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■ ANNO LXXIV
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Nalla sia più forte della vostra fede t
(Oianavello)
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abbonamento
Italia e impero . Anno L. 2Ó — Semestre L. 10
Estero . » »30— » »15
Ogni cambiamento d’indirizzo costa una lira — La copia Cent. 40
X’amidzìct di Qesù
« Nion più servi... vi ho chiamati amici ». Giov. 15: 14.
Quando Gesù cominiciò il Suo ministero in Capemiauni, raunò attorno a
Sè quelli che doivevano p>oi vivere con
Lui e dividere le sue gioie ed i suoi dolori.
Andrea, pel primo, riconobbe in Gesù
il Messia e trovato suo fratello Simone lo condusse a Lui. Gesù, fissato lo
sguardo su Pietro disse; « Tu sei Simone; sarai chiamato Ceja». Ora Cefa, in
linguaggio aramaico significa « pietra »
e se preferiamo l’equivalente in greco
si ha: Petros o Pietro (rO'Cca).
Quando Gesù gli diede quel nome, sapeva benissimo che la trasformazione
non si sarebbe effettuata all’istante. e
che il giovane pescatore non poteva divenire ad un tratto « l’uomo rocca ».
Ciò doveva avverarsi più tardi, in seguito agli insegnamenti che quotidianamente riceveva vivendo vicino al
Maestro. Tuttavia è possibile eh’ egli
abbia avuto una intuizione del significato di quel nome che doveva più tardi
fare di lui, malgrado le sue debolezze e
le sue sortite intempestive, l’eloquente
ed intrepido confessore della fede in
quel Nome ch’egli stesso aveva — in
un momento di smarrimento — negato
"¡i di conpsoere.
- '"Ma nel momento in cui Gesù gli disse: « Tu sei Simone, sarai chiamato Ceja », egli era un semplice pescatore,
poco istruito, poco educato, privo di influenze, pieno di difetti; nessuno fra
quelli che lo conoscevano avrebbe anti. cipato per lui promesse di grandezza, di
fama e tanto meno ch’egli avrebbe poi
raggmnto quel posto che il Maestro gli
assegnò dopo la sua caduta.
Ora noi non sappiamo ciò che accadde dopo il suo deplorevole fallo, eccetto quel che il Vangelo riferisce: « Egli
uscì e pianse amaramente ». Forse egli
andò a piangere in quel giardino dove
aveva pianto il suo Signore; forse portò l’agonia deU’anima sua dove il Maestro aveva agonizzato e pregato prima
che si compisse l’odioso tradimento di
Giuda; e forse chi sa? in quella stanza
— sacra di memorie — da dove egli
udiva il grido della folla: « Crocijiggi,
crocifiggi... »; e certamente potè vedere
il cielo oscurarsi e le tenebre scendere
misteriosamente in pieno giorno sur
una folla urlante e spaventata. Quanto
am,me saranno state le sue lacrime, e
cocente il suo pentimento !
Oh Pietro! come il nostro cuore si
commuove al pensiero del tuo gran dolore per aver tradito Colui al quale tu
promettersti d’esporre la tua vita per
salvare — se possibile — la Sua!
Credenti! non siamo troppo corrivi ad
accusare l’apostolo per le sue cadute,
perchè queste sono comuni alla nostra
umana natura.
Chi non è impulsivo, lo accusi d’imprudenza e d’irriflessione; chi non è
mai stato codardo o soltanto debole in
certe circostanze lo condanni; chi non ha
mai rinnegato il Suo Signore, igetti il
primo la pietra al gran discepolo che
Gesù volle perdonare e ristabilire quale
conduttore spirituale e testimone della
Sua grazia, fedele fino alla morte.
« *
La successiva storia di Pietro conferma le parole profetiche del Signore :
« Sarai chiamato Ceja » (l’uomo rocca).
Egli divenne un « conduttore »; radunò i discepoli dispersi; cominciò a predicare nello stesso luogo dove, poche
settimane prima il Figliuol di Dio era
stato fatalmente soppresso; rimproverò
arditamente ai capi del giudaismo il loro
crimine odioso e •incancellabile; pilotò
la Chiesa a traverso le prime difficoltà
quando un passo falso avrebbe prodotto un irreparabile disastro.
La tradizione informa che Pietro finì
la sua vita a Roma: vita Consacrata appieno al servizio del Suo amato Maestro e Signore; vita di un miartire della
fede, fu certo; non importa il luogo
della morte: Dio lo sa. Egli fu una pietra viva dieH’edificio che è la Chiesa di
Cristo. • *’*6'^
Anche noi, credenti, come pietre vive
siamo esortati ad accostarci alla « Pietra Vivente», riprovata 'dagli uomini,
ma dinnanzi a Dio eletta e preziosa.
Che ognuno si domandi: sono io una
pietra viva nell’edificio spirituale che è
la casa di Dio? ' X.
pel la ^ettiiinana dai mofti
Sotto questo tìtolo un settimanale
pubblicava molti anni or sono alcune
riflessioni che traduciamo oggi per i nostri lettori.
« Una storia presto narrata, un sogno
notturno, un’acqua che fluisce, un vapore che s’attenua, un fiore che appassisce,
rarcobaleno che scompare, un’onda che
s’infrange: ecco alcune delle immagini
con le quali si è indicata la vita. E tutte queste immagini sono giuste, perchè
ogni carne è come l’erba e la sua gloria
è come il fiore dei campi; l’erba secca
e il suo fiore appassisce, ma la Parola
dell’Etemo dimora eternamente.
« Il nostro passato è ben realmente
passato per sempre; mai ci ritroveremo
in circostanze che si ripetano esattamente. Occasioni identiche di fare un
po’ di bene, di essere utili o piacevoli ai
prossimo non si ripresenteranno mai
più. Soffriremo altri dolori e gbdremo'
altre gioie, ma quello che è passato non
tornerà mai più; non verseremo più le
stesse lacrime, non gemieremo più sotto
gli stessi pesi; non rivedremo più quelli
che la morte ci ha tolti; non ci sarà più
concesso di riparare i torti e le negligenze di cui ci siamo resi colpevoli verso di loro.
« Il passato è realmente passato.
I» Rleuardatc alla roccia onde foste tagliati
CHIESA VAL D E S E . (Isaia Li: 1)
Olvaller« s Prot. «INO jCOSTABU
AMMINISTRAZIONE e REDAZIONE:
5 Via Carlo Albertb, 1 bis — TORRE PELLICE
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7{ìcordahdo la ì{iforma
|i' Il 31 ottobre 1517, dopo la predica do-p menicale, Martino Lutero, dottore in teoV'iogia, affiggeva alla porta del tanpio
- . •.-. I* _____________ne
I del castello di Wittenberga le sue 95 tesi
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contro le indulgenze.
