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B1LYCMN15
RIVISTA MENSILE DI STUDI RELIGIOSI
Anno X. - Fasc. Il
ROMA - FEBBRAIO 1921
Volume XVII. 2
SOMMARIO
RABINDRA NATH TAGORE: Cielo e Terra, trad, di G. Puccio ....... 89 I
D. LATTES : Cristianesimo ed Ebraismo . 91
S. DE SANCTIS : La conversione religiosa 102 :
R. MURRI: Walter Rathenau . . . .108
Per la cultura dell'anima :
L. PASCHETTO: Alla fonte della vita . . . . 113 j
Note e commenti:
* * * La pace e i rapporti franco-tedeschi . . 117 1
G. C. : Giovanni Rapini e Giuseppe De Maislre. . 119
P. CH1MINELLI : Il centenario dell'Antologia - Il Cardinale Roberto Bellarmino. . . . . 121 I
A. BEGEY: Nola alla lettera di Tancredi Canonico. 122 I
Cronache:
Gli avvenimenti di politica religiosa del mese nella •lampa..........................................'123
Rassegne:
M. PUGUSI: Cristianesimo moderno e contemporaneo 128
Rivista delle riviste :
Riviste francesi.................................135
Riviste inglesi................................ 141
Recensioni:
Epistolario Paolino - Riforma religiosa in Italia -Atenagora - Spiritismo - Meditazioni - Dogmatica - Storia della musica - Novecentismo - Varia . 145
Letture ed appunti ..............................150
Bollettino bibliografico ....... 154
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RII YCHNIS rivista mensile di studi religiosi
Ullu 1V/A « < < « FONDATA NEL J9I2 ► ► * >
CRITICA BIBLICA STORIA DEL CRISTIANESIMO E DELLE RELIGIONI - PSICOLOGIA, PEDAGOGIA, FILO-SOFIA RELIGIOSE - MORALE - QUESTIONI VIVE - LE CORRENTI MODERNE DEL PENSIERO RELIGIOSO - LA VITA RELIGIOSA IN ITALIA E ALL’ESTERO - CRONACHE yJUWSTA DELLE RIVISTE - BIBLIOGRAFIA REDAZIONE: Prof. Lodovico PàSCHETTO, Redattore Capo; Via Crescenzio, 2, Roma.
D. G. WHITTlNGHILL, Th. D., Redattore per l’Estero; Via del Babuino, 107, Roma.
Corrispondenti e collaboratori sono pregati d’indirizzare quanto riguarda la Redazione impersonalmente alla
Direzione della Rivista “ BILYCHNIS ” - Via Crescenzio 2, ROMA 33
Gli articoli firmati vincolano unicamente l’opinione dei loro autori.
I manoscritti non si restituiscono.
I collaboratori sono pregati nel restituire le prime bozze di far conoscere il numero degli estratti che desiderano e di obbligarsi a pagarne le spese. Per il notevole còsto della carta e della mano d’opera la Rivista non dà gratuitamente alcun estratto.
Abbonamenti
Gli abbonati riceveranno nel 1921 :
i 12 fascicoli mensili di “ BILYCHNIS ”, di pag: 64 l'uno in-8° grande, illustrati, formanti 2 volumi di pag. 384 l’uno;
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Gli abbonati potranno inoltre ottenere a prezzo ridotto:
l’abbonamento cumulativo col “TESTIMONIO”, rivista mensile delle chiese battiste italiane;
il bel volume del CHIMINELLI, “// Padre nostro,, e il mondo moderno',
l’interessante opera da noi edita, La Chiesa e i nuovi tempi.
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“BILYCHNIS”, Quaderni, “IL TESTI- MONIO ” e i due volumi suindicati > 24 — 16 — 45,50
AMMINISTRAZIONE: Via Crescenzio, 2 - ROMA 33
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“Bilychnis,, nel 1921
CONCORSI
li,’intento di contribuire anche noi in qualche modo, sia pur modestamente, alla celebrazione dei due maggióri centenari di quest’anno — quello dantesco c quello napoleonico — contrari come sjarno. per principio, ai numeri unici che distraggono l’opera di una rivista dal raggiungimento di quei -fini per cui esse vive — abbiamo pensato di provocare con due concorsi, a premio
un’emulazione che serva a mettere in luce una, sia pur minima, parte del pensiero, di Dante e di Napoleone. E poiché nel primo vi è Oramai esuberanza di scritti, abbiamo [pensato di bandire un concorso artistico, sui seguenti versi della Divina Commedia, che fanno parte della ispirata parafrasi del Padre nostro, la preghiera che è stata sempre c universalmente giudicata la preghiera principe:
• Dà ’oggi a noi la cotidiana manna senza la qual per questo aspro diserto a retro va chi più di' gir s’affanna.
(Purg., xi, 13-15)
Quésti versi che hanno uff grande valore spirituale e rispondono al bisogno del momento presènte, permettono, se non c’inganniamo, una raffigurazione artistica che può essere ricca di elevazione e di afflato evangelico.
Il lavoro può essere eseguito eon qualsiasi tecnica, ma ad un sol colore.
Le dimensioni minime del disegno debbono essere di cm. 19 x 27, o. se maggiori, proporzionali a queste.
Termine ultimo della consegna dei lavori: 31 maggio 1921.
Ogni lavoro dovrà essere contrassegnato' da un motto, che verrà ripetuto sull’esterno di una busta contenente il nome e l’indirizzo dell’Autore ed essere rimesso raccomandato entro il termine suddetto alla Direzione della rivista « Bilychnis », via Crescenzio, 2 - Roma (33).
Una commissioni composta di due artisti è di un rappresentante della direzione della rivista, dei quali si faranno conoscere a suo tempo i nomi, esaminerà i lavori, ed all’A. di quello giudicato migliore sarà assegnato un premio di L. 500 (cinquecento). Il lavoro rimarrà di proprietà della casa editrice « Bilychnis » e verrà pubblicate in un fascicolo ¿Iella rivista insieme con la relazione della*giuria, salvo ad essere adoperato in seguito per altra sua pubblicazione. All’A. verranno date 20 copie'gratuite delle tavole pubblicate la prima volta.
I lavori non premiati saranno restituiti dietro richiesta dell’A. fatta pervenire entro il 1921.
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L’altro'-concorso'. di carattere letterario,-è-sul seguente tema che ci sembra non sia stato ancora completamente approfondito: Il sentimento ed’il pensiero religioso di Napoleone. Il concorrente dovrà cioè non solamente studiare il senso del divino che animò il grande-Corso, ma pur quel che egli pensò della religione come funzione sociale e raccogliere possibilmente tutto cfò che Napoleone sentì della religione nelle sue forme astratte-cóme in quelle positive. Il lavoro dovrà procurare di esaurire tutto l’argomento dèlia religione nella mente e nel cuote di Napoleone in modo da èssere definitivo su di una questione che spesso attirò la curiosità degli studiosi, ma quasi sempre in modo superficiale.
I lavori non dovranno avere meno di 60 pagine nè oltrepassare le 120 (di 270 parole ciascuna).
Il lavoro giudicato migliore da una commissione di tre membri, di cui saranno successivamente fatti conoscere i nomi; verrà pubblicato in un quaderno di Bilychnis entro il 1921 e.sarà retribuito con un premio di L. 1000 (mille). L’A. cederà i suoi diritti d’A. alla Casa editrice « Bilychnis » e nel caso d’una <> più successive edizioni si obbligherà a rivedere ed eventuaL mente modificare il manoscritto, dietro equo compenso proporzionale al premio e con il diritto, in caso di disaccordo, all’editore di ristampare il volume anche senza alcuna variazione. I diritti di traduzione sono pure ceduti all’editore, salvo compenso all’A. nei termini ora espressi se egli abbia contribuito a modificare il testo della prima-edizione.
Le lingue ammesse nel concorso sono le principali europee e cioè, oltre l'italiano, il francese, il tedesco, l'inglese e lo spaglinolo. In caso di scelta per il premio di un lavoro scritto in tedesco, inglese 0 spaglinolo, ne sarà fatta, a cura della casa editrice, la traduzione italiana, che conterà come testo, salvo a lasciare all’A. il diritto di pubblicare il testo originale, ma con l’esplicita dichiarazione sul frontespizio « Quaderno di Bilychnis » e riservando la quarta pagina della copertina alla rivista o ai quaderni. Non si considera il caso di un vincitore francese, perchè quasi certamente la Casa editrice pubblicherà una edizione francese del lavoro.
Le norme per la consegna ed il riconoscimento dei lavori indicate pel concorso artistico, valgono anche per questo concorso, il cui termine scade il 30 settembre 1921.
QUADERNI
Abbiamo già, detto quale proposito ci ha animato nel formare i Quaderni : dare alla rivista un carattere più popolare, pur lasciandole il suo attuale indirizzo; raccogliere in essa articoli brevi, di argomento vario, e di forma per quanto possibile semplice; evitare le continuazioni che stancano il lettore e lo distraggono; riservare la rivista per la parte pili oggettiva e informativa. Nei quaderni quindi saranno dati studi di carattere più scientifico, possibil-
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mente aventi un unico argomento per tema o, se in diversi saggi, aventi un legame tra loro. Gli studi religiosi, filosofivi, letterari e istorici.. sempre del campo religioso, costituirai! no Ji loro maggior nucleo: se sarà il caso, ma solo per lavori eccezionalissimi, daremo anche delle traduzioni. Non pubblicheremo che dell'inedito, in ogni modo, perchè anche le versioni dovranno essere una primizia. Non facciamo promesse particolareggiate per una sola ragione: che il materiale offertoci per la pubblicazione, dato l'entusiasmo con cui e stata accolta la nostra iniziativa, è tanto e tale che siamo imbarazzati nella scelta dei nomi e dei lavori e sopratutto per il fatto che le offerte ci metterebbero ormai ih grado di stampare non i sei quaderni promessi per il 1921. ma ben 20; e lo faremmo se le forze ci bastassero!
In ogni modo abbiamo già in tipografia i primi quaderni e possiamo perciò annunciare che nel primo semestre senza fallo pubblicheremo:
i° un lavoro di Storia (Iella religione cristiana’. una indagine acuta e profonda di A. V. MOLLER che’stabilisce incontrovertibilmente come fonte di Lutero un « beato », Simone Fidati-da Cascia dell’ordine degli Agostiniani, il cui pensiero ed il cui metodo eminentemente antiscolastico à influito sul sistema e sulle opinioni di Lutero in maniera definitiva. 11 lavoro dal caràttere di ricerca particolare assurge a quello di ricerca generale in quanto che mette in luce la forte corrente antiscolastica che à attraversato tutto il mondo intellettuale del M. È. ed à condotto poi alla Riforma;
20 un lavoro di Storia letteraria religiosa’. la conferenza che il nostro amico 1). Provenzal à tenuto a Napoli ed a Torino su Leonida Andreief, presentandone il carattere amletico in fatto di religione e di filosofia. Il bel lavoro è corredato da Ettore Lo Gatto, un serio studioso e conoscitore di lingua e letteratura russa, da cenni biografici e bibliografici, nonché da una prima traduzione italiana di alcune scene dell'/l dell’.Andreief. capitali per la conoscenza deH'atteggiamento- religioso del suo autore:'
3° un lavoro di Filosofia religiosa, che è pure contributo alla celebrazione del centenario di Federico Amiei, l'autore di quel Journal intime che raccoglie tante profonde, fini e sagaci osservazioni di inlrospection spirituale. Uno studioso, A. Severino, che sta per pubblicare la prima traduzione italiana del Journal, in questo quaderno prospetta il sentimento religioso dell’Amiei e dà una scelta dei suoi pensieri sulla religione, offrendo così ai nostri lettori una primizia della sua versione.
Ripetiamo: altro per ora non vogliamo promettere 0 dichiarare, sebbene non ci manchino ili ogni genere di studi letterarii, filosofici e religiosi nomi di amici e collaboratori che ci ànno offerto la loro opera, cosa di cui siamo loro veramente grati.
Aggiungeremo solo per i lettori che i volumetti saranno corredati da riproduzioni dei ritratti degli autori studiati: Amici. Andrcief. Lutero, e saranno spediti gratis agii abbonati. Per gli altri saranno venduti ad un prezzo non inferiore a tre lire la copia.
La Direzione.
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Istituto per la propaganda della cultura italiana
Campidoglio, 5 - ROMA - Telefono 78*47
Presidente Onorario: IL MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Consiglio Direttivo
FERDINANDO MARTINI; Presidente — UBALDO COMANDINE Vice Presidente
A. F. FORMIGGINI, Consigliere Delegalo.
Commissione di Consulenza: Biagi - Cirincionk - Corbino - Croce - Einaudi - Manzini
L’Istituto si propone di
Intensificare in Italia e di far nota all'estero la vita intellettuale italiana;
favorire il sorgere e lo svilupparsi di librerie, biblioteche, scuole librarie e d’arti grafiche:
promuòvere traduzioni delle operò più'rappresentative del pensiero -italiano;
istituire premi e borse di studio per scrittori, librai, artieri del libro;
diffondere largamente nel. mondo lo sue pubblicazioni, tradotte in più lingue, attuando con méssi finora intentati un vastissimo piano, che, approvate da una commissione di eminenti personalità nominata dal Ministro dell'interno. avrebl»e dovuto essere svolte sotto gli auspici del cessato Sottesegrctariato por In propagai! la all'Estero.
/ soci ricevono GRATIS:
** L’ITALIA CHE SCRIVE,,
Rassegna per coloro che leggono. Supplemento mensile a tutti I periodici (Abbonamento annuo L. 5) e le> “GUIDB ICS,,
0*s.'a. Profili lì fonografici delle singole materie, bilancio del contributo portato alla civiltà, negli ultimi decenni, dagli Italiani.
(Tre volumi all’anno - Prezzo di ognuno L. 3,50)
Gli studenti, gli insegnanti di qualunque grado, lo persone colto in generalo, hanno l’obbligo monile e la massima utilità pratica a contribuire allo sviluppo di questa iniziativa che metterà in- valore nel mondo il pensiero o il lavoro degli Italiani.
Gli industriali potranno faro annunzi sulla rivista e sullo altro pubblicazioni dell' Istituto. So poi disporranno oliò queste siano mandato iu dono in loro nomo alla loro clientela fruiranno di una speciale e gratuita pubblicità sulla copertina, dello pubblicazioni stesso.
Contributi dei Soci: FONDATORI minimo L. 100.000 PERPETUI I,. 250
PROMOTORI » » 1.000 ANNUALI > 10
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RIVISTA DI Mil ANO ' QUIND1CINALE LIBER,STA DI pou-I\i V IO 1A Vi MIL AH U T1CA E LETTERE — ANNO IV
Collaboratori polìtici ordinari:
ARNALDO AGNELLI - JEAN ALAZARD - GUIDO BARANELLO - ANTONIO HI BALDAGCI - CORSO BOVIO - EPICARMO CORBINO - ANTONIO DE VITI DE MARCO - LUIGI EINAUDI - FRANCESCO EVOLI - N. MASSIMO FOVEL -ALFREDO GALLETTI - EDOARDO GIRETTI - ETTORE LOLINI - G. LOMBARDO RADICE - JULIEN LUCHAIRE - GINO LUZZATTO - GIOVANNI MARCHESINI -FELICE MOMIGLIANO - ROMOLO MURRI - ALFREDO NICEFORO - VILFREDO IH PARETO - GIUSEPPE PRATO - GIUSEPPE PREZZOLINI - VINCENZO PORRI -GIUSEPPE RENSI - GÙIDO DE RUGGIERO - PIETRO SILVA - ALBERTO SPAIN! jj} - CESARE SPELLANZON - GIANI SPUTARICH - ADRIANO TILGHER, CCC.
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Anno X - Fasc. II.
BILYCI1NIS
rivista di sTvdi religiosi
E DITA-DALLA FACOLTÀ-DELLA SCVOLA asæKT EOLOGIC A - BATTISTA* DI-ROMA
ROMA - FEBBRAIO 1921
Vol. XVII. 2
CIELO E TERRA
Al mio amico Sunitì-Kumar Chatlerji
Ecco, la picciola lampa è nel grembo de Fumile casa; e la serotina stella s'affaccia a mirar la sua luce.
Sembra uno sguardo la piccola fiamma, uno sguardo d’amata ; trema la piccola fiamma com'ansia di cuore materno;
splende la piccola fiamma sul nero grigior de la terra; come sott'ala di vento la tremula fiamma è pulsante.
— De la serotina stella discese il messaggio, portando benedizioni da l'Alto: la luce immortale discese piena d'un dolce desio: bruciar ne la fiamma mortale.
Rabindra Nath Tagore
(traduzione di GUIDO PUCCIO)
Nota.
Può essere interessante conoscere la [storia della poesia e della traduzione. È un piccolo episodio della storia del pensiero umano.
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Terra e Cielo fu scritto dal Tagore (1) in bengalese, adattando le parole alla melodia di un vecchio canto popolare; Molte delle sue poesie son nate così. Un indiano raccolse la poesia dalle vive labbra del poeta, mentre questi la cantava. La fissò così sulla carta, ed una copia n’ebbe il mio amico indiano al quale per l'appunto la traduzione è dedicata, ed io l’ebbi da lui per caso. Alcune settimane fa, ricevetti dall’Italia la bella traduzione di all Veltro del Cielo », del poeta mistico Thompson, fatta da M. Praz e pubblicata da Bilychnis. La classica lampada stampata sulla copertina dell’opuscolo attrasse l’attenzione dell’amico Chatterji. Si ricordò così del canto del Tagore: e me lo disse, e me lo tradusse in inglese perch'io potessi volgerlo in italiano. La traduzione vuole soltanto essere un atto d’amore verso un poeta nobilissimo che deriva la sua inspirazione da una grande civiltà, madre a tante altre.
La l^mpa — la semplice lampa di terracotta — è ancor oggi nell'india il simbolo di ogni virtù domestica, di ogni gioia ed intimità familiare. Alla sera, la buona madre accende la prima lampada nel recesso destinato ai segni della divinità o alla pace della preghiera: da quella prima fiamma sacra tutte le altre luci della casa traggon vita, come per filiazione. ' Inoltre, molte famiglie agiate durante la stagione autunnale, usano accendere una lampa sull’alto d’una terrazza. S’intende dedicata ai Mani della famiglia ed alla divinità.
Ecco i due primi vèrsi dell'originale, con la traduzione, parola per parola: màtirfo) pródip(o) — Khâni âcc màtir(o) ghórer(o) Kòle :
di terra te lampa 4- te piccete è di terra dette casa sul »eoo
sóndhja — târa tàkaj(e), tiri àio dékhbe, bóle la serotina — stella guarda . di ossa (la lampa) perfino te luce vedrà dicendo che (se per quella capone)
Londra, gennaio 1921.
Guido Puccio.
(x) in bengalese Thàkurfa) [«• Signore}, nome comune per antonomasia diventato cognome nella famiglia del poeta.
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CRISTIANESIMO ED EBRAISMO
R c^’ a^’a avvicinato con anima serena, al di sopra’?[dei pregiudizi millenari depositati negli spiriti, il fenomeno ebraico e quello cristiano, non può non desiderarsi che si giunga finalmente ad una migliore comprensione dei loro rapporti, ad una valuta-7XJSJKjCS-mI zione più alta e* più dolce del loro contenuto. Io credo perciò UCDcXzeéz^J di poter accogliere con piacere l’invito che la gentil signorina Elga Ohlsen fa ad Ebrei e Cristiani per uno scambio d’idee sui valori specifici delle due correnti spirituali e della loro ragion d'essere, (i) È tempo di sgombrare ij terreno dalle idee perconcettc e dalle frasi fatte che hanno deposto uno strato di diffidenza, di dispregio, di avversione fra le due correnti spirituali ed hanno turbato, quasi irrimediabilmente, i loro rapporti storici.
Credo però che sia necessario innanzi tutto delimitare bene il campo del raffronto e risalire alle fonti. Il Cristianesimo procede dall’Evangelo, come ¡’Ebraismo dalla Bibbia; se il Cristianesimo va considerato come la dottrina di Gesù, esso è un fenomeno puramente ebraico, che noi Ebrei possiamo rivendicare, trasportandolo nella sua atmosfera palestinese e nelle correnti che dominavano in Terra Santa, dove e allorché si svolse la predicazione di Gesù. Credo avesse ragione Israele Zangwill quando affermava la necessità di distinguere fra Gesù e la Cristianità, fra ciò ch’egli fece, essendo e rimanendo ebreo, e ciò che dissero e fecero coloro che l’interpretarono o lo divulgarono.
Risalire dunque all’originale personalità di colui che è il fondatore del Cristiar nesimo e alle idee che gli furono attribuite, da una parte; e dall’altra al patrimonio ideale d'Israele quale si manifestò e si concretò non solo nella Bibbia, ma altresì negli scritti e nelle correnti che ebbero vita intorno al tempo di Gesù. Troppo si sono trascurati infatti i precedenti ebraici della predicazione cristiana, la quale attinge idee e forme non solo in quello che si chiama il Vecchio Testamento, ma in quello che fu ed è la letteratura apocalittica e messianica ebraica, la tradizione d’Israele fissatasi nella multiforme leggenda e nella letteratura mi-drashica e talmudica. Adolfo Harnack nel suo Aus Wissenschaft und Lcben (I, 202) ha scritto: « Chi voglia intendere Gesù e le sue idee religiose nella loro individualità psicologica farà meglio se ricercherà le migliori concezioni del Talmud o la letteratura etica ed ¡storica del giudaismo moderno, piuttosto che le presentazioni etiche
(1) V. Bilychnis, gennaio 1921, p. 37.
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di alcuni teologi cristiani. La specifica moralità del moderno Giudaismo è più vicina a Gesù di quella di alcuni teologi ariani, a cui l’umanitarismo ebraico istintivamente caloroso, ricco di tendenze sociali rimarrà sempre estraneo. I teologi ebrei han ragione allorché affermano che il Cristianesimo non contiene alcuna idea religiosa ed etica, clic concerna Iddio o i doveri dell'uomo, che non trovi le sue basi nei migliori prodotti della teologia ebraica, le cui idee sono identiche a quelle dei teologi liberali cristiani, se si guarda alla letteratura ebraica posteriore al Vecchio Testamento ».
