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Anno 113 — N. 17
23 aprile 1976 — L. 150
Spedizione in abbonamento postale
I Gruppo /70
BliiMuT.CA
10066 TOilHE PEILÍC.
(Mìe valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
SERMONE DI APERTURA AL SINODO RIOPLATENSE
DIRE UN SI’ VERITIERO
Un uomo aveva due figli, al primo disse: « va a lavorare nella vigna »,
quello disse « vado » ma poi non andò. Al secondo disse lo stesso e quello
rispose «non ho voglia », però poi si pentì e finì con l’andare. Chi dei due
ha fatto la volontà del padre? (Matteo 21: 28-32)
INTRODUZIONE
Gesù rivolge la sua parola agli uomini
religiosi del suo tempo, a quelli che erano
anche suoi nemici di quel momento. Risulta abbastanza chiaro infatti nella lettura
dei Vangeli che ad opporsi maggiormente
all’Evangelo della Redenzione erano proprio quegli uomini che si consideravano religiosi, quelli che apparentemente erano più
vicini a Dio.
Vero che questo esempio di Gesù, preso
nel suo contesto reale e tenendo conto a
chi va indirizzato, si presenta come un
esempio polemico e, più ancora, con caratteristiche dure per l’uomo religioso.
E’ come ci si dicesse che nei momenti
decisivi gli uomini « pii » o religiosi non
ubbidiscono. Il loro « Sì » è formale, come
una buccia. Ma quando questa buccia deve
lasciare posto alla realtà stessa della persona ecco che non c’è concordanza tra il Sì e
l’azione. Accettando che il figlio che dice
Sì rappresenta gli uomini pii del tempo di
Gesù, o, per lo meno, gli importanti dirigenti del popolo d’Israele, noi saremmo di
fronte ad una affermazione categorica della
possibilità di dire Sì, ma che dopo, nei
fatti, risulti in contrasto con la strada indicata da Gesù.
Per altro lato il testo parla del figlio che
dice « No » in prima istanza. Cioè dell’uomo che rifiuta di accettare come uniche
le alternative religiose che gli si offrono.
Che non vede in quel modo di vivere la
fede, l’unica maniera di seguire Dio.
Quindi, coloro che apparentemente sono
più lontani da Dio risultano, dopo, essere
quelli che fanno la volontà di Dio.
Nel testo di Matteo quel posto lo occupano i pubblicani e le prostitute, diciamo,
quelli che non sono disposti a ubbidire ciecamente a disposizioni legali o tradizioni
che condizionano la libertà di vivere la fede in altra forma. Costoro possono essere
oggi quelli che portano la qualifica di
« pubblicani » e « prostitute ».
Ma certo, il fatto notevole è che in un
determinato momento del passo i « peccatori » arrivano a essere gli autentici compitori della volontà di Dio (vers. 31). Ed è
a questo punto che dobbiamo guardare attorno a noi, a quelli che ci hanno lasciato
o se ne sono andati o a quelli che noi guardiamo come non veri credenti. Chi sa se in
realtà non sono loro quelli che hanno preso
la strada della esigenza attuale.
Questo esempio di Gesù, non ci spiega
perché il figlio che ha detto No, dopo ha
fatto quello che gli si chiedeva, ma certo è
che emerge come più importante il fatto
che lui lo ha fatto. Quando è arrivato il
momento della decisione, ha preso la strada della volontà di Dio.
IN CHE CQNSISTE L’QBBEDIENZA
In che consiste questa obbedienza? Potrebbe essere una parola, un « Sì » posto in
IN QUESTO NUMERO
■ Abbiamo un debito con
Kappler? 2
■ Chiesa confessante 3
■ Sulla Resistenza 4
■ Dalle nostre chiese 5
■ Cronaca delle Valli 6-7
una nostra risoluzione, in un ordine del
giorno ad esprimere il nostro rifiuto di accettare il tradizionale, la normalità, ma che
poi si trasformi in un profondo compromesso col mandato del Risorto?
L’esempio di Gesù non si può applicare
letteralmente alla nostra situazione ma non
si può negare che abbia portata decisiva
per la vita della chiesa stessa. Possiamo noi
seguire l’ordine di Gesù restando credenti
pii senza assumere il compromesso che esige da noi l’obbedienza al Cristo crocifisso e
risorto? Può la chiesa valdese seguirlo consumando gran parte delle sue energie in
conflitti e questioni interne, curando una
religiosità in un sì che poi non riflette la
volontà di Dio?
Metteremo tra poco in moto l’ingranaggio della nostra struttura ecclesiastica, ad
esaminare questo o quell’articolo questa o
quella mozione ma in fondo non servità a
nulla se non siamo disposti a tradurre il nostro Sì in una presenza di servizio in una
società profondamente conflittuale (parlo
di tutto il Rio de la Piata) confusa, rattristata, imbavagliata, piena di rancori. Sarebbe bene che la chiesa facesse una severa
autocritica del proprio Sì, quandando alla
luce dell’Evangelo se non è in fondo il
modo di non compromettersi più profondamente con gli uomini del nostro tempo.
Molto spesso, pare a me, non lo vogliamo fare perché in quel modo dovremmo
assumere decisioni che ci collocherebbero
vicino agli altri (pubblicani, prostitute). Abbiamo paura di essere considerati come altri gruppi che fanno parte di questa società
di perdere la nostra reputazione, di essere
confusi con gente che è mal vista e questo
fatto potrebbe essere, nella società in cui
viviamo, motivo di punizione, anzi non ci
sarebbe perdonato.
L’ESIGENZA DI GESÙ’
L’esempio di Gesù segna per noi un principio, una via che esclude ogni formalismo,
Hugo Malati
(continua a pag. 2)
25 Aprile
Il 25 aprile è entrato nel gran calderone
dellé festività, con Pasquetta e S. Giuseppe, si è inserito autorevolmente nel grande calendario di una Repubblica festaiola; peccato che quest’anno cada di domenica, altrimenti ci scappava pure il ponte.
Proprio così doveva finire? Come i messaggi cristiani di Natale e Pasqua si sono
dissolti nel grande paganesimo così anche
la protesta dell’Italia resistente si è annacquata nella tradizionale Italia conformista e retorica.
Per anni si è celebrata in sordina, sembrava la festa dell’Estrema, delle brigate
Garibaldi col fazzoletto rosso, poi è diventata di tutti, anche dei democristiani
più conservatori.
In realtà, come cercano di mostrare gli
interventi su questo numero, il 25 aprile
è una grande data della nostra storia; fine
di un’oppressione ma anche di una speranza, inizio di un nuovo corso nella storia deiritalia moderna ma anche di un
nuovo conformismo. Momento di crisi
nella coscienza civile ma anche nella realtà delle piccole comunità evangeliche.
L’Italia che i nostri padri hanno commemorato nel XX settembre, misto di
speranze e rimpianti, è per noi oggi quella del 25 avrile.
Un’immagine della nostra storia:
donne in un campo di concentramento
in attesa della selezione.
La partecipazione delle donne
alla Resistenza
è stata forse sempre sottovalutata.
Affrontiamo questo tema
intervistando Frida Malan
che insieme agli interventi di Spini
e di Rochat,
su altri aspetti (vedi pag. 4)
ripropongono,
in occasione del 25 aprile,
l’importanza e il significato
della Resistenza
Gli umili di cui la storia non parlerò
Ogni anno il 25 aprile richiama alla nostra mente la Liberazione. Ma confesso
che a me fa tornare alla memoria anche
l’Esercito della Salvezza. In quel giorno,
infatti, anziché in mezzo ad eventi gloriosi, mi trovai a tapinare in una colonna
di autocarri deH’VIII Armata britannica,
che arrancava su una stradaccia sconvolta dalle esplosioni verso il Po. I soldati
sui camions, dopo notti e giorni di combattimenti e di avanzate senza respiro,
erano intontiti dalla stanchezza, sporchi,
coi visi induriti dalla tensione sotto l’elmetto; e per di più erano affamati, perché nella baraonda dell’offensiva, i rifornimenti erano finiti chissà dove. A un
tratto, sbucò fuori un carrozzone dell’Esercito della Salvezza, che risali, tutta
la colonna a gran carriera, manovrando
spericolatamente, la sorpassò di im tratto e andò a piazzarsi verso l’argine del
fiume. A mano a mano che i nostri camions sfilavano a passo di lumaca, dei
soldati balzavano giù di corsa, si facevano riempire qualche gamella di tè caldo
dai salutisti, abbrancavano qualcosa da
mettere sotto i denti, ricevevano al volo
un saluto scherzoso. E per questi soldati
sfiniti e abbrutiti, che avevano smesso
da poco di fare a nascondino con la morte e non sapevano se la morte non stesse
ad aspettarli daccapo dietro l’argine del
Po, fu come tornare ad essere uomini, anziché poveri fagotti in khaki, sballottati
dalla bufera. Certamente, la Storia con
la S maiuscola non parlerà mai di quei
salutisti. Ma essi predicarono l’amore di
Cristo in quel giorno, in mezzo agli orrori della guerra.
Sugli evangelici, e in particolare sui
valdesi, durante la Resistenza si è scritto assai; e assai altres’i si è discusso sulla misura in cui essi siano stati o meno
all’altezza delle gravi responsabilità Tstoriche di quel tempo. Ma, una volta tanto, non vorrei ritornare su questi temi
di fondo: e non certamente per scarsa
reverenza verso la memoria di martiri
come Willy Jervis o Jacopo Lombardini
e come tutti coloro che dettero la vita
nella Resistenza spinti da motivazioni
cristiane; tanto meno per indulgenza verso quel pio qualunquismo, che finisce per
mettere tutti in un mazzo i carnefici e le
vittime in nome di un generico « volémose bene». Vorrei piuttosto — perché lo
credo importante anche rispetto alle nostre responsabilità di oggi — ricordare
quanto spesso, in quei tempi di prova,
fu resa una fedele testimonianza da parte di credenti evangelici, dando da mangiare all'affamato, consolando l’afflitto,
salvando il perseguitato, tendendo una
mano fraterna al viandante.
In testimonianze umili, oscure, di questo genere mi imbattei quasi ad ogni
passo allora, sulla strada sanguinosa della guerra, seminata di orrori e di atrocità efferate: senza dire che io stesso, in
pratica, debbo la vita ad un pastore delle
Valli che mi accolse malato e consLimato
dalla fame no'la sua propria casa. Oggi,
la chiesa evangelica di ima città straziata dalla guerra, che si era trasformata in
rifugio per i senza tetto; domani, la brava famiglia, che aveva dato ricetto ad
ebrei o a ricercati politici senza badare
a pericoli (e non chiese davvero un bel
diploma di benemerenza dopo la Liberazione...). Oggi, un paio di soldati battisti
americani, che senza fare tanto chiasso
si erano messi ad assistere i feriti civili
italiani, languenti privi di tutto in un
ospedale delle retrovie; domani, im pa
Giorgio Spini
(continua a pag. 4)
2
23 aprile 1976
a colloquio
con I lettori
La tematica che O. Coisson introduce
nel dibattito sul pastorato è di tutt'altra
natura ma non meno importante anche
se non suscita reazioni altrettanto appassionate.
Ho letto con interesse le lettere di A. Ricca e
trovo giusta una sua osservazione (Eco-Luce del
9/4) : la difficoltà per il nostro montanaro di
esprimersi in un italiano corretto che lo pone in
condizione di inferiorità nei confronti del « borghese ». Qui entriamo nel problema più vasto
delle minoranze linguistiche e delle culture subalterne rispetto alla cultura dominante di formazione borghese. Proprio questa cultura subalterna che va valorizzata e salvata per rendere
la loro dignità ai nostri valligiani. Buona parte
di quelli che Ricca definisce « borghesi intellettuali », anche se nativi delle nostre Valli, si
troverebbero in forte inferiorità se dovessero discutere in patois. Di qui la necessità che nelle
scuole, oltre che l’italiano, sia insegnato anche
a leggere e scrivere la lingua locale. Ciò aiuterebbe molto quella reciproca intercomprensione
che è indispensabile per attutire queste differenze di classe. E, tanto per comi.nciare, perché quei
pastori nativi delle Valli e che sanno ancora il
patois, non farebbero ogni tanto un culto, o almeno qualche riunione quartierale in patois anziché in italiano?
Osvaldo Coisson
dalla prima
ogni superficialità, distrugge un Sì tradizionale, un Sì soltanto istituzionale e in questo senso noi, che rappresentiamo le comunità cioè il popolo credente della denominazione Valdese, non possiamo rimanere
ciechi davanti a questa realtà. Non possiamo non ricordare i primi valdesi, quello
che hanno detto cioè « No » alla società ed
alla religiosità del loro tempo, essendo considerati come « pubblicani e prostitute »,
per essere autentici seguaci e compitori della volontà di Dio nel loro momento storico.
A cosa vale il nostro Sì se fa funzionare
bené la nostra chiesa! 11 fare leggi e regolamenti! L’equipaggiare sempre più e meglio
la nostra struttura, se in tutto ciò stiamo lasciando da parte il compiere la volontà di
Dio?
A che vale essere ben visti? Essere pii e
regolari ai culti, se quando arriva il momento della decisione non facciamo ciò
che Dio ci chiede?
Forse non ci siamo resi conto che molti
che hanno detto No stanno facendo ciò che
corrisponde, ciò che Dio ordina: vivere
nell’amore, lottare per la giustizia, parlare
la verità dare la nostra vita al servizio degli altri, pentendosi non soltanto di parola
ma cambiando la forma di agire.
11 richiamo di Gesù ai suoi avversari ed
ai religiosi del tempo suo è una parola valida per noi, è un invito a meditare, a riflettere, a rivedere ciò che stiamo dieendo
e faeendo. Non la dobbiamo lasciar cadere
se vogliamo ritrovare, nella via che conduce al Regno, quelli che dicono No, quelli
che sembrano perduti e peccatori, « peccatori e prostitute », che vivono nel tempo
nostro.
Che Dio ci aiuti ad assumere con amore
e coraggio l’obbedienza alla sua volontà in
quest’ora.
UN PROBLEMA TEOLOGICO E POLITICO
Abbiamo un debito verso Kappler?
MATTEO 7: 1-2.
« Non giudicate, affinché non siate giudicati; perché col giudizio col nuale giudicate sarete giudicati; e con la misura
con cui misurate, sarà misurato a voi ».
LUCA 6: 37.
« Non giudicate, e non sarete giudicati;
non condannate e non sarete condannati;
perdonate, e vi sarà perdonato ».
Quello che qui ho intenzione di dire,
perché sia oggetto di riflessione e discussione tra i fratelli, forse scandalizzerà alcuni. Non certo per la debolezza delle mie
parole ma perché spesso quando ci accostiamo alTevangelo, con umiltà e orecchio
attento, Gesù riesce a parlarci con parole
sempre nuove e vibranti, con parole che
ci sorprendono e ci scandalizzano, o perlomeno ci turbano, ricordandoci la nostra
infedeltà, di singoli credenti e di comunità credente, di chiesa. Può accaderci così, rileggendo queste parole di Gesù in
Matteo e in Luca, di rimanere come storditi al pensiero che in tutta la storia della « cristianità » non c’è forse nulla che,
come queste parole, sia stato preso cosi
poco sul serio. Non giudicate, non condannate, perdonate...
