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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Sig. FEYROT Arturo
Via C. Cabella 22/5
16122 GEWOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 97 - Num, 10
Una copia Lire 70
ABBONAMENTI
Í
Eco: L. 2.500 per rinterno
L. 3.500 per Testerò
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TORRE PELLICE - 6 M arzo 1970
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8 MARZO: «DOMENICA DELLA GIOVENTÙ'»
Nasce un nuovo tipo di lavoro giovanile
Senza cedere né al pessimismo che dà tinte funeree all’attuale fase di «trapasso», né a un ottimismo acritico - Lasciare spazio ai tentativi e alla ricerca su linee nuove, fiduciosi, più che negli uomini, nello Spirito di Dio - Razionalizzare il lavoro a livello interdenominazionale, senza però ridurlo
Guardando al lavoro giovanile nella
blesa valdese un osservatore pessimi•la avrebbe certo l’impressione che le
se stanno andando a rotoli. .Alle Valli gran parte delle unioni giovanili hanno chiuso i battenti e le poche unioni
che svolgono attività non .sono spesso
disposte ad aprirsi al di là dei loro confini locali (una lettera ai pastori e ai
responsabili giovanili che offriva una
visita del segretario FUV ha ottenuto
non più di un paio di risposte). Ma anche al di fuori delle Valli diverse unioni
hanno cessato le attività o hanno visto
ridursi in modo considerevole i propri
membri. Un rapido confronto tra l'anno 1959 e il 1969 da questi risultati:
1959 1969
membri di chiesa 21.299 21.272
unioni giovanili 96 55
membri delle unioni 1.803 927
Anche se questi dati, tratti dalle statistiche ufficiali della Chiesa valdese,
vanno presi con le pinze L la situazione
A bbiamo chiesto al pastore
“ Pranrn Giampiccoli, segre(sarà l’ultimo?) di
problemi della vita
giovanile nelle nostre comunità,
in occasione della « domenica
della gioventù».
bbiamo
Franco
tario FUV
presentare
generale è comunque chiara: di fronte
ad un numero di membri di chiesa
pressoché immutato in 10 anni la partecipazione alle attività giovanili si è
grosso modo dimezzata.
Spesso il lavoro delle unioni che ancora funzionano è un girare a vuoto
deludente; la partecipazione alle attività registra un calo impressionante dopo i primi mesi invernali; i programmi
di studio hanno un andamento disorganico e la diffusione dei quaderni di
studio per le unioni si è ridotta sensibilmente negli ultimi anni.
Un osservatore ottimista avrebbe invece l’impressione che le cose stanno
cambiando in meglio. Sta morendo il
vecchio schema tradizionale di lavoro
giovanile basato sul lavoro indefesso
di alcuni responsabili che si sforzano
di trascinare una «massa» passiva e
mai contenta alternando l’attività di
studio con quella ricreativa. Al suo posto stanno sorgendo gruppi più omogenei, con una responsabilità distribuita in modo molto più generale, aperti
verso resterno, spesso con un preciso
impegno sociale o politico, con una attività di studio in funzione di questo
impegno. La settantina di partecipanti
all’ultimo campo invernale di Agape
rappresentava nella sua quasi totalità
questi gruppi e dava un quadro complessivo di vitalità sconosciuta negli
ultimi anni nell’ambito del lavoro giovanile tradizionale. Certo diminuisce la
quantità in questa fase di trapasso, ma
cresce la qualità; nasce un nuovo tipo
di lavoro giovanile che esce dagli schemi passati di età, di delimitazione parrocchiale-geografica (alle Valli), di interessi, ecc. Questo nuovo tipo di lavoro è solo agli inizi ma potrà allargarsi
e costituire un nuovo indirizzo di lavoro che vedrà ad un certo punto crescere non solo la qualità ma anche la
quantità. Dall’estero (dove — non per
consolarci — le cose vanno spesso peggio che da noi) si guarda con un interesse ed un’attesa perfino eccessivi ai
nuovi sviluppi del lavoro giovanile ecclesiastico e cristiano-studentesco.
Penso sarebbe dannoso abbandonarsi tanto a questo pessimismo quanto a
questo ottimismo e vorrei perciò limitarmi a tre osservazioni che spero realistiche.
1) Ovunque il lavoro giovanile è vitale esso è un lavoro interdenominaziouale. Il che non vuol dire che sia vitale
perché interdenominazionale, né che
qualunque attività interdenominazionale sia vitale. In altre parole non esiste
t 'tocca e sana per cui ba
sterebbe rendere interdenominazionale
un attività giovanile di qualsiasi tipo
(c il lavoro giovanile a livello nazionanale) per risolvere tutti ì problemi. Dico semplicemente che ovunque il lavoro giovanile è vitale esso è caratterizzato da una serie di aperture, di nuovi orizzonti, di interessi comuni che travalicano le divisioni denominazionali. È
necessario prendere definitivamente atto di questa realtà, perché se è vero
che una trasformazione burocratica in
senso interdenominazionale del lavoro
giovanile non risolverebbe nulla, è altrettanto vero che un insistere su strutture denominazionali significherebbe
limitare e frenare lo sviluppo del lavoro giovanile. In questo senso è necessario dare alla Federazione Giovanile
Evangelica Italiana (FGEI) il più ampio spazio e le più ampie possibilità
tanto sul piano regionale che sul piano nazionale.
2) In generale le Chiese sono preoccupate, quando non sono decisamente
ostili, per l’interesse e l’impegno politico che caratterizza in gran parte il
lavoro giovanile di tipo nuovo che
emerge qua e là. Non è qui il caso di
rifare un discorso generale, ma una
cosa vorrei sottolineare. All’interno del
movimento giovanile non c’è in genere uno spirito dogmatico ma uno spirito critico e autocritico. In una situazione in cui si ricerca una via di impegno
e di testimonianza che risponda ai problemi di oggi — e non di ieri — e alla
vocazione che i giovani rice'mno nell’ambito di questi problemi, non c’è
un modello di comportamento, una precisa e definitiva formulazione della testimonianza. Non ogni generazione si
trova in questa situazione. Ci sono state generazioni che hanno continuato
semplicemente ed efficacemente il lavoro e gli schemi della generazione precedente perché i problemi erano più o
meno gli stessi e le formulazioni e gli
schemi di lavoro mantenevano la loro
validità. Ma per generazioni che sono
costrette a cercare nuove vie, nuovi
impegni e nuove formulazioni (come
per esempio la generazione barthiana
degli anni 20 e 30), ricalcare gli schemi
di chi è venuto prima significa camminare verso l’ir.rigidimento e la perdita
di ogni vitalità D’altra parte, nel lavoro di ricerca di nuove vie è inevitabile
che si verifichili iniziative faziose, formulazioni unikiM.rali, tentativi errati,
ecc. ecc.
Ora nel movimento giovanile evangelico si sta vivendo una situazione di
questo genere e .lon mancano errori ed
esagerazioni. Ma il movimento giovanile ha, io credo una discreta capacità
critica e autoc ítica. È in grado per
esempio di non considerare una formulazione provviso! ia come quella del fa-,
moso documento del Congresso 1969
eh Ecumene in scrnso dogmatico, ma di
riprenderla, discuterla e criticarla per
poter andare avanti (cfr. l’articolo di
C. Cazzola e M. Abate « Lotta anticapitalistica e vocazione cristiana », Gioventù. Evangelica 1969/3 e le discussioni durante il campo invernale di Agape). Soltanto, queAo spirito critico e
autocritico (che deve ancora svilupparsi molto) è reso estremamente difficile
se non impossibile daH’atteggiamento
di sospetto, di sfiducia e perfino di osti
lità da parte di una parte della Chiesa.
Non appena c’è un tentativo, un’iniziativa nuova, una formulazione critica
nei confronti della chiesa e della società in cui viviamo (che pure in teoria
sappiamo essere sotto il giudizio della
croce), ecco la richiesta di credenziali
evangeliche, di una prova del nove biblica, l’accusa, la squalifica, la repressione. È certo che in questa situazione
non è facile sviluppare il senso critico
e autocritico. È facile irrigidirsi su posizioni che magari si sanno provvisorie
0 per nulla sicure, difendersi attaccando, calcare la mano anche quando non
sarebbe necessario.
È proprio impossibile che i critici e
1 super-critici dei giovani ■— soprattutto
per ciò che concerne l’interesse e l’impegno politico — lascino che questa ricerca si svolga con un suo spazio, senza pronunciare giudizi definitivi su ogni
passo che si compie, contribuendo con
una critica stimolante anziché distruttiva, soprattutto sostituendo ad una
sterile sfiducia la fiducia che lo Spirito
del Signore sa ancora fare il suo lavoro, sa ancora guidare la sua Chiesa anche attraverso cambiamenti radicali di
indirizzo, di schemi, che la ricerca che
è in atto è una ricerca di una risposta
attuale alla vocazione evangelica e non
un satanico tentativo di distruggere la
Chiesa dall’interno?
3) Il lavoro giovanile si trova in
una situazione di trapasso da una impostazione tradizionale ad un tipo di
lavoro nuovo. È inevitabile che in una
situazione transitoria di questo genere
il lavoro si contragga e si riduca tra
iiiiiniiimiiiiiiiinimiiii
iiiiMmiiiiiiimiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin
iimiiiNiiiiiiiiimi III
iiiimmiimiiitiiimiiHiimiiimiiiiiiimmiiiiiiiiiiimiiinmiiiiiiniiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
QUOTIDIANI IN CRISI
B,i.sta
un esempio per illustrare la cautela
con CUI questi dati vanno presi: nel 1959 le
statistiche registrano per la diaspora pisana
( ucca, Barga, Viareggio): numero unioni 15:
numero membri 15!
Fra le tante crisi che travagliano il paese in cui viviamo vi è anche quella — da non sottovalutare — dei quotidiani. Non tanto,
evidentemente, per i quotidiani
stessi, quanto per il fatto che l’Italia è in coda nelle statistiche dei
paesi civili per ciò che riguarda
la lettura della stampa quotidiana: poco più del 10% degli abitanti la segue e ben cinque su diciannove regioni sono senza quotidiani. Se si pensi poi che la tiratura
globale negli ultimi dieci anni ha
avuto uno sviluppo inferiore a
quello demografico, la percentuale ne è risultata abbassata.
Tra le cause di questa crisi vi è
la concorrenza della televisione
(pur essendo questa carente di informazioni zonali e di riferimenti
a problemi sociali), ed anche la
crisi tecnologica degli impianti tipografici; solo poche aziende si
sono rinnovate con trasformazioni
sia di ordine tecnologico che informativo. Inoltre (sono dati che rileviamo da « L’incontro ») quasi
tutti i quotidiani italiani sono al
di sotto delle 200 mila copie giornaliere, il che fa pensare che l’influenza di ciascuna delle testate
irraggi, come massimo, su scala
regionale. I veri quotidiani di interesse nazionale si contano sulle
dita di una mano. Essi, a loro volta, vengono enormemente avvantaggiati sotto l’aspetto della pubblicità. « Il Corriere della sera »
incassa sui 5 miliardi annui per la
pubblicità; « La Stampa » ca. 3 miliardi; « Il Messaggero » ca. 2 e
mezzo.
Su 79 testate, 11 fanno capo alla Confindustria, 4 sono del petroliere Monti, 18 appartengono a
gruppi industriali locali, 3 a banche, 11 a partiti politici ed 1 a
Enti Statali. Si giunge così al problema della obbiettività dell’informazione.
Siccome in Italia, più che un
mezzo di diffusione di notizie, il
giornale è considerato uno strumento di pressione politica, è facilmente intuibile — e constatabile — come i grandi quotidiani "indipendenti” cui fa capo la classe
economica al potere, si aggiungano a quelli politici di centro e di
destra. La soluzione, da parecchie
parti auspicata, sarebbe la forma
cooperativistica dell’impresa, per
cui i giornalisti non si sentirebbero più legati a direttive dall’alto; si
sentirebbero in sostanza più liberi
di dire le cose come stanno, naturalmente sempre nei limiti della
fallibilità umana. Un esempio del
genere viene offerto dal quotidiano francese « Le Monde » che viene appunto considerato uno dei
giornali più seri ed obbiettivi oggi
esistenti.
ZOOMATie
Ritorno
alla liquiidità
Il fatto che tutte le confessioni
si rassomiglino sempre di più,
in sé non ha ancora nessun significato specialmente spirituale:
vuol solo dire che il fenomeno ecclesiastico in quel che ha di storico ha più o meno fatto il giro
delle sue possibilità ed è tornato
al punto di partenza.
■Viceversa il fatto che molti cristiani comincino a cercare delle
esperienze situate per l’appunto
fuori dei circoli viziosi delle chiese storiche richiama qualche riflessione.
In una certa misura le chiese
non possono che seguire. Questo
accentua ancora il carattere pancristiano dell’ ecumenismo attuale.
Dove stiamo andando? No:
dove siamo? AH’attuale movimento ecumenico è legata una promessa. Il suo carattere tuttavia
non è profetico, non è al di là del
protestantesimo e del cattolicesimo, ma al di qua. E come se
una massa gelata tornasse ad esser liquida.
Il che in sé è un bene, in ogni
caso. Ma non è che un ritorno
a delle possibilità che si erano
perdute. Adesso si tratta di impiegare queste possibilità e il
gioco diventa più difficile.
Vie Rabel
crisi e chiusure di battenti che in genere sono valutate pessimisticamente.
D’altra parte non è assolutamente automatico e inevitabile una generalizzazione degli schemi e del nuovo tipo di
lavoro che sta emergendo, come potrebbe essere facile pensare ottimisticamente. Perché le nuove esperienze
si allarghino è necessario un lavoro
serio, un impegno costante e deciso.
Altrimenti da una parte morirà il lavoro giovanile tradizionale e daH’altra
il nuovo tipo di lavoro resterà limitato
a pochi gruppetti che si chiuderanno
sempre più nel loro isolamento fino ad
essere completamente emarginati. Per
promuovere l’allargamento del lavoro
giovanile sono necessarie secondo me
tre cose, oltre allo spazio di ricerca ed
allo spirito di fiducia di cui ho parlato
prima.
a) Un impegno da parte dei gruppi
giovanili che conducono questa ricerca
ad allargare il discorso al maggior numero possibile di altri gruppi e individui tenendo conto della diversità delle
posizioni esistenti, lavorando cioè contro il pericolo della chiusura settaria.
Parte di questo impegno deve essere
nei confronti della generazione più giovane, nel settore « cadetti » che è estremamente carente e disorganizzato.
b) Una base finanziaria che non solo non sia al di sotto del minimo per
sopravvivere, ma che anzi consenta una
espansione del lavoro (per finanziare
/continua a pag. 6)
iMIIMINHmMniHI
iimiiiiiiiiiiimiiiiiMiiiMiiimminniiiiiiiimii."
iiiiimiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiMi
1 giornalisti e la repressione
Continuano e si allargano in Italia
i dibattiti e le discussioni (anche sul
nostro settimanale, in piccolo) sulla
più o meno presunta ondala di repressione che si sta verificando in vari settori ed a diversi livelli. Ne abbiamo
avuto un ulteriore, recente esempio
anche nel settore televisivo, che ha indotto alle dimissioni il presidente, che
è tutt’altro che un ’estremista’.
In questi giorni si è riunito a Napoli il Consiglio nazionale della stampa italiana il quale, fra l’altro, ha de
nunciato i provvedimenti presi dalla
editrice « La Stampa » in occasione
del recente sciopero, che « contrastano con il dettato costituzionale e con
le esigenze di un corretto rapporto sindacale ».
Detto Consiglio nazionale, in un al
tro ordine del giorno, ha espresso la
propria solidarietà a tutti i colleghi
giornalisti « incriminati o condannati
per reati d’opinione e in applicazione
di norme illiberali tutt’ora contenute
nel codice penale ».
L’ordine del giorno prosegue testualmente: « Il Consiglio nazionale, mentre si richiama ai voti e agli impegni
espressi dalla Federazione nazionale
della stampa italiana nei congressi di
categoria fin dal 1950 per la riforma
dell’attuale legislazione della stampa e
per l’abrogazione delle norme penali
in contrasto con l’art. 21 della Costi
tuzione (n. d. r.: che sancisce la libertà di pensiero ed afferma che la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure) e di tutte le altre
norme la cui sopravvivenza viola il diritto costituzionale di manifestare liberamente il proprio pensiero colla
parola, lo scritto e ogni altro mezzo di
diffusione, nonché di tutelare attraverso lo sciopero e te altre manifestazioni sindacali i propri interessi economico-sociali; di fronte all’intensificarsi di procedimenti giudiziari a carico di giornalisti per reato di opinione e in particolare di vilipendio o per
reati che si riferiscono alla diffusione
di notizie che il codice penale definisce 'false o tendenziose' e ’atte a turbare l’ordine pubblico’, vivamente
preoccupato della involuzione delle libertà democratiche e delle incertezze
del diritto, rinnova l’appello al Parlamento affinché con carattere di assoluta priorità si proceda alla riforma in
senso democratico di tutte le leggi in
contrasto coi principi della Costituzione.
