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Anno 114 • N. 23
9 giugno 1978 • L. 200
Spedizione in abbonamento postale
1° Gruppo bis/70
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TORRE PEIL ICS
delie valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
RIFLESSIONI SULLA LEGGE VARATA DAL PARLAMENTO ITALIANO
Aborto, una violenza
da rendere inutile
Dovremo impegnarci su due campi in apparenza opposti: lottare per
rendere la legge realmente operante e batterci perché diventi inutile
La prima a pormi di fronte al
dramma dell’aborto fu una vecchia contadina delle Valli, quando mi parlò di sua madre: questa aveva otto figli, e, quando si
accorse della nona gravidanza, si
buttò giù dal fienile, per . cercare
di liberarsi di quella nona bocca
da sfamare. Ci* riuscì, ma rimase
invalida, e toccò alla figlia maggiore (aveva undici anni) tirar su
i fratellini. Li avevano soprannominati « li fiirmiot » i formichini.
Adesso, dopo decenni di discussioni e di rinvii, è stata varata la
nuova legge sull’aborto e mi pare giusto chiederci, come credenti, quale sia il nostro dovere
di fronte ad essa.
Mi torna in mente quel che diceva qualche anno fa un pastore
valdese; « Domani voterò per il
divorzio, e domenica prossima
predicherò contro il divorzio ».
Mi pare che l’affermazione valga anche per la nuova legge sull’aborto, come per molte altre,
nate « per la durezza dei nostri
cuori » ad evitare mali peggiori.
Dovremo quindi impegnarci
contemporaneamente su due
campi in apparenza opposti; lottare cioè per renderla realmente
operante e batterci perché diventi inutile. Essa suonerà come
una beffa finché le donne decise
ad evitare, a qualsiasi costo, una
maternità non troveranno consultori, medici, ospedali che forniscano davvero mezzi meno crudeli di quelli attuali per raggiungere il loro scopo. E per dare loro questa possibilità si dovranno superare grossi ostacoli, e
non solo l’obiezione di coscienza
di molti dottori, che- troppo spesso si accontentano di non collaborare materialmente alla soppressione di una vita, ma si lavano le mani per quel che questo
loro atteggiamento può costare
ad altri. Altri ostacoli nasceranno da chi guadagna parecchio
con gli aborti clandestini, dalla
mancanza di strutture, dalla pigrizia e dall’indifferenza di ohi
dovrebbe prowedere, dalla difficoltà 'per un medico di opporsi
alla scelta del suo primario, è
SOMMARIO
■ Cronaca e principali atti della Conferenza del
I distretto 2
■ A che serve un tem
pio? A cura di Mireille
Gilles 3
■ Notiziario dell'Italia E
vangelica, a cura di Alberto Ribet 3
■ Tentazione e speranza,
studio biblico di Michele Sinigaglia 4
■ Il volto meno noto della Spagna, di Marcella
Bogo e Floriana Bleynat 5
■ Dialogo e non dialogo
con il mondo cattolico
pinerolese 6
■ Mutua Distruzione As
sicurata, di Marie-France Cdisson 8
così via. Ma Fòstacolo più grosso consiste secondo me in un'opinione pubblica che praticamente
costringe la donna ad abortire e
poi la condanna e la disprezza,
spingendola a cercare ad ogni
costo la clandestinità.
Perciò la pgrte più importante del nostro impegno consisterà nel cercare di rèndere inutile
questa legge, tranne naturalmente i casi eccezionali.
L’aborto è sempre una violenza contro la vita, e ne saremo
(come ne siamo già adesso) complici e istigatori, se non sapremo
eliminarne le cause, a cominciare dai nostri atteggiamenti di indifferenza o di sprezzante superiorità verso le ragazze madri o
le famiglie sovraccariche di figlioli.
Lavorare per trasformare radicalmente tutto questo è il compito che ci attende.
Ripensando invece al passato
non è possibile evitare una certa
amarezza per il.nCiodQ in cui si
è giunti a questa legge, che nella sua formulazione attuale pare
non accontenti nessuno.
Prima di tutto, le nostre Camere, dopo decenni di discussioni, progetti e controprogetti, so
no arrivate ad una qualsiasi conclusione solo incalzate dall’ansia di evitare un referendum. E’
ammissibile che il potere legislativo su un argomento così
grave sia esercitato solo quando
il popolo decide di riprenderselo?
E poi anche la campagna pro e
contro referendum e legge è stata troppo spesso condotta con
toni ed argomenti desolanti. Da
una parte gente pronùg„^benedire cannoni e carri''Srmati, o ad
invocare-'il ripristino della pena
di morte, che esaltava il diritto
alla vita, naturalmente solo del
feto, che, ne sono convinta anch’io, è sì un essere umano, ma
non smette al momento della nascita di essere sacro e inviolabile. D^'g^ra parte persone che
inneggiavano al libero aborto, come se un bell’aborto fosse la
massima aspirazione di una donna sana e normale, o che proclamavano, « La mia pancia è solo
mia », come se tutto quel che ci
riguarda non coinvolgesse anche
gli altri, a parte il fatto che un
figlio, sia pure in embrione, non
è un oggetto appartenente a
qualcuno, nemmeno alla pancia
ohe lo contiene
Marcella Gay
LA CONFERENZA DISTRETTUALE ALLE VALLI
Verso un nuovo
metodo di lavoro
« E di tutti questi fogli rosa
che ne facciamo?». Questa la
domanda posta da un membro
della Conferenza quando ormai
era evidente che non vi sarebbe
stato tempo per prendere in esame le relazioni dei vari istituti presenti nel distretto ed i cui
problemi non sono sicuramente
tutti di color rosa come la carta
su cui erano stampate le relative relazioni. Da anni ormai la
Conferenza del I Distretto si
scontra con una tale mole di relazioni, di problemi che, pur importanti, non vengono mai affrontati, per mancanza di tempo. Continuare su questa strada significherebbe votare per la
superficialità e contribuire al disorientamento dei membri della
Conferenza che non fanno in
tempo a registrare l’argomento
del dibattito che già si è passati ad un altro tema.
Da anni si riconosce e si dice
che la nostra Conferenza è, di
fatto, uguale ad un Sinodo regionale: se non altro per l’alto
numero di istituti presenti nel
distretto e che sempre più corrono il rischio di vivere come
dei corpi separati rispetto alle
comunità locali, senza eh« le comunità abbiano nelle loro mani
degli strumenti di valutazione e
di controllo. Come può essere
possibile discutere sulle linee
orientative degli ospedali, delle
case per anziani, del lavoro coi
minori in un paio d’ore durante un pomeriggio di maggio?
Come è possibile che la Confe
A che serve un tempio?
occasione del 10° anniversario del tempio di Montevideo
— nella foto un gruppo di partecipanti alla giornata commernorativa — si è riflettuto sulla funzione di un tempio evangelico
in ambiente urbano. Il servizio a p. 3.
Dal culto della Conferenza del 1° distretto
La parola di Dio non
manca il bersaglio
« Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver annaffiata la terra, senza averla fecondata e fatta
germogliare si da dar seme al seminatore e pane da mangiare, cosi
è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non toma a me a
vuoto, senz’aver compiuto quello che io voglio e portato a buon
fine ciò per cui l’ho mandata» (Isaia 55: 10-11).
renza riesca a dare delle indicazioni di fondo su problemi che
poi passeranno in Sinodo con
la pregiudiziale di un dibattito
avvenuto in sede di Conferenza
e che ha appena il tempo di rendersi conto dei grossi problemi
che stanno dietro alle opere,
soprattutto in questo momento
in cur ia legge regionale n. 382
intende rivedere il quadro generale dell’assistenza?
Senza nessuna pretesa o garanzia che salvaguardi il futuro
da errori sempre possibili, la
Conferenza ha quindi deciso
una innovazione la cui applicazione non concernerà soltanto
il metodo di lavoro ma potrà
rivelarsi di grande utilità per il
contenuto stesso della discussione generale.
A partire dal prossimo anno
la Conferenza del primo distretto sarà convocata in due momenti diversi: il primo (di una
giornata e mezza) in cui si affronteranno tutti i problemi
concernenti la vita delle chiese
ed il lavoro generale del distretto; il secondo, la domenica seguente, in cui si affronterà la
questione dell’assistenza, vale a
dire l’operato della Commissione Istituti Ospedalieri Valdesi e
le questioni degli altri istituti
presenti nel distretto, secondo
le indicazioni che emergeranno
dalla relazione della commissione d’esame e su indicazioni della Commissione Esecutiva Distrettuale. g.
Vien voglia di ridimensionare
subito la portata di questa dichiarazione e di pensare che come a noi ogni tanto scappano
delle affermazioni incontrollate,
così sia successo-anche al profeta. Non è così. Infatti questa
convinzione del profeta è il perno attorno a cui ruota il suo intero messaggio, potremmo dire
l’assunto di tutta la sua riflessione teologica. La contraddizione
che noi viviamo è chiara: mentre verifichiamo continuamente
l’ineflicacia della nostra predicazione, la Bibbia ci parla invece dell’efficacia della parola di
Dio. Come uscire da questa contraddizione?
Non mancano nella nostra società delle vofii che, di fronte a
certe affermazioni della chiesa,
invitano i cristiani ad imparare
il valore del silenzio. Una chiesa
silenziosa è da preferirsi ad una
chiesa sempre pronta a dire la
sua, in ogni circostanza, nel nome di Dio. Che dire di questo
suggerimento? E' vero, molto
spesso il silenzio è autenticamente migliore di certe parole e di
certi atteggiamenti.
Detto questo però occorre subito chiarire che il silenzio in sé
non ha alcun potere purificatore; non serve perché la chiesa ritrovi la sua perduta ispirazione.
Ciò che può dare ispirazione alla
chiesa non è il suo silenzio ma
la sua disponibilità e capacità di
ascolto della parola di Dio.
Per noi evangelici poi, in questa situazione di riscossa cattolica e democristiana, di nuova credibilità del papato, in cui non si
perde occasione per colpire e
svuotare quelle piccole ma significative conquiste popolari degli
ultimi anni, nella società come
nella chiesa, il rifugio nel silenzio sarebbe veramente un calpestare la nostra vocazione. Il silenzio non è quindi un’alternativa all’inefficacia della nostra pre
dicazione. E l’alternativa al silenzio è la parola.
E’ vero che noi ci sentiamo più.
vicini a profeti come Amos, come Geremia o Ezechiele che provano ogni giorno la dura esperienza di una predicazione inascoltata, che non produce ravvedimento. Il II Isaia però non dice che la sua predicazione sia
ascoltata, dice invece che la parola di Dio è efficace, opera nella
storia indipendentemerite o nonostante il non ascolto degli uomini. Il II Isaia predica l’efficacia della parola di Dio a gente
che ha letto negli avvenimenti
della storia la sconfitta e l'inefficacia di questa parola: l’esilio
a Babilonia. Ora però che il giudizio di Dio predicato dai profeti si è realizzato, il II Isaia può
annunciare, incondizionatamente,
la volontà di salvezza e di liberazione di Dio. Il rimpatrio degli esiliati, il « nuovo esodo » non
sarà più una fuga, confusa ma^
una marcia trionfale con canti
di giubilo a cui prende parte la
natura intera. A partire da questo avvenimento si forma la sua
teologia che gli fa scoprire l’eternità della parola che Dio pronuncia e che si pone oltre il suo ministero di profeta: le generazioni
passano, ma la parola di Dio sussiste in eterno (40: 8), l’uomo è
una creatura fragile e passeggera, ma Dio vive in eterno. La sua
parola non è legata all’esistenza
di un profeta anche se cerca delle bocche per essere annunciata.
Ecco che cosa significa per il II
Isaia « parola che non torna a
vuoto », parola efficace.
Questa lettura della storia ha
dello sconcertante: che cosa succederebbe se noi cercassimo di
individuare nella nostra storia
l’opera che Dio compie? Incapaci come siamo a riconoscere la
sua presenza nella nostra vita
Ermanno Genre
(continua a pag. 3)
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9 giugno 1978
LA CONFERENZA DEL 1°^DISTRETTO
I lavori dell'assemblea annuale
La Conferenza distrettuale del
primo distretto si è tenuta quest’anno nel tempio dei Chiotti
sabato pomeriggio 27 maggio e
domenica 28.
I lavori sono iniziati con la
elezione del seggio della conferenza : presidente è stato eletto
il pastore Ermanno Genre, vicepresidente Dino Ciesch, segretari Bruna Frache, Marco Pasquet
e Aldo Lausarot.
Si inizia con la lettura della
relazione della commissione d’esame sull’operato della CED (relatore Augusto Armand Hugon).
A nostro parere i punti più importanti affrontati nella discussione sono stati i seguenti :
vita delle chiese, questione giovanile, istruzione religiosa, funzionalità dei circuiti e, infine, il
grosso dibattito sulla stampa
locale e in particolare l’utilizzazione della Circolare alle chiese
del distretto, conosciuta col nome di « Bollettone ».
Come è ormai tradizione, il
pomeriggio della domenica è
stato dedicato ai problemi della
CIOV e alle elezioni della CED
e della commissione d’esame.
La Conferenza ha espresso
una parola di solidarietà, con un
apposito o.d.g. alla comimità di
Agape e a quella di S. Labaro di
Pinerolo, in riferimento alle accuse rivolte da « DC notizie ».
La Conferenza si è rallegrata
del buon inizio del servizio del
pastore Bruno Rostagno in Uruguay e gli ha inviato un messaggio di saluto e di riconoscenza
per il lavoro che egli ha accettato cki svolgere presso i fratelli
del Rio de la Piata,
Per quanto concerne la vita
delle chiese è emersa la necessità di accrescere i contatti personali e l’informazione ad ogni
livello per combattère il crescente conformismo all’ambiente circostante, con evidenti segni di
« cattolicizzazione », vale a dire
atteggiamenti che contrastano
profondamente con lo spirito riformato della nostra chiesa.
Occcorre saper rivalutare i
ministeri dell’anziano e del diacono, che rischiano oggi di ridursi al ruolo di «esattori» delle
offerte delle comunità. Collegata a questo discorso la questione più volte sollevata dalle precedenti conferenze, cioè l’informazione, giudicata da molti insufficiente e a volte di difficile
comprensione, sia L’Eco-Luce
che radio e ’TV. Parere imanime
sul fatto che l’Eco-Luce non deve essere im foglio parrocchiale ma deve abbracciare un arco
molto più vasto di interessi collegati con la nostra realtà.
Un apposito o.d.g. invita la
Tavola ad approfondire questo
problema per trovare una soluzione pratica che permetta questa maggiore informazione locale di cui si sente fortemente la
necessità.
Circa la valutazione dell’inserimento della Circolare del distretto nell’Eco delle valli il dibattito è stato più acceso; nel
senso che accanto a difficoltà
di ordine tecnico ed economico
(e qui si è però notato che sono circolate delle voci assolutamente infondate circa i costi),
vi sono state comunità che non
hanno usato questa possibilità,
secondo l’indicazione della Conferenza dello scorso anno (Villar Penice). La Conferenza, pur
prendendo atto delle difficoltà
in cui alcune grosse comunità
Si trovano, dopo un solo anno
di esperimento non ha ritenuto
di dover abbandonare questa linea ed ha quindi invitato le comunità a continuare l’esperimento anche per questo anno in
vista di un giudizio più realistico ed ha invitato la Redazione
dell’Eco a tener conto di questo
inserimento nell’impostare i numeri che saranno distribuiti nelle famiglie non abbonate.
Sulla questione giovanile si
sono spese poche parole ; la conferenza ha ritenuto di dover indicare lo studio di questo problema alle comunità per il prossmo anno ecclesiastico, pur chiarendo che la questione non è
soltanto quella giovanile perché
investe ogni fascia di età nella
vita della chiesa.
Infine si è toccato anche il
problema deH’istruzione religiosa, sia negli istituti della chiesa,
sia nella scuola di stato. Anche
qui manca ancora chiarezza.
L’interrogativo che è sorto è
questo; cosa succederà dopo la
eventuale firma delle intese?
