1
spedizione in abb. postaie
gruppo II A/70
In caso di mancato recapito
si prega restituire a
via Pio V n. 15
10125 Torino
VENERDÌ 24 DICEMBRE 1993
NATALE
LEHERA
A GESÙ
PAOLO SPANU
Caro Gesù di Nazareth,
oggi sei nato tra noi e
anch’io ti dò il benvenuto e ti
faccio tanti auguri. Vorrei
dirti che tutti noi siamo contenti ora che una nuova vita è
venuta al mondo. Siamo felici
insieme a Maria e a Giuseppe
e a tutto il parentado. Quando
abbiamo saputo del lieto
evento anche noi ci siamo rallegrati, perché è sempre una
bella cosa quando arriva un
bambino. Forse oggi non lo
capisci, perché sei solo un
pargoletto, ma quando potrai
leggere questa lettera, vorrei
che apprezzassi quanto è bello questo giorno anche per
me e tutti i miei confratelli e
le mie consorelle.
Vedi, anche oggi sui giornali, alla radio e alla Tv non
si parla d’altro che della morte: la guerra continua in Croazia, il fratello uccide il fratello, il parente il parente; con
questo freddo lassù, in Russia, si muore di fame e le città
stanno diventando fantasmi di
miseria e di odio, dove gli esseri umani si vendono per un
tozzo di pane e un sorso di
vodka; in Africa i bambini
succhiati dalle mosche, anch’esse rese ardite dalla fame
sì da affollarsi sui loro occhi
smarriti e nelle narici putride
per il morbo, muoiono a centinaia di migliaia. Lo scempio
immorale, la tragedia immonda di questa umanità continua
la sua litania di dolore e di
morte; recita il suo lugubre
canto ogni giorno, ogni ora,
ogni attimo scandito dal tempo che passa sempre uguale a
se stesso. Oggi come ieri, domani come oggi.
Eppure la tua nascita mi dice che questo mesto e faticoso, assurdo pellegrinaggio, mi
porta qualcosa di nuovo. Il
tuo arrivo non è l’aggiunta di
un altro povero disgraziato
alla processione sciagurata
dei mortali; no, a me pare che
una nuova vita sia sempre un
segnale che Dio, il nostro Padre, il tuo Padre, non è d’accordo con questa logica del
mondo e con le sue sfacciate
e oscure contraddizioni. Per
questo, oggi, io con i miei
amici, ci rallegriamo e facciamo festa in tuo onore.
Caro Gesù, voglio però
scriverti il perché di questa
mia gioia e perché essa è un
presentimento; io vorrei che
domani i miei figli, i miei
amici più giovani e quanti
forse mi leggeranno, sapessero che io alla tua nascita ho
sperato, ho visto una luce e
ho cantato con letizia; non
per dimenticare il dolore di
questa umanità, non in spregio alle lacrime dei sofferenti
o ai gemiti dei morenti, ma
perché anch’essi potessero
avere un attimo di gioia e
non rimanessero prigionieri
del dolore, del male e della
morte; ho cantato perché
l’umanità avesse un guizzo di
orgoglio e dicesse no alla sua
propria esecranda prigione.
La speranza, caro Gesù, non
può essere solo lo squarcio
luminoso di un baleno. La
speranza deve essere come
una strada aperta, deve essere
come la zaffata d’aria per lo
speleologo che si è perso nelle cavità della terra, deve essere come la forza che riafferma la vita contro la morte. La
mia gioia di oggi non può
morire al calar della sera!
Sennò la mia non è speranza,
ma solo una aspirazione passeggera.
Ecco, perché so che la speranza non muore finché nascono nuove vite al mondo e
perché stavolta la nuova vita
sei tu, desidero aggiungere
qualche pensiero, proprio
perché la mia gioia non
muoia al tramonto di questo
giorno. Dunque, tu sei venuto
tra noi. Come sei venuto?
Che cosa ti è costato? Che
cosa vuoi essere da grande?
Manterrai le promesse che la
tua venuta lasciano sperare?
Sarà la tua vita come quella
degli altri o sarà una vera e irripetibile novità?
Tu sei venuto al mondo come tutti noi. Maria ti ha partorito, Giuseppe e alcuni amici occasionali, pastori di professione, hanno raccolto i tuoi
primi vagiti, qualche strano
viandante ti ha portato dei doni assolutamente inutili per
un bambino, ma infinitamente graditi per ciò che significavano. In tutto e per tutto un
SEGUE A PAGINA 7
* 4s" .t"
Cristo «prende forma» di nuovo in noi là dove la Parola di Dio è annunciata
Natale: quando Cristo entra nella tua vita
Natale
È nato
il Salvatore
«Oggi nella città di Davide
è nato il vostro Salvatore, il
Cristo».
Ogni Natale ci viene posta
la domanda se vogliamo accettare questo bambino in
mezzo a noi. O se diciamo:
ci dà troppe preoccupazioni,
troppo lavoro; disturba i nostri progetti. È meglio cacciarlo via! Quanti lo scacciano dal proprio cuore prima
che possa crescervi!
Oggi ci viene posta la domanda se vogliamo accettare
in mezzo a noi questo bambino, come un fratello. Se lo
accettiamo, possiamo appartenere a una famiglia che non
è registrata in nessun censimento: alla famiglia di Dio,
nella quale tutti sono uguali e
liberi. Se accogliamo questo
bambino, potremo riconoscere che Dio rende grande il
piccolo e piccolo il grande e
valuteremo meglio gli adulti
in base alla loro capacità di
ridiventare piccoli e lasciarsi
mettere in discussione.
Oggi questo bambino vuole entrare nella nostra famiglia. E ci chiede se vogliamo
dargli uno spazio nella nostra
vita. Non dobbiamo regalargli niente. È lui che ci porta
un regalo, un regalo che non
si può comprare, né organizzare, né fare con le nostre
mani: possiamo solo accettarlo.
Ci dà la certezza che Dio è
amore e che questo amore ci
sostiene nella vita e nella
morte, nonostante tutto, nonostante la rassegnazione, la
delusione e il cinismo. Se accogliamo questo bambino
non abbandoniamo questo
mondo. Nella nostra vita entra un altro mondo, un mondo nuovo, che ci riempie di
gioia e di riconoscenza.
E la pace di Dio, che sopravanza ogni nostra intelligenza, preservi i nostri sentimenti e i nostri pensieri in
Gesù Cristo.
_____________MARIA BOMAFEPE ____________
«Oggi, nella città di Davide, vi è nato
un salvatore, che è Cristo, il Signore»
(Luca 2, 11)
Ecco il Natale raccontato da Luca: la
Parola di Dio è annunciata, l’angelo
la dice, poi la canta un intero coro di angeli; i pastori ci credono e tornano indietro, alla loro vita di sempre, felici, raccontando a tutti che la promessa da sempre sperata e attesa «oggi, nella città di
Davide» ha preso corpo: per loro è nato
un salvatore. «Vi è nato», è nato «per
voi»: la presenza di questo pronome è
decisiva; se non ci fosse stato quel «vi»,
l’annuncio sarebbe stato generico e universale, buono per tutti e per tutte le occasioni. Invece l’Evangelo è preciso,
TEvangelo del Natale, in Luca, è che
Dio diventa umano in Gesù, nascendo
proprio come nascevano i figli dei pastori, nelle stalle, all’aperto nei pascoli,
non avendo le loro madri e i loro padri,
poveri diseredati, altra possibilità per
farli nascere. E i pastori vedono e capiscono in quella umanità di Gesù la signoria di Cristo e la loro salvezza.
«■Vi», per voi, in mezzo a voi, come
voi... e non altrove, in mezzo ad altra
gente, simile ai figli di donne e uomini
che, voi, non sarete mai. La presenza del
pronome è decisiva. Così come la commenta Giovanni Calvino: «A che cosa
mi servirebbe se Gesù fosse nato mille
volte e che questo mi fosse cantato giorno e notte, nel modo più dilettevole, se
non dovessi apprendere che ciò vale per
me e deve diventare una cosa che mi appartiene?».
Ecco il punto: l’annuncio di Natale
deve diventare «per noi», «per me». Come possiamo dire noi, in questo ennesimo Natale che «per noi» è nato un salvatore, che è Cristo il Signore? In che
modo ci appartiene, in che modo prende
corpo per noi, per me, il Natale?
Non so se è una risposta, ma cercando
un senso credibile del Natale mi toma in
mente con insistenza il natale di cui parla Paolo, nella sua lettera ai Galati. Egli
usa un’immagine che colpisce per la sua
concretezza corporea, quando dice: «Io
sono di nuovo in doglie, figli miei, finché Cristo non sia formato in voi» (Calati 4, 19). Anche qui si parla di un
prendere forma di Cristo, della gestazione che si conclude con la nascita, la nascita di Cristo nella comunità dei cre
denti e nella loro vita: «In voi». L’immagine è cruda: fatica, dolori di parto:
Cristo deve nascere, nasce non più nella
città di Davide ma nella città delle donne e degli uomini che costituiscono la
comunità cristiana. Uomini e donne tentati, infedeli, incoerenti: qui con la predicazione Cristo può prendere forma.
Cristo nasce dall’annunzio della Parola:
non più la parola di un angelo che osa
chiamare «salvatore e signore» un bambino simile ai pastori, nato in mezzo alla
fatica bestiale della loro vita: «per loro».
Nasce e può tornare a nascere dalla fatica e dal travaglio della predicazione,
dalla Parola che diventa parole, incontri,
relazioni; le nostre. Il «prendere forma
di Cristo in noi» nella predicazione può
produrre fede, obbedienza, ma incontra
anche resistenze e abbandoni: Paolo dice
che è in doglie «di nuovo» per i Galati.
Cristo era già nato in loro, il Natale
c’era già stato, ma deve tornare ad esserci, deve riconquistare i cuori e le esistenze, come accade e può accadere a
noi. Il Natale di Cristo è una Parola viva
che entra nella vita e nelle case, che con
fatica torna a prendere forma «in noi»,
di comunità in comunità, di anno in anno, di fede in fede.
Il miniesodo
anglicano
verso Roma
pagina 3
A voi oggi è nato
il Salvatore
pagina 6
Kaj Munk,
pastore e
drammaturgo
pagina 9
2
PAG. 2 RIFORMA
VENERDÌ 24 DICEMBRE I993
Roma: una tavola rotonda organizzata dal Centro evangelico di cultura
Gerusalemme, Gerusalemme! Città «santa»
0 capitale contesa?
FULVIO ROCCO
Quale futuro per Gerusalemme? In un momento
particolarmente difficile della trattativa di pace fra Israele e i palestinesi questo interrogativo è di inquietante attualità. Hanno cercato di dare
una risposta i partecipanti a
una tavola rotonda, promossa
a Roma dal Centro evangelico di cultura, sul tema «Gerusalemme; città “santa” o
capitale contesa?», che si è
tenuta nell’aula magna della
Facoltà valdese di teologia il
2 dicembre. Vi hanno partecipato Nathan Ben Chorin,
già ministro all’ambasciata
di Israele a Roma, Alì Rashid, primo segretario della
delegazione generale palestinese in Italia, mons. Clemente Riva, vescovo ausiliare di
Roma e Paolo Ricca, decano
della Facoltà valdese di teologia, coordinati da Giorgio
Girmdet.
«E l’alba del dialogo».
Questa è stata forse la sola
valutazione comune dei partecipanti all’incontro. Il reciproco riconoscimento è infatti l’unico dato certo che emerge in questo momento.
L’incontro ha rispecchiato in
modo puntuale la situazione
attuale: serenità e sincerità
nel dibattito, ma sostanziale
rigidità delle posizioni soprattutto dei due interlocutori
(l’israeliano e il palestinese)
che hanno vissuto in prima
persona le drammatiche vicende degli ultimi decenni.
Per Chorin, Gerusalemme è
(e deve rimanere) ad un tempo città santa e capitale di
Israele per un diritto inalienabile che esiste da tremila
anni. La storia più recente
(dalla fondazione dello stato
di Israele a oggi) è stata raccontata partendo dall’affermazione che la memoria di
Gerusalemme è stata sempre
presente come fondamento
della coscienza ebraica attraverso i secoli e nonostante i
tentativi di cristiani e musulmani di negare il carattere
puramente ebraico della città.
La riunificazione della città
sotto il controllo israeliano
avvenuta nel ’67, quando gli
ebrei erano già i due terzi
della popolazione, è considerata quindi come l’affermazione concreta del «risorgimento nazionale».
L'intervento di Chorin ha
difeso senza alcuna esitazione tutti i comportamenti positivi dello stato di Israele
(dalle autonomie municipali,
alla salvaguardia della cultura araba, alle garanzie di libertà religiosa). Mai più la
città dovrà essere divisa. Dovrà essere però una capitale
diversa da tutte le altre. Per
questo c’è la disponibilità a
soluzioni concordate in sede
internazionale e, in questo
senso, grande è la responsabilità di tutti.
A giudizio di Rashid è pericoloso semplificare una situazione così complessa, legata all’importanza simbolica e storica di Gerusalemme.
Per risolverla occorre molta
immaginazione e capacità di
uscire dalla pretesa di diritti
esclusivi. E questo vale per
ebrei e cristiani. La storia in.segna che le religioni non sono state purtroppo elementi
di riconciliazione ma di guerra. Secondo Rashid negli ultimi decenni c’è stata una vera e propria deportazione in
massa dei palestinesi. Per
questo i rapporti numerici so
Veduta di Gerusalemme: sullo sfondo la moschea di Omar, uno dei luoghi più sacri deH’islamismo
no cambiati. Ma oggi finalmente si è riconosciuta resistenza del popolo palestinese
e si può cercare una soluzione esclusivamente politica
che deve arrivare a ripristinare un giusto equilibrio sulla
base della riconciliazione.
Il vescovo Clemente Riva
ha toccato tre aspetti del problema di Gerusalemme: memoria, escatologia, attualità,
insistendo sulla dimensione e
sul destino «mistico» della
città, luogo storico della Rivelazione, che dovrà essere
segno di pace e di armonia
nell’incontro tra le tre grandi
religioni monoteistiche. Riva
ha messo in rilievo l’importanza dell’imminente avvio
di rapporti diplomatici tra
Israele e Vaticano.
Quanto al futuro di Gerusalemme ritiene superata la
proposta di internazionalizzazione. Quel che conta, invece, è preservare l’immenso
patrimonio spirituale e i beni
di interesse mondiale. Riva
ha citato i molti progetti sul
tappeto tra cui quello di uno
statuto speciale limitato alla
città vecchia e quello di autogoverno garantito da autorità
rappresentative delle tre religioni con assoluta parità di
diritti. Ma mons. Riva ritiene
che l’idea portante per il futuro di Gerusalemme sia
quella di renderla la «città
della pace».
Totalmente diversa è l’impostazione data da Paolo
Ricca al problema di Gerusalemme. Per la fede cristiana,
sostiene Ricca, non ci sono
«città sante». Nel Nuovo Testamento Tunica Gerusalemme che abbia significato è
quella celeste. Per Gesù non
ci sono santuari perché il
«tempio» siamo noi tutti. Rimane invece l’idea di «simbolo» che è Tunica accettabile. Dunque Gerusalemme è il
simbolo dell’unità dell’umanità, ma anche e soprattutto
dei suoi peccati (la cristianizzazione forzata, Tislamizzazione e l’occupazione). Ecco
perché quella della santità
non è una categoria utilizzabile. Le religioni, e in questo
Ricca ha convenuto con il
rappresentante palestinese,
sono servite solo a complicare la situazione.
Ma allora, si è chiesto, i
cristiani che cosa devono fare? Il miglior contributo possibile è rimanere fuori da
questo conflitto dalle molte
dimensioni, non certo per disinteresse ma perché nella
storia abbiamo dato scandalo, abbiamo profanato la Palestina con sanguinose contese e con le nostre lotte e gelosie interne. Per questo non
abbiamo le credenziali che ci
consentono di interloquire.
Possiamo solo pregare per la
riconciliazione tra Israele e
palestinesi. Noi cristiani non
abbiamo nulla di «nostro» e
quindi nessun diritto, salvo
quello dei pellegrini e degli
ospiti. Aveva ragione Francesco di Assisi, ha concluso
Ricca, che costruì il primo
presepio portando a Greccio
la nostra Betlemme.
lrlan(Ja del Nord: una dichiarazione della Chiesa presbiteriana
Basta con gli attentati terroristici
In una risoluzione approvata il 28 ottobre scorso il Consiglio della Chiesa presbiteriana d’Irlanda ribadisce «la
sua completa condanna della
campagna di attentati che
continua a produrre una sì
grande sciagura e una sì
grande paura nel nostro paese. Denunciamo senza appello e in modo assoluto tali attentati».
Per i responsabili presbiteriani «gli avvenimenti attuali
sono un oltraggio alla società
civilizzata e un peccato abominevole agli occhi di Dio
onnipotente. Servono soltanto
a screditare e a distruggere le
cause stesse che essi intendono .servire». Il Consiglio si è
dichiarato profondamente deluso che gli appelli contro le
rappresaglie, lanciati dai responsabili delle comunità e da
numerosi parenti delle vittime, non siano stati ascoltati.
Il Consiglio supplica tutti coloro che abbiano qualche influenza sulle organizzazioni
paramilitari di adoperarla per
ottenere la fine immediata e
permanente della violenza.
Da parte sua, il Comitato
direttivo si rammarica per il
fatto che le proposte HumeAdams, miranti a por fine al
conflitto armato, siano state a
lungo dibattute da altri ma
mai rivelate ai cittadini dell’
Irlanda del Nord interessati
in prima persona. «Ne risulta
un clima di mistero, di speculazione e di sospetto che non
fa che accrescere il sentimento di insicurezza e di instabilità già ampiamente diffuso. Una tale mancanza di
franchezza non fa che au
Un attentato dell’Ira a Lurgan
mentare la tensione in Irlanda del Nord». Il Consiglio
presbiteriano si dichiara convinto che discussioni pazienti
e realistiche tra i partiti politici che respingono senza riserva la violenza offrano
maggiore speranza di giungere a una soluzione dei complessi problemi delTIrlanda
del Nord. «In una società democratica in cui tutti i cittadini hanno il diritto di voto,
la fine dell ’era della violenza
è una necessità preliminare
per avviare i negoziati. Il terrorismo, o la paura della sua
eventualità, è un contesto
inaccettabile per creare la fiducia che deve precedere un
vero accordo».
Dato che le strutture del futuro governo delTIrlanda del
Nord non sono state ancora
accettate, il Consiglio appoggia «ogni misura tendente
a migliorare le procedure di
revisione e di responsabilità,
fra cui le attuali disposizioni
dell’autorità diretta (Direct
Rule), il che renderebbe questo sistema più accettabile
per coloro che ritengono che
la democrazia sia un bene
prezioso». (Bip)
Mondo Cristiano
Battisti cechi e slovacchi
separati ma uniti
NESVADY — I battisti della Cechia e della Slovacchia sono giunti alla conclusione che la realtà politica delle due Repubbliche, separatesi il T gennaio del 1993, non consente più
il mantenimento della «Unione battista cecoslovacca». Dal T
gennaio 1994 si costituiranno due Unioni battiste distinte. Circa 100 delegati delle chiese delle due repubbliche si sono incontrati recentemente a Nesvady, in Slovacchia, per un’assemblea straordinaria convocata per discutere il futuro dell’Unione
battista della ex Repubblica unita. È stato subito chiaro per tutti che Tunica soluzione era la creazione di due «Unioni» distinte. L’argomento più importante dell’incontro è stato però
non la divisione, ma la cooperazione, perché da entrambe le
parti è stato espresso il forte desiderio di mantenere i legami di
comunione fra le due Unioni.
È stata comunque formalizzata la richiesta all’Alleanza
mondiale battista e alla Federazione battista europea di accogliere le due Unioni come eredi della precedente. Le ragioni
della separazione sono molte. Lo status giuridico delle organizzazioni ecclesiastiche è diverso nelle due Repubbliche e i
due raggruppamenti di chiese devono affrontare problemi diversi nei rapporti con lo stato. Ci sono anche complicazioni legate al fatto che i due stati hanno sistemi economici diversi, e
anche la differenza di moneta crea difficoltà. Non ci sono ostacoli per il passaggio della frontiera, anche se è necessario il
passaporto. La separazione quindi, anche se ha provocato amarezza, si è presentata come realistica e necessaria. Dal 4 al 6
marzo 1994 è previsto un ulteriore incontro per mettere a punto le ultime cose rimaste in sospeso.
Il seminario battista europeo
trasloca da Riìschiikon a Praga
RÜSCHLIKON — Il 27 e 28 novembre 1993 il Comitato
esecutivo della Federazione battista europea ha approvato
all’unanimità lo spostamento del Seminario teologico battista
da Riìschiikon (Zurigo) a Praga. La decisione non è ancora definitiva, ma verrà presa agli inizi di maggio del prossimo 1994.
Nel frattempo devono ancora essere chiariti alcuni punti, tra cui
le relazioni tra il seminario e l’Unione battista ceca, e tra il seminario e la Facoltà di teologia dell’Università Carlo di Praga.
Occorrerà anche rivedere i rapporti fra il seminario e i Colleges
battisti della Gran Bretagna, nonché la collocazione di altri istituti minori che erano inseriti nel complesso di Riìschiikon.
Il Cec stanzia 600 milioni di lire
contro il razzismo
GINEVRA — Il Consiglio ecumenico delle chiese ha messo a disposizione la somma di 600 milioni di lire per la lotta
contro il razzismo. Questo denaro verrà distribuito fra dodici
paesi in appoggio a movimenti e organizzazioni impegnate in
questo settore. Circa 170 milioni andranno in Sud Africa a sostegno del processo di democratizzazione in atto nel paese.
240 saranno spesi in Europa, 60 negli Stati Uniti. Anche l’India e il Brasile saranno fra i beneficiari di questi stanziamenti.
Il «Fondo speciale per la lotta contro il razzismo» è stato istituito nel 1969 e negli anni ’70 ha suscitato molte critiche, soprattutto in Germania e negli Usa. Particolarmente per gli aiuti
forniti al Sud Africa il Cec venne accusato di finanziare movimenti non alieni dall’uso della violenza armata.
Eletto il nuovo vescovo della
Chiesa evangelica di Berlino
BERLINO — Wolfgang Huber, di 51 anni, professore di
teologia e di etica sociale all’università di Heidelberg è stato
eletto vescovo della Chiesa evangelica di Berlino e del Brandeburgo. Lo ha scelto il 18 novembre, nella sua seduta a Berlino, il Sinodo della più grande chiesa territoriale luterana della
ex Ddr. Huber succede al vescovo Martin Kruse che dopo 17
anni anni, nell’aprile del 1994, lascerà il suo incarico per raggiunti limiti di età. Wolfgang Huber ha compiuto gli studi di
teologia e di scienze sociali alle università di Heidelberg, Gottinga e Tubinga e dopo alcuni anni di pastorato è stato docente
di teologia a Marburgo e Heidelberg. Recentemente era stato
designato dal Partito socialdemocratico tedesco come candidato per le prossime elezioni politiche del 1994, ma vi aveva rinunciato quando era stata posta la sua candidatura all’episcopato. La Chiesa evangelica di Berlino-Brandeburgo ha circa
i.650.000 membri in 1.738 comunità. Conta 1.375 pastori e
circa 15.000 collaboratori nel lavoro catechistico, diaconale e
sociale: comprende 4 distretti e 58 circuiti.
Germania: nasce un movimento
contro la tassa ecclesiastica
HALLE — Ad Halle è nato un movimento che si propone di
studiare delle alternative alla tassa ehe i membri delle chiese
devono, per legge, versare allo stato a beneficio della loro chiesa di appartenenza. Uno dei coordinatori del movimento, Wolfgang Kupke, che è assessore per gli stranieri nel governo regionale della Sassonia-Anhalt (ex Ddr), ha dichiarato che i prO'
motori dell’iniziativa sono dei credenti, attivi nelle loro chiese,
che vogliono poter dare il contributo finanziario alla propria
organizzazione ecclesiastica in maniera diretta e responsabile,
senza passare attraverso gli uffici finanziari dello stato.
3
VENERDÌ 24 DICEMBRE 1993
PAG. 3 RIFORMA
Dopo la decisione del Sinodo generale della Chiesa d'Inghilterra di ordinare le donne al sacerdozio
Il miniesodo anglicano verso Roma: un handicap ecumenico?
PAOLO RICCA
Il miniesodo di sacerdoti
anglicani (il numero esatto
non lo si conosce ancora; 200
dicono alcuni, altri 150 circa,
altri ancora meno: vedremo)
e di un vescovo (di Londra,
assai noto) i quali hanno deciso di entrare nella Chiesa cattolica dopo la decisione della
Chiesa d’Inghilterra di ammettere le donne al sacerdozio, si presta ad alcune considerazioni non tanto sul merito
della questione quanto sui
suoi risvolti ecumenici. Ovviamente le autorità vaticane
si sono premurate di dire che
questa vicenda «non compromette il dialogo ecumenico»
con la Chiesa anglicana. Ce
lo auguriamo, ma non è questo l’unico problema. Ve ne
sono altri, che trascendono i
rapporti tra cattolici e anglicani e che forse è bene mettere in luce, affinché siano
chiare le diverse posizioni a
confronto nel dialogo ecumenico e, in questo dialogo, non
venga mai meno la lealtà che
reciprocamente ci dobbiamo.
Un miniesodo
1 ) Anzitutto si può osservare che Femorragia di ministri
anglicani è stata molto contenuta e di proporzioni, tutto
sommato, piuttosto modeste.
Rispetto a quanto la propaganda dei nemici del sacerdozio femminile aveva voluto
far credere, e cioè a una spaccatura in due della Chiesa
d’Inghilterra, non si può non
essere sorpresi del numero
complessivamente esiguo (almeno finora) di ecclesiastici
anglicani che preferiscono
sottomettersi al papa piuttosto che condividere il loro
ministero con le donne. Tutto
ciò fa onore alla Chiesa anglicana, alla sua leadership e
all’intera comunità dei credenti, che hanno saputo gestire al loro interno, in modo
davvero ecumenico^ questa
difficile e controversa questione: il Sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra infatti,
dopo aver deciso l’adozione
del sacerdozio femminile, ha
anche stabilito che coloro sacerdoti o fedeli - che non
condividono questa scelta
della loro chiesa, non sono
obbligati a cambiare opinione
0 ad andarsene ma possono
continuare, con le loro idee,
ad essere membri della comunità anglicana, insieme agli
altri che, su questo punto, la
pensano diversamente.
Non si tratta, come ha detto
l’Ansa in un suo dispaccio
del 16 novembre scorso, di
«un compromesso»; si tratta
di rifiutare, nella chiesa di
Gesù Cristo, procedure autoritarie, rispettando realmente
il dissenso interno. La Chiesa
anglicana, in questo modo, ha
dato all’intera cristianità un
bell’esempio di ecumenismo
interno, che molte altre chiese
farebbero bene ad imitare. Si
sa, infatti, che oggi le chiese
tendono a pavoneggiarsi come ecumeniche nei loro rapporti esterni e ad esserlo assai
poco al loro interno.