« Ribadisce l’impegno della Federazione nazionale della stampa a svolgere in stretta unione colle forze del lavoro e della cultura una incisiva azione di presenza e di stimolo per una
nuova e democratica legislazione sulla
stampa, afferma che questo impegno
costituisce un’irreversibile scelta di
politica generale e chiama la categoria
a sostenerne con tutte le sue forze la
attuazione ».
Questo ordine del giorno ha visto lo
stragrande prevalere del pensiero di
coloro che scorgono in troppe occasioni, sia a livello pubblico che privato,
degli atteggiamenti e delle misure repressive che rischiano di ridurre ulteriormente la nostra già debole democrazia. La votazione del sopra citato
ordine del giorno (29 voti favorevoli,
4 contrari e 10 astenuti) ne è la chiara
riprova. r. p.
A TOKIO
Presto quotidiani
riprodotti a domicilio
Tokio (Tnf. Unesco). - La compagnia Toshiba Electric ha predisposto, per il grande
quotidiano "Asahi Shimbun", una nuova tecnica di difTusione. Sì tratta dì un apparecchio
che permette la riproiiuzìone a domicilio di
una pagina di giornale su carta da registrazione elettrostatica; durata media della stampa: 2-3 minuti. Costruito in serie, in molte
migliaia di esemplari, il Telenews costerà fra
le 25.000 e le 55.000 lire. Si pensa che la
nuova tecnica avrà tanto maggiore successo
in quanto la distribuzione dei giornali in alcuni quartieri di Tokio e dei sobborghi subisce ritardi considerevoli a causa degli imbottigliamenti giganteschi del IrafTico nella
capitale giapponese.
2
pag 2
N. 10 — 6 marzo 1970
VERSO L’ASSEMBLEA RIFORMATA
E CONGREGAZIONALISTA DI NAIROBI (AGOSTO 1970)
Dio riconcDia e lilera i fard a i daholi
Epistola di Paolo a Filemone
Evangelo trasforma i rapporti fra i
forti e i deboli perché, io Cristo, non
c’è né schiavo né libero. L’epistola a Filemoiie dà un esempio di questa potenza
dell’Evangelo ; è una potenza rivoluzionaria, ma pur distruggendo il male, ha
anche il potere di riconciliare e liberare
Potrebbe darsi che questa deliziosa lettera a Filemone, ingannevole
nella sua semplicità, fosse una delle migliori vie d’accesso alla dinamica del Nuovo Testamento. C’è
uno schiavo fuggiasco, Onesimo, il
cui padrone, Filemone, è un membro ricco e importante della chiesa
di Colesse. Onesimo è evaso con una
somma ili denaro, ha vagato per le
città mediterranee ed è sbarcato a
Roma, dove ha finito per incontrare Paolo e si è convertito al eristiatesimo. Paolo scrive a Filemone raccomandandogli di accogliere il suo
schiavo fuggiasco come se fosse
l’apostolo in persona - come un fratello in Cristo. Se d’altro lato Onesimo gli ha « fatto qualche torto »
0 se gli « deve qualcosa », Paolo risarcirà il suo ricco amico. Così Dio
riconcilia e libera i forti e i deboli.
Forse è facile vedere questo genere di libertà e di liberazione nella
trasformazione dei rapjiorti fra gli
individui, ma come stanno le cose
nei rapporti fra i gruppi forti e quelli deboli, fra le razze, fra le nazioni? Al riguardo dobbiamo rilevare
uno degli aspetti sconcertanti dell’epistola a Filemone, perché ci rivela che Paolo sembrava accontentarsi di accettare la schiavitù come
elemento dell’ordine es'stente. Onesimo doveva tornare da Filemone e
restarne lo schiavo. La schiavitù è
dunque compatibile con il cristianesimo? Vi è dunque un sistema sociale di sfruttamento che sia compatibile con il cristianesimo? No di
certo! Perciò si suggeriscono varie
spiegazioni per giustificare l’atteggiamento che Paolo assume nei confronti della schiavitù.
È stato detto che se avesse criticato la schiavitù, l’apostolo non
avrebbe ottenuto altro risultato che
di mettere in pericolo la sua missione, esponendola all’accusa di incoraggiare un movimento sovversivo
e rivoluzionario. Vi è anche stato
chi ha preteso che Paolo era talmente convinto che il Cristo sarebbe ritornato quasi subito per stabilire il
Regno di Dio, che gli pareva inutile
cercare di abolire la schiavitù. Infine si è affermato che Paolo si sforzava di liberare lo schiavo interiormente, si che il conseguimento della
libertà esteriore non era che questione di tempo.
Il fatto stesso che si siano avanzate tali spiegazioni per giustificare
Paolo rivela una coscienza cristiana
a disagio: non a proposito di Paolo,
ma a proposito di tutta la storia del
cristianesimo in questo settore. L azione di Paolo e dei suoi fratelli cristiani non poteva non essere estremamente limitata, a proposito della schiav'tù, che era parte integrante dell’ordine sociale deU’impero
romano e la cui abolizione improvvisa lo avrebbe sprofondato nel caos.
1 cristiani erano un piccolo gruppo
senza influenza e talvolta perseguitato. La cosa migliore che potevano
lare era di dar l’esempio e così fu
sjtesso : padroni cristiani hanno liberato i loro schiavi, hanno condiviso con loro le persecuzioni e a volte il martirio. Del resto, è certo che
do])o la conversione dell’imperatore
Costantino le leggi che regolavano
la schiavitù vennero rese più umane
ed essa fu a poco a poco mutata in
servaggio, che era a sua volta in
fase di s])arizione aH’ei)oca della
Riforma.
in realtà, quel che pe.sa sulla coscienza dei cristiani è il fatto che
do])0 la sco]>erta dell’America, dei
cristiani — spesso dei cristiani pro
PAOLO RICCA
Il Cattolicesimo
dei dissenso
Un tentativo di analisi
e di valutazione protestante
Pag. 42, L. 400
Editrice Claudiana - Via Pio V,
18 bis - 10125 Torino - c.c.p.
n. 2/21641.
testanti biancdii — hanno ristabilito
la schiavitù mantenendo sotto la
loro frusta, j>er più «H duecento anni, degli Indiani autoctoni e dei neri importati dall’Africa. È stato in
gran parte grazie ai primi missionari domenicani e gesuiti e ai paj)i del
XVI e XVII secolo che la restaurazione della schiavitìi è stata energicamente combattuta. È in gran parte grazie a cajji protestanti come
Willlani Pentì, ,lohn Wesley e William Wilberforce che è stata condotta la lotta per la sua abolizione.
Ma la Chiesa cristiana ha una responsabilità enorme nel fatto storico della schiavitù.
(,)uesta schiavitìi non è solo un
elemento della storia, essa sussiste
nei pregiudizi razziali e nello sfruttamento economico sui quali si è
fondata. Di fatto si può constatare
che durante questi ultimi tre secoli
i cristiani bianchi si sono condotti
in un modo estremamente riprovevole nei confronti degli uomini di
altre razze e, ora che l’epoca del colonialismo e dell’imperialismo bianco volge al termine, c’è da stupirsi
se i non bianchi, i quali costituiscono la maggioranza della popolazione
del globo, rilevano questo scandalo
che, ai loro occhi, consacra la condanna morale dei popoli bianchi e
della Chiesa cristiana? AH’Assemblea di Uppsala lo scrittore nero
americano James Baldwin ha dichiarato ;
« Abbiamo conquistato il nostro
cristianesimo sulla punta della spada non a causa dell’esempio datoci dai cristiani bianchi, ma suo
malgrado. Era davvero assai difficile diventare cristiano, per un nero schiavo su una nave di nome
« Gesù ». Sono questi crimini —
cosi bisogna chiamarli — questi
crimini contro la persona umana,
che hanno trascinato la Chiesa e
l’intero Occidente nella situazione
pericolosa nella quale oggi ci troviamo. Perché se è vero che la vostra testimonianza di cristiani non
ha potuto influire sulla personalità
della gente di colore..., allora, in
questo preciso momento della storia. si fa per me necessario, si fa
indispensabile per la mia stessa
sopravvivenza, non l’ascoltare ciò
che dite, ma il guardare molto attentamente ciò che fate ».
Il linguaggio di Baldw.n può sembrare duro ed esagerato, perché non
c’è dubbio che nel corso di questi
ultimi tre secoli i popoli cristiani
bianchi hanno portato al mondo di
pili che la schiavitù e lo sfruttamento del resto deH’umanità. Non hanno forse introdotto la medicina, la
scienza, i governi democratici e una
ricca tradizione artistica, musicale
e letteraria? La cultura europea
non è forse diventata in larga m sura una cultura internazionale? In
questa projiagazione della cultura
europea, la Chiesa cristiana non ha
avuto la sua parte? Tutto ciò è sicuramente vero e la Chiesa cristiana
potrebbe inorgoglirsi assai del lavoro di centinaia (li missionari, di amministratori coloniali e di riformatori sociali i quali, su tutta la superficie dei globo, hanno sposato la causa dei deboli e degli sfruttati. Ma
forse quello che Baldwin ci d ee si
giustifica ancora, non perché i cristiani bianchi presi individualmente s ano tanto malvagi, ma perché in
quanto collettività sono tanto pot< riti. K jiossibile che tribìi jirimitive, abitanti in regioni poco popolate, jiratichiifo fra loro atrocità ])eggiori di quelle che si registrano negli annali della cristianità, ma è poco probabile che suscitino jiroteste
sul [liano morale. Se si osserva con
tanta attenzione il comportamento
delle nazioni bianche, tradizionalmente cristiane, è perché queste si
stabiliscono criteri morali assai elevati e, se non li rispettano, il mondo imò risentirne gli effetti in modo disastroso.
(iiò che fa pili male, probabilmente, non è tanto la malvagità deliberata di cui ci rendiamo coljievoli,
quanto V ac cu tnul azione di ingiustizie che tolleriamo. Il timore istintivo che proviamo nei confronti dello
straniero che parla una lingua diversa dalla nostra, ha una religione
diversa o un diverso colore della
pelle, può facilmente cristallizzarsi
e si cristallizzerà naturalmente in
forma di discriminazione e di segregazione. Infine, le divisioni jirovocate dalle diversità razziali, sommate alle disuguaglianze create da diverse risorse e possibilità di formazione, jiossono rapidamente dar luogo a flagranti ingiustizie. Non è necessaria una malvag tà particolare:
bastano la pigrizia e la paura. Come
un sistema economico, se si svilujipa
senza controllo morale, tenderà probabilmente ad arricchire il ricco e
a impoverire il povero, così le situazioni in campo sociale e politico, se
lasciamo che si sviluppino senza freni, finiranno jirobabilmente per consolidare ulteriormente i potenti e indebolire i deboli.
È senza dubbio la conosvcenza di
questi fatti e un senso di frustrazione e di paura, a sensibilizzare talmeute i ])aesi in fase di svilujipo nei
confronti del razzismo bianco. Non
dobbiamo sottovalutarne i pericoli.
Il sociologo svedese Gunnar Myrdal
ha affermato che la prospettiva più
spaventosa che si possa immaginare
per il nostro mondo sarebbe una
lotta di classe internazionale fra nazioni ricche e nazioni povere, avvelenata dalle passioni razziste. Le lotte di classe in una nazione sono già
abbastanza gravi, la guerra fredda
fra Est e Ovest ha causato enormi
danni sul piano spirituale, ma una
guerra di classe internazionale fra il
Nord e il Sud rappresenterebbe un
d'sastro assai maggiore. Spetta ai
i cristiani bianchi tentare di bloccare
questo movimento, ed è una responsabilità assai pesante.
Questa inciirs'one nel campo della ])o!ifica internazionale sembra
forse averci trasc'nato molto lontano dairaffermaz'one che Dio riconcilia e Ubera, ma “in realtà non è cosi : anzitutto perché i pregiudìzi razz'ali e le forme di discriminazione
che ad essi si possono assimilare
hanno una portata teologica diretta,
e in secondo luogo perché sono pochi i cristiani — individui o gruppi —- che non cozzino, nella pratica,
contro questo problema, sotto qualsiasi aspetto si presenti.
(,irca il primo punto, ascoltiamo
questo estratto da un rajiporto della
As.semblea di Uppsala:
« Il razzismo è una flagrante
smentita della fede cristiana. 1. Esso nega l’efficacia dell’opera riconciliatrice (ii Gesù Cristo, il cui
amore toglie a tutte le diversità
umane il loro potere di divisione.
2. Nega la nostra originale umanità comune e la nostra fede che
tutti gli uomini sono fatti a immagine di Dio. 3. Pretende falsamente che sono le nostre appartenenze
razziali, e non Gesù Cristo, a dare
senso alle nostre esistenze ».
Di fatto, il razzismo nega che Dio
a.bba riconciUato e liberato grujipi
umani diversi, che po.esa farlo o che
voglia che noi lo fac."iamo. Per ris])ondere a questa negazione, il cristiano deve affermare che in Gesti
Cristo coloro che <( un tempo erano
lontani sono stati avvicinati... Poiché è lui la nostra pace, lui che di
due ha fatto uno solo e ha abbattuto il muro di separazione » che divideva l’umanità, « affiti di creare in
sé stesso, dei due, un solo uomo
nuovo » (Efesini 2: 11-12).
A proposito del secondo punto,
questa idea, che è cosi evidente e
limpida nel Nuovo Testamento, ha
jter noi delle conseguenze estremamente pratiche. In un’epoca nella
quale ci si sposta rapidamente e nella quale le popolazioni sono molto
mobili, il mondo è pieno di gruppi
di rifugiati o d’immigranti, di minoranze razz ali, religiose o linguist che. Dagli Esquimesi del Canada
agli Antillani di Londra, i loro problemi variano enormemente, ma in
molti casi sono vittime di pregiudiz' e di discriminazione e la strategia
della Chiesa dev’essere chiara nei
loro confronti : occorre
1. sottolineare l’unità e la solidarietà della razza umana;
2. lottare contro i pregiudizi
con l’educazione e creando contatti
normali con i gruppi minoritari;
3. difendere i diritti di coloro
che sono in svantaggio e opporsi alla segregazione;
4. assicurarsi che la Chiesa dia,
essa per prima, il buon esempio.
Donald M. Mathf.rs
Contro la fame degli altri
Continuano a pervenirci diverse
soltosi'rizioni da parte dei lettori.
Mentre :-i riserviamo di pubblicare nel jirossimo numero un nuovo
elenco, ricordiamo che le offerte
vanno ¡mssibilniente inviate al conto corrente postale n. 2/39878 intestato a: Roberto Peyrot, corso Moncalieri 70, 10133 Torino. Grazie.
Comilato Collegio Valtdese
Visite capiiiari
nelle camnnità delle Valli
Il resoconto che i vari delegati del
Comitato hanno redatto sulle loro visite alle diverse parrocchie delle Valli, in occasione del 17 febbraio, è risultato positivo.
Vi sono stati fecondi contatti fra
chi portava il messaggio e chi lo riceveva ed è sembrato a tutti che attraverso il Collegio si potessero rinsaldare fraterni vincoli, talvolta allentati, tra le diverse comunità.
Il riproporre Taggiornamento e la
necessaria presenza di un istituto secondario protestante nella caotica e
poco confortante situazione scolasticiitaliana è un modo come un altro di
rinnovare l’interesse di una chiesa che
fin dalle sue origini ha posto il prtiblema della istruzione fra i suoi com
piti primari.
Si sono riscoperti fatti storici di
monticati e si sono ricordati sacrifiz
di umile gente capace di affrontare si
tuazioni giudicate a viste umane impossibili e realizzarle invece con la forza che la fede in Dio può dare.
È stato in sostanza un modo per - 'valutare la funzione del nostro Col- gio presentandone le difficoltà a gei ; :
che spesso non le conosceva o avev.-:
del nostro Istituto un’idea assai vaga.
Ci sembra giusto auspicare che tali
contatti continuino magari a livello
quartierale, sì da giungere al Sinodo
con la possibilità di portarvi la eera
opinione della periferia sulla questione della nostra cultura secondai la.
Doni Eco - Luce
Da Ivrea'. Elsa .Tanin 500: Renato TarnicUi
500; Bice Bertarione 500; Pietro Longo 50.
Da Pomaretto: Guido Baret 2.500: Germana
Costantin 500; Vitale Jahier 500; Enrico
tinat 500; Enrico Artier 500: Amelia i' ns
500; Albertina Baret Peyrot 500; Ernesto ahier 500.
Da Torre Pellice: Emilia Giordano dOO:
Enrico Gardiol 500; Cesare Maianot 300; .Eri’
ca Cavazzani 500; Abele Ghigo 500; Mimi
Tron Bernoulli 500; Loris Bein 1.000: Ceu lia More 500; Beniamino Peyronel .2.500.
