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ECO
DELLE mLLI VALDESI
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 98 - N. 18
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TORRE PELLICE 3 Maggio 1968
Ammin. Claudiana Torre Pellice - C.CJ*. 2-17557
U impegno politico del cristiano
Si avvicina la scadenza elettorale; è per noi un problema di coerenza di fede. Come esprimere la nostra fede nel voto? a quale scelta — fallibile e parziale come
ogni impegno umano, ma necessaria — ci conduce? Pensiamo che non pochi siano gli incerti e i disorientati: anche chi segue con interesse e con una certa continuità
Tattudtit'à politica nostrana e internazionale, non può
non essere sconcertato, intimamente deluso per l’immensa distanza che separa le parole dai fatti, i programmi
dalle attuazioni, le promesse dalla realtà; e con una certa
amarezza si nota come la confessione di peccato sia del
tutto assente dall’orizzonte politico. Non è una buona
premessa.
Non è certo nostro compito nè nostro intento^ indicare come preferibile questa o quella linea politica —
anche se ptàjd’un lettore pensa di doverci appioppare
,questa o quella etichetta. Non perchè pensiamo che in
una chiese
,anche a
eh è pe
fatta is L
nel confri
.dei f aietl
bero
l V X,.-1 V.
non SI possa nè si debba « far della politica »,
•dio della scelta di un partito, ma peri questa riflessione non può che essere
ella comunità concreta, nella discussione,
dia ricerca — mossi daU’Evangelo —
c delle sorelle che vivono — o almeno dovrebmsieme anche il problema politico e la
manza, che non saranno affatto necessariamente univoche, ma che nel confronto e nel dibattito fraterno potrebbero essere meglio vedute da ti^tti nella prospettiva criticamente orientatrice della Parola di Dio) desideriamo
molto modestamente offrire^.dèi materiale, degli spunti;
vorremmo puntualizzare alcuhf dei problemi più seri e
in sofferenza, nella vita italiana.
* * *
E per cominciare pubblicismo, su questo numero e
nel prossimo, uno scritto di Roberto Jouvenal, apposto
come introduzione all'ediz’one italiana di un’operetta su
« L’impegno politico del cristiano », di J. Darchon, pubblicata nel 1965 dalla Clai Uana. Si tratta certo di un discorso generale, ma che pure ha degli agganci assai
precisi; soprattutto, ci p.' ¿'che esso rispecchi bene la
tsa si presenta a tutt’oggi, e
ña secondo la linea che cero &voro redazionale. .
¡toro
responmMl'ità nella comunità civile.
A questa TÌflessione comunitaria concreta, che per
forza di cose é locate (anche se non vediamo perchè un
sinodo non potrebbe, una volta, affrontare la situazione
.del nostro paese, dibatterla, cercare delle vie di testimo
situazione italiana, come
che additi con vivezza lo
.chiamo di seguire nel m
Nella situazione attu
possono presentarsi in '
che le scelte che ci va
« stato di confessione »,
meojascista e da quella o
Labili, per ragioni divers
singola scelta che si poi
:sioms », il confronto qui .
im lato, e dall’altro — o
gni — l’Evangelo. In qu- '■
zientee a lunga scadenza, o
■7^ in altre situazioni le cose
l’altro modo — non ci pare
>no proposte implichino uno
si prescinda dalla possibilità
locristiana, entrambe inaccetpiuttosto all’interno di ogni
il quotidiano « status confesiano fra i fatti e i metodi da
"che le promesse e gli impe■)'confronto quotidiano e pacn. al di là del momento iso
lato anche se ricorrente del voto, sta la nostra responsabilità di cristiani.
Sappiamo bene che vi sono nelle nostre comunità,
con piena parità fraterna, persone e gruppi che non condividono le nostre opinioni e che, di fronte al problema
urgente e indifferibile della riforma profonda del nostro
paese, sono giunti alla convinzione che senza un rivolgimento profondo, al limite anche violento, tale seria riforma è di fatto impossibile: sono convinti della necessità della rivoluzione. Nelle Chiese di tutto il mondo vi sono uomini e donne, giovani e meno giovani che condividono tale convinzione; alla Conferenza Chiesa e Società
(Ginevra 1966) il tema è stato fortemente accentuato; si
moltiplicano le prese di posizione in tal senso, sul piano
teorico e sul piano pratico. Negli ultimi giorni si è tenuta
al seminario ortodosso di Zagorsk, presso Mosca, uria
consultazione ecumenica sul tema « Teologia e rivoluzione» (pubblichiamo un documento in 3“ pag.), in vista
dell’Assemblea di Upsala. Personalmente, non possiatno
riconoscerci in questa prospettiva, anche se riconosciamo la fondatezza di molte crìtiche che vengono da quella parte: gli uni gli altri, dobbiamo renderci ragione se
e in che misura sia autentico il fondamento evangelico
del nostro atteggiamento. Ne abbiamo parlato spesso, e
anche ultimamente, presentando il libro di Vittorio Subilia, « Tempo di confessione e di rivoluzione ». Ci sarà
ancora da parlarne. Non sarebbe male se le « giornate
del Ciabas » del prossimo agosto tenessero presente questo tema, prolungando e approfondendo la discussione
avviata la scorsa estate.
C jhe cosa vaioi ¡dire oggi, in Italia, « cristiano », e che cosa
vuol dire « imi^gno politico »?
Iter l’italipno « cristiano » vuol
dire cattolico e « impegno politico » -vuol dire fare il comunista o
Tanticofo u ni s tali ■« buon cristiano » — inoltre — nou deve iare della politica
c chi mescola la politica con la relipone serve la prima e tradisce
la secffiinda, mentre è « buon politico » dhi riesce a piegare la religione ai fini del suo programma
d azione; questo è un altro tipico
ragionamento che si fa in Italia,
non solo nel mondo cattolico ma
anche in quello dell’evangelismo
nostrano..
ISoi non ci conosciamo e crediamo: o di essere liberi se non ci
impegnarao o di compiutamente
reali2zarci se, rinunciando a una
t ierna sterile critica, ci impegna1VH) politicamente.
I nipegnarsi vuol dire compromet-i- lei ss, prendere posizione, difendere o attaccare. Esatto. Ma ciò è
vero anche per il cristiano che deve far vedere agli altri cosa l’Evangelo significa per lui. Fuori dell’impegno mio, gli altri non possono sapere che cosa io credo, che
cosa mi fa agire, per che cosa mi
batto e perchè mi batto nel moncon chi sono e contro chi sono.
; ' dare una dimensione pubbliai la mia fede equivale a non
coidi ssarla. Fare della fede una
faccenda privata (che, oltre tutto,
è comoda) significa rinunciare a
testimoniare di Cristo in quell’unica dimensione (quella pubblica)
che oggi è avvertibile dagli altri.
L’impegno politico è rivelazione
agli altri di Cristo incarnato che
i preso posizione, si è compro, o, ha difeso ed attaccato ed è
ili. I to per essersi compromesso.
Tutto sta a sapere per che cosa
Dio ha preso posizione e si è compromesso, in Cristo, nel mondo.
Quando si parla di politica i più
-rimangono perplessi perchè han
paura che la politica guasti, sporchi la limpida e rarefatta atmosfel a dello spirito. La fede e la preghiera sono le uniche ali — essi
dicono — che ci possono innalzare nel puro cielo, vicino a Dio...
Per questi benpensanti, la religione è una specie di vizio segreto. Si
dà, però, il caso che, per volare
troppo in alto o per voler togliere
anche l’aria che potrebbe, se viziata, guastarci la visione del cielo, le
nostre ali non abbiano più sostegno e che noi precipitiamo a
terra...
In verità Dio non è nei cieli più
che non sia sulla terra; Dio, anzi, è
venuto in questo mondo degli uomini che è un mondo politico in
quanto è un mondo umano: solo
gli angeli e le bestie non fanno politica. E questo mondo resta polittico anche e soprattutto quando lo
neghiamo come politico. Ed è in
questo mondo politico che Dio
non ha avuto paura di sporcarsi
del nostro fango, ma è venuto per
lavare questo mondo dal fango. Il
Regno di Dio è su questa terra che
deve venire. È su questa terra pertanto che io credente nel Regno
mi devo impegnare: impegnare
per il Regno che viene.
Partigiano del Regno: non partigiano del cielo. Il cristiano è
un uomo della Resistenza. Della
resistenza ad ogaì forma di comoda evasione che ma’scheri agli altri
cosa realmente pseiiso di questo
mondo econoraie^^ sociale, politico, perché and®- se non voglio fai
capire agli altri che cosa penso,
di questo mondo vii servo e vivo.
Resistente ad ogni tentativo di
giudicare del mon io in cui vivo
secondo quanto chi esso dice il
giornale politico o indipendente
(cioè del partito dei non partito!)
che sono così abii tato a leggere
tutte le mattine.
Resistente ad ogr i seduzione di
interpretare l’Evai sgelo secondo i
miei schemi marxv-ti o liberali o
democristiani per i covare in esso
una conferma alle mie convinzioni
politiche perchè sono iscritto al
Partito di quel Dio che ha una politica da attuare in questo mondo,
la politica della guerra di liberazione dalla schiaviiù del peccato
in ogni sua forma, privata e pubblica. Roberìo Jouvenal
Vietnam, Israele
la coscienza cristiana
« A pri la tua bocca in favore del muto, per sostenere là causa
di tutti i derelitti: apri la tua bocca, giudica con giustizia, fa ragione al misero ed al bisognoso ». (Proverbi 31: 8-9)
Protesta e impegno giovanile
all’interno delle chiese evangeliche
Da uiiiìi. e sempre più intensamente negli ultimi mesi i giovani, o almeno gruppi
di giovani nelle comunità evangeliche hanno
richiamato i fratelli maggiori, talvolta con
la rudezza che contraddistingue le tensioni
odierne fra le generazioni, a una maggiore
riflessione e a un conseguente più aperto
impegno sul piano della vita politica. Un
mezzo per parlare alla comunità è staio, ripetutamente, la diffusione di volantini. Nel
corso del culto di Pasqua, in due comunità evangeliche romane — quella valdese di
Piazza Cavour e quella battista di Via del
Teatro Valle — un manifesto preparato in
quell’occasione è stato'letto da uno dei firmatari. dopo la predicazione e prima che si
celebrasse la santa cena. Fatto più che'’normale, nelle nostre libere assemblee di fratelli, in cui sola condizione è che tutto sia
fatto con ordine. Certo la cosa non è garbata a tutti, ma ricordiamo l’estrema libertà e spontaneità che deve aver caratterizzato il culto delle comunità apostoliche.
Pubblichiamo qui sotto il testo del manifesto giovanile romano.
In questi ultimi tempi alcuni giovani
evangelici, tra i quali noi, hanno assunto
precise posizioni politiche su questioni come la guerra nel Vietnam, la politica americana e sovietica, la rivoluzione culturale
cinese, la guerriglia nell’America latina, la
rivolta dei negri. In particolare, in Italia, ci
siamo impegnati di persona nella lotta degli studenti.
Contemporaneamente abbiamo maturato
una critica verso le Chiese e verso il loro
modo di vivere la loro vocazione, esprimendola con scritti, volantini, discorsi;
spesso con la semplice assenza dalla vita
ecclesiastica.
Pensiamo tuttavia che queste forme di
critica siano poco comprensibili. Per questo
intendiamo cominciare ad usare questo luogo e questa ora per discutere insieme i problemi della nostra testimonianza, ricercandone Fesempio nell’Evangelo.
Noi infatti crediamo che oggi nelle Chiese non accada quasi nulla, che esse siano
morte. Ma questo non significa credere che
i credenti veri siano quelli che si impegnano
fuori e che gli altri siano falsi credenti.
Noi non vogliamo fare distinzioni tra
veri e falsi credenti. Questo giudizio non ci
appartiene.
Noi piuttosto ci chiediamo che cosa significhi essere uniti nella fede. Questa è oggi una frase senza senso. Noi siamo solamente legati da una serie di fatti visibili
(iscrizione ai registri, battesimo, consuetudine ecclesiastica, partecipazione al culto,
ecc.) ma non siamo affatto partecipi gli uni
degli altri di ciò che diciamo e facciamo.
Per lo più, al di fuori da questo luogo, ci
ignoriamo. Così le divisioni che sono tra
noi, perchè sono nella società, non si manifestano ; anzi rimangono nascoste dal fatto che ci diciamo «fratelli». E quindi non
{continua a pag. 8)
Non ho mai sentito predicare (nè
predicato) dal pulpito su questo passo.
Probabilmente perchè non predichiamo mai sulla letteratura sapienziale
dell’Antico Testamento, perchè è difficile fare emergere l’annunzio di Cristo
dalla saggezza dei popoli, sia pure del
popolo di Israele. Intanto Giorgio
Tourn ci ripete che il messaggio del
Sinodo è un bel sermone ma che non
dice niente, come pure i documenti
preparatori di Uppsala (come ha scritto recentemente su « Nuovi Tempi »).
Abbiamo dunque imparato a far tacere Cristo anche dietro la preoccupazione di una predicazione che annunzi
esclusivamente Cristo, in polemica con
quella volta piuttosto all’esaltazione e
alla soddisfazione delle più nobili aspirazioni dell’anima umana? Non lo sappiamo.
Quello che è certo è che il recente libro di Helmut Gollwitzer su «Vietnam, Israele e la coscienza cristiana »,
è un sermone sul passo che abbiamo
citato dei Proverbi, che è riportato sulla prima pagina, in cui l’annunzio di
Cristo è rilevante e attuale nel senso
che pone in crisi la storia degli uomini.
È, infatti, estremamente difficile dire su questi due problemi così gravi
qualcosa che non sia scontato per uno
dei due allineamenti che se ne occupano: quello di destra e quello di sinistra. Ma qui c’è qualcosa di nuovo
nello spirito in cui sono presentati i
problemi. È troppo facile dire di chi è
la colpa della guerra nel Vietnam. Occorre essere ciechi e sordi per non sapere che è degli americani. E i dati
storici e le descrizioni che si trovano
nella prima parte del testo sono una
bruciante accusa, che emerge però
non da un giudizio categorico come
quello che diamo qui — per ovvie esigenze di brevità — ma dalla pacata discussione delle ragioni americane e,
soprattutto, dalla preoccupazione di
giungere in un modo o nell’altro, ad
una fine dell’aggressione. Le difficoltà,
ovviamente non stanno solo nella cattiva coscienza del presidente americano e nel meccanismo della guerra e
del presunto prestigio politico da salvare in eventuali trattative di pace.
Stanno anche dalla parte degli alleati
comunisti che in un modo o nell’altro
hanno un certo interesse che la guerra continui nel Vietnam, affinchè gli
Stati Uniti vi restino impegnati e non.
abbiano per conseguenza la possibilità
di far fronte ad altre situazioni tese,
come ad esempio quella del Medio
Oriente.
I credenti tedeschi e quelli italiani e
di tutto il mondo hanno fino a poco
tempo fa continuato a celebrare le loro feste ed i loro culti, magari con una
predicazione qualificata ed una teologia viva, ma è tempo che la vita di
questa teologia si verifichi su questioni come questa. « Una teologia ”atea” »,
dice l’autore richiamandosi alla ’’teologia della morte di Dio” «rende superflua la Chiesa, mentre la teologia
ortodossa non impegnata la. rende indegna di fiducia». In questo senso il
libro che ha scritto è un libro di teologia, oitre che un sermone. Sapranno
le chiese accogliere almeno questo genere di sermoni che non hanno il carattere dell’incomprensibilità? Sapranno riconoscere che Cristo è crocifisso
di Mm Cm Tron
nel Vietnam ogni giorno, per quanto
questa affermazione sia stata ancora
recentemente criticata su queste colonne, non nel senso che i vietnamiti
uccisi siano una nuova incarnazione
del Piglio di Dio, ma nel senso che
chi li bombarda — e noi — ogni giorno — sono e siamo i crocifissori dì
Cristo oggi? Il fatto che Egli non sia
fisicamente presente non toglie nulla
alla gravità del nostro peccato. « ’Tutto quello che avrete fatto al Vietnamiti, lo avrete fatto a me ».
4c Ite *
Ma non c’è solo il Vietnam. Un altro
dei punti di verifica è il Medio Oriente. Per quanto le simpatie dell’autore
per Israele siano a volte un po’ spinte,
soprattutto alla luce che il tempo va
portando sulle operazioni israeliane
nella e dopo la guerra di giugno, è innegabile che gli elementi di giudizio
sono forniti nel libro con una oggettività ed uno scrupolo che non possono non trovare la piena approvazione
anche di chi ridimensionerebbe in parte le valutazioni che, come dice la prefazione, sembrano risentire della « coscienza tormentata del tedesco che
non può dimenticare neppure j)er un
istante che nella sua terra sei milioni
di ebrei sono stati votati allo sterminio e che è questione di vita o di
morte per la nostra civiltà impedire
che un analogo sterminio si ripeta ancora una seconda volta, anche se
adesso il Mein Kampf (il libro di Hitler, n.d.r.) è in mano ad ufficiali dell’Egitto nasseriano e non di pretoria^
ni delle SS ». Gli elementi per contestare una tale valutazione sono, però,
{continua a pag. 3)
2
pag. 2
NL ræ — 3 maggio 1968
TORRE PELLICE
La domenica delle Palme, la nostra Co
munita si è riunita particolarmente numero
sa nel tempio, per la confermazione dei gio
vani che hanno terminato i loro corsi di Catechismo. Essi sono entrati con gli altri
membri della Chiesa, come dei fratelli in
Cristo, disposti a dare e ricevere secondo la
misura dei loro doni, si sono preparati a par.
tecipare alle attività della loro Comunità e
soprattutto al compito di testimonianza evan,
gelica neirambiente in cui saranno chiamati
a vivere. Il testo del culto presieduto dal Pa.
store Sonelli si trova nell'epistola ai Romani 12; 1-2. La Corale ha cantato un inno
di J. S. Bach; Per la tua Chiesa.
L’appello al ravvedimento è stato rivolto
con particolare intensità dai Pastori Sonelli
e Rostagno, durante i vari culti con S. Cena della settimana santa, in cui la nostra
Comunità ha ricordato le sofferenze, la morte e la risurrezione del Salvatore, in comunione con tutte le Chiese Cristiane del mondo e nelle corsie del nostro Ospedale ove i ri.
coverati evangelici si sono avvicinati alla
sacra mensa, in uno spirito di raccoglimento e di preghiera.
Giovedi sera 12 aprile, culto con S. Cena
presieduto dal Pastore Bruno Rostagno. Il
testo del sermone si trova in Matteo 26 ;
40-4'l, La Corale ha cantato l'inno : Ricorda
Cristo il Salvatore, testo e musica di Ireneo.
Venerdì mattina culto presieduto dal Pastore Bruno Rostagno. Il testo del sermone
si trova in I Corinzi 1 ; 22-24.
Venerdì sera nel tempio dei Coppieri culto con S. Cena diretto dal pastore Sonelli. Il
testo del sermone si trova in Matt. 27: 46.
I giovani e gli amici deirUnione dei Coppieri, hanno cantato un inno svizzero:
« Amour du Fils de Dieu qui mourut pour
le monde ».
Pasqua; culto con S. Cena, presieduto dal
Pastora Rostagno, in cui i catecumeni confermati la domenica delle Palme si sono avvicinati per la prima volta alla sacra mensa
con tutta la comunità. Il testo del sermone
si trova in I Corinzi 5 ; 6-8. La Corale sempre diretta dal Maestro Corsani, ha contribuito alla buona riuscita del culto, cantando
un corale di Vopébus (1662) armonizzato da
J. S. Bach:
Tu perds o mort ta suprème pùissance,
ton aiguillon pour toujours est rompu.
Pour nous donner la vie et respéiauce
dans le tombeau le Cbrist est descendu.
Le Saint de Dieu ressuscité s’élance
hors du sépulcre vaincu.
La Corale giovanile deUa Chiesa Evangelica « della Resurrezione » della città di Essen ha dato un concerto di altissimo valore
artistico e spirituale, nel nostro tempio martedì sera 16 aprUe. La Corale formata da
una cinquantina di studenti alcuni giovanissimi ha approfittato delle tre settimane
di vacanze pasquali per visitare 1 Italia e la
Francia. Sono stati a Pinerolo, Tonno, Rordighera e sulla Costa Azzurra. Il programma oltre ad alcuni pezzi di J. S. Bach per
solo organo comprendeva: Due mottetti ^
J H. Schein (1585-1672) testi: Salmo 25:
16 a 18 e Isaia 49: 14-16; due mottetti di
W. Hufschmidt (nato nel 1934) testi; I Liovanni 5: 4-6 e Colossesi 3: 1-4; un mottetto di J. Brahms (1839-1897) testo: Giobbe 3: 20-23. Durante il gradito rinfr^co
offerto ai giovani qspiti nella Sala deRa Foresteria, il Pastore Sondi! ha espresso loro
la riconoscenza della nostra Chiesa ed uno
dei coristi ha parlato con aerazione del
loro soggiorno alle Valli Valdesi. Prima di
separarci essi hanno ancora cantato per noi
il Corale della Cantata 140 di J. S. Bach.
« Ogni ereatura lodi TEterno ».
Nella seduta della Società E. Arnaud del
21 aprile il doti. E. Peyrot ha presentato una
serie di interessanti diapositive con relativo
commento sul Glorioso Rimpatrio.
Molti membri della nostra Comunità erano presenti al Circolo Sergio Toja per il dibattito su Martin Luther King di cui il pastore Rostagno ha parlato in un articolo a
parte.
La nostra Corale ha preparato con inipegno un interessante programma di cori e
canzoni in collaborazione colla Corale di San
Germano Chisone per un concerto mganizzato da Pinerolo Primavera 1968. Tutte le
signore e signorine erano in costume valdese'^ Accanto ai vari cori, un nostro solista
ha cantato una complainte valdese e un piccolo gruppo di voci maschili un inno sviz^ro
con accompagnamento di chitarra. Nell intervallo: storia e leggenda del popolo valdese nelle poesie di Ada Meille. Il concerto ha
avuto luogo la sera del 25 aprile nel Salone
di Pinerolo Primavera con esito veramente
lusinghiero. .
Nella seduta deH'Unione Femminile del
28 aprile la signorina Graziella falla ha
commemorato la nobile figura di Martin
Luther King. .
Martedì 30 aprile nella sala delle attività,
rAssemblea di Chiesa ha discusso la relazione sul matrimonio della apposita commissione sinodale. ,
Diparienze: Jone Carlon (dal Rifugio Lar.
lo Alberto); Pietro Dema (Inverso); Cesarina Malan in Stalle, moglie dell’anziano del
Tagliaretto.
Alle famìglie afflitte esprimiamo la solidarietà e la .simpatia della Chiesa.
Lina Varese
doni RICEVUTI
PER ECO -LUCE
Durbec V.ve Auguste (Marsiglia) L. 2.750;
Ebert Gönnet Alberta (Germania) 100; Giuliani Giovanni (Roma) 500; Genre Giulio
(Abbadia Alpina) 500; Fioriti Nicla (Firenze) 500; N. N. 5.000; N. N. 7.500; Bertalot
Emma Ins. (Luserna S. Giovanni) 500; Goral Davide (Pordenone) 500; Gherardi (Scalenghe) 500; Galazzi Secondina (Biella Ghia,
vazza) 500;’ Kesselring (S. Giov. Lupatoto)
1.000; Stocchelti Aldo (Genova) 500; Giocoli Alfredo (Roma) 1.500; Uhlmaiui Ruth
(Zurigo) 775.
Da Ivrea: Emilia Regali Gianotti 500;
Aldo Vinay 500; Elsa Janin 500.
Grazie! ¡continua)
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
POMARETT
Recentemente sono stati celebrati i servizi funebri di Bertolin Giovanni dell’Inverso P., Tron Paolina originaria di Rodoretto
e Giaiero Paolo di Elio e Rostagno Maria
Luisa; alle famiglie il nostro pensiero di
profonda simpatia cristiana.