Questo fatto, che pareva all’inizio es
! sere un semplice incidente, una prote
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- sta isolata di un teologo contro un abuso ed un mercimonio che aveva preso
I piede nella Chiesa, dim,ostrò ben presto
^ di essere un fatto che affondava le sue
radici in ragioni molto più profonde e
^ serie, gravide in sè di svolgimenti e di
jì conseguenze insospettate. Ben presto
infatti non si trattò più soltanto di discutere sulla legittimità o meno della
pratica delle indulgeaize, rna fu la stessa chiesa docente, fu lo stesso clero ad
. essere chiamato in causa e ad essere
accusato chiaramente davanti ad un intero popolo di non aver predicato il
’vpuro Evangelo di Gesù Cristo e di aver
.-..permesso e consentito a che l’Evangelo
; di Gesù Cristo fosse sommerso in un
nugolo di errori dottrinali, soffocato da
un cumulo di superstizioni e di interpretazioni erronee che ne falsavano ad
dirittura completamente il significato ed
■ il senso profondo e genuino.
E ben presto a Roma il pontefice che,
al primo annunzio di quanto succedeva
^ in Germania aveva scrollato le spalle e
liquidato la questione affermando che
si trattava di beghe di frati, fu costretto a ricredersi ed a toccare con mano
che la questione era molto e profondamente seria. AUarm,ato egli fulminò con
rintimidaZione e con'la bolla di scomunica il frate da lui chiamato ribelle ed^
eretico. Ma le intimidazioni si fermarono davanti al « Non posso altrimenti:
Dio mi aiuti », di Lutero; e la bolla di
scomunica venne arsa pubblicamente.
La fede vivente e la confessione della
fede saldamente fondata suU’Evangelo
non temono nè le sanzioni, nè le espulsioni nè le condanne degli uomini e
«Ma i nostri anni che passano non sfiorano Colui per il quale mille anni* sono
come un giorno e un giorno come mille
anni, Colui che è lo stesso ieri, oggi ed
in eterno. In questo mondo in cui tutto passa e tutto fugge, rallegriamoci
nella certezza che Dio è immutabile. '
« Il tempo presente è breve, l’avvenire è lungo, il tempo fugge, la morte
viene, l’eternità è infinita.
« Non abbiamo ancora vissuto; noi
cominciamo soltanto a vivere, anzi soltanto a vivere ci prepariamo, ed ecco la
morte viene.
« Oh! Signore, nostro Dio e nostro
Padre, tu che sei la nostra vita e la
luce dei nostri giorni, accordaci la saggezza e la forza, la perseveranza e
l’amore che ci rendano capaci di operare, di parlare, di scrivere per amor tuo
ed in vista della tua gloria, durante il
nostro breve pellegrinaggio terreno.
« Tutto ciò che la nostra mano può
compiere, frateUi, facciamolo con fede,
perchè la notte viene in cui nessuno può
operare.
«Noi abbiamo nel cielo un edificio che
viene da Dio... Ed è per questo che noi
gemiamo, bramando intensamente...
« Noi possediamo questa celeste Gerusalemme 6 ciò nonostante noi la bramiamo ancora; l’apostolo geme e chiede che ciò che vi è di mortale in lui sia
assorbito dalla vita. I suoi gemiti sono
i nastri gemiti? E’ in noi, come in lui,
la stessa certezza che il Signore ci ha
scelti?...
« Nell’intensità del suo desiderio,
r apostolo Paolo sembra precorrere i
tempi. Noi sappiamo, scrive egli ai
deli di una Chiesa, che quando il Signore scenderà dal Cielo con un gran
grido, quelli che sono morti in Cristo risusciteranno primieramente. In seguito
noi che vivremo saremo elevati tutti assieme con essi. Paolo vorrebbe essere
fra questi ultimi, perchè gli tarda di
andare presso il Signore, e nel suo zelo
là egli si vede.
« I nostri progenitori, esuli dal paradiso terrestre, non erano senza speranza; essi aspettavano.il Redentore che
era stato loro promesso; e la loro spe
passano trionfanti anche tra i tormenti
e tra le fiamme dei roghi. A questo proposito la storia del Cristianesimo insegna.
AlTinizio del movimento poi denominato Riforma Protestante troviamo, da
una parte una Chiesa che attribuisce a
sè il titolo di depositaria della verità
con tutte le conseguenze che da questa
affermazione si possono facilmente d^
durre; dall’altra troviamo un uomo, un
professore di teologia, il quale non soddisfatto dalla dottrina ecclesiastica ufficiale nel cui nome vengono commessi
grossolani abusi ricerca in una vita rigidamente ascetica il modo di rendersi
gradito a Dio. Neanche l’ascetismo rigido riconcilia quest’uomo col suo Dio; il
tentativo di fabbricare una propria giustizia ed acquistare con questa giustizia umana la salvezza eterna fallisce.
L’uomo rimane di fronte a Dio nel suo
•tormento e nella sua incapacità: l’Evangelo anziché messaggio di vita gli appare come conidanna inesorabile.
Troppo lungo sarebbe descrivere la
crisi spirituale di Lutero. Ci basti sapere che in seguito allo studio della
Scrittura fatto con ansia e con sete di
verità, gli fu dato di trovare il vero
Evangelo, il genuino annunzio della
grazia gratuita per i meriti di Cr^to.
Gli fu dato di intendere, attraverso la
sua affannosa ricerca, che la « gi\astizia
di Dio ». di cui la Scrittura parla non è
la 'giustizia che sphige Dio a punire i
peccatori colpevoli, bensì la giustizia
che Dio dona gratuitamente al peccatore, « in Cristo » e per la quale il peccatore vive se ha la fede.
E Lutero scrive allora: « Così mi sentii rinascere e mi sembrò di essere entrato per le porte spalancate in paradiso. Da allora tutta la Scrittura prese
ai miei occhi un aspetto nuovo. Percorsi i testi che m,i si presentavano alla
memoria e notai altri termini che an
ranza non fu vana, anche se i millenni
dovevano maturare perchè i tempi fossero compiuti. E l’attesa di Paolo non fu
vana, anche se il compimento non venne
coisì presto come egli lo affrettava coi
suoi desideri.