In memoria della Signora Adele Su*
bilia ;
Giovanni Conte. Papécte, L. 5.000.
Grazie! {continua;
iiiiimmiiMiiiiiiimiimmmimiiiiiiiiiiimii in
ii(imiiiiiimiiiiitlilliimiiiinmimmMiiiii<iiiiii>i<iiiii<iiiii'iii*iiiii"<i"iiimmimMm<immiimiiii>i
Protestanti, feste e celebrazioni
Culti
o cerimonie
Dopo i primi articoli di questa nostra nuova serie, qualche lettore non
mancherà di manifestare disappunto:
Sempre le solite storie! Far piazza pulita di tutto, via questo, via quello, via
li feste e Natale, via i XVII e tutte le
cerimonie, che cosa i imane in definitiva? Niente! Una fede che non è più
fede insomma, che aggredisce sempre
quello che si fa e si è fatto sin qui senza dire che cosa si dovrebbe fare. .Xnzi a qualcuno verrà il dubbio che subdolamente si stia proponendo, pier poi
introdurla un giorno o l’altro, una nuova religione senza gioia, senza allegrezza, tutta funerea, triste, tragica, senza
comprensione, pietà, umanità. Non e
certo questa la nostra intenzione: rillettere serenamente sul perché si
fanno certe co.se, sull’opportunità di
farle o meno non significa demolire la
comunità dei credenti, e proporre una
riflessione sul significato della « festa »
di Natale non significa negare la gioia
del Cristo.
Il problema delle « feste » investe in
realtà tutta la nostra fede cristiana,
più profondamente di quanto sembra,
perché nel problema della « festa » si
deve fare rientrare anche quello delle
molte cerimonie che celebriamo nelle
nostre comunità. (E giusto dire « celebriamo » una cerimonia? Si dovrebbe
forse dire « fare »? Lasciamo in sospeso il quesito). Di cerimonie ce ne sono
fra noi assai più che un tempo ed un
valdese del buon tempo antico se tornasse fra noi starebbe a bocca aperta in presenza di tanta « cerimonieria ».
Abbiamo matrimoni e funerali in chiesa, culti di fine d’anno e in concomitanza con feste patriottiche, il 2 Novembre ecc. Si tratta naturalmente di
cerimonie in cui si parla del vangelo, c'è sempre una meditazione, un
aspetto cultuale, tant’è vero che le chiamiamo culti. In realtà tra un culto,
come dovrebbe essere celebrato dalla
comu '.ità cristiana, ed una cerimonia
la ditferenza è sostanziale, tanto che
si potrebbe parlare di due cose diverse.
Tornando al caso di Ginevra, già
menzionato riguardo al Natale, la città aveva, come abbiamo detto, un culto
al giorno, non aveva funerali religiosi.
Un viaggiatore inglese, uno dei tanti
globe-trotters in giro per il mondo nel
1700 a vedere usi e costumi della gente, racconta che trovandosi un giorno a
Ginevra incontrò per strada, una mattina d'inverno, un corteo funebre; quattro uomini che portavano una lettiga,
dietro alcune persone in silenzio; da
buon anglicano abituato a ben altro
stile, rimane impressionato da questo
incontro e si accoda al corteo; al cimitero: una fossa scavata e il becchino si cala il morto nella fossa e si
torna indietro. L’inglese indignato scrive sul suo diario: nemmeno una preghiera, nemmeno una lettura, neppure
un pastore!
Non molto dissimili, nella loro sobrietà, erano le liturgie valdesi in materia di funerali e di matrimoni. Forse
quei credenti erano insensibili, privi di
umanità, incapaci di « piangere con
quelli che piangono » e « rallegrarsi
con quelli che si rallegrano »? La loro
fede era forse più debole o più compromessa della nostra? Non lo pi^ssiamo certo pensare, trattandosi degli uomini della Riforma o del Risveglm,
pronti a sacrificare ogni cosa per il
vangelo, pronti a dare se stessi pei
Cristo. , .
Il fatto è che avevano chiaro innanzi agli occhi quella distiinzìone li a culto e cerimonia che i nostri non percepiscono più così chiaramente. Sapevano che il culto è una cosa, la cerimonia un’altra, fi culto è l’assemblea dei
credenti raccolti per udire la parola di
Dio la cerimonia è rincontro di persone (anche credenti) per un problema o un fatto personale. Il culto è una
comunità davanti a Dio, che lo ascolta
e si lascia correggere dalla sua parola,
una cerimonia è un gruppo di persone
raccolte attorno ad un fatto privato.
Certo Dio è 'presente in un culto come
in un servizio funebre, un matrimonio,
una festa patriottica, ma nel primo caso siamo noi ohe andiamo-dove ci convoca, nel secondo lo convochiamo dove
siamo noi.
Il centro della fede dei riformati, di
cui si parlava sopra, a Ginevra, era la
predica, non le gioie e le disgrazie umane; oggi, essenziali e centrali sono le
nostre gioie e le no.stre disgrazie. Il fatto che la domenica il tempio sia quasi
deserto, l’a.ssemblea sparuta proprio
nel momento in cui si interroga sulla
sua missione, sulla sua testimonianza,
mentre il sabato e il lunedì era piena
per un matrimonio o un funerale, dimostra chiaramente che la gioia per
la sposa e il « rendere onore al defunto » sono cose primarie, l’evangelo è
invitato come contorno, a dare un tono
di cristianesimo.
Ecco dunque i nostri bollettini parrocchiali parlare di « liturgia della gioia
e del dolore » per indicare i nati, battezzati, sposati e defunti. A modo suo,
chi inventò questa formula aveva ragione; liturgia vuol dire « servizio » e la
nostra Chiesa è al servizio della gioia
e del dolore dei valdesi, è cioè addetta
alle cerimonie che possono in qualche
modo soddisfarne le esigenze. Liberi
noi di avere una Chiesa co.sì, se ci pitico, non si può però in alcun modo dire;
che questa comunità è fedele ai suoi
padri. Quelli avevano, con tutti i loro
difetti, chiara coscienza di dover servire Dio e non di farsi servire da Lui,
sapevano sposarsi e seppellire i loro
morti da soli, senza cpimonie, perchè
sapevano che Tobbedienza della fede
non si può confondere con una pennellata di religione.
Giorgio Tourn
3
pag.
N. 10 — 6 marzo 1970
Un anziano con sofferta inquietudine in mezzo alla~'crisi''che travaglia le chiese
Turbati, ma non disperati
Avere occhi e cuore ben aperti' alle questioni grandi, ma non trascurare quelle umili, immediate
Vecchie e nuove generazioni, che cose che ci costringe : lamore o 1 orgoglio? Il senso dell impegno e della responsabilità, e quello dei limiti - Riflessioni, chiarificazione, ravvedimento
/ V. ' ' ^ ^ ^
I Mtari d scrwoiM)
L’acuirsi de, contrasti che in diversi modi noi avvertiamo manifestarsi
fra gli elementi più impegnati delle
nostre Comunità e il disorientamento
che va delineandosi in molti dei suoi
membri, mi hanno indotto a esporre
queste mie frammentarie considerazioni scaturite dal senso di turbamento e dall’amarezza che un umile credente prova di fronte al persistere e
al dilatarsi della crisi che ha investito
la nostra Chiesa.
Se in apparenza attualmente queste
tensioni sono circoscritte in ristretti
limiti, ciò nonostante non possiamo
ignorare che potenzialmente nuovi fermenti scaturiscono nell’ambito delle
nostre Comunità. Che còsa rappresentano questi fermenti da cui si profilano le componenti che dovrebbero dare
un’altra impronta al Cristianesimo di
oggi, è questo un interrogativo che
molti si pongono. Da quanto si può desumere dagli interventi di queste correnti d’avanguardia, dalle moderate alle più spinte, i fautori del nuovo corso
affermano che l’attuale tradizionale indirizzo della nostra Chiesa deve essere radicalmente cambiato; dalle strutture alla predicazione, dal modo di testimoniare all’interpretazione e all’applicazione dell’annunzio degli Evangeli. Si parla della necessità di una maggiore partecipazione nella denuncia e
nella protesta contro le ingiustizie di
questo mondo; di una maggiore solidarietà, non solo a parole ma anche
con i fatti, nei confronti dell’umanità
che è in distretta; di una più accentuata contestazione, a tutti i livelli,
contro l’impalcatura sociale e politica
che regge la nostra società, non più
ritenuta valida.
Questo indirizzo di rottura col passato ci fa riflettere e ci spinge a riesaminare alla luce degli Evangeli i fondamenti stessi della nostra fede. Ora
io mi domando, come dovrebbe comportarsi un membro delle nostre Comunità per realizzare questo nuovo
ordine di cose? Come un laico qualunque potrebbe, avvinto com’ò nella spirale dell’ingranaggio della civiltà frenetica della macchina che ormai ha
raggiunto anche la quiete dei campi e
assorbe e condiziona la mente umana
in ogni sua attività, come potrebbe
questo credente, ripeto, trovare il tempo e le opportunità pratiche onde inserirsi nella lotta per realizzare un mondo migliore? Mi sentirei io, appartenente a una qualunque categoria sociale o a una qualunque ideologia, di
rinunciare non solo al superfluo ma
anche a una parte del benessere, e alla tranquillità a cui sono abituato, a
favore delle classi più diseredate del
mondo? Mi sentirei io, di rendere la
mia testimonianza cristiana nei termini indicati dalla contestazione, impegnandomi senza riserve in un apostolato teso al rifiuto degli attuali schemi religiosi e sociali? In questo caso
sarei io certo di non avere alterato il
senso della mia fedeltà alla Parola di
Dio?
Ho molto meditato su questi molteplici orientamenti ai quali la nostra
etica cristiana dovrebbe uniformarsi,
ma confesso che sono umiliato per la
mia poca fede o per le impreviste difficoltà che in’impedis:ono di prendere
le decisioni che dovrebbero essere il
frutto del ravvedimento e della nuova
nascita. È molto facile metiere a nudo
le ingiustizie degli altri, ma è estremamente difficile manifestare concretamente la giustizia che crediamo di
avere. È questo drammatico contrasto
che faceva dire all’apostolo Paolo, Romani 7: 19, « Perché il bene che voglio, non lo fo; ma il male che non voglio, quello fo ». E sono appunto queste conturbanti contraddizioni che noi
avvertiamo manifestarsi nel corso delle nostre esperienze di ogni giorno e
la constatazione della nostra inanità di
fronte ai drammatici rivolgimenti di
questo mondo, che molte volte suscitano in noi il subdolo tarlo del dubbio
e dello scoraggiamento. Il Cristianesimo avrebbe fallito il suo scopo? Gesù
Cristo, l’unigenito figliuol di Dio si sarebbe forse sacrificato invano per la
umanità peccatrice? O non è forse la
nostra impazienza di vedere realizzata
la promessa del Regno, che ci spinge
a forzare o a precorrere i tempi messianici fissati clal piano di Dio? Io credo che ci sia un limite per le iniziative deH’uomo oltre il quale, nel quadro
cosmico della creazione, la nostra li
bertà d’azione è condizionata ad un
disegno prestabilito dal Creatore.
Ma forse le difficoltà che ci sono di
ostacolo per afl'rontare le cose grancii
di questo mondo sono per noi un richiamo a riflettere sull’ammonimento
di Gesù: « In verità vi dico che in
quanto non l’avete fatto a uno di questi minimi, non l’avete fatto neppure a
me» (Matteo 25: 45). Di questi minimi, purtroppo, ne esistono ancora moltissimi ma cosa facciamo noi di concreto per loro? Molte volte per volere dilatare oltre il limite delle proprie possibilità l’orizzonte della nostra sensibilità cristiana, non ci accorgiamo del
fratello che soffre nel corpo e nello
spirito vicino a noi. Con questo non
voglio assolutamente affermare che
noi, come singoli o come Chiesa, dob
biamo disinteressarci di quanto avviene nel mondo, ma semplicemente far
notare che i grandi problemi non devono farci dimenticare quelli più piccoli che continuamente sorgono nella
Chiesa stessa, problemi la cui soluzione dovrebbe rappresentare per le nostre Comunità una meta inderogabile
da raggiungere.
Se la nostra fede non è in grado di
darci l’impulso necessario per compiere le cose minime, come potremo
noi offrire il nostro contributo per la
eliminazione delle ingiustizie, di qualunque natura esse siano, che affliggono l’umanità? Nessuno di noi ignora
le gravi difficoltà finanziarie in cui la
nostra Chiesa, comprese le opere collaterali, si dibatte, ma ciò nondimeno
ci siamo mai chiesti qual’è la misura
del nostro impegno e della nostra liberalità nei confronti di tale situazione? Se poi passiamo dal campo amrninistrativo a quello spirituale, a cominciare daH’accentuarsi della reciproca
incomprensione fra i membri di uno
stesso nucleo familiare, il quadro si fa
inquietante. Nell’ambito delle nostre
Comunità i pareri sono divisi sul carattere che deve avere la predicazione;
in senso tradizionale o con riferinaenti
critici su determinati avvenimenti sociali e politici. Anzi alcune voci avanzano la tesi dell’ormai inutilità del sermone durante il culto, o addirittura il
superamento della Chiesa medesima.
Contrasti questi che condizionano la
vita comunitaria suscitando, anche se
inconsapevolmente, l’omertà spirituale
che isola in un clima di diffidenza il
credente dal suo fratello in fede.
Tuttavia nonostante il preoccupante
estendersi di queste ombre, nonostante
l’impoverimento della fede che iriaridiscc la nostra vita spirituale e si riflette anche su quella sociale delle Comunità' a cui apparteniamo, le Chiese,
non come istituzione, s’intende, ma come l’espressione della collettività dei
credenti in Cristo, hanno ancora qualche cosa da dire al mondo. Perché al
di là delle vicende storiche dell’umanità, delle cause contingenti che senza
interruzione sconvolgono il mondo, a
una sola cosa la Chiesa, se non vuole
rinnegare se stessa, non può rinunciare, ed è alla predicazione dell’Evangelo nella visuale ultima del Regno e della vita eterna. Qualora tale rinuncia
venisse accettata, solamente allora il
Cristianesimo sarebbe sconfitto, frantumato e assorbito dalle forze profane del mondo con le quali esso avrebbe voluto immedesimarsi. Poiché tutte
le nostre azioni, di qualunque natura
esse siano, tendenti a modificare o a
sostituire le strutture sociali e politiche che reggono la società attuale, se
non sono l’espressione del profondo
amore cristiano che scaturisce dal
messaggio di redenzione e di salvazione del Cristo, si riveleranno inutili,
perché, come la storia insegna, gli oppressi di oggi diventeranno gli oppressori di domani.
Forse con queste mie sommarie e incomplete riflessioni non sono riuscito
a esprimere chiaramente il mio pensiero sui nuovi orientamenti che van
no delincandosi nell’ambito delle nostre Comunità, tuttavia il mio dissenso, Sull’impostazione globale del dissenso in corso, che traspare da questo
scritto, non m’impedisce di cercare di
approfondire il significato ultimo del
travaglio di questi miei fratelli in fede la cui preoccupazione è quella, se
pur per vie diverse, di contribuire alla
formazione di un mondo migliore a
cui tutti aspiriamo. Naturalmente la
visuale che noi adulti abbiamo del
mondo non può identificarsi con i problemi e le aspirazioni delle nuove generazioni, e questo a motivo delle maggiori esperienze da noi acquisite e per
l’inesorabile declino delle nostre energie fisiche c intellettuali; ciò che però
noi possiamo e dobbiamo fare è quello di accettare il dialogo con carità e
comprensione reciproca, senza preconcetti di sorta e senza rigide posizioni
prestabilite. L’ammonimento dell’apostolo Paolo, Il Tim. 2: 24-25, è sempre
di attualità sla per i giovani, adulti,
anziani e vecchi; « Qr il servitore del
Signore non deve contendere, ma deve
essere mite verso tutti, atto ad insegnare, paziente, correggendo con dolcezza quelli che contradicono ».