Abbiamo pure celebrato i battesimi di
Girletto Ornella di Gino Elena Ribet in
occasione d’una simpatica riunione quartieraie in casa di Gino Vinçon, nonché di Tron
Antonietta di Arturo e di Breusa Agostina
pure in una riunione di zona e al culto di
domenica 21 Pugliese Elena Maria Teresa
di Bruno e Esterina Travers. Che il segno
de: battesimo sia compreso come vita nuova
per mezzo della morte e diella risurrezione
del SaLvatore nella fiducia che la guida e
soprattutto la preghiera possano essere preziosi per le creature battezzate.
Ricordiamo nelle nostre preghiere i catecumeni ricevuti ; Baret Mauro, Collet Enrico, Bernard Alberto, Long Livio, Bertolin
Attilio, Tron Umberto, Pas tre Elvio, Bruna
Charrier, Coucourde Mirella. Micol Giuliana, Peyrot Elsa, Marchetti Ivonne, Eriana
Bertalotto. Pascal Marilena. In occasione
della pasquetta abbiamo visitato con loro i
nostri fratelli e sorelle del Rifugio e della
casa di San Giacomo a Luserna quale segno
di servizio per quelli che non sono più nelTambito della famiglia. La settimana precedente con la commissione visite composta
dal geometra Rostan Gino, le diaconesse
Chambon Lina e Viola Rostan avevamo visitato tutti gli Istituti di Torino per essere
vicini nel tempo di Pasqua con i nostri fratelli e sorelle più infelici.
Nel tempo delle Palme la Corale di Torino è venuta a farci visita con molta gioia
e riconoscenza da parte della nostra comunità per il canto al culto, mentre la nostra
corale ha cantato al culto di Pasqua. Un gra.
zie riconoscente ai coralisti ed ai responsabili delle due corali. La sera di Pasqua abbiamo ospitato il gruppo dei giovani valdesi
di Marsiglia che hanno offerto una serata
simpatica alla nostra comunità e la colletta
è andata a beneficio della nostra Scuola Materna. Un grazie di cuore ai signori Poët per
Taffetto che essi nutrono per la nostra comunità. Diciamo un grazie riconoscente a
chi li ha ospitati per la cena.
I conti per l’anno 1967-68 si chiudono il
30 aprile. Le offerte che ci perverranno dopo risulteranno nella contabilità dell’anno
succfôsivo. L’ultimo appello è rivolto a tutti
per raggiungere la cifra richiesta ed evitare
la chiusura di qualche opera.
Pubblichiamo soltanto ì doni in memoriam ;
Per Scuola Materna, fiori in mem. di Virgilio Sommani, Giovanni Laetsch e signora
L. 10.000.
Per il tempio, fiori in memoria di Alfonso Lageàrd; L. 10.000: Lageard Elsa e Pao.
Io: Baret Guido e Ida; Rostan Clara; totale
L. 30.000; Bleynat Louis. Marsiglia 12.600;
in mem. di Oreste Revel, Revel Adele in
Tron .'Ì-OOO.
Per la Chiesa, in mem. di Adelaide Ribet:
L 13.610: Anita e Federico Ribet, Montreal (10 doUari) e sig.na Appugliese (10
dollari). Grazie a tutti i donatori, per i fiori
che non appassiscono.
La
campana
di Berlino
Gli studenti valdesi delle Scuole Professionali Riv.
SKF sono stati tra i primi
a collaudare il nostro campanile con la sua campana.
Qui hi -vediamo intenti a
voler riprodurre con le loro acrobazie giovanili la
struttura del campanile
stesso.
{Seguito di una cronaca precedente)
Avevamo confidato l’anno scorso al caro
Pastore Stollreiter di Berlino che un vivo
desiderio di molli nostri parròcchiaai era
quello di possedere col tempio costruendo
anche un campanile ed una campana. Mancavano pochi giorni a Natale quand’egli ci
avvertì che se proprio la desideravamo, la
chiesa di Almenshofen era disposta a regalarcene una. La nostra riq>osta fu telegrafica
e subito iniziarono ì preparativi dalle due
parti per farla giungere a Villair Perosa in
tempo utile per il 17 Febbraio-, Il vescovo
Luterano Scharf di Berlino si addossò le
spese ferroviarie, la chiesa a C. Blumhardt »
del past. Stollreiter in Berlin - Neu Bufchof
raccolse offerte per aiutarci nelle spese accessorie. Giunse a T n ino la campana nell’imminenza del 17, mi ipoichè le pratiche dello
sdoganamento sono sempre laboriose, fummo
avvertili che non av^remmo potuto riceverla
per la data desidétata. Pregammo, bussammo a molte portey/‘ ’S: Avete fatto un patto
col diavolo voi? — ci telefonò nella mattinata del 16 una impiègata della Ditta Temi
— la campana è libera, potete ritirarla... ».
Ed era notte inoltrata ormai quando la bella
campana, spìnta da sei uomini robusti, faceva il suo ingresso trionfale nella nostra
cappella. L'indomani, al culto del 17, una
numerosa assemblea festeggiava, profondamente commossa, in onor suo, l’ospite berlinese inviato dalla Provvidenza divina.
BRI
Sabato sera 23 marzo abbiamo avuto tra
noi la filodrammatica valdese di Torre Pellice la quale ha interpretato con finezza di
espressione il dramma : « La campana suonerà ancora » della signora Edina RibetRostain. Numeroso il pubblico, il quale ha
manifestato con nutriti applausi la sua approvazione. Un vivo grazie ed un arrivederci ai nostri amici di Torre Pellice.
Ci rallegriamo vivamente con le famiglie
di Paolo e Letica Pontet (Via Maestra) e di
Aldo e Graziella Geymonat (Campi) per la
nascita dei bambini Loris Paolo e Danilo Stefano. Ai bimbi ed a tutti i loro cari i nostri più affettuosi auguri.
Sono stali presentati ultimamente al Battesimo : alla riunione quartierale dei Campi,
mercoledì 27 marzo: Artus Anna di Stefano
e Mondon Elena (Malpertus); al cullo di
Pasqua : Favai Ivano di Bruno e MichelinSalomon Silvia (Arbaud). La grazia del Signore circondi sempre questi bimbi e le loro famiglie.
Nel corso del nostro cullo di domenica 7
aprile hanno confermato l alleanza del loro
battesimo i seguenti catecumeni: Artus Lelia Paola (Malpertus), Charbonnier Adele
(Perla). Charbonnier Silvana (Giornà), Crof
Silvano (Eyssart). Fostel Giovannino (Ferrera). Geymonat Dario (Via Maestra), Meyron
Giovanni Daniele (Via Beisilia). Negrin Enzo (Costa), Pontet Aldo (Podio inferiore). Il
Signore, il quale li ha amati e chiamati prima che essi Lo conoscessero, li costringa
tutti, con la potenza del suo amore, ad essere dei fedeli e ferventi membri della sua
Chiesa. Un cordiale e fraterno benvenuto è
stato dato a questi catecumeni dalla Unione
Giovanile la sera di sabato 6 aprile e dalla
Unione delle sorelle di Chiesa il pomeriggio
del giorno della confermazione.
Sabato 6 aprile abbiamo invocato la benedizione di Dio sui matrimoni di Bertln Aldino (Luserna San Giovanni) e Charbonnier
Augusta (Abses) e Monnet Roberto (Angrogna) e Catalin Alma Anna (Pidone). Il Signore sia l'ospite costante di questi nuovi
focolari ai quali la Chiesa porge i suoi fraterni auguri d’ogni bene.
Giovedì 11 aprile abbiamo accompagnato
alla sua ultima dimora terrena la spoglia
mortale del nostro fratello Rostagnol Davide
fu Giovanni Giacomo della borgata Rostagni,
deceduto all’Ospedale Molinette a Torino lunedì 8 aprile. Il nostro fratello, cantoniere
della Provincia, alcuni mesi or sono aveva
avuto un incìdente nel corso del quale era
stato investito da un autocarro al crocevia
degli Airali mentre, terminata la sua giornata lavorativa, faceva ritorno a casa. Malgrado le assidue cure ricevute, egli non si era
del tutto ristabilito; tuttavia aveva voluto
riprendere il suo lavoro. E proprio sul lavoro. iniziato malgrado le sue non buone condi.
zioni di salute, doveva succedere il secondo
incidente, dal quale egli non riuscì più a
sopravvivere che pochi giorni. Mentre egli
esaminava un muro lungo la strada che da
Bobbio conduce a Villanova, poco oltre la
borgata di Malpertus, muro che era stato
sbrecciato tempo prima da un autocarro, egli
si sporgeva nel vuoto per constatare le condizioni delle fondamenta: un improvviso ma.
lore lo fece precipitare nella ripida scarpata
fiancheggiante il torrente: egli cadde battendo con violenza ü capo e si fratturò due ver.
tebre cervicali. Benché egli, soffrendo terribilmente, gridasse quanto le forze gli permettevano. solo dopo un certo tempo fu avvistato da un agricoltore e da un camionista
i quali notarono la sua pala abbandonata sul.
la via. Dato Tallarme, egli fu immediatamente trasportato alle MoUnette al reparto
neuroehirurgico ed operato d urgenza. Rimase completamente paralizzato e malgrado la
abnegazione dei sanitari che lo curarono, egli
si spense pochi giorni dopo. Aveva 60 anni.
Lascia il ricordo di un uomo buono e mansueto, lavoratore sereno e incline sempre ad
una visione ottimistica ilella vita. Alla moglie, al figlio, ai familiari e parenti tutti rinnoviamo qui l’espressione della nostra viva e
fraterna simpatìa cristiana, fiduciosi in Colui che ha « vinto la morte ed ha prodotto
in luce la vita e Timmortalità ».
Un’assemblea numerosa e raccolta ha
ascoltato, nel corso del nostro culto liturgico
della sera del venerdì .santo, la lettura deUa
Passione e morte del Signor Gesù Cristo. Nu.
morosa pure la partecipazione della fratellan.
za alla Santa^ Cena. Al culto di Pasqua
il glorioso messaggio della resurrezione del
Signore è stato rivo'lto all assemblea che gremiva il nostro tempio. Molto numerosa la
partecipazione alla Santa Cena. Un vivo
ringraziamento alla nostra Corale che, ridotta
al minimo nei suoi elementi maschili, pure
ha eseguito lodevolmente due inni al culto
della confermazfione ed al culto di Pasqua.
Ma una campana in terra non può suona
re, bisogna che sia posta in alto perchè si
possa udire la sua vesce e cominciarono im
mediatamente i preparativi per la costruzio
ne di un campanile fatto a mo’ di un traile
ciò metallico. I miracoli del Signore e la
bontà di molti si sommarono gli uni agli
altri.
L’Architetto Veney di Torino forni il disegno dell’opera. Il Sindaco di Pinasca Sig.
Tcunbello ci fece ottenere a tempo di primato il nulla-osta edilizio. La Ditta Dolino effettuò lo scavo e la Ditta Vinçon la base m
cemento armato. La Ditta M. Alchera dì
Torre Pellice allestì tutta l'opera in acciaio
pesante a tempo di primato e sottocosto con
uno spirito fraterno dà cui siamo assai riconoscenti.
Anche qui, alla vigilia tutto era ormai
pronto e la campana poteva lanciare i suoi
primi rintocchi nella valle la domenica delle Palme. Furono alla corda per farla suonare i sette confermandi ohe quel mattino
stesso dovevano essere ammessi alla chiesa...
Sulla parte esterna della campana tutti
avevano potuto leggere, scritte in forte rilievo, delle splendide parole : « Quelli che
seminano con lacrime, mieteranno con canti di gioia » (S. 126).
Quando udrete suonare la vosira campana,
voi dovrete pensare che sono ì vostri fratelli in Cristo di Berlino eh;* vi salutano,
ci aveva scritto il pastore Stollreiter...
Il suono della nostra campana, fusa nelle
acciaierie di Bochum, è straordinariamente
dolce e melodioso e ripete al cuore un messaggio di amore e di speranza ed è anche, è
stato detto, come l’annunzio di quel tempio
che la comunità intensamente desidera e attende.
« Quando Tho udita suonare — ci confida,
va una nostra sorella — non ho potuto trattenere le lacrime e mi son messa a piangere »; e noi le rispondevamo: «forse, cara
sorella, non sei stata sola a farlo! ».
L al lavoro^ il! Grwppo Ecumenico Veronese, del qualé’si è già accennato in altracornspondneza. In risposta all’invito ai
lare mz o ad una effettiva .ricerca in coin une dei modi in cui oggi Jg comunità dei
ciedenli può dare testimonianza di Gesù Gri
sto e del suo-Regno. neHe eontraddittorie condizioni del nostro tempo, in ubbidienza alla
vocazione de! Signore, parecchie sono statele risposte: positive manifestate. Nella- riu>
nione iniziale del 1 marzo, si è inoltre preci.-,ato che:: si tratta essenzialmente di cosa,
la Parola dì Dio ha da dirci per la nostra,
ubbidienza dì fède oggi nelle concrete situazioni; ricerca- ecumenica nel senso di seguireinsieme il movimento della Parola di Dio
< c incontra Paltro nella sua realtà storica,,
per la testimonianza coerente e, se .possibile,,
concorde; studio, quindi, non fine a se stesso, ma ili vista di decisioni, impegni, interventi, azuMM.. Linee iniziali, che potranno
precisarsi e completarsi nel tempo
Ira le- tante proposte di argomenti pervenute, il gruppo stesso ne ha scelte per il
momento- tre, che costituiscono inizialmente
la discussione e la ricerca di altrettanti grup.
pi di studio misti (cattolici ed evangelici),
1 quali riferiscono poi con una relazione
conclusiva in riunioni generali in- vista di
discussio-ne generale.
U primo gruppo ha già riferito la sera del
22 marzo: « I giovani e l’abhandòiro deUa
chiesa il secondo gruppo il 5 aprile: cc La
pace e problemi connessi » (pace, guerra, rivoluzione, violenza e non violenza, eoe); il
terzo gruppo il 26 aprile : « La ipovertà del
cristiano ».
Per il momento le riunioni gmierali hanno luogo nella nostra « Saletta Valdese » di
via Pigna. Ma pensiamo ohe si dovrà trovare altra sede più ampia, dato che la nostra
saletta s.i è già dimostrata trop.po piccola,
insufficiente ad accogliere Jutti i partecipanti. Naturalmente, aUe riunoni generali
possono partecipare tutti, anche quelli che
pe-r il momento non si sono ancora impegna,
ti neUa ricerca di gruppo^
Le nostre prime impressioni sono nettamente positive. E’ una apertura che abbiamo ricercata, che abbiamo contribuito a trovare e precisare, e stiamo provando la validità dell impegno. Anche nel Gattolicesimo
Veronese ci sono delle interessanti aperture
alla Parola di Dio, di cui fraternamente ci
rallegriamo, del fratelli coi quali speriama
di riuscire ad avanzare nella testimonianza
cristiana.
Da parte cattolica sono impegnati giovani
studenti (specialmente universitari e di scuole medie superiori) e qualche o-peraio, seminaristi franceseani e del Seminario delPAmer-ca Latina, .con alcuni loro professori —
da parte evangelica gli elementi disponibili
sono impegnati; non siamo molti, e questo
rende particolarmente intenso anche nel
tempo oltre che nella responsabilità, il nostro compito. Chiediamo Tap.pogg.io, almeno
nella preghiera e nell’interessamento, degli
altri.
lina voce da Praga
Sabato 4 maggio, alle ore 21. nel salone
di Via Pio V si terrà una riunione, largamente aperta al pubblico e organizzata dal
Movimento Cristiano Studenti, nel corso
della quale il dr. Milán Opocenski di Praga,
segretario europeo della Federazione mondiaie delle associazioni studentesche cristiane (FIJACE). parlerà sul tema: n Movimenti giovanili e testimonianza cristiana nei
mutamenti economici e politici dei paesi
dell’Est ». Cordiale invito a tutti; si conta
su un ampio e libero dibattito.
La domenica delle Palme hanno confermato il loro battesimo mediante la pubblica
conféssione della loro fede i catecumeni :
Sergio Balnias. Franco Codino. Anita Genre,
Guido La Montagna. Danilo Martinat, Giancarlo Pons, Renata Romano, Adolfo Serafino, Paolo Theiler, Emanuele Tron, Daniele
Wellmann. Due hanno rimandato la loro
confermazione in vista di una pre'parazione
più approfondita e di una maggiore maturazione. , . .
Al culto di Pasqua abbiamo avuto la gioia
di avere fra noi un gruppo di giovani vaidesi dì Marsiglia, guidati dalla Signora Ai
mée Poèt. „tu
Altra visiita gradita e stata quella della
giovane Corale della Chiesa della Risurrezione di E.ssen. In un culto serale, il venerJi 19 Aprile, i nostri ospiti, guidati dalla
Sig.na Ursula von den Busch hanno eseguilo magnifici cori, molto apprezzati dal numerasi presenti, mentre all’organo era il M.o
Siegfried Scheytt. Questa visita è stata di
stimolo per la nostra piccola ma valorosa corale che, sotto la direzione della Sig.na Ada
Bessone, ha cantalo molto bene sia al culto
della Domenica delle Palme che al culto di
Pinerolo insegnanti, studenti e genitori per
una franca discussione sui problemi della
Scuola. Discussione vivace, ma atmosfera serena. Peccato che i genitori fossero quasi totalmente assenti.
Il Signore ha richiamato a Sè nel mese
di Gennaio il nostro fratello Adolfo Vola,
ex anziano della nostra Gomunità, che ha lasciato un caro ricordo in tutti noi. e la nostra sorella Paimira Ro.staii, ved. Gobbi, da
anni sofferente. Nel mese di Febbraio, altri
due fratelli sono stati richiamati : Enrico
Bert. ex Sindaco di S. Germano, e Albarin
Adalberto. Nel mese di Marzo ci ha lasciati
improvvisamente Silvio Armand Hugon del
Bivio di Frossasco e la piccola Donatella Gardiol. Alle famiglie rinnoviamo l'espressione
deUa nostra simpatia.
//
Prolesianiesimo
L’Assemblea di Cihiesa ha meditalo e discusso il messaggio raccomandato dal Sinodo
all’attenzione delle Chiese: «Il cammino
della Chiesa nel tempo delTecumeiiismo e
della secolarizzazione ». La discussione protrattasi per due assemblee e in riunioni in
case private è stata vivace e .stimolante, pur
senza portare per il momento a delle decisioni rivoluzionarie. E’ stata accentuata la
necessità del ravvedimento e della nuova na.
scita, affinchè le nostre realizzazioni non sia.
no soltanto « opere della carne »... ma siano
essenzialmente « frutto dello Spirilo » (Calali 5: 16-26).
Un Convegno dell’A.I.C.E. ha riunito a
n
E' uscito 1 fascicolo 1/1968 della rivista
«Protestantesimo»: cccone il sommario:
Renzo Bertai.ot: L'Evangelo Sociale negli.
Siati Uniti.
Giorgio Toi hn: Rassegna di studi calviniani.
Sll.vio Ceteroni : L'angoscia davanti al messaggi». , .
Vittorio Siibii.ia: Per un etica sociale cristiana.
J.A.S.: Un nuovo manoscritto scoperto a
Qumràn.
V. S.: Revisione o abolizione del Concordato.
V. S.: Morte e sociologia.
Recensioni.
Un fascicolo, L. 600; abbonamento annuo,
L. 2.000. Amministrazione: Libreria di Cui.
tura Religiosa, Piazza Cavour 32, 00193 Roma, c.c.p. 1/26922.
3
3 maggio 1968 — 31. IB
pag. 3
Un documento della sessione ecumenica consultiva di Engorsk
in preparazione dell’Assemblea di Upsala
Echi della settimana
Teologia e rivoluzione
!Vei giorni scorsi si "e tenuto nel seminario
ortodosso di ZagorsTt, presso Mosca, una consultazione ecumenica tendente a operare una
sintesi irli le due correnti rappresentate, in
seno al C..'-'.. da '’’Tede e Costituzione” e
’’Chiesa e ' i'", in vista dell’Assemblea
generale dei nel luglio prossimo. E’
stato mosso ■ punto e ilijjuso questo primo
■ cìocu mento.
Viviamo in un’epoca nella
quale la partecipazione cosciente « attiva degli uomini al 'diveiiire della società è avvertita da loro
«come una necessità della giustizia e
della cultura, merltre all’opposto la
loro non-partecipaàione è sentita come un’offesa e una irustrazione. Lo
sviluppo tecnologico, cessando di fare
aiìparire le gerarcliie stabilite come
dei fatti eterni e le miserie come delle
fatalità naturali. Ira creato in tutto il
mondo il terreno propizio àH’affermar■marsi di questa presa di coscienza. Ma
■ostacoli molteplici si oppongono a tale partecipazione di tutti al loro sviluppo comune, si tratti della predominanza di gruppi minoritaTi privilegiati. che temono in questa evoluzione
una perdita del loro potere particolare: o delle acceleraziorii tecniche sopraggiunte dal di fuori della cultura
del gruppo, le quali impongono le loro
leggi disumane ; o ancora tìéll’assenza
di vera partecipazione, sia nella società di massa che in quella di consumo.
Tutte le rivoluzioni del nostro tempo tendono essenzialmente a spezzare i
vari nstacoli per conquistare questa
auspicata partecipazione. Berciò il termine rivoluzione ha assunto, nel XX
secolo, un’importanza emozionale globale .altrettanto considerevole e universale di quella avuta nel XIX secolo
dal terinine democrazia, che -.oggi in
certe parti del mondo ha una risonanza troppo esclusivamente occidentale
e troppo formale.
Ponentiosi per tema « I cristiani nelle rivoluzioni tecniche e sociali del nostro tempo:», la Conferenza ecumenica
di Ginevra, nel 1966, ha tenuto 'Conto
di questo fatto. Non ha ceduto al romanticismo jrriflesso della rivoluzione.
Ha tenuto conto in modo globale di
questa aspirazione allo sviluppo e alla
parte» paz one di c la rivoluzione intende essere ii mezzo creatore. Ma è
ora nec s' r o differenziare meglio le
varie connotazioni di quest’unico termine, rivoluzione, secondo le situazioni e spesso secondo i settori del mondo dove lo si usa onde evitare le confusioni ip danze, sorgenti di
malinte ezza nel pensiero
come
Imp n 1 re tentare una valutazione 1 1 f c SUI latto della riv<>
luzione. e delie nvolazioni, fatto relativamente nuovo nella presa di coscienza deirumanita e da fronte al quale,
quindi, troviamo pijPhl elementi nella
tradizione cristiana, se non addirittura un atteggiamento p®tramejste negativi!...
©Rivoluzione ha assunto il
suo significalo moderno
quando, anziché designare,
secondo l’uso classico fino
al XIX secolo, la restaurazione di un antico ordine perduto, ha
cominciato a caratterizzare l’instaurazione di un ordine completamente diverso, in discontinuità spesso violenta
con quello che lo ha preceduto, toccando le strutture globali (economiche,
sodali, politiche, culturali, anche religiose) della società e ripromettendosi
di costruire un ordine migliore con un
uomo trasformato. In questo senso
moderno, rivoluzione evoca al tempo
stesso brusca rottura, rovesciamento
degli ordini costituiti e promesse di vita nuova. Ma occorre distinguere tre
gradi in questo senso globale, anche
se la forza evocativa comune del termine tende a confonderli e se ciascuno
di essi ambisce più o meno di includere
pure gli altri due.
a) In senso stretto, rivoluzione sifi ca cambiamento della classe so1 potere, essenzialmente per traone del regime della proprietà
e a avendo per conseguenza
un -iz one del personale politico.