Il discorso sui circuiti ha visto pareri diversi : positivi là
dove il lavoro circuitale ha ormai assunto un ruolo ed uno
spazio ben definiti (3° circuito
- Val Glermanasca), in parte negativi o scettici dove invece manca ancora un ritmo di lavoro
(Val Penice e Val Chisone). Il
problema quindi non è quello di
dimostrare l’inutilità dei circuiti ma di utilizzare questo strumento per favorire la collaborazione e lo scambio fra comunità di una stessa zona ad evitare
il rinchiudersi in un’ottica campanilistica mai del tutto tramontata.
Buia relazione CIOV il dibattito si è svolto a livello di tecnici, anche se si è apprezzato molto il lavoro svolto dalla commissione CIOV e dalla commissione d’esame. La questione rimasta aperta è quella della figura del presidente: deve essere un pastore o un laico, a pieno tempo o no?
La Conferenza non si è senti
ta in grado di prendere una decisione in merito ed ha investito
Tavola e CIOV a voler presentare delle soluzioni concrete in
vista del Sinodo.
Le elezioni della CED, in seguito alle dimissioni del pastore
G. Tourn e al posto rimasto vacante in seguito all’elezione in
Tavola di Valdo Pornerone, hanno dato l’esito seguente: presidente Bruno Bellion, vice Claudio Tron, segretario Marco
Ayassot, membri Liliana Viglielmo e Dino Ciesch.
La commissione d’esame è
stata nominata nelle persone di
Renato Coisson relatore. Lidia
Qardiol e Giancarlo Bòunous.
Sede della prossima Conferenza ordinaria Pinerolo, predicatore d’ufficio il pastore Giuseppe Platone.
In conclusione una Conferenza molto positiva soprattutto
per la correttezza e la fraternità manifestata in ogni momento del dibattito, pur nella diversità di opinioni.
Flavio Micol,
Silvana Marchetti e
Lorena Meytre
Dagli atti della Conferenza
■ La Conferenza Distrettuale, riunita a Chiotti I giorni 27 e 28 maggio 1978, preso atto delTmiportanza
della questione giovanile, chiede alle
comunità e ai circuiti di farne oggetto di attenta riflessione durante l'an^no ecclesiastico 1978-79, nelTambito
della discussione suireducazione in
vista della fede.
B La Conferenza Distrettuale, dopo
ampia discussione sul problema delTabbinamento Circolare-Eco delle
Valli, ritenendo valida e buona Tiniziativa, decide di prolungare l'esperimento anche aumentando il numero degli inserti durante l'anno; invita le comunità a servirsi tutte di
questi strumenti di informazione ed
a riferire dettagliatamente alla prossima Conferenza Distrettuale.
I La Conferenza Distrettuale, dopo ampia discussione sul problema
dolía stampa nel Distretto ( Lettera
circolare del I Distretto ed Eco delle
Valli ) e in relazione alla insufficiente diffusione della stampa evangelica di informazione, invita il Sinodo
a studiare una soluzione atta a soddisfare sia le esigenze della informazione stessa che la loro qualificazione nel senso evangelico, in un lln
guaggio il più largamente accessibile. Invita le comunità a fare oggetto di studio il problema dell'Informazione nelle chiese durante il
prossimo anno ecclesiastico.
H La Conferenza, a conoscenza
delle gravi ed infondate accuse rivolte contro il Centro Ecumenico di
Agape e la Comunità Cattolica dì S.
Lazzaro di Pinerolo dall'organo democristiano di Pinerolo €c DC Notizie », esprime la sua solidarietà cristiana a questi credenti e denuncia
il metodo scorretto e antidemocratico della DC pinerolese che, ha voluto colpire ed emarginare dei credenti che hanno più volte espresso il
loro dissenso e che per questo si
vorrebbero far tacere.
B La Conferenza decide che, in
via sperimentale, la prossima assemblea si tenga in due distinte sedute :
la prima il sabato pomeriggio e la
giornata successiva dì domenica per
lo svolgimento dell'ordine del giorno relativo alla vita del Distretto e
la seconda il pomeriggio della domenica seguente per l'esame dell'operato della C.I.O.V. e delle opere
del Distretto.
CENTENARIO DEL TEMPIO DI VALLECROSIA
Una porta aperta
Domenica 21 maggio la Comunità di Vallecrosia ha celebrato
il centenario del suo tempio, che
è quasi anche quello della comunità stessa, in una atmosfera di
gioiosa riconoscenza al Signore
ed a quanti nell’arco di questi ultimi cento anni sono stati strumenti nelle sue mani per la testimonianza all’Evangelo in questa
zona.
Al culto del mattino presieduto dal pastore Giovanni Peyrot
(testo di predicazione Apoc. 3; 8
«Ecco io ti ho posto dinanzi una
porta aperta») i partecipanti
hanno gremito il tempio, provenienti da diverse parti e soprattutto da San Remo dove, con gesto fraterno, il culto era stato
sospeso per consentire una partecipazione compatta a quello di
Vallecrosia. Larga pure la partecipazione alla santa cena che ha
costituito il momento culminante dell’incontro del mattino.
Circa 80 i commensali che si
sono seduti a tavola per l’àgape
fraterna preparata con cura nell’amnio salone della Casa Valdese, dopo avere visitato la « sala
della ricordanza », come qualcuno l’ha definita, nella quale erano stati disposti a documentazione del passato registri, elenchi
statistici, documenti vari, nonché le fotografie di tutti i Pastori che in cento anni si sono succeduti nell’esercizio del ministe
ro pastorale in Vallecrosia. Un
« protocollo ricordo » messo a
disposizione si è andato rapidamente infittendo di firme a testimonianza della partecipazione
alla celebrazione centenaria.
Il pomeriggio ha avuto luogo
un incontro comunitario celebrativo nel corso del quale il pastore Guido Mathieu, dono avere
dato comunicazione delle numerose adesioni scritte fatte pervenire da coloro che pur desiderandolo non avevano potuto intervenire. ha rievocato il passato della Comunità di Vallecrosia accennando in particolare ai fondatori deH'opera: Don Francesco
Aprosio e Mrs Louise Boyce, nonché ai 18 Pastori che si sono succeduti e che insieme ai membri
del Consiglio hanno condotto innanzi aueU’opera con fede e con
coraggio in mezzo a difficoltà di
vario genere e con la gioia del
.servizio reso a Dio ed alla sua
Chiesa.
Attorno ad una ben guarnita
tazya di thè i ricordi, più personali ouesti, hanno continuato ad
essere rievocati dai oiù anziani
fra i presenti con palese commozione.
Una tappa così si è conclusa
ma il cammino continua, deve
continuare, verso quelle mete che
il Signore si compiacerà di additare.
PROTESTANTESIMO IN TV
Occasione colta
o mancata?
Oltre alla recensione della trasmissione — che di volta in volta
chiediamo a qualcuno dei nostri collaboratori — questa volta ci è giunta
in redazione anche una « recensione spontanea ». Normalmente avrebbe
trovato il suo posto nella rubrica <c a colloquio con i lettori », essendo
oltre a tutto una lèttera. Ma si dà il caso che il suo contenuto sia
Vesatto contrario della recensione redazionale^ quasi si trattasse delle due
facce di una medaglia. Riteniamo perciò che vederle insieme non guasti
e possa suscitare nei lettori un'utile riflessione c, perché no, un dibattito.
Dritto...
Da una trasmissione che potremmo definire cc culturale-ìnformativa » 'Come il nostro <t Protestantesimo y> ci si aspetta essenzialmente
^ue cose : a) un contenuto, cioè
(Qualcosa che resti, che faccia riflettere, che comunichi delle realtà,
trasmetta delle idee; b) una forma
snella, scorrevole, che non appesantìsca, ma tenga sempre viva l’attenzione. Raramente, a mio avviso, la rubrica ha saputo centrare
questi due obiettivi con altrettanta
efficacia come in questa trasmissione dedicata al canto delle corali.
Dal punto di vista tecnico poteva fóservi il rìschio che un numero così rilevante di canti, immersi
in una serie ricca di immagini e
luoghi diversi, finisse per distogliere l’attenzione e diventare un « collage » abbastanza frammentario e
slegato. Ma così non è stato, perché
il tutto era sapientemente armonizzato e il commento faceva egregiamente da legame fra le varie immagini e l’esecuzione dei canti.
Questi davano l’impressione di essere stati preparati con estrema cura ed eseguiti assai bene, in modo
sobrio e lineare, senza mai cadere
in un tono enfatico che potesse
suonare in qualche misura autolaudativo. Anche la scelta dei canti è
parsa felice proprio per la varietà
delle caratteristiche : dal salmo, alla
complainte, all’inno, al brano di
tipo folkloristico.
Ma, al di là del lato estetico e
formale, ci dobbiamo chiedere se la
trasmissione ha risposto all’esigenza centrale per cui è stata messa
in onda e cioè rendere una testimonianza chiara ed efficace. A questo proposito diciamo subito che il
canto è uno dei mezzi dì espressione è di comunicazione‘ più efficaci
ed esso è stato usato, nel modo migliore, cioè evidenziando lo sforzo
di dare risalto alle parole più che
alla musica. Se si crede ciò che si
canta, si supera la superficialità e
si trasmettono non solo sensazioni,
ma contenuti. Questo, ci sembra,
sia stato fatto e la serietà e compostezza con cui ogni canto era
eseguito ne sono stati segno evidente. Interessante forse ricordare qui
il parere di amici cattolici che
hanno detto ; « Il vostro canto non
solo ci fa entrare subito in un tipo
di atmosfera diversa, ma ci obbliga ad ascoltare le cose che vengono dette ».
In sostanza cosa si è detto? Canto e commento hanno narrato, in
alternanza, scorci della nostra storia; il diffondersi della fede dalle
Valli verso l’Italia tutta; storia di
gioia, di fede, di impegno, di sofferenza e di speranza. Chi ha seguito la trasmissione e non conosceva
il nostro canto ne è stato certo in
teressato e penso anche afferrato;
chi lo conosceva ha potuto rendersi
conto di quanto il canto p<^sa dare ed esprimere, grazie all’impegno
paziente di tutti i coralisti e all’abilità di chi ha messo in piedi
la trasmissione.
Qui, però, si innesta la nota meno lieta, che possiamo riassumere
nella domanda : « Il popolo che
canta, cosi come ci è stato presentato, siamo veramente noi? Non è
forse un po’ tutto idealizzato? ».
Chi ha visto la trasmissione di lunedì 29 e poi entra in una delle
nostre chiese avrà ben altra impressione del nostro cantare, oltre che
del nostro partecipare al culto.
Perciò, al di là dell’indiscutibile testimonianza resa airesterno, ben
venga a noi il richiamo a cantare
di più e meglio dentro e fuori le
mura delle nostre chìe^.
Marco Ayassot
• • •
e rovescio
Spett. Redazione,
Sono un appassionato di musica
e ho seguito lunedi 29 sera la trasmissione televisiva « Il canto di
un popolo-chiesa ». Ho avuto l’impressione di una grande occasione
mancata.
Al di là della discriminazione sistematica operata dalla RAI nei
confronti delle minoranze, mi chiedo se valesse la pena di mobilitare la disponibilità di tante persone (per non parlare del costo delle
registrazioni e delle riprese filmate)
per ottenere un risultato così misero, o al limite, controproducente.
Personalmente conosco la storia dei--Valdesi e anche i loro canti, per cui posso sorvolare su questa trasmissione, considerandola
un’esperienza mal riuscita e basta;
ma ciò che mi dispiace è che persone non molto informate e proprio
mobilitate da me per l’occasione,
abbiano parlato della « solita propaganda religiosa » e del « solito
folclore ». Ma questo si spiega: dato il titolo della trasmissione e ciò
che è stato detto all’inizio (che cioè
« non sarebbe stata la solita trasmissione, ma che sì sarebbe lasciato spazio al canto, poiché dei Vaidesi si era parlato in altra occasione) era lecito attendersi qualche
— breve — commento introduttivo
e un esempio consistente e completo del repertorio delle corali;
tra l’altro, quest’ultimo non è riducibile agli esempi riportati, che sono stati quasi tutti in direzione
« popolare » (si pensava forse che
alle 23,15 larghi strati di masse
popolari stessero incollati al televisore o, peggio, cl^ Bach fosse loro
vietato?). E invece... una miscelazione selvaggia coro-voce ha scandito la trasmissione, riducendo cc il
canto di un popolo-chiesa » a sotto
fondo dell’agit-prop dì turno, mortificando il visibile impegno dei
coralisti e suscitando negli ascoltatori una vera reazione di rigetto.
Per quanto riguarda me. che
attendevo con gioia la possibilità di
avvertire nuovamente Timpatto culturale di otto secoli di storia attraverso l’espressione del canto, la delusione di questo continuo, scorretto (soprattutto nei confronti dei coralisti) spezzettamento assimilava la
voce del commentatore a quella di
una specie di disk-jockey della fede.
Cosa ancora più insopportabile in
quanto neppure le elementari velleità del regista riuscivano a liberarsi dal « folclore a tutti i costi »,
generando un senso di oppressione
perfettamente intonato al dilagare
enfatico della voce.
La conclusione è amara, perché
tra il pubblico c’era senz’altro qualcuno che attendeva di ricevere un
messaggio in qualche misura « alternativo ».
E non sono certo il solo a pensare che l’unicità e la bellezza di un
avvenimf*nto del genere sì siano
risolte di fatto in un’operazione
culturale sbagliata.
Angelo Grillo
3
9 giugno 1978
i
i
Ínoti
ZIE DALLA REGIONE RIOPLATENSE
a cura di Mirella Gilles
J
A che serve un tempio?
Prospettive di
pio
una
presenza protestante a Montevideo - Ma se il
sparisse la chiesa sussisterebbe ancora?
tem
Dio è più che un tempio. Anche
per noi la chiesa è ben più che
un tempio. La chiesa siamo noi,
il tempio è il luogo dove adoriamo Dio. La comunità converge
al tempio e trova una nuova dimensione disperdendosi nella
città come il lievito nella farina
perché tutta la massa lieviti.
Siamo molto lieti di iniziare
con questo primo contributo
la collaborazione della nostra
corrispondente dalla Regione
Rioplatense, a questo designata dalla Mesa Vaidense.
La Chiesa Evangelica Valdese
di Montevideo ha compiuto 25
anni di vita nel 1977. Questo « ramo giovane di un albero vecchio » fu fondato da un gruppo
di persone, in maggioranza giovani ,venuti a Montevideo dall’interno dell’Uruguay per studiare
o lavorare. Questo gruppo giovanile si riunì per diversi anni
nei locali delle chiese metodiste,
luterane e battiste. Agli inizi il
gruppo dipendeva dalla chiesa di
Colonia Vaidense e della sua cura fu incaricato per alcuni mesi
il pastore Aldo Comba della Commissione Esecutiva della Chiesa
valdese. Sua moglie, Fernanda
Comba, insieme ad altre sorelle,
fondò la lega femminile nel 1952.
Nel 1953 fu nominato pastore
della nuova chiesa Juan Tron
che inizia e continua l’opera di
costruzione del tempio. Per iniziativa della moglie del post.
Tron comincia, con pochissimi
bambini, l’attività della scuola
domenicale e quindi il catechismo. L’unione giovanile che aveva riunito all’inizio i valdesi di
Montevideo è il nucleo centrale
della nuova chiesa ed i suoi
membri ne formano il Concistoro.
Il tempio fu consacrato nel
1968 « Alla Gloria di Dio e in
commemorazione del centenario
della colonizzazione valdese nel
Rio de la Piata ». Il 9 aprile 1978
è stato celebrato il 10° anniversario di questa consacrazione
con un culto seguito da un incontro fraterno.
Fra i pastori che hanno rivolto
un messaggio in questa occasione il pastore Carlos Delmonte ha
parlato su « La ragione d’essere
del nostro tempio a Montevideo ». Riteniamo utile riportare
la parte principale di questo
messaggio centrato sul rapporto
tra il tempio e la comunità in un
ambiente urbano.