Noi dunque diciamo questo: nulla di nuovo contiene per noi Ebrei il Cristianesimo, in quanto è sostanza etica e religiosa, intuito del divino, amore e sogno, dovere e speranza. La predicazione evangelica non ha creato nè innovato nulla in quanto alla sua essenza morale, in quanto essa è concepimento e dottrina di carità e d’amore, in quanto è alimento spirituale. Gesù è un ebreo che dice parole nuove ai pagani, al mondo ellenico e latino, ma ripete antiche dottrine agli Ebrei della Sinagoga, nella quale s’agita lo spirito ribelle e celeste del Vecchio Testamento, l’universalismo profetico, la tempesta di giustizia sociale, e la fratellanza umana. La parola di Renan: « Gesù è l'iniziatore del mondo a uno spirito nuovo », è vera in confronto del mondo pagano, non di quello ebraico. Gesù è uscito dal mondo ebraico, come Dante dal mondo italiano. La grandezza di Gesù non è in quello che nella sua predicazione v’ha di contrario allo spirito d’Israele, ma in quello che dello spirito d’Israele essa riafferma e propaga. L'Evangelo ripete le idee della vecchia Bibbia ebrea, colle parole della Bibbia e colle formule sintetiche con cui eransi venute concretando nelle scuole e nelle dottrine farisaiche le idealità ebree.
Il suo annunzio del « Regno di Dio » (Malchuth Shamaim) è l’annunzio d’una certezza o d’una aspettativa ebraica: nessun altro che gli Ebrei poteva intendere che cosa esso significasse (r), e quale contenuto di radicali trasformazioni {x>ssedesse. Era la secolare, l’eterna certezza dell’Ebraismo in un avvento di « cieli nuovi e di terre nuove» (Isaia, 65, 17; 66, 22); era la nuova Gerusalemme di Isaia (60; 65, 18) e d’Ezechiele (40 a 48),. la Gerusalemme celeste di Ezra (IV, 7, 26; 13, 36), e del talmud (Taànith 5a); la « Gerusalemme del mondo futuro », contrapposta alla « Gerusalemme di questo mondo » (Babà bathrà, 75-à); quella che ¡'Epistola ai Galati chiama la «Gerusalemme di sopra» (Jerushalaim shel india-dei Rabbini), la città dalle solide fondamenta dell’Epistola agli Ebrei (XI, io), la « città Santa » quale prima dell'Apocalisse di Giovanni (21, 2 e io) avevan veduto Isaia (52, 1) e il Libro di Henoch. Gesù predica quest’Evangelo con idee e forme che sono la sostanza del Profetismo d’Israele e del Messianismo d’Israele. II Discorso della Montagna, cosi nuovo agli spiriti occidentali, e forse anche alle turbe lontane dall’insegnamento ebreo, (ai « àmè-haarazoth »), è un'eco ed una dolcis-srnia ricomposizione della corrente dottrina farisaica (2) che, in sostanza, attingeva
(ri Jewish Contributions lo Civilizalion bv Joseph Jacous, Philadclphia, 1919 pag. 94: Vte de Jésùs di Renan, cap. V; Gkaetz, Geschichte der Juden. Lòwit. voi. I, pagg- 393. 487. 551- . . J
(2) G. Friedlander, Origin qì thè Sermon on thè Moiint. Londra. .1909.
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CRISTIANESIMO ED EBRAISMO
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alle fonti bibliche e alla loro glorificazione. dell’umiltà. della povertà, e all’esaltazione dei perseguitati. Nel divino programma dei profeti son due gli elementi principali che distinguono gl’ideali ebraici da quelli di tutte le altre genti e che fanno ancheggi l’ammirazione — riflessa sulla predicazione evangelica e sullo spirito cristiano — dei popoli occidentali: primo elemento, l’idealizzazione del povero e del perseguitato come tipo dell’uomo buono e giusto, a cui spetta il regno dei cieli, il mondo fjuturo (i); l’altro il regno della pace come aspirazione massima e finale dell'umanità. I « poveri di spirito n sono i «ànve-ruab» o «ànije-ruah » della Bibbia e dei Rabbini, gli uomini dallo a spirito rotto» dal «cuore spezzato e contrito» (Salmi, 51, 19), ai quali Dio è vicino (Isaia, 57, 15). La voce di Gesù, nel Sermone della montagna, che cosa dice di più e di meglio delle antiche voci profetiche che sette secoli prima risonarono in Giuda e a Gerusalemme per glorificare e sostenere gli spiriti mansueti e dolenti, i pii assetati di giustizia e di pace?
Tutto Gesù è in Isaia: •
« Lo spirito del Signore Iddio è su me: poiché mi ha unto ¡'Eterno per annunziare la buona novella ai mansueti; mi ha inviato per fasciare gli uomini dal cuore affranto; per proclamar la libertà ai captivi, ed aprir la carcere ai prigioni.
« Per proclamar Fanno di grazia del Signore; il giorno della giustizia del nostro Iddio; per consolar tutti quelli che fanno cordoglio.
«Poiché io sono il Signore che ama la giustizia, che odia la rapina coll’olocausto... (Isaia, 51).
« Questa speranza, che i sibillini d’Alessandria ardentemente rilevano, in cui Gesù e i suoi discepoli attingono l’affermazione dell’apparire prossimo del regno di Dio, ha per padre Isaia, o piuttosto la Scuola, ostinata nel suo ottimismo, che per prima gettò nell’umanità il grido di giustizia, di fratellanza e di pace... Egli è il vero fondatore della dottrina messianica e apocalittica. Gesù e gli apostoli non han fatto che ripetere Isaia. Una storia delle origini del Cristianesimo che volesse risalire ai primi germi dovrebbe cominciar da Isaia ».
Così ^enan (Hist. du peupic d'Israll, 1895, pag. 501. 506). Ma in Isaia e negli altri profeti non sono soltanto i germi, ma tutto il grande albero.
«Gesù è tutto intero in Isaia »(Renan, I. c., pag. 539). Gesù è nella Bibbia e in tutto il pensiero ebraico dai Salmi al Talmud.
La Bibbia ebrea, aperta per due millenni alle genti, pare ancora chiusa al loro spirito sereno e diritto. Avviciniamola insieme, 0 fratelli cristiani, e alziamola, colle nostre mani pure e colle nostre anime ardenti, sui cuori, affinchè ci unisca nelle supreme verità che essa sola ci dette e che sola ispirò a coloro che uscirono, per il bene degli uomini, dal sangue di Àbramo. Noi ebrei diciamo di ritrovarci tutto quello che di sacro e di grande han ripetuto gli uomini nostri e vostri. Voi leggete nel Vangelo: « Beati i mansueti, perciocché essi erediteranno la terra». Noi leggiamo nei Salmi (37, 11): «E i mansueti erediteranno la sterra e
(r) Isidoro Loeb. La religion des pauvres dans la Bible. Parigi, 1892.
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gioiranno per Ja molta pace ». Voi dite: « Beati i puri di cuore, perciocché vedranno Iddio ». E noi: « Chi salirà al monte del Signore e chi si solleverà fino al suo santo luogo? L’innocente di mani e il puro di cuore, il quale non eleva alla vanità la sna anima e non giura con frode » (Salmo 24, 3-4). Oppure: « O Signore, chi dimorerà nel tuo tabernacolo, chi abiterà nel tuo sacro monte? Colui che cammina nell’integrità, che opera la giustizia, e parla la verità in cuor suo» (Salmo 15,-1-25).
Tutto ciò sentiva l’evangelista, quando poneva in bocca di Gesù la protesta contro l’abolizione della Legge. Gesù ripeteva non solo le parole e le idee dei profeti, ma le massime di mansuetudine e di pietà che aleggiavano nell’aria palestinese: egli citava i salmi e chiamava le folle alla speranza colle stesse voci dolci che nelle loro parabole e leggende usavano i maestri e i dottori della Legge. C’è in lui la voce d’Hillel, deWAggadah ebrea (1), delle Apocalissi, di questi libri dei • profeti popolari », come li chiama il Friedländer, e delle loro credenze e speranze, che tante vie trovarono nei cuori delle folle ebree dai tempi dei Maccabei fino alla distruzione del tempio e in cui è pure una delle fonti del Cristianesimo. Sono i a giardini di Semiramide» déìV Aggadah, secondo la frase di Heine, che fioriscono nei secoli anteriori e posteriori alla nascita di Gesù e dai cui fiori egli trae il colore e il profumo della sua propaganda. Gesù riafferma la Legge — cioè la Thorah cerne i profeti ai lor tempi la riaffermarono: nel suo spirito, che non può esser scisso dalla sua realtà e dalla sua osservanza. Non può immaginarsi che Gesù volesse dichiarare la Legge decaduta e abolita, affermando «d’esser venuto per adempierla », e chiamando « il minimo nel regno dei cieli » chi « avrà rotto uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini ». Si trattava dello spirito della Legge! Ma in questa volontà ardente di ricondurre la Legge al suo spirito, dalle materializzazioni dei sacerdoti venali 0 dei falsi maestri o delle folle ignare, egli è compagno dei profeti e dei dottori d’Israele, anteriori e posteriori alle sue invettive. Qualcuno dei maestri « insegnava » soltanto, senza « mettere in pratica »: egli vuole che l’osservanza della legge accompagni l’insegnamento. Simeone, figlio di Rabban Gamliel sentenziava: « Non è lo studio o la predicazione l’essenziale, ma l’opera ». Gesù non si rivolgeva ai pagani, ma « alle pecore perdute della casa d'Israele»; era un ebreo che veniva a riportare l’imperio dello spirito, quale l’ebraismo nei secoli aveva creato ed esaltato, nella corrotta compagine dello Stato. La frase di Gesù serve, nella bocca di un rabbino del Talmud (Shabbath, 116Ò), per ribattere alle idee trasformatrici d’un filosofo abolizionista. Essa è citata così: « Io non per togliere alla Legge di Mosè son venuto, nè per aggiungervi son venuto ».
Certo Cristo ebbe slanci di ira e di indignazione contro i Maestri della Legge e contro i sistemi artifiziosi prevalenti nel suo tempo; contro i difetti, le superbie, le ipocrisie della casta sacerdotale e delle classi ricche. Ma che altro, ai lor tempi,
(1) Doti. S. A. HojtODKzKy, Religiöse Strömungen im Judentum. Lipsia, 1920, pag. 13 e segg.: H. Weiss, D&r dor ve-doresciau), Vilna, 1895, pag. 109.
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avevan fatto i Profeti? e quali meravigliose ribellioni contro i sommi guidatori ed i sacerdoti ed i maestri non si leggono nelle pagine della Vecchia Bibbia? E quale tempesta di spiritualità non procede da questi fustigatori solitari dei peccati dei grandi? E come la Legge di Mosè non è presentata nella sua irraggiungibile . idealità, contro alle falsificazioni e alle materializzazioni del tempo?
« Ed io dissi: Ascoltate dunque, capi di Giacobbe, e principi della casa di Israele. Non spetta a voi conoscer la giustizia?
. « Odiatori del bene e amanti del male; Scorticatori della lor pelle di sopra a loro e della lor carne di sopra le loro ossa.
« Ciò che mangiano è la carne del popol mio; e lo spogliano della pelle, e gli fiaccali Possa...
« Così dice il Signore ai profeti che traviano il popol mio; che mordono coi lor denti proclamando pace; e se alcuno non dà loro in bocca, bandiscono contro di lui la guerra...
« I suoi capi per dono giudicano, i suoi sacerdoti per prezzo insegnano, i suoi profeti per danaro indovinano; e poi si appoggiano al Signore, dicendo: « Non è. il Signore in mezzo a noi? Non ci accadrà alcun male».
Ora queste avversioni contro .il secolo corrotto son la nota non dell'Evangeto che nell’Ebraismo importerebbe una musica nuova di spiritualità, di purità, di verità, ma di tutto ¡’Ebraismo vivente per la giustizia e per la modestia dell’ideale religioso.
Un’invettiva talmudica — siamo nell’era deH’Evangelo — ci trasmette le medesime ribellioni per la voce dei farisei.
« Quattro voci escono dal vestibolo del tempio. La prima dice: « Uscite, discendenti di Eli, poiché voi contaminate il santuario di Dio ». E la seconda: « Esci di qui, tu. che rispetti solo te stesso e profani le vittime consacrate ». E la terza: «.Apritevi, o porte, e fate entrare i discepoli di Pinechas (il frodatore figlio di Eli che trafficava sulle offerte) ». E la quarta: « Apritevi, o porte, dinanzi al figlio di Nebedeo, discepolo dei ghiottoni, perchè si empia delle vittime! ».
Un'altra invettiva non meno fiera è in Talmud (Pesachim 57, Kerithpt 28a).
La dolcezza idealistica della morale che ¡’Evangelo vuol contrapporre alla rigidità dell'antica legge, pare una cosa artificiosa. Tutto il sentimentalismo etico deH’Evangelo è già nella Bibbia e nei dottori. Io ripeto che altrimenti si giudicherebbero i rapporti, le attinenze, le somiglianze deH’Evangelo colla vecchia dottrina ebraica, se meno si fosse trascurata tutta quella ampia letteratura post-biblica sorta prima e accanto agli scritti del primitivo Cristianesimo. Noi Ebrei sentiamo nelle più dolci pagine del Vangelo la voce armoniosa e cullante della nostra Ag-gadah; dell’Aggadah talvolta ribelle, innovatrice, come ogni insegnamento orale (1). Il maestro mio grande Elia Benamozegh scriveva: « Jamais la lecture de certains passages des Evangiles ne nous a laissé froid: la semplicité, la grandeur, la tendresse infinie qui respirent ces pages nous bouleversaient jusqu'au fond de l’âme;
(ï) Berachotii 32a, Monachetto 296, Midrash rabbà II, cap. 83. Jalkut Scimóni KoracJt.
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...nous eussions été facilement gagné par le charme de ce livre, si une grâce particulière ne nous avait fait triompher de la grâce elle-même et si nous n’avions été familiarisé depuis longtemps avec ces émotions par les écrits de nos docteurs, par l’Haggada surtout dont l’Evangile n’est qu’un feuillet détaché et qui, avec lui et sans lui, a conquis et conquerra le monde comme l’a dit Renan. Nous nous abandonnions alors d’autant plus librement à ces douces impressions que nous avions conscience de rentrer dans un domaine qui nous appartient, de jouir ainsi de notre propre bien et d’être d’autant plus juif que nous rendions mieux justice au christianisme» (1). <
La morale ebraica, la religione ebraica, l'ideale ebraico non possono giudicarsi attraverso un testo od un articolo del codice penale o civile, intesi come immutabile cosa, alla lettera, in senso angusto. È necessario ricostruire e approfondire il complesso della loro mentalità, tutte le forme e i progressi e gli ardimenti del loro pensiero.
L’Ebraismo non è un corpo rigido e pietrificato, nè la sua dottrina è racchiusa soltanto in quello che il Cristianesimo chiama il Vecchio Testamento e a cui attribuisce, contro ogni realtà, un’anima materiale.
L’Ebraismo è un corpo vivente e c’è anche in lui quella che si potrebbe chiamare Involuzione, per cui esso è sempre variabile e sempre identico in sostanza. « N'est-il pas vrai que tout est mouvement dans une religion vivante: croyance, discipline, morale et culte? La tradition tend à la stabilité, mais la vie pousse au progrès. Puisque la religion d’Israël, depuis ses origines jusqu’à l’apparition du christianisme, et le christianisme, depuis sa fondation, ont été plus vivants que aucune autre religion, on ne devra pas s’étonner qu’ils aient changé davantage, non par la simple combinaison d’éléments nouveaux, et même étrangers, avec leurs éléments primitifs, comme des historiens qui se bornent à faire un relevé des idées et coutumes religieuses, pour les comparer entr’elles, sont trop enclins à l’admettre, mais par l'intensité même d'une puissance vitale, d’un dynamisme qui a trouvé dans les rencontres de l’histoire les occasions, les excitants, les adjuvants, la matière de son propre développement » (2).
Ora, ciò che per alcuni, nell’Evangelo, è un inizio, una novità, una scoperta di nuovi campi, una rivelazione di nuovi valori più sottili, più profondi, più celesti, non è in realtà che l’eco di progressi già concretati o il resultato naturale d’una evoluzione già in atto. Comunque sia, il merito è sempre del loro ambiente, dello impulso che ne han ricevuto, delle conquiste fatte dalla tradizione anteriore di cui essi sono gli echi e in cui è la causa determinante della loro attività e del loro processo. Il merito, comunque si voglia giudicare, è dell’Ebraismo che in quel tempo, o prima, ha dato nascimento a quelle idee e a quelle persone. Noi dobbiamo rivendicarlo; e dobbiamo rivendicare anche gli sconosciuti valori potenziali e reali
(x) Elie Benamozegh, Israël et VHumanité. Etude sur le problème de la religion universelle et sa solution. Paris, Leroux, 1914, pag. 20-21.
(2) Loisv, Autour à'un petit livre, pag. 47.
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che han reso possibili quelle manifestazioni cui il mondo s’inchina. Dobbiamo richiamare il mondo allo studio più attento, più sereno, più scevro di preconcetti, di quello che fu ¡’Ebraismo storico e la sua atmosfera pre-evangelica. « È una grande deficienza questa — scriveva Raffaele Ottolenghi — di voler studiare il Cristianesimo senza l’ausilio del Talmud: venendo a mancare la cornice del quadro, nel quale esso deve essere collocato... I Vangeli, volere o no, sono nati nell’am-biente rabbinico, nelle scuole di Palestina... Per quanto Israele abbia fornito al mondo un esempio di sovrumana fedeltà al libro venerabile, pure è assurdo il voler disconoscere tutte le mutazioni che un periodo storico di otto secoli almeno, quale è quello che trascorse dalla redazione fonda mentale del libro sacro d’Israele fino a Cristo, ha dovuto ingenerare nella sua psiche. Israele non si capisce senza la Bibbia, ma neanco è possibile staccarlo dal Talmud » (i).
La legge scritta non è una cosa immutabile, fossile, rigida, pietrificata. La voce e il cuore la vivificano eternamente, talvolta la annullano o la trasformano. È un merito indiscusso della mentalità e del sistema rabbinico, di quel Talmud così maltrattato, di imprimere il moto e il progresso alle idee e ai costumi, di allargare, approfondire, rasserenare, innalzare il volto severo della legge (2). Si dice: il Cristianesimo ha recato al mondo l'idea del Dio universale, padre degli uomini; l’idea della umana fratellanza e dell’amore del prossimo. Ora queste idee furono prima ebraiche e poi cristiane: dalla Bibbia fino ai Farisei. Ma molti cristiani le negano ancora al Vecchio Testamento e ai dottori. Il Bcnamozegh ha scritto due interi volumi sull’idea di Dio e sulla morale ebraica, per dimostrare come esse contengano tutte le virtù che si attribuiscono di solito al Dio e alla morale cristiana. Molti aspetti del Dio biblico sono aspetti paterni: l'invocazione « padre nostro che sei nei cieli » (avinu shebashamaim) è un’invocazione ebraica; come l’altra di «padre misericordioso» (av harachman), o quella di« nostro padre e re » (avinu malkénu). Il Pater Noster pare fosse una preghiera tradizionale in uso nella scuola del Battista (Luca, XI, 1) e quindi forse una invocazione tradizionale ebrea o essena. Certo essa è intessuta di formule ebraiche ed è tutta ispirata alla realtà della vita quotidiana e alle preoccupazioni terrene piuttosto che messianiche e, celesti. C’è quel senso delle realizzazioni immanenti che è così specifico del Giudaismo, e non c'è nulla che non si ritrovi nella liturgia ebraica. «Sia esaltato e santificato il Suo nome grande, nel- mondo ch’Egli creò secondo la sua volontà, e venga il suo regno»; è una preghiera che la Sinagoga ripete da millenni. Ed ancora: « Venga a loro ed a voi . pace grande, grazia, pietà e misericordia, e lunga vita e alimenti, e redenzione dal Padre loro che è nei cieli e nella terra (Avuhon de-bishmajà ve-arà). C'è tutta l'anima ebraica e l'idea ebraica quali facilmente si ritrovano nelle più comuni preghiere e nei concepimenti dei Padri del ¡’Ebraismo (3).
(1) Raff. Ottolenghi, Voci d’Oriente, studi di storia religiosa. Genova, 1908, pag. 503-505(2) Bialik H. N., Halachah ve-Aggadah.
(3) C. Taylor, Saying of thè Jeunsh Fathers, i* ediz., pag. 142.
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Leggendogli evangeli, l’israelita non prova l’impressione d'incontrarsi in una dottrina nuova circa la paternità di Dio, ma bensì in una dottrina a lui vecchia e famigliare » (i).
L’amore del prossimo è negli Evangeli quello che è nella Bibbia e nei Dottóri.
« E un Dottor della legge, gli domandò per metterlo alla prova: Maestro, qual è nella legge il maggior comandamento? E Gesù gli disse: Ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore, e con tutta la tua anima e con tutta la tua mente ». Questo è il primo e il gran comandamento. E il secondo, simile ad esso, è: Ama il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti » (Matteo, XXII, 35-40).
Par di sentire Hillel (70 a. C., 5 d. C.) quando al pagano che domandavagli di conoscere tutta la legge mentre stava dritto sopra un sol piede rispondeva: « Non fare agli altri ciò che dispiace a te. Questa è tutta la Legge. Il resto non ne è che il commento. Va e impara» (Zo hi col ha-Thorah cullah, veidach piruschiah hu; zil ghemòr) (Shabbat, 31).
Oppure: « Ama il tuo prossimo come te stesso ». Dice R. Akiba: È quésto il maggior principio della Legge » (Jerushalmì, Nedarim, 89, 4).
Rabbi Akiba, il martire, moriva fra i supplizi nell'ultima rivolta ebraica, ripetendo nella letizia del dovere interamente compiuto, nella certézza della beatitudine, il principio dell'unità di Dio e il precetto dell'amore divino.
