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Anno 115 - N. 46
16 novembre 1979 - L. 300
Spedizione in abbonamento postale
1° Gruppo bis//C
.ARCHIVIO TAVOr.A
10066 TORRE PELLICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
INTERVISTA AL PASTORE NERI GIAMPICCOLI
DAL CULTO CONCLUSIVO DELL’ASSEMBLEA
Un'Assemblea sobria e concreta Pietro e Paolo
Le nostre chiese non devono preoccuparsi del proprio benessere
spirituale ma di spendere se stesse nel servizio della testimonianza
— Come vedi il cammino che
è stato percorso dal Congresso
di Roma nel ’65 aU’Assemblea
di Torre Pellice del ’79?
— Quando ripenso al Congresso di Roma mi ritorna alla memoria il teatro pieno di gente, la
grande organizzazione, l’entusiasmo, la prospettiva « Uniti per
l’Evangelo » che sembrava essere
un fatto definitivo nella storia
delle Chiese evangeliche in Italia. E poi vedo Torre Pellice, la
modesta saletta, affrettatamente
messa a punto con non poca fatica al piano terra del Convitto...
Questo salto di ambientazione
può essere indicativo di un certo
ridimensionamento di alcune illusioni che avevano animato il Congresso di Roma e anche il cammino successivo della Federazione sorta nel ’67: nel suo cammino la Federazione ha dovuto ridimensionare la risonanza che le
forze evangeliche possono avere
nella situazione italiana. D’altra
parte è cresciuta una serietà di
impegno, c’è stato uno sviluppo
veramente notevole di taluni servizi che si presentano oggi al paese in maniera che finalmente non
può non essere notata.
— E come ti è sembrata questa Assemblea?
— Mi è parsa sobria e concreta. Forse qualche volta troppo
tempo è stato dedicato a problemi strutturali e troppo poco a
problemi reali e concreti del
mondo: l’ordine del giorno sulla
violenza, per esempio, ha dovuto essere discusso un po’
troppo rapidamente rispetto alla
enorme importanza del problema; d’altra parte si è avuta una
presa di posizione molto chiara.
Nel complesso dunque im’Assemtalea che ha avuto im carattere
sobrio, laborioso, molto ben condotta dalla presidenza, senza voli pindarici, ma con serietà di
impegno.
— L’Assemblea ha votato un
atto conclusivo: come dobbiamo
comprenderlo?
— L’Assemblea ha dovuto intanto procedere ad alcuni adempimenti statutari indispensabili
I«r rammìnistrazione della Federazione; esame e approvazione
dell’operato del Consiglio, dei
vari servizi, elezione del nuovo
Consiglio, accoglienza ad un
gruppo di Chiese libere della
zona del napoletano, il cui ingresso nella Federazione ha molto rallegrato l’Assemblea. Ma il
punto centrale intorno a cui è
ruotato il dibattito e da cui doveva partire un rilancio dell’attività federale era indicato dallo
striscione che sovrastava la sala: « Gli evangelici in Italia, una
proposta alternativa i>. Questo
slogan è stato pei* discusso ed
è stato sobriamente ridimensionato e più chiaramente collocato nel suo vero e autentico significato. L’alternativa non sono gli
evangelici, non sono queste piccole formazioni minoritarie,
chiese, gruppi sparpagliati per
tutta la penisola, ma il Cristo.
Così il documento Anale si richiama al « solus Christus », alla
centralità della fede in Cristo
come autentica alternativa^ di
fronte alla situazione di crisi, di
avvilimento morale in cui si trova il paese: Cristo solo fondamento di comunità e di fraternità. E questo non solo dentro ma
anche fuori dei nostri schemi ec
clesiastici. Anche quando si realizzano forme di fraternità che
esulano dalle formazioni ecclesiastiche, noi crediamo che la signoria di Cristo su tutto il creato e su tutta la storia sia il punto focale intorno a cui si aggregano e si legano di fraternità gli
uomini, anche se ne sono inconsapevoli. Quindi l’alternativa è
Cristo solo in questo senso, non
un Cristo ecclesiasticizzato, messo sugli altari, rinchiuso nella
Bibbia, ma un Cristo Signore,
anche e soprattutto in queste situazioni drammatiche in cui noi
ci troviamo. L’alternativa consiste perciò nel riscoprire la centralità di Cristo e questo appunto non l’abbiamo voluto vedere
soltanto nella prospettiva delle
nostre formazioni ecclesiastiche,
ma come apertura a tutti i movimenti, a tutti i gruppi, a tutte
le chiese e i gruppi evangelici e
non evangelici, sulla base della
Parola di Dio che di questo Cristo testimonia. In questo senso
l’alternativa è proposta e può
diventare punto di partenza non
soltanto nella speranza nostra
per una confessione di fede, ma
per una ricostruzione morale di
questo paese.
— Hai detto che si è parlato
molto di strutture: in effetti c’era
la proposta del Consiglio di cambiare la struttura dell’Assemblea,
del Consiglio stesso... Cosa pensi
di questo lato dell’Assemblea?
— Direi che la proposta di mutamento di strutture della Federazione è apparsa un po’ troppo
vaga e non sufficientemente approfondita. L’Assemblea, ritengo,
ha fatto bene a rinviare a un ulteriore studio questo progetto
ma nel tempo stesso ha fatto
bene ad accoglierne un elemento, ad approvare l’ipotesi di liberi incontri di base. Certo è
stato notato che un raduno evangelico in grande stile, in un
paese geograffcamente cosi allungato come l’Italia, pone dei grossi problemi organizzativi, però
l’idea di questi incontri di base,
senza preoccupazioni istituzionali, né necessità di adempimenti
statutari, realmente aperti al
confronto, è una proposta che
potrebbe essere feconda. È stato d’altra parte notato, e sottolineo anche questo aspetto, che
questo tipo di incontro dovrebbe
essere pensato non soltanto tra
gli evangelici e tra le diverse —
diversissime talvolta — componenti evangeliche in Italia, ma
anche con quelli che sono stati
chiamati « gruppi di cattolici evangelici ». In ogni caso, incontri di popolo, di base, in cui, come accennavo prima, la Parola
di Dio sia il solo centro e punto
di raccolta.
— È emerso anche il problema
del rapporto tra la Federazione e
le Chiese che ne fanno parte.
— A proposito di questi rapporti che la relazione del Consiglio ha segnalato qualche volta
come un po’ diffìcili, io direi che
è necessario un richiamo alla fiducia. Come Chiese denominazionali dovremmo compiere un atto di Aducia in questo cammino
che implica un po’ più di rinuncia a certe forme di patriottismo denominazionale o di diffidenza vicendevole. Se il fine comune che ci proponiamo è l’evangelizzazione, questa proposta
a cura di F. Giampiccoli
(continua a pag. 8)
Per definire la diversità e nello
stesso tempo l’unità delle chiese
nel discorso ecumenico si fa
spesso uso di una immagine:
quella dei tre apostoli.
Sono i tre personaggi che spiccano nell'insieme del Nucrvo Testamento: Pietro, Paolo, Giovanni. Sembrano tre grandi pilastri
a sostenere tutta la testimonianza apostolica, ma sono anche uomini molto diversi, con
caratteri definiti inconfondibili,
spiritualità propria, e le tre grandi chiese, la cattolica, l'ortodossa e l'evangelica ne sono un po’
eredi, ne conservano i caratteri,
ne mantengono vivo il messaggio fino ad oggi.
Giovanni è l’apostolo dello
Spirito, della mistica, delle visioni e la Chiesa ortodossa ne continua la tradizione con la sua
spiritualità ascetico-liturgica, con
la sua insistenza sull’opera dello
Spirito.
Paolo è l’apostolo della giustizia di Dio, del peccato vinto dalla
grazia, della giustificazione per
fede, l’apostolo della lettera ai
Romani e le Chiese protestanti
ne continuano la tradizione con
la loro insistenza sulla fede, la
conversione, la Scrittura, la sovranità di Dio.
Pietro è l’apostolo dell’azione,
il primo che ha risposto alla
chiamata ed ha gettato la comunità fuori dalle sue mura alla
Pentecoste, è l’uomo delle scelte
coraggiose e degli impegni, è
l’uomo che imposta, la chiesa e
la Chiesa cattolica ne continua la
tradizione con la sua aderenza
alla realtà della vita, la sua esigenza di concretezza e di testimonianza nel mondo, il suo spirito di organizzazione.
Tralasciando i credenti ortodossi che sono fuori dell’ambito
del nostro dialogo immediato e
A MADRE TERESA DI CALCUTTA IL NOBEL PER LA PACE
Per i più poveri tra i poveri
Calcutta — « Sono vissuti come degli animali, che muoiano
almeno come degli esseri umani ». Da trent’anni questa frase
di Madre Teresa esprime il progetto tragicamente minimo consentito da una situazione disperata; organizzare degli « asili per
morenti » in cui possano essere
accolti e curati gli agonizzanti
che la mattina non riescono a
rialzarsi dal marciapiede su cui
hanno pernottato. A Madre Teresa è stato assegnato quest’anno il premio Nobel per la pace,
il cui importo sarà destinato a
potenziare un lavoro umilissimo per « i più poveri tra i poveri » disseminato ormai sui cinque continenti.
Nata 69 anni fa a Skopje, Jugoslavia, Agnès Gonsha Bojaxhiu è entrata nell’Ordine di Notre Dame de Lorette e a 18 anni
è stata inviata in India dove per
quasi vent’anni ha insegnato in
una scuola dell’ordine.
Il 10 settembre del 1946 è per
lei il « giorno dell’ispirazione »
in cui decide di consacrarsi totalmente ai più poveri tra i poveri. Lasciato l’ordine, col consenso di Roma, dopo aver ottenuto il diploma di infermiera.
Madre Teresa comincia il suo
lavoro nei sobborghi di Calcutta;
prima una scuola, poi l’asilo per
morenti, in seguito una vasta
opera tra i lebbrosi per i quali,
dopo un’azione per mezzo di dispensari mobili, ha fondato una
« città della pace » per famiglie
che ricevono cure, istruzione;
qualificazione.
Nel 1950 Suor Teresa fonda a
Calcutta la « Congregazione delle
Missionarie della carità » che ai
tre voti tradizionali degli ordini
monastici cattolici — povertà,
ubbidienza e celibato — ne aggiunge un quarto che impegna le
aderenti a consacrare tutta la vi
Nuovo flooiero ccp
per l'Eco-luce
Il nuovo numero di conto corrente postale del
giornale è
327106
intestato a L’Eco delle Valli/La Luce. Preghiamo tutti coloro che fanno un versamento di servirsi del
nuovo ccp. La posta tuttavia accetterà versamenti col vecchio numero fino
al 31 dicembre 1979.
ta ai più poveri tra i poveri senza mai accettare alcuna ricompensa per il proprio lavoro. Ben
presto questo nuovo ordine si
estende in India e in altri paesi:
a partire dal ’65 sono state aperte ca.se e iniziate opere di assistenza, soprattutto per gli abitanti dei sobborghi delle grandi
città, in Venezuela, Ceylon, Tanzania, Italia (Roma), Australia,
Israele, Giordania, Isola Maurizio, Perù, Etiopia, Yemen, Stati
Uniti (Harlem), Irlanda, Bangladesh.
La solidarietà (e la cattiva coscienza) nei confronti di questa
opera si sono già espressi, prima del Nobel, in diversi premi e
riconoscimenti, tra cui il premio
Internazionale Giovanni XXIII
per la pace nel ’71, il premio
Pandit Nehru per la comprensione internazionale nel ’72 e il premio Albert Schweitzer della
FAQ nel 1975, « per la sua instancabile dedizione agli affamati e
ai poveri di tutto il mondo ».
Alcuni dati relativi all’Ordine
delle Missionarie della Carità
(fine 1976): 100 case (di cui 66
in India); 1343 suore; 729 centri
(scuole, asili per morenti, lebbrosari, dispensari, centri di assistenza); più di 6 milioni e mezzo di assistiti.
restringendo il problema al dialogo fra noi ed i cattolici romani e cioè alle chiese di Pietro e
di Paolo (se vogliamo usare questa immagine per quanto possa
essere inadeguata ed equivoca),
vorremmo fare alcune considerazioni.
La comunità di Pietro è la comunità che esiste, che si tramanda, che vive nel tempo, nella tradizione, la comunità di Paolo è
quella che sorge inattesa dalla
parola, che vive della scoperta
continua dell’evangelo.
Per usare il titolo di un libro
di teologia famoso alcuni armi or
sono, Pietro rappresenta l’istituzione e Paolo l’avvenimento. Pietro è il simbolo della chiesa, dell’organizzazione, della realtà storica e Paolo della teologia, del
pensiero cristiano, della profezia; il primo la tradizione, il secondo la Scrittura.
Vi sono tre modi di porre il
rapporto fra Pietro e Paolo, fra_
la chiesa di Pietro e quella di
Paolo, fra il cattolicesimo romano ed il protestantesimo. Si può
pensare in termini di opposizione: Paolo contro Pietro; di integrazione; Paolo sta accanto a
Pietro; di subordinazione: Paolo
viene dopo Pietro.
Contro
Iniziamo dal primo modo di
vedere, dall’opposizione. Posto in
questi termini il rapporto fra
evangelici e cattolici è il rapporto di due chiese, di due strutture
equivalenti, due corpi organizzati che polemizzano, si combattono o dialogano, poco importa, ma
sempre come due realtà contrapposte. Possono mutare i rapporti non muta l’impostazione deirapporto e la soluzione non può
essere che l’eliminazione di uno
o dell’altro. Ovvero vince Pietro
ed è la sua comunità che si afferma, ovvero vince Paolo ed è la
sua teologia che prevale. Una
chiesa esclude l’altra.
Questo è stato l'atteggiamento cattolico tradizionale fino a
poco tempo fa, è stato l’atteggiamento anche di parecchi gruppi
protestanti ma non è la posizione della Riforma. Se vogliamo
essere la comunità, di Paolo e
richiamarci alla Riforma occorre anche che ne accettiamo la
tesi di fondo. La chiesa non è da
rifare ma riformare in ubbidienza al Signore, deve ritornare alle sue origini apostoliche sulla
base dell’Evangelo ma permane
chiesa.
La Riforma ha rappresentato
nella cristianità una alternativa
certamente, ma di una chiesa diversa quanto piuttosto di una
riforma diversa. Il progetto dei
Riformatori non è stato di organizzare una comunità dissidente,
scismatica con la pretesa^ di essere la vera ed unica chiesa ai
Cristo, ma di ri-formare la chiesa, dare alla comunità dei credènti il suo nuovo volto, il suo
vero volto cioè alla comunità crù
stiana il suo volto autentico, la
sua « forma » nuova.
La Chiesa non è una realtà
statica ma dinamica, cambia, vive, si trasforma ed il problema e
appunto quale criterio, quale
norma assume per compiere
questa sua trasformazione nel
mondo.
Si potrebbe affermare che la
Giorgio Tourn
(continua a pag. 5)
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16 novembre 1979
ALLA FACOLTÀ’ VALDESE DI TEOLOGIA
Cari professori...
cari studenti...
di GIORGIO BOUCHARD
Cari professori della Facoltà, siate consapevoli dell’eccellenza della vocazione che
vi è stata rivolta e confermata per due di voi con votatazione fraterna al I Sinodo
delle Chiese valdesi e metodiste unite. La chiesa, professori della Facoltà, vi chiede
d’essere la chiave di volta del
decennio di evangelizzazione che per volontà sinodale
si apre l’anno prossimo. Una
chiesa senza Facoltà è come
un uomo senza cervello; la
chiesa vi chiede di essere il
cervello di questa stagione
nuova che si apre dinanzi a
noi. Ciò che pensate e che
scrivete, ciò che dite e che
fate, può essere collocato in
questa prospettiva e al di là
della freddezza tutta valdese
che ci rende estranei gli uni
agli altri, sappiate che la
chiesa attende molto da voi.