« Il tempio ha sempre occupato un posto molto importante
nell’ecclesiologia valdese. Quando i nostri nonni arrivarono al
Rio de la Piata costruirono templi e scuole. Questi due edifici
sono l’espressione concreta di
una comunità a cui Gesù Cristo
ha affidato una missione e ohe
vuole essere una chiesa che pensa in una costante ricerca di rinnovamento. In questa concezione
della chiesa, sta anche il senso
attuale della nostra presenza a
Montevideo. Siamo qui, mandati
da qualcuno per realizzare qualcosa. Il tempio è un simbolo, e
10 strumento per una missione,
perciò non si tratta di sapere se
11 nostro tempio è ben situato,
se ci iserve, e che attività vi inizieremo. Si tratta di sapere se
stiamo compiendo o meno la nostra missione di chiesa con tutto
ciò che questo implica.
Il pastore Carlos Delmonte
Come possiamo lavorare oggi
guardando al futuro? Come possiamo intravvedere il futuro nel
nostro divenire attuale? Quale
sarà domani il modo giusto di
essere chiesa in questa città?
Queste sono le questioni essenziali; molto più del fatto che abbiamo da usare questo strumento per il culto, espressione liturgica della nostra adorazione a
Dio: il tempio c’è, costruito con
molti sacrifici e lo useremo. Il
culto si ripeterà ogni domenica,
cambierà la sua forma, la sua
espressione, ma rimarrà un punto di riferimento della adorazione della nostra comunità. Qso
affermare che anche se questo
edificio fosse venduto o trasformato per altri usi che oggi non
possiamo nemmeno immaginare,
finché esisteranno membri della
Chiesa valdese a Montevideo, ci
sarà un culto di adorazione a
Dio. Perché la comunità in questo troverà la sua identità: nell’adorare un Dio che ci chiama
a farlo.
Mi ha sempre colpito il fatto
che in Apocalisse 21: 22 Giovanni il veggente di Patmos dice che
nella nuova Gerusalemme non ha
visto il tempio. Con questo non
intende disprezzare tutto ciò che
è culto e santuario. Ma il tempio,
necessario per noi sulla terra,
non è altro che « l’ombra delle
cose che verranno ». Il tempio,
come sintomo del desiderio umano di non lasciare posto a Dio
nella vita degli uomini confinandolo perciò nel santuario, il
tempio sparirà. Ma per quanto
Dio sia ridotto ad esprimere la
sua presenza solo tra le quattro
pareti di un tempio,* Egli ha deciso di essere ugualmente presente in un mondo che non vuole essere il suo « Tempio Santo ».
Nella nuova Gerusalemme il Signore stesso è tempio. Il tempio
scompare in quanto simbolo della presenza di Dio nel mondo
perché Dio è visibilmente presente tra i suoi figli. Per Giovanni
Una funzione
per il domani
Questo tempio potrà servire
come punto di riferimento. Qui
potremo realizzare le nostre assemblee e potranno convergere
le attivila. Ma quali attività? In
primo luogo il culto di adorazione, ma anche altre. E non abbiamo bisogno di molti templi o
sale per realizzare diverse attività nella città. Si potranno cercare famiglie disposte a prestar
casa loro, per avere durante la
settimana molte riunioni per studiare la Bibbia, cantare, parlare dei nostri problemi e condividere le nostre aspirazioni. Se riusciremo ad avere in determinati
punti della città gruppi di famiglie guidate nelle loro attività da
alcune persone che accetteranno
di operare come responsabili, allora di tanto in tanto si potrà
anche organizzare nel tempio
una specie di incontro collettivo
di questi gruppi.
È in fondo lo schema di lavoro dei nostri antenati: un tempio al centro della colonia e m«aza dozzina o una dozzina di scuole col loro maestro che insegna
a leggere e scrivere e insieme a
leggere la Bibbia. E una struttura di lavoro che mi pare ancora
utile a cent’anni dal suo inizio,
utile in una città come questa
{continua a pag. 8)
Notizie daii’itaiia evangeiica
a cura di Alberto Ribet
DAL MONDO
AVVENTISTA
Gli Avventisti, nella loro opera di evangelizzazione, danno
molta importanza all’uso degli
audiovisivi, le loro conferenze
sono abitualmente accompagnate da proiezioni di filmine ed anche di fllms, alcuni dei quali di
notevole valore.
venduti 61.100 libri (per un totale di 10.806.100 pagine) e 946.973
riviste (per un totale di 35.305.966
pagine). È bene notare che accanto alla produzione di carattere rigidamente religioso, sono
anche editi libri di educazione
e di igiene sempre però a sfondo religioso. Si prevede per l’anno in corso un notevole sviluppo
nella diffusione del libro avventista.
Molta importanza viene anche
data alla stampa; sono in servizio presso la Chiesa Avventista
un notevole numero di colportori, ben preparati da appositi
corsi. Nel mondo vi sono oltre
50 case editrici avventiste che
stampano libri ed opuscoli in
oltre 250 lingue.
Ultimamente in Italia è stata
inaugurata una moderna e ben
attrezzata tipografìa che promette di dare un notevole incremento alla diffusione della stampa
avventista. Secondo le statistiche ufficiali della Casa editrice
Avventista nel 1977 sono stati
Secondo la Chiesa Avventista
il primo obiettore di coscienza
in Italia è stato il pastore avventista Alberto Long (attualmente pastore emerito avventista a Torre Pellice) il quale come obiettore è stato condannato durante la prima guerra mondiale a sette anni di carcere militare.
NOVITÀ
ROLF RENDTORFF
Protagonisti
dell’Antico Testamento
Patriarchi, Re e Profeti
pagg. 144, L. 3.2(K)
Profili aggiornati delle principali figure bibliche, che
fòrmano una « breve storia » dell’Israele Antico.
ALDO COMBA
Le parabole di Gesù
pagg. 96, L. 2.500
Nuova versione (di B. Corsani). Commento e applicazioni, per una « riscoperta » dell’intenzione originaria di
Gesù.
CLAUDIANA - Via Principe Tommaso 1
c.c.p. 2/21641
Torino
La Chiesa Avventista si è data da fare per im riconoscimento degli obiettori avventisti che
sono stati autorizzati a compiere il servizio sostitutivo presso
la Chiesa stessa. In data 4 aprile 1978 il iMinistero della Difesa
rilasciava alla Chiesa Avventista la seguente dichiarazione:'
« Si dichiara che in data 10
dicembre 1975 è stata firmata a
Roma, ai sensi dell’art. 5 della
legge 15 die. 1972 n. 772, una convenzione tra il Ministero della
Difesa e l’Unione Italiana delle
Chiese Avventiste del 7" giorno.
Detta convenzione ha lo scopo
di regolare il distacco di obiettori di coscienza che hanno optato per il servizio civile, presso
detta Unione, per l’espletamento del servizio stesso...».
sta, Livorno, La Spezia. La tenda « Sardegna » sarà eretta in
due periodi a Sassari. La tenda
« Sicilia » oltre che nella provincia di Foggia, a Carpino, Vico
Garganico, Manfredonia, sarà
eretta a Tolve (prov. di Potenza); a Ribera (prov. di Agrigento); a Randazzo (prov. di Catania). La tenda « La pace » agirà invece nel Napoletano (a Bacoli, a Castellammare di Stabia,
a Rimonte, ed a Palma Campania). La tenda «Vita Nuova»
sarà eretta nel Milanese, a Cologne Monzese ed a Pero; infine la tenda ,« Mantova » opererà
nel Mantovano a Cerese di Virgilio ed a Castellucchio. Sono
quindi otto tende che visiteranno 25 località. Da notare l’importanza data all’opera di evangelizzazione in Puglia dove la
Chiesa dei Fratelli annovera una
trentina di comunità. Il programma di quest’anno interessa
dieci regioni d’Italia e tredici
provincie. La Chiesa dei Fratelli chiede alle comunità di accompagnare quest’opera di testimonianza cristiana colla preghiera.
ASSEMBLEE DI DIO
CHIESA DEI FRATELLI
Dati gli incoraggianti risultati dell’Evangelizzazione « sotto
la tenda », la Chiesa dei Fratelli ha preparato per quest’anno
il seguente programma: la tenda «Azzurra» opererà in Foligno e Città di Castello (Prov.
di Perugia) : la tenda « La buona Novella» sarà eretta a San
Nicandro Garganico, a Ortanova, ad Apricena (Prov. di Poggia) ed a Potenza; la tenda «La
Parola» opererà a Genova, Ao
La parola
di Dio
(segue da pag. 1)
Anche se comunità Pentecostali sono sparse in tutte le provincie italiane il maggior numero di comunità si trova nell’Italia Meridionale ed in Sicilia.
Mentre in Piemonte agiscono
una decina di comunità se ne
hanno un centinaio in Campania
mentre che in Sicilia esse superano le 150. E sono comunità
nelle quali ferve l’attività. In
questi ultimi mesi due locali sono stati aperti (a Catania ed a
Niscemi) ; a Castellammare del
Golfo è stata compiuta una campagna di evangelizzazione «sotto la tenda » mentre che a Campobasso sono stati distribuiti
10.000 opuscoli e durante ima
campagna evangelistica a Monopoli (Bari) sono stati distribuiti 50.000 opuscoli, 2.000 porzioni
bibliche, e 100 corsi Biblici. Questa intensa attività evangelistica
ci spiega il continuo estendersi
dell’opera pentecostale, sopratto in certe regioni dTtalia.
individuale, familiare e comunitaria, come potremo osare tanto?
Eppure, tra lo svelare i misteri
di Dio, ed il vivere senza orientamento dobbiamo essere capaci
di trovare dei segni che ci permettano di avere delle indicazioni per il nostro lavoro. E’ un impegno che ci coinvolge tutti e
che comporta il confronto dei
doni che il Signore oggi ci dà.
La parola di Dio non torna a
lui a vuoto. La nostra predicazione invece sì, spesso cade nel vuoto: le nostre parole sono spesso
parole vuote, che non producono
frutto. Non dobbiamo confondere o identificare i due piani del
discorso e pensare che ciò che
noi predichiamo è su per giù
uguale alla parola di Dio. Il II
Isaia precisa: « così è della parola uscita dalla mia bocca »,
cioè dalla bocca di Dio, non dalla nostra; questo è ciò che determina il non ritorno « a vuoto ».
E questo non rientra nelle nostre possibilità di controllo: Questo fa parte del mistero di Dio,_
della sua libertà nei confronti
delle nostre parole. E questo è
per noi una benedizione.
La parola di Dio ritorna a lui.
Vuol dire che non resta sulla
terra: non si diluisce nella natura o nella storia, né si deposita
nella chiesa. Ritorna a Dio dopo
aver operato ciò - che doveva.
Questo significa per noi due cose
concrete e salutari: a) ci risparmia di cercare questa parola a
partire dalla nostra realtà umana, dalla nostra storia, dalla nostra teologia, per arrivare a Dio.
Tra il nostro mondo e la realtà
di Dio non esiste un guado naturale. Le vie di Dio non sono le
nostre vie ed i suoi pensieri non
sono i nostri, ci ricorda il II
Isaia. Significa che c’è un « sopra » e un « sotto » che deve essere riconosciuto, che non si può
ridurre tutto ad una sola dimensione. b) In secondo luogo significa che la parola di Dio non è
destinata a cadere nel vuoto, nel
nulla, ma si riferisce ad un progetto, ha uno scopo, un obiettivo. Qgni nostro fare della teologia che non sappia trovare il suo
riferimento in questo « sotto »,
cioè in Questa nostra realtà terrena, rischia di ridursi a pura
fraseologia che ha come conseguenza lo svuotamento di quella
parola che intende servire. Non
è dunque la nostra ricerca teologica a determinare la parola dì
Dio ma al contrario è questa sua
parola che « non torna a lui a
vuoto » che motiva e giustifica la
nostra riflessione. Fuori da questa prospettiva ogni ricerca teologica è vana e inefficace.
La parola di Dio torna a lui
dopo aver compiuto ciò per cui
è stata mandata. Se il profeta
aveva davanti agli occhi il rimpatrio degli esiliati, noi predichiamo che Gesù Cristo è questa
parola unica e definitiva tornata
al Padre dopo aver compiuto lo
scopo per cui era stata mandata:
la nostra salvezza. Credere in Cristo significa credere che egli sia
venuto in questo mondo ed abbia compiuto ogni cosa per la nostra salvezza.
In questo sta, in definitiva, il
nostro credere nell’efficacia della parola di Dio. « Se Cristo non
è risuscitato vana è la nostra
predicazione... » (I Cor. 15: 14).
Se questa parola ritorna a Dio.
vuol dire che non l’abbiamo a
nostra disposizione, vuol dire che
dobbiamo invocarla perché diventi per la nostra vita come la
pioggia e la neve che annaffiano
e fecondano la terra. Nelle nostre mani non abbiamo alcun
fertilizzante per rendere efficace
questa parola.
Noi dunque continuiamo a predicare, nonostante tutto, perché
viviamo di questa promessa: Dio
opera in mezzo al suo popolo, si
cerca gli uditori. Viviamo giorno
dopo giorno di questa parolq che
sta oltre le nostre parole e che
sola può dare significato e speranza alla nostra predicazione.
Ermanno Genre
yr Hanno collaborato a questo
numero: Ivana Costabel Franco Davite - Dino Gardiol
- Guido Mathieu - Giorgio
Tourn - Eros Vicari.
4
I
9 giugno 1978
L’ASCOLTO DELLA PAROLA
Tentazione e speranza
re e chi non lo serve. È una differenza qualitativa, di sostanza,
non formale; gli empi sono vanità, solo Cristo è realtà, solo
la fede dura; la vita si realizza
Viviamo in im tempo simile
a quello del profeta Malachia.
Tempo di incertezze e di speranze. Tempo di lassismo e di
fedeltà costose. Tempo in cui
l’allocuzione corrente in questi
ultimi anni : « far politica » dentro o fuori la chiesa non ha più
senso perché è la politica che fa
noi e ci travolge in xma spirale
di violenza senza fine; tempo in
cui si è sollecitati all’impegno,
ma senza sbocchi veri qualificanti e incoraggianti. Il nostro
è un tempo nel quale persino la
fede più alimentata sembra non
reggere di fronte all’incalzare
di avvenimenti impetuosi e si
sente impotente e avvilita.
Chi non ha avvej^ito in questi ultimi anni ima sensazione
di inutilità come credente? Chi
non s’è posta la domanda: «Ma
allora a che servo, a che giova
aver fede?» Chi non si è poi ricreduto quando il Signore nella sua fedeltà con la sua Parola
ha riproposto il mandato, ha risvegliato la vocazione, ha riacceso là fiamma della speranza
viva?
Nel giorno
che io preparo
Conviene cominciare da ciò
che, nel nostro testo, può sembrare marginale, ovvero il cerchio più Eterno rispetto a quello più interno dei punti concentrici ; dal vs. 17 « Nel giorno che
io preparo » cioè nel giorno dell’agire di Dio, cos;, che l’A.T. intende l’escatologia, nel senso della « pienezza dei tempi », nel
giorno di Cristo. Del resto è la
interpretazione che gli evangeli
danno di Malachia: il messaggero di 3: 1 è colui che prepara
la via al Cristo in Matteo 11: 10
e paralleli, dove troviamo l’accostamento Giovanni BattistaElia; il giorno di Dio viene preceduto da Elia, Cristo è il ¿orno di Dio. Non si tratta quindi
di un’evasione dalla storia, di
un’attesa indeterminata, ma del
giorno in cui il mondo viene più
che mai sottoposto a giudizio
con la Croce di Cristo; nelle parole di Malachia il giorno del
Signore è «giorno grande e spaventevole » - 4:5. Il messaggero è venuto. Cristo è venuto.
Allora in che modo il messaggio di Malachia ci riguarda? Ci
riguarda perché parla di una
« proprietà particolare » che il
Signore possiede! Chi sono costoro? Sono il suo popolo (Esodo 19: 5-6, 1 Pietro 2: 5 e 2: 9),
un popolo-chiesa che non ha
sacerdoti, ma che è sacerdote;
e la funzione primaria del sacerdozio nell’A.T. è quella di
rappresentare il popolo davanti
a Dio prima ancora di rappresentare Dio davanti al popolo.