Dunque, fine e mezzi, tono e contenuto, interiorità e forma sono — per quanto è idea e spirito —- ebraici in Gesù e nei Profeti. Tutta la sua personalità è ebraica; tutto il suo grido di perfezione e di sogno è ebraico. E se sono ebraici, noi ebrei dobbiam rivendicarli, come uno dei doni che abbiam potuto fare all'umanità; e l'umanità deve riconoscere questo indiscusso fatto storico e questo nostro merito. Glorificando la spiritualità e l'idealità evangelica, nella sua sostanza immutevole, al di là dei mutamenti e dei supplementi dei tempi e delle chiese, i seguaci di Gesù glorificano lo spirito creatore d’Israele. Cioè dovrebbero. Certo ¡’Ebraismo non potrà mai — ed è questa la ragione delle sue millenarie resistenze ed anche della sua vita — sottoscrivere a quelle che sono state le interpretazioni posteriori della missione di Gesù; tutto ciò che costituisce l’idea o le idee del cristianesimo dogmatico; tutto ciò che è negazione deH’Ebraismo reale, tutto ciò che è soffocamento della personalità ebraica, tutto ciò che è abolizione della vita collettiva di Israele e della rigidità della suà idea unitaria. Gli Ebrèi non han mai combattuto il Cristianesimo, come un nemico. Se mai han difeso là loro idea e la loro vita, il loro concepimento del mondo, la loro libera personalità, in quanto potevano essere compromessi dalle insidie del mondo che non li capiva. «Gli Ebrei han preferito di essere i perseguitati e non i persecutori, gli offesi e non gli offensóri; e quando fu proprio necessario, han risposto con calma riflessione... Non c'è in tutta la letteratura del periodo talmudico neppure un’opera che sia stata composta contro il
(1) Claudio G. Montefiore, Gesù di Nazareth nel pensiero ebraico contemporaneo. Formiggini, 1913, p. 87.
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Cristianesimo, in quell’epoca in cui i principali Padri della Chiesa: Clemente Alessandrino, Origene, Tertulliano, Eusebio, Epifanio, Giovanni Crisostomo, ecc., creavano un’intera letteratura contro il Giudaismo » (i). Ma essi avevano di lor medesimi e del mondo e delle genti, oltre a quelle della morale e di Dio, altre idee e altri concepimenti' che s’opposero fatalmente alle interpretazioni e agli ampliamenti che gli uomini posteriori e le vicende introdussero nella prima predicazione evangelica. Per gli Ebrei era possibile costituire la religione universale, il Regno di Dio, l’eguaglianza degli uomini, la purità degli spiriti «ideile opere; raccogliere sotto le ali della ' divinità una ed eterna tutti gli esseri viventi, senza distruggere il popolo e la sua specifica vita. Alzare il paganesimo fino al cielo, realizzare l'età messianica, senza alcun compromesso e senz'alcuna rinunzia: non distruggere l’Ebraismo, ma evangelizzare, mediante l’Ebraismo, gli uomini. Alzare l'uomo fino a Dio, non abbassare Dio fino all’uomo. Non abolire gli sforzi, la lotta l'azione; gli spazi che ci separano dall’infinito; ma avvezzare gli uomini a misurare gli abissi é a superarli nell'anelito quotidiano, attingendo in sè stessi l'energia per l’alto e arduo viaggio. Sentire Dio in sè spiritualmente, intimamente — come l'intesero i poeti dei Salmi — ma non fino a farlo discendere nella carne umana.
Il simbolo dèlia perfezione, per l’Ebraismo, è Dio, com’era per Mosè, per i dottori del Talmud, per Gesù: a Lui dobbiamo tendere ed avvicinarci. « Siate santi, poiché Io, il Signore Dio vostro, son santo » è prima di Mosè (Levitico 19, 2) e poi di Matteo (V, 48) ».
« Siate misericordiosi, com’è misericordioso il Padre vostro », è di Luca (VI, 36) ma è anche dei Farisei: « Abbi dinanzi a te fisse le perfezioni del Santo benedetto: com’Egli è misericordioso, tu pure sii misericordioso» (Chethuboth, ni b). Ora a questo Dio ognuno può, anzi deve, direttamente, colle proprie forze ed ansie, tendere ed avvicinarsi, poiché egli «è presso tutti quelli che Provocano, presso tutti quelli che l’invocano in verità » (Salmo 145, 18).
Il purgamento dei nostri peccati che, nell’Epistola agli Ebrei (I, 3), è compiuto da Gesù, per gli Ebrei viene da Dio: « 0 voi beati, Israele! Dinanzi a chi voi vi purgate e chi vi purifica? Il Padre vostro che è nei cieli » (Jomà, 88). Rabbi Simeone diceva: « Quando tu fai orazione, non sia la tua preghiera una formula fissa, ma sia fatta di invocazioni alla pietà e alla misericordia di Dio, siccome è scritto: « Poiché io son benigno e pietoso, longanime e immensamente misericordioso » (Pirkè Avoth II).
Per l’Ebraismo l’uomo non è l’inerte spettatore del miracolo, il vaso della grazia, colui che contempla, spoglio dell’ansia dell’oggi e del domani, ma il lavoratore che collabora con Dio .alla realizzazione dell'ideale, e dal lavoro onesto e dalle opere della giustizia, non disgiunte dalla fede nella loro fertilità, trae la pace e la vita. Anche nel suo disprezzo delle ricchezze, anche nelle sue invettive contro ai ricchi, Gesù è ebreo e riproduce gli antichi profeti fustigatori; è esseno, quando
(1) II Talmud e il Cristianesimo di Z. Marron. Hashiìoah. Odessa, luglio 1917, pag. 23.
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dice che non si posson servir due signori e predica il dispregio delle cose terrene e dei bisogni materiali; ma quella parola di Mosè: «Se voi ascolterete ai miei comandamenti che io vi ordino oggi, i quali consistono nell’amare il Signore vostro Dio e nel servirlo con tutto il vostro cuore e con tutta la vostra anima, io darò la pioggia della vostra terra a suo tempo... e tu mangerai e sarai sazio» (Deut., ir, 13-15), c divenuto il discorso delle « sollecitudini ansiose », in cui si è esagerata la dottrina ebrea e troppo si è distratto l’occhio degli uomini dalle necessità e dalle realtà della vita (Matteo, 6, 25). L'idea dei Rabbini è altra. Di fronte alla parabola dolcissima, piena dell’azzurro del mio cielo palestinése e del profumo dei suoi fiori, — la parabola degli uccelli del cielo e dei gigli della campagna — c'è nel Talmud una concezione della realtà più vera e non meno ricca di fede, quella concezione di cui si fece interprete Giacomo (Epistola II, 14 e segg.). R. Simeone figlio di Eliezer, dopo aver detto che i genitori debbono avviare i figli ad un mestiere, aggiunge: « Hai tu mai veduto un corvo vendemmiatore, od un leone facchino, od una volpe bottegaia? Eppur essi si nutrono senz’ansia. Ora, se essi non furon creati che per servire a me uomo, mentr’io fui creato per servire il mio creatore, non è giusto ch’io sia nutrito senza sollecitudine? Ma io contaminai le mie opre e perdetti il mio facile alimento» (Kiddushin, 82, Tannà de-bè Elijahu, cap. 14).
La negazione della realtà, il vagar al disopra della terra, l'annullamento del fatto, l’assoluto Regno della grazia che addormenta ogni volontà, sono cose opposte alla forte volontà di realizzazione attiva del divino nel mondo individuo ed umano, all'unificazione dell'idea e del fatto, dell'azione e della fede, della verità e della realtà che s’agitano nella storia, nello spirito, nell’ansia, nel sogno dell’Ebreo (1).
« C’è nell’opposizione degli Ebrei a Gesù e nella loro credenza a un altro Messia un vivo sentimento dei bisogni reali dell’umanità, bisogni che debbono trovar soddisfazione in questo mondo... La protesta degli Ebrei contro questo misticismo era come un appello aH’awenire... Essi son rimasti fedeli, anche in questa lotta, alla loro missione profetica » (2).
Un’altra cosa gli Ebrei han voluto difendere: la loro idea e la loro vita. Essi han sempre pensato che nè Israele deve perdersi nel crogiuolo degli altri popoli, annegandovi la sua personalità, nè l'Umanità deve convertirsi in massa al Giudaismo. Qua è l’errore del proselitismo cristiano posteriore a Gesù: cioè del proselitismo di Paolo. Dio è il Dio universale, ma il Giudaismo non è la religione universale: esso contiene la religione universale. Il « Regno di Dio » dei Profeti è per tutti. Prima che Paolo dicesse: « Poiché non v’ha distinzione fra Giudeo e Greco: lo stesso Signore è Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano » (Romani X, 12), Isaia aveva scritto: « In quel giorno Israele sarà il terzo con ¡'Egizio e con l’Assiro; una benedizione in mezzo alla terra. Il Signor delle schiere lo benedirà dicendo: « Benedetto il popol mio, l’Egitto, l’opera delle mie mani, l’Assiria,
(1) Martin Buber, Der Heilige Weg, Frankfurt, 1919.
(2) Laurent, Hist. des droits des gens, I, 420.
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e la mia eredità, Israele (Isaia XIX, 24, 25). E Zefaniah (III, 9): «Poiché allora muterò ai popoli la loro lingua in una lingua pura: perchè invochino tutti il nome del Signore e lo servano con unanime consentimento » (1).
Anche Israele — prima degli annunziatori della novella cristiana - portò ai dentili la parola della Bibbia e la consolazione del Dio pietoso ai miseri. Ciò fu cinque secoli prima di Gesù (2) e tracce se ne hanno anche in Matteo (XXIII. 15). Il Cristianesimo segue, nella sua propaganda, la navicella del proselitismo •ebreo (Atti XIII, 16, 43) a cui molte e larghe vittorie arrisero nel mondo grecolatino, su tutte le sponde del Mediterraneo. Ma in questa messe di anime nè l’Ebrai-smo si offuscò o scese a compromessi, nè i pagani furon costretti ad accettare la Legge. Il cattolicismo d’Israele è quello che Renan scuopre nella concezione di Giuseppe Flavio.
« Si tratta di predicare agl'idolatri il deismo e i precetti detti noachidi, cioè un giudaismo mitigato a lor uso, un giudaismo ridotto quasi alle proporzioni «Iella legge naturale. Si mantenevano soltanto due o tre astinenze che, agli occhi degli Ebrei più larghi, passavan quasi come parte della legge naturale » (3). « Ad ogni pagina una dolce filosofia, simpatica ad ogni virtù, considerava i precetti rituali della legge come un dovere per i soli Israeliti, proclamando altamente che ogni uomo giusto ha la qualità essenziale per divenir figlio d'Àbramo » (4). In realtà nè le scritture nè la tradizione rabbinica ci mostrano un Israele intento ad assorbire l’umanità ed a sottometterla alla legge mosaica; ma un Israele, centro e legame religioso del mondo; Israele per l’umanità (5). La legge e la storia ebrea conoscono due specie di proseliti, in varia maniera congiunti alla compagine spirituale d'Israele: il gher zedek ó « proselita di giustizia » e il gner tosci ab o gher sciddr, « proselita della porta »: il primo sottoposto alla totale osservanza del giudaismo, il secondo dispensato dalla pratica mosaica e seguace d’un'altra norma che porta il nome di .«legge noachide ». Il più antico testo talmudico enumera così gli articoli principali di questo statuto morale è spirituale dell’Umanità (Sanhedrìn 56 b).
« I nostri dottori han detto che sette comandamenti sono stati imposti ai figli di Noè: il primo prescrive loro di aver dei giudici; gli altri sei proibiscono: i° il sacrilegio; 20 il politeismo; 30 l’incesto; 40 l’omicidio, 50 il furto; 6° l’uso d’un membro dell’animale vivo». Ecco la dolce Legge dell’Umanità, secondo lo Ebraismo. Legge già in atto al tempo della predicazione evangelica, secondo il testo già da noi citato degli Atti e i documenti che ci son pervenuti in gran copia dagli
(1) Vedi anche Amos IX.-7, Zaccaria, XIV, 9; Isaia, 11, 4: Hermann Cohen, Die Nächstenliebe im Talmud, pag. 7. Marburg, 1888.
(2) Harnack, Mission und Ausbreitung des Christentums, pag. 8; J. Eschelbacher Das Judentum und das Wesen des Christentums, pagg. 104-121.
(3) Renas; Les Evangiles, pag. 161.
(4) Id., pag. 249.
(5) E. Benamozegb, IsraSl et THumaniti. Paris, 1914, pag. 500; il Horodezky: « Israel gilt nur für das geistige Zentrum, von dem die wahre Religion nach allen Seiten hin ausstrahlt» (Religiöse Strömungen im Judentum, pag. 5-6).
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scrittori e dagli storici contemporanei (i). R. Hananiah figlio di Gamaliele è nel Talmud l'assertore d’un altro divieto che ha i suoi echi in una delle pagine più vive del Vangelo: quello del sangue dell'animale. La discussione che né deriva nel Tribunale ebreo. (Sanhedrin 56 b, 59 a) si ricongiunge strettamente a quella della Chiesa primitiva, nella quale la legge del noachismo pare attuarsi, continuando l’apostolato ebreo antecedente. « Poiché è parso bene a noi di non imporvi altro peso all'infuori di queste còse, che sono necessarie: vale a dire: che vi asteniate dalle carni offerte in sacrifizio agl’idoli, dal sangue, dalle carni d’animali strangolati e dalla fornicazione, dalle quali cose farete bene a guardarvi » {Atli, XV, 29).
L'errore fu uno solo, in questa identità di spiriti: quello di aver confuso, certo più ta di, il mosaismo col noachismo, di aver eretto a rivale del costume e della legge ebraica questa legge cattolica che il giudaismo aveva in serbo per la gentilità, e di aver voluto distruggere il popolo, l’idea, ed ogni personalità ebraica nel mondo.
Israele vuol resistere a questa sua morte e ripetere, coi diritti dell'umanità, i suoi diritti. Il Cristianesimo sia la rispettata religione noachide degli uomini fratelli; e Israele viva per la sua o missione o ufficio o capacità o ideale nel mondo delle nazioni e degli spiriti, lieto e orgoglioso di aver sofferto, sognato, lavorato e sperato per l'Umanità. Non chiede che una cosa: che gli uomini, che da lui ebbero mólti dóni, rispettino i suoi aneliti e non gli siano ingrati. Egli vuol ancóra dare, come già dette. Ma non si rimproverino più, a lui, i progressi umani e le grandezze dei suoi figli e gli abissi delle sue verità; nè il suo sogno immutabile di giustizia, di fratellanza, di pace non ancora attuato. Il messianismo resta per gli Ebrei la grande speranza: l'ambizione di dar agli uomini la pura idea morale e religiosa che il primitivo Cristianesimo — anterióre ai compromessi e alle misture elleniche (2) — predicò. Il Cristianesimo è un passo, per noi, verso la pura idea divina e la fratellanza dei popoli e degli uomini, nella morale, nell’azione, nella realizzazione sociale del divino, finché venga il giorno dell'universale conoscenza della verità. Tornare all’Evangelo di Gesù può esser per gli uomini una strada verso la luce. Allora le confluenze dell'idea ebrea e cristiana saranno illuminate agli uomini di buona volontà e Israele riassumerà il suo posto di divinatore degli splendóri celesti e delle supreme necessità: di nazione santa e sacerdotale fra le nazioni purificate. Questa strada — indietro, cioè avanti — fino alla grande idealità profetica. Cristiani ed Ebrei possono, anzi debbono, percorrerla insieme. Là è la verità e la vita.
Dante Lattes.
(1) Giovanni Lezzi così nota al testo degli Alti, XIII. 43 « Questi proseliti erano dei pagani che non avevan ricevuto la circoncisione.ma che avevano abbandonato l'idolatria e frequentavano i culti della Sinagoga. Si chiamavano i proseliti della porta... » (Il Nuovo Testamento. Firenze, 1920, pag. 271).
(2) C. Cornile, Das Christentum, pag. io-ri, Lipsia 1908; Dott. S. A. Horo-dezky, Religiöse Strömungen im Judentum. 1920, pag. 7.
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li studi sui fatti religiosi interessano a molti, anche in Italia; © ma non ai psicologi. Già; si suole chiedere ai psicologi, come a tutti quelli che osano parlare di religione se ci credano; e questo a certuni pare che interessi sopra ogni altra cosa. In verità, costoro hanno l’aria di comportarsi come quéi ragazzi che, avuto un romanzo in mano, saltano, dopo poche pagine, al
l’ultimo capitolo, per sapere come vada a finire il personaggio prediletto.
Supposto anche che lo psicologo fosse al caso o avesse voglia di appagare la curiosità degli sfaccendati, gli avverrebbe immediatamente il guaio di esser messo in quarantena; dai credenti, se avesse risposto di non aver fede, dagli « spiriti forti» se avesse dichiarato il contrario.
Lo sciehzato sereno, che non abbia pregiudiziali, deve seguire la propria strada; rispettoso di tutte le opinioni — se è anche un galantuomo — ma coraggioso nell’affermare ciò che la elaborazioe dell’esperienza gli suggerisce.
La posizione agnostica del psicologo scienziato fu riconosciuta — si direbbe ufficialmente — al Congresso internazionale di Psicologia in Ginevra, nel 1909. Il prof. Flournoy, che lo presiedeva, disegnò il metodo della psicologia moderna della religione, ponendo due principi: quello della esclusione della trascendenza e di qualsiasi apologetica dell’immanenza (esclusione vuol dire: nè affermazione, nè negazione); e l'altro, della interpretazione biologica dei fatti religiosi,.
Nelle mie lezioni sulla psicologia della religione tenute all’università nel 1918, io mi attenni scrupolosamente a questi principi, sui quali, a Ginevra convennero pensatori delle più varie tendenze e di diverse religioni, la cattolica compresa. Là mia Conferenza, sulla Conversione religiosa (1), fu ispirata ugualmente a tale indirizzo.
* * «
Dopo quello dell’estasi il tema della Conversione è forse il più conosciuto nella psicologia del miticismo; non solo per gli scritti di Pascal, Bossuet e cento altri.
(1) Aula Magna del Collegio Romano, 27 gennaio 1921.
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ma per le famose conferenze di W. James sull'•Esperienza religiosa», per gli studi del Leuba, per le inchieste americane, per le analisi psicologiche delle testimonianze orali e scritte dei convertiti e pei libri e per le polemiche recenti del P. Mainage.
Io mi sono occupato dell’argomento, perchè appunto ho avuto occasione di studiare le testimonianze inedite di quattro convertiti al cattolicismo; cosa che mi ha spinto in questi ultimi anni a familiarizzarmi con la letteratura del misticismo e con l'agiografia. Pel momento però m’interessa principalmente di fissare quale sia, secondo me, l’intimo processo àn\Y esperienza conversionale tipica (1).
Bisogna, innanzi tutto, escludere dalla sfera della nostra indagine, le conversioni puramente filosofiche e morali, come quelle operate da Seneca nell’antichità; quelle degli alcoolisti americani — comprese nella inchiesta di Starbuck, e le cosi dette «crisi di coscienza» — spesso molto comode! — di tanti uomini politici antichi e con temporanei. Voglio qui limitarmi a considerare la conversione veramente religiosa; processo che — salve eccezioni — appartiene più che ad altre religioni positive, al cattolicismo.
• • *
Quali cause più comuni di conversione al cattolicismo, vengono indicate nella letteratura: la suggestione e l'imitazione, le letture e l’esempio, i fatti straordinari, come le profezie e i miracoli; le pratiche occultistiche e medianiche; la propaganda politico-sociale; la foga nazionalistica; l'eccitazione estetica; le sventure e le malattie; le grandi calamità cosmiche e sociali, dai terremoti alle guerre e alle rivoluzioni.
La sofferenza fisica o morale, ecco però la condizione taumaturgica esterna della conversione religiosa. L’uomo prima di volgersi o di tornare verso la fede, deve subire esperienze dolorose; la cosa apparisce più che mai evidente nelle conversioni collettive più recenti. Tuttavia nessuna esperienza dolorosa sortirebbe serio effetto, se non agisse su anime predestinate e già in crisi interna.
Le cause interne della Conversione vengono indicate nelle autobiografie con denominazioni diverse, come queste: bisogno di un sistema dogmàtico, di una sicura direzione mentale o morale, o di un aiuto superiore; delusione del mondo, nausea del piacere fisico; necessità di amare. Più in generale uno stato negativo dell’intelligenza e dell'animo è in rapportò causale con la conversione, tantoché questa appare poi, dall'aspetto intellettuale, un’affermazione dopo una serie di negazioni; e dall’aspetto affettivo, una conquista di equilibrio, di pace, di gioia. Il convertito finalmente saprà, e finalmente sarà sereno.
♦ ♦ ♦
Storici e teologi dividono la conversione in due tipi: la fulminea e la progressiva. Se non erro, la divisione dello Starbuck in conversione a tipo per abbandono Sè e a tip° vo,itivG’ non è che una parafrasi della divisione classica.
(X) Qui mi limito a un magro sunto dei miei studi sulla conversione; i numerosi esempi tratti dalla letteratura e dalla storia e la bibliografia verranno dati quando mi deciderò a pubblicare il lavoro integralmente.
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L’interpretazione dell'istantaneità, nel senso di un fenomeno puramente passivo, vien sostenuta dai psicologi positivisti — p. es. Leuba — e da quei teologi che si mostrano più gelosi delle prerogative della Grazia — p. es. il P. Mainage. Eppure, è propabile che, approfondendo lo studio dei convertiti subitanei, si trovi che il coup de foudre che — del resto — è notato soltanto in una piccola minoranza della gran massa dei convertiti, è il momento meno . significativo, quantunque il più estetico, della conversione. In ogni modo, è la riflessione cosciente che segue al fatto subito, che decide dei cambiamento, cioè della conversione propriamente detta; non è il fatto stesso. Questo sembra il punto di partenza della, conversione, ma in realtà ne è il punto di arrivo. Io non sono dunque del parere che la conversione consista nella irruzione improvvisa e impreveduta di esperienze subcoscienti, cioè della vita ultramarginale, di cui parlano con tanta sicurezza il James, il Morton Prince e tanti altri psicologi loro imitatori. Tutti diamo oggidì un'importanza di prim’ordine al subcosciente e siamo disposti a riconoscere, in esso, la preparazione di tutti i più alti processi psichici. Con ciò non si vuole aderire, però, alla dottrina dell'onnipotente «subliminale», secondo la quale un più grande e più vero Io, che ogni uomo serba in sè nascosto, si affaccierebbe d’improvviso, come una volontà travolgente.
La crisi conversionalc, quando c’è, non è che un episodio di un lento processo psichico, a lacune coscienti, come sono tutti i processi psichici durevoli; episodio per cui possono valere spiegazioni diverse, non esclusa la patologica (visioni allucinatorie,, accessi epilettici o isterici, traumi, percezioni improvvise di nuovi significati e così via); ma che, nel processo generale, ha un valore secondario e forse accidentale. La importanza di simili momenti critici, anche patologici, consiste tutta nella riflessione che la coscienza vi porta sopra, quando vengano ripensati, e nella adesione della volontà al loro contenuto (i).
