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F
Anno 127 - n. 40
18 ottobre 1991
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
DIRITTI
Le scuole
di Napoli
Napoli, capitale della cultura:
la città dei più prestigiosi istituti filosofici, dei centri di studio che radunano le più grosse
teste pensanti del mondo, delle
mostre più raffinate disputate
come gioielli nelle più importanti metropoli europee.
Intanto si sono riaperte — o richiuse, per inagibilità e questioni igieniche — le scuole pubbliche dello stato italiano.
Normali i doppi turni, diffusi
anche i tripli. Ispirandosi forse
alle targhe alterne, a qualche
preside è venuto in mente di
proporre i giorni alterni. Quando non sono invase da topi e
scarafaggi, le aule sono imbrattate e sbrindellate fino ai soffitti, i muri con i segni delle pedate, i vetri rotti, le porte sfasciate, i gabinetti delle vere e
proprie latrine: non ci sono carte geografiche, non ci sono biblioteche di classe — quelle di
istituto, forse, stanno accuratamente chiuse —, non esistono attaccapanni — vero lusso, come
i cestini della carta straccia.
Ma a poco a poco non ci sono neanche più i banchi, né le
sedie, che gli allievi si disputano da una classe all’altra: il nuovo sport delle nuove generazioni — prive di una palestra, o di
un quaisivoglia campo sportivo,
per non parlare di una piscina
(tanto basta ’o sole e ’o mare,
ormai però irrimediabilmente inquinato) — è la distruzione sistematica delle già disastrate
suppellettili, le cui spoglie capita di vedere ammonticchiate in
mostruosi catafalchi nei cortili.
Anche le cattedre subiscono la
stessa sorte, presto si farà lezione tutti in piedi: ”E che? —
commenta con il fine e disperato
humour di queste parti un insegnante in attesa di entrare coi
suoi ragazzi nell’aula occupata
da quelli del turno precedente
— noi Tabbiamo già vinta una
volta per tutte, la cattedra!”.
Così, in queste condizioni invitanti, ecco i dati: quasi 3.000
i bambini mai iscritti in prima
elementare, quasi 40.000 quelli
iscritti, ma che non frequentano: almeno un bambino su tre
evade l’obbligo scolastico, mentre il 60% di quelli in età scolare lavora e ha lavorato. Magari come Anna, la ragazzina di
11 anni che spacciava la droga
e dichiarava di voler sposare un
camorrista, da grande, perché ”è
un vero uomo”. E a Napoli le
statistiche danno il più forte legame, in Italia, tra evasione scolastica e criminalità. Ma non
c’era qualcosa come il diritto allo studio, nella nostra Costituzione? ’’C’era pure il diritto al
lavoro”, commenta amaro un insegnante di legislazione. ’’Questa
città è una gigantesca fumeria
d’oppio — osserva triste un ragazzo — ; o uno se ne va, o ci si
rassegna”.
Già. Non c’è mai un responsabile, ciascuno rimanda a un
altro sopra o a fianco di lui,
ognuno scuote la testa, è d’accordo con te, sospira, simpatizza, allarga le braccia. Così viene un dubbio: forse che nella
capitale della cultura, essa deve rimanere privilegio di pochi?
Forse a qualcuno interessa che
”il popolo più intelligente del
mondo” rimanga plebe? Forse
fa comodo davvero che qui si
allevino dei sudditi, e non dei
cittadini?
LA VIOLENZA XENOFOBA
Germania, anno zero
Ciò che più inquieta, al di là delle manifestazioni criminali, è il tacito assenso dei cittadini « perbene » - Chi sono i responsabili di una situazione sociale ormai incandescente?
’’Vogliamo ritornare nell’Ovest”. Questa scritta appare sulla porta d’ingresso della casa
per rifugiati di Hoyerwerda,
colpita il 24 settembre dall’ondata xenofoba che da due settimane imperversa nella Germania unificata che festeggia in un
clima di terrore e di ’’nuovi pogrom”, il 3 ottobre, la data fatale della riunificazione tedesca.
Sembra un’onda lunga destinata ad estendersi e a travalicare la ben visibile linea di confine tra Est ed Ovest. Dopo
Hoyerwerda tocca al Brandeburgo, continuano gli attacchi
nella Sassonia, nell’ovest vicino
ad Amburgo, poi nell’Assia.
Bambini bruciati da bottiglie incendiarie, soldati russi gettati
dalle finestre, emigrati turchi
accoltellati per strada. Non si
può più parlare di casi isolati,
di tensioni inevitabili in un paese che ospita cinque o sei milioni di immigrati.
Ma ciò che sgomenta, e forse
inquieta di più, è che almeno
un terzo dei cittadini sembra
tollerare se non applaudire l’operato dei neonazisti. Porse mai
come adesso, nella storia recente della Germania, le organizzazioni dell’estrema destra hanno
ottenuto consensi e successi da
Un gruppo di rifugiati all aeroporto di Francoforte.
parte di normali cittadini. A
Dresda, secondo l’opinione di
uno scrittore e giornalista del
quotidiano ’’Tageszeitung”, la polizia collabora attivamente con
gruppi neonazisti contro immigrati dell’Est Europa.
Normali cittadini, bravi demo
cratici, applaudono quando
gruppi di picchiatori ripuliscono
le piazze della città dai venditori ambulanti, polacchi o vietnamiti che siano. Anche i politici
locali della CDU sono convinti
che le forze dell’estrema destra
e i picchiatori locali si calme
L’EVANGELO DI UN MONDO NUOVO
Le parole della grazia
«Beati...» (Matteo 5: 1-12).
La pagina evangelica delle Beatitudini è celebre e misteriosa al tempo stesso. E' "misteriosa” quando ci domandiamo: come dobbiamo applicare agli uomini e alle donne queste stupende parole? Come sono chiamati a viverle?
Se si tratta di un insegnamento sapienziale,
di un ideale di vita, delle parole insomma di un
"filosofo”, ci rendiamo subito conto di trovarci
di fronte ad una bellissima utopia. Certo, sarebbe bello se vivessimo così, se fossimo così... Ma
chi di noi è così? Soprattutto, chi di noi riuscirebbe a vivere il suo eventuale essere povero in
spirito, il suo piangere, il suo essere mite, affamato e assetato di giustizia, misericordioso, puro
di cuore, operatore di pace, chi di noi riuscirebbe a vivere il suo essere perseguitato — sia pure
a causa della giustizia — come un "essere beato”?
La povertà, la fame, la sofferenza non sono
affatto, per nessuno, motivo di beatitudine. Si
possono sopportare stoicamente, è anche possibile che qualcuno se le procuri volontariamente
come esercizio ascetico, ma sempre in vista di
qualcos’altro: di una purificazione interiore, di
un annientamento della corporeità per dare spazio ad esperienze di tipo mistico... ma non sono,
non possono essere di per sé motivo di beatitudine.
Se invece queste parole sono i comandamenti di una nuova legge da osservare per essere
salvati, allora siamo di fronte a qualcosa di insopportabile e di crudele perché troppo elevato, troppo sublime. Una legge così servirebbe solo
a condannare e a punire.
Ma cosa sono allora queste parole? Qual è
il loro "mistero", la chiave per decifrarle? Tra
questi versetti ve ne sono due importantissimi
che però purtroppo, di fronte alla bellezza abbagliante di quello che segue, finiscono il più delle
volte per essere addirittura ignorati. Sono i primi due versetti: « Alla vista delle folle, Gesù salì
Sul monte e, come si fu seduto, si accostarono
a lui i suoi discepoli. Allora aprì la bocca per
ammaestrarli dicendo... ».
E’ Gesù che parla, e parla non a tutti, non
alle folle che pure sono accorse a lui, ma ai
suoi discepoli, a coloro che egli ha chiamato ad
uscire dalla folla per incontrarsi con lui.
Qui sta la chiave di tutto: in Gesù che parla
ai suoi discepoli e li proclama "beati". Beati non
perché sono afflitti, tentati, affamati, ma beati
perché la loro storia si è incontrata con la sua
storia e questo incontro si è trasformato per loro
in una vocazione. Gesù li ha incontrati e li ha
chiamati ad uscire fuori dalla folla, dal modo
normale di vivere e di pensare della gente, ed
è proprio questo che li ha resi poveri, afflitti,
affamati, perseguitati, come lui: « Se uno vuol
venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda
la sua croce e mi segua» (Matteo 16: 24).
Le Beatitudini si capiscono solo se è ben chiaro questo: chi è che parla e chi è che ascolta:
Gesù e i suoi discepoli. Dovremmo imparare a
leggerle così: « Beati voi perché io vi ho chiamati ad essere poveri in spirito e vi ho promesso
che il Regno di Dio è vostro. Beati voi perché
10 vi ho chiamati ad essere afflitti e vi ho promesso che sarete consolati... ».
Dette da Gesù, da colui che per gli evangeli
e per la nostra fede è l'Agnello di Dio che ha
preso su di sé il peccato del mondo e lo ha appeso alla sua croce, da colui che — dice Paolo — è
11 termine stesso della legge per la giustificazione
di chiunque crede (cfr. Romani 10: 4), queste
parole allora non sono una legge, e men che meno un insegnamento filosofico.
Sono le parole della misericordia e della grazia di Dio. Non dei comandamenti, ma l’annuncio
gioioso, l’evangelo di un mondo nuovo, della comunione infinita d'amore a cui il Figlio di Dio
invita coloro che fanno l'esperienza dell’incontro
con lui.
Ruggero Marchetti
ranno quando gli stranieri abbandoneranno le città tedesche.
Questo consenso generale diffuso nella società, il silenzio dei
politici, l’impotenza della polizia
che sovente interviene in ritardo e con poca convinzione rendono dirompente la situazione.
Quando dei poliziotti assistono indifferenti e pigri all’assalto
di centri per stranieri, e indifferenti stanno a guardare come
un mozambicano viene preso a
calci da trenta neonazisti perché scontenti della loro situazione economica, allora è meglio
rinunciare all’apparato di polizia e rifiettere su una difesa dei
diritti di altri cittadini organizzata dai cittadini stessi. Eberhard Seidel Fielen, autore di
un libro uscito in questi giorni
sulle bande giovanili e il radicalismo di destra, è lapidario:
"Sono ritornati gli ’Hässliche
Deutsche’; chi sarà capace di
fermarli? La politica tedesca ha
rinunciato completamente, da
quando il muro è crollato, a
prendere sul serio lo sviluppo
dell’estremismo di destra. Non
abbiamo alcuna cultura politica
e civile da contrapporre”. Ma
forse non è proprio così.
Qualcosa, lentamente e in modo disarticolato, comincia a
muoversi; sono scintille di reazione, manifestazioni organizzate da Neues Forum o dai movimenti dei cittadini democratici. Si muovono i giovani ’’Autonomen” che offrono agli stranieri più duramente colpiti un minimo di protezione. Si muovono le chiese, con la partecipazione a manifestazioni come
quella importante di Dresda.
Daniel Cohn Bendit, noto leader dell’ex movimento studentesco e responsabile per le iniziative multiculturali del comune di
Francoforte, ha lanciato una
proposta contro la caccia allo
straniero: interrompere per una
ora il consiglio comunale e insieme ai cittadini riunirsi davanti al municipio per ’’dimostrare
che tutti gli esseri umani in
Germania e a Francoforte vivono sotto la protezione della Costituzione e sotto la protezione
del popolo civile democratico”.
In un intervento al consiglio
comunale di Berlino, il consigliere del gruppo di Neues Forum, Sebastian Pflugbeil, ha accusato gli organi di stampa responsabili di avere innescato
una campagna contro gli stranieri con la proposta di rivedere la legge per i profughi politici.
Ma chi avrebbs la ’’faccia” di
abolire la legge sull’immigrazione, ha ribadito Pfiugbeil, quando proprio il regime tedesco ha
favorito con invio di armi e di
risorse i governi sanguinari da
cui spesso provengono i rifugiati? Ma i responsabili di questo
clima anteguerra sono veramente qualche migliaio di stranieri
presenti nei nuovi Bundesländern? Secondo il consigliere di
Neues Forum, i veri responsabili sono i profittatori che hanno
saputo arricchirsi sui bisogni e
le speranze di un popolo, e che
Manfredo Pavoni
(continua a pag. 12)
2
ecumenismo
18 ottobre 1991
FEDERAZIONE LUTERANA MONDIALE
Il senso del dialogo
interconfessionale
L’importanza del confronto a livello teologico e la necessità di
tradurre in pratica 1 risultati teorici - Verso nuove prospettive’
Le Commissioni teologiche della Federazione luterana mondiale (d’ora in poi LWF), responsabili dei dialoghi con anglicani, cattolici, ortodossi e riformati si sono riunite, insieme
col Comitato centrale della stessa LWF, a Venezia, ospiti della
Casa "Cardinal Piazza" dal 24
al 28 settembre ’91, per fare il
punto sulla situazione e per interrogarsi sulle problematiche
insorgenti dai dialoghi e sulle
prospettive dei medesimi.
Sono stato ospite a questo
incontro, come rappresentante
. deH’Alleeinza riformata mondiale, mentre non ho potuto pre^
senziare all’incontro successivo,
tenuto a iporte rigorosamente
chiuse, fra teologi luterani e
teologi cattolici per im’ulteriore
tappa del loro dialogo. Ne conosceremo i risultati dai documenti che verranno prodotti.
• • •
Per tre sessioni (ce n’erano
4_ al giorno), si è lavorato divisi in gruppi. Mi sono trovato
in quello che aveva essenzialmente il compito di procedere
ad uno scambio di informazioni circa quel che accade nelle
diverse realtà locali. Non voleva essere una vetrina. Se infatti è importante condurre il confronto a livello teologico... e si
sa che per questo occorre pazienza, disponibilità alla comprensione (che non vuol dire
arrendevolezza), capacità di immedesimarsi nella storia dell’interlocutore per comprenderne
la tradizione e il linguaggio, è
anche vero che tutto ciò non
può rimanere sul piano del discorso "teorico”. Va verificato
sul piano della prassi delle comunità locali. E accade che queste precedano, a volte, nelle
scelte concrete, la riflessione
teologica: di cui però hanno bisogno per evitare di metter da
parte le rispettive identità in
nome di una decisione di stare insieme che si spiega solo
con se stessa. Ancora una volta,
il Nuovo Testamento ci è maestro perché ci testimonia, quanto alla chiesa primitiva, una coralità (a volte dissonante, certo!) e un pluralismo capaci di
non dimenticare T "unicum” necessario e irrinunciabile: la morte e la risurrezione di Gesù
ed il suo valore salvifico per
tutti i popoli.
Si è riconosciuto — e potrebbe sembrare ovvio, ma non è
stato male sottolinearlo — che
un dialogo non è una confessione di fede. E’ l’incontro, aperto, disp)onibile e fiducioso, per
vedere se e fino a che punto
due (o più) confessioni possano
diventare una.
E a questo punto potrei forse
venire a render conto dei lavo
ri in assemblea plenaria in cui,
pur affermando che a volte si
dovrebbe poter andare oltre generiche affermazioni di buona
volontà di dialogo, ci si è mos
si in un simpatico intreccio,
molto equilibrato, di speranza
e di prudenza, privo di chiusure ma anche di impazienze. Senza comunque nascondere la speranza e la possibilità che dopo
la svolta del millennio le famiglie confessionali possano cominciare a tenere delle assemblee congiunte.
Passando a render conto brevemente delle relazioni presentate e delle discussioni che hanno provocato, mi pare interessante sottolineare quattro punti.
I dialoghi
bilaterali
Su questo tema, il prof. André
Birmelé ha invitato l’assemblea
a riflettere su quattro questioni:
— fino a che punto il dialogo
che conduco è compatibile
con la mia propria tradizione;
— fino a che punto più dialoghi simultanei sono compatibili tra loro;
— fino a che punto un dialogo
è compatibile con altri dialoghi ecumenici;
— fino a che pimto un dialogo
è compatibile con una "comunione” già "raggiunta”.
Questi interrogativi nascono
dal fatto che le diverse famiglie confessionali (luterani, battisti, metodisti, riformati, ortodossi) sono tutte impegnate in
dialoghi teologici con (quasi)
tutte le altre, oltre che con la
Chiesa cattolica. Si potrebbe
rappresentare la cosa graficamente tracciando su un foglio,
a caso, dei punti A, B, C e
così via (uno in rappresentanza
di ciascuna "famiglia”) e poi collegando ciascun punto con tutti
gli altri, o quasi. Ne viene fuori una ragnatela bella da vedere, ma che non può non suscitare interrogativi in chi non vuole rimanerne affascinato e intrappolato.
Ad esempio: se un dialogo
fra due confessioni sfocia in un
documento che annulla gli anatemi del passato, poniamo a proposito della giustificazione per
grazia mediante la fede, l’annullamento di quegli anatemi annulla la mia comprensione del
problema? la reinterpreta? la
modifica? la adotta? E se io,
chiesa "A”, raggiungo, poniamo
a proposito di ministeri o di
sacramenti, un tipo di accordo
con la chiesa ”B’’ e un altro
tipo di accordo con la chiesa
"C”, quale dei due sarà prevalente per la mia fede e per la
mia prassi? Si tratterà soltanto
del felice superamento bilaterale di vecchi linguaggi divergenti, o ne sarà risultato qualche
snaturamento? E che cosa de
Centro di formazione diaconale
"Giuseppe Comandi"
Via Serragli, 49 ■ 50124 FIRENZE
tei. (Ì55/2396165
INAUGURAZIONE DEL PRIMO CORSO
sabato 16 novembre 1991, ore 16
Prolusione: past. Alberto Taccia: Parola e azione nell’insegnamento e nella prassi delle chiese evangeliche.
Seguono : messaggi e saluti da parte dei rappresentanti delle
chiese, presentazione degli allievi e rinfresco.
Il presidente II coordinatore
Marco Jourdan Massimo Rubbolì
dal mondo
cristiano
tsyuiiua questo per le chiese ”B”
e ’ C”? è affar mio o no?
Il rapporto tra
”res” e ’’verba”
E stato trattato dal prof.
Harding Meyer. Riassumo rapidamente: se concordiamo che la
res sia 1 Evangelo (il suo contenuto kerygmatico), che cosa
intendiamo con "verba"? semplicemente le parole che esprimono quel contenuto? ma quelle parole si limitano ad esprimerlo, o anche lo veicolano? Se
questo è il caso, bisogna fare
^ll^dzione a che si usino ’’verba’’ idonei a veicolare, non a
nascondere la "res". Certo, tutto è relativo e datato: ma un
battesimo impartito nel nome
di Dio/madre o di Dio/’amore è
im "verbum” che veicola la
"res” o è un impedimento a
comprenderla?
’’Consensus” e
’’communio”
Il prof. George Lindheck,
prendendo le mosse dai vecchi
slogan "Tattività unisce — la
teologia divide", ha rilevato come la difficoltà di raggiungere
la "commimio" sulla base di un
"consensus" abbia spinto nel
tOTtativo di renderla più raggiungibile attraverso la via alternativa del servizio. Questo è
stato piuttosto evidente negli
anni ’60 (cristianesimo sociale),
ma anche in seguito; e forse
v’è stata qualche unilateralità.
Va forse ricuperata la convinzione che il cristiano è tale innanzitutto in quanto credente
in Gesù Cristo, figlio di Dio e
salvatore del mondo. Questa confessione tiene uniti e preserva
disgregazioni che sono possibili quando si fanno i conti
con le problematiche sociali o
politiche dalle quali, beninteso, i cristiani non possono chiamarsi fuori nella pretesa di essere già cittadini di un altro
mondo.