Uno tra i tanti punti di incontro dell’Antico e Nuovo Testamento è quello del popolo-chiesa, del «popolo di Dio-sacerdote » che è chiamato all’impegno
perché il progetto di salvezza
per l’umanità si svolga in e attraverso questa «proprietà particolare » che è la chiesa.
V’è una questione di particolare importanza storica che tocca questo punto decisivo ed è
quella della tensione, diciamo
dialettica, di tutto questo. E la
tensione di fede tra promessa e
adempimento. Il progetto di salvezza di Dio non si realizza linearmente come le storie a lieto fine delle fiabe! La tensione
tra promessa e adempimento è
dura e difficile e a volte conturbante e avvilente. Nel progetto
di salvezza di Dio si vivono tutte le contraddizioni, si affrontano tutte le tentazioni, si corre
il rischio di usare parole dure
contro il Signore! Di dichiarare
che è « vano servire iddio ». La
tensione della fede contro le avversità e le perplessità è tale
che a volte si vorrebbe essere
esonerati dall’essere « proprietà
particolare di Dio ». Qui mi sembra che sta tutto il messaggio
di Malachia. Notiamo le equivalenze « servire il Signore » ; « temere il Signore », o « il suo nome », oppure « rispettando il suo
nome ».
Notiamo anche come questi
credenti in questione vengono
definiti: gente che va vestita a
Voi usate parole dure contro di me, dice l'Eterno. Eppure voi dite:
« Che abbiam detto contro di te? ». Voi avete detto ; « E' vano servire Iddio ;
e che abbiam guadagnato a osservare le sue prescrizioni, e ad andare vestiti
a lutto a motivo dell'Eterno degli eserciti? Ora dunque noi proclamiamo beati
i superbi; si quelli che operano malvagiamente prosperano; sì , tentano Dio
e scampano l ».
Allora quelli che temono l'Eterno si sono parlati l'uno all'altro; e l'Eterno
è stato attento ed ha ascoltato; e un libro è stato scritto davanti a lui, per
conservare il ricordo di quelli che temono l'Eterno e rispettano il suo nome.
Essi saranno, nel giorno che io preparo, saranno la mia proprietà particolare; dice l'Eterno degli eserciti; e io li risparmierò, come uno risparmia il
figlio che lo serve. E voi vedrete di nuovo la differenza che v'è fra il giusto
e l'empio, fra colui che serve Dio e colui che non lo serve.
(Malachia 3; 13-18; cfr. 4: 1-6)
lutto, che si lagna di non guadagnare nulla a osservare le
prescrizioni e soprattutto gente
invidiosa della prosperità degli
empi, gente che non ha altra
beatitudine tra le labbra che di
proclamare «beati» i superbi.
L’empietà è utile, rende perché
sa essere pratica, sa badare bene ai suoi interessi.
Nell’A.T., gli empi non sono
gli atei, nemmeno praticanti di
un altro culto pagano e idolatra,
gli empi sono i traditori, quelli
che hanno deposto le armi di
fronte all’incalzare della sventu
no questi sforzi che vi portano
a dire: «è vano servire il Signore ».
Ritornerete e vedrete. Non si
tratta di un appello al ravvedimento e basta, ma di un annuncio profetico, ima promessa tutta volta all’aidempimento. Ritornerete e vedrete, dice il. Signore, perché io vi farò tornare e
vi farò vedere. Ritornerete e vedrete la differenza tra l’empio e
il giusto, tra chi serve il Signo
solo in Cristo, « l’uomo di successo » è una tentazione alla vanità. Vedere la differenza significa riaprirsi alla fedeltà di Dio
il quale farà si che si levi il sole della giustizia, che la guarigione sia nelle sue ali; v’è un
giorno che Egli prepara, quel
giorno è già pronto perché Gesù
ha detto : « l’ora viene, anzi è
già venuta» (Giov. 5: 25). Il
termine della questione in Malachia è : servire, non servire.
Questo termine implica una
scelta: vivere nel dono dell’amore e per quel progetto di salvezza che implica una croce, contraddizione della storia; oppure
assaporare il gusto amaro di un
tradimento a quel progetto di
amore per restare pur sempre
con _un pugno di mosche nelle
mani. Diciamo : « Signore perdonaci se qualche volta, forse
molte volte, abbiamo detto: è
vano servire il Signore, usando
parole dure verso di te. Aiutaci
a mantenerci fermi al tuo nome.
Il tuo regno venga e ci trovi occupati nella tua vigna ».
Michele Sinìgaglia
ra, di fronte alle contraddizioni
del progetto di salvezza di Dio,
di fronte alla Croce! Qui c’è
tutto il senso della rinuncia alla vocazione ; secolarizzazione
qui vuol dire immersione nella
partecipazione dei beni in qualunque modo procurati. Questi
sono i due dipinti del profeta:
da una parte un mondo di prepotenza, di violenza, di forza e
salute, al quale agogna uno scellerato popolo di Dio tormentato daH’invidia e dall’altra un
popolo complessato, aspirante a
beni dai quali sente di essere
escluso a motivo di una vocazione che gli è caduta addosso.
Il Signore di questa gente è un
Signore ben triste e gli empi
sembra abbiano ragione ad averlo abbandonato ! Il popolo di
Dio qui soffre di una sofferenza che non gli è richiesta. Viviamo in un paese in cui la religione è vestita a lutto, dalle tetre chiese fumogene al modo di
vestire dei religiosi. Ed ora un
ultimo punto. Cos’è che porta
certi credenti a ridursi in questo stato di abbandono?
Ritornerete e vedrete
Ecco la risposta del testo di
Malachia. Questi dicono : « beati i superbi». L’evangelo dice:
« beati i poveri in ispirito ». Allora? « Ritornerete e vedrete di
nuovo la differenza che v’è tra
il giusto e l’empio ». Ritornerete
e vedrete. Ecco la giusta traduzione di questo testo, dove ritornerete può essere sostituito
da « ravvedetevi », cambiate via,
lasciate i vostri abiti da lutto,
lasciate le prescrizioni vane; so
Intese e responsabilità
La rivista « Il Gallo » riporta su suo n. 5 (maggio ’78)
una parte del « Progetto d’intesa tra lo Stato e le Chiese
valdesi e metodiste », e cioè i criteri che in questo progetto
sono stati seguiti da parte nostra, e aggiunge il seguente commento:
Ecco un complesso di “criteri" che ci trova consonanti e
consenzienti. È in sostanza la proposta di una Chiesa che vive della fede nel Cristo, e della partecipazione, anche sul piano economico e giuridico, dei suoi aderenti. Una Chiesa che
chiede allo Stato la libertà di Evangelizzazione, e non chiede
nessun profitto o privilegio economico o giuridico, e nessun
“braccio secolare" per la “difesa" della propria presenza nella società, anche a costo di dover subire persecuzioni e soprusi. Così come è vissuta e si è diffusa la Chiesa dei primi
tre secoli, nei diversi Popoli in cui si è trovata ad essere presente per annunciare il “Regno di Dio", e nel complesso stesso del paganesimo dell’Impero Romano, l'Imperatore stesso
divinizzato, con l’ingiunzione ai sudditi di ritenerlo tale.
Si tratta oggi di un ritorno alle origini, in situazioni varie
e diverse dalle origini, da Popolo a Popolo e da Paese a Paese
della terra.
C’è da sperare che i criteri seguiti dalle due Delegazioni
pervengano a rendere più sani ed umani i rapporti fra le
Chiese e gli Stati, a cominciare dai Paesi dove i cristiani (delle diverse confessioni religiose) sono maggioranza ed hanno
raggiunto anche un potere politico, che procura benefici e
privilegi particolari. I cristiani lievito nella pasta e sale della terra, in quale si sia struttura socio-eConomica. Forse è la
via per attuare quel “dialogo sulle cose" proposto da papa
Paolo, il 9 giugno 1911, a Kadar, Segretario del Partito Comunista Ungherese. Un “dialogo sulle cose", nel “rispetto de
gli uomini", che potrebbe portare veramente alla pace del
mondo, nella libertà e nella giustizia.
Giudizi positivi come questo non fanno che aumentare
la nostra responsabilità: essere ben consapevoli di cosa significa questo « progetto di intesa » non solo a livello di Sinodo e di Chiese, ma anche a livello di singoli membri di
chiesa. Ricordiamo che il « Progetto d’intesa » è pubblicato
presso la Claudiana, serie «Attualità», n. 79, L. 300.
TRIBUNA LIBERA
Vietnam; scriverò per ia Luce
Caro Gino Conte,
hai ragione: ho spritto poco
sul Vietnam da qualche tempo a
questa parte. Ho parlato tuttavia
spesso in Italia e all’estero di
quel paese, che amo molto.
Non me ne è mancata la voglia, né le informazioni, ma solo
il tempo. Lo farò prossimamente
con una serie di articoli che manderò alla Luce. Più vado avanti
negli anni e più vedo la necessità che fra i tanti ministeri della
chiesa vi sia anche quello dell’informazione sia per non esser alla
deriva dei mass-media sia per
poterci impegnare con conoscenza di causa.
Certe volte basterebbe che i
lettori avessero un po’ di spirito
critico. Quando le sole notizie
che si avevano sul conflitto di
frontiera fra Vietnam e Cambogia provenivano da Hong Kong
o da Bangkok, è stata pubblicata
su l’Espresso una foto di « un
vietnamita » che teneva sulla cima di una canna la testa di un
cambogiano... Chi mai poteva
aver preso quella foto se nessun
giornalista era stato nella zona
delle operazioni? (questo all’inizio di gennaio, non dopo). La
stessa foto fu pubblicata da
un’altra rivista che attribuiva ad
un « thailandese » di portare cosi
la testa di un laotiano!
Quel poco che ho appreso da
Karl Barth mi è sufficiente per
avere in me un notevole « pessimismo antropologico » che non
mi permette oleografie di sorta,
tuttavia ciò non toglie che nel
contesto degli uomini, e non degli angeli, si cerchi di esser obiettivi e non esser sospinti, coscientemente o incoscientemente a
mettere nello stesso sacco tutti i regimi di ideologia marxista. Per me il Vietnam può
darci l’esempio di una società
a colloquio
con i lettori
L’OPERA
DI MAMMONA
(da uno studio biblico presentato atVAssemblea battista di S.
Severa).
Signor direttore.
Il rapimento e Tassassinio del presidente Moro ha fatto pensare e farà
pensare, ha fatto scrivere e farà scrìvere molto; ma tutto il dire al riguardo e la condanna alle BR riuscirà
a cambiare la situazione deiritalia? Mi
lasci dire per piacere qualche cosa di
elementare e di concreto sul caso Moro e alcune riflessioni su noi evangelici. Se non sbaglio Tarticolo 3 della
«Costituzione» dice: «Tutti i cittadini sono uguali ed hanno gli stessi
diritti senza distinzione di razza, di
sesso, di religione, ecc. ». Penso che
nessuno, nemmeno uno si sente di affermare che in questi 30 anni di dominio DC sia stato attuato questo articolo di legge.
Tutti coloro che sono arrivati alla
« Scala alta del parlamento » sin dal
1948 ed hanno bisogno di una scorta
armata che li accompagna al loro ufficio riaccompagnandoli poi alla loro
abitazione, oltre a contraddire l’articolo citato si rendono polìticamente e moralmente falliti; anche quei religiosi
che hanno bisogno di guardia armata
e benedicono armi da guerra; spiritualmente sono completamente falliti.
Da credente lavoratore che sono, e
avanti negli anni, penso che il caso
Moro poteva essere risolto differentemente adottando i prìncipi della fede
cristiana. Prima di tutto tornare a
Dio mettendo in pratica la Costituzione. Risarcire gli scandali di
ogni genere e diventare poveri, la
chiesa spogliarsi di tutti i suoi tesori
e influenzare i potenti a fare lo stesso per diventare il « popolo di Dio ».
Liberare i carcerati politici e rieducare quelli violenti affin di tornare uo
mini della buona società; sarebbe stato così uno scacco matto a Mammona
per un regno cristiano e civile. Moro
avrebbe potuto tornare alla famiglia e
le BR sarebbero state sconfitte dall’amore e dal perdono.
Invece Mammona impera nei cuori
di tutti ed è difficile imitare Zaccheo
dell’Evangelo e su questo tema noi
evangelici dovremmo essere pieni di
vergogna. Mammona fa sfruttare i propri figli, fa maledire i propri genitori, fratelli e sorelle, costringe i propri
congiunti alla sottomissione e li emargina, non ha una briciola di pietà e il
guaio più grande si ha quando sì impossessa del povero e lo fa ascendere in
alto. Per questo muoiono migliaia dì
persone al giorno per la fame e la pace tanto desiderata si allontana sempre di più perché abbiamo rotto il
patto con Dio e non ci rCvSta che soccombere.
Domenico Di Toro, Svizzera
UNA RIVINCITA
SU VINAY?
socialista umana — non copia di
nessun altro — e spero molto
che vi riesca. Sarà un fatto ancora più grande della già grande
vittoria militare. Anche per questo mi do da fare per aiutare il
Vietnam distrutto a ricostruirsi,
senza lasciarmi influenzare dalle
ormai troppe menzogne che circolano e che posso smentire con
documentazione insospettata.
Avevo cominciato a scrivere
un libro di documenti sul Vietnam, ma poi ho lasciato tutto
per mancanza di tempo. Mi limiterò a cosa più modesta mandando a La Luce, di tempo in
tempo, degli articoli. Per questo,
oggi non entro in merito, ripromettendomi di affrontare gli argomenti ad uno ad uno prendendo per spunto le varie accuse che
si stanno facendo all’attuale Repubblica Socialista del Vietnam.
Tullio Vinay
Signor Direttore,
ho letto con un poco di ritardo sul
Suo giornale la lettera che il Past. Conte scrive al Past. Tullio Vinay e pur
prendendo atto di alcune verità che
egli dice io mi sono domandato perché
mai abbia scritto quella lettera. Non
bastava che egli ci avesse informato
su ciò che accade oggi nel Vietnam?
Mi perdoni il Past. Conte ma a me
sembra di vedere in quella lettera una
specie di sadismo; costringere pubblicamente il Vinav a dire delle cose che
egli mai avrebbe potuto aspettarsi
quando compiva quella umana e cristiana missione verso quel popolo martoriato come non mai altri nella storia dei popoli, mi pare poco caritatevole. Si vuole una sorta di rivincita
forse perché è stato uno dei pochi Pastori a porsi a spada tratta dalla parte
del debole contro il potente nostro
amico?
Vorrei permettermi di domandare
io al past. Conte perché mai non ha
fatto anche lui quello che ha fatto
Tullio Vinay nell’epoca in cui un Paese potentissimo, civilissimo e cristianissimo uccideva, distruggeva, defoliava, avvelenava un altro Paese estremamente più debole, con inaudita ferocia, per il solo fatto e per la sola
colpa di volere essere politicamente se
stesso. Basta per consolarsi aver scritto
qualche articolo di occasione sulTargomento?
Cristiani saluti
Michelino Francia, Roma
5
9 giugno 1978
FOGLI DI VIAGGIO DEL GRUPPO DI CINISELLO
Il volto meno noto della Spagna
-*>i V . - -_M
..'J ;.?i . /
Su richiesta della «Missione Urbana Industriale»!
organismo dei Consiglio Ecumenico delle Chiese,
il gruppo di Cinisello ha preso contatto con gruppi che in Spagna
svolgono attività di tipo sociale-culturale
nelle periferie industriali delle grandi città.
Dalla breve visita di 4 giorni compiuta da un gruppo
di nove persone emerge il volto
meno noto di una Spagna popolare attiva, tenace,
all’opera fin dal tempo della resistenza al franchismo.
