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ANNO XI - N. 12._ ni SERIE_30 Giucso a ' l
LA BUONA novella"
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE
Andate per tutto il mondo e predicate l’Evangelo
(la Buona Novella) ad ogni creatura.
Xattio xrr, 15.
PREZZO DI^SSOCIAZIONE ' LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per a Keirno rfranco a destinMionel____ £. 3 00 j In Fikesìi:, da Leopoldo PinMi, ri» Tornabaoni
. > al Bepoaito dllibri religiosi.
Per la Svizzera e Frane;», id..........................Livorno, via San Franeesco, icfem.
Per r Inghilterra, id................... „ 5 50 x in Toriso, via Principe Tommaso dietro ilTem
Per U^ermania id. .................. „ 5 50) pio Valdese.
V :_____^ Nelle Provincia, per mezzo di franohbolli po
Non SI ricevono associazioni per meno di dovranno «aere inTikti fi-anco in Vi
un anno. ì rezize, via Tomabuoni al Deposito libri religiosi.
All’estero, a’seguenti indirizzi: Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, me Rivoli;
Ginevra , dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra , dal signor G. F. Muller,
General Merchant, 20, Leadenhall Street. E. C.
SOMMARIO
H Fico sterile. — Educazione. — Lettera ai fratelli spagnuoli. — Biblioffrafa. —
Notizie religiose: Brescia, Firenze.
II FICO STERILE
Leggete Luca xiii, 6-9.
Quelli che non sono indififerenti allo stato della loro anima, sentiranno commuoversi nel leggere quelle parole: sono piiì penetranti di
una spada a due tagli, e testimoniano essere uscite dalla bocca di
Colui che è padrone della vita e della morte. Lette con attenzione,
ci sentiamo costretti a riflettere su noi stessi, e di'^e: “ E tu hai portato i frutti che il Maestro della vigna ha diritto di ottenere dal suo
albero? Non sei tu stato simile al fico sterile? Hai tu forse creduto,
che per i frutti che il Signore domanda da te, debbano intendersi
grandi e gloriose azioni, opere strepitose, un’attività estesa, un
esempio santo, edificante?” Ma poniamo il fondamento dell’edifizio
avanti di elevarlo. Questo fondamento è il pentimento.
Lettore, liai tu portati dei frutti di pentimento, questi primi
frutti che il Signore domanda dal suo albero? Risponderai: “ Come
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questo sentimento non si trova in me? Non sono io cristiano? Non
so io che la piia natura umana, è corrotta^ e che in me sono innumerevoli peccati? Non pertanto spero nella grazia di Dio. ” Ecco
belle parole, ma almeno se ne comprendesse il significato. Ma che
esprimono tali discorsi nella bocca della maggior parte di quelli che
gli fanno! Un tale pretende che in generale gli uomini sono corrotti;
ma è ben lungi dal convenirne quando si tratta di lui ! crede essere
egli la eccezione della regola! Un altro parla è vero, dei suoi difetti:
ma, nel suo cuore, loda altamente le sue virtù, piiì che bastanti ai
di lui occhi, per compensare il male cho può esistere in lui. Un terzo
. spera, non di esser salvato non ostante i suoi peccati (ciò che potrebbe sperare dalla grazia del suo Salvatore) ma di esser salvato
con i suoi peccati, senza aver seriamente procurato di liberarsene,
senza aver mai fatto nulla per combatterli efficacemente, con il soccorso di Dio. Ma tutto questo non è pentimento, tutto questo non è
ancora il frutto che il Signore aspetta da noi. Ah! il pentimento che
è vero, e secondo Dio non cerca scuse al peccato, non le nasconde,
non le adula in segreto. Colui che lo conosce non pensa tanto alla
corruzione delli altri, che alla sua propria: detesta la sua passata
vita, ha vergogna di sè stesso, e dice come il pagano; “ 0 Dio,
sii 'placato inverso me peccatore (Luca xviii, 13). Egli ha per il
peccato un vero odio, il di cui effetto è di combatterlo senza riguardo, con il desiderio di ucciderlo e distruggerlo intieramente
in lui.
Or vi domando: chi di noi si è così pentito una volta nella sua
vita? 0 piuttosto, dovrei domandarvi, chi di noi fa del pentimento
il pensiero di tutta la sua vita? chi lo rinnuova ogni mattina? in
chi è divenuto una disposizione che domina l’anima sua? chi ha
portati tali frutti di pentimento? E non pertanto il Signore non è
venuto a cercarli in ciascun di noi una volta solamente, ma migliaia
di volte. È disceso dal cielo, è morto per noi, è ci ha tolto così ogni
speranza di poterci giustificare da noi stessi davanti a Dio. E venuto, caricato del peso dei nostri peccati, ha soffetto fino alla morte
il gastigo terribile che merita colui che ha bisogno di pentimento.
È venuto a noi per domandarci, se dopo averlo veduto, possiamo
trovare qualche cosa di buono in noi. È venuto molte volte a rammentarci, con la sua Parola, e con il suo Spirito, il gran sacrifizio
che ha fatto di sè per il peccato, il suo grande amore per i peccatori ;
egli è venuto... e temo che abbia detto: “io non trovo fmtto su
quest’albero. ”
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Ma vi è un altro frutto che il Signore as[X!tta da noi,_e questo
frutto è la fede. Questa è Vopera di Dio, dice Gesìi Cristo, die voi
crediate in Colui che Egli ha ’mandato" (Giov. vi, 29). 11 cuore si
stringe pensando che bisogna ancora mettere iu dubbio la fede di
coloro che fanno professione di essere cristiani. Ah! fino a quando,
Signore, fino a quando si dovrà domandare, vedendo innanzi a sè
un cristiano che ti confessa colla sua bocca, se ti confessa pure dal
fondo del suo cuore? Esaminate voi stessi, o miei lettori! Il Signore
vi ha esaminati: egli ha visitato li alberi della sua vigna, e sa quali
fra voi portano il frutto della vita, e quali no. V’ha visitati, ed ha
contati quelli che hanno la fede che produce la vita; imperciocché,
“ Colui die crede al Figliuolo ha vita eterna; ma chi non crede al
Figliuolo, non vedrà la vita, ma Vira di Dio dimora sopra di lui”
(Giov. in, 36).