« Perciò la morte non spaventava
l’apostolo che vedeva in essa la liberazione. Ripieno di fiducia, egli affrontava il tribunale di Cristo, al quale nessuno può sfuggire, affinchè ciascuno riceva nel suo corpo secondo il bene o il
' male che egli avrà fatto.
« Non vi è qui alcuna base di una
dottrina della salvezza per le opere, ma
un solenne richiamo, un monito che
non si può trascurare. La morte può essere ancora il re degli spaventi; l’ultima ora può essere ancora l’angoscia
opprimente della rivelazione che tutta
la vita è »tata perduta, e che è troppo
tardi; l’istante supremo può far presentire all’anima che Gesù è il Giudice supremo, e che è troppo tardi per realizzare nella esistenza di una vita rinnovata, che Gesù è Amore che perdona,
appunto perchè è Giudice che non ha
perdonato e si è offerto in vivente sacrificio.
« Padre nostro, abbi pietà di noi ».
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davano interj^tsli %. senà) «i^tìgo: 1Ì
potenza di Dio pef mézzo dellè'qtialé'
EgÜ ci dà la fotza, la àa^ezsa pefl '
mezzo della qualé Jlgli ci rende éavi, 1^
^ salvezza, la gloria di Dio. Quanto prima
avevo detestato questo termine «giustìzia di Dio », tanto ora amavo e gradivo questa dolce parola...».
All’ origine della Riforma troviamo
dunque questo fatto: Dio con la potenza del Suo Spirito Santo ap^e la mente
di un uomo Suo servitore e gli concede, attraverso lo studio della Parola
contenuta nella Scrittura di ritrovare e
riscoprire il Suo Evangelo eterno di
grazia e di salvezza. E quest’uomo cui
è stato dato di trovare il Buon Annunzio della grazia e del perdono di Dio
che cosa fa? Predica con franchezza e
con forza l’Evangelo che gli è stato rivelato. E questa predicazione della Parola ri-forma la Chiesa.
Noi Valdesi abbiamo aderito al movimento della Riforma. Siamo Protestanti e siamo fieri di esserlo. Ogni domenica nei nostri Temoli la 'Parola di
Dio ci viene annunziata. Nel passato
nelle nostre Valli si è lottato e si è stati
perseguitati per la fedeltà all’Evangelo.
Tutto ciò sta bene. Ma la domanda ohe
sale al nostro labbro è questa: « Ed
ora? A che punto siamo? Che cos’è-per
noi l’Evangelo? E’ ancora il buon annunzio del perdono dei nostri peccati
per i meriti di Cristo, anmmzio viteUe
per noi, ovvero è diventato per noi
qualcosa di staccato dalla vita, qualcosa di «teorico»? E’ ancora l’Evangelo
di Dio qualcosa di impegnativo, qual-*
cosa che incide sulla nostra vita tutta,
qualcosa che imprime ai nostri pensieri, alle nostre parole, alle nostre azioni
una direzione, un senso decisivi, ovvero è diventato per noi qualcosa di estraneo, qualcosa che sta molto bene nel
recinto del tempio ma che non ha nulla
da dire nelle case, nelle strade, sulle
piazze, nelle officine, nelle fabbriche,
negli uffici, nei campi? E’ per noi la
« sola cosa necessaria » ovvero è qualcosa — in fondo — di superfluo?
Non sta a noi a rispondere a questo
interrogativo grave. Ognuno di noi lo
faccia per conto suo seriamente misurando la propria vita alla sola comune
misura alla quale ci sia lecito uniformarci: la Parola di Dio. Ma se, fatto
questo esame seriamente, noi riconosciamo di non essere affatto quelli che
dovremmo essere, non incolpiamo di
questo nè le circostanze nè alcun’altra
cosa. Infatti: Dio è sempre lo stesso;
Egli dà il Suo Spirito a chi glielo domanda con insistenza e con fervore; la
Scrittura non è cambiata dai secoli; in
essa è sempre contenuto il medesimo
eterno Evangelo di grazia e di redenzione; e sta sempre scritto: « Cercate, e
troverete, chiedete e vi sarà dato, picchiate e vi sarà aperto ».
Due anni or sono da queste stesse pagine vi si annunziava l’inizio qui aUe
Valli di una campagna di risveglio. Era
un appello a tornare al nostro Dio, a
lasciarci cercare, a lasciarci trovare e
salvare da Lui. Era una esigenza sentita di ritornare a quell’E vangel o eterno
che solo ci salva e che solo dà senso e
sapore alla nostra vita. Esigenza di ’
riforma,
E’ stato accolto questo appello? Dio
solo lo sa perchè Lui- solo conosce i
cuori.
Oggi noi siamo in distretta. Oggi molti
anche tra noi sono sfiduciati, erranti
come pecore senza pastore, disorientati,
guardanti con apprensione verso il futuro ignoto, chiusi in sè stessi, disillusi
riguardo a cose su cui avevano creduto
poter fondare l’intera vita, cose che
d’un tratto sono crollate rivelando la
loro inconsistenza e la loro vanità.
La Riforma non ci pàtria oggi di distruggere, ma di edificare. La Riforma
in presenza del mondo di oggi che ha
già visto crollare tanti fondamenti umani personali, sociali, ci annunzia il solo
^ foi^a^ento che|ion ^lla pè crollerà
ll^ai* Teterno Evangel^tìi Qésù Cristo
Ììglìiiol di Dio. ¿'questo Evan^èÌo eterno che la RiforiÉa«dtóiaffi3g®sià riscoperto e rimesso al centro della vita nostra come individui, come famiglie e
come' popoli e come Chiese ci afferma
nel nome del Signore delle vita e della
morte che quando una Chiesa fonda su
eh esso la sua vita tutta, quando una
Chiesa anche piccola e povera come la
■nostra non vuol altro che avere predicato e creidere e vivere qiuest’Evangelo
etén^ nella sua integrità totale e nella
sua iotale purezza, neanche le potenze
deU’inferno la potranno vincere. E.questa non è una supposizione umana: è 1?
promessa di Cristo.
Oggi è tempo di distretta per il mondo e per la Chiesa. Ed oggi come sempre è vera la parola che Dio ha rivelato a Lutero nel isuo vero significato:
«Il giusto vivrà per fede». Il giusto:
cioè colui che erede in Gesù Cristo il
solo giusto, colili che fonda la sua vita
intera su Gesù Cristo che è la sola roccia irremovibile che non crolla nè mai
crollerà; colui che è e che vive in Gesù
Cristo il quale solo tiene le cbiaivi del
futuro, il quale solo può salvare per
leternità.