Quale giustizia?
Nel dicembre dello scorso anno, intervenendo in un dibattito organizzato presso la sala valdese di Milano sullo stato
della giustizia in Italia («A chi serve questa giustizia? »), Paolo Ricca ricordava
che se noi siamo discepoli di Cristo « non
c’è dubbio che la giustizia che lo ha condannato a morte, cioè la giustizia del potere politico impersonato da Pilato e del
potere religioso impersonato dal Sommo
Sacerdote Cajafa » non possiamo riconoscerla come nostra. E aggiungeva: « Le
testimonianze che abbiamo sentito 'ue
sta sera, che cosa dimòstrano se non che
c’è una singolare coincidenza, sia pure con
tutte le differenze storiche, tra la giustizia che ha crocifìsso Gesù e la giustizia
di cui_ stiamo parlando questa sera? Ecco
perché siamo qui questa sera non solo
come cittadini, a partire dalla nostra coscienza civile e politica; ma anche, se ci
dichiariamo credenti, perché ci sentiamo
coinvolti (in quanto tali) in questa ricerca, in questa battaglia, a livelli molto profondi ». Nè potrebbe essere diversamente,
se veramente ci riconosciamo, per usare
ancora un’espressione di Ricca, come comunità di un giustiziato. Come membro
di questa comunità vorrei tentare di approfondire quel discorso. E tentare di approfondirlo ponendomi sul terreno di un
problema, di un grosso problema, aperto
in modo particolare all’interno della
EGEI, quello della predicazione dell’evangelo nella lotta per il socialismo.
Se è vero che per noi, almeno per molti
di noi, oggi « praticare la giustizia » significa prima di tutto prendere parte attiva
alla lotta per il socialismo (con tutto quello che l’impresa comporta, in termini di
dramma e anche di tragedia personale e
collettiva).
Se questo è vero, è non meno vero, e lo
abbiamo detto e ripetuto, che dentro questa lotta dobbiamo portare con forza, con
coraggio, la nostra testimonianza di credenti; capaci di far vivere, di rendere feconda e operante la parola di Cristo non
ai margini ma nel cuore di quel bonhoefferiano « praticare la giustizia » che è oggi appunto come dicevo, per molti di noi,
la lotta per il socialismo.
Praticare la giustizia
Questo, tra altre cose, in concreto significa impegnarsi (e impegnare) in un ambito di discussione e di intervento fino ad
RECENSIONI
Omosessualità e coscienza cristiana
È un libro adatto a chi desidera qna
trattazione equilibrata e non troppo tecnica. È stato scritto prima della dichiarazione pontifìcia sull’etica sessuale. Ma
chi vuole vi può trovare una buona risposta a diverse intollerabili affermazioni
della dichiarazione stessa, che considera
l’omosessualità « intrinsecamente disordinata », come la masturbazione « im grave disordine morale » ecc. ecc. in base ad
un « ordine morale oggettivo » che di morale non ha alcunché e di oggettivo ancora meno.
Ma in un paese « cattolico » come il nostro la dichiarazione è solo l’ultimo anello di una lunga storia. Occorre guardare alla cultura complessiva, ai pregiudizi da sempre esistenti fra i quali la dichiarazione si viene a calare con una logica coerentemente retriva. Pregiudizi
forse largamente condivisi anche da molti, fra noi, che criticano la tracotante dichiarazione, e che sono sistematicamente presi in esame nel libro. Sarà vero
che gli omosessuali sono femminili? Che
sono sessualmente attratti dai ragazzini?
Che non si sposano e non mettono figli
al mondo? È giusto considerare sempTcemente l’omosessualità come un distur
T
^Protestante«
/Ho
La trasmissione di giovedì 15 ha attirato l’attenzione sul messaggio della Pasqua collegato
con la repressione in alcuni stati deH’America
Latina. L attore Arnoldo Foà ha letto, con una
certa enfasi, lo scritto di un credente cristiano
prigioniero, una vittima della dittatura militare.
La lettura alternata ad immagini di sofferenza
e prigionia ha riproposto la violazione di quella
libertà che Dio dà ai popoli.
Particolarmente impressionante è stata la descrizione della Santa Cena celebrata dai prigionieri .senza pane e senza vino, ma non per questo priva di quella speranza che deriva dalla certezza della risurrezione. La trasmissione è stata
indirettamente una crìtica alla Pasqua godereccia suggerita dai mass-media e dalle inutili evasioni variamente pubblicizzate.
Il collegamento con la Pa.ssione di Cristo non
è parso intellettuale o astratto ma degno di riflessione specialmente per quella speranza cristiana che neppure gli aguzzini più .spietati riescono a spegnere. Infine, se si voleva, in quel
quarto d’ora di programma si poteva cogliere
un invito a lottare contro l’ingiustizia ovunque
essa si manifesti.
d. p.
PROSSIMAMENTE
Il prossimo numero della Rubrica sarà
dedicato al problema della morale, in particolare della morale sessuale, vista dal
punto di vista evangelico. Una serie di
interviste filmate faranno da quadro al
dialogo col pastore Alfredo Sonelli che
affronterà il problema dal punto di vista
teologico.
ho, e per di più un disturbo da eliminare?
Il problema è piuttosto un altro, per il
libro, quello di una integrazione sociale
tale che l’essere omofilo possa costituire
un modo rispettato di esistenza umana.
Sarebbe stata opportuna una trattazione più ampia in chiave di antropologia culturale, di studi comparativi di culture, se si pensa anche solo al significato sacrale dell’omosessualità in culture
diverse dalla nostra (altro che disordine!).
La questione ecclesiastica e biblica è
trattata nel capitolo conclusivo. Sembra
che nelle Sacre Scritture l’omosessualità
non sia affatto giudicata peggio di altre
svariate condotte « peccaminose » eterosessuali o d’altra natura.
Ezio Ponzo
Witte/Grubben/Gottschalk, Omosessualità e
coscienza cristiana, prefazione di Paolo Ricca,
Claudiana, L. 1.700.
S. SHERRY, Il mistero del « Night Wind », Mursia,
Milano 1975, pp. 167, L. 4.000.
Fra gli ultimi titoli della collana « Corticelli »,
Mursia offre due bei romanzi : Il mistero del a Night
Wind », che Sylvoia Sherry, scrittrice inglese, ha
ambientato nella sua regione, il Northumberland,
in uno dei tanti piccoli villaggi costieri, all’altezza
della Holy Island. Il racconto, molto vivace, è centrato sul mistero di un peschereccio, il Night Wind
che affonda in una notte molto buia. Di chi la
colpa? L'interrogativo tiene sospeso il piccolo lettore fino alla fine. Pagina dopo pagina, mentre
sale e scende la marea, egli vivrà l'atmosfera di
un nordico villaggio di pescatori, gente rude, che
abita casette basse dove la sera la luce filtra dalle
tendine delle finestre, gente che vive una vita a
statura d'uomo i cui problemi morali e sociali non
sono individuali, ma comuni a tutto il villaggio,
ragazzi e adulti.
La Sherry che ha molto viaggiato, soggiornando
oltre che in Inghilterra a Singapore e nel Kenia, ha
scritto molti romanzi e collabora ai programmi per
ragazzi della BBC. Questo è il suo primo libro
tradotto in italiano.
GIOVENTÙ' EVANGELICA, anno XXVI, nuova serie,
n. 38 (marzo 1976), Roma.
Per un governo di sinistra, di Marco Rostan. Il
vero criterio, di Ermanno Genre. Portogalio 19741975: due anni di lotta di classe dopo la liberazione dal fascismo del 25 aprile (documentazione).
Dibattito su fede e politica. Materiali FGEi in vista
del Congresso (5-8 dicembre 1976). Libri e segnalazioni.
Oggi tutto sommato abbastanza trascurato, sicuramente anche per cattiva coscienza, dalle forze della sinistra (in particolare, ma non esclusivamente, della sinistra
storica): l’ambito delle*« istituzioni totali », di tutte le istituzioni dell’esclusione,
della reclusione, della « morte civile », i
manicomi « civili » ma ancor più i manicomi « criminali », le «case di correzione»,
le prigioni.
E quando dico « impegnarci » lo intendo nel senso di assumerci in primo luogo,
come compito urgente, la responsabilità
di una critica radicale non semplicemente del modo in cui per esempio da noi
oggi la giustizia viene amministrata, ma
di quel concetto stesso di giustizia che
giustifica resistenza dei tribunali, delle
carceri, insomma dell’Istituzione Punitiva. Un concetto di giustizia questo che
dev’esserci estraneo sia in quanto discepoli di Cristo sia in quanto (se lo siamo)
militanti politici. Io credo, per quanto
possa aparire « ostico » quanto dico che
noi dobbiamo imparare a distinguere tra
la legittimità del giudizio politico (al limite mai abbastanza duro e tagliente) e
Villegittimità del giudizio penale. Sia chiaro che questo non c’entra con l’alternativa (fasulla) violenza-non violenza; ci sia
altrettanto chiaro che la lotta per l’affermazione di questo « principio di illegittimità » non ci farà trovare facilmente molti alleati all’interno di una sinistra ancora
pesantemente condizionata dall’eredità
giacobina come è quella occidentale. Ma
Robespierre e Saint-Just in Cina sono stati sconfìtti: nella prassi, in una prassi che
punta piuttosto alla rieducazione che alla
punizione dei nemici di classe.
Metà colpevole
Metà innocente
Io credo, fratelli, che se vogliamo davvero prendere sul serio la parola del Signore, e non meno sul serio l’analisi e la
critica marxista della società (arricchita
dall’apporto fondamentale e complementare » della ricerca e pratica psicologica,
psicanalitica e psichiatrica) dobbiamo avere sufficiente serenità per ammettere ehe
non c’è più colpa nel più crudele degli
aguzzini di quanto vi sia di innocenza nel
più coerente tra i combattenti della libertà. Se è vero che « non c’è nessun giusto,
neppure uno », e se è vero, io ritengo profondamente vero, quello che dice un personaggio di Sartre che, a chi gli chiede
se si consideri colpevole o innocente, risponde: « Metà colpevole, metà innocente; come tutti del resto ». Si parla tanto
in giro, a proposito e a sproposito, di dialettica: ebbene questo è semplicemente
un modo dialettico e non manicheo di vedere le cose. Diversamente saremmo così
schiavi dei condizionamenti « culturali »
della società in cui viviamo da non riuscire a immaginare la fase di transizione
alla nuova società (pur con tutte le asprezze che potrà comportare), e la stessa
società futura in cui speriamo, se non in
modo « speculare », con semplicemente i
proletari al posto dei borghesi. A guardar
bene, lo stalinismo in fondo non è stato
altro che questo.
Accennavo prima alla Cina. Un esempio
certo non meno, e forse ancora più incoraggiante, ci viene dal Vietnam, nella testimonianza che Tullio Vinay ci ha portato da un suo recente viaggio nel Vietnam
del Sud.
Il sangue è rosso
Se è vero, fratelli, che chi non combatte, per paura di sporcarsi le mani, con
tutte le armi necessarie la violenza e Toppressione si fa complice della violenza e
dell’oppressione, è anche vero che il colore del sangue è sempre rosso. Lo diceva
il regista Pontecorvo presentando questa
estate, alla televisione, il suo « La battaglia di Algeri ». E lo diceva, si badi bene,
dopo avere premesso di avere fatto, decidendo di girare quel film, una scelta di
campo precisa: quella dei combattenti
delTFLN e delle masse algerine in lotta
per la loro liberazione.
Io credo, per concludere, che tutti noi,
in questi giorni in cui si è tornati a parlare del famigerato Kappler, responsabile
del massacro delle Fosse Ardeatine, che
tutti noi dobbiamo imparare a pensare i
nazisti impiccati a Norimberga tra le vittime della seconda guerra mondiale. Se
Kappler, come si suol dire, « ha pagato il
suo debito » (anzi si dice che non l’avrebbe ancora finito di pagare), ebbene noi
dobbiamo avere il coraggio di dire ad alta voce che noi il nostro debito nei confronti dell’ergastolano Kappler non Tabbiamo ancora pagato.
VIATQR
3
23 aprile 1976
fe'-
____________TRIBUNA LIBERA: EVANGELICI E CRISTIANI PER IL SOCIALISMO
Senza chiedere permessi l'Evangelo
purifica cattolici e protestanti__________________
L’attuale fermento ci ricorda che tutta
l’evangelizzazione « evangelica » italiana
fu segnata dalla certezza che il popolo ita-,
liano, come del resto ogni altro popolo,
ha bisogno deH'Evangelo per vivere la libertà dei figli di Dio in tutti i settori della
vita.
Rifiutare l’integralismo
La letteratura evangelica dell'Ottocento
rievoca continuamente Arnaldo da Brescia e Girolamo Savonarola, dandone
spesso una interpretazione opinabile sul
piano storico-scientifico, ma autentica nella valutazione della sete di libertà cristiana come elemento essenziale della loro
identità e delle loro lotte. L'Evangelo libera e trasforma l’uomo e la società; per
questa speranza i pionieri dell'evangelismo italiano hanno combattuto la loro
battaglia e speso fatica, vita, denari e
non è difficile cercare le risposte deH’evangelizzazione alla sete degli oppressi vissute sulle piazze, nelle scuole elementari
nelle sale aperte e mantenute aperte con
enormi difficoltà contro il clero e le autorità compiacenti, nelle associazioni di
mutuo soccorso, nelle cooperative, ecc.
Da allora la risposta è diventata molto
più dubbiosa ed esitante. Da allora abbiamo vissuto e viviamo la fase della cristallizzazione. Ci siamo arroccati intorno al
fondamentalismo biblico, intorno ad una
rigida ortodossia riformata, intorno ad
un individualismo, che ha voluto di proposito elevarsi e ignorare la dimensione
sociale. Ci siamo trincerati in un purismo
dottrinale schizofrenico. La nostra risposta fatica a venire fuori dai bozzoli, nei
quali ci siamo rinchiusi. L’ansia dei cristiani italiani ci passa accanto e molti
rischiano di giudicarla con la saputezza
di chi ha già scontato un’esperienza e con
la saviezza di chi nop vuole rischiare.
Nessuno ci chiede di smantellare le nostre comunità, tanto più in un tempo nel
quale impariamo sempre di nuovo che le
idee hanno bisogno, per vivere, di un « retroterra umano », di un « gruppo », di una
« comunità » e non soltanto di buone definizioni e di buone strategie dettate da
ufficiali senza soldati! In verità si tratta
di non fabbricarci degli alibi; come cristiani di tradizione protestanti, non possiamo, fra gli altri, non prendere atto di
due fatti;
Confronto comunitario
1. Non possiamo evitare che l’Evangelo sia l'Evangelo per noi e per gli altri.
Lutero aveva ragione di dire che l’Evangelo viene fra gli uomini come un uragano, che uno deve prendere quando viene
e come viene. Con altra immagine biblica, l'Evangelo è un fuoco, che non può
essere usato per bruciare l’avversario e
risparmiare sé stessi. L’Evangelo purifica
cattolici e protestanti senza chiedere loro
il permesso di farlo.