Questa rivoluzione tende a favorire la
partecipazione delle masse alla direzione degli affari. Vuole dunque realizzare la definizione troppo sovente formale della democrazia: potere del popolo. Si presenta con un’urgenza particolare nei paesi nei quali questa democrazia non ha che un’esistenza estre: mente ridotta, e talvolta è del tutto resistente.
b ) In un senso più ampio, rivoluziom designa tutti i mutamenti (tecnologici, in particolare) che per la loro
rapidità, la loro ampiezza, anche la
loro brutalità, spezzano vecchi atteggiamenti. Questo tipo di rivoluzione,
specie se sopravviene dall’esterno della tradizione e della coscienza culturale, è altrettanto violento quanto il primo, sebbene si presenti in modo più
nascosto e insidioso. Anche in questo
caso la rivoluzione cerca di far partecipare tutti gli uomini al potere nuovo
conferito dall’innovazione tecnica. Ma
il punto decisivo non è più il regime
della proprietà: è l’accesso alla conoscenza e all’esercizio del potere culturale.
c) Rivoluzione, infine, in un terzo
senso, designa tutte le aspirazioni dei
gruppi che protestano contro la loro
esclusione dalla società globale, nella
quale àbitano, senza aver parte ai benefici dei suo sviluppo, alla responsabilità delle sue decisioni, o a entrambi.
Rivoluzione significa allora opposizione al conformismo dell’ambiente, rifiuto di accontentarsi degli obiettivi
minori dEll’aumento della produttività
e del ritocco sociale, talora ricerca utopistica e perfino anarchica di nna società in cui la vita non sarebbe più
semplicemente consumata, ma diverrebbe creatrice da un punto idi vista
politico, culturale, estetico.
Tutte queste varie rivoluzioiii mettono in questione i poteri costituiti e
sono quindi, in grado diverso, e qualunque ne siano i metodi, vidlente.
Questa violenza genera reazioni controrivoluzionarie di difesa degli interessi, delle tradizioni o dei conformismi costituiti.
Ma la rivoluzione non ha soltanto
avversari esterni. Essa porta al proprio interno stesso i propri nemici,
quando dimentica che la violenza non
è che un mezzo transitorio ed essa diventa un fine minaccioso e divorante,
o ancora quando la rivoluzione non
stabilisce l’allargamento della partecipazione di tutti, che è il suo obiettivo
fondamentale, e quando si accontenta
di costituire nuovi gruppi privilegiati.
Quando non è capace di strutturare
un nuovo ordine o di rinnovarsi, nei
due casi la rivoluzione tradisce se
stessa.
L’indomani di ogni rivoluzione è
quindi a questo proposito altrettanto
importante della rivoluzione stessa,
che tende sempre a irrigidirsi.
La teologia non ha da dar
re una definizione della rivoluzione, ma da prenderne atto come di un fatto,
esattamente come Romani
13 prende atto del fatto dello Stato e
riflette teologicamente su di esso.
Suggeriamo che questo parallelo può
essere teologicamente un’analogia feconda, atta a guidare la dottrina e la
condotta cristiane di fronte a questo
fatto nuovo, ricevendo istruzione dalla dottrina classica dello Stato.
La rivoluzione è uno sforzo del mondo per vivere storicamente qualcosa
del rinnovamento escatologico di tutte
le cose, promesso da Dio.
Ma, com’è pericoloso confondere lo
ordine della pazienza e del giudizio,
rappresentato dallo Stato, con un ordine della creazione, così, sarebbe pericoloso confondere l’ordine dell’impazienza e della speranza, rappresentato
dalla rivoluzione, con la nuova creazione.
Sia la rivoluzione che lo Stato hanno entrambi degli ordini provvisori.
La teologia biblica ci ammonisce a non
trascurarli, ma anche a non sacralizzarli.
(^uest’ammonimentD è tanto più necessario, in quanto la rivoluzione è
senza dubbio meno minacciata dai
mezzi violenti che usa visibilmente per
combattere le violenze nascoste che
la provocano, che dall’autogiustificazione che essa dà di sè stessa e che
procura agli uomini, quando cede alle
tentazioni del falso messianismo.
La predicazione dell’escatologia autentica ci pare essere la protezione
della rivoluzione da questa tentazione
corruttrice, appunto Come la predicazione della creazione autentica costituisce la protezione dello Stato contro
la sua sacralizzazione e la sua assolutizzazione, altrettanto corruttrici. Così,
pure, la violenza della rivoluzione deve
essere costantemente controllata, appunto come quellv! dello Stato.
Il sermone sul laonte ricorda a queste due violenze ’ordine supremo di
Gesù; trionfare del male con il bene,
riconciliarsi con ; proprio nemico. Così la predicazioij : della grazia circonda la rivoluzioni come lo Stato, con
il richiamo ulti.i j all’ordine del Regno che viene, nel quale la violenza
cesserà finalmer i e nella partecipazione di tutti alla La attiva del perdono e della lode.
IL CONFLITTO FRA ISRAELE
E I PAESI ARABI
Il giurista irakeno Al-Shawi Hamid ha
pubblicato su « Le Monde » (del 17-4) una
lunga, interessante, lucida analisi critica dell’opinione pubblica negli Stati arabi. Ne riportiar.'.o le parti salienti
« L’aiienazione delle masse, ¡’incoscienza degli intellettuali e l'opportunismo della
maggior parte dei dirigenti si Combinano,
per evitare ogni riesame della questione nel
suo complesso. Eppure lo choc psicologico
provocalo dall’atteggiamento russo nel giugno scorso, dovrebbe essere dei più efficaci ad illuminare gli spiriti meno chiaroveggenti, dimostrando quali siano, nella pratica. i limiti dell'appoggio d'ima potenza
straniera. Gli Arabi dovrebbero comprendere che i Russi non faranno certo nuovi
passi per impegnarsi al loro fianco nel conflitto palestinese (salvo il caso che fossero
gl'israeliani a scatenare un nuovo attacco
di grande portata): ciò semplicemente perchè, per l’URSS e nel contesto internazionale attuale, il giuoco non vale la candela.
A ir idea marxista di rivoluzione mondiale
è stata sostituita quella di coesistenza pacifica. Pertanto l'URSS agisce nello stretto
senso dei suoi interessi di Stato-Nazione, e
conseguentemente calcola il proprio tornaconto politico, come noi appunto la vediamo fare sul teatro del medioriente: qual
posta di giuoco rappresenta infatti, ai suoi
rocchi, l'Oriente arabo, al confronto della
certezza quasi assoluta dell’apertura d’un
"secondo fronte", se l’URSS accettasse di
giuocare in pieno la carta araba? (...).
Piu precisamente: se oggi si vede l'URSS
volare in aiuto del regime di Nasser, ciò
accade nell’esatta misura in cui tale regime
rappresenta (per ora) una certa garanzia di
neutralità del M. Oriente. Dopo aver lasciato, in un primo tempo, sconfiggere il
suo alleato egiziano ed essersi così resa più
indispensabile, oggi l’URSS si sforza di dosare il suo aiuto militare e morale, esattamente quanto basta per mantenere le illusioni degli Arabi sul tornaconto della sua
alleanza e per tentare d’infiltrarsi più efficacemente in quella regione. (...)
Gli Arabi dovrebbero comprendere che
essi devono soltanto temere quelli che incoraggiano la loro buona coscienza e che
alimentano le loro illusioni, mentre nello
stesso tempo rifiutano loro i mezzi pratici
di realizzare ì loro desideri. Proprio questo
avrebbe dovuto comprendere il colonnello
"Ululili II iimmiiiii IMI II Ululili II III iiiJtuuHituuiiiii urlimi lini II II
lini...........
iiiiNiimiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiini
Chi siamo noi ?
Nella piccola città in cui viviamo la
riflessione sulla nostra natura umana
divien più facile, perchè più vicino e
chiaro è lo specchio che riproduce la
nostra immagine. CM siamo?
È avvenuto il terremoto. I quadri della rovina immane sono apparsi nelle
loto dei quotidiani, dei rotocalchi
e sul video della televisione. Molti
li hanno visti direttamente. Emozione in tutti, profonda e sincera.
Qui non c’ è dubbio. Lo ha dimostrato l’intervento di ognuno nei soccorsi. A.nzi la parte più povera della
città è quella che ha dato di più. Si è
preso persino a credito nei negozi,
quando non si aveva nulla o in casa o
nel portamonete. Poi l’entusiasmo della raccolta che ha fatto di tutto, il popolo un corpo unico, senza badare a
differenze o di classe o di ideologie. E
son partiti per le zone del terremoto
molti e molti camion colmi di ogni
bene.
Passata però una settimana tutto è
tornato normale, eppure la grande tragedia è solo a sessanta chilometri di
distanza, ed è cruda ancora e molto.
Han cominciato le chiacchiere, alimentate coscientemente o meno da interessi di parte. Le chiacchiere sono come la ruggine che corrode il ferro e ne
Culto radio
domenica 5 maggio
domenica 12 maggio
Past. LIBERANTE MATTA
Catania
esser .costanti nella o^essione, nell’impegno per vivere i problemi del fratello come fossero nostri e" come pur li
sentiamo di tempo iv tempo? Perchè
siamo sempre distratti e cosi facilmente riafferrati dalle piccole e veramente trascurabili cose che compongono
la nostra esistenza? l ei chè questa nostra esistenza diviene insipida soprattutto per queste nostre distrazioni?
« « ag
I discepoli di Cristo, dopo averlo visto crocifisso, son ton ati al loro lavoro di prima, come prima. E quella era
la grande tragedia, la sola tragedia. È
l’amore di Dio che è stato crocifisso in
lui respinto da noi. E se è respinto
l’amore fatto carne umana, anche la
nostra preoccupazione per il fratello
di Tullio Vinay
divien marginale ed occasionale, non
vita. Questa preoccupazione sarà vita
nei discepoli quando vedranno il Risorto, ed in lui la vittoria vera di un
nuovo mondo. Allora non più le piccole cose formeranno la loro giornata,
ma una sola ed unica lotta perchè
questo amore eterno, quest’agape di
Dio, fatta carne e carne crocifissa per
noi, sia conosciuta da ognuno per la
sua salvezza e la salvezza del mondo
intero. Da quel momento son uomini
nuovi e diversi.
Ma perchè solo nella visione 'del Risorto sono mutati? Forse per la speranza di un premio? Nessuno potrebbe
dirlo. Forse perchè non sono stati capaci di vedere nella crocifissione la
manifestazione della gloria dì Dio,
l’agape vera che si dona? Può essere.
Ma in realtà senza la resurrezione, là
loro diveniva una battaglia umana
che comporta stanchezza e, a volte,
stanchezza mortale. Con Cristo morto,
ci si affatica e ci si stanza, e la nostra
lotta ci appare utopistica e vana. Sarà
col Risorto che si rinnoveranno le loro
forze.e, poi, quando alla Pentecoste,
colla venuta dello Spirito, saranno in
comunione perfetta con Lui, allora potranno scendere nella lotta al di là di
ogni prostrazione umana, di ogni pericolo, di ogni prudenza. Allora il comodo della vita sarà per loro cosa che
non conta e che non agisce in loro.
In fondo la chiesa primitiva non
aveva problemi, perchè uno solo era il
suo problema, quello del mondo senza
conoscenza della « via » della vita.
Cristo.
Noi non siamo costanti nella riflessione e nell’impegno perchè Cristo risorto è lontano ed è lontana la visione
di una vita sostenuta da chi ci può
portare, malgrado le nostre incapacità, debolezze e umane infermità. Noi
ci stanchiamo e distraiamo perchè, per
la nostra fede fievole, siamo soli, e
non sentiamo la presenza del Signore
che opera. E cosi possiamo pensare ai
nostri piccoli interessi mentre il fratello muore a poca distanza.
Con la croce e la resurrezione di Cristo è cominciato un « mondo nuovo »
— che gli uomini malgrado tutta la
loro « religione » hanno voluto ignorare da secoli — e noi siamo cos’’. alienati dal senso della vita che continuiamo da noi stessi ad escluderci da quel
che ci è donato per sempre. Però la
Verità non muta per le nostre infedeltà. Cristo viene.
I .........................................................................................................
rompe la resistenza. In queste molti
han trovato un comodo alibi per ritornare ai propri pensieri e cacciare quelli sulla sorte del fratello. Poi, naturalmente, c’è il piccolo orgoglio per cui si
pensa di aver fatto abbastanza e di
poter avere la coscienza a posto. Cosi,
di tempo in tempo si parla ancora del’
disastro, ma ormai come cosa che non
ci tocca da vicino, come anonima tragedia umana. Ed ognuno riprende la
sua normale giornata fatta di lavoro,
di preoccupazioni varie e di chiacchiere.
In quadro più vasto tutto ciò avviene dei problemi più grandi del mondo.
Questo ormai è piccolo: ü Vietnam, la
Grecia, il Sud-Africa ci son vicini. Ci
è vicina l’immane tragedia della fame
del mondo. Ma tutto ciò occupa la nostra mente a sprazzi. Di tempo in tempo, quando una notizia più allarmante ci giunge 0 quando un nuovo documento sulle crudeltà umane vien pubblicato... ma poi tutto torna lontano
ed ognuno di noi vive la sua vita. Chi
siamo noi? Perchè così.? Perchè non
mU.’ALESSANDRINO E MLUASTIGIANO
Un manifesto ecumenico di Pasqua
Gesù Cristo è risorto per dare agli uomini
la passibilità di una vita nella giustizia, nella pace, nell’amore. La Pasqua, perciò, è la
conferma che al mondo contemporaneo è
aperta una strada verso la speranza e verso
la vita. Tutto questo ci viene offerto gratuitamente da Dio in quanto Gesù Cristo si è
sacrificato sulla croce. Ma la passione »li
Gesù è tutt’ora presente nelle ingiustizie e
nelle tragedie della nostra storia: Sud Africa, Angola, Sudan, Nigeria, Vietnam, Grecia, Israele, Rhodesia, Sud America..., Memphis, ecc. (jueste manifestazioni di odio non
hanno termine, perchè troppi uomini si arrendono e si rassegnano alle prepotenze ed
alle ingiustizie, e ne diventano strumenti
passivi e complici. Solo pochi sanno assumersi la stessa responsabilità che gravò su
Caiafa, Erod,e, Giuda, Filato. Solo pochi rinunciano a '(Mtnsiderare l’Evangelo un semplice libretto di pia devozione: è questo il
più grave sean»lalo che abbiamo dato noi,
che ci diciamo Cristiani!
Con la pretesa del nome <e Cristiano », nes.
suno osi beffarsi di Dio conservando in se
stesso sentimenti di orgoglio, di odio, di
egoismo, di vendetta! Chi non ama che se
stesso, chi non piange con il fratello, non
può schierarsi con Cristo.
Quindi, la Pasqua è una potente voce di
ravvedimento e di salvezza se gli uomini
sanno e sapranno non rassegnarsi alla morte degli innocenti, alle prepotenze dei violenti, alle ambizioni dei potenti.
Tutto questo, afilnchè si realizzi il coman.
do di G»isù : « Da questo conosceranno tutti
che siete miei discepoli: se avrete amore vicendevole (Vangelo Giov. 13: 35).
Un gruppo di giovani Cattolici
via Borgnini 5, Asti
Comunità Evangelica di Asti
via Goltierì, 6
Comunità Evang. di S. Marzano Oliveto (Asti)
Gioventù Evang. Metodista, Valenza
Po
Un gruppo di giovani Cattolici
via Palermo 2, Alessandria
Comunità Evangelica Metodista
C. Borsalino 10, Alessandria.
a cura di Tullio Viola
Boumedlenne, quando a Mosca si sentì dire
che l'URSS "non era pronta a scatenare
una terza guerra mondiale per Gerusalemme"...
Il verbalismo rivoluzionario che la Cina
esporta ad uso e consumo degli Stati del
terzo mondo", sembra lasciare delle speranze a coloro che pensano di poter un
giorno approfittare d’un ricatto atomico cinese. In realtà quel verbalismo non aggiunge che la prospettiva d’una soluzione molto
più lontana ancora, nei tempo, deii’aiuto
sovietico, e forse anche più improbabile: le
stesse ragioni sociologiche e politiche che
s oppongono oggi ad una comunistizzazione del M. Oriente secondo il modello sovietico. s'opporranno, ancora per lungo tempo, alla penetrazione cinese. Di più: la Cina
troverà, quel giorno, gli USA e l’URSS a
fronteggiarla sul terreno... Così, come un
miraggio, l’obbiettivo che gli Arabi inseguono, si va allontanando mano a mano
che essi s’illudono di vederlo avvicinarsi.
Nel frattempo, passando gli anni, il sangue cola nella Palestina, e i bambini che
nascono sono destinati a sperimentare un
avvenire fatto di miseria e di malattia. Da
questo incessante e snervante inseguimento
d’una chimera, discende la rovina della coscienza politica e delle forze materiali ed
umane d’ima società già miserabile.
Perchè non si collocano certo in terra di
Palestina i veri problemi del mondo arabo:
quelli del sottosviluppo economico, dell’analfabetismo, dell’arcaismo delle strutture sociali e mentali; quelli, non meno gravi
e reali, del tradimento delle sfere. dirigenti
politiche; la corruzione della burocrazia e
la cancrena morale degli opportunisti che
sacrificano volentieri il patriottismo in cambio d’un portafoglio ministeriale o d’un
conto in una banca svizzera...
Siffatti problemi non saranno mai risolti,
fintanto che il mondo arabo continuerà ad
essere uno zimbello, sballottato fra l’Est e
l’Ovest in balìa delle speranze che gli vengono fatte intravvedere, fintanto che esso
non avrà tentato di definire chiaramente la
propria posizione di fronte ai diversi "imperialismi" (russo, anglosassone ed anche
cinese...). (...)
A partire dal momento in cui, causa il
relativo distacco dell'URSS, causa l’impotenza cinese nei fatti, causa infine lo stato
di divisione estrema delle forze di sinistra,
minate dalle rivalità dei singoli personaggi
altrettanto quanto dalle opposizioni dottrinarie, una rivoluzione marxista integrale appare ineffettuabile, il mondo arabo è obbligato a praticare un certo cinismo politico. Tale cinismo costringerà molti (particolarmente gl’intellettuali) ad abbandonare
il naturale compiacimento del narcisismo
rivoluzionario".
L’articolo continua a lungo su questo tono. Ma noi qui ci fermiamo, ripensando al
recente discorso di Nasser (il 14-4 al Cairo:
« // mondo arabo deve ora iniziare la fase
che lo condurrà alla vittoria finale, dopo
aver raccolte le sue forze e dimostrato di
saper resistere, senza abbattersi, alla disfatta del giugno »), ripensando al messaggio
ancor più recente (26-4) di Boumedienne a
re Hussein (« Questo combattimento ha oggi superato ì limiti entro i quali era stato
mantenuto fino al 5 giugno, ed ha raggiunto
uno stadio in cui non sono più ammessi nè
sovrapprezzi politici, nè soluzioni diplomatiche, nè soluzioni intermediarie »), infine
ripensando ai telegrammi complimentosi ed
osannanti scambiati fra lo stesso Boumedienne e de Gaulle, mentre la Francia sta
vendendo formidabili armamenti ad Israele.
Vietnam, Israele
(segue da pag. 1)
contenuti nelle analisi del Gollwitzer
e non intendiamo riprenderli qui.
Un libro che scontenta a destra ed
a sinistra, dunque. Un libro che segue
la diffìcile via della testimonianza che
non è mai equidistante dagli estremi.
Certi dati e affermazioni possono
scontentare la sinistra perchè più a
sinistra, mentre altri possono scontentare la destra perchè più critici forse
della destra stessa nei confronti dell’atteggiamento russo-cinese. E poi ci
sono tutte le posizioni che sono intermedie o che non si trovano nè in mezzo nè a destra nè a sinistra, che non
sono localizzabili negli attuali schieramenti politici, perchè nascono nel contesto della libertà dei figliuoli di Dio
e della testimonianza alla verità storica che solo i testimoni della Verità,
cioè di Cristo, sono forse in grado di
rendere.
* * *
Siamo lieti che la Claudiana abbia
avuto la possibilità di pubblicare con
elegante copertina ed attraente veste
tipografica, nella collana « Nostro Tempo », questo bel volume. E non è possibile chiudere questa recensione senza
rilevare qui quello che abbiaino segnalato alle unioni giovanili, cioè che è
necessaria una immediata ampia diffusione del volume, essendo un caso abbastanza raro che la nostra Casa riesca ad acquistare i diritti di pubblicazione di opere di teologi stranieri, perchè queste vanno ormai a ruba anche
in Italia. Le traduzioni di altre case
sono spesso fedeli, ma note o introduzioni rendono talvolta diffìcile al lettore percepire che dietro la teologia ci
sono le comunità evangeliche. Se questo libro avrà una buona diffusione,
sarà possibile pubblicarne altri. In caso contrario non potremo poi dolerci
troppo se le Case editrici evangeliche
estere preferiranno i vantaggi economici offerti dalla concorrenza di Boria, del Mulino, di Paidela e di altri. È
quindi superffuo, speriamo, raccomandare la lettura e la diffusione di questo
testo, oltre che per il suo valore, anche per dei motivi di strategia evangelica. m. c. troll
4
pag. 4
N. 18 — 3: maiggio) 13^
La Sardegna : il rilevamento culturale e sociale qua e là abbozzato riuscirà a scuotere
presto pesanti residui del passato, come il banditismo,
che si presenta in forma aggiornata?
Criminalifà in Sardegna:
una baifaglia appena iniziafa
Uige rompere un isolamento che, orimn che economico, è
spirituale e culturale
Purtroppo sono assai spesso gli elementi negativi,
talora drammatici che concentrano l’attenzione dell'opinione pubblica su una località, una regione e i
suoi problemi. Da tempo, ormai, la Sardegna è alla
ribalta: il rincrudire del banditismo, che presenta
oggi nuove forme — come avviene nel fenomeno parallelo della mafia siciliana — e la lotta della forza
pubblica per estirparlo. Si è palpitato di speranza,
quando una famiglia, in un primo tempo, ha rifiutato di pagare l’esoso riscatto imposto e ha chiesto
dignitosamente allo Stato di salvaguardare i propri
diritti e la propria libertà: si è sperato che la fitta
trama dell’omertà e della paura si spezzasse, o almeno si cominciasse^a smagliate in un punto. Purtroppo, la speranza è andata ancora delusa. Per quanto si
siano prodigate, e ci abbiano pure lasciato del proprio sangue, le forze di polizia non sono riuscite
ad evitare che anche questa volta tutto un gruppo
di rapiti fossero resi solo dietro versamento del riscatto contrattato. Occorrerà ancora attendere Id maturazione civile di una popolazione, sfruttata e taglieggiata senza scupoli da mandanti i quali tengono dei loro onorati piedi al caldo e hanno messo su,
valendosi degli esecutori, un’attività fra le più redditizie.
Occorrerà che in molti altri luoghi avvenga quel
che è stato fatto a Santu Lussurgiu (una località che
tuttavia non si trova fra i monti della Barbagia).
Dalle « Informazioni UNESCO » abbiamo tratto un
articolo che nella sua semplicità ci è parso di vivo
interesse. L’attività di questo maestro sardo ha sintomatici punti di contatto con quanto anche in molte nostre comunità centro-meridionali si è cercato e
ci si sforza di fare (fin dai tempi della prima evangelizzazione) per ridestare una popolazione alle
proprie responsabilità e possibilità. Ci auguriamo
che davvero molti Santu Lussurgiu trasformino la
vita sociale isolana.
Siamo pure lieti di pubblicare un articolo di
un’evangelica sarda, membro della comunità battista di Cagliari, sul fenomeno della criminalità nell’isola, sulle sue cause e forme antiche e odierne,,
sulle speranza che tanti sardi nutrono e per cui lottano.
Ricordiamo che la presenza evangelica neU’is-ota
è modesta.