Barcellona
A Barcellona siamo stati accolti da un
giovane, Joel Cortez, della Chiesa Evangelica Spagnola di Rubi, cittadina industriale di 25.000 abitanti a 20 km. da Barcellona, che ha messo a nostra disposizione la casa pastorale della piccola comunità.
Abbiamo partecipato al culto domenicale, dove si sentiva molto forte lo slancio e l’entusiasmo dei presenti soprattutto attraverso il canto. Joel ci ha mostrato
i locali della chiesa che prima del franchismo erano serviti come scuola elementare e che ora sono adibiti a scuola
domenicale e a sala di riunione per i giovani. Sembrava di essere in una delle nostre salette di scuole domenicali, con i
muri tappezzati da allegri disegni e sui
piccoli tavolini inni ciclostilati.
A Barcellona abbiamo visitato , due
scuole di alfabetizzazione.
In Spagna l’istruzione scolastica è uno
dei più grossi problemi: solo il 50% delle
scuole dell’obbligo esistenti sono statali
e sono molto mal gestite, le classi estremamente affollate, dai 40 ai 45 alunni, e
il livello di istruzione impartito è molto
basso e scadente. Il resto delle scuole sono private, organizzate da enti ecclesiastici o privati che puntano comunque sulla selezione e la speculazione.
La percentuale di analfabetismo compreso quello di ritorno arriva quindi a
punte molto alte nelle periferie delle
grandi città, dal 25 al 40%.
Anche Franco doveva essere conscio di
questo immenso problema perché iniziò
una campagna di alfabetizzazione mettendo a disposizione 5.000 insegnanti. In
10 anni il livello di analfabetizzazione si
abbassò solo dello 0,2% e il ministero
dell’istruzione visti gli eccezionali risultati (!) dichiarò chiusa la campagna di
alfabetizzazione! Già prima della ffne del
franchismo sono sorte parecchie scuole
popolari, circa 40 a Barcellona e 50 nella
capitale, e sia a Barcellona che a Madrid
c’è un servizio di coordinamento.
Gli insegnanti che lavorano in queste
scuole popolari sia a Madrid che a Barcellona possono essere tutti collocati nell’area della sinistra politica, dal PCE al
PSOE, agli indipendenti di sinistra, extraparlamentari, fino agli anarchici (che in
Spagna hanno tradizionalmente un peso
maggiore che in Italia). Una gran parte
di queste iniziative sono di origine cristiana (parrocchie o piccoli gruppi di credenti).
Le scuole popolari visitate a Barcellona
sono state quella di Can Serra e quella
del quartiere La Mina.
Un immenso stanzone
Can Serra è un quartiere di 15.000 abitanti della cittadina di Hospitalet de Llobregat nella periferia di Barcellona. È un
quartiere che ha 10 anni di vita composto per lo più da immigrati che provengono dall’Andalusia, dall’Estremadura e
dalle campagne della Galizia, Castiglia e
Leon. Nel quartiere non esisteva nessuna struttura sociale e, come in tutta la
Spagna, erano proibiti i luoghi di incontro; da circa 7 anni un gruppo di religiosi e insegnanti iniziò un lavoro di quartiere. Ben presto sorse l’esigenza di avere dei locali per svolgere e per portare
avanti questo lavoro. Non potendo costruire dei locali per riunioni chiesero un
terreno per costruire una parrocchia, che
fu loro concesso in una posizione molto
disagiata.
In questo lavoro il gruppo fu ben presto affiancato da « asociaciones de vecinos » (una specie di comitato di quartiere formato dagli inquilini delle case del
quartiere). I locali sono stati costruiti
con l’aiuto e la partecipazione della popolazione che a poco a poco sentiva sua
quella costruzione. Una insegnante del
gruppo ci ha raccontato la storia di questo centro e ci ha accolto in un immenso
stanzone che serve a tutto: da parrocchia per far messa, da teatro, da luogo
per assemblee di fabbrica, da riunioni
serali e da scuola. Su una parete c’era
un immenso manifesto « Fiesta del Cordero », festa dell’agnello pasquale; le feste organizzate dal gruppo e dalla popolazione stessa hanno avuto e continuano
ad avere grande importanza perché sono
un ottimo momento di aggregazione. Attualmente vi lavorano 17 persone, che vivono in gran parte nel quartiere: Lo stato ha riconosciuto il posto della maestra
degli adulti (e questo stipendio viene versato per il centro).
Le altre attività oltre alle feste e assemblee di quartiere sono: scuola per le
donne dalle 16 alle 18; corsi di catalano
per gli Immigrati; corsi di prealfabetizzazione; corsi di scuola elementare e media. Un sistema assembleare verifica da
una parte l’andamento del centro e dall’altra il lavoro della scuola.
L’altra scuola popolare visitata si trova nel quartiere La Mina. Questo quartiere è abitato quasi interamente da gitani; si distinguono spesso per il colore
scuro della pelle, tendono ad autoemarginarsi, non si inseriscono quasi mai, nel
processo produttivo.
Il quartiere ha un aspetto tipico da
sottoproletariato; 4 anni fa il Municipio ha
trasferito in questo quartiere tutti i centri di baraccati formando un vero e proprio ghetto con immensi casoni che ospitano fino a 80 famiglie. La percentuale
di analfabetismo e di disoccupazione è
molto alta. Molto forte è anche la delinquenza giovanile.
Per iniziativa di un frate è sorta qui
una scuola di alfabetizzazione con corsi
per donne nel pomeriggio e uomini la
sera. Spesso le donne si vergognano di
andare a scuola e sono molto condizionate dalle dicerie dei vicini. La scuola
non è riconosciuta dallo stato; il comune
ha dato un piccolo locale e per fare gli
esami di licenza gli allievi devono andare in una scuola statale. Vi lavorano oltre al fratè 2 altri insegnanti.
Accompagnati dal frate giriamo un poco nel quartiere e andiamo a casa sua
(abita in un piccolo appartamento in una
casa popolare, simile alla nostra Cinisello). Nel cortile, per le strade, in piccoli e
sovraffollati parchi-gioco con poche strutture, troviamo da tutte le parti tanti
bambini vestiti piuttosto miseramente
con bellissime facce scure e occhi chiari. Sono molto curiosi e attirati dal nostro pulmino e dalla nostra aria di « turisti » con tanto di macchina fotografica.
Il frate che ci accompagna non desidera
che facciamo fotografie mentre siamo
con lui. Ci spiega che spesso in questo
quartiere vengono a filmare queste vere e
proprie « villas miserias » per mostrarle
come luogo dove si forma e si organizza
la delinquenza. Gli abitanti si sono giustamente rifiutati di prestarsi a questa strumentalizzazione della loro situazione. Il
frate ci tiene a non tradire la fiducia
della gente con cui vive.
Un collettivo di laici
e pastori
Sempre a Barcellona abbiamo incontrato il gruppo di « Reflexion teologica »
composto da pastori e laici della Chiesa
Evangelica Spagnola e della Chiesa Battista.
Le chiese evangeliche durante il franchismo hanno subito una repressione di
tipo fisico e culturale, che le ha portate
ad un ripiegamento su se stesse e a una
sorta di immobilismo; ora che questa
situazione di dittatura è terminata questo gruppo di riflessione cerca di sbloccare nell’interno della chiesa questa mentalità é di promuovere una riflessione
teologica tendente a una maggior partecipazione dei cristiani alla vita sociale.
La Chiesa Evangélica Spaghola si è resa
conto anche del non adeguato livello di
preparazione dei pastori, per cui punta
su una formazione teologica più approfondita. A Barcellona ha circa 70(L800
membri suddivisi in 8 chiese curate da
5 pastori. L’organizzazione è diversa dalla
nostra perché i pastori lavorano a metà
tempo per la chiesa e hanno un altro lavoro per mantenersi.
Barcellona ci è apparsa come una città dinamica e moderna, industrializzata,
piena di grossi contrasti, elegante e raffinata nelle vie del centro, misera, sovraffollata e neppure asfaltata nei quartieri della periferia. Moltissime le scritte
politiche sui muri sia di Rubi che di
Barcellona che ci hanno dato l’impressione di un popolo in fermento, dove le
cose stanno cambiando e dove si lotta
con entusiasmo.
Madrid
Madrid come città ci ha molto meno
entusiasmati; è la tipica grossa capitale,
amministrativa e burocratica, con grigie
costruzioni del secolo scorso. Anche qui
siamo stati ospitati dalla Chiesa Evangelica Spagnola che ha messo a nostra disposizione uno dei suoi locali, probabilmente adibito a sala di riunione per la
scuola domenicale e per le donne.
Il collegio evangelico
"Juan de Valdés”
A Madrid abbiamo visitato il Collegio
Evangelico « Juan de Valdés » che ospita
circa 200 bambini dall’asilo alla scuola
media. È frequentato dai bambini evangelici di Madrid ma anche da altri bambini figli di genitori cattolici o non credenti che desiderano una istruzione più
aperta per i loro figli- Il collegio esiste
da 12 anni e solo negli ultimi tempi ha
una sovvenzione dallo Stato per il 50%.
Le nostre domande sono state soprattutto a riguardo dell’istruzione religiosa, dei
programmi è dei metodi adottati per l’insegnamento e sul loro rapporto con la
Chiesa. L’educazione réligiosa, irnpartita
da un pastore, consiste in un insegnamento biblico che non vuole essere dottrina, mentre i programmi delle altre
Anche i bambini
nella resistenza
Un altro incontro particolarmente interessante che abbiamo avuto la fortuna
di avere a Madrid è stato quello con il
padre Llanos, in un quartiere adiacente
a quello di Palomeras che si chiama Pozo
del ’Tio Raimundo. L’incontro è avvenuto a casa sua, una piccola casa bianca
uguale alle altre, molto semplice e con
riproduzioni di Picasso alle pareti. Il padre Llanos, gesuita, uomo dì una notevole forza e grossa personalità, è il fondatore di un centro che ha una storia di
20 anni; venne a vivere in questo « barrio » negli anni 50, lasciando il suo lavoro di cappellano universitario a Madrid,
quando non c’erano che baracche, non
c’era né luce, né acqua, né servizi pubblici come scuole o altro, e il quartiere stava crescendo. Aprì una scuola elementare, una media, una professionale (Escuela Primero de Mayo), un asilo, il dispensario medico, la parrocchia. Durante il
franchismo questo luogo è stato il punto di incontro e di organizzazione clandestina delle Commissiones Obreras e la
parrocchia e la scuola hanno ospitato
spesso questi incontri. Ci racconta che
durante le riunioni i bambini facevano
nella strada la guardia e avvisavano
quando arrivava la polizia; allora tutti
si nascondevano mentre padre Llanos la
affrontava con fermezza e autorità, avvalendosi dell’inviolabilità dei luoghi sacri prevista dal concordato. La parrocchia è stata la prima aperta dalla polizia
con la forza durante una assemblea e lo
stesso padre è finito alcune volte in carcere.
Nel quartiere vivono altri 6 gesuiti, di
cui 5 sposati, e uno di loro ci ha accompagnati a visitare la parrocchia, molto
semplice, tutta bianca, con le statue di
Cristo e della Madonna. Di fianco in una
saletta da lui definita il carcere dei santi, hanno messo tutti i residui del cattolicesimo tradizionale dal Cristo barocco
sanguinante ai fiori di plastica impolverati, a testimonianza di un passato non
più valido.
Il Collegio evangelico
« Juan de Valdés »
di Madrid.
Nella foto sotto il titolo
il Pozo del Tio Raimundo,
quartiere della periferia
di Madrid.
materie seguono in tutto i programmi
ministeriali e tendono nei metodi ad essere modificati. La scuola è a tempo pieno, come d’altronde tutte le scuole in
Spagna, statali e no. Il direttore del collegio ha insistito molto sull’indipendenza del collegio dalla chiesa evangelica,
anche se gli insegnanti sono quasi tutti
evangelici e la scuola ha un grosso aiuto
finanziario dai vari enti di aiuto ecumenici. Siamo stati nei giorni seguenti in
due quartieri della periferia di Madrid a
visitare scuole popolari e centri sociali
e culturali. I quartieri ricordano molto
le città del sud dell’Italia, con piccole
case bianche, una quantità di fili e pali
della luce e sullo sfondo l’avanzare dei
nuovi casoni popolari. Nei quartieri di
Palomeras, zona Vallecas, ci fermiamo
una mattinata a parlare con i ragazzi
e gli insegnanti di una scuola nata 9 anni fa dalla parrocchia, perché non c’era
scuola statale, dove si fa lezione con 200
bambini suddivisi tra asilo, elementare e
scuola media.
Da tempo si spera
di ricostruire
Le impressioni che abbiamo avuto durante questo viaggio e in seguito discutendo fra di noi, sono state di grande attività e lavoro, desiderio di ricostruire e
speranza; un'altra considerazione molto
positiva è stata il notare ohe tutte queste
scuole e centri culturali esistevano già
da tempo, durante la repressione più pesante, e hanno contribuito certamente a
creare una coscienza di base e una volontà di cambiare.
Anche la Chiesa cattolica spagnola, che
eravamo abituati a immaginare solamente retriva ed espressione piena della Controriforma, ci ha mostrato un aspetto,
certamente minoritario, ma estremamente vivo ed interessante.
Marcella Bogo
Floriana Bleynat
6
9 giugno 1978
ALLE VALLI OGGI
cronaca delle valli
PERRERO; INTERVISTA AL SINDACO
C’erano Alluvione: un anno dopo
tutti
meno lei
L'atteso incontro con la DC
non c’è stato. Eppure, dopo le
pesanti accuse che « DC-Notizie »
ha rivolto alla comunità cattolica di San Lazzaro e ad Agape
(vedi Eco-Luce n. 18), tutto era
stato organizzato per assistere
a questo confronto. Ma l’altra
sera a Pinerolo, le trecento persone che gremivano VAuditorium
di Corso Piave, sono tornate a
casa deluse. La DC non c’era;
né di una corrente, né di un’altra. Il moderatore del dibattito,
il giudice Pazè, ha letto, in apertura, il laconico comunicato della DC di zona in cui si rifiutava
l’invito rivoltole poiché « erano
stati disattesi gli accordi telefonici, secondo i quali si sarebbe
dovuto concordare insieme data
e modalità del confronto ». Gli
oratori hanno parlato ugualmente. Pignatelli ha chiarito la differenza tra eversione e dissenso sottolineando come atteggiamento negativo il tentativo di
criminalizzare, da parte del potere costituito, la contestazione
e la critica al sistema. Accastelli, sacerdote di San Lazzaro, ha
brevemente ripercorso le ultime'
tappe della sua comunità: dalla
lotta per la casa alla condivisione degli obiettivi del proletariato. « Le lotte non ci hanno allontanato dalla Bibbia — ha detto Accastelli — anzi, ce l’hanno
fatta capire di più. Abbiamo accettato di vivere con i poveri
contro la chiesa dei ricchi perché non si può predicare il Vangelo stando dalla parte dei potenti ». Per il centro di Agape,
Eugenio Rivoir ha ricordato il
significato originale del centro
(« luogo di riconciliazione e confronto aperto») nella prospettiva non solo locale ma internazionale.
Il tema del dibattito « i credenti di fronte al terrorismo » è
rimbalzato nei diversi interventi che non hanno eluso l’aspetto
teologico. Come quello di Giorgio Gardiol che ha analizzato,
in una prospettiva biblica, il rapporto tra l’uomo e il suo peccato, tra la trasgressione presente
e il perdono finale.
Il moderatore della serata, inserendosi tra gli interventi, ha
di nuovo chiesto al pubblico se
c’era qualcuno della DC per
aprire finalmente un dibattito a
due. Silenzio. Le ultime comunicazioni hanno evidenziato la
ricerca sulla non-violenza condotta dalla comunità di San Lazzaro e l’antipotere espresso dall’Evangelo che, evitando il falso
dilemma: "terrore o consenso",
reclama un impegno contro le
forze disumanizzanti. Altri hanno giustamente notato che non
è più il caso di perdere eccessivamente tempo alla ricerca di
un confronto che forse non si
farà mai. Alle accuse democristiane di terrorismo si è così risposto con la prova di un lungo
documentato impegno per la giustizia e per la non-violenza (non
a caso Pinerolo registra centinaia di denunce d’antimilitarismo e nell'area del dissenso non
è nato il “partito delle P38").