Il problema della conversiome subitanea non consiste dunque nell'influenza del coup de foudre; ma nel perchè questo viene ripensato e interpretato^
Non si nega la possibilità del tipo di conversione subitaneo, ma fra questo tipo e quello progressivo, bisogna fare la stessa differenza che in biologia facciamo fra evoluzione a tipo darviniano e mutazione a tipo U. de Vries.
Si ricordi che la « mutazione » in senso biologico è preceduta, come anche avverte Hòffding, dalle « premutazioni ». Comunque sia, in entrambi i tipi conver-sionali, occorre l'intervento di tutta la personalità del soggetto, che riconosca la mutazione, comunque avvenuta; vi aderisca, e poi la renda norma imprescindibile di vita nuova.
♦ e *
Lascio da parte — per brevità —- la descrizione degli stati di coscienza che seguono immediatamente alla conversione, dei contrasti, delle lotte, delle ansie, degli stati mistici negativi (Truc), dèlie crisi distimiche, ecc., che sogliono
(x) Qui non si considerano i casi patologici, cioè le pseudo-conversioni.
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verificarsi nei convertiti anche non recenti; a me preme maggiormente, in questo rapido riassunto, di penetrare nei motivi più intimi della conversione.
lo credo che bisogna appunto frugare fin nelle radici della vita, se vogliamo renderci conto della effettiva, profonda e duratura mutazione del convertito. Uno scrittore francese contemporaneo, Louis Bertrand, dichiarava, a proposito della sua conversione, di aver ripugnanza a svelare ad occhi profani quella che '7 S. Agostino chiama la Camera nuziale dell'anima; ma al psicologo necessitano
appunto tali rivelazióni. I documenti per fortuna non ci mancano; e quindi dobbiamo usarne.
La dinamica psicologica moderna considera come unità fondamentali i «sistemi pschici » cioè le Costellazioni o i Complessi ideo — affettivo - motori, non già le rappresentazioni semplici e separate, che sono il prodotto dell’analisi dei psicologi, e che, in ogni modo, hanno scarso valore per l'azione.
Ora, noi sappiano che ogni individuo, a un certo punto della sua vita adulta, possiede nelle sue attualità coscienti o nella profondità della sua. subcoscienza, un patrimonio di « complessi » o «costellazioni » dinamiche, che sono, in pari tempo, un riassunto quasi direi simbolico della sua storia.
Se è còsi, è anche evidente che rari debbano essere gli individui della nostra civiltà, i( quali non serbino più o meno inconsapevoli, cioè a livelli più o meno alti e chiari della loro coscienza, « costellazioni j> o « complessi » che per brevità chiameremo mistici o religiosi. Non giova che si abbiano respinte per logica necessità, o per pigra imitazione, le credenze, le abitudini, o le cose viste e udite e sapute nelle prime età. Nulla si perde: la legge vale pel mondo fisico, come per quello dello spirito (avviso agli educatori!).
Ma il lavorìo psicologico della conversione differisce non poco nei singoli casi. Certo, vi ha una conversione per semplice rinascita di complessi religiosi sommersi, ma non distrutti; ma ve ne ha un’altra per sostituzione di complessi; quest’ultimo caso è particolarmente interessante pel giuoco intrinseco dei componenti del complesso. Possono, infatti, avvenire due casi diversi: o la componente affettiva del complessò resta immutata e vien sostituita la componente ideati va soltanto. Ovvero la sostituzione riguarda tutto il complesso in blocco. I due casi s’incontrano in tutte le crisi psichiche della nostra vita. Per esempio, la crisi mistica puberale è per lo più una sostituzióne in blocco, da parte di complessi religiosi infantili o di recente formazione, di quella serie di complessi potenti Che fan capo alla cultura e alla febbre sessuale. Le così dette crisi della coscienza politica non sono, invece, che sostituzioni della sola componente ideativa, in alcuni complessi, già alquanto dissociati, o, originariamente, a coesione debole; mentre resta immutata la componente affettiva, cioè la qualità, l’intensità e la motricità della passione; la quale ora viene ad associarsi con una convinzione presa a prestito dagli eventi politico-sociali.
Nulla, dunque, è morto in noi; in ogni caso, tutto può risorgere, quantunque la risurrezione non voglia dire sempre vittoria dei risorti. Ci son morti apparenti e. risurrezioni meramente fantomatiche, anche nel campo della psicologia.
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È frequente che un tumulto affettivo svaluti o sommerga nel subcosciente i complessi per qualche modo antagonistici del vecchio complesso religioso; e che questo, sollecitato già da cause esterne, per affinità associativa anche di contrasto, emerga a livello della coscienza con tutto il suo bagaglio affettivo e kine-stetico. Il turbamento dell’ individuo è il segno dell’ apprendimento cosciente di questa risurrezione, che implica — com’è naturale — rottura di abitudini mentali e affettive.
Da qui alla accettazione, nella vita quotidiana, del complesso risorto o rinvigorito è un ascendere faticoso, ma graduale. E l’accettazione del complesso nuovo o rinnovato, coincide col senso di serenità o di gioia che prova il convertito quando sa e sènte di essere divenuto una persona diversa.
Io penso dunque che l’essenza della conversione non stia nella risurrezione più o meno automatica del complesso, ma appunto nell'accettazione {di questo, e quindi nella soluzione che il « complesso » offre all'individuo del problema della felicità presente e futura, cioè del problema della vita. In fondo, il convertito vuol vivere. Esse se velie, proclamava il più grande dei convertiti, S. Agostino; vivere velie ripeterà Zarathustra, rivolto verso altro oggetto, ma con la stessa energia volitiva.
Si può domandare perchè il convertito che vuole la propria felicità fa coincidere questa con la fède e la morale. La psicologia può dare una risposta, quantunque non esauriente, anche a questa domanda. Fede e morale sono impliciti nel « complesso» accettato; soltanto che, tanto l'una che l'altra, allo stato teoretico, sarebbero sterili e fredde, e quindi di scarsa energia propulsiva. Il calore contenuto nella confidenza profonda nel proprio destino, nella serietà della vita e nel valore dell’ideale, proviene dalla componente affettivo-motrice del «complesso»
* * ♦
So bene che, con tale interpretazione, io mi distacco dal pensiero di molti psicologi; ma la cosa non mi par dubbia. Difatti, se non tutti i convertiti veri della storia furono intelligenze forti, se spesso la loro fede persino cadde in superstizione, certo tutti furono anime appassionate. Nè è senza significato il fatto, che le conversioni tipiche non avvengono mai nella vecchiaia. I ritorni alla religione dei vecchi malati o degli agonizzanti non hanno importanza pel psicologo, non solo perchè non vengono controllati dall’azione, ma perchè son provocati da stati affettivi di ordine inferiore, com’è, ad esempio, la paura.
La conversione è un fenomeno sopratutto di sentimento e di volontà; e soltanto il sentimento convertito è garante della durata della conversione stessa, poiché, mentre le convinzioni di ordine filosofico passano e cambiano, la trasformazione affettiva, invece, trattiene le convinzioni anche se deboli, poiché, interessando essa gli organi della vita, quelle vengono vissute nell’azione di ogni giorno.
' Nei casi tipici infatti si nota nel convertito un trasferimento di tutta la sua energia affettiva in altra direzione, cioè verso altro oggetto, accettato dalla intel-
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1 igenza. In altri si ha un rovesciamento qualitativo della energia stessa, come avviene nei fenomeni di contrasto, e in altri ancora si verifica la fusione di tutte le disperse o mediocri energie affettive in una sola, potente — l'Amore — al di là della carne. Questi fenomeni di frazionamento e di ricomposizione dei « complessi » sono giustificati da ben note leggi psicologiche.
L'Amore non si sopprime, non si annulla con la conversione. Il medesimo può dirsi delle altre passioni umane, principalmente della « volontà di potenza ». L’esperienza convenzionale tipica consiste appunto in un processo di sublimazione dell’orgoglio e dell’amore.
È nota a tutti la prepotenza dell’amore; perciò, nella maggior parte dei casi, la condizione affettiva tipica della conversione vera e duratura, è la sublimazione della « libido », vale a dire è una nuova economia dell’amore.
11 processo di sublimazione è abbastanza noto a noi psicologi, almeno nella sua semplice enunciazione, dopo gli studi della Scuola di S. Freud (io mi propongo di studiarlo psicofisiologicamente); ma certamente era già ben conosciuto nei secoli passati, se i mistici medievali, S. Bernardo, il card. Bembo, S. Francesco di Sales potevano affermare che l’amore è uno, e che l’amore carnale, l’ideale e il divino son gradi di una stessa passione.
Lo studio delle biografie o confessioni dei convertiti'sinceri, le vite documentate e critiche dei Santi della Chiesa, come l’analisi delle testimonianze dei miei quattro convertiti, dimostrano la presenza del processo di sublimazione; processo che in alcuni non si compie, integralmente, ma che, in altri, si scorge in tutto il suo fiorente sviluppo, sino al momento in eui sbocca nell’azione, cioè in una nuova « volontà di vivere ».
* * •
In sostanza, la conversione religiosa è un processo psichico complesso e graduale di mutazione di tutta la personalità. Esso è preparato da condizioni individuali di lontana formazione, analoghe alle « premutazioni » della biologia, che però non restano mai del tutto inconsapevoli a chi le prova. Il processo consiste in un rimaneggiamento (più o meno chiaramente provocato da cause esterne, talora a tipo di crisi) dei complessi ideo-affettivi-motori dell'individuo. Il rimaneggiamento, in particolare, non è che una nuova sistemazione dell’energia affettiva, o meglio del pathos individuale, che nel campo morale si manifesta con un processo di elevazione o « sublimazione » dell’orgoglio, dell’amore, e in genere di tutta la vita sentimentale.
• Sarebbe un errore ridurre tutto questo processo a un automatismo. La storia e l’esperienza insegnano, che la conversione véra, consiste nella consapevolezza, sia pure non continua, della propria mutazione e del suo fine, da parte del soggetto; il.quale perciò accetta o rapidamente, o dopo un periodo di conflitti penosi e di sacrificio, e più o meno perfettamente, la mutazione Stessa, comunque avvenuta - sia per crisi, sia per gradi — e la vive, trovando in essa la stabilità mentale e la ragione e la gioia del vivere.
Sante de Sanctis.
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UESTO libro tratta di cose materiali, ma in vista, delle spirituali. Esso parla di lavoro, di miserie e'di guadagni, di beni, di diritti e di potenza, di ricostruzione tecnica, economica, politica; ma esso non pone e non considera queste cose come valori in sè ». Così incomincia il volume Von kommendcn Dingen, — Delle cose da venire — che in Germania ha avuto nei primi due
anni dalla pubblicazione, fra il 1916 e il 1918, ben 65 edizioni. Esso è stato scritto da un grande industriale, figlio di un altro grande industriale, i cui nomi sono legati alle origini ed alla potenza della A. E. G. (Allgemeine Elektrizitäts-Gesellschaft), che è una delle più potenti organizzazioni industriali della Germania e
del mondo. Lo stesso Rathenau ha pubblicato, nel corso della guerra, altri volumi, che hanno avuto nel suo paese una immensa ripercussione ed edizioni numerosissime. Ora gli scritti di lui più significativi sono raccolti, dal 1918, in cinque volumi; ed altri scritti hanno fatto seguito a questa raccolta, fra i quali un appello alla gioventù tedesca (An Deutschlands Jugend) notevolissimo (1).
In italiano è stato tradotto dal prof. G. Luzzatti, l’anno scorso, un opuscolo, che occupa ora il quinto posto nel quinto volume degli scritti, e si intitola: La nuova economia, e fu pubblicato da Laterza. Ma degli scritti del Rathenau esso non è certo il più significativo; e, dopo qualche articolo, forse di amici compiacenti del traduttore o dell’editore, alla data della pubblicazione, non abbiamo visto che su quel libro si sia raccolta, grande attenzione. La qual cosa potrebbe far riflettere un poco su l’opinione corrente della docilità italiana al pensiero tedesco; se uno scrittore che è certo il più significativo e il più largamente letto e commentato nella Germania del dopoguerra e quegli che sul corso delle vicende politiche e sociali dell'impero ha forse avuto negli ultimi anni la più larga e diretta efficacia non è riuscito, in due anni dall’armistizio, a penetrare ’in Italia ed a suscitarvi un’eco un poco viva del suo pensiero. E si aggiunga che . in Francia, dove pure il panico della rinascente Germania e l’odio per ogni cosa tedesca è
(1) W. Rathenau, Gesammelte Schriften in fünf banden, S. Fischer Verlag, Berlin* 1918.
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ancora il' sentimento che prevale in tutti gli animi, gli scritti e le idee del Rathenau hanno avuto un espositore diligente e nitido in Gastón Raphael, in un volume di 300 pagine, pubblicato dal Payot.
Rathenau è un industriale e un profeta. Al principio della guerra europea egli concepì ed attuò, per conto del governo, quell’ufficio per le materie prime che, disciplinando tutta la glande produzione tedesca, ha reso possibile il protrarsi della resistenza dell’impero assai al di là dei limiti della guerra breve, di mesi, che tutti prevedevano. Ma non è stato nè un entusiasta della guerra a oltranza nè un esaltatore del germanesimo: la sua visione della società e della vita, se è tipicamente tedesca nella concreta esplicazione programmatica, ha un carattere essenzialmente religioso e scaturigini remote, giudaiche, e trascende le sorti e l’avvenire della Germania per elevarsi ad annunzio di una specie di regno di Dio sulla terra, lontano eppure imminente; e il suo appello si rivolge a ogni anima d’uomo che soffre oggi i dolori della guerra e guarda pensoso al domani.
È inutile cercare negli scritti di W. R. una concezione filosofica o religiosa dialettica e coerente; guardato con il freddo occhio della ragione o del pensiero puro, il suo può parere dilettantismo; miscuglio eterogeneo e bizzarro di profetismo giudaico, di francescanesimo cristiano, di misticismo romantico, di idealismo hegeliano, di statalismo cattedratico. Ma c’è in essi scritti un affiato di fede, una chiarezza di visione delle cose dello spirito, che commuove e persuade; se gli uomini — come egli osserva — non sono veramente mossi che dai contatti da anima ad anima, abbiamo qui veramente un’anima. E il suo messaggio non è, certo, fuori di tempo e di luogo.
W. R. vede i valori spirituali. Egli divide nettamente il mondo in due; tra la sua città di Dio e la città del diavolo. Sulla critica spietata dell’una nasce e si estende e si eleva gioiosamente la visione della società nuova, della ricostruzione che la guerra ha reso necessaria, preparandone insieme gli elementi materiali. Il mondo che egli descrive è il regno della meccanizzazione, che comincia a trionfare, egli dice, sulla metà del secolo scorso. L'azione, con i suoi aneliti, il senso ed il gusto delle cose spirituali, la potenza di idee collettive, capaci di creazioni collettive, il fervore della dedizione e della speranza comincia a ritirarsi dai popoli, quando li pervade l’arido orgoglio del dominio della natura, la febbre della produzione, l’acre gioia del piacere e della potenza, un feroce individualismo sopraffattore. L’attivismo pervade ed. invade tutto. Ma non è un attivismo che discenda dalle sorgenti di vita più intime e, oltre la realtà dei beni e delle cose esteriori, veda e cerchi i valori spirituali, si compiaccia nell’opera per se stessa, all’ìnfuori di ogni utilità, nel darsi, nella pingue universalità dei beni dello spirito; è un attivismo che vede solo fuori di sè, e quindi solo l’esterno delle cose, l’apparenza, e si foggia sulla natura e tende all'automatismo ed alla meccanicità.
Contro questo spirito del tempo, W. R. rivendica i diritti dell’anima, con molta eloquenza. Ai suoi occhi, la realtà vera non incomincia che con l’apparire di essa , e una spiritualità che si cerca, con segreto anelito pavido verso il divino.
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III
pervade tutta la natura, dall’atomo all’uomo. Secondo il detto di Paolo, Ómnis creatura ingemiseit et partorii usque adhuc. E dell’uomo egli parla in termini che ricordano la più fervida mistica medioevale. Un esempio: « L’anima non è uno strumento di lotta. Dal punto di vista nazionale, nella battaglia per il cibo, il piacere e l’utilità, essa è un imbarazzo. Le stelle non saziano. Un dono intempestivo di sè porta al martirio. L’amore si sacrifica. L’uomo che ha un’anima apparisce ai suoi simili come un debole di spirito, a cui non sempre si fa l’onore della crocifissione... L’anima non vai nulla. Essa porta con sè le sue aspirazioni ed il soddisfacimento di esse, gli intimi dissidi e la loro pace. Per essenza essa è disinteressata e, nel campo del mondo fenomenico e dei suoi valori, inutile. Più ancora. Quando l’anima ha imparato nel suo volo a levarsi, con le ali spiegate, al disopra del mondo fenomenico che essa co ntempla, e nel quale si ripiega con una gioia calmaci suo sguardo si torce da questo mondo in tumulto e rinunzia ad esso; e la sua forza nativa la trae verso quelle regioni luminose do\e l'interiore e l’esterno si confondoro » (i).., • Uscendo dalle profondità misteriose del nostro io, affrancata da ogni animalità, non perfetta, ancora, ma tendente alla perfezione, una forza sorge in noi, che si impossessa di tutto il nostro essere. Essa ci strappa al mondo in cui regna l’utilità, per poi ricollegarci ad esso con nuovi legami più puri. Essa ci unisce, al di là di ogni vita esteriore, a forze lontane e ci fa entrare in una società superiore, che cominciamo ad intrawedere » (2).
In queste ultime frasi citate il lettore ha un indizio della personalità ed originalità di W. Rathenau. Il messaggio mistico di lui è antico quanto il cristianesimo; anzi, là stessa morale semita, benché retta dal timore, « giungeva sì presso al dominio della trascendenza, che sarebbe poi bastato al cristianesimo rompere la scorza delle interpretazioni e delle promesse materiali, per liberare il frutto dell’amore, della rinunzia e del regno di Dio » (3). Il linguaggio che egli usa per annunziare questo messaggio non ha novità, dopo Hegel e Eucken e tanti altri idealisti e critici trascendentali. Ma nuovo è il fatto che quest’uomo il quale predica il disinteresse e la rinunzia e la dedizione generosa di sè nel nome e per il trionfo di valori assoluti è un grande industriale, un creatore di ricchezza, un organizzatore di potenza; e che egli vuole insegnare agli uomini non la rinunzia esteriore e l’isolamento e la meditazione consumantesi in sè, ma il mezzo di accrescere i beni della vita e la ricchezza e il benessere; vuole edificare lo Stato nuovo, la democrazia saggia e soddisfatta, sulle basi della produzione a basso costo e della ripartizione più razionale delle merci. Storicamente e spazialmente, il Regno di Dio, per lui, i di questo mondo. L’ascesi, che lo fuggiva, o vi si attardava a pena per un'opera di purificazione individuale, diventa, nel pensiero di questo industriale ebreo, la grande leva per ricostruire la società rovinata e sconvolta dalla guerra. Non è tuttavia
(1) Zuv M elianto des Geisles, p. 36.
(2) Ibid., p. 109.
(3) Z, M. d. G., p. 199-
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da credere, quando dico che il Regno di Dio di W. R. è di questo mondo, che egli neghi l’al di là, la realtà delle cose invisibili, dell’eterno. Egli nega invece che questo mondo e la ricchezza e la potenza abbiano realtà e valore, altrimenti che come manifestazioni ed attuazioni dei- valori spirituali, i quali sono per loro natura fuori del tempo ma fanno, spiegandosi c realizzandosi, il tempo. E l'urna nità, l'uomo e io Stato, deve essere anche essa manifestazione e posizione e compimento incessante dei beni e delle realtà spirituali. Fare una storia sacra, un popolo santo, questo è in realtà il suo ideale, il suo messaggio profetico.
Questa società che il profeta vede e annunzia, l’economista, il giurista, l’uomo politico devono poi organizzare, e mai questo criterio umano, sintesi e pacificazione cercata di un lungo dissidio e quasi di lacerazione dello spirito umano, era stato così calorosamente ed efficacemente esposto come è ora dal Rathenau ; e qui appunto è la novità del suo messaggio.
Egli non è un socialista. Esalta e rivendica la funzione insopprimibile del capitale, ricchezza sottratta al consumo per essere destinata a riprodursi e obbediente, non agli ingegnosi meccanismi tecnici dell'utopia comunista, ma all’intuizione geniale di chi prevede la domanda, e il luogo dove essa si manifesterà e le prepara il soddisfacimento. Ed è tutt’altro che un anarchico, alla foggia di Tolstoi e di tanti mistici, più o meno inconsapevoli della portata pratica delle loro dottrine. Egli vagheggia, anzi, e vuole lo Stato forte, Yorganocrazia, come egli si esprime, un immane congegno spirituale che raccolga ed impieghi la fede e la dedizione mistica di tutti gli associati, impiegandola nel dare impulso alla loro attività economica, nel coordinarla e nel dirigerla, riducendo al minimo i costi della produzione e della distribuzione.
Egli combatte l’eredità, la speculazione, la concorrenza, perchè eccitano lo spirito di egoismo e producono sperpero di energie umane e di ricchezza; la sua suprema legge morale è che l'uomo il quale riceve'e consuma più di quel che gli sia necessario per compiere il suo ufficio nella società, commette un delitto, e che rendere impossibile questo delitto è il compito della economia nuova. L’accordo delle grandi imprese, la disciplina internazionale delle materie prime, la produzione, la serie di tipi di merci convenientemente ridotti e fissati, l’organizzazione della vendita sono le cose che egli insegna; ma le insegna con l’anima di un profeta.
«Se Gesù tornasse al mondo, egli non parlerebbe, come un pastore educato all'università, in una lingua copiata sull’antica e in parabole siriache; ma tratterebbe di politica e di socialismo, di industria e di economia politica, di scienza e di tee-nica. Ma, certo, non parlerebbe di queste cose come un reporter che le ha per oggetti completi in sè medesimi e se ne stupisce; sibbenc con gli occhi fissi alle leggi celesti, alle quali i nostri cuori obbediscono » (i).
Il suo Stato è la sua Chiesa. Ma una Chiesa che non pretende invadere la coscienza interiore — fedele in ciò al tradizionale individualismo germanico prote(i) Von kommenden Dingen, p. 63.