Un piccolo scisma
contro le donne
2) In secondo luogo si deve
registrare il fatto che è la prima volta, a nostra conoscenza, che la questione della ordinazione delle donne provoca un piccolo scisma in una
delle grandi chiese cristiane.
E un fatto sintomatico e premonitore, che anticipa quello
che sicuramente nei decenni
futuri diventerà una grande e
cruciale questione ecumenica.
forse la maggiore. Già oggi la
coscienza cristiana è divisa
sull’ordinazione delle donne.
Per molti secoli la chiesa intera è stata unita su questo
punto, cioè nell’escludere le
donne dal ministero ordinato.
È solo nel nostro secolo che
questo «ecumenismo dell’esclusione» (delle donne) ha
cominciato a essere contestato e lentamente sostituito
da un «ecumenismo dell’inclusione» (delle donne), promosso in Europa anzitutto
dalle chiese luterane e riformate (negli Stati Uniti i primi
furono, già nel secolo scorso,
i Disciples of Christ) e ora
accettato anche dalla Chiesa
anglicana.
È bene però ricordare che il
cristianesimo favorevole
all’ordinazione delle donne è
ancora largamente minoritario. Il cattolicesimo romano
(pur con significativi dissensi
interni, sin qui soffocati o
emarginati), l’ortodossìa
orientale e alcuni settori del
Protestantesimo evangelica! o
fondamentalista sono contrari. Non è dunque difficile prevedere che il cammino per
giungere ad attuare in tutte le
chiese quello che l’apostolo
Paolo dichiara essere accaduto in Cristo e nel battesimo (e
cioè che «non c ’è né maschio
né femmina; perché voi siete
tutti uno in Cristo Gesù», Galati 3, 27-28) sarà molto lungo. Sicuramente l’ordinazione delle donne sarà una questione che per molto tempo
ancora unirà gli uni e dividerà
gli altri e diventerà un tema
cruciale nel confronto tra le
chiese. Anche le chiese che
oggi ancora non vogliono
neppure sentir parlare di ordinazione delle donne dovranno, col tempo, riconoscere
che tra l’unità cristiana («voi
siete tutti uno in Cristo Gesù») e l’esclusione delle donne dal ministero ordinato c’è
una tensione (meglio sarebbe
dire: una contraddizione) che
esige di essere superata.
Una questione
prettamente ecumenica
3) Anche se le autorità vaticane hanno ritenuto di dover precisare che i sacerdoti
anglicani che nei primi mesi
dell’anno prossimo diventeranno cattolici romani «sta^
vano già maturando da tempo questa decisione» e che
quindi l’adozione del sacerdozio femminile da parte anglicana è stata solo «la goccia che ha fatto traboccare il
vaso», resta pur sempre vero
che a determinare l’esodo è
stata la prospettiva (che diventerà realtà la prossima
primavera) delle donne ordinate: senza questa «goccia» il
vaso non sarebbe traboccato.
Perciò non aveva tutti i torti
«Il Manifesto» del 6 dicembre scorso di intitolare un articolo di F. Gentiioni sull’argomento «Uno scisma contro
le donne».
A rigore, bisognava dire:
contro le donne ordinate ma,
appunto, di donne si tratta.
Dispiace doverlo constatare:
il cristianesimo storico in generale e alcune grandi tradizioni cristiane in particolare
sono state e sembrano intenzionate a restare roccaforti di
un maschilismo tanto più protervo quanto più sicuro di essere teologicamente legittimato. Noi invece crediamo
che la prima e proprio per
questo fondamentale forma di
ecumenismo (il termine non è
scelto a caso né, pensiamo,
qui usato a sproposito) sia
quella tra l’uomo e la donna.
Qualunque esclusione pregiu
Jane Dixon, di Washington, ia terza donna deiia «Comunione angiicana» ad essere stata consacrata vescovo
diziale e programmatica della
donna da un ambito dell’attività umana (e a fortiori cristiana) lede l’integrità e la
pienezza dell’umanità come
Dio l’ha creata e mette in
questione quella «nuova creatura» che in Cristo, per grazia
mediante la fede, l’uomo e la
donna sono diventati (2 Corinzi 5, 17).
È questa «nuova creatura»,
nell’uomo e nella donna credenti, il soggetto della vita
cristiana in tutti i suoi aspetti,
compresi quelli ministeriali.
Finché una chiesa non è
ecumenica nei rapporti tra
uomo e donna, è molto difficile che possa esserlo davvero in tutti gli altri rapporti, interni ed esterni. E anche se
l’esodo dei sacerdoti anglicani verso Roma non dovesse
compromettere «il dialogo
ecumenico con la Chiesa anglicana», certamente interrompe, anzi rifiuta il dialogo
con le donne ordinate e con
quelle, sempre più numerose,
che lo saranno in futuro.
Sacerdozio femminile
e sacerdozio anglicano
4) Fermo restando che anche in tempi di ecumenismo
va salvaguardato come fondamentale il diritto di tutti di
passare da una chiesa a un’altra (o anche di abbandonarle
tutte), dato che questo non è
altro che un aspetto di quella
libertà di coscienza per la
quale abbiamo sempre combattuto e che consideriamo
oggi come ieri inviolabile e
inderogabile, non possiamo
non provare grande rammarico per la decisione presa da
Roma di sottoporre i sacerdoti anglicani a una nuova ordinazione al loro ministero.
Questo sì che è uno schiaffo
all’ecumenismo!
Certo, sappiamo bene che
per Roma le ordinazioni
anglicane sono «nulle». Lo
dichiarò solennemente Leone
XIII nel lontano 1896, con
una lettera sull’argomento
che terminava così: «Pertanto, confermando (i decreti dei
pontefici precedenti) e in
qualche modo rinnovandoli,
con la Nostra autorità, di nostra iniziativa [motu proprio],
con sicura conoscenza dichiariamo e rendiamo noto
che le ordinazioni compiute
secondo il rito anglicano sono state assolutamente senza
effetto e sono completamente
nulle». E passato quasi un secolo che è stato anche, malgrado e contro tutto, un secolo di ecumenismo: tante cose
sono cambiate, nelle chiese e
nelle coscienze. C’è anche
stato il Vaticano II, con il
quale Roma ha fatto proprio
l’ideale ecumenico, sia pure
nel quadro del suo sistema
dogmatico e istituzionale. Ma
la decisione di ordinare di
nuovo i sacerdoti anglicani
che approdano a Roma ci riporta indietro di un secolo.
Sulle ragioni addotte da
parte cattolica per giustificare
tale decisione c’è qualche differenza. A Roma il portavoce
del Vaticano ha detto che
l’ordinazione cattolica serve a
«evitare (ai sacerdoti ex anglicani) dubbi di coscienza
sulla validità del proprio sacerdozio»; secondo questa
versione, sarebbero i sacerdoti anglicani stessi a dubitare
della validità del loro sacerdozio (dopo averlo esercitato
per decenni nella loro chiesa!). I vescovi cattolici inglesi
invece, nella loro dichiarazione pubblica del novembre
scorso, affermano testualmente: «Siamo convinti che il
nostro grave dovere di assicurare la validità incontestabile dei sacramenti da celebrare dentro e per la comunità cattolica significa che
noi non possiamo accettare il
benché minimo dubbio circa
possibili difetti (o lacune) che
incidono sulla validità degli
ordini conferiti nella Chiesa
d’Inghilterra. Questo significa che dobbiamo chiedere a
tutti coloro che sono scelti
per esercitare il sacerdozio
nella Chiesa cattolica romana di accettare l’ordinazione
nella nostra Chiesa come il
compimento (fulfilment) del
loro ministero e la sua piena
integrazione nella successione apostolica».
Secondo questa versione,
sono i vescovi cattolici che
dubitano della validità dell’
ordinazione anglicana. Il risultato, comunque, non cambia: per fugare tutti i dubbi, di
chiunque siano, si proceda a
una nuova ordinazione. Il fatto che sia presentata come
compimento serve solo ad addolcire la pillola: non si tratta
infatti di completare o perfezionare un’ordinazione che
c’è già ma di conferirne una
che non c’è. Altrimenti, non
si parlerebbe di ordinazione.
Il «dubbio» di Roma circa le
ordinazioni anglicane è, in
realtà, una granitica certezza:
quella secondo cui i sacerdoti
anglicani (e, naturalmente,
tutti i pastori protestanti),
malgrado l’innegabile zelo e
il ricco patrimonio di fede e
spiritualità che portano con
sé, non sono ministri di Gesù
Cristo nel senso che - essendo privi dei «poteri» che (secondo la dottrina cattolica) il
sacramento dell’ordinazione
conferisce - non sono in grado, pur con la migliore disposizione dell’animo e un autentico atteggiamento di fede,
di trasmettere, ad esempio,
alla celebrazione eucaristica
che presiedono la qualità di
una vera Cena del Signore,
oppure il perdono dei peccati
a coloro che ad essi si confessano, e così via.
Come si vede, non è più
questione di sacerdozio femminile bensì di sacerdozio anglicano (maschile!). Secondo
Roma, per essere ministri di
Gesù Cristo è indispensabile
essere innestati nell’episcopato storico cattolico (o ortodosso) nel quale soltanto si
attua la successione apostolica. Siamo purtroppo ancora a
questo punto. Tutti gli sforzi
ecumenici per giungere al riconoscimento reciproco dei
ministri (ad esempio con il
Bem, varato a Lima nel 1982)
si sono finora rivelati vani.
Ordinando i sacerdoti anglicani in arrivo, Roma dimostra
di volersi ancora attenere alle
direttive pre-ecumeniche di
Leone XIII. Certo, il linguaggio non è più lo stesso e il
contesto in cui ci si colloca è
diverso, ma la sostanza è
identica.
Sia ben chiaro: Roma ha
tutto il diritto di procedere a
queste ordinazioni. Ma noi
abbiamo il dovere di dire che
se questo avverrà (come è
stato annunciato) la coscienza
ecumenica di molti sarà ferita
e verrà accreditata per l’ennesima volta la convinzione che
Roma continua a rivendicare
Vesclusiva (al massimo in
comproprietà con gli ortodossi, ma non è molto chiaro) del
potere di rendere una realtà
«davvero» cristiana (solo
l’ordinazione cattolica rende
davvero ministri di Gesù Cristo; solo l’eucaristia cattolica
è davvero la Cena del Signore; solo la Chiesa cattolica è
davvero il corpo di Cristo;
ecc.). Da questa «coscienza
esclusiva» scaturisce inevitabilmente la pretesa egemonica di Roma rispetto all’intera
ecumene cristiana, e questa
pretesa conferisce all’ecumenismo cattolico la sua fisionomia particolare che è questa: non si dà comunione con
Roma che non comporti prima o poi, in un modo o in un
altro, sottomissione a Roma.
Il primato del papa
5) «A coloro che stanno entrando nella comunione piena
della Chiesa cattolica viene
chiesto di accettare l’autorità
di magistero della Chiesa in
materia di fede e di morale,
così come viene esercitata
dal papa e dal collegio dei
vescovi in comunione con
lui». È una delle condizioni
poste da Roma ai sacerdoti
anglicani che desiderano diventare cattolici. È una condizione ovvia ma è significativo che venga affermata con
tanta chiarezza. Sia chiaro
(ma lo è da sempre) che diventare cattolici significa diventare cattolici romani, cioè
accettare il primato che il vescovo di Roma esercita su
tutta la sua chiesa.
L’unità del cattolicesimo si
fa a Roma, non altrove. È vero che nella Chiesa cattolica
(come del resto in tutte le altre) ci sono posizioni, orientamenti, scuole di pensiero, modi di intendere e vivere il cristianesimo molto differenziati, non di rado divergenti e persino contrapposti. Di
cattolici ce ne sono tanti, e sono tra loro molto diversi, ma
di cattolicesimo ce n’è uno
solo, quello che fa capo al
pontefice romano. Il cattolicesimo è davvero» oggi più che
mai, straordinariamente variegato e sfaccettato: c’è ad
esempio un cattolicesimo
evangelico ed ecumenico con
il quale siamo già in sostanziale sintonia e reale comunione: è quasi un miracolo,
davvero un grande dono immeritato che non solo non sottovalutiamo ma custodiamo
gelosamente come un bene
prezioso, rendendone volentieri pubblica testimonianza.
Ciò nondimeno è un fatto
che il cattolicesimo è uno, come è un fatto che il papa è
uno: il cattolicesimo è uno, in
quanto unificato a Roma e da
Roma. Ecco perché ai sacerdoti ex anglicani si chiede
espressamente di accettare il
dogma del 1870: il primato
papale non è un’opinione, è
ormai un articolo della fede
cattolica. Non basta riverire il
papa, bisogna credergli. Su
questo punto, non si transige.
Ma neppure si transige su
altri punti, nei quali non è in
gioco la fede, come quello
del celibato dei preti. Neppure l’immissione di tutti questi
sacerdoti sposati (ai quali, ovviamente, Roma non chiederà
di divorziare!) scalfirà minimamente la regola del celibato che, precisano i vescovi
cattolici inglesi, «non è assolutamente in discussione». I
sacerdoti ex anglicani sposati
saranno l’eccezione che conferma la regola. Essi otterranno una dispensa speciale. Roma è maestra nel dispensare,
oltre che nel signoreggiare: le
due cose non si contraddicono. Una dispensa, infatti, non
allarga gli spazi oggettivi della libertà, quindi non intacca
minimamente il potere, al
contrario ne esalta l’insindacabile discrezionalità.
Insomma, il vecchio ordine
regna: niente sacerdozio femminile, niente ordinazioni anglicane, niente preti sposati.
Ma il dialogo può tranquillamente continuare in saecula
saeculorum, amen.
Manifestazioni di diacono angiicane durante ii Sinodo deiia Chiesa
d’inghiiterra ii 10 novembre 1992
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita
VENERDÌ 24 DICEMBRE 1993
IL COMITATO ESECUTIVO DELL'UCEBI INFORMA
Dipartimenti e
istituzioni
Nei giorni 2-5 dicembre il Comitato esecutivo ha tenuto la sua ultima seduta annuale presso il Villaggio della gioventù di
Santa Severa. Si trattava della seduta che
ogni anno viene, tra l’altro, dedicata all’incontro con i responsabili dei dipartimenti e
delle istituzioni. Si tratta di un momento di
confronto e di coordinamento, che risulta
opportuno e necessario per la gestione
dell’intera Unione. Ciò consente al Comitato di avere una visione d’insieme dell’intero lavoro e di impostare gestione e bilanci per l’anno successivo nella maniera più
corretta.
Albania: iniziativa Agape
L’Assemblea generale del 1992, con l’atto n. 30/AG/92 invitava «le chiese
dell’Unione a interessarsi attivamente nel
lavoro battista in Albania col sostegno nella preghiera e con raccolte di fondi attraverso sottoscrizioni» e indicava che tali
sottoscrizioni avrebbero dovuto essere
l’obiettivo dell’iniziativa Agape 1993-94.
Il Comitato, sensibile al lavoro in quel paese in considerazione degli «stretti legami
di continuità geografica, storica e culturale» fra Italia e Albania sottolineati dall’atto
ricordato, sta pensando di impiegare i fondi che saranno raccolti per acquistare un
terreno nel quartiere Bregu i Limit di Tirana, su cui edificare un locale per il culto: in
tale quartiere è attualmente impegnato
nell’evangelizzazione il past. Saverio
Guama. Non appena acquisiti i dati necessari, le chiese saranno informate dell’iniziativa nei particolari.
Volontario nell'ufficio
L’appello di aprile del presidente alle
chiese di Roma per un volontario o una volontaria nell’ufficio non è caduto nel vuoto: è stato raccolto da un fratello di Gioia
del Colle, Pietro Antonicelli, ora dipendente della Regione Puglia, che chiederà di andare in pensione dal luglio ’94 e si trasferirà a Roma mettendosi a disposizione
dell’Unione.
Impiegato o impiegata
negli uffici dei dipartimenti
Nell’ambito del potenziamento dei dipartimenti il Comitato, in accordo con i dipartimenti stessi, ha deciso di assumere un impiegato 0 impiegata per l’ufficio congiunto
dei due organismi operativi. In questi giorni è partita una circolare alle chiese con le
indicazioni per l’assunzione.
Ministero della musica
e del canto nelle chiese
Il Comitato ha individuato, anche nello
scambio di idee con la segretaria del Dipartimento di evangelizzazione, la presenza nelle nostre chiese di un ministero della
musica e del canto e ha rilevato la necessità di educare le sorelle e i fratelli, che ne
manifestano la vocazione. Pertanto ha dato
incarico al Dipartimento di preparare un
progetto che indichi da una parte i requisiti
specifici e teologici per coloro che svolgeranno tale ministero e dall’altro che preveda il loro impiego nell’Unione.
Chiese
Il Comitato ha ricevuto con gioia la domanda della Chiesa evangelica di Torino,
via Crissolo 8, di divenire membro dell’
Unione e ha disposto di presentare la domanda alla prossima Assemblea generale
con il proprio parere favorevole. La chiesa,
che ha 35 membri, sarà curata in via temporanea, in attesa dell’accettazione della
domanda di ammissione, dal past. Massimo Romeo.
Il Comitato ha appreso con entusiasmo
l’avvenuta creazione in Lentini, con sede
presso la nostra chiesa, di un «Centro di
informazione sulla mafia» e ha manifestato appoggio e solidarietà, disponendo anche un consistente aiuto in denaro per cominciare il lavoro, secondo anche quanto
disposto dall’atto n. 49/AG/92.
Pastori
Secondo la richiesta ricevuta dalla Federazione battista europea e avendo appreso
il gradimento dell’interessato, il Comitato
ha prolungato il periodo di missione del
past. Saverio Guama a Tirana, in Albania,
fino al 15 giugno 1994.
Trasmissione «Protestantesimo»
Il Comitato ha discusso a lungo della
puntata del 14 novembre ’93 di Protestantesimo, esprimendo dubbi e perplessità. Il
presidente è stato incaricato di chiedere
udienza al presidente della Fcei per esprimergli a viva voce le riserve del Conùtato.
Istituto «G. B. Taylor»
Un intero pomeriggio è stato dedicato
all’incontro con la commissione ex atto n.
91/CE/93, che gestisce l’istituto G. B.
Taylor, e con il Consiglio di amministrazione che collabora con tale commissione
con veste consultiva. Il dialogo, franco e
aperto, è servito a mettere sul tavolo tutti i
problemi e i dubbi che sono sorti, e certamente ha contribuito a chiarire molti equivoci e a rasserenare gli animi. Il colloquio
ha anche mostrato l’inversione di tendenza
del deficit che ora appare, se non definitivamente domato, almeno suscettibile di essere governato e progressivamente ridotto.
intesa
Il Comitato ha dovuto purtroppo prendere atto del fatto che l’Intesa, firmata il 29
marzo ’93, non è stata ancora trasformata
in legge e che l’attesa può essere molto
lunga. Il rischio è che la legislatura sia interrotta prima che la legge relativa sia stata
approvata. Il Comitato ha disposto perché
sia esperita ogni possibile azione in nostro
potere per evitare tale evento, giudicato assai dannoso per l’Unione.
Convocazione dell'Assemblea generale
Il Comitato ha provveduto a convocare
l’Assemblea generale dell’Unione a Santa
Severa presso il Villaggio della gioventù
nei giorni 15-19 giugno 1994.
Comitati e commissioni
Il Comitato ha infine disposto alcuni avvicendamenti in Comitati e commissioni:
il pastore locale Luca M. Negro nella commissione per il decennio di solidarietà con
le donne nella chiesa al posto del dimissionario Arcidiacono; Leonardo Casorio nel
Comitato del Villaggio della gioventù in
sostituzione di Di Fierro, su indicazione
della Fgei; il pastore Castelluccio nel Comitato della Missione battista europea, in
sostituzione del pastore Foligno; il pastore
Domenico Tomasetto nel comitato italiano
dell’Ica, al posto del dimissionario past.
Franco Scaramuccia; il pastore Italo Benedetti quale rappresentante delTUcebi presso la «Coopération in Mission».
Iniziativa della Chiesa valdese di Torino per Natale
Riportare la musica nel culto
Ricondurre la musica protestante del ’700 al suo contesto
originario, cioè il culto evangelico e non la sala da concerto, sarà l’esperimento che
verrà attuato quest’anno, il
giorno di Natale, al tempio
valdese di corso Vittorio 23 a
Torino.
Nella trama della normale
liturgia cultuale verranno inserite musiche natalizie ese
guite dalla corale evangelica
di Torino, diretta dal m.o Flavio Gatti con il supporto di un
complesso di strumenti antichi. Saranno presentati tre cori
dalla Cantata n. 142 «Uns ist
ein Kind geboren» (a noi è nato un bimbo), su testo di Neumeister, già attribuita a Bach
ma in realtà composta da Kuhnau, cantore a Lipsia antecedentemente a Bach. Seguirà
un mottetto politestuale di
Haugk con la sovrapposizione
del testo del Credo di Martin
Lutero con il testo del Padre
Nostro al fine di esprimere
l’indissolubile unità della fede
e della preghiera del credente.
Durante la celebrazione della
Cena del Signore saranno eseguiti cori natalizi tratti dall’
«Orgelbiichlein» di Bach
culto avrà inizio alle ore 10
Ffevm: un seminario biblico alla Casa valdese di Vallecrosia
Che cos'è il Regno dei cieli?
LIDIA BIBET NOFFKE
Il Regno dei cieli è come
un bambino che per crescere ha bisogno di cure continue, altrimenti non ha la
possibilità di sviluppo (...) è
come un arcobaleno che, con
tutti i suoi colori e le sue luci,
dà un senso di immensità (...)
è come un pacchetto sotto
l’albero di Natale, bisogna
aspettare il momento giusto
per scoprirne il contenuto ma
tocca a noi darci da fare per
aprirlo e trovare il regalo.
Questi sono alcuni esempi
di come uno dei 5 gruppi impegnati a Vallecrosia dal 29
ottobre al 1° novembre, per il
seminario biblico organizzato
dalla Ffevm, ha cercato di
spiegare il Regno dei cieli.
Ormai sono molti anni che la
Federazione è impegnata a
organizzare dei corsi di animazione biblica nel I distretto. Non tocca certo a chi è
impegnato nell’organizzazione dare dei giudizi, ma la risposta delle sorelle è sempre
molto positiva. L’organizzazione di questo corso comincia sempre in primavera,
quando le responsabili delle
Unioni del I distretto si riuniscono per decidere il tema.
Questa volta la scelta è caduta sulla preghiera, in particolare sul Padre Nostro.
Con l’aiuto delle tre pastore
in zona un gruppetto di coraggiose si è preparato per circa
due mesi studiando testi, cercando animazioni e confrontandosi in riunioni plenarie.
Era stato deciso di dividerci in
cinque gruppi diversi, ognuno
con un tema preciso: Padre
Nostro-il Padre; Venga il tuo
Regno-Regno e volontà; Dacci il pane-etica; Non ci indurre...il maligno; Cristologia e
discepolato.
Sabato 30 ottobre una sessantina di sorelle e due fratelli
sono partiti alla volta di Vallecrosia per iniziare così due
giorni di vita comunitaria e di
studio. Sono state giornate interessanti e la scelta di uscire
dalle solite strutture delle Valli è stata buona; per molte di
noi è stato più facile rilassarsi
e dedicarsi completamente al
seminario, senza preoccupazioni di tornare a casa per i figli che tornano da scuola...
Avremmo però voluto vedere
una maggior partecipazione
delle comunità vicine.
Sabato sera abbiamo avuto
una tavola rotonda sul significato della preghiera nelle diverse comunità religiose. Dorothea Miiller ha introdotto il
tema della preghiera come
viene praticata nel protestantesimo, un professore universitario ha esposto l’uso della
preghiera nell’induismo e un
medico ebreo ci ha parlato
dello stretto rapporto esistente
tra Dio e l’uomo come si manifesta nella prassi giudaica.
Siamo abbastanza abituati a
sentir parlare della cultura
ebraica e tuttavia alcuni atteggiamenti esteriori ci lasciano un po’ perplessi (filatteri, scialli, ecc.); penso però
che dover interrompere diverse volte la giornata per rivolgere la mente a Dio sia molto
importante e faccia ricordare
che tutto quanto possediamo
gli è dovuto. Ho trovato molto
bello il significato della preghiera mattutina che gli ebrei
devono recitare, quando si è
ancora nel dormiveglia. È un
ringraziamento a Dio per aver
restituito il «soffio vitale».
Conosciamo molto meno
dell’induismo, e forse è stato
difficile seguire il rapporto
che c’è tra l’uomo e i vari dei,
o come raggiungere la perfezione attraverso la meditazione. Interessante è stata l’affermazione che sia per l’ebraismo che per l’induismo è
l’uomo che ha il compito di
pregare, la donna può farlo
ma non è indispensabile.
Domenica mattina era in
Nella chiesa valdese di Forano Sabina
Intensa giornata
II
________MAURO SCABINCI________
Il 28 novembre è stato un
giorno speciale per la
Chiesa valdese di Forano,
uno di quei giorni in cui non
essere presenti è un’occasione sciupata.
La giornata è iniziata con il
culto tenuto dal pastore Rivoir a cui hanno partecipato,
insieme alla comunità locale,
un gruppo di sorelle e di fratelli delle chiese di Villa San
Sebastiano e Temi. Durante il
culto .sono stati insediati i due
nuovi membri del Consiglio
di chiesa eletti dall’assemblea: le sorelle Marta Pazzaglia e Claudia Claudi.
La chiesa augura loro un
ministero benedetto.
Il sermone è stato incentrato su un versetto della I lettera di Paolo a Timoteo, da cui
è scaturita un’esortazione alla
ricerca del dialogo inteso come proposta di impegno e di
lotta nella speranza riposta
nel Signore.
Al termine del culto, l’agape ha esaltato le capacità organizzative e culinarie delle
signore della comunità che,
come al solito, hanno preparato un ottimo pranzo per le
80 persone partecipanti. Il pastore Rivoir ha poi offerto un
momento di informazione
sull’incontro svoltosi a Firen
ze sulla situazione dell’ex Jugoslavia e sulle difficoltà di
definire un’iniziativa a favore
di una realtà così drammatica
e complessa.
La seconda parte del pomeriggio è stata dedicata al bazar per il quale l’Unione femminile ha lavorato per mesi
preparando moltissimi prodotti di vario genere, tra cui
merita un cenno particolare
una bellissima coperta realizzata a più mani, che sono stati posti in vendita con notevole successo: il ricavato andrà
in parte a favore delle iniziative per l’ex Jugoslavia.
Altri aiuti hanno potuto essere dati a un’azione per l’Albania, a Amnesty International, alla lotta contro il cancro
e contro la lebbra oltre che a
istituzioni della nostra chiesa.
programma una «passeggiata
mirata», termine che ha suscitato tanta curiosità; si trattava
di una camminata verso la
chiesa di Bordighera per partecipare al culto, seguita da un
momento di riflessione sul dono enorme che Dio ci ha fatto
con il creato. La pioggia persistente ha fatto sì che la nostra passeggiata fosse solo bagnata. 1 cinque gruppi hanno
lavorato intensamente portando alla riunione plenaria di
domenica pomeriggio delle
interessanti relazioni che hanno contribuito all’arricchimento reciproco.