A Cagliari e a Carbonia vi sono due comunità
battiste, con gruppi nella provincia, a S. Vito, Iglesias e Cortoghiana. Ancora a Cagliari, e a Quartu
S. Elena, due comunità delle Assemblee di Dio (pentecostali). A Selargius, pure in provincia di Cagliari,
vive una comunità della Chiesa di Cristo. Come si
vede, quasi tutti i gruppi e le comunità sono raggruppati, almeno a nostra conoscenza (i dati sono
tratti dall’Annuario «Cristianesimo Evangelico »),
nel meridione dell’isola. Al centro-nord si trovano
solo due centri evangelici: una comuriità dei Fratelli
a Sassari, e, in faccia alla storica Caprera, ciò che
resta della piccola comunità valdese de La Maddalena, più che decimata dall’emigrazione. Anche da questo punto di vista, dunque, Visolamento della Sardegna è superiore a quello di altre regioni e, in particolare, della Sicilia la quale invece, Piemonte a parte,
è la regione dove più numerosa è la diaspora evangelica.
Destino e rinascita di Santu Lussurgiu
Un villaggio sardo rivive grazie si suo maestro
C’era una volta, in Sardegna, un villaggio — Santu Lussurgiu — i cui 3.500
abitanti, quasi tutti pastori e operai
agricoli, vivevano in condizioni di miseria : le sue terre semi-aride, nell’estremo nord della provincia di Cagliari,
non favorivano per nulla le colture,
l’allevamento era precario, il commercio quasi inesistente e l’analfabetismo
assai diffuso. I giovani di Santu Lussurgiu espatriavano al di là dei mari e
andavano a cercar lavoro, chi in Argentina, chi in Australia... Gli altri,
quelli che restavano, pativano delle
loro privazioni, ma le subivano con
rassegnazione.
È qui, a Santu Lussurgiu, che 44 anni fa è nato Francesco Salis. Divenuto
maestro, prese a insegnare nel suo villaggio nativo e non uscì: dalla Sardegna se non nell’autunno 1967, quando
fece un viaggio a Parigi. Non fu un
semplice viaggio turistico : egli veniva
nella metropoli francese per ricevervi,
nella sede dell’UNESCO, una medaglia commemorativa e il « premio
Mohammad Reza Pahlavi » che ogni
anno viene attribuito a coloro che più
si distinguono nella lotta contro l’analfabetismo. Infatti, non contento di insegnare ai ragazzi del suo villaggio,
Francesco Salis ha fondato per gli
adulti il primo Centro di cultura popolare istituito in Sardegna ; ed è questo
che gli è valso il premio che è venuto
a ritirare a Parigi.
UN INSEGNAMENTO TECNICO
BASATO
SULLE ESIGENZE LOCALI
In quell’occasione egli ha raccontato come, con l’aiuto dei notabili di
Santu Lussurgiu, aveva deciso di scuotere il torpore che gravava sul villaggio. Tutti erano d’accordo che il compito più urgente era quello di avviarvi un insegnamento tecnico basato
sulle esigenze locali, di orientare le
vocazioni e, più importante ancora, vegliare a che coloro che già avevano ricevuto un embrione d’istruzione non
dimenticassero ciò che avevano imparato. Del resto, perchè il villaggio non
avrebbe potuto beneficiare di un centro simile ai molti che l’Unione nazionale per la lotta contro l’analfabetismo (UNLA) sostiene in tutto il meridione della penisola?
L’UNLA, naturalmente, incoraggiò
l’impresa e nel 1951 il Centro di cultura popolare di Santu Lussurgiu annuiiciò l’apertura dei suoi corsi serali, il
cui inizio assai modesto ebbe come cornice una sala della biblioteca municipale. Francesco Salis e i suoi amici
dovettero presto riconoscere che per
giungere a migliorare la sorte dei propri simili, bisogna che questi vi si prestino. Ma era proprio quello che gli
abitanti di Santu Lussurgiu si rifiutarono di fare, almeno al principio.
L’idea di dover « ritornare a scuola »
li feriva nel loro amor proprio. Furono
proprio i giovani che si decisero per
primi a iscriversi al Centro, attirati
dalla novità di un corso di stenografia, quel « procedimento magico » che
avrebbe permesso loro di annotare e
rileggere a piacimento i componimenti
poetici che è uso improvvisare nelle
feste sarde. Infatti la poesia popolare
ha una parte di rilievo in tutte le festività, da un capo all’altro dell’isola.
Dopo questi giovani, furono le madri
di famiglia analfabete che si presenta
Tono per imparare a scrivere, per po.ter
rispondere da sole alle lettere dei figli emigrati.
Cost cominciò il Centro. A poco a
poco i suoi programmi si estesero ed
esso giunse a fornire una vera cultura
generale. Gli abitanti del villaggio presero l’abitudine di trascorrervi qualche
ora ogni settimana, partecipando sempre più numerosi ai circoli di studio i
cui animatori incoraggiavano la discussione di problemi locali.
LA COOPERATIVA
TESSILE
Tuttavia, sotto l’impulso del suo direttore, il Centro di Santu Lussurgiu
doveva superare di molto le sue prospettive iniziali, passando ad applicazioni pratiche: cinque anni di attività
pedagogiche portarono frutto, sotto
forma di una cooperativa di artigiane
tessili ; ed è in questa associazione che
Francesco Salis vede la riuscita più
bella : « Si trattava — dice •— di trovare un’occupazione per le numerose
donne del villaggio le quali, non essendosi sposate, non volevano essere
a carico delle loro famiglie ».
Certe forme d’artigianato facenti
parte di antichissime tradizioni sarde
avrebbero potuto offrire una soluzione
a questo problema, ma si erano perdute. L’antica abilità manuale non trovava più modo di applicarsi a nuovi settori d’attività; inoltre gli antichi attrezzi tessili non corrispondevano più
alle larghezze richieste dagli acquirenti odierni. Si fece appello a esperti
deU’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici):
vennero organizzati corsi e dimostrazioni pratiche e presto le artigiane impararono a conciliare le tradizioni di
un tempo e i gusti di oggi. Non senza
sforzi e senza sacrifici, l’industria tessile del villaggio si trasformò, divenne
redditizia e nacque la cooperativa, di
cui sono proprietarie le artigiane tessili. Essa produce tappeti e stoffe di alta qualità; che sono venduti ai turisti,
attirati in numero sempre crescente
dalla Sardegna, ovvero esportati.
Senza con questo interrompere le
sue attività propriamente culturali, il
Centro presiedette alla nascita di numerose altre cooperative: per la lavorazione a maglia, per la confezione di
guanti, la sartoria, la falegnameria.
l’edilizia, e per.sino per l’allevamento
del bestiame. Tutti questi organismi
hanno ora la propria sede in un bell’edificio del X'TII secolo, che serve
da quartier generale del Centro.
Ma come son finanziate queste attività? «Il den: ro — dice Francesco
Salis con tono : issegnato — è sempre
stato per noi na derrata piuttosto
rara ». Il Cent o riceve un sussidio
dairUNLA com pure da altri organismi regionali, c mè la Cassa del Mezzogiorno, che h: contribuito all’acquisto di attrezzai ire; tessili e di altro
materiale per la .prima cooperativa.
L’INASA (Istituto nazionale dell’artigianato) offre un sussidio per il finanziamento dei corsi di falegnameria, di
confezioni e di lavorazione a maglia.
Ma il Centro deve pure molto a F. Salis e ai suoi collaboratori: nessuno di
loro accetta alcuna retribuzione e ü
loro lavoro è completamente gratuito.
UN VINCOLO
D’IMPORTANZA CAPITALE
Essi non hanno la pretesa nè di avere bloccato l’emigrazione nè di avere
risolto altri problemi della collettività.
Ma — conclude il Salis — è stato compiuto un utile primo passo : è in corso,
sia pure in scala ridotta, un lavoro
fruttuoso. Quindici anni fa, al momento della fondazione del Centro,
circa un terzo degli abitanti di Santu
Lussurgiu non sapevano leggere ne
scrivere. Oggi soltanto alcune persone
molto anziane restano analfabete. Ma,
soprattutto, è stato istituito un vincolo fra la cultura popolare e la produttività. Su questo punto il Centro s incontra, illustrandolo con il proprio
esempio, con il programma mondale d’alfabetizzazione promosso dalrUNESCO, ed è questo che ha valso
a Francesco Salis la medaglia.
Uomo modesto, assorbito dalla sua
missione, si è fatto molto pre^re per
venirla a ricevere a Parigi. Ciò che
l’ha deciso, è la speranza che questo
riconoscimento risvegli altre vocazioni e che susciti forse, oltre al prestigio, un maggiore aiuto finanziano
al suo Centro.
Ena Scanlan
{Inf/UNESCO)
iiiiiiliiimiiiiimimtiiiiiiiiii
ciccm
Alla fine del 1967 il Ministero delle Finanze italiano ha fatto un accertamento sugli utili riscossi nel 1963 e ’64 dal Vaticano con le azioni di sua proprietà presso
varie Società ed Enti finanziari italiani. Tale
accertamento è stato fatto per poter iscrivere a ruolo dell’imposta cedolare. per il
1968. le rate su quegli utili, anche se finora
il Vaticano, come è noto, si è sempre rifiutato di pagare l’imposta cedolare.
11 ministro Preti ha comunque reso noto
che per gli utili del 1963 e 1964 è stata
iscritta a ruolo un’imposta di un miliardo
e mezzo di lire. Tenendo conto che la cedolare è stata applicata sugli utili nella misura del 15 per cento nel 1963 e del 30
per cento nel 1964. se ne ricava che gli utili
azionali del Vaticano per titoli di società
italiane ammontavano a 3-4 miliardi l’anno,
I miliardi
del Vaticano
corrispondenti a un capitale di circa 100
miliardi.
L’On. Riccardo Lombardi ha precisato
che la cifra di imposta iscritta a ruolo è
esattamente di un miliardo e 720 milioni
per il 1963-64. Ed ha aggiunto; «È molto
opinabile che il capitale azionario del Vaticano sia di soli cento miliardi, anche non
volendo ammettere l’opinione corrente che
esso sia di mille miliardi ».
(Da L'Incontro, di Torino, febbraio 1968)
Nessun commento, solo una preghiera:
finché le cose stanno così, si abbia almeno
il buon gusto di non parlare — come si va
facendo da qualche tempo — di « Chiesa
dei poveri ». Grazie.
La problematica inerente al fenomeno
della criminalità sarda è un terreno di ricerca di vivo interesse ed attualità, sia per
le dimensioni dei suoi più recenti sviluppi, sia per le riproposte tematiche dei suoi
eventuali rapporti con la vita sociale dell’isola.
Ma prima di entrare nel vivo, bisogna
individuare il tipo di cultura esistente nella
società sarda e raffrontarla con il tipo di
cultura di un’altra società che si assume
convenzionalmente come società sviluppata.
Ciò implica che è erroneo considerare il
sottosviluppo come un fenomeno caratterizzato dall’assenza o limitatezza di razionalità economica in un dato contesto sociale. Se infatti si assume che tutti i componenti umani debbono essere caratterizzati,
in linea di principio, in termini di razionalità economica, allora risulta evidente come
anche in una società sottosviluppata il comportamento economico dei soggetti debba
poter essere inquadrato entro schemi econom'ci.
11 problema, pertanto, è quello del contesto culturale in cui il comportamento
economico è inserito.
In alcune aree depresse, come appunto in
Sardegna, lo sviluppo economico è possibile solo se vengono allentati o spezzati i legami della tradizione e delle usanze, che
impediscono all’individuo un comportamento razion.nle volto al suo interesse.
Queste società presentano problemi di
pianificazione più gravi di quelle in cui la
popolazione è avvezza ad agire sulla base
di calcoli razionali.
Ora. partendo da tali considerazioni si
può comprendere come la criminalità sarda dipenda molto da questi legami.
Infatti il banditismo sardo, fino a dieci
anni fa era legato a tradizioni, usanze che
incidevano sugli interessi come mezzi, rivendicazioni di offese, etc., oggi invece incidono sugli interessi come fini, cioè il raggiungimento di benessere.
Il boom economico che ha invaso tutta
Italia e quindi anche la Sardegna non ha
potuto inserirsi nel contesto culturale dell’isola, nella quale persiste ancora l’assenza
di razionalità scientifica, tipico fènomeno
delle terre sottosviluppate. Tale assenza impedisce un progresso tecnico e i mezzi di
produzione permangono immutati, così come permangono immutate le combinazioni
produttive. Potrebbe sembrare che questa
situazione possa essere superata mediante
un miglioramento tecnico dei mezzi di produzione, ma così non è. Non si tratta semplicemente di sostituire l’aratro chiodo con
il trattore; occorre creare nel soggetto sottosviluppato l’interesse a che ogni attività
da lui svo'.'ia sia caratterizzata in termini di
razionalità scientifica. 11 motivo per cui il
contadino sardo non usa il trattore al posto
dell'aratro chiodo non è costituito dal fatto che egli non può fronteggiare il costo
del trattore, ma dal fatto che la sua cultura gli impedisce di capire la superiorità del
trattore, come mezzo di produzione, sull'aratro chiodo. Perchè se avesse questa capacità è chiaro che l’iniziale difficoltà del
costo, cui potrebbe ovviare con un mutuo,
verrebbe ben presto superata non foss’altro
perchè il reddito del contadino aumenterebbe immediatamente e in misura tale da
consentirgli di coprire le spese.
Inoltre, quindi, si nota che l'estrema povertà e arretratezza della Sardegna viene
spiegata non solo in termini culturali ma
anche e soprattutto in termini di organizzazione.
Quest’ultimo fenomeno è uno dei più
importanti comportamenti sociali che stabilisce se una società è sottosviluppata o
sviluppata.
L’incapacità degli abitanti sardi, di alcuni centri dell’interno, di agire insieme per il
bene comune, o, più in generale, per qualsivoglia fine che trascenda l’interesse materiale e immediato del nucleo familiare è
fortemente radicato in questi soggetti, tipicamente sottosviluppati. Tale incapacità di
organizzarsi aKivamente al di là della ristretta cerchia familiare deriva dell ethos
del « fallimento morale ». Cioè si ha solo
un'organizzazione di tipo privatistico, al livello familiare e i rapporti tra i singoli piccoli gruppi familiari sono pressoché inesistenti. La struttura sociale sarda è basata
proprio su ques'ta organizzazione.
L’atteggiamento del sardo verso la « roba » altrui sarebbe una conseguenza dell’esclusivismo familiare che egli definisce nei
seguenti termini ; « prima di ogni altra cosa
la famiglia». Vediamo quindi che il furto
diventa uno dei mezzi più spicci per acquisire la ricchezza, sempre per il bene della famiglia.
Da ciò nasce l'abigeato che diventa 1 unico « modus » di acquisizione di benessere
derivato appunto da questo tradizionale familismo.
Il pastore sardo che vive isolato da ogni
centro urbano, isolato non solo da un punto di vista geografico ma soprattutto da un
punto di vista culturale, non comprende che
lo sviluppo del paese e quindi dello stesso
suo nucleo familiare viene determinato dagli sforzi collettivi degli uomini e non da
un codice di vendetta, tipico ordinamento
giuridico della società barbaricina.
Ora in questi ultimi tempi questo ordinamento giuridico è diventato quasi un sistema di tutela giuridica, che salvaguarda l’antico comportamente sociale dal nuovo comportamento che va instaurandosi sempre
più, specialmente nella classe più abbiente.
Cioè l’antico pastore che rubava o uccideva per vendetta, la cosidetta offesa di
sangue, si è trasformato in un soggetto che
non ruba o uccide per vendetta, ma per un
odio irrazionale verso i cosidetti « prinzipales », cioè i proprietari terrieri.
Questo fatto rischia di sommergere in
un conflitto senza scampo tutto quel regime
di sicurezza sociale predisposto dalla comunità sarda più abbiente o da altre comunità estere.
Alcuni studiosi di questo problema fanno
derivare la causa di questo comportamento
daU’isolamento nel quale per esempio un pastore della Barbagia di Seulo, o del Salto di
Quirra, o dell’Ogliastra o delle Baronie, si
trova. Cioè sembra che alcuni indici statistici pongano in rilievo la concordanza tra
isolamento e criminalità.
Questo concetto è inesatto; la geografia
dell'isolamento non corrisponde alla geografia della criminalità, perchè se così fosse
calcolando gli indici di isolamento in Canadá o in Australia si dovrebbe presumibilmente concludere che in quelle regioni la
criminalità raggiunge tassi elevatissimi di
fronte ai quali quelli della Sardegna apparirebbero di modestissima entità. Ciò che è
necessario, invece, è interpretare l’isolamento come isolamento culturale. Il fatto che
in Sardegna l’area della criminalità coincida
con l’area meno popolata è meramente casuale; il fatto essenziale è che l’area meno
popolata sia anche quella culturalmente più
arretrata.
È proprio questo fatto che rende indispensabile una generale presa di coscienza
per una concreta azione di denuncia del fenomeno, che non può interessare la sola e
pur responsabile sfera dei pubblici poteri,
ma deve trovare adeguata risposta nelle coscienze di tutti i cittadini.
Ciò che differenzia il banditismo sardo
dalle altre forme di banditismo o criminalità è proprio questa assenza di cultura.
Ne è prova tangibile l'omertà, tipico compopiamento di un ambiente altamente sottosviluppato, fenomeno che alimenta la delinquenza e il banditismo. Una somma di
crimini che vanno dallo spargimento di sangue, ai sequestri di persona, alle estorsioni,
ai ricatti intimidatori. Di fronte a tali esperienze nessuno può restare indifferente.
Il sequestro, che è diventato l’uKima ed
ignobile manifestazione della criminalità
sarda, costituisce una violenza alla persona, un’inumana e barbarica coartazione della libertà che rivela sintomi di una crudeltà che per motivi di arricchimento illecito
non esita a passare sprezzattamen'te sul dolore e suU'angoscia. sulla disperazione degli uomini, delle famiglie e dei bambini soprattutto e turba la serenità sociale, condizione necessaria per un vero progresso civile.
Nella considerazione sofferta di tutta questa somma di disastri materiali e morali, in
nome di Dio e nell’interesse dell’isola intera
invito coloro che hanno responsabilità sociali a porre in atto tutto quanto è richiesto dalla situazione per fare della Sardegna
un’isola che cresce nella pace delle istituzioni, degli uomini e delie cosc’enze.
In queste mie parole è racchiusa la speranza che il banditismo sardo non prosperi
in un ambiente reso taciturno dalla paura e
da un falso concetto dell’onore. Dopo il no,
almeno iniziale, della famiglia Petretto e
dopo la cattura di Graziano Mesina e di
alcuni appoggi dei banditi, la speranza naia
e di tutta l’isola è stata decisamente incoraggiata.
Sembra che una società nuova si scopra
e si riveli sana e civile. La battaglia è forse appena cominciata. Quanto dura e lunga
essa sarà, noi non lo sappiamo. Di un fatto
sono e siamo certi : in questi giorni in Sardegna è cominciato un processo irreversibile. Anche nelle regioni più interne, i sardi
stanno uscendo da un avvilente passato. Ora
spero che andranno avanti ; con tenacia e
con coraggio, com’è nella loro natura.
È un piccolo lume di progresso civile che
finirà col prevalere sulle tenebre suscitate
dall’ignoranza, dalla povertà e dai pregiudizi. Sofia Casnedi
Libri ricevuti
Dalla Casa editrice ic Paideia » di Brescia
abbiamo ricevuto recentemente queste opere:
,L R. Gei.s i.MAWt . Gesù il Cristo. I. Il
Gesù storico. P. 216, L. 1.500.
J. M. Robin.son - E. Focus . La nuova ermeneutica. P. 140, L. 1.000.
Autori vari . L’Apocalisse, P. 184. Lire
1.500.
C. Romaniuk - Il timore di Dio nella teologia di San Paolo. P. 149, L. 2.000.
M. Cassa - Lettura dell’enciclica « Populorum progressio ». P. 188, L. 1.000.
Tre volumetti della « Biblioteca minima
di cultura religiosa » :
R. DE Vaux - I patriarchi ebrei e la storia.
P. 67. L. 500.
Cu. H. Dodo . Evangelo e Legge. P. 109,
L. 600.
O. CuLLMANN - Immortalità dell’anima o
risurrezione dei morti? P. 59, L. 500.
5
3 magrio 12CC
18
pag. 5
Beati i non violenti, perchè essi
possederanno la terra
mflTTEO 55
Tradotta in questi termini, che
sono oggi preferiti dalla maggior
parte degli studiosi, la « beatitudine » che ritroviamo in Matteo
acquista veramente un risalto e
un’attualità eccezionali, un rnordcnU : he vorremmo definire rivoluzionai nel senso genuino, cioè
cristiana I è significativo il fatto che la sostituzione del termine
« non violenti » alla tradizionale
versione de! vocabolo greco (generalmente resa con « mansueti »)•
sia in sostanza un ritorno alle fonti. Matteo infatti non fa che citare
il Salmo 37, nel quale è posto il
pi'oblcma della sapienza di Dio di
ironìe aH'umanità divisa tra oppressori ed oppressi, tra violenti e
neri violenti. E già la Chiesa antica aveva preferito il termine
« non desiderosi di vendetta »,
cioè aveva compreso che la beatitudine non mirava a far 1 elogio di
una qualità morale, ma a proporre un certo tipo di rapporto col
M.
la
Infatti il non violento non è
nemmeno un lottatore la cui posizione sia fine a se stessa; non si
tratta per lui di puro eroismo o
virtuosismo cristiano spinto fino
al martirio. La sua testimonianza
nel mondo rimanda a qualcosa che
lo trascende: in mezzo alle guerre,
alle ingiustizie, alle oppressioni
presenti, il testimone addita, pagando di persona, una speranza
che acquista nelle parole di Gesù
un accento di -pienezza veramente
accessibile all’uomo: « possiederanno la terra ». È un tipo di promessa che per gli uomini dell’Antico Testamento era certo collegato con la visione della Terra Promessa; nella beatitudine evangelica, essa allude al Regno di Dio, ed
è significativo che sia espressa con
termini così « terrestri », quasi a
sottolineare la continuità, anzi
r immanenza della Promessa di
Dio in questo mondo, in questa
realtà tragica di oggi, che non viene per nulla spiritualizzata p negata, ma fatta intravedere come
rinnovata e redenta.
Così la Beatitudine si sofferma
tanto poco sulle qualità morali dei
non violenti, che finisce per trasformarsi nella promessa della riconciliazione totale del mondo con
il suo Signore. Il non violento è
un puro strumento di questa grande riconciliazione finale. Egli è destinato a cadere, anzi umanamente a fallire, ad essere cancellato
per opera della violenza stessa;
ma la realtà della riconciliazione
rimane, lavora in mezzo al travaglio del mondo e nelle coscienze
degli uomini. Scriveva Martin Luther King: « Quando le catene della paura e i ceppi della frustrazione avevano quasi ridotto all’impotenza i miei sforzi, ho sentito la
potenza di Dio che trasformava il
travaglio della disperazione nell’allegria della speranza. Io sono
convinto che l’universo è sotto il
controllo di un’inténzior'e amoro
sa.. Cesi, nel più vero senso delL.
parola, Dio è un Dio viven i.. In
un mondo buio e confuso, il Regno
di Dio può ancora regnare nel cuore degli uomini ». Rita Gay
Un momento di toccoglimento e di preghiera durante una pubblica
manifestazione non violenta. "Pregate per quelli che vi perseguitano...”
iiiniimuiiiiiiiiiKitiiiiiii
Parole di Martin L. King
..................... <>
in occasione dell’assassinio del Pastore
James Reeb. presbiteriano del Nord, bianco,
ucciso da un razzista del Sud durante una
manifestazione per i diritti civili.