E voi studenti, giovani che
varcate per la prima o la
quarta volta il portone di via
Pietro Cossa 42, sappiate
che un’immensa speranza riposa sulle vostre esili spalle. Le chiese che vi mandano non sono soltanto le chiese degli intellettuali freddi e
distàccati, le chiese delle
persone incredule e incerte.
Ci sono in Italia migliaia di
metodisti, di valdesi, di battisti i quali hanno bisogno
di un pastore, di tm teologo,
perché lavorano in fabbrica
e sono sul treno a partire
dalle prime ore del mattino.
Ci sono uomini nelle nostre
chiese impelati sul fronte
della lotta di classe, sul fronte della lotta culturale, ci
sono uomini e donne che
fronteg^ano il cancro, il divorzio, il suicidio. Queste persone credono in Cristo, queste persone si aspettano da
voi che siate i loro pastori,
gli uomini della Parola, le
persone che li aiutano a riprendere coscienza e a sperare contro speranza.
Non sarete pastori come
lo siamo stati noi, ma sarete pastori perché nella fase
storica che noi attraversiamo è impensabile una chiesa senza pastori. E quando
tra alcuni anni la chiesa si
riunirà intorno a voi a Torre
Pellice e mille persone imporranno le mani sul vostro capo sarà per farvi uomini della Parola di Dio, di un popolo di uomini in lotta che
intende fronteggiare le difficoltà della vita nel nome
della Parola di Dio.
Nella vita di pastori che
sta dinanzi a voi, gli anni passati dietro al portone di via
Pietro Cossa, resteranno a
lungo nella mernoria con la
dolcezza e l’asprezza del ricordo ,di un primo amore. Se
posso dire una cosa personale, alla mia generazione è
accaduto per decenni, a me
è accaduto ancora stamatti- ■
na, di pensare: come avrebbe predicato Valdo Vinay?
che cosa ne direbbe di questo sermone Vittorio Subilia? E’ il segno che la Facoltà incide, che la Facoltà lascia un segno e prepara per
una battaglia aspra, ma coperta di speranza.
E perciò, mentre studierete l'ebraico e la dogmatica,
la storia e l’ecumenismo, non
dimenticate che le migliaia
di predicatori laici, monitori, sindacalisti, professori, attivisti, contadini, disperati,
votanti, astensionisti — gente di ogni sorta e di ogni opinione — che! hanno collocato
sulle vostre spalle questa
speranza, hanno fatto bene
perché dell’opera vostra e
della vostra passione ci sarà
bisogno per molti anni ancora.
■ Concludiamo così con la
centralità della Facoltà: la
Facoltà è per l’oggi e per
Tawenire la chiave di volta
della nostra opera; guardiamo ad essa con speranza,
con affetto, con riconoscen
za, se necessario con polemica, perché intendiamo chiederle l’aiuto per costruire in
Italia una minoranza cristiana significativa.
(dalla predicazione del culto
inaugurale del 125° anno accademico della Facoltà valdese di teologia, tenutosi a
Roma Piazza Cavour il 21
ottobre).
ASSEMBLEA DELL’8° CiRCUITO EMILIA - ROMAGNA
Il «dove», Il «come», il «cosa»
dell’evangelizzazione
Si è svolta a Parma, il 21 ottobre, l’assemblea autunnale
dell’8° circuito. Di norma, le
assemblee autunnali hanno carattere programmatico: le relazioni delle chiese ed il rapporto del -Consiglio individuano
problemi da affrontare e iniziative da promuovere; gli stessi
temi vengono poi sviluppati nel
corso del dibattito.
Nella recente assemblea, rapporti programmatici e dibattito hanno avuto come principale, quasi unico punto di riferimento il tema della evangelizzazione. Occorre dire che le
chiese del circuito hanno accolto il messaggio uscito dal
Sinodo e si impegneranno presto in assemblee di studio della « ipotesi di un programma
operativo » (in vista dell’evangelizzazione) formulate dalla
Tavola. Occorre anche dire che
varie chiese e lo stesso consiglio hanno ritrovato nelle « ipotesi » molte delle proprie problematiche e quasi tutti i propri progetti di iniziative in senso evangelistico. L’assemblea
era dunq.ue preparata ad affrontare il problema ed ha potuto farlo in modo realistico,
chiedendosi: dove evangelizzare? con quali strumenti? cosa
andare a dire?
La discussione è risultata vi
vace e frequente è stato lo
scambio di pareri opposti: al
consiglio che proponeva di
puntare ogni sforzo su un programma di iniziative pubbliche
in un piccolo centro rurale (il
circuito ne conta un paio, con
comunità evangeliche pluridecennali) è stato obiettato che
nei piccoli centri c’è una rispondenza percentualmente inferiore rispetto alle città e che
è comunque indispensabile verificare anzitutto quale impegno di collaborazione verrebbe
dalla comunità locale. Così come a chi proponeva di invitare
alcuni « esperti » evangelici (in
campo nazionale), per una serie di seminari culturali e teologici in un determinato centro, è stato fatto osservare che
in tal modo si scavalcherebbe
il giudizio delle chiese locali; è
invece prioritario sapere come
le comunità reagiscono di fronte ai problemi umani di oggi e,
da questa indagine, individuare
un argomento che aggreghi.
Pertanto, l’indicazione scaturita dall’assemblea è che ogni
chiesa locale si interroghi al
più presto per decidere quali
iniziative evangelistiche possono essere gestite autonomamente e quali invece debbono
essere condotte con l’appoggio
del circuito; il consiglio vaglie
rà le segnalazioni ed avvierà
queir iniziativa che riterrà più
valida e — al tempo stesso
compatibile con le possibilità
del circuito. Nulla di verticistico in ciò: le chiese del circuito
considerano il consiglio uno
strumento che esse si sono date
ed al quale rivolgersi quando
non riescono a risolvere da sole
un loro problema (basta ricordare che la chiesa di Piacenza,
priva di pastore, da un anno è
curata dal circuito).
Certo, oltre a segnalare i loro
progetti, le chiese dovranno anche riflettere su come evangelizzare (un membro dell’assemblea diceva chei occorre riscoprire la disponibilità che avevano i nostri padri nell’azione
evangelistica, comportandosi
però come uomini del nostro
tempo) e su cosa dire; la salvezza è liberazione: da cosa
dobbiamo essere liberati? La
salvezza è cambiamento: verso
quale progetto di vita dobbiamo indirizzarci, noi, uomini di
oggi?
L’assemblea ha eletto il nuovo consiglio, che risulta composto da Franca Barlera (sovrintendente), Leonardo Casorio, Giacomo Lombardo, Paolo
Sbaffi e Danilo Venturi (membri). ^ .
Danilo Venturi
CAMPAGNA ABBONAMENTI 1980
Una domenica per TEco-Luce
Una domenica dedicata all’EcoLuce è imo dei suggerimenti contenuti nella circolare inviata a fine ottobre a tutte le chiese vaidesi e metodiste per promuovere
la campagna abbonamenti 1980
è fornire materiale e proposte.
In molte delle nostre chiese infatti l’abbonamento al nostro
giornale è una questione privata
di singole persone o famiglie,
quasi che il suo sottotitolo fosse
« settimanale di individui valdesi
e metodisti » e non « delle chiese
valdesi e metodiste ». Perché il
giornale diventi sempre più il
giornale delle nostre chiese è necessario da una parte che queste
vi siano maggiormente presenti
nella parte dedicata alla cronaca
delle chiese e dall’altra che il
giornale sia fatto maggiormente
conoscere nelle comunità locali
e sia maggiormente usato da
queste.
Alcuni suggerimenti
Abbiamo così suggerito che
un gruppo locale, d’accordo con
il consiglio di chiesa, prepari
una informazione e presentazione da fornire alla comunità nel
corso di im culto domenicale.
Ecco alcuni suggerimenti:
— Predisporre un poster (lo
stiamo preparando e lo invieremo appena possibile alle chiese)
contenente i dati locali, numero
degli abbonati della zona e dei
membri della chiesa (per vedere
se il rapporto si avvicina alla mèta di 1 a 4), nomi e indirizzi dei
responsabili locali incaricati della raccolta degli abbonamenti,
condizioni di abbonamento, ecc.
— Presentare alla comunità il
giornale attraverso i titoli degli
articoli più significativi degli ultimi 2-3 mesi raggruppati per
settori, biblico, teologico, ecumenico, di informazione interna,
attualità, ecc.
— Distribuire come lancio per
nuovi abbonamenti una copia del
giornale a tutti i membri di chie
' sa che non lo ricevono, illustrando brevemente gli articoli di quel
numero. Stiamo preparando un
TORINO
La Bouno Nouvèllo, la traduzione dell’Evangelo secondo Marco nel patois della Val Germanasca ad opera di Arturo Genre,
sarà presentata giovedì 29 novembre alle ore 21 presso la Biblioteca Geisser, C.so Casale 5.
BASILEA
Domenica 21 ottobre nella comunità di lingua italiana di Basilea ha avuto luogo un avvicendamento pastorale che presenta
anche i caratteri di una continuità familiare: a Liborio Naso, che
ha lasciato il servizio attivo dopo 17 anni di lavoro a Basilea
che hanno concluso il suo lungo ministero, è succeduto Christian Gysin che del pastore Naso
è genero avendo sposato sua figlia Dora.
Dopo aver salutato la settimana precedente il pastore Naso
e la sua compagna Olga con un
ricevimento a cui hanno partecipato membri di chiesa e amici,
la comunità si è riunita numerosa nella piccola cappella di San
Nicola, l’angolo della Cattedrale
di Basilea riservata al culto in
italiano. Erano presenti il pastore Gianni Bogo di Zurigo in rappresentanza del Consiglio di circuito, il pastore P. Eotach, presidente della Chiesa riformata di
Basilea e il pastore Guido Colucci in rappresentanza della Tavola valdese. Dopo l’insediamento compiuto dal pastore Bogo e
un messaggio del pastore Rotach
che ha messo in evidenza il significato del duplice servizio del
pastore Gysin nella Chiesa riformata svizzera e nella Chiesa valdese, Christian Gysin, che era
stato consacrato pastore nella
stessa cappella lo scorso maggio, ha tenuto il suo sermone di
insediamento, tutto incentrato
sull’amore che permette di superare ogni ostacolo e prepara
il Regno di Dio. Al culto è seguita l’àgape fraterna della comunità.
Per ora l’accordo che collega
la chiesa di lingua italiana alla
Chiesa riformata è basato sulla
petsona del pastore Gysin che
prèsta il suo servizio negli ospedali di Basilea e nella Chiesa di
lingua italiana. Sono tuttavia
iniziate delle conversazioni in
vista di una convenzione tra la
Chiesa valdese e la Chiesa riformata di Basilea che regoli in
modo più generale sia la posizione del pastore Gysin che l’assetto della Chiesa di lingua italiana nell’ambito della Chiesa riformata di Basilea.
^ dei genitori in cui è stato esposto il programma e sottolineata
la necessità di una continuità
tra l’insegnamento in chiesa e
la vita familiare.
A parte la pausa durante il
mese di agosto, lo studio biblico
settimanale è continuato senza
interruzioni tutto Tanno e con
una buona partecipazione che
ha raggiunto la ventina di partecipanti.
L’assenza del pastore Bertolino, invitato per il secondo anno
consecutivo in Scozia dalla « Waldensian Aid Society » per il mese
di ottobre, non ha rallentato o
impedito la ripresa delle attività
in gran parte operata dai laici
della comunità: predicazioni domenicali (a parte due gradite sostituzioni da parte dei pastori
P.V. Panascia e P. Giunco); accoglienza di un gruppo di 30 membri del Comitato di Berna guidati dal prof. P. Ricca; inizio
della scuola domenicale, visite
agli ammalati e studi biblici.
L’attività della scuola domenicale è iniziata con una riunione dei monitori, dei ragazzi e
Dopo aver dedicato gli studi di
gran parte delTinverno scorso
al tema «Lo Spirito Santo», e
le riunioni estive ad argomenti
biblici vari e un resoconto della
Sessione del Segretariato Attività Ecumeniche a Passo La MenPALERMU dola, abbiamo iniziato una vasta
ricerca biblica intorno al dilemma espresso da Paolo in Romani 7: 21-23 « ...ogni volta che voglio fare il bene, trovo in me
soltanto la capacità di fare il
male... ».
Allo studio biblico di norma
non partecipa il pastore salvo 1
casi in cui sia necessario un
suo intervento come « esperto »:
la necessità di un impegno attivo di tutti i partecipanti, a
mezzo della fornita biblioteca
della comimità, stimola una
crescita maggiore. Gli studi si
svolgono ogni volta presso una
famiglia diversa per facilitare
la partecipazione di più persone, e per rendere più familiari
e fraterni gli incontri.
numero in vista di questo scopo,
quello del 7 dicembre (per sicm
rezza è meglio ordinare le copie
desiderate con sconto, a L.
200 la copia — per telefono,
011/655.278).
Per i catecumeni
Un suggerimento particolare rivolto ai consigli di chiesa è quello di abbonare i catecumeni dell’ultimo anno (che non ricevano
già il giornale in famiglia) in
modo da poter usare TEco-Luce
come materiale di studio e discussione tra i giovani. Pensiamo
per esempio, pef ciò che riguarda gli ultimi numeri, alla importante serie di 3 articoli del pastore Giorgio Tourn «O diocesi
o comunità » sul centro odierno
della differenza tra cattolicesimo
e protestantesimo; alla serie di
6 articoli divulgativi del prof.
Bruno Corsani sulla • ricerca del
« Gesù storico » nella teologia
contemporanea; alle predicazioni
di apertura e di chiusura dell’Assemblea della FCEI tenute dai
pastori Paolo Spanu e Giorgio
Tourn; ecc. Oltre a fornire materiale di studio di attualità e
valore, questa iniziativa può dare
ai nostri giovani il gusto personale della lettura del nostro settimanale e favorire anche con
questo mezzo un legame di comunione e di servizio con la loro chiesa.
La nostra
vasta diaspora
Infine la circolare prospetta
l’impegno più ovvio ma anche
più importante: la raccolta da
parte di un gruppo locale dei
rinnovi di chi è già abbonato. A
questo scopo è stata inviata, insieme alla circolare, la lista degli abbonati del territorio di ogni chiesa. Questa lista è lo strumento base per la raccolta ternpestiva e completa dei rinnovi.
Ogni anno l’aumento degli abbonamenti è frenato dalla perdita
di un numero eccessivo di mancati rinnovi. Solo l’impegno di
un gruppo locale che segua i singoli abbonati può far sì che i
mancati rinnovi siano limitati
ai soli casi di forza maggiore, sollecitando la diffusione, il sostegno e la lettura di questo insostituibile legame che collega,
malgrado il continuo sabotaggio
del disservizio postale, la vasta
diaspora rappresentata dalle nostre chiese.
Franco Giampiccoli
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16 novembre 1979
UN NOSTRO FRATELLO CI SCRIVE DAL GIAPPONE
I Protestanti in Giappone
In una delle sale del moderno
palazzo del Popolo della prefettura di Kanagawa, prospiciente
il porto di Yokohama, a pochi
passi dalla prima chiesa riformata edificata in Giappone e non distante dal cimitero degli stranieri , dove sono sepolti alcuni dei
primi missionari venuti in Giappone, si è svolto dal 16 al 18 ottobre il Sinodo della Chiesa Presbiteriana del Giappone (Nihon
Christo Kyokai).
Pastori e anziani, nominati
dalle comunità in numero proporzionale ai membri di chiesa,
hanno lavorato per tre giorni sotto la guida del moderatore che
viene eletto annualmente all’inizio dei lavori. Quest’anno ha terminato il proprio mandato il pastore Ryoichi Hatta, sostituito
dal pastore Masao Imamura.