Oggi ancora Dio parla. E la Sua Parola che non può essere nè incatenata
nè coperta dal fragore delle guerre degli uomini giunge a noi con particolare
insistenza ed urgenza perchè è la parola dell’Iddio della croce, deU’Iddio che
ama, deU’Iddio che vuole che neanche
uno di noi perisca.
Questa parola ci dice: « Nel mondo
voi avrete tribolazione; ma fatevi animo! Io ho vinto il mondo » (Giovanni
16: 33).
Il Signore ha vinto. Questo l’annunzio consolante e vivificante per noi. E’
un annunzio rivolto alla nostra fede.
Ed è insieme un annunzio che vuol creare la f^e là dove fede non v’è ancora. .
Lasciamoci, fratelli diletti, afferrare
e persuadere da quest’annunzio consolante. Allora potremo, nella nostra distretta, cantare col salmista:
L’Eterno è la mia luce e la mia salvezza.
Di chi temerò?
L’Eterno è il baluardo della mia vita.
Di chi avrò paura?
Quand’anche un esercito si accampasse
contro a me
Il mio cuore non avrebbe paura.
Quand’anche la guerra si levasse contro
a me.
Anche allora io sarei fiducioso.
(Salmo 27: 1, 3).
E farà eco al nostro canto il canto di
Lutero:
E’ perduto immantinente quei che solo
in sè confida.
Per noi pugna un uomo possente che
Dio scelse a nostra guida.
Chi sia, domandi tu? Egli è Cristo Gesù
nostro Signore
Da Lui vigor ne viene. La vittoria in
mano Ei tiene.
Cosi sia.
Edoardo Aime
Nel Rifugio
Impressioni pastorali
(Seguito e fine)
Con le Suore si rievocano alcuni dei
casi più pietosi.
— Ricordo — dico io — uno dei primi ricoverati: di media età, alto, magro,
biondo, una barbetta caprina; camminava come quel disgraziato che ho visto poco fa: anche lui non aveva il controllo delle gambe, e nemmeno delle
braccia; tutte le articolazioni sembravano slogate.
Lo ricordo anch’io — dice s^or
AMoe — era stato mandriano; i reumatismi lo avevano ridotto in quel modo...
le intemperie e le bufere guardando il
gregge... era buono... aveva dei grandi
occhi celesti.
’k
i — E quel giovanetlo —"*"dióé .Suor
-- Adele -ì. ^uel giovanetto che ni>n poteva
> stretti
se, sul davanti, non ne fosse "mancato
uno. Allora’ facwa delle"'pallihe col
. pane, e le lancMVa in bocca attraverso
^ quel foro. Nello stesso modo sorbiva un
po' d’acqua col cucchiaino. E’ morto' à
14 anni.
^ quelTuomo — dice suor Margherita — quell’uamo che soffriva di una
tremenda malattia di cuore! Non poteva respirare. Il suo’povero viso era colore azzurro, tutto il suo corpo era pavonazzo.
E quella donna — interviene Augusto — quella donna affetta da un terribile lupus. Nel suo viso c’era una
grande caverna nera...
'I H
^Bciefiza l’atteggiamento pratico di Cri-^
sto.' Questo, Gancetto della prova gli è
* * ♦’
Io fremo per la commozione. Mi sento preso da un nodo alla gola, mentre
il mio spirito è afferrato dall’angoscia :
quell’angoscia che ben conosco perchè
mi ha tormentato tutta la vita: il problema del dolore, il proiblema del male.
Donde viene il male e perchè?
Esco, vado a fare qualche visita individuale: una cieca, un colpito da tuossea, una tisioa, una vittima
^^di un Orribile cancro. E dico parole di
conforto, di consolazione, di speranza ;
cerco d immedesimarmi con quegrinfelici, di si.m-patizzare, cioè di soffrire con
loro, per trovare delle paròle davvero
sentite e sincere; le sole parole che
parlano al cuore.
Ma tutto il tempo — m.entrè cerco
di servire il mio Maestro, di compiere
un’opera « pastorale », di portare un
messaggio autenticamente evangelico
tutto il tempo io mi sento in uno
« stato di tentazione » perchè — mentre sento il mio cuore traboccante di
« carità cristiana » — mi rendo conto
che il mio cervello martella le domande tremende alle quali non ho mai trovato una risposta: Torigine del male, il
problema della sofferenza. Perchè ?...
Perchè?...
— Dio vuole? Dio permette? Dio ci
mette alla prova?
Ma Dio è un Padre; anch’io sono
padre: io non metto i miei figli alla
prova cosi... Senza farli soffrire, mi basta la loro ubbidienza!
E ripasso nella mia mente rinsegnamento di Cristo, rievoco nella mia co
delle zizzanie cresciute
Ilei campo insieme al buon grano :
— E’ il nemico che ha fatto ciò!.
(Matteo 13: 28).
La guarigione dell’infelice paralitica:
—• Non si conveniva, cioè non era
necessarioi — non era mio" dovere — Hberare questa disgraziata che Saixma^
teneva legata da diciotto anni? (Luca
13: 16).
L’episodio del cieco nato...
— Maestro, chi ha peccato: costui, o
suo padre o sua madre?
— Nè lui ha peccato, nè siu> padre,
nè sua madre; ma voi — in questo tristissimo caso — non dovete vedere altro che un’occasione perchè si manifesti la potenza di Dio. (Giov. 9: 2-3).
* 4c
Scendo in giardino e mi viene incontro un vecchietto. Discorriamo.
— Di che parrocchia siete? Quali pastori avete conosciuto? E che età avete?
— Ottandadue anni.
— Vent’anni più di me. "Vuol dire —
dico sórridendo — che ho ancora almeno venti anni da vivere.
— Giacobbe ne aveva centotrentadue
—• mi risponde sorridendo maliziosamente il vecchietto. Poi soggiunge:
— E’ vero che i suoi giorni sono sta-*"
ti brevi e poco lieti. — Poi continua:
— Vedete, succede così : i nostri
giorni sono brevi e poco' Heti perchè
viviamo in territorio nemico. E’ vero,
come dice la Bibbia, che « la terra appartiene airEterno » ; ma Satana se n’è
impadronito. — Si ferma un momento,
alza gli occhi, li fissa nei miei, seriamente:
— NeU’uom.o ci sono, tre nature. C’è
la natura originaria, cioè la natura divina; poi c’è la natura che tutti abbiamo, la natura satanica;. —„Si feyrryi dì,,
nuovo:
— E poi c’è la natura umana. E Cristo è venuto nel mondo, mandato da
Dio, per ridare all’uomo la natura
umana.