Il Pastore Reeb è il simbolo della
coscienza della nazione. Da sempre egli
aveva difeso la causa dei poveri e viveva in mezzo ad essi. Per quale motivo gli uomini buoni devono morire
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiliiiiMhimmiiiiiiiiiiiimimnii
l\veva messo tm le pagine del! i Bibbia le catene della sua gente
Glory Gioiy AllBluJai
L. King in una manifestazione per
parità razziale nel lavoro.
mondo — rapporto descritto attraverso un certo tino di uomini, definiti '' I hi ¡-.nirito », «puri
di ( > [.-.mori di pace »,
«mi'< - — e, appunto,
« mansueti »: cioè, secondo il salmista, coloro che si confidano nell’Eterno, stanno in silenzio davanti a Lui e Lo aspettano, coltivano
la fedeltà, trattengono l’ira e lo
sdegno, non si crucciano; coloro
che si astengono dal reagire alTingiustizia con mezzi ingiusti, fidancio in Dio e nel Suo operare.
Dunque i mansueti, i non violenti, anzitutto sono uomini che
vivono nel mondo, in un dato momento storico, e la, cui « mansuetudine » non è un atteggiamento
di fuga dalle lotte reali e di clausura in un mondo intimo fatto di
dolci consolazioni spirituali, non è
la costruzione di un illusorio oriz/.onic di pietà e di beatitudine, ma
è mi atteggiamento di presenza nel
momento storico in cui si trovano chiamati a vivere, una presenza nella mischia, una presenza in
mezzo alle guei're e alle sofferenze
dell’umanità divisa. E questa presenza è al tempo stesso una contestazione; non ci riferiamo qui
- emplicemente al comandamento
con uccidere » cui certi tipi di
I i .i/ioni non violente si richiamano esclusivamente, e che ha un
sapore ancora troppo legalistico,
troppo meccanico pur nel suo richiamo sempre valido alla Parola
di Dio; ci riferiamo proprio al contesto del Sermone sul Monte, che
è tutta un’affermazione della sostanza rivoluzionaria dell amore,
per cui la presenza del « mansueiM », del non violento nel mondo
è una presenza estremamente scomoda, scandalosa, come ancora
una volta ci è testimoniato dalla
tragica morte di Martin Luther
King. Il non violento, colui che rimanendo in campo aperto reagisce all’ingiustizia e all oppressione
con la fede nell’Eterno, e che lotta
per questo, è tutt’altro che un mite o un rinunciatario, è piuttosto
un testimone. E perciò l’accento
della Beatitudine non cade tanto
sulla sua persona, quanto sulla
« promessa » che gli vien fatta,
cioè sul senso escatologico della
sua testimonianza.
Il. I del ? dicembre 1859, a
Charlestown, in Virginia, un negro veniva impiccato. Si chiamava John
Brown. Aveva combattuto tutta la vita
per l’abolizione della schiavitù, perchè
ai suoi fratelli di dolore venisse cambiata la carta d’identità da « cose » a
«persone». Non era un pacifista. Era
un combattente armato. Aveva dichiarato guerra ai padroni bianchi e fatto
ricorso alla violenza. Quando lo impiccarono usciva dall’ultimo scontro
alla testa di dieci, bianchi e di 35 negri. Il nemico era cento volte superiore. Ogni battaglia era avvenuta con
questa proporzione di forze, cento
contro uno. Il disperato drappello venne distrutto ma la morte di John
Brown affrettò la guerra di secessione
americana e i nordisti marciarono
contro i sudisti cantando; John
Brown’s body lies amouldering in thè
grave, but his soni goes marching on.
Glory glory alleluja!. John Brown giace immobile sotto la terra, ina la sua
anima cammina ancora. Gloria, gloria,
alleluja !
Allelùia di sangue. Non servì, guerra, nè legge, nè evoluzione del costume
nè progresso. Quella che per secoli
era stata schiavitù di catene alla caviglia cambiò nome, si camuffò con la
maschera legalitaria dell’ordine costituito e divenne più ambigua e menzognera perchè truccata da libertà. Da
più di cento anni il fiume della violenza ha continuato a scorrere contenuto
tra rive fangose d’odio e di paura.
Quando un uomo si è alzato in piedi
su quelle rive, come Cristo al Giordano, per predicare uguaglianza e fraternità hanno ucciso anche lui, Martin
Luther King. Un uomo r®gro. ■
La sua rivolta contro il razzismo
bianco era iniziata un giorno su un
autobus dell’Alabama. L’autista aveva
imposto ad una donna negra, che per
la grande stanchezza aveva osato sedersi in mezzo* ai viaggiatori bianchi,
di restare in piedi, quale doveroso ossequio alle leggi vigenti nello Stato. La
donna, sfinita, rifiutò, e venne arrestata. Martin Luther King era pastore battista di Montgomery. L’episodio
dell’autobus fu la scintilla che egli
aspettava. Disse ai negri di non salire
più sulle vetture del servizio pubblico
di Montgomery e organizzò un servizio volontario per trasportarli al lavoro e riportarli a casa. Il boicottaggio
agli autobus fu unanime. Le autorità
se ne offesero, il sindaco pure, i democraticissimi benpensanti locali idem. Il
titolare della ditta di trasporti chiese
la testa di King. Non gliela dettero,
ma non fu merito del loro buon cuore.
Martin Luther King venne arrestato,
successivamente gli gettarono in casa
cinque bombe a mano. I negri volevano reagire impiccando qualche bianco, lui si oppose : « No, alla violenza
si risponde con la non-violenza ». Il 13
novembre 1965 la Corte Suprema degli
Stati Uniti dichiarò incostituzionali le
norme sulla segregazione negli autobus dell’Alabama. Luther King, disse;
« Delusione, dolore e disperazione sono
nati a mezzanotte. Ma il mattino viene ».
Di « mattini » ne vennero diciassette. E ogni volta King fu arrestato come un criminale. Negli intervalli, continuarono le bombe, gli incendi intimidatori, le violenze. Ma King continuò
la sua opera di pace. Dal pulpito della
chiesa, dal tavolo di lavoro; sereno,
forte, rivestito di un coraggio profetico
e di una fede assurda nella non-violen
za e nella fraternità, tra pericoli, in
comprensioni, tradimenti. Molti bian
chi non lo amarono; nè lo amarono i
molti negri fautori della rivolta ad ar
mi pari, quelli che si aspettavano di
vederlo cavalcare con la spada in pu
gno quale coi ••
organizzata co:;
zata, e lo udii
parole di amo
a Cristo era sv
Un giorno,
conferito ii pr,
Allora, poiché
eterna dei con*
avvenimenti d:
e umano corri
squallidamente
un giornale it
ta a Londra di
stata una tapp..
carriera di agi ;
Poi, fresco deiu
Martin Luther 1
ttiero della violenza
o la violenza legaliz> invece pronunciare
o di perdono. Anche
sso così.
ttro anni fa, gli fu
o Nobel per la pace.
lUsto per la legge
iti. che a figure e ad
ande valore morale
ndano fatti e figure
overe di contenuto,
IO ‘crisse : « La visiirtm Luther King è
diportante della sua
ore filo-comunista.
ozzovi;lie londinesi,
ng ha ripreso il suo
serafico sembiante per ricevere a Oslo
LA CI10CE
Gesù non sì sba;, i i a va, sugli uomini che lo crocifiggi io. Non sapevano quel che facevi i o. Soffrivano di
un tremendo accec. i ’ento.
Ogni volta che grardo alla croce,
ricordo la grandezi'. ili Dio e la potenza di Gesù Crisi . Ricordo la bellezza deiramore. nel sacrificio.
Sarebbe meravigT o se non provassi altra reazioni Ma non riesco
mai a staccare gli echi dalla croce
senza comprendere ' he essa simboleggia pure la sordioa debolezza dell’uomo. Penso a Cri io nella sua perfezione. all’uomo noi;a sua abiezione.
Dobbiamo vedere nella croce il sim.
bolo magnifico deli amore vincitore
deU'odio. Ma proclamando questa glo.
riosa affermazione, non dimentichiamo mai che il nost ' i Signore e Mae•stro fu inchiodalo alla croce daU’accecainento degli uomini. Coloro che lo
crocifissero non sa]icvano quel che facevano.
Martin Luther King
(da Amore in atto, in « La forza di
amare »)
le insegne del premio Nobel per la pace ». Dove si dimostra che le vie dell'imbecillità, come quelle della Fede,
sono infinite.
Lo hanno amato milioni e milioni
di persone che hanno creduto nella
sua parola. Un lungo fiume di popolo,
denso, nero, abituato a percorrere con
lui il sanguinoso cammino delle marce
di protesta, testimonianza silenziosa e
tremendamente accusatrice di una ingiustizia che suona vergogna ad un
popolo sedicente civile e cristiano. E
lo hanno amato e ammirato anche milioni di uomini bianchi, cattolici, protestanti, atei, ortodossi, buddisti, di
ogni corrente politica e di ogni confessione religiosa, tutti gli uomini che
hanno sentito risuonare nella sua opera di apostolo il monito grave per la
coscienza del mondo. È caduto alla vigilia della nuova marcia di protesta
pacifica in favore degli affamati spazzini negri di Menphis.
Chi lo ha ucciso? Mentre la polizia
americana fruga tra indizi e sospetti
sulle orme dell’assassino, noi ci sentiamo sempre più lontani dall’individua^
re il colpevole in un solo uomo carico
d’odio. L’uccisore di King è venuto da
molto lontano. Ha camminato atuaverso secoli di mgiustizia, di sopraffazioni, di egoismi. Alle sue spalle, nella
comoda ombra dell’omertà, ci sono milioni di uomini i quali vogliono che
« tutto rimanga come primari). Che il
negro rimanga « negro », chiuso nel
ghetto dove l’hanno relegato da sempre ; che l’economia, la cultura, la politica, ogni aspetto della vita sociale
continuino ad essere retaggio degli allucinati paladini della razza e della
superiorità.
Chi giudicheranno, alla Corte di
Menphis? «Contro» chi si pronuncerà, secondo la formula d’apertura al
processo, « il popolo degli Stati Uniti »?
Contro la sua storia? Contro le sue leggi, le sue tradizioni? Contro i grotteschi criminali del Ku Klux Klan o
contro gli uomini politici e le gerarchie militari che mandarono a morire
in tutte le parti del mondo i reggimenti dei soldati negri promettendo l’uguaglianza e l’integrazione dopo la vittoria?
Hanno ucciso l’uomo più mite del
del mondo. Hanno fermato il cuore
più generoso che mille volte aveva perdonato ai suoi persecutori, a coloro
che continuamente minacciavano la
sua vita, quella dei suoi figli e di sua
moglie. Tutta la sua vita, tutti suoi
scritti le sue parole i suoi sermoni, sono una testimonianza unica, coerente,
una lezione proclamata a voce alta,
senza spirito di rivolta, animata e sorretta da una sola speranza : che gli nomini, infine, colmassero di buona volontà l’abisso delle ingiustizie e delle
incomprensioni tra bianchi e neri e si
riconoscessero fratelli nel nome di
Cristo.
C’è un famoso spiritual, sgorgato
dall’anima collettiva della folla negra,
che cercava nel canto e nell’alcool una
forza di rivincita per una lotta senza
scampo. Dice così. : « Quando Harlem
si sveglierà, i bianchi fuggiranno terrorizzati... ». Ora siamo noi che nell’ecq
di questo canto fatto d’angoscia e di
minaccia, sentiamo vivo e immediato
il timore per quel giorno. Non noi in
quanto bianchi, ma in quanto cristia^
ni. Che avverrà della folla negra priva
della sua « grande anima »? Potranno
i successori di King guidare e illuminare i loro fratelli negri verso una vittoria pacifica come Lui avrebbe continuato a fare? Saranno sufficienti il
ricordo e l’esempio di King per indurre alla calma la spaventosa forza di
massa non ancora rientrata compietamente negU argini dopo le esplosioni
di quei giorni tremendi?
Si appresta, per tutti noi, troppo a
lungo dimentichi di ciò che accade lontano dalle nostre case, un impegno
urgente di solidarietà attiva verso il
popolo di Martin Luther King. Egli
aveva posto nelle pagine della Bibbia
le catene della sua gente; era stato
fedele alla lettera e allo spirito della
Parola di Dio.
Aveva operato per la pace in un
mondo che la rinnega ogni giorno. La
sua testimonianza vale anche per noi,
dipenderà anche da noi se il popolo
negro sostituirà allo « spiritual » della
minaccia, uscito dalle notti di Harlem,
l’inno della fede secondo l’esempio di
un uomo che diede la sua vita per
quella dei suoi fratelli: Luther King
giace immobile sotto la terra, ma la
sua anima cammina ancora. Gloria,
gloria, alleluja! Marco
perchè han fatto il bene? Gerusalemme, perchè perseguiti i tuoi profeti?
James Reeb è stato ucciso, non solo
da uno squilibrato che pensava che il
delitto è un modo di esprimere il proprio disaccordo, ma anche dall’indifferenza dei ministri di culto a predicare l’Evangelo, dall’indifferenza delle
Chiese che tollerano le ingiustizie, dalla brutalità che gli sceriffi esercitano
nel nome della legge, dalla viltà dei
Negri che accettano passivamente la
segregazione e si tengono lontani dalla lotta...
Ma la sofferenza immeritata è fonte
di salvezza. Non siamo disperati nè
amareggiati malgrado l’ora tenebrosa
che viviamo; non perdiamo la fede,
non desideriamo vendetta. La morte
verrà per tutti, ma non sarà la fine:
crediamo nell’immortalità dell’esistenza personale. La vita ha alti e bassi.
Dannazione e salvezza sono presenti
in ogni situazione. Continueremo a lavorare qui per cambiare la nostra società.
■iiiiiitiiHiiimiiiitiiiii
Notiziario
Metodista
Pur nella sua minuscola proporzione, la
Chiesa Metodista d’Italia intende conservare e sviluppare una delle principali caratteristiche del Metodismo originario, ed è
quella dell’interessamento ai vari problemi
sociali della vita comune.
Esiste ed opera infatti, in seno alla Chiesa Metodista dTtaÌia, uno speciale organismo denominato «Comitato di Azione Sociale » il quale ha l’incarico appunto di
coordinare e promuovere iniziative di carattere extra cultuale, di assistenza sociale.
Questo Comitato, nella sua ultima riunione, ha trattato argomenti di viva attualità e
di alto interesse generale per la vita pubblica. A sollievo dei sinistrati del terremoto
in Sicilia, il Comitato di Azione Sociale ha
formulato una proposta sotto, forma di appello; che si istituiscano campi giovanili
di lavoro che operino nelle località terremotate per l'urgente opera di ricostruzione.
Sul grave e scottante problema della pace
npl mondo, ed in modo particolare nel
Vietnam, il Comitato ha espresso voti, affinchè sia trovata una soluzione pacifica
dell’attuale tragedia e sia concesso a quelle
popolazioni indocinesi di scegliere il loro
destino ed il loro governo mediante libera
autodeterminazione.
Altri temi non meno attuali sono stati
dibattuti con sentimenti di elevata sensibilità cristiana.
Alla conferenza Cristiana per la Pace, tenutasi recentemente a Praga, la Chiesa Metodista d’Italia è stata ufficialmente rappresentata dai pastori : Sergio Aquilante,
Vezio Incelli, Ivo Bellacchini.
In occasione della Pasqua, alcune Comunità metodiste della zona sud Piemonte
hanno steso, in collaborazione con gruppi
di giovani cattolici di Alessandria e di Asti,
un « volantino » il cui contenuto voleva
essere un invito al ravvedimento per una
fedele testimonianza cristiana nel mondo
d’oggi. Tale volantino, scevro da ogni impronta politica, è stato distribuito alla porta delle Chiese (Cattoliche e Metodiste) al
mattino di Pasqua.
E per finire — sempre in argomento di
iniziative di carattere sociale — segnaliamo
il Centro Evangelico « Casa Evangelica » in
S. Marzano Olivete il quale sta provvedendo alla ripresa delle sue attività estive. Presso questo Centro, il 25 aprile ha avuto
luogo un ben riuscito Convegno giovanile
regionale durante il quale sono stati trattati i seguenti argomenti; «La Federazione
giovanile regionale», introdotto da Renzo
Turinetto; e « La Chiesa nel mondo », introdotto dal pastore Vezio Incelli. g.
imiiiiiiiMiiiNliiiiiii
iiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiii
DONI RICEVUTI PER ECO-LUCE
Da Bergamo-. Romano Cuaffeis 500; Pietro Bettoni 2.500; Carla Rostain Ravaritt
500; Gaspare Luchsinger 500; Giuseppe Tosi 500.
Da Genova'. Ettore Bounous 500; Alberto
Durand 500; Alice e Emma Rivoir 500
Emanuele Tron 500; Bruno Ispodamia 1.000
Roberto Cavo 500; Renato Pampuro 500
Luigi Papini 500; Jenny Cionini 300; An*
Ionio ReveUi 500.
Da Pinerolo'. Edmondo Bosio 500; Luisa
Tron 300; Cairus Luigi 500; Berta Gardiol
500; Giulia Godine 500; Gabriele Coucourde 500; AUiaud Elisa 200; Èva Rostan 100;
Stefano Danna 500; Mimi Long 500; Maria
Ribet 500; Ilda Bosio 500; Davide Roccione
500; Guido Ricca 500.
Da Pomaretto'. Guido • Baret 500; Enrico
Artier 300; Attilio Pons 500; Federico Micol 500; Arturo Bernard 500; Giosuè Ribet
300; Guglielmo Pons 500; Federico Baret
300; Levi Massel 200; Jahier Vitale 500;
Sergio Ribet 300; Alessio Marchetti 500.
Grazie! (continua)
6
•pag. 6
N. 18 — 3 maggio 1968
MARSEILLE
Pour tardifs qu’ils soient, les échos du 17
Février à Marseille arrivent quand même
aux vallées et ce retard, bien involontaire,
n’est pas une « galégeade » marseillaise, car
c’est bien le Dimanche 25 Février dernier
que Marseille a commémoré la fête de l’émancipation!!
Comme chaque année, le Pasteur envoyé
en visite par la Vénérable Table fut accueilli avec joie, et cette joie était bien
grande puisque nous avions le plaisir de recevoir Monsieur le Pasteur Ermanno Rostan
et Madame, tous deux bien connus et très
estimés par tout le groupe Marseillais.
C’est au Temple de la rue Grignan, qu’à
10h.l5 eut lieu le Culte, présidé par Mr. le
Pasteur Jacques Marchand. Et comme toujours les Vaudoisss en costume attirèrent de
forts nombreux regards admiratifs. Dès le
commencement de sa prédication: Ps. 121,
« Je lève les yeux vers les montagnes d’où
me viendra le secours », puis dans l’Epître
aux Ephésiens (4: 1): a Je vous exhorte
donc, moi, qui suis prisonnier pour la cause
du Seigneur», Mr. le Pasteur Rostan, par
son éloquence aussi ardente que vigoureuse
et par sa grande force de persuasion sut capter entièrement l’attention de tout l’auditoire. C’est avec une forte émotion contenue
que la chorale chanta le Serment de Sibaud.
A l’issue du culte, tous nos vaudois avec em.
pressement entouraient M. et M.me Rostan
leur disant chacun a leur manière leur joie
.vde les revoir parmi nous.
A 12h. 30 un repas fraternel nous réunissait 120 environ à la Maison Vaudoise. Notre Président M. Henri Poët accueillait nos
visiteurs, qui étaient également entourés de
Mrs les Pasteurs Marchand, Pierredon, M.me
Mordant (Mrs les Pasteurs Bertrand et Lecomte s’étaient fait excuser) de même que
d’un bon nombre de fidèles amis des Vaudois. Comment décrire l’ambiance qui régnait dans notre maison en ces heures si
précieuses? C’était à la fois un ensemble de
joie, de foi, d’espoir, de confiance, le tout
aromatisé, non pas d’un vin capiteux, mais
de pointes de chants des vallées, et dans les
yeux de certains d’entre nous, une douce
nostalgie se laissait deviner... Après les paroles d’accueil, de remerciements et de bienvenue, prononcées par Mr. Poet, notre visi
Echos de rencontres vaudoises
A LUGANO
leur prit la parole, nous faisant vivre avec
sa paroisse d’Ivrea, nous faisant connaître
les problèmes de la Vénérable Table après
le désastre de la Sicile, et nous donnant des
nouvelles des vallées. Puis divers discours
furent prononcés, appréciés, et comme il se
doit, très applaudis.
^ ÿ «
L'après midi eut lieu notre séance récréative, où les espoirs de TUnion Vaudoise de
demain se firent une joie de se manifester.
Nos jeunes artistes en herbe, rivalisèrent
avec les plus grands, qui eux voulurent faire
des étincelles comme les cadets... Et nos aines mirent tout leur talent, toute leur jeunesse et toute leur ardeur pour nous donner
deux belles pièces, une a caractère moral :
(c Guignol voici le diable » et une deuxième
plus gaie: «Un bouquet de fleurs»! Nos
enfants aussi avec joie et amour chantèrent
les vieux chants des vallées pour la joie de
tous. Et les heures passèrent... jusqu’à 20
heures, où un nouveau groupe de 120 Vaudois se réunit à nouveau pour une agape fraternelle, leur permettant de prolonger tard
dans la soirée cette journée de joie et de
reconnaissance.
Permettez moi de dire ici toute notre reconnaissance à toutes celles et à tous ceux
qui sans compter se dévouèrent pour la réus.
site de cette journée. Une mention particulière pour notre cher ami et présentateur Mr.
Aldo Tron qui sait toujours allier avec
bonheur talent et humour, mélangé a un
brin de patois.
^ ^ ^
Les jours qui suivirent furent consacrés
à la visite des Vaudois hors Marseille ou
dans l’impossibilité de se déplacer. Mr. Rostan et Madame étaient infatigables et toujours prêts à aller partout où leur présence
et leur visite pouvait apporter espoir, confiance et réconfort. C’est ainsi qu’arriva la
soirée du Mercredi, soirée prévue pour 21
heures à la Maison Vaudoise: une soixantaine au moins des nôtres étaient encore venus entourer M. et M.me Rostàn, pour assister à la projection du film qu’ils avaient
apporté sur la Glorieuse Rentrée.
La soirée très agréable fut, comme les
bonnes choses, trop rapide et trop courte au
grès de tous. Mr. et M.me Rostan surent
nous tenir sous le charme, tant par leurs
chants, que par leur gentillesse, que par leur
aimabilité.
Les mots me manquent pour exprimer, au
nom du groupe Vaudois de Marseille, la vive
reconnaissance qui nous a tous animés pendant ces trop brèves journées; et nous exprimons à la Vénérable Table, de même qu’à
nos visiteurs, tous nos remerciements, en exprimant le souhait que Dieu nous donne de
nombreuses années encore, la joie profonde
et la communion d’âmes ressenties au cours
de cette visite : et que tous deux trouvent
ici notre amitié reconnaissante^ et nos remerciements pour les heures si riches qu’ils
nous ont donné de vivre par leur visite.
A. P.
Vita evangelica
Date le relazioni che da tutti i tempi esistono tra la Chiesa di lingua italiana e £ran,
cese di Lugano e dintorni e la Chiesa Valdese ^ in ;^cnerale e diverse comunità locali,
pensiamo possano interessare i lettori del1’« Eco-Luce » alcune notizie di questa comunità.
Anche noi abbiamo ricordato la data del
XVII Febbraio per mezzo di una agape fraterna che ha riunito un centinaio di persone la sera del « 17 », agape che ha avuto
un notevole successo sotto tutti gli aspetti.
AH6R0GNA (Serre)
La domenica delle Palme sono stati ammessi in Chiesa Rivoira Erica per mezzo
della confermazione e Benech Oreste e Malan Dina per mezzo del battesimo. Chiediamo al Signore che la confessione di fede in
Cristo che hanno reso in quel giorno possa
continuare fedelmente in tutta la loro vita.
Ringraziamo ancora la corale del Capoluogo per aver partecipato al nostro culto ed
il maestro Jean Louis Sappé per averla diretta ed aver suonato rarmonium.