I temi principali
Da ormai oltre 10 anni è allo
studio un nuovo catechismo che
sia di più facile comprensione,
non solo lessicalmente, e più
adatto all’uomo di oggi. I lavori
possono essere considerati ultimati,. ma permane in alcuni il
dubbio costante che delle parti di
esso, anche se solo formalmente,
possano non incontrare l’approvazione della Chiesa tutta. Anche
in questo Sinodo sono state
espresse tali perplessità, non riferite a dire il vero a qualche sezione specifica, talché il testo, la
cui approvazione è stata rimandata al nrossimo Sinodo, sarà
oggetto di un altro anno di studio.
Anche il problema dell’adesione al Consiglio Ecumenico si trascina ormai da anni. La Chiesa
Presbiteriana, risentendo ancora
della sofferta esperienza della
Chiesa Unita degli anni di guerra
e gelosa della propria indipendenza, ha sempre rifiutato la partecipazione ad organismi ecumenici. Non ultima fonte di
preoccupazione sono alcune scelte compiute anche recentemente
dal CEC nell’ambito delle lotte
di liberazione, apparse ad alcuni
settori della Chiesa troppo compromesse con la politica. Le nuove generazioni vanno però sempre più avvertendo l’esigenza
non solo di contatti con altre
Chiese, ma anche di un coinvolgimento più profondo nella vita
e nell’attività dell’ecumene cristiana. Anche su questo pro>blema la decisione è stata quindi
rinviata al prossimo Sinodo, dopo un ulteriore anno di studio.
Un tentativo di
restaurare
la religione di Stato
Il problema tuttavia che coinvolge più direttamente e immediatamente la vita e le responsabilità di testimonianza della
Chiesa Presbiteriana del Giappone è la grave questione del tempio di Yasukuni, di recente sollevata dal governo nipponico.
Tale tempio, nel quale sono venerati tutti i caduti per la Patria
e che recentemente è stato dedicato anche ad alcuni criminali di
guerra condannati dal tribunale
alleato, è il simbolo del non del
tutto spento nazionalismo giapponese. Alla fine della guerra, essendo stato abolito lo Shinto
quale religione di stato, i templi
avevano perso il contributo statale. Proposito delle autorità locali è invece di reintegrare l’amministrazione del tempio di Yasukuni in quella statale, con le
evidenti conseguenze sul piano
ideologico e politico, in particolar modo la restaurazione subdola della religione di stato e della
venerazione dell’imperatore.
Già durante l’anno ecclesiastico trascorso, una commissione
nominata dal precedente Sinodo
per studiare l’argomento, ha
espresso la propria protesta non
solo con comunicati, ma con interventi presso le autorità politiche, manifestando le proprie perplessità non solo sul piano civile
e delle libertà individuali, ma in
quanto credenti in quell’ unico
Dio « al quale va reso il culto e
che è il fondamento della nostra
libertà, gioia e speranza ». L’at
tuale Sinodo era invitato a pronunciarsi sulla proposta formulata dalla suddetta commissione.
Pur essendo ampiamente riconosciuta la gravità del problema,
la discussione è stata piuttosto
limga ed animata, temendo .alcuni un coinvolgimento troppo profondo su un piano puramente
politico. Il Sinodo è giunto quindi ad una soluzione di compromesso, costituendo una commissione che prepari le basi per un
intervento di tal genere che dovesse rendersi urgentemente necessario in un futuro di certo
non lontano.
Altri temi
Tra gli altri temi ' affrontati;
l’impegno finanziario per la costruzione di due nuove aule nella
facoltà di teologia, impegno assai
oneroso se si tien conto che la
Chiesa vive delle sole contribuzioni delle comunità locali; il fenomeno, piuttosto allarmante
della diminuzione delle frequenze alla scuola domenicale; le difficoltà nei rapporti tra studenti
della facoltà teologica e profes
sori (attribuibili essenzialmente
al fatto che questi ultimi hanno
anche responsabilità pastorali
presso le comunità, talvolta molto distanti da Tokyo, ciò che impedisce loro di rispondere sufficientemente alle necessità degli
studenti).
Il Sinodo di quest’anno non è
giunto ad importanti e numerose decisioni, tuttavia ha mostrato la vitalità, la serietà e l’impegno di fede di questa piccola
Chiesa. E’ evidente in particolare la volontà di non prendere iniziative se la totalità, o per lo meno la grande maggioranza dei
suoi membri non è persuasa della loro opportunità. Abbiamo così potuto avvertire la viva e profonda fede che sostiene, anima
ed indirizza questi nostri fratelli giapponesi, ed in quei pochi attimi trascorsi in queU’anfiteatro
trasformatosi per tre giorni in
aula sinodale, abbiamo potuto
respirare l’atmosfera dei nostri
Sinodi, con gli stessi problemi
logistici, lo stesso impegno e serietà delle discussioni ed anche,
perché no, le stesse deroghe e ritardi sul programma dei lavori.
Carlo Vicari
SCHEDA
Un po' di storia
1877 - Sorge la Chiesa Unita
d-el Giappone a seguito
della fusione di varie opere missionarie presbiteriane e riformate, americane e scozzesi. Pur avendo forti legami con il
Nuovo Mondo, la Chiesa
Presbiteriana si rende rapidamente indipendente
dalle chiese madri.
1890 - Prende il nome, secondo la dizione giapponese, di Chiesa Cristiana
del Giappone, denominazione che mantiene tuttora. Malgrado la Costituzione, rendendo lo Shinto religione di stato e
attribuendo quindi il carattere divino all’imperatore, crei non poche difficoltà alla vita della
Chiesa, questa si espande in un clima di relativa
tolleranza.
1941 - Dopo l’avvento del nazionalismo e del « fascismo giapponese » nessuna
forma di contestazione
dei principi e della religione di stato è tollerata.
Per controllare meglio il
mondo protestante, piccolo ma pericoloso sul
piano delle idee, il governo militare obbliga le varie chiese evangeliche a
fondersi in un’unica
« Chiesa Unita dei Giappone » (da non confondere con quella sorta nel
1877) e rinvia ai paesi
d’origine tutti i missionari stranieri.
1945 - La Chiesa Unita affronta rilevanti problemi di
riorganizzazione grazie al
rinnovato aiuto americano e alla propria vitalità.
1951 - Come le altre chiese
originarie, anche la Chiesa Presbiteriana non è
più legata da un ordine
governativo ad una fittizia
e non spontanea unità: si
stacca quindi dalla Chiesa
Unita e riacquista la propria indipendenza.
1979 - La Chiesa Presbiteriana
conta 130 comunità locali e gruppi, 4 • presbiteri,
circa 11.000 membri attivi.
COSA DICONO DI NOI I GIORNALI
Riforma e
Controriforma
L’Espresso del 21 ottobre ospita un lungo articolo di Giuseppe
Galasso ed una serie di giudizi
di uomini di varia cultura, che
cercano di fare il punto su cosa
è stata, e cosa è tuttora, la Controriforma nella vita culturale
del mondo europeo, e cosa quindi è stata, o avrebbe potuto essere, nello stesso contesto la Riforma.
Elemento comune che dà unità
a questo complesso di giudizi è
la convinzione di fondo che da
un lato la Riforma ha riaffermato, nella sua nuova interpretazione del Cristianesimo, la libertà e la responsabilità del cristiano (proprio per, e non contro,
la «giustificazione per fede»),
mentre la Controriforma ha concepito la chiesa come custode
autoritaria di una « religiosità
fondata sul formalismo ortodosso... che trasforma la vita religiosa delle massé, ma resterà
lontana dai grandi modelli cristiani di eroismo nella fede e
di alta pietà ». Dice giustamente
il Galasso (e con ciò sottolinea
la marcia indietro rappresentata dalla Controriforma) che
« sant’Ignazio non -è san Domenico, sant’Alfonso dei Liguori
non è san Francesco d’Assisi,
santa Teresa non è santa Caterina. E nemmeno un san Pio V è
un san Gregorio Magno ».
Uno storico laico come i( Galasso dà naturalmente rilievo,
sia parlando della Riforma che
della Controriforma, da un lato
alle conseguenze che le due diverse concezioni cristiane hanno
avuto sugli sviluppi della cultura e della storia nei due diversi
ambienti (i paesi del nord e
quelli latini) in cui esse si sono
affermate, e dall’altro alla diversa etica personale e sociale che
da esse si è sviluppata.
Gli altri brevi interventi sono
centrati su « cosa è controriformista nell’Italia di oggi ». Tutti
trovano che l’Italia è ancora fortemente controriformista (conformismo diffuso, ricercata abolizione di ogni dubbio, egemonia
cattolica nella scuola, atteggiamento difensivo contro il nuovo,
imposizione dall’alto delle strutture della vita associata, manifestazioni di massa nelle quali
la responsabilità personale scompare) e qualcuno sottolinea che
«con papa Wojtyla cresce la tentazione al controllo assoluto ».
Val forse la pena di notare come non solo questo articolo, ma
anche molti altri spunti rilevabili nella più diversa stampa,
confermino come l’attivismo di
papa Wojtyla, col suo mariane
simo e col suo cattolicesimo integralista recuperato, che sono
poi nella realtà vero e proprio
antiecumenismo, provochi un riesame della influenza cattolica
in Italia, riesame sostanzialmente critico.
# # *
Sul Corriere del 23 ottobre
Giuseppe Josca, riferendo sulla
situazione in Israele, definisce il
partito naz. religioso (esponente
delle pretese territoriali sulla
Cisgiordania) come quello ^ coloro che « leggono la Bibbia come un registro del Catasto ».
Una forma di «fondamentalismo»
evidentemente molto spinta, anche per coloro che non ài sentono di considerare del tutto fuori
dalla realtà coloro che nelTinterpretazione della Bibbia privilegiano, forse troppo, certi significati letterali.
* * *
Sì sì, No no è un periodico dei
circoli cattolici lefebriani che si
distingue in dure polemiche (accompagnate da querele) con il
« progressismo » dell’Osservatore romano. Val la pena di citarlo perché, in una tentata stroncatura dei movimenti carismatici pentecostali, cita in appoggio un articolo apparso su questo giornale nel 1948!! I lefebriani di Grottaferrata non hanno
evidentemente visto quanta acqua è passata sotto tutti i ponti dal ’48 ad oggi.
JÜ * *
Il Corriere Biellese del 28 seb
tembre insiste sul ritardo nella
firma delle Intese collegandolo,
in base ad un comunicato della
Associazione per la Libertà Religiosa in Italia, col desiderio di
definire prima le condizioni del
nuovo Concordato.
*
L’Eco del Qdsorie del 18 ottobre dedica un lungo articolo alla figura del pastore Visser’t
Hooft « autentico profeta dell’unità ecumenica » e « pastore
della Chiesa di domani ». Chi
crede nell’Ecumenismo e nella
Chiesa di Domani non può che
, compiacersene, sperando che le
Chiese di Oggi sappiano rinunciare almeno agli aspetti più vistosi delle loro attività che rallentano la marcia di tutti verso
la Chiesa di Domani.
* *
Lo Stesso periodico intitola il
fondo del suo numero delTll ottobre «Grazie Pastore Bertalot»,
illustrando l’attività di questo
nostro fratello per la realizzazione e la diffusione della traduzione ecumenica dei Vangeli.
Niso De Michelis
Battesimi
interconfessionali
Ha avuto un seguito il battesimo interconfessionale dato recentemente a Granchamp che
avevamo commentato sul n. 40
delTEco-Luce. Quattro coppie miste avevano presentato i loro
figli che erano stati battezzati a
turno da un prete e da un pastore senza che fosse deciso in precedenza quali fossero battezzati
dall’uno e quali dall’altro. La celebrazione ecumenica aveva per
scopo di inserire i bambini nella chiesa una santa e universale
iscrivendo il battesimo nelle due
confessioni ma senza orientare i
bambini nell’una o nell’altra.
Ora i rappresentanti del Consiglio sinodale del Cantone di Neuchâtel e del Vescovo di Losanna,
Ginevra e Friburgo hanno preso
posizione congiuntamente su questa cerimonia affermando che essa non corrisponde alle direttive
del « Gruppo di lavoro delle Chiese cattolica e riformata della
Svizzera romanda per lo studio
dei matrimoni interconfessionali ». Nel documento elaborato nel
’75 da tale gruppo è detto infatti
che « non c’è partecipazione alla
Chiesa di Cristo senza inserimento in una comunità concreta, stabilita in un luogo preciso. Ora
nel nostro tempo questa comunità non può essere sganciata dalla particolarità confessionale
per il fatto che è ancora marcata dal segno delle nostre divi
lechi dal mondo cristiano!
a cura di BRUNO BELLION
sioni ». Il documento conclude
che attualmente « il battesimo
non può essere celebrato che
nelTuna o nell’altra confessione
e amministrato dal ministro di
quella confessione ». La presa di
posizione cattolico-riformata invita perciò pastori, preti e comunità a conformarsi a queste
direttive in attesa di approfondimenti che permettano di avanzare sempre più sul cammino
dell’unità.
Unione di quattro
chiese nel Ghana
Le quattro principali chiese
protestanti nel Ghana, presbiteriana, presbiteriana evangelica,
metodista e mennonita, costituiranno ben presto una sola chiesa. Al termine della 18“ conferenza tenutasi recentemente la Chiesa metodista ha deliberato il proprio inserimento nella futura
Chiesa unita, devolvendo di con. seguenza tutti i suoi beni a quest’ultima. È stata inoltre deflni
ta la rappresentanza metodista
nella Chiesa unita ed è stato costituito un comitato di unificazione per elaborare gli statuti
di imione e preparare l’avvio della nuova chiesa.
’’Mese della diaconia”
Un « mese della diaconia » è
stato indetto dalla Chiesa Evangelica tedesca col motto « I bambini hanno bisogno di amore ».
Connesso all’Anno internazionale del bambino, questo mese della diaconia intende tuttavia sensibilizzare la responsabilità dei
credenti nei confronti di tutti i
« disamati » che sono inglobati
nel tema dell’infanzia: gli handicappati, i senza tetto, i detenuti,
i drogati, i rifugiati, i malati
mentali, le ragazze madri, gli an
■ Hanno collaborato a questo
numero: Giovanni Conte,
Franco Davite, Dino Gardiol,
Teofilo Pons, Alberto Taccia,
Peggy Bertolino, Franco Taglierò, Adriano Bongo.
ziani. Dare una testimonianza
di aiuto concreto ai bambini —
ha detto il Dr. Th. Schober, presidente del Servizio di diaconia
— spinge ugualmente a non essere indifferenti nei confronti
di tutti gli altri emarginati».
ALRI
Concordato
segreto!
L’Associazione per la libertà
religiosa in Italia (ALRI) protesta contro la dichiarata volontà del governo di addivenire alla firma di un nuovo Concordato senza che l’opinione
pubblica sia adeguatamente informata sugli oneri finanziari e
sulle limitazioni dei diritti di
libertà dei credenti e dei non
credenti.
L'ALRI ritiene che sia dovere del governo uscire dalla
segretezza e informare il paese attraverso un dibattito parlamentare, mentre non è neppure prevista una comunicazione ai capi dei gruppi parlamentari, in ogni caso insufficiente
allo scopo.
Il Segretario
(Luigi Rodelli)
4
16 novembre 1979
Dal messaggio del presidente Bensì
In questi giorni nella nostra Assemblea abbiamo imparato e detto tante cose che io ritengo estremamente valide. Abbiamo imparato e detto cose che dovranno in qualche modo inserirsi nella vita delle nostre comunità e della
nostra Federazione, ma l’importante è proprio questo: non
che noi sappiamo alcune cose e alziamo la mano votando
alcuni ordini del giorno, tra l’altro molto interessanti e
pregevoli, ma che tutto questo si traduca in una realtà di
vita concreta, visibile.