L’importanza
delia missione
Se ij’è parlato nella stessa relazione di cui al punto precedente. La parola "missione”
non gode più troppo di buona
stampa, sia perché il dialogo interconfessionale e quello interreligioso la fanno apparire un
po’ superata, sia perché le chiese SI portano dentro il complesso di averla caricata di una
valenza imperialistica, sia perche le chiese hanno un po' perso la convinzione di essere portatrici di Un messaggio specificamente proprio e vedono se
stesse (almeno alcune) come testimoni, insieme ad altri ma
non più specificamente di altri, del Regno che Dio fa avan3!are tramite le lotte per la giustizia e per la pace.
Andrebbe ricuperata la convinzione che quanto più si è
coerentemente e saldamente credenti nel Regno di Dio che viene e che ha avuto il suo massirno segno in Gesù Cristo, tanto
più si è in grado di testimoniare in maniera coerente nel mondo: quanto più una chiesa è
incentrata sul culto e sulla confessione della fede, tanto più
può rendere conto della speranza che è in noi.
Salvatore Ricciardi
Le chiese e
la Jugoslavia
ZAGABRIA — Nei giorni dal
3 al 6 settembre 1991 i segretari generali della Conferenza
delle chiese europee (KEK),
Jean Fischer, e del Consiglio delle conferenze episcopali europee
(CCEE), Ivo Puerer, accompagnati dal segretario per gli studi della KEK, Hermann Goltz,
hanno visitato le chiese in Jugoslavia per ricercare le possibilità e le condizioni per una testimonianza comune per la pace e contro la violenza.
I rappresentanti della KEK e
del CCEE hanno avuto colloqui
a Zagabria col cardinale Franjo
Kuharic e i comitati permanenti della Conferenza episcopale
della Croazia; con i responsabili
delle chiese evangeliche in Croazia, Bosnia, Erzegovina e in
Vojvodina; col sovrintendente
delle cattedrali serbo-ortodosse
di Zagabria e Lubiana, e l’arcivescovo Aloizij Sustar di Lubiana, vicepresidente del CCEE;
hanno inoltre incontrato il patriarca Pavle della Chiesa serboortodossa di Belgrado e altri
membri del Santo Sinodo e dell’episcopato della Chiesa serboortodossa; il vescovo A. Beredi
della Chiesa evangelica cristiana
slovacca in Jugoslavia; il sovrintendente della Chiesa evangelica
metodista in Jugoslavia e il vescovo Imre Hodosy e altri dirigenti della Chiesa riformata
ungherese in Jugoslavia.
Tutte le parti hanno manifestato una generale volontà di pace che era stata già dimostrata
dagli incontri tra il cardinale
Kuharic e il patriarca Pavle, nel
maggio e nell’agosto di quest’anno. Nonostante la situazione renda estremamente difficile per le
chiese dare seguito a questi signiflcativi inizi e realizzare una
cooperazione ecumenica, i colloqui dei rappresentanti della KEK
e del CCEE a Zagabria e Belgrado hanno fatto emergere che
un primo passo per una testimonianza comune per ia pace
potrebbe essere l’incontro recente di una Commissione congiunta della Chiesa serbo-ortodossa
e della Conferenza episcopale
jugoslava, auspicando che questa commissione si metta al lavoro il più presto possibile.
(nev)
Emilio Castro a
colloquio col papa
ROMA — Il 12' settembre 1991
il papa Giovanni Paolo II ha ricevuto, in udienza privata a Castel Gandolfo, il pastore Emilio
Castro, segretario generale del
Consiglio ecumenico delle chiese (CEO, per avere uno scambio di idee sulle questioni ecumeniche attuali. Nel corso della conversazione hanno parlato
degli ostacoli che ancora impediscono una maggiore unità cristiana, del ruolo delle chiese
nella crisi che sta attraversando la Jugoslavia, del 500” anniversario della cristianizzazione
dell’America Latina e della nuova evangelizzazione dell’Europa.
Il giorno precedente Emilio
Castro aveva incontrato il cardinale Roger Etchegaray, presidente del Consiglio pontificio
"Giustizia e pace”, e il cardinale Edward Cassidy, presidente
del Consiglio pontifìcio per la
promozione dell’unità dei cristia
ni.
Essi si sono accordati sulla
necessità di dare un fondamento teologico solido in tutti i campi delle attività ecumeniche, sull’intensificazione della cooperazione tra Chiesa cattolica romana e CEC nel campo del pensiero e dell’azione sociali, sul potenziamento dell’impegno di
fronte alle comuni preoccupazioni rispetto alla missione delle
chiese e delle relazioni ecumeniche in Europa dell’Est. Hanno
anche parlato dei compiti e delle priorità future del Gruppo misto di lavoro tra Chiesa cattolica romana e Consiglio ecumenico delle chiese, e delle occasioni per rafforzare la testimonianza e l’azione dei cristiani. Il pastore Castro ha inoltre informato i suoi ospiti sui cambiamenti previsti nella struttura del
CEC e sui nuovi orientamenti
dei programmi nel periodo sue
cessivo all’Assemblea di Canberra.
(SOEPI)
VAUMARCUS
Noi e il nostro corpo
Come ogni anno, da 40 anni, le
donne protestanti della Svizzera
romanda hanno organizzato nei
giorni 20, 21 e 22 settembre il
campo di animazione a Vaumarcus.
Vi ho partecipato con gioia quale rappresentante della Federazione femminile e anche perché
in quel Centro ci si trova perfettamente a proprio agio, anche
se ero l’unica italiana.
Quest’anno il tema proposto
era: Espressione del corpo come
linguaggio e presenza.
Il nostro corpo parla, ha un
linguaggio che qualche volta non
riusciamo a percepire oppure ci
tradisce. Avere un corpo — anche se è evidente — non è una
cosa semplice. Il corpo è una
realtà ma talvolta non si riesce a
viverla, oppure il corpo non risponde alle nostre aspettative e
ci delude. Il corpo femminile, in
particolare, è spesso usato come
mezzo per propagandare prodotti,
ma in modo che offende la nostra
sensibilità.
I due testi biblici, oggetto delle
nostre ricerche e riflessioni, sono
tratti, il primo, dal libro dell’Esodo 15: 20: « Miriam (sorella
di Mosè ed Aaronne) prese in mano il suo tamburo e tutte le don
ne uscirono al suo seguito ballando e cantando », e il secondo dalla 1“ epistola di Paolo ai Corinzi,
cap. 12: 12: « Cristo è come un
corpo che ha molte parti. Tutte
le parti, anche se sono molte, formano un unico corpo ».
Riflessioni e ricerche di gruppo ci hanno impegnate per due
giorni alternando a discussioni
teologiche canti e danze (espressioni piacevoli del nostro corpo).
Il campo si è concluso con la
celebrazione della Santa Cena dove l’espressione del corpo unico
viene ribadita come fondamento
per l’unità della chiesa in quanto
corpo di Cristo, dove i fedeli sono costituiti in un corpo unico
che è la chiesa.
Insieme abbiamo cantato « Veniamo come donne alla ricerca
di una realtà alla quale siamo
state chiamate ». Le donne e gl}
uomini non devono essere divisi
dal sessismo perché insieme sono
chiamati ad essere solidali nella
lotta ner la dignità e la giustizia
e a vivere come sorelle e fratelli
in una solidarietà critica e profetica.
Q Gesù, tu ci chiami a formare
un corpo unico ed a restarti seinpre fedeli, uniti nei nostri sforzi.
Mariuccia Grill Bleynat
3
18 ottobre 1991
ecumenismo
PRESENTATO UN RAPPORTO AL SEGRETARIO DEL CEC
L’impegno ortodosso nel
movimento ecumenico
Gli ortodossi avevano redatto a Canberra un primo documento, che è
stato approfondito in seguito: emergono così alcune preoccupazioni
CHIESE EVANGELICHE
La testimonianza
comune in Europa
Al termine della consultazione che si è svolta a Basilea dal 23 al
21 agosto, tappa che precede l'Assemblea di Budapest (marzo 1992) e
l’eventuale convocazione del protestantesimo europeo nell’anno successivo, i rappresentanti delle chiese coinvolte hanno formulato questa dichiarazione.
GINEVRA — Rappresentanti
delle chiese ortodosse e delle
chiese ortodosse orientali non
calcedoniane membri del Consiglio ecumenico delle chiese
(CEC), si sono incontrati al Centro ortodosso di Chambésy, vicino a Ginevra, dal 12 al 16
settembre per partecipare ad un
dibattito approfondito sull’impegno ortodosso in seno al movimento ecumenico e al CEC.
li colloquio era stato convocato su iniziativa del Patriarcato ecumenico allo scopo di esaminare e di approfondire il documento intitolato "Riflessioni”, che era stato preparato dai
partecipanti ortodossi durante
la settima Assemblea del CEC
a Canberra, nel febbraio scorso.
Il documento si concludeva
con la domanda : « E’ venuto
il momento, per le chiese ortodosse e per le altre chiese
membro, di rivedere le loro relazioni con il Consiglio ecumenico delle chiese? » — domanda
interpretata, in alcuni ambienti, come una minaccia velata
di ritiro dall’organismo ecumenico mondiale, anche se ciò era
stato vigorosamente smentito
d'a numerosi ortodossi presenti
aH’Assemblea.
I problemi
airinterno del CEC
Al termine dell’incontro di
Chambésy è stato redatto tm
rapporto finale che è stato presentato il 17 settembre al segretario generale del CEC, pastore Emilio Castro, perché lo
trasmettesse al Comitato centrale, riunito a Ginevra dal 20
al 27 settembre. Il testo di sei
cartelle enuncia alcuni presupposti dell'impegno ecumenico
ortodosso, elenca i problemi attuali che le chiese ortodosse
percepiscono aH'interno del CEC,
e indica suggerirnenti per migliorare la partecipazione degli
ortodossi al movimento ecumenico.
Il pastore Castro si è l'ivolto
ai partecipanti. Fra gli oratori
che hanno aperto il dibattito,
presieduto dal metropolita Bartolomeo di Calcedonia (Patriarcato ecumenico), vi erano Aram
Keshishian, arcivescovo armeno
del Libano (ortodosso orientale non calcedoniano) e presidente del Comitato centrale del
CEC, e due teologi ortodossi
che avevano preso parte attivamente ai dibattiti di Canberra:
padre Stanley Harakas degli
Stati Uniti e il professore Nicolas Lossky di Francia. Membri
del gruppo ortodosso del CEC
hanno sottoposto ai partecipanti una documentazione riguardante diverse dichiarazioni fstte
dagli ortodossi fin dall’inizio
del movimento ecumenico.
Testimonianza
nell’Europa dell’Est
Il colloquio ha dato l’opportunità ai rappresentanti ortodossi della Russia, della Georgia,
della Bulgaria, della Cecoslovacchia e della Polonia di scambiare informazioni recenti sulla
vita e la testimonianza delle
loro chiese nel contesto dei cambiamenti avvenuti in Europa
dell’Est e centrale.
Il documento finale del colloquio dà un’importanza particolare a tre testi che costituiscono il quadro deH’impcgno ecumenico ortodosso: la ’’Base”
del CEC; la ’’Dichiarazione di
Toronto” del 1950 da parte del
Comitato centrale del CEC (che,
Secondo il documento, costituisce una ’’salvaguardia” della ’’sovranità” degli insegnamenti ecclesiologici di tutte le chiese
membro) e le raccomandazioni
sull’ecumenismo della terza Conferenza preconciliare panoftodossa del 1986.
L’obiettivo primo
del CEC
Il documento sottolinea prima di tutto la convinzione ortodossa secondo la quale l’impegno a ristabilire l’unità ecclesiale completa tra i cristiani — vale a dire l’unità nell’insegnamento dottrinale, la vita
sacramentale e la disciplina —
rappresenta "l'obiettivo primo
del CEC" e la "giustificazione
ultima" della partecipazione ortodossa al CEC. Sforzi ecumenici di cooperazione tendenti a
promuovere l’unità, la giustizia
e la pace, la testimonianza comune e il rafforzamento della
comunità, sono considerati come « importanti in se stessi e
come un mezzo per i cristiani
divisi di progredire verso l’unione finale della dottrina e dei
sacramenti ».
Dato che la "Base del CEC"
costituisce, secondo il documento, « il fondamento teologico della rif lessione ecumenica » e delle dichiarazioni del CEC, essa
dovrebbe « stare al centro della
riflessione e delle attività del
CEC». Inoltre gli ortodossi concepiscono il CEC come « un consiglio di chiese... non come un
consiglio di individui, di gruppi,
di movimenti o di organismi religiosi ». Il CEC dovrebbe essere un luogo di « incontro, di
cooperazione e di dialogo per
le chiese. Il CEC non può diventare un forum che serve a
scambiare idee individuali ».
Le questioni
dottrinali
Dopo aver precisato che i regolamenti del CEC specificano
che "le questioni dottrinali” non
possono essere decise con una
procedura di voto, il documento aggiunge che per gli ortodossi questioni quali l’ordinazione delle donne, l’ospitalità eucaristica e "il linguaggio inclusivo
concernente Dio” sono di natura dottrinale. Il documento dice
che occorre trovare un nuovo
modo di fare emergere il punto
di vista ortodosso nelle dichiarazioni del CEC e rileva un certo "disagio" di fronte all’aumento delle chiese membro non ortodosse aH’interno del CEC, ciò
che « rende più difficile la testimonianza ortodossa ».
Citando il documento della
Conferenza preconciliare panortodossa del 1986, il rapporto descrive la partecipazione ecumenica come « l’espressione conseguente della fede apostolica in
condizioni storiche nuove » e dichiara che « il CEC si è integrato alla vita e all’esperienza delle
nostre chiese in modo unico ».
Quattro problemi specifici sono stati enunciati: l’impegno
del CEC nei confronti di altre
religioni, il rapporto tra le chiese e il mondo, l’azione del CEC
nella società e il .significato e
l’importanza della comunione
eucaristica.
Riconoscendo la necessità di
stabilire un dialogo e delle rela
zioni interreligiose pacifiche, e
sottolineando la lunga esperienza vissuta dagli ortodossi con
gente di altre convinzioni, il documento precisa che non è opp>ortuno far posto al sincretismo
in qualunque attività del CEC
e sottolinea che il dialogo interconfessionale « non significa che
le chiese cristiane che lavorano
nel quadro degli organi del CEC
facciano alcun compromesso riguardo ai loro impegni cristiani
fondamentali ».
Pur riconoscendo le opportunità di sviluppare i rapporti
tra le chiese e il mondo grazie
alTimportanza data dal CEC
"alla giustizia, la pace e la salvaguardia del creato”, il documento esprime la preoccupazione degli ortodossi di fronte a
certi modi di trattare il tema
"Vieni, Spiritò Santo, rinnova
tutto il creato" della settima Assemblea a Canberra.
Orizzontalismo
unilaterale
Secondo il documento, il fatto di riconoscere che lo Spirito
Santo conduce la chiesa a nuove prese di coscienza non dovrebbe essere messo in opposizione con « gli orientamenti dati dallo Spirito alla chiesa nel
passato e fìssati nella tradizione di quest’ultima ». Inoltre, in
alcuni casi « gli ortodossi hanno
dovuto reagire contro una tendenza aH’interno del CEC mirante ad un "orizzontalismo”
unilaterale nei suoi impegni sociali, lontano dallo spirito delVEvangelo di Gesù Cristo ».
La comunione eucaristica, aggiunge il documento, « è l’espressione Suprema dell’unità della
chiesa e non un mezzo per giungere all’unità cristiana... Partecipare allo stesso calice pur
mantenendo differenze fondamentali in materia di fede, di
costituzione e di ministerio, non
ha alcun senso per gli ortodossi... Ma nella situazione di divisione in cui ci troviamo ancora attualmente, gli ortodossi
non possono, in coscienza, offrire "l’ospitalità eucaristica”
né accettare inviti a parteciparvi ».
Riferendosi ad « un miglioramento della partecipazione ortodossa al movimento ecumenico », il documento esorta le
chiese ortodosse a ritrovare
« una ortodossia purificata, informata e responsabile... Per
giungere a ciò, essi hanno bisogno dell’aiuto di tutti, in particolare del sostegno dei loro
partner del CEC ».
Le chiese ortodosse dovrebbero approfondire il loro impegno
ecumenico ai livelli locale e regionale, preparare meglio il clero e i laici (uomini, donne e gio
vani) alle questioni ecumeniche,
non solo rispondere agli interro^
gativi posti da un contesto storico in continuo cambiamento
ma anche prendere iniziative in
numerosi campi della vita moderna e acquisire uno « spirito
di testimonianza missionaria».
Su quest’ultimo punto, il documento chiede ai propri partner ecumenici di condannare
« con estremo vigore » gli atti ingiusti di alcuni loro « missionari », in particolare fra le chiese
ortodosse che, in seguito alle per.secuzioni, sono state indebolite
e sono così diventate « la preda
designata di ogni specie di proselitismo ».
(SOEPI)
Noi partecipanti alla consultazione ”La testimonianza delle
chiese evangeliche in Europa”,
che si è svolta a Basilea dal 23
al 27 agosto, siamo riconoscenti
per la nuova situazione in Europa e per le possibilità che essa offre a uòmini e donne, ai
popoli ed anche alle chiese. Ve.diamo, nello stesso tempo, un
gran numero di sffde e di compiti che si pongono alle chiese
in seguito ai grandi cambiamenti politici ed economici.
Siamo venuti a convegno provenendo da diverse chiese evangeliche di tutte le regioni d’Europa. Ci unisce l’eredità comune della Riforma, che è vivente
nelle nostre chiese. Nell’ascolto
dell’annuncio della giustificazione per sola grazia e posti di
fronte all’attuale situazione, abbiamo cercato una risposta alle domande che seguono:
1. Che cosa ci muove?
Abbiamo visto e sperimentato
in modo nuovo che l’annuncio
della grazia di Dio, che non conosce limiti, è il centro e la forza della nostra predicazione. In
questo annuncio viene detto agli
uomini ed alle donne che Dio
li accetta senza condizioni e rinnova completamente la loro vita. Ogni persona in Europa ha
il diritto di ricevere questa predicazione.
2. A che cosa ci conduce questa sfida?
Siamo convinti che le chiese
evangeliche in Europa devono riscoprire questo annuncio, devono prendere di nuovo sul serio
.la sua autorità e lasciarsi esse
stesse rinnovare da tale annuncio. Fa parte di questo compito
il confronto onesto con il proprio passato e uno sguardo
schietto alla realtà nella quale
gli uomini e le donne oggi vivono. Ogni persona in Europa
ha il diritto di vedere come l’annuncio della grazia prende forma nella vita delle chiese.
3. Che cosa c’è da fare?
Insieme vogliamo cercare nuove strade per trasmettere l’annuncio della grazia di Dio che
libera agli uomini e alle donne
di oggi in modo tale che essi
lo possano capire come parola
di Dio nella loro situazione, nelle loro paure e nelle loro speranze. In ogni parte d’Europa
le persone hanno bisogno di una
sempre maggior conoscenza dei
fondamenti della fede cristiana.
Nuove necessità sono sorte per
la diaconia in Europa, ma anche nuove possibilità. (...)
Non cerchiamo nuovi privilegi,
vediamo però il nostro compito
nell’essere un fermento di solidarietà nella società che possa
operare in essa in modo visibile e utile. Questo si mostra in
modo particolare nel comportamento cristiano nei confronti
delle minoranze e nella tolleranza verso coloro che la pensano
in modo diverso. Ci aspettiamo
da tutti gli stati europei una
protezione dello stesso tipo per
minoranze religiose, etniche e
culturali, l’assicurazione della libertà di religione e il trattamento giuridico paritario di tutte le
chiese e le comunità religiose.