«Serata in allegria» era il
programma di domenica sera:
i giochi dei tempi passati hanno fatto rivivere per un po’
l’allegria di qualche anno fa.
Dobbiamo anche ringraziare
lo staff della Casa valdese di
Vallecrosia che ci ha permesso, rimandando la chiusura di
qualche giorno, di poter avere
questa buona esperienza.
Valperga Canavese
45^ della
predicazione
LINDA PERUGA
D
omenica 5 dicembre è
stata una felice giornata
per la piccola, ma viva comunità battista di Valperga: si è
festeggiato il 45° anniversario
della prima predicazione
dell’Evangelo nel locale di
culto che, a suo tempo, i pochi
credenti del Canavese, fiduciosi nell’approvazione del loro Salvatore, costruirono arredandolo del necessario. Con il
trascorrere degli anni il tempietto fu ampliato ed attualmente comprende anche un
piccolo campanile e l’appartamento pastorale.
Per l’occasione, nel locale
gremito di fratelli e sorelle, il
pastore Vittorio Perres ha
condotto lo svolgimento del
culto, mentre il pastore Giuseppe Morlacchetti, presidente
dell’Associazione delle chiese
battiste in Piemonte, ha annunciato r Evangelo, in modo
chiaro e toccante, sottolineando il sacerdozio universale e
la necessità di vivere la parola
di Dio e di diffonderla con
quella responsabilità che il Signore della chiesa affida ad
ognuno. Inoltre, il pastore
Vincenzo Barbin ha ricordato
gli anni del suo ministero nel
Canavese ed ha esortato tutti i
membri e i simpatizzanti a
non perdere la fiducia nelle
promesse del Signore.
Dopo il culto, alle ore
12,45, circa cinquanta fratelli
e sorelle si sono seduti a tavola per la celebrazione della
Cena del Signore e per l’agape. La giornata, ricca di comunione con il Signore e con
i fratelli, si è conclusa con
l’ascolto di alcune testimonianze personali e con canti di
lode e di ringraziamento al Signore Gesù.
Battesimi a Beipasso
Mercoledì 8 dicembre alle
ore 10, nei giardini della «Comunità insieme» di Piano Tavola (Beipasso), ha avuto luogo una riunione di culto con
battesimi a cura della Congregazione cristiana pentecostale
di Catania e Beipasso, presieduta dal pastore evangelico
Mario Romeo. Nel culto pomeridiano si è svolto nei locali
di «Comunità Insieme», un
gruppo di origini cattoliche
che, guidato dalla presidente,
signora Rina Cocuzza, ha scelto unanimemente di scendere
nelle acque battesimali, abbracciando la fede evangelica.
5
VENERDÌ 24 DICEMBRE 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
LA TAVOLA VALDESE INFORMA
Offerte deducìbili
e otto per mille
Come è stato già annunciato dal nostro
giornale, si è raggiunto anche l’accordo con
il ministero delle Finanze previsto dal comma 3 dell’art. 3 della legge 5 ottobre 1993 n.
409, che «stabilisce che a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge, le persone fisiche
possano dedurre dal reddito complessivo, ai
fini dell’imposta sul reddito delle persone
fisiche, le erogazioni liberali in denaro, fino
all’importo di lire due milioni, a favore della Tavola Valdese, organo della Chiesa
Evangelica Valdese, Unione delle Chiese
Metodiste e Valdesi, destinate ai fini di culto, istruzione e beneficenza propri della Tavola Valdese stessa».
Per quanto riguarda l’otto per mille, sui
moduli 740, 730, 101, ecc. vi sarà dall’anno
prossimo anche la casella «Chiesa Evangelica Valdese (Unione delle Chiese metodiste
e valdesi)»: basterà apporre la propria firma
nella casella e, fra qualche anno... potremo
sapere quanto sarà l’ammontare di cui disporre. La Tavola ha già pensato che, nei
prossimi mesi, dovrà essere fatta una opportuna divulgazione di questa possibilità che,
come è già noto, fornirà il finanziamento a
opere sociali in Italia e nei paesi del Terzo
Mondo, o per interventi di emergenza in caso di catastrofi naturali, e che comunque
non servirà alla cassa culto.
Per quanto riguarda invece la cosiddetta
«defiscalizzazione», non c’è da preoccupar
si circa una temuta complessità: la Tavola
ha già provveduto a far inviare a tutti i pastori e ai cassieri una «guida rapida» per la
compilazione di uno dei tre documenti necessari a ottenere la defiscalizzazione: o un
modulo da compilare da parte del cassiere
(sarà il caso probabilmente più frequente), o
un bollettino postale da compilarsi da parte
del membro di chiesa contribuente, oppure
ancora (nel solo caso di versamenti destinati
alla sola Tavola) un bonifico bancario.
La «Guida rapida» sarà seguita dal Manuale per la defiscalizzazione, che comprende un po’ di storia, il testo delle Intese del
25 gennaio 1993, il testo della legge n.
409/1993 e l’illustrazione degli obiettivi e
dei criteri che hanno portato alla formulazione di questi testi normativi.
Dato che la legge si applica a partire dalle
contribuzioni versate nel 1993, chi desidera
avvalersi della possibilità di defiscalizzare le
proprie contribuzioni deve assicurarsi che i
propri versamenti siano registrati nei libri
contabili della propria chiesa entro il 31 dicembre ’93. Le ricevute o attestazioni o certificazioni relative potranno essere rilasciate
anche nei primi mesi del 1994, e comunque
prima della compilazione dei modelli 730,
740, ecc. Se in una famiglia vi sono due percettori di reddito (sia la moglie che il marito
lavorano o hanno redditi) la defiscalizzazione si applicherà a entrambi, con un massimale per famiglia di 2+2=4 milioni.
Assemblea della Federazione delle chiese di Puglia e Lucania
Le chiese^ la fede^ la polìtica
L’incontro fra i delegati delle chiese evangeliche apulolucane per l’annuale assemblea della Federazione regionale (Fcepl) dell’8 dicembre
scorso è avvenuta, come sempre, in un’atmosfera fraterna e
cordiale. Il passo biblico che
ha fatto da sfondo alla riunione è stato scelto dalla past.
Gianna Sciclone dal libro
dell’Apocalisse. La lettera alla
chiesa di Filadelfia (Apoc 3,713) ha offerto all’assemblea
spunti preziosi per la discussione sul senso della nostra testimonianza. Ci siamo chiesti
quali siano le porte aperte che
il Signore pone davanti alle
nostre chiese e il dibattito ne
ha individuate alcune.
Una delle priorità emerse è
il lavoro di contatto e solidarietà con le comunità di immigrati. La Puglia, geograficamente protesa nel Mediterraneo verso l’Europa dell’est
ma non solo, è luogo naturale
di accoglienza e dialogo. Le
nostre chiese possono, anche
in continuità con l’impegno,
sempre modesto, già profuso
nel passato e ancora nel presente verso gli albanesi, adoperarsi per favorire la conoscenza e l’inserimento anche
di gruppi nordafricani nel tessuto sociale. A questo scopo
di concerto con la Federazione giovanile regionale si è
programmato un convegno
sull’immigrazione che privilegi l’ascolto di esperienze di
vita da parte di immigrati, da
tenersi possibilmente a Cerignola, luogo di concentrazione di «braccia» soprattutto nei
periodi della raccolta dei prodotti agricoli. Altra «porta»
che si è aperta per la testimonianza delle nostre chiese è
quest’anno la possibilità, accolta con gioia dall’assemblea, di partecipare con uno
stand Claudiana aH’Expo-libri
dei prossimi 24-27 marzo.
Un’ulteriore possibilità di
mobilitazione e di testimonianza collettiva portata a co
noscenza deir assemblea e da
essa accolta con entusiasmo è
il programmato incontro nazionale organizzato a cura
della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia a Firenze
in occasione di Pentecoste
’94. In vista di questo grande
raduno nazionale, che prevede
la presenza di varie migliaia
di persone delle nostre chiese,
l’assemblea Fcepl ha deciso
con un suo ordine del giorno
di rinunciare a organizzare
per quest’anno la festa delle
comunità, che mobilita ogni
anno 4-500 persone delle nostre chiese, per convogliare
tutte le forze umane e finanziarie sull’evento di Firenze.
Ci si attiverà in tal senso anche con la preparazione di
una corale.
Un’altra novità di quest’anno è stata l’istituzione richiesta al Consiglio di una commissione di studio sull’ecumenismo allo scopo di promuovere momenti di riflessioni e confronto sull’argomento.
La Puglia è luogo ecumenicamente molto vivace e attivo;,
si è dunque avvertita la necessità da parte della Federazione
di approfondire l’argomento
anche in vista di una presenza
coordinata e unitaria nel movimento ecumenico regionale.
Con un ordine del giorno
«politico» l’assemblea si è
pronunciata sull’attuale momento storico guardando
«con interesse e speranza alla
prospettiva di un’alleanza
progressista che si candidi a
governare il paese per affrontare con serietà, onestà e senso di giustizia i gravi problemi dello sviluppo, dell’occupazione, dell’immigrazione e
le riforme civili e sociali, la
sanità, la scuola, l’amministrazione delle città, che richiedono interventi urgenti e
radicali, soprattutto nel nostro
Mezzogiorno». Per questo,
continua il pronunciamento
assembleare, è ribadito l’impegno «nella modestia delle
Roma-p.za Cavour
Essere chiesa
insieme
Il progetto
avanza
FRANCA LONG
proprie possibilità ad offrire
un contributo di sensibilizzazione, solidarietà e proposta
di un nuovo indirizzo della
gestione pubblica che riduca
il ritardo secolare rispetto alle
grandi democrazie di tradizione protestante».
L’assemblea, che ha anche
dato il suo sostegno alla diffusione del nostro settimanale
«Riforma», ha poi salutato
con calore la fine del ministero della presidente uscente
Anna Maffei e ha votato al
nuovo incarico la sorella Vera
Velluto della Chiesa valdese
di Taranto. A lei e a tutto il
Consiglio va l’augurio e la
preghiera per un proficuo e
benedetto lavoro al servizio
delle chiese per la loro testimonianza comune.
Colori vivaci, una folla di
volti giovani, animati,
corpi pronti al ritmo dei canti
e delle preghiere: domenica
12 dicembre il tempio valdese di piazza Cavour a Roma
offriva di sé questa immagine ormai usuale della comunità evangelica etiope che da
alcuni anni vi si ritrova per il
culto settimanale. La novità
era data dalla presenza della
comunità valdese che partecipava con la sua corale e
con un gruppo di suoi membri al culto dei fratelli e delle
sorelle africani.
Nell’ambito del progetto
«Essere chiesa insieme» si
sono svolti in questo periodo
due momenti di scambio e di
condivisione. Domenica 28
novembre gli evangelici etiopi hanno partecipato al culto
del mattino, naturalmente in
lingua italiana, e la comunità
valdese ha ascoltato la predicazione del pastore Orru,
etiope di origine sarda. Domenica 12 dicembre, al culto
pomeridiano in lingua etiope,
la pastora Maria Bonafede ha
annunciato la parola del Signore, ricordando alle due
comunità riunite la comune
vocazione ad essere «luce e
sale» della terra.
È stata un’esperienza significativa, in cui le differenze erano evidenti e con esse
anche la percezione delle difficoltà di comunicazione reale (al di là dei problemi linguistici): diversi i segni e
probabilmente diversi anche
i significati tra una vecchia
chiesa bianca riformata e una
giovane chiesa nera di impronta pentecostale; tra una
chiesa fiera della sua prassi
di democrazia e caratterizzata da uno stile di sobrietà e
una chiesa affidata a una riconosciuta leadership personale e segnata dal gusto delr«eccesso».
Due ore di culto vero, insieme. Un culto scandito da
applausi, da scambi di sguardi e di sorrisi, da lunghi momenti di invocazione e di
preghiera. Di tanto in tanto
un grido femminile: modo
antico, ci hanno spiegato,
con cui le donne dell’Africa
esprimono approvazione.
Convegno ecumenico di «Sofia»
Le diverse cristologìe
al femminile
LIDIA MAGGI
Lunedì 29 novembre, presso la Facoltà valdese di
teologia, si è tenuto un convegno di donne evangeliche e
cattoliche organizzato da «Sofia». Le relatrici, Daniela Di
Carlo, Letizia Tomassone,
Giovanna Pons e Elizabeth E.
Green hanno esposto la loro
cristologia partendo dal percorso che le ha portate all’attuale comprensione di Cristo.
Elizabeth Green ha riassunto il dibattito cristologico nella teologia femminista dagli
inizi (1960) ad oggi, mostrando come le donne hanno sin
dall’inizio dovuto fare i conti
con la maschilità di Cristo.
Daniela Di Carlo, tenendo
presente le problematiche che
il dibattito sulla cristologia in
«Gioventù evangelica» ha
sollevato, ha cercato di essere
propositiva affermando che la
maschilità del Cristo non le
crea problemi proprio perché
vede nel Cristo il modello di
relazione tra Dio e l’umanità.
Cristo è perciò una modalità
di relazione, è la dicibilità di
Dio. Non si può dire Dio senza passare per il Cristo.
Letizia Tomassone, rifiutando il modello del Cristo
androgeno, riconosce la parzialità di Gesù di Nazareth nel
suo essere maschio. Tale parzialità fa parte dell’umanità.
Dio, nell’incarnarsi non ha
potuto evitarla: di conseguenza le donne sentono il bisogno
di una mediazione femminile
al Cristo e del resto la rivelazione è sempre mediata dalla
relazione con gli altri. Le donne in una posizione di annuncio possono indicare Cristo
come mediatore e mediarlo
alle donne. Tale mediazione
ha bisogno di scoprire un ordine simbolico femminile.
Giovanna Pons, ricordando
il passato e le lotte per l’emancipazione femminile anche nella chiesa vede problematica la mediazione femminile al Cristo. Le donne che
hanno dovuto lottare per liberarsi dalla mediazione maschile alla fede non sono disposte ad accettare altre mediazioni, neppure al femminile. La parzialità data dalla maschilità del Cristo può essere
un privilegio per le donne
perché permette loro di «riscoprire» T alterità di Dio.
Nel pomeriggio, divise in
piccoli gruppi, le donne hanno lavorato su alcune cristologie presentate nel Nuovo
Testamento: il Cristo come
mediatore (I Timoteo 2, 5);
Cristo l’immutabile (Ebrei
13, 8); Cristo e la sofferenza
(Romani 8, 18). Il lavoro dei
gruppi sarà quanto prima
pubblicato sulla stampa evangelica.
MONACHE
MOTTOLA — Negli ultimi due mesi sono riprese le attività
della scuola domenicale, dell’Unione femminile e della
Egei. In particolare quest’ultima ha segnato un consistente
aumento numerico con l’apporto dei giovanissimi che stanno frequentando le riunioni con assiduità.
• Un ringraziamento ai fratelli Rocco Lamanna, Vito Impedovo, Pietro Baia, Mimmo D’Elia, Nicola Larucci e Domenico Lamcci e alle sorelle Virginia Mariani, Tania Lupoli e
Santa Speranza che hanno tenuto i culti e gli studi biblici di
ottobre e novembre.
• L’Evangelo della resurrezione è stato annunciato lunedì 6
dicembre durante i funerali della sorella Maddalena Tartarelli Gesualdo; il culto è stato presieduto dalla pastora Elizabeth Green, a cui va il nostro ringraziamento.
SAN GERMANO — L’Evangelo della resurrezione e della
speranza è stato annunciato a una numerosa folla riunita nel
tempio in occasione dei funerali di Claudio Melchiori, che
ci ha lasciato all’età di 51 anni dopo un periodo di degenza
all’ospedale. Alla mamma e a tutti i suoi cari giunga la parola di simpatia di tutta la comunità.
Quando andiamo a Venezia? In inverno!
Per passeggiare senza essere spintonati, per
vedere piazza S. Marco affollata solo dai
colombi, per non fare code alle mostre.
Foresteria Valdese
Calle lunga S. Maria Formosa
Palazzo Cavagnis - Castello 5170
30122 Venezia
tei e fax (041) 5286797
Agevolazioni per gruppi e famiglie.
6
PAG. 6 RIFORMA
i All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 24 DICEMBRE 1QQC!
¡r * < ÿî ì.^
NATALE
. A VOI OGGI
E NATO IL SALVATORE!
CLAUDIO PASQUET
Siamo in attesa, in attesa
che finiscano le preoccupazioni, le brutte notizie di
ogni giorno: guerre, disoccupazione, fame. Io personalmente sono in attesa di non
vedere più bambini martoriati, uccisi, violentati, di non
vedere mai più le scene che
invece il televisore mi porta
in casa ogni giorno, dalla Bosnia e altrove. Ogni giorno
coviamo desideri di serenità,
ogni giorno veniamo spesso
brutalmente delusi e a volte
riceviamo qualche notizia
che ci permette di sperare ancora.
Gesù, Principe di pace
Desiderio di pace e serenità, desiderio universale, è banale parlarne a Natale.
Ed è un desiderio tanto forte
quanto è forte il senso di
umana impotenza che proviamo di fronte ai problemi che
affliggono il nostro mondo.
Quale forza, quale impegno
sarebbero necessari per cambiare le cose? Solo quelle di
un principe potente, che abbia tanta forza da ridurre al
niente le forze del male che
agiscono nel nostro mondo. I
primi cristiani hanno detto:
Gesù è questo principe potente, in lui le attese sono finite,
i desideri di pace si compiono, le speranze più care si
realizzano. I cristiani hanno
letto questo testo di Isaia e
hanno avuto il coraggio di
gridare ciò che ancora non si
vedeva (rarmonia, la pace, la
giustizia, il regno di Dio), ma
che si era già visto nella vita
terrena di Gesù e nella sua
vittoria sulla croce: Gesù è il
Messia di Dio, il suo potente
messaggero, il Principe di pace, il Re universale. «Oggi
nella città di Davide, v 'è nato
un salvatore, che è Cristo il
Signore. E questo vi servirà
di segno: troverete un bambino fasciato e coricato in una
mangiatoia» (Luca 2, 12).
Questo Messia di Dio,
Principe di pace, re universale giunge nel più inatteso dei
modi, nel più inaspettato dei
simboli: un neonato... vi servirà da segno! 11 Principe del
mondo giunge a noi nella fragilità e nella debolezza dell’
essere umano quando non è
ancora capace a badare a se
stesso: un bambino.
Un mondo nemico
dei bambini
E giunge in un mondo che,
allora come ai nostri
giorni, è nemico dei bambini;
chi mai potrà scordare le tragiche immagini dei piccoli
mutilati di Sarajevo, dei piccoli scudi umani di Mogadi
«Poiché un fanciullo ci è nato, un figliuolo ci è stato dato e Vimperìo riposerà
sulle sue spalle; sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente. Padre eterno.
Principe della pace, per dare incremento
all’impero e una pace senza fine al trono
di Davide e al suo regno, per stabilirlo
fermamente e sostenerlo mediante il diritto e la giustizia, da ora in perpetuo».
(Isaia 9, 5-6)
■BAHBU/i :
SIETE TOTTl abbonati A
DII MNCIUUI
Abbonamento annuo L. 23.000 - Estero L.
28.000 Sostenitore L. 30.000 - Una copia
L. 3.000 da versare su c.c.p. n. 14603203
intestato a «L’amico dei fanciulli - Tavola
Valdese» - 20159 Milano - Via Porro Lambertenghi 28
scio o dei ragazzi di strada
brasiliani? Come non pensare
ai due bambini poveri, figli di
gente povera, di Liverpool,
avviati all’ergastolo a 11 anni
invece di pensare alla loro
rieducazione e a farli vivere
meglio? E un mondo come
questo che, fin dall’inizio, è
pronto a respingere Gesù;
un’umanità come questa è
pronta a rifiutare la speranza
che egli rappresenta.
Tutto, nell’esistenza del
bambino che poi diverrà Gesù, il Signore, è sotto il sigillo
di questo rifiuto: dall’albergo
che non lo può ospitare fino
al re Erode, dai suoi che lo
rinnegano fino alla solitaria
morte sulla croce del Golgota. Ma nessuna opposizione
umana può fermare quella
che è caparbia decisione di
Dio per amore deH’umanità,
il bambino-Gesù ancorché rifiutato non viene ucciso, il
Signore-Gesù ancorché crocifisso alla fine della sua esistenza terrena, non viene annullato dalla morte. E allora
in questo bambino, debole
ma ripieno della forza di Dio,
riusciamo a scorgere molte
altre cose.
L'umanità di Dio
Innanzi tutto l’umanità di
Dio: il Signore assume
totalmente e pienamente la
forma di quegli uomini e
quelle donne ai quali, in Cristo, è venuto a portare amore
e speranza. E compie il cammino che tutti noi siamo destinati a percorrere: dalla nascita alla morte, senza risparmiarsi nulla di questa esperienza, anche il dolore che è
senz’altro la parte di umanità
che ci pesa di più nella nostra
esistenza. Ma in mezzo al dolore dell’umanità saprà dare
dei segni di vittoria sul male
e annunciarci una realtà nella
quale la sofferenza sarà vinta
da Dio.
La presenza di Dio
Poi la presenza di Dio: sì
quel Dio che ci piace
pensare come una realtà forte, onnipotente, capace di distruzione e di grandi realizzazioni, rivela in realtà la sua
potenza nella capacità di metterci in rapporto con lui.
Giunge a noi nella fragilità di
un bambino, ma questi è annuncio della volontà di Dio di
venirci incontro. Un Dio che
si volge verso di noi per farci
vedere che lui non vuole essere troppo grande, troppo
forte, troppo lontano, troppo... perché possa avere un
rapporto con me, con te, con
ognuno di noi. Nel segno di
un neonato è come se ci dicesse: mi sono fatto piccolo
perché anche tu, nella tua piccolezza, mi possa raggiungere; mi sono fatto debole perché la tua debolezza non ti
spaventi, mi sono abbassato
perché tu uomo, tu donna,
non possa dire: «Io non sono
in grado di innalzarmi a te».
La sorpresa di Dio
Ma c’è anche la sorpresa
di Dio: il Signore che
caccia i demoni, che guarisce
gli infermi e che trionfa sulla
morte, un Dio che si ferma di
fronte alla nostra possibilità
di scegliere. Non si impone
con la sua forza obbligandoci
ad essere suoi schiavi, come
ogni altra figura di re e di
principi nella storia, ma sceglie e percorre la strada della
nostra libertà.
Nel bambino di Betlemme
vediamo il Dio che ci sorprende, si propone a noi in
modo umile e sottomesso, come già si era proposto a Elia
nel deserto (I Re 19), non
nella distruzione del fuoco,
nell’impeto del vento o nella
forza del terremoto, ma in un
suono dolce e sommesso. Un
Dio da seguire con attenzione, da studiare attentamente
negli eventi della nostra quotidianità, poiché come non è
evidente che Dio sia in un
bambino nella mangiatoia,
così non è evidente la sua
azione nella nostra storia. Eppure ci parla, ci dona dei segni, ci chiede non integralismo, potere, denaro ma attenzione, vigilanza, speranza.
La speranza di Dio
E proprio di questo dobbiamo parlare: la speranza
di Dio: perché in un bambino
c’è sempre una grande, fortissima, speranza di vita. Nel
bambino che è Gesù sappiamo ora che c’è di più: in
lui possiamo scorgere speranza di vita eterna. Mentre
in uno qualsiasi dei nostri
bambini proiettiamo le nostre
speranze di vita e di realizzazione umana, da questo
bambino e da quanto lui ha
fatto nella sua esistenza terrena noi riceviamo una realizzazione e una speranza di
vita che va oltre il limite supremo della morte.
Infine Noi e Dio: perché la
notizia della nascita del bambino viene trasmessa da Dio
ai pastori mediante un angelo: «Un professore forse
avrebbe detto: "Agli uomini è
nato il Salvatore”. Già, agli
uomini, così in generale, e allora si pensa: io non c’entro,
si tratterà di altri uomini. Come quando al cinema o a teatro si vedono altri uomini che
non siamo noi! Ma l’angelo
del Signore indica i pastori e
indica noi. La sua notizia è
un discorso diretto: “A voi
oggi è nato il Salvatore!”. A
voi: senza che ci sia domandato chi siamo, se comprendiamo o no la notizia, se
siamo uomini buoni e pii o
no. Si tratta di voi! Siete voi,
per i quali ciò è accaduto!
vedete, la storia di Natale
non accade senza di noi, noi
ci siamo dentro». (Karl
Barth, sermone predicato nel
penitenziario di Basilea, Natale 1954).
Non temete!
E allora? Allora non temete! Continuate pure a lottare, a sperare, ad agire spinti
dalla forza di quel Dio che ci
chiama a parlare di amore nel
luogo dove ci ha posti a vivere. Il suo Figlio è venuto per
noi, e rimane con noi. Anche
se di fronte al dramma della
Bosnia, alle brutture del
mondo ci sentiamo molto
spesso impotenti e fragili come dei bambini che debbano
lottare contro delle bestie feroci, andiamo avanti lo stesso. Egli rimane al nostro fianco e vuole che ci spaventiamo non quando pensiamo di
essere troppo deboli, ma
quando crediamo di essere
abbastanza forti da poter fare
a meno di lui, perché «In verità io vi dico che chiunque
non avrà ricevuto il regno di
Dio come un piccolo fanciullo non entrerà affatto in esso»
(Marco 10,15).
Nella notte delle dispute,
degli odi, delle guerre,
Luce'
Nella notte dei dubbi,
delle angosce, delle pàure,
Luce!
Nella notte delle sofferenze,
delle inquietudiiìi, delle morti.
Luce!
Luce del bambino
che tu ci hai dato, Signore,
Che i Magi si scostino,
che i nostri occhi si aprano,
affinché i nostri cuori
si risveglino alla speranza.
Ecco là in fondo
la Luce, la Vita, la Gioia.
Gesù è nato!
(Recueil de textes littirgìques, Chiesa riformata
di Francia Centre-Alpes-Rhóne)
7
Spedizione in abb. post. Gr II A/70
In caso di mancato recapito rispedire a:
CASELLA POSTALE 10066
TORRE PELUCE
Fondato nel 1848
E Eco Delle Yaui mLDESi
venerdì 24 DICEMBRE 1993
ANNO 129 - N. 49
URE 1300
Gli studenti delle superiori di Pinerolo autogestiscono le lezioni
Per non «privatizzare» la scuola
_______FEDERICA TBON______
// sessantotto ce l’ha
insegnato, lo studio
non va pagato»: la scritta si
legge bene, su uno striscione
fuori da una finestra all’ultimo piano del Buniva, l’istituto tecnico per ragionieri e
geometri di Pinerolo. Da una
settimana a scuola si fa autogestione e, come spiegano
concordi gli studenti, «l’iniziativa prende le mosse contro il progetto di riforma che
permette il finanziamento
della scuola da parte di privati, che entrerebbero anche
a far parte di diritto della
giunta esecutiva all’interno
del Consiglio d’istituto».