In questi ultimi tempi tre lutti hanno colpito la nostra comunità: il 13 febbraio è
deceduta l’Ospedale di Torre Pellice Comha
Alice di Pradeltorno. l’8 marzo, pure aU’Ospedale di Torre Pellice, Monnet Maddalena
nata Chauvie, della Buffa, ed infine il 6
aprile Coisson Maria al Cougn. li Signore
sia con quelli che piangono fortificando la
loro fede alla luce della risurrezione di Pasqua.
PRAÌÌOLLO
Giovedì pomeriggio 4 aprile una folla di
parenti ed amici hanno accompagnato alr&stremo riposo la spoglia mortale del fratello Beux Enrico Lw^i (Sapiatti), che il Si
gnore ha richiamato a Sè nel suo 65o anno
di età do-po lunghe soiTsrenze. Alla vedova,
ai familiari' ed a tutti i «parenti rinnoviamo
Fespressione della nostra fraterna solidarietà
ed invochiamo su loro le consolazioni del
Signore : risurrezione e vita per chiunque
crede in Lui.
Un vivo ringraziamento ai giovani della
Unione di Prarostino per la cordiale ospitalità tributata ai nostri giovani in occasione
dilla fraterna serata trascorsa da loro sabato
16 marzo.
GASA VALDESE DI VALLECROSIA (IM.)
Colonia marina
TURNO UNICO 1-28 LUGLIO 1968
Si porta a conoscenza degli interessati che, con il 27 aprile, i posti a disposizione per i bimbi dai 6 ai 12 anni per il turno unico dal 1“ al 28 luglio
1968 per la colonia marina sono al
completo e quindi esauriti. Pertanto
le domande che pervenissero dopo tale data non potranno più essere prese
in considerazione.
Il Direttore Casa Valdese
Sergio Nisbet
Anche nel culto del giorno seguente è stato
sottolineato il significato permanente di
queUa data e la colletta è stata devoluta alle
opere di carattere sociale nelle Valli Valdesi.
Nel mese di marzo abbiamo avuto l’Assemblea Annuale ordinaria in cui, a causa
delle dimissioni presentate dal Prof. André
Gaillard, Presidente del Consiglio, che fra
pochi mesi si trasferirà a Losanna, si è dovuto procedere alla elezione di un nuovo
Presidente. A tale carica è stato eletto, alla
unanimità, il Sig. Federico Thomi. Tutta la
comunità si rammarica delle dimissioni e
della prossima partenza del Prof. Gaillard e
0 ringrazia profondamente per la fedeltà,
la capacità e la visione ampia con cui ha
V servito » la nostra comunità e l’opera del
b gnore tra dt noi e, al tempo stesso, accompagna il nuovo Presidente e tutto il Consi.
glio con il suo appoggio morale e spirituale
nel compito difficile che le aspetta.
I culti della Settimana Santa sono stati
frequentati in modo particolarmente rallegrante. La Domenica delle Palme undici gio.
vani hanno confermato il loro battesimo ed
abbiamo avuto due ammissioni di adulti
provenienti dal Cattolicesimo, fatto abbastan.
za insolito... da queste parti. La Domenica
di Pasqua il Tempio era gremito, con molti
« turisti » provenienti dai Cantoni di lingua
francese e la colletta è stata destinata all’opera di soccorso nel Vietnam.
Aderendo all’azione di risanamento intrapresa dalla Tavola Valdese nel campo finanziario - azione di ciui i lettori sono bene
informati — il Consiglio di Chiesa ha sottoscritto una discreta somma — un milione
di lire e, qualche tempo addietro, aveva
inviato mille franchi da distribuirsi tra alcune opere sociali della Chiesa Valdese in
Sicilia e nelle Puglie. Cerchiamo, in tale
modo, di esprimere concretamente lo spìrito
di servìzio di cui la Chiesa deve vivere, se
vuol essere fedele al suo Signore.
Ci permettiamo di ricordare che l’indirizzo del Pastore è, da alcuni mesi, il seguente : Via Zurigo, 3, ed il telefono pastorale è
il (091)3.46.78. s. L.
LETTORI CI SCRIVONO
Sul liroblema
razziale
in Gran Bretagna
Una collaboratrice^ da Londra;
Caro direttore,
Mi è tanto dispiaciuto l’apprendere
la notizia della morte di M. L. King.
Lo ricordo tanto bene quando, nel
lontano 1964 predicò alla cattedrale
di San Paolo a Londra. La cattedrale
era gremita e fu il Canon Collins ad
accoghere l’ospite. Vi erano fotografi
pronti a scattare i flashes, ma Collins
non ne volle sapere. Non ricordo tutto quanto M. L. K. disse, ma ricordo
che la sua predicazione centrò sulle
tre dimensioni dell’Amore di Dio. Ed
un’altra cosa che mi rimase impressa
fu l’esortazione rivolta a tutti a non
fare mai una cosa bassa, una cosa di
nascosto. M. L. K. disse di essere magari soltanto degli spazzini, ma degli spazzini di prima categoria. Strano, anzi non è strano per niente, ma
piuttosto logico e tragico che egli abbia poi proprio trovato la morte per
voler aiutare degli spazzini.
Avete avuto modo di sentire il culto da Atlanta? Ho cercato di seguirlo
(per radio), ma la trasmissione era
poco chiara. Ammiro il Rev. Ralph
Abernathy che al momento di salire
sul pulpito aveva dietro di sè cinque
giorni di sciopero della fame. Ho sentito che invocava l’approvazione delle leggi per preservare la « tranquillità domestica ».
Vi è stata la lettura del Salmo 23.
E’ stato significativo che il feretro di
M. L. K. sia stato trasportato su di
una carretta tirata da due muli, simbolo della povertà dei negri del sud.
Sembra che neH’ultimo sermone M. L.
King abbia detto : « Desidero che voi
diciate che ho cercato di servire la
umanità ». Certo che di umanità ne
ha servita. Ora resta a vedere, come
il pastore R. Abernathy diceva nel
corso del sermone pronunciato ad
Atlanta : « quale è il prossimo passo :
caos o comunità? n Sembra che un
giorno ad Atlanta costruiranno una
biblioteca alla memoria di M. L. K.
con tutti i manoscritti, i libri, i sermoni, i discorsi pronunciati ed appartenenti allo Scomparso.
A questo punto forse Lei mi chiederà : « Ed in Inghilterra, come si
sta a questioni razziali? ». « Poco bene ». Anche da noi il problema è
molto sentito; l’odio di razza in Inghilterra non si manifesta così violentemente come negli Stati Uniti od
in altri Paesi del mondo, ma c‘è, sotto la brace. Lo si respira neU’aria, ad
esempio negli autobm che spesso hanno fattorini e guidatori di due razze
diverse, (o negri ed indiani, o negri
e bianchi). Vi è discriminazione negli alloggi, neU'affittare le camere,
negli impieghi, etc. Ho l’impressione
ohe un inglese non dica ad un negro:
« Non ti voglio nel mio ufficio per il
colore della tua pelle », ma glielo dirà sotto un’altra forma, ad esempio:
« Abbiamo già assunto il personale
che cercavamo. Spiacenti ».
L’Inghilterra reagisce diversamente
dagli Stati Uniti perchè ha una lun
ga esperienza in fatto di colonialismo
e di questioni razziali Tre anni fa è
stata votata una legge contro la discriminazione razziale nei locali pubblici etc. Si vede che tale legge non
rispondeva più alle esigenze del momento perchè c’è un altro progetto
legge che sarà discusso ai Comuni
subito dqpo Pasqua. A quanto posso
capire dalla lettura (devo confessare,
parecchio affrettata) di qtfotidiaiii vari, tale progetto legge si chiama Race
Relations Bill, ovvero il progetto legge riguardante le relazioni razziali.
Credo che 1’Arcivescovo di Canterbury sia presidente del Comitato che si
occupa di tali relazioni. E qui abbiamo bisogno di uomini della portata
dell’Arcivescovo perchè la nostra è
una società plnrirazziale. Soltanto
Londra conta otto milioni di abitanti
anche perchè è il cuore del Common,
wealth. Ci si può facilmente immaginare tutti i problemi sociali, morali,
finanziari che un tale agglomeramen.
to comporta.
Ma ritornando agli spazzini : non
ho mai visitato Memphis, ma qui gli
spazzini negri che ho visto per le
strade mi sono parsi pa recchio digni^ tosi, almeno nel vestire. L’uniforme
la passa loro l’autorità locale ovvero
il datore di lavoro, e comprende il
berretto con visiera e guanti di pelle.
Certo non so quanto guadagni uno
spazzino, ma so che i sindacati qui
hanno parecchio controllo e parecchia influenza sia sugli affari locali
che su quelli della Nazione. Dimenticavo : sembra che questo progetto
legge concernente le relazioni razziali
i metta l’accento sulla riconciliazione.
C'è chi si domanda se sia proprio necessario avere una legge per vivere
in pace con il prossimo dalla peUe
scura. C’è chi dice: « Perchè non lasciare l’iniziativa all’individuo anziché forzare la questione? »
Sa che co.sa pensavo quando, venerdì scorso, inviavo ritagli di giornali a conoscenti in Italia : ohe cosa
può fare di pratico un individuo di
fronte al caso di un assassinio specie
quando si tratta di un premio Nobel
e di un Membro di una chiesa sorella quale la chiesa Batti.sta? Scrivere
direttamente alla signora King? Presentarci a titolo personale o come
membri di una chiesa? Tramite chi
inviare la lettera: tramile uno degli
Ambasciatori USA in Italia, tramite
il Concilio Mondiale delle Chiese?
Tutte domande alle quali, spero un
giorno ricevere risposta da qualche
parte. In altre parole, ha una chiesa
evangelica in Italia dato e fatto pubblicare delle direttive per quanto con.
cerne l’individuo, il credente e situazioni particolari quale l’assassinio di
uno dei membri di una chiesa sorella? Ad esempio, qui la Conferenza
Metodista, già da tempo, ha pubblicato degli opuscoli dal titolo : « Il
Cristiano e l’era nucleare », « Il cri; .stiano di fronte al problema deU’alcoolismo, del divorzio, eie. ». Sono delj le diirettive, dei pensieri ohe ad un
dato momento saltano fuori per forza
maggiore. Chissà se anche da noi in
I Italia sono già state pubblicate delle
direttive concernenti i maggiori pro‘ blemi del nostro tempo oppure se
ognuno deve agire come può e come
crede meglio?
E con questo, Le invio tanti cor
diali saluti e tanti auguri per il Suo
lavoro.
L. Munri
L’ecumenismo
del cappellano
della Michelangelo
Un lettore, da Firenze :
Signor direttore,
il N. 4 della rivista mensile « Le
Vie d’Italia e del Mondo » del Touring Club Italiano reca un importante articolo intitolato « Parlano i capi
della ’’Michelangelo” ». E’ un po’ la
storia di una traversata da Genova
a New York narrata attraverso le parole dei componenti lo stato maggiore
di questa turbonave : il comandante,
il maître, lo chef, il capo commissario, il cappellano, il medico, il direttore di macchina, ecc.
L’articolo è interessante e sarebbe
veramente ottimo se non vi fosse un
brano che sciupa tutto e ci riconduce
alFetà della pietra. Lo riporto integralmente e lascio Lei a giudicare.
I (f Mons. Casini mi racconta un epi.
I sodio che gli è rimasto particolarI mente impresso. Una giovane donna
' protestante, sulla trentina, poco più
! di un anno fa, dopo lunghe conversazioni col cappellano, decise di chiedere il battesimo. Il sacerdote l’interrogò per accertare la preparazione cristiana, quindi le chiese che cosa pensassero della sua decisione in famiglia. Rispose la giovane che i genitori erano indifferenti alla cosa, ma
che il nonno materno era decisamente contrario. A segno che, ricchissimo
e avendo come unica erede la nipote,
aveva minacciato di diseredarla se si
I fosse fatta cristiana. Mons. Casini
sentì il bisogno di insistere per appurare se la donna fosse ugualmente
decìsa. La risposta fu che dei dollari
del nonno non sapeva che farsene :
voleva essere battezzata ».
E’ veramente doloroso il constatare
come dei valenti scrittori e delle belle riviste siano cosi facili a cadere
in errori che le screditano agli occhi
dei lettori.
E’ possibile che dopo il concilio,
dopo tutto il parlare ohe si fa di ecu.
menismo, dopo il doloroso episodio di
Martin Luther King sì presentino i
protestanti come non cristiani e non
si sappia che il battesimo evangelico
è riconosciuto anche dalla Chiesa Cat.
lolica!
Un commento, certamente migliore del mio, lo potrà aggiungere Lei,
caro direttore, e sarà atto di carità
! cristiana per il cappellano della ’’Michelangelo”, per lo scrittore di questo articolo ed anche per chi dirige
la rivista.
Molto cordialmente
Angelo Favellini
tolica^ così come si vanno mettendo
le cose non so se è un fatto positivo
o negativo: siamo tutti potenzialmente cattolici? E Le ricordo che non
solo il cappellano della ’^Michelangelo*\ ma Villuminato e progressista
card. Alfrink, primate d^Olanda, non
sdegnava ri-battesimi di ’’sepfrrati*’;
è vero che in quel caso il pesciolino era p'.ìi grosso
rea e.
una principessa
G. C.
Che potrei aggiungere? Vignoranza non ha limiti: e a volte sfiora la
mala fede. Quanto al riconoscimento
del battesimo evangelico da parte cat
A Giorgio Peyrot
con animo fraterno
Un lettore, da Torino:
Rispondo, in primo luogo, alla domanda che dici di avere posto invano a molti. Che cosa intendo per
« diritto comune »? Anzitutto, ohe ¡
cosa è il «diritto»? Rispondo, col |
Kant, che questa domanda potrebbe |
ben mettere il giureconsulto nello ,
stesso imbarazzo in cui la celebre domanda, « che cos’è la verità? », mise
il logico, Ponzio Pilato. Egli può certo dire che cosa sia « di diritto » (quid
sit iuris), cioè ciò che le leggi in un
certo luogo e tempo prescrìvono. Ma,
se ciò che queste leggi prescrìvono
sia poi « giusto » e il criterio universale per mezzo del quale si può
conoscere in generale ciò che è giusto e ciò che è ingiusto (quid sit
ius), gli rimane nascosto se non abbandona per un certo tempo quei
principi ’empirici e non cerca le origini di quei giudizi (iustum et ìniustum) nella ragione pura, quale unico fondamento di ogni legislazione
positiva possibile. Una dottrina del
diritto puramente empirica è (come
la testa di legno nella favola dì Fedro) una testa che può essere bella
ma che. ahimè!, non ha cervello.
Il «concetto di diritto» riguarda:
1) in primo luogo, soltanto la
« rclaz'one esterna », e precisamente
« pratica », di una persona verso l’altra. in quanto le loro azioni possono
(immediatamente o mediatamente)
avere, come fatti, influenza le une
sulle altre.
2) In secondo luogo, in questa
reciproca relazione di un arbitrio con
un altro, non si prende affatto in considerazione la «materia dell’arbitrio»
(nel nostro caso: Tessere chiesa) ma
non si deve considerare che « la forma nella relazione fra i due arbitrii »
(nel nostro caso: l’essere società culturale) in quanto questi sono considerati assolutamente come liberi. E sì
deve cercare « unicamente » se l’azione di uno dei due possa accordarsi
colla libertà dell’altro, secondo una
legge universale.
Il « diritto » è, dunque, l’insieme
delle condizioni, per mezzo delle qua.
li Tarbitrio di uno può accordarsi con
l’arbitrio di tutti gli altri, secondo
una legge universale della libertà. E,
quindi, un’azione è « giusta » quando per mezzo di essa la libertà delTarbilrio di uno può sussistere colla
libertà di tutti gli altri.
Se questo è il « concetto di diritto » (il « diritto » nella sua dimensione strategica: quid est ius), in con
creto ci troviamo di fronte a un « di.
ritto positivo », che è solo parziale
realizzazione del « concetto », (il « diritto » nella sua dimensione tattica :
quid est iuris).
Ne segue :
1) che la « dimensione tattica »
(diritto positivo) ha sempre con se un
certo grado di ingiustizia;
2) e che la « dimensione strategica » (concetto di diritto) si pone
come tendenza immanente in ogni diritto positivo.
Ora, la caratteristica essenziale del
« diritto » sopra definito è quella, appunto, di essere « comune » nelle sue
dimensioni: la strategica e la tattica.
1) In linea tattica, « diritto comune » significa « diritto comunemente in uso », diritto positivo (quel ¡
diritto che è relativamente comune a
tutti),
2) In linea strategica: «diritto
comune » significa « diritto comune a
tutti », cioè fatto da tutti e, formalmente, valido per tutti.
Si accetta, in linea tattica, il « diritto comunemente in uso » per renderlo, in linea strategica, « diritto co.
mune » a tutti, cioè fatto con tutti (a
fianco degli atei) e valido per tutti.
Concludendo : il « diritto comune »
è il « diritto in sè » nelle sue due dimensioni: la tattica («diritto positivo ») e la strategica (« concetto dì dìritto »).
1) il « diritto comune » non è,
quindi, una « astrattezza empirea »
perchè il suo concetto strategico si |
incarna nella lattica (diritto positivo)
per adeguarla alle sue esigenze (apertura a tutti).
2) E neppure si esaurisce in un
« vuoto empirismo » perchè la sua
tattica è sempre retta dal principio
strategico. Per il « diritto comune »
o ci si può servire delle parole che
TAlighieri usa per definire la lingua
italiana : esso è qualche cosa che « re.
dolci in omnibus civitatibus nec cubât in ulla » (qualcosa di cui si ha i
sentore negli ordinamenti giuridici
di ogni stato, ma che non è pienamente realizzato in alcuno). E con
questo nessuno ha mai pensalo che la
lingua italiana sia una « astrattezza
empirea »!
Sintetizzando quanto sopra ho
espresso, nella 1*^ tesi (del n. 14-15 ¡
de « L’Eco-Luce ») dissi : « per ”di- '
ritto comune” si intende il diritto
positivo vigente in ciascun paese »,
alludendo alla sua dimensione tattica. E « tale diritto è dialettico » (cioè
tende a svilupparsi in armonìa col
suo principio immanente), alludendo
alla sua dimensione strategica.
Su questa linea, la chiesa non com.
batte per avere un ordinamento giuI ridico sufficiente per sè o per tutte
•le altre chiese e organismi religiosi
I (cioè per una parità giuridica dei
culti), ma combatte solo per tutti,
I nessuno escluso. Solo quando il « dii ritto » sia « comune » a tutti (cioè
dimensione strategica e dimensione
I tattica si identifichino) solo allora, e
I di riflesso, la chiesa avrà un ordina1 mento giuridico sufficiente.
L’identificazione perfetta delle due
I dimensioni, la strategica e la tattica,
sarà sempre un « dovere essere »
(A. L. Goodhart in «Common Law and
Moral Law » lo definisce, appunto,
come « oughtness »).
E escluso, quindi, che la chiesa
possa avere mai « garanzie giuridiche
sufficienti » al suo ministero.
E il richiamo al « diritto comune »
nei rapporti con lo stato non mira a
dare tali garanzie ma solo (e non è
poco) a impostare tali rapporti secondo il « concetto di diritto » cioè
secondo « giustizia » che vuol dire
« apertura a tutti ». Nella prospettiva della chiesa non c’è più solo se
stessa o, in generale, la sua dimensione, . « il religioso », ma tutti e tut.
te le dimensioni.
Questo serve di risposta alla obiezione di « non pertinenza » rivolta alla mia prima tesi: « La chiesa, per
vivere, non ha bisogno essenzialmente
di garanzie giuridiiche sufficienti ».
Dove « essenzialmente » vuole dire:
nessuna garanzia giuridica, dì nessun
tipo, può essere di alcuna utilità alla
chiesa '.n quanto tale. E questa, anzi, è Tobiezione di fondo al principio
ispiratore di tutti i tuoi scritti.
Per quanto riguarda la seconda tesi, essa non è affatto un « paradosso »
ma, alla luce di quanto ho detto sopra, va intesa in senso strettamente
letterale: la massima della chiesa, fin.
che è vera chiesa, è di non avere, ne
potere, nè desiderare mai di avere
garanzie giuridiche sufficienti al suo
ministero. Il punto 8» del tuo ultimo
articolo non è affatto in accordo, in
essenza, con questa tesi : prima viene
la collaborazione con tutti, per costituire un « diritto » fatto da tutti e,
formalmente, valido per tutti, poi, di
riflesso, ci sarà una condizione giuridica sufficiente per la chiesa, e non
il contrarlo. Ciò vuole dire, lo ripeto,
che (dato che tale « diritto » sarà
sempre, un «dover essere» realizzato
in pratica solo parzialmente) la chiesa non fruirà mai dì una condizione
giuridica sufficiente (non dico soddisfacente) : sarà sempre in questo mondo una chiesa confessante e pellegrinante nel deserto. Essa tende si al regno e alla sua gloria, ma sa bene che
il regno e la gloria sono dono gratuito 8 improvviso di D:o.
L’interpretazione poi della mia terza tesi, non corrispond.e affatto al mio
penisiero. Volevo dire che (a prescindere da ogni gìurisdizionalismo, giuseppinism.o e da ogni patto concordatario espresso) esiste una forma farisaica di « tacito concordato » in cui
10 stato concede alle chiese minori le
briciole di un banchetto più grande
come contentino. E volevo dire al
tempo stesso che tutto ciò che lo stato concede « in più » di quanto comporti il suo riconoscere la chiesa evangelica valdese come società culturale,
a statuto autonomo, nelVamhito delle
norme del diritto vigente, va rifiutato in quanto è, in essenza. « concordato ». .
Con questo, chiudo da parte mia
11 dibattito sulla questione. Il giornale non è il luogo adatto a una polemica che diverrebbe, pcff sua natura,
troppo analìtica.
Marcò E. Franchino
7
3 maggio ISCG — G7. 18
pag. 7
Le cap. R. M. Stephens
Un fidèle ami anglais des Vaudois, un croyant qui
suivait avec passion et personnellement l'oeuvre
d'évangélisation dans notre pays
OmiVIZZATÜ DtLL’A.l.C.£ A PimEROLn
Due riuuioui
Riuscito dibattito sulle istituzioni scolastiche
Oui, ce dépari pour nous Vaudois et pour
notre Église et son oeuvre d’évangélisation
est vraiment douloureux! J’ai bien connu ce
cher ami anglais, car pendant plus de vingt
ans, je 1 ai accompagné tous les étés dans
nos montagnes et surtout dans notre vallée
du Cluson et dans celle de St. Martin. En
outre, j’ai aussi parcouru avec lui deux autres vaUées, c'est à dire la vallée de Suse
et la vallée d' Voste où nous avons visité nos
frères disséminés.
C’est particulièrement dans la vallée de
St. Martin et plus précisément dans le vallon
de Prali et dans celui de Massel. que je me
rendis plusieurs fois avec le Capt. Stephens
et .><es amis. Je me rappelle avec émotion le
beau et chaleureux discours plein d’enthousiasme qu’il fit à Prali aux jeunes volonqui travaillaient à la construction d A.
giïpé.
Dans le vallon de Massel, le Capt. Stephens n'oubliait jamais de visiter le Musée
de la Balsille qui était pour lui comme un
vrai sanctuaire; mais cette visite n’étais pas
suffisante. En effet, il encourageait ses amis,
et surtout les jeunes, à monter jusqu’au Châ.
teau pour pouvoir revivre par la pensée et
au moins nendant quelques instants, les événements nn^îo’r w, ¡es de la Glorieuse Rentrée.
Au Pre.sbvU’
eume
m
!..
miere visite. Le L
reux de voir a e
nombre de ^
vallon de Massel, nous
îoion, lors de notre pre.. Stephens était si heurencontre un grand
anriais Vvuus de tous les petits
villages des ;derïlour.s p .ur entendre son message vivifiant et irate.ael.