Se vogliamo che nella vita del nostro paese sia reale
l’incidenza del messaggio che ci è stato affidato, è indispensabile che ci poniamo chiaramente sempre di nuovo l’interrogativo se sul piano etico, sul piano morale, sul piano
della nostra vita individuale e comunitaria, noi realmente
traduciamo quello che sappiamo. Il Signore dia a tutti noi,
a tutte le nostre comunità, il senso della nostra insufficienza, ma anche il senso della dipendenza da quello Spirito
che può darci la forza di tradurre le cose che abbiamo imparato in una vita concreta.
Nomi e dati deli’assemblea
IL SEGGIO DELL’ASSEMBLEA
Piero Trotta, presidente; Gianni Bogo e Luca Campennì, vicepresidenti; Gianna Sciclone e Domenico Tomasetto, segretari; Silvana Nitti e Giovanni Anziani, assessori.
NUOVE ADESIONI
L’Assemblea ha accolto con voto unanime come nuovo membro
effettivo della Federazione le Chiese cristiane evangeliche libere di
Napoli Berlingeri, Torre del Greco, Volla e Avellino.
A seguito di questa adesione i seggi del Consiglio sono stati
così ripartiti; valdesi 4, metodisti 3, battisti 3, luterani 1, chiese libere 1, PGEI 1, FDEI 1. Il numero dei componenti la prossima assemblea è stato elevato da 90 a 92.
IL NUOVO CONSIGLIO
Piero Bensi, presidente; Rosario Bagheri, Guido Colucci, Silvana Comparetti, Antonio Di Pierro, Dina Eroli, Giorgio Gardiol, Domenico Maschi, Christoph Meyer, Sergio Ribet, Fulvio Rocco, Aurelio Sballi, Franco Sommani, Piero Trotta, Vera Velluto, membri.
V ASSEMBLEA DELLA FEDERAZIONE
Assetto della
Federazione
• L’Assemblea della FCEI, esaminata la proposta del Consiglio
sul nuovo assetto della Federazione,
— considerato che essa contiene positive indicazioni in ordine
alle prospettive e agli obiettivi
della Federazione, con particolare riferimento al suo ruolo quale
luogo di incontro e di confronto
del protestantesimo italiano e di
spinta verso un chiarimento che
consenta un superamento degli
ostacoli denominazionali in vista
della testimonianza evangelica
nel paese;
— considerato .che tale ruolo
deve essere pienamente valorizzato;
— considerato altresì che essa
individua fra gli obiettivi prioritari da perseguire:
1) un rafforzamento dei servizi in funzione delle varie esigenze delle chiese;
2) lo sviluppo delle federazioni regionali e un loro maggiore collegamento con il Consiglio
della Federazione;
3) la istituzione di raduni
periodici sui temi della testimonianza evangelica che soddisfino,
al di fuori di compiti formali,
l’esigenza di un più efficace collegamento con le chiese locali;
— considerato ancora che va
approfondito lo studio di un riassetto strutturale adeguato alle
esigenze di una maggiore funzionalità degli organi della Federazione,
— approva le linee programmatiche indicate dal documento
come sopra richiamate;
— dà mandato al Consiglio di
approfondire, procedendo alle
consultazioni che si dimostreranno appropriate, la proposta di
riassetto strutturale formulata
nel documento.
Servizio Studi
• L’assemblea raccomanda al
Servizio studi di intesa con il
Servizio stampa RAI-TV di organizzare quanto prima un convegno dedicato all’esame critico
dei programmi radiofonici e televisivi realizzati dal servizio della
Federazione, alla elaborazione di
suggerimenti e proposte per lo
sviluppo del lavoro in questo
settore e alla riflessione per favorire la definizione della linea
teologica dei programmi stessi
con la collaborazione ove possibile di chiese e opere che non
fanno parte della Federazione.
• L’Assemblea riconosce il
compito prioritario del Servizio
studi nella promozione del confronto teologico e nella reciproca informazione tra le chiese
evangeliche operanti in Italia.
Chiede pertanto al Servizio studi:
a) di organizzare in collegamento con le Federazioni regionali, la FDEI, la FGEI e i centri
giovanili, momenti di incontro
e di riflessione su argomenti biblici e sui temi centrali della testimonianza evangelica;
b) di continuare la pubblicazione della rivista « Diakonia »
come organo di diffusione di documenti e materiale di studio;
c) di informare le chiese su
tutte le iniziative in atto nel cam
Le principali delibere
po della formazione teologica
dei laici.
Servizio Stampa
Radio Televisione
• La V Assemblea consapevole
delle necessità del Servizio stampa radio-televisione sia per l’avvio dell’agenzia di stampa, sia
per potenziare e meglio qualificare i settori già esistenti, chiede
al Consiglio della FCEI di ricercare e incoraggiare nuove efficaci collaborazioni a tutti i livelli
anche in vista di un adeguamento dell’organico.
Servizio Istruzione
Educazione
• L’Assemblea ha esaminato ed
approvato il lavoro del SIE nel
triennio ’77-79.
L’Assemblea confermando che
il piano didattico per la Scuola
domenicale deve rispondere sempre meglio alle diverse situazioni
locali e alle esigenze di preparazione dei monitori, chiede al SIE:
a) di curare che il piano didattico abbia maggióre continuità tra le varie sequenze del programma delle Scuole domenicali;
b) di proseguire nel lavoro
di informazione teologica attraverso le note bibliche rendendole sempre più accessibili anche a
coloro, monitori e genitori, che
non hanno una preparazione didattica e teologica specifica;
c) di promuovere il confronto, eventualmente attraverso convegni, tra le varie esperienze catechetiche in atto nelle chiese
evangeliche per quanto concerne
la fascia di età tra i 13 e i 18
anni;
d) di studiare la possibilità di
produrre materiali audiovisivi e
per il canto.
Commissione per il
Servizio Migranti
• L’Assemblea nel prendere
atto degli studi e delle analisi
fatte nell’ambito della Federazione in particolare del servizio
migranti si duole che questo lavoro non abbia avuto nessun effetto pratico per la mancanza di
adeguata risposta da parte delle
chiese che fanno parte della Federazione. Constata la persistente
mancanza di collegamento con i
nostri gruppi operanti all’estero
tra gli emigranti, dà mandato al
Consiglio della Federazione di
costituire una commissione con
il compito;
1 ) di coordinare attraverso
gruppi operativi geograficamente dislocati nel modo più opportuno il lavoro di testimonianza e
cura d’anime degli emigrati all'estero;
2) di assicurare una nostra
presenza nel mondo dei migranti
in Italia e all’estero;
3) di precisare le esigenze di
persone e mezzi per poter seriamente attuare il programma secondo le linee indicate dai punti
1) e 2) al fine di poter ricostituire
al più presto un servizio migranti.
Altre delibere
L’Assemblea ricordando la preziosa attività del pastore Mario
Sbaffi come primo presidente e
coerente sostenitore della Federazione gli invia il suo fraterno
saluto e l’augurio di una rapida
guarigione invocando su di lui la
benedizione del Signore.
• L’Assemblea approva i rendiconti finanziari presentati dal
Consiglio.
• L’Assemblea dà mandato al
Consiglio di redigere di anno in
anno, consultati gli esecutivi delle chiese membro, il bilancio preventivo dell’ufficio della Federazione per il triennio ’79-’82.
• L’Assemblea raccomanda al
Consiglio della Federazione di
prendere e mantenere contatti
con l’Associazione delle chiese
evangeliche di lingua italiana in
Svizzera ACELIS.
N.B. - L’atto sulla revisione del
Concordato, quello sui rapporti
chiese-stato e quello sulla violenza contro le donne sono stati
pubblicati sul numero precedente.
A COLLOQUIO CON I PARTECIPANTI
Prospettive ed impressioni
L’Assemblea di Bari nel ’76,
caratterizzata da un lato da divisioni e polemiche, aveva segnato dairaltro una svolta nella
storia della Federazione: in una
Italia in crisi e in mano allo
strapotere clerico-democristiano,
si sentiva la necessità di trovare
una maggiore unità dell’evangelismo. D’altra parte, c’era chi denunciava un certo egemonismo
valdese sulla Federazione — e
quindi sull’insieme del Protestantesimo italiano — e c’era chi vedeva nella Federazione nient’altro che una prova generale per
l’incipiente integrazione valdometodista. Acque tutt'altro che
calme, dunque. Perciò vi era, da
parte di tutti, molta attesa — ed
altrettanta apprensione — per
questa V Assemblea: avrebbe
segnato il definitivo tramonto
dell’ipotesi federativa oppure un
rilancio dell’unione del Protestantesimo italiano? Alla fine di
tre giorni particolarmente impegnati nella discussione e nel confronto, sentiamo l’opinione di alcuni delegati valdesi, metodisti
e battisti.
Bruno Rostagno (valdese),
pensa che « la cosa più importante è che si è chiarito che la
Federazione serve, e che i rapporti bilaterali tra le Chiese, in
particolare l’integrazione valdometodista, non sono in alternativa al lavoro della Federazione ». Le difficoltà ci sono e, secondo lui, « dipendono prevalentemente dalle diffidenze reciproche, che sono dure a morire ».
Il compito che la Federazione ha
ora davanti a sé è « estremamente impegnativo: dimostrare che
il lavoro fatto insieme non è
meno efficace, ma al contrario
più incisivo e stimolante del
lavoro fatto separatamente da
ogni denominazione ».
Gioele Fuligno (battista) ha
l’impressione che « tutte le decisioni prese tendono ad un potenziamento della Federazione
stessa». Molto perplesso sul futuro della Federazione prima di
venire a Torre Pellice, è uscito
da questa Assemblea molto soddisfatto: « con vero piacere sento che le chiese collegate in seno
alla Federazione hanno fatto un
ulteriore passo avanti nella reciproca conoscenza e comprensione. Siamo ancora più maturi
o almeno più disposti a lavorare
insieme per la testimonianza all’Evangelo nel nostro paese proprio perché molte barriere o convenzioni stanno via via crollando ».
Enos Mannelli (metodista)
giudica positivamente « il rafforzamento dei servizi in funzione
delle varie esigenze delle chiese
ed un maggiore collegamento
delle federazioni regionali, e
quindi delle realtà locali, con il
Consiglio della FCEI ».
Leonardo Casorio (metodista)
pensa che « l’Assemblea avrebbe
potuto fare di più per impostare
delle premesse finalizzate ad una
unità più omogenea delle varie
denominazioni che ne fanno parte e per dare ai cosiddetti «osservatori » un po’ scettici più occasioni per diventarne potenzialmente membri ».
Bruno Tron (valdese) è più
pessimista; secondo lui, vi è stato « un consenso generale nel
prendere atto del cattivo stato
di salute della Federazione... in
dividuabile nello ’’scollamento”
della Federazione dalle chiese ».
A suo parere « un discorso più
serio sarebbe stato quello della
rifondazione della Federazione
partendo dalle comunità locali,
senza le quali la Federazione o
è cosa di alcuni profeti (ma allora non ha bisogno di tutte quelle strutture burocratiche) o è
inutile ».
Franca Long Mazzarella (valdese) dà una valutazione nel
complesso positiva, in quanto
questa Assemblea ha affermato
il ruolo essenziale della Federazione, anche se permangono « difficoltà concrete che vanno affrontate con realismo e coraggio ».
Franco Scaramuccia (battista)
vede il futuro della Federazione
a livello delle federazioni regionali, che è il modo di superare
lo scollamento più volte denunciato tra la Federazione e le chiese locali. Secondo lui, si sarebbe
dovuto insistere di più su questo
punto.
Quali sono stati i lati positivi
e negativi di questa Assemblea?
Secondo Bruno Rostagno, vi è
stato un solo lato negativo, ma
di rilievo: riguarda il tema stesso dell’Assemblea: « Gli evangelici in Italia, una proposta alternativa ». « Non è stato adeguatamente dibattuto. La tavola rotonda non era sufficiente, ci voleva almeno un intero giorno di
dibattito. Gli evangelici infatti
possono e devono diventare portatori di una proposta; attualmente, però, lo sono in grado
troppo limitato ed episodico ».
Gioele Fuligno è pienamente
soddisfatto; lamenta però « il
troppo poco spazio dato all’As
semblea per discutere problemi
di fondo e di linea ».
Enos Mannelli ha apprezzato
« la franchezza evangelica nel
parlare di certi argomenti senza ferire nessuno », riferendosi
in particolare alle meditazioni di
Paolo Spanu e di Paolo Naso.
Invéce, giudica negativamente
« la moltitudine delle parole, il
linguaggio scelto da specialisti,
la mole degli argomenti da trattare ».
Elena Fischli (valdese) nota
« la sincerità nel rilevare il
contrasto esistente tra necessità
e possibilità di attuazione, nonché la necessità di appoggiarsi
a quanto esiste senza per questo necessariamente federalizzare le iniziative di altri ». Anche
lei però lamenta il troppo poco
spazio dato alle questioni di fondo, di solito relegate alla fine
della giornata, quando tutti sono stanchi (es.: mozione ACELIS, collegata coi problemi degli
emigrati in Svizzera).
A Maria Grazia Sbaffi (metodista) è piaciuto « l’interesse dei
temi, la vivacità della discussione e la partecipazione ». Ha notato tuttavia « una certa impreparazione rispetto ai temi ».
Leonardo Casorio ritiene che
« la decisione di organizzare —
come Federazione — una ’’giornata della chiesa” nel prossimo
triennio, offre agli evangelici una
possibilità di colmare una lacuna di testimonianza della Parola
che nei tempi passati ha tanto
avvalorato il nostro modo di essere cristiani ».
A Franco Scaramuccia è dispiaciuto il poco tempo dedicato al problema dei rapporti tra
Stato e chiese evangeliche. Secondo lui, l’ultimo comma dell’o.d.g. su questo tema, che ha
raccolto soltanto 32 voti — 1/3
degli aventi diritto — è indicativo del fatto che occorreva fare
molto più chiarezza.
Infine Franca Long Mazzarella ha apprezzato quest’incontro
5
16 novembre 1979
La funzione della Federazione
L'assemblea, esaminati e discussi il rapporto del Consiglio e quello dei Revisori approva l'operato del Consiglio e della Giunta,
li ringrazia per il lavoro svolto e per i risultati
conseguiti nonostante non poche difficoltà ;
ritiene che la Federazione, attraverso lo
sviluppo dei suoi Servizi, abbia svolto e possa
svolgere ancora meglio in futuro una funzione
preziosa ed insostituibile di incontro fra le
componenti dell'evangelismo italiano, ed invita pertanto le chiese che ne sono membri a
sostenere l'opera con maggiore impegno ;
ritiene altresì che tale compito abbia par
ticolare importanza in questo momento storico
di crisi e di disgregazione della società italiana, di fronte a cui le chiese evangeliche sono
chiamate ad una profonda trasformazione in
vista di una predicazione evangelica capace di
creare la vera fraternità fra gli uomini che ha
il suo unico fondamento in Cristo al di fuori di
ogni mediazione vicaria e gerarchica ;
l'Assemblea, cosciente che questa vocazione è comune a tutte le chiese e comunità
fondate sulla Parola di Cristo, auspica che la
Federazione possa essere sempre più e meglio
luogo d'incontro e maturazione e strumento
per l'annunzio dell'Evangelo al nostro popolo.
Il seggio al lavoro. Da destra: Luca Campennì, Piero Trotta,
Gianni Bogo, Giovanni Anziani.
DELLE CHIESE EVANGELICHE IN ITALIA
paritario tra evangelici, ed il
fatto che sono state chiarite con
franchezza preoccupazioni esistenti tra le varie denominazioni. Rileva tre lati-negativi: 1) il
troppo poco tempo dedicato alla
discussione e all'esame dei servizi della Federazione; 2) il pericolo di considerare l’evangelo
in modo disincarnato; 3) la scarsissima partecipazione delle donne.