Sei giorni, dal 13 al 18 dicembre, per informarsi prendere coscienza del problema,
discuterne: infine riunione
generale di tutti gli studenti
delle scuole superiori pinerolesi lunedì 20 dicembre alle 9
in piazza Fontana per confrontare esperienze e risultati.
Ma, tornando al Buniva, che
cosa intendono i ragazzi per
autogestione, che «non è
un’occupazione» come tengono a sottolineare?
«E l’organizzazione delle
ore di scuola fatta dagli studenti - dice Alessandro, 5“
ragioneria - al posto delle lezioni ordinarie abbiamo proposto corsi di educazione sessuale, pronto soccorso, psicologia, politica e la rassegna
stampa. Alcuni professori ci
hanno aiutato volentieri, per
il resto ci siamo affidati a
studenti degli ultimi anni con
qualche competenza specifica». Senza nessuna strumentalizzazione politica.
L’ingresso del Liceo scientifico «Marie Curie» di Pinerolo
assicurano. Lo scopo? «Ovviamente il nostro obiettivo
era discutere la proposta di
riforma, ma anche comunicare fra ragazzi di classi diverse, conoscersi insomma, e
allargare il dibattito a temi
più generali».
Ed è quello che hanno fatto: hanno organizzato assemblee, spiegato la contestata
riforma in ogni classe, allestito un ufficio informazioni
permanente per tutti i disorientati. E adesso che la loro
settimana di autonomia è
finita, si dicono abbastanza
soddisfatti. «La partecipazione attiva è stata buona - dice
Elisa, 4° anno - sui 1.700
iscritti almeno 200 si sono
mostrati davvero interessati». Certo c’era chi approntava rudimentali tavoli da
ping pong con i banchi e chi
si faceva requisire mazzi di
carte da gioco dagli stessi
solerti organizzatori trasformati per l’occasione anche in
agenti di «servizio d’ordine».
Adesso, al di là dell’autogestione in sé, l’importante è
non perdere subito le file
delle energie impiegate e
delle idee raccolte: i più convinti si ripromettono di
incontrarsi ancora. Se lo
augurano anche molti docenti, e il preside Zanzottera, che
afferma: «Dai ragazzi è emerso qualche spunto originale e io credo che sarebbe
un peccato lasciar cadere
nuove opportunità di confronto, che dovrebbero avere
la possibilità di continuare a
sviluppare in un momento e
in un luogo diversi».
Le gare della Coppa del mondo di sci approdano a Sestriere
Il «Circo bianco» in piena forma
MILENA MARTINAT
Circo bianco, circo giramondo che mette e toglie i suoi tendoni in pochi
giorni, gare o allenamenti che
siano. Una vita un po’ da
vagabondi per questi atleti
dello sci alpino di Coppa del
mondo, per i loro allenatori,
per gli skimen. In estate si
allenano sui ghiacciai ed emigrano nella fascia australe, in
Argentina o in Nuova Zelanda.
Poi c’è l’autunno. «Si va
dove c’è la neve - dice Ivano
Edalini, ex nazionale in allenamento con i ragazzi della C
a Frali - lo scorso anno grazie a un nostro preparatore
atletico e soprattutto a
Claudio Grill abbiamo conosciuto Frali con la nazionale
A. Qui stiamo bene, la neve
arriva sempre presto». Ma si
fermano al massimo una settimana, prima della stagione
delle gare. «Si è sempre lontani da casa - spiega Lorenzo
Cancian, allenatore di slalomisti e gigantisti in Coppa del
mondo - non si può avere
una famiglia, dopo un po’ è
una situazione pesante da
sopportare, anche se si ha
solo la ragazza».
Le gare di Coppa del mondo maschili sono approdate in
Italia martedì 14 dicembre
con uno slalom speciale a
Sestriere. Parecchia gente,
giunta da mezza Italia e dalla
Francia, dalla Svizzera. Un
pendio vario, ripido con
cambi di pendenza nella
prima parte, più dolce nella
seconda metà. Il cielo era
nuvoloso, ogni tanto nevicava. Due manches di un minu
II preparatore atletico D’Urbano insieme a Alberto Tomba
to scarso ciascuna per i piu
bravi. Più difficile per chi
aveva un pettorale più alto.
«La pista “rompeva” in alto dice Kurt Ladstatter - non era
facile tener una buona linea».
Ha vinto Alberto Tomba:
una buona vittoria, 75 centesimi di vantaggio sull’austriaco Stangassinger e 1
secondo e 18 centesimi sul
norvegese Furuseth rimontato dalla dodicesima posizione
della prima manche. Quasi
tutti i tifosi facevano ressa
intorno a Tomba che, dopo la
premiazione, ha lasciato il
traguardo circondato da carabinieri a bordo di un elicottero. Molto più sobrio Furuseth
che, appena prima della premiazione è scoppiato a piangere abbracciando un compagno di squadra. Per lui questo terzo posto aveva un’
importanza particolare. Era
da un po’ che non riusciva a
salire sul podio e lo ha fatto a
tre giorni dall’improvvisa
scomparsa per infarto del suo
allenatore di soli 45 anni.
«Tomba ha una gestione a
parte rispetto agli altri atleti
italiani - spiega il suo preparatore atletico D’Ur-bano ha impegni legati alla sua
immagine che non gli consentono di avere gli stessi
tempi di allenamento degli
altri azzurri».
Il Circo bianco quindi è in
piena forma. Molti dei suoi
atleti hanno partecipato lo
stesso giorno a un secondo
slalom a Sestriere, questa
volta in notturna, che è stato
vinto dal norvegese Jagge.
Uno show interessante prima
di ripartire e spostare i tendoni in vai Gardena per due
discese libere. Ripartiranno
anche gli interrogativi per
l’antidoping. Giorgio D’Urbano, frainteso molti mesi fa da
qualcuno, crede utile il controllo ai primi quindici classificati in ogni gara, più altri a
sorteggio. «E anche a sorpresa durante gli allenamenti»
afferma un suo collega.
Regione: presentata proposta di legge
Per il diritto alla
mobilità dei disabili
«Diritto alla mobilità delle
persone disabili»: questo è il
titolo della proposta di legge
regionale presentata martedì
7 dicembre da un gruppo di
disabili a palazzo Lascaris.
All’incontro hanno partecipato, insieme al comitato promotore dell’iniziativa (composto dai rappresentanti di 11
associazioni piemontesi di
portatori di handicap), alcuni
consiglieri regionali.
«A quasi due anni dall’
entrata in vigore della legge
104 - ha spiegato Gian Carlo
Casati, del comitato promotore - che impegnava le regioni
a elaborare entro sei mesi
piani di mobilità delle persone handicappate, la Regione
Piemonte si dimostra totalmente inadempiente. Pertanto
abbiamo deciso di stendere
que.sta proposta che nel concreto indica come razionalizzare, applicandole, le norme
già esistenti».
«Ci siamo decisi a questo
progetto - ha aggiunto un
altro componente del comita
to, Carlo Sobrito - perché
nella quasi totalità dei Comuni piemontesi non solo i
tradizionali mezzi di trasporto e le infrastrutture sono a
noi inaccessibili, ma anche
perché manca pure un qualsiasi servizio alternativo che
consenta una qualche mobilità, sia all’interno dei Comuni di residenza sia più in
generale nel territorio regionale, ai disabili che sono cittadini come tutti gli altri. In
sostanza la nostra è una battaglia per affermare i nostri
diritti civili».
La proposta prevede che il
comitato regionale di coordinamento dei trasporti e della
viabilità venga integrato da
un professionista esperto nel
campo dell’eliminazione
delle barriere architettoniche
e da un fisiatra, e ha come
fine la progressiva immissione nel servizio di trasporto di
superficie, nella misura del
20%, di mezzi utilizzabili dai
disabili, l’eliminazione di
barriere nelle stazioni, ecc.
Alcuni valligiani ricordano con commozione il loro Natale di cinquantanni fa
L'annuncio della «pace in terra» tra la paura
la fame^ la guerra e la speranza del nuovo
PIERVALDO ROSTAN____
Cinquant’anni fa. Natale
1943, si viveva un clima
certamente molto particolare,
sarebbe facile dire assai diverso da quello comunque
festaiolo di oggi; si stava organizzando la Resistenza alle
Valli, dalle città arrivavano
gli sfollati dai bombardamenti, ci si apprestava ad affrontare quello che fu poi il primo
di due lunghi inverni di guerra fra le mura di casa.
Eppure, cercando fra i
giornali dell’epoca, si trovano aspetti contraddittori:
quasi non si parla in taluni
casi del conflitto, ogni tanto
si trovano elementi che
richiamano alla situazione.
Mentre ad esempio la Voce
del Pellice dedicava ampio
spazio alla «coltura dell’
aglio» o al «naso dei cavalli», sulle stesse pagine si trovavano elenchi di persone
delle valle che decidevano di
aderire a una raccolta di
fondi a favore degli sfollati
promossa dalla Croce Rossa
di Torre Pellice.
Per altri versi, quasi normalità: le vacanze a scuola,
annunciava il ministro dell’
Educazione, sarebbero durate dal 23 dicembre all’8 gennaio e il cinema Trento, esattamente come quest’anno in
questi giorni, proponeva alla
visione il fdm vincitore di un
premio a Venezia. Nello stesso tempo venivano riportati i
comunicati militari con il
comando militare germanico
che preannunciava «gravi
misure repressive contro il
rinnovarsi di atti di sabotaggio». Ma dietro quest’apparente normalità stavano
paure, storie, situazioni che
potrebbe essere interessante
riscoprire; cerchiamo di farlo
andando indietro nel tempo,
con alcune persone, a quel
Natale 1943.
Paolo Frache, oggi sindaco
di vaiar Pellice: «Il Natale
che ricordo molto bene è proprio quello del ’43, trascorso
1 in un carcere albanese. Nel
tardo pomeriggio del 24
dicembre, dopo una lunga ed
estenuante marcia sul fango e
sotto la pioggia, insieme a tre
compagni partigiani albanesi
mi rifugiai nel fienile della
casa di un piccolo villaggio e
ci addormentammo subito.
Fummo svegliati dai fascisti
albanesi (i repubblichini
d’Albania) e fatti prigionieri:
ignoro la sorte dei miei tre
amici. Fui condotto su un
camion a Elbasan e consegnato ai tedeschi. Rivedo ancora
chiaramente il piccolo albero
di Natale con le candeline accese che brillavano nell’oscuro atrio della caserma. Dopo
un primo sommario interrogatorio fui trasferito nel carcere di Elbasan e messo in
una piccola cella sotterranea
umida e buia dotata solamente di un pagliericcio e di un
secchio. Trascorsi lì il giorno
di Natale senza vedere nessuno e completamente senza
cibo. I tedeschi non potevano
certo pensare a me: dovevano
festeggiare il Natale!».
Irma Mathieu, conosciuta
come Mimi, oggi ospite dell’Asilo dei vecchi a San
Germano.: «Lavoravo come
impiegata al Comune di
Perosa Argentina, che a quel
tempo comprendeva anche
Pomaretto. Spesso arrivavano
i tedeschi con le loro pretese;
perquisivano dappertutto,
davano ordini difficili da eseguire: fare le liste degli ostaggi 0 di quelli che dovevano
fare la guardia ai ponti.
Per tutta la vita ho tenuto
un diario personale e a quel
tempo scrivevo i miei pensieri su un’agendina che riportava un versetto per ogni
giorno e che, ironia della
sorte, si intitolava “Parole di
allegrezza”. Il libretto era piccolo e lo portavo sempre con
me, attenta a nasconderlo
sotto i vestiti non appena
comparivano i soldati tedeschi. Su quel Natale di guerra
ho scritto: “Natale è trascorso
non lietamente, certo, ma
SEGUE A PAGINA III
8
PAG. Il
E Eco Delle ¥ìlli ’^àldesi
VENERDÌ 24 DICEMBRE 1993
A colloquio con Giampiero Di Piazza, amministratore delegato dell'azienda
Una stagione di innovazione tecnologica
nel futuro della Società talco Val Chisone
Paesaggio invernale a Massello (foto Marauda)
APPALTATI I LAVORI PER L’EX CINEMA PRIMAVERA — I lavori di ristrutturazione del maneggio Baralis di
Pinerolo (ex cinema Primavera), per l’importo di 400 milioni, sono stati appaltati dalla Direzione del genio militare
di Torino alla ditta Pale di Savona. L’inizio dei lavori è
previsto per il febbraio del prossimo anno.
ASSEMBLEE SUL BILANCIO — L’amministrazione comunale di Pinerolo ha deciso di organizzare assemblee
pubbliche per raccogliere idee e proposte dei cittadini in
vista della predisposizione del bilancio comunale per il
prossimo anno. Alle riunioni parteciperanno l’assessore al
bilancio Buffa, funzionari e altri assessori. I prossimi incontri si svolgeranno martedì 28 dicembre alle 21, presso il
Centro sociale di via Lequio e mercoledì 29, sempre alle
21, all’ex cappella Tabona.
PRG DI PINEROLO IN UN OPUSCOLO — È stato predisposto dall’amministrazione comunale di Pinerolo un opuscolo esplicativo sul nuovo piano regolatore nell’intento di
coinvolgere la cittadinanza nelle scelte relative. L’opuscolo
contiene le modalità per poter presentare eventuali osservazioni e proposte di pubblico interesse tese a modificare la
normativa o la cartografia: per questo è corredato da una
tavola in scala 1:10.000. L’opuscolo sarà in distribuzione
gratuita a partire dal 23 dicembre presso il municipio e le
edicole della città.
PALAGHIACCIO: APERTURA PARZIALE — È final
mente tornato il ghiaccio sulla pista di via Filatoio a Torre
Pellice, ma il pubblico non potrà ancora usufruirne. In attesa di ultimare i lavori di ammodernamento e di andare a un
affidamento gestionale, la Comunità montana ha deliberato
la scorsa settimana di concedere la pista in uso gratuito
all’H. C. Valpellice fino al 15 aprile per la sola attività
agonistica e per gli allenamenti. Potranno inoltre essere organizzati corsi di pattinaggio per gli alunni delle scuole
della valle. L’uso riguarda esclusivamente la pista e gli
spogliatoi escludendo quindi sia le tribune che altri settori
dell’impianto. Non sarà dunque concesso l’ingresso al pubblico né come spettatore né per il pattinaggio. La concessione viene a risolvere, almeno in parte, un problema legato al mantenimento in vita di un’attività sportiva che rischiava di essere gravemente compromessa in caso di un
ulteriore anno di inattività.
Le recenti proposte della direzione della Talco Val Chisone di ristrutturare l’attività
estrattiva nelle Valli ci ha indotti a fare il punto su questa
attività che ha una tradizione
consolidata e che rappresenta
ancora un significativo polo
occupazionale; lo facciamo
con l’amministratore delegato,
ing. Giampiero Di Piazza.
- Qual è la consistenza attuale dell’attività mineraria in
vai Germanasca?
«Nelle tre miniere in attività
stimiamo di avere riserve per
20.000 tonnellate al cantiere
55 della Gianna, per 30.000
al cantiere Gianna 60 e per
200.000 tonnellate a Crosetto
1. Al livello 60 della Gianna
verranno sospese le coltivazioni in quanto il talco presente non è al momento economicamente coltivabile».
- Fàiò dirci qualcosa circa la
produzione nel tempo?
«Siamo passati, a titolo di
esempio, da una produzione
nel 1972 di 47.548 tonnellate
con 306 addetti alle 44.175
tonnellate del 1992 con 124
addetti; siamo dunque di fronte ad una produttività media
apparente che è passata da
155 tonnellate a persona a
356 dello scorso anno».
- Qual è oggi la consistenza
degli addetti?
«Attualmente in miniera sono occupate 118 persone di
cui 108 operai; l’età media
dei dipendenti è di 38 anni,
mentre per quanto riguarda la
scolarità fra gli intermedi e
gli operai abbiamo in maggioranza licenze medie, ma
anche molte licenze elementari. Il 98% del personale risiede nel territorio della Comunità montana valli Chisone e
Germanasca. La Talco vai
Chisone occupa in totale 188
dipendenti».
- Di fronte alle difficoltà
derivanti dalla forte concorrenza estera e dalla grave crisi
internazionale, l’azienda ha
deciso di ristrutturare attraverso un piano triennale; 75 sono
gli esuberi dichiarati e di essi,
PIEMONTE COMPUTER
Costruzione «KING» il computer che nasce a Pinerolo
Grande esposizione self Service
VIA TORINO 13/3 - ROLETTO TEL. 0121/54.27.96/5
ORARIO: 8,30-12,30; 15-19,30 -APERTO ANCHE AL SABATO
Il trenino In uscita da uno degli stabilimenti minerari
secondo gli accordi raggiunti
lo scorso 16 dicembre, una
parte lascerà la società a partire dall’inizio del ’94. Ma la
ristrutturazione passa anche
attraverso l’apertura di nuove
gallerie; quali sono i tempi e i
progetti?
«A Crosetto si sta aprendo
una galleria di 700 metri di
lunghezza per raggiungere un
giacimento stimato in 300.000
tonnellate; entro la fine del
1995 la miniera entrerà a regime normale di produzione.
Una seconda miniera da
mettere in produzione si trova
a Rodoretto. La campagna di
sondaggi ha permesso di individuare un giacimento di considerevole potenza (almeno 1
milione e mezzo di tonnellate).
Saranno necessari ancora lavori di preparazione prima di
iniziare la coltivazione, prevista per l’inizio del millennio.
Ci sono per altro ragionevoli
speranze che le riserve siano
destinate ad aumentare».
- Fra le innovazioni che intendete introdurre ci sono anche nuove tecnologie?
«L’obiettivo è di abbandonare il sistema tradizionale
che prevede l’uso dell’esplosivo per un sistema di abbattimento meccanico, ritenuto
più idoneo sia sul piano della
produttività che dei costi, per
non parlare della sicurezza. Si
stanno esaminando le possibili scelte e ipotizziamo di definire il sistema più idoneo entro il ’94. Questo sistema entrerà sicuramente in funzione
a Rodoretto e probabilmente
a Crosetto 2; si tratterà comunque di tecnologia di avanguardia».
- Ha citato la questione della sicurezza; può dirci qualcosa di più?
Chiu(Je i battenti il Centro ippico «La sella>
Non è semplice
«essere a cavallo»
ANDREA MELLI
Con lo scioglimento della
cooperativa e la conseguente vendita di tutti i beni
di attività, ha chiuso definitivamente i battenti il Centro
equituristico «La sella» di
Villar Pellice. La notizia ha
colto di sorpresa non poche
persone in valle perché sembrava non vi fossero grossi
problemi nella conduzione
dell’attività e non mancavano
progetti e prospettive per il
futuro.
L’idea di creare un centro
equituristico a Villar Pellice
venne a un gruppo di persone
nell’autunno del 1988: i locali idonei furono individuati in
una serie di stalle costruite
all’inizio degli anni ’70 con
contributi regionali e nelle
quali un’altra cooperativa
aveva gestito un allevamento
di bovini fino al 1984. Con
l’acquisto dei primi cavalli,
di razza «meherens dei Pinerei», avvenuto nel maggio
dell’89, si diede inizio all’attività.
L’attività consisteva essenzialmente nell’organizzazione di passeggiate, trekking,
corsi di equitazione e pensionamento di cavalli. 11 successo iniziale dell’iniziativa aveva fatto salire a 30 il numero
dei soci e si era prospettato
per il futuro l’illuminazione
del maneggio esterno, la costruzione di un nuovo maneggio interno e la realizza
zione di una struttura ricettiva con ristorante e posti letto
adatta ad ospitare comitive
partecipanti a corsi organizzati; era stata avanzata anche
l’ipotesi di organizzare corsi
in collaborazione con le
scuole.
1 progetti riguardanti i maneggi erano già in fase di realizzazione ed erano stati costruiti dei box esterni per il
ricovero dei cavalli, quando
il 3 dicembre la cooperativa è
stata sciolta. Al dottor Gurrieri, segretario comunale,
che ne è stato il presidente
per tre anni, abbiamo chiesto
le ragioni di questa decisione. «Indubbiamente - ha detto Gurrieri - abbiamo registrato un calo di clienti; inoltre alcuni soci non potevano
più dedicare molto tempo al
Centro, per cui si prospettava
per i rimanenti un carico di
lavoro troppo oneroso».
Come verranno utilizzate
le strutture? «Dipende dalla
volontà del Comune, che ne è
diventato proprietario nel luglio 1992. Pare che un commerciante di Poirino sia interessato a sfmttare i locali per
attività di pensionamento dei
cavalli.
Comunque per me questa
esperienza è stata molto positiva sotto ogni punto di vista,
e credo che nel corso di questi anni siamo anche riusciti a
dare un piccolo contributo allo sviluppo del turismo in
valle».
«È questo un aspetto che ci
sta particolarmente a cuore.
L’obiettivo è di avere zero incidenti sul lavoro. Consapevoli che l’obiettivo è ambizioso e difficile, non lesiniamo
sforzi per ottenerlo. A dicembre ’90 l’indice di frequenza
era di 45 per 200.000 ore di
lavoro e, nell’ottobre ’93, è
sceso a 7,8. E un dato che deve ancora migliorare e di
molto; del resto in altre miniere del gruppo, sia in America che in Europa la situazione è decisamente migliore».
- Dunque la Società talco
Val Chisone si colloca all’interno di una società che ha
una dimensione mondiale?
«Effettivamente la nostra
società si situa all’interno del
Gruppo Luzenac con miniere
in Austria, Francia, Spagna,
Usa e Canada, a sua volta
membro del Gruppo Rtz, primo produttore mondiale nel
settore minerario. Dal 1° gennaio cambieremo la denominazione sociale in Luzenac
Val Chisone spa, proprio per
meglio identificare la nostra
appartenenza al gruppo».
Dunque il talco ha ancora
un futuro in vai Germanasca,
malgrado la forte concorrenza di paesi estrattori e delle alternative naturali e sintetiche;
il gruppo di cui la Talco vai
Chisone fa parte produce circa
il 55% del totale mondiale
ma, come dimostrano gli investimenti in programma, non
intende rinunciare alle produzioni valligiano.
Fino al 31 dicembre —
LUSERNA SAN GIOVANNI: presso la sala mostre ,
del palazzo comunale in via
Ex deportati e internati 20 è allestita la mostra di Nino Parola «Iperrealista»; la mostra è
aperta nei giorni feriali.
Giovedì 30 dicembre —
TORRE PELLICE: presso il
circolo culturale Nautilus in
piazza San Martino 6, alle
21,30 Slep and thè red house,
spettacolo con Beppe Cañavero
alla batteria, Alberto Marsico
al basso. Sai Bonassoro all’armonica e Slep alla chitarra.
Domenica 2 gennaio —
TORRE PELLICE: alle
20,45 presso il tempio valdese,
concerto della Fisorchestra
del chierese.
Fino al 6 gennaio —
RORA: in occasione delle iniziative proposte per Rorà in
festa, martedì 28 dicembre alle
21, serata di diapositive sugli
Usa nella sala comunitaria;
giovedì 30 dicembre alle 21
fiaccolata dal Bric, neve permettendo, con il vin brulé offerto dagli alpini. Domenica 2
gennaio alle 15 presso il Koliba al Bric, premiazione degli
alunni della scuola elementare
per il «concorso disegni».
Mercoledì 5 gennaio, presso il
Koliba si terrà una «Veglia
verde».
Fino all’8 gennaio —
TORRE PELLICE: prosegue
la mostra di sculture in legno
di Albino Pons presso la sede
della Pro Loco, in via Repubblica 3; la mostra è aperta al
pubblico da martedì a sabato.
Fino all’ll gennaio —
TORRE PELLICE: presso
l’Hôtel Centro, in via Caduti
per la Libertà, è esposta una
scelta di acquerelli di Wilma
Roberto Dalla Pria.
9
\/F.NERDÌ 24 DICEMBRE 1993
E Eco Delle Aàlli \àldesi
PAG. Ili
Il centenario della società corale «Il Risveglio» della Chiesa valdese di Prarostino - 2
La corale: un^attività e un punto dì forza
del modello dì chiesa anche per Poggi
Nelle chiese delle Valli, se
volessimo, potremmo festeggiare centenari e anniversari
vari senza fine, perché la
realtà delle nostre chiese è
composta da molti elementi;
stabili, attività, opere diaconali, avvenimenti storici. Visto che la gente delle nostre
chiese si impegna con grande
generosità quando si tratta di
organizzare una festa o delle
attività in un’occasione particolare, c’è il rischio che queste feste commemorative diventino lo strumento per attivare la vita della comunità e,
di conseguenza, che la commemorazione diventi retorica
più o meno vuota.
Perché celebrare il centenario della corale? Non è che la
gente di Prarostino canti soltanto dal 1893 in poi. Il canto
è un’espressione della nostra
cultura europea da sempre, è
espressione della cultura
umana; il canto comunitario
nel culto è caratteristica delle
chiese protestanti sin dai
tempi della Riforma del ’500;
nelle nostre ricerche sulla
storia della corale abbiamo
scoperto che già nel 1880 esisteva a Prarostino (come probabilmente in altri paesi delle
Valli) una Société de chant.
Nasce quindi la domanda:
Che senso ha che noi diamo
particolare importanza al
1893, l’anno in cui è stata
fondata la corale o, come
probabilmente è stato, in cui
la Société de chant si è trasformata nella corale della
chiesa?
L'attività della chiesa
Le attività in cui si esprime
la vita di una chiesa sono state
in fondo sempre le stesse: una
comunità protestante ascolta
la parola di Dio, prega, canta,
tramanda la sua fede e fa diaconia. Non i contenuti, soltanto la forma cambia con il passare del tempo, e la forma è
dettata dallo spirito del tempo. Il centenario della corale,
quindi, sarebbe un centenario
fasullo; se guardiamo soltanto
al fatto che nella chiesa si
canta, diventa invece lo spunto per una riflessione interessante; se ci chiediamo: come
mai 100 anni fa, nelle chiese
delle Valli, nasce il bisogno di
fondare delle corali? Perché
non andava più bene che
ognuno cantasse, come poteva, nel culto domenicale?
Il risveglio
La corale di Prarostino è
stata fondata con il nome «Il
risveglio». Il Risveglio dell’800 è stato un movimento
all’interno delle chiese protestanti che ha trasformato
profondamente la vita delle
chiese in tutta l’area protestante. Come tutti gli esseri
viventi, questo movimento ha
due genitori: da un lato il Risveglio è figlio della lotta
contro la modernità in difesa
del vecchio, esistente, minacciato dai cambiamenti; d’altro
lato è figlio della modernità
stessa. Il Risveglio cercava di
difendere la fede cristiana e le
chiese contro le novità rivoluzionarie in campo politico,
economico, scientifico e filosofico che caratterizzano
l’800 e che minacciavano la
verità della fede cristiana e lo
ha fatto, consapevolmente o
inconsapevolmente, basandosi su una categoria fondamentale della modernità.
Con rilluminismo, l’essere
umano come individuo era
emerso. Il vecchio modello
La società corale «Il Risveglio» nel 1905
della chiesa riformata in cui il
paese e la chiesa coincidevano (la Ginevra di Calvino),
modello coraggioso per non
dire utopico di una società
protestante, era stato frammentato dal nascente individualismo. Come si poteva allora, nelle condizioni cambiate, salvare l’incidenza della
fede sulla globalità della vita?