Ma tutto questo è stato detto e
approfondito all’interno di una
area che ha già cajnto o comunque vive il quotidiano impegno
per una società diversa. Questo
l’unico lato, se vogliamo, negativo. Per il resto bisognerà ritelefonare alla DC, sperando che
non suoni eternamente occupato.
G. Platone
POMARETTO
L’unione femminile si riunirà,
per una seduta straordinaria, domenica 11 giugno per ascoltare
le rappresentanti al congresso
femminile di Poggio libertini.
Si prega di far correre la voce.
A conclusione di un lavoro
iniziatosi l’anno scorso, dopo i
giorni dell’alluvione, i bambini
della pluriclasse di Trussan
(Ferrerò) hanno voluto porre
alcune domande al loro sindaco
per verificare quanto è stato
fatto nel loro Comune dopo i
giorni tremendi dell’alluvione.
Due fatti hanno destato in
modo particolare il loro interesse: il crollo del ponte di Chiotti, che aveva creato notevoli difficoltà alla popolazione di Riclaretto e all’insegnante stessa
della piccola scuola di montagna, e inoltre il disastro della
frana di Ferrerò che tanti danni e disagi ha causato agli abitanti del capoluogo.
Per quanto riguarda la scuola di Trussan, le lezioni poterono proseguire regolarmente grazie alle automobili messe a disposizione da due famiglie di
scolari.
Intervista al sindaco di Ferrerò Gianni Jahier.
1) Come mai il ponte di Chiotti
è stato costruito così in fretta?
— Crollato il ponte rimaneva
isolata la valle di Riclaretto e
la sua popolazione. L’unico collegamento con l’altra sponda
era rappresentato dalla passerella della Centrale di Chiotti
Superiori.
In quei giorni il telefono non
funzionava e le comunicazioni
erano scarse. Si è provveduto
ad inviare telegrammi agli Enti
competenti e il Sindaco stesso
si è recato di persona a Torino
negli uffici del Genio Civile e
dell’Assessorato alla viabilità
della regione Piemonte.
Il 22 maggio è intervenuto il
Prefetto e il sabato successivo
è venuto il vice-presidente della regione Piemonte.
Il Genio Civile ha interpellato
subito la ditta Zumaglini - Gallina per la progettazione e costruzione del ponte.
È stato rifiutato un ponte
Bailey, preferendo aspettare un
po’ di più ma avere la sicurezza di un ponte definitivo.
Intanto la popolazione si dava
da fare per la costruzione di
una passerella provvisoria.
2) Quali difficoltà si sono incontrate per costruirlo?
Per costruire il ponte ci sono
state alcune difficoltà: la sponda destra del fiume è abbastanza franosa, quindi si è dovuto
costruire una spalletta più resistente e con le fondamenta molto profonde.
Un altro problema è stato
quello di far passare le travi di
cemento precompresso all’incrocio di Perosa. L’ingegnere ha
misurato la lunghezza massima
delle travi per farle passare
esattamente e poi è stata allargata la spalletta in modo da fare incastrare le travi. La spalletta sinistra è stata collaudata
nel momento in cui la gru ha
sollevato e posato la prima trave.
3) Come si è agito per fermare
la frana di Ferrerò?
Il problema della frana si
presentava più grave e non si
poteva subito intervenire. Intanto si è iniziato lo studio geologico con sondaggi elettrici a cura della ditta CORIM. La ditta
ha fatto un buon lavoro: la frana è stata studiata nei minimi
particolari e ora si cerca il sistema più valido per imbrigliarla.
(Ai bambini interessa sapere
come mai gli altri ponti non sono stati ricostruiti così, in fretta).
— Per il ponte di Montebruno ci sono stati due interventi:
il ponte di tubi fatto costruire
dal comune di Cavour e il ponte definitivo costruito dall’A.N.A.S.
Per il ponte di Bibiana il
pronto intervento è stato risolto
con un ponte militare Bailey,
mentre la ricostruzione del ponte avrebbe bloccato compietamente il traffico.
Da questa intervista nascono
alcune riflessioni.
PUÒ forse scandalizzare il fatto che si sia costruito cosìi velocemente un ponte che interessa
un numero ristretto di persone,
mentre per altre località più importanti non si è provveduto
con altrettanta celerità. Probabilmente l’impegno dell’Amministrazione comunale, del Sindaco e l’intervento tempestivo
degli Enti competenti, sono serviti ad attirare l’attenzione sul
piccolo e così disastrato comune di Perrero, che è stato, quindi, aiutato prima degli altri.
In situazioni di emergenza come questa, sarebbe auspicabile
che ogni zona fosse aiutata nello stesso modo.
I bambini di Trussan e la
loro insegnante ringraziano
per l’ospitalità:
Mario, Cristiana, Piera, Enrica, Massimiliano, Franco,
Laura, Renzo, Daniela e
Paola Revel Ribet.
DIBATTITO SULLA ’’CONTRACCEZIONE”
In
se ne parla solo dal 1971
Alla presenza dì un pubblico
numeroso, formato per lo più
di giovani, giovedì 25 u. s. si è
svolto il terzo „incontro indetto
dalla Comimità Montana; Sul te^
ma « La contraccezione » sono
intervenuti i dott. R. Volante e
L. Visentin.
La dott.ssa Volante, che lavora presso il Consultorio comunale di Torino, si è espressa in
modo molto chiaro e preciso ;
la contraccezione è un problema che ha radici molto antiche,
infatti già testi egizi riportano
sistemi di vario genere adottati
dalle donne per evitare gravidanze indesiderate. Il problema
della contraccezione coinvolge
tutta la persona, la sua storia e
la sua cultura: questo non è da
dimenticare. D’altra parte sappiamo che in Italia la propaganda contraccettiva è libera solo
dal ’71, quindi si comprende come una adeguata informazione
non sia ancora stata attuata.
La dott.ssa ha presentato una
indagine svolta su di un campione di 1.000 donne: di qui, con
una precisa esposizione, ha pimtualizzato quali metodi in genere sono usai! dalle donne in rapporto all’ambiente socio-culturale di provenienza, all’attività
lavorativa, alle fasce di età. Ha
posto l’accento sull’importanza
della preparazione del medico
sul tema affinché le donne possano, con certezza e senza conseguenze, usare il metodo più
sicuro e soprattutto più adatto
a loro (sappiamo con quanta
leggerezza molti medici, senza
prescrivere tutta una serie di
esami e analisi consigliano per
esempio la pillola accompagnata da xm « proviamo questa, se
non dà troppi effetti collaterali,
va bene »...).
Seguendo il discorso della
dott.ssa,-Volante abbiamo capito come la donna sia la vera
protagonista e quanto- sia importante conoscere tutti gli
aspetti del problema per smet
tere di fidarsi esclusivamente
del medico che spesso non indaga sulla psicologia e sulla
« scoria » della dorifia, fattori
questi fondamentali anche per
la scelta di un contraccettivo.
Il dott. Visentin non è parso
altrettanto esauriente e chiaro:
si è limitato alla lettura dell’elenco di possibili metodi di contraccezione. Un discorso un po’
affrettato inframmezzato da
qualche termine da « addetto ai
lavori » e qualche puntualizzazione scientifica, non sufficiente
per un pubblico giovane che desiderava ricevere consigli pratici e utili.
Ci auguriamo comunque che
la ricerca sugli anticoncezionali
proceda e questo significa indirizzarsi verso sistemi adottabili
anche dall’uomo. Il traguardo,
fondamentale resta: poter realizzare la maternità come scelta
responsabile della coppia.
Gruppo donne
Val Penice
UNO SCAMBIO DI LETTERE SULLA VICENDA DI « DC-NOTIZIE »
I Valdesi e il «loro» vescovo
Egregio signor direttore,
nell’ospitare sul numero del 26
mag^o u.s. la lettera della comunità di base di Conso Torino
indirizzata al vescovo, ritengo
che il suo giornale abbia informato solo parzialmente i suoi
lettori. Il comunicato del PCI
non è stato pubblicato da L’Eco
del Chisone nella settimana relativa alla morte di Moro, ma la
settimana successiva il giornale
da me diretto ha pubblicato una
lettera del PCI dove oltre a contestare il nostro giudizio di opportunità sulla non pubblicazione, si dava in ampia sintesi il
contenuto di detto documento. Il documento del PCI aveva
come oggetto soprattutto il giudizio dei rapporti fra brigate rosse e PCI e solo di sfuggita le accuse nei confronti di Agape e
della comunità di San Lazzaro.
Inoltre non abbiamo pubblicato
la lettera della comunità di base
non solo perché essa era indirizzata al vescovo ma perché riteniamo e ritenevamo che la questione era già di pubblica conoscenza tramite il giudizio sfavorevole a DC Notizie dato dal nostro giornale. Infine ritenevamo
che una comunità cristiana possa avere con il vescovo altri tipi
di rapporto più diretti e più pastorali che non una lettera indirizzata al giornale sul quale finisce che il vero destinatario non
abbia facoltà di replica immediata.
In margine a tutto questo vorrei avanzare una piccola osserva
zione: mentre ci sono dei cattolici che chiedono al vescovo di
intervenire a difesa di una comunità cattolica e di un centro ecumenico e di intervenire pubblicamente, non risulta per ora che
i valdesi abbiano chiesto altrettanto per un intervento di pastori e di chiese locali e dello
stesso moderatore a difesa di un
centro ecumenico (Agape per
l’appunto) per le accuse false e
infondate rivolte. La mozione del
Consiglio della Federazione Giovanile non è né del moderatore,
né del corpo pastorale, né di
un’assemblea di chiesa. Ciò potrebbe indurre a pensare che si
pretenda dal vescovo per motivi
polemici ciò che non si vuole
pretendere da propri organismi
di chiesa per motivi di carità di
patria. Osservazione che trova
fondamento nel fatto che anche
la chiesa valdese si trova in un
mondo come il nostro, dove le
prese di posizione esigono, sempre e per tutti i credenti, la forza dello Spirito.
Cordialmente
Vittorio Morero, direttore
de « L’Eco del Chisone »
Egregio Don Morero,
Le do atto che l’Eco del Chisone ha reso nota la posizione
del PCI nel numero seguente a
quello da noi citato e che quindi
— a questo riguardo — la nostra
informazione era parziale.
Per ciò che invece riguarda la
mancata pubblicazione sul suo
giornale della lettera al vescovo,
da quanto Lei afferma si desume
che è in questo modo molto indiretto (giudizio sfavorevole a DC
Notizie da parte dell’Eco del Chisone) che il vescovo di Pinerolo
ha deciso di prendere posizione.
La cosa piacerà o dispiacerà ai
lettori cattolici che guardano al
vescovo come all’autorità giurisdizionale della loro Chiesa. Noi
ne prendiamo semplicemente atto perché, come abbiamo detto e
ripetiamo, la cosa non ci concerne e se abbiamo pubblicato la
lettera è unicamente per garantire diritto di parola a chi intende esprimersi essendone impedito.
Per ciò che ci concerne, anche
il nostro « vescovo » si è pronunciato, cosa che Lei — alla data
in cui ha scritto la sua lettera —
■non poteva ancora sapere. Soltanto che questo « vescovo » —
la cui parola, mi conceda, è stata
un po’ più esplicita — non è una
persona, bensì la Conferenza del
I distretto il cui atto relativo alla
vicenda DC Notizie - Agape e S.
Lazzaro è riportato in altra parte
del giornale.
E qui vorrei avanzare anch’io
una piccola osservazione. Ciò che
nella sua lettera risulta un po’
deprimente non è tanto l’insinuazione che come valdesi chiederemmo ad un vescovo cattolico quanto non intenderemmo
chiedere per « carità di pa
tria » (?) ai nostri organismi,
bensì la profonda mancanza di
conoscenza della Chiesa valdese
che pure nel pinerolese è realtà
non trascurabile. Quando infatti
Lei pensa ad un parallelo valdese all’autorità del vescovo cattolico, Lei pensa al moderatore o
a un gruppo di pastori o a singole chiese locali. In questo modo
Lei ci taglia addosso un vestito
che non è il nostro: o episcopale,
o clericale, o congregazionalista
(dei tre quest’ultimo è quello,
bontà sua: che ci andrebbe^meno
stretto ma non è comunque il nostro), e dimostra di non sapere
che nell’ordinamento valdese l’autorità giurisdizionale non è affidata a persone ma ad assemblee
rappresentative che si tengono a
livelli diversi dì competenza e di
funzione. Bisogna forse ricordarLe che il moderatore (a cui Lei
sembra riferirsi principalmente)
non è il vescovo della Chiesa valdese ma semplicemente il presidente dell’esecutivo eletto dalla
nostra massima assemblea, il Sinodo.
Non è cosa nuova per noi non
essere presi per quello che siamo nella nostra diversità, ma essere pensati e descritti da parte
cattolica come una brutta copia
dello stampo cattolico. Che questo venga dal cattolico medio è
cosa comprensibile e normale
nel nostro paese. Ma che questo
venga dal direttore del settimanale cattolico della diocesi di Pinerolo, è, appunto, deprimente.
Franco Giampiccoli
7
9 giugno 1978
LO ’’STABILE” DI TORINO ALLE VALLI
CRONACA DELLE VALLI
TORRE RELUCE
Fare cultura con il teatro
Le rappresentazioni teatrali
che il Teatro Stabile di Torino
ha organizzato a Porosa Argentina, Frali e Fenestrelle sono
state un’autentica novità per le
valli Chisone e Germanasca.
Quali sono state le reazioni della popolazione? E quali i progetti per il futuro della Comunità
Montana, che ha sostenuto anche finanziariamente l’iniziativa?
Abbiamo intervistato a questo
proposito l’architetto Paolo
Bertalotti, assessore della Comunità Montana, che ha trattato direttamente con i responsabili del Teatro Stabile.
— Come è partita questa iniziativa?
— Inizialmente vi sono stati
dei contatti con il Teatro Stabile da parte della Pro Loco di
Porosa e in seguito altri ancora
con la Comunità Montana per
sondarne la disponibilità ad organizzare una stagione teatrale
decentrata. È stato il punto di
partenza di un rapporto che ha
come obiettivo una serie di attività culturali nella zona. Il
Teatro Stabile si propone di
svolgere un servizio non solo
per la città di Torino, ma anche a livello regionale e provinciale. Purtroppo a gennaio si
era a metà della stagione teatrale, quindi non c’è stata la possibilità di scegliere gli spettacoli. Adesso si tratta di continuare.
— Questa l’oiferta, ma quale
è stata la domanda?
— Le nostre valli soffrono di
scarsità di iniziative, non di
mancanza di cultura. Il direttore della compagnia che ha dato « Notte con ospiti », dopo un
dibattito con gli spettatori, si è
meravigliato della vivacità degli interevnti e del livello culturale della gente. Certo, fino ad
oggi chi cercava un ambiente
culturalmente valido doveva andarsene in città, ma ora c’è chi
desidera vivere qui e che quindi dovrebbe trovare anche in
valle gli spettacoli che lo interessano.
— Un’élite, forse, ma la massa?
— Il difetto dell’iniziativa è
stato la sua imposizione dall’alto, cioè abbiamo dovuto prendere quello che ci è stato proposto. Sarebbe meglio in futuro
discuterne prima con la popolazione per chiedere spettacoli
che abbiano una più ampia rispondenza.
— A Frali uno spettatore ha
detto : « Quando tornerete la volta prossima troverete la sala
piena : ma tanti, io compreso.
pensavano che il teatro fosse
troppo difficile da capire e quindi molti non sono venuti». Non
è stata troppo marcata la differenza tra gli spettacoli dati a
Frali e Fenestrelle e quelli assai più impegnativi di Perosa?
— E importante che questi lavori abbiano sollevato una discussione, non importa se vi sono state delle critiche. La partecipazione non è stata molto
elevata, però possiamo cominciare adesso a fare i programmi per l’anno prossimo. Dovremmo poter scegliere sia i testi che i luoghi delle rappresentazioni.