Esortiamo i cristiani evangelici
a partecipare con questo intento alla formazione politica di
un’opinione pubblica. Sottolineiamo le decisioni dell’Assemblea ecumenica europea ’’Pace
nella giustizia”, svoltasi dal 15
al 21 maggio 1989 a Basilea, e
ci riferiamo soprattutto agli impegni pratici delle chiese che
continuano a conservare importanza anche in una situazione
politica cambiata.
Ogni persona in Europa ha il
diritto di vivere nella propria
chiesa e nella comunione delle
chiese come in una comunità di
testimonianza e di servizio, di
aiuto e di consolazione.
4. Quali pericoli vediamo?
Nella nuova situazione vediamo una serie di difficoltà che
vale la pena di affrontare. Vediamo il pericolo che nei rapidi
processi di cambiamento molte
persone vengano sottoposte a
sforzi troppo grandi e i loro doni e le loro capacità non riescano ad esprimersi. Chiediamo
per loro l’aiuto di Dio, rimaniamo con loro e cerchiamo con
loro strade che aiutino a scoprire il valore della loro vita.
Siamo preoccupati perché la
realizzazione del mercato interno della comunità europea non
offre soltanto nuove possibilità
ma potrebbe anche innalzare
nuove barriere in Europa, non
più tra diverse ideologie ma tra
ricchi e poveri. Questo vale anche per il rapporto tra l’Europa e i paesi dell’emisfero Sud.
Ci impegneremo perché la convinzione di una responsabilità
sociale di forze e poteri economici venga realizzata e si imponga nelle relazioni internazionali. Abbiamo il timore che la
crisi ecologica non sia ancora
compresa nella sua globalità, e
speriamo che i tentativi di miglioramento non vengano annientati da una nuova industrializzazione.
Perciò appoggiamo tutti gli
sforzi per una maggiore responsabilità verso l’ambiente. Accanto alla gioia per la sovranità nazionale riconquistata dai popoli
dell’Europa orientale, siamo
sconvolti vedendo la crescita di
tensioni e conflitti nazionali in
parecchi paesi. Conosciamo il
significato dell’identità nazionale (lingua, storia, patria, civiltà) e ci muoviamo per la sua
conservazione. Nello stesso tempo deve essere cercato un equilibrio ragionevole degli interessi, considerando resistenza di
minoranze in tutti i paesi europei. Poiché noi sappiamo come
cristiani che l’amore di Dio è
dato in ugual misura a tutte le
creature, ci opporremo a tutti
i nazionalismi in crescita. Nei
cambiamenti dei nostri giorni,
soprattutto nell’Europa orientale, scorgiamo un appello al futuro per tutta la comunione dei
popoli europei. Nella pura restaurazione non vediamo nessuna soluzione dei problemi attuali, ma invece la causa di nuovi
conflitti. (...) Vediamo il pericolo che dei cristiani, di fronte a compiti diffìcili e complicati nella società, si rifugino
nella sfera privata deH’intimità
religiosa. Li esortiamo a resistere a questa tentazione. Ogni persona in Europa ha il diritto di
aspettarsi che i cristiani non si
ritirino dalla società ma collaborino alla soluzione dei loro
problemi responsabilmente davanti a Dio.
In tutte queste sfide e in questi compiti vogliamo collaborare con altre chiese cristiane,
specialmente nel quadro della
Conferenza delle chiese d’Europa (KEK), perché solo congiuntamente queste sfide e questi
compiti possono essere affrontati. Il nostro, specifico contributo evangelico deve avvenire in
favore della ricerca comune per
il futuro dell’Europa. Per intenderci sulla base più ampia possibile sul contributo che potremo dare, raccomandiamo alle
chiese evangeliche in Europa di
convocare un’ ’’assemblea evangelica” su ’’Testimonianza e servizio delle chiese della Riforma
nell’Europa del futuro”, (nev)
4
4 vita delle chiese
18 ottobre 1991
luterani
I gesti della pace
Non si cerca una pacificazione intesa come « uniformiamo », ma come
« unità nella diversità riconciliata » - Le tappe di un lungo cammino
Ad un recente incontro dì preghiera svoltosi in San Pietro hanno partecipato le chiese luterane.
I luterani italiani, tuttavia, sembrano essere stati dimenticati,
non avendo ricevuto il relativo
invito. Questo testo esprime alcune riflessioni del Concistoro in
merito al dialogo ecumenico.
Gesti di pace come quelli di
una preghiera comune tra Chiesa evangelica luterana e Chiesa
cattolica nella basilica di San Pietro in Vaticano procurano nuove speranze, specialmente sullo
sfondo scuro di tentativi bellici
per risolvere conflitti politici.
Questo avvenimento, anche essendo limitato all’incontro con
due vescovi delle Chiese luterane
svedese e finlandese, doveva sorprendere l'opinione pubblica cattolica, la quale accetta solo con
esitazione l’esistenza di chiese diverse dalla propria. Simile imbarazzo avevano causato gli incontri di papa Giovanni Paolo II in
Scandinavia nel 1990, anch’essa
una regione dove tma chiesa —
in tal caso luterana — rappresenta la maggioranza dei cittadini. Il papa doveva proprio lì
porsi il problema del rapporto
fra situazione maggioritaria e verità di fede che d’altra parte i luterani affrontano sempre dove
sono in minoranza, come per
esempio in Italia. Questa può essere la causa per cui la nostra
chiesa è stata dimenticata sia
dallo stato (manca ancora l’Intesa) che dai propri grandi fratelli della Scandinavia (nessun invito per rincontro di preghiera in
San Pietro!).
Rileggendo i commenti in occasione della preghiera ecumenica in San Pietro, anche il movimento ecumenico, da tempo attivo in Italia, apparentemente è
stato ignorato. Un esempio rilevante è il « Segretariato attività
ecumeniche », SAE, voluto dal futuro papa Giovanni XXIII, Il SAE
ha creato la base di incontri di
confessioni diverse in conferenze,
seminari e studi biblici, allargati
sempre più anche ai musulmani
NUMERI DI TELEFONO
Samuele Giambarresi, nuovo n. tei.
0961/728045.
Bruno Tron, cambio n. tei. 0121/
322009.
Erika Tomassone, 0121/500765 oppure 0121/76603 (nuovo).
Dip. di Treviso delie Chiese valdesi
e metodiste del Veneto: nuovo n. tei.
0422/304357.
Giovedì 17 ottobre
Venerdì 25 ottobre
□
ASSEMBLEA
III CIRCUITO
CHIOTTI — Nella sala delle attività si tiene, alle ore 20,30, l'assemblea
annuale delie chiese del III Distretto.
e altre regioni. Il dialogo ecumenico può essere chiamato anche
movimento di pace: per la pace
tra cristiani nell’interesse della
pace fra gli uomini. Una tale
pace non s’intende come "pacificazione”, cioè non come uniformismo di fede e delle strutture
ecclesiali, ma come « unità nella
diversità riconciliata ». Noi luterani in Italia cerchiamo di realizzare questa meta formulata dalla Federazione mondiale luterana in collaborazione con la Federazione delle chiese evangeliche
in Italia, FCEI. I conflitti delle
chiese membro, come per esempio l’insegnamento di religione,
i matrimoni interconfessionali e
i diritti costituzionalmente garantiti riguardano anche noi luterani.
Le immagini televisive lasciano
tuttavia aperto fi problema dei
conflitti appena citati nonché problemi molto più generali come
il sacerdozio universale e il primato papale, il ruolo della donna e l’etica della famiglia. (Riteniamo inoltre ambiguo il rischio di un dialogo tra luterani
e cattolici ridotto al pìroblema dei
santi, che potrebbe essere marginale rispetto ai problemi elencati). La Chiesa luterana in prima linea ha dovuto imparare, in
un'occasione ecmnenica simile,
quando l'attuale papa ha predicato nella Comunità evangelica luterana di Roma nel 1983, che analoghi gesti di pace sono stati interpretati come tradimento della
verità o dimostrazione di potere.
Per questo riteniamo decisivo interpretare le parole dette in San
Pietro anche nel contesto di colloqui teologici già da tempo in
atto (1’« Enchiridion cecumenicon » delle Dehoniane di Bologna,
recentemente pubblicato in due
volumi, dimostra Fimmensa ric
chezza del contenuto degli incontri tra chiese e teologi a tutti
i livelli).
La commissione mista della
Federazione mondiale luterana e
del Vaticano iniziò i dialoghi già
nel 1967, e ha appena chiuso una
sessione dei suoi lavori con un
incontro ecumenico di preghiera il 30 settembre, a Venezia, su
invito del Patriarca e della comunità evangelica locale. Per i membri della commissione sarà una
soddisfazione — anche se tardiva — ritrovare nei discorsi del
papa e dei due vescovi alcuni argomenti del documento ''L'unità
davanti a noi », che così conclude:
« Anche alla fine della descrizione del nostro itinerario verso
l’unione fra la Chiesa cattolica e
quella luterana restano aperti alcuni quesiti. Le origini e la storia della separazione tra le nostre chiese sono troppo complesse perché si possa descriverne il
processo di superamento in maniera assolutamente chiara e senza incertezze. Solo proseguendo
nel cammino iniziato insieme le
cose si faranno chiare... Siamo
certi di trovare nelle nostre chiese molti amici, che ci accompagnano in questo cammino, disposti a correggere e completare, a
confrontarsi con noi e a incoraggiarci. Noi speriamo di incontrare compagni di cammino anche in altre chiese...
Pertanto tutte queste riflessioni sono una preghiera al Signore,
che conosce le vie al di sopra
della nostra capacità di immaginazione e che sfuggono alle nostre possibilità ».
Il Concistoro della Chiesa
evangelica luterana in Italia
CORRISPONDENZE
Benvenuto
GENOVA — Domenica 6 ottobre 1991 ha predicato nella nostra comunità il sovrintendente di circuito pastore Ugo Tomassone sul testo di Isaia 40: 6,
in occasione dell’insediamento
del pastore Valdo Benecchi, il
quale dopo il sermone ha dato
un breve messaggio salutando
cosi la comunità. Durante il culto ha cantato la corale, e in seguito il presidente del Consiglio
di chiesa ha dato il benvenuto
alla famiglia Benecchi.
dai membri eletti Franco Fattore, Salvatore Guargena, Febe
Rossi Cavazzutti, da Ivette Presciutti (resp. attività femminile), Maddalena Costabel (rapp.
predicatori locali), Alberto Bragaglia (resp. scuola domenicale).
La giornata ha avuto corso
con l’agape, e nel pomeriggio si
sono avuti scambi di idee con
i partecipanti; verso le 18 la
giornata è stata chiusa dalla corale che ha cantato due inni dell’innario cristiano.
Il lavoro
per gli immigrati
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Il gruppo si ritrova alle ore 21, presso il Centro
d'incontro, per terminare lo studio dell'Epistola ai Calati.
Dall'incontro successivo verrà affrontata la lettura del profeta Michea.
PADOVA — Nel corso dell’Assemblea di chiesa del 6 ottobre
scorso, Danilo Passini è stato
eletto per la terza volta all’unanimità presidente del Consiglio
di chiesa. La comunità ha voluto così manifestare il suo apprezzamento ed il suo incoraggiamento soprattutto per il lavoro che egli sta svolgendo a favore di quegli immigrati extracomunitari che hanno nella chiesa di Padova un sicuro punto
di riferimento.
Oltre a Danilo Passini, il nuovo Consiglio di chiesa è composto dal pastore Bruno Costabel,
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 20 OTTOBRE
ore 23,30 - RAIDUE
Replica:
LUNEDI’ 28 OTTOBRE
ore 10 - RAIDUE
PERCORSI DI FEDE
E DI CAMBIAMENTO
EGEI
In giro per gli USA
La vita sociale è separata a seconda dei vari
gruppi etnici - Un nuovo ruolo di opposizione
Il distretto della Chiesa presbiteriana di Chicago raccoglie
circa 30.000 membri. Tanto
quanto tutte le nostre chiese! Lo
stupore per le diverse proporzioni è stato reciproco. Ma queste chiese tanto grandi come affrontano il problema della convivenza multiculturale e quali
sono i loro impegni nella società?
Queste sono le domande che
ci hanno accompagnato nel viaggio per gli Stati Uniti. Un viaggio organizzato dalla FGEI e,
da parte americana, dalla Presbyterian Church, dalla United
Methodist Church e dalla United
Church of Christ e che prevede
l’anno prossimo una visita di
giovani americani in Italia. La
FGEI ha mandato sei persone,
equamente divise per denominazione: Massimo Aprile, Daniele Bouchard, Chiara Ettorre,
Luisa Nitti, Silvia Rostagno e
Emanuele Sbaffi. Il nostro itinerario prevedeva la visita ad
alcune delle diverse realtà degli Stati Uniti: da New York
alla nrovincia in Pennsylvania,
da Washington D. C. a Tucson
in Arizona, da Kansas City a
Chicago.
La vita sociale ed ecclesiastica è separata nettamente per
gruppi etnici. In una chiesa nera sono rari i membri bianchi
e viceversa. William Howard, un
pastore battista afro-americano,
in missione nella Chiesa riformata, spiega che quello che appare come separatismo è in realtà un dare fiducia ai gruppi
diversi per poi entrare in dialogo in piena autonomia. Gli
Stati Uniti hanno scoperto che
non devono più essere un minestrone in cui tutto è miscliiato e da cui viene a galla solo
il ’’bianco”, ma devono essere
un'insalata mista in cui ogni
singola verdura mantiene il suo
sapore. Dall’altra parte la chiesa di Tucson, vicino al confine
con il Messico, una chiesa fondatrice del movimento dei santuari, ha fatto del proprio luogo
di culto un primo posto di accoglienza per i rifugiati del Salvador e del Guatemala. La domenica l’assemblea di circa cento persone si ritrova, come o^i
altra comunità, ma la sua gioia,
la sua sofferenza, la sua confusione, il suo coro, la sua predicazione, la sua spiritualità, la
sua fede non potrebbero essere
tali se non vivesse dell’incontro
con i rifugiati. La forza della sua
testimonianza non è nella consapevolezza di aiutare i diseredati,
ma nella riconoscenza per la
fede che questi portano con sé,
per la possibile comunione tra
credenti.
Per quanto riguarda l’impegno sociale, le chiese americane si sono fatte carico dei bisogni dei più deboli. Qualsiasi
comunità si organizza per dar
da mangiare ai poveri e ai senzatetto, quest’ultima una piaga
divenuta enorme negli ultimi
dieci anni, dopo l’amministrazione Reagan.
A Washington abbiamo visitato una comunità ecumenica, la
Chiesa del Salvatore, inserita
nell’unico quartiere misto della
città. La sua attività spazia da
case per i senzatetto, ospedali
per chi non può pagare l’assistenza sanitaria, case per il recupero dei tossicodipendenti, iniziative per i giovanissimi. Esiste un nesso quasi automatico
tra chiesa e assistenza: il compito e la testimonianza del cristiano si attuano nel servizio sociale. Un altro tino di impegno è quello di uffici alle Nazioni Unite e a Washington.
Quasi ogni denominazione ha
un ufficio adibito ad esercitare
pressioni politiche (lobby) sul
Congresso. Svolgono una duplice azione: sensibilizzazione delle chiese sui problemi all’ordine
del giorno del Congresso o delle Nazioni Unite e dalFaltra parte raccolgono e indirizzano perorazioni dei membri di chiesa rispetto a qualche tematica,
spese militari, ambiente ecc. Le
cose stanno cambiando per i
protestanti negli Stati Uniti: ad
esempio il comunicato del Consiglio nazionale delle chiese contro la guerra del Golfo non è
stato ripreso da nessun giornale. Per le chiese americane non
avere influenza sui politici è una
novità e dovranno imparare ad
essere all’opnosizione.
Infine a Washington abbiamo
partecipato ad un culto in una
chiesa battista nera. La gioia e
la partecipazione dell’assemblea,
il loro modo di parlare e ringraziare Dio, l’atmosfera di accoglienza sono indescrivibili!
Non ho potuto raccontare tutto quello che abbiamo visto, ma
se volete sapere e vedere di più
siamo ben provvisti di foto e
diapositive!
Silvia Rostagno
• Domenica 29 settembre i
coniugi Crivellaro-Paepaesa e
Bottesin-Piovan hanno voluto
presentare al Signore attraverso
il fonte battesimale i piccoli
Alex e Davide. Il pastore Costabel ha ricordato nella sua predicazione che questo atto non
ha certo un valore immediato
e diretto per i due piccoli, ma
vincola e responsabilizza le due
famiglie e la comunità tutta. Sono loro, infatti, che dovranno
rendere credibile e coerente la
propria testimonianza evangelica, affinché i piccoli battezzati
possano essere aiutati per una
futura adesione a Cristo libera
e personale.
CULTO DI INSEDIAMENTO
L’esempio
dei colportori
VENEZIA MESTRE — Era
piena come raramente accade,
domenica 29 settembre, la chiesa di Venezia: erano presenti
buona parte dei membri delle
comunità di Venezia e di Mestre, della diaspora, del circuito e alcune sorelle cattoliche al
culto con S. Cena per l’insediamento del nuovo pastore Eugenio Stretti. Presente anche, a
conforto di tutti, un gruppo abbastanza numeroso di bambini
e di ragazzi.
Il culto è stato aperto dal sovrintendente di circuito, Arrigo
Bonnes, che ha richiamato alla
collaborazione tutti, vecchi e giovani, nell’ambito della comunità.
Il sovrintendente ha poi proceduto all’insediamento nella
chiesa di Venezia, e nel circuito,
del pastore Stretti, chiedendo
gli di rinnovare l’impegno preso all’inizio del suo compito di
pastore, ’’con l’aiuto di Dio”.
E’ seguita la predicazione del
pastore Stretti sul testo di Matteo 13: 45-46, la parabola della
perla di gran prezzo. Il pastore
ha ricordato l’esempio degli antichi valdesi, i colportori medievali che sulla perla di gran prezzo basavano la loro vita, e ha
richiamato alla radicalità dell’Evangelo che non ammette
compromessi.
Dopo il culto ha avuto luogo
nei locali della Foresteria, grazie al lavoro di un gruppo di
sorelle e fratelli, un’agape fr^
terna alla quale hanno partecipato più di 70 persone.
Al termine ha avuto luogo una
riunione congiunta del Consiglio
di chiesa e del Consiglio di circuito.
J
5
18 ottobre 1991
vita delle chiese
L
RIESI
Il Servizio cristiano
ha 30 anni
Riest. Le linee audaci e moderne, e tuttavia ben integrate con il paesaggio delle colline siciliane,
accolgono quanti arrivano al Servizio cristiano.
la
Il Servizio cristiano è sorto a
Eiesi (Cl), in Sicilia, nel 1961,
ad opera di un gruppo internazionale di cristiani mossi dalla
predicazione dell’agape (l’amore
di Dio per l’umanità). Per capire la nascita del Servizio cristiano occorre ricordare il Centro
ecumenico di Agape, fondato nelle valli valdesi del Piemonte all’indomani della seconda guerra
mondiale dal pastore valdese
Tullio Vinay. Il villaggio di Agape, costruito da giovani provenienti da diversi paesi europei,
era sorto come segno di ricon
ciliazione fra i popoli dopo
tragedia della guerra.