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WALTER BATHEN AU 1£J
stante —, sibbene costruire sulla fede di tutti una società economica giusta e buona. Delle Chiese storiche egli scrive: « Io ho le Chiese per delle forme terrestri — forme di meccanizzazione, ho detto — che inquadrano la fede pura, la proteggono contro l’urto dei secoli e la adattano alle folle secondo il numero e la capacità di queste. Credo alla durata, alle missioni sacre ed alla spiritualizzazione crescente della Chiesa, e stimo particolarmente quelle che sanno, come un organismo vivente, svilupparsi e svolgersi. Ma credo anche alla possibilità di una religione senza Chiesa, di comunità libere e di confessioni individuali. Per me, la potenza terrestre di una fede non si misura dal nùmero dei fedeli di questo o quel rito, ma dall’intensità con cui essa riesce a penetrare di religione tutta la vita » (i). p
Spero di aver dato, così, in breve, un saggio del pensiero di questo singolare uomo di azione dell’Europa postbellica. Molti dettagli di esso possono essere discussi; ma la visione di vita, la fede e il calore di proselitismo di lui meritano, credo, la maggiore attenzione. Egli ha posto ed agita con una singolare efficacia di parole e di esempio quello che,.a parer mio, è oggi il problema fondamentale delle reli? gioni: ridare ad una società, che la concezione materialistica ed utilitaria della vita e la vittoria del meccanismo stanno soffocando, il senso profondo dei valori spirituali, come valori non estranei alla storia, non intaccabili dalla cultura, non indifferenti alla società civile, all’organizzazione dell'economia, del diritto e della potenza, ma intimi ed immanenti a tutte queste cose e soli capaci di rendere là f società umana nuovamente abitabile e la vita dell’uomo serena e gioiosa. Non l’ascesi che fugge la vita e ripara negli oltremondi/ma l’ascesi che si insedia nel centro stesso della vita e della società e purifica con le anime la società civile e il suo reggimento, può salvare l'Europa dalla terribile crisi che la travaglia.
Romolo Murre
(x) Eine Streitschrift nom Glauben.
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PER LA CULTURA DELL’ANIMA
ALLA FONTE DELLA VITA
ESÙ insegnava un giorno nel Tempio di Gerusalemme. I Giudei se ne maravigliavano e dicevano: «Come mai s’intende costui di lettere, senz’aver fatto studi? » (x).
Gesù non parlava di letteratura o di filosofia, ma di cose riguardanti la vita dell’anima, il programma e l’avvenimento del Regno di Dio. Erano gli argomenti elevati del grande Oratore divino; i ragionamenti, le conversazioni piene di anima e di cuore del Maestro eterno: soggetti insolitamente seri e forse gravi, anche se agli uditori, insieme-con l’impressione del raccoglimento necessario, davano un senso indistinto di sollievo e quasi di gioia. Forse le buone, dolci parole ampiamente ossigenate di speranza erano anche seguite o intramezzate, come da ritornelli ammonitori, da minacce così gravi da turbare il senso di riposo provato dall’anima e da far venire i brividi alla coscienza. Non erano fiori letterari colti con nostalgia poetica nel giardino della tradizione o sbocciati freschi nella nuova primavera come promessa per l’arte di domani; la preoccupazione del Maestro non era di accarezzare gli orecchi, nè di dar soddisfazione con ben composti ragionamenti di un ben architettato sistema filosofico, o venerandi dottori dalle fronti pensose, alle esigenze solenni e talvolta petulanti della vostra ragione maturata nei lunghi studi.
« Chi ha orecchie da udire oda » —- ripeteva Gesù. Forse nè i letterati puri, nè i filosofi puri avevano più orecchie da udire quella specie di dottrina nè letteraria nè filosofica.
Erano parole uniche, nuove; nuove anche se in esse senti vasi l’eco di antiche proclamazioni profetiche; parole non dette così come venivano per fluidità di pensiero sovrabbondante, non strappate dal momento, dalle circostanze, o prese ad imprestito dàlie proprie letture, o racimolate dai libri dèlia Sinagoga, dalla bocca dei tanti Dottori, dalla dottrina delle Scuole, dalle conclusioni di lunghe medi*
(i) Giov., VII, 14-17.
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iasioni contemplative. Erano parole limpide, fresche, come gocce d’aria trasparente filtrata dal vento, raccolte preziosamente e direttamente, ad una ad una dalla Sorgente perenne della Vita. Non passate per i lambicchi della digestione e ruminazione cerebrale dei laboratori della logica, del raziocinio, della dialettica...
Dalla Fonte della Vita le gocce stillano perennemente, e il Figliuolo delì’Uomo protendeva loro il calice cristallino della sua anima, e le raccoglieva/per porgerle così pure, così semplici, così fresche, così com'erano: sempre ed unicamente gocce della Sorgente perenne — alle labbra avide dei fratelli assetati.
• « «
«Come mai s’intende costui di lettere, senz’aver fatto studi?» chiedevano i Giudei. Ed Egli: « La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato » e soggiungeva: « Se uno vuol fare la volontà di Lui, conoscerà se questa dottrina è da Dio».
La sua dottrina, non era sua. 1 critici stessi erano perplessi dinanzi al quesito della Fonte di una tale dottrina. E Gesù rispondeva al quesito indicando il modo di scoprire la verità.
Le parole di Vita ch’io vi ragiono, non le dico da me stesso: le ho attinte alla Fonte perenne della Vita. Le dico come le ho udite. Le vivo come le ho raccolte. Non è dottrina mia. È la Fonte perennemente zampillante. Sorseggiate al calice che io vi offro, dissetatevi alla volontà di Dio, e voi non avrete più sete e conoscerete che l’acqua di questo calice non è stillata dalla mia dottrina, di me indotto, di me figliolo del falegname di Nazareth, di me giudeo figlio di giudei, di me figlio di questa nazione oppressa e di quest’epoca travagliata, — ma dalla Fonte perenne della Vita,. Per questo io sono venuto: per richiamarvi alla Vita, perchè abbiate la Vita. Ciò ch’io vi dico è Vita, la Vita che è in me e che ho avuta dal Padre. Non posso dimostrarvi con ragionamento filosofico o matematico questa mia affermazione. Ma se uno vuole una dimostrazione, abbia la volontà di mettere in pratica le parole ch’io dico e conoscerà se questa dottrina è una dottrina del disprezzato Rabbi di Nazareth o se essa è da Dio,
♦ * *
Le più grandi verità riguardanti la vita dello spirito non sono scaturite dalla, luce del ragionamento filosofico o dallo sforzo razionale, bensì dalla luce dell’esperienza pratica. Si può giungere alla Idea di Dio per la via della filosofia o anche della matematica; ma non vi è che un modo per giungere a conoscere Dio, a vederne la Luce e sentirne la Vita: quello indicato da Gesù: praticare la volontà di Dio, cibarsene, dissetarsi alla Fonte eterna, aprire i battenti dell’anima ad ogni alba in un sempre nuovo desiderio di ospitare la Vita che Gesù ci offre, porgere le labbra al suo terso calice e guardare in alto con la volontà di vedere la luce, in un senso di
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preghiera, posando cioè tutti gli altri pensieri, i sentimenti e le intenzioni sopra un piano di sincerità da piccolo fanciullo.
Così soltanto — senza lettere, senza filosofia, senza matematica — anzi nonostante tutti gl’impedimenti che possono venire dalla prevalenza nel cuore o nella mente dcll’una o dell’altra di queste arti, così soltanto, avvicinandoci nella semplicità primitiva della nostra umanità alla Fonte perenne da cui stilla la Vita in un’atmosfera di Luce, aiutati divinamente da Colui che a questa Fonte c’invita, noi # conosceremo » Dio.
Dio grande! non Ti conoscerò in tutto quel che sei per il nostro Universo e per i mille Universi..., ma Ti conoscerò per quel che di Te io posso ricevere in me, ed avrò la gioia di cantare coll’antico salmista: a Si, presso Te è la Fonie della Vita, e mediante la Tua Luce io vedo la Luce»(i).
E se mi domanderete: a Che dottrina è mai questa »? Risponderò: a Non è una dottrina, non è ima filosofìa, non è un sistema. È una esperienza benedetta: è il dono di Dio. Chiedete e vi sarà dato. Cercate e troverete. Picchiate e vi sarà aperto »!
!.. Paschetto.
(i) Salmo 36. v. io.
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> NOTE E 4 COMMENTI
LA PACE E I RAPPORTI FRANCO-TEDESCHI
Sulla psicologia post-bellica dei tedeschi e dei francesi scrive nell’Azione dell’u E canaio un articolo molto obbiettivo R. fichels, accennando al fatto indiscuti; bile che la tensione di rapporto tra le due nazioni è dovuta a quell’eccitazione nervosa che è succeduta in tutti i campi all'aspro cozzo della guerra. I francesi, colpiti gravemente dalla grande rovina, non possono non vedere nei tedeschi l'eterno barbaro c pur essendo propensi a stringere legami di fraternità, sia pure da fratelli maggiori, con gli altri popoli, pongono come condizione il riconoscimento da parte dei tedeschi dei loro torti ed un cambiamento completo dell’anima loro. Invece ciò non è avvenuto perchè la Germania à ora un’anima militarista non meno violenta della Germania dell’anteguerra. Essa è sempre più convinta di aver subito una guerra aggressiva ed in questa credenza la conferma l’atteggiamento di una forte corrente in Francia che vuole espandersi a datano della Germania ed indebolirla più che mai per essere tranquilla sul proprio avvenire.
I tedeschi poi per queste ragioni c per il fatto che la Francia à loro strappato tante terre su cui essa vanta il suo diritto, sono convinti più che mai che la loro tesi che la forza è l’unica molla della storia è assolutamente incrollabile contro le chiacchiere degli Alleati sul diritto e sulla sua potenza.
« La svalutazione della loro moneta -conclude il Michels — il divieto di emigra
zione in Inghilterra ed ìd Francia, il controllo economico e finanziario che sono costretti a subire da parte dell’Intesa, butta i tedeschi nel vortice del più nero e più rabbioso pessimismo, impedendoli di ravvedersi.
« È un circolo vizioso che rende pessimista per l’avvenire anche l’osservatore più obbiettivo. Giacché i rapporti tra Germania e Francia sono di somma importanza per l’avvenire europeo n. .
• • •
• Un fatto tipico di questo stato d'animo è offerto dal caso Nordau, sebbene in esso vi si confondano anche elementi d’altra origine.
Max Nordau, che gli ebrei moderni riconoscono come il rappresentante del loro spirito e della loro tragedia non diversamente da quel che fece Maurice Donnay in una sua commedia di io anni fa, attraversa ora un altro dei peggiori momenti della sua vita avventurosa. L’Zsraet del 20 gennaio dà sulle sue peregrinazioni i seguenti ragguagli che riassumiamo.
Dal giorno che cominciò la guerra uni- . versale Nordau soffre esili e dolori: aveva dimorato circa quarant’anni a Parigi, e molti illustri francesi erano suoi amici ed ammiratori, alcuni anche suoi familiari: eppure appena scoppiata la guerra lo misero in prigione.
Riuscì con gran fatica ad uno dei più alti funzionari della Repubblica, che per
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caso trovò Nordau irai detenuti, di fargli far la grazia e di dargli il permesso di abbandonare, entro 24 ore, la Francia, e di trasferirsi colla famiglia in Spagna. Tutta la sua proprietà fu confiscata. Nordau visse più di cinque anni in esilio, a Madrid. Nato a Budapest, in Ungheria, dove aveva trascorso la sua giovinezza, dagli ungheresi, fu considerato sempre come francese; i francesi lo riguardarono sempre come un tedesco acceso, che aveva consacrato il suo ingegno alla cultura germanica. I tedeschi lo considerarono come ebreo, come francese, come sionista, e nei giorni della guerra Jo fecero passare come l'amico e il glorifica«ore dell’od latissima Inghilterra. Così ogni paese sospettò in Nordau i! suo nemico e l’amico della terra e del popolo che combatteva contro di lui fino alla estrema distruzione, in colui che si era dichiarato invece il nemico di tutte le menzogne convenzionali e non convenzionali, l’avversario di tutte le prepotenze e le crudeltà e l’amico della verità, della giustizia e del diritto.
Grazie all'opera calorosa, tenace e lunga di Weizmann il Governo inglese, alla fine dell’inverno passato, permise a Nordau ¿¡•recarsi a Londra: agli occhi inglesi egli era sospetto di germanesimo, di simpatia alla cultura tedesca che è contraria al suo spirito, alla sua sostanza, alla sua indole e a tutta la sua concezione del mondo. Pur vivendo a Londra egli si sentiva in esilio, perchè era sempre sorvegliato. Dopo pratiche varie, il Governo francese, or sono alcune settimane, permetteva a Nordau di tornare a Parigi presso la sua famiglia che ha la cittadinanza francese. Aveva appena lasciato il letto per una recente malattia quando gli antisemiti francesi iniziarono una violenta campagna contro di lui. Essi chiedono che sia espulso dal territorio francese, essendo egli una spia tedesca. Se il Governo non lo bandirà ci penseranno loro ad ottenerne; l’espulsione colla forza.
Naturalmente la campagna è capitanata da Leone Daudet e daU’Jc/mn française.
Tutto ciò in ogni modo non toglie che tra i due paesi vi siano sane correnti favorevoli ad un riavvicinamento.
la rivista Dos Tagebuch di Berlino in seguito ad una pubblicazione di Paul Reboux nella Reuue mondiale che tendeva
a determinare un riawicinamento tra Francia c Germania, à fatto tra diverse personalità tedesche un’inchiesta per conoscerne il parere. Dalle loro risposte si trae la convinzione che tale riavvicina-racnto sia desiderabile anzi necessario, ma altresì che lo si considera come presentemente impossibile: « poiché l’odio c la stoltezza prendono forza invece di diminuire così in Germania come in Francia • risponde Wichard von Mcellendorf; «se la Francia — aggiunge — richiede più che mai contro di noi il regime della tirannide, la Germania più che mai è pronta ad armarsi di falci e di martelli per una possibile guerra di rivincita ». « L’intesa sarà effettuabile — scrive il dott. Georges Hcim
- quando vi sarà in Francia un numero sempre maggiore di persone disposte ad ascoltare la voce della ragione » e « si sarà disposti — aggiunge il dott. Gugen-heimer. presidente della Commissione per le restituzioni — alla reciprocità d’affetto e di amore necessari ■. « Le relazioni tra Francia c Germania — osserva Edouard Bernstein — sono soltanto in apparenza quelle del tempo di pace: perchè lo siano in sostanza occorrerebbe trasformarle radicalmente -.
« ♦ o
Simile intento si può dire avessero già gli articoli pubblicati nella Revue Chrilienne dell’ottobre e dicembre 1920 sulla « religione nella vita internazionale» (E. Ménégoz)esui «doveri del protestantesimo internazionale» in questo momento storico (J. Jézéquel). Il primo difatti considerando l’importanza del proposito di far penetrare nelle relazioni internazionali quanto più fosse possibile l'azione religiosa constatava la difficoltà dell'assunto in un momento in cui la pace era conclusa, ma la pacificazione era bèn lontana sopratutto nei rapporti franco-tedeschi. Pur constatando che in Svizzera si pubblicava un periodico che aveva intenti di avvicinamento tra i due gruppi per mezzo delle Chiese (Voix Chré-tienncs-ChrisllicheLosanne, La Concordia) doveva convenire che tale avvicinamento non aveva fatto un passo avanti. Occorreva quindi che uomini come il Soederblom, il Monod, il Bornand e il Deismann si adoperassero sempre più per questo fine speciale come per quello generale di far penetrare la religione nella vita internazionale.
(I proclamare poi che faceva il Jézéquel la necessità della costituzione di una federa-
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zione protestante internazionale, già presentata al Congresso di Plymouth costituiva un altro lato complementare di questo grave problema. Occorre cioè, com’egli scriveva nel secondo degli articoli citati, accogliere le buone disposizioni del momento attuale verso la spiritualità, accettare il senso democratico che animava tutta la vita politica attuale, approfittare del bisogno di libertà che agitava tutti per formare una società umana in
cui le energie spirituali fossero le sole che imperassero. L’umanità s’orienta per questa via, è necessario spingervela, ebbattere tutti gli ostacoli che le attraversano la via; guer-rofilia, sfruttamento individuale, pauperismo, alcoolismo, prostituzione, odii nazionali ; e assicurare cosi il dominio dell’Evangelo. Ora ciò non può e non deve non esser il compito del protestantesimo internazionale.
GIOVANNI PAPINI E GIUSEPPE DE MAISTRE
Da molti lettori \d amici ci viene chiesto il perchè del ritardo nella pubblicazione della Storia di Cristo di Giovanni Papini che era stata annunciata come imminente e ci vien domandato se questo ritardo debba connettersi con le voci che circolano, secondo le quali rorientamento del Papini sarebbe tutto ed esclusivamente in senso ortodosso cattolico. Non abbiamo creduto di dare una risposta a queste domande per le ragioni già addotte. Oggi non crediamo di svelare un secreto richiamando l'attenzione dei nostri amici e lettori sull’articolo pubblicato dal Papini nel Tempo del 13 febbraio, nel quale si fa parola di Giuseppe de Maistre, il noto scrittore cattolico di cui ricorre il 26 febbraio il centenario della morte e che passa per «l’apologista del boia» per alcune pagine scritte sul boia in una opera ben vasta e ben poderosa, secondo il Papini. il quale lo scagiona di questo amore c ne mette in luce le benemerenze dal punto di vista della necessità di custodire ed affermare il principio di autorità in una società, come la nostra, completamente disorientata.
• Non si può — dice il Papini — nelle poche righe d’un giornale, neppur compendiare il pensiero di quest’uomo che lo stesso Taine, non certo sospetto di sanfedismo, chiamava “ un puissant logicicn, incomparable héraut et Champion superbe ” c che l’ebreo Reinach riconosceva, bontà sua. come "energumeno di genio”.
« Per essere amato non gli manca che d’esser letto. Se questo primo centenario della sua morte facesse riprendere in mano 1 suoi volumi a qualche solitario, non ancora inasinito nella corbellaggine elegante de’ maestri del giorno, la sua fama diventerebbe gloria, e il suo nome una forza Qui a Roma almeno due dovrebbero ri-' cordarsi di lui: il Sommo Pontefice e Vittorio ITI di Savoia. Il primo perchè De Maistre è l’autore del più coraggioso c persuadente libro che un laico abbia scritto sopra l’autorità del Papa; l’altro perchè fu, per lunghi anni, servitore fedele della sua dinastia, e soffrì per essa la miseria c l'esilio. Roma non può dimenticarsi di lui perchè De Maistre. francese d’origine, savoiardo di nascita, piemontese per sudditanza, fu romano di cuore — " cive di quella Roma onde Cristo è romano ** ».
Orbene in questo articolo in un excursus che tende a servire di sfondo all’affermazione della necessità di trovare nella dottrina del De Maistre un correttivo alle innegabili follie sociali, provocate dalle cause note a tutti del traviamento politico, dottrinario, filosofico e sopratutto religioso attuale, il Papini esce in questa dichiarazione che a noi pare un’esplicita professione di fede:
« Ma dove non esiste autorità non può esserci unità e l’unione, anche pratica, degli uomini non è possibile quando non v’è la concordia dell’ani me nel vero, la
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unità spirituale. E l'unità spirituale non può esser data dalle filosofie o dalle scienze o dalle coercizioni esterne ma soltanto da una fede comune e forte che dirige i sentimenti e riunisce i voleri. Ma non c'è che una religione nel mondo, quella di Cristo, l’unica annunziata dalla viva voce di Dio, e una religione non può sussistere senza l'ordine, la disciplina, la gerarchia d’una Chiesa. Nel cristianesimo non c'è che una Chiesa, l’unica fondata da Cristo medesimo, la sola che non ha conosciuto interruzioni da Simon Pietro in poi, c re^na ancor oggi nel luogo stesso dove Pietro insegnò c mon. Le altre chiese cristiane son frantumi che si staccarono dalla pietra di Roma e si frantumarono e si sbriciolarono sempre di più; rami che si vollero separare dalla pianta antica e hanno fruttificaio nuove e innumerevoli divisioni. Ma la chiesa universale è rimasta congiunta col suo capo unico e legittimo e ad essa si riuniranno, quando Dio vorrà, tra un secolo o un millennio, i fratelli scerpati dagli scismi e dall'eresie ».
I lettori giudichino: noi, come abbiamo promesso, attendiamo l’opera che il Pa-pini stesso ci à dichiarato dover esser la unica base per un giudizio definitivo sulla sua crisi. Allora commenteremo c discuteremo. Per ora ci limitiamo ad informare i nostri amici con gli elementi che abbiamo a. disposizione.
* » *
Ma quel che dispiace' veramente in questo articolo è la tendenza che sembra mostrare il Papini ad avviarsi verso quella corrente di cattolicismo spagnolesco di maniera che pare abbia afferrato alcuni dei nostri scrittori che, non dissimili in ciò dai massoni, dai nazionalisti c dai cosidetti liberali, si rivolgono alla Francia per averne ¡’ispirazione e empiendosene il vuoto spirito, si atteggiano, gonfiando le guance, a rane imitanti il bue. [V. più giù p. es„ a pag. 135 segj.
Ora a costoro, che probabilmente conoscono gli scrittori che citano ed idoleggiano, solo dalle Antologie o dalle storie letterarie ad usum Delphini — e tra essi non vogliamo ancora annoverare il Papini — crediamo bene suggerire la lettura d’una fonte non certo sospetta, quella del Correspondant (io febbraio) in cui E. Dermenghem ci presenta un De-Maistrc tutt’altro che terrorista e inqui-sitorialc! Egli accenna per l’appunto a
coloro i quali vedono in lui solamente ¡’estremista e, ignorando l’opera sua. si fanno scudo d'un De Maistrc falso ed esagerato. Egli ricorda come Augusto Comtc riconoscesse di dovere a lui i principi essenziali del metodo positivo e lo giudicasse quasi la misura della capacità filosofica delle persone secondo il giudizio che su di lui esprimevano! Egli ce lo presenta come un precursore, sino ad un certo punto, dei diritti dei popoli a disporre di se stessi e della Società delle nazioni: come campione del principio di nazionalità (e quindi dell'unità italiana); come avversario deciso degl’imperi fondati sulla forza c sugli intrighi. Contrario alla guerra, il De Maistrc la proclama divina tutt’al-contrario di quel che dicono i suoi panegiristi. non per sé stessa, che è satanica, ma perchè sul principio del male che la anima, trionfa prima o poi quello del bene. Pur accettando il principio della divinità di origine dei principati ne ammette la formazione evolutiva c ne afferma per la massima parte delle dinastie l’illegittimità d’origine. Assertore del diritto divino dei popoli ne accetta le religioni primitive come esperienza culturale c religiosa rag-Suardcvole; non è lontano dalrintrawe-erc la formazione d’una monarchia regolare dall’unione del «brigante corso* con una principessa di quella casa d’Austria, ch’egli pur non ama; trova ragion nevole la caduta dei governi «putridi'3 di Luigi XV e XVI. De Maistrc protesta contro «l’invariabilità dei dogmi scritti, delle formule, delle vesti, delle genuflessioni... c dei segni di croce » c chiama solo vera religione « quella che cambia ed esalta l’uomo rendendolo suscettibile d'un più alto grado di virtù, di civiltà c di scienza ». Protesta che il dogma scritto è una storia della verità, non assoluta, poiché se la parola '»eternamente viva non vivifica la scrittura mai questa diverrà parola ossia vita ». E con Giovanni Crisostomo ricorda che il Cristo non à lasciato un solo rigo scritto, ma à promesso ai suoi apostoli lo spirito santo. Senza fame un modernista il D. lo dice in religione come in politica un partigiano dell’idea di evoluzione che sarà poi ripresa dal Newman. Il De Maistrc à presentato la religione sotto un lato umano che gli à fatto combattere ’ i dogmi atroci » del giansenismo; trovare in molte cose di fede il razionalismo come guida (il miracolo di Attila non è che ¡’ascendènte d’un pontefice!)- asserire
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che • la crudeltà è stata spinta al punto da accendere i roghi ed a far scorrere il san-gue nel nome del Dio misericordioso •»! '
Et nunc erudimini!