Per concludere qual’è dunque, a
grandi tratti, l’attuale situazione delle
nostre Comunità? Da una parte le vecchie generazlc'iii rese prudenti da lunghe e drammatiche esperienze, arroccate ai tradizionali schemi e poco propense alle innovazioni; dall’altra le
nuove generazioni protagoniste non
solo del vertiginoso espandersi della
civiltà tecnologica che ha provocato la
frenetica cor.'-z al benessere, ma anche
spettatrici atiente, con largo senso
critico, nei confronti dei rivolgimenti
che scuotono d mondo. Qra io mi domando, com': possibile che noi credenti in Cristo come riteniamo di essere, membri :li una Chiesa la quale
pur con le su manchevolezze, ha conservato, durante secoli di alterne vicende, la su,', fedeltà alla Parola di
Dio, non riusi lamo a realizzare la comunione di nutriti, premessa del Regno messiani'. o? Non è forse il nostro
orgoglio che ni costringe, vecchie e
nuove generi; ioni, tradizionalisti e innovatori, a irrigidirci sui nostri rispettivi punti di ■. ista? La prudenza degli
uni e l’esuberanza degli altri non potrebbero con tutta umiltà amalgamarsi alla luce dell’Evangelo, per dare
nuovo slancio alla vita delle nostre
Comunità? Queste mie considerazioni
non vogliono rinfocolare sopite polemiche o suscitarne delle nuove, ma
rappresentano soltanto l’amara constatazione di chi, ormai, nella curva discendente della vita, avverte con sofferta inquietudine la difficile crisi che
travaglia la nostra Chiesa. Ciò di cui
tutti abbiamo maggiormente bisogno
in quest’epoca cosi ribollente di contrastanti tensioni è la fiducia nel Signore, senza la quale ogni nostra azione sarà vana. In questa prospettiva
adoperiamoci perché l’anno in corso
possa essere veramente il tempo della
riflessione, del ravvedimento e della
chiarificazione.
B. Grill
Statistiche...
Un lettore^ da Imperia:
Il quotidiano francese a Le Monde »
pubblica, il 10 corr., statistiche desunte
dall'opera ufficiale L'attività della Santa
Sede nel 1969. Si tratta di dati provenienti dalla Città del Vaticano, che
non si possono quindi mettere in dubbio, Negli ultimi tre anni il numero
dei cattolici è aumentato dì 13.800.000
unità, portando il totale a 507.505.420,
alla fine del 1969. Ilo sottomano il Calendario Atlante De Agostini per il
1970 : esso afferma che la valutazione
dei cattolici nel 1967 era di 600 milioni 768.000: sarebbe interessante sapere in base a quali indagini il « De
Agostini » aumenta di oltre 93 milioni
la cifra comunicata per oggi dalla S.
Sede.
Ho consultato anche il a De Agostini » per il 1951: il volume indica il
numero dei cattolici in 416 milioni,
quello dei protestanti in 230 milioni.
Questa stessa cifra è riportata, per i
protestanti, nelle valutazioni del 1967
pubblicate nel Calendario 1970: dunque per i protestanti nessun aumento.
Ma nel Calendario 1951 trovo due cifre
sospette, che si pretendono del 1941 :
in tutta l'America (Nord e Sud) i protestanti sarebbero stati, oltre vent’anni
fa, 39.610.000; ma rAmerica avrebbe
avuto ben 72.250.000 senza religione!
Come mai i protestanti sarebbero rimasti stazionari sulla cifra di 230 milioni,
quando la sola America da 39 milioni
indicati per il 1941 dall'Atlante compilato dieci anni dopo, è passata a 69 milioni 716.000, secondo il medesimo Calendario Atlante ediz. 1970, per i soli
Stati Uniti, senza coniare tutto il resto delle due Americhe, in particolare
il Canada e il Brasile?
A proposito del Brasile lio letto, sempre su « Le Monde », che un vescovo
ha lamentato la mancanza di sacerdoti
e ha attribuito a tale causa il fatto che
i protestanti brasiliani, da 40.000 che
erano al principio del secolo, hanno raggiunto attualmente i 3 milioni.
La carenza di sacerdoti si fa sentire
più fortemente nei continenti extra-europei. Le cifre ufficiali della S. Sede,
nell'opera citata, danno le seguenti indicazioni che riporlo, come le precedenti, da c( Le Monde » :
Europa: j
1 sacerdote per 1191 fedeli. I
America :
1 sacerdote per 4.220 fedeli.
A frica :
1 sacerdote per 10.143 fedeli.
L’avvenire pare preparare il peggio:
nel 1964 i seminaristi erano 167.000,
oggi sono 147.000.
Termino con una notizia, tratta r>erapre dalla medesima opera, che ha qualche attinenza con Ìl problema tanto dibattuto del divorzio: nel 1969 su 250
richieste di annullamento di matrimonio la Sacra Rota ne ha concesse 182.
Alessandro Massabo
Nuovo Innario
Un lettore^ da Pordenone:
Signor direttore,
In ordine ai rilievi pubblicali dal
periodico « Eco-Luce » sul nuovo Innario, il semplice credente che non
ignora i testi di Atti 2: 46 « ...E tutti
i giorni di pari consentimento erano
assidui al tempio » e Colosseso 3: 16
« ...istruitevi ed esortatevi a vicenda,
per via dei salmi, d inni, di cantici
spirituali, cantate di cuore a Dio, per
ispirazione della grazia », non può esimersi daH'intervenire e domandarsi se
il dettato dei due passi delUEvangelo
non sia illuminante ai contestatori.
Vero è che viviamo nell’epoca delle
facili contestazioni, ma sono di avviso che in questa fattispecie si varchi il
limite del lecito, spingendosi al boicottaggio dell'opera quasi fosse qualcosa di pornografico.
Sono completamente a digiuno di
musicalità, di metrica poetica, di lingua, non in grado quindi di giudicare l'opera sul piano tecnico; ho però
la ferma convinzione che la Commissione elaboratrice del nuovo innario
non sia stata una accòlta di ciabattini,
quindi il « pari consentimento » e il
(c cantare a Dìo di tutto cuore per
ispirazione della grazia » dovrebbero
essere fattori di doverosa accettazione.
Ritengo che particolari simpatie, o
conservatorismo, dovevano tacere e
non paragonare il nuovo innario ad un
paio di scarpe che non si possono indossare, o perché troppo strette non
permettono di camminare...! fra tanto
strombazzare di ecumenismo.
Fraternamente.
Davide Corai
UNA CONFERENZA DI GIORGIO BOUCHARD A TORRE PELLICE
Per una storia valàse non a^io
« Per una storia valdese non agiografica » tale il titolo della conferenza
che il pastore Giorgio Botichard ha tenuto a Torre Pellice domenica 1° marzo, davanti a molto pubblico, nel ciclo
di conferenze promosse dal Comitato
del Collegio.
L’oratore ha sottolineato alcuni
aspetti particolari delTormai lunga storia valdese, soffermandosi in particolare sulla protesta di Valdo di Lione,
sulla svolta del ’500, su Janavel e sugli inizi della evangelizzazione in Italia. Egli ha rilevato come questi momenti delle storia valdese coincidono
con determinate epoche della civiltà
europea o della storia italiana, in cui
le istanze sociali si configurano abba
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
Si è costituito un GRUPPO CORALE che si
riunisce il sabato (ore 16,30). Si tratta realmente di un servizio necessario: tra poco adoi
teremo il nuovo innario con un gran numero di
cantici bellissimi, ma sconosciuti: è perciò indispensabile che vi sia un gruppo corale per
impararli e poi insegnarli alla comunità. Il
gruppo corale .sarà — come ogni nostra attività — un mezzo di affiatamento fraterno tra
membri di chiesa; potrà inoltre preparare qual
che coro da e.seguire in particolari circostanze
ma la sua funzione precipua è quella di so
stenere e d'incrementare il canto comunitario
che costituisce un elemento di primaria im
jmrtanza nel culto evangelico.
LUTTI. Due nostri fratelli, Silvio Molinari
e Armando Peroni, hanno terminato la loro
vita terrena. Dal punto di vista umano la loro
vita è stata lunga: il signor Molinari era il
decano della comunità, alla soglia del suo 93°
anno di età, e il signor Peroni aveva oltrepassato i 77 anni; ma la separazione è sempre
triste, tanto più quando si tratta di persone
che erano profondamente affezionate alla no
sira chiesa, dei credenti che, finché ne hanno
avuto la possibilità, hanno frequentato assiduamente i culti, e che ci lasciano l’esempio di
una fede cristiana limpida, forte e coerente.
Mentre li ricordiamo, nell'attesa della risurrezione in Cristo, rinnoviamo alle famiglie in
lutto l'espressione della nostra sincera simpatia.
L'UNIONE FEMMINILE si riunirà nuovamente mercoledì 25 febbraio, alle ore 15,30.
La riunione avrà inizio con un culto presieduto dal Pastore.
La celebrazione del 17 FEBBRAIO è stata
quest’anno un poco posticipata : la sera di sabato 21. tralasciando la cena tradizionale, si
è avuta una riunione, nella quale hanno re
cato il loro messaggio ì rappresentanti delle
Chiese sorelle, dopo di che un gruppo di
giovani ha animato la serata. L indomani il
culto domenicale, con santa cena, ha offerto
una volta ancora l’oceasione di ricordare il
valore perenne della libertà dell Evangelo.
DOMENICA DELLA GIOVENTÙ, Poiché
la domenica 8 marzo sarà dedicata alla gioventù, abbiamo chiesto ad un gruppo di giovani
di preparare la liturgia ed il messaggio del
culto di quella domenica, sicuri che questa
loro partecipazione attiva recherà un indubbio
beneficio spirituale che sarà reciproco, per loro stessi e per la comunità tutta.
S. GERMANO CHISONE
17 FEBBRAIO
Abbiamo cercato di adeguare, in qualche
modo, la giornata del 17 febbraio ai deliberati della Conferenza Distrettuale e, soprattutto. aH'impegno della fede.
La .sera del 16, falò dappertutto; particolarmente bello e visibile il falò acceso dai giovani alla Rostania; intorno a qualche falò
canto di inni; diminuiti, .se non del tutto aboliti, i razzi e altre manifestazioni carnevalesche.
La mattina del 17 siamo andati a salutare
i nostri fratelli anziani della Casa di Riposo;
ivi la banda ha suonato, le corali dei grandi
e dei bambini hanno cantato; alcuni giovanissimi catecumeni: Bruno Beux, Oriana Blanc,
Nella Travers e Doriano Canonico, hanno aiutato tutto il giorno il personale dell’Asilo.
Quindi il Culto centrato sul versetto di Marco: « il Figliuol deU'uomo è Signore del sabato ».
Poi la Comunità si è riunita per l'agape
nella Sala. Abbiamo voluto che fosse veramente agape della Comunità e in partico
lare di quelli che il mondo, le sue potenze e
le sue tradizioni trascurano: i poveri, gli isolati, le famiglie numerose. Per render questo
possibile, un gruppo di fratelli e sorelle si è
impegnato inun grosso lavoro: anche qui accanto agli adulti e ai giovani, alcuni giovanissimi che vogliamo ricordare perché sono
comunque la Chiesa di domani : Bruna Salvaj,
Graziella Monney, Gianni Long, Nello Plavan. E poi altri han portato dei doni: in
questo spirito di solidarietà fraterna è stato
possibile far pagare poco o niente, eliminare
dunque la questione del denaro dal ritrovarsi
della Chiesa. Del pari, e già da tempo, abbiamo rinunciato ad invitare delle « Autorità »
come tali : dove è la Chiesa, vi è una sola Autorità. gli altri .sono presenti se e in quanto
fratelli nella fede. Alla fine dell'agape, il Dott.
Guido Ribet ha raccontato con molto .spirilo
alcuni episodi della storia della istruzione alle
Valli, e la Signora Edina Ribet ha letto una
sua deliziosa poesia valdese.
Un piccolo gruppo di quelli che anche il
corrispondente (cattolico) del « Pellice » da
San Germano chiama « i tradizionalisti del
pranzo» ha invece preferito riunirsi altrove:
ce ne dispiace per loro.
La sera una recita assai impegnata : n Creature umane » di Calvino. Ancora una volta
h nostra Filodrammatica ci ha proposto un
problema vivo: Fannullamento della dignità
e libertà umana come conseguenza dei fanatismi politici. Discuteremo assieme di questo e
del problema dell'uso della scienza, proposto
dalla recita precedente, in un'agape prossima.
C’è stato un folto pubblico, sia alla recita del
17 febbraio, che alla sua ripetizione la domenica successiva.
È stata dunque, questa giornata del 17.
utile per la nostra fede e la nostra testimonianza? Certamente è stata una giornata in
cui la decisione della fede e della testimonianza è stata posta in vari modi di fronte alla
coscienza di ognuno.
Stanza bene dietro alla tradizionale
storia della fede o la vita di una comunità; ed ha concluso affermando
che i momenti più importanti della
storia valdese sono quelli in cui l’esperienza della fede non si esaurisce in
una conservazione ecclesiastica, ma si
manifesta in stimolanti posizioni di
controcorrente.
Al termine della conferenza, sostenuta da brio e da interessanti e discutibili accostamenti, il prof. A. Armand
Hugon ha fatto notare che l’agiografia
tradizionale su Janavel va forse ridimensionata, e che più degli uomini di
punta vale nel ’600 valdese la folla anonima, che nei momenti tragici trova
la forza della fede per non mollare. Il
prof. Giorgio Peyronel ha sottolineato
come la visione storica del Bouchard
soggiace in sostanza alla interpretazione marxista della storia, che calca
la mano sul concetto di lotta di classe, ravvisabile in ogni aspetto della vicenda umana; linea di ricerca valida
solo in certi casi e in certi momenti,
ma inadatta a spiegare i molteplici
atteggiamenti dell’uomo nella sua vita
di ogni giorno.
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4
6 marzo 1970 — N. 10
pag. 3
COSTITUITO UN NUOVO ORGANO DEL CONSIGLIO
I GIORNALI IN CLASSE?
ECUMENICO DELLE CHIESE
La Commissione deiia
deiie Chiese allo
Ginevra (soepi). - Il Consiglio
ecumenico delle Chiese ha creato
il 19 febbraio una « Commissione
della partecipazione delle Chiese
allo Sviluppo » ed un Fondo ecumenico per lo Sviluppo che verrà
finanziato colle offerte delle Chiese membri, dalle organizzazioni di
Fra gli uomini che, ogni giorno, nascono sulla superficie della terra, ce n’è un numero considerevole di cui si può dire, in
base alle statistiche,
che non mangeranno da sfamarsi,
che non avranno modo di
frequentare una scuola né di
imparare un mestiere,
che non godranno dei diritti
elementari che pure spettano
loro.
Apparteniamo alla prima generazione di uomini che conosca l’ampiezza di questo disastro
e che abbia i mezzi per porvi termine; assumiamo quindi una
responsabilità gravissima se non
facciamo tutto quel che è in
nostro potere per lottare contro
la fame e contro la miseria, per
i diritti e per la dignità dell’uomo.
(dalla «Dichiarazione di
Berna »)
entraide collegate al CEC e — si
spera — dalle Chiese non-membri
del CEC.
La Commissione, che si comporrà di 20 membri, avrà per compito il coordinamento di tutti i
programmi e di tutte le attività del
CEC relativi allo sviluppo e servirà come base alle discussioni sul
significato dello sviluppo e del
compito che le Chiese hanno in
questo campo.
Essa dovrà dare alla Chiesa aiuto ed informazioni per l’educazione in vista dello sviluppo e aiutarle a definire una politica ed una
strategia per la loro partecipazione ai programmi ed ai progetti di
sviluppo. Essa collaborerà pure
con altre organizzazioni e con
Chiese cristiane non-membri del
CEC, ivi compresa la Chiesa cattolica per la Società, lo Sviluppo e
la Pace.
Lo studio sull'educazione in vista dello sviluppo sarà coordinato
coi lavori della commissione comune del CEC e della Chiesa cattolica. Si prevede anche la collaborazione con le organizzazioni
governative e benefiche che favoriscono lo sviluppo.
La decisione di creare questa
Commissione ed il Fondo per lo
sviluppo è stata adottata dal Comitato esecutivo del CEC, riunito
in sessione trimestrale presso il
Centro ecumenico di Ginevra.
La Conferenza mondiale sull'aiu
6 nazioni nel mondo hanno
un prodotto nazionale lordo di
oltre 2.000 dcllari per abitante
e all’anno;
20 nazioni fra 2.C00 e 1.000
dollari ;
18 nazioni fra 1 000 e 500 dollari;
57 nazioni fra 500 e 2C0 dollari ;
57 nazioni fra 200 e 40 dollari.
(Censimento della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo, dati
del 1967).
Il reddito annuo prò capite
aumenta di 2 dollari all’anno
nei paesi in fase di sviluppo e
di 60 dollari all’anno nei paesi
industrializzati.
Percentuali degli adulti analfabeti nel mondo; 44 per cento;
Angola: 95 per cento; Sudan:
90 per cento ; Iran : 85 per cento : India : 80 per cento ; Portogallo: 40 per cento; Grecia: 25
per cento; Italia: 10 per cento.
partecipazione
sviluppo
quale si prefigge lo scopo di aiutare i paesi ad utilizzare tutte le
proprie possibilità e risorse nel
contesto della giustizia sociale)
guiderà i lavori della Commissione.
« Poiché la prima responsabilità nella realizzazione dei programmi e dei progetti di sviluppo si
pone a livello locale, nazionale e
regionale, sarà necessario ripartire i poteri decisionali ».