Quattordici anni di predicazione sulla testimonianza all’agape
condussero il gruppo animato
da Vinay a cercare di tradurre
tale predicazione nella concretezza di una situazione socio-culturale ed economica particolarmente depressa. Così fu scelta
Eiesi, una cittadina che nel 1961
contava 16.000 abitanti, situata
in una delle province più deprivate del Meridione, dove forte
era la presenza della mafia.
Dopo un anno di indagini speso a studiare e a capire la realtà e i bisogni della popolazione,
il Servizio cristiano iniziava la
realizzazione di un progetto globale di sviluppo che toccava i
vari settori della vita della popolazione. Se il villaggio di Agape in Piemonte era stato luogo
di riconciliazione dopo la tragedia bellica, il villaggio del Servizio cristiano diveniva luogo di
solidarietà con i minimi della
società.
sviluppa il Servizio cristiano si
muove su diverse direttrici e si
svolge soprattutto nel villaggio
del Monte degli ulivi progettato
dall’architetto fiorentino Leonardo Eicci.
na sociale per il vino (un migliaio di soci) o il frantoio sociale per l’olio di oliva.
I vari settori
delle attività
Un segno del
niondo nuovo”
Le varie attività promosse e
gestite dal Servizio cristiano non
erano e non sono fine a se stesse perché vogliono essere un segno del ’’mondo nuovo” di Cristo, una testimonianza all’agape,
alla verità, alla giustizia, alla pace ed alla salvaguardia del creato.
Pin dal suo sorgere il lavoro
del Servizio cristiano è stato
portato avanti da un gruppo coAiunitario internazionale ed ecuménico (anche se la maggior
parte dei suoi membri sono protestanti) e da un gruppo di una
■ventina di collaboratori locali. Il
gruppo comunitario si compone,
di una decina di adulti e
cinque bambini. Il lavoro
che
Nel settore educativo il Servizio cristiano ha la responsabilità di due scuole — una materna ed una elementare parificata — che accolgono (con mensa e trasporto) circa 180 bambini. Nelle scuole si svolgono varie attività integrative; musica,
ritmica, sport, giardinaggio, lingua straniera... Il progetto pedagogico globale è ispirato ai valori della nonviolenza, della paca, della salvaguardia dell’ambiente ed è realizzato da un
gruppo di insegnanti di Eiesi
con la collaborazione di volontari qualificati.
Nel settore socio-sanitario in
città, nella via 1° Maggio 87, dal
1975 il Servizio cristiano gestisce un consultorio familiare (il
secondo sorto in Sicilia) associato alTUICEMP, coordinato da
un medico (membro del gruppo
comunitario), un assistente sociale ed una psicoioga. 'Vi lavorano inoltre due ginecologi ed
una pediatra; recentemente il
consultorio si è dotato di un ecografo e di un colposcopio.
Inoltre il Servizio cristiano dispone di un centro agricolo sulla cui superficie coltiva un uliveto (1.600 piante), una vigna
(1/2 ha) ed un orto a terrazze.
Il centro agricolo fornisce con
i suoi prodotti biologici la mensa scolastica e quella della comunità; si sta progettando, in
questi mesi, la realizzazione di
un bacino per la raccolta delle
acque per potenziare la produzione.
Eecentemente è stato messo in
cantiere un progetto d’ingegneria del territorio per la formazione di tecnici dell’ambiente
con l’ausilio di strumenti informatici.
Dal lavoro di stimolo ed innovazione del Servizio cristiano sono sorte, in questi 30 anni di
attività, alcune importanti realizzazioni, come per esempio la
fabbrica ’’Meccanica Eiesi srl”
inaugurata nel 1974, che impiega 30 operai e produce frese per
macchine utensili per la lavorazione del legno, oppure la canti
li Servizio cristiano pubblica
trimestralmente un bollettino in
quattro lingue, ”Le notizie da
Eiesi”, in cui offre informazioni
sulla propria attività e riflessioni di carattere sociale e teologico. Il bollettino viene spedito a
migliaia di amici ed amiche in
tutto il mondo; tra questi molti hanno trascorso un periodo
più o meno lungo di lavoro a
Eiesi. Questa rete internazionale
di partecipazione e solidarietà è
espressione vivente della chiesa
universale il cui unico capo è
Cristo e la cui regola è l’agape,
l’amore di Dio che non verrà
mai meno.
Intenso è il rapporto tra il
Servizio cristiano e la Chiesa
valdese locale di Eiesi, sorta nel
1871. Predicazione e servizio alla città sono visti come aspetti
complementari dello stesso impegno. La comunità dell’ascolto
e la comunità dell’azione non
possono essere separate. Entrambe hanno bisogno, quotidianamente, del necessario riferimento dell’Evangelo. Da questo
confronto scaturisce la forza e
la speranza per vivere ’’l’avventura della fede” nel profondo
Sud d’Europa.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Inizio delle attività
La nascita e l’itinerario di un’esperienza sociale e « politica »,
basata sulla fede e sorretta dal riferimento alla forza dell’agape
PINEROLO — Ben riuscita la
giornata comunitaria per la ripresa delle attività. Al culto, a
più voci, hanno partecipato i
bambini della scuola domenicale, rappresentanti dei lettori, dei
monitori, del concistoro, dell’U.
F., dei giovani della EGEI mentre la predicazione è stata tenuta dai nostri due pastori.
Subito dopo il culto i presenti hanno potuto osservare dei
cartelloni ed informarsi su alcune iniziative locali (viaggio
per conoscere la Napoli evangelica, appoggio ai migranti, problema della tossicodipendenza,
madrinato dell’Uliveto, ecc.).
Alle 12,30 130 persone, un po’
stipate nella sala, hanno gustato un’enorme polenta con spezzatino ed hanno in seguito assistito ad un programma di canti, recite e giochi preparato da
un gruppo di ragazzi nel corso
dell’estate.
® E’ stata chiesta la benedizione del Signore sui piccoli Deborah Rostaing, figlia di Daniele e di Loretta Cardon e Christian Garilli, figlio di Francesco
e di Daniela Belleard battezzati nel nostro tempio.
• Si sono svolti i funerali di
Valentino Rivoiro, ospite della
Casa Turina di S. Secondo dopo la morte della moglie e dei
due figli, e di Ernesto Ribet. Alle famiglie la simpatia cristiana
della comunità.
Notizie
FRALI — Una notizia triste e
una lieta da Frali: mercoledì 2
ottobre è morto Emilio Peyrot,
di 70 anni, dopo una lunga e
terribile malattia.
Mercoledì 9 ottobre è nato
Marco Rostan, figlio di Fulvio e
Donatella Pons: ai genitori, alla
sorellina Manuela, ai nonni e
tutti i parenti, tanti auguri!
Madagascar
POMARETTO — Da diversi
anni un gruppo di giovani delle Valli sta lavorando in vista
di un progetto di lavoro in Madagascar. Il viaggio in questo
paese era previsto per l’agosto
’91, ma è stato rinviato a causa della situazione politica creatasi in Madagascar: la gente si
è stufata del suo presidente —
in carica dal 1975 — e da diversi mesi sciopera e fa delle manifestazioni nelle piazze della
capitale. Il paese è nel caos ed
ormai ridotto allo stremo.
Il gruppo che ha preparato
questo viaggio si ritrova sabato
19 ottobre, ore 20,30, alTEicolo
grando di Pomaretto, per decidere come portare avanti questo progetto costruito in questi
anni con la collaborazione di un
gruppo di malgasci membri della FJKM (Chiesa di Gesù Cri
IL SERVIZIO CRISTIANO DI RIESI HA
30 anni
Per ricordare la storia, riflettere sull’oggi, discutere gli impegni futuri, il Servizio organizza per il 26
e 27 ottobre al Monte degli Ulivi una festa di gioia e
ringraziamento col seguente programma
Sabato 26 ottobre
ore 18,15: saluto di Franco Giamiriccoli, moderatore
della Tavola valdese;
ore 18,15 : Irene Wigley « Trent’anni a Eiesi » (presentazione del libro fotografico) ;
ore 18,30: Paolo Ricca: «Diaconia e predicazione...
l’esempio di Eiesi»;
Domenica 27 ottobre
ore 10,30 : Culto di riconoscenza nella chiesa di via Paraci: predicazione del past. Giuseppe Pla^
tone;
ore 15,00 : Porte aperte : incontro con gli operatori del
Servizio cristiano;
ore 19,00 : Concerto dì chiusura.
Per informazioni: Servizio cristiano, tei. 0934/928123
sto in Madagascar).
L’incontro è aperto a tutti coloro che sono interessati.
• Lunedì 14 ottobre ha avuto
luogo il funerale del nostro fratello Enrico Bleynat (Lili) deceduto presso l’Ospedale civile
di Pinerolo, all’età di 72 anni
Alla moglie, al figlio, al fratello e sorella in Francia e ai parenti tutti la simpatia cristiana
della comunità.
Assemblea di chiesa
PERRERO-MANIGLIA — Domenica 20 ottobre alle ore 10
nella scuola della Baissa (Maniglia), si tiene l’assemblea di
chiesa. Argomento: la relazione
dei deputati alla Conferenza distrettuale e al Sinodo.
Culto in francese
LUSERNA san GIOVANNI —
Domenica 20 ottobre il culto sarà in lingua francese con celebrazione della Santa Cena e predicazione del pastore Giorgio
Tourn.
Fraternità
BOBBIO PELLICE - Domeni
ca 13 ottobre è stata una giornata particolarmente vissuta
nella gioia e nella comunione
fraterna. Culto con celebrazione
della Cena del Signore, predicazione a due voci, italiana e tedesca, conduzione musicale da
parte del gruppo di giovanissimi trombettieri provenienti da
Mùnzenberg (Germania), presenza dei ragazzi dalla scuola
domenicale al IV anno di catechismo, agape fraterna, cena,
concerto serale ben preparato
ed eseguito, successivo piccolo
rinfresco; questi gli elementi
che hanno scandito i vari momenti della giornata conclusasi
a tarda sera.
Alla nostra comunità è stata
donata una targa ricordo di questa visita.
Scuola domenicale
VILLASECCA — La scuola domenicale si terrà tutti i sabati
alle ore 15,30. Per coloro che
non possono partecipare è organizzato un ’’corso di recupero” la domenica mattina, presso
la casa pastorale, alle ore 9.
I corsi di catechismo si terranno ugualmente al sabato con
la seguente distribuzione: ore
14,30; IV anno; ore 15,30; I e
II anno; ore 16,30; III anno.
• L’Unione femminile, anziché
secondo il calendario comunicato con la ’’Lucerna”, avrà le sue
prossime sedute alle seguenti
date: 14 novembre; 12 dicembre,
sempre alle 14,30.
Culto con i bambini
TORRE PELLICE — Il culto
di domenica 13 ottobre, che ha
segnato l’inizio dei corsi di istruzione religiosa, è stato allietato
dal canto dei bambini della
scuola domenicale e dei due coretti. Durante il culto Dario e
Cristina Paone hanno presentato alla comunità il loro piccolo
Kai Samuel, a cui rivolgiamo
un affettuoso augurio.
• Domenica 27 tutti sono attesi neila scuoletta dell’Inverso
per un simpatico pomeriggio comunitario.
• Giovedì 10 ottobre si è svolto il servizio funebre del nostro
fratello Enzo .Touve; siamo vicini alla famiglia in lutto con
cristiana simpatia.
• Mercoledì 23 ottobre, alle
ore 20.30 nei locali della Comunità alloggio di via Angrogna
agli Appiotti, avrà luogo lo studio biblico sul libro dell’Apocalisse tenuto dal pastore Marchetti a cura del primo circuito.
6
6 prospettive bibliche
18 ottobre 1991
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Habacuc alle prese
con la violenza e il sacro
La seconda parte del libro di Habacuc è, come la prima, composta
-di tre paragrafi: Dio annuncia al profeta che sta per ricevere una visione
(2; 2-3), poi manda questa visione
(2: 4-6a), la quale è seguita da un
lungo lamento funebre (2: 6b-20). Abbiamo già ricordato, nell’esame del
capitolo precedente, che un profeta
è un veggente, qualcuno il cui sguardo, educato da Dio, discerne il senso
teologico degli avvenimenti. Che cosa
vede Habacuc? Vede un uomo (vv.
4-5). Si tratta proprio di una visione,
cioè di un percepire, con lo sguardo,
qualcosa che va al di là delle apparenze. Quest’uomo appare come una
personificazione dei caldei: « Raduna presso di sé tutte le nazioni, raccoglie intorno a sé tutti i popoli »,
dice Dio. Ad un tratto, il volto di
quest’uomo prende le sembianze della morte: « Egli allarga le sue brame
come il soggiorno dei morti; è come
la morte e non si può saziare »; è
un’immensa bocca, aperta, frenetica,
impossibile da colmare. Poi (v. 6a)
questa bocca sta per sparire perché,
dinanzi ad essa, altre bocche si aprono: « Tutti questi non faranno contro di lui proverbi, sarcasmi, enigmi ?».
Il ’’divoratore”
e le sue vittime
Alla bulimia gonfia — primo significato della parola ’’orgoglio” in ebraico — sta per opporsi la massa
delle bocche e delle lingue dei popoli
schiacciati, poiché essi parleranno ed
esclameranno con ironia. Questa parola contro il caldeo, mordente, divorante, sarà causa della sua rovina.
Ecco la visione di Habacuc: un divoratore mostruoso, solo, divorato dall’ironia delle sue innumerevoli vittime.
Solennemente annunciata da Dio,
questa visione dà luogo ad un gesto profetico sorprendente. Infatti,
di solito, i profeti annunciano l’intervento di Dio nella storia. Esasperato dall’ingiustizia o dalla rivolta,
oppure preso dalla pietà e dalla misericordia, Dio viene presentato come colui che interviene. Qui, invece,
no: Dio non interviene. Il rovesciamento avverrà da sé.
Il caldeo divoratore sarà vittima
non della collera di Dio ma delle sue
proprie vittime. Habacuc, pertanto,
non viene invitato ad affermare l’imminenza dell’azione di Dio. Viene invitato a prendere delle tavole e ad
incidervi per iscritto la visione (w.
2-3). Ciò è inconsueto nella tradizione profetica ed è indicativo di una
preoccupazione pedagogica, di una
volontà di insegnamento nei confronti del popolo, di coloro che avranno
conoscenza di questa visione. Così
A differenza di molti altri profeti dell’Antico Testamento, Habacuc
non appare come un giudice che, nei nome di Dio, annuncia un imminente intervento divino nella storia e che chiama alla conversione. Egli
interroga Dio e la storia degli uomini non per denunciare, ma per comprendere e per testimoniare. Dio gli manda una visione ma è lui che la deve
interpretare. Il profeta, non è un uomo « super partes » ma un testimone compassionevole. Alia logica violenta degli uomini egli oppone
l’unica altra logica possibile: quella della conoscenza del Signore. (Red.)
Habacuc non è lo strillone che proclama l’irruzione di Dio; egli è, in
qualche modo, un pedagogo, un insegnante. Q meglio: un interprete.
Qra, l’interpretazione della visione non viene data da Dio. Tocca al
profeta elaborarla. Ed è quello che
fa Habacuc, in un modo molto significativo, nel terzo paragrafo di questo capitolo (vv. 6b-20). Non dobbiamo pensare che le esclamazioni che
si ripetono — « Guai! », dice per cinque volte il profeta — significhino
una serie di imprecazioni. Questa
esclamazione è un grido di lutto, simile a quello delle donne in lutto.
Siamo qui in presenza di una liturgia
funebre: Habacuc dà l’interpretazione della visione sotto forma di una
liturgia.
Quale è il cuore di questa interpretazione? Qgni società umana è costruita su un omicidio fondatore che
viene dissimulato perché i suoi effetti siano prolungati. La Scrittura, dal
racconto di Caino e Abele fino all’Apocalisse, senza dimenticare ovviamente la Passione, mette in luce
questa logica infernale in cui il sacro
concorre a rafforzare la violenza.
Habacuc rivela qui, onde disinnescarla, questa logica profonda degli uomini; per cui ciò che egli dice a proposito dei caldei potrebbe essere detto, successivamente, a proposito dei
persiani di Israele al ritorno dall’esilio o di Alessandro Magno.
Il profeta oppone dunque la logica
della potenza, del possesso e della
violenza, logica di vanità e di vento,
all’unica logica che abbia peso, la
logica della conoscenza del Signore.
Una cosa è costruire una civiltà sull’omicidio, un’altra cosa è conoscere
il Signore ed essere conosciuti da lui:
ecco l’interpretazione rischiata da
Habacuc nella sua liturgia funebre.
Il profeta, un testimone
compassionevole
Immaginiamo spesso il profeta come un uomo animato da santa ira,
che tuona contro Israele e soprattutto contro i suoi responsabili politici
e religiosi; un uomo che annuncia un
giudizio e che, a volte, simboleggia
col proprio comportamento questo
giudizio imminente, oppure lo provoca; un uomo che chiama i suoi interlocutori a convertirsi, a cambiare vita, immediatamente, per cercare, se
è ancora possibile, di evitare l’ira di
Dio, benché sia spesso troppo tardi.
Insomma, immaginiamo il profeta
come un procuratore o un giudice, attore o strumento di un decreto divino. E’ vero che diversi profeti sono
presentati in questo modo neH’Antico Testamento. Ma con Habacuc è
tutto diverso. Qui, il profeta non invita Israele né i caldei a pentirsi. Non
condanna alcuno; non si avvolge in
una santità offesa; non distribuisce
buoni e cattivi voti, neanche da parte di Dio; non assolve gli uni, non
condanna gli altri. Se interroga, non
è per denunciare, ma per comprendere e testimoniare.
Osservazione e
interpretazione
Inoltre il profeta è spesso, ai nostri occhi, un uomo in presa diretta
con Dio, pieno di un messaggio celeste che ha ricevuto e che deve trasmettere senza cambiare nulla. Intermediario tra Dio e gli uomini, neutrale, è un imbuto a volte sofferente al
servizio di un messaggio che gli fa
violenza perché gli è esterno e non
richiede altro che la sua docilità. Con
Habacuc è tutto diverso. Certo, egli
ha ricevuto da Dio una visione, ma è
una visione che giunge come in sovrimpressione di avvenimenti che
egli ha già osservato e che richiedono
la sua interpretazione. Non dispone
di un sapere sovrumano da ripetere;
è aperto a una visione più profonda
della realtà che deve interpretare. Ha
bisogno quindi di tutte le sue capacità, si impegna in ciò che dice perché lo dice con la propria sensibilità,
la propria affettività, la propria ragione e la propria fede. Il profeta è
un osservatore che interpreta: è proprio un testimone.
Ma il profeta non si ferma qui. Ha
un comportamento sorprendente:
anziché rallegrarsi della sconfitta annunciata del tiranno, anziché approfittarne per fare risaltare la propria
giustizia o quella dei suoi concittadini, inizia una liturgia di lutto. Si lamenta sulla sorte dei popoli, mettendosi al loro fianco. Compatisce le vittime e l’oppressore. Accompagna il
lutto di entrambi: entra nella compassione. Ed è in questo modo, per
mezzo di una liturgia cornpassionevole, che egli sceglie di rivelare la
sua interpretazione, ribadendo ancora una volta che di fronte ^ alla
logica di violenza degli uomini c è
solo un’altra logica: non Tomicidio,
anche simbolico, non la separazione
dei buoni e dei cattivi, non la tabula
rasa, né la collera o la condanna, né
l’irrigidimento teologico o morale,
rria un’unica altra logica; la conoscenza del Signore. Conoscere Dio ed
essere conosciuti da lui; osservatore
e interprete, il profeta è quindi un
testimone, ma un testimone compassionevole.
