma di L. 1.533.000.
Siamo certi della comprensione e dell’appoggio di tutti coloro
che vorranno a loro volta « reintegrare » questa cifra, anche indicando specificatamente la destinazione « Algeria ».
Coll’occasione ricordiamo che
le attuali iniziative del Fondo sono tre e precisamente; contro la
fame; a favore dei profughi cambogiani e a sostegno del Programma di lotta al razzismo del
CEC.
CAMPAGNA ABBONAMENTI 1981
Per ricevere più
presto “La Luce”
Uno degli obiettivi della campagna abbonamenti 1981, secondo le indicazioni emerse in Sinodo, è di raggiungere i 5.000 abbonati. In redazione siamo convinti che se il giornale arrivasse
con meno ritardi molti sarebbero disposti a sottoscrivere un abbonamento per leggere notizie
che non siano ultrainvecchiate.
Ma come migliorare la distribuzione in questo paese che tra i vari records ha anche quello del
caos postale? Una cosa ci sembra certa, ed è che non bisogna
rassegnarsi.
E’ partita in questi giorni una
richiesta di collaborazione un
po’ speciale ad un certo numero
di abbonati: annotare accuratamente la data di arrivo di 4 numeri successivi della Luce. Intendiamo così predisporre una documentazione che inoltreremo
con un reclamo e la richiesta di
un’ispezione generale su come
viene spedito, smistato e distribuito il nostro giornale. Pia illusione di miglioramenti? Forse,
ma se si sbaglia facendo, si sbaglia ancor più non facendo.
Intanto chi vuole provare ad
agire per conto suo può farlo
chiedendo un controllo sulTarrivo della Luce. Ho provato personalmente, non per la Luce ma
per un quotidiano a cui sono abbonato. Data la consegna inverosimile di un giornale che pure è
consegnato agli uffici di decentramento direttamente dalla re
ANNUO:
SEMESTRALE:
SOSTENITORE:
ESTERO:
dazione, dopo aver ricevuto un
giorno 8 numeri che andavano
dal giorno prima a 15 giorni prima, sono andato a protestare all’ufficio di decentramento da cui
dipende la mia residenza. Il direttore mi ha consigliato di chiedere con una lettera al Direttore
di A.D. di Torino un controllo
sull’arrivo del giornale in questione. La richiesta sarà girata
al decentramento che sarà tenuto ad annotare per un periodo
la data di arrivo e di consegna
del giornale in modo che, di
fronte ad eventuali ulteriori reclami, sia comprovabile la responsabilità dei ritardi. Ho scritto la lettera, ma i risultati si sono già visti prima ancora che
questa sia arrivata a buon fine:
il giornale mi arriva ora con regolarità. Un fuoco di paglia? Forse, ma se non ci muoviamo e
non ci facciamo sentire, individualmente o ancor più a gruppi,
come possiamo lamentarci?
Chi vuol seguire questa strada
consulti il libro dei CAP (disponibile in ogni ufficio postale), troverà da quale decentramento dipende il suo CAP. Potrà quindi
recarsi per reclamare per i ritardi di consegna ed eventualmente scrivere all’Ufficio di A.D.
da cui dipende la sua zona per
chiedere un controllo sull’arrivo
e la consegna del giornale. Non
vale la pena di tentare?
F. G.
L. 10.000
L. 6.000
L. 25.000
L. 18.000
Punti fermi sui ministeri
Fondo di solidarietà
I doni vanno inviati al c.c.p.
n. 11234101 intestato a La Luce,
fondo di solidarietà, via Pio V
15, Torino.
(segue da pag. 4)
erano questi doni che la preoccupazione di quelle chiese era di
coordinarli e non di cercarli o
di pretenderli tutti da uno o due
“incaricati". In quelle chiese
ognuno metteva a profitto dell’opera dell'Evangelo i doni ricevuti^ così la varietà e la molteplicità di questi la si aveva attraverso un gran numero di persone, se non attraverso l’intera comunità che come un corpo sano
godeva dell’attività di ciascun
membro ».