Il trasferimento di questi poteri
è uno degli obbiettivi del Fondo
ecumenico per lo sviluppo. D’altra parte, esso garantirà che i programmi di sviluppo assunti dalle
Chiese serviranno innanzi tutto la
giustizia sociale ed uno sviluppo
autonomo.
La maggior parte delle risorse
del Fondo saranno messe a disposizione di gruppi nazionali i cui
obbiettivi siano conformi a quelli
della Commissione come « sovvenzioni senza una particolare destinazione ».
Sovvenzioni verranno accordate
a dei programmi nelle regioni dove, per motivi d’ordine geografico,
non esistono gruppi nazionali di
coordinazione. Le organizzazioni
nazionali ed internazionali ad hoc
riceveranno esse pure delle sovvenzioni.
Priorità nello scuola
La proposta di legge recentemente
presentata alla Camera circa la distribuzione gratuita dei giornali nelle
scuole secondarie e superiori non può
non interessare tutta l’opinione pubblica. La proposta del liberale Alessandrini pare alquanto circostanziata: essa prevede, infatti, che per ogni giorno scolastico vengano distribuite per
ogni classe 15 copie di quotidiani di
informazione indipendenti ed una copia del quotidiano ufficiale di ciascun
partito rappresentato in Parlamento;
inoltre, ogni mese dovrebbe pervenire
anche una copia del giornale delle organizzazioni giovanili di ciascun partito. La spesa per lo Stato dovrebbe
aggirarsi sugli otto miliardi e mezzo.
Cosa dobbiamo pensare di una simile proposta e, soprattutto, quali potranno essere le conseguenze pratiche?
Se guardiamo all’esigenza — e quindi alla possibilità — di portare i nostri ragazzi a contatto con la vita, con
i problemi della società nella loro dimensione culturale e politica così come avviene praticamente attraverso il
giornale, non possiamo non apprezzare la proposta di legge. La scuola deve
poter uscire daH’anonimato, e non
solo a parole, dallo studio manualistico non motivato che finisce per essere un comodo àlibi per non affrontare problemi più vasti e coinvolgenti, e
la lettura del quotidiano è un utile
strumento per uscire da una situazione ormai anacronistica. Non solo, ma
è inutile illudersi che gli studenti di
oggi ignorino, solo perché non li si
affronta in classe, i maggiori problemi
del momento: essi sono assai bene informati su quanto accade nel loro paese e fuori, e queste loro conoscenze
— anche se parziali — si riflettono nel
loro modo di agire, di affrontare i problemi del loro tempo, di discutere con
i compagni fuori dalla scuola e den
tro, se è loro concesso. Mai come oggi si sono visti tanti dibattiti promossi da giovani o almeno vivificati dal
loro intervento, segno che qualcosa
ce e si sta muovendo sotto l’impulso
ficaio tutt’altro che ingiusti
Tuttavia, se ci addentriamo nei dettagh tecnici della proposta e se, prima di tutto, facciamo un esame obiettivo delle necessità attuali della scuola ponendole in ordine prioritario forse dobbiamo moderare il nostro iniziale entusiasmo ed avanzare non poche riserve.
Infatti, il problema maggiore — a
detta del proponente — riguarda la
selezione dei quotidiani da distribuire, e il dubbio è ovvio. Ogni anno, in
base alla proposta, dovrebbe costituirsi presso ogni Provveditorato, una
speciale commissione (formata dal
Provveditore, da due Presidi, da tre
studenti e dai rappresentanti della
Provincia, dell’Ordine dei giornalisti,
della Federazione della stampa, della
Federazione degli editori), col preciso
incarico di procedere al vaglio ed alla
scelta del materiale. Tutto questo macchinoso sistema riflette chiaramente
un certo atteggiamento paternalistico
che, comunque sia, non può ispirare
fiducia. Le scuole, in pratica, non
avrebbero la possibilità di scegliersi
le testate dei giornali da leggere, ma
riceverebbero i quotidiani secondo
quanto stabilito dalla commissione.
Mi domando, a questo punto, a che
cosa allora ci si riferisce quando si
parla di libertà didattica, quando si
istituiscono i collegi dei professori,
quando si favorisce la formazione dei
comitati di genitori, di studenti e via
di seguito. La volontà di centralizzare e di burocratizzare la scelta pare
proprio un segno di rifiuto o, se non
altro, di diffidenza verso queste autonomie che si stanno affermando con
molta fatica, a meno che, per questa
iiimiiiiii-imiiniiiimimiiiiiiiiiiiiiimitimimiiiiiiiiitmiiimiiiiiiuim
.................................................................
HELDER CAMARA
La responsabilità di noi cristiani ci fa tremare
to ecumenico ai progetti di sviluppo organizzata alla fine di Gennaio a Montreux (n.d.r.: ne è stata data ampia notizia nello scorso
numero) ne aveva raccomandato
la creazione.
La relazione presentata al Comitato esecutivo dichiara che l’attuale concezione dello sviluppo (la
Dalla relazione che Helder Camara, arcivescovo cattolico-romano di Olinda e Recife,
nel Nord-Est brasiliano, della quale già Tullio Vinay ha riportato ampie citazioni nel suo
articolo pubblicato la scorsa settimana, riportiamo ancora alcuni stralci. Sottolineiamo
con intenzione questi appelli e questa iniziativa delle Chiese^ la nostra modesta iniziativa
« contro la fame degli altri » intendeva appunto, già quasi due anni fa, indicare questa
linea, e ci augureremmo che, pur senza perdere il suo carattere per nulla burocraticoecclesiastico, tale iniziativa fosse via via maggiormente sentita come una opportunità di
solidarietà e di servizio fraterni offerta alle
nostre chiese nel loro insieme, .e non solo a un
gruppetto di "amici", per altro fedelissimi.
red.
(...) Si può forse riassumere oggettivamente la situazione attuale delTumanità in questi termini: la realtà è triste,
le prospettive sono meravigliose, la conclusione possibile - e probabile - è tra
^'^ealtà triste, perché secondo la dichiarazione conclusiva della Conferenza
di Beirut (indetta congiuntamente, lo
scorso anno, dal CEC e dalla Chiesa romana, n.d.r.) T80 per cento delle risorse
mondiali sono in mano al 20 per cento
degli abitanti della feir? e ■■ m'.'ntre
una piccola parte deH’amanita non fa
che arricchirsi costa'l'erneiùe, il resio
degli uomini lotta con irò una povertà
maggiore o minore, con poche probabilità di vincerla nei prossimi tlecenni ».
Prospettive meravigliose, perché sappiamo tutti che, per la prima volta nella storia, T uomo ha ampiamente la
possibilità di compiere l’ordine del
Creatore e dominare la natura recando
a compimento la Creazione; per la prima volta la tecnica dispone di risorse
effettive per promuovere lo sviluppo
dell’uomo intero e di tutti gli uornini.
Possibile (e probabile) conclusione
tragica, considerato 1 accecamento deha
frazione privilegiata che, come ricordava la Conferenza ecumenica di Beirut,
trova « normale » spendere annualmente 150 miliardi di dollari (centomila miliardi di lire, n.d.r.) in armamenti e
non riesce raccogliere stentatamente
che 10 miliardi per la cooperazione economica e sociale.
Un’occasione unica per i Cristiani
La responsabilità di noi cristiani ci
fa tremare. L’emisfero settentrionale,
il mondo sviluppato, il 20 per cento che
ha in mano T80 per cento delle risorse
della terra, sono di origine cristiana.
Quale impressione possono avere del
cristianesimo i nostri fratelli africani,
asiatici c le masse latino-americane, se
l’albero dev’essere giudicato dai suoi
frutti e noi cristiani siamo responsabili in alto grado del mondo ingiusto
nel quale viviamo?
Per il momento,
finiamola di teorizzare
(...) Ho alluso alle conclusioni di Medellin (riunione della gerarchia cattolica latino-americana), di Uppsala (IV
assemblea del CEC) e di Beirut ((Conferenza sulla cooperazione mondiale
per lo sviluppo, organizzata dal CEC
e dalla Commissione pontificia « lustitia et Pax »). Se aggiungiamo a questi
documenti Tenciclica « Populorum progressio » di Paolo VI, potremo dire che
nei prossimi anni non avremo bisogno,
noi cristiani, di altri testi in campo sociale. Il problema per noi, ora, è di mettere in pratica le belle teorie.
(...) Non facciamoci illusioni; il -cambiamento di strutture nei paesi sottosviluppati non sarà praticabile se non
cambieranno le strutture nei paesi sviluppati. L’espressione va presa alla lettera. Non si tratta semplicemente di un
cambiamento di mentalità nei confronti
dei paesi poveri: si tratta di cambiare,
in profondità, la politica internazionale del commercio. Fino a quando permetteremo che dei triists internazionali
ultra-arricchiscano dei piccoli gruppi e
mantengano in schiavitù milioni di uomini? Non si dica che i trusts sono di
giorno in giorno più democratici perhé milioni e milioni di persone del popolo sono azionisti e controllano le aziende... Azionisti, sì, nel senso che
possiedono alcune poche azioni, insignificanti di fronte al gruppo che dirige
il trusts in modo anonimo, impassibile
e freddo, senza preoccuparsi se sulla
sua strada incontra persone schiacciate.
Una proposta
Il Consiglio ecumenico delle Chiese
e la Commissione pontificia « lustitia
et Pax » potrebbero dare, in questo rnomento di violenza e di radicalizzazione, l’esempio di come possa essere utilizzata efficacemente la violenza dei pacifici, suscitando un movimento d’opinione pubblica, su scala europea, destinato forse ad agire come pressione
morale che contribuisca a rnutare le
strutture di qui, quale condizione pre
liminare perché cambino le strutture
dei paesi sottosviluppati.
Immaginate che il Consiglio e la Com
misisone facciano elaborare da specialisti un documento di base che riassuma l’essenziale dei rapporti della prima, seconda e terza Assemblea deile
Nazioni Unite sul commerc.io e Io sviluppo.
Sappiamo tutti che le ire Assemblee
delTUNCTAD costituiscono lo sforzo
più serio, da parte del mondo sottosviluppato, per fare valere ’ i^ropri diritti di fronte al mondo sviluppato.^ E
tutti sappiamo come gli USA e TURSS,
rappresentanti ipici del mondo capitalista e di quello socialista, hanno dimostrato un’identica mancanza di sensibilità e di comprensione nei confronti
delle nazioni ansiose di strapparsi alla
miseria.
Il documento di base, riassumente
i rapporti delTUNCTAD, sarebbe inviato dal Consiglio e dalla Commissione
alle principali Università d'Europa, dalle due parti della «cortina di ferro
invitandole a un seminario nel quale
si metterebbe una buona volta in chi.a
ro se vi è o no ingiustizia, su scala
mondiale, nelle relazioni fra i paesi del
benessere e quelli della fame.
(...) Il Consiglio e la Commissione
avrebbero interesse e vantaggio a invitare personalità-chiave delle principali
religioni del mondo. Poiché tutte le religioni sono interessate in modo diretto e vitale alla pace del mondo, si
potrebbe dimostrare loro come la pace
sia compromessa da ingiustizia a livello
mondiale; e si potrebbe chiedere che
tutte le religioni si unissero, giocando
tutta la forza morale di cui dispongono,
per ottenere giustizia, condizione fondamentale della pace.
Helder Camarìv
Nuovo appello del CEC per la pace oel Vietoaoi
Ginevra (.soepi). - Il Comitato esecutivo del
CEC ha recentemente lanciato un nuovo appello contro la guerra vietnamita. Esso, ira
l'altro, dice:
<1 Ogni giorno in Vietnam la morte e la
sofferenza provocano nuove vittime ed il tragico bilancio degli ultimi venl’anni continua a crescere.
(( ...Circa due anni fa il governo degli USA
cominciò a modificare la sua politica in Vietnam per sforzarsi di giungere ad un negoziato. Il governo della repubblica democratica
del Vietnam ha reagito positivamente e la
dimensione del conflitto si è ridotta. Conversazioni ufficiali si svolgono a Parigi fra le
quattro parti impegnate nella guerra. Il Comitato centrale del CEC si è assunto, in occasione della sua riunione dell estate scorsa,
di fare, una dichiarazione sul Vietnam per
non portar pregiudizio alle trattative.
« Ma sono passali sei mesi senza alcun sensibile progresso. Il Comitato indirizza pertanto il seguente appello alle parti impegnate
nel conflitto:
— Approviamo Tappello del segretario
deU'ONU per la creazione a Saigon di un governo nazionale largamente rappresentativo....
— Chiediamo vivamente che vengano
prese sollecite misure per creare le condizioni
necessarie alla pace da parte di vietnamiti e
per i vietnamiti nel loro paese. Queste misure debbono includere, come minimo, una
netta presa di posizione contro ogni nuova
escalation delle attività militari (come, attualmente il caso del Laos) ».
L'appello si rivolge poi agli USA invitandoli ad a.stencrsi dalTutilizzazione di quei metodi che, a lungo andare, danneggiano anche
la terra e la vegetazione (n.d.r. : si allude alle
bombe al napalm ed alle armi chimiche) oltre che mettere in pericolo la vita umana; ^ad
astenersi dal distruggere i villaggi e dall organizzare missioni « di ricognizione e di distruzione ».
Al Sud Vietnam l’appello chiede l’iinmediato accordo delle libertà politiche e religio.se; al governo rivoluzionario provvi.sorio di
astenersi da rappresaglie; alla Repubblica democratica del Vietnam di pubblicare la lista
dei prigionieri.
L’appello, concludendo, si estende « a tutti
i popoli affinché influenzino i loro governi
onde si sforzino, con ogni mezzo di stabilire
la pace in Vietnam ».
via, non si voglia fare il gioco di qualche « forza » editoriale o pseudo.
Una reale autonomia finanziaria di
ogni istituto, di livello ben diverso da
quella che attualmente dovrebbe sulla
carta garantire la « cassa scolastica »,
potrebbe cancellare, secondo il nostro
punto di vista, molti dubbi che ci sono nati dalla lettura di questa proposta di legge; infatti, con tale autonomia la scuola sarebbe finalmente nella condizione di rifornirsi di un ma
teriale didatticamente molto utile,
operando nello stesso tempo una scelta responsabile. La garanzia della
obiettività sarebbe comunque (e me
gl io) conservata, perché a decidere
sulle testate di giornali da distribuire
sarebbe il consiglio dei professori, integrato da rappresentanti di studenti,
dove confluiscono le varie idee e le
varie tendenze politiche. Forse, sareb
be addirittura un’occasione perché gli
insegnanti trovino il tempo per parlare di queste cose, per mettere a confronto le proprie idee, evitando così —
per ben che vada — di parlare solo di
voti e di programmi.
Questo, per l’aspetto tecnico. Ma esi- .
ste una considerazione di fondo che
non possiamo esimerci dal fare, e cioè
una questione di priorità nell’ambito
del bilancio della P. I.
Aldo Visalberghi, commentando su
« L’Espresso » questa proposta, denuncia non solo la macchinosità del sistema, ma anche altre deficienze di fondo, precedenti la proposta di legge
stessa, che potrebbero o dovrebbero
essere sanate proprio con l’impiego di
questo non indifferente stanziamento.
« Gli otto miliardi e rotti vadano ad
incrementare i troppo miseri fondi p„r
libri e sussidi, e si autorizzino le scuole a spenderli secondo criteri loio,
connessi con le impostazioni didaiitche reali ». Dello stesso avviso è Lucio Lombardo Radice, che vorrclibe
addirittura che tale somma venisse
risparmiata, se non si è in grado di
trovare una soluzione migliore.
Certo, esistono dei precisi impegni
da parte dello Stato non ancora adempiuti in ogni loro parte: mi riferisco,
per esempio, alla reale gratuità della
scuola delTobbligo, alla gratuità tota
le dei libri di testo per la scuola me
dia inferiore (meglio non parlare della questione dei buoni-libro), aU’istituzione ed al funzionamento dei dopo
scuola e via di seguito. Leggere in classe il giornale è una cosa molto importante, e molti di noi già lo fanno quotidianamente con i ragazzi, almeno nelle parti di interesse; ma forse non è
veramente il caso di complicare tanto
le cose. Se vogliamo essere sinceri,
molto dipende dalla buona volontà dei
docenti, dalla loro maturità e sensibilità politico-culturale, perché, per
Tinnanzi, non è il caso di illudersi che,
dal momento in cui il giornale giungerà gratuitamente in classe, tutti lo
discutano con gli studenti; ci sarà solo e sempre quella parte di persone
che, in un modo o nelTaltro, si arrangiano di farlo anche oggi, e gli altri
ignoreranno il fatto. Inoltre, questa
proposta non è nata bene, in quanto
pare venir sanzionare o imporre una
cosa (fino ad oggi, no; da domani,
si...), e in sostanza trascura la presa
di coscienza dal basso, cioè da parte
di coloro che devono fruire, autonomamente e liberamente, del servizio.