Farsi portavoce
del Signore
Se pensiamo di essere, anche noi,
profeti del Signore, portavoce di Dio,
troviamo qui un invito. Invito ad interpretare ciò che Dio ha detto, invito a compatire la sorte degli uomini. E questo non è così evidente
come potrebbe sembrare. Contro lo
sforzo di interpretazione si erge spesso la tentazione dell’immediatezza
con Dio, dell’assolutizzazione dei nostri propri punti di vista. Che la si
chiami dogma, magistero, fondamentalismo, questa tentazione è sempre
vicina. Contro l’appello alla compassione si erge spesso la tentazione di
lavarsi le mani degli affari del mondo, di credersi al di sopra della mischia.
Siamo chiamati ad essere testimoni. Testimoni non di una parola a
senso unico ma testimoni della logica degli uomini e testimoni della logica di Dio. Testimoni di queste due
logiche e quindi testimoni cotnpassionevoli.
Laurent ScWumberger
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7
18 ottobre 1991
storia religiosa
NEL TRICENTENARIO DELLA MORTE
George Fox: il padre dei quaccheri
La formazione, il travaglio spirituale e la missione di un testimone di Gesù Cristo - La libertà religiosa è una
disposizione interiore deH’uomo - I primi Amici e la nascita del movimento, tra oppressione, carcere e tortura
Si chiama Fenny Drayton,
è un piccolo paese della contea di Leicestershire, nel cuore dell’Inghilterra; qui, nel
luglio dell’anno 1624, nacque
George Fox, il padre del
quaccherismo. In quel tempo
quel piccolo villaggio portava il nome di Drayton-in-theClay, ed era situato tra due
paesi più grandi; Leicester
verso nord-est e Coventry a
sud. Il padre di George Fox
si chiamava Christopher, faceva il tessitore, la mamma si
chiamava Mary Lago. Così
Fox ce la descrive nel suo
’’giornale”: « [...] mia madre, il cui nome di fanciulla
era Mary Lago, della famiglia
dei Lagos, era una santa donna della razza dei martiri »
(Il giornale di George Fox,
p. 3).
Inquietudine
spirituale
Fin da piccolo Fox riceverà una buona educazione, indirizzata alla correttezza e
àll’onestà: « [...] educato dall’infanzia a camminare per la
retta via e a mantenermi puro » (Giornale, p. 3). Poco più
che adolescente verrà avviato a lavorare presso un calzolaio. Verso i vent’anni lascia il proprio lavoro e la famiglia; da quel momento,
un intenso e inquieto turbamento spirituale lo accompagnerà per molti anni; saranno anni spesi per una lunga e sofferta ricerca;
Fox si incontrava con pastori e con teologi, andando
da un luogo all’altro; « [...]
mi recai a Lutterworth, dove
mi trattenni per qualche tempo; di là a Northampton, dove pure mi trattenni alquanto; quindi a Newport Pagnell,
dopo breve dimora, proseguii
per Barnet » (Giornale, p. 5).
Ogni tanto, durante questo
suo girovagare, ripassava da
Drayton, suo villaggio nativo,
e si fermava a dialogare con
il pastore del luogo, un certo
Nathaniel Stephens, presumibilmente un reverendo anglicano; Fox nel suo Giornale
lo chiama « priest » (prete).
« Tanto egli — scrive — che
un altro prete che qualche
volta lo accompagnava mi
offrivano l’opportunità di
parlare, formulare dei quesiti e discutere con loro ».
In visita a teologi
e reverendi
Da Drayton Fox ripartiva
per altri luoghi, facendo visita via via ad altri teologi e
a ministri di culto, sempre
per cercare di poter riuscire
a dare risposte alle sue tante
domande, ai suoi numerosi
quesiti. Arrivò in questa maniera a toccare i più svariati
paesi del nord e del sud dell’Inghilterra.
Questo agitato peregrinare
durò ancora per molti mesi,
poi un giorno questa sua sofferta ricerca cominciò lentamente a placarsi: agli inizi
del 1646, Fox trascorre alcuni giorni a Coventry: « [...] in
una mattinata del primo giorno — scrive nel Giornale —
camminavo per un prato, il
Signore mi fece vedere che
l’essere stati educati a Oxford
o a Cambridge non era bastante come preparazione al
ministero di Cristo; e mi domandai come mai, invece, la
maggior parte delle persone
credesse il contrario..., e ammirai la bontà di Dio che mi
aveva illuminato su questo
punto ». E ancora; « Questo
andava a colpire direttamente il ministero del prete Stephens sunnominato; no, Lesser stato educato a Oxford o
a Cambridge non basta ad
abilitare uno a ministro di
Cristo. Però i miei parenti
rimasero molto contrariati al
vedere che non volevo andare con loro a udire il sermone del prete, e me ne andavo
negli orti o nei campi da solo
con la Bibbia. Io feci loro osservare che gli apostoli avevano detto ai credenti che
"essi non avevano bisogno
che alcuno li istruisse, ma
l’unzione dello Spirito li
istruirebbe” ». « [...] io vedevo che esser vero credente
era cosa ben diversa da quel
la che essi credevano. [...] me
ne rimanevo, come straniero
a tutti, solo affidandomi al
Signore Gesù Cristo » (Giornale, pp. 7-8).
« Dio dimora nei
cuori degli uomini »
Cito ancora dalla pagina
8 del Giornale: « [...] un’altra volta mi venne chiarito
che quel Dio che creò il
mondo non dimora in edifici
costruiti da mani umane.
Questa voce dapprima mi
sembrò strana, perché sia i
preti che il popolo erano soliti denominare i loro templi
o le loro chiese: ’’luoghi augusti, terra sacra, templi di
Dio”; ma il Signore mi fece
vedere chiaramente che egli
non dimorava in questi templi, ordinati e costruiti dagli
uomini, bensì nei cuori degli
uomini stessi ».
Nel 1647, a distanza di un
anno da quel soggiorno di
Coventry, Fox fa un ennesimo viaggio: prima si reca nel
Derbyshire, di nuovo nel Leicestershire e inoltre nel Nottinghamshire. Se l’anno prima, a Coventry, quelle liberatrici rivelazioni in parte coperte ancora da un velo embrionale avevano iniziato a
scavare nel suo animo, adesso quel rivoluzionario nuovo
seme iniziava la sua crescita
con maggior certezza, con
più convinzione: « [...] dopo
aver ricevuto dal Signore
quell'illuminazione, che mi
mostrò come l’esser stato
educato a Oxford o a Cambridge non bastava per abilitare a essere ministro di
Cristo, i preti persero per me
di valore, e mi sentii più attirato verso i dissenzienti —
scrive ancora —. Ma come
avevo abbandonato i preti,
così pure abbandonai i predicatori separatisti, anche se
considerati come i più sperimentati; avendo visto che
nessuno vera, fra tutti costoro, che sapesse dire una parola che facesse al mio caso »
(Giornale, p. 10). Dopo tutto
questo lungo tragitto, Fox arriverà a scoprire che quella
libertà religiosa tanto ricercata è racchiusa nel nostro
interno, non c’è alcun bisogno di ricercare esteriormente ciò che è internamente.
C’è la luce di Gesù Cristo
con la sua scintilla divina
che agisce, e che è in ciascuno di noi.
Un sobbalzo
di gioia
Fox scriverà: « [...] allora
udii una voce che mi diceva: ”Vi è uno solo che
possa dire una parola che
faccia al caso tuo: egli è
Gesù Cristo”: 'alle quali parole, il mio cuore sobbalzò
per la gioia. Allora il Signore
mi fece conoscere la ragione
per cui nessuno vi era sulla
terra che potesse confortarmi nel mio stato ». « [...]
Adesso la mia brama del Signore, il mio zelo nella pura
conoscenza di lui e di Cristo
soltanto, senza l’aiuto di alcun uomo, libro o scritto, aumentarono d’intensità ».
L’essenza del
quaccherismo
Dentro queste parole è racchiuso il perno, l’essenza, la
sorgente di tutto il quaccherismo che da lì a poco piano
piano iniziò a svilupparsi e
ad espandersi. Il pensiero di
Fox si può riassumere nelle
due parole « luce interiore »; questo pensiero trovò
presto degli ammiratori, simpatizzanti e tanti sostenitori; tra i primi troviamo Isaac
Penington (1616-1679), William Dewsbury (1621-1688),
Robert Barclay 0648-1690),
William Penn (1647-1718); è
con questi primi Amici die il
quaccherismo prende corpo
sino a diventare un vero movimento.
Sarà a Swarthmoor Hall
(vicino a Ulverston, contea di
Lancashire), una grande casa
di campagna, che si iniziarono a costituire i fondamenti
della futura Società degli
Amici. Swarthmoor Hall di
viene la casa madre di tutti i
« Figli della luce »; si chiamavano cosi nei primi tempi
i seguaci di George Fox. A
Swarthmoor, Fox conobbe
Margaret Fell, questa divenne la sua compagna, si sposarono nel 1669.
Negli anni successivi al matrimonio (anche se qualcosa
era già iniziato prima) molteplici persecuzioni si abbatterono su Fox; subirà spesso
carcerazioni ed anche torture; quasi sino alla fine della
sua vita torneranno spesso
altre dolorose vicissitudini
inflitte, del resto, anche a
tantissimi suoi compagni, e
la stessa sorte toccò in parte
anche alla moglie.
Gioie e amarezze
della missione
Comunque, tra una prigionia e l’altra, troverà sempre la forza di continuare
ad andare avanti nella sua
missione; una missione fatta di amarezza ma anche
di gioie; tanti « Figli della
luce » lo attendevano in varie parti del mondo, lui andava a trovarli, o scriveva,
portando loro consigli, incoraggiamenti, speranze, aiuti, amicizia; prendendosi a
cuore la sorte di tutti quei
compagni che erano sparsi
un po’ ovunque.
In una lettera scritta da
Londra a sua moglie si legge: « [...] dall’Olanda mi
giungono buone notizie: alcuni Amici sono partiti per
esser presenti all’assemblea
annuale di quella nazione in
Amsterdam. Gli Amici che
erano stati banditi da Emden
sono ?tati riammessi in quella città. A Danzing, invece,
gli Amici sono in prigione.
[...] da lettere ricevute dall’assemblea semestrale d’Irlanda apprendo che lì tutti
riposano nell’amore. [...] a
Barbados gli Amici sono in
tranquillità. [.■•] anche ad
Antego e a Nevis la verità fa
progressi. , [...] egualmente
nella Nuova Inghilterra ed
in altre località gli’interessi
della verità e degli Amici prosperano » (Giornale, p. 338).
La lettera è datata 1678, spedita da Londra.
Nuovi impulsi
al movimento
George Fox contribuì anche con i suoi numerosi scritti a dar maggior impulso al
neomovimento; scrisse molto: libri, opuscoli, epistole,
lettere; parecchio del materiale veniva dato alle stampe,
10 pubblicava l’editore Thomas Ellwood, amico di Fox,
segretario di John Milton.
Tra la sua vasta produzione
di scrittore fa spicco II giornale, che rimane senz’altro
11 testo più importante. Ha
avuto diverse edizioni, la prima uscì nel 1694, nell’edizione curata dallo stesso Thomas Ellwood. Via via si sono
susseguite negli anni altre
edizioni.
Il principale
documento
L’edizione italiana (di cui
mi sono servito per questo
scritto) è stata edita nel 1969,
presso le Edizioni Religioni
Oggi, a Roma; venne tradotta e curata da Giovanni Pioli,
si potè stampare grazie ai generosi aiuti degli « Amici dei
quaccheri » e della « Rebecca
White Trust Foundation ». E’
il principale documento (riguardo al mondo quacchero)
che abbiamo nella nostra lingua.
Fino all’ultimo, Fox si dette da fare per diffondere una
libera fede, dovunque andava il suo desiderio era quello di poter parlare dell’importanza della « verità rivelata internamente »: la luce
interiore, suggerendo l’ascolto, il silenzio.
Gli ultimi anni
passati a Londra
Gli ultimi anni della sua
vita li passò quasi tutti a
Londra e nelle vicinanze,
e propria a Londra nel
mese di gennaio del 1691
(mese undecimo per il calendario di quel tempo),
mori all’età di 67 anni. Due
giorni dopo avvenne la sepoltura. « [...] gli Amici trasportarono la cassa sulle spalle,
senza fare uso di bara né di
coltre funebre, senza neppure che l’esterno della cassa
fosse verniciato, lasciandola
bensì nel suo colore naturale,
ma ben levigata e assai dignitosa » (lettera di Robert
Barrow, appendice al Giornale, pp. 341-342).
Fu tumulato nel cimitero
quacchero di Bunhill-Fields
a Londra. Ci dice Barrow
nella sua lettera; « [...] la
maggior parte del tempo dell’ultima sua malattia io rimasi con lui, e lo udii pronunziare molte espressioni vive
e possenti che commossero i
presenti. Non vi fu indizio
che egli molto soffrisse, né
mai si lamentò delle sue peChiuse da sé gli occhi
ne
e la bocca: e rimase come si
fosse addormentato. Sembrava anzi che il volto fosse atteggiato a un sorriso », e
continua; « [•••] Voglio aggiungere, Amici, che circa
due ore e forse meno, prima
di morire, egli mi prese per
mano e mi pregò di ricordare
agli Amici il suo amore per
loro dovunque viaggiassi ».
Quando George Fox pronunciò quelle sue ultime parole era il 13 gennaio 1691.
Luciano Masolini
8
8 fede e cultura
18 ottobre 1991
CINEMA
VILLA LITERNO
Urga, territorio d'amore Non c’è pace
Il film eh© hs vinto il Lson© d oro si fsstiv©! di V©n©zi3 è un 3f"
fr©sco gIbqìqco sulld vit3 0 sull© tr3dizioni d©ll3 st©pp3 monQol©
per Jerry Massio
Urga è l'antico nome di UlanBator, capitale della Mongolia
Esterna, ma nel film prende due
altri significati: è il bastone con
una specie di lazo usato dagli allevatori mongoli per catturare e
condurre il bestiame; e quando
i mongoli piantano l’urga in terra vuol dire che in quello spiazzo ci sono amori in corso e la
zona è off-limits per chiimque, è
territorio d'amoi’e: così si spiega il titolo del film.
Dalla steppa della Mongolia
Esterna è venuto a vivere nella
steppa della Mongolia Interna
(cinese) un piccolo allevatore di
pecore e cavalli. Si chiama Combo, ha una bella moglie, tre bambini, la vecchia madre. Vivono
in una joirta isolata (forse bisognerebbe dire uno yurta, se il
vocabolo è maschile), grande capanna onnicomprensiva dove
sempre passa Bayartu, un estroso amico di ritorno dalla vicina
città di confine, perennemente
ubriaco, perfino il cavallo caracolla a zig zag. Combo vuol far
l'amore con la moglie ma lei rifiuta perché la legge non consente Un quarto figlio e suggerisce
al marito di andare in città a
comprare i profilattici. Quando
entra nella farmacia Combo è
l'unico cliente con sei commessi
schierati a salutarlo e proprio
una commessa, vedendolo intimidito, gli chiede se vuole un preservativo. Nò, mente, e vaga per
le strade, scopre le minute delizie della vita commerciale, i
dolcini, la giostra sulla quale si
addormenta, alla fine toma a casa con i tesori della civiltà, una
bicicletta, addirittura un televi-sore. Al diavolo le precauzioni,
Combo e la moglie avranno un
quarto figlio, che anni dopo racconterà questa storia.
Storia della famiglia, della
steppa ormai inquinata dalle ciminiere, storia anche di Sergej,
un simpaticone russo che lavora
in un cantiere stradale e che un
giorno capita nei pressi di Gombo perché guida piuttosto alticcio e il camion è finito in panne. Nell’economia del film Sergej rappresenta la memoria storica, gli avi, ciò che si credeva
e non si crede più, come si viveva e non si vive più, la nostalgica semplicità del tempo andato. Nel night-club dove va con
Gombo, a un certo punto Sergej,
alquanto bevuto, non ricorda più
il nome del bisnonno e piange
disperato: ha smarrito la continuità e per ritrovarne il filo afferra il microfono e intona « Le
colline della Manciuria », il valzer della patria perduta.
Al di là degli accadimenti il
film è una elegìa sulla steppa,
i silenzi, i vasti spazi, paesaggi,
incanti, luci, solitudini, il vento
che soffia forte e piega le messi
e ti pare di percepire suoni e
odori, il caldo e il freddo. Poi
le cadenze quotidiane lente, magari serene, in qualche caso primitive o barbare o ingenue, l’uccisione e sventramento minuzioso di una pecora mangiata arrostita come in un rito tribale:
CRONACA E TESTIMONIANZA
L’avvocato
delle donne
L3 viol©nz3 (Jello stupro 3ttr3v©rso I© p3rol©
d©gli otti proc©ssu3li: un trsgico docum©nto
Ne L avvocato delle donne’
Tina Lagostena Bassi ricostruisce dodici storie crudeli di stupro con parole tratte dagli atti
processuali. Di queste, undici appartengono alla cronaca quotidiana del nostro tempo, la dodicesima è tratta dalle carte di
un processo di quattrocento anni fa, che ebbe al suo centro
Artemisia Gentileschi, una giovane donna, forse la migliore
pittrice del nostro Rinascimento.
E sorprendente constatare
che quest’ultimo processo è simile a tanti altri contemporanei
per un comune denominatore:
come allora, si cerca di dimostrare che l’uomo è innocente;
ma come? Denigrando ed infangando la vittima. E’ caduto il
muro di Berlino, però l’antica
cronaca degli stupri non conosce declino; gli uomini continuano a violentare, le donne ad
essere violentate ed ancora, come allora, i processi contro gli
stupratori si riducono ad un’ulteriore violenza contro la vittima.
Per capire appieno il significato ed il valore di questo libro va ricordato che l’autrice
del presente lavoro è un avvocato, la sua curatrice una giornalista, ambedue da lunghi anni professionalmente impegnate
nella difesa delle donne e dei
loro diritti.
Al lettore è dato così di sfogliare i verbali di dodici processi. E’ riportato sia lo stile burocratico dei rapporti della po
lizia, sia il tono angosciato delle vittime, sia quello insolente
ed a volte assurdo degli imputati, come il linguaggio capzioso ed arrogante dei difensori;
sono stili, toni e linguaggi diversi, che per l’attento lettore
riescono efficacemente a rendere gli stati d’animo dei vari
attori dell’intero dramma dello
stupro, che si compone di due
terribili momenti o atti: quello
della violenza fisica e il secondo della violenza morale e legale, che si compie tra le mura
di un’aula giudiziaria.
Questo libro è una valida testimonianza di questo duplice
delitto, che impunemente si perpetra e perpetua nella nostra
società. Si tratta di un utile
strumento per far conoscere e
scovare certe mentalità, certi
pregiudizi e razzismi, tuttora
profondamente radicati nel nostro tessuto sociale e nella nostra cultura, perché intaccano
sia il popolino che gli intellettuali.
Qserei consigliarne l’uso e la
lettura nelle scuole superiori,
sotto la guida di un professore
esperto in queste problematiche
o di uno psicologo, perché lo stupro riguarda un grosso problema che risale, molto spesso, ai
primi fondamentali rapporti della nostra esistenza.
Fernando lachini
la saggezza si compone anche di
tali elementi, fusi e mescolati?