G. C.
IL CENTENARIO DELL’ANTOLOGIA
Giampietro Vieussieux, l’insonne calvinista ginevrino nato in Italia, fu commemorato il 26 dicembre 1920 nell'Aula Magna dell’istituto di studi superiori di Firenze da S. E. Giov. Rosadi, come già in precedenza era stato commemorato a Ginevra, nel mese di febbraio, con due discorsi, de’ quali uno di Paolo Arcati.
I-a nota principale della grandezza dei Vieussieux la colse il. Rosadi, scultoriamente dicendo: « Egli era desto quando appena albeggiava e una intera generazione dormiva intorno a lui ». E invero, per l’impulso da lui impresso al pensiero e alle idee, egli fu uno de’ risvegliatoti della coscienza nazionale-. Proprio mentre nella libera Londra, accarezzando l’idea di un giornale, U. Foscolo sospirava: « Deficiunt vires », il Vieussieux a Firenze creava V Antologia. Poi ideava V Archivio storico, iniziatore di tutto l’attuale rifiorimento di studi storici italiani, e. dopo ancora, il Giornale Agrario e la Guida dell’educatore di R. Lambruschini. Tutte pubblicazioni di prim’qrdine, delle quali N. Tommaseo — che di sè confessava d’essersi formato *o\Y Antologia — di ce a che «con esse G. P. Vieussieux teneva a formare un giornale a dignità e sodezza di libro ». Non si dimentichi che no\Y Antologia collabora-rono i migliori scrittori del tempo, agitando ivi tutti i problemi nazionali d’un secolo. E fu proprio questo il segreto del Vieussieux. d’aver scoperto ed affratellato insieme nel suo famoso « Gabinetto di lettura » di Palazzo Buondelmonte a Firenze il. fior fiore de’ più disparati talenti nazionali. Là infatti conveniva « Messer Niccolò ». così V. chiamava il Tommaseo, il quale a sua volta, con nostalgia di ricordi, lo definiva: « il santo Vieussieux ». Là c’era l’abate Lambnischi™ di cui lo svizzero acuto, che lo aveva scoperto, diceva: « Cercando un agronomo, ho trovato un uomo! ». C’era là Pietro Giordani ' del quale si racconta che un bel giorno irruppe irnientemente nel ■ Gabinetto di lettura » chiedendo in modo concitato:
È vero che voi credete ai miracoli ? ».
Il Vieussieux s’abbottonò in duro silenzio la giacchetta e se la dovette abbottonare anche A. Manzoni, pure presente, il quale rispose: « Eh! Eh! la è una gran questione! ». C’era là il mordace Guerrazzi che definiva l’intraprendente Vieussieux: « prezzemolo svizzero nelle polpette fiorentine ». Insemina come disse Fon. Rosadi, si dava convegno colà « la piccola Italia libera in mezzo a una Italia schiava ».
Questo precursore, oggi tanto solennemente rievocato, era evangelico di nascita, nè mai mutò o barattò la propria fede religiosa ch’era, del resto, tanto impregnata della più aurea tolleranza da permettergli di realizzare il miracolo di godere la confidenza e di stringere, attorno alla propria persona, in salda amicizia le personalità più diverse della sua generazione. Fu però nemico irreducibile d’ogni fanatismo, eh’è degenerazione spirituale. E a lui si deve il collocamento d’una croce simbolica nella cappella riformata francese da lui frequentata a Firenze. In questa città egli fu seppellito nel cimitero evangelico di Pòrta a Pinti.
IL CARD. ROBERTO BELLARMINO
li 22 dicembre 1920, alla presenza del Papa e d’una folla di porporati, ha avuto luogo la lettura del Decreto sulle virtù in grado eroico del vcn. Card. Roberto Bellarmino, gesuita.
Notevoli le parole pronunziate dal Papa in quella circostanza: « Sull’esempio del vcn. Bellarmino — egli disse tra l’altro —-va raccomandata la sana propaganda presso le popolazioni ovunque sia necessario sfatare false c insidiose dottrine. Il Bellarmino è opportunissimo modello per la sua sapienza e pietà ai propagandisti cattolici ».
Dal punto di vista cattolico il Bellarmino è stato, se non il primo addirittura, uno dei più strenui campioni che lottarono contro la Riforma italiana ed europea. Egli, che avea conosciuto il protestantesimo ne’ Paesi Bassi, fu per ben dodici anni nel celebre Collegio Romano il primo insegnante di controversia, anzi tale cattedra fu fondata dal Papa proprio per, lui e di tale insegnamento n’è frutto quel corso di polemica antiprotestante pubblicato a Roma, in tre volumi, col titolo Disputationes de controversiis fi dei, adversus huius letnporis haereticos (Roma, 1581-
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>593) eh'è uu completo manuale di difensiva e di offensiva cattolica.
Nel campo evangelico sorsero tanti a rispondergli, anzi egli fu riguardato come il più tipico e il più comprensivo dei polemisti di parte cattolica, al punto che nel campo evangelico venivano addirittura chiamati « antibellarmini «- i trattati di polemica c di apologetica protestante. Oggi che i principi banditi dalla Riforma erompono dallo spirito stesso dei tempi e compenetrano della loro volatile essenza la intera compagine del romanesimo, viene aureolato della luce dell’apoteosi il Bellarmino, con una punta sottile sottile di nostalgia verso un passato in cui la sua azione parve un istante decisiva. Ma quel passato non si rinnova. E. come si fa con le cose superate, io si espone nella vetrina delle venerabilità. A ricordo perpetuo.
P. Chiminelu.
NOTA ALLA LETTERA DI TANCREDI CANONICO
« Egregio Direttore,
« Quale interprete dei pensiero del mio ve-« aerato amico Tancredi Canonico (che a me
< legò le sue carte) rettifico la pretesa cor-* rezione che il sig. G. Vasconi ha creduto fare « nella lettera del Canonico pubblicata in « Bilychnis di gennaio, a pag. 27. Sostituen-< dovi la parola trono a quella di tono e non « trono dell'originale, 'fono volle dire il Ca-« nonico; tono di Gesù Cristo, che è il tono « d’amore e di sacrificio mostrato dal Cristo « sopra la terra e che ha vinto il male.
« Trono sarebbe un non senso. Tancredi « Canonico ne ha preso l’espressione da An-« drea Towiànski, ne" cui scritti ripetuta-« mente si trova.
« E tono, trovasi pure in quelli di Caiio-« nico: vedi ad es. a pag. 23 di Note in-< tinte (da me pubblicate nel 1910, Città * di Castello Soc. Coop.): « Appena accor-« diamo il nostro spirito al tono di Gesù « Cristo, il regno di Dio è in noi
« La parola tono va dunque restituita.
*
«Torino. 12 febb. 1921.
« Dev.
« Avv. Attilio Bbgky >.
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Gli avvenimenti di politica religiosa del mese nella stampa
SOMMARIO:
i. 1.' Internazionale cattolica si afferma - 2. Francia e Vaticano; la... restaurazione del potere temporale in Italia e... in Austria - 3. L'atteggiamento della Chiesa nelle re centi condanne secondo la stampa c il caso Buonaiuti e i suoi retroscena; il caso Gallarati Scotti - 4. La Chiesa nel giudizio di alcuni scrittori italiani - 5. Una critica di Prezzolini sul caso Buonaiuti.
Gli avvenimenti religiosi del mese non sono stati tali da dare molto a parlare alla stampa, la quale quindi ha continuato per buona parte a commentare ancora a discutere le grandi questioni del mese scorso: la ripresa delle relazioni diplomatiche tra Francia c Vaticano e la questione connessavi del protettorato dei cristiani in Oriente. Noi ci dispenseremo dall’an-noiare i lettori con la ripetizione di altri commenti. e di altre impressioni che in fin dei conti si aggirano sempre sullo stesso motivo. Diremo piuttosto brevemente di qualche fatto di politica estera in relazione di quel che già.ne abbiamo detto nell’ultimo numero per passare poi ad esporre qualche giudizio sopratutto di italiani provocato dal recente atteggiamento della Chiesa verso alcuni sacer doti ed alcuni organi di cultura religiosa.
1. L’internazionale cattolica di cui abbiamo già parlato, ormai ammessa dagli stessi organi cattolici (vedi La Croi* del 21 gen
naio 1921) è stata in un certo qual modo suffragata dal lato politico in un’intervista dell’on. Tovini nc\ì‘Avvenire d'Italia del 7 gennaio in cui si è data notizia della I. I. C. (Internazionale Interparlamentare Cattolica) che sarà composta di deputati, ex deputati, senatori, giornalisti c propagandisti cattolici. Essa avrà pei- iscopo di < svolgere un’azione difensiva a riguardo del bolscevismo, della massoneria, del giudaismo, sostenere il principio dell’auto-decisione dei popoli, limitando l'opera burocratica della Società delle Nazioni, costituire un’internazionale di cultura cattolica, stringere relazioni con tutte lo forze cattoliche dei paesi aderenti ». La I. I. C. avrà un bollettino mensile in cinque lingue con date, cifre, grafici per far conoscere le forze dei partiti, mettere in evidenza la stampa su cui contare, ccc.
« A quanto sembra la I. I. C. dovrà avere la sua sede presidenziale a Roma, e la sede della Segreteria a Bruxelles. Quasi tutte le nazioni sono favorevoli alla scelta
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di queste città. In tutte le capitali dovrebbe funzionare una Sezione della I. I. C. per favorire i contatti con i partiti e gli uomini politici, assistita da una Sezione dell’Agenzia Stampa in progetto.
• Le varie Sezioni presenterebbero, attraverso la Segreteria, alla Presidenza le singole questioni che verrebbero poi esaminate e discusse in comune c in comune deciso Patteggiamento di tutte le forze della I. I. C. al riguardo.
• La I. I. C. svolgerebbe attraverso tutte le forze internazionali interparlamentari a sua disposizione un'azione diretta su un dato Governo, per far valere questo o quel diritto, questa o quella aspirazione di un gruppo cattolico aderente ».
Il lavoro pare bene avviato in vari paesi di Europa e sul suo progredire e sul suo definitivo affermarsi terremo naturalmente informati i lettori.
2. In Francia, caduto il ministero c succedutogli al potere Fon. Briand questi à dovuto fare delle dichiarazioni sulla politica religiosa del Gabinetto, in relazione alla creduta imminente discussione al Senato del progetto di legge approvato dalla Camera Egli à fatto le più ampie proteste di politica .iberale verso il catto-licismodicui à riconosciuto le glorie nell’attivo della storia di Francia; ma non à meno battuto che la politica del governo rispettosa di tutte le libertà era pur la politica della Francia della Rivoluzione.
Intanto il Senato à rimandato un’altra volta l’esame del progetto che concerne il Vaticano e, secondo quel che dice il Petit Journal del 21 gennaio, Briand a-vrebbe dichiarato che sarebbe preferibile discuterlo dopo chiusa la Conferenza interalleata di Parigi.
Non seguiremo per i lettori le allegre... esumazioni di qualche giornale parigino (v. Don Guichotte del 18 gennaio) che per consolarci degli scacchi avuti dall’Intesa ci sciorina il progetto di trattato internazionale che stabiliva la ricostituzione in 64° dello Stato, pontificio a spese nostre nel caso di una vittoria austro-tedesca. Dalla vittoria e dagli alleati avremmo ricavato ■ la liquidazione definitiva della questione romana » come se non l’avessimo ormai liquidata noi 50 anni fa!
E vero che questa della resurrezione del potere temporale pare sia un... serpente di mare che, in mancanza d’altro, si pesca durante l'inverno poiché ci ritorna ora sotto
foime diverse, indubbiamente, ma non meno... interessanti.
Ecco che non appena il 24 gennaio il Papa à mostrato di preoccuparsi per la situazione dell’Austria — « questa nobile ed illustre nazione che nel corso dei secoli tante benemerenze si è acquistata per la difesa della fede e della civiltà cristiana» — e indubbiamente non per sole ragioni umanitarie, poiché l’intonazione politica della lettera è ben evidente, i giornali ànno fantasticato di non so quale Stato pontificio che sarebbe costituito in Austria, pur... lasciando la sede papale a Roma. Cose da pazzi o da visionari?
Vi sarebbe piuttosto da parlare ancora dell’Alta Slesia, secondo le notizie che ci pervengono con i giornali tedeschi, ma è bene che le cose maturino ancora perché la visione sia più sicura e più ampia.
3. Anche da noi molte cose debbono maturare, come la crisi del P. P I. e quindi non è il caso di farne parola di già.
Piuttosto non è male sentire quale impressione à riportato l’opinione pubblica sulle recenti condanne di cui demmo sommaria notizia già nell'ultimo fascicolo.
La Sera di Milano (24 gennaio) à svelato sul caso Buonaiuti un retroscena, che noi già intravedemmo nella tiratina d’orecchi data all’Aquilanti e. che perciò riferimmo nel fascicolo scorso. La consorella però ne parla così: « Un libero docente all’Uni-versità di Roma, il prof. Aquilanti, scrisse un mese fa, sul Tempo, un articolo ditirambico intorno ad un modesto libretto del Bonaiuti: l'articolo diceva, in sostanza, che il Buonaiuti era il vero tipo del sacerdote cattolico moderno e che il clero doveva prendere esempio da lui, dal suo modo di scrivere, non solo, ma dal suo modo, tutto moderno, di concepire la divinità. Questo smanicato panegirico parve, per molte ragioni, un colmo: anche perchè l’Aquilanti — che metteva in mostra nel Buonaiuti il sacerdote ortodosso ideale era uno dei capi dell’azione cattolica romàna, membro, nientemeno, della Direzione diocesana!
» La gaffe del povero professore — perchè si tratta semplicemente di una .gaffe era, in sè, tutt'altro .che degna di considerazione. Chiunque conosce l'ambiente romàno sa che l’ottimo professore Aquilanti è una delle più cunose e gustoso macchiette del mondo clericale e del ceto dei liberi docenti: loquace fino a! delirio, gra-
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f ornane, asmatico, con. una zuppa di idee confuse nella testa, egli è capace di tutte le più innocenti e più piccanti gaffes, pronto poi, sempre, a riconoscere i suoi torti e a dimostrare il rovescio di quello che ha affermato un giorno, o un’ora prima.
,« Tuttavia, però, l’apologià del Bonaiuti fatta da un consigliere della Direzione diocesana di Roma sembrò uno scherzo troppo crudele; un prete che fa parlare volentieri di sè — anche perchè ha qualche libro ostinatamente invenduto da... vendere — sorse a difendere l’ortodossia. Questo prete, che è un facile oratore come 1 Aquilanti, e che è un bonario tipo di quello che a Roma si chiama il prete di carriera, è mons. Salotti.
« Balzato in sèlla, il Salotti, felice di prendere tre piccioni ad una fava, attacca, sull'Ossirvolor« Romano. l’Aquilanti, il Buonaiuti, Il Tempo, dimostrando —senza troppi sforzi — che erano tutti infetti di modernismo.
Al rumoroso attacco di Salotti ha fatto seguito una sfuriata della Civiltà Cattolica. (fase, del x® genn,] l’espulsione dell’Aqui-Janti dalla Diocesana, la scomunica del Buonaiuti e la condanna di una piccola rivista modernistica nella quale egli scriveva, Religio.
• Sotto la tempesta. l’Aquilanti, come era facile immaginare, ha subito aperto l'ombrello, scrivendo una lunga lettera nella quale confessa di essere solito a farsi prendere la mano dalla penna: lettera che chiude nel grottesco la parte che abbiamo detto comica dell’episodio ».
Il giornale aggiunge che non si sa bene ancora quale attitudine assumerà il Buonaiuti, mentre si è visto ormai come molto dignitosa e corretta sia stata l'attitudine del Gallarati Scotti il quale à scritto ad un amico dicendogli di sperare che il tempo gli farà giustizia e-mostrerà com'egli sia stato ispirato unicamente dal desiderio « di servire la Chiesa nella vita e nell’arte ». Il S. Uffizio non comprenderà però la lezione dice VIndepcndence Belge del 15 gennaio —esso che avrebbe dovuto limitarsi «acombattere la licenza avviliente, distruttrice della vita cristiana, invece di colpire pubblicazioni il cui scopo è quello di elevare il livello della morale umana. Esso deplorerà quindi l’ultima parte della lettera del Gallarati Scotti che non à riguardo di dire: e Mi consolo al pensiero che in un’ora di letteratura ampia e oscena, un libro ardente di fede cristiana abbia
potuto essere letto da un gran numero di persone c abbia potuto portare a parecchie anime un soffio di vita spirituale ».
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4. Ma è invece interessante notare la giustificazione che, della condanna vati-cancsca della Vita di Antonio Fogazzaro di T. Gallarati Scotti, fa con molto spirito ma con altrettanta infelicità Silvio d’Amico nell’Mia Nazionale del 2 febbraio. Egli dice cioè che aveva avuto il piacere di rilevare da essa un Fogazzaro tal quale egli si era foggiato:
« uomo tormentato che trascorse la vita, piut tosto che nella fede, in un faticoso desiderio d« fede, in un continuo veemente tentativo di conci liarc l'irreconciliabile, c cioè da un lato il pensiero cattolico tradizionale col credo politico-sociale-re-ligioso moderno, dall'altro i suoi doveri di marito con l'amore per una donna che non era sua moglie.
• E questa tipica vita m'era parsa meritevole di studio amoroso, questo suo eterno dramma m’era sembrato degno di grande pietà; ma niente d'apologetico avevo visto nelle pagine del Gallarati 'Scotti, severe e talvolta quasi crude, come debbono naturalmente essere verso Antonio Fogazzaro quelle d'uno scrittore cattolico ».
Se non che la condanna gli apre gli ocelli: si inveisce contro un modello di credente,.dicono gli oppositori?
« Dunque tanta gente, leggendolo, ha potuto credere che la posizione del Fogazzaro verso la Chiesa fosse accettabile per un cattolico, e che U suo perpetuo adulterio spirituale fosse amore cristiano! E allora il Santo Uffizio ha saggiamente operato. La sua condanna, pur dura che sia, ha colpito giusto. Amen ».
E conclude che « per la Chiesa non si può avere un debole. Col cattolicismo, è questione di forza».
Bene! Il D'Amico à perfettamente ragione. Che cosa à fatto la Chiesa con la Vita del Gallarati Scotti, a sentir lui? Ha pensato che qualche imbecille potrebbe credere di veder in essa l’apologià del perfetto credente ? Detto fatto, à colpito... Di quésto passo essa 'colpirà tutto, perchè non vi sarà libro per buono o cattivo che sia. nel suo senso, che non trovi un lettore disposto a prenderlo in... senso contrario. Anche i Promessi Sposi non parlano di amore, eppure con la fantasia o con l’ima-ginazionc giovanile come si completano le scene che esso contiene appositamente monche! Condanniamo dunque i Promessi
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Sposi/ E più condanniamo Santa Teresa e Santa Caterina, e i mistici e i pie ti s ti...
Ma no! li D’Amico à ragione. Col cat-tolicismo è questione di forza... ossia di violenza. ~ Perchè cercare giustificazioni ? La violenza si giustifica da sé e trova in sé sola la ragione; il cattolicesimo vuole governare le coscienze con la forza non con l'amore!
Noi, invece, sulla condanna delia di Fogazzaro à i Gallarati Scotti, la pensiamo piuttosto come i redattori di Volontà (gennaio):
» Non ostante le cautele studiose e le pie intenzioni, spira nel volume di G. S. una sete di libertà religiosa e d’intimità mistica che a Roma non può non dispiacere ed essere ritenuta pericolosa ».
Ma sulla Chiesa c’è un’altra eco a queste voci.Nel recensire il volume del Murri Dalla Democrazia cristiana al Partilo popolare italiano, A. Anile, sul Resto del Carlino del 30 gennaio, trova modo di scioglierle un inno per aver saputo risolvere, secondo lui, il problema del bene e del male con costante sapienza, dalle origini a noi, e per aver quindi giustamente represso movimenti come quello della democrazia cristiana che, come voleva il Murri erroneamente dovevano riformarla nel senso «le! moderno sentimento religioso.
E poiché di fronte alla Chiesa che non crolla e si rassoda sempre più si pone J'obbiezione se non conti più
■ l’imporsi della Chiesa alla coscienza che non della coscienza alla Chiesa; più la storia fatta fissata definita della creazione storica assidua; più il Dio esterno e delegante del Dio interno non delegabile .che è nel nostro spirito •
l’Anile risponde che la coscienza umana vi à lampeggiato in essa in valori umani sempre più alti che la storia fatta è stata l’impulso più potente alla storia da.farsi, che il Dio delegante è stato sempre l’artefice del Dio interno.
E conclude che la democrazia cristiana riappare nel Partito popolare, ma con l’intento di far sue le esperienze millenarie della Chiesa.
* La Chiesa resti quella eh'è, immobile in apparenza, ma fecondante oggi come ieri le forme di vita che hanno maggiore significato civile. Nella dispersione morale indotta dagli usi finora prevalsi, nel blocco di egoismi che ostacolano oggi potentemente II divenire delle fortune della Patria, Pecchi privarci anche nel campo della politica, della
sola esperienza che sia capace di dare agli individui un senso nobile di solidarietà e metter freno alle tendente anarcoidi che irrompono da ogni parte?