E purificando, l’Evangelo libera e edifica. Questo resta vero in ogni contesto
ecclesiologico, s’invera nonostante le imperfezioni dogmatiche di una comunità e
nonostante la costituzione gerarchica di
una chiesa accentratrice. Non abbiamo
nostalgie verso « autorità infallibili », ma
non crediamo neppure che rinfallibilismo
dei settori reazionari del cattolicesimo sia
più resistente della forza liberatrice deli’Evangelo.
Siamo riconoscenti di essere passati attraverso il filtro della Riforma con tutte
le conseguenze culturali e politiche, che
questo ha significato, ma non possiamo, in
buona coscienza, presentare un modello
alternativo. Piuttosto crediamo che si
tratta per tutti di lasciarci confrontare
dalla linea alternativa, che l’Evangelo ci
propone oggi.
Alcuni ricordi
2. Non possiamo fare a meno dell'interlocutore. È il ferito, che dà un senso
e una direzione al Samaritano della parabola. E l'altro, che ci dà vita e non noi,
che gli diamo vita. Si tratta d’identificare
l'altro contemporaneo con tutti i mezzi
culturali, che abbiamo, senza discriminazioni aprioristiche; dall’analisi tomista a
quella marxista.
Che fare dunque? Rivedere il nostro bagaglio. Rifiutare gl’integralismi . Seguire
e intensificare il metodo del confronto comunitario - Specificare e vivere le scelte
inevitabili.
Tutti lo fanno, perché non si può fare
altrimenti. Lo fanno i marxisti e i cattoli
ci. Sarebbe presuntuoso non rivedere il
nostro bagaglio. E sarebbe ingiusto non
constatare che molti elementi si ritrovano
nel bagaglio di tutti. Vi è una maturazione comune, come vi è anche una deviazione comune ad una o a più generazioni.
La riscoperta dell’Evangelo, che libera
ed unisce, implica più che mai una revisione degli elementi della nostra testimonianza cristiana.
L’Evangelo per tutti
Ma questa revisione non ci obbliga a
gridare al lupo appena si parla di lotta
di classe, che è e rimane un elemento essenziale della situazione conflittuale odierna. Non possiamo negare che la concentrazione incontrollata del potere in poche
mani, garantite dal dominio nel campo
economico, nuoce alla fioritura della libertà umana e, accanto a questa, alla fioritura della libertà del cristiano. Né si può dimenticare che una dimensione democratica e socialista implica una revisione ed
una estensione delle responsabilità nel
campo economico.
Si formano così dei campi diversi, nei
quali i cristiani si collocano e testimoniano, senza per questo perdere la loro identità, ma senza neppure confondere la fe
de con una permanente neutralità. La
scelta dei cristiani per il socialismo è una
di queste scelte.
Gli evangelici italiani sono spesso apprensivi per « l’unità » delle loro comunità e ne temono la disgregazione. Bisogna
liberarsi da questo complesso delle minoranze, bisogna riconoscere a laici ed a
pastori la libertà della scelta del campo,
senza falsi scandali. La fine degl’integrismi significa anche la fine di un nostro
modo di essere uniti, che può essere fatto
di paura e di violenza, anziché di verità e
di libertà.
L’interlocutore
Un metodo di confronto comunitario è
in atto nelle nostre comunità. Lo dobbiamo intensificare. Questo porta alla scoperta dei doni dello Spirito presenti ed
efficienti nelle comunità. L’ascolto dell’altro non implica nessuna interscambiabilità, ma implica la formazione graduale e
libera di consensi. Il rifiuto degl’integrismi, dei blocchi contrapposti non esonera
i cristiani da scelte, che si risolvano in
certi « sì» e certi « no » spesso in contrasto con il campo stesso, che uno si è scelto o nel quale ha dovuto entrare..
Carlo Gay
intervisto
con
Frida Matan
{segue da pag. 4)
l’uomo. Non esisteva, il problema della
donna, in termini attuali e se oggi è all’ordine del giorno è perché la concezione del fascismo non è stata definitivamente annientata. I valori della Resistenza si son persi, in parte, nel dopo-guerra
successivo.
— Come spiega questo ’vuoto’, cioè l’accantonamento dei problemi che la
stampa clandestina dibatteva?
Perché la Resistenza è stata rapidamente tradita. Non si è andati avanti,
si è tornati indietro. Il nuovo Stato, non
tenendo conto della carta rivoluzionaria
della Resistenza, si ricollegò in gran parte allo Stato precedente. Emblematico di
questo periodo fu la caduta del governo
Farri che durò 6 mesi, fino al novembre
del 1945. Rileggetevi l’ultimo discorso di
Farri riportato nel libro di Carlo Levi
« L’Orologio » per comprendere il lungo
periodo di torpore in cui scomparvero i
grandi temi che la Resistenza aveva proposto e che oggi sono ancora di fronte
a noi.
Rileggendo Farri si capirà il perché
della scomparsa di quello spirito che
aveva imperniato i Comitati di Liberazione Nazionale.
SAVONA
MILANO
LA SPEZIA
• Nel corso del culto di domenica 14
marzo si sono uniti in matrimonio Daniela Matarese e Franco Carri che abbiamo avuto un anno fra noi, il nostro
affetto e la nostra preghiera li accompagnano nel loro ministero a Vercelli.
Avevamo in precedenza ricevuto Daniela nella comunione della chiesa dopo
un periodo di studio e di preparazione
nel corso di un culto molto fraterno condotto in parte di giovani del catechismo.
• I ragazzi della comunità hanno proseguito l’iniziativa, già iniziata lo scorso
anno, recandosi settimanalmente a trascorrere alcune ore con i bambini handicappati, ospiti di villa Zanelli; buoni rapporti di amicizia e di solidarietà si sono
stabiliti fra tutti loro, che superano, sia
pure in piccola parte, la situazione di
emarginazione in cui questi bambini si
trovano ancora nelle attuali strutture sociali.
CARRARA
Il Consiglio di Chiesa, in sostituzione
dello studio biblico settimanale, ha deciso di organizzare ogni primo martedì
del mese una conversazione, introdotta
dal pastore, su problemi di attualità richiesti, di volta in volta, dai partecipanti.
Il primo incontro ha avuto luogo martedì 6 aprile sul tema; Il battesimo nel
Nuovo Testamento.
VIBRINO
« Il rapporto giovani-comunità » e « La
attuale situazione politica italiana» saranno i due prossimi temi di interesse
dei giovani del IV Circuito. Trenta di
loro, provenienti da Torino, Ivrea, Susa,
Aosta, hanno partecipato giovedì. 15 ad
un incontro a Viering, presso il centro
evangelico valdostano.
Dopo un esame della situazione giovanile del Circuito, esposta dai singoli
gruppi (interessante ad Ivrea il rapporto
tra giovani valdesi e comunità della chiesa dei fratelli) si è ribadita la necessità
di promuovere più frequentemente questo tipo di incontri sia per im fraterno
confronto sia per uno scambio informativo sulle iniziative locali.
Tra queste segnaliamo il prossimo
viaggio-studio in Germania sulla chiesa
confessante organizzato dal gruppo torinese che si svolgerà dal 22 al 29 settembre. Le iscrizioni restano aperte sino al
30 giugno. Chi fosse interessato scrivere
alla segreteria valdese Via Fio V, 15,
10126 Torino.
Nel quadro degli incontri mensili della
« domenica della diaspora » in via F. Lambertenghi si è avuto domenica 11 un dibattito sul tema ; « Un problema scottante; l’omosessualità». Introducevano
Ricca ed il noto psicologo prof. Cesare
Musatti.
Ferché oggi si parla tanto di omosessualità? Musatti ha risposto sottolineando che la causa va ricercata nell’eccessivo lassismo dei costumi nella nostra società che ha drammaticamente posto in
primo piano anche il problema della sessualità, come del resto possono testimoniare alcuni episodi di cronaca nera degli ultimi mesi. Fer molti di noi dire
omosessuale è sinonimo di travestito.
Siamo dunque abituati a prendere in
considerazione solamente il lato negativo del problema. Sarebbe come dire, riferendoci alle donne, che la sessualità è
essenzialmente la prostituzione. L’omosessualità è un fenomeno quasi sempre
maschile. Dunque, secondo Musatti, anche molti altri atteggiamenti dell’uomo
possono essere ricondotti al problema
dell’omosessualità. Si tratta in particolare di quella forma che gli psicologi
chiamano « omosessualità sublimata » e
che si può riscontrare in certe manifestazioni di cameratismo, nel desiderio
degli uomini di riunirsi in circoli a loro
riservati, di ritrovarsi nei bar etc. Tutte
occasioni che tendono ad escludere le
donne. Modi di vivere però che nessuno
di noi pensa di discutere o condannare.
Non si può invece parlare di omosessualità riguardo agli adolescenti. È un normale fattore di sviluppo che nella maggior parte dei casi scompare con il passare degli anni. L’omosessualità è pure
alla radice di alcuni latti di violenza come nel caso di molti uomini che aggrediscono e trattano una donna come un
oggetto.
E la Bibbia cosa dice a proposito? Una
condanna esplicita dell’omosessualità, ha
detto Ricca, veniva fatta esclusivamente
perché ritenuta nociva alla procreazione
dell’umanità. Ricca si è poi rifatto al testo
recentemente pubblicato dalla Claudiana, mettendo particolarmente in luce il
rapporto tra politica e omosessualità e
tra Cristiani ed omosessualità. I politici
non hanno mai preso posizioni favorevoli agli omosessuali. È risaputo che nella Germania hitleriana molti gerarchi
erano omosessuali, eppure nei forni crematori, assieme agli Ebrei, ai comunisti
ed agli zingari finirono proprio tanti uomini che avevano come unica colpa l’essere omosessuali...
Ne è seguito un dibattito molto vivace,
con interventi della maggior parte dei
presenti.
Di ritorno da im viaggio nel Vietnam
Tullio Vinay, membro del « Comitato Intemazionale per i prigionieri politici del
Vietnam », terrà — nella sala dell’Unione
Fraterna (g. c.). Via Colombo, — il giorno 23 aprile - ore 20.30 - una conferenzadibattito dal tema;
« La rinascita di un popolo ».
La manifestazione è organizzata dalle
Chiese Evangeliche di La Spezia (Via Milano e Via da Passano).
• Il settore della nostra attività che mostra più dinamismo ed elementi interessanti di ricerca è quello della Scuola Domenicale. I ragazzi hanno ricordato Natale con un pomeriggio di canti, dialoghi, si sono avute proiezioni di diapositive per illustrare il lavoro della Missione Evangelica contro la lebbra in Nuova Guinea. Si sono avute assemblee di
dibattito e di ricerca nel corso delle quali i ragazzi hanno fatto proposte interessanti organizzare incontri con i loro
genitori e monitori per parlare dei problemi della loro formazione religiosa, in
secondo luogo avere dei culti con la comunità edi nfine programmare una serie di pomeriggi ricreativi all’aperto. La
comunità è ora impegnata a riflettere a
queste proposte che ci vengono dai nostri ragazzi e che sollevano problemi importanti della vista comunitaria.
PALERMO
L’il marzo la chiesa anglicana di Palermo ha celebrato con un culto di ringraziamento il primo centenario della costruzione del suo tempio. Un gruppo di
fratelli e sorelle delle comunità della
città si è unito ai fratelli anglicani in
questa occasione per esprimere la solidarietà del mondo evangelico palermitano.
• Il Centro diaconale ha organizzato in
via Spezio, la sera del 17 marzo, una tavola rotonda su «Liberazione della donna in una prospettiva cristiana», presieduta dal past. Panasela, ed a cui hanno
partecipato come relatori i pastori Bertolino e Manocchio ed un sacerdote cattolico, don Licata. Buona partecipazione
di pubblico e vivace discussione.
• Un gruppo numeroso di membri della
comunità valdese ha partecipato alla gita
organizzata il 19 marzo a Riesi per un
incontro con il gruppo del Servizio Cristiano. I partecipanti hanno avuto modo
di incontrarsi con i membri del gruppo
di servizio e visitare i diversi settori della sua attività; ottimo spirito e costruttiva giornata.
4
6
al/e vatu oggi
Operai
e sindacato
L’incontro di martedì 13 aprile a Luserna S. Giovanni, promosso dal comitato di
base e dai 45 operai licenpati della Turati
di Lusernetta, ha messo in luce una serie
di problemi che meritano di essere almeno segnalati.
1. Il primo punto può essere così riassunto: manca, nella Val Pellice, una coscienza operaia. La lotta per il posto di lavoro alla Turati lo ha dimostrato abbondantemente; nelle aziende della valle le
adesioni agli scioperi sono sempre state
molto basse rispetto a quelle del pinerolese, hanno detto i sindacalisti. Perché
questo? Innanzitutto perché i padroni
hanno sempre combattuto sia la presenza
del sindacato sia l’organizzazione operaia
all’interno delle piccole fabbriche in cui
il controllo padronale è facile. E poi, come ricordava un operaio, il fatto stesso
che quasi tutte le lotte operaie siano state perdenti ha sicuramente contribuito a
creare un atteggiamento operaio rinunciatario. Come è dunque possibile pretendere che si sia venuta formando una coscienza operaia, un movimento operaio in
una situazione del genere dove le lotte
sono sempre o quasi state perdenti? Quale credibilità ha oggi il sindacato nell’ennesima vertenza perdente alla Turati?
2. E qui si innesta un secondo punto.
Diversi operai hanno accusato il sindacato di aver fatto poco o nulla nella situazione della valle, una situazione che ha
visto una delle più forti perdite di posti
di lavoro; dunque una situazione particolarmente presa di mira dalle spectdazioni
dei piccoli industriali (favoriti al morhento dell’insediamento e poi lasciati senza
alcun controllo), insomma una situazione
che a rigor di logica avrebbe dovuto imporre al Sindacato una presenza continua e vigile. E proprio quello che non è
stato. Perché?
I sindacalisti presenti all’incontro si
sono giustifwati facendo presente la diffìcile situazione locale in cui mancano ancora dei consigli di fabbrica funzionanti,
le manovre padronali per tenerli fuori
dalle loro aziende, la divisione che i padroni stessi creano all’interno degli operai (tipico esempio: la Turati).
Un fatto questo, riconosciuto anche dagli operai. Però sorge subito l’interrogativo: che cosa ha fatto il sindacato in questi anni, dalla chiusura della Mazzonis del
1965 ad oggi? Quali sono state le iniziative
sindacali per formare la coscienza operaia che nen c’era? Quali strumenti di
formazione sono stati offerti agli operai?