Esistono d’altronde delle felici esperienze di lettura ragionata e critica
del giornale, anche a livello di scuola
elementare, ma direi — per quanto nc
sappia — che i positivi risultati raggiunti dipendono proprio dal fatto che
nulla è stato imposto, ma la scelta di
lavorare in un certo modo e con certi strumenti è nata da una convinzione personale. Un’attività di questo genere potrebbe esplicarsi con efficacia
per esempio in un doposcuola ben organizzato; ma ritorniamo allora ad un
problema di priorità e di progetti non
realizzati, quali appunto il doposcuola
funzionante dovunque. I doposcuola
sono ancora troppo scarsi, frequentati
da pochi allievi e, da quei pochi, con
la speranza di recuperare il tempo
perso, come in una lezione privata. La
scuola così com’è, ancora legata allo
svolgimento del programma o impedita da orari limitati (terza media; due
ore settimanali di storia, tenute da
un professore che vede i ragazzi di
questa classe per sole quattro ore settimanali!), non ha tempo di sviluppare un discorso socio-politico serio ed
approfondito. I tentativi compiuti sono sempre frammentari e limitati. Lo
stesso capita per gli istituti superiori,
dove quasi tutto il lavoro è svolto in
funzione dell’esame finale.
Da tutto ciò, dobbiamo concludere
che è giusto e bene che i giornali arrivino in classe, che è giusto e bene
che si discuta su quanto contengono,
ma che è anche giusto e salutare che
il quotidiano arrivi su un binario che
non sia solo e sempre quello della « velina » dall'alto. E poi, non dimentichiamolo, il giornale, essendo in questo caso uno strumento didattico, come il libro di testo, deve essere scelto
dalla scuola stessa, in piena autonomia di giudizio. I genitori e gli insegnanti vedano la proposta di legge in
tutto ciò che ha di esplicito e di implicito, ne seguano Viter ed esprimano
il loro pensiero a questo proposito.
Roberto Eynard
5
6 marzo 1970 — N. 10
pag. 5
DOPO I.E RECEUTI SEDUTE PERIODICHE DELLA TAVOLA
A TORINO
Panorama della vita valdese iumerosi evangelici aderiscono
Sinodo rioplatonse - Fra i problemi sul tappeto: pastorato, mezzi
di comunicazione, istituti - ¡1 Moderatore prossimamente negli US/Ì
alla campagna in favore degli handicappati
Riunita a Torre Pellice dal 21 al 23
febbraio, la Tavola ha passato anzitutto in rassegna la vita delle chiese
e dei distretti, e ha proclamato la vacanza delle chiese di Ferrerò, Roma
via IV Novembre e Palermo, per coiiipiuto quattordicennio dei pastori titolari. Ha provveduto alla sostituzione del pastore Elio Eynard a Zurigo
Inviando provvisoriamente il pastore
Roberto Jahier; inoltre il pastore
Paolo Giunco è stato inviato a Vittoria, provvisoriamente, per la direzione
della casa di riposo e la cura della
chiesa. La Tavola ha preso conoscenza dell’iniziativa delle chiese delle Valli di inviare una protesta al presidente della repubblica per l’inadempienza degli organi governativi centrali e
regionali nell’assistenza ai terremotati della valle del Belice ; si è pure
presa conoscenza di analoga protesta
firmata da un numeroso gruppo di
membri di chiesa di Torino. La 'Tavola, pur non prendendo ulteriori iniziative in merito dopo quelle delle
chiese delle Valli e del Corisiglio della Federazione, ha espresso il suo consenso di massima con tali iniziative.
Dal 1" al 5 marzo, al « Parco 17 feb
braio» (Colonia Vaidense, Uruguay)
si è tenuta la sessione rioplatense del
Sinodo Valdese. La sessione sinodale,
oltre al normale ordine dei lavori, ha
ascoltato alcune relazioni sul tema;
« quali sono le cause dell’attuale tensione nella Chiesa? » e un rapporto
sulla vita della Chiesa valdese in Italia del moderador Delmo Rostan, del
pastore Juan Tron e del dr. Mario Baridon. Fra i problemi più importanti
che il Sinodo doveva affrontare vi era
quello dei rapporti con lo stato e quello della nuova costituzione.
Il problema del ministerio pastorale
ha attirato l’attenzione della Tavola,
la quale ha esaminato la possibilità
di un pastcrato locale da affidarsi a
persone a ciò vocazionalmente chiamate e qualificate : senza prendere per
ora alcuna decisione in proposito, la
Tavola, posta di fronte ad una offerta di servizio in merito, ha deciso di
promuovere lo studio del problema,
nei suoi aspetti ecclesiologici, giuridici e amministrativi.
In vista del dibattito sinodale sulla
stampa e sui mezzi di comunicazione
di massa, la Tavola formerà una commissione di studio con l’incarico di
esaminare i problemi di fondo connessi con questo programma di lavoro; la Commissione riferirà alla Tavola che a sua volta informerà il Sinodo.
Particolare attenzione è stata rivolta al problema delle biblioteche ed archivi della Casa Valdese di Torre Pellice, per i quali esiste un progetto di
riordino e sistemazione, che comporta anche lavori nello stabile: impianto di riscaldamento, sistemazione dei
locali della biblioteca e dell’archivio,
risanamento del sottosuolo.
La Tavola si è incontrata con il Comitato per il Collegio Valdese : dopo
un esame generale dell’andamento
dell’istituto, ci si è soffermati in modo particolare sul problema finanziario che appare gravoso. Molte chiese
non hanno dato alcuna risposta all’appello del Comitato che desiderava
conoscere le loro intenzioni e possibilità di contribuire finanziariamente
alla vita dell’istituto; come è noto il
Sinodo aveva invitato le Chiese a versare al Comitato una somma pari al
Ifio/o di quanto esse verseranno per la
Cassa Culto. La Tavola ritiene che le
Chiese che non hanno dato alcuna
risposta, né positiva né negativa, debbano farlo al più presto, perché il Comitato possa sapere su quali somme
potrà presumibilmente contare.
La seduta congiunta con la CIOV
è ormai normale in febbraio : ci si è
intrattenuti soprattutto sul problema
degli ospedali, con particolare riguardo ora a quello di Torre Pellice, mentre ci Si è rallegrati del buon andamento di quello di Pomaretto.
Sempre nel capitolo degli Istituti, si
è preso in esame il progetto di restau
COMUNICATO
Vacanza ili chiese autonenie
La Tavola Valdese, visti gli
artt. 21 e 22 dei RR.OO., constatato che i pastori Lorenzo Rivoira. Guido Mathieu e Pietro
Valdo Panasela hanno compiuto i quattordici anni di ministero nelle rispettive chiese, proclama la vacanza delle chiese di
Ferrerò, Roma via IV Novembre e Palermo, a decorrere dal
1° aprile 1970.
La designazione dei nuovi pastori dovrà farsi a norma degli
artt. 17, 18, 19, 20, 22, 28 e 29
dei RR.OO.
Roma, 1" marzo 1970.
Il Moderatore
della Tavola Valdese
Neri Giampiccoli
ro del palazzo Salviati di Firenze, dove ha sede l’istituto Gould. Il palazzo
è vecchio e malandato; la Tavola ha
approvato in linea di massima un
progetto di restauro, scaglionato nel
tempo.
Il capitolo degli stabili ha richiesto
come sempre parecchio tempo. Oltre
alle innumerevoli riparazioni che si
rendono sempre urgenti (come a Livorno, dove si è dovuto provvedere
alla rimozione di parti pericolanti dello stabile, con notevole spesa), si sono
considerati con particolare attenzione
i problemi connessi alla ricostruzione
dello stabile di Torino, ormai avviata,
alla rielaborazione del progetto per il
centro diaconale di Palermo, che ha
dovuto essere sensibilmente ridotto, e
al progetto della casa pastorale e convitto di Villar Perosa. Per quest’ultimo progetto è stato dato il via per il
momento alla costruzione della casa
pastorale, che è già finanziata.
Le finanze sono sempre fonte di
preoccupazione : il gettito delle contribuzioni continua, ma troppo lentamente rispetto alle necessità anche se
alcune chiese hanno già completato i
loro versamenti. La sottoscrizione per
il deficit prosegue anch’essa troppo
lentamente e siamo ancora lungi dalla méta; sono stati oltrepassati di poco gli 8 milioni, sui 14 richiesti!
Il Moderatore sarà in viaggio negli
Stati Uniti dal 31 marzo al 15 maggio. Il pastore Aldo Sbaffi sta svolgendo in questi giorni una missione
speciale nel presbiterio di Edimburgo.
I membri della Tavola si sono lasciati e sono tornati al loro posto di
lavoro dandosi ¡ippuntamento per le
prossime sedute, dal 1“ al 3 maggio.
A cura della Lega femminile (esistente soltanto più in forma di "commando” per interventi particolari...), è stata indetta una riunione in appoggio alla campagna per la raccolta
di firme in appoggio alla proposta di legge
di iniziativa popolare in favore degli handicappati psichici, fisici, sensriali e dei disadattati sociali. La riunione era stata largamente annunciata e raccomandata nelle chies ' evangeliche cittadine (il culto a C.so Oddone è stato centrato su questo, e la predicazione su « Foste comprati a prezzo », 1 Corinzi 6, 20); il frutto si è visto, e rallegrante,
quando la sera di venerdì 27 u. s. il tempio
di Corso Oddone si è riempito dì evangelici
(avventisti, battisti, metodisti, salutisti e vaidesi delle varie zone cittadine), i quali hanno
ascoltato la vivace presentazione data dalla
dr Roberti sia del problema umano e sociale,
sia del progetto di legge proposto per iniziativa popolare (mediante raccolta di 50.000 firme) al parlamento: e hanno quindi dato la
loro firma, debitamente registrata da un notaio gentilmente intervenuto.
La celebrazione del 17 febbraio, in questi
ultimi anni, ha cercato di rispondere sia aiesigenza di raccogliere tutta la comunità, sia
a quella di riunire nelle varie zone i gruppi
ri.spettivì. Cosi, mentre un buon gruppo, con
iì past. Gay, la sera del 16 saliva a Luserna
S Giovanni per partecipare all'accensione dei
falò, fraternamente accolto da quella comunità, la sera dell’indomani si è avuto nella
sala di Corso Vittorio l’agape tradizionale
(sempre meno tradizionale, però, la partecipazione : forse per la prima volta, quest’anno, gli originari delle Valli pareggiavano a
stento gli altri, una nuova riprova del variare
miitimimmimiiiiimiiiiiim
L’assemblea
invita gli sposi
della c
a scind
e quella religio
esa di Torre Pellice
e la celebrazione civile
1 del matrimonio
L’Assemblea della Chiesa di Torre
Pellice, nelle sue sedute del 25/1 e del
22/2/1970, ha preso in esame il rapporto della Commissione Sinodale su
matrimonio e divorzio, ed è giunta alle seguenti conclusioni:
1. - Significato della celebrazione del
matrimonio in chiesa.
Il matrimonio « in chiesa » ha una significato soltanto se per « chiesa » non
si intende il locale, ma la comunità
riunita alla presenza del Signore. Bisogna dunque che questo significato sia
ben chiaro a tutte le coppie. Il matrimonio dovrebbe normalmente avvenire durante il culto domenicale; se ciò
non fosse possibile, si dovrebbe comunque vigilare perché il matrimonio
non assuma il carattere di una cerimonia privata; la comunità dovrebbe
essere invitata a intervenire.
Infatti due sposi credenti (quali dovrebbero essere coloro che si sposano « in chiesa ») non possono considerare i loro fratelli in fede come degli
estranei, ma devono desiderare la loro
partecipazione: la comunità ascolta
con gli sposi la predicazione dell’evangelo, è testimone delle loro promesse,
gioisce con loro nella convinzione che
il Signore li ha guidati l’uno verso l’altra, sostiene con la sua preghiera la loro decisione di vivere come credenti la
vita matrimoniale. A questo scopo, perché la celebrazione del matrimonio non
diventi una questione regolata privatamente tra sposi e pastore, l’assemblea
è favorevole a che la domanda di celebrazione sia rivolta al Concistoro.
2. - Validità agli
L’assemblea è
’tti civili.
ccordo sull’oppor
tunità di invitare lUtti gli sposi a separare nettamente la celebrazione civile (in municipio) dalla celebrazione
davanti alla comunità; ritiene infatti
che la celebrazione in chiesa acquisti
il suo vero significato soltanto se distinta dall’atto con cui il matrimonio
diventa valido per la legge dello Stato.
Questo ritorno alla prassi precedente
al 1930, con cui la Chiesa rinuncerebbe
a un privilegio concordatario, va però
ampiamente spiegato agli sposi e alle
loro famiglie, ad evitare incomprensioni e malintesi.
3. - Divorzio e nuovo matrimonio,
a) Per la fede cristiana, il matrimo
nio è un patto che impegna l’intera vita degli sposi; l’indissolubilità del matrimonio è sempre di nuovo ricevuta
come un dono dal credente, non può
essere imposta con una legge dello stato. Se la chiesa afferma l’indissolubilità del matrimonio, la società civile,
dal canto suo, deve ammettere la possibilità del divorzio.
b) Quando si verifica la rottura di
un matrimonio, è segno che nella vita
in comune è venuta meno l’agape di
Cristo e ha prevalso il peccato.
c) Sulla questione della celebrazione
in chiesa delle nozze dei divorziati,
l’Assemblea ritiene che non si possa
dare un giudizio prima della approvazione definitiva della legge sul divorzio.
PRAMOLLO
IVella diaspora di Catanzaro
Lutto a Vìncolise - È stata chiamata dal
Padre Celeste a miglior vita. aU*età di 90
anni, la sorella in fede Maria Lia. della Chiesa (lì Vincolìse. NelFassenza del Pastore Enrico Trobia. chiamato dalla Tavola a Vittoria. il Pastore Agostino Garufi è venuto da
Cosenza il 6 gennaio e presiedeva il servizio
religioso con un messaggio sulla « Parola deili vita », contenuto nella 1* Epistola di Paolo
ai Tes.salonicesi cap. 4 v. 13-18: « ...Ora, fratelli. noi non vogliamo che siate in ignoranza
intorno a quelli che dormono, acciocché non
siate contristati, come gli altri che non hanno speranza. Se crediamo che Gesù c morto ed
e resuscitalo Iddio ancora addurrà con Lui
quelli che dormono in Gesù »,
Il messaggio del Pastore Garufi fu di conforto alla fratellanza e specie ai Congiunti
della sorella Lia. che durante la sua lunga
vita terrena seppe mantenere alta, con fedeltà la Parola del Vangelo. Convertitasi per la
jiredicazione dei Pastori Gìu.seppe Scorza e
Giusepjie La Scala nel 1914. fu una (Ielle
prime sorelle a testimoniare della .salvezza in
Cri.slo e non si ritra.sse mai indietro nonostanIc le persecuzioni che infierirono contro quelIr Comunità ncirinverno del 1914. Anche
quando, più tardi, infierì la reazione del regime fa.scista con l'invio al confino di polizia
di alcuni membri, la sorella Lia rimase fedele
e sostituì validamente, insieme ad altre .sorelle. gli anziani di Chie.sa.
Settimana di preghiera. - Per la prima volta in Catanzaro si è tenuta una riunione ecumenica fra Evangelici e Seminaristi della
Facoltà di Teologia Regionale. Qualche anno
fa c’era stalo un incontro a livello giovanile
nella Parrocchia S. Pio X. Ma un incontro
così « cattolicamente » solenne, per la verità
ci ha sorpreso. La riunione si c svolta in un
clima fraterno, .seguendo lo schema suggerito
dal Consiglio Ecumenico delle Chiese : lettura su testo concordato, preghiere spontanee e
litaniche. canti cattolici e protestanti (371
I. C.) ed infine la presentazione dei membri
e i saluti. Questi ultimi sono stati il meno
formali, infatti il Pastore Garufi, l’Anziano
Scorza, il Rettore si sono scambiati dei doni
ed hanno promesso di adoperarsi concretamente per un lavoro di conciliazione, mentre
i membri potevano constatare che le divergenze erano meno accentuate di una volta: un
chierico conosceva il nostro lavoro di Agape
ed altri apprezzavano la nostra stampa. Nella biblioteca era presente una « Dogmatica »
di Barth.
La sera del 24 gennaio si chiudeva con una
segreta speranza di conoscerci ed imjtarare
ad .amarci.
Ernesto Scorza
Nel corso del mese di Gennaio FAssemblea
d Chiesa ha proceduto alla rielezione ed elezione dei membri del Concistoro. Sono stati
rieletti gli anziani Bounous Claudio (Pomeano). Long Amato (Pellenchi-Bocchiardi), Long
Edvico fu Alberto (Ruata) e Long Oreste
(Ciotti), che hanno cosi continuato la loro
attività al servizio della chiesa per la quale
siamo molto grati. A sostituire l'anziano del
quartiere Bosi ed il diacono di quello di Peltenchi sono stati nominati i sigg. Costabel
Silvio (Micialetti) e Long Enrico di Alessio
(Pellenchi). il cui insediamento ha avuto luog" nel corso del culto di Domenica 25 Gennaio. Mentre esprimiamo un saluto riconoscente agli anziani Jahier Edvico e Peyronel Olinto ed al diacono Clot Guido, che hanno lasciato il loro incarico, auguriamo al loro successori ed agli altri componenti il Concistoro un
lavoro benedetto alla gloria di Dio.