Ma voi che credete in G«six Cristo con allegrezza e senza ipocrisia,
non dimenticate che la vostra fede, per piacere al Signore, dev’essere un frutto giunto a piena maturità. Avvi una mezzana fede che
sa bene ciò che Cristo è in sè, ma che nou intende ciò che vuol essere
per noi. Ebl)ene! domandate se possedete almeno questa fede vaga
e sterile che accetta Gesù Cristo come il Salvatore delli uomini, o
la fede del cuore che, “ considera come cosa certa e degna di essere
accettata per ogni manie>-a, che Cristo Gesù è venuto nel mondo per
salvare" (1 Tim. i, 15), voi in particolare, e che sarebbe venuto in
terra per cercarvi quando anche non vi fosse altra pecora smarrita
che voi. E frattanto siete voi risoluto ad abbandonargli l’anima vostra, che si è acquistata a prezzo del suo sangue, per distruggere
' tutti i peccati, per i quali ha sofferto, e che vi faccia resuscitare a
nuova vita? Avete voi acconsentito ad accettare senza lamento ciò
che nel suo amore infinito giudicherà conveniente di fare, per crocifìggere e distruggere in voi il vecchio uomo del peccato? Finalmente
è la gloria del Signore, e non la vostra; la gioia che è in Lui, e non
quella che dà il mondo, che voi avete cercata nel vostro riposo, nella
vostra vita particolare e nella pubblica? Ah! se vói fate queste domande, quali rimproveri non dovrete voi sentire nel fondo della vostra coscienza! quali segni di tristezza e di umiliazione! Il Signore è venuto a cercare il frutto che esigeva da voi, e non lo ha
trovato.
Il padrone della vigna viene a cercare il frutto dal suo albero; e
questo frutto è in terzo luogo, un cume rigenerato; “ La carne nè
il sangue non possono ereditare il regno di Dio ” (1 Cor. xv, 50) ;
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ma la grazia divina può e vuol distruggere in noi tutto quello che
forma l’uomo carnale ed animale, per farci nascere di nuovo dello
Spirito Santo, e renderci figli di Dio, eredi del suo regno. Ecco un
gran conoscimento, che per necessità deve operarsi in voi tutti, una
volta 0 l’altra, più o meno prontamente, con mezzi lenti o violenti,
ma che deve necessariamente compirsi nella vostr’anima, se volete
avere la parte vostra nella eterna salvazione. Bisogna nascere di
nuovo 0 perire per sempre: bisogna essere rinnovati dallo Spirito di
Dio: e disgraziato colui che la morte sorprende senz’aver vissuto in
questa nuova e santa vita. 0 voi che il Signore ha posto su questa terra per portarvi frutti della sua gloria, alberi che il Padrone
ha piantati nella sua vigna, e dei quali ha presa tanta cura, a qual
punto è il vostro cangiamento? Fatevi questa domanda, la più importante di tutte. Il seme della parola di Dio è germogliato in voi
da produrvi una nuova vita? È l’amore di Dio, o l’amor di voi stessi
che vi anima? Siete voi ora quello che eravate una volta? avete
sempre quei difetti che facevano soffrire voi o i vostri, o avete cominciato ad essere un uomo nuovo? Siete voi sempre sì austeri, sì
insensibili, sì ribelli alla volontà di Dio, o siete voi divenuti umili,
compiacenti e docili sotto la sua mano? Il vostro carattere egli è facilmente irritabile per la malattia, o per le afflizioni, o cominciate
ad intendere con ringraziamento quanto la ignominia e la pena sono
buone per l’anima vostra? Le sollecitudini vostre non si dirigono più,
come una volta, sopra quello che l’uomo abbandona, lasciando la
sola vita? E la premura'^.ier la salvazione dell’anima vostra, è ella
divenuta la più grande, dirò anche l’unica? E le buone opere, le
opere che hanno prezzo innanzi a Dio, perchè vengono da un cuore
rigenerato, le avete voi fatte secondo i vostri mezzi, e come dei fedeli istrumenti, per la gloria del vostro Signore, per la edificazione
del vostro prossimo, per consolazione e sollievo di coloro che soffrono
nel corpo e nell’anima?
Ecco le interrogazioni che dobbiam farci e rispondere con verità
e sincerità. E che cosa risponderemo noi ? Non sentiremo rimorso
nelle nostre coscienze? Quanti fra noi, se vogliono essere di buona
fede, dovranno confessare non aver mai portato nella lor vita, sia
stata pur lunga, frutti di pentimento, non hanno mai aperto il
loro cuore ad una vera fede, non hanno mai saputo per esperienza
quello che era la rigenerazione, il cangiamento interno, la vita
nuova in Gesù Cristo, abbondante in opere che Dio approva e benedice! Sono li alberi, dei quali il Padrone dice: “ Ecco, son già ire
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anni che io vengo cercando del frutto in questo fico, e non ve ne
trovo (Lue. xiii, 7).
Ma non sono i soli che dovranno umiliarsi. Altri, se non sono
stati condotti al pentimento, dovranno riconoscere, che non è per
anche penetrato abbastanza nel loro cuore; che la loro fede sì
incerta, differisce ben poco dalla incredulità; non li vivifica nè santifica; sono nuovi nati, e se bisogna frattanto molto, che il vecchio
uomo del peccato sia interamene distrutto, e che la loro attività cristiana è spesso, ohimè! paralizzata dalla infingardia, e da inniunerevoli considerazioni umane. Portano del frutto, è vero, ma è un
frutto che non è maturo, nè proprio a contentare il Signore.
EDUCAZIONE
(Continuazione V. N. 9)
Guimps. Bar. R. La filosofia e la pratica Uell cducazionc.