— Fratello, come ti chiami?
— David Fontana.
— Ti ringrazio, David Fontana, il Signore ti benedica!
Dal Rifugio, domenica 17 ottobre 1943.
Giovanni E. Meille
EVANGELIZZAZIONE
Recentemente ho dato notizie sull’opera di evangelizzazione nella Puglia
ed in particolare in Orsara mettendo in
evidenza i costumi, le tradizioni e le
abitudini dii quei posti. Non è inopportuno accennare, all’ opera evangelica
svolta durante più di un quarantennio in quella contrada.
Dalle testimonianze scritte o verbali
di cui sono venuto a conoscenza, risulta che agli inizi di questo secolo un
gruppo di persone del luogo, reduci da
paesi» protestanti, . recarono il primo
messaggio della Parola di Luce. Non
vennero al paese col solo gruzzoletto
guadagnato con fatica e lotte di molti
anni, ma anche con un „tesoro di gran
lunga più prezioso: l’Evangelo. Quel tesoro lo misero in piena live dando assidua testimonianza a tutti: al contadino stanco e abbrutito dal suo lavoro,
alTartigiano rintanato ogni giorno nella sua bottega, al benestante sazio della
sua vita comoida. La Buona Novella trovò un terreno propizio, cuori ben disposti poiché da tempo si aveva sentore di un notevole fermento spirituale.
L’evangelo sarebbe giunto anche per
altra via a motivo di quel richiamo indistinto, ma reale, di tante anime desiderose di quel « quid » che solo TEvangelo ìiuò darci e che solo può calmare le lacune del nostro cuore. Si ten
nero così le prime adunanze ora presiedute da uno dei fratelli promotori
deU’opera, ora da un evangelista inviato tempestivamente dal Comitato di
evangelizzazione. Il paese fu messo in
allarme dai clericali e subito la chiesa
dei « putrestanti » si riempì di gente
d’ogni ce|o, accorsa in massa, chi per
' curiosare, chi per inveire, chi per trovare il vero cibo deiranima. Non furono lesinati a quei primi evangelici, specie al loro ministro, nè le minacce, nè
gli scherni, nè le sassaiole, nè le denunce, nonché la scomunica contro
chiunque varcasse la soglia del tempio
valdese. Tutto ciò allontanava i paurosi e metteva in maggior luce i più saldi, i più fondati ed i più accaniti anticlericali.
Intanto a poco a poco, attraverso
sconfitte e vittorie, periodi di entusiasmo e di sonnolenza spirituale si giunse a gettare basi più solide nella comunità. Nel paese e nelle campagne vicine si udivano di tanto in tanto i nostri begli inni cantati da bambini e da
giovanette coraggiose e felici. Al tempo della mietitura nei « fondi » degli
evangelici si cantava e si canta tutt’ora
Tinno nostalgico del mietìtoré: « Odi
tu? Gesù ti chiama, Ei iMót farti mietitor... ».
L’albero di Natale costituì la novità
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V pel paese e attirò ogni anno decine di
bimbi che in poesia ed in prosa aninun:Triavano il messaggio di Dio ai popolo
che accorreva in massa per vedere il
£. magico al'berello. Il culto pubblico a ca^ ratiere più evangelistico ed i culti faÍ. .migliairi diedero frutti insperati specie
nell’iajnibiente dei simpatizzanti. La no^ ta polemica anticlericale coll’andar dej^li anni scomparve e si fece sentire
yiva la preoccupazione per un lavoro
. ?*' ;|>iù spirituale e individualista.
L’opera pastorale ancora oggi, pur es■'*'" ;.^ndo fissata su determinate attività
^ non può seguire determinati programmi da attuarsi con regolarità come alle
ji; jValli e per un numero pressoché ugua.i le di persone. Il culto dei bambini raccoglie ogni domenica, ora cinque, ora
dieci elementi nuovi, capitati per caso
in chiesa o condotti da altri bimbi, con
;-s li^a cert’aria birichina e indiavolata;
¡.' occorre dimenticare il programma, tro‘ .vare lì per lì parole adatte per loro a
avviarli così verso la'*f coinosiGeinza 'del
l’Evangelo. Il numero s’accresce incre. dibilmente coH’awicinarsi del Natale e
a tutti bisogna concedere un dialogo od
^ una poesia, anche se per la prima volta han messo piede nel locale. Non imi|; porta se la festa non sarà brillante;
. quello che importa è di aver istradato
ai
nella via del Bene tanti bambini, al
ii. trimenti abbandonati a loro stessi.
Certo, di quella massa pochi rimarranII no fedeli alla scuola; ma questi poiehi
' >
- aggiunti al nucleo degli assidui accresceranno di an:no <in anno la scuola domenicale. Mi ricordo di due bambine,
'■ sui dodici anni, che si presentarono per.
% recito pochi giorni prima della feiff-stieciola. Esitai un tantino, poi, dietro
loro insitenza, cedetti. Affidai loro un
iaSdialoghetto tratto da una parabola.
«S; Con mia sorpresa recitarono molto bene e con molta vivacità; da allora vennero alla scuola domenicale, si rivelarono asridtre' e oggi sono le migliori
,* della scuola.
®T' • •
#■ Così possiamo d.re per il catechismo
: 1 e per il culto degli adulti, dove non si
;> è chiamati soltanto ad ahmientare la
fiamma della fede, ma ad accenderla
in tanti cuori che per la prima volta
■ odono il messaggio evangelico. Biso. *“ gna saper convincere ed ispirare l’amore per Dio non solo in chiesa, ma nelle case, nella strada, senza alcun timore-di essere noiosi 0 di uscir fuori dal
proprio campo. Le parole divine opeti^o a nostra insaputa, risvegliano le
coscienze degli increduli e fanno riflettere chiunque le ascolta. Oggi la co
. munità trae beneficio dal lavoro dei
' i pionieri, evitando errori commessi nel
passato. Un tempo si interessava la
■ ^ massa, discutendo argomenti polemici;
in questi ultimi anni il lavoro pur non
trascuiando questo fattore è compiuI to con particolare riguardo alla, co' jBcienza dei singoli ed ai suoi problemi.
Sia coi bamibini che coi giovani e con
gli adulti'dobbiamoi operare in senso
individualista: avere cioè frequenti contatti personali, in modo da porre la co
- scienza del singolo davanti a Dio e sa
- pergli indicare il rimedio più adatto
per la sua rinascita.