— Forse la gente non è stata
messa al corrente In modo adeguato...
— Non c’è stata molta collaborazione da parte della stampa locale, anzi piuttosto una
specie di disinteresse e un’insistenza sui costi, come se questo fosse l’aspetto determinante.
— C’era da aspettarselo, trattandosi di denaro pubblico.
— ’Tutte le iniziative culturali
sono finanziate così perché da
sole non si pagano, ma in questo campo non vale un discorso
strettamente utilitaristico. Allora dovremmo chiudere tutte le
scuole.
— Che cosa prevedete per il
futuro?
— Alcune cose le abbiamo già
ottenute su indicazione della
Regione : l’iniziativa Piemonte
Estate ’78 porterà spettacoli teatrali e musicali in una q,uarantina di Comuni. La Regione finanzia gli spettacoli, gli incassi
sono a favore della Comimità
Montana. Penso che dovremo
impiegarli ancora in attività
culturali.
La nostra zona è sede di iniziative che interessano i Comuni di Pinerolo e Prarostino e le
due Comunità Montane. Nel periodo che va dal 29 giugno al 6
agosto ci saranno dieci spettacoli a Pinerolo, Prarostino, Torre Penice, Luserna, Bobbio Pellice, Villar Perosa e S. Germano.
— In conclusione, lei ritiene
che si debba proseguire su questa strada?
— In Comunità Montana ero
quasi l’unico a sostenere senza
riserve questo tipo di rapporto
con il Teatro Stabile, appunto
per la possibilità che offriva di
avere spettacoli di ottimo livello. Sono convinto che, come è
successo altrove, anche qui la
gente prima o poi lo capirà.
(intervista a cura di
Liliana Viglieliho)
PERRERO
Verso una sistemazione
definitiva della frana
ANGROGNA
• I « Sunaires Usitans » hanno
presentato, domenica 4 sera, una
serie di canti tratti dalle tradizioni popolari specialmente della Valle Varaita. Benché il «patois occitanico» del presentatore della serata fosse relativamente diverso dal nostro, il discorso che presentava i canti e
i problemi legati all’autonomia
occitana è risultato chiaro. Al
termine una breve discussione
sul destino delle zone montane
ha permesso di conoscere più da
vicino il gruppo dei « Sunaires ».
La conversazione è proseguita
poi con il gruppo giovanile del
Prassuit-Verné intorno ad un
rinfresco ed alcuni balli. Si spera che i « Sunaires » possano
tornare in epoca più adatta per
avere più contadini tra il pubblico, ora impegnati nei lavori
dei campi. In ogni caso la serata ha avuto successo anche per
la partecipazione di molta gente.
• Mercoled;i 31 maggio abbiamo accompagnato al campo del
riposo Giuseppina Bertin, deceduta all’età di 76 anni presso la
Casa « Pro Senectute » di Luserna dove era ospite da tempo. Ai
parenti rivolgiamo la nostra
simpatia cristiana.
• Domenica 11, i giovani appena confermati di Torre Penice saliranno al tempio del .Cqpoluogo per avere un culto è
una giornata comunitaria con i
nostri giovani.
Ad un anno di distanza dalla
rovinosa alluvione che ha messo in pericolo una parte dell’abitato di Ferrerò, il problema
sistemazione della frana si avvia ad una soluzione concreta.
In seguito all’appalto-concorso bandito daU’amministrazione
comunale alla fine dell’anno
scorso, basandosi sui risultati
dell’indagine geologica condotta
a cura della Regione Piemonte,
i lavori sono stati aggiudicati
alla ditta SICOS per un importo complessivo di oltre 400 milioni.
Si tratta di un- primo intervento, tendente ad eliminare con
appositi drenaggi e canalizzazioni le acque superficiali e profonde che sono la causa principale
dello scivolamento del terreno.
Per il momento sì è ritenuto più
opportuno ridurre le opere di
sostegno della frana a qualche
campione di muri appoggiati su
pali infissi nella roccia, la cui
tenuta dovrà essere verificata
dopo due stagioni piovose.
Óltre che per proteggere l’abitato di Ferrerò, queste opere
Pace e non violenza
Venerdì 26 maggio ha avuto
luogo a Perosa Argentina l’incontro annunciato in seguito alla domenica dedicata all’intercessione per il disarmo, per approfondire questioni come pace
e non violenza. Ci siamo ritrovati solo in 5... ma con la speranza di raddoppiare almeno il
nostro numero per un prossimo
incontro in settembre. Ci siamo
chiesti: la chiesa, che cosa ha
fatto, e che cosa fa in questo
campo? Ed abbiamo sollevato
vari problemi generali: i nostri
stati fondati sulla legge della
violenza, la carriera militare, il
rifornimento di armi al Terzo
Mondo, i controsensi tra gli
omicidi e la guerra, gli obiettori
di coscienza ecc... Ci siamo chiesti, cosa fare noi come piccolo
gruppo. Primo, informarci: su
questi tipi di problemi, leggere
libri... Secondo, a chi collegarci; perciò informarci sui movimenti che lavorano per la pace
e la non violenza attiva, ad
esempio, il Mir (movimento iriternazionaie della riconciliazióne). Una del gruppo è socia di
Amnesty International e ci ter
Sabato 10 alle ore 21 nell’Aula Sinodale il gruppo
dei eadetti ed il Coretto
ripeteranno la serata data
il mese scorso nel tempio
dei Coppieri. Tutti sono
invitati a partecipare.
avranno lo scopo di consolidare
la strada di S. Martino coinvolta nel dissesto.
L’impresa inizierà i lavori nella seconda metà di giugno e si
è impegnata a terminarli entro
cinque mesi. Contemporaneamente si sono iniziati i lavori di
deviazione del torrente che scende nel canalone in frana e che
ha avuto finora soltanto una sistemazione molto provvisoria.
Si prevede una condotta di
ampie dimensioni realizzata in
lamiera che dovrà raccogliere
le acque che sgorgano un po’
dappertutto dal fianco della
montagna e convogliarle^ costeggiando il cimitero, fino al torrente Germanasca, con un percorso sotterraneo.
Quest’opera verrà a costare
125 milioni come minimo ed è
finanziata dalla Regione. C’è da
augurarsi che con i due interventi il capitolo della frana venga definitivamente chiuso e che
la primavera del 1977 rimanga
unicamente un brutto ricordo
come tanti altri simili nella storia delle nostre valli.
• Domenica 4 un gruppo di
soci del Touring Club di Torino ha fatto visita alla nostra
valle, dopo ima visita al tempio
ed alla Casa Valdese, mattinata
al Museo e visita alla valle d’Angrogna.
• Con un bellissimo sole l’Unione Femminile ha effettuato
la sua gita a Massello, culto con
i fratelli lassù, presieduto da
Claudio Tron, pomeriggio visita alla Balziglia ed in fine di pomeriggio thè al Reynaùd offerto dalle unioniste di Massello.
Un grazie di cuore per l’accoglienza così spontanea e fraterna.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Con un concerto vocale le cui
note harmo riecheggiato sabato
sera nel tempio di Felonica Po,
la nostra corale ha terminato il
suo intenso anno di attività che
aveva avuto inizio lo scorso autunno nei locali della RAI di
Torino dove, in collaborazione
con la Corale di San Germano,
aveva registrato alcuni inni per
il culto radio.
La comunità di Felonica ha
avuto per i nostri coralisti una
accoglienza veramente cordiale
ed i momenti di comunione fraterna trascorsi insieme sono stati una chiara dimostrazione dell’affetto che unisce i valdesi della diaspora nel campo dell’evangelizzazione con i fratelli delle
valli.
Malgrado la fatica del viaggio,
1 nostri coralisti, sotto la direzione di Enrico Charbonnier,
hanno cantato con gioia ed entusiasmo; entusiasmo Condiviso
dal pubblico e dimostrato con
prolungati applausi.
La domenica mattina la corale ha ancora dato il suo contributo canoro al culto di Santa
Cena che è stato presieduto dal
pastore Taccia.
Rinnoviamo il nostro vivo ringraziamento al pastore Costabel, alla sua Signora ed a tutti
i membri della comunità di Felonica che ci hanno accolti in
modo cosi fraterno e non hanno risparmiato tempo, fatica e
disagi per farci trascorrere insieme due cosi, belle giornate.
• Presso l’Asilo Valdese dove
era ospite da qualche tempo è
mancato all’affetto dei suoi cari
il fratello Luigi Martinat dì 84
anni. Il servizio funebre ha avuto luogo nel pomeriggio del 3/6
ed è stato presieduto dalla sig.ra
Mariuccia Barbiani e dal pastore Arnaldo Genre.
Ai familiari la comunità esprime la sua sincera e fraterna simpatia.
rà informata su questo aspetto
specifico. Si potranno avere dei
contatti con i due obiettori di
coscienza che faranno il servizio
alternativo ad Agape. Ed in seguito vedere se è possibile fare
un lavoro insieme a livello di
circuito. L’Evangelo ci sprona :
« Beati quelli che s’adoperano
alla pace, perché essi saranno
chiamati figliuoli di Dio» (Matteo 5: 9).
Marie-France Coisson
SAN SECONDO
Coralisti di S. Secondo e di
Prarostino parteciperanno domenica 11 giugno alle celebrazioni del Centenario della chiesa
di Coazze prendendo parte al
culto e ad un incontro fraterno
nel pomeriggio. Poiché sul pullman vi sono ancora dei posti liberi chi vuole accompagnare il
gruppo dèi cofalisti è pregato
di farlo sapere subito al pastore. Partenza da piazza Tonello
alle ore 8,30. Pranzo al sacco.
PRAMOLLO
Il ’bazar’ preparato domenica
scorsa dall’Unione Femminile
ha avuto un successo molto lusinghiero ed è stato visitato da
numerose persone anche non
pramolline, richiamate in loco
dalla Corsa podistica San Germano - Pramollo - Ruata.
Ringraziamo quanti hanno dato la loro collaborazione e tutti
gli amici, anche di comunità vicine, che ci hanno aiutato con
i lor-o graditi doni.
• La comunità desidera ancora dire il suo grazie sincero al
pastore Bruno Bellion ed alla
Signora per aver accolto in maniera cosi cordiale e fraterna i
nostri bambini della Scuola Domenicale in gita a Bobbio Pellice.
SERVIZIO MEDICO
Dal 10 al 16 giugno è di turno
il dott. Gardiol - tei. 91.277.
Doni ricevuti
dalla CIOV
nel mese di marzo ’78
PER ISTITUTI OSPITALIERI VALDESI
L. 10.000: Costabel Aldo (Milano);
L. 50.000: I figli, in memoria di Rosa
Cougn (Milano)..
PER OSPEDALI DI
POMARETTO E TORRE PELLICE
L. 2.000: Costantino Oreste (Pomaretto).
L. 5.000: Giovannini Gino (Roma).
L. 8.000: Francesco Martinat (Frali).
L. 10.000: Melchtori Claudio, Armando
e Lidia, in memoria di Estser Jourdan
ved. Beux (S. Germ. Chis.); Lisdero
Giovanna (Pinerolo); Ribot Emma
(Pomaretto); Liliana e Emilio Comba,
ricordando Ivonne Balmas (S. (5erm.
Chis.); Elena ed Eugenia Preda (Roma ).
L. 15.000: Bruno Delia (Pinerolo); Hugues Celestina (Per. Arg.); Malan
Luigia (Torre Pellice).
L. 20.000: Famìglia Abruzzere (Roma);
Lerda Maddalena (Villar Perosa);
Nostran Ernesta (Perosa Arg.); Bertalotto Chiaffredo (Perosa Arg.); Coucourde Elìsa (S. Secondo); Monticone Giuseppe (Villar Per.); Coutandin Elsa (Perosa Arg.); Michelina e
Silvio Beux, ricord, i nostri defunti (S.
Germano Chis.).
L. 22.000: Willielm Giovanna (Riclaretto).
L. 30.000: Pascal Elda (Pomaretto):
Comba Angela (Pinerolo); Gino Scola
(Pinerolo); Passetto Antonio, in mem.
di Jourdan Carolina ved. Beux (Vil¿lar Perosa).
L. 30.500: Varo Fiorìna (Luserna S. G.).
l. 38.600: Pugliese Bruno ( Perosa A-).
L. 40.000: Giudice Alessandro (Abbadia Alpina)^
L. 50.000: Rostan Nora (Torre Pellice);
Barberis Danilo (Torre Pellice).
L. 75.000: Mattalia Michele (PineroÌo).
L. 100.000: Famiglia Grill, in mem. di
Grill Onorato (Pomaretto).
Una cassetta di arance - Sìg. Pavarin (Catania).
Una carrozzella: Previati Giovanni (Perosa Argentina).
PER RIFUGIO RE CARLO ALBERTO
L. 10.000: Famiglia Abruzzese (Roma);
Elena ed Eugenia Breda (Roma).
L. 30.000: Pons Mario (Torre Annunz.).
L. 50.000: I colleghi di lavoro del fratello Gianni, in mem. dì Ceruttì Michele; Jahier Mario (Pinerolo); ì vicini dì casa, in mem. dì Giovanni Vigna.
L. 63.120: offerta anonima.
L. 70.000: Unione Femminile Valdese
( Roma ).
PER ASILO DEI VECCHI DI SAN GERMANO CHISONE
L. 10.000: Gay Evelina (Pinerolo); itala e Luigi Serafini, in mem. genitori
( Pinerolo ).
L. 20.000: Avondet Emilio e Sig. ricord.
la cara sorella Ivonne (S. Germ.);
Michelìna e Silvio Beux ricord, i nostri defunti (S. Germ.).
L. 30.000: Vay M. L. (Torino); Peyronel Adolfo In rie. mia moglie (S. Germano); Rita Vinçon in mem. del cognato Paolo (S. Germ.); Irene e Italo
Blanc in mem. dello zio Paolo Vinçon (S. Germano).
L. 35i000: Sìg. Acunzo (Biella).
L.'40.000: Jvonne Godino Costantino in
mem. cari (Torre Pellice); i familiari
di Balmas Celina (S. Germano).
L. 50.000: Benevolo Pietro (Valenza
Po); Jahier Mario (Pinerolo); Lilly
Martinat in mem. di Jvonne Balmas n.
Avondet; Yvonne e Bruno Paschetto
in mem. di Jvonne Balmas n. Avondet; moglie e fìgli di Vinçon Paolo
(S. Germano).
L. 70.000: Unione Femminile Valdese
( Roma ).
L. 73.000: Amici di Vinçon Paolo (S.
Germano).
L. 97.000: Colleghi di lavoro di Bruno
e vicini di casa di Vinçon Paolo (S.
Germano).
AVVISI ECONOMICI
TRENTACINQUENNE, ottimo lavoro,
casa propria, desidera conoscere per
eventuale matrimonio, massimo trentaquattrenne. Scrivere a: Tipografia Subalpina, Via Amaud, 25 10066 Torre Pellice.
8
8
9 giugno 1978
_______MENTRE SI SVOLGE A NEW YORK L’ASSEMBLEA DELL’ONU SUL DISARMO
Mutua Distruzione Assicurata
L’incontro europeo di donne cristiane ha sottolineato che il controllo degli armamenti non
tende verso il disarmo, bensì verso la pazzia di un mondo dominato dal terrore
Mai nella storia gli armamenti si sono sviluppati con passi
da gigante come in questo periodo, malgrado un clima di
« distesa ».
La corsa
agli armamenti
Le spese militari mondiali raggiungono 400 miliardi di dollari all’anno, equivalenti al prodotto lordo nazionale della metà più povera della popolazione
del mondo (70% delle spese per
le due più grandi alleanze militari; Nato e Patto di Varsavia,
15% per il Terzo Mondo, 10%
per la Cina).
Più di 60 milioni di persone
nel mondo sono arruolate nelle
forze armate e nella fabbricazione militare, almeno 3 volte il
numero d’insegnanti del mondo.