Nel complesso quindi, da questo campione di delegati, sembra emergere una valutazione
sostanzialmente positiva di questa V Assemblea: volontà di stare e agire insieme, realismo, spe
ranza e fiducia nel futuro. Ognuno — sembra — comincia a prendere coscienza dell’identità e del
ruolo — utile e necessario —
della Federazione. Auguriamoci
che il prossimo triennio confermi questa impressione!
a cura di
Jean-Jacques PCyronel
Pietro e Paolo
________INTERVISTA A DOMENICO MASELLI, CHIESE UBERE
Un ponte dentro la Federazione
Domenico Maselli, storico dell’Università di Firenze, studioso
dei movimenti evangelici popolari dei secoli XIX-XX (per la
Claudiana ha scritto: « Tra Risveglio e Millennio », 1974 e « Libertà della Parola », 1978) nonché predicatore nelle Chiese Libere, ha trasmesso, nel corso delrultima Assemblea della FCEI
l’adesione alla Federazione di
quattro Chiese Libere: NapoliBerlingeri, Torre del Greco, Volla
ed Avellino. Abbiamo chiesto a
Maselli di ricostruire brevemente, per i nostri lettori, il cammino percorso da queste quattro
chiese nei confronti della Federazione.
— Fin dalTinizio della Federazione, nel 1965, io personalmente e le chiese di cui avevo la responsabilità ci ponemmo il problema dell’unità evangelica in
Italia. E dopo il Congresso federativo del ’65 di Roma ci convincemmo che la Federazione nasceva male, cioè monca. In quel
tempo, pensando al nostro dovere di ’’ponte” ci sentimmo portati a non entrare nella Federazione, a restare cioè dall’altra parte. Ma mentre molte chiese evangeliche erano state in qualche
modo scandalizzate dalla Federazione e ne erano quindi fuori in
senso critico, noi lo eravamo nel
tentativo di essere un ’’ponte” tra
le chiese evangeliche a grossa
partecipazione popolare (Pentecostali, Fratelli, Libere...) e le
chiese federate. Poi, nell’Assemblea di Bari, noi avemmo la
consapevolezza che avveniva davvero una svolta: le chiese della
Federazione si preoccupavano di
reimpostare il problema della
evangelizzazione con un occhio
particolare alle altre chiese italiane che pure erano sensibili a
questo problema.
— Come avete reagito a questa
« svolta »?
— Come comunità di Napoli
da me curate pensammo che dopo aver spinto in direzione unitaria, non si poteva più rimanere fuori a guardare. Nel momento stesso in cui non solo la Federazione, ma le principali denominazioni della Federazione,
prendevano la strada delTevangelizzazione era chiaro che noi dovevamo dare il nostro apporto
nella speranza che esso fosse apribile ad altri. Ci sentivamo
quindi di essere « ponte » dentro la Federazione e non più
fuori.
— Questo quindi spiega la vostra adesione alla Federazione?
— Certamente. E spiega anche
la lentezza di questa nostra adesione formalizzata in questa V
Assemblea. Come ho detto durante i lavori assemblear!, io
ringrazio moltissimo il presidente della Federazione pastore Bensì per la pazienza avuta con noi.
L’itinerario non è stato dei più
brevi. Del resto abbiamo anche
ritenuto di dovere proporre la
nostra scelta a tutta la comunione delle Chiese Libere in Italia riunite a convegno circa un
anno e mezzo fa. Qui vi è stata
l’accettazione « de facto » della
scelta libera delle nostre quattro
congregazioni che, com’è noto,
sono autonome. Non c’è quindi
stata polemica con le altre Chiese
Libere, ma accettazione. Tutto
questo rientra in una logica congregazionalista.
— Le prospettive legate alla vostra adesione?
— L’adesione delle nostre quattro chiese è leale adesione alla
Federazione. Ma insieme a questo nuovo rapporto noi vogliamo
stringere rapporti sempre più
stretti con tutte quelle forze che
vogliono davvero fare l’evangelizzazione in Italia. Sappiamo che
nel nostro paese viviamo oggi un
tempo particolarmente diffìcile
ma per altri versi esso è promettente per ciò che concerne l’evangelizzazione. E in questo quadro,
come ho detto durante ì lavori
delTassemblea, noi abbiamo già
cominciato a preparare un patto
d’unità d’azione evangelistica con
le Chiese valdesi e metodiste.
Ed è in questo senso che noi ci
muoveremo.
a cura di G. Platone
INTERVISTA A TULLIO PUGLISI, ACELIS
Un dibattito che non c’è stato
Da 17 anni in Svizzera, Tullio
Puglisi, missionario della chiesa
metodista, è attualmente impiegato presso i « Kirchenrat » di
Sciaffusa, San Gallo e Turgovia
per occuparsi di gruppi d’emigrati italiani evangelici nella zona
industriale di Winthertur (Zurigo). Puglisi ha partecipato ai
lavori della V Assemblea quale
rappresentante delTACELIS (Associazione cristiana evangelica di
lingua italiana in Svizzera). Intervenendo nel dibattito egli ha
lamentato il mancato intervento
della Federazione nei confronti
del problema dell’emigrazione.
« Singolarmente — mi dice Puglisi — la trascuratezza da parte
del governo italiano verso gli
emigrati si riflette anche a livello delle nostre chiese». Nella precedente assemblea della Federazione a Bari, nel 1976, Puglisi
era entrato nella commissione
per l’emigrazione. « Tale com
missione però — confessa Puglisi — per varie ragioni non solo
non ha prodotto materiale di riflessione ma ha anche finito col
dimettersi. Insomma un disastro.
La situazione attuale sul tema
dell’emigrazione è grave — continua Puglisi — tanto più che
non è stato operato, a livello federativo, nessuna sensibilizzazione e coinvolgimento nei confronti delle nostre chiese italiane ».
Visibilmente amareggiato ammette: « Questa volta torno in
Svizzera con la sensazione d’aver
rappresentato la «parte dimenticata » ovvero quella parte di popolo evangelico che, per ragioni
economiche e in mezzo a mille
difficoltà, ha dovuto abbandonare la propria terra e recarsi per
un pezzo di pane alTestero...
— Non ci sono speranze di rilanciare in un prossimo futuro
il discorso?
— Io mi auguro che il nuovo
Consiglio espresso da questa V
Assemblea sappia affrontare con
energia questo aspetto della nostra responsabilità sinora troppo
trascurato. Speravo che la gioia
di vedere la nostra Federazione
— che, a parte il tema in questione, continua a crescere e a
rendere un servizio utile — si
collegasse ad un rilancio del lavoro per i migranti. Ma evidentemente i tempi non sono ancora maturi. Chi vive all’estero non
aspetta certamente il toccasana
dei propri problemi dalla Federazione. Ma chi è evangelico aspetta però un sostegno morale
che solo un dibattito approfondito, indice di un reale interesse
delle chiese federate, avrebbe
potuto manifestare. Ma tutto
questo non c’è stato ed è un
vero peccato.
a cura di G. Platone
(segue da pag. 1)
chiesa anche oggi è una in Cristo, è unica la sua missione, è
unico il suo fondamento, il suo
essere; diversa è la sua ipotesi di
riformulazione del messaggio,
cioè la sua riforma. Vaticano II
è come Trento una ipotesi di riforma; noi conduciamo avanti la
nostra riflessione partendo dal
principio che il criterio della riformazione della chiesa debba
essere altro: la Scrittura come
norma e criterio assoluti. La
Chiesa di Paolo non è 'ontro
quella di Pietro, pone una diversa ipotesi sulla rifondazione del
cristianesimo.
Accanto
Il secondo modo di porre il
problema può essere definito col
termine: integrazione: Paolo sta
accanto a Pietro, uno al centro
del discorso, l'altro alla periferia.
Se le caratteristiche che avevamo detto sopra si leggono dal
punto di vista cattolico il risultato è che Pietro è la verità (l’istituzione: è nella verità per il
solo fatto che esiste) e Paolo
rappresenta la pietà, l’apertura
al nuovo, lo Spirito, l’invenzione.
Pietro, e la chiesa di Pietro, sono
l’elemento fondamentale. Paolo,
. e la chiesa di Paolo sono complementari.
Se si legge da parte protestante si risponderà che la verità è
invece nella teologia senza istituzione, nella fede senza tradizione, nell'individuo senza chiesa,
interiorità senza il rito.
Il cattolico dice: noi sappiamo
gestire la realtà del messaggio
come si conviene e voi pensate
bene, anche troppo; il protestante replica: noi sappiamo pensare, cioè credere, come si deve e
voi agite sì, ma agite male.
In questa ottica la collocazione è molto più chiara dal punto
di vista cattolico che protestante. E’ più facile integrare che lasciarsi integrare. Noi sentiamo
chiaramente che la nostra posizione tradizionale non è soddisfacente, sentiamo ormai chiaramente che la teologia, il pensiero, si realizza solo in una storia,
in una comunità, in un corpo di
uomini, ma abbiamo molte cose
ancora da rivedere come chiesa
di Paolo: dovremo ancora chiarire i rapporti fra predicazione e
prassi, parola e segni, individuo
e comunità, evangelizzazione e
garanzie, dovremo ancora chiarire a noi Stessi il fatto che le garanzie della verità non sono date
da noi ma da Dio e la verità
evangelica non è dimostrata ddlle nostre realizzazioni.
Ciò premesso è però chiaro
che Tipotesi dell’integrazione non
è accettabile: Paolo accanto a
Pietro nel senso di un compagno
di strada che aiuta a capire le
cose, che stimola a riflettere, che
fa buatta compagnia non è il Paolo del Nuovo Testamento. La nostra comunità evangelica non è
la vitamina ed il tonico della istituzione rontana; già si è detto,
tanto vale ripeterlo.
Dopo
Esiste anche un terzo modo di
porre il rapporto: Pietro precede, Paolo segue, esiste una subordinazione del secondo al prù
mo. Storicamente le cose statino
così è chiaro ma stanno così anche sul piano delle verità? Se
la chiesa di Pietro precede questo significa che la chiesa di
Paolo viene dopo, è secondaria,
è innestata nella prima e ne dipende; prima c’è Roma poi le
comunità riformate. « Noi siamo
la chiesa perché siamo fondati
su Pietro, voi siete degli scismatici venuti dopo, siete come dei
fiori che avvizziscono, staccati
dal tronco dell’albero che li ha
generati », questo è il discorso
che hanno udito i valdesi medievali dalla bocca di tutti gli inquisitori e gli evangelici da tutti i
polemisti cattolici.
E’ un discorso che non possiamo accettare perché la chiesa di
Pietro siamo noi (altrettanto almeno quanto i cattolici), ci appartiene la sua testimonianza (altrettanto quanto a loro) e sotto
questo profilo possiamo dire con
piena coscienza che non siamo
figli della Riforma ma della chiesa universale, e ne siamo eredi.
Accettare l’ipotesi Paolo dopo
Pietro significa accettare che la
chiesa di cui siamo parte nasce
nel XVI sec. e tutto quello che la
precede è romano, significa credere che Lutero e Calvino sono
nostri ma tutto il popolo dei credenti che li precede è romano.
Quest’ottica è profondamente errata ed i Riformatori non hanno
mai pensato potesse essere accolta; è la tesi dei polemisti cattolici fatta nostra, assimilata
senza rendercene conto come si
assimila il veleno a piccole dosi.
La chiesa di Pietro è nostra altrettanto come quella di Paolo, è
nostra perché ne siamo eredi come di quella paolinica. La chiesa
di Bernardo e di Agostino, di Benedetto e di Cipriano è la nostra
chiesa, è casa nostra e non abbiamo da chiedere il permesso a
nessun papa o teologo o vescovo
per entrarci. Quei credenti sono
dei nostri e dobbiamo reimparare a vivere in loro compagnia. Se
i polemisti cattolici ci hanno
chiuso in un ghetto teologico e
storico come gli eserciti cattolici
ci chiudevano in un ghetto geografico è tempo che impariamo
ad uscirne perché questo ghetto
è un’illusione ottica, non esiste.
Il progetto di riforma, l’alternativa di riforma che la generazione dei Riformatori ha proposto
alla chiesa e che noi riproponiamo è un progetto pienamente
nella linea dei grandi padri della
chiesa. (Questo sapeva molto bene Calvino che nella sua opera
teologica non si limita a citare
la Scrittura ma accumula testi
e citazioni dei teologi cristiani
di tutti i secoli).
Paolo non è dopo Pietro ma
con lui, la nostra chiesa non è
dopo Roma ma insieme, perché
la nostra chiesa risale a Pietro
come a Paolo, ed ha vissuto nella storia in tutti i credenti che
hanno cercato la verità dell’Evangelo prima di tutto.
G. Tourn
6
16 novembre 1979
cronaca delle valli
RAGGIUNTO L’ACCORDO TRA PROVINCIA E TAVOLA VALDESE
LE GUERRE CONTRO I VALDESI
Uliveto; fìrmata la convenzione Morti per la Patria?
Il nuovo accordo definisce la funzione precisa dell’Istituto ed un suo
ben definito inserimento sul territorio
Dopo un iter abbastanza lungo e talvolta anche travagliato,
il 9 novembre è stata da noi firmata la nuova convenzione che
regola i rapporti fra la Provincia di Torino e la Tavola Valdese e per essa con l’Istituto Uliveto per la destinazione del medesimo a servizio residenziale territoriale per minori handicappati gravi appartenenti al comprensorio di Pinerolo. Detta convenzione, deliberata in data 3.8.’79
dalla Giunta Provinciale dopo
ampie consultazioni a livello di
Comunità Montana, di Comitato
Comprensoriale e di Comuni facenti capo alle ULS 42-43-44 era
stata approvata dal Consiglio
Provinciale in data 10.9.’79 alla
unanimità dai 40 consiglieri presenti.
Riteniamo opportuno, per una
questione di chiarezza, riportare,
integralmente il testo di questa
convenzione, in base alla quale
l’Uliveto si impegna:
a) a destinare gli immobili
di cui ha la disponibilità in Luserna San Giovanni a servizio
residenziale (convitto, semi-convitto e dopo scuola per l’istruzione post-scolastica) per minori
handicappati ambosessi compresi, in linea di massima, fra i 4 e
i 15 anni, che presentano danni
gravi riferiti alla sfera neurologica e psichiatrica per i quali
siano stati espletati negativamente o siano impraticabili temporaneamente o permanentemente
altri interventi alternativi al ricovero e provenienti esclusivamente dalle zone individuate nelle
L.R. 41/76 nelle U.L.S. n. 42-43.44;
b) a realizzare negli stabili le
eventuali opere di modifica e di
adattamento che verranno concordate con la Provincia per la
sistemazione di 15 posti letto e
relative strutture individuali e
collettive;
c) ad assumere direttamente
e interamente la gestione dell’Istituto garantendo la presenza
del personale necessario (educativo, riabilitativo ed infermieristico e dei servizi), le prestazioni igienico-sanitarie, nonché tutto quanto concordato per un confortevole soggiorno;
d) ad ospitare a far data
dal 1.7.’79 fino a 15 handicappati gravi, di cui alla precedente tipologia, da seguire a livello di
convitto, semirconvitto e dopo
scuola a seconda delle esigenze
del singolo caso. Per i 20 casi attualmente in carico all’Istituto,
non tutti riferentesi alla nuova
tipologia di utenza individuata, si
provvederà in collaborazione con
gli operatori socio-sanitari del
territorio a graduali dimissioni
dei casi che possono accedere a
servizi alternativi;
e) a concordare le nuove ammissioni in Istituto di volta in
volta e caso per caso tra gli operatori dell’Istituto Stesso e gli
operatori delle competenti équipes delle ULS del Corhprensorio
di Pinerolo;
f) a concordare le dimissioni dall’Istituto di volta in volta e
caso per caso tra gli operatori
dell’Istituto stesso e gli operatori delle équipes di competenza
territoriale;
g) ad assumere i provvedimenti di ammissione e dimissione di cui ai precedenti punti
e) ed f) in coordinamento con
l’équipe delle ULS Val Pellice,
territorio in cui l’Istituto ha sede;
h) a programmare l’aggiornamento tecnico-professionale
degli operatori dell’Istituto in
collaborazione con le iniziative
formative degli Enti locali territoriali;
i) a permettere agli Amministratori ed ai Funzionari della
Provincia di Torino e delle ULS
interessate di visitare in qualsiasi momento l’Istituto per accertare la conformità degli impegni assunti;
1) a permettere alle forze
sociali rappresentative dell’utenza di visitare in qualrmque momento l’Istituto, nelle forme e
con le modalità che l’Amministrazione Provinciale determinerà con apposito provvedimento
deliberativo.