Come soluzione si presentava
la proposta rivolta al singolo
di consacrare la sua vita alla
fede in Gesù Cristo. I singoli
però sono diversi e hanno
delle esigenze diverse, sono
uomini e donne, giovani vecchi, bambini e adulti, sanno
cantare o sono stonati eec.; in
più il singolo credente, alle
Valli in particolare dopo il
1848, deve affrontare il mondo non protestante, deve avere gli strumenti culturali per
non soccombere in questo
confronto.
Il modello di chiesa
Nasce qui il modello di
chiesa che si esprime nelle
sue varie attività: la corale ne
è soltanto una, ci sono le attività per bambini e giovani,
c’è l’Union des jeunes filies.
DALLA PRIMA PAGINA
la filodrammatica, l’Union
des mères ecc. La chiesa che
non era più automaticamente
la totalità del paese cercava di
coinvolgere il maggior numero di persone di cui la comunità si componeva. E ogni attività della chiesa acquista,
almeno un po’, il carattere di
culto; il culto si avvicina
aH’individuo. La domenica
pomeriggio all’Unione femminile ci sono donne che la
mattina non erano venute al
culto. Il perché è semplice:
«Sa, il pastore X mi ha detto
che se il pomeriggio vengo
all’Unione, non c’è bisogno
che la mattina io venga al
culto.» L’attività sostituiva in
una certa misura la partecipazione al culto domenicale. Il
rischio, ormai quasi realtà, è
che il culto domenicale diventi un’attività accanto alle
altre.
La corale
La corale è una delle attività di questo nuovo modello
di chiesa. Il canto nelle chiese
protestanti aveva sempre, accanto all’essere preghiera e
lode, uno scopo catecheticodidattico. Sulla base della
nuova spiritualità del Risveglio nasceva una nuova serie
di inni; la comunità non canta
più «Destati o popolo dei santi», ma canta «Io t’amo ineffabile Gesù Redentor» e
«Quante volte all’incerta coscienza». «Io» dice l’individuo, la coscienza, è una categoria individuale. La nuova
spiritualità era basata sulla fede individuale, sull’impegno
personale; le corali erano lo
strumento per introdurre i
nuovi inni e con essi un nuovo linguaggio nelle comunità.
In più, nell’800 la cultura
comincia ad essere non più il
privilegio dei nobili e benestanti soltanto, ma diventa un
bene desiderato e cercato da
molti. Passiamo ad esempio
in quell’epoca dai piccoli teatri di corte ai grandi teatri
dell’opera delle città con i
cambiamenti nella tecnica del
canto e dello stile musicale
che ne conseguivano; arriviamo a Giuseppe Verdi che doveva fare attenzione che il
popolino delle città non fischiettasse certe melodie delle sue opere prima della prima, nelle viuzze e sulle piazze. La Chiesa valdese seguiva
con attenzione e speranza gli
sviluppi politici dell’unificazione dell’Italia e della democratizzazione della società. Il
periodo storico si esprimeva
nella nascita di un genere musicale particolare: i canti storici e patriottici valdesi, che
presentano una delle poche
espressioni musicali autenticamente valdesi per cui rimarranno per sempre riservati
al repertorio delle corali vaidesi. Questi canti hanno qualcosa di operistico, rendono se
sono cantati bene a quattro
voci. Ancora oggi questi canti
fanno vibrare le corde
dell’anima valdese, anche del
credente tiepido. Le corali
erano lo strumento che sviluppava questa espressione
della cultura valdese.
IL SIGNIFICATO DEL RICORDO
LA CHIESA
DI TUnO IL PAESE
KLAUS LANGENECK
La festa del Centenario è
stata lo sguardo riconoscente sul passato. Fino ad
oggi la corale è stata uno
strumento utile della chiesa,
fino ad oggi il modello di
chiesa regge ancora, più o
meno. Se questo modello di
chiesa abbia mai funzionato
veramente, non lo saprei dire.
I ricordi dei più anziani suggeriscono di sì? Sappiamo
anche che i ricordi non sono
sempre fedeli alla realtà passata. L’individualismo, l’impegno personale su cui si basa questo modello risvegliato
di chiesa, contengono in fondo già in partenza la possibilità che il singolo ritiri il suo
impegno, una possibilità di
cui oggi molti fanno uso; oggi questo modello di chiesa è
in crisi.
La chiesa che cercava di
realizzarsi attraverso le sue
varie attività per coinvolgere
tutti e per mantenere così, sotto le condizioni di una cultura
individualista, l’estensione e
l’importanza sociale della
vecchia chiesa riformata, si è
trasformata in un altro tipo di
chiesa: la comunità è composta da un nucleo di persone
impegnate nelle varie attività
e da una grande periferia di
persone poco o per niente
coinvolte. La frontiera tra
questi due gruppi è la volontà
personale di impegnarsi o meno, e questa frontiera si apre
soltanto difficilmente a causa
dell’irritazione degli attivi nei
confronti della periferia perché pochi devono fare tutto.
Vista la mancanza di contatto
con la vita della chiesa il periferico si sente estraneo, incapace di orientarsi. Il rischio in
questa situazione è che la
chiesa esaurisce le sue forze,
gli attivi si stufano, i gruppi
non si rinnovano.
Come uscire da questa situazione precaria? Noi tutti
dovremmo usare la nostra
fantasia, la nostra intelligenza
e il nostro coraggio per proporre e per provare delle soluzioni. Una cosa è però chiara: noi siamo figli del modello risvegliato di ehiesa, ma
siamo anche nipoti del vecchio modello della chiesa
riformata; non dobbiamo cedere alla tentazione di trasformarci in una setta di impegnati e giusti, ma dobbiamo
avere il coraggio di voler essere la Chiesa valdese di tutta
Prarostino, di tutta Torre Pellice ecc., siamo anche la chiesa dei tiepidi, e quindi le porte della vita della chiesa devono rimanere aperte. Perché
la periferia si accorga che noi
siamo la chiesa di tutto il paese e che le porte sono aperte,
occorre ricompattare il nucleo
della comunità e creare la
collaborazione tra le varie attività. Il culto, la giornata comunitaria, il bazar devono diventare i momenti in cui le
attività si incontrano, e forse
allora sperimenteremo che
non è così pesante promuovere tutti insieme la vita della
chiesa. E forse allora trasmetteremo a quelli della periferia
il sentimento che partecipare
alla vita della chiesa, attraverso una delle attività, è in primo luogo una cosa utile e
soddisfaeente e che per questo ci impegniamo volentieri.
Proprio nella nostra società di
massa, in cui l’individualismo viene usato come illusione che nasconde il fatto che
ognuno di noi rischia di essere una rotellina interscambiabile e trascurabile della grande macchina, la proposta della comunione, della collaborazione e della condivisione
potrebbe essere attraente.
Non la possiamo fare seguendo alla eieea i modelli di ieri,
la dobbiamo fare per le persone di oggi. In questa nuova
prospettiva le corali possono
essere uno strumento utile.
L'annuncio di «pace in terra» tra la paura, la fame, la guerra e la speranza del nuovo
nella pace familiare! Abbiamo fatto pranzo tutti insieme
(Mimi con le sue sorelle,
ndr) ma ognuno aveva portato con sé il suo menu. Ieri
pomeriggio sono stata ai Cerisieri (borgata alta di Pomaretto, ndr) dove alle sei ha
avuto luogo la festa dell’albero con partecipazione di
quasi tutti i peumiassin e i
bambini in massa; le recite
sono state dette bene e ascoltate in silenzio; ha seguito la
tradizionale... seconda parte
del programma, quest’anno
diverso dagli anni scorsi!
Torte, torcetti, panettoni di
fabbricazione locale. Tutto
ben riuscito e gustato! I tedeschi hanno fatto l’albero in
piazza domenica sera, vigilia
di Natale”».
Silvio Bertin, oggi pensionato, in passato sindaco di
Angrogna: «Quando qualche
giorno fa, all’imbrunire, ho
visto le luci di un albero di
Natale, uno dei primi del ’93,
mi sono reso conto di quanti
ne ho già festeggiati.il mio
pensiero è subito corso agli
anni della mia infanzia in
quella scuoletta Beckwith al
Prassuit Vemé, alla mia maestra, Mariuccia Rivoira, che
addobbava l’albero con i più
grandicelli; poi ho pensato
agli anni successivi, ancora
allegri dell’Unione giovanile,
della corale. Ma ben presto
sono andato col pensiero al
periodo triste della guerra.
Nell’autunno del ’43 si era
sperato in un Natale migliore,
ma purtroppo non è stato così. Molti giovani sbandati dopo l’8 settembre erano passati nelle bande partigiane, altri
avevano trovato rifugio nelle
famiglie. Noi più fortunati ci
eravamo trovati vicino a casa
e siamo riusciti a sfuggire a
quei rastrellamenti che portavano ai campi di concentramento.
Così quel Natale trascorse
con la paura delle bombe e
dei tedeschi; non si osava
dormire in casa: nemmeno
l’abbaiare dei cani era un sufficiente segnale dell’eventuale arrivo dei tedeschi, così
come non ci si fidava a dormire nei solai da quando avevano cominciato a bmciare le
case. Per non parlare del cibo, razionato con la tessera e
di pessima qualità; per fortuna avevamo un po’ di grano,
patate e castagne. Quel giorno sarei andato volentieri ad
udire il sermone del pastore
Arnaldo Comba, ma era pur
sempre un rischio... anche se
era Natale».
Marcella Gay, insegnante:
«Il Natale del ’43, insieme a
quello del ’44, è stato il più
triste della mia ormai lunga
esistenza. Da mesi non sapevamo più nulla di mio padre
caricato con altri militari su
un vagone piombato con destinazione ignota. L’anno
precedente ero diventata tisica per la penuria di cibo; ero
disoccupata; mi disperavo di
poter fare così poco per la
mamma distrutta dall’ansia
per la sorte di papà e per la
mia sorellina di sette anni che
ascoltava come una fiaba incredibile il racconto di tempi
in cui si poteva entrare in panetteria e comprare tutto il
pane che si voleva, anche un
chilo!
Andavo in bicicletta fino a
Bobbio per scambiare un fiasco del nostro vino con un
fiasco di latte. Ma tutto questo era niente di fronte alla
continua paura, alla violenza,
ai ricatti (tenevamo nascosto
in casa l’attendente di papà),
al terrore di lasciarci trascinare anche noi dall’odio. Ricordo con riconoscenza la
predicazione di Capodanno
del pastore Luigi Marauda
sul testo di Paolo “perseguitati, ma non abbandonati”.
Oggi, ripensando a quei
giorni, mi vergogno e mi sento colpevole; forse perché
avevamo fretta di dimenticare, forse per malinteso senso di pudore, la mia generazione non ha saputo testimoniare abbastanza efficacemente ai più giovani che cosa
sia stato realmente il fascismo, il clima di oppressione,
di retorica, di violenza in cui
siamo cresciuti, non immaginando neppure un mondo in
cui si potessero avere opinioni diverse, comunicare con il
mondo esterno, ribellarsi
all’arbitrio dei potenti».
Arnaldo Genre, pastore
emerito, a quel tempo in servizio a Frali e Rodoretto:
«Pensando al Natale di
cinquant’anni fa devo ripensare ai momenti vissuti nelle
settimane precedenti, e in
particolare al mattino del 16
settembre, quando improvvisamente tre carri armati carichi di SS e di fascisti arrivarono sul piazzale di Ghigo di
Prali. Il presbiterio fu in breve circondato nella speranza
di catturarmi e di impiccarmi
all’albero che era vicino alla
fontana. Mi gettai nel canale
del mulino e lì stetti ad aspettare; dopo circa un’ora potei
uscire da quella imbarazzante
posizione. Nella notte varcai
il colle Galmount e scesi nel
vallone di Rodoretto dove
trovai grotte per ripararmi dal
freddo e dal maltempo; nel
mese di gennaio arrivarono
finalmente i partigiani a Prali
e con loro vissi fino alla Liberazione esercitando, quando lo potevo, la funzione di
cappellano.
Il Natale del ’43 lo trascorsi a Maniglia con mia madre
a la famiglia di mio fratello;
in me coabitavano due sentimenti: quello della gioia per
essere insieme ai miei cari e
quello della tristezza per essere lontano dalle mie comunità. Ricordo che verso le
11 presi r Evangelo e lessi il
racconto della nascita di Gesù, poi anche una pagina del
“Più presso a te. Signor” di
Giovanni Miegge sull’amore
di Dio incarnatosi nel suo figlio Gesù Cristo. In un tempo
come quello sembrava forse
strano sentire parlare di amore, ma in quel nostro breve
culto di famiglia ci apparve
più chiara che mai l’attualità
dell’amore di Dio, proprio
nelle difficoltà e miserie
umane».
hanno collaborato
Carmelina Maurizio,
Andrea Melli,
Paolo Ribet
10
PAG. IV
Alimentazione e mangiare sano
La ciotola
d^argilla
VALERIA FUSETTI
Apple sauce
In questo numero ho pensato di darvi la ricetta di una
salsa di mele che viene
dairirlanda, la appiè sauce,
e anche questa può accompagnare degnamente arrosti,
tacchino e cappone.
Ingredienti: (per 6 persone) 500 granutii di mele; 30
grammi di burro; 30 grammi di zucchero; un buon
pizzico di noce moscata
grattugiata; sale.
Procedimento: pulire le
mele e tagliarle a quarti,
metterle in una casseruola
con mezzo bicchiere d’acqua, coprire e far cuocere a
fuoco basso. Quando saranno tenere, passatele con il
passaverdura, usando i buchi più fini. Aggiungete il
burro, lo zucchero, la noce
moscata e un pizzico di sale. Mescolate il tutto e rimettete sul fuoco a riscaldare a fuoco dolce. La salsa va
servita bollente; la raccomando soprattutto a chi ha
problemi di dieta perché i
suoi valori nutrizionali sono
nettamente inferiori rispetto
alla salsa di mele indiana.
Stolien 0 pane di Natale
Per una mia amica tedesca il Natale profuma di
cannella: è infatti il profumo che imperava nella cucina della sua nonna materna.
I piccoli e grandi dolci tradizionali venivano riposti,
man mano che uscivano dal
forno, sulla credenza in scatole di latta. Biscottini
all’anice, pani di spezie profumate Oebkuchen), bretzels e soprattutto il pane di
Natale (stolien) venivano
poi distribuiti a grandi e
piccini durante le festività.
Ingredienti (per 6 persone): 300 gr di farina; 10
grammi di lievito di birra;
250 grammi di burro; 2 uova; 85 grammi di zucchero;
50 grammi di zucchero a
velo; 1 decilitro di latte;
100 grammi di uvetta; 50
.grammi di mandorle sottili;
scorza d’arancia grattugiata; 1 decilitro di rum; sale.
Procedimento: mettere a
macerare la scorza d’arancia e l’uvetta nel rum. In
una capace terrina mettere
la farina, fare un buco nel
mezzo in cui vanno messi il
lievito di birra, lo zucchero,
un pizzico di sale, il latte e
il burro ammorbidito. Impastare molto bene e quando
l’impasto è liscio ed elastico
aggiungere la scorza d’arancia, l’uvetta e il rum. Impastare ancora e poi aggiungere le mandorle tagliate a
striscioline.
Lavorare ancora bene
l’impasto e dare la forma di
un pane di campagna.
Appoggiarlo su una placca
imburrata e spennellarlo
con il burro fuso. Cuocere
nel forno già caldo a 180°
per 30-40 minuti e poi alzare al massimo per altri 20
minuti. Dopo la cottura cospargere il pane con lo zucchero a velo.
Cinema
TORRE PELLICE: Il cinema Trento ha in programma per
giovedì 23 dicembre alle 20,30
Dennis la minaccia, venerdì 24
riposo; sabato 25 alle 16, 18,20 e
22,10 Dennis ia minaccia; domenica 26 alle 16, 18,20 e 22,30,
lunedì 27 e martedì 28 alle 21,15
Cliffhanger.
BARGE: Il cinema Comunale ha in programma per venerdì
24 dicembre e sabato 25 alle 15,
17, 19 e 21 Dave, presidente
per un giorno; domenica 26 e
lunedì 27 alle 15, 17, 19 e 21
L’uomo senza volto; martedì 28
alle 19,30 e alle 21 Eddy e la
banda del sole luminoso; mercoledì 29 e giovedì 30, alle 21,
piccolo grande amore.
PINEROLO: La multisala
Italia fino a lunedì 27 dicembre
propone nella sala «5 cento»
Aladdin: feriali 20,15 e 22,20,
preferiali 20,15 e 22,30, festivi
14.15, 16,15, 18,15, 20,15 e
22,30. Nella sala «2 cento» Anni
’90 parte II; feriali 20 e 22,20;
prefestivi 20 e 22,30, festivi
15.15, 17,30, 20 e 22,30.
croci ugonotte in oro e argento
bomo
di tesi & delmastro
via trieste 24, tei. 0121/ 793117
pinerolo (to)
E Eco Delle %lli ¥ildesi
Un convegno sui trasporti organizzato a Pinerolo dal Pds
Viabilità^ questione complessa
VENERDÌ 24 DICEMBRE 1993
________MARCO HOSTAN_________
Anche per quanto riguarda
la miglior soluzione dei
problemi locali, il Pds prende
sul serio la responsabilità di
governo a cui potrebbe essere
chiamato nell’ambito di uno
schieramento progressista dopo le prossime elezioni. Non
ci si limita a dire «il confronto va fatto sui programmi»
ma si prova a presentarli,
questi programmi, per ragionare, recepire critiche e suggerimenti. In questo quadro a
Pinerolo si è discusso di
«Trasporti e viabilità nel Pinerolese al servizio dello sviluppo e nel rispetto dell’ambiente».
Introducendo la serata Danilo Rivoira, del Pds della vai
Pellice, ha sintetizzato la lista
delle questioni su cui il Pds
intende impegnarsi: ripristinare un organismo sovracomunale (come i comprensori)
che permetta di ragionare
sull’insieme del territorio;
completare l’autostrada Pinerolo-Torino; modificare l’attuale confluenza di tutte le
strade a raggiera su Torino, in
particolare con la costruzione
della «pedemontana» tra
Biella e Cuneo; in vai Chisone bloccare la folle idea di un
tunnel sotto il Sestriere e
risolvere al più presto gli attraversamenti di Porte e Perosa, migliorando i trasporti
pubblici soprattutto per Prali,
Pragelato e Usseaux; per la
vai Pellice realizzare i ponti
fra Vigono e Cavour e Garzigliana e Macello, da anni in
lista di attesa, per snellire il
traffico con il Saluzzese e
avere un’alternativa nel tra
Radio Beckwith
Culto di Natale
in diretta
Radio Beckwith (fm
91,200 e 102,350) trasmetterà
in diretta il culto di Natale dal
tempio valdese di Torre Pellice; predicazione del past.
Claudio Pasquet.
Nel pomeriggio, alle 18,
verrà messo in onda il culto
natalizio della sera precedente al tempio di Pradeltorno
con la partecipazione della
corale valdese di Angrogna.
gitto verso Torino; oltre Bibiana realizzare la parte di asse di valle che superi gli abitati di Lusema, Torre e Villar, definire il piano di sviluppo transfrontaliere con il
Queyras e, solo dopo, valutare se e di qual tipo debba progettarsi un tunnel, comunque
non di tipo intemazionale ma
come comunicazione interna
ad un’area omogenea; per il
treno, da misure minime ma
attuabili subito, come la fermata in Città di Studi a Pinerolo-San Lazzaro, a impostazioni più generali come l’inserimento della Pinerolo-Torino raddoppiata nella rete
metropolitana torinese.
Dal dibattito sono emersi
dei dubbi: se i mondiali del
Sestriere sono un’occasione
economica difficilmente ripetibile, è miope fare le cose
pensando ai campionati; in
altri luoghi simili, dopo, sono
stati nulli i vantaggi per la
popolazione locale. Ci vuole
un piano d’insieme e soprattutto sapere che cosa si può
fare con pochi soldi: l’autostrada, per esempio, non certo
il traforo a monte di Villanova. Ci si è chiesti se in certi
casi anziché fare nuove infrastrutture non convenga migliorare ciò che esiste già; in
ogni caso è possibile combinare meglio le corse del treno
(negli orari di punta, quando
è pieno) con quelle dei bus,
ottenendo risparmio ed efficienza. Ma soprattutto occorre che la Regione funzioni e
che i soldi non vadano tutti a
Torino o in vai di Susa dove,
fra l’altro, le grandi opere infrastrutturali hanno compromesso l’ambiente senza alcun
vantaggio duraturo sul piano
occupazionale.
CALCIO — Anche domenica scorsa i biancoblù hanno ottenuto i due punti, col minimo scarto (1 a 0), sulla Sarzanese. Attenti in difesa, con Mulato pronto a metterci una pezza in caso
di tiri nello specchio della porta, i ragazzi di Cavallo si sono
portati in vantaggio alla metà del primo tempo con Pallitto che
insacca su punizione. I pinerolesi hanno nel corso della gara alcune buone occasioni ma, proprio nel finale, rischiano qualcosa: in un paio di occasioni gU ospiti vanno al tiro, ma l’estremo
difensore locale si fa trovare sempre ben piazzato. Ora si va alla pausa delle feste; alla ripresa, domenica 2 gennaio, il Pinerolo sarà in trasferta nel derby piemontese contro un Cuneo fin
qui non troppo brillante, soprattutto in difesa.
VOLLEY — Positiva conclusione di 1993 per la pallavolo
pinerolese di Bl. Nel campionato maschile l’Olympus Pinerolo
ha confermato i segni di ripresa già manifestati negli ultimi turni andando vincere sul campo di Portomaggiore con un netto 3
a 0. Al comando del girone, con 16 punti, si conferma il Lecce
Pen Torino, unica squadra a punteggio pieno; la formazione di
Casalis è nel gruppo delle seste a 8 punti. Nella Bl femminile le
ragazze di Mina hanno superato con un altro 3 a 0 il Dim Cafasse, soffrendo un po’ solo nel primo set. In questo campionato
sono al comando Castellanza e S. Croce con 14 punti e le pinerolesi sono quarte a 10. Nel campionato di CI femminile l’Antares, dopo una serie positiva, cade in trasferta con la Sanmartinese per 3 a 1. Nel campionato provinciale femminile under 16
il 3S Nova Siria ha superato il Carignano per 3 a 0. Per il campionato provinciale femminile V divisione, il 3S è stato superato in una partita senza storia dal Grugliasco per 3 a 0. Per il torneo amatoriale femminile «Baudrino» il Pablo Neruda B ha battuto il Barge per 3 a 0. Nel torneo maschile amatoriale «Storello» lo Svet ha superato per 3 a 1 il Volley La Torre, mentre la
Pallavolo Pinerolo ha superato per 3 a 2 II Meridiano.
PALLAMANO — Deludente il fine settimana per le formazioni lusemesi. Nel campionato di serie C femminile il Graphicart è stato superato nettamente in tiasferta con le milanesi del
Ferrarin per 42 a 13 malgrado il buon rientro di Elena Toum.
Pesante anche la sconfitta per la formazione juniores maschile
che a Casale ha subito una sconfitta per 46 a 27; non sono infatti bastate le 10 reti di Camoglio e le 8 di Gaydou a sollevare
le sorti di una squadra apparsa sottotono.
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154.
SABATO 25 DiCEMBRE
Perosa Argentina: Farmacia
Forneris - Via Umberto I, tei.
81205
DOMENiCA 26 DiCEMBRE
San Germano Chisone: Farmacia Tron , tei. 58766
Ferrerò: Farmacia Valietti Via Monte Nero 27, tei.
848827
Ambulanze;
Croce verde, Perosa: tei. 81000
Croce verde. Porte : tei. 201454
USSL 43 - VALPELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
SABATO 25 DICEMBRE
DOMENICA 26 DICEMBRE
Luserna San Giovanni: Farmacia Gribaudo - Via Roma
19 (Airali), tei. 909031
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
USSL 44 - PtNEROLESE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso i distretti.
Economici
ANTICHITÀ, mobili, oggetti
vari privato acquista. Telefonare 0121-40181 dopo le ore 18.
BOBTAILS cuccioli due mesi, pedigree Enei, adatti da
compagnia e guardia, privato
vende. Tel. 0121-55257.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15 -10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolo
n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa:
La Ghisleriana Mondovì
Spedizione in abb. post.
Gr2A/70
B ARATHIER
ELIXIR D’HERBES
Le erbe e i fiori di montagna
secondo l'antica tradizione
Aperitivo Digestivo
Long drink Punch
PRODOTTO da:
BERNARD GIACOMO & FIGLI fabbrica di liquori
Via C. Alberto, 20 - 10060 POMARETTO - Tel. 0121/81277
11
venerdì 24 DICEMBRE 1993
PAG. 7 RIFORMA
RACCONTO DI NATALE
Le contraddizioni della società siciliana verso una nuova vita
NASCERE A SARAJEVO Un solo quarto d'ora a Catania
ROY ROBINSON
Mary am e Josipi si conoscevano sin da bambini
e nessuno si sorprese quando
annunciarono il loro fidanzamento. Sembravano veramente fatti runa per l’altro, lei faceva il tirocinio come infermiera, lui era studente in medicina. A quei tempi non si
badava al fatto che lei fosse
musulmana e lui serbo: a Sarajevo c’era gente d’ogni genere; vivevano porta a porta
nei grossi caseggiati della periferia, compravano negli
stessi bazar, erano cresciuti
nelle stesse scuole. Erano
semplicemente bosniaci, tolleranti verso le diversità etniche, contenti di vivere insieme. Poi le cose precipitarono:
le tensioni etniche del paese
salirono drammaticamente,
scoppiò la guerra.
Improvvisamente Josipi fu
richiamato nell’esercito federale jugoslavo; non sapeva
come dirlo a Maryam. Lei
prese un permesso dall’ospedale e passarono alcuni giorni felici in un paese di montagna ormai semideserto: i
turisti occidentali, che ne
avevano fatto la ricchezza, da
un po’ di tempo erano scomparsi. Tornati a Sarajevo si
separarono in lacrime: Josipi
partì su un camion militare.
Poehi giorni dopo cominciarono le prime cannonate su
Sarajevo. La città fu stretta
d’assedio; dopo qualche settimana Maryam si rese conto
di essere incinta.
All’inizio non ebbe molto
tempo per riflettere sulla situazione: l’ospedale si riempiva sempre più di feriti, i turni
di riposo erano saltati. Non
aveva notizie di Josipi e comprendeva bene che sarebbe
stato quasi impossibile averne: chissà dov’era! Man mano
che passavano le settimane la
paura cresceva e la speranza
si affievoliva: il numero dei
giovani che venivano ricoverati con orribili ferite di armi
da fuoco aumentava di giorno
in giorno. Lavorava e lavorava fra i feriti, molti morivano
e anche la città cominciava la
sua agonia.