Apres ces deux ‘/•.iions du Val St. Martin,
c est surtout dnj,a haute vallée du Cluson,
et cest a di;.: dans la vallée de Fénestrelle
que le L-apr. Stephens lit bien des tournées
de visites avec moi. Du Méan, au débouché
üe cette vaiiee, et jusque dans le Pragela, il
n‘y a aucune bourgade qui n’ait été visitée
par nous. Partout, chez nos frères disséminés. nous eûmes des Cultes de famille, et
dans un petit village, près de MentouUes, le
Capt. Stephens loua une belle chambre pour
nos réunions, Hélas! son grand amour pour
les frères de cette vallée ne fut pas apprécié
comme il aurait dû l'être, car nos frères ne
firent aucun effort pour se rendre aux réunions. Leur indifférence frappa même le
propriétaire de la maison où l'on se réunissait, En effet, celui-ci qui était catholique,
me dit un jour: « Je puis comprendre qu’un
catholique ne vienne pas à vos réunions, car
s'il venait, le prêtre lui ferait des reproches,
mais je ne vois pas pourquoi les Vaudois
devraient avoir peur d’intervenir à vos Cultes, puisque personne ne peut leur reprocher
d’assister à des rcuirons évangéliques». Je
donnai pleinement rai^'^oa à ce brave homme
et je remb j ‘«aj.c b lui et à sa femme
pour l'assiriujic avec laquelle ils fréquentèrent nos rciiïiions et par leur présence, ils
encouragèrent d’autres à y intervenir.
Dans la vallée du Cluson proprement dite,
et c’est à dire à partir du Bec Dauphin et
jusqu'à Pignerol, le Capt. Stephens visita
toutes les bourgades importantes : la Pérouse,
Pinaclie. l'Envers Pinache. le Doublon, le
Villar Pérouse et St. Germain où il s'intéressa surtout à notre Asile des vieillards. La
dernière fois que nous fûmes là, il réunit
tous l:'s vieillards dans le réfectoire et leur
parla du Seigneur et de sa joie de pouvoir
encore le servir à un âge si avancé. Puis l’on
chanta quelques-uns de nos beaux cantî(|ues
et l’on termina par lu prière. A St. Germain,
lors de sa première visite à notre Asile, le
Capt. Stephens voulut aussi aller au cimetière pour y voir la tombe de notre cher père
duquel il connaissait l’oeuvre et ])Our laquelle il avail une grande admiraliou.
Après nos tournées dans la vallée du Cluson. le Ca})L Stephens cf moi nous nous ren.
dîmes dans la vallée de Suse oîi nous eûmes
le plaisir de réunir nos frères à Suse. à St.
Antonino et à Bussolcno. A Suse. c’est dans
la salle de Culte de notre Eglise vaudoise
que le Capt. Stephens présida notre réunion.
Il choisit comme inspiration pour son profond message le Psaume XXIII. Cette rencontre avec nos frères de Suse fut certainement bénie pour tous ceux qui étaient présents et^ qui étaient intervenus bien nomî/rciix. Je pense avec reconnaissance à nos
de la Irinità qui nous reçurent si fra: ¡ri i ement et nous hébergèrent pendant
( : . • -sif.c a Suse. A St. Antonino nous nous
reuîîtincs dans la salle de Culte de nos frères
bapM l( 1 cur accueil fut des plus chaleureux cl le Capt. Stephens en fut très touché.
Avec le pasteur de cette communauté évangélique nous fîmes une tournée de visites à
St. Antonino et dans les environs.
Enfin, une autre vallée encore plus grande que la vallée de Suse, et c’est à dire la
vallée d Aoste où nous avons un bon nomlïrn de nos disséminés, fut par le Capt. Ste| ! ï et moi visitée plusieurs fois. Là aussi
;; i“ eûmes quelques belles réunions, une
d. :i'S eut lieu dans la salle de Culte de
Carenui, localité qui se trouve pas loin de
Pont S. Mar!in, au débouché de la vallée
d’Aoste. A Pont S. Martin nous visitâmes
nos frères qui habitent dans cette bourgade
et dans les environs. Trois autres de nos réu.
nions eurent lieu plus haut dans la vallée,
à Viering, près de Verrès. Dans cet endroit
nous avons un bon petit groupe de nos frères
et une belle chapelle dans laquelle nous nous
n imimes chaque fois que nous eûmes le plai.
sir de visiter ces frères. Pendant une de nos
visites à Viering, nous nous rendîmes à Ver.
rès, à Issogne, à ChâtiUon et jusqu’au Breuil
et à Champoluc. Dans presque toutes ces localités nous visitâmes nos frères disséminés
et leurs amis auxquels nous apportâmes un
message de la part du Seignur.
A Aoste et dans les environs, à ChesaUet
et à St. Christophe, nous visitâmes plus
d une fois plusieurs de nos frères qui nous
accueillirent fraternellement. Dans une de
nos tournées, en profitant de notre court séjour à Aoste, nous allâmes jusque dans la
vallée de Cogne où nous fîmes, comme partout ailleurs, une abondante distribution
d’évangiles, de traités, de journaux et de
feuiU"s d'édification et de réconfort spirituel.
Dans la haute vaUée d’Aoste, et c’est a dire
à La Salle et à Courmayeur, nous nous arrêtâmes plus longtemps car c’est la que je suis
née et où notre cher père travailla pour le
Seigneur pendant quatorze ans. A La Salle
nous fîmes plusieurs visites et nous montâmes jusqu'au sommet de la montagne qu’on
appelle la Côte et où il y a plusieurs villages. Dans deux de ceux-ci, nous eûmes trois
bonnes réunions, une desquelles en plein air.
Cette dernière fut la plus belle, parce que
presque tous les habitants du village étaient
présents et surtout beaucoup d’enfants qui
apprirent à chanter rapidement et avec entrain nos cantiques et écoutèrent avec attention et une grande joie notre message de la
part du Seigneur. A Courmayeur, dans la
chapelle de notre Eglise Vaudoise, nous nous
réunîmes avec nos frères qui furent heureux
de connaître le Capt. Stephens et de l’entendre. En outre, pendant notre séjour dans
cet endroit, nous pûmes parcourir tous les
villages des alentours et y avoir des réunions
à Dolonne, à Entrèves et au Villair. Nos réunions étaient toujours précédées par des visites, afin de pouvoir réunir le plus grand
nombre ds personnes. Que de bien notre cher
frère anglais a fait a tant d’âmes et de. coeurs
désireux d’entendre son message de la part
de Dieu! Ma tâche auprès du Capt. Stephens
était de l’accompagner dans le Piémont, mais
un frère de la Tour a été son compagnon de
route dans bien des endroits de l'Italie Centrale et Méridionale et même en Sardaigne,
Partout le Capt. Stephens a fait beaucoup
de bien aux nombreux frères et amis qui ont
eu le privilège de le connaître et d’entendre
ces précieuses paroles de réconfort et d’édification.
On peut dire, avec raison, que le Capt.
Stephens a été un serviteur fort zèle et fidèle
de son Sauveur et Maître. Puisse son merveilleux exemple au service de Dieu pendant
si longtemps et jusqu’à un âge très avancé,
être imité per nos jeunes. Ce sera le plus
beau témoignage que notre jeunesse vaudoise pourra rendre à la mémoire d’un si grand
et fidèle ami de notre petit peuple vaudois.
Et puisse le fils du cher Capt. Stephens continuer l’oeuvre magnifique de son pbr3 bienaimé et être comme lui en bénédiction à
notre Eglise et à son oeuvre d’évangélisation
en Italie!
Pauline Bert
II 20 aprile, nella Chiesa Metodista, il
dott. Renzo Bertalot, direttore della Libreria
S. Scr tture di Roma, ha tenuto una conferenza sul tema: «La Bibbia nella Chiesa y>.
Il 27 aprile, nella Chiesa Valdese di Via
dei Cimbri si terrà il secondo incontro dei
Cons'g'i di Chiesa evangelici della città,
per continuare lo studio del tema : « EvangsVzzaz'one e testimonianza y>.
Il 28 aprile sarà celebrata, come ovunque,
la « Domenica della Facoltà di Teologia ».
A Napoli la presenza dei docenti della Facoltà è abbastanza frequente, data la vicinanza. 'Negli ultimi mesi, poi, e in particolare nel corso della Settimana santa, la loro
presenza sì è intensificata per la celebrazione dì culti e la preparazione di predicatori
laici nella comunità del Vomere, durante
l’assenza del pastore Salvatore Ricciardi, di
cui si è lieti di segnalare l’ulteriore miglioramento, dopo il delicato intervento chirurgico subito.
üconipai'sa la dacana
dei Valdesi di Paridi
E’ deceduta, ultimamente, la decana del
gruppo valdese di Parigi, la signora Louise
Appia, vedova del pastore Louis Appia e
nuora del past. Georges Appia. Essa sì è
spenta aH’età di 91 anni, e da molti anni
continuava nella metiopoli francese la tradì,
zione familiare di riunire i Valdesi della
città per la riunione del 17 febbraio, una
tradizione che risai re?: al tperiodo in. cui il
past. Georges Appia
il 1870!
Anche qu«
cieca, aveva voltuo i’
sempre piena di m:-desi, anche se sape>
di un sogno irreri'
hanno, attra\ o
ospitalità e porgiaepensiero pieno di
:.bitàva a Parigi, verso
iniT inferma e ormai
» recipaire alla riunione,
ligia 'per le Valli Vaiche ormai si trattava
/abile. Molti Valdesi
-nini, goduto della sua
Mila sua memoria un
Ito e di gratitudine.
PER& malìa
II
C.N.
prof. Rohen
dell'A.I.CE..
^.ynard^ membro del
conseguito a pieni
vali e dignità di sta ìpa la laurea di specializzazione in psico-j: ìdagògia, presso l'Unìversità di Torino, discutendo una tesi sul
problema delle classi differenziali e di aggiornamento nella selcia media e del disadattamento scolastico del preadolescente.
Ci congratuliamo e raPegriamo fraternamente con lui, con il nostro augurio più
cordiale.
Da più parti e in più occasioni si parla
della crisi delle strutture scolastiche e si assiste alla chiara presa di posizione di gruppi
studenteschi, di insegnanti, di genitori e del,
l'opinione pubblica. Proprio per cercare di
avere un chiarimento, da parte degli stessi
protagonisti. l'A.I.C.E. ha organimato un , libero dibattito a Pinerolo, la domenica 21
aprile, invitando quattro studenti ad esporre
il proprio punto dì vista e l’attività da loro
svolta, a più livelli. Il numeroso pubblico
intervenuto — e questa volta sottolineiamo
la presenza dei giovani — ha ascoltato con
interesse le successive esposizioni, dando vita
ad un vivace dibattito.
Il Movimento studentesco è stato rappresentato da Claudio Foti del Liceo statale di
Pinerolo, il quale, dopo una panoramica delle attività svolte e delle iniziative assunte
negli ultimi mesi, ha cercato di inserire* la
attività del Movimento stesso nel quadro
più ampio di una lotta politica contro le
strutture. Infatti, la protesta studentesca ha
voluto abbracciare la duplice prospettiva del.
la denuncia del carattere aggressivo delle
strutture scolastiche (interrogazioni, possibilità dì discussione, disponibilità di ambienti
per riunioni, gestione della bacheca, ecc.) e
deU’azione rivendicatìva. Quest’ultima richiesta sì pone come una ricerca di attività
e di esperienze che veramente servano a maturare lo studente, ponendolo a diretto contatto con la realtà, e che lo stimolino ad un
lavoro personale, impegnativo e significativo, al di là degli studi astratti e teorici imposti.
La critica suU’inefficienza formativa della
scuola va soprattutto rivolta alle strutture e
non tanto agli insegnanti, che sì trovano inseriti in certe posizioni che ne limitano le
stesse possibilità decisionali. L’importante, in
questo momento, è — secondo Foti — che
gli studenti si sentano solidali e comprendano che certe imposizioni e certi programmi sono in realtà una ricerca di manipolazione sullo studente.
Rappresentante della corrente moderata
presso lo stesso Liceo, Emilio Valletti ammette che il Movimento studentesco ha risvegliato la coscienza degli studenti e sottolinea Timportanza che i fini prospettati ven.
gano raggiunti senza l’impiego della violenza. Ma lo studente manifesta anche le sue
peiplessità, per il fatto che dal Movimento
sono esclusi molti giovani attivi che non
condividono però le scelte di fondo dei com,
pagni. La scuola è e deve rimanere la fonte
dell’istruzione e non della formazione delle
nuove generazioni e perciò, ^o stato attuale, attraverso l’attuazione di alcune riforme
(come quella del pieno tempo), la scuola
possiede ancora gli strumenti efficaci al rag.
giungimento del suo vero scopo.
Il contributo di Giovanni Tron ha voluto essere una puntualizzazione circa gli
obiettivi conseguiti all’Istituto magistrale
statale attraverso la Carta rivendicativa e il
chiarimento circa l’attività svolta nello stes
iiiiiiiiiiiiiiKiiimmi
Ad Angrogna, una risposta dal Vietnam
Una risposta dal Vietnam. In occasione
del 17 Febbraio, che quest’anno avevamo
impostalo nel senso di un atto di solidarietà
con la sofferenza del popolo vietnamita dilaniato dalla guerra, avevamo inviato ad una
comunità evangelica di Saigon, un messaggio (pubblicato sul n. 9 delLEco-Luce). Abbiamo ora ricevuto una risposta che tuttavia
non viene dalla Comunità, ma da un Pastore svizzero in missione a Saigon. Ne riportiamo la parte più importante : « La situazione s.. e alquanto calmata dopo un peno.^.ssiino mese di Febbraio. Ma non sappiamo
che cosa si prepara e quelli che conoscono
bene il paese non sono tranquilli. La Chiesa
Evangelica e stata anch’essa colpita dal dramma del massacro a Ban Me Thuot di sei mis
slonari americani. Inoltre due che erano sta
li rapiti tre anni fa, sono stati uccisi recen
temente. I padri cattolici francesi, che qui
passano il cenlinao, hanno perso solo due
preti, in condizioni diffcili da determinarsi,
in occasione della battaglia di Hué. Qualche
chiesa e stata colpita durante i combattimenti, ma fortunatamente non vi sono state vittime tra i Pastori della Chiesa vitenamita,
salvo uno ucciso nei dintorni di Dalat (la
lettera non dice se vi .sono state vittime tra
i membri della comunità). Per contro il tempio della Chiesa riformata di Lingua francese di Dalat è fuori uso. Vi ringraziamo del
vostro interesse per questo sfortunato Vietnam, pregate con noi perchè in caso di regime comunista non vi siano troppi massacri. Il mio più grande timore è Vesempio
del Nord Vietnam e ¿ fatti significativi in
occasione della battaglia del Têt lasciano
presagire il peggio. Non dobbiamo vedere il
comunismo giallo con occhi europei. E’ un
regime implacabile, che pratica sistematicamente Veliminazione fisica. Raggiungerò la
mia parrocchia di Ginevra in settembre e
mi auguro che prima di cdlora, progressi
reali e non equivoci saranno fatti sulla via
della pace ». Il Pastore esprime un giustificato timore per le spietate repressioni che
certo seguiranno l’eventuale ritiro degli Americani. Non dobbiamo cessare di pregare per
questo povero popolo che paga il durissimo
prezzo di una situazione creata dal gioco
delle grandi potenze e in cui il mondo occidentale ha indubbiamente la sua parte di
responsabilità molto grave e precisa.
Filodrammatica. Il gruppo filodrammatico
ìnter-unionista di Angrogna si è voluto dare
una struttura più definita e precisa e al riguardo ha votato un piccolo statuto in apposita assemblea. Nel preambolo si , precisano i fini deH’attìvìtà del gruppo. Non ricrea,
zione, ma testimonianza e servizio; la scelta
dei testi sarà limitata a quei drammi che ab.
biano un contenuto tale da costituire vera
predicazione per il nostro irmpo, ovvero por.
re una ' problematica concrria tale da suscitare non un dibattito, purtroppo, data la situazione ancora immatura, ma almeno una
riflessione seria.
Confermazioni mancate. i^er la prima volta nella storia, ad Angrogna Capoluogo non
vi sono state confermazioni, non perchè mancassero i giovani dell’età pfiusta^ ma in attuazione di una decisione a.ssunta tempo fa
dall’Assemblea di Chiesa, per cui, al fine
della Confermazione non è determinante
Lelà. ma la maturità (per quanto possibile
accertata) dei candidati.
La Corale. Ha cantato ai Serre in occasione della Domenica delle Laime e al Capoluogo al Culto di Giovedì Santo e di Pasqua. Si tratta di un gruppo ben affiatato che
esplica diligentemente un servizio di lode
molto apprezzato dalla comunità.
Un incontro ben riuscito. E’ stato quello
di domenica Aprile tra le Unioni Femminili del Serre e del Capoluogo, con quella
di Pramollo, in visita ad Angrogna. Le sorelle di Pramollo hanno partecipato alle 9 al
culto del Serre. Dopo il caffè offerto dalla
Comunità e malgrado la pioggia, hanno com.
piuto « la passeggiata storica »; a mezzogiorno hanno consumato il pranzo nella nostra sala e nel pomeriggio hanno avuto un
felice trattenimento con le sorelle di Angrogna. Il Past. Jahier ci ha interessati e qualche volta deliziati con belle e originali diapositive. La nostra U. F. si è data parecchio
da fare per offrire una buona accoglienza e
il loro impegno è stato coronato da ottimo
risultato.
Latti. Due lutti si sono succeduti a brevissima distanza nella nostra Comunità. H
24 Aprile, dopo lunga sofferenza si spe^eva all’Ospedale di Torre Pellìce Pereso Ulisse
del Coumbalot, all’età di 83 anni. Egli ora
solo, ma la sua dipartenza lascia un vuoto
tra coloro che lo conoscevano e lo apprezzavano per la sua umiltà e la sua disponibilità verso tutti.
Il 26 Aprile decedeva, dopo lunga malattia. al Rifugio Carlo Alberto e all’età di 71
anni Elda Malan Baridon del Prassuit. Ai
parenti accorsi numerosi rinnoviamo 1
sione della nostra condoglianza.
A, T.
Offerte pro terremotali
Secondo elencai, al delle somme giun
te dalle Chiese Valdesi alla Cassa centrale pro terremotati.
I Distretto:
Angrogna Serre (2« vers.) 15.205
Lusema San Giovanni 110.000
Bobbio Pellìce (2® vers.) 46.000
Massello 38.400
Ferrerò 130.000
Pomarelto • 100.000
Pramollo 96.500
Rodoretto 6.000
Rorà 30.000
San Secondo 55.000
Riclaretto 53.700
Torre Pellìce (2® vers.) 269.595
// Distretto:
Biella i6.135
Ivrea (2® vers.) 25.000
Sanremo 40.000
Riviera Ligure 5.000
Vallecrosia 41.000
III Distretto:
Bergamo (2® vers.) 800.000
Milano 600.000
Felonica 74.000
Venezia (2® vers.) 10.500
Trieste 52.000
IV Distretto:
Livorno 52.000
Firenze 514.450
Rio Marina 14.000
Forano 24.000
Roma piazza Cavour 390.000
Roma IV Novembre (2® vers.) 17.000
V Distretto:
Brindisi 15.220
Carunchio 17.000
Orsara di Puglie 35.000
Pescolanciano 15.000
San Giacomo 15.000
Guglionesi 10.000
San Salvo . 7.000
Diaspora Ab. Moi. 10.000
San Giov. Lipìoni (2® vers.) 1.000
Diaspora Abruzzo 4.000
Taranto (2® vers.) 7.000
Napoli Cimbri 57.500
Grottaglie 20.000
Leporano 3.000
VI Distretto:
Grotte 20.000
Pachino 120.000
Trapani 33.000
Marsala 9.500
Riesi 32.400
Caltanissetta 17.600
Messina 150.000
Rocchenere 20.000
S. Pietro Magisano Vincolìse 7.000
Somme giunte al 7/2 come da
elenco precedente L. 5.448.695
Totale al 31/3/68 L. 9.760.400
so Istituto, in parte distinta da quella del
Movimento studentesco.
Ampliando la prospettiva, Elena Bein ha
collocato l’attuale movimento studentesco nel
quadro di una precisa scelta politica ed ha
considerato l’azione di protesta come un
nuovo modo di ’fare politica’. Attraverso le
successive fasi di strutturazione della lotta,
gli studenti si sono accorti deirambiguità
del sistema parlamentare, col quale alcuni
individui vengono delegati a scegliere per
tutti, ed hanno voluto praticamente sperimentare il metodo della democrazia diretta
attraverso le assemblee. In tale maniera, la
Università si configura come un momento
di una struttura più generale e il punto
di partenza per una contestazione globale.
Infatti, la contestazione e l’opposizione all’autoritarismo accademico ha significato solo se riesce ad allargarsi fino a divenire contestazione aU’autoritarismo sociale. Un primo
passo in questa direzione è la adozione di
controcorsì che limita la preponderanza dei
metodi tradizionali accademici e permette
una continua revisione interna.
Dalla successiva discussione, sono emersi
alcuni interrogativi e alcune perplessità da
non sottovalutare, come il princìpio della
violenza, l’adozione o la rinuncia al tempo
pieno, la posizione degli insegnanti e l’impegno concreto. Inoltre, sì è voluto inquadrare l’azione del Movimento studentesco
non solo come rapporto tra giovani e strutture scolastiche, ma anche come rapporto
fra i giovani e le loro famiglie. Non è possibile sottovalutare il peso che il nucleo familiare ha nella scelta di molti studenti, nel
senso che da parte di molti genitori, o per
diversa formazione o per motivi contingenti,
l’aocettazione delle attuali strutture scolastiche non è vista sic et simpliciter come inserimento in una società capitalistica, ma come prima soluzione alla ricerca di autonomia
anche economica. Questa forma di condizionamento, conscia o inconscia, contiene numerosi pericoli, anche se non è possibile generalizzare le situazioni e violare la responsabilità e la coscienza di ognuno.
Attraverso quest’incontro cordiale e spassionato è stato possibile gettare le basi per
un dialogo rinnovato e obiettivo e per una
reciproca comprensione che vada alla ricerca
di soluzioni/operanti e vive.
R. E.
Scuola Latina di Pomaretto
Doni ricevuti fino al 31.3.68 dalla Direzione che, sentitamente, ringrazia.
Beux Marisa (Pomaretto) L. 15.000; Coucourde Luciano (Inverso Pinasca) 10.000;
Long Elvia (Inverso Pinasca) 5.000; Rostan
Marilena (Pinasca) 10*000; Richard Myriam
(Prali) 10.000; Mimi Mathieu (Pomaretto)
in mem. Eldia Jahier 3.000; Id. in memoria
Virgilio Sommani 2,000; Pons Ilario (Pomaretto) 10.000; Pons Amalia (Massello)
3.000; Bleynat Laura (Pomaretto) 25.000;
Micol Annalisa (Massello) 5.000; Micol Willy (Massello) 5.000; Morello Nadia (Pomaretto) 10.000; Monnet Graziella (S. Germano Chìsone) 5.000; Ida e Gina Bertalot (Pinerolo) in mem. nipote Sergio 2.000; Meytre
Mauro (Salza) 3.000.
Fiori in memoria
del g^en. Davide Jalla
Ada, Mariano e Stefano Palmery, in memoria del carissimo papà e nonno, al Collegio Valdese L. 20,000; all’Assoc, « Amici
del Collegio » L, 20,000; alla Società di Studi Valdesi L, 20,000,
Per il Collegio Valdese, i cugini Jalla di
Ventimiglia, Bordighera e Torino L. 10,000;
Bice e Olivio Benedetto L, 10,000; Renato
e Corrado Tamietti L, 10,000,
Per rUiiveto
La Direzione dell'Uliveto comunica, con
viva riconoscenza, di avere ricevuto dal Sig.