La Provincia di Torino da parte sua si obbliga:
a) ad assicurare, in collaborazione con gli altri Enti locali
interessati la copertura di 15 posti per minori handicappati gravi
fornendo tutti i referti socio-sanitari indicanti la completa diagnosi psico-fisica;
b) a corrispondere all’Istituto a decorrere dal 1.7.’79 la retta giornaliera pro-capite di L.
40.000, per i minori ospitati a
convitto e la retta giornaliera
pro-capite di L. 36.000 per i minori ospitati a semi-convitto corrispondendola esclusivamente
per ogni giornata effettiva di presenza dei minori stessi. Essa è
determinata per due anni dalla
data di stipulazione della presente convenzione e per tale periodo è suscettibile di concorde
revisione solo in relazione all’aumento del costo della vita
rilevabile dall’indice ufficiale emesso sui bollettini ISTAT. Il
pagamento della retta verrà effettuato su presentazione di regolare contabilità.
La presente convenzione che
annulla e sostituisce la precedente in data 28.9.1965 decorre dalla data della sua stipulazione
ed è rinnovabile ogni sei mesi
salvo disdetta raccomandata almeno 60 gg. prima di ogni scadenza. Essa peraltro ha carattere di provvisorietà in attesa del
definitivo assetto politico-gestionale della costituente U.L. e dei
rispettivi consorzi socio-sanitari.
Resta inoltre aperto il grave problema della situazione dei. ragazzi una volta dimessi per limiti di età. Questo problema, che
riguarda tutti gli handicappati
gravi, aspetta ancora una soluzione (che eviti la rapida perdita di quanto si è faticosamente
recuperato negli anni dell’istituto) e ci interpella come cittadini e come credenti.
)(: « «
La retta prevista potrà apparire elevata: essa d’altra parte copre appena i costi di gestione
(personale e spese generali). L’Uliveto ha necessità di rinnovare
ed acquistare attrezzatura varia
anche per la riabilitazione ed il
ricupero dei minori che ci sono
affidati nonché per permettere
modifiche allo stesso immobile
per renderlo più idoneo alle nuove necessità dei minori attuaimente ospiti.
Siamo pertanto grati a coloro.
Chiese e singoli, che vorranno
collaborare per la soluzione di
questi problemi.
Il nuovo orientamento sembra
assicurare continuità al nostro
servirio con un beh definito inserimento nel territorio; questo
si pone nelle linee di servizio,
diaconale più volte indicate dal
Sinodo e nei prosrimi anni se
ne potrà ulteriormente verificare la validità.
Per il Comitato
il Pres. Bruno Mathieu
Nella primavera del 1911, in
occasione del cinquantenario dell’Unità Italiana, il colonnello Molajani, comandante del 2° Regg.
Granatieri di stanza a Roma, aveva fatto murare sulla caserma
sei lapidi commemorative dei
caduti del reggimento; al di sopra, un’altra recava la scritta:
Granatieri morti per la patria.
La prima lapide portava questa
iscrizione: « Non esistono i ruoli / di questo periodo: non si conoscono i nomi dei morti / nelle
guerre contro i Valdesi (1663 e
1686) / contro la Repubblica di
Genova (1672),... Da qualche documento / risulta però che in
questo periodo / morirono combattendo: /Guerra contro i Vaidesi (1663 e 1686): cap. di Sanfront / cap. di S. Giorgio / cap.
Boursier / cap. S. Martino di Parella... ».
La notizia fu subito conosciuta,
e VAvvisatore Alpino, che si pubblicava a Torre Pellice sotto la
direzione del prof. Davide .Tahier,
ne dava l’annuncio, definendo
Tatto un’offesa ai Valdesi.
Intanto Ton. Enrico Soulier,
valdese, giolittiano, presentava
un’interrogazione al Ministro della guerra « per sapere se sia vero
che nella ricorrenza del cinquantenario della nostra unità nazionale siansi murate nella facciata esterna della Caserma Umberto I a S. Croce di Gerusalemme delle tavole marmoree ricordanti tra le altre vittorie del 2°
reggimento granatieri anche quelle contro i Valdesi dall’anno 1663
al 1686 ».
Il punto centrale della discussione riguardava la definizione
ANGROGNA
Evangelizzare dentro o fuori?
I
Impressioni da un « giro » tra i quartieri sul documento della Tavola
Presentato in questi giorni ad
un centinaio di persone, in sette
diversi quartieri, il documento
della Tavola sull’evangelizzazione ha dato la stura a diverse osservazioni e idee. Ne riferiamo
alcune.
In chiave negativa, qualcuno
si è chiesto: « In cosa si distingue, oggi, un valdese? In fabbrica bestemmia come gli altri —
ha soggiunto un operaio Fiat ■—
e il rigore morale di un tempo è
stato raccolto solo da alcuni. Il
popolo valdese sta diventando
sostanzialmente conformista».
Per un giovane di vent’anni che
propende per i culti con discussione ( « gli unici in cui si ha l’impressione di partecipare, anche
se poi a parlare sono sempre gli
stessi ») per evangelizzare bisogna avere, più che nuove idee e
nuovo linguaggio, un nuovo comportamento morale e sociale. Al
Martel qualcuno ha osservato
che « I Testimoni di Geova, a
parte le loro idee settarie, hanno uno zelo missionario che fa
invidia: quale valdese laico partirebbe, oggi, ner annunciare
TEvangelo di quartiere in quartiere? ». Altri hanno osservato
che « siamo decisamente in crisi » e prima di evangelizzare
« fuori » dovremmo evangelizzare
« dentro ». In un altro quartiere,
ancora popolato, si è notato che
evangelizzare vuol dire « dare
esempio di coerenza ».
« Guardiamo agli Avventisti —
ha notato un giovane pendolare
della fabbrica — che con la “decima” sui loro guadagni dimostrano che la libertà della chiesa ha un prezzo; invece da noi ci
sono ancora troppi che non danno niente ».
Nel gruppo giovanile del Prassuit-Vemé è emersa la disponibilità a diffondere libri Claudiana
come « veicolo per l’evangelizzazione » e a collaborare per allestire incontri comunitari. In
quanto a parlare delTEvangelo
in pubblico molti giovani del
gruppo « nori se la sentono » anche perché la maggioranza di loro fa il muratore o il contadino.
In un quartiere isolato si è n<>
tato che evangelizzazione vuol dire prima di tutto sapere supera
re, nell’amore fraterno, le tensioni interne al quartiere e alla
chiesa. E per arrivare a questo
si sono auspicate più agapi fraterne: « Dovremmo mangiare più
spesso insieme, ci si capisce meglio, un po’ come facevano i cristiani di una volta ». Già in questo primo « giro », anche se nelTelenco mancano ancora alcuni
quartieri, quasi tutti hanno approvato l’idea di una « giornata popolare dell’ Evangelo » in
cui — come è stato osservato —
« riascoltando le cose in cui crediamo le facciamo anche sentire
agli altri, lasciando però la festa
del XV agosto alle Valli. Infine
l’assemblea di domenica scorsa,
presenti una sessantina di persone di cui 38 elettori, ha votato a
larga maggioranza una presa di
posizione in cui s’invita la Commissione Distrettuale ad organizzare una giornata evangelistica
in una cittadina delle Valli Vaidesi.
G. Platone
VILLAR PERORA
Perché tanto ritardo?
Alla Giunta del Comune
di Villar Perosa
Ad un anno dall’apertura del
Consultorio, funzionante per l'intera zona della Comunità Montana, risulta da una documentazione resa nota dalla Comunità
Montana stessa, che Villar Perosa è il Comune in cui si è avuto
in percentuale il maggior numero di utenti, dopo Perosa, luogo
in cui ha sede il Consultorio Familiare. In base a questi dati, e
tenendo conto che Villar Perosa
può essere considerato il centro
di riferimento ver tutti i Comunidelia bassa valle, sia per comodità di trasporti che per importanza, il gruppo donne di Villar Perosa sollecita l’apertura del Consultorio Familiare nel comune in
questione.
Data la carenza di locali, al collettivo sembra valida la proposta di apertura del Consultorio
Familiare nei locali ex ONMI,
nei quali tuttora, viene effettuato
il servizio pediatrico. Questo può
essere effettuato mediante il trasferimento dell’ambulatorio pediatrico nei locali dell’Asilo Nido, adibiti a tale scopo.
Considerando l’urgenza della
apertura del Consultorio anche a
Villar, il gruppo donne sollecita
una rapida risoluzione della questione. tenuto conto che nel corso dell’ultima riunione della Consulta Femminile, avvenuta il 25
settembre ’19, è venuto a conoscenza delle intese intercorse tra
la Comunità Montana e il Comune di Villar Perosa in riferimento alla eventuale soluzione sopra
citata.
Villar Perosa, 11.9.’79
In relazione alla lettera qui
pubblicata, vogliamo rendere noti tre fatti significativi:
1) A due mesi dalla presentazione delle nostre richieste, ancora nessuna risposta! Evidentemente. per il Comune, il Gruppo Donne Villar Perosa non conta nulla.
2) Il Consiglio Comunale del
29 ottobre non ha minimamente
sfiorato la questione dell’Asilo
nido e del Consultorio.
3) A quanto pare l’Asilo Nido non si può aprire perché mancano 3 porte anti-incendio. Noi
pensiamo che questa giustificazione poco esauriente, sia un alibi dietro al quale si nascondono
mosse politiche che non riusciamo né a capire né a condividere.
Gruppo Donne Villar Perosa
di « morti per la patria » attribuito a gente morta combattendo contro i Valdesi: era su
questo elemento che Davide Jahier si era adontato.
Il col. Molajani scriveva allora
una lunga lettera all’Avvisatore
Alpino molto garbata e dignitosa, nella quale, dopo aver detto
di conoscere le Valli e di apprezzare i suoi abitanti, diceva: « Per
un soldato non vi può essere
guerra giusta o ingiusta: è guerra quella che il sovrano ordina e
vuole... Nel 1663 o nel 1686, chi
combatteva i Valdesi, credeva in
buona fede di combattere fieri
ed indomabili nemici del suo Duca, cioè della sua Patria, che per
quei tempi era tutta una cosa ».
L’argomentazione, che filava
perfettamente dal punto ,di vista
di un ufficiale, non persuadeva
per nulla Davide Jahier, il quale
nel numero successivo del suo
giornale sosteneva che il concetto di patria del ’600 non poteva
essere uguale a quello del ’900,
perché allora anche la notte di
S. Bartolomeo o le Pasque Piemontesi avrebbero dovuto essere intese come azioni patriottiche. Concludeva energicamente
dicendo: « O si muti il titolo o
si cancellino le guerre valdesi ».
Come poi sia andata a finire
la cosa, purtroppo è ignoto: il
giornale non intervenne più sulla questione, l’interrogazione Soulier forse non ebbe risposta, perché di lì a poco scoppiava la
guerra di Libia, ed il Ministero
della guerra ebbe ad occuparsi
di quelli che in quel momento
morivano davvero per la Patria...
Forse qualche lettore romano
potrà soddisfare le nostre curiosità, ammesso che la caserma
Umberto I esista ancora... Glie
ne saremmo davvero riconoscenti.
Di due dei quattro « eroi morti
per la patria » combattendo contro i Valdesi, abbiamo ripescato
qualche dato, proprio intorno alle circostanze della morte.
Il capitano S. Martino di Parella, o Conte di Drusé, era il fratello del Marchese di Parella,
uno dei comandanti della repressione e dei rastrellamenti contro
i Valdesi nel fatale maggio 1686,
allorché si trattava di por fine alle ultime disperate resistenze dei
valligiani. In un assalto alTAguglia di Giaussarand, sulle alture
di Bobbio, « montagna più di tutte dritta, aspra e di puro scoglio », il capitano Parella « sdrucciolando anche per la grande altezza del sito, ove a pena un
omo con grande stento può non
solo avvanzarsi, ma reggersi in
piede, diede in uno di quei macigni, e con la testa in mezzo alle
gambe, sempre urtando in quei
sassi e sbalzando per il grande
impeto più volte più alto di un
uomo, si fermò finalmente verso
il fine del monte, ove fu rilevato
dai suoi e doppo tre ore di vita
senza alcuna cognizione si morì ».
Esiste anche una versione valdese del fatto, tratta dalle memorie del cap. Davide Mondon:
si narra che i Valdesi assaliti dal
nemico si diedero alla fuga col
loro bestiame; già le donne e il
bestiame, più lenti stavano per
essere raggiunti, quando una
mucca scivolò e cominciò a rotolate lungo il pendio, facendo precipitare pietre e soldati giù nei
burroni. Gli altri soldati, colti
da terrore, si diedero alla fuga.
Il Parella era rimasto colpito a
morte.
Anche il cap. Boursier fu vittima di quella giornata, colto da
una gragnuola di massi (la famora artiglieria dei Valdesi), fu
colpito in diverse parti del corpo, ebbe una coscia sfracellata
e ferite di vario genere: due
giorni dopo anch’egli moriva.
Augusto Armand Hugon
Invito agli anziani deiia vaiie
Domenica 18 novembre alle
ore 14.30, presso la Sala « Albarin» Praz. San Giovanni, rappresentazione teatrale:« Morte e
vita d’un Pover Diav » a cura
del collettivo Teatro Roletto.
NelTintervallo il Presidente
della Comunità Montana Val
Pellice illustrerà il Progetto anziani della Regione Piemonte e
la sua sperimentazione in Val
Pellice.
La manifestazione è organizzata in collaborazione con la Comunità Montana Val Pellice.
L’ingresso è libero a tutti.
7
16 novembre 1979
CRONACA DELLE VALLI
UN’ALTRA DIACONESSA CI HA LASCIATO
Suor Margherita Jourdan
SI E’ SPENTA IMPROVVISAMENTE A 76 ANNI
Lidia Fini
All’età di 90 anni, dopo una
brutta caduta con conseguente
rottura del femore, si è spenta
Suor Margherita Jourdan. Venerdì scorso abbiamo rivolto alla
sua memoria, anche a nome di
tutta la Chiesa, un pensiero di
grande riconoscenza, in occasione del funerale che ha avuto luogo prima alla Casa delle Diaconesse e poi ad Angrogna, suo
paese natale a cui era rimasta
sempre legata. .
Suor Margherita Jourdan nata
l'8 marzo 1889 è entrata come novizia alla Casa delle Diaconesse
nel 1915 e nel 1920 fu consacrata. Iniziò il suo ministerio a Milano presso l'Asilo Evangelico
dove rimase per 6 anni. In seguito servì per otto anni all'Ospedale Evangelico di Genova e dopo
brevi periodi a Pomaretto, Vittoria, San Germano, rimase per
tre anni presso l’Asilo di San
Giovanni. Di qui fu chiamata per
tornare a San Germano e vi rimase per 18 anni dal 1938 .al 1956
presso rAsilo dei Vecchi, dove
dovette tornare ancora per due
anni, dopo un periodo trascorso
presso la Casa Madre a Torre
Pellice. Dal 1959 era entrata in
emeritazione presso la Casa .Madre.