3. Nella situazione attuale è certo utile
analizzare il perché delle mancate presenze e delle mancate risposte, resta però
l’obiettivo di organizzare diversamente le
lotte operaie per la difesa del posto di lavoro. E allora a poco serve che i sindacati
si lamentino dell’assenza di una coscienza
operaia che non offre loro possibilità di
interventi, né serve una reazione operaia
antisindacale (a meno che gli operai non
vogliano essere preda ancor più facile senza possibilità alcuna di difesa). Serve invece un impegno concreto da parte del
sindacato, un riavvicinamento agli operai
che non possono né devono essere abbandonati solo perché non hanno maturato
una coscienza operaia. L’autocritica che
ognuno deve fare deve però cominciare
dai sindacati, perché è un fatto verificato
che la loro azione si svolge spesso in modo staccato dagli operai e non è certo segno, di autocritica rispondere a delle accuse operaie (anche se in larga parte ingiustificate): «abbiamo le spalle larghe e
sopportiamo anche questo », come è stato
detto da un sindacalista. Il ruolo del sindacato all’interno delle lotte operaie, come ruolo di intellettuali che devono essere « organici » al movimento, e quindi
saper vivere a stretto contatto con gli
operai, non permette certo risposte di
questo tenore.
D’altro canto gli operai devono capire
che non è possibile « delegare » sempre
ad altri i problemi che sono loro; sono gli
operai in prima persona a dover organizzare nelle fabbriche la lotta per difendere
il loro diritto al lavoro; è solo da questa
disponibilità che può nascere l’aggancio
del sindacato, che è un elemento certo importante e che non deve essere sottovalutato, ma che va controllato dagli operai
stessi.
Perché le lotte operaie non siano impregnate di elementi di confusione occorre
però anche che i comitati di lotta siano
impostati in modo chiaro, con un criterio: come è possibile che il sindacato ed
i partiti della sinistra accettino la presenza del PLI e della DC quando questi
due partiti hanno sempre assunto una
posizione antioperaia? Serve anche questo a "formare” quella coscienza operaia
che non c’è?... Ermanno Gente
CONVITTO DI POMARETTO
Una comunità aperta
inserita nella realtà sociale
Con queste informazioni concludiamo il servizio sul lavoro e sulle prospettive del Convitto
1) La nostra preparazione professionale.
Avere ristrutturato redificio in normali
alloggi, per permettere ad adulti e ragazzi di sentirsi a « casa propria », è un
passo molto importante. Ora è veramente « casa », anzi sono tre case. Era indispensabile giungere a questo punto. Ma
non è assolutamente sufficiente. Forse
sarebbe sufficiente se volessimo fare in
convitto una serie di alloggi per famiglie
affidatarie, con due o tre ragazzi in affidamento, con normali rapporti di lavoro
fuori, e con rapporti interpersonali molto stretti, sofferti ed a volte senza sbocco positivo tra i ragazzi e la famiglia
che li ha adottati.' Comunque sarebbe
chiaro il ruolo che si gioca, cioè si tratterebbe di una famiglia. Non ci interessa
ora qui discutere sulla famiglia in quanto tale, per cui andiamo oltre.
Ma poiché non si tratta di famiglia, ma
di comunità alloggio, non è l'appartamento che risolve il problema. Bisogna che
siamo in grado di fare al più presto un
punto sulla nostra situazione e sulla nostra capacità professionale di educatori,
una volta fatto questo, prepararci sempre di più, ricercare sempre di più, perché niente ci viene dal niente, in modo
particolare per un rapporto con dei ragazzi disturbati per una serie infinita di
motivi. '
2) La nostra volontà e capacità di essere
cittadini di Pomaretto, a contatto con
la realtà.
Si tratta per noi di capire che non siamo a Pomaretto semplicemente perché lì
è situato l’edificio che ci ospita. Anche
qui si tratta di operare una scelta: siamo cittadini di Pomaretto e come tali
abbiamo il dovere-diritto di occuparci
della vita e dei problemi del paese. Dobbiamo quindi coinvolgerci ed accettare
l’impegno dell’uscire all’esterno.
3) La nostra volontà di operare con Pomaretto per un reale e duraturo inserimento dei nostri ragazzi.
Accennavamo già prima, che per quanto bravi professionalmente noi fossimo,
senza la collaborazione dell’esterno non
riusciremmo a fare nulla di duraturo per
Tavvenire dei ragazzi. Quindi se vogliamo
essere degli educatori e crescere qui dei
ragazzi fino al loro inserimento in un’attività lavorativa, dobbiamo per forza appartenere alla società civile in modo attivo.
4) La nostra posizione di credenti.
Il nostro ruolo di educatori, di cittadini, si arricchisce a questo punto, se lo
vogliamo, di un’altra caratteristica: quella del credente. E qui ci sarebbe un lungo discorso da fare sulle nostre comunità, sulla loro crisi ecc. Noi riteniamo di
non poterci staccare da esse, pena la nostra perdita di identità. Ma riteniamo anche che insieme a tutti gli altri, mettendo al servizio di tutti le capacità che andiamo acquisendo nel nostro lavoro
giorno dopo giorno, si potranno porre
le basi per una comunità sempre più fedele. Ma con gli altri. Per cui è sempre
più chiaro che se siamo dei credenti lo
siamo nelle scelte che facciamo tutti i
giorni nelle diverse situazioni in cui ci
troviamo, ma lo facciamo partecipando
alle decisioni di fede della comunità e
non accettando che la comunità ci deleghi la testimonianza. Cioè se siamo dei
crédenti lo siamo per scelta e non per mestiere.
BOBBIO PELLICE
• Domenica 18 sera, la corale di VillarBobbio Pellice ha offerto una serata di
canti, intervallati dalla proiezione di diapositive. Il pubblico numeroso e attento ha molto apprezzato lo sforzo della
nostra Corale. Un ringraziamento ai coralisti e in particolare alla direttrice. E
un ringraziamento anche al sindaco signor Giuseppe Berton per le interessonti diapositive.
cronaca
Novità
al Museo
di Proli
Il Museo di Frali e Val Germanasca
conta di riaprire i suoi battenti a luglio
ed agosto con alcune novità.
Si prepara una nuova bacheca nella zona della storia naturale della Valle (a sinistra del pulpito, dopo la galleria della
miniera). Il visitatore potrà avere una,
sia pur sommaria, impressione della flora e della fauna della valle con una serie
di ingrandimenti a colori tratti da fotografie di F. e M. Davite (fiori) e di
E. Sommani (fauna). Si conta così di
completare l’esposizione già in atto di
fogli di erbario e di iniziare la presentazione faunistica della zona.
Chi ci dà una mano?
Anche per il periodo estivo cerchiamo
alcuni collaboratori che sorveglino il Museo nelle ore di apertura in luglio ed agosto e curino la vendita delle guide (quest’anno saranno in 3 lingue; italiano, inglese e francese) e del libri di storia che
sono esposti nell’apposita bacheca.
Il museo offre, come il passato, soggiorno e vitto a Frali per il periodo della
collaborazione, un piccolo « argent de
poche» e la possibilità di passeggiate ed
aria buona in alta montagna; Ghigo di
Frali si trova infatti a circa 1.500 m. di
altitudine. L’orario del museo è il seguente : pomeriggio nei giorni feriali,
giornata completa i giorni festivi, lunedì
chiuso. Rimane quindi un buon margine
di tempo libero. Fensiamo che questa offerta potrà interessare qualcuno dei giovani delle nostre comunità od anche qualche pensionato. Il periodo consigliabile
è di un mese o di 15 giorni. Naturalmente nulla impedisce che una sola persona
rimanga ánche due mesi.
Chi è interessato a questa proposta è
pregato di prendere contatto direttamente con il pastore Bruno Rostagno - 10060
Frali - tei, 0121/8519.
Hanno collaboralo: Franca Coisson,
Lamy Coisson, Ivana Costabel, Franco
Davite, Dino Gardiol, Alfredo Sonelli,
Alberto Taccia, Giuseppe Platone.
Manifestazioni del 25 aprile
■ ANGROCNA
25 aprile 1945
IL FASCISMO E SCONFITTO:
DA ORA IN POI CI POTRÀ’ ESSERE
PACE - LAVORO - LIBERTA’
25 aprile 1976
Quale PACE, quando i fascisti continuano a seminare violenza e terrore,
sovente opportunamente mascherati?
(207 fatti criminosi, tra il 1969 e il 1975,
nella sola provincia di Torino).
Quale LAVORO, quando assistiamo
a pesanti attacchi all’occupazione che
andranno ad aumentare il già altissimo
numerò di disoccupati? (45 licenziamenti alla Turati di Lusernetta, su 93
operai).
Quale LIBERTA’, quando la libertà
di manifestare le proprie opinioni è
duramente attaccata? (oltre 300 denunce pendono nei confronti di lavoratori
e studenti del Pinerolese per reati politici e di opinione).
Resistenza oggi significa respingere
questi attacchi e sconfiggere la causa
reazionaria e fascista.
La Giunta Comunale
TORRE PELLICE
Cittadini,
— Le bombe collocate sui treni, nelle banche, nelle piazze, nelle scuole,
— le stragi che si sono ripetute ad
intervalli più o meno lunghi in questi
31 anni dalla Liberazione,
— i sequestri di persona e gli atti
mafiosi che riempiono le cronache dei
giornali sempre più di frequente,
— gli incendi che devastano le fabbriche ed i supermercati mettendo ancor più a repentaglio i posti di lavoro,
— gli attentati contro le sedi dei sindacati come nel lontano 1920,
— gli autoritarismi del potere che si
evidenziano, talora, contro coloro che
nelle fabbriche, nelle caserme, nelle
scuole, nelle piazze chiedono, nel rispetto della Costituzione Repubblicana — nata dall’Antifascismo e dalla
Anche quest’anno Jacopo Lombardini trova posto nelle commemorazioni del 25 aprile.
Un uomo, un credente, che meriterebbe qualcosa di più che un breve discorsetto d’ufficio. Mentre la generazione che è stata testimone della Resistenza e lo ha conosciuto
personalmente ha troppo presto dimenticato
la testimonianza di Jacopo (perché tale è
stato il suo antifascismo), le nuove generazioni non sanno più nulla di lui. Di chi la
colpa?
Resistenza — una maggior giustizia sociale per una Nazione più autenticamente democratica,
— le manovre economiche di speculazione nazionale ed internazionale che
continuano a provocare, tra l’altro, il
rincaro dei prezzi e l’aumento della disoccupazione,
A CHI SERVONO?
oggi come ieri questi fatti giovano
a tutti quelli che, nella nostra Nazione e da altre Nazioni, alimentando
la « strategia della tensione », cercano
di soffocare il movimento dei lavoratori, cercano di dimostrare che solo con
l’autoritarismo si può governare, cercano di soffocare lo spirito della Resistenza e dell’Antifascismo militante.
L’impegno di tutti i cittadini, di tutti
i lavoratori, di tutte le forze politiche
e sindacali, che si riconoscono nell’antifascismo, ora più che mai deve essere
fermo, deciso e pronto a soffocare i
rigurgiti di un fascismo che non è stato ancora sconfitto.
La Giunta Municipale
Programma della manifestazione
A BOBBIO PELLICE
ore 9 - deposizione fiori alle lapidi dei Ca
duti.
A VILLAR PELLICE
ore 9,30 - analoga cerimonia.
A TORRE PELLICE
ore 10,45 - raduno in Piazza del Municipio;
ore 9 - omaggio floreale alle lapidi ed ai
monumenti ai Caduti ;
ore 11,15 - saluto del Sindaco di Torre Pellice
ai partecipanti presso il Monumento dei Partigiani ;
ore 11,45 - inaugurazione stele ricordo alla memoria di Jacopo Lombardini, all'inizio del corso che porta il suo
nome. Commemorazione dell'avv.
Giorgio Cotta Morandini.
ore 12,45 - pranzo presso il Ristorante Baussan di Angrogna.
Presterà servizio la Banda Musicale Cittadina. La popolazione è invitata ad esporre il
tricolore.
5
23 aprile 1976
Dalla Zambia
S''
Il tempo passa e io stento a inviare
delle notizie, assorbita come sono dalle
mille attività. Debbo riconoscere che non
mancano le soddisfazioni.
Anche con la Chiesa le cose si stan mettendo per il meglio. Siccome le contribuzioni dei membri e particolarmente dei
professori di Chipembi erano alquanto
parsimoniose, son riuscita a convincere il
pastore Makumba a parlarne a una delle
nostre riunioni e fu cost che domenica
scorsa la colletta al culto dette più di
65 mila lire. Si è ottenuto questo risultato con il sistema delle bustine individuali.
Ognuno promette di versare tanto ogni
mese e lo fa con una bustina sulla quale è indicato un numero. Alla fine dell’anno dobbiamo raggiungere i tre milioni, quota stabilita dal presbiterio.
I bambini delle scuole domenicali imparano pian piano a portare qualche soldino per la colletta. Il flanellografo portato con me funziona a meraviglia. Le
monitrici vanno due a due nei villaggi.
Prima giocano al pallone e così, tutti si
sfogano, poi quando il gruppo è al completo, lo dividono in due; i piccoli si riuniscono sotto un albero, i grandi sotto
un altro e qui le ragazze fanno le lezioni
illustrandola con quello che hanno imparato durante le lezioni preparatorie.
In aprile sarà il mio turno per presiedere il culto a Chipembi, a cui partecipano quasi 500 persone. Leggo sempre con
viva attenzione La Luce sperando trovarvi degli spunti per i miei culti domenicali. Non è facile trovare sempre qualche
cosa che interessi la gente e sia alla loro portata. D’abitudine al culto metà delle alunne dorme! Per il prossimo culto
parlerò della morte di Gesù. Per questo
ho un vecchio articolo di Paolo Ricca,
che ho trovato molto buono. Cercherò
anche di organizzare un culto con la
partecipazione di qualche monitrice a cui
farò leggere i testi biblici, intercalando
degli inni e delle preghiere.
L’ispettore delle scuole della United
Church è venuto qualche settimana la a
Chipembi a fare un discorsetto ai professori, dicendo in sostanza questo ; « Se
non riusciamo a essere differenti da una
qualsiasi scuola laica, è meglio che diamo le nostre scuole al Governo. Ma se
vogliamo tenerle, bisogna trovare ciò che
ne giustifica resistenza. Voi, professori
stranieri, non starete sempre con noi.
Prima che partiate vogliamo che ci aiutiate in questa ricerca: come impostare
le nostre scuole private e che cosa fare
per distinguerci dall’insegnamento dato
in una scuola pubblica».
Se foste qui, per distrarvi vi inviterei
in un angolino del mio giardino, in mezzo a un boschetto di bambù, dove potreste assistere due volte alla settimana
all’addestramento militare delle nostre
quattrocento ragazze in divisa da solda
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to. Cercherò di mimetizzarmi tra le frasche per scattare qualche foto.
I miei amici olandesi Visser, dopo un
corso accelerato di kiswahili, a Nairobi,
sono partiti per la zona del West Pokot
per evangelizzare quelle tribù. Si tratta
di tribù nomadi vestite di pelli d’animali.
Si spostano continuamente con le loro
mandrie che difendono dagli attacchi dei
leoni e altre bestie feroci con archi e
frecce. Vorrebbero trovare un posto al
centro di questa grande regione desolata
per costruirvi una casa prefabbricata.
Per il momento Hans Visser viaggia con
un interprete e un pastore africano. Dormono all’aperto protetti dai guerrieri
Pokot. Tutt’intorno circolano gli elefanti.