Quando un nucleo di fedeli avrà realmente compreso qual’è il suo preciso
compito, saremo certi che l’opera di
evangelizzazione non crollerà, ma darà
.•■frutti insoS'fiettati. Questo pensiero, non
•nuovo, espresso da altri colleghi nell’Opera, è stato sottolineato per ciascuno'di noi del campo di evangelizzazio. ne 0 delle chiese delle Valli.
Vorrei parlare a lungo ed in particolare delle esperienze nostre e di altri
pastori in questo campo, ma credo sìa
sufficiente l’aver gettato un po’ di luce
su di un’opera spesso ignorata dai nostri Valdesi e forse un poco disprezzata
perchè non conosciuta.
" G. Bouchard
m
Scrivono all’£éo.ì.
. ^ ■ ■ »-i - . -W.- ■
■ Assembla* di Chiesa
Reiterate volte si è discusso su di
esse e sul lóro mediocre funzionamento
ed, interesse, perchè convocate, in massima. solo in, vista” di più 0 "meno importanti votazioni e Jorse due volte al
l’anno.
Non fa quindi meraviglia se l’mdifferenza per esse si sia insinuata neU’animo di molti, e se, conseguentemente, il
numero di coloro che ancora rispondono a tali convocazioni sia fcwzatamente
esiguo.
I moMvi che provocarono diserzioni e
che non tentiamo di elencare sono molti, ma il fatto che importanti problemi
o amministrativi o di vita attiva 0 spirituale, ecc., siano a poco a poco tolti alla
pubblica discussione per esser discussi
solo dai Consigli di chiesa ne è già uno
di decisiva importanza; aggiungasi, per
qualche parrocchia, il tempio la cui infelice acustica rende impossibile lo scambio di idee, unitamente al nervosismo
che colp.sce l’individuo che vuole esprimersi in pubblico.
Ora comprendiamo perfettamente
che certe soluzioni sono appannaggio
dei «.Consigli» ma non tutte, chè molte comportano la responsabilità ed il
rmiglibr bene dei singoli; perciò a parer nostro avrebbero appunto da esser
prospettate in assemblea, ove si svilupperebbe la discussione. Ognuno si sentirebbe parte interessata alle quistioni
della Chiesa, e ciò avrebbe fors’anche
il potere di vincere la radicata ritrosia
della contribuzione annuale facendo
migliorare il versamento.
Per mille ragioni le « assemblee »
dovrebbero essere più frequenti e convocate alcune domeniche in anticipo
spiegando rOrdine del giorno; se non è
sufficente la convocazione, dal pergamo
(e non lo è) gli anziani ed ì diaconi potrebbero divulgarlo nei propri quartieri, anche agli « indifferenti » (fatica
vana?) e incitare perchè l’assistenza risulti numerosa.
A successo del « numero »- ottenuto,
un primo problema di grandissima importanza dovrebbe esser affrontato e
profondamente esaminato parrocchialmente; quello delle attività con particolare riguardo a quelle giovanili (corale, unione, alle quali partecipa appe■na una minoranza), poiché su di esse
la Chiesa deve contare per l’avvenire;
così impostato il problema, e spiegato,
potrebbe anche giovare e indurre molte famiglie a considerare e ad esaminare nel loro ambito, la loro posizione.
Ed un secondo problema di non minor levatura, si imporrebbe: quello delle visite pastorali, neglette per ragioni non troppo fondate 0 mal fondate.
E pensare che la visita pastorale potrebbe valere più del miglior sermone...! .
In conclusione, auspichiamo che in
avvenire le « assemblee » assumano la
loro specifica funzione, ed a ciò sarà
naturalmente di grande ausilio il forte
ordine del giorno approvato recentemente al Sinodo. Galp.
Nota. Questo delle assemblee di Chiesa è un argomento che ritorna quasi
periodicamente in discussione. Abbiamo pubbhccato integralmente la lettera
di Galp come contributo ad una chiarificazione del problema al quale forse altri lettori vorranno dare il loro appcxrto.
In questo senso vorremmo porre alcuni
interrogativi:
1°) Nel campo storico le nostre assemblee di Chiesa sono veramente fedeli allo spirito dell’Evangelo e della
Riforma, oppure non hanno esse degenerato col degenerare di altre istituzioni similari? E’ noto che molte assemblee del mondo vengono convocate per
una determinata ora; ma lo stesso avviso avverte che, in mancanza del numero legale, una seconda seduta sarà
convocata per toaltca orai « questa ■'
sarà valida qualsiasi sia il numero de
intervenuti. E’ implicito cioè nella *
convocazione steiSBa il dismteresse degli, interessati. Non vogliamo analizzare nè approvare questo * fenomeno che
si presta troppo, nel mondo, . ,a sfruttamenti pericolosi. Ma esso è una realtà.
Bisogna analizzare le cause,, francamente, e coraggiosaimente, senza fermarsi^ alle solite obbiezioni, deU’orario,
eoc,j che sono soltanto dei sintomi, non
desile cause. • ■■ ■’
Se i Valdesi fossero veramente convinti che vale la pena di mantenere in
vita le assemblee di Chiesa, essi farebbero qualsiasi sacrificio, ma non lo
sono.i^
if,2) Si tratta di convincerli; dunque
un problema di propaganda. Indubbiamente, ma fino ad un certo punto; noi
preferiremmo usare il termine « testimonianza », perchè, ripetiamolo: l’asseanblea di Chiesa è una mamfestazione di vita spirituale, e molta gente si
è disinteressata di esse perchè vi ha visto so*ltanto un’adunanza d’indole amministrativa, per non dir peggio. Anche
Tassemblea di Chiesa dovrebbe essere
al jtempo stesso: discussione ed edificazione. Non oseremmo affermare che
questo sia il caso attualmente, e non
sappiamo quando ne sia stato il caso,
salvo lodevoli eccezioni. E’ ciò possibile?
3°) Il concetto del « numero » ha
una indiscutibile importanza nelle assemblee del mondo; il concetto di maggioranza assoluta e relativa, di minoranza, non è estraneo alla nostra legislazione eccles'astica; ma è ciò veramente un bene?
Assemiblee numerose è una bella cosa;
ma assemblea vivente è una cosa forse
migliore. Nella nostra . impenitente ingenuità ci domandiamo se anche qui
non ci sia un riflesso, il solito, del solito, problema fondamentale: il « mol
tItudinism,o » delle nostre Chiese.
; Come potete pretendere che ci siano
delie buone assemblee di Chiesa, quando ci sono delle pessime assemblee al
culto domenicale, quando la gran maggioranza della chiesa è composta appunto di « indifferenti »?