Leone d’oro quest’anno a Venezia, più altri due premi, « Urga » e intellettuale e raffinato, il
Suo autore Nikita Michalkov conosce Cechov e Fellini. Ci sono
lampi divertenti pure se un po’
esagerati: « Com’è fare l’amore
con il profilattico? Come fare il
bagno con gli stivali »; il sacerdote di un tempio (di che religione?) non consola Gombo:
« Hai dei problemi? Li ho anch’io! »; « Quest’estate, andremo
a riposarci a Los Angeles, andremo a vedere i giapponesi a Los
Angeles ». La fotografia è magnifica, i pochi personaggi sono
tutti retti da non professionisti,
salvo lo straordinario attore russo Vladimir Gostukhin che fa
Sergej e si muove come Dario
Fo.
Bellissima opera per amatori.
Però costruita, meditata. Dalla
quale perciò non si libra l’ala
della poesia, come per esempio
nel celebre film di anni fa « Dersu Uzala » sulla taiga siberiana,
o nel libretto del russo Prisvin,
Radice di vita sulla natura
come sfondo della vita dei popoli.
Renzo Turinetto
Venerdì 4 ottobre, verso le nove del mattino, nella piazza di
Villa Literno si notano subito
quattro persone venute da fuori; tre evangelici, pastore compreso, ed un sindacalista della
CGIL di Caserta.
Soltanto loro e due o tre vigili urbani (ma questi per ordine di servizio) aspettano la
Carovana della pace che fa tappa qui per ricordare Jerry Massio, il giovane immigrato di colore ucciso a fine agosto deH’89.
Le auto ed i pulmini della carovana arrivano con sopra tante bandiere bianche delle ACLI
e qualcuna gialla della Lega ambiente, in tutto saranno una decina di persone. La gente intorno alla piazza, per lo più pensionati, seduti davanti al bar o
alle varie sedi di partito, osserva ma non partecipa, non mostra neanche curiosità. Si attende il sindaco.
Ed il sindaco arriva con l’aria
insolente e scocciata di chi è
costretto ad intrattenere per dovere e contro voglia ospiti non
graditi. La sua presenza è dovuta al pacchetto di voti che le
AGLI di Caserta rappresentano.
Nel frattempo gli evangelici si
presentano ai leader delle ACLI
che dirigono la carovana; si
chiede che il pastore possa prendere la parola quando al cimitero si deporranno i fiori sulla
DOCUMENTAZIONE
La Riforma
a Venezia
L3 pr©s©nz3 ©V3ng©lic3 n©ll3 città I3gun3r© L3 figur3 (d©l v©scovo V©rg©rio © P30I0 S3rpi
* T, LAGOSTENA BASSI, L'avvocato
delle donne, Milano, Mondadori, 1991,
pp. 190, L. 28.000.
L’importanza della Riforma in
Venezia e nei territori ad essa
sottoposti è attestata da due poderose opere uscite lo scorso secolo, bibliografia a parte, ancora valide: ’’Geschichte der Reformation in Venedig” di Conrad Benrath, uscita ad Halle nel
1887 e ”I nostri protestanti durante la Riforma nel Veneto e
nell’Istria” del noto storico valdese Emilio Comba, edita dalla
Claudiana nel 1897.
In occasione del XVII febbraio 1991 Alfredo Berlendis ha
esposto in Venezia una accurata
ricerca su ”La Riforma a Venezia nel Cinquecento”, successivamente edita dalla Cooperativa tipografica battista ’’Filadelfia” di
Altamura. in poche paginette,
divise in brevi capitoli, viene
esposta la presenza evangelica e
riformata nella città di Venezia,
con eccezione dei domini ad essa sottoposti, nel secolo cruciale per la riforma evangelica della chiesa.
Tra le spigolature, merita di
essere segnalata la pubblicazione
della Bibbia in volgare, presso
un tipografo veneziano, nel 1532.
, traduzione è, come noto,
del fiorentino Antonio Brucioli.
Altra notizia che necessiterebbe
forse di maggior investigazione
storiografica è quella relativa al
P®®®tbile edizione veneziana
del ’Beneficio di Cristo” (1542)
(p. 10).
L’importanza degli stampatori
venezmni è attestata da due imponenti roghi di ’’libri eretici”
(1548-1559). Venezia, ricorda Berlendis, nonostante si opponesse
all introduzione nei suoi domini dell’Inquisizione romana, non
fu affatto tenera nei confronti
degli eretici, perseguitati, incarcerati e puntualmente affogati
(pp. 12, 21-24 e 31-33).
Alcuni brevi ritratti illustrano
l’opera di Pietro Paolo Vergerlo
(1498-1565) e di fra Paolo Sarpi
(1552-1623). Il primo, dopo la
laurea in legge a Padova, avviatosi alla carriera diplomatica
per conto della ’’Serenissima”
allacciò, tramite il cardinale veneziano Pietro Bembo, intensi
rapporti con il riformatore Pier
Martire Vermigli e il cardinale
Reginald Pole. Ordinato prete e
vescovo, svolse un’intensa opera
evangelica dapprima a Capodistria e successivamente, sfuggendo al braccio secolare veneziano, nei Grigioni. Di fra Paolo Sarpi, riprendendo le note tesi di Cesare Cantù ed Emile Léonard, Berlendis sottolinea la collaborazione con Giovanni Diodati, negli anni 1605-1608, per diffondere con la sua versione della Bibbia (1607) la Riforma in
città (pp. 19-20 e 34).
La diffusione della teologia
evangelica nella città di Venezia
è rilevata nel recente articolo,
citato nel libretto, di Pitjof
Roch, teologo luterano veneziano, ”Le opere di Lutero e la
Chiesa luterana a Venezia”
(1990), ove si danno, per il biennio 1548-1550, le seguenti percentuali di popolazione protestante
in Venezia; ”4,1% in S. Alvise,
l’ll,4% in Rialto e S. Moisè
2,3% in S. Apollinare, S. Marina
e SS. Apostoli”.
Nell’esprimere gratitudine a
Berlendis per la sua fatica mi
permetto di invitare i visitatori della stupenda città lagunare
a munirsi dell’opuscolo, adeguato complemento alle guide turi
ctlpVlP
Eugenio Stretti
Alfredo BERLENDIS, La Riforma a
Venezia nel Cinquecento, Altamura,
Coop. "Filadelfia”, 1991, L. 5.000,
tomba di Masslo. Giorni prima
i dirigenti napoletani delle ACLI
erano stati informati e si era
ricordato loro l’incidente dei funerali (quando fu imposto il rito cattolico), ma questi avevano risposto che non c’entravano
niente con l’organizzazione.
Prima di avviarsi al cimitero,
gli evangelici ripropongono la loro richiesta ed uno dei leader
della carovana se ne esce dicendo che anche se Masslo era un
musulmano una preghiera fa
sempre bene.
L’aver ricordato con forza che
Jerry Masslo era di confessione
battista, e che il vescovo di
Aversa aveva imposto, con la
complicità del sindaco, il funerale con il rito cattolico, provocando l’indignazione delle chiese protestanti, permette che il
pastore possa per primo pregare sulla tomba.
Parla pure il sindaco che stravolge quel poco di ipocrisia, che
pure si era prefisso, con perle
di volgarità presentando Jerry
Masslo, che era un rifugiato politico, come un poveraccio a cui
Villa Literno offriva l’opportunità di sopravvivere. Il suo problema è di difendere il buon nome del paese capitato per disgrazia sulla ribalta nazionale.
Il sindacalista della CGIL, giustamente, dopo lo squallore del
sindaco, prende la parola per ribadire che l’assassinio di Jerry
Masslo non deve essere rimosso, ma deve diventare un impegno di lotta.
La cerimonia finisce; la caro
vana continua la sua marcia verso Reggio Calabria; il sindaco,
liberatosi finalmente dagli intrusi, va in municipio a raggiungere amici e clienti.
Allontanandosi con le auto, ai
bordi delle strade di periferia
e di campagna, si incontrano
tanti giovani di colore. Nella
piazza invece solo bianchi, come in Alabama: anche loro, come il sindaco, nella carovana
hanno visto soltanto un intruso
che non ha niente a che fare
con la loro vita.
Altri da fuori torneranno a
portare un saluto sulla tomba
di Jerry Masslo, l’eroe degli immigrati in Italia. Ma viene da
piangere per la rabbia pensando che nessuno prende l’impegno di far diventare Jerry Masslo cittadino di Villa Literno.
Vent’anni fa cantavamo, con
Joan Baez, « Neri e bianchi insieme » e pensavamo agli USA: oggi è un nostro problema e non
bastano tre evangelici e un sindacalista per risolverlo.
Mimmo Guaragna
Appuntamenti
Mercoledì 23 ottobre — TORINO; A
cura del Centro evangelico di cultura "A. Pascal" e del Gruppo di studi
ebraici, si tiene presso II salone dell'Ist. bancario S. Paolo (via Santa Teresa), con orarlo 17-20, la seconda
giornata del seminarlo su Immigrazione, diversità, razzismo. Parlano: Luigi
Mancohi (Una tipologia dei razzismi
possibili), Francesco Ciafaloni (Immigrazione e razzismo in Piemonte) e
Miriam Mafai (Immigrazione e mezzi
di comunicazione di massa).
Domenica 27 ottobre — VENEZIA: In
occasione della domenica della Riforma alle ore 11, presso la chiesa valdese, avrà luogo II culto in comune
fra comunità valdese e comunità luterana.
31 ottobre - 1“ novembre — VELLETRI; Presso II centro di Ecumene si
svolge il seminario giovani dedicato
alla questione femminile. Per informazioni tei. 06/9633310-9633947-4743695.
9
r
18 ottobre 1991
valli valdesi
9
INTOSSICAZIONI ALIMENTARI
Nuovo ambulatorio
medico
Attenti in cucina!
FERRERÒ — Segnaliamo con
soddisfazione che dopo anni di
attese, solleciti, petizioni e mugugni, finalmente, settimanalmente, da giovedì 10 ottobre ha
iniziato a funzionare il nuovo
ambulatorio medico nei locali
della chiesa ai Chiotti, a piano
terra, dalle 14 alle 16. Il servizio era molto atteso, soprattutto, come è naturale, dagli anziani della zona che trovano notevoli difficoltà a recarsi a Perre
ti:
Scarsa igiene nella preparazione dei cibi, alimenti già contaminaqueste le maggiori cause delle infezioni - Le fasce più esposte
li punto
sull’elisoccorso
Per il dono del
midollo osseo
VILLAR PEROSA — A due an
ni di distanza dalla morte di
Rossano Bella, da cui ha preso
nome l’Associazione nata per
promuovere il dono del midollo
osseo, si svolgerà il 26 ottobre
la prima assemblea dei soci fondatori e dei collaboratori, a partire dalle 20,30 presso la biblioteca comunale.
Parteciperanno autorità nel
campo medico quali il prof. Sergio Curtoni, direttore della sezione Genetica e Biologia dell’Università di Torino, esponenti
dell’AVIS, autorità politiche locali e regionali.
Si tratta dunque di un ulteriore importante passo nella lotta alla leucemia; oggi il registro nazionale dei donatori di
midollo osseo conta su 11.000
iscritti e sono inoltre in previsione 9 trapianti di midollo osseo, dei quali 6 da donatore italiano, 2 da donatore francese e
uno da donatore inglese.
Decine di persone intossicate
in seguito ad un pranzo a Prarostino, la mensa della stessa
USSL 42 che deve essere chiusa per presenza di episodi di
salmonellosi, ricóveri in ospedale l’anno scorso a Bibiana in
seguito ad un pranzo sociale;
che cosa succede per assistere
ad una serie così preoccupante
di intossicazioni alimentari? Non
ci sono puntuali controlli delle
USSL? Quali rischi incontrano
i cittadini a seguito di una tranquilla cena fra amici? Ne parliamo col responsabile del servizio di igiene dell'USSL 43, doti.
Marco Pratesi.
« Le intossicazioni sono dovute ad una scarsa igiene nella
preparazione dei cibi e ad una
scarsa conoscenza dei sistemi di
conservazione dei cibi stessi. Se
si presta attenzione ai metodi
di conservazione, anche nell’eventualità di presenza di microbi,
essi non possono svilupparsi.
C’è poi un ulteriore elemento
che va considerato: l’igiene delle persone addette alla preparazione dei cibi; ci sono ancora
molti operatori che non hanno
avuto una preparazione idonea,
non sono dei professionisti. Questo vale tanto piu nel caso di
aziende agrituristiche, dove in
teoria chiunque può decidere di
somministrare dei pasti, seppure a certe condizioni. Non va
dimenticato che è inoltre possibile acquistare, da parte del
ristoratore, cibi già contaminati; per esempio i salumi o l’in
salata di carne cruda possono
maggiormente esporre a questo
tipo di infezioni ».
Proprio per far sì che ogni
operatore del settore sia a conoscenza di tutte queste problematiche l’USSL 43 aveva organizzato negli anni scorsi dei
corsi di formazione; quale fu
l’esito?
« Il primo anno questo corso
era rivolto al personale delle
mense dell’ospedale, delle scuole, delle case di riposo ed ha
avuto una buona partecipazione.
L’anno scorso il corso è staio ripetuto proponendolo ai ristoratori; purtroppo soltanto un
terzo delle persone potenzialmente interessate hanno partecipato. eppure l’importanza di questi incontri sta proprio nella conoscenza dei rischi che porta ad
una effettiva prevenzione. Lo
scorso anno abbiamo avuto un
episodio di intossicazione a Bibiana ad una festa popolare; in
quel caso si è poi scoperto che
il problema era nato dal salame acquistato presso una ditta
del Cuneese e che era stato mal
conservato. Da allora abbiamo
inviato a tutti i comuni un modulo che deve essere compilato
ogni volta che si organizzano
feste pubbliche in cui si prevede la somministrazione di cibi
e si chiede di indicare il responsabile dell’iniziativa, nonché di
adempiere ad alcune misure di
igiene ».
Si è parlato, a proposito degli
ultimi episodi di intossicazione,
di salmonella; ma è cosi diffu
sa? E quali sono i rischi reali
per la popolazione?
« Le salmonelle sono in realtà
presenti negli intestini di tutti
gli animali. Sono per altro diverse le reazioni, neU’essere umano, a seconda della condizione
di base della persona che viene
in contatto con l’infezione. Gli
adulti sani avranno al più diarrea o vomito, cui, possono resistere senza grossi problemi;
bambini molto piccoli o anziani possono sviluppare delle diarree tanto forti da portare a gravi episodi di disidratazione ».
Curiosamente si sono verificati episodi di gravi intossicazioni
alimentari proprio in un perio-.
do particolarmente umido come
questo autunno; anche il clima
può favorire l’insorgere di queste intossicazioni?
« E’ difficile, visto che comunque i casi sono fortunatamente
ridotti, attribuire una stagionalità a questi fatti, anche se effettivamente un’elevata umidità
unita a temperature non troppo basse potrebbe in qualche modo favorire lo sviluppo
delle salmonelle, se i cibi vengono lasciati a temperatura ambiente. Noi effettuiamo tutto l’anno dei controlli sugli alimentaristi col rinnovo dei libretti sanitari di legge; generalmente durante l’anno scopriamo alcune
unità infette: si tratta però di
persone che stanno benissimo
ma che sono dunque portatori
sani ».
Piervaldo Rostan
TORINO — Venerdì 11 ottobre, nel corso dì una cerimonia
che ha visto la partecipazione
di tutti quegli enti (Regiohe,
Aci, Vigili del fuoco. Arma dei
carabinieri) coinvolti nell’attività dell’elisoccorso, è stato fatto
il punto su questo servizio istituito tre anni fa. In questo periodo sono stati effettuati 6.700
interventi, il 62% dei quali in
occasione di incidenti stradali;
fra le cause di richiesta di intervento vanno anche segnalati
gli incidenti in montagna (16%)
e quelli nel settore agricolo
(11%).
La rapidità dell’intervento ha
sicuramente permesso di - salvare centinaia di vite umane e di
evitare invalidità permanenti.
Emissioni
atmosferiche
TORINO — « Solo 15.000 aziende, su un totale di oltre 76.000
in Piemonte, hanno presentato
domanda di autorizzazione per
le emissioni atmosferiche ». Lo
ha affermato l’assessore regionale all’Ecologia, Garino, condividendo le preoccupazioni di quanti segnalavano questo dato poco incoraggiante. Questa notizia
è emersa durante il dibattito in
Consiglio regionale che esaminava la proposta di ridurre i limiti massimi di emissioni per gli
impianti produttivi esistenti, poi
accolta con l’astensione di Verdi e PDS preoccupati che queste misure in realtà non riescano ad incidere sufficientemente.
REGIONE PIEMONTE
ALTA VAL PELLICE
I conti delle USSL L’energia arriva all’alpeggio
L’assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Eugenio Maccari, ha incontrato lunedì 14 ottobre gli amministratori straordinari delle 63 USSL del Piemonte.
Oggetto dell’incontro la nota situazione finanziaria ed in particolare il diniego da parte del governo, per la prima volta, di « saldare i conti delle USSL », ovvero
di capire tutte le necessità di fondi evidenziate dalle singole Unità
sanitarie per il 1991. E’ infatti
ipotizzabile un trasferimento ulteriore al Piemonte di 220^240 miliardi, che comunque porterebbe
l’ammanco reale a livello regionale a circa 430-450 miliardi. Come capire questa necessità in
tempi così ristretti? « La Regione
non dispone certo dei fondi necessari — ha precisato Maccari —
e se l’ipotesi fosse quella di contrarre un mutuo decennale, la rata annuale, pari a 70-75 miliardi di
lire, sarebbe elevatissima azzerando ogni possibile autonomia finanziaria impositiva ( tasse regionali aggiuntive su bollo auto, benzina, ecc.) ». Dunque l’assessore,
nel richiedere agli amministratori straordinari delle USSL di procedere ad una drastica revisione
dei costi senza intervenire, nei
prossimi giorni, con alcuna riduzione di servizi né ospedalieri né
territoriali, ha distribuito una
sorta di « questionario » da restituire entro una settimana riportante le effettive, reali ed obbligatorie necessità finanziarie a cui le
USSL non possono assolutamente
rispettivi prefetti, al fine di illustrare ancora una volta la gravità
della situazione e le eventuali coriseguenze in assenza di interventi.
L’assessore Maccari ha voluto
informare nei giorni scorsi sia la
Giunta che il Consiglio regionale
onde evitare nei prossimi giorni
spiacevoli sorprese anche perché
il problema investe tutta la Regione, non il solo settore. Gli amministratori delle USSL, accornpagnati dai coordinatori amministrativi, da parte loro hanno dimostrato di aver compreso la necessità di un radicale cambiamento nelle scelte gestionali, con
una crescente attenzione ai costi,
all’utilizzo del personale, delle attrezzature, delle sale operatorie
ed hanno convenuto sulla impellente necessità di radiografare
minuziosamente la propria USSL
alla ricerca di eventuali spese superflue rinviabili o rinunciabili,
anche alla luce del DDL collegato alla finanziaria 1992 (per la
parte relativa alla Sanità) che stabilisce precari parametri che le
USSL devono rispettare, a cominciare dalle conseguenze che deriveranno agli ospedali pubblici
per tassi di utilizzazione dei posti letto inferiori al 75%.
Nel 1986 la Comunità montana
vai Pellice diede concretamente
avvio ad una serie di interventi
di recupero dei numerosi alpeggi
comunali (22 suH’intero territorio della valle); all’intemo di
questo programma un’attenzione
particolare venne data all’elettrifioazione di 11 di questi alpeggi
mediante la costruzione di piccole centraline idroelettriche in grado di utilizzare le fonti d’acqua
presenti.