II. La legge dell’organismo.
L'opera del Guimps è d'uu solo getto; i pochi principj ai quali si riduce,
ne Bono come l’anima che la compenetra tutta, e si ritrova vivente e produttivo in ogni sua parte. Tal proprietà è un gran pregio d’un trattato di
educazione, ove non sia un’illugione ed un pericolo. L’educazione è scienza
sperimentale; ed i libri che la costruiscono a priori, partendosi da un’ipotesi,
vanno studiati con molta cautela, specialmente da educatori giovani ed inesperti. Attraggono e piacciono talvolta, appunto per grande semplicità e
deduzione rigorosa, e siccome restano in sulle generali, pare che i loro principj si svolgano colla semplicità del vero. Ma manca loro la pietra di paragone, l’applicazione a’ fatti particolari, la verità pratica; perciò quella semplicità è illusoria, atta solamente a indm-re in errore, e poi a disgustare dei
sistemi ed a far dubitare dell’cducazione medesima. Di cosi tristi effetti
parlammo nel nostro primo articolo. Tale non è il caso dell’opera di Guimps.
Ella si parte dallo studio de’ fatti, e riconduce continuamente a’ fatti, alla
pratica, alla vita. Ella ha certi caratteri del vero che non ingannano : nou
rovescia ciò che il buon senso universale ha praticato come per istinto, ma
lo giustifica, e lo consolida col ragionamento, riducendolo a principj ; ad
ogni pa^na sentiamo d’esser nel vero, ci sembra scuoprire ciò che abbiamo
pensato o presentito da lungo tempo ■. i riscontri nella propria esperienza ci
si offrono di continuo spontaneamente, e la chiarezza è sempre unita alla
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fecondità pratica. Son questi gli efifetti di tutte le opere del pensiero umano
che interpretano con verità l’opera di Dio. Ma scendiamo all’analisi del
libro.
L’anima di esso è la legge dell’organismo.
La divisione dell’educazione in fisica, intellettuale e morale non è nuova;
essa ci è data da’ tre ordini di fenomeni, secondo i quali si svolge, opera,
langue o decade la creatura umana. Queste tre vite o tre manifestazioni o
potenze della vita son distinte tra loro, ma non separate ; ciascuna ha il suo
svolgimento proprio, ma una reagisce sull’altra, e la legge secondo la quale
si svolgono tutte e tre, è la medesima, è la legge di « ogni vita organica
che si ritrova nell’animale, come nell’uomo, e nella pianta come nell’animale », — Rintracciamola nello svolgimento fisico dell’uomo.
L’autore prende il bambino alla sua nascita. Lo stomaco del neonato può
soltanto ricevere e digerire il latte materno; ma questo solo atto basta a
dar principio allo svolgimento di tutto l’organismo. Per il lavoro d’assimilazione, principio ammirabile e misterioso di ogni vita organica, il corpo
del bambino s’è appropriato le parti nutritive d’un corpo estraneo; le ha
fatte circolare in tutte le sue membra, le ha depositate in tutti i suoi organi,
ne ha fatto la sua propria sostanza.
Lo stomaco medesimo ne va acquistando forza; aumenta di potenza esercitandosi.
Tutti gli altri organi della vita vegetativa, della circolazione e della respirazione si fortificano coll’attività di quello e per il proprio esercizio.
Jiuovi organi se ne vanno formando; i denti crescono ne’ loro alveoli e
spuntati renderanno il bambino capace di appropriarsi un alimento più sostanzioso e variato, contribuendo così dal canto loro a fortificare gli altri
organi e tutto il corpo. — Tosto gli organi di locomozione, dapprima tanto
teneri e deboli, prendon consistenza e forza: il loro esercizio li invigorisce,
e col moto, tutto l’organismo acquista nuova attività e vigore.
Così tutto è reciproco ncH’organismo animale, ed ogni crescenza ed aumento di forze proviene dall’esercizio.
Ma l’esercizio esclusivo di un membro Io svolge e lo fortifica a scapito
degli altri che restano nell’inazione; il calzolaro ha le braccia forti e le
gambe deboli, ii ramaio acquista una forza sproporzionata nel braccio destro.
L’iaazione in generale lascia deperire un organo. Così l'inazione in cui i
busti delle donne tengono i muscoli destinati a sostenere la colonna vertebrale, li indeboliscono, e la moda si fa un poco per volta una necessità.
La medesima legge si ritrova nello svolgimento de’ sensi. Gli organi
della sensazione son suscettibili d'un perfezionamento quasi infinito di cui il
tatto finissimo dei cicchi, la vista fortissima de’ marinai, e la potenza dell’odorato e dell’udito nei selvaggi d’America, che conoscono dall’odore la
traccia de’ loro nemici e no odono i passi ad una distanza prodigiosa, ci
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possono dare un’idea. L’esercizio li fortifica, ma un esercizio variato che dà
luogo a riposare tutto l’organismo, o l’organo stanco occupaiidone un altro,
come accade nella benefica disposizione de’ bambini al gioco.
Anche l’azione de’ sensi è reciproca, ed è una guida necessaria della locomozione come deH'alimentazione. Così i nostri organi tutti, mentre ciascuno ha una destinazione e crescenza propria, s’uniscono però per la solidarietà de’ loro atti e contribuiscono nell’equilibrio normale delle loro funzioni, all’armonia ed all’unità dello svolgimento di tutto il corpo. Lo svolgimento stesso si fa per gradi insensibili, e continua fino al momento in cui
comincia la decadenza di un organo o dell’organismo intiero.
Questi pochi fatti basteranno a ciascuno per trovare nella propria osservazione molti altri esempj atti ad illustrare i principj dell’Autore. Questi
principj, egli li riassume sotto i seguenti sei capi:
1° « Il corpo organizzalo si appropria soltanto ciò che gli è stato assimilato per il lavoro de' suoi organi.
2° « L’organo cresce e .si fortifica per l’esei'cizio cd in ragione della stia
attività; mentre diminuisce e s’indelìolisce nell'inazione.
3° « L'azione d'un organo contrihuisce più o meno al progresso degli
altri organi ed allo svolgimento del corpo intiero.
4-° « Ogni progresso compiuto nell'organismo diventa causa e mezzo
d’un progresso nuovo.
5° « Questi progressi formano una continuità i cui gradi son insensihili, nè ammettono salti o lacune.
6° « Lo svolgimento degli organi non ha fermala assoluta; ove non c’è
progresso, v’è decadenza ».