È un posto pericoloso perché durante la
stagione secca i Turkana, ladri di mucche, vengono a far razzia, armati con armi moderne provenienti dall’Uganda, dal
Sudan e dall’Etiopia.
Qui abbiamo anche una pastoressa
zambiana, appena tornata dall’Australia
dove ha completato i suoi studi in teologia, ma è stata trasferita a Lusaka come
misura disciplinare perché si è innamorata di un tedesco! Il nuovo Moderatore
è il pastore Kazila che incontrai a Parigi
quando studiavo alla Missione.
Pare che la Chiesa Unita, aiutata dalle
altre Chiese della Cevaa voglia organizzare un’opera di evangelizzazione con
una equipe multirazziale in una regione
a nord del paese.
La stagione delle piogge è cominciata
in anticipo.. Mai visto tanta acqua prima
d’ora e così le piantagioni di mais cominciano a marcire e abbiamo ben paura per il nostro campo di girasoli. Casa
mia è invasa dalle formiche che la sera
entrano a gruppi dalle mille fessure. Le
famose riparazioni che avevo fatte fa.re
al tetto non dovevano essere state fatte
bene perché l’acqua cala dal soffitto in
camera, nel soggiorno, in cucina e in dispensa. Ho le termiti che pian pianino
stanno facendo fuori la porta del soggiorno. Cos’i ogni giorno scopo via la montagnola di segatura ai piedi della porta.
Le api hanno scelto il camino per fare i
loro nidi. Cost turano lo sbocco per il
fumo ed è impossibile fare il fuoco. I
vestiti e le scarpe sentono la muffa. Appena c’è un raggio di sole metto tutto
fuori, ma che lavoro!
ARIA DI ROMA
Hans Kiing
censurato
Roma (adista) — Un tentativo di esporre il cristianesimo all’uomo d’oggi, parlando il suo linguaggio e partendo dai
suoi problemi : questo, in sintesi, il giudizio che il celebre teologo Hans Kiing dà
del suo ultimo libro « Christ Sein » (Essere cristiani) uscito qualche giorno fa
in versione italiana da Mondadori (pp.
800, L. 6.000). Alla presentazione del libro, a Roma, è intervenuto lo stesso
Kùng, il quale ha sottolineato che con la
sua ultima fatica intende non contrapporsi al rnagistero ma, al contrario, dargli un aiuto. Il teologo si è inoltre dichiarato disposto ad accogliere correzioni dei
suoi punti di vista, purché ragionate e
capaci di tener conto di tutto il pensiero
esposto nel libro, quindi non frutto di
estrapolazioni di qualche frase.
Alcune ore dopo queste affermazioni
arrivava la prima risposta del Vaticano
attraverso un’intervista alla Radio Vaticana del gesuita Jean Galot, un modesto
teologo, giudicato tale anche dai suoi
colleghi della Gregoriana. Esponente della teologia « curiale » che Kùng certamente non ama, Galot ha stroncato con
poche frasi e in maniera apodittica il volume del teologo svizzero, imputandogli
una mezza dozzina di gigantesche eresie;
negazione della Trinità, della divinità di
Cristo, della sua nascita verginale, della
sua resurrezione, dell’Eucarestia e della
esistenza dello Spirito Santo. Se è cosi,
che fanno all’ex-Sant’Ufifizio? Il libro di
Kùng è uscito quasi due anni fa in Germania, è già stato tradotto in diverse
lingue; è da supporre che i censori del
Vaticano lo conoscano già. Quindi, o i
censori non vi hanno trovato gli errori
di cui parla il Galot, oppure concordano
con il teologo gesuita, ma la consegna è
di non emettere condanne. Se è vera la
prima ipotesi, appare grottesco che la
prima reazione vaticana alla traduzione
italiana di «Essere cristiani» sia stata
affidata ad un teologo al cui confronto
perfino l’ex-Sant’Uffizio appare progressista; se è vera la seconda ipotesi, viene
da chiedersi che senso abbiano le recenti misure disciplinari contro alcuni teologi italiani (Gennari e Molari, per esempio) e che senso abbia mantenere i provvedimenti contro i sacerdoti che due anni fa assunsero sul referendum un atteggiamento politico diverso da quello della GEI.
echi
CHIESA COME ESSANTE/5 dal mondo cristiano
Gli evangelici all'opposizioné
?M'&ha
Quando si parla di chiesa
« confessante », oggi, si pensa
ad una comunità cristiana impegnata nei problemi del
mondo, che rende testimonianza della sua fede con coraggio; e la si contrappone ad
una chiesa ripiegata su se
stessa che vive di culti e liturgie.
Quando venne creato, l’aggettivo non aveva questo significato, parlare di « confessante » negli anni 30 significava richiamarsi alle antiche
confessioni di fede del tempo
della Riforma. Una chiesa è
confessante quando osa dichiarare apertamente la sua
fede alla luce del giorno e soprattutto sa rendere ragione
di ciò in cui crede. Confessanti erano state le chiese protestanti di fronte al cattolicesimo del 1500, confessante doveva essere la chiesa anche di
fronte al Nazismo che minacciava la vita stessa della fede.
E la minacciava, è bene ricordare, non dal dì fuori, con
persecuzioni e violenza ma
dal di dentro, corrompendo la
coscienza cristiana. A guardare le cose a distanza di tempo
ci si può perfino chiedere come sia stato possibile che tanti cristiani in Germania non
abbiano saputo discernere la
minaccia nazista e se ne siano lasciati influenzare così.
Fra le motivazioni storiche
determinanti, ve n’è una che
deve essere subito menzionata.
Dal tempo di Lutero le chiese tedesche erano chiese territoriali, legate cioè al territorio ed al principe dei diversi
staterelli della (jermania; non
è mai esistita una chiesa tedesca unica.
Questo ha creato da un lato
un fortissimo legame tra coscienza nazionale e chiese
evangeliche, l’essere protestante faceva parte in qualche modo dell’essere tedesco.
D’altra parte però lo Stato
finiva coH'essere molto strettamente connesso con la realtà della Chiesa finendo col
considerarla un pochino come
suo strumento politico.
Alla fine della guerra, quando la repubblica di Weimar
proclamò la totale indipendenza delle chiese dallo Stato,
per molti evangelici questo
sembrò l’eliminazione stessa
della chiesa, il suo sradicamento dalla vita e dai problemi della patria in crisi.
Il senso di malessere e di
frustrazione che ne derivò
venne abilmente sfruttato' dai
movimenti nazionalisti e si
concretò nella corrente dei
Cristiano-Tedeschi di cui vale
la pena citare alcune tesi:
Noi ci muoviamo sul terreno del
cristianesimo positivo... Noi professiamo la nostra fede in un credo
cristiano conforme alla specie, rispondente allo spirito tedesco di Lu
tero...
Noi vogliamo ridare valore nella
nostra chiesa al rinato senso vitale
tedesco...
Noi vogliamo una chiesa evangelica che affondi le sue radici nel
popolo e respingiamo lo spirito della cittadinanza universale...
Il fronte che si oppose a
questa teologia ed alla concezione totalitaria nazista fu
composito. Vi militarono uomini come Karl Barth e Dietrich Bonhoeffer, Martin Niemoeller, Hans Asmussen, molto diversi come formazione e
spiritualità, schierati su posi,
zioni così vicine da costituire
un fronte di opposizione.
Malgrado la politica estremamente prudente e calcolata di Hitler, che seppe giocare
sempre la sua partita con le
chiese entro i limiti della legalità, i fatti che accadevano
rendevano i credenti avvertiti: le repressioni antiebraiche,
le manifestazioni paganeggianti del regime, il culto della razza, ecc.
Il fronte della resistenza
cristiana trovò la sua espressione in alcune assemblee generali, di cui la più nota è il
sinodo di Barmen, nel 1934,
che vide approvata la famosa
Dichiarazione.
Altre assemblee seguirono,
fra cui quella di BerlinoDahlem in cui venne messa a
punto una vera e propria organizzazione cristiana che si
contrapponeva alla chiesa del
Reich. Se questa strada fosse
stata percorsa sino in fondo
il protestantesimo tedesco si
sarebbe spaccato in due; da
una parte la chiesa ufficiale,
legata allo Stato nazista, dall’altra la chiesa confessante,
ma a questo punto ci si fermò. I moderati temettero di
diventare dei settari, i lutera,ni temettero di essere manovrati dai riformati, così la
chiesa confessante non si organizzò come chiesa autonoma.
Continuò la sua attività nell’ambito della chiesa tedesca
come un movimento di protesta evangelico, di solidarietà
fra i pastori impegnati. Per
alcuni mesi si verificarono
scontri fra « confessanti » e
non confessanti, pastori vennero sospesi dal loro incarico, candidati in teologia non
furono accolti, sorsero gruppi all’interno delle comunità
stesse. A poco a poco la tensione si ridusse e la protesta
dei « confessanti » divenne
sempre più difficile finché sopraggiunse la guerra con i
suoi drammatici interrogativi.
Della chiesa confessante restarono una eredità preziosa
di indicazioni teologiche, l’esempio di alcuni uomini v.oerenti, e soprattutto il proolema aperto della confessione
della fede nel mondo moderno.
Per nuovi posti di lavoro
no alla campagna elettorale
Di fronte al fenomeno della disoccupazione che assume proporzioni sempre
più inquietanti, i partiti devono rinunciare alla campagna elettorale ed impiegare
i fondi così risparmiati nella creazione di
posti di lavoro per apprendisti. Questa
la dichiarazione del comitato centrale
del movimento giovanile della chiesa di
Hessen-Nassau. La stessa richiesta di
creazioni di posti di lavoro per apprendisti viene rivolta alle chiese.
Crociata anticomunista
dell’episcopato cattolico tedesco
Bonn (adista). — Secondo ima corrispondenza dell’agenzia ASCA dalla capitale della RPT, la gerarchia cattolica tedesco-occidentale intende varare un programma di più stretti rapporti con le
chiese dì Italia, Francia, Spagna in funzione anticomunista. In un rapporto inviato a tutti i vescovi residenziali della
RFT, il Commissariato cattolico dell’episcopato (un ufficio che cura i rapporti
tra chiesa cattolica e il governo di Bonn)
raccomanda ai vescovi tre punti : nell’attuale assemblea plenaria della conferenza episcopale tedesca uno dei temi all’ordine del giorno deve essere lo sviluppo
in Europa; necessità di creare un commissariato dei vescovi europei per esaminare le misure dei governi sul piano
europeo ; dare particolare attenzione ai
milioni di lavoratori stranieri nella RFT.
6
23 aprile 1976
1943 -1945 : gli anni
della Resistenza e della Liberazione
FINE DI UN CONFLITTO - INIZIO DI UNA CRISI
Fra missionari e pacchi viveri
Ai giorni della Liberazione circolava per
la penisola una cartamoneta che, in inglese, ai quattro angoli d’ogni taglio riportava la enunciazione delle ragioni ideali che
parlano legittimare la guerra contro il
nazifascismo: « Libertà di parola », « Libertà di religione », « Libertà dalla paura », « Libertà dal bisogno ». Per quelle
stesse libertà accentuate e ordinate in
modi diversi, avevano lottato gli italiani
militanti nella Resistenza, ed ora si apriva la grande battaglia per la costituente
repubblicana.
Se ai protestanti sembrò che interessassero soprattutto le prime due libertà —
quella di parola e l’altra di religione —
non v’è da meravigliarsi. Si usciva dal
pozzo del clericofascismo, e nelle libertà
tutto ci pareva fresco, vivo, promettente.
Non per caso le energie migliori le spendemmo in ima lunga lotta per ottenere
che nelle leg^ e nel costume avessero spazio i concetti di libertà che ci stavano a
cuore.
La nostra azione fu affidata all’estro, all’improvvisazione: pullulavano, nascevano
e morivano, ^ornali e rivistine, case editrici e Ciclostilati; si andava sulle piazze
e nei teatri, si parlava alla radio e si dettavano proclamazioni, proteste, ordini del
giorno. È vero che Tinizio del regime neoclericale era accomiiagnato dalle benedizioni della sempre più ambigua figura di
Pio XII e dàlie rozze violenze del ministro
Sceiba Mario, ma ormai era avviato un
mutamento generale di costume, di cultura, che coinvolgeva l’intera società italiana.
I protestanti ben presto si resero conto
d’una realtà bruciante: il rinnovamento,
il progresso del nostro popolo non passavano attraverso una crisi religiosa e l’adesione alla Riforma. Allo stesso modo che,
fatta l’Italia, gli italiani dell’SOO erano stati fatti senza l’apporto del liberalprotestantesimo, ora si rifondava la nazione,
ma i politici si cautelavano in tutti i modi dal pericolo d’uno scontro sul terreno
della fede. In questo erano quasi tutti
d’accordo, tranne i non molti che s’informavano ma non s’impegnavano, come
giustamente si disse allora.
■Dal principio del secolo la nostra predilezione era andata dalla gente di cultura,
per il ceto medio ordinato e posato; ora
l’ingresso delle masse popolari nel dibattito delle idee ci coglieva impreparati, ci
metteva a disagio. Si parlava e non si co
Gli umili di cui
la storia non parlerà
{segue da pag. 1)
store, cui in mezzo all’infuriare dei combattimenti era riuscito a fare avere un
po’ di scatolette, che invece di sfamare
la sua famiglia, pensava solo a distribuire quel cibo ad altri; un’altra notte, sul
fronte della Romagna, quel gruppo di soldati inglesi che avevo trovato riunito in
una CEisa diroccata per pregare per i nemici tedeschi che ci sparavano addosso.
K tanti altri episodi consimili, di cui la
Storia, certamente, non dirà mai nulla.
Ma in ognuno di quegli oscuri episodi,
la vittoria di Cristo sul potere delle tenebre venne proclamata. E questo non
solo da chi aveva ricevuto dal Signore
molti talenti, compresi quelli di una piena comprensione delle responsabilità
politico-sociali dell’ora, ma altresì da modesti uomini e donne, che magari di talenti ne avevano ricevuti pochi sotto ogni
punto di vista, compreso quello della
chiarezza delle idee. Anche i pochi talenti, molto spesso, furono messi a frutto
con fedeltà, anziché lasciati inoperosi codardamente: e Dio fu glorificato anche
nella pochezza ed insufficienza degli uomini.
Forse noi slamo ancora una volta prossimi ad un tempo di decisioni storiche:
e quindi è ancora più importante del solito che ricordiamo le prove e le testimonianze dei tempi della Resistenza. Ma è
importante altres', ricordare che se molto sarà richiesto a chi molti talenti ha
ricevuto — per esempio quelli di una
chiara visione dei problemi politico-sociali — neppure la modestia dei talenti ricevuti potrebbe essere una scusa per una
codarda passività.
municaya, si proponevano fatti di cultura
e non si ascoltava, il nostro gergo iniziatico riprendeva un discorso illanguidito
due generazioni prima.