• Il Partito, nato appena, ha deficienze ed incertezze non poche, che derivano anche dail'incer-tezze dell'ora e dal compito difficile al quale si v accinto. Ma diverrà più saldo e migliore come le sue file sì infoltiranno dei giovani, che oggi si riuniscono, in gruppi cospicui, nei Circoli cattolici che fioriscono oramai attorno a ciascuna nostra Università. È questo movimento giovanile, che si estende di giorno in giorno, che deve far meditare coloro che ancora diffidano della sincerità della nostra azione politica ».
Il Resto del Carlino à fatto ogni risolva su! contenuto politico di questo articolo. E noi lo comprendiamo bene: più che del partito popolare qui si tratta della giustificazione di tutta l’opera del Cattolicesimo. L’Italia non invidierà più alla Francia 1 suoi scrittori cattolici della violenza e della forza. L’Italia promette bene: à Giu-lietti, D’Amico, Anile. Ma.... sono originali o... copie ?
5. Sul caso Buon aiuti cui la Civiltà Cattolica del 5 febbraio ha consacrato un notevole articolo di riprovazione, noi crediamo bene far conoscere ai lettori quel che nel Resto, del Carlino, del 2 febbraio à scritto un critico autorevole come Giu-esppe Prezzolini, Egli vi mette in luce per i profani i dati cronologici e spirituali dell’attività religiosa e scientifica del Buo-naiuti e il fallimento di tutti i suoi tentativi di opporsi alle intimazioni ecclesiastiche che vedevano in lui giustamente il più attivo e forse l'ultimo dei modernisti, rimasto ancora sulla breccia.
■ Si dice — aggiunge il P. — che si debba a -lui. in parte almeno, il Programma dei modernisti, che è il manifesto più estremo del movimento. Comunque sia, egli apparve nel movimento come il rappresentante dell’ala sinistra ».
Il Prezzolini si domanda che cosa vi sia in questa sua opera di cristiano e di cattolico e prosegue:
< È evidente che per il Buonaiuti vi è ancora qualche cosa nella Chiesa che supera i valori puramente umani. Altrimenti non si vede perchè non se ne allontanerebbe. Nei suoi scritti c’è un'assenza quasi completa di affermazioni religiose nel senso cattolico: ma abbonda invece con insistenza la polemica verso i negatori del trascendente nella storia.
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• È evidente che le sue simpatie, come i suoi studii, si rivolgono di preferenza a quel periodo della vita cristiana anteriore a Sant’Agostino, in cui i dogmi non erano ancora iormati e i gruppi dei cristiani vivevano un’esistenza religiosa meno precisata dottrinariamente, ma più profonda misticamente, affidata alle forze della loro illuminazione interna. C'i /orse l'inquieta speranza di poter suscitare nel mondo moderno, minaccialo da una crisi barbarica non meno profonda e per più di un punto simile a quella che colpi il mondo pagano, una reviviscenza di moto cristiano, alla quale sarebbe opportuno preparare all'ombra stessa del grande organismo cattolico, come San Paolo a quella delta Sinagoga, dei gruppi di credenti viventi nella attesa del Regno dei Cieli?
« Si direbbe quasi che fosse vero, se non sembrassero troppo sproporzionate le forze al progetto, e troppo contrarie le realtà alla speranza. Ma in molti scritti politici religiosi recenti del Buonaiuti si torna molto spesso ad insistere sulla somiglianza della crisi del mondo antico c di quello contemporaneo, accompagnandolo con l’affermazione che l’esperienza cristiana è la sola che possa risolver«-tale crisi ».
Il Prczzolini tenta così di spiegare Patteggiamento del B. che gli sembrerebbe -senza interpretazioni ottimistiche • equivoco e pieno di sottigliezze » e trova giustificata la posizione della Chiesa che. liberatasi del modernismo c sicura di non
aver nulla da temere più da esso, non può neppure ammettere un caso personale come quello del B. Il quale — secondo il P. — « a malgrado del suo attaccamento alla vecchia casa dove è nato e cresciuto. se ne è ormai allontanato quanto un protestante e non già delle sette più ortodosse, bensì di quelle più spinte, il pensiero del Buonaiuti, in ¡alti, mi sembra molto simile a quello degli « unitari » e dei « battisti -, salvo alcuni accenni sociali comprensibili in un carattere latino, vissuto in una tradizione italiana ».
Il Prezzolini dice che il B. non sembra disposto, questa volta, a sottomettersi. Egli dirigerà un appello al Papa, contestando anzitutto l’addebito formale teologico, per il quale è stato condannato, e sostenendo che quel che egli à affermato in Religio, e che i nostri lettori già conoscono, non è se non una questione storica.
* Per altro — conclude il P. — il Buonaiuti comprende come non possa questa volta sottomettersi ed accettare come le altre una sottomissione sia pur conquistata a traverso lunghe trattative e compromessi verbali, come accadde per il suo giuramento anti-modernista. Ma non farà nulla per allontanarsi di più dalla Chiesa e per venire meno ai suoi doveri sacerdotali, ai quali crede di non avere mai mancato'».
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CRISTIANESIMO MODERNO E CONTEMPORANEO
Cristianesimo e questione sodale secondo Lutero. — (Georg Wünsch, Die Bergpredigt bei Luther, eine Studie zum Verhältnis non Christentum und Well. Tübingen, X920).
A meglio illustrare il pensiero di Lutero circa la questione sociale che agita attualmente non solo la Germania ma tutto il mondo civile, giunge opportuno questo libro. La questione sociale nelle sue attinenze co! Cristianesimo, l’etica sociale moderna, cosi come viene intesa dalle attuali esigenze della vita c del lavoro, nei rapporti col sermone su la montagna: ecco l’oggetto suo. L’A., ammiratore di Troeltsch, e specialmente della sua opera su La questione sociale, Le Chiese e i Gruppi (Tübingen 1912), ne segue le idee principali, non pervenendo così a sottrarsi alle giuste critiche che a quest'opera vengono fatte da molte parti. Uno dei principali difetti è il non aver tenuto in considerazione i precedenti storici e lasciato quindi interrotto il processo che lega al passato tanto il pensiero che l’etica sociale con il cristianesimo dei nostri tempi. La questione sociale non à avuto in Lutero uno dei suoi genii, ma è certo importante conoscere com’egli la concepì e quale soluzione essa trovò nel suo spirito, dov’essa venne in così intimo contatto col sermone della montagna. Non possiamo convenire con l’A. quando separa nettamente l’etica cristiana da quella non cristiana, come se fossero due concezioni una rife-rentesi all’al di là, un'altra alla vita terrena. Questa separazione, sostenuta in
Germania da Ziegler, nella sua storia dell'etica cristiana (Geschichte d. Christi. Ethik, 1886) non trova più oggi molti aderenti. E pur non disconoscendo le influenze avute dall'umanesimo e dalla filosofia del secolo xvm sul pensiero eticocristiano dei nostri giorni, e quella su di esso avuta dalla profonda crisi religiosa del secolo scorso, riteniamo che la storia della morale in genere si impernia costantemente intorno ad alcuni principi essenziali che non possono esser disconosciuti impunemente. Da ciò la necessità del contatto tra cristianesimo e problema sociale, pervenendo col cristianesimo quei principi all’altezza di valori religiosi. Il conflitto tra città terrena c città celeste non può esser eliminato che da una concezione del mondo in cui l'una e l’altra città siano nel medesimo regno c dove la prima non sia fine a se stessa, ma scuola e avviamento alla cittadinanza celeste. Come si vede da quanto ho qui accennato l’A. non à solamente portato un contributo per chiarire il pensiero di Lutero sul problema sociale, ma anche.le più delicate e vitali questioni della vita contemporanea nei suoi rapporti con la concezione cristiana, additando morali' orientamenti per l’avvenire.
t Le dottrine di Zuinglio. — (Walther Köhler, Die Geisteswell Ulrich Zwinglis, Christentum und Antike. Perthers, Gotha. 1920).
Una pubblicazione condotta con spirito di esatta ricerca, attingente alle fonti storiche, ma di carattere più teologico
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che psicologico, è questa di W. Kòhlcr su Zuinglio. Egli fa una esposizione delle dottrine del famoso riformatore svizzero con stile un po’ enfatico c prolisso, proponendosi di mostrare il contrasto fra cristianesimo e antichità. L’antico, secondo FA., incorpora il mondo razionale, l’essere, I intelletto; il cristianesimo incorpora invece quello irrazionale, il divenire creativo, J emozionale volontaristico. Erasmo apparterrebbe al primo, essendo il suo cristianesimo intellettualistico, Lutero al secondo; Zuinglio riunirebbe questi due clementi in una vivente unità. Un diligente esame dei principali problemi che occuparono la mente di Zuinglio: il principio autoritario, Dio, il mondo e l’uòmo, il Redentore, la fede, la preghiera, i sacramenti, lo Stato, la Chiesa, l’al di là, la predestinazione, rendono la lettura di questo libro istruttiva. I.a parte storica è condotta con molta diligenza. Ma una contaminazione di preconcetti filosofici ne turba la serenità e il suo stile rende a volte questo libro di faticosa lettura. Diversi contrasti posti dal!’A. sono esattamente concepiti. Così il contrasto fondamentale che Lutero vide tra lui e i seguaci di Zuinglio consiste principalmente nel riconoscimento che costoro facevano di un’altra fonte di verità, universale oltre a quella cristiana. Ciò non volle accettare Lutero, e da qui il suo giudizio circa i calvinisti: Voi avete un altro spirito che non d, il mio.'
Un epistolario di F. Sclfleiermacher. — (Heinrich Meisner, Friderich Schleier-machers Briejwechsel mit seiner Brani (Perthers, Gotha, 1920).
Le lettere di due personalità notevolmente diverse di età e di vita, che s’incontrano su la medesima via e si amano, sono destinate certamente a destare interesse non comune, tanto più quando si si tratta di personaggi quali Schleiermachcr e sua moglie. H. Meisner, delinea in una bella prefazione le poetiche figure loro nei casti amori giovanili. Schleiermachcr amava la compagnia delle donne e diceva esservi nell’animo suo qualcosa che la sensibilità maschile non poteva percepire. A quel contatto spirituale sentiva sviluppare nel suo spinto nuove energie c nuove ricchezze. Da ciò la stima esagerata della donna che egli ebbe, e poiché la sua sensibilità lo inclinava alla tenerezza femminile più volte disse che avrebbe
preferito esser nato donna. Alla prefazione, che tratta degli amori e dei tempi di Schleiermachcr, segue questo voluminoso epistolario in cui appaiono le più note figure di quel tempo, i circoli letterari de! romanticismo, e in cui si prospettano momenti dell'attività del grande teologo tedesco non da molti conosciuti. Non è ad esempio molto noto un interessante lavoro di Schleiermachcr, Katechismus der Vemunft jùr edle Frauen, in cui egli esprime idee rimaste oscure ai suoi contemporanei e biografi, c che à condotto a controversie nel moderno problema della donna. Interessanti notizie s'incontrano anche qui circa uno scrittodiSchlcier-macher che data dal 1798 e4?he fu pubblicato nell’organo dei romantici Atheneum. uno scritto del quale egli non si disse autore c dove mostra lo spirito della società in cui visse il giovane romantico e il futuro teologo. La corrispondenza che comincia dal 1804, dall'anno in cui Hcn-riette von MOhlenfcIs sposava il suo amico Ehrenfried, continua sino al 16 aprile 1809 quando la vedova diciannovenne, madrc di due bambini, sposò il quarantenne teologo Federico Schleiermachcr. Un indice alfabetico chiude il grosso volume ornato di due ritratti. Rare volte in questo epistolario si toccano questioni teologiche, ma ricca messe di notizie è data al lettore circa là vita affettiva del teologo, circa i suoi pensieri intorno alla educazione e alla vita pratica, come intorno ai tempi in cui visse.
La vita di Gesù nell'arte di Rembrandt. — (Karl Storck. Das ¡.ebeti Jesu Christi in Bildern Rcntbrandls und Morteti der fi vangelisti. Stuttgart. 1920).
Riprodurre trentaduc quadri di Rembrandt accompagnandoli con brani degli Evangeli dai quali il famoso pittore olandese trasse ispirazione per la meravigliosa arte sua è l'opera alla quale si è accinto K. Storck ne! volume che qui esaminiamo. Tutti coloro che si occupano di storia dell'arte conoscono il fascino- che ànno esercitato questi quadri della vita di Gesù, dalla visita di Maria ad Elisabetta (dipinto nel 1640) sino all'ascensione, finito di dipingere nel 16.36. K. Storck à disposto in ordine cronologico la serie dei quadri rappresentanti i fatti più notevoli che si riferiscono alla vita e alla persona di Gesù e che Rembrandt aveva dipinto in vari tempi ed occasioni senza seguire quell’or-
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dine. L'opera rembrandtiana è viva testimonianza della forte impressione che il grande pittore olandese ebbe dagli Evangeli e rivela com’egli, più che con linee esteriori, segnava l’opera sua con le orme profonde lasciate ' in lui dalla vita interiore dello spirito. L'A. vuol compiacersi considerando, nella sua introduzione, Rembrandt come tedesco, ma a torto, perchè anche storicamente Rembrandt rimane un puro olandese. Olandese è la maniera del raggruppamento delle figure, i tipi degli uomini, ecc. Rembrandt non attinge, come altri pittori suoi compatriotti (Hooch, Ruisdael, Borch, ecc.) dalla vita olandese, ma da una fonte che è di universale retaggio. Si potrebbe rispondere a Storck che ciò che Rembrandt ebbe di tedesco fu forse Tinsegnamento di Góthe: Parti dalla tua casa, e immergiti per quanto puoi nel mondo! Le riproduzioni che sono per lo più tolte da fotograficeli Bruckmann di Monaco lasciano a desiderare. Ma sarà forse questa una conseguenza delle difficoltà tipografiche in cui si dibatte attualmente la Germania.
La facoltà evangelica di Bonn. — (Otto Ritschl, Die Evangelismi - Theologisohe Fakultat zu Bonn in dem ersten Jahrhun-devi ihrer Geschichte, x&rp-zprp. Bonn. 1919).
Un forte contributo alla storia della famosa università di Bonn e specialmente di quella facoltà evangelica, pubblica Otto Ritschl in questo volume. Un rapido, ma sicuro notiziario intorno alla vita dei professori e liberi docenti di quella facoltà teologica, rendono il lavoro di Otto Ritschl assai utile per gli studiosi. Questo volume si chiude con una statistica degli studenti che ànno frequentato quella facoltà. Fra i lavori che si sono pubblicati in occasione del primo centenario della Università di Bonn, questo di Otto Ritschl è degno di rilievo e può considerarsi il migliore per quanto riguarda la storia di quella facoltà teologica.
Problemi religiosi contemporanei. — (A. Seth, L. Dougall, J. A. Hadfield, C. A. Anderson, C. w. Emmet. A. Clutton-Brock, B. H. Streeter, The Spirit God and his Relation io Man considered from thè Standpoint of Phi-lisophy, Psychology and Art. (London, Macmillan, 1919).
Non è facile parlare di volumi in cui diversi autori prendono in esame, e da
molteplici aspetti, un argomento,- come non riesce facile agli stessi autori seguire un piano che conduca al medesimo fine, giacché il più' delle volte (e il lettore di questo libro lo riscontrerà) il fine comune si perde di vista e ciascuno segue la sua via. Nondimeno è innegabile il valore che parecchi di questi saggi ànno. Essi prendono in esame le relazioni che passano tra Dio e uomo e lo scopo comune è di riavvicinare il cristianesimo ai nuovi portati della filosofia, della psicologia e dell'arte. Gli AA. sono unanimi nel ritenere che la chiesa debba aprire le porte alla vita del pensiero contemporaneo ed esserne ringiovanita. Fra i diversi ‘problemi che maggiormente premono oggi su la coscienza religiosa, è quello della immanenza e della trascendenza; ed il professor A. Seth, che in questo volume lo prende in esame, rileva come gli aspetti del problema si implichino a vicenda, giacché è l’immanenza del trascendente, la presenza dell'infinito nella nostra vita finita, che può spiegare l'essenziale natura dell'uomo; come d’altra parte è il divino scontento che spiega il progresso; la sostituzione di ciò che fu con ciò che è e che sarà, che spiega il divenire. Questo, che è uno dei saggi migliori contentiti in detto volume, ci porta ad osservare che il processo dello spirito non va studiato solo nella storia umana e che non basta il dire l’uno aspetto del problema implicar l'altro e scambievolmente completarsi, quando poi il progresso si effettua non sólo per implicazione del contrario, ma anche per eliminazione di esso.
Un’altra grave questione è quella di determinare l’azione di Dio sul mondo; ma l’esame puramente psicologico è insufficiente a chiarirla, onde il tentativo che in questo volume ne fa L. Dougall lascia poco soddisfatti. La illuminazione interiore, l’ispirazione, l’insolita potenza, ecc., come fatti psicologici ànno un significato, ma nessuna luce proiettano circa il loro contenuto, ossia circa il significato che a questi fatti ordinariamente ascrivono i religiosi. La medesima esperienza religiosa non è sufficiente a mostrare l'azione di Dio sul mondo, senza ricorrere a un sistema di conoscenze o a una fede che dà a quella esperienza un significato speciale. Nè riesce a spiegarsi l’azione di Dio sul mondo se si considera il problema del male solo da un punto di vista psicologico. Questo saggio non si riattacca tanto con
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i seguenti su la psicologia della potenza (J. A. Madfield),su ciò che accadde al dì della Pentecoste (Andcrson-Scott) quanto con gli altri saggi contenuti in questo volume sulla psicologia della grazia c della ispirazione (C. \V. Emmet). Della manifestazione dello spirito divino nell'arte c quindi del contributo delle arti alla vita religiosa si occupa A. Clutton-Brock. Certo un più accurato ed esteso studio meritava quest’argomento, ma dobbiamo esser grati all’A. d’aver richiamato, l’attenzione degli studiosi ancora una volta ed energicamente sui rapporti tra estetica e religione. ' per lo più così ingiustamente trascurati. Un grave difetto in questo volume è la trascuranza quasi completa del problema morale, appena qui e là accennato, mentre poi si tien conto, e giustamente, dei rapporti che passano tra pensiero religioso e pensiero scientifico (A. Clotton-Brock). L’ultimo saggio del volume tratta del (’risto costruttivo e rivoluzionario ed è scritto da Hillmann Strectcr. Esso vuol essere l’esponente di una tendenza già da noi rilevata: la rinnovazione illuminata della chiesa. L’atteggiamento del Cristo di fronte alla tradizione del suo tempo, sembra all’A. anche oggi opportuna quando, non al Cristo immobilizzato dalla tradizione, ma al suo esempio dobbiamo rivolgerci se vogliamo che il cristianesimo contribuisca alla soluzione dei problemi sociali che premono su l'ora presente.
L’Immortalità.—(Burnett H.Streeter. A. Clutton Brock, C. W. Emmet, J. A. Hadfield, ecc. Immortdlily, an F.ssay in Discovery coordinatine, Scientific, Psychical and Biblical research. London, Macmillan 1920).
.Come dice il titolo di questo volume, i suoi diversi autori tentano coordinare le scienze bibliche con le conclusioni della scienza moderna circa la personale immortalità. Nella prima sezione del TU saggio (B. H. Streeter) e nei saggi IV, V e VI dovuti rispettivamente a B. H. Streeter, C. W. Emmet ed a A. Clutton-Brock si esaminano il senso ed il valore che possono avere per il pensiero moderno la resurre—s zione del Cristo, il Giudizio Universale, ■ il paradiso e l’inferno. L. Dougal nei saggi VII e Vili si occupa degli elementi di verità e di errore contenuti nello spiritismo e nella dottrina della reincarnazione. Nel saggio n. IX la medesima L. Pongali riepiloga tutta la serie degli
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scritti pubblicati in questo volume, che sono preceduti da una introduzione di Clutton-Brock in cui si esaminano alcuni pregiudizi che contribuiscono a svalutare le prove della immortalità. Una simile introduzione avrebbe potuto precedere utilmente l'altro volume ‘ The Spirit dei quale ci siamo sopra occupati. Alcune pagine sono assai interessanti dal punto di vista esegetico (Street ir), altre dal punto di vista storico (Eir ìiet), altre dal punto di vista psicologi.:© (Hadfield). Una giudiziosa critica della teosofia considerata come religione ci dà L. Dougal. Questo volume è meno organico di quello su The Spirit, ma non è meno interessante c istruttivo.
Una questione attuale pei cristiani. — (An Anglican Priest in China, Whcre is Christ? A Question for Christians. London, Constatile, 1919).
Preceduto da una introduzione che ne chiarisce lo scopo, pubblica questo interessante volumetto un prete anglicano che si trova da molti anni in Cina. Egli intende rispondere alla domanda: dov’è il Cristo? La Chiesa cattolica romana risponde che è presso di lei, e altre chiese darebbero, se interrogate, simile risposta; ma l’A. ritiene che la presenza del Cristo non può chiudersi entro limiti di tempo e di spazio e che alla domanda si può rispondere solo con una più larga coscienza della esperienza cristiana. Egli ritiene che la crisi delle chiese, manifestatasi con la loro separazione e con la mancanza della loro influenza sul processo attuale della storia sia per divenir sempre maggiore e che il passato è ciò che sopratutto offusca il presente. Formule e istituzioni, sebbene necessarie, ànno esercitato una influenza esagerata su la coscienza religiosa. e quindi il Cristo non si è pienamente rivelato ad essa.
Questa la tesi principale esaminata nei diversi capitoli di questo piccolo libro. Siiestioni come quelle della libertà e dei-autorità in materia religiosa sono qui acutamente discusse. Alla domanda dov’è il Cristo, l’A. risponde che il Cristo è in Dio e che noi possiamo trovarlo solo amandolo. Occoirc anzitutto, perciò, la conoscenza di Dio e una teologia fondata su la psicologia. L’A. non nasconde la sua accentuata tendenza al misticismo. Egli considera il Cristianesimo solo come una esperienza e la stessa Bibbia un’esperienza
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fondata su la reale presenza di Dio nell’uomo. Non è possibile seguirlo qui in tali questioni delicate, ma è certo questa la parte più debole del libro. Noi riconosciamo il misticismo come elemento essenziale del Cristianesimo ma non trascuriamo per questo di riconoscere anche come essenziale l'elemento istituzionale e quello intellettuale. La Chiesa anglicana (e potrebbe forse dirsi lo stesso di altre) à principalmente sviluppato l’elemento istituzionale della religione; ma la vita della Chiesa à senso c valore se non si apparta dalla vita sociale, se non disdegna colla bora re con le grandi forze divine che agiscono nel mondo per il progresso sociale, per la giustizia.