Un’altra Diaconessa ci ha lasciato. Eppure non è con un sentimento di sconfitta che noi l’ab
biamo salutata vedendo ridotto
a poche unità il gruppo delle
Suore rimaste. Queste nostre sorelle a cui testimoniamo affetto
e solidarietà, hanno adempiuto
in un modo e in una forma ben
precisi il compito del servizio
diaconale della Chiesa. Ma se le
persone, e le forme istituzionali
passano, la vocazione al servizio
rimane, perché rimane intatta la
Parola del Signore che la determina e la soferenza umana che
la giustifica. La Chiesa non può
continuare a delegare a poche
persone un compito che è di tutti e mentre rinnoviamo alle nostre Diaconesse la nostra viva riconoscenza per aver vissuto in
una scelta integrale di vita la vocazione al servizio, ricordiamo
anche tutti coloro che senza essere diaconesse operano all’interno e aH’esterno delle nostre istituzioni diaconali con lo stesso
spirito di consacrazione e di amore. Intorno alla tomba di un’altra Diaconessa, la nostra prospettiva è nella speranza e nella
preghiera che il Signore continui
a suscitare in miezzo a noi dei
servitori fedeli. Ricordiamo infine che la vocazione al servizio
non può essere demandata a pochi « addetti ai lavori », ma deve
costituire il senso vero dell’esistenza di tutti coloro che in Cristo hanno creduto.
Notizie dalla Casa
delle Diaconesse
La Casa delle Diaconesse di
Torre Pellice continua il suo lavoro dando una testimonianza
di dedizione fedele e silenziosa.
Ormai le Suore in attività sono
solo due (Suor Dina e Suor Marinette) e le Suore a riposo danno anch’esse, nel limite delle loro possibilità la loro occasionale
e apprezzata collaborazione. Gli
ospiti sono una quindicina di cui
otto tra i 90 e i 98 anni. Quest’.anno si è avuto un piccolo cambiamento nella vita dell’istituto. Il
Past. Nisbet che ha prestato la
sua opera come Direttore della
Casa negli ultimi 5 anni (dopo
esserlo stato dal 1937 al 1948) ha
chiesto alla Tavola di non rinnovare il suo mandato. Le sue dimissioni sono state accolte con
rincrescimento e con l’espressione della più viva riconoscenza
della Chiesa tutta per l’opera
compiuta. La Tavola non ha ritenuto di nominare un altro direttore, parendo del tutto sufficiente l’opera di Suor Dina, come direttrice interna. Tuttavia
per affiancare la Direttrice nell’espletamento delle sue responsabilità, anziché riaffidare la presidenza del Comitato al Moderatore, secondo una ininterrotta
tradizione, questa è stata affidata al Vice Moderatore, che tra
l’altro è stato a sua volta direttore della Casa dal 1967 al 1973.
Il Comitato ha preso intanto
alcune décisioni volte all’esame
dei problemi con i diretti interessati e a vivacizzare la vita
della Casa stessa. Sono previste
riunioni del Comitato con le Suore e con il personale e sarà organizzato almeno mensilmente,
un pomeriggio di incontro ricreativo per gli ospiti della Casa.
a. t.
45 anni di permanenza all’Orphelinat! Fin dalla sua inaugurazione nel lontano 1858, nessuna persona era rimasta così
a lungo all’interno dell’Istituto
di Via Angrogna. Entrata nel
1925, quand’era direttrice Adele
Arias, la Sig.na Lidia Fini fu
maestra di cucito e vice-direttrice fino al 1939, anno in cui
assunse la direzione della casa.
Ne rimarrà alla guida fino al
1970. Una vita intera dedicata
— con amore, sacrifìcio e abnegazione — all’assistenza affettuosa a bambine senza famiglia.
Coadiuvata dalla Sig.na Mith
Coìsson, e dal '46 dalla Sig._na
Jolanda Monnet, la Sig.na Fini
dovette affrontare uno dei periodi più difficili, quello della guerra. In quegli anni, l’Orphelinat
era colmo (vi furono fino a 52
ragazze!) ed occorreva provvedere al pane quotidiano, un’impresa quasi al limite delle possibilità umane. Insieme alle ragazze più grandi, andava a piedi fino a Bobbio, con gli zaini
sulle spalle, per prendere patate, mele e castagne- che le famiglie offrivano. Ma la strada di
ritorno, col carico, era lunga e
faticosa. Tempi bui in cui, malgrado tutto, l’Istituto continuò
a dare rifugio e assistenza a numerose ragazze.
Nel 1953, alla vigilia del centenario dell’opera. Lidia Fini
scriveva su « L’Eco delle Valli
Valdesi » : « Lo scopo dell’Istituto è quello di dare una casa
a molte bambine orfane che ne
sono prive, di provvedere loro
il necessario per la vita materiale, educarle nell’amore di Cristo e prepararle ad affrontare
la vita con il sentimento profondo delle loro responsabilità». I tempi sono cambiati, sono cambiate le forme e le leggi
dell’ assistenza e, logicamente,
l’Istituto si è adattato ai tempi
per rispondere sempre meglio
ai bisogni dei minori che vi vengono accolti. Lo scopo, però,
non è cambiato; oggi come allo
ra si tratta di formare ragazzi
responsabili, con una coscienza
critica, capaci di dare un senso
preciso alla loro vita. Ed a questo si dedicano oggi come allora, gli educatori responsabili dei
ragazzi.
La figura della Sig.na Fini
era strettamente legata alla stoni» deU’Orphelinat, al punto da
identificarsi con esso. E questo
è comprensibile considerando
la sua lunga permanenza nell’Istituto e la sua totale dedizione all’opera.
Le persone passano, le opere rimangono, trasformandosi. Tutti
comunque siamo servitori inutili ed il senso del nostro impegno
e della nostra dedizione non sta
in noi e nelle nostre capacità, ma
in Cristo. Questo è stato il senso della vita della sorella Lidia
Fini che ora ci ba lasciati; un
esempio particoiarmente significativo di testimonianza concreta e sofferta, al servizio di Colui
che dà un senso alla nostra esistenza. Jean-Jacques Peyronel
ANGROGNA Chisone-Germanasca
Giornata dalla Scuola Latina
insieme la domenica 25 novembre p.v.
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Come già annunciato, domenica 18 novembre si terrà l’Assem;
blea di Chiesa per nominare i
nuovi anziani. Il culto avrà perciò inizio alle ore 10.
• Il Concistoro è convocato
mercoledì 21 alle ore 20.30.
• Ricordiamo a tutti i giovani
che il Gruppo Giovanile si riunisce ogni venerdì sera alla Casa
Unionista. È in corso uno studio
sulla Riforma.
Il Gruppo Cadetti ha i suoi incontri il sabato alle ore 15. È in
via di definizione il programma
delle attività. _________
SAN SECONDO
Un pizzichino di Roma con la
visita ai monumenti più significativi della sua storia romana e
cristiana, rinascimentale e contemporanea è stato uno dei centri di interesse della gita di 4
giorni effettuata da 30 membri
delle Chiesfe di S. Secondo e Prarostino.
Ma abbiamo anche voluto prendere contatto diretto con i ricordi e la realtà presente della Chiesa Valdese nella capitale vivendo
alla Facoltà di Teologia con i
suoi studenti e professori, partecipando al culto ed alla Cena
del Signore con la comunità di
Piazza Cavour e visitando i luòghi del martirio di G. L. Pascale.
Un ringraziamento di cuore alla Facoltà per l’accoglienza calda
e fraterna che ci ha riservato
in ogni momento.
VILLAR PEROSA
Mercoledì 7 corr. m. si sono
svolti i funerali del fratello Bertetto Aldo Emanuele, originario
della Chiesa di Pomaretto e deceduto all’età di 58 anni dopo
una lunga degenza presso una casa di cura.
Due giorni dopo abbiamo dovuto riprendere la strada del
cimitero pei’^ accompagnare alTultima dimora terrena il fratello
Bounous Giovanni della frazione Rubi, la cui esistenza è sta,ta
stroncata da un male incurabile
all’età di soli 50 anni.
Ai familiari colpiti da questi
lutti rinnoviamo la nostra solidarietà cristiana nel dolore della separazione, ma anche nella
speranza della risurrezione in
Gesù Cristo.
• Un fraterno benvenuto a Sonia, primogenita di Peyronel
Umberto e di Genre Bert Vera
(La Ruhl); la grazia del Signore riposi su di lei e sui suoi genitori.
3° CIRCUITO
Domenica 18 novembre,
ore 14.30 a Ferrerò
ASSEMBLEA
di CIRCUITO
alTo.d.g.;
— Dibattito sull’Evangelizzazione;
— Relazione delle Commissioni; Eco delle Valli;
Pace e disarmo; Pentecoste 1980.
Il Cons. di Circuito
Ci siamo raccolti in questa
settimana intorno alla parola di
risurrezione; martedì per Marco
Fraschia, originario del Martinail, da anni ospite del Rifugio
e deceduto all’età di 80 anni. Venerdì, abbiamo ancora tumulato
nel nostro piccolo cimitero valdese, la salma di Margherita
Jourdan, diaconessa, mancata
presso la Casa Diaconale di Torre all’età di 90 anni. Ai parenti
colpiti dal lutto indirizziamo la
nostra affettuosa solidarietà in
Colui che ha vinto la morte.
• Dando fiducia alla generosità
della coscienza contributiva dei
nostri membri di chiesa una
quarantina di elettori — nell’assemblea di domenica 11 — ha
votato un incremento di 500.000
lire sulla contribuzione per il
1979 da versarsi alla Cassa centrale.
• L’Unione Femminile, riunita
domenica scorsa nella scuoletta
del Serre, ha ricevuto la simpatica visita di Maria Tamietti che
ha presentato una vivace relazione, con diapositive, sul suo recente viaggio in Sicilia attraverso le Unioni Femminili.
SAN GERMANO
Gli ospiti della nostra Casa di
Riposo hanno ricévuto la gradita
visita delle sorelle dell’Unione
Femminile e del Pastore dei
Chiotti. In quell’occasione è stata
offerta agli anziani la visione del
film a colori già apparso sugli
schermi televisivi di « Protestantesimo » sul canto delle nostre
chiese. Tale iniziativa è stata
molto apprezzata.
• Il lavoro sembra riprendere,
sia pure in modo parziale e con
altra lavorazione, nell’ex cotonificio Widemann.
La notizia ci rallegra assai.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Come deciso in sede di Concistoro il culto di domenica 18
c.m. (terza domenica del mese)
sarà seguito da una riflessione
comunitaria libera a tutti.
La predicazione sarà centrata
sul testo di Atti cap. 2 versetti
41-47.
• L’Assemblea di chiesa che ha
avuto luogo sabato sera ha deciso di rispondere affermativarnente alla richiesta del Sinodo di rivedere l’impegno finanziario da
versare alla Tavola per l’anno
in corso. Di conseguenza la Commissione Finanziaria fa appello
al senso di responsabilità dei non
pochi membri di chiesa che ancora non hanno contribuito affinché lo facciano al più presto.
Il gruppo di studio sull’evangelizzazione è convocato al presbiterio limedì 19 c.m. alle ore
20.30 per una analisi del documento sinodale, in vista di proposte operative da formulare
alla comunità.
Si raccomanda la presenza dei
membri del Concistoro e dei responsabili delle varie attività che
si sono impegnati per questo
studio.
La Comunità Montana
avrà una nuova sede
Il Consiglio ha infatti deliberato l’acquisto della Villa Giitermann a Perosa Argentina
per un importo di L. 178.(X)0.(X)0,
. dando alla Giunta la delega pei
compiere l’operazione.
Nella stessa sede è stato confermato che la Provincia acquisterà l’ex Convitto Gutermann per adibirlo ad attività
sociali per tutta la popolazione
ed in favore della riabilitazione
di handicappati psichici.
Altre ratifiche da evidenziare:
— l’istituzione di un corso per
la formazione di guarffie volontarie giurate in applicazione della Legge Regionale n.
68 sulla protezione delTambiénte;
— l’istituzione di un corso teorico-pratico di frutticultura e
di apicultura in ambiente
montano.
Infine provvedimenti profilattici nel settore della zootecnia.
A. L.
AVVISI ECONOMICI
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Nichelino, Tel. (011) 6270463.
1® CIRCUITO
Il prossimo colloquio
pastorale, aperto a tutti
gli interessati alla predicazione, si terrà mercoledì
21 novembre, alle Ofe 9.30
presso il Presbiterio di
Torre Pellice.
RINGRAZIAMENTO
I familiari del Compianto
Levi Long
ringraziano sentitamente tutti coloro
che con la presenza ai funerali sono
stati di conforto al loro dolore.
Un particolare ringraziamento al Pastore Arnaldo Genre, al Dott. Bertolino, ai medici ed al personale infermieristico dell’Ospedale Civile di Pinerolo.
Pramollo, 16 novembre 1979
RINGRAZIAMENTO
« Ma pure, io resto del continuo
con te; Tu m’hai preso per la
man destra: Tu mi condurrai
col Tuo consiglio, e poi mi riceverai in gloria ».
(Sabno 73, v. 23)
Il giorno 8 novembre 1979
Suor Margherita Jourdan
Diaconessa valdese, ha serenamente
terminato la sua giornata terrena.
Nel darne l’annuncio a quanti la conobbero, i nipoti, le cugine e le Diaconesse» ringraziano sentitamente il
Dott. E. Gardiol, i Sanitari e le Infermiere del reparto Traumatologico dell’Ospedale Civile di Pinerolo, i Pastori Nisbet, Taccia e Platone, la Signora
V. Long e le sue Collaboratrici, le Signore dell’Unione Femminile di Pin^
rolo fe quanti si adoprarono per assisterla durante la sua degenza in Ospedale.
RINGRAZIAMENTO
Edith Coìsson, Iolanda Monnet, i
parenti e le sue care figliole dell’Orfanotrofio Valdese di Torre Pellice, ringraziano tutte le persone che con loro
hanno tributato tanto affetto e riconoscenza alla memoria. della loro cara
Lidia Fini
spentasi improvvisamente in Torre Pellice, il 9 novembre 1979
8
8
16 novembre 1979
PROBLEMASCUOLA
Domanda di riforma
e offerta di «ritocchi»
Si torna a parlare di Decreti
Delegati. Qui a Napoli ai primi
di ottobre si è accesa la miccia
con le dimissioni di 23 studenti
consiglieri d’istituto e di Distretto, nel corso di una conferenza
stampa. Subito il malessere diffuso e cresciuto negli anni è sfociato in forme di lotta; assemblee, cortei, scuole occupate, una
mobilitazione che ha coinvolto
decine di migliaia di giovani.
Legare le rappresentanze elettive alle assemblee, dare agli organi collegiali la possibilità di
incidere sul fare scuola e sulla
programmazione educativa, dare
poteri reali e piena autonomia
organizzativa ai comitati studenteschi: questi cambiamenti dei
Decreti Delegati si possono fare
solo sospendendo le elezioni già
fissate entro il 25 novembre e
dando un paio di mesi di tempo
al Parlamento per legiferare.
Ma la DC e il ministro liberale
della P.I. parlano di ritocchi e
non di riforme e non possono
accettare fratture: Malfatti nel
1975 parlò di rivoluzione silenziosa. Eppure la frattura esiste
nei fatti tra istituzioni ed elettori a vari livelli: si discute persino di modifiche alla Costituzione, figuriamoci se non è possibile e necessario correggere
strutture e funzioni di questi organismi scolastici, che perdono
sempre più il loro ruolo di allargamento della partecipazione!
Non è un caso che i più Critici
siano stati gli studenti, i quali
più di altri esprimono l’esigenza
del superamento di uno stato di
emarginazione su cui non è riuscita a incidere l’attuale democrazia scolastica.
Anche i genitori
Anche le organizzazioni dei
genitori hanno subito sostenuto
le richieste di cambiamento: non
sono più la massa che partecipava alle prime assemblee, ma
le decine di migliaia di genitori
ancora impegnati nei Consigli di
Circolo e d’istituto. Presidenti
dei grandi Istituti Tecnici (con
bilanci dell’ordine di miliardi).
Consiglieri di Distretto, sanno
bene che non si deve tornare indietro. Ma sanno pure quanto
pesante sia il fardello di una
delega non sostenuta da organismi collettivi e di movimento, e
quanto dura sia la lotta quotidiana contro la burocrazia ministeriale che fa piovere a getto
continuo ordinanze e circolari.