4°) Facciamo' un caso pratico: una
parrocchia di 1.500 membri. Presenti al
culto, una media di 300 fedeli: un quinto cioè dei membri comunicanti (dico comunicantU). L’assemblea di Chiesa ha
I una media di 40 membri elettori su un
¡ 350 membri elettori iscritti regolar
mente, per esempio; un decimo circa
dei membri. E’ proprio il caso di stupirsi? Il problema consiste proprio nelI l’assemblea di Chiesa, nella categoria
dei membri elettori che non capiscono
il loro diritto ed i loro doveri? Oppure
il problema non è forse infinitamente
più angoscioso, e tale che trascende le
possibilità di soluzioni umane, <fi ordini del giorno sinodali, di propaganda
di anziani e diaconi, di buona volontà
di pastori e concistori?
Che cosa sono questi 1.482 membri
comunicanti della Chiesa di Torre Pellice? Ed i 1.483 di Luserna San Giovanni? Ed i 1.308 di Torino? Ed i 958
di Prarostino? Eppure ci sono, nelle tabelle statistiche! Ma in chiesa, no! E
nella vita, e nell’azione della testimonianza evangelica valdese, dove sono
essi?
' Vi siete domandati mai quale potenza di vita rinnovata dovrebbe sentirsi
nelle Valli se veramehte i 13.000 membri comunicanti Valdesi fossero veramente membri comunicanti al corpo di
Cri.sto, dei testimoni?
5°) Persuadere gli indifferenti...
Non è forse, in ultima analisi annunziare all’iiomo che egli è perduto, e che
soltanto Gesù può salvarlo? Chè se gli
« indifferenti » di questo non vogliono
sapere e stanno lontani dal Tempio, allora non vediamo cosa essi potrebbero
fare nelle assemblee di Chiesa.
0^
« 6°) Questo problema iritonia pmo
dicamente in dlìacus^oone, ed è inevitabile. Ci meditino i nostri lettori.-»'Ne
vale la pena. Cl.
La morte delle stelle
Un’altra stella, è morta. , ¿o ■
Tempo fa ne hanno dato notizia i
giornali; quegli stessi giornali che con
gran lusào di titoloni e di allettanti fotografie ne avevano annunziato la, nascita, non molto ^ tempo prima. Quelle
fotografie su cui avete chinato le vostre
fronti pure di giovani, su cui avete fermato gli sguardi che sanno revocazione
dei mondi «conosciuti, dove spaziare, lìberamente, come piace sognare a ,vent’anni.
E su quelle fotografie avete sognato
anche voi, fanciulle valdesi dei miei
monti, lo so! Si è Valdesi e si amano i
monti, ma tutto quel lusso, qpella ricchezza, quel fasto, colpiscono i cuori e
le menti. Pensieri insospettati, detsdderi
violentemente repressi, sembrava per
sempre, ecco si sono ridestati nel più
profondo del cuore. E in qualche testolina è passato come un lampo un pensiero: « Ah! se anch’io potessi...! ». Come un lampo! Ma che luce questo
lampo!
« Dopo tutto, non è poi neanche molto bèlla! ». Un abisso di vanità soffocata che s’apre... e sottintende; « Dopo
tutto io non sono più brutta di lei... ».
E un poco d’invidia c’è anche: invidia per la « fortuna » della giovane sconosciuta avantieri, e ieri stélla.
Era povera, sconosciuta, ed eccola
d’un colpo ricca e popolare.
A ciò è bastata la sua bellézza e la
sua gioventù: è bastato ciò per una vita
felice, di cui i gioimali han dato i particolari suggestivi: il numero delle pellicce, il colore delle vesti,- la ricclaezza
dei monili, i capricci soddisfatti.
Un giorno poi, d’imiprowiso, xm grande quotidiano annunzia che, a Parigi,
una stélla è morta, come altre stelle
prima di lei.
« Régine Flory, Claude France, Jenny
GoMer, una graziosa pìccola creatnira,
bella come voi, che ha fatto lo stesso sogno che voi avete fatto, pallida, con un
piccolo foro nel petto; la mano stringe
nervosa nello spasimo estremo una piccola rivoltella dal calcio cesellatto: così
piccola che si direbbe un gioiello. E
trent’annì ha la stella, fanciulle mie.
« Trent’anni...
«E’ quello fihe i giornali chiamano « il
suicìdio di una principessa della fantasia e dell’allegria ».
« Dell’allegria che si agita e si tormenta... Allegrìa posticcia, che scuote i
suoi campanellini di follia per stord^si,
non più udire, non più pensare...
« Quello che si chiama la grande vita.
« No! Una vita breve, una vita piccina, una piccinoi vita, fanckdle graiOose
che sognando vi guardate nello specchio ».
Una povera vita quella « grande
vita », buone ragazze valdesi, che vi siete fermate ai piedi deUa dura salita per
prendere fiato, ed avete appoggiato la
gerla sul muricciuolo, ed avete guardato intorno se nessuno vi vedesse, ed
avete tirato fuori l’ultimo numero della
rivista cinematografica; vi siete immerse nella contemplatone, ed avete dimenticato tutto: il caldo, la gerla, la salita; avete sognato ad occhi aperti la
grande vita di Jenny Golder per esanpio. E quando una voce vi ha chiamato,
per fare con voi la salita, e vi ha offerto di aiutarvi a portare la gerla, avete
trasalito: rude vi è parsa la voce, rozzo
il vestito. Avete nascosto il giornale come un tesoro, per conservarlo più a lungo, per leggerne le novelle, per apprendere come, nel grande monda si diventa
4
L’EOO DELLE VALLI VALDESI
',S?
belle, straippanfdosi le ciglia, coloramelo
di rosso le iinghie.
Avete trasalito ed avete avuto uno
’ sguardo strano: un po’ di amarezza per
Ja salita dura che aspetta, per il vestito semplice che indossate...; ma anche
un po\ di vergogna, perchè lo sentite:
quella grande vita è falsa. Queiroro non
è sempre delFdrd,' è la stélla l’ha comprato a prezzo grÉade: a ptrezzo’di comprranessi, di rinunzie, a prezzo del suo
onore forse, a prezzo della sua’vita;
Per « arrivare », dovunque, e sempre,
bisogna rinunziare.
Anche nella grande vita bisogna ri- nunziare e Jenny Golder ha rinunziato
a tutto; ed un giorno la stella si è trovata a trent’anni; si è ritrovata: una
povera creatura um,ana» sola^ disgustata. Ed ha avuto paima di sè stessa: aveva avuto in mano una coppa d’oro piena di liquore inebriante, ed aveva bevuto: è rimasta la coppa vuota, senza
illusioiu, con la testa che duole.