Ecco la legge organica la quale « riconosciuta da lungo tempo dalla fisiologia, serve di guida al giardiniere ». Rintracciandola prima nello svolgimento fisico dell uomo, l’Autore è partito da cosa nota ed universalmente
ammessa. La sua applicazione allo svolgimento intellettuale e morale ne
acquista una chiarezza ed efficacia poco comuni a ragionamenti nuovi. Seguitiamolo ora nell’applicazione della medesima legge alle facoltà o organi
dell’intelligenza. Pochi termini vi saranno cambiati; tutti gli articoli si riproducono quasi invariabilmente. L’articolo primo è così concepito:
« L’intelligenza s’appropria solamente le idee fornitele dal lavoro delle
sue facoltà.
. Un’illustre scrittrice ginevrina, che ha unito alla forza virile di pensiero
una finezza d’osservazione e di sentimento, di cui un cuore eletto di donna
può solo esser capace, la signora Necker de Saussure ha detto nella « JEducazione progressiva : » L’educazione antica considerava lo spirito ed il cuore
del bambino come vasi da riempire, mentre li sono piuttosto da paragonarsi
a sorgenti che bisogna far scaturire. « Questo paragone non sembra ancora
giusto al nostro autore, » perchè la sorgente scaturita che sia, scorre in
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modo uniforme senza aumento e cambiamento. Noi diremmo piuttosto che
l’opera -deireducazione consiste a far germogliare e svolgere un seme che
produrrà rami e fiorì e frutti per il lavoro del suo proprio organismo, assimilandosi gli elementi diversi che gli saranno forniti dal mezzo in cui vive.
Questo paragone basterà a dare un’idea generale della vera teoria dell’educazione •».
Difatti quel primo principio è vitale; è il principio d’ogni crescenza organica che muove da una forza intrinseca, e per essa si produce al di fuori.
Per esso diventa chiaro, che ad educar l’uomo non basta aggiungere nella
sua memoria parola a parola, o idea a idea come l’architetto sovrappone
pietra a pietra per la costruzione di un edifizio; l’educazione ha da eccitare
quella forza nativa dell’anima, da dirigere e sorvegliare il suo svolgimento
e da fornirle a mano a mano l’alimento appropriato e necessario alla sua
crescenza. — Kitroviamo questo contrasto del concetto organico e del concetto materiale ed inorganico della natura umana anche in religione. Mentre la Parola divina pone a principio di ogni vita religiosa il timor di Dio,
l’amor di Dio, la fede vivente nel Redentore, la quale, ove esiste, produrrà
da s6 frutti degni della nostra vocazione, i farisei ciechi di tutti i tempi,
antichi e moderni, vogliono formar l’uomo religioso per mezzo di pratiche
esteriori, « nettando il di fuori della coppa e del piatto che di dentro son
pieni di rapina e d'intemperanza » [Matt. xxii, 25).
Ma quali sono le forze native della mente umana, ed in che ordine si
svolgon esse nel bambino? L’autore non pretende ad innovazioni psicologiche; egli segue la divisione comune delle nostre facoltà e le va rintracciando
a mano a mano che si manifestano, si producono, si modificano, si promuovono 0 si compromettono nello svolgimento del bambino, h'attenzicme, la
memoria, il giisto, il giudizio, la riflessione, l’immaginazione e l’astrazione
sono le diverse manifestazioni organiche della stessa forza, le facoltà che
compongono lo stesso organismo. Del resto egli è chiaro che sebbene le facoltà intellettuali abbiano ciascuna il suo proprio tempo di svolgimento e
cultura, il quale importa moltissimo all’educazione di conoscere e di prender
io considerazione, non si può però parlare di una rigorosa successione di
esse. Così l’astrazione esaminata l’ultima dal nostro Autore, si va preparando ed esercitando fin da’primi atti della mente, ed è implicitamente
compresa non solo in ogni giudizio, ma nella denominazione comune di
ogni oggetto. Necessaria al pensiero e quindi al linguaggio, essa è già in
attività nell’intelligenza del bambino ohe comincia a parlare.
Il nostro fine presente non ci permette di seguire in tutte le sue particolarità la svolgimento delle facoltà intellettuali; ma raccomandiamo altamente questo studio di fatto a tutti gli educatori di figli propri ed altrui,
e specialmente alle madri ohe vedranno crescere e fiorire sotto le loro amorose cure le giovinette piante a loro aifidato da Dio. Noi ci limiteremo a
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notare ancora alcune applicazioni della legge organica che abbiamo già
fatto conoscere.
L’attività intellettuale si manifesta prima nell’attemione alle cose che cadono sotto i sensi del bambino, e li eccitano con vivacità. Per un processo
misterioso le sensazioni cosi provate lasciano nella mente l’immagine, la
rappresentazione della cosa che le hanno prodotte, e la memoria la serba.
Più l'attenzione per la forza nativa dell’intelletto è sostenuta e penetrante,
più l’intuito riescirà chiaro e profondamente scolpito nella memoria; mentre
dal canto loro queste idee intuitive chiaro complete vivaci e perciò durevoli
aumentano l'attenzione a cose nuove, aiutano il lavoro ^ella memoria e
preparano le altre funzioni della mente. In che modo l’asirazz'oti&si colleghi
col giudizio, lo abbiamo notato più sopra. Possiamo dunque pienamente
aderire al terzo principio così espresso:
« L'azione d’una facoltà contrihiiisce più o meno al progresso delle altre
facoltà ed allo svolgimento dcU'intelligcnza intiera .
Ne viene naturalmente la necessità di coltivare ciascuna facoltà al suo
proprio tempo e pei modi più efficaci. Il solo modo di alimentar l’attenzione
e di acquistar idee chiare e giuste nella prima età, è l’istruzione intuitiva.