I! 30 Gennaio abbiamo accompagnato alla
sua ultima dimora terrena la spoglia mortale
del fratello Long Pietro, deceduto improvvisamente ai Bosi all'età di 82 anni. Ai nipoti
ed a tutti i familiari la nostra fraterna .solidarietà nella speranza in Gesù Cristo.
Anche quest'anno la ricorrenza del XVll
Febbraio è stata una giornata di gioia per i
membri della chiesa che con .slancio e spontaneità hanno ricordato quella data. La 'sera
della vigilia s'è rinnovato lo spettacolo dei
tradizionali « falò » accesi un po' dovunque
sulle alture dei vari villaggi. Al mattino il
corteo formato da membri di chiesa e da amici venuti da fuori ed il culto di adorazione e
di ringraziamento al Signore, nel corso del
quale è stato .sottolineato che il motivo sempre
valido del nostro ritrovarci insieme in questo
giorno come Chiesa di Gesù Cristo è ricevere
sempre di nuovo e vivere quotidianamente,
aiutati dalla grazia di Dio, con fedeltà, riconoscenza e gioia la vocazione che Dio nel Suo
amore ci rivolge oggi ancora ad es,sere il Suo
popolo, che pratica e rende testimonianza alla libertà di figliuoli di Dio nella società dove
il Signore ci ha posti.
Presenti anche i bambini della Scuola Domenicale che hanno contribuito col canto di
un inno.
Un numero rilevante di commensali mai
raggiunto fino a quest'anno (138), membri
della nostra chiesa, ma anche provenienti da
chiese sorelle limitrofe, da Pinerolo e da Torr Pellice. ha affollato il salone del Risto
rante degli Amici per il tradizionale pranzo. ottimamente preparato dai sigg. Beux-Menusan e servito da un gruppo di Signore. Al
levare delle mense brevi parole di benvenuto
de! Pastore, poi il sindaco Doti. E. Maccari
ha ricordato che la libertà deve essere riconquistata e conservata giorno dopo giorno ed
il Dott. Giovanni Mourglia. a nome del Comitato del Collegio Valdese di Torre Pellice,
ci ha presentato un’interessante cronistoria di
queU’Istìtuto di istruzione; a questi amici
ancora la nostra gratitudine.
La giornata si è conclusa con una serata ricreativa preparata con impegno ed offerta
dalla gioventù. Il numeroso pubblico ha vivamente apprezzato la recita e con la sua presenza ed i suoi applausi ha ricompensato gli
attori e chi li ha aiutati per la loro fatica
non lieve.
Un grazie .sìncero a quanti hanno collaborato in più modi alla commemorazione di
questa giornata che. oltre al ricordo del pas.sato. ci rivolge il pressante invito a perseverare nella tede, a vivere ed a testimoniare
della libertà, dono di Dio in Gesù Cristo per
tutti gli uomini.
PIMEROLO
L'affluenza al culto del XVII è stata ottima.
La sera ha avuto luogo Tàgape fraterna. In
seguito, alcuni catecumeni del I. Il e III anno
hanno rappresentato scene e quiz di storia
valdese, riscuotendo il più vivo successo. 11
prof. A. Armand-Hiigon ha poi rievocato alcuni episodi di storia valdese, ed ha illustrato
d problema e l'importanza del Collegio valdese.
I bambini della Scuola Domenicale hanno
versato L. 40.000 per le missioni del Gabon,
ed un altro contributo per l'opera fra i lei)hrosi. I ragazzi più grandi, con la raccolta
della carta, hanno ricavato L. 40.000. che saranno versale ad una famiglia particolarmente
bisognosa delle Valli.
Sabato 7 marzo, alle ore 20,30, vi sarà un
incontro dei giovani per dibattere il problema
della confermazione. Dello stesso argomento
discuterà l'Assemblea di Chiesa deH'S marzo.
La nostra simpatia ai coniugi Campese. per
la morte improvvisa di un giovane loro nipote. avvenuta a Cannes.
della composizione della comunità). Al levare
delle mense e dopo un breve messaggio del
past. Carlo Gay, Tospite d'onore, il past. Daniel Atger, presidente della CIMADE. ha presentato, pure valendosi di una serie di diapositive, la storia non ancora lunga ma assai
ricca e la bella attività di questo agile organismo assistenziale interconfessionale. La Corale ha dato il suo buon apporto, e il comitato organizzatore ha lavorato sodo e con ottimo
risultato (grazie!). Mentre la riunione infrasettimanale. al Lingotto, ha dato occasione a una
celebrazione nella zona, a Corso Oddone e a
Via Nomaglio la domenica 15 si è avuta una
G giornata comunitaria » (culto, agape, pomerìggio insieme): nel primo caso il past. Paolo
Ricca ha parlato su a I valdesi medioevali :
chi erano e che cosa volevano » e il dr. Robertj Peyrot su « La grande fame nel mondo
d'oggi », mentre a Via Nomaglio il past. Gino
Conte ha fatto alcune considerazioni su come
si presenta, nella situazione odierna, la nostra
testimonianza di libertà cristiana, mentre il
sig. Alessandro Ribet ha proiettato il film che,
con la collaborazione della figlia, ha ripre.so
seguendo le tappe del (c glorioso rimpatrio ».
In tutte queste riunioni un elemento essenziale è sempre la gioia di essere insieme con
un po’ di calma, discorrere, conoscerci, riflettere insieme. Infine, nel pomeriggio di domenica 22, numerosi ragazzi delle Scuole domenicali si sono riuniti nella sala di C. Vittorio per la loro celebrazione : varie scene e dialoghi hanno affrontato e presentato vivacemente alcuni aspetti della questione della libertà, oggi, partendo dall’idea di fondo che
« la libertà è indivisibile ».
^ *
Di passaggio alla volta delle Valli, per una
tournée missionaria, la signorina Violette
Baudraz, infermiera missionaria svizzera in
servizio nel Camerún, nella regione dei Bamiléké, ha illustrato la regione e la sua storia alle sorelle del « Gruppo Missioni », valendosi di una bellissima serie di diapositive;
l'indomani, nel corso del culto in Via Nomaglio, ha rivolto un messaggio alla comunità
e risposto ad alcune domande. Il passaggio di
questi missionari è sempre del più alto interesse, allarga il respiro della nostra fede. Ringraziamo questa sorella per quanto ci ha
portato e augurandole un buon soggiorno fra
noi, le rivolgiamo fin d’ora Taugurio più fraterno per il servizio che prossimamente riprenderà, questa volta nel Gabon, nella stessa
regione nella quale già operano due di noi,
Anita Gay e Laura Nisbet.
Corrispondenti e lettori pazientino
pure questa settimana : alcune
cronache devono essere rimandate ; cerchiamo un precario equilibrio nel materiale da inserire settimanalmente.... red.
In Val Pellice
Servizio provinciale
prevenzione tuniori femminili
Come preannunciato nella riunione svoltasi a Torre Pellice il 31-l-‘70, lianno inizio
nei Comuni della Valle gli incontri con la
popolazione per la illustrazione del « Servizio Provinciale per la Prevenzione dei tumori femminili » che le Amministrazioni Comunali del Consiglio di Valle hanno istituito,
aderendo alTinìziativa promossa daH'Amministrazione Provinciale.
Tale servizio, come è noto, verrà realizzato
dal « Centro Provinciale di Medicina Sociale
e Preventiva » del C.P.A., e dal Centro Sviluppo Organizzazione Sociale (C.S.O.S.).
Nel quadro dell'iniziativa verrà attuata
un'ampia azione di pubblicazione che prevede la realizzazione di conversazioni nel corso
delle quali Medici e Assistenti Sociali, anche
a mezzo di film e diapositive, illustreranno
finalità e modalità di realizzazione del Servizio. Le riunioni inizieranno dai Comuni dell'Alta Valle: ciò per consentire una sollecita e
diffusa informazione alle popolazioni soggette
agli stagionali spostamenti per raggiungere i
pascoli alpini.
I primi incontri hanno avuto luogo sabato
28 febbraio ad Angrogna, alle ore 15,30 in
frazione Chiol d’I'aiga (Scuola elementare) e
alle ore 20,30 al Capoluogo (Casa Valdese).
II calendario dei prossimi incontri sarà Ìl
seguente :
— Lusernetta - sabato 7 marzo, ore 15.30,
presso la Scuola elementare.
— Bobbio Pellice - sabato 7 marzo, ore 20,30,
presso la Sala Parrocchiale Valdese.
— Horà - sabato 14 marzo, ore 17, presso la
Sala Parrocchiale Valdese.
— Villar Pellice - sabato 14 marzo, ore 20.30,
presso la Sala Parrocchiale Valdese.
Tutte le persone di ambo i sessi, di età superiore ai 18 anni, sono cordialmente invitale
ad intervenire alle riunioni, contribuendo cosi
ili modo diretto alla buona riuscita di questo
nuovo servizio sanitario GRATUITO dì pubblica utilità che si realizzerà nella Valle.
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léléph. 91.663 - Torre Pellice.
6
pag. 6
N. 10 — 6 marzo 1970
La Chiesa nel mondo
a cura di Roberto Peyrot
Israele tra falchi e colombe
la stampa sadafricana
reagisce
al maeifeste cristiane
Città del Capo (soepi). - Il giornale
« Dagbreek en Landstem », che appoggia il governo sudafricano, ha respinto
l'appello di 71 dirigenti di chiesa del
paese a votare contro i difensori del
razzismo in vista delle elezioni generali del 21 aprile.
Il giornale qualifica il manifesto di
quei cristiani come un « puro opportunismo » firmato da « amici dei pro »
(partito progressista) ed aggiunge che
quel testo ha la stessa origine del
« messaggio al popolo dell’Africa del
Sud », il quale affermava che l’apartheid è anticristiano.
Il manifesto condanna senza equivola discriminazione razziale. Il « Johannesburg Sunday Times » lo ha riprodotto a quattro colonne col titolo; « 12
punti da considerare dagli elettori cristiani della Repubblica deH’Africa del
Sud ».
Il manifesto è firmato dall’arcivescovn anglicano di Città del Capo, da due
vescovi, da tre decani, da un teologo
cattolico, da metodisti, congregazionalisti, da consiglieri presbiteriani delle
chiese riformate, da universitari.
Il testo fra l’altro dice: « Ogni cristiano, e soprattutto quello che può
votare, ha una responsabilità politica
cui non si può sottrarre. A causa della
sua obbedienza a Dio, nessun cristiano
può sostenere un partito politico che
si appoggia su una discriminazione ingiusta basata su motivi arbitrari quali
il colore, la razza, la religione o il sesso, fra persone che vivono e lavorano
nello stesso paese. Difendere la discriminazione e la separazione è mettersi
in aperta contraddizione col messaggio
di riconciliazione della Bibbia.
« I cristiani non possono approvare
una politica che, per la sua pratica applicazione, deve esercitare ingiustizie,
aperte o nascoste, verso persone o
gruppi della popolazione. Una politica
che, essenzialmente, diminuisce, offende o disprezza la dignità umana di
qualsiasi cittadino, deve essere totalmente respinta dai cristiani.
« È tassativo dovere e responsabilità
dei cristiani lo studiare attentamente
Li politica di ogni partito nell'Africa
del Sud e sapere che cosa implica».
G. CASALIS ALL’INDICE
IN GERMANIA ORIENTALE
Berlino (bip). • Il prof. Georges Casalis,
della Facoltà di teologia protestante di Parigi,
è stato ufficialmente avvertito dal redattorecapo della rivista di note omiletiche c< Göttinger Predigtmeditationen », la quale appare in
duplice edizione nella Germania Occidentale
. in quella Orientale, e della quale egli è
collaboratore regolare da oltre dieci anni, che
L autorità della Repubblica Democratica Tedesca vietano d'ora in poi la pubblicazione di
note omiletiche firmate da lui. Questa decisione è in relazione con la posizione assunta
dal prof. Casalis sui problemi della Cecoslovacchia e del neo-stalinismo.
DOMANDE SCHIETTE
SULLE RELAZIONI ECUMENICHE
Fribourg (bip) - Il past. Max Perrier, membro del Consiglio sinodale della Chiesa riformata friburghese, fa il punto sulla situazione ecumenica nel Cantone di Fribourg {dove
il protestantesimo è piccola minoranza, n.d.r.),
ponendo queste domande :
— Perché il riconoscimento recìproco del
battesimo, che pure è stato firmato dal Vescovato di Fribourg-Lausanne-Genève insieme
alla Chiesa evangelica riformata del Cantone
d, Vaud, non ha corso nel nostro Cantone?
— Perché una circolare diffusa dalla Conferenza episcopale elvetica in merito alla procedura da seguire in caso di domanda di dispensa per matrimonio misto, non è stata di
stribuita nel Vescovato di Fribourg?
— Perché il senso della dichiarazione dei
vescovi svizzeri sulla « Humanae vitae » è
stato un po’ modificato nella traduzione francese? (il testo ufficiale è in tedesco).
Perché il Vescovo di Fribourg ha rifiutato di
firmare un appello per la campagna di informazione in vista dell'aiuto al Terzo Mondo,
unitamente al Presidente del Consiglio sinodale della Chiesa riformata friburghese?
— Perché il governo friburghese non prenda in considerazione alcuna delle richieste che
gli sono state rivolte a proposito delle scuole
riformate nel Cantone?
PERSONALIA
Il pastore Vincenzo Sciclone ha avuto il dolore di perdere la madre, già
avanzata in età. A lui e a suo padre,
ricoverato nella Casa di Riposo di Vittoria, esprimiamo la nostra simpatia
fraterna.
* * *
A Pisa il piccolo Giovanni è felicemente giunto in casa di Anna Rosa e
Antonio Gay. Vivi rallegramenti ai genitori e familiari e un caldo augurio
per il bimbo.
iiiMMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiitiiiiiiiimitmiiiiMmiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiii
Nasce un nuovo tipo di lavoro giovanile
(segue da pag. 1)
incontri regionali e campi nazionali —
che nella nostra situazione di dispersione permangono una necessità ineliminabile —, pubblicazioni, lavoro di
contatto e di visite, rapporti con l’estero, amministrazione, ecc.). Ora da tre
anni è stata istituita la domenica della
gioventù la cui colletta è devoluta al
lavoro giovanile. Le comunità valdesi
hanno risposto largamente a questa
iniziativa con un lieve crescendo. Ecco
il quadro complessivo;
1967 1968 1969
E distretto 161.670 163.250 170.445
distretto 110.945 172.860 106.100
3’ distretto 155.090 75.765 195.330
4’ distretto 33.250 — 64.770
5’ distretto 44.720 56.165 64.770
6" distretto 30.280 51.675 33.710
totale 535.955 539.715 574.425
Continuerà questa ascesa? Poiché la
fase di trapasso che stiamo vivido
comprende anche il trapasso dalla FUV
alla EGEI è possibile che le Chiese sentano una responsabilità mmore nei
confronti del lavoro giovanile, quasi
che la EGEI non riguardasse la Chiesa
valdese. Se così fosse e se tenendo conto anche delle difficoltà finanziarie generali le Chiese pensassero di poter
« risparmiare » su questa voce, si comporterebbero a mio avviso come un
viaggiatore di commercio che di fronte ad un bilancio in difficoltà pensasse
di poter risolvere i problemi riducendo
le spese di benzina. Non solo spazio di
ricerca e fiducia, ma anche mezzi finanziari adeguati sono necessari senon si vuole che l’espressione « fase di
trapasso» usata per descrivere l’attuale situazione del movimento giovanile
assuma tinte funeree. Il fatto quindi
che la colletta della domenica della
gioventù sia devoluta da quest anno alla EGEI (e uguale iniziativa è presa
dalle Chiese battiste e metodiste) non
dovrebbe quindi diminuire ma anzi,
nella presente situazione, aumentare la
responsabilità delle Chiese nei confronti del lavoro giovanile.
È chinro che questo appello ha senso
solo nella misura in cui i gruppi e le
unioni si impegnano per parte loro m
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice (To)
Il permanere, anzi, Vescalation della grave crisi
del Vicino Oriente non può che accrescere le già
vive preoccupazioni per il deteriorarsi della situazione. L’impotenza delle Nazioni Unite; gli egoistici e inconfessati interessi delle nazioni che, proclamandosi democratiche e sincere amiche fra loro (il
caso più recente ed irritante è dato dagli incontri
al vertice fra gli Stati Uniti e la Francia) fomentano invece la violenza e la guerra fra le parti opposte; la sistematica intransigenza, il crescente bellicismo degli israeliani e gli attentati terroristici degli arabi (in parte sconfessati) inducono l'opinione
pubblica a ritenere che la questione debba trasci
narsi per degli anni, con grave pericolo perfino della
pace mondiale.