Come non bastasse, calavano in terra
di conquista gli esponenti di tutte le fedi,
i movimenti più diversi, e per l'italiano
medio si trattava sempre di protestanti;
in realtà tanta brava gente passò per le
nostre fragili comunità per turbare, scompaginare, pKjssibilmente per acchiappare
qualcuno e dare corposità alle nuove organizzazioni, talvolta fantomatiche.
A rivederli, furono davvero anni caotici,
impossibili. C’erano la fame e il freddo,
dall’America arrivarono preziosi pacchiviveri e il flagello di montagne di sacchi
e scatolame, autocarri di pasta Pantanella. I locali delle chiese erano ingombri di
cataste di balle d’indumenti usati, di scarpe; _ una sorta di mercatino dei pidocchi
all’insegna del ’’vogliamoci bene fratelli”.
Fu allora che dovemmo aprire gli occhi,
per vedere le quattro libertà delte « grandi democrazie occidentali » ridotte a strumento di potere in mano a una banda di
faccendieri che dalle sacrestie venivano a
impancarsi in Parlamento.
DA SOTTOPOSTI A PROTAGONISTI
Un esercito nuovo
Nella vita italiana le formazioni partigiano hanno rappresentato un elemento di novità assoluta - Una eredità di
democrazia e di responsabilità che le forze armate della Repubblica non hanno saputo e voluto raccogliere
Paragonate ad un esercito regolare, le
forze partigiane sembrano ben poca cosa: in tutto poche diecine di migliaia di
uomini con un armamento insufficiente,
praticamente senza mezzi di trasporto,
senza una rete di comandi realmente efficienti, senza alcuna possibilità di affrontare uno scontro aperto con le divisioni
motorizzate e corazzate tedesche. Si potrebbe osservare che l’Italia badogliana,
che aveva a disposizione metà del territorio nazionale, buon numero di divisioni
regolari e gli aiuti anglo-americani, riuscì a portare al fuoco un esercito assai
più piccolo di quello partigiano; ma ancora non si renderebbe giustizia a sufficienza allo sforzo militare della Resistenza. L’esercito partigiano nacque infatti
dal nulla, senza retrovie né linee di rifornimento, senza caserme né magazzini di
armi, con uomini e comandanti quasi
sempre privi di preparazione specifica,
senza manuali di istruzione né programmi meditati, costretto giorno dopo giorno a inventare soluzioni nuove per esigenze impreviste. La tradizione dell’esercito italiano non serviva (anche se talora
i partigiani portavano il cappello alpino
o si facevano forti dei gradi conseguiti
nelle guerre fasciste), perché l’esercito
regolare si basava sul reclutamento obbligatorio e l’obbedienza cieca, strumenti
necessari per condurre guerre d’aggressione non capite dai soldati o per schiacciare una manifestazione di piazza, strumenti inservibili invece nella guerra partiglana, dove non era possibile obbligare
a combattere chi non lo voleva davvero,
dove non c’era posto per trincee, parate
e elaborate manovre. Anche gli ufficiali
più coraggiosi e esperti valevano poco,
se non erano capaci di dimenticare la
tradizione di caserma e imparare dalle
esperienza quotidiana, costruendo con i
loro uomini un rapporto fondato sulla
fiducia.
siva, molto raramente schierata con il nazifascismo. Fu perciò un esercito democratico negli uomini, negli strumenti e
negli ideali di rinnovamento, anche se
non esitava dinanzi alla più dura disciplina (ma fucilare im uomo era possibile
solo se chi doveva sparargli era d’accordo, non bastava l’ordine dall’alto).
L’esercito partigiano fu quindi un esercito nuovo, nato dal rifiuto (non sempre
consapevole, ma nei fatti) dell’esercito
tradizionale, reso possibile dalla spinta
disciplinata di centinaia di migliaia di volontari (raccogliere viveri e informazioni
in città poteva essere più rischioso che
salire in montagna), dalla presenza organizzata di forze politiche che si sostituivano allo stato e dall’appoggio della popolazione, talora favorevole, talora pas
E proprio perché era nuovo e democratico, strumento di rinnovamento nei
fatti, l’esercito partigiano non poteva trovare posto nell’Italia del dopoguerra, che
per tanti versi si presentava come la continuazione dell’Italia monarchica e fascista. Le truppe anglo-americane che alla
fine di aprile 1945 liberarono l’Italia settentrionale avevano ricevuto rigide istruzioni per il disarmo e lo scioglimento a
qualsiasi costo delle formazioni partigiane. Queste operazioni furono effettuate
senza opposizione, il problema se le forze
armate della nuova Italia dovessero basarsi sull’esercito partigiano o su quello
tradizionale non fu nemmeno posto. Ai
partigiani fu offerta la possibilità di arruolarsi nell’esercito o nella polizia, ma
si trattava di un gesto demagogico, perché nel giro di pochi mesi tutti coloro
che avevano accolto l’invito furono liquidati con vari pretesti. Persino gli ufficiali di carriera che ave-^no fatto la
Resistenza furono trattati con sospetto
e spesso penalizzati, mentre chi aveva
servito la repubblica di Salò o scelto di
imboscarsi trovava troppe porte aperte.
Per lunghi anni (gli anni della guerra
fredda anticomunista) le forze armate
dell’Italia repubblicana rifiutarono apertamente l’eredità politica e militare della
guerra partigiana, del resto riflettendo lo
orientamento dei partiti di governo. Oggi
la situazione apparentemente è diversa,
ma i riconoscimenti ufficiali e spesso puramente rituali sono riservati alla Resistenza come gloria nazionale e non alla
guerra partigiana in tutta la sua carica
di rinnovamento. L’eccezionaiità dell’esperienza partigiana è la scusa abituale per
evitare alle istituzioni militari odierne un
confronto scomodo. I valori di democrazia, di partecipazione di base, di antifascismo militante che la Resistenza espresse non sono però legati ad una situazione
irripetibile: è troppo chiedere che dopo
trent’anni le forze armate nazionali accettino questo confronto?
Intervista
con Frida Maian
Fu allora che crebbe e si affermò la
predicazione dell’amore come unica forza
per creare una società diversa. Agape non
fu solo la costruzione di un edificio nell’alta Val Germanasca, fu anche il generoso tentativo di dare concretezza alle attese, al bisogno di cercare e vivere insieme la verità in Cristo, all’urgenza di dare
spazio nelle nostre chiese a un modo diverso di essere cristiani. Forse inevitabilmente, si aprì anche un processo alle
chiese com’erano: fu l’avvìo a una contestazione sempre più aspra e circostanziata, che non provocò quel profondo esame
di coscienza che dal ravvedimento porta a
nuova vita.
Bisognerebbe una volta procedere calmamente a un riesame del periodo che
s’aprì con la Liberazione; forse avrebbero maggior rilievo la ricostruzione e la
ristrutturazione dell’Opera, il discorso
ecumenico e quello federativo, il tanto che
è stato dato di vivere a gruppi minoritari
così esigui e fragili. La realtà è sempre
più grande di quanto sanno vedere gli occhi dei nostri pentimenti e dei nostri rimpianti.
Luigd Santini
« Noi lottiamo perché le donne mantengano quel posto che si sono conquistate col sangue e con le lacrime; a
fianco dell’uomo siamo state durante
la lotta, a fianco dell’uomo intendiamo
restare nell’opera di ricostruzione.
Noi combattiamo perché il lavoro
femminile, qualunque forma di lavoro
femminile, cessi di essere oggetto di
sfruttamento; la retribuzione deve basarsi su di un criterio solo: il rendimento.
Noi vogliamo una società in cui i nostri figli possano crescere sani fìsicamente e moralmente. Le donne non
hanno solo il dovere, hanno soprattutto il diritto di essere madri, dobbiamo
lottare perché questo diritto sia rispettato e tutelato ».
Questo diceva un manifesto del Movimento Femminile Giustizia e Libertà. In
esso era chiaramente espresso ciò che le
donne chiedevano e volevano per il loro
futuro politico: diritto al voto, diritto al
lavoro, parità di lavoro - parità di salario, scuola aperta a tutti per ogni tipo
e grado, assistenza, tutela della madre e
del bambino.
— Prof. Maian: le donne son state parte integrante della Resistenza?
8 Settembre 1943 - 25 Aprile 1945: in
questo arco di tempo l’Italia assiste ad
un movimento veramente di popolo a cui
partecipano tutti coloro che hanno profondamente creduto che era possibile
cambiare qualcosa. I testi ufficiali dicono che alla Resistenza parteciparono il
20% di donne, io credo molto di più. Tra
le file c’erano studentesse, mamme, spose che lottavano per un nuovo mondo;
tutte si ponevano il problema del domani.
Si reagiva in base ad una ribellione
spontanea, molte non conoscevano neppure la parola democrazia perché il fascismo (oggi non s’immagina neppure
quante pubblicazioni erano proibite) aveva creato un vuoto culturale... ma la Resistenza ha visto un grande rifiorire di
stampa clandestina. Proprio le donne diedero vita alla stampa clandestina tutt’ora
d’attualità. Le donne socialiste stampavano «La Compagna»; le donne del Partito d’Azione « La Nuova Realtà ». Non
dimentichiamo le donne liberali, le democristiane. E che dire delle comuniste?
Praticamente le donne di tutti i partiti,
di ogni movimento avevano il loro foglio. Il giornale dei « Gruppi di difesa
della donna» raggruppava donne socialiste, liberali, comuniste, monarchiche, e
tutte insieme andavamo d’accordo sui
grandi temi d’allora: futuro diritto al
voto, uguaglianza, uguale paga per uguale lavoro... Ci son voluti decenni perché
alcune di quelle mete fossero raggiunte.
I problemi del femminismo contemporaneo anche allora erano discussi.
— Problemi sociali quali l’aborto o il divorzio erano discussi dalle donne della Resistenza sulla stampa clandestina?
Noi parlavamo del ’cambiamento del
diritto di famiglia’ ; aborto e divorzio
non erano allora tematiche prioritarie,
questi temi, in quel contesto storico, non
son stati approfonditi a livello di massa.
Ràl^resentativo del nuovo pensiero femminile emergente dalla Resistenza fu il
manifesto redatto da Silvia Pons e Ada
Marchesini Gobetti, manifesto che introduce questa nostra conversazione. Si studiava allora il lavoro della casalinga in
gruppi ristretti per impedire che il doppio lavoro della donna diventasse per lei
un elemento di squilibrio, affinché la fatica, lo sforzo richiesto alla casalinga, obbligata, per necessità familiari, a lavorare anche fuori casa, non venisse a turbare lo sviluppo della sua intelligenza e
della sua personalità.
— Questi frutti maturati dalla Resistenza su un piano di eguaglianza tra uomo e donna hanno intaccato a suo parere ia concezione dei « gallismo » per
cui ia donna è considerata ancora come un ’oggetto’?
Durante il fascismo eravamo stati tutti, uomini e donne, « oggetto » ; la Resistenza ha messo, attraverso la lotta politica, la donna sullo stesso piano del
Oiorgio Rochat
(continua a pag. 5)
7
p
delle valli
PRAMOLLO
• Nella seduta di mercoledì, 14 del Consiglio comunale, prima di iniziare la discussione dei punti all’o.d.g., il Sindaco
dr. Maccari ha ricordato il cav. Dante
Passet, recentemente scomparso, mettendo in risalto la sua cordialità e dedizione
verso tutti coloro che chiedevano un suo
aiuto per lo svolgimento di pratiche burocratiche o altro, negli anni in cui lavorò come impiegato comunale e anche
ora che aveva scelto di entrare nel Consiglio comunale per continuare a rimanere a contatto con la gente di Pramollo.
In seguito sono stati esaminati i punti all’o.d.g., fra cui l’ammontare del contributo ai borghigiani per lo sgombero
della neve durante l’inverno e la convenzione da farsi col centro di ginecologia
operante di Pinerolo perché ogni donna
ne possa usufruire gratuitamente.
• Mercoledì 11 c. m. abbiamo accompagnato all’estremo riposo la sorella Enrichetta Ribet ved. Long che il Signore
aveva richiamato a sé all’età di 86 anni
dopo un periodo di malattia. Alle famiglie colpite dal lutto vanno le nostre sincere condoglianze.
• Rinnoviamo i nostri auguri per una
vita serena al servizio del Signore a Piera e Rina Soulier che durante il culto di
Pasqua hanno confermato l’alleanza del
loro battesimo.
• La Corale ha contribuito aU’edificazione dei culti delle Palme e di Pasqua con
il canto di inni e cori di circostanza.
ROBA’
• Una numerosa assemblea ha partecipato al Culto della domenica delle Palme nel corso del quale sono stati confermati due catecumeni; Ilda Revel, Fucine,
e Dino Giusiano, Capoluogo.
• Al Culto di Pasqua il Tempio, con parenti ed amici venuti da fuori, era gremito e massiccia è stata la partecipazione alla Santa Cena.
• È stato battezzato il bimbo Matteo Rivoira di Adolfo e di Vanda Tourn.
Domandiamo a Dio che quei Culti siano stati in benedizione per la Comunità
e che le promesse fatte dai confermati
e dai genitori, padrino e madrina del battezzato, siano mantenute fedelmente con
il Suo aiuto.
• Mentre stava lavorando in una cava di
pietra nella nostra zona, Giovanni Tourn
abitante a Luserna è stato investito da
un lastrone di pietra che ha rischiato di
schiacciarlo ; fortunatamente ha potuto
evitarlo in parte e salvarsi la vita, rimanendo però gravemente ferito alla gamba destra che ha dovuto essere amputata sotto il ginocchio.
A lui ed alla sua famigliai la mamma
è una rorenga) esprimiamo la nostra solidarietà e l’augurio di una pronta guarigione, certi che non rimarrà inattivo
seppure condizionato da questo grave incidente.
SERVIZIO MEDICO
festivo e notturno
Comuni di ANGROGNA - TORRE PELLICE LUSERNA S. GiOV. - LUSERNETTA - RORA’
Dal 24 al 30 aprile 1967
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Torre Pellice: Tel. 91.365 - 91.300
Luserna S. Giovanni: Tel.90.084 - 90.205
ANGROGNA
Il giorno 25 APRILE 1976
a PRADELTORNO
alle ore 15,30
avrà luogo una MANIFESTAZIONE POPOLARE con l’intervento del GRUPPO
TEATRO ANGROGNA, che presenterà
un programma di canti della Resistenza
di ieri e di oggi.
Sabato 24 aprile alle ore 20.30 nella
scuola di Prassuit (g.c.) avrà luogo la
seduta della Cooperativa Agricola locale ;
chi volesse ancora aderirvi, è pregato di
intervenire. I soci riceveranno l’invito
personale.
— La Commissione Agricoltura del Comune ha indetto per mercoledì, 28 aprile
alle ore 21 in Municipio un incontro di
tutti gli agricoltori di Angrogna con il
nuovo veterinario consorziale dott. Giordano, allo scopo di parlare dei problemi
relativi aH’allevamento.
LUSERNA S. GIOVANNI
INVERSO RINASCA
Maggio : domenica 2 : « Gara gastronomica » aperta a tutti. Sede Pro Loco. Domenica 16 : « Concerto bandistico » assegnazione trofeo « G. Giraud S. Rostagno » Pro Loco. - Domenica 30 : « Mostra
di Pittura » con esposizione di disegni
eseguiti dai bambini delle scuole elementari. Apertura ore 9 sede Pro Loco.