Arrivò il giorno in cui
Maryam non potè più nascondere la sua gravidanza, mentre le diveniva sempre più
difficile tenere il ritmo del lavoro in ospedale. La città era
sopraffatta dalla disperazione
e vi furono dei tentativi di
sfuggire al soffocamento
dell’assedio serbo. In un momento di calma dei bombardamenti fu deeiso di tentare
di portar via un gruppo di
donne e bambini su tre vecchi
autobus. Il direttore dell’
ospedale insistè con Maryam
perché si aggregasse a questo
gruppo: tutto andò bene all’inizio, ma una quindicina di
chilometri fuori dalla città,
sull’imbrunire, mentre si avvicinavano a un villaggio, per
una strada ripida che costeggiava un bosco, incapparono
in un blocco. Gli autobus furono costretti a fermarsi e i
passeggeri atterriti si trovarono circondati da soldati serbi
ehe puntavano loro le armi
addosso.
Fra di loro, sorpresa e allarmata, Maryam scorse il suo
fidanzato, Josipi. I loro sguardi si incontrarono, ma non
osarono farsi un cenno di riconoscimento. Josipi notò subito la gravidanza avanzata di
Maryam ed ebbe un tuffo al
cuore: ma cosa poteva fare?
Le donne e i bambini furono
ammucchiati in una capanna
e fu loro ordinato di star seduti e non muoversi. Ricevettero una specie di minestra
Sarajevo: si taglia il ramo dell’albero per avere legna per scaldare
molto liquida e un po’ di pane e furono gettate loro delle
balle di paglia, perché potessero stendersi. Le donne che
avevano necessità di uscire
potevano farlo solo una ad
una, scortate da una guardia.
Giunse il turno di Maryam:
Josipi aveva fatto in modo
che toccasse a lui scortarla.
Quando furono all’aperto le
sussurrò «seguimi!» e cominciarono una corsa a perdifiato
su per la collina. Si infilarono
nel bosco, inseguiti prima da
grida e fasci di luce, poi da
spari che provenivano dal villaggio. Ma ormai erano lontani, nel buio totale.
Maryam era stravolta per
10 sforzo e l’agitazione: senti
un’onda crescente di fitte dolorose, le mancò il fiato e Josipi dovette afferrarla al volo
perché non cadesse: intravvide una capanna a poca distanza dal sentiero, aprì la
porta e gli arrivò un forte
odore di animali. All’interno
individuò con sollievo della
paglia pulita e una lanterna
piena di olio.
Quando si rese conto di
quello che stava accadendo,
ringraziò Dio per le sue cognizioni mediche. Per fortuna
11 parto fu facile e Maryam
diede alla luce un bimbo: fu
un attimo pieno di gioia e di
orgoglio per entrambi, poi
sopravvenne la paura per la
loro situazione. Se li avessero
trovati, Josipi sarebbe stato
considerato un disertore; e
chi avrebbe avuto pietà di
Maryam, una musulmana?
Verso il mattino, molto
presto, sentirono rumore di
motori dal villaggio sottostante. Tenendo Maryam al
riparo, Josipi fece una ricognizione senza abbandonare
la fitta foresta di pini e potè
vedere i tre autobus in movimento ritornare verso la città
assediata; i suoi compagni di
ieri puntavano su Sarajevo.
Tirò un sospiro di sollievo;
ma come poteva fare per portare Maryam in salvo? Il pericolo non era affatto cessato.
Poi sentì altro rumore proveniente dalla direzione opposta, un rumore di veicoli pesanti. La colonna di carri dipinti di bianco con la scritta
UN sul fianco era preceduta
da un’auto su cui sventolava
I una piccola bandiera inglese.
Forse c’era una possibilità:
Josipi si strappò le mostrine
dalla camicia e si precipitò
giù dalla collina gridando
aiuto. I carri puntarono i cannoni verso di lui, il baffuto comandante fece arrestare
il convoglio; in un inglese
stentato Josipi raccontò di
Maryam e della sua situazione. Un sergente medico e due
soldati accompagnarono Josipi su per la eollina.
Quando le luci dell’alba si
irradiarono sulle cime dei pini innevati e sul tetto imbiancato della stalla, il pendio
della collina risplendeva di
una bellezza affascinante; Josipi chiamò Maryam e aprì la
porta. Alla luce del sole che
penetrava nella capanna i soldati videro una giovane donna appoggiata alla paglia che
teneva delicatamente il suo
bimbo al seno. «Per un momento - scrisse uno dei soldati alla moglie, quando ormai Maryam e Josipi si trovavano in un luogo sicuro - solo per un momento, ho pensato che avrei potuto sentire gli
angeli cantare».
DALLA PRIMA PAGINA
bambino come gli altri; tranne per una cosa: dovevi nascere a casa tua, a Nazareth,
magari in una casa benestante, e invece sei nato in una
stalla, perché per te non si è
trovata una stanza; ti hanno
messo in una mangiatoia,
perché non avevi una culla;
non ti hanno ricoperto di fasce profumate di lisciva, ma
ti hanno avvolto in stracci
occasionali.
Per me tutto questo ha un
senso, non è per niente pura
occasionalità. Tu dovevi essere diverso da quello che sei
davvero. Tu avevi e non hai;
tu eri e non sei; tu potevi e
non puoi. Dunque, in un certo senso, hai fatto una scelta.
Lo sai, certi eventi alla nascita degli umani, hanno il valore dei presagi e marcano per
sempre la vita delle persone.
La tua nascita marca la tua
vita in questo mondo per
sempre.
______GIUSEPPE PLATONE_______
Per Natale Maria Catena
ha un solo desiderio: andare a Catania a trovare sua
madre «che vive in manicomio». La storia che mi racconta è lunga e ruota intorno
a un tragico avvenimento che
scosse il paese. Anni fa i due
fratellini di Maria Catena ingerirono dei medicinali scaduti trovati in casa. Ci fu una
folle corsa all’ospedale, ma
nulla da fare: i due piccoli
morirono. A seguito di questa
tragedia la madre dei bambini
periti venne internata in un
ospedale psichiatrico; all’
epoca dei fatti Maria Catena
aveva poco più di tre anni e
fu accolta in una casa delle
suore che la tennero fino alla
terza media. Poi, visto che la
vocazione non arriva. Maria
Catena torna a casa. E qui
scopre d’avere un padre-padrone. «Il giorno di Natale raceonta Maria Catena - mio
padre è capace di andare a
lavorare in campagna, importante è che la sera tornando trovi la cena pronta, altrimenti sono botte».
Oggi Maria Catena ha 18
anni ma i ragazzi non la frequentano: «è figlia della pazza»; anche i parenti si fanno
vedere di rado. Vorrebbe fare
una scappata a Catania per
«stare anche solo un quarto
d’ora da mia madre, portarle
un po’ di clementine (mandarini ndr) e di sfingi (dolci al
miele)». Ma uscire da quella
stanza, anche con l’aiuto
dell’assistente sociale, non è
possibile, è tutto sotto controllo. «Qui tutti sanno tutto,
al minimo rumore per la strada si affaccia la comare».
Il quartiere è povero; le case tutte prive d’intonaco non
sono altro che cubi di tufo
ammucchiati uno sull’altro.
Le viuzze non sono sporche,
quando passi mille occhi ti
scrutano; senti il vociare nei
dammusi (monolocali al piano terra ndr) e chi è seduto
sulla porta di casa comincia a
squadrarti quasi venissi a disturbare questo piccolo mondo ripiegato su se stesso. «E
giusto - dice Maria Catena che chi ha i soldi si faccia la
casa fuori dal paese perché
qui si vive sotto gli occhi di
tutti».
L’oppressione è culturale e
urbanistica: questi paesi
dell’entroterra dell’isola, ab
Glochl di ragazzi in periferia
barbicati su loro stessi, per alcuni non sono altro che una
grande prigione. L’unico vero
spazio di libertà è la piazza,
ma è una libertà al maschile. I
giovani passeggiano, come
ininterrotta transumanza, su e
giù per il corso principale dove si affacciano piccoli bar e
«parruccherie» piene di fumo. Ci sono più gioiellerie
che negozi di alimentari; non
c’è neppure una libreria, abbondano solo le sale di videogiochi; quelli che tornano dal
Nord spesso non si adattano
più a questa sorta di «casbah»
araba, mitizzano nei loro lunghi racconti il Nord efficiente
e produttivo e quando tornano al Nord, dopo le ferie,
rimpiangono il Sud luminoso,
caldo, caotico. È una perenne
schizofrenia. C’è qui una
grande esplosione di umanità
che, da più parti, si è sempre
tentato di contenere, controllare, dirigere e, diciamolo pure, sfruttare. E più quell’umanità è compressa più si colora
di violenza.
Maria Catena, a Natale,
non si muoverà. Aspetterà il
rientro del suo padre-padrone
dai campi. Davanti al televisore, nel suo «dammuso»
è lì come tante altre donne
sole, senza speranza, senza
soldi, senza nessuno anche se
formalmente inserita in un
clan famigliare. Bisognerà
trovare il modo di portare
questa ragazza a Catania ad
abbracciare sua madre, bisognerà liberarla dalla propria
schiavitù, tassello di una
schiavitù sommersa ben più
grande, accettata con fatalistica rassegnazione. Natale do
LEHERA A GESÙ
Che vuol dire questa tua
nascita? Io, caro Gesù, riflettendoci bene ti predico che tu
non sarai fra i grandi della
terra. Non ti faranno sommo
sacerdote. Non ti incoroneranno re, a meno che non lo
facciano per dileggio; non
sarai nemmeno un eroe, anche se tu ti meriti più di tutto
questo. Ma vedi, Gesù, tu sarai ciò che avresti dovuto essere, non perché la vita ti
sarà ingrata, ma per un curioso scherzo della sorte, non
per errore, ma perché tu in
fondo lo hai voluto.
- Tu sarai povero, non
mendicante.
- Tu piangerai, ma non per
disperazione.
- Tu ti indignerai, ma non
per maledire.
- Tu amerai, ma non per
conquistare.
- Tu detesterai, ma non per
odiare.
- Tu avrai fame e sete, ma
vrebbe essere T irrompere del
nuovo di Cristo che libera.
Ma questa liberazione non
giunge a destinazione. Essa è
stata, da troppo tempo, inglobata in una religiosità che
stempera ogni messaggio che
ti insegna ad accettare le cose
così come sono anziché spingerti a cambiare la realtà.
Ogni festa religiosa, tutto il
calendario liturgico, è un passo in più sul cammino della
rassegnazione. Se Cristo non
fosse nato potremmo arrenderci: ma se Cristo vive, anche la speranza di cambiare
vive. E noi con lei.
Viaggio
in Usa
Il Centro culturale valdese di Torre Pellice organizza per il mese di settembre
1994 un secondo viaggio
in Usa.
Chi fosse interessato può
mettersi in contatto con la
segreteria del Centro culturale, via Beckwith 3,
10066 Torre Pellice. Tel.
0121-932566 entro il 15
gennaio 1994.
non perché non hai pane o
acqua.
- Tu sarai torturato come
un terrorista, ma non perché
tu ucciderai.
- Tu sarai condannato, ma
non per le tue colpe.
- Tu morirai, ma la morte
non ti annienterà.
Tu, caro Gesù, sarai povero, tu piangerai, tu ti indignerai, tu amerai, tu detesterai,
tu avrai fame e sete, tu sarai
torturato e condannato, tu
morirai come un pericoloso
assassino, perché questa nuova vita che tu sei oggi in
mezzo a noi deve scontrarsi
con le forze mortali di questo
mondo e dire loro di no. Tu
dovevi essere e non sei, tu
dovevi essere annientato come tutti i dannati della terra,
ma tu non sei un dannato
perché il Padre non vuole la
dannazione della sua creazione. Tu sei nato per smentire
che l’ombra che grava sulla
terra non può sussistere in
eterno, perché tu non sei
quello che dovevi essere per
nascita, ma sei quello che devi essere secondo Dio: luce
delle nazioni e principe di
pace.
Ecco, caro Gesù, questa
tua nascita sembra dire che tu
dovevi essere uno fra i tanti
dimenticati senza storia, eppure tu sei e sarai luce delle
nazioni e principe di pace.
Per questo sono lieto oggi e
so che la mia gioia non sarà
smentita. Benvenuto, piccolo
Gesù; benvenuta aurora del
mondo; benvenuta speranza
delle nazioni. Apri i nostri
occhi a questa luce, plasma
le nostre vite per accogliere
la nuova vita che tu porti, affinché Natale sia annuncio
del tuo avvento, preannuncio
di resurrezione.
Con tanto affetto, la tua
compagnia di amici e discepoli.
12
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 24 DICEMBRE 199.':^
Il rogo degli eretici di Mosca (deciso dal Consiglio dei 1504) in una
miniatura dei XVI secolo
Lo sceneggiato televisivo sulla Bibbia
Abramo, personaggio
che ricerca la fede
ANNA MAFFEI
Abituati ai fumettoni religiosi alla Zeffirelli e ai
classici kolossal hollywoodiani di argomento biblico,
l’atteggiamento di gente come noi, visceralmente legata
alla parola biblica scritta, letta e predicata non poteva che
essere molto guardingo rispetto alla diffusione televisiva, il 12 e il 13 dicembre
scorsi, deir «Abramo» di Joseph Sargent. C’è alla base
del nostro tradizionale scetticismo la consapevolezza
dell’incolmabile gap, di quella distanza fra parola e immagine che è sempre pericoloso
cercare di abbattere quando si
tratta della parola biblica.
Il racconto in quanto tale
resta evocativo, questa è la
sua caratteristica principale.
Questo suo carattere lascia
immutate le potenzialità del
testo di parlare a ogni generazione in modo nuovo. L’immagine invece fissa il testo in
una sua possibile interpretazione irrigidendolo e datandolo: questo è il suo più grande limite.
Inoltre il racconto biblico è
racconto di fede e, allora, come rendere «visibile» questo
tratto essenziale del testo biblico senza scadere nel miracolistico e nel banale?
Il film, primo di una serie
di venti su tutto l’Antico Testamento, il cui allestimento
si prevede si concluderà per il
1996, è stato prodotto dalla
Rai insieme a una società tedesca. la Beta Film, e all’
americana Turner Pictures. Si
inserisce in un periodo di
«fervore» religioso per i mass
media in generale e per le reti
televisive nostrane in particolare. Pare che nel nostro paese
si stia gradualmente affermando l’idea che il religioso
può anche fare audience.
La visione è stata piacevole, coinvolgente, mai stucchevole e perfino a tratti sorprendente per la sua freschezza. Il
primo esame, a cui gli spettatori anche abituali lettori della
Bibbia hanno più o meno
consapevolmente sottoposto il
film, ossia la sua rispondenza
ai testi biblici, senza forzature
né grandi voli di fantasia può,
a mio parere, dirsi superato a
pieni voti. Naturalmente gli
sceneggiatori avevano l’esigenza di colmare vuoti di
informazione per superare la
frammentarietà tipica dei testi
biblici. Ma il tutto è stato fatto a mio parere con delicatezza, senza strafare, con alle
spalle un approfondimento
esegetico e storico-ambientale
molto apprezzabile.
Il pregio maggiore del film
è a mio parere l’aver focalizzato l’attenzione dello spettatore su quel misto di ricercafede-incredulità caratterizzante dall’inizio alla fine il personaggio biblico di Abramo,
ma anche quello della sua
compagna Sara. Questo aver
saputo rendere l’inquietitudine di Abramo, la sua costante
ricerca di guida nelle vicende
quotidiane della sua esistenza,
il suo smarrimento nel silenzio ma anche nella parola di
un Dio sempre al di là, sempre svincolato e inafferrabile,
sempre sovranamente libero
anche nel suo legame privilegiato col suo eletto, è stato
certamente l’aspetto meglio
riuscito del film. Quanto questo successo sia dovuto al lavoro preliminare che ha coinvolto esegeti cattolici, protestanti, ebrei e musulmani, o
alla magistrale regia o al talento dell’Abramo-Richard
Harris e dell’ottima Sara-Barbara Hershey, non saprei dirlo, forse un insieme di fattori.
Ma credo che la prova più
difficile da superare sia stata
la resa scenica dell’episodio
terribile della richiesta di Dio
ad Abramo di sacrificare Isacco. La tensione, palpabile durante tutto il film (come nei
testi biblici), dell’attesa infinitamente lunga del sospirato figlio della promessa da parte
di Sara e Àbramo, i tentativi
precedenti tutti umani di «arrangiarsi» da sé (la nascita di
Ismaele da Agar, l’egiziana),
ha reso l’episodio anche nel
film come nella Bibbia in tutto il suo aspetto raccapricciante, angoscioso, al limite di
ogni umana comprensione ma
al tempo stesso affascinante.
Se posso, con una sola parola, concludere questo breve
commento, direi che per una
volta la sobrietà l’ha avuta
vinta sulla spettacolarità; e
non mi sembra cosa da poco.
Un gran lavoro di ricerca alla base di un importante libro di Cesare G. De Michelis
Il movimento valdo-hussita e il mistero degli
eretici di Novgorod e Mosca alla fine del '400
_______GIOVANNI OONNET________
C9 erano valdesi in Russia all’alba dell’era
moderna? È questa la domanda alla quale soggiace tutto il
bel volume di Cesare G. De
Michelis*, ordinario di Letteratura russa alla II Università
di Roma e ispiratore di un
convegno internazionale tenutosi recentemente nella capitale sul tema: «Movimenti
ereticali nella Slavia», anche
se, a prima vista, sia la prima
parte del titolo del volume
(La valdesia di Novgorod) sia
la presentazione dell’opera in
quarta di copertina sembrano
indurre il lettore a concludere
che «all’epoca del movimento hussita il valdismo ha varcato non solo i confini politici ma anche quelli linguistici
e religiosi [della Russia], riproducendosi perfino nella
lontana Sarmazia».
Le cose non stanno così. Se
è vero che si può legittimamente ipotizzare che l’eresia
fiorita a Novgorod e a Mosca
tra la fine del secolo XV e
l’inizio del XVI non fu, come
tenta di dimostrare l’autore,
né «giudaica» né «bogomila»
ma rispecchiò con maggiore
evidenza quella catalogata
poi come «prima Riforma»,
peraltro non è altrettanto vero
che essa si possa classificare
sic et simpliciter come «valdesia», dato soprattutto il significato estremamente labile
e complesso di questo termine. Del resto, lo stesso autore
lo ammette quasi a conclu
sione della sua fatica, quando
scrive che «sarebbe semplicistico e sostanzialmente errato vedere nel movimento di
Novgorod un mero “ramo
russo” della diaspora valdese nordeuropea» (p. 150).
Comunque si interpreti il
risultato della lunga e appassionata ricerca di De Michelis, quel che merita una particolare attenzione è l’apparire
di un fenomeno che, all’alba
dell’era moderna, si situa
esattamente sulla linea di
confine fra due ortodossie,
l’occidentale cattolico-romana e l’orientale slavo-ortodossa, con al centro il «bogomilismo», ostile all’una e
all’altra. In questo contesto la
comparsa di un gruppo di
«giudaizzanti» fa quasi l’effetto di un masso erratico.
Secondo il racconto di un
inquisitore di quell’eresia,
l’archimandrita losif Volockij, giungeva verso il 1470
a Novgorod, al seguito di un
principe di Kiev, un certo
giudeo di nome Scharia, il
quale riusciva a convertire alla sua religione nientemeno
che un «pop» e un «protopop», Denis e Aleksej. Costoro, trasferitisi a Mosca, vi facevano a loro volta parecchi
proseliti, alcuni dei quali provenienti dall’Ungheria. Contro di loro lottò l’arcivescovo
Gennadij fin dal suo insediamento a Novgorod nel 1485.
Erano i tempi in cui il principe Ivan III Vasil’evic
(1462-1505) svolgeva un’intensa politica di secolarizza
zione dei beni ecclesiastici in
vista della formazione di uno
stato centralizzato, in cui
Mosca doveva fungere da
«Terza Roma». Tre furono i
Sinodi convocati a Mosca per
sconfiggere l’eresia: il primo,
nel 1488, che si limitò a infliggere condanne per iconoclastia; il secondo, nel 1490,
che costrinse gli eretici a
un’umiliante processione per
le vie della capitale; il terzo,
nel 1504, che li liquidò parte
con il rogo, parte con il taglio
della lingua e parte con la reclusione.
Molte e varie le accuse
mosse contro i due gruppi:
dal rigetto dell’autorità dei
Padri alle negazioni della Trinità e dell’incarnazione; dall’ostilità verso la croce e le
icone alla svalutazione delle
chiese, dai riti per i defunti e
ai digiuni; dall’assoluzione
autonoma dei peccati alla
condanna donatistica dei preti indegni; dal rifiuto del monacheSimo all’avversione
contro la pena di morte; il
tutto accompagnato e confortato da chiare prese di posizione pauperistiche, anticostantiniane, semipelagiane e
«nicodemite» ante litteram,
spesso basate su un’interpretazione letterale delle Sacre
Scritture.
Poiché in questo bel sincretismo ereticale i capi d’accusa, in parte inficiati di idee
bogomile, appaiono meno
consoni a eretici giudaizzanti
che non a quelli che nell’Est
europeo erano stati ormai
La valdesia
di
Novgorod
«Giudaizzanti»
e prima riforma
(sec. XV)
Cesari* G. De Michelis
ciaiidiana
schedati come valdo-hussiti,
è sorta quasi spontanea l’ipotesi che l’eresia di Novgorod
fosse appunto la manifestazione «russa» di quel vasto
moto di eterodossia antiromana nota anche sotto il nome di Prima Riforma.
Ecco dunque le coordinate
del bel volume di De Michelis, corredato di tre appendici
(con contributi complementari dei docenti e ricercatori Nicoletta Marcialis, Luigi Marinelli e Silv Toscano) e di una
silloge di testi in russo e in
traduzione italiana: verificare
se l’ipotesi valdese ha maggiori chances di quelle giudaica o bogomila, tutte e tre
analizzate con un ricchissimo
apparato di fonti e di testimonianze storiografiche.
(*) Cesare G. De Michelis:
La Valdesia di Novgorod.
«Giudaizzanti» e prima riforma (sec. XV). Torino, Claudiana, 1993, pp 262, £38.000.
Una riuscita conferenza del pastore Giorgio Bouchard al Palazzo regionale di Aosta
Le religioni di fronte ai nazionalismi
Mercoledì 17 novembre,
presso il salone della manifestazioni del Palazzo regionale di Aosta, si è svolta la conferenza del pastore Giorgio
Bouchard sul tema Ragion di
stato: coinvolgimento e complicità delle religioni nei nazionalismi, in una prospettiva
protestante.
Il relatore ha iniziato constatando che l’Europa si trova oggi in una situazione di
pluralismi molto più accentuata di quanto non si potes.se
ritenere. Il primo grosso pluralismo è la presenza significativa della chiesa, della cultura, della sensibilità slavoortodossa, quasi un universo
a parte che rivendica la sua
identità. In Occidente, da cinque secoli, vi è il grosso
spartiacque fra il mondo cattolico romano e quello protestante, sicuramente fecondo
ma anche drammatico.
Vi sono poi la presenza, la
cultura, il pensiero della filosofia ebraica, e ancora la presenza del mondo musulmano.
In una forma di pensiero imperialista ci si è dimenticati
che la componente europea
non è fatta di fratelli gemelli
o di nazioni composte da individui clonati.
In questo contesto le chiese
sono state fautrici, se non dei
nazionalismi, certamente di
quelle forti identità nazionali
che poi hanno degenerato. I
cattolici inglesi hanno occupato rirlanda nel 1171, poi il
potere in Inghilterra è passato
ai riformati, poi agli anglicani, ma r Irlanda è sempre stata vista un po’ come terra di
conquista. La Spagna ha sottomesso la nazione basca: essa parla un’altra lingua, ha
altri costumi, ma per mille
anni non le è stato riconosciuto nulla.
In Europa è sempre mancato il rispetto per l’altro e i regimi e le chiese tanto erano
potenti tanto infierivano. Preti e pastori hanno detto che la
prima guerra mondiale era
giusta e la seconda pure, anche se con qualche pastore in
meno: quelli, per esempio,
della chiesa confessante il cui
esponente Dietrich Bonhòffer
è morto impiccato dalle SS. I
nostri cappellani hanno marciato fino a E1 Alamein, fino
a Stalingrado disciplinatamente. E d’altra parte le atrocità che sono in corso nella
vicina Jugoslavia sono dovute forse alla volontà di cancellare artificialmente le differenze esistenti.
L’idea che la razionalità
moderna, superando le superstizioni, avrebbe creato una
convivenza pacifica è fallita
clamorosamente, l’identità si
è dimostrata più forte di
quanto si pensasse: quello che
ora occorre è interrompere
quella malvagità che va sotto
il nome di pulizia etnica.
La chiesa cristiana, dopo 8
secoli, ha rinunciato all’idea
che il diverso debba morire,
ora lo devono capire anche i
popoli e i governanti. Le
chiese, che malgrado la loro
secolarizzazione restano una
forza morale grandissima,
pur riconoscendo la presenza
fra loro di alcuni conflitti,
non devono più esercitare
funzioni antagonistiche. Occorre che riconoscano il loro
peccato nell’aver benedetto
le guerre e si pongano sulla
strada della riconciliazione
rinunciando all’interesse di
parte in favore del messaggio
evangelico del dare anche la
camicia a chi ti chiede la
giacca.
Il primo passo lo possono
fare i credenti e consiste nel
concedere all’altro la dignità.
La storia europea (e non solo
in campo politico) è piena di
unità astratte e vuota di unità
concrete. La linea futura non
può essere che quella del sermone sul monte: solo sulla
base dello Spirito di Cristo si
troverà la forza per rompere
la spirale della catena della
malvagità. In Germania i pacifisti hanno impedito che
l’unione dei territori dell’Est
divenisse un’orgia di nazionalismo e le chiese evangeliche si erano già pronunciate
contro lo spostamento delle
frontiere oltre l’Oder-Neisse.
Si tratta ora di investire
l’energia ritrovata (nell’ecumenismo) in una campagna
di riconciliazione; il problema di domani non sarà tanto
quello fra le tre confessioni
cristiane, ma quello del cristianesimo nei confronti
dell’Islam, finora deriso e
umiliato.
Dobbiamo costruire un’Europa, un’Africa in cui l’altro
sia riconosciuto nella sua
identità e nella sua dignità; il
nostro compito di credenti
non è quello di cancellare la
storia del passato, ma cancellare dalla nostra mente che le
spade, le aquile dei dittatori e
le guerre sante possano risolvere qualcosa. Occorre poi
sottoporre il tutto a una confessione di peccato e a un
processo di riconciliazione:
c’è qualcosa che nell’esperienza umana non entrerà nel
Regno di Dio: è la spada, segno di violenza e sopraffazione.
Sorrento
Samuele tra
fede e politica
Sarà dedicato al tema «Samuele tra politica e fede» il
prossimo seminario invernale
dell’associazione laica di cultura biblica «Biblia», che si
svolgerà a Sorrento tra il 17 e
il 20 febbraio 1994. Verrà
studiata la triplice dimensione di questa figura biblica
(Samuele si presenta infatti
come giindice, come sacerdote e come profeta) che si
trovò, non solo da vivo, nel
mezzo delle controversie
«politiche» interne al popolo
di Israele. Samuele, e le sue
iniziative, si pongono sernpre
proprio fra fede e politica.