Fa egli poi bisogno di fermarci al secondo principio per mostrare cVogni
facoltà si fortifica coll’esercizio in ragione dell’att ività sua e diminuisce nell’inazione? Gli esempj abbondano; se non che egli acquista un’importanza
particolare dall’equilibrio che l’educazione deve mantenere c stabilire tra le
facoltà tutte delta mente. Quanto in ciò si manchi coltivando eccessivamente o la memoria, o l’immaginazione, o l’astrazione ad esclusione di tutte
le facoltà sorelle, ognuno lo sa! « Ed una volta rotto l’equilibrio, il male va
rapidamente crescendo per una disposizione generale della nostra natura per
cui troviamo tanto più piacere nell'esercizio d’una facoltà, quanto più essa è
già svolta e potente. Così l’uomo immaginoso si compiace a dar libero sfogo
alla .sua immaginazione, mentre lo spirito calcolatore vorrebbe sottomettere
ogni cosa alle regole matematiche. Onde viene ancora che quando una delle
nostre facoltà predomina sopra un’altra, egli ò appunto quella che ci sentiamo portati a coltivare, e quindi a fortificare vieppiù, mentre l'altra rimanendo negletta s’indebolisce ncH'inazione.
Gli altri tre principj non sono meno importanti di quelli che abbiamo finora •
brevemente toccati; ma ci fermeremo qui. Ognuno che possegga qualche
pratica dell’insegnamento, o abbia solamente riflettuto siiHa propria educazione, e sugli errori che in essa ha da piangere e da scontare amaramente
nella vita, può vedere con quanta efficacia la legge dello svolgimento fisico
s’applica all'educazione dell'intelletto: per la quale tanto è feconda di conseguenze che sembra trovata per essa sola.
Può cs.ser rincresciuto ad alcuno che l’autore abbia confuso coH’educazione intellettuale e morale l’cducazionc estetica. Egli l'ha fatto colla mira
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di Bemplificare il soggetto. Crediamo che abbia raggiunto questo fine, ma
forse a scapito di un de’ lati della nostra natura. Egli medesimo dice :
« L'anima umana è capace di apprezzare il vero, il hello, ed il hiwno: a
questi tre ordini di percezioni corrispondono l’educazione intellettuale,
l’educazione estetica e l’educazione morale ».
Egli è vero che poi aggiunge : « Lo svolgimento estetico non è altro che
quello del gusto, facoltà di apprezzare ciò ohe è bello ; nel suo andamento
e nella sua legge generale non differisce da una delle nostre facoltà intellettuali. 11 gusto si combina e coopera costantemente coH’attenzione, la
memoria, il gi^izio, e perciàfcnon abbiamo voluto separamelo nello studio
nostro ».
Ma la stessa osservazione s’applicherebbe più o meno al sentimento morale; e la somma importanza dell'educazione estetica, non tanto per se medesima. quanto appunto rispetto alla coltura intellettuale, morale e religiosa,
i suoi limiti, e la sua necessaria armonia con queste, avrebbe meritato una
considerazione speciale. Nessuna cultura si corrompe cosi facilmente come la
cultura del gusto; e traviata ed esagerata, usurpa pur troppo spesso il posto
cd i diritti del sentimento morale. Quanto per traviamento ed usurpazione
del sentimento estetico abbia scapitato la sublime seria e spirituale semplicità del Vangelo potrebbe esser noto a tutti se gli uomini volessero osservare i fatti più ovvii che li circondano. Una colpa così gi-ave ci avverte che
non si può mai dar troppo peso all'educazione estetica per frenarla, castigarla e confinarla a quel campo che Dio le ha assegnato.
Passiamo ora ad applicare la legge organica allo svolgimento morale.
La natura morale è più complicata della fisica e della intellettuale.
Quanto pochi sanno leggere nel proprio cuore. Chi sa rendersi conto di
tutti i suoi moti, detrazioni e reazioni che lo tengono di continuo agitato'?
La scrittura dice che il cuore naturale deiruomo è di pietra (Ezech. 11,19),
e l’immaginazione del cuor dell uomo 6 malvagio fin dalla sua fanciullezza
(Genesi vili, 21); ma essa dichiara pure che Iddio è maggiore del nostro
cuore (1 Giov. ni, 21), e può darci un cuore di carne, un cuore sensibile
in luogo di quello insensibile di pietra. Tale è il vero concetto, il concetto
biblico della nostra natura morale, e della sua educazione: tenebrosa, inclinata da por se medesima al male; ma suscettibile di rigencfazione per l’opera
e la comunione dello spirito di Dio; ed il principio della sapienza è timor
di Dio. Servano%ieste poche parole a togliere ogni equivoco: non siamo
di quelli che fondano l'educazione morale sopra parole persuasive di umana
sapienza (1 Cor. ii, 4). «L’impotenza di quest'educazione loquace, che
disgraziatamente potrebbe chiamarsi educazione moderna, è manifesta.
Quando l’educatore vuol ottener tutto col ragionamento, colla persuasione,
perchè gli altri e veri moventi morali hanno perduto la loro virtù nel
suo proprio cuore, le sue parole rimangono fiacche, c corrompono invece
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(li rigenerare ed educare. Perciò non abbiamo nessuna fiducia nei sistemi
d’educazione i quali in ultima analisi si riducono a prudenti combinazioni di
parole persuasive. Lo Spirito di Dio solo può rigenerare il cuor dell’uomo.
Ma Dio ei parla nei fatti interni ed esterni della vita, e « noi siamo operai
nell’opera di Dio » (1 Cor. in, 9). La Parola ci è data a spiegar i fatti di Dio,
non a sostituirsi a quelli; a ciò cU'6 efficace; senza la virtù de’ fatti, senza
l’azione primitiva e fondamentale di Dio, ell’è morta, e peggio che morta,
corrompitrice.