Cronaca di Torre Pellice
• « Voi siete il corpo di Cristo e membra di esso ciascuno per parte sua»; è
stato il testo intorno a cui si è raccolta
la comunità la Domenica delle Palme, in
occasione dell’ammissione in Chiesa dei
catecumeni di IV anno. Essi erano ; Agli.
Claudio, Albarea Bruna, Bellora Marco,
Mourglia Vilma, Pasque! Marco, Peyrot
Rosanna, Pons Bianca e Franca, Pozzi
Loris, Revel Marco, Ricca Ivana, Rivoira Michele, Taccia Paola e Benech Giovanni che è stato battezzato.
Essi stessi hanno partecipato attivamente al culto con letture bibliche e nella presentazione del tema, preventivamente esaminato e discusso in gruppo.
Dopo aver affermato che la Chiesa non
è un corpo qualsiasi, ma il corpo di Cristo, è stato rilevato, da una parte, l’unità
delle membra chiamate alla reciproca
collaborazione e solidarietà nella gioia,
come nel dolore e, d’altra parte la loro
diversità nei compiti, nelle funzioni, nella vocazione a seconda dei doni ricevuti.
Ma ci sentiamo veramente membra di
un unico corpo? La diversità delle membra non giunge fino a spezzare e disgregare l’unità del corpo? Siamo membra
viventi o malate, paralizzate, rendendo
così, difficile, oscura, contraddittoria, non
credibile la testimonianza e la vocazione
della Comunità come corpo di Cristo?
Ecco gli interrogativi che i giovani hanno posto a noi e a loro stessi, proprio
nel momento in cui chiedono di diventare « membra » della Chiesa.
• Dopo il culto un pranzo comunitario,
ottimamente preparato dalla commissione ricevimenti, con una novantina di
partecipanti ha sottolineato l’aspetto della gioiosa comunione fraterna ed è stata
occasione di riflessione sul tema del pastorato, dibattuto proprio in questi tempi sui nostri giornali, introdotta da una
testimonianza diretta del nostro stud.
theol. Claudio Pasque!.
• Durante la Settimana Santa 1 numerosi culti, sia presso gli Istituti (Rifugio,
Asilo, Villa Olanda) che nel tempio, il
Giovedì Santo con Santa Cena, il Venerd'i Santo, presentato dalla Corale con lettura dialogata del testo della Passione
nella nuova traduzione del Vangelo di
Marco, la Pasqua con la partecipazione
della Corale, e presso la cappella degli
Airali, hanno suscitato i soliti sentimenti contrastanti ; gioia da una parte,
per la presenza numerosa e attenta della
Comunità, perplessità dall’altra, per il loro carattere eccezionale e non come segno di coerente e perseverante presenza
nell’ascolto della Parola e nella comune
adorazione al Signore. Più che mai restano aperti gli interrogativi posti alla
Domenica delle Palme!
• Il battesimo è stato amministrato alla
piccola Gabriella Charbonnier di Marco
e Ida Gaydou dei Ricoun. Il Signore benedica questa bambina ed aiuti i genitori ad essere fedeli alle promesse che
hanno fatto.
• Si sono sposati a Villar Pellice Ivana
Ricca di Bricherasio con Aldo Geymonat
di Villar Pellice. Vengono a stare da noi
a Bricherasio.
Rinnoviamo loro l’augurio di una vita
colma di celesti benedizioni.
• Tutta la nostra simpatia cristiana nel
dolore ai familiari di Bonnet Daniele deceduto agli Stalliat all’età di anni 80; di
Hugon Vittorio del comune di Bibiana
dove era molto conosciuto e stimato e
di Luigi Cavallaro, ospite dell’Asilo Valdese dove è deceduto all’età di 72 anni.
• I ragazzi della Scuola domenicale delle Vigne hanno visitato martedì 20 nonna Virginia del Trihulet che ha compiuto da poco i suoi 85 anni. La gioia di
questo incontro è stata grande dalle due
oarti.
• Domenica 11 aprile gran folla al Culto
delle Confermazioni. I giovani Borno
Walter, Cesan Carla, Cesan Walter, Charbonnier Marco, Costabel Marcello, Costabel Rosalba, Costantino Manuela,
Ebongue Gisella, Ebongue Lionello, Eynard Massimo, Cisoia Paola, Gönnet Patrizia, Grill Gianfranco, Janavel Roberto, Malan Barbara, Malan Eliana, Negrin
Daniela, Parise Eros, Peyronel Marina,
Pontet Lia, avendo concluso il corso di
catechismo, hanno ricevuto l’annuncio
che il Signore confermava anche a loro
le sue promesse e la sua vocazione ad
essere suoi discepoli. Commentando Galati 5; 13, il pastore ricordava ai giovani
e a tutti i presenti che il Signore dà la
possibilità di essere liberi, avendo sottratto la sua chiesa da ogni dipendenza
umana; ma la libertà non è una condizione fìssa e immobile; è un impegno costante dì liberazione, cioè di realizzare
nella realtà della vita personale e sociale
quella stessa promessa di libertà.
Il pastore invitava i giovani e le famiglie, in particolare, a non rimanere isolati, ma a conoscere tutto ciò che il Signore suscita nelle diverse chiese in Italia e
nel mondo, mediante una adeguata informazione, quale poteva essere ricevuta
per mezzo della nostra stampa. L’abbonamento a L’Eco delle Valli sarebbe stato un dono veramente utile ai giovani
confermati.
• Venerdì, 16, durante il Culto di S. Cena ai Coppieri, Daniela Negrin riceveva
il battesimo, quale segno di fede in Cristo. Daniela Negrin ha già assunto il suo
impegno di servizio, come Monitrice della Scuola Domenicale dei Coppieri.
La domenica di Pasqua la predicazione si è fondata sul testo di Marco 13 ; 3337, proposto alle chiese delle Valli dal
Collettivo di ricerca biblica di Pinerolo.
Il pastore faceva notare che per i discepoli di Gesù, la sua resurrezione rendeva valido il discorso che egli avèva fatto
loro prima della sua morte e che essi,
probabilmente non avevano conipreso
esattamente. La resurrezione, infatti, non
significava per i discepoli un periodo di
tranquillità e di calmo benessere; al con
trario, Gesù risorto dava a loro il corti
pito di annunciare ai popoli quel medesi
mo Evangelo per il quale egli stesso ave
va affrontato l’opposizione mortale dei
potenti. Anche per i discepoli la predicazione delI’EVangelo significava affronta
VILLAR PEROSA
• In occasione della Domenica delle Palme un catecuipeno di IV anno ha ricevuto il battesimo e nove altri hanno confermato l’alleanza del loro battesimo in
presenza di una buona assemblea. La corale ha partecipato al culto con il canto
di un inno. Nel pomeriggio, dopo un breve incontro col past. G. Tourn di passaggio, con un gruppo di catecumeni pinerolesi, i neo confermati insieme ai loro genitori sono stati accolti nel salone
del Convitto in un’atmosfera di gioiosa
fraternità dall’Unione Femminile. Formuliamo ai nuovi membri comunicanti
ed alle loro famiglie i più vivi auguri per
un gioioso servizio reso al Signore ed al
prossimo nella comunità e fuori.
• Il culto di Pasqua è stato affollato,
con buona partecipazione alla S. Cena.
Erano con noi una quarantina di componenti la corale ed il gruppo trombettieri della comunità di Nordhausen
(Württemberg); il Past. Theo Kiefner
che li. accompagnava ci ha rivolto un
messaggio fraterno. Oltre a questi fratelli e sorelle tedeschi abbiamo anche
potuto salutare l’Ing. Sig. Diel di Rohrbach, amico della Chiesa Valdese.
• Nel corso delle sue ultime riunioni nella scuola di Chenevières e nel salone del
Convitto, l’Unione Femminile ha accolto
la Signora Mary Campese e la Sig.na
Graziella dalla, le quali ci hanno dato
due interessanti conversazioni rispettivamente sulla storia delle Colonie Valdesi in Calabria e sul lavoro missionario
nello Zambia. Mentre ringraziamo sentitamente queste sorelle per la loro visita
e per il loro messaggio diciamo loro il
nostro arrivederci.
• Il battesimo è stato amministrato a
Paola di Malatesta Antonio e di Paolasso
Ada (Vivian); la grazia del Signore riposi su questa bambina e sui suoi familiari.
• La benedizione del Signore è stata invocata sul matrimonio già registrato in
sede civile di Bleynat Sandra con Piras
Luigi. Agli sposi che si stabiliscono a Castelnuovo di Pinasca rinnoviamo l’augurio fraterno di una vita in comune benedetta dal Signore.
re la via della croce, cioè lo scontro con
i poteri che rifiutano Cristo o che cercano di deformarne la vera figura e il vero
annuncio. Questo è avvenuto per i credenti dei primi secoli, per i valdesi del
medioevo e nel tempo delle persecuzioni; questo avviene anche oggi per molti
credenti in molte parti del mondo e, recentemente, anche per i valdesi del sud
America. La fede nella resurrezione di
Cristo non è promessa di calma, ma forza e certezza neH’adernpimento della vocazione dei credenti e delle chiese; lo
Spirito del Signore dà oggi ai credenti
la gioia della Pasqua, perché domani e
in ogni giorno quella gioia renda più ferma la loro fedeltà, nel concreto della lotta che i poteri dominanti nel nostro occidente detto cristiano suscitano ogni
giorno contro l’impegno per rendere concreta la fraternità alla quale Cristo ci
chiama.
UNA PAGINA DI STORIA UGONOTTA
Domenica 18 alle ore 21, nell’Aula Magna del Collegio Valdese, il past. André
Richardot ha illustrato, anche mediante
diapositive, « Une page d’histoire hugonotte au desert cévenol, en 1742 ». Il pastore Richardot è presidente del Comitato Vallone per i Valdesi e la chiesa
di Torre Pellice ha voluto approfittare
dell’occasione per esprimere ancora una
volta la sua riconoscenza per la operosa
fraternità che le chiese olandesi hanno
sempre avuto per i valdesi.
Ospiti della Foresteria valdese in una
tappa del loro lungo viaggio che li porterà Ano a Riesi, dopo Cinisello Balsamo
e Roma, un gruppo di circa 30 giovani
pastori che stanno per ultimare il loro
periodo di vicariato, provenienti dalla
Renania (Germania occ.). Nella mattinata di marted’, 20 hanno avuto ima conversazione sulla situazione delle nostre comunità alle valli, si sono soffermati a
lungo ne] museo, mentre nel pomeriggio
alcuni di loro sono saliti rapidamente
verso Agape ed altri hanno visitato con
molto interesse l’asilo di Luserna San
Giovanni.
OFFERTE RESTAURO ORGANO
TEMPIO DI TORRE PELLICE
Offerte pervenute dal 22 febbraio al 13 aprile 1976 : In mem. del marito Prof. Adolfo Tron,
nel decennale della morte, M. Bernoulli L. 50
mila; in mem. del Moderatore E. Giampiccoli.
L. e R. Coisson Giampiccoli 50.000; Frida e Aldo Pellegrin 10.000; Eynard Mathieu Anita
10.000; Luciano Vola (1® vera.) 10.000; in mem.
di Letizia Corsani e di Ottavia Talmone, N. N.
200.000; Riunione di famiglia casa Vigna (26.3.
1976) 7.550; M. C. 5.000; N. N. 20.000; Alma
Gabella 10.000; Rosa Casini 1.000; (Gustavo
Gamba 100 000; dalle due Marie 15.000; Ket'y
Comba 10.000; L. Giampiccoli (Luigina) 15.000;
Alda Cougr 5.000; Mila Faraldo 30.000; Lidia
Gay, Villa Elisa 10.000; in mem. di Lina Varese, Pia F.-ilchi 10.000; Suor Luisa Stalle 5.000:
Matilde Sibille 5.000; Giazzi Camillo 10.000;
Lydia e Elgardo Paschetto 10.000; Paschetto
Cougn Emma, in ricordo dei suoi Cari 5.000; in
mem. di Giulio e Mary Tron, il 6glio Mario
(Uruguay) 50.000; il fratello e la sorella in m.
di Francis Rostan 10.000; E. P. e Occelli Elvira in mem. del Pastore Giulio Tron e Signora
10.000; E. P. e Occelli Elvira, ricordando Francis Rostan 5.000; Eynard Laura 10.000: Annalisa Sappé, in mem. del nonno Enrico 5.000; Ricca Elena 6.000; Emilio ed Ester Ganz 50.000;
Cornelio Olga e Sìlvia 30.000; Prof. Teo61o
Pons e Ida 15.000; Aldina Gamba 5.000; Elsa
Cesan 5.000; Lina More Tamietti 5.000; Geraldo e Anita Mathieu (2® vers.) 20.000; Livio
Gobello (Io vers.) 3.000.
RINGRAZIAMENTO
La moglie e i familiari del compianto
Luigi Ciordan
riconoscenti per le numerose prove di simpatia
ricevute, ringraziano quanti con la loro presenza o scritti, hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare al Dott. De Bettini, al Pastore Coisson, alla Ditta OMEF ed ai
vicini di casa.
Angrogna, 9 aprile 1976.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia dello scomparso
Giovanni Enrico Salma
ringrazia sentitamente il pastore Sergio Rostagno, il dott. Teodoro Peyrot e quanti negli ultimi giorni della sua esistenza gli sono stati vicino alleviandolo con parole dì conforto.
Perosa Argentina, 14 aprile 1976.
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VITA ITALIANA
La stagione dei congressi
Una stagione si è conclusa: il momento della riflessione e del chiarimento è passato
e ora ii momento delle scelte pratiche - Non si può aspettare oltre
All’inizio dell’anno, quando ci fu la crisi del governo bicolore Moro, sebbene
molte fossero le critiche rivolte alle scelte di politica economica e complessiva
della coalizione governativa, l’attesa della
stagione dei congresi, indusse alla costit^ione del nuovo governo Moro, sostanzialmente im governo di attesa. Era necessario dare ai partiti la possibiUtà di
fare una serena valutazione della situazione del Paese in relazione a importanti
fatti politici, come il voto del 15 giugno e
in relazione a gravi fenomeni economicosociali.
Il partito che ha svolto un ruolo chiave in questi mesi è stato certamente il
PSI e il suo Congresso gli ha dato una
Imea politica nuova e dinamica, il primo dato da rilevare è la ricomposizione
dell unità attraverso una sostanziale convergenza di scelte politiche che consente
il superamento delle contrapposizioni
pur conservando un’ampia dialettica interna. Il secondo dato è la collocazione
su im nuovo terreno di lotta di questo
partito (il primo partito operaio!) che,
pur senza trascurare i tradizionali obiet"
tivi economico-sociali, sembra oggi privilegiare la battaglia dei diritti civili, come
strumento per modificare sostanzialmente le basi ideali e quindi sociali del Paese. Sul piano delle scelte di governo il
PSI tende una mano alle forze della sinistra emergente, con il suo impegno verso
I alternativa socialista, mentre, proponendo neU’unmediato il coinvolgimento del
rei nell’area di governo anche con la
DC, sembra porsi in concorrenza con il
PCI stesso nell’ipotizzare tm compromesso storico, che non porti però un tal
nome.