Gli arsenali mondiali delle armi nucleari superano di parecchi milioni di volte il potere
esplosivo della prima bomba
atomica che distrusse Hiroshima, abbastanza per distruggere
il genere umano diverse volte.
Oggi una singola testata nucleare nell’arsenale delle superpotenze può raggiimgere 3040
megatoni o 15-20 volte il potenziale di tutte le bombe sganciate dagli Stati Uniti nella seconda, guerra mondiale sulla'Germania e il Giappone. Queste
grandezze sfidano la comprensione umana. (Le due superpotenze hanno più di 12.000 testate
nucleari. Il numero dei paesi del
Terzo Mondo con aviazione supersonica è cresciuto tra il 1955
e il 1975 da 1 a 21).
Malgrado anni di negoziati sul
controllo degli armamenti e diversi accordi parziali firmati, la
corsa agli armamenti continua
inesorabilmente. Mentre il mondo è sull’orlo di una crisi economica e mihoni di persone hanno lame, gli armamenti prosperano come non mai in ima corsa feroce e assurda.
Una spiegazione la si può trovare nella dinamica atluale, in
seguito alla rivoluzione tecnologica e alla realizzazione avanzata dell’era nucleare. La corsa
agli armamenti è diventata una
competizione tecnologica. La dinamica contemporanea degli armamenti tende ad acquistare
uno spazio indipendente e a resistere a ogni controllo sociale;
riposa sul regno delle enormi
Ricerche e Sviluppo Militare
(R e D), rete che opera in una
atmosfera di segreto, indipendentemente dai negoziati.
Il ritmo delle scoperte tecnologiche oltrepassa di molto il
ritmo dei negoziati sul controllo degli armamenti. Nuove armi
prodotte rendono gli accordi sul
controllo delle più vecchie già
sorpassati. Così gli accordi nascono già vecchi. È stato il caso
con le testate multiple di guerra (Mirv’s), con missili a lungo
raggio d’azione, con la bomba
al neutrone ecc..
Comitato di Redazione: Bruno Bellion, Giuliana Gandolfo Pascal, Marcella Gay, Ermanno, Genre, Giuseppe Platone, Paolo Ricca, Fulv'6 Rocco, Sergio Rostagno, Roberto Sbaffi,
Liliana Viglielmo.
Direttore: FRANCO GIAMPICCOLI
Dirett. Responsabile: GINO CONTE
Redazione e Amministrazione : Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - Telefono 011/655.278 - c.c.p. 2/33094
intestato a; «L'Eco delle Valli La Luce ».
Redazione Valli; Via Arnaud, 25 10066 Torre Pellice.
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Cambio di indirizzo L. 100.
Inserzioni; prezzi per mm. di altezza, larghezza 1 colonna : commerciali L. 120 - mortuari 220 - doni 8C
- economici 150 per parola.
Fondo di solidarietà : c.c.p. 2/39878
intestato a : Roberto Peyrot - Corso
Moncalieri, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175,
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
Il punto centrale in ogni programma di disarmo deve essere
un congelamento nell’attività militare R e D, e il suo graduale
smantellamento nel quadro di
un disarmo generale e completo, sotto un controllo internazionale stretto ed efficace.
Il fallimento nel
controllo delle armi
Spinti dagli orrori della seconda guerra mondiale e dalla
scoperta delle armi nucleari, le
grandi potenze ripresero i negoziati per il disarmo e l’eliminazione delle armi nucleari.
Ma con la crescita degli arsenali nucleari, le superpotenze si
rifiutarono di lasciare gli strumenti appena acquisiti. Quindi
il vero concetto di disarmo fu
svuotato di significato e sostituito dal termine di controllo
sugli armamenti (sforzo combinato per rifornirsi di armamenti). Il controllo sugli armamenti venne a significare una pratica di sicurezza costruita attraverso una maggiorazione degli
armamenti, pratica condivisa
da USA e URSS. Anche questo è im modo di governare in
comune gli armamenti. La riduzione delle armi e il disarmo
furono messi da parte come meta immediata; mentre a parole
si serviva la causa del « disarmo completo e generale » nei
fatti si realizzava una razionalizzazione e giustificazione della
corsa agli armamenti.
La filosofia che sta dietro a
questo sviluppo è la dottrina del
terrore, meglio espressa nel precetto di Mutua Distruzione Assicurata, il cosiddetto concetto
MAD ^ « L’equilibrio del terrore » resta la pietra angolare del
controllo sugli armamenti oggi
(un sistema di minaccia che richiede un costante aumento degli armamenti, per poter infliggere danni molto più gravi al
nemico).
Unii completa anaHSi degli ul-'
timi accordi prova che la scelta
del controllo sugli armamenti
significa l’abbandono del disarmo. I trattati sul controllo degli armamenti non toccano gli
armamenti nei punti essenziali,
ma solo misure marginali o parziali. Così il collaudo dell’arma
nucleare fu bandito dall’atmosfera — importante misura per
l’ambiente — ma fu permesso
nel sottosuolo. Cosi! il trattato
di Non Proliferazione Nucleare
proibì il trasferimento di armi
nucleari a paesi senza bomba,
ma non pose restrizioni ai perfezionamenti delle potenze nucleari. L’attuazione di esperimenti nucleari sul fondo del mare fu proibito dal Trattato sul
Fondo Marino, ma le navi nucleari potevano continuare a girare i sette mari. Furono fatti
sforzi per stabilire un tetto quantitativo alle armi strategiche,
mentre progressi qualitativi potevano procedere liberamente,
permessi dagli accordi SALT.
Uno dei più grandi paradossi
della storia moderna è il fatto
che la meta di un disarmo generale e completo era stata accettata da tutte le nazioni e si
era pensato che fosse possibile
due decenni fa, in clima di guerra fredda; ma adesso nell’atmosfera di distesa sembra utopistico.
L’attuale sessione speciale delle Nazioni Unite sul disarmo potrebbe lanciare un appello per
un disarmo generale e completo e prendere delle misure effettive per la sua applicazione
graduale.
Strategia
di cambiamento
Il disarmo richiederebbe un
cambiamento radicale nella realtà politica. Ma questa volontà
politica per un disarmo autentico è ancora debole nei centri
di potere. I membri delle burocrazie di stato ad Est e ad Ovest
possono qon avere ancora afferrato il cambiamento avvenuto con l’era nucleare.
La conclusione è la necessità
di fare sorgere delle forze che
possano compiere questo compito. Cioè allarmare l’opinione
pubblica perché diventi illuminata, coraggiosa e operosa; sarebbe sbagliato sottovalutarne
il potere. Il problema è adesso
di mobilitare differenti settori
di quest’opinione in uno sforzo
coordinato. Differenti compiti
potrebbero essere affidati a
scienziati e ingegneri, a madri
di soldati, a chiese, a piccole nazioni minacciate dalla corsa agli
armamenti; ogni individuo, o
gruppo, potrebbe ricoprire compiti utili.
Armata con conoscenza dei
fatti, e ben organizzata l’opinione pubblica potrebbe essere trasformata in una forza materiale capace di influenzare decisamente i negoziati, mentre per
ora è stata addormentata in un
falso senso di sicurezza.
Tre proposte
1. - Ci si dovrebbe sforzare in
ogni paese di assicurare una
piccola percentuale del bilancio
della difesa per la causa del disarmo. Questi fondi dovrebbero
essere assegnati a istituzioni come c^tri di ricerca per la. pace, che fornirebbero ai cittadini
e al governo informazioni precise, analisi e concetti di difesa
alternativa.
2. - La situazione internazionale sembra matura per il formarsi di un’agenzia o organizzazione — possibilmente nell’ambito delle Nazioni Unite, come
previsto dall’accordo 1961 — che
potrebbe raccogliere, confrontare e diffondere informazioni.
Questa agenzia potrebbe servire
come luogo di chiarimenti per
nuove idee nel campo del disarmo, e progressivamente assumere funzioni di controllo per
l’adempimento degli accordi.
3. - .D’importanza capitale- è
ridurre l’atmosfera di segretezza negli accordi. Gli attivisti per
la pace dovrebbero richiedere
r
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Violai
La missione del giomalista
Il caso « Argentina » sulla
stampa italiana è stato poco dibattuto, fatta eccezio'ne di alcuni
giornali di sinistra: segno evidente che l’opinione pubblica italiana non lo ha adeguatamente
sentito. Per quel che riguarda
l'estero — proseguendo l’informazione data dal nostro giornale la volta scorsa — vogliamo citare la Francia. Il sig. Michel Zilbermann, responsabile della commissione sportiva presso il Comitato Centrale del Partito Comunista Francese, ha pubblicato
su « Le Monde » (del 27.5.’78) la
seguente dichiarazione.
« A partire dal 1976, i comunisti hanno denunciato Voffesa alle
libertà perpetrata in Argentina,
ed hanno organizzato la solidarietà attiva cól popolo argentino... Noi non siamo i soli. All’approssimarsi della gara, uomini e
donne, giovani che vogliono, come noi, aiutare il popolo argentino, si pongono il problema del
boicottaggio delle gare, come
forma di solidarietà.
Noi comprendiamo e condividiamo i sentimenti che spingono
tali giovani: del resto la rivendicazione del boicottaggio non può
dirsi un ’’falso problema”. Tuttavia noi riteniamo, per quanto ci
riguarda, che il boicottaggio non
è il metodo da seguirsi se si vuol
essere veramente solidali. Infatti
è ben vero che in Argentina vi è
repressione, violenza e tortura,
ma è anche vero che vi sono delle forze che lottano per la libertà
e la democrazia. E tali forze, a
grande maggioranza, chiedono
che la gara abbia luogo nel loro
paese. Esse desiderano che, in
questa occasione, gli sportivi, gli
spettatori, i turisti e anche i gior
nalisti vengano nel loro paese
per poi testimoniare. Ci dicono:
’’Venite e aiutateci”.
Quest’appello, noi lo comprendiamo. Quel che i democratici argentini temono soprattutto _ è
l’isolamento, il silenzio e l’oblio,
cioè una situazione di fatto che
potrebbe indurre la giunta militare ad accentuare la repressione e a ridurre ulteriormente la
libertà. Ecco perché, fin dal primo giorno, noi abbiamo risposto
all’appello delle forze democratiche argentine, prendendo posizione in favore della gara in Argentina e per lo sviluppo della
solidarietà col popolo argentino ».
« Le Monde » così commenta:
« Dal semplice e solo fatto che
la gara internazionale di calcio
si svolge in Argentina, discende
che la stampa e i giornali si sentono presi in una tenaglia. Infatti: o si fìnge di credere che non
si tratti altro che di calcio, oppure si finge di credere che basti un avvenimento del genere
per trasformare temporaneamente l’Argentina in una nazione
neutralizzata, sia umanamente
che politicamente. In entrambi
i casi vi è menzogna o ipocrisia.
Infatti non è possibile sostenere che la gara sia una manifestazione indipendente da ogni altra realtà. Né è possibile che l’Argentina, per il fatto che degli
sportivi, provenienti da tutto il
mondo, l’invadono, cessi di essere ciò che tutti sanno: un paese
in cui il rispetto per l’uomo non
conta niente, e in cui assassina,
torture, sequestri sono una fatalità della vita quotidiana, mentre
gli scrupoli delle democrazie occidentali non sono che oggetto di
maggiore franchezza nell’informazione, dibattiti liberi, e avere
accesso ad una documentazione
di base.
Terminando è bene notare che
di solito le donne non possono
interessarsi di questi problemi
perché non direttamente coinvolte, perciò si cita l’Appello
della Lega internazionale delle
donne per la pace e la libertà
alle donne del mondo perché
prendano delle responsabilità in
questo campo ; « L’escalation della corsa agli armamenti spreca
un miliardo di dollari al giorno.
Un miliardo di dollari al giorno potrebbe eliminare la povertà e la fame. Questa somma di
denaro potrebbe portare cura
per la salute, case decenti, lavoro, acqua pulita e fonti di energia per tutti. Negando questi bisogni umani la corsa agli armamenti stessa uccide e mutila.
Bambini e donne sono le sue
prime vittime. Agiamo d’accordo con la nostra preferenza per
la non violenza... Le donne —
più della metà della popolazione del mondo — possono cambiare il corso della storia... ».
Marie-France Coisson
(da Conferenza di Marek Thee
— istituto di ricerche per la
pace, Oslo — preparata per
l’incontro di donne cristiane
europee. CEC. Bruxelles, febbraio 1978)
scherno per il generale Videla (...).
A tale questione, i vari stati
hanno già risposto: nessuno di
loro mancherà all’appello, e i
boicottaggi che vennero decisi ed
operati altre volte contro il Cile
e contro il Sud-Africa, non avranno più corso ». Il commentatore
restringe allora il problema a
quanto particolarmente interessa la stampa: non mandare o
mandare i giornalisti? E risponde come segue.
« Si deve riconoscere che le
due scelte, le due alternative sono entrambe giustificabili.
1) 1 giornalisti non vanno in
Argentina, per condannare, in tal
modo, un regime politico perverso. In tal caso, bisognerebbe astenersi dal pubblicare la minima
informazione sulla gara, sia proveniente da agenzie di stampa,
sia proveniente da emissioni televisive. Una simile condotta,
l’unica ' legittima sotto il profilo normale, dovrebbe esser seguita fino all’ultimo (...).
2) I giornalisti vanno in Argentina, per dar notizie sulla gara, ma non su questa soltanto, a
dispetto delle minacce del generale — ministro degl’interni di
Buenos Aires ».
Il commentatore riconosce le
difficoltà in entrambe le scelte,
soprattutto nella prima. Della seconda, concludendo, dice: « Lungi dall’esser facile, essa comporta dei rischi, soprattutto fisici.
Tutto sommato, essa è la meno
contraria alla missione del giornalista ».
' In inglese è implicito un doppio senso dato che « mad » vuol
dire pazzo.
A che serve
un tempio?
(segue da pag. 3)
dove i nostri obblighi continueranno a crescère e dovremo andare a cercare le persone dove
sono, e non limitarci a convocarle aspettando che vengano ad
occupare questi banchi.
Verranno sì, ma solo in occasioni specifiche. Riunioni nelle
case, lavoro importante di molti
membri di chiesa preparati per
realizzarlo, ricerca dei vicini in
un lavoro di evangelizzazione non
appariscente ma sicuro e continuo. Il frutto si vedrà nelle assemblee: la chiesa si esprimerà
così in due forme, riunita in questo tempio per adorare, dispersa
nella città per agire, per studiare
la Bibbia in molti piccoli gruppi
servendo gli altri in opere di solidarietà che potranno anche
convergere al centro, cervello e
centro motore di tutto il lavoro.
La comunità riunita ogni tanto
pianificherà ed organizzerà il lavoro per valutare quel che si è
fatto ed i suoi risultati.
Oso affermare che se per esempio a Colonia Vaidense un giorno
il tempio sparisse o non potesse
essere usato per ragioni che ognuno può immaginare, la chiesa sussisterebbe ugualmente esprimendosi attraverso quella
dozzina di sale che furono create per essere scuole; perché se
la chiesa valdese ha nella sua organizzazione qualcosa di originale ohe può ofere all’attenzione
delle altre comunità evangeliche
sorelle, è proprio questa organizzazione di centri disseminati in
una data area geografica che confluiscono verso un centro visibile. Ma anche se questo un giorno
sparisse i centri minori rimarrebbero e forse si moltiplicherebbero molto di più.
Per questo occorre che gli anziani prendan man mano il posto
degli antichi maestri elementari
che svolgevano anche il lavoro
delle scuole domenicali.
È necessario che agli anziani
vengano assegnate zone geografiche in cui vivono alcune famiglie da curare quotidianamente.
Allora il culto domenicale si popolerà naturalmente in un ritmo
di lavoro a due tempi come quello che ho cercato di descrivere.
Unicas, s’intende, neU'ambito della prima scelta.
Nel prossimo
numero
■ Una pagina in occasione della scomparsa di
Giuseppe Gangale.
■ Predicazione di Lietta
Pascal alla Conferenza
del II distretto.
H II Consiglio FGEI sull’attuale situazione italiana.