Or nello studio complicato della natura morale deH’nomo, del suo svolgimento e della sua educazione, il libro del Guimps reca veramente una luce
maravigliosa. Egli 5 studio de’fatti interni ed esterni che muovono e determinano il nostro cuore, e sotto la sapiente mano di quel paziente osservatore
si riducono con la massima semplicità alla legge già stabilita per gli altri
organismi della nostra natura. Se egli tratta in ultimo la educazione morale,
non è che la stimi meno importante delle altre. « Se dovessimo subordinarle
l’una all’altra, dic’egli, diremmo che l’educazione fisica 6 più importante
dell'educazione intellettuale, e che l’educazione morale 6 più importante
ancora della fisica ». Questa subordinazione doll'educazione intellettuale è
sommamente importante, e quasi un atto di coraggio riguardo all’opinione
ed alla pratica universale che la trascura affatto e sembra far credere che
l'uomo sta tutto nell’intelletto, e che la sua educazione è coltura dcH’intelletto, e non altro. Eppure che cosa è mai la coltura della mento senza l’educazione del cuore? È ella anco solamente possibile? L’acquisto di qualche
nozione scientifica non è ancora l’educazione della mente; e quello stesso
acquisto, quante difficoltà gli oppone un cuore indisciplinato! Quali frutti
porta egli poi nella vita! Andate nelle nostre scuole pubbliche, ne’nostri
ginnasi e licei, e vedete in un troppo gran numero di scolari quello cho
concluda l'insegnamento senza l'educazione morale che la preceda ed accompagni. 0 consultate tanti genitori i (juali per non aver voluto o saputo
piegare a tempo il cuore de’ loro figli, non posson ora più trovar la via al
loro intelletto, e si disperano, e ricorrono a rimedj che non posson guarire
i mali. Egli è che i grandi ostacoli che l’insognamento deve vincere, non
sono neirintelligenza, dove mezzi modestissimi producono spesso frutti sorprendenti; e’ provengono da un cuore superbo, sensuale, frivolo, che non ha
mai sentito il freno del dovere nè la dolce soddisfazione della vittoria sopra
se medesimo per amore altrui e di Dio; egli è che il timor di Dio ù il principio d’ogni sapienza, anzi è il tutto deiruomo.
Non neghiamo che la coltura intellettuale pos.sa produrre dal canto suo
pffetti benefici sul cuore. L’azione fra le nostre facoltà è reciproca. Ma li
produce solo in quanto che è disciplina della mente, autorità subita, verità
d’esercizio, legge di ragione; e così presuppone sempre l’educazione morale.
Occorre egli rintracciare l’importanza supcriore dcU’educazione morale
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nella vita, nel consorzio sociale? H contadino e l’artigiano laborioso la cui
niente è rimasta inculta e tenebrosa, son però membri utili della Società ;
gli esempj d’educazione morale nulla trascurata o perversa si trovano negli
ergastoli, o nelle combriccole poco meno vergognose d’uomini dati alla frivolezza ed al vizio.
Lo svolgimento morale ha infatti questo di particolare che trascurato egli
si corrompe, e si fà (secondo l’espressione del nostro autore) negativamente,
cioè in senso inverso a quello che Dio gli ha assegnato come conforme ai
presenti e futuri destini dell’uomo. Le facoltà di mente non coltivate s’intorpidiscono , e vanno perdendo' un poco per volta ogni suscettibilità di
perfezionarsi, se pur i bisogni della vita non le tengono iu qualche attività
generale, e le svolgono talvolta anco in modo spontaneo, pratico ed utile
sempre.
Non così le facoltà morali e la volontà, le quali lasciate senza freno e senza
guida, precipitano per il proprio impeto e per il mal esempio altrui in uno
svolgimento perverso. Anzi l’educatore stesso ha del continuo questo nemico
a combattere; non basta ch’ei nutra e svolga il principio buono; egli deve
ancora reprimere le inclinazioni cattive nel cuor del suo alunno. In opera
tanto importante e tanto difficile non parrebbe che fosse di troppo l’aver
una conoscenza particolare chiara e profonda del soggetto sul quale si deve
lavorare; eppure quanto è rara la conoscenza della nostra natura morale e
del suo svolgimento ! Quanto ci contentiamo generalmente di apparenze
esteriori, di pratiche abituali, di ripieghi del momento! Quanto andiamo
tastoni nelle tenebre quando si tratta di educare il cuore, di formar la volontà, di preparar l'uomo nel bambino! NeU’igTioranza della vera natura
morale chiamiamo buono nell'indole se negli atti del bambino quello che
lusinga le nostre proprie passioni, ed il vero bene lo lasciamo soffocare, ed al
male reale chiudiamo un occhio finche ci si drizzi davanti gigantesco, invincibile. In mancanza di principj morali si sta in adorazione davanti a varj
idoli, e si fanno adorare a’ figli : quelli han da esser il grande oggetto della
vita, i motori e la norma principale delle loro azioni. Ciascuna famiglia e
ciascuna educazione ha il suo. Per l’una è l’egoismo personale sotto diverse
forme, la ricchezza, un gran nome, grandi comodi e via discorrendo ; per
un’altra è l’egoismo di famiglia, vanità di nome, idolatrìa d’onore, traviamento ed esagerazione di un sentimento buono in se medesimo; per un altra
ancora è il cicco e schiavo rispetto dell’opinione pubblica; la coscienza del
retto e del giusto è posta in quell’onda incostante ed è stimato buono quello
che è moda. Ed altre altrimenti. Principj veramente morali conformi alla
natura ed al destino eterno deU'uomo s’incontrano di rado. Tanto più caldamente raccomandiamo il libro del baron di Guimps come guida chiara e
sicura in opera di tanta importanza, e tanto difficile.
(coìdinua) H. Scil.
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Ai fratelli spagnioóli cmulannati alla galera per cagione
della fede evangelica.
Dilettissimi fratelli Matamoros, Alhama, Trigo ecc.
La notizia della vostra pena ha destato viva cd universale simpatia la
quale vi è stata già espressa per vostra consolazione se molto maggiormente
si esprime presso il trono della grazia con fervide supplicazioni in vostro
favore. Se pur troppo è sempre imperfetta quaggiù tra cristiani la carità
ohe ne deve essere il contrassegno, egli 6 perù un fatto oggidì sensibile che
quando un membro tra loro soffre persecuzione, l'intero corpo compatisco.
Voi diletti fratelli spagnuoli siete quelli che presentemente per la comune
fede versate in darà tribolazione; verso di voi, alle vostre catene si rivolgono tutti i pensieri con sollecitudine per la vostra salute corporale e spirituale. Siate benedetti dall’alto con ogni sorta di benedizioni ! Grazie e pace
vi sieno moltiplicate da Dio Padre e dal Signor nostro Gesù Cristo !