L’altro partito socialista, il PSDI, spaccato dal voto del 15 giugno, travolto dagli scandali dei suoi dirigenti, nel Congresso ha riaffermato la scelta socialista
e SI è dato ima direzione di « sinistra ».
II suo simbolo è Saragat, nuovamente impegnato in prima persona, un uomo politico certamente di prestigio e di notevoli
capacità, anche se il suo nome è legato
alla storica frattura del movimento operaio nell’ultimo dopoguerra. Ma oggi Saragat parla della necessità di valutare
con attenziont l’evoluzione « eurocomunista» del PCI...
Negli ultimi giorni il PLI con il suo
congresso ha concluso la stagione, benché si sia confermata la scarsa rilevanza
tu questo partito non si può non sottolineare che pur esso ha colto l’esigenza
di porre al centro di qualunque ipotesi
pohtica la soluzione dei gravi problemi
di giustizia sociale.
Ma la stagione dei Congressi è stata
dominata certamente da quello della DC.
Spettacolare e farsesco per certi aspetti
esso ha rivelato quali difficoltà incontri
questo partito nel trovare una nuova coltócazione coerente con le trasformazioni
del Paese. Dopo la dura lotta tra congiure e trasformazioni, la vittoria congressuale di Zaccagnini avrebbe dovuto significare la collocazione dell’intero partito
su di un terreno laico, nell’ambito del
quale i fatti vengono valutati non in relazione a dogmatismi di principio (spesso
metafisici o clericali), ma sulla base dell’analisi della realtà pur senza rinnegare
un certo bagaglio culturale che (anche se
impropriamente) viene definito «cristiano ». Questo avrebbe dovuto essere il fatto di «rilevanza storica» che avrebbe
portato trasformazioni nell’intera vita
politica italiana. I condizionali che abbiamo usato più sopra nascono dalla con
Cemttato di Rtdaziemi Bruno Belllon, Valdo BenecchI, Gustavo Bouchard, Niso De
MIehells, Ermanno Genre, Roberto Peyrot,
Paolo Ricca, Giampaolo Ricco, Bruno Rostagno, Giorgio Tourn, Tullio Viola.
Direnerà; GIORGIO TOURN
Direttora responsabile; GINO CONTE
Ammlnlslraxlene ; Cesa Valdese, 10066 Torre Penice . c.c.p. 2/33094 Intestato a l'Eco
dello Valli - La Luce • Torre Pollice
Abbonamenti ; Italia annuo l. 5.000
semestrale L. 2.500
estero annuo l. 7.500
Una copia L. ISO, arretrata L. 200
Cambio di indirizzo L. 100
Inserzioni; Prezzi per mm. di altezza, larghezza una col.: commerciali L. 100 - mortuari L. ISO - doni 50; economici L. 100
per parola.
Reg al Tribunale di Pinerolo N 175
8 luglio 1960
coop. Tipografica Subalpina - Torre Pellire
sapevolezza delle più recenti verifiche :
sul terreno dei diritti civili (aborto) la
DC ha confermato le sue scelte irrazionali ; sul terreno della crisi economica,
ha confermato l’incapacità di elaborare
nuove linee politiche complessive, che dovrebbero superare le affermazioni di principio e analizzare coraggiosamente e onestamente la condizione reale della nostra
popolazione. E di tutto questo l’elezione
del sen. Pantani sembrerebbe il sigillo
definitivo. Epure non si può negare la
frattura politica oggi esistente nella DC
e il processo, sia pure contraddittorio.
che essa sta compiendo. Il ricorso alle
elezioni anticipate; oltre ad essere il riconoscimento del fallimento della sua politica è tuttavia anche il segno che certi
capi ritengono necessario il momento
dello scontro, dei blocchi contrapposti,
per serrare le file e bloccare la dialettica
interna e lo sviluppo di nuovi orientamenti. Comunque sia, una stagione si è
conclusa: il momento della riflessione e
del chiarimento è passato, è ora il momento delle scelte pratiche. Non si può
aspettare oltre.
Emilio Nitti
_______SCUOLE PUBBLICHE - SCUOLE PRIVATE
Attuare la Costituzione
senza creare disuguaglianza
La proposta di legge della Regione Piemonte,
conosciuta come n. 82, ha sollevato nell'ambito
regionale il problema delle sovvenzioni statali alle
scuole private. Del dibattito in corso e delle contro
proposte, fatte nelle ultime settimane, abbiamo
parlato ampiamente anche perché il problema tocca direttamente gli Istituti Valdesi di Istruzione.
La proposta suddetta presenta elementi significativi ed innovatori rispetto alla legge attuale (n. 27
del 2-9-74 ) ; ci è sembrato perciò utile avere una
illustrazione, sia pur breve, di questi elementi da
fornire ai lettori, abbiamo chiesto questo contributo a Franco Giampiccoli che a Torino ha seguito
da vicino i dibattiti.
1. - Sistema organico di deleghe agli Enti
locali.
Mentre la legge 27 attua l’assistenza scolastica di cui è responsabile la Regione
per mezzo di una notevole varietà di deleghe e di finanziamenti (ai Comuni, ai
Distretti Scolastici, ai Consigli di istituto
e di circolo, alle Scuole Materne), la proposta di legge 82 prevede un solo tipo di
delega agli Enti locali territoriali (Comuni, Consoci di comuni. Comunità montane). A tali Enti è delegata l’organizzazione dei trasporti per gli studenti, delle
mense scolastiche, dell’assistenza sociale,
sanitaria, psico-medico-pedagogica e la
fornitura di materiale didattico collettivo
e individuale.
Questa nuova impostazione, proposta
dalla Giunta della Regione Piemonte, si
contrappone ad una impostazione che,
saltando in gran parte gli Enti locali e
collegando in molti casi direttamente la
Regione alle singole scuole (materne, elementari, medie inferiori), causa notevoli
inconvenienti: un superlavoro per la Regione; l’impossibilità per gli organismi
regionali di conoscere le reali necessità
locali; l’assegnazione ai singoli Consigli
di istituto o di circolo di compiti (come
l’assistenza psico-medico-pedagogica) che
richiedono una impostazione e una visione per lo meno territoriale che solo l’Ente locale può garantire.
2. - Il concetto di diritto allo studio co
me preminente sul concetto di assistenza scolastica.
L’attuale legge 27, pur occupandosi di
servizi che non sono limitati (come tradizionalmente si intendeva l’assistenza scolastica) ai soli « alunni meritevoli e bisognosi », ha una impostazione prevalentemente « assistenziale ». In generale, gli
interventi e i contributi regolamentati da
questa legge hanno come destinazione il
recupero e l’agevolazione di casi individuali e la risposta a bisogni settoriali. La
proposta di legge 82 ha invece di mira —
dichiaratamente — la globalità della popolazione scolastica. Gli stessi servizi (per
es. assistenza psico-medico-pedagogica,
mense, ecc.) vengono impostati in vista di
una generalizzazione dell’intervento. Inoltre alla spesa per borse di studio si preferisce — in prospettiva — la spesa per
servizi generalizzati, secondo il principio
— esposto nella presentazione — che la
proposta di legge intende attuare: privilegiare « l’erogazione di beni e di servizi
rispetto all’erogazione di denaro ».
É noto che il principio opposto ha sempre favorito lo spirito e la prassi clientelare. Questo rovesciamento tende non solo ad eliminare questa piaga, ma anche
a stimolare e responsabilizzare gli Enti
locali a cui l’erogazione di questi servizi
è affidata.
3. - La concentrazione dell'impegno finan
ziario sulla scuola di Stato (e degli
Enti locali) con l’eccezione della materna non statale.
La legge 27 attualmente in vigore estende i servizi deH’assistenza scolastica agli
alunni delle «scuole non statali parifica
te, legalmente riconosciute ed autorizza
te », richiamandosi al 4“ comma dell’art
33 della Costituzione. Tale comma prescri
ve per gli alunni di queste scuole non sta
tali un « trattamento scolastico equipol
lente » a quello che ricevono gli alunn
delle scuole statali.
A che cosa si riferisce questo « trattamento scolastico equipollente »? Ai programmi e al loro svolgimento, affermano
i laici. Certo, ma anche all’erogazione di
fondi e di servizi pagati dallo Stato, ribattono i cattolici integristi. Ma quest’ultima posizione può essere sostenuta solo
dimenticando — come regolarmente avviene da parte cattolica — il 3” comma
dello stesso articolo che stabilisce un
principio generale di importanza fondamentale: « Enti e privati hanno diritto
di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato » (corsivo aggiunto).
La proposta di legge 82 intende attuare questo principio fondamentale stabilendo che l’erogazione dei servizi di assistenza scolastica riguarda le scuole dello
Stato e degli Enti locali. Viene proposta
un’eccezione per la scuola materna a causa dell’enorme carenza, in questo campo,
di scuole statali e comunali. L’erogazione
dei servizi (e non di fondi come avviene
attualmente) alle materne non statali è
tuttavia subordinata alla stipula di convenzioni che garantiscano un trattamento
economico e un livello di insegnamento
pari a quello delle scuole pubbliche.
Concludendo, questi tre punti qualificanti della proposta di legge della Giunta
regionale piemontese appaiono ugualmente importanti e innovatori. C’è da augurarsi che la Giunta mantenga con fermezza questi punti senza usare nessuno di essi come moneta di scambio per l’approvazione di una legge che deve avere la
specifica funzione di introdurre ordine,
nuoye impostazioni, rigore amministrativo, in un settore particolare — ed esemplare — del campo della scuola.
Franco Giampiccoli
La corrente
protestante
del PSI?
Il quotidiano « La Repubblica » di domenica 18 riportava una notizia dal mondo protestante italiano che, crediamo,
ha colto un po’ tutti noi di sorpresa. Dice il titolo : « PSI : è nata a Milano la
corrente protestante ». L’articoletto fa
dei nomi: Ugo Gastaldi, autore della
« Storia dell’anabattismo », Gigi Ranzani, valdese di Milano, e si parla di un
teologo battista e un pastore metodista.
La notizia non è infondata anche se è
presentata male; del resto il tono scandalistico è un pregio-difetto della ditta
« Espresso-Repubblica ». Ad ogni buon
conto c’informeremo e nel prossimo numero riferiremo ai lettori sul curioso caso in questione.
La settimana
Internazionale
a cura di ’Tullio Viola
LE CONVULSIONI
DELL’ARGENTINA
A tre settimane dal giorno in cui i
generali, formanti un’oligarchia anarchica» (ci si conceda il bisticcio di parole), s’impadronirono del potere, la situazione argentina (politica, sociale, economica) s è molto aggravata. L'oligarchia è
« anarchica » nel senso che non uno dei
generali comanda gli altri, ma ciascuno
di essi comanda senza alcun controllo
una sua propria fetta di potere. Non uno,
infatti: non il generale Jorge Videla che
e, solo formalmente, il presidente della
repubblica; non il generale Luciano Menendez che comanda il cosiddetto « Tercero Ejercito » e ha sotto la sua giurisdizione Cordoba, la più celebre città ribelle
dell’Argentina; non il generale José Martinez de Hos, ministro delle finanze che
sta tentando di risanare l’economia generale, ma con provvedimenti che i colleghi
hanno sfavorevolmente accolti...
Per quanto grave, la situazione interna
Argentina è meno tragica di quella del
vicino Cile, in cui regna e governa un uniCO dittatore. Non assomiglia neppure al
fu regime dei colonnelli in Grecia. L’Argentina è invece spartita in un certo numero di « satrapie » che, si direbbe miracolosamente, osservano per ora (ma per
quanto tempo ancora?) una tolleranza reciproca.
Isabelita, la vedova di Peron spodestata
il 24 marzo (data del colpo di Stato), è in
residenza sorvegliata a Neuquem (a sud
di Buenor Aires), e si dice che prossimamente verrebbe obbligata a comparire davanti a un tribunale militare. Intanto le
violenze si aggravano ogni giorno di più,
il marasma dilaga: già più di cento morti,
tra operai, studenti, poliziotti... La guerriglia infuria.
La grande maggioranza dei crimini è
opera dell’« Alleanza anticomunista argentina » e delle altre organizzazioni di
estrema destra, che sono protette dal governo sconfitto il 24.3. Ma le forze opposte
sono ben lungi dalla possibilità di tenere
in pugno la situazione. A un corrispondente de « Le Monde », un ministro ha
detto: « Organizzati come sono, in cellule,
essi sfuggono al nostro controllo.
Intanto (leggiamo su ” Le Monde” del
15.4) i "consigli di guerra" hanno cominciato a funzionare. Non è stata ancora richiesta la pena di morte, è vero, in analogia al codice militare. Ma le pene sono
severe. Per es. a Mendoza, dov'è stata pronunciata una condanna a 8 anni di carcere per disobbedienza e resistenza alle autorità di pubblica sicurezza. All’opposto,
degli ex-gerarchi (cioè delle autorità del
governo sconfitto) hanno trovato il modo
di venire a patti coi militari (...) ».
Al disotto della spartizione di poteri dei
« satrapi », serpeggia la rivalità fra le tre
armi: l’esercito di terra, la marina e l’aeronautica. « L’esercito conserva una posizione dominante; ma la marina, che da
lunga data s’era preparata al colpo di Stato, gliela contesta. La sua influenza conservatrice tende ad accentuarsi e ad allargarsi. Da un giorno all’altro poi gli aviatori, che s’erano ammutinati nel dicembre scorso, hanno ritrovato la loro audacia ».
La situazione argentina desta in noi un
interesse singolare, forse torbido (lo confessiamo), certo sinistro. Noi non abbiamo avuto, in Italia, sette colpi di Stato in
mezzo secolo (v. questo settimanale, n. 15
del 9 c.): negli ultimi 30 anni non ne abbiamo avuto nessuno, pur avendone sfiorato il pericolo più d’una volta. Forse, anzi probabilmente, nei decenni futuri continueremo ad esserne esenti. Ma una situazione di convulsioni e di marasma, simile a quella dell’Argentina, si!: quella
la temiamo molto, la riteniamo anzi probabile col passar degli anni, se le cose
continueranno ad andare, in Italia, nel
modo ben noto.
WILLY BRANDT
E L’EURQCOMUNISMO
if L’ex-cancelliere, attualmente presidente del partito social-democratico della
(Jermania Federale, uno degli uomini politici che maggiormente ammiriamo, non
tanto e non solo per il suo ingegno politico, quanto per le sue qualità morali, ha
detto:
« La democrazia ha radici troppo forti
perché i partiti comunisti d’occidente possano rappresentare una sfida reale alle
nostre istituzioni. (...) Un’eventuale “espansione comunista" non costituisce un
pericolo per l’Europa occidentale: essa
non schiaccerà le tradizioni parlamentari
nei paesi dove i partiti comunisti aspirano a partecipare al potere ».
(Da « La Repubblica » del 14.4.1976).