Tacciono in questi giorni gli
insegnanti: fu il contratto dei lavoratori della scuola del ’73 a
ottenere la legge che sta alla base dei Decreti Delegati, ma la
maggioranza degli insegnanti li
ha subiti con scarso entusiasmo. Nel corso di questi anni si
è potuto constatare che la maggioranza precostituita assicurata
a questa componente è stato il
vero asso nella manica del moderatismo. Per questo canale si
è affermata la tendenza a non
^ ^^
Comitato di Redazione ; Franco Becchino, Dino Ciesch, Roberta Colonna Romano, Niso De Michelis, Giorgio GardioI, Marcella Gav. Marco
Pasquet, Aurelio Penna, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Giuseppe Platone, Ornella SbaffI, Liliana Viglielmo.
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FRANCO GIAMPICCOLI
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intestato a « La Luce : fondo di solidarieti », Via Pio V 15 - Torino.
«La Luce»: Autor. Tribunale di
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«L'Eco delle Valli Valdesi »: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960.
Coonerativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
cambiare per non lavorare di
più, a conciliare qualunque conflittualità emergente per amore
di quieto vivere, a soffocare qualimque scontro di culture avocando gelosamente al collegio
dei docenti la piena competenza
in materia di sperimentazione e
didattica. Continuità o rottura
non sono schemi ideologici sono
scelte politiche su cui misurarsi,
anche sul terreno della scuola.
Una visuale cattolica
e neo-liberista
Diceva il rappresentante della
DC ad una assemblea sui problemi della scuola, tenuta nei
giorni scorsi in una fabbrica qui
a Napoli; « Abbiamo messo in
moto una grande macchina ».
L’intervento sottolineava come la
Costituzione, sia pur faticosamente, si vada realizzando per
quanto riguarda il diritto allo
studio: diminuisce Tanalfabetismo, il 98% dei bambini in età
scolare frequenta la Scuola Elementare, sono stati « migliorati » i programmi della Scuola Media, è « nelle cose » che si vada al
prolungamento dell’obbligo a sedici anni. Se non fosse caduta la
legislatura... anche altri ritocchi
che sono ancora necessari sarebbero giunti felicemente in porto.
In queste valutazioni c’è tutto un
modo cattolico e neo-liberista di
vedere la realtà.
Viene subito spontanea l’osservazione che le statistiche e i
giudizi complessivi non rendono
conto degli squilibri esistenti
nelle varie aree sociali e geografiche del paese: non dicono nulla, per esempio, sui limiti della
presenza della scùòla materna
pubblica nel Mezzogiorno, dove
è diffusissima, viceversa, quella
privata laica e religiosa; non dice nulla sul calo di iscrizioni al
passaggio dalla scuola elementare alla media (fino al 30%) e dei
livelli di selezione nell’intera fascia deU’obbligo; non dice nulla
sui doppi turni per deficienze
edilizie, suH’assenza del tempo
pieno, sul caro-scuola, sul rapporto contradittorio tra scolarità di massa e qualificazione degli studi. Anche qui non si può
chiudere gli occhi e ignorare
raggravarsi della crisi che lascia
alla deriva grossi spezzoni di
società.
L’inganno della
pretesa continuità
Una cosa ancora più grave è
l’atteggiamento politico e, direi
quasi, morale di vedere il fluire
della storia degli ultimi trenta
anni nella scuola in Italia come
un processo lineare e privo di
scosse. Non si vuol vedere la
conflittualità che c’è stata proprio sul terreno della scolarità di
massa, come espressione emergente, questa sì spontanea, delle
contraddizioni di una società ingiusta. E non si vuol vedere che
le riforme, (per esempio della
Media nel 1962, dei suoi nuovi
programmi nel ’78) non possono
essere considerate un miglioramento dell’esistente, ma una
svolta decisiva rispetto ad una
situazione precedente sbagliata
e ingiusta. Questo vale anche per
le riforme da farsi: se è vero
che non è credibile il mito tutto
ideologico deH’estremismo e del
rivoluzionarismo che vuole « distruggere per ricostruire », perché non è dallo sfascio totale o
dalle ceneri che possono risorgere più giuste istituzioni, è anche
vero che chi lotta per le riforme
lo fa perché vuole cambiare e
cambiare radicalmente.
Poiché d’altra parte le legislature non cadono da sole occorre
ricordare che fu proprio il fallimento degli sforzi per cambiare la causa delle elezioni anticipate di quest’anno. Ci sono di
mezzo le responsabilità precise
di quelle forze che, lasciando per
anni la scuola allo sbando e oggi proponendo ritocchi, di fatto
conservano gli squilibri esistenti.
Emilio Nitti
r
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
Tutti sono responsabili
delia catastrofe cambogiana
-k Questo titolo, di stile che ci
è insolito, è dovuto ad uno scrupolo di coscienza, che ci ha tormentati da molto tempo e continua pur sempre a tormentarci.
Temiamo di non esser stati imparziali nei nostri articoli precedenti, per aver voluto attribuire
agli uni piuttosto che agli altri
la colpa di quanto accade a quell’infelicissimo popolo.
Abbiamo già detto esplicitamente che riteniamo responsabili i khmer rossi e i vietnamiti, ma
anche (e forse ancor più) i sovietici, i cinesi e gli americani. La
colpa di questi ultimi ci è odiosa. Colpevoli sono anche, più o
meno, altri paesi occidentali.
Oggi vogliamo parlare anche
della colpa di altri paesi asiatici.
« I paesi del Sud-est asiatico e
la comunità internazionale hanno anch'essi la loro parte di
responsabilità, se non altro passiva, per gli eventi cambogiani
(scrive Tiziano Terzani su « .La
Repubblica » del 20.10.’79). Fieramente anti-comunisti, i vaesi delV “Ascan" ( = la Nato Orientale)
hanno, fin dal 1975, identificato
nel Vietnam il pericolo principale per la regione, e la Cambogia
come un eventuale contrappeso
a questa minaccia. Schierarsi
con Poi Fot voleva comunque di-,
re essere dalla parte della Cina,
e questo, per paesi come la Thailandia e Singapore, era l’ideale.
Sotto le pressioni di Pechino,
la Thailandia ha permessi) -che i
resti dell’esercito dei khmer rossi venissero riforniti, e che certi
settori del territorio Thai diventassero “santuari” della guerriglia polpotiana contro i vietnamiti. Intanto in Cambogia il nuovo regime, riconosciuto esclusivamente dall’URSS e dal blocco
sovietico, s'è trovato alle prese
con una popolazione martoriata
e senza quadri, un’agricoltura in
sfacelo, e sotto la continua azione di disturbo dei khmer rossi
sopravvissuti.
Hanoi ha lasciato passare del
tempo ed ora (con l’inizio Fella
stagione secca) ha deciso di consolidare il controllo del paese,
andando ad eliminare, lungo la
frontiera thailandese e nelle montagne, le ultime sacche della resistenza di Poi Fot. I vietnamiti,
accusando apertamente, i thailandesi di aiutare i khmer rossi, li
mettono in guardia contro il loro “giocare col fuoco". E Bangkok, dicendosi minacciata, ha già
ottenuto il raddoppio degli aiuti
militari americani e la solidarietà incondizionata degli altri paesi dell’ “Ascan”».
« Comunque (conclude l’articolista), anche una limitata invasione vietnamita della Thailandia, condotta con l’intento di eliminare i “santuari” khmer rossi,
è estremamente improbabile ».
Interessante, ma anche d’una
struggente tristezza, il seguente
commento di Bernard Chapuis
su « Le Monde » del 13.10.'79:
« Le condizioni in cui migliaia
di uomini, donne e bambini si
presentano attualmente alla frontiera thailandese, lasciano pensare che le truppe vietnamite, che
hanno lanciato, nella parte occidentale della Cambogia, un’offensiva d’urto, spingano davanti a
sé meno gli elementi d’una deprecabile guerriglia, che un branco d’affamati.
Ma (dice il sig. Hun Sen, ministro degli esteri di Phnom
Penh) “non un solo cambogiano
muore di fame”: bisogna forse
dedurne che, se tutti gli esseri
umani che muoiono oggi in questo paese-fantasma non muoiono
di fame, ciò significa “semplicemente” eh’essi muoiono per il
solo fatto d’esser cambogiani? ».
Le ultime notizie dicono che
« gli USA hanno deciso di stanziare 69 milioni di dollari per venire in aiuto ai rifugiati cambogiani in Thailandia e per finanziare i programmi di soccorso alla popolazione khmer. “Siamo
pronti a fare di più. Non siamo
animati da nessuna motivazione
politica”, ha detto Carter, che ha
espresso dispiacere per “gli ostacoli ingiustificati” posti dalle diverse fazioni politiche cambogiane alla distribuzione immediata
di aiuti alimentari e medici alla
popolazione civile ».
(Da « La Repubblica » dell’8 novembre 1979).
Doni Eco-Luce
DONI DI L. 3.000
Montalbano Paola, Pinerolo; Cardon
Emilio, Pinerolo; Bova Demetrio, Reggio Calabria; Pasquini Filippo, Palermo;
Codino Costantino Ivonne, Torino; Castorina Luigi, Roma; Rebaudengo Giancarlo, Savona; CavagUà- Lido, Torino;
Marulli Trovarelli Antonietta, Piano
d'Orta; Peyrot Guido, Perosa Argentina.
DONI DI L. 5.000
Avondet Paolo Emilio, San Germano;
Coucourde Violetta, Villar Perosa; Conte Lalla, Genova; Tron Rino, Perosa
Argentina; Maguaghi Carla, Genova;
Zingaropoli Pietro, Grottaglie; Maniscalco Giuseppe, Genova; Gay Lidia, Torre Pellice; Carrise Santo, Reggio Calabria; Terranova Trani Maria, Grottaglie; Bonnet Franco, Luserna S, Giovanni; Santoro Michele, Campobasso;
Fuhrmann Jolanda, Svizzera; Costabel
Eli, Svizzera; Rostan Aldo e Nella,
Milano; Grill Ben, Pinerolo; Ferrara Cataldo, Torino; Morelato Adriano, Milano, Fam. Jahier, Pinerolo; Coisson
Nella, Milano; Long Evelina, Milano.
DONI DI L. 10.000
Melchior! Eugenia ved. Peyronel, S
Germano; Rossi Olimpia, Firenze; Scor
zon Ernesta, Mestre; Giampiccoli Lina
S. Giovanni di Bellagio; Miegge Lina
Montecchio Emilia; Rinolfi Comba Lidia
Porto Maurizio: Cougn Manzoni Elvi
na, Milano; Cioppa Vincenzo, Sparanise; Puglisi Tina e Giuseppe, Vittoria; Falchi Franco, Milano; Rabaglia
Tina, Parma; Storino Mario, S. Maria
Capua Vetere; Vetta Alessandro e Clara, Susa.
ALTRI DONI "
Scarinci Enrica, Roma 8.000; N. N.
25.000; Fiorini Marta e Laura, Bologna
100.000; Chiesa Rorà 40.000; Una lettrice, Prarostino 7.000; Mossa Rossi
Ines, Torino 7.000; N. N. 7.000; Berni
ni Alda, Milano 3.500; Castellina Pao
lo. Svizzera 9.300; Bounous Renata, To
rino 1.500; Mangiapane Stefano, Ger
mania 7.300; Di Gennaro Anna, Poma
retto 6.000; Fam. Romano, Vercelli 6
mila; Bleynat Gustavo, S. Germano
2.500; Luchini Ada, Torino 4.000; Fraterrigo Violetta, Lus. S. Giovanni 2.000;
Dessi Evardo, Coltodino 2.000.
Con questo numero termina
l’elenco dei doni che abbiamo
ricevuto per il giornale a seguito dell’appello lanciato lo scorso
marzo. Il totale delle offerte ammonta a L. 2.773.110. Un grazie
di cuore a tutti i fragili e amici che hanno dato un valido sostegno al giornale.
A partire dal prossimo numero
inizieremo a pubblicare l’elenco
dei doni che giungono insieme
agli abbonamenti 1980.
Un’Assemblea
sobria
e concreta
(segue da pag. 1)
alternativa del solo Cristo come
punto di partenza per la costruzione morale e l’appello alla fede, mi pare che questo dovrebbe
spingerci sempre più verso un
atteggiamento di fiducia gli uni
verso gli altri nella certezza che
quel Signore che confessiamo essere il Signore della chiesa, condurrà anche questo cammino secondo la sua volontà.
— Un altro tema dell’Assemblea è stato il rafforzamento dei
servizi: da una parte le esigenze
sentite, dall’altra i limiti di uomini e di mezzi. Come uscirne?
— Penso che la carenza di uomini e di mezzi dovrebbe essere
affrontata con maggior coraggio:
prima di tutto bisognerebbe assumere un atteggiamento più positivo e meno critico. Io considero questi servizi e il notevolissimo sviluppo che alcuni di
essi hanno conosciuto come un
dono che ci è stato fatto, uno
strumento che ci è stato messo
nelle mani, nei confronti del
quale bisogna avere un atteggiamento più costruttivo. Si parla
spesso delle lettere di protesta
per questa o quella trasmissione televisiva o radiofonica, ma
bisogna ricordarsi che chi scrive
di solito è chi ha da brontolare,
mentre chi è d’accordo non sta
a scriverlo. Non si vuole certo
impedire a chi non è d’accordo
di esprimere il proprio dissenso, ma non si può neppure esserne condizionati e bloccati.
Ma oltre a questo bisogna
chiedersi se il fine dei nostri sforzi, nel nostro lavoro di testimonianza, di cura d’anime, di istruzione, di insegnamento, è di mantenere il fronte di tutte le piccole o grandi chiese locali regolarmente servite da uno o più
pastori, seguendo più o meno
implicitamente la formula « un
campanile, un pastore, una chiesa che dorme », o se bisogna invece avere il coraggio di impegnare uomini e mezzi negli strumenti più promettenti e più efficaci ai fini di questa testimonianza. È stato detto che è necessario che le chiese si preoccupino meno del loro benessere
interno e di più della loro presenza esterna. In questa prospettiva va realisticamente valutato
il fatto che più o meno le stesse ore di lavoro e la stessa presenza sono necessarie per predicare alle 900 mila persone che
seguono, più o meno distrattamente, il culto alla radio e per
predicare a 50 persone in una
delle nostre chiese. Questo non
vuol dire che i piccoli gruppi, le
piccole chiese, debbano essere
mandati alla dissoluzione; vuol
dire che le scelte di uomini e
mezzi devono essere fatte tenendo presente le esigenze fondamentali dello strumento che ci
è dato perché lo adoperiamo
nella maniera più intelligente.
— Qual è il ruolo delle comunità locali in queste scelte?
— A livello locale abbiamo bi
sogno di una maggiore consapevolezza vocazionale. C’è bisogno
di uomini, non soltanto di pastori o teologi, se è vero che crediamo nel sacerdozio universale dei
credenti. C’è bisogno di uomini
non necessariàmente a pieno
tempo, ma che sappiano scegliere anche loro dove i loro doni,
le loro capacità possono essere
meglio impegnati, e che sappiano ricevere l’appello che da questa situazione impegnativa in
questo momento estremamente
promettente può essere loro rivolto. In definitiva perciò, questa
Assemblea ha messo in evidenza una grande responsabilità che
sta davanti alle nostre comunità: esse devono sapersi guardare da ogni avarizia, nel senso di
non essere preoccupate unicamente di se stesse e del proprio
benessere spirituale, ma al contrario devono sapersi spendere
in questo servizio di testimonianza e di appello alla fede
nell’unico Signore. Io credo che
più le comunità locali comprenderanno la necessità di operare
queste scelte e stabilire queste
priorità, più impareranno a non
appoggiarsi semplicemente sul
ministero pastorale ma a vivere
e a spendere se stesse per gli
altri. F. Giampiccoli