La stella è scesa dal suo cielo di nubi
vaporose, di trine e di merletti, di riflessi dell’iride nelle goocLe di spumante,
tra suoni incomposti di barbare melodie..., sulla terra, e si è trovata ai piedi
di una salita, con il suo peso da portare; ma era esausta, ed aveva paura di
sè; e nessuno era vicino a lei*
Allora si è uccisa.
♦ * *
Nessuna creatura umana poteva offrirsi a portare il peso di una stella : un
peso fatto di nulla e di tutto. UNO era
vicino, alla porta del suo cuore, ma il
cuore della stella era morto.
il fotografo
Cronaca Valdese
ANOROGNA (Serre)
Giovedì 28 ottobre, nel Tempio di
Pradeltomo, si univano in matrimonio
Svmond Guido (Eissart) e Buffa Ilda
(Adrech).
Il Signore circondi ed accompagni
con la Sua grazia questa nuova famiglia che si è formata. e. a.
PINEKOLO
A soli 23 anni e dopo appena sei mesi
di felice vita coniugale, improvvisamente decedeva in S. Secondo Gardiol Mariuccia nata Don. I suoi funerali che si
svolsero giovedì 21 ottobre, furano un
plebiscito di affetto e di stima versoi la
rimpianta estinta e di profonda simpatia cristiana verso la vecchia madre, il
giovane marito, i fratelli, le sorelle e i
congiimti tutti colpiti nei loro affetti
dalla immatura perdita della nostra giovane sorella.
A tutti gli afflitti rinnoviamo l’egpressione del nostro cordoglio, implorando
su di essi le consolazioni divine.
SAN GERMANO CHISONE
— Domenica 7 novembre, ore 10,30:
culto di commemorazione della Riforma. Il pomeriggio dello stesso giorno,
alle ore 15,30, primo breve culto mensile, seguito da un’importante Assemblea di Chiesa aUa quale non solo gli
Elettori ma tutti i membri Comunicanti sono invitati. Ordine del giorno :
1° Esame della Relazione annua morale e finanziaria; 2° Attività invernali ;
3° Discussione sulla proposta della
Commissione Distrettuale circa la contribuzione annua alla Cassa Centrale;
4° Varia.
,— Il culto per la Gioventù è stato
rinviato alla domenica 14 novembre alle
ore 15.30. Essendo state sospese tutte
le attività giovanili, questa è l’cinica ora
per tutto un mese nel quale la gioventù libera da impegni può dimostrare il
suo attaccamento alla Chiesa e la sua
volontà di mettere al primo posto le
cose dello Spirito.
— A distanza di nove mesi dal suo
)
marito e dalla stessa sua morte, senza
sofferenze, è entrata nella pace del Si- '
gnóre, all’Asilo dei Vecchi, BoudrandÉi ^
Celestina ved. Comba, delle CorMere La chiamata estrema è stata' un esaudìmento alle sue preghiere.
— Nelle prime ore del 21 corrente ha
terminato l’ultima dolorosa tappa del
suo breve pellegrinaggio terreno Gollian ¥■
Lamy^ di anni 44. Dopo una dolorosa operazione subita nella scorsa primave- v
ra, sembrava ohe if male fosse stato del
tutto sradicato e invece il nostro caro .
fratello ha ancora traversato mesi di in- ^
sopportabili sofferenze, con l’animo
viso fra il desiderio di partire ed essere'
col Signore e la pena profonda di separarsi dalla sua famiglia. Egli non ha
neppure avuto il conforto di vedere alt
suo capezzale il figlio maggiore, marinaio imbarcato su qualche lohtana nave.
Una folla commossa ha preso parte al
servizio fmiehre ed ha circondato di sin- ^
cera simpatia la vedova Irma Avondet,
i figli ed' i congiunti ©d ha intensamente
pregato per Attilio, assente.
Dio solo può togliere alle lacrime
Tamarezza, e la disperazione e infondere nei cuori affranti la sottomissione e
la forza. La certezza alla risurrezione
in Cristo e la fiducia nel Padre celeste,*
che non abbandona coloro che sperano
in Lui siano sorgente di consolazione e
di pace per questa famiglia nella prova!
TORRE PELLICE
La settimana scorsa abbiamo celebrato il matrimonio del signor Emilio Tron,
di Massello, con la signorina Giulia
Po et, dei Chabriols, e quello del signoft,
Gilberto Michelin Salomon fChabriols),
con la signorina Renata Gamba (Torino).
Su questi nuovi focolari invochiamo
ancora la benedizione deH’Eterno.
— Il 1° novembre Iddio richiamava
a Sè Tanima della sigma Paolina Jahier,
dei Fassiotti; ella aveva 53 anni; martedì ne abbiamo accompagnato le spoglie
mortali al camposanto. La nostra sorella lascia il benefico ricordo di una vita
spesa per il bene degli altri, ispirata da
un cuore buono, daU’amore che dà e si
dà pensando solo al vantaggio altrui.
Nelle sofferenze fisiche e morali per le
quali fu chiamata a passare essa diede
un mirabile esempio di forza, di perseveranza, di sottomissione che le ispirava la sua fede in Dio.
Rinnoviamo ai parenti in lutto
l’espressione della nostra viva simpatia
cristiana.
Il 31 ottobre 1943, si spegneva all’Ospedale Valdese di Torre Pellice il
Prof. Doli. Ing.
ACHILLE MALAN
La famiglia ne dà il mesto annunzio
a tumulazione avvenuta.
« L’anima mia s’acqueta in
Dio solo : da Lui viene la mia
salvezza». Salmo 62; 1.
Torino - Via Bava, 37-2 novembre 1943.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia Malan ringrazia quanti,
partecipando al suo dolore, hanno voluto, con parole e scritti, onorare la memoria del caro Estinto. Un ringraziamento particolare al dott. Gardiol per
le affettuose cure, alle suore dell’Ospedale Valdese ed a coloro che gli furono
vicini durante la malattia.
POMPE - FILTRI
•
^•r Ac-c'T SkMtl, Vini, Ltauert, Selro|ip4,
OtN, Coll*.
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p»r VM tpBWlimi, |Mr aa«M**
• ••Ita • fratia.
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Il primo a dare la propria impronta alla famiglia, fu il paganesimo. ■ |
In secondo luogo, Mosè ed i profeti la trasformarono profondamente fino a
renderla simile a ciò che è attualmente. r. '
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