Daniele Albarin di Roma un’offerta di lire
30.000.
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8
pag. 8
JSotiziario
ecumenico
a cura di Roberto Peyrot
BATTISTI RUSSI
E BATTISTI AMERICANI
Mosca (bip) — L’Unione ufficiale dei battisti russi denuncia la guerra condotta dalTAmerica in Vietnam ed ha indiriraMto im
messaggio ai battisti di tutti i paesi, nel
quale viene fra l’altro detto:
« Tutto il mondo conosce il modo con cui
gli USA hanno portato la guerra, utilizzando
mezzi di distruzione mostruosi (napalm gas). Non vi è alcuna pietà per i fanciulli
innocenti,t le donne, i vecchi ».
Questa dichiarazione dei battisti russi rifiuta quella dei battisti americani, che dice;
« Sosteniamo la nostra nazione ed i suoi
alleati nei loro sforzi eroici per impedire la
aggressione contro il Sud Vietnam, la soppressione delle sue libertà ed infine per proteggere le migliaia dei profughi che hanno
fuggito il regime comunista. (Il comunicato
ignora per contro le centinaia di migliaia
di profughi ed i morti a seguito dei bombardamenti americani sul nord Vietnam,
bombardamenti che, secondo le notizie di
questi giorni sono stati purtroppo solo limitati, ma non cessati, n.d.r.) ».
I battisti russi criticano violentemente
questa risoluzione « che appoggia la guerra
crudele condotta dagli USA e che peraltro
viene condannata dalla maggior parte della
umanità e soprattutto dai cristiani. Questa
guerra è contro il comandamento di Amore
e di pace del Cristo: che il 1968 possa veramente essere Vanno della pace ritornata sulla terra ».
LA CHIESA RIFORMATA UNGHERESE
ED I MATRIMONI MISTI
Budapest (bip) —• La Chiesa riformata di
Ungheria ha mutato sistema nei confronti
dei matrimoni misti. Fin’ora i membri di
questa Chiesa aventi contratto matrimonio
misto ed i cui figli erano stati educati nella
Chiesa cattolica erano esclusi dalla ^nta
Cena. Ora, tutti i membri che erano stati
colpiti dalla suddetta disposizione sono stati
riammessi alla Santa Cena, a condizione che
« diano prova di pentimento ».
Nello stesso tempo, il sinodo della chiesa
ha riconosciuto di aver peccato per aver utilizzato tc le stesse armi che la chiesa cattolica ha adottato in analoga situazione ».
Protesta e impe^oo giovanile
(segue da pag. 1)
possono neppure essere vissute nell’amore
di Cristo.
Per questo intendiamo cominciare a confrontarci sulle nostre azioni, o non azioni.
Noi siamo contro questa società capitalistica : crediamo che debba essere radicalmente cambiata, attraverso la rivoluzione;
crediamo che questo cambiamento avvenga
attraverso la lotta anche violenta, delle classi oggi sfruttate contro quelle dominanti. In
questa prospettiva ci serviamo di strumenti
di lotta storici (in particolare ci riferiamo
alle varie rivoluzioni « socialiste »). Non
sappiamo bene se le nostre azioni sono fatte
in quanto credenti. Sta di fatto che la nostra vocazione è per noi essere da quella
^Yottare con gli operai, con gli studenti,
con chi disubbidisce alle leggi ingiuste, non
significa avere il Regno di Dio in tasca. A
noi però è capitato di fare queste cose e di
renderci conto che questo cambiava il nostro modo di pensare e di agire (quello che
nelle chiese si chiama « cambiamento di
mentalità » o « conversione ») e che ci
metteva in stretto rapporto con altri uomini
che non pregavano con noi, ma lottano con
noi contro tante cose che nelle nostre chiese vengono chiamate sbrigativamente « peccato » e non con i nomi propri che il peccato ha; razzismo, sfruttamento, Vietnam, ecc.
Di queste persone siamo di fatto « fratelli », perchè con essi discutiamo i problemi
di fondo e ci assumiamo le responsabilità
di lavoro.
Cosa c'entra Cristo crocifisso e risorto in
questo nostro modo di vivere?
Temiamo che c'entri: Cristo crocifìsso,
perchè sia noi che le persone con cui lavoriamo (che nelle nostre chiese vengono comunemente chiamate «senza Dio», ma si
potrebbe dire che Dio è « senza loro »?) siamo costantemente esposti alla tentazione di
piantar tutto li (rivoluzione. Terzo Mondo
ecc.), farci gli affari nostri e lasciar perdere
gh altri (cioè la croce della politica), magari
purgandoci l'anima con le preghiere ed i
culti. E non sempre riusciamo a sottrarci a
questa tentazione.
Cristo risorto c’entra, perchè se non sapessimo che il socialismo, la lotta rivoluzionaria, con le difficoltà e le sconfitte che
comportano non hanno una prospettiva finale nel Regno di Dio, non saremmo dalla
parte di chi lotta per questi obbiettivi.
È testimonianza la nostra?
È testimonianza quella della lega evangelica tedesca che appoggia la lotta degli
studenti, quella dei preti e dei laici sudamericani nella guerriglia, quella dei pastori negri americani?
Crediamo che questi ed altri problemi
della testimonianza cristiana debbano essere al centro dei nostri culti domenicali, se
è vero che non c’è predicazióne senza testimonianza.
Il Movimento Cristiano Studenti
di Roma
Direttore responsabile: Gino Conte
Un_arti*olo singolare, su “Réfom»,,
nel Idillio anniversario del colpo di Stato militare in Grecia
É L'ORA DH TECNICI
(ma basteranno a dare coscienza civile e politica al popolo ellenico ?)
I lettori conoscono la posizione del nostro giornale nei confronti della dittatura
militare in Grecia. Uno dei nostri collaboratori regolari, il prof. T. Viola, è presidente
della sezione torinese del Comitato filellenico italiano. La redazione si interessa
attivamente all’attività che Amnesty International cerca di svolgere a favore dei « prigionieri di coscienza », anche su suolo greco.
Non dimentichiamo mai le molte migliaia di
detenuti nelle isole egee, nè le torture di Via
Boboulinas ad Atene, nè i « certificati di civismo ». Abbiamo a suo tempo deplorato
senza mezzi termini Vacquiescenza pubblica
del Comitato centrale del CEC, a Heraklion,
lo scorso agosto. Su tutto questo non abbiamo il minimo dubbio, oggi meno che mai.
Ci sentiamo dunque tanto più liberi di
dire che ci ha colpito e fatto riflettere un articolo di O Fournaris (uno pseudonimo?),
letto ùltimamente su « Réforme » (20-4-68),
in occasione del primo anniversario del colpo di Stato militare in Grecia. È uno scritto
sanguigno, carico di passione e di ironia; ci
dice molte cose che non sapevamo, offre un
supplemento d'informazione estremamente
significativo, che integra e illumina di una
luce ambigua tutto quanto abbiamo letto e
pensato della crisi greca. In effetti, a ripensàrci, non è strano assai il toccante accordo
con cui la stampa occidentale benpensante e
indipendente ha dato addosso a Papadopoulos & C.? Un magnifico capro espiatorio: un
capro, certo, non un agnello, ma quanto comodo, per buttargli addosso ogni responsabilità, per mettersi a posto, per sentirsi appassionatamente democratici, a buon mercato.
* * t!
È per questa ragione che pensiamo di
far cosa utile offrendo ai nostri lettori la versione di questo articolo. Qualcuno, forse, ci
accuserà di una inattesa scivolata fascista,
, poiché — si dirà — l’articolista sembra dire
che anche in Grecia, finalmente, i treni arrivano in orario... In realtà, chi legga con animo aperto questo scritto sente perfettamente che quest’interpretazione è del tutto esclusa. L’autore accompagna l’articolo con la fotografia di una riunione del regime, a Psachna nell’Eubea (popi in prima fila), fitta di
popolo, commentandola così: « Pretendere
che i colonnelli non sono riusciti a dare una
base popolare al loro regime, significa accecarsi volontariamente. Lo stesso si diceva anche di Hitler ». Quali sono dunque le ragioni
di questa acquiescenza popolare? Una situazione di fatto che non sono stati i colonnelli
a creare — questa la tesi del Fournaris, che
ci pare ben fondata — bensì quell’alta bor
ghesia che costituisce in larga misura il
gruppo degli esuli che nei vari paesi occidentali fa abbastanza chiasso, perchè la dittatura ha colpito una « democrazia » della
quale erano essi a godere i privilegi. È chiaro a. tutti che non sarà la dittatura a risolvere i problemi aperti, poiché la soffocazione
della liberta non produce libertà, e abbiamo
ben visto dove finivano i treni che arrivavano in orario e le battaglie del grano. Altrettanto chiaro ci pare che nemmeno saranno i
vari Papandreou, Irene Vlahos, Melina Mercouri a offrire una soluzione, un alternativa:
troppo lontani sono da quella statura umana, morale e politica che hanno avuto uomini conte Antonio Gramsci, Piero Gobetti, Gaetano Salvemini, Carlo e Nello Rosselli; non
saranno essi a guidare la Grecia odierna nella maturazione di una coscienza e di una responsabilità civile, come questi uomini hanno saputo offrire al nostro popolo, con sofferta anche se troppo disconosciuta autorità.
Resta con questo aperto il problema se
l’onesto tècnico ateniese di cui parla l’articolo, che « collabora » col regime per formar^
nel popolo condizioni oggettive che permettano l’abbattimento della dittatura, segua la
via giusta. Non l’unica, comunque. Ma i dati
che riportiamo meritano in ogni caso di essere conosciuti e meditati.
Reg. al Tribunale di Pinerolo
__________n. 175, 8-7-1960_____________
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Peìlice (To)
La stampa europea, nel complesso e a
parte qualche foglio di estrema destra, vota
« il regime dei colonnelli » atla gogna. Orbene questo regime, messo su all’alba del
21 aprile 1967, dura da un anno senza opposizione popolare degna di nota, cosa che
viene volentieri dimenticata dagli zelatori
della democrazia. Il problema è tutto qui:
non vi è democrazia perduta da difendere,
in Grecia, tutt’al più un’oligarchia superata.
Infatti la democrazia che regnava ancora
il 20 aprile 1967 non era che una parodia
in cui tutto mancava « ai cittadini spogliati
di denaro, di armi, di disciplina e divisi
nelTopiirione ». Non si può immaginare un
popolo che SI rivolti per salvaguardare una
simile parodia...
Le ragioni
dell’accecamento
Ma se tale è la situazione, perchè dunque
quest’opposizione generale e globale al regime militare? La risposta è semplice e si
scompone in tre elementi.
Il primo è d’ordine sentimentale e affettivo. La Grecia ha dato all’Europa la sua
civiltà; essa è. per ogni uomo colto, « la
culla della democrazia » (si dimentica però
che tale democrazia teneva lontani dai diritti più elementari una maggioranza di
schiavi, di donne, di piccola gente). Ha lottato coraggiosamente contro i Turchi per
conquistare la propria indipendenza. Ha
forzato all'ammirazione con il suo atteggiamento coraggioso e vittorioso nel corso
della seconda guerra mondiale. I suoi luoghi archeologici sono visitati annualmente
da numerosi turisti, sedotti a ragione sia
dalla cultura e dalla raffinatezza della classe elevata, sia dalla spontaneità e dalla generosità del popolo. In tal modo, coloro
che conoscono la Grecia di Platone e d:
Delfi non riescono a immaginare che essa
possa anche essere la Grecia di un Franco.
Purtroppo, è mancata loro la conoscenza
delle montagne dell’Epiro e delle bidonvilles
di Eieusi...
II secondo è di ordine comunicativo: la
responsabilità della situazione attuale grava, per la magigor parte, sugli intellettuali
greci che preferiscono essere avvocati piuttosto che ingegneri (è più chic), parigini
piuttosto che tessalonicesi (vi si guadagna
meglio), ateniesi piuttosto che provinciali
(ci si rifiuta di « seppellirsi » lontano dalla
capitale e dal suo alone di prestigio
e di benessere). Questa classe di intellettuali e di quadri, o almeno il poco che ne rimaneva in Grecia, ha trovato nell’installarsi del nuovo regime il migliore degli alibi
per abbandonare, sotto il pretesto della resistenza, il popolo alla propria sorte.
Il terzo è di ordine espressivo ; se la
classe elevata, perfettamente al corrente
dei nostri usi e costumi, sa comunicare ai
giornalisti europei il proprio punto di vista
sulla situazione (1), il popolino, che forma
il 90% della massa ellenica, non parla lingue straniere, non sa scrivere articoli, manca totalmente di relazioni fuori della Grecia. Questi 90% sono gli ultimi ai quali la
stampa europea domanda un parere, certo
per mettere in pratica i suoi principi democratici... Avviene cosi che « Le Monde »
consacra di volta in volta cinque colonne
in prima pagina alle dichiarazioni di un
ex-ministro esiliato (Andrea Papandreou) il
quale, confortevolmente installato a Parigi, incita i suoi concittadini alla ribellione;
e 14 righe a pag. 5 aH’annullamento dei loro
debiti, da parte del regime, a 644.000 farniglie viventi deH'agricoltura (e. per di più,
questa notizia viene data con una settimana di ritardo). Nel primo caso si trattava
di un universitario conosciuto sul piano
mondiale, nel secondo di contadini (culs
terreux!) considerati senza importanza...
Le ragioni
dell’accettazione
Sono tuttavia questi culs terreux dimenticati che costkuiscono la grande maggioranza dei Greci. Se non si rivoltano contro
un regime che, per molte ragioni, pesa loro
è perchè fra le promesse degli emigrati e la
realtà dei loro nuovi dirigenti preferiscono
non scegliere. Considerano del tutto inutile
mollare la preda, per quanto tñodesta, per
l’ombra... Sono stati infatti già istruiti dal
passato; il regime dell’Unione Radicale Nazionale (E.R.E.), partito diretto da Costantino Caramanlis (2)^4irigeva la Grecia con
un pugno perfettamente franchista, sprezzando le libertà individùali più elementari,
quando il suo avversario del partito dell'Unione del Centro (E.R.), Giorgio Papandreu, un tribuno fra i più notevoli, riuscì
per due volte a vincere le elezioni (3 novembre 1963, 16 febbraio 1964) promettendo la libertà e la prosperità. Quanto a prosperità, l’economia se ne andò alla deriva,
condotta da un’amministrazione in cui l’incompetenza tecnica gareggiava con il nepotismo e la prevaricazione; quanto a libertà individuale, non ci fu che un allentamento della pressione poliziesca pubblica e
un'attenuazione della censura : ma il certificato di civismo era sempre in funzione,
come pure le misure rigorose contro chiunque fosse sospettato di appartenere alla sinistra. Licenziato da un re anch’egli incompetente. Giorgio Papandreou tentava l’agii.azione popolare nel luglio 1965. Ma fin da
quel momento era evidente che il popolo
desiderava altro.
Del resto, se il popolo accetta il rafforzamento della dittatura è anche perchè questa gli procura qualche beneficio. Quando
il governo dei militari annuncia ai contadini senza terre che saranno distribuite loro
quelle comunali, ai vecchi agricoltori che la
loro pensione aumenta del 70%, ai datori di
lavoro che dovranno pagare senza ritardo la
gratifica pasquale, ai commercianti che è
vietato aumentare i prezzi, ai panettieri e
ai tassisti che il loro monopolio è finito: in
tutte queste occasioni il popolo manifesta il
proprio accordo e la classe dei possidenti,
ricca, istruita, parzialmente emigrata, la
propria indignazione. Per il popolo la parola « libertà » non significa nulla in quanto ogni atto amministrativo era accomp'agnato dal « sottobanco », ogni impiego dipendeva dalle relazioni ; era libero soltanto
di morire di fame. La libertà non esisteva
che per i ricchi. Ora tutti sono sottomessi
al medesimo giogo e i piccoli vedono meglio
rispettato il frutto del loro lavoro; di qui.
il furore degli abbienti che di colpo si avvolgono nel manto della democrazia per tentare di riprendere, grazie alla pressione
straniera, i loro vantaggi esorbitanti e
scandalosi.
Le opposizioni
Anche la Chiesa, potenza finanziaria di
primo piano, incaricata dello stato civile e
delle sue prebende, vero Stato nello Stato
contro il quale invano si è usato il governo
nel 1965. la Chiesa è largamente sovvenzionata dallo Stato che le dà. comunque si
chiuda il bilancio annuo, circa 5 miliardi di
lire all'anno, mentre i suoi redditi ecclesiastici ammontano annualmente a oltre 20 miliardi di lire. I suoi vescovi si disputano
con un’asprezza rara le nomine nelle diocesi più ricche, che danno redditi considerevoli a un punto tale che i fedeli sono
scesi per le strade, alla fine del 1965, portando dei cartelli sui quali si poteva
leggere : « Vescovi Goldfinger, andateve
ne! ». mentre la stampa ateniese intitolava;
« Gangsters! »... Tuttavia, sostegno principale dell’ordine costituito, la Chiesa non doveva essere disturbata a lungo. Ora le cose
non vanno più così, e il vescovo di Salonicco ha potuto constatare che se alTesitero
è apprezzato come teologo di rilievo, non
altrettanto lo è alTinterno come amatore di
ragazzini. Del resto mons. Panteleimon è
stato abbastanza intelligente per fare dell’opposizione politica quando ha capito che
l’èra del racket ecclesiastico stava finendo.
Ma se l’alto clero è all’opposizione, il basso
clero è per il colpo di scopa, la sua larga
partecipazione alle manifestazioni del nuovo
regime lo prova anche ai più ciechi.
Come l’alto clero, anche l’alta amministrazione è all’opposizione. Infatti si succedono a velocità sostenuta le carrettate di
funzionari licenziati. Chi sa che Tamministrazione ellenica era la più inefficace e corrotta d’Europa (al punto di attirare l’attenzione di organizzazioni internazionali), che
occorreva lasciarvi fortune sottobanco per
EDITRICE CLAUDIANA
10125 Torino
NOVITÀ’
Helmut Gollwitzer
Vietnam, Israele e la
coscienza cristiana
8", pp. 144, sovracc. plast.
L. 1.300
Possiamo dichiararci cristiani ed approfittare di un benessere che ci è garantito opprimendo gli affamati? Una
ricerca appassionata della verità condotta da uno dei più
vivi teologi protestanti conteniporanei.
ottenervi soddisfazione, non se ne commuove. tanto più che con personale dimezzato le
cose non vanno peggio di prima. Ma naturalmente quelli che sono allontanati dal
pàttoio (il fiume d'oro) sono furibondi...
Altro elemento d’opposizione, il più serio e il solo veramente positivo: la sinistra,
o p uttosto. quel che ne rimane, poiché dalla fine della guerra civile tutti i governi si
sono accaniti contro i « comunisti » (è comunista chiunque non sia di destra) con un
rigore inconsueto. 11 comunismo che costituisce la più efficace porta d’uscita dalla
situazione attuale, non ha purtroppo più
quadri e la sua udienza popolare è debole
a causa di dissensi interni. Tuttavia nel caso
di elezioni libere — sconosciute in Grecia
dalla fine della guerra : Giorgio Papandreou
non ha mai voluto ammettere 1’esistenza del
partito comunista — si può valutare che
il 25% della popolazione voterebbe comunista se le misure sociali (dette « demagogiche » dai responsabili dell’Unione del
Centro) del nuovo regime non ridurranno
il 15% che voterebbe comunista «perchè
finalmente le cose cambino ». Poiché è più
che ipotetica l’eventualità di libere elezioni
e poiché la sinistra è troppo disorganizzata
per fare la rivoluzione che i militari tentano
di realizzare a modo loro prima di lei, anche qui non vi è alcuna opposizione che
abbia qualche coesione.
L’opposizione più virulenta e meglio organizzata è quella dei Greci all’estero. Favorevoli al re che non ha mai attentato ai
loro privilegi, armatori sotto bandiere compiacenti. attrici alla ricerca di pubblicità,
ingegneri e quadri di ogni categoria si sono
levati contro la dittatura di Papadopoulos.
Ma sono loro i veri responsabili della situa
zione attuale, poiché se avessero dato al loro paese l’apporto della loro fo,tima, dei
loro talenti, della loro scienza e della loro
tecnica è evidente che la Grecia non sarebbe
caduta così ammalata, al punto che scio lina medicina da cavallo possa tentare di porvi rimedio.
L’ora dei tecnici
L’avvenire è infatti di coloro che assumono in loco le loro responsabilità. Il regime attuale è perfetto, quanto al colpo di
scopa. Ma, come tutti sanno, le scope nuove scopano meglio delle vecchie... Se sanno esattamente quello che non bisogna fare,
i colonnelli mancano d’esperienza per la
conduzione quotidiana degli affari. Questi
sono stati presi in mano dai tecnici rimasti
al loro posto, preoccupati del progresso del
loro paese e cosciemti della loro relativa
invulnerabilità (anche se sono politicamente lontani dalla Giunta, questa deve tenerli
perchè non ha chi mettere al loro posto).
Ecco quel che mi ha dichiarato in proposito un alto funzionario ateniese, nel marzo 1968; « Come sai, sono un liberale di sinistra e al momento del colpo di Stato ho
pensato di espatriare. Ma partire significava lasciare automaticamente il posto a qualcuno della giunta. Ho quindi deciso di restare e di giocare, cioè di piegare secondo le
mie idee, quanto più mi era possibile, tutte
le decisioni della giunta. Poiché le mie posizioni politiche erano note, temevo che mi
si desse il benservito: con mia somma sorpresa il ministro dichiarò ai miei detrattori
che poiché facevo bene il mio lavoro senz.a
ficcarmi denaro in tasca ero, mio ma!grado
"nella linea della rivoluzione" (sic)! Da
quel giorno ho avuto mani libere e ho potuto fare accettare numerose riforme bloccate in passato dalle prevaricazioni ministeriali e parlamentari. Resta certo il fatto
che il regime mi pesa, soprattutto a causa
della censura e degli incarceramenti arbitrari. Tuttavia, per la prima volta, posso realizzare qualcosa e posso agire senza che i
poteri del denaro e della Chiesa vengano a
ostacolare tutto, in questo senso collaboro
con il regime, perchè esso mi permette di
realizzare progressi utili al mio paese. E
sono soltanto questi progressi che cacceranno dal potere la giunta: un popolo di ignoranti e di morti di fame non può fare altro
che accettare qualunque cosa da chiunque;
ma un popolo sviluppato eliminerà da sé i
propri tiranni, com’è avvenuto in Francia
nel 1789, in Romania nel 1965 e forse già
domani in Cecoslovacchia. La dittatura è
una, secrezione della miseria e dell'ignoranza. Purtroppo per la Grecia, essa è venuta
dalla destra, non dalla sinistra: ragione di
più per renderla vana il più presto possibile. Ci lavoro con tutto me stesso. E posso farlo perchè la giunta non ha nulla da
opporre al compito imparziale del tecnocrate (non si può lottare al tempo stesso
contro la politica e contro la tecnica!), il
21 aprile 1967 è stato in Grecia l’alba del
potere dei tecnici! Si vedrà chi potrà succedere loro ».
Chi dunque saprà finirla di ascoltare le
vuote chiacchiere degli esiliati, per considerare il lavoro dei tecnici di Atene? Nel
1920 si credeva ancora che gli emigrati russi sarebbero succeduii ai bolscevichi. Non
commettiamo lo stesso errore per la Grecia,
perchè, ne rendo testimonianza : « Vi si
vive il mattino dei tecnici ».
O Fournaris
(1) Così il quotidiano « Le Monde », pur
giustamente famoso per i suoi eccellenti arti,
coli di politica estera, è divenuto più o meno
l’organo di stampa del clan Papandreou.
(2) Attualmente in esilio volontario a Parigi, da dove accusa i colonnelli di tirannia,
con piena conoscenza di causa, avendola egli
stesso praticata per diversi anni, coperto dal.
l’alibi di uno pseudoregime parlamentare.