Questo saluto vi è mandato dalla Chiesa evangelica delle Valli del Piemonte la quale ha particolari motivi di simpatia per voi, e non dubita che
ciò vi torni a consolazione, imperocché il vostro rev. Kuot che ha avuto
grazia di operare fra voi con tale benedizione da essere riconosciuto e consecrato ministro, è stato primieramente uno dei nostri, per aver ricevuto la
fede in Torino ed essere stato ammesso alla comunione nella Chiesa nostra,
e ci ha approssimati gli uni a gli altri nell’amore fraterno.
I rappresentanti delle nostre chiese, in numero di più di settanta trovavansi adunati negli ultimi ^orni dello scaduto mese di maggio, in S. Giovanni, che è all’entrata della principale nostra vallata, luogo celebre, come
ogni palmo di terreno in questa nostra diletta patria, per le passate persecuzioni. Ivi fu pastore quel Gioffredo Varaglia, chiamato fra i nostri come
monaco predicatore, fu convertito da quelli che voleva convertire e ne divenne ministro fedele, finché strappato dal seno della greggia fu condotto
a Torino e bruciato vivo il 29 maggio 1558. A San Giovanni, sino alla fine
del secolo scorso, non era lecito al pastore del luogo di pernottare, nè di
celebrare il culto, per cui il tempio e il presbiterio erano collocati sul territorio più elevato di Angrogna. In un luogo di tali rimembranze, ove ora
colla massima libertà riuniti per trattare pubblicamente ogni quistione religiosa, il ricordarci di voi che per la stessa nostra fede siete prigioni era
debito e di filiale e di fraterna divozione.
Ci sorride la speranza che nel modo stesso che i passati martiri hanno
fruttato ogni sorta di vantaggi spirituali per la Chiesa evangelica nel nostro
paese, così debbe avvenire al vostro. Vediamo per dovunque che in ultimo
la persecuzione nuoce alla causa che la muove non a quella che la patisce.
L’odierna libertà religiosa tanto riprovata da Roma, ora generalmente applaudita dai popoli cattolici medesimi, l’età presente forse non la goderebbe
senza le molte vittime per cui l’intolleranza è divenuta odiosa ; ed a far
cadere il paganesimo dinanzi al cristianesimo nei primi secoli della Chiesa,
giovarono moltissimo le persecuzioni. Considerando più attentamente quei
fatti, ogni governo forse si convincerà della convenienza iella libertà religiosa.
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Diletti fratelli, reputate ad onore e privilegio l’essere stati trovati degni
di soffrire per una causa die non è se non di Cristo. Egli è forse più facile
di sofl'rire che di operare degnamente, perchè nel soffrire adempiamo alla
condizione prima di rinunciare a noi stessi e di portare la croce. Il risultato
poi della sofferenza non dipende da noi, ma ci è bastantemente garantito
da Gesù Cristo il quale avendo, mediante il sacrificio, compiuto il riscatto e
colla morte vinta la morte, non permette che i suoi fedeli sieno sottoposti
alla persecuzione, se non perchè grande ne è il premio in cielo, e perchè
salutevole ne è l’effetto in terra.
Dio vi conceda nella vostra reclusione spirito di supplicazione onde pregare in favore delle vostre autorità, non che di tutti gli uomini del mondo.
Orate di continuo, e siate sempre allegri: ecco due doveri, due grazie, due
privilegii strettamente congiunti. Chiediamo a Dio per voi di godere nella
prigionia una cotanta benedizione che pare precisamente destinata anzi
tutto a quelli che soffrono per la giustizia.
Che l’amore di Dio Padre, la grazia del Figlio, la comunione della Spirito Santo sieno con tutti voi!
Firenze, 3 giugno 1862
Per il Sinodo della Chiesa Evangelica Valdese
Paoio Geymonat, Presidente.
BIBLIOGRAFIA
Pio IX e le sue speranze.—Pisa Tip. di Letture Cattoliche 18C2,
centesimi 8.
Abbiamo' letto due volte quel foglio che, la Società Pisana per la facile
diffusione di Letture Cattoliche, ha fatto regalo nel mese di marzo, e ci siamo
dovuti convincere che il titolo nou corrisponde, imperocché non abbiamo
potuto scorgervi la più piccola speranza di Pio Nono. Vi è un esagerata
lode delle sue parole che animate e franche escono dal petto che racchiude,
uu cìwre magnanimo; vi è scritto, che -il raggio della speranza, ma di una
speranza immortale che si rivela in quelle sante parole, delle giudi come un
iride dolcissima, che Vanitilo più sfiduciato e fiacco ristora, e vi son ripetute
le belle parole, (nenia), dette il 25 marzo nella Chiesa sopra la Minerva,
belle parole che tutt’altro che speranza promettono.
Ma quel foglietto non ebbe mica lo scopo di soddisfare il vivo desiderio
dei veri credenti, e la ardente hrama di leggere le belle parole della allocuzione, ma di seminare fra il popolo certi « Avvertimenti Cattolici » o verità,
«enza creder le quali si è eretico. Ecco quali sono quei famosi Avvertimenti;
1° « La Chiesa insegnante, alla quale per divina istituzione apparten« gono il sommo Romano Ponte^ce, come Capo, Maestro e Pastore, ed
<i i vescovi seco lui uniti in comunione, è infallibile nel definire ciò che
« spetta alla fede ed ai costumi: e questo è domma. La Nazione nel suo
N° 333 del 1860, e VItalia delli Italiani 47 a 52 del 1860 non ne
convengono, appoggiati ai Ss. Padri, o più specialmente alle contradizioni
dei Piipi) nelle d||erse decisioni, nelle quali una volta si è detto Sì, altra No.
2° « La Chiesa dunque è infallibile nel definire se un’azione sia giusta
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« 0 inginsta, turpe od onesta, giacché questo concerne i costumi : » c questo
è domma.
Quest'6 vin comandamento di Dio, e basta leggerli ; non vi è bisogno né
di Papa, nè di vescovi, por vedere se, non amare Dio, non osservare le domeniche, ammazzare, sia azione giusta, turpe, onesta, a meno che hm si
pretenda cho queste trasgressioni ai comandamenti, sono virtù sul piTOcipio posto dalla balzana testa del Bellamare che « Papa poiest quadrata
rotundus cequare » il papa può eguagliare il quadrato al tondo : o come
rOstiense sostiene : « Papa omnia licent. » Al Papa tutto è p>ermessn.