Sono previste relazioni di F.
Flores d’Arcais, A. SogginC. Militello, A. Catastini, ASpreafico, C. Grottanelli, LPedrazzi, G. Pelland, A. Luzzatto.
Per informazioni telefonare
allo 055-8825055.
13
v/FNERDÌ 24 DICEMBRE 1993
PAG. 9 RIFORMA
In seguito alle sue predicazioni, la Gestapo lo fece arrestare nel gennaio 1944
lopera del pastore e drammaturgo Kaj Munk
nella Danimarca occupata dai nazisti
CARLO GAY
T a notte è avanzata, il
giorno è vicino; gettiamo dunque via le opere
delle tenebre e indossiamo le
armi della luce» (Romani 13,
11). Onnipotente Iddio, donaci la grazia di vincere le opere delle tenebre e di rivestire
le armi della luce, ora, in questa vita mortale, nella quale il
tuo figliolo Gesù Cristo è venuto a visitarci in grande
umiltà, e concedici che nell’
ultimo giorno, quando egli
tornerà nella sua gloria a giudicare i vivi e i morti, noi risorgiamo a vita eterna, per
mezzo di lui, che vive e regna
con te e con lo Spirito Santo,
ora e in eterno. Amen.
Così, di anno in anno, le
nostre comunità aprono nel
mondo il tempo dell’Avvento. Tempo di attesa per il popolo di Dio e quindi tempo di
allegrezza; la corona dell’Avvento segna con le quattro
domeniche il tempo di profezia; tempo di tensione, perché
la storia ritorna e porta con sé
le pazzie, le colpe, le guerre
dell’umanità con un ritmo che
i pacifisti vorrebbero spezzare
ma che la nostra disobbedienza verso Dio e verso il prossimo continua a infrangere.
Questo ritmo continua in
Italia, in America, in Danimarca. Lo ritrovai, in una visita preparata dagli amici della chiesa valdese, nell’Avvento 1961; conobbi quel popolo che legge i suoi autori e
cerca di leggere autori di ogni
nazione. Per loro e per noi è
il popolo di Kierkegaard,
Grundtwig, Ibsen.
Sòren Kierkegaard denuncia la non fede di un popolo
tutto luterano e ci insegna la
differenza fra religione e fede
e vede l’unica possibilità, per
un popolo e per una chiesa,
nel ravvedimento. Grundtwig, pastore e poeta, sogna di
poter riportare la sua gente alla primavera di un risveglio
religioso in un clima romantico. Henrik Ibsen, nei suoi
drammi, porterà sulla scena
una comunità pietista e ipocrita, con pastori di ogni colore e morale.
Stato-chiesa, popolo-chiesa,
0 chiesa fatta di un popolo?
Un fotogramma di «Ordet», il film che Dreyer trasse da Kaj Munk
Certamente un popolo in cui
r Evangelo è ben piantato come domanda, problema non
mai risolto. Da Federicia, colonia ugonotta, a Odensee, patria di Hans Christian Andersen, incantatore di bimbi di
tutte le nazioni, dalla patria di
Amleto (Elsinore) fino a Copenaghen, vive un popolo laborioso, in lotta con le sue navi, con i suoi porti, con le sue
sale da concerto, con una libertà che vibra nelle navate
meravigliose della chiesa di
Ahrus, costraita nel dopoguerra, e che si ritrova nelle piccole sale, dove piccola gente
crea e disfa piccole congregazioni non di rado violentemente contrarie alla chiesa ufficiale, «troppo mondana e distratta». Sempre le navi, con
la possibilità della tempesta,
sempre i corali di J. S. Bach,
sempre la ribellione di un popolo fra silenzi e contraddizioni di ogni tipo.
Nello Jutland, la grande pianura piena di aziende agricole,
vi è un paesello che ha nome
Vedersò e che porterà ovunque il nome di un pastore (ancora un pastore!), il profeta
della Scandinavia Kaj Munk,
al quale l’Avvento del 1944
portò per mano nazista il martirio. Egli predica, in termini
politici, a un popolo laborioso
ma che, come tutti i popoli,
può soccombere alla tentazione della violenza. Parla alla
Norvegia, dove un popolo resiste ai traditori in modo inconsueto: la cattedrale di
Trondjem rimane vuota con
qualche pauroso e qualche traditore mentre il popolo (o la
chiesa?), all’aperto, in straordinaria assemblea, canta l’inno di Lutero: Forte rocca è il
nostro Dio. È il rifiuto consapevole di una prepotenza.
Vi è una data fondamentale:
il 9 aprile 1940 avviene la fulminea invasione della Danimarca. Si sottometterà il popolo danese? La paura delle
rappresaglie paralizzerà le industrie, i porti, i canali, le
chiese? Kaj Munk, predicatore, poeta e drammaturgo, predicherà contro il peccato della
pradenza e a favore della «vera prudenza», cioè dell’obbedienza verso i comandamenti
di Dio e del prossimo. Nelle
chiese il ritmo dell’anno ecclesiastico si snoda: Pasqua,
Pentecoste, Avvento, Natale.
Lo stile luterano sembra riportare gli stessi brani biblici. Ma
Kaj Munk li legge alla luce
del giornale.
Per i timidi la sua voce dovrebbe essere meno chiara,
più diplomatica, meno pericolosa per i sabotatori antinazisti, più accomodante per gli
industriali e gli armatori. Ma
Kaj predica a Vedersò e a Copenaghen, e i suoi discorsi sono pubblicati e distribuiti. E
quando non predica scrive i
suoi drammi: Ordet (La parola), Gli eletti. Presso i fiumi di
Babilonia, Popolo e libertà.
La primavera arriva così dolcemente.
Predica contro la persecuzione degli ebrei, contro la
tiepidezza che diventa viltà.
La predica del 5 dicembre,
nella cattedrale di Copenaghen, suona così: «Ve lo ripeto, un grande dolore riempie
il mio cuore, perché alcuni
uomini della mia chiesa dimenticano il loro dovere di
cristiani danesi. Non sono qui
per predicare l’odio, questo
mi è del tutto impossibile.
Non odio neanche Adolf Hitler. So in quale orrore e in
quale miseria il mondo sia
caduto. Conosco la vergogna
che il mio popolo ha dovuto
subire. Per molti mesi non
sono mai andato a dormire
senza domandarmi: “Verranno stanotte?’’. E questo pensiero non è certo gradevole
per chi ama la vita, per chi
ha abbastanza da fare, per
chi ama sua moglie e i suoi
figli. Eppure non posso odiare. L’umanità è composta di
esseri diversi, di spirito molteplice, e il Signore ci insegna a dire: Perdona loro perché non sanno quello che
fanno». E Kaj Munk ama la
Lisa e i loro cinque figli, con
cui nel presbiterio sapeva
giocare, ragazzo con ragazzi,
e rifare con loro le favole di
Andersen.
Arrivò l’Avvento 1944. Poi
a San Silvestro i fedeli di Vedersò vennero in chiesa per
sfidare l’incognita del domani. Trovarono la chiesa non illuminata e il pastore senza toga e senza il collarino. Quel
sermone non fu scritto né
pubblicato. Ma il 4 gennaio
quattro uomini vennero al
presbiterio. Munk doveva andare con loro a Silkeborg,
centro della Gestapo. Ebbe
appena il tempo di abbracciare la moglie. Non ritornò: il
giorno dopo, nella vicina foresta, fu trovato il suo corpo
con quattro colpi alla nuca.
La Danimarca si vestì di lutto.
«Noigaard farà il mio funerale» aveva detto. E il pastore
Noigaard venne e predicò
sull’inconsueto testo biblico:
«Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, ah! come vorrei
che fosse già acceso». Buio è
l’Avvento con le sue luci profetiche, ma verrà l’Epifania, la
manifestazione gloriosa di
Dio: «Io sono la luce del mondo», dice il Signore.
cfr. Borchsenius: L’Eglise âme
de la résistance, Ginevra-Parigi,
1946; G. Cavin-Olsen: Kaj
Munk, drammaturgo, profeta,
martire. Milano, 1946.
Roma: incontro con alcuni degli studiosi americani che ne hanno rivisto la traduzione
Una Bibbia protestante ammessa dai cattolici
_______BRUNO CORSAMI_______
Domenica 5 dicembre era
presente al culto della
chiesa valdese di piazza Cavour a Roma una delegazione
del Consiglio nazionale delle
chiese degli Usa, che dopo il
culto ha visitato la Facoltà
valdese di teologia e si è intrattenuta con alcuni professori. Il motivo della presenza
a Roma era la conclusione di
un lavoro sulla recente revisione della Bibbia più diffusa
negli Stati Uniti.
La Revised Standard Version pubblicata nel 1952 è
stata riveduta a cura di un comitato presieduto dal prof.
Bruce M. Metzger (Princeton) ed è uscita nel 1990 con
il nome di New Revised Standard Version (Nrsv). Il comitato di revisione era formato
da 30 persone, tra cui anche
cattolici, un ortodosso e un
ebreo. Come ha raccontato il
prof. Metzger, in una cordiale conversazione dopo il culto, la revisione si proponeva
una sempre maggior accuratezza di traduzione, unita alla
ricerca di chiarezza, naturalezza, rifiuto di termini non
più correnti, all’eliminazione
di possibili ambiguità nell’
ascolto. Ma, soprattutto, i revisori hanno cercato di usare
una fraseologia che evitasse
l’impressione che si parli di
(o/a) soli maschi quando c’è
la parola «uomo/uomini» o il
pronome «egli/lui» (ciò non
accade, naturalmente, nelle
altre persone, perché «io, tu,
noi, voi; mi, ti, ci, vi» si riferiscono tanto all’uomo che
alla donna).
I revisori hanno superato
l’ostacolo ricorrendo spesso
al plurale. Così, per esempio,
il Salmo 1 «Beato l’uomo che
non cammina secondo il con
siglio degli empi» è diventato
«Beati coloro che non camminano...», comprendendo
cosi anche le donne. Nelle
epistole di Paolo, quando egli
si rivolge alla comunità dei
lettori chiamandolo «Fratelli...», ora leggiamo (in inglese): «Fratelli e sorelle...» (ma
con una nota a piè di pagina
che dice: «greco. Fratelli»).
Un’altra grossa novità (che
però si era già vista nella
New English Bible e nella
Good News Bible, la Tilc anglosassone) è l’abolizione
dell’antiquato uso della seconda persona singolare dei
pronomi e dei verbi, usata per
rivolgere la parola a Dio
(«Thou» invece del «you»
che si usa per parlare al prossimo).
Di questa Bibbia (Nrsv) è
stata fatta un’edizione senza
gli apocrifi e una con gli apocrifi inseriti tra L’Antico e il
Nuovo Testamento (tra questi sono presenti anche il III e
IV Maccabei e il Salmo 151).
Tra il 1990 e il 1993 si è avviata un’edizione che fosse
di gradimento anche per i fedeli cattolici in Usa nella
quale, senza alcuna modifica
del testo biblico, gli apocrifi
dell’Antico Testamento non
fossero relegati in appendice,
ma inseriti al posto che hanno nella tradizione cattolica,
e lasciando da parte il III e
IV Maccabei e il Salmo 151.
Una copia di questa edizione,
appena pubblicata, è stata
portata in Vaticano dai delegati del Consiglio nazionale
delle chiese e consegnata al
papa.
Le divergenze confessionali fra le chiese hanno così il
loro luogo nella spiegazione
della Bibbia, ma non comportano, è stato ancora sottolineato, l’uso di Bibbie diverse.
Chi sono i protestanti?
L’Università popolare di Belluno ha organizzato una serie di
lezioni nel corso delle quali è stata affrontata anche la questione religiosa. Sono state prese in considerazione le cosiddette
«religioni del libro» (ebraismo. Islam, cristianesimo nelle sue
prospettive cattolica e protestante) con l’intenzione di proseguire poi con l’indagine di altre forme di religiosità, dalla cristiana ortodossa al buddismo e all’induismo.
Venerdì 12 novembre è stato di turno il protestantesimo: il
prof. Paolo Angeleri, della Chiesa metodista di Padova, è stato invitato a inquadrare il cristianesimo nell’ottica protestante.
Attento e numeroso il pubblico, vivaci gli interventi e soprattutto inaspettata la curiosità nei confronti del diverso e
profondamente laico nostro modo di intendere la fede e il rapporto con Dio.
A Belluno non risultano esistere comunità evangeliche: solo
in un paese (Frassene/Agordo), una Commissione culturale
protestante svolge una certa attività di informazione, che andrebbe seguita con attenzione.
«
La struttura del disordine
Esiste una struttura del disordine? La domanda non si riferisce alle leggi della termodinamica o all’entropia, ma alla struttura di questo bel libro del «giornalista di razza» Corrado Stajano*. Il disordine è quello delle trame, più o meno nere, degli
intrighi, dei palazzi, delle uccisioni di mafia, ma anche della disoccupazione, della consapevolezza, diffusa fra gli operai di
40-50 anni, che quanto hai imparato in una vita viene spazzato
via di colpo.
Il volume si apre e si chiude sull’oggi, sull’attualità, senza
essere (come è stato detto giustamente) un instant-book: l’attualità dell’elezione di Formentini a sindaco di Milano e l’attualità di un’intervista al sostituto procuratore Gherardo Colombo; ma, come un film d’avventura dei più classici, in mezzo
stanno pagine e pagine, capitoli e capitoli di rievocazioni, che
vanno indietro ora di un anno e mezzo (le esequie di Falcone,
moglie e scorta e il palazzo dei veleni a Palermo) ora di ben 12
anni (l’uccisione del generale Dalla Chiesa, anch’egli con moglie e scorta), ma c’è anche l’inchiesta del giudice Tamburino
sui golpisti del ’73 e la «Rosa dei venti».
C’è anche la disperazione dell’operaio della Maserati che salì
sul torrione per dire all’Italia la propria disperazione (e poi la
disse a Milano, Italia), c’è il rapimento di Cristina Mazzotti,
c’è la Lega (una novità che per alcuni è solo l’ennesima opportunità di trasformismo) ci sono gli operai della Pirelli che
nelTinferno del reparto mescole dicono di aver passato gli anni
migliori della loro vita. C’è rassegnazione e c’è speranza; soprattutto, nella penna di Stajano, volontà di riflettere e di scrostare le apparenze.
(*) Corrado Stajano: Il disordine. Torino, Einaudi, 1993, pp 285,
£ 20.000.
PROTESTANTESIMO IN TV
Ivnedì 27 dicembre
Raidue - ore 9 [replica)
11 Messia di Händel
esecuzione di brani musicali
introdotti e commentati da Gianni Long.
14
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 24 DICEMBRE 1993
Ecumene: incontro del Comitato evangelico di ricerche giuridiche
Alla ricerca di un modo cristiano
ire il matrimonio
FEDERICA LONGO
Il 20 e 21 novembre si è tenuto a Ecumene il secondo
incontro di giuristi evangelici
sul tema «matrimoni interconfessionali», organizzato
dal Comitato evangelico di
ricerche giuridiche. Il comitato è sorto lo scorso inverno
per iniziativa di un piccolo
gruppo di persone che ha
sentito l’esigenza di incontrarsi per studiare e scambiarsi idee fra operatori del diritto che fanno riferimento a
una chiesa evangelica e che
sono pertanto «giuristi evangelici».
Nel corso dell’anno l’iniziativa ha riscosso un notevole successo: il piccolo gruppo
è cresciuto trovando il consenso anche di giovani. Obbiettivi del comitato sono, oltre all’organizzazione di seminari e convegni, la pubblicazione di atti, la preparazione di materiale divulgativo,
la segnalazione di argomenti
di studio.
Nell’ambito dei temi importanti per la vita delle chiese esso ha individuato alcuni
tenuti nell’Antico Testamento illustrando l’evoluzione
dell’istituto e gli elementi che
lo caratterizzavano: endogamia, poligamia, poi evoluzione verso la monogamia; perché ci si sposava, l’amore come elemento che eventualmente si aggiunge nel tempo
ma che non ne è la base essenziale. E emerso che esso
non era caratterizzato da riti
religiosi, la sua validità non
derivava dall’assenso di autorità civili o sacerdotali, si
presentava piuttosto come un
«negozio privato» tra il pretendente maschio e il padre
(o il tutore) della donna. Garrone si è altresì occupato di
tematiche vicine a questo istituto, quale il divorzio (disciplinato nella Bibbia soìo per
l’uomo), l’adulterio quale
violazione del matrimonio altrui, la contraccezione del
tutto assente in quanto la procreazione viene vissuta come
benedizione di Dio.
La relazione seguente, incentrata sul matrimonio nel
diritto canonico, è stata curata da Paolo Moneta, professore ordinario di diritto cano
argomenti meritevoli di una
riflessione comune: enti ecclesiastici, autonomia degli
ordinamenti, questioni di diritto canonico... «Presupposto» del convegno è stato il
«Testo comune di studio e
proposta per un indirizzo pastorale dei matrimoni interconfessionali» presentato
quest’estate al Sinodo e predisposto da due commissioni,
una nominata dalla Conferenza episcopale italiana, l’altra
dal Sinodo ’88. L’incontro si
è articolato in una serie di relazioni volte ad analizzare il
matrimonio nei suoi diversi
aspetti e nei vari ordinamenti.
La prima esposizione è toccata a Daniele Garrone, docente alla Facoltà valdese di
teologia, che ha illustrato
l’istituto del matrimonio nella Bibbia, con particolare riferimento all’Antico Testamento pur senza trascurare il
Nuovo. Garrone è partito
dall’analisi dei testi prescrittivi e di quelli narrativi con
nico all’Università statale di
Pisa. In sintesi tre sono gli
elementi emersi dalla relazione:
1) L’affermazione della
Chiesa cattolica della propria
esclusiva competenza in materia di matrimonio e correlativamente assenza di riconoscimento di analoga competenza aH’autorità civile.
2) Il matrimonio è elevato a
sacramento.
3) Le cause di invalidità occupàno un posto di notevole
rilievo. Il matrimonio si configura come caratterizzato da
quattro caratteristiche fondamentali che non possono essere messe in discussione:
l’unità, l’indissolubilità, la sacralità e l’apertura alla prole.
La mancanza di uno qualunque di questi elementi comporta la nullità.
II documento del Sinodo
sul matrimonio (1/71) disciplina nell’ordinamento valdese questo istituto. Il pastore
Franco Giampiccoli, nella sua
relazione, ha individuato due
tematiche principali. Innanzitutto il carattere variabile del
matrimonio nel tempo e nello
spazio: esso è vissuto in modi
diversi a seconda dei tempi e
delle differenti società. Il
compito della chiesa non è
quello di controllare questo
istituto bensì di esprimere un
modo cristiano di concepire il
matrimonio. In secondo luogo i protagonisti esclusivi del
matrimonio sono i coniugi e
non la chiesa: sono loro a deciderne la forma di certificazione, sono loro gli unici responsabili di fronte a Dio degli impegni che hanno verso
di lui circa i loro figli. La posizione della Chiesa valdese
non è di imposizione ma di
consiglio, di aiuto, di sostegno.
Accanto a questi due filoni
principali Giampiccoli si è
soffermato su altri sei punti
ritenuti meritevoli di analisi:
1) Il rapporto tra matrimonio e famiglia. La famiglia
sorge solo con la presenza
dei figli: famiglia e matrimonio non si fondono a differenza di quanto avviene presso la Chiesa cattolica.
2) Distinzione tra momento
costitutivo del matrimonio
(che si ha con il reciproco libero consenso degli sposi) e
momento certificativo nelle
forme nuziali previste. Le
nozze non hanno infatti valore costitutivo bensì solo certificativo.
3) Distinzione tra matrimoni misti (cioè tra un coniuge
cristiano e uno no) e interconfessionali (tra credenti di
confessioni cristiane diverse).
4) Irrilevanza di ogni imposizione preventiva (impedimenti / cauzioni / dispense).
5) Forma.
6) Divorzio. Il matrimonio
è concepito come unione duratura per il tempo della vita
terrena dei coniugi, ma non è
considerato indissolubile.
Come si è detto, «presupposto» dell’incontro è stato il
«Testo comune di studio e
proposta». Gianni Long, consigliere parlamentare e membro della commissione di studio, ha suddiviso la sua relazione in due momenti: un
breve excursus storico di
questo lavoro comune e
l’analisi del testo. Il lavoro di
preparazione è stato lungo:
ogni singola frase è stata soppesata, ne sono state valutate
con particolare cura tutte le
possibili implicazioni. Il dato
più importante emerso è la
volontà comune di arrivare
alla stesura definitiva, nonostante le molte divergenze e i
diversi punti di vista. Ora le
chiese locali sono chiamate
ad analizzarlo e soprattutto
ad applicarlo nei contatti con
quelle cattoliche.
Gianni Long ha poi chiarito un punto essenziale: il
«Testo» trova applicazione
solo là dove i due sposi vogliano un matrimonio valido
per entrambe le chiese, in
particolare là dove il coniuge
cattolico «non voglia rompere» con la propria chiesa.
Hai fatto
^abbonamento
. '-i4
..... a .
:RÌFQRMÀ?'
La società, i giovani, la cultura, il successo, la responsabilità
Non dobbiamo essere gusci vuoti
________RINA CAPONETTO_______
Uno sciamare di gente che
va e viene lungo via Roma, una domenica a Torino,
una domenica qualunque prima del Natale. Colpisce la
quantità di ragazzi e ragazze
che camminano in gruppi, a
coppie come sospinti da un
moto perpetuo, debbono andare, alt rosso! Non si fermano, per loro non esistono né
rosso né verde, passano: sono
loro i vincenti, le nostre regole civili non contano. Una
macchina attraversa strombazzando perché ne ha diritto
creando un putiferio, un gran
vociare. Mi lascia perplessa
questa masnada di gente che
va per conto proprio e non
riusciamo a fermare, e rifletto
quanto poco siamo riusciti in
questi anni ad insegnare un
senso civico, il senso della
collettività. Sono giovani dai
16 ai 25 anni al massimo, vestiti all’ultima moda o no,
quello che colpisce è che
vanno come in branco, e uno
può pensare: è la spensiera'
tezza della giovinezza! Li
guardo uno a uno, li osservo,
mi domando cosa c’è dietro
questa superficialità che li
pervade, questo modo rozzo
di andare, questo non rispetto
che hanno degli altri. Dietro
questo paravento multicolore
dato dalla loro esuberante
giovinezza c’è una scuola assente, una famiglia spesso assente. Questo degrado che ci
colpisce tutti e ci tocca tutti è
un vuoto che essi debbono
coprire e che nessuno di noi
ha colmato in questi anni.
Questi temi sul degrado
della società di oggi sono stati fonte di dibattito in varie
occasioni, sia in conferenze
pubbliche promosse da vari
gruppi femminili e dalla Regione Piemonte sul tema:
«Può una società vivere senza
valori?», sia alla televisione.
La Rai 3, nella rubrica «Parlato semplice» ha dedicato un
ampio dibattito sui temi: «La
famiglia è un valore?», «La
vita è un valore?», «Denaro e
successo sono valori?». Nel
corso della discussione con
giovani e meno giovani ho
potuto appurare che mancava
una critica totale a questa società: è come se il capitalismo così com’è, con la sua
violenza ecc., fosse un fatto
acquisito, scontato; non è più
il caso di parlarne, fa parte
della nostra esistenza come
un cappotto al quale siamo
tutti affezionati e non vogliamo lasciarlo per uno nuovo.
Denaro e successo? Sono
un valore? Ma sì, diceva una
ragazza, io vorrei fare l’avvocato per guadagnare tanti soldi e per essere un avvocato di
grido! Il carrierismo, altro
mito del nostro tempo! Sì,
certo, ci sono state delle belle
testimonianze di persone impegnate socialmente (il rappresentante degli obiettori di
coscienza, del Wwf ecc.) che
vivono una scelta, ma nell’insieme il dibattito televisivo
settimanale su tutti questi temi ha lasciato vuoto il mondo
dei sentimenti. Solo un ragazzo ha avuto il coraggio di affermare: la famiglia sta insieme se c’è il sentimento e non
per necessità, come si era detto prima.
Il sentimento, dunque un
valore! Mi viene in mente
che proprio quest’anno la fiera di Francoforte distribuiva
un distintivo con il motto:
«Leggete libri di sentimento». Da tempo si propongono
libri che parlino al cuore. Basta, si è detto, con la violenza, con le immagini televisive di violenza! Eppure rimane ancora impalpabile, lontano il messaggio profondo
dell’amore che dà e non chiede nulla in cambio. Un qualcosa che conosciamo ma nessuno di noi riesce ad applicare. Come si coltiva l’affettività, la personalità tutta intera! Ecco, tornando al dibattito, a nessuno è venuto in
mente di dire: forse ci vuole
ricchezza interiore, forse
dobbiamo diventare persone
ricche interiormente.
Al recente convegno dei
Centri evangelici di cultura
tenutosi a Firenze, Paolo Ricca diceva giustamente: «Noi
dobbiamo interessarci di
molte cose, allargare i nostri
orizzonti, non possiamo più
parlare alle persone con un
solo linguaggio (fosse pure il
linguaggio della teologia);
quando ero a Basilea mi domandavo perché la domenica, nella cattedrale, andavano
al culto .solo 50 persone, e invece, se c’era un concerto, la
chiesa era rigurgitante!». La
musica parla di più alla gente
della teologia? Certo, siamo
in un mondo che ci sovrasta
con le parole, è inflazionato
dalle troppe parole: ha bisogno di arricchimento.
Nella società di oggi non
possiamo più essere persone
povere di idee; parlare col
linguaggio di una sola disciplina: la teologia, la letteratura o la scienza. Dobbiamo
abbracciare diversi rami del
sapere, che possano parlare
all’animo dell’uomo della
strada. Dobbiamo rivalutare
il grande mondo della conoscenza, che può esprimersi
con il linguaggio meraviglioso di Bach, con le stupende
immagini della vetrate di
Chagall, con i versi splendidi
di Montale che in un lampo
ci descrive i limoni schiamazzanti al sole ligure. Ritrovare i piacere del bello che
si esprime in svariate forme e
in svariati linguaggi: dal teatro, dove si staglia la bellezza
dell’animo umano, la sua fragilità, la sua debolezza, al
sua capacità di prevedere il
futuro (penso alla «Coscienza di Zeno» di Svevo), la
musica, al paesaggio incantato della pittura di Cezanne, ai
capolavori dell’arte, alle meraviglie spettacolari della natura che ci lascia senza parole quando abbiamo i tempo
di ammirarla nel silenzio della nostra anima.
Solo se saremo persone così ricche di conoscenza, assetate di idee, potremo dare
molto agli altri; se non si conosce nulla non si può parlare di nulla, ma si assiste solo
a questo scorrere di immagini televisive che non rappresentano alcunché per la nostra anima. Dando, e dando
molto agli altri, alla società
tutta, in conoscenza, forse
potremo formare delle coscienze che ci interroghino, e
noi a nostra volta interrogare
loro; forse i dibattiti torneranno a essere più vivi e a
rappresentare di più il metro
delle nostre coscienze che si
debbono domandare perché
non siamo un paese civile,
perché non abbiamo preso
tutti consapevolezza dei limiti del capitalismo, dell’ingiustizia che ci circonda, e perché non ci assumiamo l’impegno e la responsabilità di
cambiare il nostro paese basandoci sulla conoscenza
della storia. Penso alle elezioni di questi giorni: la gente non ricorda più che cosa e
stato il fascismo, ha dimenticato la storia dei grandi che
ci hanno preceduto.