« Abbiamo lavorato in questi
anni per garantire questo importante servizio agli allevatori che
ancora salgono agli alpeggi — dice il responsabile del servizio di
agricoltura della Comunità montana, Enzo Negrin — nella consapevolezza di dare un aiuto fondamentale agli agricoltori, oltretutto producendo un’energia pulita
e con scarso impatto ambientale ». Ed in effetti le centraline so. no decisamente di piccole dimensioni (la più grande, quella del
Fra, può produrre al massimo
30 Kw/ora) ma, anche a seconda
della data di inizio di funzionamento, oltre aH’illuminazione è
ora possibile utilizzare apparecchiature ad uso agricolo, nonché
elettrodomestici di uso civile.
Si ristruttura l’Alpe Caugis, nel comune di Villar Pellice: uno degli
alpeggi oltre i 2000 metri.
«Nella scelta del tipo di centraline — aggiunge Negrin — abbiamo tenuto conto della disponibilità idrica della zona, del dislivello dal punto di presa al punto
di rilascio delle acque, del fabbisogno di energia valutato per
ogni singola situazione ».
Per la realizzazione delle opere
L
sottrarsi.
Le risposte consentiranno un’ulteriore azione nei confronti del
governo, responsabilmente limitata alla richiesta delle risorse
« irrinunciabili ». Inoltre apposite
delegazioni degli amministratori
delle USSL di ogni provincia incontreranno nei prossimi giorni i
AUTORIPARAZIONI
Costantino Marco
Officina autorizzata FIAT
LA PRIMA IN PINBROLO
Via Montebello, 12 10064 PINEROLO
Tel. 0121/21682
è stato possibile accedere ai finanziamenti previsti per le energie alternative ed il risparmio
energetico stabiliti dalla legge
308 del 1982; il totale delle spese
per le centraline supera di poco i
700 milioni di lire.
Nel frattempo sono andati
avanti anche i lavori di adeguamento delle baite utilizzate dagli allevatori o per la produzione
di formaggi: un altro decisivo
passo per mantenere in montagna un certo tipo di agricoltura;
i dati di oggi parlano di un sostanziale mantenimento del patrimonio zootecnico della valle, anche se fosche nubi si addensano
sul futuro.
Nei soli, alpeggi interessati dall’elettrificazione sono utilizzate
circa 50 baite, con oltre 40 addetti alla pastorizia; il patrimonio di animali risulta essere di
circa 3.800 ovini, 770 caprini e
615 bovini.
P. V. R.
10
to v^alli valdesi
18 ottobre 1991
COLLEGIO VALDESE
TORRE PELLICE
La galassia video
Una settimana di seminario per comprendere le tecniche e le strategie comunicative della televisione - Come essere spettatori critici
Prodotti biologici:
un bilancio
Nell’ambito di una serie di
iniziative che intendono portare
gli studenti a contatto con le
realtà extrascolastiche, il Collegio valdese ha ospitato durante la scorsa settimana un
seminario sulla televisione, coordinato da un’équipe di "Protestantesimo”.
All’iniziativa hanno aderito circa trenta studenti, che per sei
giorni hanno avuto la possibilità di entrare nel mondo della
televisione, scoprirne i segreti,
svelarne i trucchi.
Abbiamo chiesto a Renato
Maiocchi, che ha condotto il seminario, di parlarci di questa
esperienza e di illustrarci il senso di questa settimana al Collegio valdese.
« I ragazzi, i giovanissimi — dice Maiocchi — sono i principali fruitori del mezzo televisivo,
è stato quindi molto importante per loro aprire una finestra
su questo mondo, del quale poco o nulla conoscono e che sono abituati a ricevere passivamente. Il principale intento di
questo seminario infatti è stato
proprio quello di fornire loro
gli strumenti necessari per una
fruizione meno passiva e acritica e credo proprio che questo
obiettivo sia stato raggiunto ».
Quali sono stati i momenti
principali del seminario?
« Dapprima c’è stata la fase
dell’ideazione — spiega Maiocchi — durante la quale i ragazzi hanno visto come si stende
una scaletta e come si analizzano le proposte. Poi si è passati alla realizzazione delle interviste, con visione critica e commento. Successivamente i ragazzi hanno affrontato la grammatica dei testi televisivi e hanno lavorato in gruppo per la
scrittura dei pezzi per gli speaker e per i pezzi in campo. In
ultimo abbiamo fatto vedere loro come avviene un montaggio
e come si prepara un set, nella
fattispecie quello di "Protestantesimo” per la ripresa del concerto nel tempio valdese ».
Che tipo di contributo pensi
pHDssa aver dato la frequenza
al seminario alla formazione
dei ragazzi che vi hanno preso
parte?
« In primo luogo i giovanissimi partecipanti hanno dovuto
continuamente scrivere, rielaborare, riassumere; e dire che molti di loro pensavano che frequentare il seminario fosse un modo
come tanti di risparmiarsi una
settimana di scuola! Questo tipo di lavoro quindi li ha molto impegnati e credo che sarà
molto utile anche per lo studio
e l’attività scolastica. Per alcuni di loro poi mi è sembrato
che si andasse oltre il semplice
interesse, e quindi non vorrei
sbagliarmi nell’ipotizzar e che
forse è stato un suggerimento
per la scelta degli studi o del
lavoro dopo la fine del liceo ».
Ci sono stati dei momenti particolarmente significativi durante questa settimana di lavoro al
Collegio?
« In generale per noi tutti dell’équipe è stato sempre molto
stimolante avere di fronte dei
Negli ultimi anni sensibile la crescita di interesse da parte di consumatori più attenti
ragazzi giovani, interessati, curiosi, critici ed esigenti. Devo
dire che all’inizio la maggior
parte non immaginava davvero
che ’’fare televisione" fosse così
complesso. Insamma, i più credevano che bastasse accendere
una telecamera e riprendere. La
scoperta delle varie fasi che conducono alla realizzazione di un
programma televisivo è stata
per quasi tutti molto graduale
e soprattutto molto sorprendente. Quando abbiamo preparato
le interviste, per esempio, diversi tra i partecipanti si sono stupiti della complessità di un lavoro del genere.
Tutto questo credo davvero
sia stato importante, proprio
perché l’intento del seminario
era quello di condurre i ragazzi all’interno della televisione,
renderli consapevoli che il prodotto finito, il programma, è ben
altra cosa da quello che si immagina e che dietro c’è un lavoro importante e complicato ».
Pensi che un’esperienza del genere possa ripetersi?
« Sarebbe auspicabile che l’esperienza possa ripetersi, anche
se al momento ci sono delle difficoltà logistiche legate allo spostamento di una intera troupe
e dei mezzi. Noi saremo sempre
ben lieti di poter prestare le
nostre competenze e metterle al
servizio dei più giovani ».
Il programma realizzato dai
ragazzi del Collegio ha avuto
come tema il Collegio stesso e
potremo vederlo proprio così
come è stato elaborato, costruito e inventato in questa settimana di seminario alla metà di
novembre nell’ambito di "Protestantesimo”.
Carmelina Maurizio
Il dibattito svoltosi venerdì
scorso nella sala consiliare di
Torre Pellice sull’esperienza dei
mercatini dei prodotti biologici
ha permesso di effettuare alcune valutazioni sulla situazione
reale, in termini di addetti e
di produzione, e sulle prospettive che altrove segnalano un
maggiore sviluppo.
Se l’alimentazione naturale è
oggi una moda per alcuni e per
altri un vero e proprio business,
è anche vero che in questi ultimi anni c’è stata una reale crescita di interesse, al punto che
molti genitori hanno posto la
questione di una cura particolare nel reperimento degli alimenti per le mense scolastiche,
badando anzitutto alla qualità.
Se è vero che non basta Timmagine di un antico mulino o
un agricoltore vestito di velluto
a dare garanzia di un prodotto
sano e dunque migliore sia dal
punto di vista delle caratteristiche organolettiche sia semplicemente sul piano del sapore, è altrettanto evidente che
zone collinari, come quelle che
hanno in questi anni maggiormente subito gli effetti dell’abbandono, si presterebbero a coltivazioni biologiche. Che poi ci si
voglia rivolgere al consumo del
prodotto fresco, in funzione della vendita diretta o ad istituzioni che abbiano servizi di mensa, oppure che si voglia utilizzare la fnitta e la verdura finalizzandole alla trasformazione
ed al confezionamento, questo
è un passaggio successivo: l’importante sarebbe trovare le per
DUE RICORDI, TRA FEDE E VITA CIVILE
Vocazione e impegno
Erica GardioI e Enzo Jouve; la loro matrice culturale e spirituale
Li accomuno nel ricordo, e nella riconoscenza, pur essendo persone diverse, per la profonda similitudine che ho letto in loro riguardo all’impronta di carattere
ed alle radici dell’esistenza che ci
fanno essere ciò che siamo. Non
ne traccio la biografia, rendendomi conto di quanto poco si conosca di una persona; ci si incrocia
nella vita e per quanto tu sappia
dell’altro è come vedere un iceberg: quasi tutto resta nascosto.
Erica GardioI Cavazzani ed Enzo Jouve avevano la stessa radice, la stessa matrice culturale e
spirituale, quella di una famiglia
formata nella « tradizione valdese »; e qui tradizione sta ad indicare l’eredità di coscienza e di
carattere. Non sono stati individui isolati, singoli interessanti alle spalle di lei stavano i « GardioI », quella famiglia, alle spalle
di lui i « Jouve », quella famiglia.
Hanno in comune in secondo
MOBILIFICIO
esposizione e laboratorio :
via S. Secondo, 38 ■ tei. (0121) 201712
(di fronte alla caserma alpini)
ABBADIA ALPINA - PINEROLO
luogo il loro radicamento in
questo piccolo mondo valligiano
delle Valli, in questo caso la vai
Pellice, anzi la Torre Pellice del
prirno XX secolo, piccolo mondo
di ideali, aspirazioni in cui la
chiesa gioca un ruolo determinante. Le relazioni personali si formano in questo contesto, i riferimenti esistenziali vi si maturano,
il mondo in cui ci si colloca
è quello della predicazione, delle Unioni, delle Corali, e
in questo quadro nascono gli affetti e le relazioni. E la comunità
valdese come realtà di fede e di
ricordi, grande « famiglia », resterà nella loro esperienza una categoria fondamentale.
Lo resterà anche se avranno
percorsi diversi: lui linotipista a
Torino, che si muove sempre nel
mondo della valle, lei sposata ad
Asiago, « lontano », « au bout du
monde », che ritornerà a Torre,
mancato improvvisamente il marito, per allevare la sua famiglia
nel suo mondo.
La Erica GardioI che ricordo è
la signora Cavazzani, la presidente del Concistoro di Torre a fine
anni 70, in un momento di grande tensione e crisi nella vita della
comunità, è il suo equilibrio spirituale, la sua serenità di giudizio, la sua esatta percezione della
realtà, proprio in virtù del profondo radicamento nel mondo
della comunità stessa; e l’Enzo
Jouve che ricordo, e non solo io,
è quello che con paziente e metodica perseveranza ha composto
per anni le nostre relazioni sinodali ed i nostri atti, e non come
sone che vogliano avviarsi in questo settore agricolo.
Si tratterebbe, in vai Pellice
più che in vallate vicine, di una
novità; la stessa mentalità contadina ha fin qui relegato la
produzione di ortaggi o frutta
nella media ed alta valle ad
aspetto secondario nell’economia
familiare. Fin qui è stato l’allevamento a fare la parte del leone, Un allettamento che rischia
ora di andare fortemente in crisi di fronte ai bassi prezzi spuntati sia nel settore lattiero-caseario che in quello delle carni,
nonché al raddoppio dei contributi previdenziali che ogni
azienda dovrà versare a partire
dai prossimi mesi.
« I dati del censimento dell’agricoltura condotto lo scorso
anno — ha detto l’assessore all’agricoltura della Comunità
montana. Marco Bellion — hanno evidenziato in tutta la provincia una riduzione di oltre il
20% delle aziende, dato che sale quasi al 27% nelle zone classificate montane. La situazione
della vai Pellice, dove si è fatta una forte politica di incentivazione della zootecnia di montagna, con la creazione di servizi, il riammodernamento delle
stalle ecc., ha fatto sì che invece si sia riusciti a mantenere
inalterato il patrimonio zootecnico che può ancora contare su
circa 6.000 bovini; in vai Chisone, al contrario, si registra un
tracollo e dunque si sono cercate attività alternative, sempre
nel settore agricolo o agrituristico ».
O. N.
un linotipista efficiente soltanto
ma come il lettore attento e critico dello scritto perché ciò che
gli passava sotto gli occhi non
erano parole ma era la vita della sua comunità.
Tutto questo spiega i caratteri,
ma solo in parte le esistenze.
L’impegno di Erica GardioI nella diaconia attiva alla direzione
di Villa Elisa e nella gestione dell’assistenza comunale quale assessore del Comune di
Torre, il lavoro apparentemente di routine di Jouve nella sua
tipografia. L’impegno di entrambi
era volto all’esterno di sé, nasceva da una « vocazionalità » sentita, traduceva ciò che Lutero chiamava la « vocazione cristiana ».
Impegno e rischio perché quando fra gli annunci pubblicitari ed
i giornali locali Jouve prese a
stampare, durante la Resistenza,
il giornale di Giustizia e Libertà
non era un giovanotto irresponsabile, sapeva il rischio che correva
e l’incarcerazione, con le violenze
subite, glielo ricordarono, ma
non mutarono il suo atteggiamento: uno deve fare il proprio
dovere.
Fratelli e sorelle in fede che
ebbero famiglie, radici, riferimenti vocazioni chiari; esistente realizzate, facili?
Dio solo conosce il sommerso
delle vite che incontriamo sul
nostro cammino e le custodisce;
a noi resta il ricordo e forse la
nostalgia per uno stile di vita che
non sembra più prolungarsi attorno a noi.
Giorgio Tourn
Dibattiti
PINEROLO — Venerdì 18 ottobre alle ore 21 presso il centro sociale di
via Clemente Lequio si terrà, su iniziativa del PDS, un incontro su: Basta
con l'Italia delle ingiustizie.
Verranno presi in esame i provvedimenti previsti dalla legge finanziaria
per il 1992.
BIBIANA — Lunedì 21 ottobre, alle
ore 21, nell'ambito della IV sagra del
ikiwi, si svolgerà un pubblico dibattito
sulla situazione dell'agricoltura.
Cinema
TORRE PELLICE — Per la rassegna
cinematografica d'arte e cultura, venerdì 18 ottobre, alle ore 21,15, verrà
posto in visione il film "Taxi blues"
di P. Lounguine.
Autunno in vai d*Angrogna~
ANGROGNA — Per l'Autunno in vai
d'Angrogna segnaliamo le manifestazioni della settimana.
Sabato 19 ottobre, ore 21, nel tempio valdese del Serre, si svolgerà un
concerto del coro "La Graia".
Domenica 20 ottobre, sistemazione
della fontana de i Stavanì all'alpeggio della Sella.
Mercoledì 23 ottobre, ore 21, presso la sala valdese di S. Lorenzo, dibattito sul tema: "Chi gestirà il patrimonio idrico delle nostre montagne?"; intervengono l'on. Giuseppe
Botta, presidente comm. Lavori pubblici della Camera, l'ing. P. Giuseppe
Daviero, presidente dell'ACEA di Pinerolo, Erminio Ribet, presidente della
Comunità montana valli Chisone e
Germanasca e Dino Matteodo, del Movimento autonomista occitano.
11
18 ottobre 1991
valli valdesi 11
UN MESTIERE DI LIBERTA’
RICORDO
Enzo Jouve, tipografo «Toié»
Per anni ha « composto » il nostro giornale discutendone fraternamente - Gli insegnamenti di una vita che non ha mai cercato notorietà
Per dieci anni, almeno due volte la settimana, ho incontrato
Enzo Jouve in tipografia. Per tutti coloro che hanno fatto parte
di quella comunità di lavoro che
è la tipografia Subalpina Jouve
era ”il tipografo". Per quasi mezzo secolo ha lavorato nella tipografia di Torre Pollice, facendo
un po’ di tutto: compositore, linotipista, stampatore, legatore.
Ancora qualche anno fa Tho visto "cucire” una pubblicazione
o fare le pulizie, anche se lui,
per riconoscimento dei suoi compagni di lavoro, era il "proto",
cioè colui che era incaricato di
assegnare il lavoro agli altri.
Qualche mese fa mi disse:
« La prossima settimana non ci
sarò, vado a farmi operare. Una
cosa da nulla: un porro, ma tornerò... senza la tipografia mi è
difficile vivere ».
Avrebbe potuto essere in pensione già da parecchio tempo.
Aveva 49 anni di versamenti
INPS. La tipografia era la sua
vita, la sua professione. Per 47
anni vi ha lavorato (gli altri
due anni ha lavorato alla Stampa di Torino).
Per lui il lavoro ha significato sempre responsabilità. Responsabilità in primo luogo verso i propri compagni di lavoro
che lo avevano eletto presidente della cooj>erativa. In questa
sua funzione l’ho incontrato
spesso, dieci minuti prima dell’inizio del lavoro, mentre annotava puntigliosamente le entrate e le uscite su un quaderno
da consegnare poi al commercialista.
« Amministro — mi diceva —,
non sono un imprenditore. A
me basta che tutti coloro che
lavorano abbiano il loro stipen
dio alla fine del mese e che
si paghino regolarmente i fornitori. Non ci interessa far soldi,
il^ nostro è un mestiere di libertà. I nostri prezzi devono permettere a tutti di aver voce, di
dire la loro ».
Questa sua concezione lo aveva portato in carcere, dove aveva subito le torture con la conseguente perdita di un occhio
per aver composto e stampato
il giornale di Giustizia e Libertà, Il pioniere.
Quando parlava di questo lo
faceva senza enfasi, come di una
cosa che in quel momento andava fatta. Non ha chiesto, non
ha accettato medaglie, riconoscimenti. E’ stato un obbligo di
coscienza e ciò gli bastava.
Le leggi fasciste sulla stampa
lo hanno trascinato in tribunale due altre volte nel dopoguerra: una per aver stampato un
volantino in difesa del diritto
all’obiezione di coscienza nel
1949, quando questa era ancora
un reato. L’altra perché, avendo
pubblicato su II giornale di Pinerolo e valli (un quindicinale
della nuova sinistra pinerolese)
un articolo antimilitarista, il
Procuratore della Repubblica
aveva pensato bene di incriminare anche il tipografo.
La libertà che lui, tipografo,
voleva garantire a tutti, gli faceva accettare lavori a rischio.
Così nella tipopafia si sono
stampati giornali e opuscoli di
tutti i tipi: liberali, socialisti,
comunisti, della nuova sinistra,
pacifisti, ambientalisti, cattolici,
evangelici, avventisti, dell’Esercito della Salvezza e anche opuscoli e libri delle avanguardie
letterarie torinesi, di cui non era
eco
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Stampa: Coop, Tipografica Subalpina - via Arnaud. 23 - 10066 Torra
Palline ■ telefono 0121/91334
Registrazione: Tribunale di PInerolo n. 175. Respons. Franco Glampiccoll
REDAZIONE e AMMINISTRAZIONE: via Pio V. 15 - 10125 Torino ■ telefono
011/655278. FAX 011/657542 — Redazione valli valdesi: via Repubblica, 6 - 10066 Torre Pollice - telefono 0121/932166. ____
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi. 10 foglio 481__^
ABBONAMENTI 1992
Estero
Italia
Ordinario annuale
Semestrale
Costo reale
Sostenitore annuale
Da versare sul c.c^.. n. 20936100 Intestato a A.I.P, • via Pio V. 15 10125 Torino
L. 52.000 Ordinario annuale L. 85.000
L. 27.000 Ordinario (via aerea) L. 150.000
L. 75.000 Sostenitore L. 170.000
L. 90.000 Semestrale L. 45.000
certo al 100% il pagamento...