L’editoriale osservava ancora
che « l’isolamento della chiesa è
dovuto, almeno in parte, al fatto
di aver concentrato tutti i ministeri in una sola persona. Nella
scrittura invece troviamo... il
concetto della chiesa corpo di
Cristo in cui non un membro assomma tutte le funzioni, ma ogni
membro esercita quella che gli
è propria. Con questo la nostra
linea di ricerca è già indicata:
si tratta di scoprire qual è il dono di ciascun credente e di trovare il modo di valorizzarlo ».
Centro preparazione
per i ministeri
La CPM continuava peraltro il
suo lavoro per la preparazione di
anziani evangelisti, proponendo
Doni Eco - Luce
Prima di iniziare la nubblicazione dei doni cbe pervengono
insieme agli abbonamenti 1981,
diamo resoconto degli ultimi doni ricevuti per il 1980.
DONI DI L. 1.000
Montemerlo: Cesira Ida Capodivacca — San Secondo: Fornerone Attilio;
Camera Alfredo — Chivasso: Sassi Ivana — Foggia: Santangelo Davide —
Parma: Rossini Cleto — Sparanise: Cippa Vincenzo — Guspini: Fanari Silvio.
DONI DI L. 5.000
San Germano: Baret Alfredo — Pisa; Molinari Giuseppe.
DONI DI L. 6.000
Milano: Susanna Peyronel —- Firenze:
Mazzetti Mila.
ABBONAMENTI SOSTENITORI
Luserna San Giovanni: Bounous Fran
ALTRl DONI
Luserna San Giovanni: Pisani Emilia
L. 41.000 — Z. E. in memoria di Giulio
Tagliarini 10.000 — Pinerolo: Montaldo
Pietrina 3.700 — S. Maria Capua Vetere: Storino Mario 10.000 — Genova:
Acinelli Palanca Rosa 3.000.
che gli elementi più idonei fossero avviati al pastorato e che
altri, dotati di diversi doni, fossero preparati per un ministero
diaconale; dovette inoltre occuparsi a lungo del problema^ del
« pastorato femminile », così faticosamente dibattuto negli anni
dal '50 al ’63! Ma il Sinodo, accogliendo la problematica proposta
dalla CPM, votava un o.d.g in cui
« convinto che sia urgente costituire un centro di preparazione
per i ministeri speciali e per offrire l’opportunità dì una adeguata preparazione a quanti sentono la necessità di impostare la
loro vita quotidiana nello spirito
del servizio e della testimonianza, dà incarico alla commissione
di istituire al più presto detto
centro, appoggiandosi ad Agàpe,
secondo il programma previsto,
ed invita la Tavola a mettere a
disposizione a tal fine un operaio qualificato... » (AS 1961/42).
Il centro di preparazione prendeva forma, col trasferimento ad
Agàpe del pastore F. Giampiccoli, segretario della CPM, e organizzava corsi di preparazione su
specifici temi (emigrazione, gruppi di servizio, ecc.). Dal 1963 la
CPM fu integrata in Agàpe, del
cui programma divenne parte, e
il discorso sulla molteplicità dei
ministeri continuò in varie forme, anche se non trovò facilmente udienza nella base delle chiese
locali almeno agli effetti pratici.
Nel 1968 la CPM scomparve come commissione, mentre i suoi
compiti avrebbero dovuto essere riassorbiti dal centro di preparazione di Agàpe e nel centro
diaconale della Val Pellice. Ma
anche se queste prospettive non
si realizzai'ono che parzialmente,
il discorso iniziato nel 1960 portò
più tardi i .suoi frutti in una accresciuta sensibilità delle chiese
ed in una nuova disponibilità a
comprendere il ruolo dei ministeri « laici ». L'apporto del pensiero metodista fu a questo proposito significativo, con la sua
insistenza sul compito dei predicatori laici (ora meglio chiamati
« predicatori locali ») e sulla possibilità di istituire il « pastore
locale ».
(1. continua)
Neri Giamplccoli