Il mondo della cultura non
è un castello che ci sovrasta,
al di sopra delle nostre menti,
ma deve essere data ad ognuno la possibilità di misurarsi
con il pensiero degli scrittori,
dei filosofi, pensatori, scienziati, artisti ecc., affinché diventiamo persone ricche che
possano trasmettere agli altn
e alle generazioni future la
capacità di confrontarsi con
coloro che ci hanno preceduto in ogni campo. Confrontarsi con le coscienze del
passato, e del presente, rappresenta la nostra identità e
la nostra valvola di sicurezza
contro l’appiattimento di una
società i cui valori imperanti
sono il denaro, il successo,
l’indifferenza, il cinisrno, la
prepotenza. Senza l’arricchimento dell’animo saremo solo dei gusci vuoti.
15
venerdì 24 DICEMBRE 1993
Pagina Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
Posta
I pastori al Sud
II past. Bruno Rostagno sul
n. del 26 novembre («Critiche
irricevibili», p. 11), in risposta alla lettera di Monica Natali «Pastori al Sud», fa alcune considerazioni che spera
meritevoli di attenzione. Vorrei provare a farne qualcuna
anch’io.
1) Tutta la nostra visione
delTuomo parte dalla coscienza del peccato dell’uomo. Se quindi la risposta a
una critica fosse un’ammissione della propria limitatezza, nessuno avrebbe il diritto
di stupirsi né di scandalizzarsi, anzi la reazione non potrebbe essere che un senso di
comprensione e di fraternità.
Ma se la risposta è una reazione offesa e irritata, come
quella del past. Rostagno, allora chi la formula pretende
di non essere accusabile né
sospettabile di peccato. È giusto questo? E chi reagisce così sarà capace di dimostrare la
perfezione che si attribuisce?
2) «Un attacco ha l’effetto
di irrigidire e provocare
schieramenti - nota Rostagno
- in questo caso Nord contro
Sud». Giusto, solo che questi
schieramenti ci sono già, e
provocati non dagli «attacchi» di Monica Natali ma dalla rabbia e dal senso di abbandono che si prova nel Sud
davanti alle chiese sempre
più vuote di pastori e alla difficoltà di trovarne.
3) In questo periodo nelle
Valli ci sono molti spostamenti di pastori e Rostagno
nota che «per coincidenza gli
spostamenti riguardano... ben
otto chiese». Anche in Sicilia
ci sono alcune chiese senza
pastore, non per coincidenza,
ma perché i pastori titolari se
ne sono andati.
Ma, mentre per le chiese
delle Valli la partenza di un
pastore significa automaticamente l’arrivo di un pastore
nuovo, per le chiese siciliane
ha significato l’inizio di un
periodo di supplenza di cui
non si conosce ancora la prevedibile durata. Anche questo
è un semplice caso?
4) Non solo la Tavola ha i
mezzi per capire se un pastore accampa scuse, anche tutti
noi possiamo farlo. Infatti, se
la «non disponibilità» è solo
momentanea abbiamo il diritto di aspettarci che essa cessi
presto, per cui tra poco qualche pastore, magari di quelli
che adesso non hanno potuto
venire, si trasferirà in Sicilia.
Sarebbe l’unico modo per dimostrare che si tratta davvero
di «non disponibilità momentanee» e non di qualcos’altro.
Ultimo punto: vorrei ringraziare pubblicamente la sorella Natali per essersi occupata proprio di questa questione.
Sergio Borroni
Riesi-Servizio cristiano
Niente appelli
Caro direttore,
ricevo puntualmente, quale
abbonato sostenitore, il settimanale Riforma, l’organo di
stampa delle nostre chiese
quindi il nostro, il mio settimanale; ho quindi ricevuto
sabato 4 anche il n. 46 e sfogliandolo, come d’uso, prima
d’addentrarmi nella lettura
degli articoli di mio maggiore
interesse, sono rimasto sconcertato dagli appelli, pubblicati a pag. 7 e a pag. 11, per il
voto dei «cittadini» nel ballottaggio per l’elezione del
sindaco a Roma e a Napoli.
Avevo già seguito, nella
pagina dei lettori, alcune opinioni personali e i relativi dibattiti a distanza che ne erano
scaturiti, ma non avevo mai
immaginato (o forse non avevo saputo prevedere) che,
sottoscritti da illustri personaggi del nostro mondo
evangelico, avrei - al momento giusto; quello che precedeva la votazione di ballottaggio - potuto leggere sul
mio settimanale due appelli
rivolti ai lettori (quindi a noi
e non ai «cittadini», ai quali,
con una certa malcelata presunzione, sembrerebbe diretto quello pubblicato a pag.
7), perché votino per i candidati della sinistra.
Credo di sapere che fare
delle scelte, e nella vita di cittadino e di credente è neces
Riforma
Via Pio V, 15 - 10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
Via Foria, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185 - fax 081/291175
Via Repubblica, 6 - 10066 Torre Pellice - tei. e fax 0121/932166
DIRETTORE: Giorgio Gardioi
VICEDIRETTORI: Luciano Deodato, Emmanuele Paschetto
REDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Alberto Bragaglia, Daniele
Busetto, Luciano Cirica, Alberto Coreani, Piera Egidi, Fulvio Ferrano, Maurizio Girolami, Anna Matfei, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Pietro Romeo, Marco Rostan, Pienraldo Rostan, Marco Schellenbaum, Federica Tourn, Florence Vinti, Raffaele
Volpe
GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco, Bruno Rostagno
AMMINISTRAZIONE: Mitzl Menusan
ABBONAMENTI: Daniela Actis
FOTOCOMPOSIZIONE: Aec s.r.l. - tei. 0174/551919
STAMPA: La Ghisleriana s.n.c. Mondovi - tei. 0174/42590
EDITORE: Edizioni protestanti s.r.l, - via Pio V, 15 bis -10125 Torino
ABBONAMENT11994
ITALIA
ESTERO
-ordinario £ 65.000 -ordinario £ 110.000
-sostenitore £ 150.000 -via aerea £ 170.000
■ semestraie £ 33.000 - sostenitore £ 200.000
- cumuiativo Riforma + Confronti £ f00.000 (soio italia)
Per abbonarsi: versare l’importo sul ccp n. 14548101 intestato a Ediziotti protestanti s.r.l., via Pio V15 bis, 10125 Torino.
Chi si abbona ora per il 1994 (escluso semestrali e cumulativo) riceve il settimanale per il periodo restante del 1993.
COI abbaMtmmartcemno L ’eco (Mie vtUittMet! A
Tariffe inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5x40 mm) £ 30.000
Partecipazioni: millimetro/colonna £ 1.800
Economici: a parola £ 1.000
Riforma è II nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176
del 1® gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono state registrate
con ordinanza in data 5 marzo 1993.
sano fame, significa fare politica e viceversa ma ho sempre tenuto ben distinto il concetto (e le connesse attività)
della politica da quello dei
partiti politici e soprattutto
non ho mai gradito, nell’ambito delle attività della mia
chiesa, sentire affermazioni
di scelte, di critica o di appoggio aventi per oggetto un
partito politico.
Si immagini quindi, caro
direttore, la mia delusione e il
mio disagio nel leggere quei
due appelli sul mio settimanale, che ho sostenuto dalla
nascita e, ovviamente, continuerò a sostenere. A mio avviso è stata persa un’ottima
occasione per non essere peggiori del Vaticano e dei vescovi cattolici, che abbiamo
per oltre 40 anni duramente e
giustamente criticato per la
propaganda in favore della
De e che in questa occasione,
guarda caso, hanno lasciato i
propri fedeli votare secondo
la propria coscienza.
Che i signori sottoscrittori
dei due appelli avessero simpatie o convinzioni decisamente di sinistra credo sia
notorio fra di noi e nessuno
ha loro impedito di dichiarare, anche a scopo di propaganda elettorale, tali loro posizioni politiche, ma l’iniziativa di formulare quei due appelli utilizzando (con l’ovvio
benestare della direzione e
della redazione) il nostro
giornale, il mio giornale, appare certamente una grave
mancanza di rispetto non nei
miei confronti, ma nei confronti dello stesso giornale e
presenta chiarissimo nel suo
intimo un gene pericolosissimo: quello della divisione.
Nell’appello per Napoli si
fa richiamo a Geremia 29, 7;
ieri il sermone del pastore
della mia chiesa era centrato
su Luca 11, 17: «Ogni regno
diviso in parti contrarie è ridotto in deserto e una casa
divisa contro se stessa rovina»-, che il Signore sappia illuminare i nostri pensieri e i
nostri scritti, affinché riusciamo a essere sempre più uniti
per una vita ricca di testimonianza e solidarietà cristiana.
Giancarlo Sabbadini
Roma
Il bollettino
e l'IsIam
Domenica 12 dicembre ho
raccolto da un banco presso
la chiesa valdese di Torino
(corso P. Oddone) una copia
del bollettino «Informazione
alla chiesa di Torino» appartenente, da quanto mi è sembrato di capire, all’area evan
gelicale. Il primo articolo
«Cristiani e musulmani in
Europa» mi ha agghiacciato e
sconvolto. Riferiva di un convegno su tale tema, tenutosi a
Poggio Ubertini il 17-18 settembre scorsi.
Ecco alcune perle; «Il cristiano di quell’epoca [XI
sec] ha molte colpe per aver
permesso all’Islam di crescere tollerandolo». «L’essenza
del messaggio che dobbiamo
dare ai musulmani è quello
di proclamare la salvezza in
Cristo mediante la fede, accettando la sua morte e risurrezione». «Gesù è morto anche per loro, poiché sono uomini e donne pensanti e alla
ricerca della verità, spesso
insoddisfatti, insicuri e pieni
di timori». «La vita santa,
coerente, e l’amore dimostrati in modo pratico, restano le cose che rendono
VEvangelo appetibile per il
musulmano».
Infine la chicca finale: «In
conclusione siamo stati invitati a pregare e-far pregare
per la caduta dell’Islam, poiché è Ulta lotta contro la potestà dell’aria e del maligno
(...) così possiamo avere la
certezza che un giorno il cristianesimo avrà il sopravvento sull’Islam per la gloria del
nostro Signore».
Queste aberranti affermazioni sono espressione di
quell’autoritarismo e assolutismo cristiani che tanti danni e
lutti ha provocato nel corso
dei secoli. Le chiese riformate invece operano per un dialogo ecumenico tra tutte le religioni (alla pari!) senza vo-'
lontà egemoniche, poiché ciascuna è portatrice di un pezzo
della verità. Inoltre l’Islam è
una civiltà culturale e religiosa altissima, plurimillenaria.
L’integralismo non è l’IsIam,
come l’Opus Dei non è il
mondo cristiano; di questi sono solo una delle tante
espressioni.
Si faccia chiarezza su questo tema dell’ecumenismo,
poiché certe posizioni nulla
hanno a che vedere con le
elaborazioni e le pratiche delle chiese riformate nell’ambito del Consiglio ecumenico e
delle altre sedi di confronto
interreligioso.
Attenzione; di «evangelizzare i musulmani» si parlò
anche nel primo incontro intemazionale giovanile che si
tenne molti mesi fa a Torino.
Quanto sono attrezzati i nostri giovani sull’ecumenismo,
e che danno possono ricevere
da certi discorsi? È opportuno
poi che su tale bollettino
compaia come collaboratore
il nome di uno dei nostri pastori, sì da instillare il dubbio
che la nostra chiesa in fondo
condivida certe idee?
Salvatore Tonti -Torino
Come già annunciato, due
delle nostre iniziative stanno
per concludersi. La prima
concerne la Cooperativa
agropastorale di Kansounkpa
in Benin a cura della locale
gioventù metodista, mentre la
seconda riguarda V Unione
per la lettura della Bibbia di
Ngwo in Nigeria, per la diffusione delle Scritture nella regione. Successivamente proporremo altri interventi.
Ricordiamo la terza iniziativa in corso, a favore dei
bambini di strada in Romania. Come già illustrato in
precedenza, a pagare per la
grave situazione politica e
economica di quel paese vi
sono anche migliaia di bambini, non sufficientemente assistiti dalla famiglia o dallo
stato. Il fondo, accogliendo
un appello lanciato anche alle
nostre chiese (in cassa ci sono
Fondo Di Solidarietà
circa 3 milioni e contiamo di
raggiungerne 5) intende appoggiare l’operato delTEper,
l’organizzazione di aiuto delle chiese svizzere che già da
tempo se ne sta occupando
presso le chiese locali (gli
evangelici ammontano a un
milione e duecentomila).
L’azione svolta è di prevenzione e di educazione; essa dà assistenza in ambito familiare, scolastico e ricreativo da un lato e, dall’altro, offre un adeguato lavoro sociale a corto e a lungo termine, a
seconda delle situazioni. Lavoro che richiede supporti in
denaro, vestiario, cibo, medicine, ecc.
Attendiamo i vostri doni
che vanno inviati, come sempre, al conto corrente postale n. 11234101 intestato a La
Luce Fondo di solidarietà,
via Pio V 15,10125 Torino.
Il convegno
dei Centri
culturali
Desidererei fare una breve
critica sugli articoli, entrambi
mi sembra a firma di Alberto
Corsani, nei quali si riporta in
estrema sintesi il dibattito sviluppatosi durante l’ultimo
convegno dei Centri culturali
evangelici.
Dalla lettura dei due articoli
(n. 46, pag. 8) pare che il nucleo di problematizzazione
messo in luce durante rincontro di Firenze (12-14 novembre) stia nella ricerca di nuovi
linguaggi, come per esempio
quelli «visivi», di cui ha detto
Paolo Ricca al termine del
convegno. Fin qui tutto bene!
È però impressionante e non
corrispondente al vero la relazione di Corsani, in quanto
presenta le diverse prospettive
di ricerca, emerse in quell’incontro, secondo un’articolazione armonica e in tutto
omogenea. Per essere più
esplicito, la saggia «ricerca di
nuovi linguaggi» sembrerebbe
la più naturale conclusione di
un discorso che a Firenze, invece, si è sviluppato secondo
direttrici di pensiero radicalmente diverse da quelle che
mi pare sostengano l’indicazione del prof. Ricca.
Quell’incontro infatti è iniziato con la presentazione del
libro di Bruna Peyrot e Graziella Bonansea, durante la
quale l’uditorio ha potuto sentire tutta l’emozione delle autrici, messa in parole e pensieri riguardo a un «soggetto»
che, in.quella prospettiva gnoseologica, «interpreta e dà forma all’oggetto». Per non dire
della più esplicita, disinvolta
dichiarazione di adesione rivolta, ahimè, alla memoria di
G. W. F. Hegel e della lezione
più importante che l’idealismo, soprattutto tedesco, ci
abbia lasciato in eredità, vale
a dire quella storica e fenomenologica, espressa da Elena
Bein che fa bene a ricordarci
che il pensiero cristiano, da
Agostino a Anseimo e, attraverso Lutero, a Hegel, è fondamentalmente «platonico» e
perciò, in un certo senso, idealista. Ma è un’operazione
scorretta tagliare i margini con
il filo, come con la polenta, e
stabilire quali siano le colonne
portanti di questo nostro
«tempio» del pensiero protestante. E non è tutto. Quell’operazione è anche inutile se
vuole presentarci «gli assunti
delle interpretazioni del reale»
come dover essere che mai è,
come etica in qualità di matrice ideale a cui debba corrispondere una realtà. Probabilmente bisogna invertire (non
dialetticamente) i termini del
problema e sostenere di nuovo
che, se l’etica è una questione
che ci riguarda come cristiani
ancora in ricerca, e ancora in
attesa delle cose «che debbono avvenire da ora in avanti»
(Daniele 2, 28-29), allora dovremo assumere la verifica del
valore di verità delle nostre
asserzioni di fede come criterio analitico che offre significati successivamente alla possibilità di verifica del reale, e
mai prima.
In tal senso credo che un allontanamento dal vetusto modello concettuale che caratterizza ancora gran parte del
pensiero protestante italiano
(protestante ma crociano), per
una progressiva acquisizione
di sistemi empirici e analitici,
potrebbe offrirci una «novità
protestante italiana». Quel linguaggio nel protestantesimo
italiano potrebbe condurre a
delle novità, a delle indicazioni «etiche» in contrasto, per
esempio, con i ricompattamenti politici di destra che si
sviluppano, purtroppo, non
solo in Italia.
Quando manca l’analisi, che
dovrebbe essere fatta innanzitutto dagli intellettuali, e
nell’impossibilità di produrre
una sintesi, per la generale instabilità delle condizioni politiche e sociali di un paese, c’è
chi vi sostituisce le sue sintesi,
con e attraverso delle coalizioni di destra. Allora, riuscire a
vedere la domanda, la prova
della fede là dove si vorrebbero porgere delle risposte già
pronte; riuscire a vedere il
problema, il nucleo da sciogliere là dove vorrebbe imporsi la soluzione che non «ingrana» con i termini del problema è ciò che può ragionevolmente caratterizzare il protestantesimo italiano, attraverso
una predicazione, forse a
sproposito (cfr. II Timoteo 4,
2) ma, spero, fondamentalmente anti- idealista.
Verrà poi qualche storico
che dirà che per un po’ di
tempo ci siamo tenuti ai margini della più autentica tradizione di pensiero protestante?
Massimo Marottoli
Firenze
RINGRAZIAMENTO
«In quel medesimo giorno,
fattosi sera, Gesù disse loro:
Passiamo all’altra riva»
Marco 4, 35
I familiari deila compianta
Enrichetta Barus
ved. Ghigo
di anni 85
riconoscenti, ringraziano tutti
coloro che con la presenza, scritti, opere di bene e parole di
conforto hanno preso parte al loro
dolore.
Un ringraziamento particolare
al dott. Vivalda, ai pastori Plescan
e Noffke, alla signora Rosanna
Ferrerò, ai medici e al personale
dell’Ospedale valdese di Pomaretto e ai compagni di Dino.
Frali, 13 dicembre 1993
RINGRAZIAMENTO
«lo alzo gli occhi ai monti...
donde mi verrà l'aiuto?
Il mio aiuto viene dall’Eterno
che ha fatto il cielo e la terra»
Salmo 121,1-2
Il figlio e la nuora della cara
Anna Siccardi
ved. Cardon
ringraziano di cuore tutti coloro
che con la presenza, scritti e parole di conforto hanno partecipato
al loro grande dolore.
Un ringraziamento particolare
al pastore Rostagno per il suo
messaggio di speranza, ai medici
e a tutto il personale dell'Ospedale valdese di Torre Pellice.
Torre Pellice, 17 dicembre 1993
RINGRAZIAMENTO
«lo confido nella tua bontà,
il mio cuore gioirà
per la tua salvezza»
Salmo 13,15
I familiari di
Silvia Bounous
esprimono profonda gratitudine
a tutte le persone che hanno manifestato la loro solidarietà in questi tristi momenti. Un ringraziamento particolare ai pastori Bruno
Tron e Erica Tomassone.
Pinerolo, 20 dicembre 1993
Il clic
di prima pagina
Un'anziana coppia di palestinesi diretta a Gerico dopo la
guerra del 1967. La strada che la collega a Gerusalemme,
la strada del samaritano, riuscirà a diventare una via della
pace e della riconciliazione?
16
PAG. 12 RIFORMA
Villaggio Globale
VENERDÌ 24 DICEMBRE 1993
I risultati delle elezioni politiche indicano un nuovo Parlamento diviso in tre grandi schieramenti, dalla sinistra all'estrema destra
La giovane democrazia russa alla prova del vento di destra
JEAN-JACQUES PEYHONEL
Le notizie provenienti da
Mosca all’indomani delle elezioni hanno avuto l’effetto di una doccia fredda non
solo in tutte le capitali occidentali che avevano puntato
su una schiacciante vittoria
del presidente Eltsin ma anche in tutti i paesi dell’Europa orientale, ex satelliti dell’
ex Urss, per le folli dichiarazioni fatte dal leader ultranazionalista Vladimir Zhirinovskij, vincitore inatteso di queste elezioni. Anche se gli ultimi risultati riguardanti la seconda metà della Duma, eletta con il sistema maggioritario e uninominale, sembrano
ridimensionare la forza parlamentare del nuovo eroe russo,
il responso delle urne suona
comunque come una pesante
sconfitta per il presidente della Federazione russa che, poco più di due mesi fa, aveva
prima sciolto, quindi attaccato «manu militari» il Parlamento per ripulirlo da quelli
che egli definiva «criminali
comuno-fascisti».
Il risultato è che, dopo queste nuove elezioni «democratiche», tanto i comunisti
della vecchia «nomenklatura»
quanto i nuovi populisti e
reazionari nostalgici dell’era
zarista avranno ora una nutrita rappresentanza nel nuovo
Parlamento. Ironia della sorte: ad aprire la prima seduta
della nuova Duma 1’ 11 gennaio prossimo sarà nientemeno che Anatolij Lukjanov, 63
anni, ex speaker del Soviet
Supremo, uno dei dodici uo
mini in attesa di giudizio per
il golpe dell’agosto ’91.
Certo, è probabile che a
Eltsin importasse innanzitutto
l’approvazione della «sua»
nuova Costituzione («sua» in
quanto non è stata preparata
né discussa da alcuna assemblea costituente), una Costituzione che gli dà i più ampi poteri, compreso quello di
sciogliere in qualsiasi momento il Parlamento. Ciò
spiegherebbe perché Eltsin
non abbia appoggiato nessun
partito particolare durante la
campagna elettorale (i sostenitori delle riforme economiche erano ripartiti in vari raggruppamenti e non solo
in «Scelta della Russia» di
Egor Gajdar) ma abbia fatto
invece un drammatico appello televisivo a sostegno della
Costituzione, a pochi giorni
dal voto, temendo l’astensionismo. Alla fin fine, il quorum è stato raggiunto a malapena, con poco più del 50%
di votanti (una cifra ben lontana da quella del referendum
dell’aprile scorso sulla fiducia al presidente).
A quanto pare, la nuova
Carta costituzionale somiglia
molto a quella della V Repubblica francese, voluta da
De Gaulle. Ma proprio l’esperienza della «coabitazione» alla francese ha dimostrato in questi ultimi anni i
limiti di un simile regime
presidenziale. Eltsin è stato
accusato, anche dai suoi più
stretti collaboratori, di non
aver capito gli umori del paese, in particolare delle molte
regioni autonome lontane da
Mosca: un militante affigge un manifesto elettorale sulla statua di
Lenin, invitante a votare per il partito «Scelta della Russia»
Mosca o da San Pietroburgo.
Potrebbe darsi invece che,
proprio per aggirare una situazione a lui comunque sfavorevole per i tremendi costi
sociali di una riforma economica troppo drastica, Eltsin
abbia cercato un appoggio
popolare ad una Costituzione
che gli consenta di governare
e di portare avanti le riforme
economiche anche contro un
Parlamento ancora più ostile
di prima. In questo caso però
la scelta potrebbe rivelarsi
estremamente pericolosa e rilanciare i vecchi giochi di potere che, dopo aver distrutto
rUrss, potrebbero anche
seriamente compromettere la
stabilità e l’unità dell’immensa Federazione russa.
Oltre alla vittoria dell’ estrema destra, quello del forte
astensionismo appare come il
dato più preoccupante, tanto
più se si tiene conto che queste erano le prime elezioni
pluripartitiche nella storia
della nuova Russia. Tale disaffezione è rivelatrice del
gravissimo disagio che sta
colpendo l’intera società russa. La conferma è data appunto dalle scelte che sono
andate a premiare la folle demagogia di Zhirinovskij. Il
vento di destra, che da qualche tempo soffia sulle democrazie occidentali (Stati Uniti,
Francia, Germania, Italia) ma
che riesce ad essere contenuto grazie alla maturità democratica dei cittadini, potrebbe
invece soffocare sul nascere
la giovane e fragile democrazia russa.
Gestire la transizione dal
totalitarismo alla democrazia
non è una cosa semplice, specie in un contesto socio-culturale così complesso come
quello russo. Ma appunto per
questo Eltsin avrebbe bisogno di ricercare ampie alleanze anziché colpire e liquidare
qualsiasi critica alla sua tentennante linea politica. Ora,
dati i nuovi equilibri politici,
sarà forse costretto ad accettare l’appoggio di quei comunisti che fino a ieri denunciava come i suoi peggiori
nemici ma che, in fondo, fino
a tre anni fa, erano i suoi più
ardenti sostenitori.
In una società allo stremo,
in cui l’inflazione è stata del
2.600 % nel 1992 e del 1.300
% nel 1993, qualunque presidente, anche con poteri eccezionali, deve avere la lungimiranza politica e la saggezza
morale di ritessere pazientemente e disinteressatamente
un tessuto sociale ridotto a
brandelli.
E quanto ha scritto il premio Nobel Alexander Solgenitsin in risposta ad una lettera di auguri di Eltsin per il
suo 75° compleanno (riportato dal Corriere della Sera del
16 dicembre): «...soffro vedendo il terribile impoverimento delle masse popolari,
una privatizzazione che va a
favore di pochi eletti, lo sperpero di ricchezze nazionali,
la corruzione dell’apparato
statale e l’impunità di gruppi
criminali. Non vedo come si
possa sperare in un rapido
miglioramento in questa catena di guai. L’unica soluzione è mettersi in lotta senza
paura e disinteressatamente e
lottare contro queste piaghe
che rischiano di sopraffarci».
A prescindere dalle idee
politiche di Solgenitsin,
notoriamente conservatore e
tradizionalista, è difficile non
condividere l’esattezza della
diagnosi fatta in queste poche
righe da un uomo che conosce profondamente l’anima e
l’animo del popolo russo. Nel
momento in cui lo scrittore
sta per rientrare in patria dopo 20 anni di esilio forzato,
c’è da augurarsi che Eltsin
tenga conto di questo grido di
dolore che riecheggia quello
di diecine di milioni di cittadini russi.
Riforma.
Non perdete
una buona
abitudine.
Parte il secondo anno di RIFORMA.
Eccoci pronti ad affrontare con entusiasmo un nuovo anno di informazione, di
confronti, di iniziative.
Grazie al sostegno di molti amici e abbonati, RIFORMA ha pubblicato più di 800
pagine sulla realtà evangelica italiana e intemazionale, sugli incontri ecumenici
grandi e piccoli, sugli avvenimenti culturali e politici del nostro tempo.
Con il vostro aiuto RIFORMA potrà crescere e restare un giornale libero ed
evangelico. Abbonatevi o rinnovate subito il vostro abbonamento, utilizzando il
c.c.p. n. 14548101 intestato a : Edizioni Protestanti s.r.l.
via San Pio V, 15 bis - 10125 Torino.
ABBONAMENTI ANNUALE SEMESTRALE
Ordinario L. 65.000 L. 33.000
Sostenitore L. 150.000 L. 75.000