Chissà se i grandi autori, gli
scrittori oggi affermati, si ricordano del loro primo "tipografo”?
Insieme al gusto per la libertà, Jouve aveva anche un profondo senso della giustizia. Una
giustizia sostanziale che si deve
realizzare. Le assunzioni che la
cooperativa ha fatto lo riflettono bene. « Potremmo assumere
i nostri figli, i nipoti — mi diceva — ma forse c’è qualcun altro che ha più bisogno che le
nostre famiglie ». E così è stato.
Come tipografo era anche un
lettore, non componeva soltanto
il testo e basta: lo commentava. Quante volte mi ha espresso il suo dissenso! Questo nostro settimanale era un po' anche il suo: Quante volte ha corretto i nomi citati nelle cronache perché i corrispondenti o
i redattori li scrivevano sbagliati. Quante volte, tirando fuori
la Bibbia dal suo cassetto accanto alla linotype, ha corretto
le citazioni sbagliate di pastori
ed eminenti teologi!
Con lui ho fatto più di una
discussione sulle "nuove tecn(>
logie di stampa”, sulla necessità che la tipografia le adottasse.
Enzo Jouve ci ha lasciati; « Toié » per noi nipoti: un nomignolo
uscito da chissà quale angolo,
nascosto nella mente di un bambino di tanti anni fa. Molti ricorderanno il suo profilo davanti alla vecchia linotype in cui ci si imbatteva entrando in quel museo
vivente che è la tipografìa Subalpina di Torre Pellice.
Il suo lavoro era la sua vita.
Tant’è che quando ha smesso di
lavorare anche la sua esistenza
si è spenta lentamente come una
fiamma a cui manca l’ossigeno.
Ha dato tutto se stesso per il lavoro: anche e soprattutto quando lavorare in una tipografia significava essere o per il potere o
contro il potere. E lui aveva sceL
to di essere contro. Non ha mai
preso un’arma in mano, non ha
mai fatto battaglie sui monti, ma
ha sempre lavorato perché la vc>
ce della libertà non venisse zittita per sempre.
Di tutto questo periodo non gli
era rimasto molto: un occhio di
vetro al posto di quello rovinato
dal calcio di un fucile, le cicatrici ai polsi, provocate dai chiodi
delle manette di tortura, una
smorfia sul viso ogni volta che
sentiva parlare tedesco ( « plùfer »
come diceva).
Tanti ricordi però ohe uscivano
dalla memoria che un nipote curioso interrogava, in quei giovedì
sera che hanno visto per anni_ i
resti di una numerosa famiglia
riuniti attorno ad un tavolo: un
pozzo riempito di manifesti antifascisti nel cortile del padre, una
carriola piena di documenti partigiani spinta in mezzo a soldati
tedeschi in marcia, la rocambolesca fuga davanti alTufficiale
nazista venuto in tipografia per
arrestarlo, il carcere dovuto ad
una "soffiata”, l’interrogatorio, le
torture, la condanna a morte, il
compagno di fila ucciso da un
"cecchino” all’uscita dal carcere
al momento della liberazione negli ultimi giorni dell’aprile '45.
Non ha scritto libri, non ha ricevuto medaglie, non ha partecipato a commemorazioni. Per lui
i ricordi non avevano bisogno di
discorsi, bandiere e bande.
Un altro esempio di umiltà.
Una grande eredità.
Grazie « Tolé »!
Marco Fraschia
Enzo Jouve. e Italo Stalle impegnati nella composizione a mano
dei testi.
Ne capiva la necessità ma mi
ricordava sempre che il mestiere di tipografo è fatto dall’uomo. « Non ci sarà mai nessun
dizionario elettronico capace di
correggere automaticamente consiglio comunale, quando è scritto coniglio comunale. Nessun
computer, ma Jouve sì » diceva
sorridendo.
A settant’anni non voleva più
cambiare, ma insegnare sì. Lo
rivedo quando, da nonno qual
era, accoglieva le scolaresche
che venivano in visita e spiegava loro i segreti di un mestiere
che, quando quei ragazzi saranno adulti, « non esisterà più ».
Lasciato il lavoro per andare
a "farsi operare" non è più tornato a lavorare. L’operazione
aveva fatto emergere vecchi guai
fisici che hanno causato una
seconda operazione. L’ho rivisto per strada e mi ha detto:
« Adesso vado in pensione, speriamo che duri un po’ ». E’ durata poco. Per tutti coloro che
l’hanno conosciuto, per noi redattori, come credo per voi lettori, Enzo rimarrà per sempre
"Jouve, il tipografo".
Quando il nostro settimanale
avrà nuove tecnologie, avremo
sempre bisogno del "tipografo”,
e di un tipografo come Jouve.
Ne va della nostra umanità.
Giorgio Gardiol
« Io ho pazientemente aspettato
l’Eterno, ed egli si è inclinato
a me ed ha ascoltato il mio
grido »
(Salmo 40: 1)
Dopo lunghe soiferenze è mancato
aU’affetto dei suoi cari a Las Cruces
(USA) il dottor
Remo Emanuele Gay
di anni 80
Ne danno il doloroso annuncio: la
moglie Evelyn Basile, la figlia Marylin
con il marito, il figlio Remo E. jr. con
la moglie, i parenti tutti.
Nato a San Secondo ha per tutta la
vita conservato il nostalgico ricordo
delle sue origini.
La presente è di partecipazione e ringraziamento, a ricordo di quanti l’ebbero caro.
Las Cruces, New Mexico - USA
3 ottobre 1991
RINGRAZIAMENTO
cc Egli ha abbattuto le mie forze
durante il mio cammino; ha accorciato i miei giorni »
(Salmo 102: 23)
I familiari di
Emilio Peyrot
ringraziano tutti coloro che, con la loro
presenza, hanno voluto essere vicini
nella triste circostanza.
Un ringraziamento particolare a tutto il personale medico ed infermieristico dell’Ospedale di Pomaretto, aUa
Croce Verde, al dott. Meli, al pastore
Gregorio Plescan ed a tutti coloro che,
in questi anni, hanno prestato la loro
assistenza in ospedale e a casa.
Frali Ghigo, 10 ottobre 1991.
« Queste tre cose durano: fede,
speranza, carità; ma la più grande di esse è la carità »
(I Corinzi 13: 13a)
II 12 ottobre a Pietra Ligure è morto
Renato Gardiol
lo annunciano Tina, i figli Fiorelisa,
Giorgio, Marco, il • fratello Ernesto;
Vanna, cognati, nipoti, parenti tutti.
Il funerale si è svolto il 15 ottobre
a Savona.
RINGRAZIAMENTO
« L’Eterno è il mio pastore,
nulla mi mancherà »
(Salmo 23: 1)
I familiari del compianto
Enzo Jouve
profondamente commossi per la dimostrazione di affetto e di stima ricevuti
in occasione della scomparsa del loro
caro, neirimpossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro che
hanno preso parte al loro grande dolore. In modo particolare ringraziano la
ORI di Torre Pellice, i medici e il personale dell’Ospedale valdese di Torre
Pellice, il dott. Giovanni Peyrot e la famiglia Albanese.
Torre Pellice, 11 ottobre 1991.
Redattori, collaboratori e tipografi
sono vicini a Giorgio e ai suoi fanuliari nella triste circostanza.
RINGRAZIAMENTO
La moglie, i figli e famüian tutti
del compianto.
Paolo Enoc Gönnet
profondamente commossi e riconoscenti per la grande dimostrazione di stima e affetto tributata al loro caro,
nell’impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano di cuore tutti coloro' che
con la presenza, scritti, fiori, opere di
bene e parole di conforto, hanno preso parte al loro dolode.
Un ringraziamento .particolare al pastore Teofilo Pons, alla dott. Paola
Grand, medici e paramedici, a tutto il
personale della Casa di riposo Miramonti, in modo particolare a Italia Cairus,
Giuseppe Gönnet, Elena Gönnet in
Charbonnier e a tutte le altre persone
che l’hanno curato durante la malattia.
vaiar Pellice, 18 ottobre 1991
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Amelina Pons
commossi e riconoscenti per la dimostrazione di stima e di affetto tributata
alla loro cara, nelTimpossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro che si sono prodigati nella luttuosa circostanza.
Un ringraziamento particolare al
dott. Vincenzo Sidoti, al medico curante dott. Salvatore Meli, al personale medico e paramedico dell’USSL 42, al pastore Lucilla Peyrot e alla signora Alba
Poet che le è stata vicina durante la
malattia.
Ferrerò, 11 ottobre 1991.
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12
12 villaggrio globale
18 ottobre 1991
LE RIDUZIONI DEGLI ARSENALI ATOMICI
L’utopia del disarmo diventerà realtà?
Nonostante
la Nato
quelli che si possono definire "progressi”,
in un mondo che ha visto liquefarsi il Patto
restano gli ordigni montati sui sottomarini - Il senso deidi Varsavia - La questione italiana e il commercio di armi
Dopo le recenti dichiarate intenzioni del presidente statunitense Bush di voler procedere
ad un disarmo nucleare parziale in modo unilaterale, si era
fatta molto viva l’attesa della
pubblica opinione sulle reazioni
deirUnione Sovietica.
Le iniziative
Come è noto (non credo sia
questa la sede per addentrarci
nei particolari) Bush ha affermato che verranno distrutti missili a corta gittata e proiettili
nucleari mentre altri ordigni, come i missili Cruise e le bombe
marine di profondità verranno
ritirati ed immagazzinati. Inoltre è stato revocato lo stato permanente di allerta per i grandi
bombardieri strategici — finora
in volo 24 ore su 24 — e per i
missili intercontinentali.
La risposta di Gorbaciov non
si è fatta attendere: pochi giorni dopo egli ha ’’rilanciato” con
misure ancor più estese comprendenti, oltre a provvedimenti analoghi a quelli americani,
le sospensioni dei test nucleari
per im anno, il blocco della ricerca di nuovi missili e la ri
duzione di 700.000 unità dell’esercito.
Si tratta senza dubbio — da
ambo le parti — di misure spettacolari e destinate a colpire
l’opinione mondiale, tanto più
trattandosi di provvedimenti assunti in breve tempo e senza
trattative ufficiali.
In effetti si tratta appunto di
provvedimenti più spettacolari
che reali: a che servirebbero oggi migliaia di proiettili e di minimissili in un’Europa non più
divisa in blocchi? Non dimentichiamo, per giunta, che parte di
queste armi non verranno distrutte, ma solo accantonate.
Per quanto riguarda i veri
strumenti dell’apocalisse, e cioè
i grandi missili intercontinentali basati a terra, Bush ha lanciato la proposta di nuovi negoziati per la loro eliminazione:
indubbiamente è questo il settore che porterebbe ad un reale ridimensionamento del deterrente nucleare. Ma, anche a questo proposito, occorre precisare
che gli Stati Uniti parlano solo
di missili terrestri (dove è più
forte rURSS) e non di quelli
montati sui sottomarini (dove
sono più forti gli USA). In que
sto settore sarà comunque il futuro — forse anche prossimo —
a dirci se ulteriori progressi nel
disarmo nucleare verranno compiuti.
’’Progressi” e non certo ’’eliminazione” di dette armi, che
saranno sempre in grado di distruggere il mondo ed i suoi abitanti. Un fatto è comunque certo e riconosciuto da tutti senza difficoltà: anche nel caso di
ulteriori ed importanti accordi
bilaterali, saranno gli Stati Uniti a consolidare definitivamente
il loro ruolo di unica superpotenza. Un recente sondaggio ha
rivelato che ben r86°/o dei cittadini statunitensi interpellati è
certo di questo ruolo ed ha precisato che questa funzione deriva dal fatto che ’’siamo armati
come nessun’altra nazione al
mondo”.
Il club nucleare
Ma, per quanto concerne il
problema degli armamenti atomici nel mondo, un altro grosso interrogativo ed un grave rischio sono costituiti dal cosiddetto ’’club nucleare”. Gran Bre
CONSORZIO
PINEROLESE
ENERGIA
AMBIENTE
z^SCEA
energia ambiente
ma PER L'AMBimS
Ciao,
sono solo uno
piccola goccia
d'acqua, ma ci
siamo già visfi un
sacco ai volte!
la strada che
faccio ogni giorno
3er arrivare fino a
e è un servizio del
CONSORZIO e
dell'ACEA!
Le mie radici
sono forti, la mia
chioma è bella e
folta perché gli
operatori ecdoqici
dd CONSOLO
e dell'ACEA, col
servizio di
raccolta e
smaltimento
rifiuti, lasciano il
mio ambiente
pulito!
Il CONSORZIO e
IACEA hanno
pensato anche a
me!
Con il servjzio di
deourazione
delle acque
posso tornare a
saltare felice e
contento nell'acqua dei fiumi!
Il metano è
energia pulita!
Lg mia fiamma è
allegra, ti riscalda
e non inquina.
Tanti vantaggi:
pensaci,
anche questo è
un servizio del
CONSORZIO e
tagna, Francia e Cina pare procederanno anch’esse ad alcuni
’’ridimensionamenti” senza naturalmente eliminare il loro potenziale, mentre su altri paesi
gravano incognite non facilmente identificabili, anche in relazione alle regioni ed alle particolari situazioni in cui essi si
trovano. Pensiamo ad Israele ed
al Sud Africa (che hanno cooperato nella ricerca); all’Iraq, di
cui è noto il recentissimo comportamento al riguardo; al Pakistan, all’India, al Brasile, al
Vietnam, al Nord Corea, alla Colombia, all’Argentina, per non citare che i paesi sicuramente in
possesso di tecnologie belliche
nucleari (ma certamente ve ne
sono altri).
La Nato e l’Italia
Se poi guardiamo all’Europa,
anche la Nato ha preannunciato tagli parziali. A questo proposito sorgono però una considerazione e qualche domanda.
Come è noto il patto di Varsavia, e cioè l’alleanza militare dei
paesi comunisti dell’Europa Est,
si è dissolto a seguito della disgregazione del blocco orientale
e nello scorso mese di febbraio
è stato ufficialmente annullato.
Non sarebbe ora che anche la
Nato subisse la stessa sorte?
Perché il nostro continente deve ancora mantenere questa costosa e pesante organizzazione
bellica che potrebbe cedere il
posto a strutture socio-economiche ben più produttive ed utili?
E, visto che ci siamo, venendo in modo particolare all’Italia, è lecito, è opportuno mantenere un esercito che nel corso del 1991 ci costerà 24.000 miliardi? Oltretutto si tratta di
una spesa gigantesca per mantenere delle forze armate ’’impreparate a qualsiasi emergenza”. Questa espressione è posta
fra virgolette perché formulata
dal presidente della Repubblica,
nonché capo delle forze armate,
Francesco Cossiga, lo scorso luglio. Un concetto, questo, espresso ancor più ’’francamente” nel
recentissimo libro Cossiga, un
uomo solo di Paolo Guzzanti.
Non si potrebbe spender meglio
questo denaro del contribuente
per combattere più efficacemente i due grossi ’’nemici” interni: la criminalità organizzata
(potenziando l’apparato giudiziario) e la massa degli evasori fiscali (aumentando l’apparato
tributario)?
E il disarmo
mondiale?
Tornando ancora una volta alla questione nei suoi aspetti generali, certamente non si può
non prendere atto con sollievo
di questa tendenza ad un ridimensionamento degli armamenti, sia pure con i limiti su accennati. Ma questa tendenza avrà
un suo valore solo se troverà
un chiaro riscontro per quanto
concerne la produzione ed il
commercio internazionale di tutte le armi. Serve infatti assai
poco distruggere o accantonare
un po’ di ordigni atomici quando
nello stesso tempo armi sofisticatissime di ogni genere si riversano in mille rivoli a livello
mondiale. Credo che ognuno di
noi abbia ancora davanti agli
occhi gli orrori della guerra del
Golfo e le distruzioni e le morti del conflitto che insanguina
la regione jugoslava, per non citare che due degli esempi fra i
più recenti.
Purtroppo la profezia di Isaia
ci pare ancora assai lontana dal
suo realizzarsi: la trasformazione delle armi in aratri ed in tante altre tecnologie e risorse così
utili per creare nuovi equilibri
mondiali più giusti dovrà attendere ancora parecchio tempo,
finché gli uomini ’’non impareranno più la guerra”. Sta anche
a noi, come credenti e come
chiese, continuare ad impegnarci
costantemente e con fermezza
affinché l’utopia del disarmo non
rimanga tale, ma si possa trasformare in una realtà al servizio di un mondo migliore.
Roberto Peyrot
Germania, anno zero
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hanno speculato senza pietà in
questi ultimi mesi.
Gli attacchi contro i partiti
della maggioranza sono precisi e
giustificati. Dov’erano la CDU di
Kohl e la FDP di Genscher quando i gruppi di Neues Forum e
della chiesa evangelica avvertivano dei rischi tremendi di una
riunificazione, veloce e ’’sballata”, di due paesi così profondamente diversi? Dov’erano i politici della CDU quando Neues
Forum promuoveva campagne di
civiltà e di democratizzazione
nella società tedesca? I fuochi
contro i centri per gli stranieri sono un tragico errore, così
come i pestaggi e i continui assalti nelle vie delle città. Meglio sarebbe rivolgere la propria aggressività e frustrazione
contro i politici che si interessano di diritti umani soltanto
quando ci sono le elezioni.
Di fronte alla crisi tedesca è
sciocco e banale richiamarsi, come ha fatto Kohl, alla ’’tradizionale apertura al mondo” e al
ruolo importante che la Germania svolge in Europa.
La Germania compie un anno.
Tutto è stato fatto con il popolo, per il popolo e attraverso il
popolo. Potrebbe essere lo slogan che riassume un anno di
scelte politiche, economiche e
culturali compiute dai partiti
della maggioranza.
Purtroppo non è così. Non ci
si può richiamare alle celebrazio
ni dell’anniversario delFuniflcazione, ai colori della nuova o
vecchia bandiera, agli inni nazionali, alle prospettive seducenti di nuovi e raffinati consumi.
Non si può altresì rileggere ciò
che sta avvenendo in Germania
con le lenti dello spettro nazionalista e del ritorno del nazismo.
Forse è in atto una vera e propria guerra civile tra due paesi troppo differenti tra loro, che
si concentra colpendo sia fisicamente che teoricamente i più
deboli e i senza diritti.
Non si può ripartire dal 3
ottobre per costruire un nuovo
paese. Meglio sarebbe ripartire
da zero, cioè dalla fine della seconda guerra mondiale, perché
questa è la vera situazione di
questo paese. I quarant’anni di
storia dell’ex Germania democratica e della Germania federale non possono essere cancellati con una annessione tecnica
e superficiale. Ciò che i due paesi hanno in comune è la lingua
e una storia tragica e autoritaria.
Riprendere seriamente un’analisi di questa storia e delle continuità che hanno caratterizzato
l’evoluzione recente potrebbe essere una possibilità per ’’rifondare” in senso democratico e
tollerante il paese, per riaffermare che i valori della pace e
della giustizia non sono bolle di
sapone ma patrimonio irrinunciabile per tutti.
Manfredo Pavoni