Anche quanto si legge sui quotidiani e sui periodici da noi non induce certo aH'ottimismo, specie quando la posizione politica di chi scrive lo porta a schierarsi indiscriminatamente con una delle
due parti. Abbiamo letto sul n. 8 de « L’Espresso »
un articolo di A. Cambino che ci è parso invece assai obbiettivo e realistico e ne riportiamo qui sotto
i brani più salienti, nella speranza di fornire al
lettore nuovi motivi di meditazione su questa grave crisi. R. P.
« Sono ormai qualche decina i corrispondenti occidentali, compreso quello della televisione italiana, che hanno sollevato seri e motivati dubbi sul
carattere accidentale dell’attacco aereo
israeliano contro rimpianto siderurgic ) di Abu Zaabal, nel quale settanta
operai hanno trovato la morte. (N.d.r.:
tutti noi ricordiamo la quasi incredibile precisione di fuoco degli aerei
israeliani allorché, in occasione della
“guerra dei sei giorni" distrussero al
suolo i velivoli aerei nemici, colpendoli
in parti vitali).
«(...)I1 bombardamento di Abu Zaabal non avrebbe tuttavia, nonostante i
suoi tragici risultati, molta importanza, se rappresentasse solo un episodio.
Al contrario, precèduto da varie altre
spedizioni dello stesso genere, esso
serve a definire con esattezza quello
che è oggi il disegno politico israeliano, che prevede un continuo aumento
della pressione sui paesi arabi.
« Su quale possa essere il risultato di
questa politica, i dirigenti israeliani
paiono essi stessi indecisi. Perché se
per il Libano il fine dichiarato sembra essere quello di provocare lo sgretolamento di questo stato daH’equilibrio tanto precario, per quanto riguar
da l’Egitto, si oscilla fra chi sostiene
che lo scopo da raggiungere è la caduta di Nasser e la scomparsa della
sua "malefica influenza’’ sul popolo
arabo, e chi invece afferma che un nuovo governo del Cairo non potrebbe fare, nella sostanza, una politica diversa
da quella attuale. Per gli esponenti di
questa seconda corrente (che avendo
il loro maggior rappresentante in Moshe Dayan di fatto stabiliscono la strategia israeliana) il fine da proporsi, nei
confronti dell’Egitto, come della Siria
e della Giordania, non è quindi l’eliminazione di un uomo o di un gruppo
dirigente, ma una politica di "educazione”, con la forza, di tutti i popoli arabi, diretta a spezzare il loro morale.
« (...) La continua, rapida escalation
israeliana contro Egitto, Giordania, Libano e Siria, come d’altra parte la politica di pressione e di intimidazione
nei territori occupati, non è quindi un
elemento accessorio, ma l’aspetto centrale, prevedibile (e, da taluni, previsto) della politica decisa dal governo
di Gerusalemme dall’11 giugno 1967 in
poi. Fino ad oggi non vi sono molti segni che esso stia dando frutti positivi
per i suoi inventori. Anzi, sembra non
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
modo serio e vigoroso. Gli impegni finanziari sottoscritti finora per mezzo
della scheda di censimento della EGEI
sono molto al di sotto della realtà, per
quanto nera la si voglia dipingere (L.
100.900 sottoscritte però soltanto da 12
gruppi o unioni).
c) Infine gli uomini. Anche qui,
quando secondo il piano approvato dal
Sinodo non ci sarà più un segretario
della FUV (che pure lavora a tempo
molto parziale), penseremo di poter
(. risparmiare » sugli uomini? Il Sinodo
scorso accanto alla approvazione del
piano di trapasso della FUV nella EGEI
ha votato anche un ordine del giorno
che chiedeva alla Tavola di sperimentare il progetto di « pastore dei giovani ». Le due cose andavano evidentemente insieme, ma la Tavola, almeno
quest’anno, non ha realizzato nulla in
merito al pastore dei giovani. Non solo, ma quest’ordine del giorno sinodale
è stato criticato per esempio dalle colonne di questo giornale come se un
ministero di questo genere fosse una
cosa tanto nuova nella sostanza (perché
non si è criticato allora nel passato il
fatto che un pastore facesse il segretario della FUV?). In realtà un ministero pastorale che collabori con i
giovani soprattutto in questa fase del
lavoro giovanile è estremamente necessario. Soltanto sarebbe assurdo continuare a seguire nella presente situazione il vecchio schema di un pastore che
copra tutto il territorio nazionale. Ciò
di cui abbiamo bisogno è uno o due
pastori che lavorino in modo intensivo
e non estensivo, in un’area limitata ma
senza delimitazioni denominazionali,
coprendo per esempio l’Italia settentrionale; abbiamo inoltre bisogno di un
accordo con i battisti e i metodisti in
modo che lo stesso avvenga per esempio per un pastore battista al Centro e
uno metodista nel Sud. Questo significherebbe, con un po’ di coordinazione,
potenziare enormemente il lavoro giovanile.
In conclusione, non è desiderabile né
il pessimismo né l’ottimismo, ma un
impegno generale secondo le diverse
possibilità e responsabilità, pur nella
divergenza di opinioni,non nella persuasione che ciò che facciamo noi è giusto
e ciò che fanno gli altri è sbagliato, ma
nella persuasione che il Signore, se lo
sappiamo ascoltare, guida la Chiesa nella via non sempre comoda e familiare
deH’ubbidienza. Sapremo avere il coraggio di questa persuasione?
Franco Giampiccoli
MOSCA E NOI
Su « L’Astrolabio » del 22.2.’70 è
apparsa la seguente « Lettera al Direttore », a firma Aldo Nava.
« La condanna inflitta dal tribunale
di Mosca ai due giovani italiani e allo
studente belga, le persecuzioni cui sorto sottoposti neU’URSS scrittori ed
intellettuali e la repressione di ogni
forma di dissenso nei confronti delle
autorità e del partito sono fatti indubbiamente biasimevoli e incompatibili
con i più elementari principi di convivenza civile e democratica. Giustissima quindi la ferma protesta del ministro degli Esteri Moro per il trattamento riservato dalle autorità sovietiche ai due nostri c<mnazionali. Senonché, in questa protesta si avverte chiaramente una nota donata laddove afferma che la condaiina, riferendosi ad
una manifestazione politico-ideologica,
“non appare comprensibile all'opiniorie pubblica di un paese come l’Italia,
il cui ordinamento giuridico garantisce la libertà di p- nsiero e di espressione ”.
Ebbene, non è .certo un mistero che
processi e condanne per reati di pura
opinione sono tute altro che infrequenti nel nostro paese, anche se la RAI-TV
e buona parte della stampa, che danno il massimo rilievo agli attentati
contro la libertà di espressione commessi nel mondo comunista, diventatto estremamente reticenti quando fatti del genere si verificano in casa nostra.
Si contano parecchie decine di procedimenti penali a carico di militanti
della sinistra extra parlamentare (e
forse anche parlamentare) nonché, addirittura, contro semplici tipografi ed
attacchini, colpevoli unicamente della
diffusione di scritti contenenti idee e
giudizi politici considerati sovversivi e
offensivi per le istituzioni. E non pochi di questi procedimenti si sono conclusi con sentenze di condanna.
Così la Corte d'Appello di Firenze ha
recentemente condannato per “apologia sovversiva" e "istigazione all’odio
fra le classi sociali” l’autore di un manifesto che si limitava a far propaganda delle piu elementari proposizioni
della dottrina marxista sulla lotta di
classe e per “vilipendio delle forze armate”, il dirigente del PCI Occhetto
che-aveva espresso in un comizio giudizi polemici sul comportamento della
polizia in occasione della morte dello
studente Paolo Rossi all’Università di
Roma.
E questa tendenza repressiva della
libertà di manifestazione del pensiero
non corrisponde affatto ad una momentanea stretta di freni conseguente
alle vicende del cosiddetto "autunno
caldo”. Sempre citando a caso (perché,
in questa materia, non c’è che l’imbarazzo della scelta) ricordo che la Cassazione, nel 1967, ha dichiarato responsabile di "vilipendio alla religione" un
pastore protestante reo d’aver scritto
che la chiesa cattolica "insegna il contrario di quanto voluto da Gesù” e che
i dogmi "sono invenzioni dei preti” e,
nel 1968, ha giudicato colpevole dello
stesso reato un professore di Piacenza
che aveva qualificato "sacrilegio" e
"vera bestemmia” la celebrazione della messa in presenza di reparti in
armi.
Né va dimenticato che prender le di
fese degli obiettori di coscienza è stato, più d’una volta, ritenuto dalla nostra magistratura "apologia di reato",
come nel noto caso della lettera di
Don Milani ai cappellani militari della
Toscana. E ciò in quanto: "per la sussistenza dell’apologià di delitto non è
necessaria né la rievocazione esaltatrice di un fatto criminoso né la sua glorificazione, ma è sufficiente un giudizio
favorevole che implichi l’approvazione
convinta dell’episodio verificatosi o la
adesione spirituale ad esso da parte
del dichiarante” (Cass. pen. 6.5.1966 in
Mass. 1967 pag. 533) ».
La lettera interessante conclude affidando questa documentazione alle riflessioni di chi, come Fon. Moro, crede
di vivere « in un paese come l’Italia,
ecc. (v. sopra) », nonché alle riflessioni
di chi (come il sig. De Feo) « ravvisa
un difetto d’obiettività nel servizio di
TV 7 sulle norme più illiberali del codice Rocco anziché nel sistematico e
riprovevole silenzio con cui l’ente televisivo copre gli attacchi alla libertà di
espressione che si consumano, da noi
e non solo in Russia, grazie alla sopravvivenza nel nostro ordinamento
del pesante e vergognoso fardello delle leggi fasciste in palese contrasto con
la Costituzione repubblicana ».
ISRAELE,
SEGNO DI CONTRADDIZIONE
■jf « L’esplosione dell’aereo della
Swissair nel cielo di Wùrenlingen ci fa
toccar con mano il dramma della guerra del M. Oriente; i componenti l’equipaggio erano persone di casa nostra.
Questa catastrofe non è però che un
episodio d’una tragedia di cui non si
vede la fine.
La situazione del M. Oriente è quella del peggiore imbroglio politico, economico e religioso che vi sia sulla terra. È lecito domandarsi se non sia proprio questa mescolanza di componenti temporali e religiose, a rendere tanto pernicioso il conflitto fra Israele ed
i suoi avversari (...).
Lo Stato d’Israele è un pomo di discordia non solo fra ebrei ed arabi; lo
è anche all’interno del popolo ebraico
nel suo insieme. È in questo senso che
il celebre giurista Lilienthal si domanda: "Ed ora che questo Stato esiste,
che cosa sono io?” E Lilienthal risponde di sentirsi pienamente cittadino
USA e di volerlo rimanere. Egli ritiene di restare, in questo modo, più fedele alla fede ebraica insegnatagli da
sua madre, che taluni cittadini israeliani "i quali col nazionalismo falsificano l’ebraismo”.
Ma persino all’interno dello Stato dt
Israele, le correnti d’opinione si affrontano, non solo sull’argomento della politica da tenersi nei riguardi degli avversari, ma sulla concezione stessa dello Stato. V’è un abisso fra coloro che attendono il compimento delle
profezie bibliche, e i promotori d uno
Stato moderno e laico.
Noi ci pevìvctticuiìo di cvoccivc superficialmente queste posizioni contrarie per sottolineare l importanza di
tener sempre ben presente la differenza che c’è fra Stato d’Israele e popolo
ebraico; essi sono due entità legate fra
loro, e tuttavia essi devono essere nettamente distinti ».
(Da un articolo di Edouard Diserens
su « La Gazette de Lausanne » del
28.2 - 1.3.1970).
fare altro che rafforzare le tendenze
intransigenti arabe, ed aprire ai russi
la strada della penetrazione in Medio
Oriente. Anche ammettendo che avesse
successo per quanto riguarda i paesi
confinanti con lo stato ebraico, Israele
sarebbe tuttavia ben lontana dall’avere ottenuto un pieno successo e di aver
conquistata quella pace a cui dice di
aspirare.
« (...) Poiché gli uomini sono quelli
che sono, il loro rispetto delle regole
internazionali e ¿1 senso della responsabilità derivano infatti dalla consape\<ilezza che nessuno stato organizzato può
cornpiere certi atti senza esporsi al
pericolo di rappresaglie, senza nuocer.; ai propri interessi, senza tagliarsi
fuori dalla comunità internazione c.
Ma è assurdo pensare che questa consapeyolezza e questo senso di responsabilità possano condizionare chi, contro la propria volontà, è stato, da più
di venti anni, annullato come s,ggett ) attivo della vita dei popoli.
« Negli ultimi mesi in Israele si sono>
cominciate a levare alcune voci che
cercano appunto di richiamare Fatte izione dei cittadini dello stato ebra-co
su questo tema fondamentale. .A. Eiiav,
i' segretario del partito laborista ir"ificato (che è quello di maggioranza relativa, cui appartengono Golda Meir,.
Dayan, Eban e Allon) ha ad esempio
affermato in una intervista a "Time' :
"La prima cosa che dobbiamo fare è
riconoscere che gli arabi palestinesi
esistono come una nazione, anche se
solo appena nata. Prima lo faremo e
meglio sarà per noi, per loro, per la.
pace”.
« (...) Il rappresentante in Europa del
partito del MAPAM (la sinistra socialista presente al governo con due mi
nistri senza portafoglio) ha detto durante un recente dibattito a Parigi; "Il diritto biblico del popolo ebreo
a rientrare in Israele non può convincere nessuno. Quello che al contr- riO'
può essere un argomento convincente
è che noi non abbiamo nessun altro
posto dove andare. Ma io ebreo non potrei vivere se il popolo palestinese
muore al mio fianco”.
« Queste sono tuttavia voci ancora.
isolate. La maggioranza degli israeliani considera infatti i palestinesi un’astrazione “inventata” dalla propaganda di Nasser e dalla infantile credulità
di alcuni uomini politici e commentatori occidentali. Ed è tragico pensare
che a dire questo siano proprio degli
ebrei, cioè i discendenti di coloro che
hanno dovuto tante volte ascoltare lo
stesso giudizio, e la stessa negazione 'ii
esistenza, sul loro conto.
« È comunque a questa concezionche si ispira Fattuale politica israeliana. Con un giudizio che, anche volendo
ignorare considerazioni umane e morali, lascia perplessi dal punto di vista
della semplice realpolitik. Perché ogni
arabo ucciso allontana inevitabilmente
il ricordo dell’immensa tragedia consumatasi a Buchenwald ed Auschwitz,
trent’anni fa: ricordo che, nel 1948, ed
in seguito, ha spinto larghi settori dell’opinione pubblica mondiale ad apnoggiare senza ri.serve la nascita d’uno stato in cui gli ebrei che lo desideravanopotessero vivere a casa loro e sicuri ».
POMARETT
In occasione della celebrazione del XVII
febbraio il cronista registra : Culto di Santa
Cena il 15 e di riconoscenza a Dio, frequentalo come una domenica consueta; vigilia del
XVII: massiccia la presenza ai falò che non
impegna, e quasi nulla la presenza alla rievocazione di storia valdese vista in una prospettiva moderna: brullo segno se neppure la storia valdese interessa più.
Per il XVII predicazione del Pastore Bertinat con un forte appello, alcune poesie della
Sig.na Beri, alcuni cori diretti dalla Sig.na
Speranza Grill. Inoltre un messaggio da parte
della chiesa madrina di Onex delPamico Jean
Pierre Muston. Molto apprezzata la musica
delle due bande, dirette da Arturo Bernard
c Arturo Coucourde, per i nostri malati all'ospedale. Ci auguriamo che questa visita
airistitulo possa essere frequente nel corso
delPanno, AU'agajje il prof. Valdo Armand
Hugon ha parlalo sul problema del Collegio
nella linea del suo rinnovamento pedagogico;
un saluto c stato dato ai pomarini lontani ed
un ringraziamento a chi ha collaborato per
la giornata. La recita diretta da Eraldo Bosco,
ottima come recitazione, nulla come contenuto, è stata richiesta per ben tre serate!
La colletta per la Scuola Latina non ha sufficientemente espresso la gratitudine a Dio
per i doni ricevuti. La raccolta delle firme per
gli alluvionali ha registrato 260 nomi di membri di chiesa.
Esprimiamo la nostra simpatia alla famìglia
di Sergio Rostagno deceduto alPetà di 31 ann‘ per incidente stradale. Lascia la moglie c<l
u \ bimbo di cinque anni. Finché è giorno
non dimentichiamo di ascoltare la Parola della Vita e di viverla nella comunità dei credenti e nel mondo.