3° « La Chiesa ha definito essere ingiusta, inonesta, e sacrilega la
« usurpazione dei beni e territorii a se spettanti; ed in questo la Chiesa è
« infallibile. »
La Chiesa, cioè, la congregazione di tutti i fedeli Cristiani, che sono battezzati, e che credono e confessano la fede di Gesù Cristo nostro Signore
« Bellarmino » non ha beni, nè può averne.
4° « La Chiesa ha ricevuto da Gesù Cristo la piena potestà di giudi« care e punire le azioni criminose dei suoi figli e sarebbe eretico ehi dicesse
« il contrario. » La Chiesa, nel concetto di Roma ha questa facoltà nel
confesdonario : fuori di quello nulla, nulla, nulla.
5° « La Chiesa valendosi dell’autorità ricevuta da Gesù Cristo, ha
« fulminata la pena di scomunica contro li usurpatori dei beni ecclesia« stici (1) e sarebbe reputarsi eretico, chi dicesse che la Chiesa in ciò ha
« errato, ed ha sorpassati i limiti de’ propri poteri.
Intendiamoci bene; se la scomunica è fulminata valendosi dell’autorità
di Gesù Cristo, quest’avvertimento è falso, e sfidiamo la Società Pisana a
citare un sol^asso nel Vangelo che stia a conferire questa autorità; se poi
la scomunica è fulminata, appoggiati all'autorità del Concilio di Trento, la
causa non divien migliore, poiché quel Concilio, non contempla il caso; lo
ha pienamente provato il Gennarelli commentando la famosa allocuzione
del-29 giugno 1859.
6° « Anche secondo i più severi gallicani, il giudizio del Romano
« Pontefice è irreformabile, cioè infallibile, quando vi si unisce il consenso
« della Chiesa insegnante : e nel caso nostro, cioè, nel condannare la usur« pazione dei dominj temporali della Santa Sede, tutti i vescovi dell’orbe
« Cattolico fecero eco al giudizio, ed alla sentenza del supremo Gerarca.
Menzogna quel tutti: smentiscono l’indirizzo dei molti vescovi fatti a
Vittorio Emanuele, smentiscono i molti indirizzi fatti al Papa per abbandonare quel briciolino, quella larva, grondante sangue, di potere temporale
che gli è rimasto, sostenuto dalle baionette della Francia. Quando volete
sapere qualche cosa di vero e certo, non domandatelo ai difensori’ del papato; vi inganneranno sempre. Ne abbiamo data una solenne riprova.
(1) Concil. Trid., Sep. 22, De Reform. Cap. XI.
NOTIZIE RELIGIOSE
ISrescia. — È pressoché un anno, che nel Giornaletto della Buona Novella non leggiamo alcun cenno che si riferisca a questa nostra piccola comunità evangelica, quasicchè fosse obliata.
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Rallegra sommamente allorquando ei vediamo in qualche modo ricordati; è bensì vero che non si presentò fin qui nessun fatto che meritasse la
pena di essere riferito, ciò nulla stante, ritenendo che non sarà discaro ai
nostri fratelli che leggono la Buona Novella di avere nostre notizie; il sottosMitto volendosene prendere l’incarico, si permise di dire a loro che
ano* chè questa Chiesa abbia dovuto da principio lottare contro formidabili
ostacoli frapposti dalla consorteria di Roma, non peranco smessi, essa si
mantenne mai sempre salda, forte nella propria causa dell’Evangelo che
professa, e benché progredisca lentamente nel numero, stante come dissi,
l'infaticabile astuzia in cento mille modi esercitata da questi zelanti preti,
che pretenderebbero di essere i successori degli umili Apostoli e ministri
della vera religione e che per lo contrario essi soli adombrano e calpestano;
tuttavia i membri che la compongono a lode del vero, camminano in quella
unità di spirito e fraterna carità da rendere persino invidiosi i primi nemici.
Qui giova però rendere giustizia alla zelante ed indefessa opera, non mai
venuta meno, del nostro evangelista sig. Pugno Francesco, la cui irreprensibile ed esemplare condotta, sotto ogni rapporto, ha fatto si di cattivarsi
l’estimazione di tutta questa assemblea di sinceri cristiani; non meno al
certo è degna di merita l’assiduità d'invigilamento del Ministro sig. Turin
residente in Milano, il quale assai bene corrisponde al proprio mandato per
le sue approfondite cognizioni della Sacra Scrittura, da lasciare l’uditorio
soddisfatto ogniqualvolta ci onora di sua presenza e si trattenne qui a spiegare la Divina Parola di Dio. — Nella testé scorsa seconda domenica delle
Pentecoste molto bene sostenne con un commovente discorso il merito sulla
discussione dello Spirito Santo da lasciarci pienamente commossi ed edificati.
Valga questo breve cenno a rammentare ai nostri fratelli l’esistenza e
progresso di questa riunione di fedeli in Gesù Cristo.
G. D.
FireSze. — Abbiamo avuto nella nostra città due riunioni singolari
convocate con pubblico avviso dal rev. Guglielmo Blood, Pastore della
Chiesa anglicana, il quale scampato al naufragio dell’Amazone, nella notte
del 3 al quattro gennaio 1852, non cessò d’allora in poi di andare di luogo
in luogo a rendere testimonianza della grazia di Dio, invitando gli uomini
a convertirsi per essere salvati. Egli è venuto in Italia da qualche mese,
s’fe recato a Roma, vi ha diffuso un suo trattato in ogni luogo persino nel
tempio di San Pietro, e come lo avrebbe potuto prevedere, s’è fatto sfrattare. Recatosi in Napoli ha convocato riunioni per far la narrazione del
suo salvamento e della sua missione in Roma. Egli ha goduto di vedere
gran folla di uditori del tutto attenti. In Firenze quantunque moltissimi
fossero pure gli accorrenti, por udire la stessa narrazione, non pare che egli
sia egualmente soddisfatto, non trovando preti premurosi a sentirlo nè
molta gente che coriipri il suo libretto.
Leopoido PiNEiii gerente
FIRENZI! — Tipngrifla CLAUDIANA, diretta ila Baffaclc Trombetta.