Religione e storia del Cristianesimo nella storia della civiltà secondo lo Spengler. — (Oswald Speñgler, Dcr Unicrean^ des Abendlands. Uinris se cincr Morphologie dcr WeUgeschichtc. Mùnchen, 1920).
Nessuno, ch’io sappia, si è occupato in Italia di questo libro che certo è fra i migliori pubblicatisi negli ultimi anni in Germania (x). L’A. che prima d'ora non aveva mai fatto parlare di sé, alla pubblicazione di questo volume è.stato riconosciuto come uno dei più forti pensatori e scrittori tedeschi contemporanei. La storia del mondo si risolve, secondo Spengler, in otto culture e quella presente, che precede di circa mille anni il cristianesimo, sta per tramontare perchè la spiritualità è esaurita. L’A. rigetta il vecchio schema che separava la storia in antica, medioevale c moderna e vede nel divenire storico una continua formazione spirituale che raggiunte tutte le sue possibilità decade. Simile alla decadenza dell’antico Oriente, avviene quella dell’occidente attuale, della quale il nostro secolo segna il principio. Non un fiorire di varie civiltà una accanto all'altra, ma un'unica fioritura spirituale che fatalmente sorge dalla fanciullezza e raggiunta l’età matura va fatalmente incontro alla morte. La civiltà cristiana esaurita si avanza così verso la fine della sua storia. Spengler considera la religione come l’essenza di una cultura, di una for(1) Se ne è occupato largamente il nostro chiaro collaboratore Adriano Tjlgher in un arti-dei Tempo, ora riprodotto in un volume di cui ci proponiamo di parlare tra breve.
(N. d. ¿>4
inazione spirituale, e pone, di fronte alla cultura, l’incivilimento che, per lui, è Varreste, la decadenza, l’irreligione, la morte. Il contrasto tra cultura e civiltà che G. Humboldt aveva messo in rilievo à stato da Spengler portato alle sue ultime conseguenze.
Noi abbiamo, per ora, un solo dei due volumi che completeranno • quest’opera sul tramonto del mondo occidentale e non ci è quindi possibile dare un giudizio definitivo; ma non tralasceremo di menzionare alcuni dei principali argomenti c problemi, disegnati e discussi da Spengler così strettamente connessi alla storia moderna de! Cristianesimo ed all'attuale crisi religiosa in Germania.
Decisamente opposto alla concezione storica razionalistica, Spengler si mostra, disgustato del materialismo e del formalismo della filosofia dottrinaria e preferisce vivere della crisi dolorosa del suo tempo ,e cercare nel dolore un elemento vitale di speranza e rinascita. La prima impressione che si riceve dalla lettura di questo notevole libro è di uno scoraggiante fatalismo e pessimismo. La teoria che domina tutto lo scenario storico che, con stile elegante c ricchezza d’imagini passa dinanzi al lettore, afferma che ogni cultura è condannata ineluttabilmente a cadere in rovina nella successiva civiltà; e la dimostrazione — certo schematica — è data per via di dimostrazioni matematiche, per via di analogie' e argomentazioni prese dalla storia delle più diverse discipline. L’A. tradisce la sua simpatia per Nictsche ed à un’alta stima per Gòthe che ritiene un grande filosofo. La simpatia per Nietsche lo porta a non ripudiare la definizione che la morale cristiana sia morale «la schiavi. Un grave difetto dell’opera è il disconoscimento dell'importanza della storia della religione di fronte alla storia politica e a quella dell’arte. E il risultato pratico delle argomentazioni qui esposte essendo la rassegnazione, non può non essere dannoso per gli spiriti, se incapaci di trovare nel pessimismo di Spengler una spinta a cercare altre leggi della storia. Ma non tutte le possibilità della nostra cultura sono esaurite, nd tutto ciò che Spengler chiama incivilimento à precluso il ritorno verso l'acquisto di vitali energie religiose.
In conseguenza di ciò Spengler non vede nel Cristianesimo una possibile rinnovazione. Ma un attento lettore troverà che
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RASSEGNE
le pessimistiche leggi delineate in questo libro non sono state dimostrate, ma Sémplicemente accettate, c il medesimo autore esce da queste ferree leggi quando alla fine dei volume intravede una luce di speranza, come una seconda religiosità (Zweite Religiosität), di possibile realizzazione. Egli vede ncll.'occaso della presente epoca scientifica, nello stadio trionfante dello scetticismo, squarciarsi le nubi c discendere, su la decadente civiltà, su la scienza stanca del suo faticoso viaggio, una luce che la guida per ritornare alla sua patria spirituale.
Giansenismo. — Albert De Meyer, Les premières controverses Jansenistes en France. Louvin, 1917.
Le cause che ànno dato origine ai 1 Giansenismo vengono ricercate in questo volume per determinarne le tendenze, le dottrine che ne ànno facilitato lo sviluppo e la espansione. L’A. espone le prime controversie che provocò il Giansenismo in Francia, mettendo in luce i motivi che lo ànno spinto ad agire e precisandone l’atteggiamento, verso la Chiesa e lo Stato.
Congresso evangelico sociale.— (Johannes Herz, Evangelisch-Sozialer Congress Die Christliche Welt, n. 30 c 31).
Il Congresso evangelico sociale tenutosi a Berlino il luglio scorso, è passato quasi inosservato per la stampa politica, ma esso à invece una importanza notevole. I temi che dovevano esser trattati erano: L'evangelo sociale della nuova Germania; La società c l’individuo: La Chiesa come fattore sociale.
La discussione sul primo tema portava a riconoscere la necessità, per il popolo, di associare l’Evangelo al socialismo; non l*Evangelo considerato semplicemente come oggetto magico di salvezza ma come inesauribile fonte ispiratrice di esempio religioso. L'esame spregiudicato delle condizioni sociali che i congressisti ànno fatto, à condotto a riconoscere questa necessità, per la civiltà c per le sorti medesime dello stesso socialismo. Sul tema L’Evangelo sociale della nuova Germania parlò dapprima Paul Rohrbach. Riferendosi egli alla storia generale dei rapporti tra il pensiero religioso e quello sociale egli osservò che la profezia di Amos fu il primo Evangelo sociale, ma che' quello di Gesù non
fu semplicemente un e vangelo sociale, ma qualcosa di più.
Passando poi al moderno industrialismo e socialismo osserva che la Chièsa romana tenta difendere contro di essi una formula mediocvale. Ma di contro all’antie vangelo essa non à saputo opporre nulla di solido c la guerra à servito a confermare, con la fallita delle antiche istituzioni, la invalidità della Chiesa medesima. Oggi dal tempo di Amos e di Gesù siamo posti per la terza volta di fronte al problema dell’amore dell'umanità sopra Un piano pratico. Spezzata la formula della società stabilita da Dio si aprono le competizioni per la formazione di un nuovo ordine sociale per il quale con più ragione si può dire che sia voluto da Dio.
Su Società e individuo parlò il prof. Gòtz. rilevando che solo nella coopcrazione della comunità, della massa con le grandi personalità si genera la vita storica. Società e individuo sono inseparabili nella storia, ma essi ànno compiti propri. Questi à il compito di dare impulso al nuovo che la massa non può produrre. Questa invece lo accoglie e lo divulga. Le personalità dunque non dovrebbero essere abolite in un sistema democratico, avendo esse una particolare funzione.
Il prof. Schlcmmcr, a proposito della funzione sociale della Chiesa, mise in rilievo la formazione di questa nel Cristianesimo e la sua innegabile relazione con la vita sociale ed economica. Il proletariato, nella sua grande maggioranza, non riconosce oggi che la Chiesa è un fattore sociale.
Di questo atteggiamento non è solo responsabile la Chiesa ma anche l’assenza di religiosità delle masse sotto il dominio del marxismo. Molti operai considerano la Chiesa conio un’istituzione borghese e il loro allontanarsi da essa la rende sempre più una istituzione borghese. La religione è d’importanza decisiva per la soluzione delle questioni sociali, e lo stesso dicasi la Chiesa, che è la sua più efficace organizzazione. Se la religione vuol divenire un fattore sociale, essa deve, anzitutto divenire una organizzazione c fare in modo che il singolo acquisti nella massa il suo valore. Ma la Chiesa dev’esser una organizzazione indipendente dal capitalismo c dalla politica; essa dev’essere una organizzazione spirituale e come tale è indispensabile per la società come è indispensabile quella statale ed economica.
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L’essenza del cattolicismo. — (Grupp, Dos Wesen des Kalholizistnus. Historisck-Politiscke Blàlter, voi. 660, n. 1).
Contro coloro che affermano il catto* 1 teismo essere un brano di paganesimo, di giudaismo, di pctrinismo, di ellenismo c la sua dogmatica un proseguimento della filosofia greca o più precisamente ncoplatonica, sostiene Grupp che il cat-tolicismo à una sua irriducibile essenza. Esamina le pubblicazione di Heilcr sul cattolicismo e sul protestantesimo ed osserva che il c ittolicismo consiste nella vita di preghiera, iel misticismo. I-'A. conclude, contro HcilCi che se è possibile un sincretismo tra evangelismo c cattolicismo, se è possibile un cattolicismo evangelico, é pur da relegarsi nel regno dei sogni una unione delle due confessioni. •
Varia. — A. K. Osborn, The future 0/ the Protestantism in Australia (Hibbert Journal, ottobre). È un interessante articolo in cui sono parecchie giuste osservazioni che riguardano non solo la vita del protestantesimo in Australia ma anche nel mondo. Vi si esamina pure il problema dell’unione delle Chiese. A. C. Me. Gifferd, A Teaching Church (Hibbert Journal, ottobre 1920). L’A. esamina l'insegnamento ecclesiastico, il suo metodo e il suo valore e conclude che più che di amministratori, di pastori e predicatori la Chiesa à, oggi bisogno di maestri. C. C. H. Williamson, Scholasticism and modem Thought (Hibbert Journal, ottobre). L’A. rileva l'importanza c il valore della Scolastica sul pensiero moderno e specialmente sul pensiero contemporanco.
M. Foglisi.
La nostra Casa Editrice « Bilychnis» ha pubblicato la seconda edizione di Gesù di Nazareth di Piero Chiminelli, voi. in 8° di pagine 550 (prezzo !.. 6). Questa 2* edizione è stata ampiamente riveduta, arricchita di numerosissime note archeologiche, filologiche e di dodici bibliografie, che costituiscono per se stesse la più ricca bibliografia cristologica che esista in Italia.
li primo fascicolo di Bilychnis 1921 usci in 88 pagine e questo secondo esce in 72 pagiiu-anziché 64, come avevamo disposto. Mentre da parte nostra diamo ai nostri lettori la prova del nostro buon volere e della nostra attività, chiediamo a quanti non hanno ancora compiuto il loro dovere verso rAnuninistrazione di voler affrettare l’invio della quota d'abbonamento.- Avvertiamo che i Quaderni di Bilychnis, di cui pubblichiamo in altra parte notizie concrete, non saranno spediti agli abbonati morosi.
Al prossimo fascicolo di marzo saranno uniti gl' ludici del 2* seni. 1920 (voi. XVI).
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RIVISTE FRANCESI
Il problema ebraico. — Sotto questo titolo in un importante articolo del Mercare de Prance — 15 gennaio 1921 — Georges Batault studia le cause della rinascita dell'antisemitismo e ne spiega il significato. Benché non dividiamo tutte le opinioni dell’A. crediamo opportuno di offrire ai nostri lettori un -sunto di questo studio che à pur il suo interesse.
« L’antisemitismo contemporaneo — dice il B. — è l’indice di un malessere, la manifestazione di un’inquietudine, di una angoscia di cui si attribuisce la causa agli Ebrei o per dir meglio a qualcosa d’impreciso che sembra personificarsi negli Ebrei e nello spirito ebraico».
Non lo si deve però considerare come un movimento religioso, bensì come una reazione contro il bolcevismo, che è intemazionale per sua natura e per volontà dei suoi fondatori, ma che à radici ebraiche, è diretto da ebrei, ed à per agenti principali all'estero degli ebrei.
Dopo aver studiato l’entità dell'antisemitismo nei diversi paesi d’Europa che ànno partecipato alla guerra ed essersi fermato sul malcontento generale suscitato dal trattato di pace, l'A. constata che voci isolate da prima, poi voci generali ànno denunziato a più riprese la parte eminente che avrebbero avuto nell’elaborazione del Trattato gli Ebrei che si accoglievano in sì gran numero intorno a Wilson, a Lloyd Georges ed a Clemcnceau.
L’A. passa poi ad esaminare come vi sia una contraddizione più apparente che reale tra Finanza c Rivoluzione.
« È una legge della storia che l'uguaglianza sociale, sotto qualsiasi forma, è i! regime più favorevole allá gente d'af
fari ed ai maneggiatori di denaro, ..poiché essa rompe i quadri politici, sociali e fa-migliari che fanno ostacolo alla preeminenza dell’oro ».
Ritornando alla pace confessa che sarebbe un’esagerazione « il fare cadere sulle sole spalle degli Ebrei tutte le colpe c tutti gli errori che fanno bello il Trattato ».
Il B. stesso, che parlando della pace, ebbe già a chiamarla pace protestante, ora crede di chiamarla più efficacemente pace puritana.
« Poiché — ed è questo un punto capitale — tra il puritanismo ed il giudaismo vi sono affinità certe e rapporti storici incontestabili... perciò l'antisemitismo .di oggi à un senso estremamente profondo e tende a colpire attraverso una lunga storia, spesso gloriosa» la filosofìa intera, la religione c la civiltà intere sorte dal mercantilismo puritano ». Se dunque la pace è stata conclusa e redatta sotto gli auspici di due puritani di marca non è da stùpirsi ch’essa sia pervasa di clementi semitici: • Difatti lo strano miscuglio d’imperialismo sornione, di mercantilismo pratico e d’umanitarismo predicatore che caratterizzano la mentalità del puritano Wilson come quella del puritano Lloyd Georges deriva storicamente da influenze giudaiche poiché il puritanismo — dice Sombart — è l’alleanza dello spirito protestante e dello spirito ebraico.
« La pace porta incontestabilmente l’impronta di - questo miscuglio d’idealismo mistico e di sentimentalismo umanitario da una parte e dall’altra di un senso pratico e di mercantilismo che carattcnzza
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lo spirito ebraico c lo spirito puritano ».
Per concludere l’A. rammenta oche da due mille anni la storia è stata dominata con alternative diverse dallo spirito ebraico e dallo spirito greco romano.
« La fine del mondo antico fu segnata dal trionfo del giudaismo sotto forma di Cristianesimo primitivo sullo spirito della Città antica.
« Oggi lo spirito di città sotto la forma, ampia di Nazione si appresta ad iniziare ■na nuova battaglia all’universalismo dei profeti e dei mercanti ».
Una conquista scientifica: l’anima immortale. — In una serie di 'articoli della Revue mondiale J. Fi noi à studiato quanto, vi è di vero nello spiritismo ch'egli chiama < Nuova Rivelazione ». Chiudendo il suo studio egli afferma: « La fraternità universale, l'amo re sempre più intenso per il prossimo, la solidarietà degli esseri, l’ascensione incessante verso le cime elei perfezionamento morale, risulteranno dalla diffusione delle conquiste spiritualistiche suscettibili di modificare radicalmente l'aspetto dell’umanità.
x Noi ci rendiamo più o meno conto dei progressi realizzati nel dominio sociale, ma ignoriamo completamente, quelli astratti delle nostre anime che però ànno evoluto cd evolvono verso il meglio -.
L'umanità che, secondo il Finot, à già acquistato una coscienza personale, sta per acquistare una coscienza cosmica che apre alle generazioni future orizzonti di bellezza c di felicità senza pari.
Lungi dunque dal mostrarci ostili a questa nuova Rivelazione, conclude FA., •• accogliamola con simpatia ardente cd Sitiamo la realizzazione delle pi omesse ti ch’essa fa alle^nostre anime inquiete ed abbiamo fede in questa ascensione degli umani, a che procede attraverso campi cosparsi di fiori divini ».
Una nuova organizzazione della coscienza umana — Nel considerare l’avvenire dell’umanità due fatti predominanti si presentano. Il primo è la necessità d’una riorganizzazione politica completa del mondo che deve diventare un’unità se vogliamo salvar la nostra razza dal pericolo di altre e più tremende guerre. Il secondo è l’assenza manifesta nelle masse del desiderio di arrivare a questa riorganizzazione poiché l'umanità dopo l'immane catastrofe sembra unicamente preoc
cupata di provocare nuovi disastri. La grande guerra à più o meno rivelato che una trasformazione radicale s’impone e tale da richiedere dalle masse uno sforzo educativo senza pari nella storia del-ì’umanità. Però, considerando lo sviluppo del cristianesimo nei quattro primi secoli e quello dell’IsIam nel vii secolo, ogni speranza non deve essere perduta. 1 risultati da essi ottenuti con dei mezzi d’azione di gran lunga inferiori ai nostri sono consolanti. Anzi tutto occorre riformare completamcnte l’insegnamento scolastico. L’educazione si c sviluppata ma non migliorata. Le idee direttrici sono tuttora meschine e lotteranno con qualsiasi nuova e generosa idea che tenterà di sostituirle. In ogni nazione i piccoli uomini che detengono il potere lotteranno contro nno stato di cose che provocherebbe la loro rovina; e la loro inerzia è da temersi quanto la loro opposizione. (Dalla Rcvue Mondiale del 15 gennaio, secondo H. G. Wells in The Rcview of Revie ws}.
L'indisciplina dei costumi. Th. Bc-siade nella Revtcc des Jeunes del io gennaio parla esaurientemente di un recente libro di Paul Bureau: Indiscipline des mteurs (Bloud et Gay, Paris) facendo suo il detto dello Stuart Mill: •: Non si possono guarire i mali di cui soffre la società che parlandone apertamente ».
Per fare argine all’indisciplina dei costumi ch'egli chiama « la grande sofferenza della Francia • occorre secondo l’A. una vera rivoluzione o meglio una doppia rivoluzione: economico-legislati^a e. anzi tutto, morale.
Sociologo ben informatoegli s’épostosem-plicemente dal punto di vista sociologistico e lo à fatto dice egli «con sincerità e vigore ».
E poiché alla società sono ugualmente nocivi l’insufficienza c l’eccedenza delle nascite egli indica come unico rimedio a questo doppio male la castità: prima del matrimonio come preservativo contro le malattie veneree, per sentimento di lealtà verso la giovinetta, che si vorrebbe trovare pura e come correttivo alla prostituzione; nel matrimonio per impedire le fecondità eccessive.
« Ma come ottenere che questa alta dottrina morale sia accettata da una società che riconosce all’uomo il diritto di non ricercare che il godimento ed è organizzata in favore degli scapoli e dei matrimoni sterili ? ».
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Per I A. una buona igiene morale ed intellettuale propizia alla disciplina dei costumi non si possono raggiungere senza la fede religiosa per cui si è capaci di compiere tutti i doveri e tutti i sacrifici.
— Sullo stesso argomento con identiche conclusioni, vedaci un articolo in Fede e Vita (dicem. 1420) del nostro amico G. E. Medie.
Sul ministero ecclesiastico delle donne abbiamo giàaltre volte intrattenuto i lettori sulle scorta di vari studiosi [v. Bilychnis, XVI-141]. In questo stesso fascicolo riassumiamo un altro articolo su questo argomento [v. p. 143] il quale òdi venuto, come si risa dire,di attualità dopo la conferenza di I<am-beth. La quale à accettato la formazione di un ordine di diaconesse, sulla cui restaurazione— l’episcopato anglicano non avrebbe voluto parlare aquel che sembra di creazione —■ la stampa cattolica à versato alquanto la suaironiasc non il ridicolo. Il Correspondáis del 15 gennaio difatti à dedicato alcune pagine del suo collaboratore Joseph Hubv sulla questione, facendo la .storia dell'agitazione femminista manifestatasi anche in questo ordine di cose c notandone scherzosamente anche il lato comico.
Passando alla parte più seria della questione l’A. afferma di sui documenti della Conferenza che le diaconesse, sopratutto nei rapporti con le donne, avrebbero le funzioni di preparare i candidati al battesimo ed alla cresima: di assistere il celebrante il battesimo; in caso di necessità, di celebrarlo esse stesse, di aiutare con preghiere e consigli le donne; di recitare alcune preghiere e di istruire ed esortare i fedeli. Esse non avrebbero obbligo di celibato, sarebbero pressoché « ordinate *, dovrebbero fare una specie di corso preparatorio e mostrare una cèrta maturità se non di anni di esperienza.
Secondo l’A. i testi che si portano a suffragio dell’istituzione (Rom. 16, rei Tim. 3. rrl non sono che testimonianze fragili. S. Paolo non à respinto la donna nel ministero privato, ma. non l’à mai voluta in quello pubblico. Basterebbe poi il fatto che Cristo à scelto per il magistero pubblico dodici uomini che l’ànno trasmesso ad altri uomini: perfino un giornale anglicano trovava questo principio assolutamente incontroverso. Se si procede su questa strada vedremo lé donne vescovi anglicani c l’A. ritorna con ciò al lato ridicolo della cosa.
Della conferenza di Lambeth c della sua eco nella stampa specialmente cattolica abbiamo già fatto cenno nel numero di dicembre p. 449. Possiamo aggiunger«; che alle critiche del Battitoi à risposto* facendo delle osservazioni più ottimiste un gesuita, il P. Walter. La Rcvue des Jeunes del io dicembre à pubblicato la sua lettera in cui egli fa notare la buona fede dei promotori de) movimento, il reale successo che esso incontra tra le folle c la sua diversità di vedute su alcune questioni ecclesiastiche che invece a) Battitoi sembrano, come quella della riordinazione sacerdotale, trattate con molta più o meno voluta ambiguità. Al che il Battitoi contrappone che sostanzialmente le sue vedute anche dopo le nuove osservazioni rimangono immutate, il movimento avendo più carattere politico che religioso.
L’etica di S. Tomaso. — Lo studio,che il Sertillanges pubblica nella Revue des Jeunes del io dicembre, su S. Tomaso moralista, sebbene compiuto da un competente. non ci sembra abbastanza preciso e concludente. TI senso d’equilibrio che il dotto francese trova nell'etica di S. Tomaso, che à basi profondamente razionali, è tale, almeno secondo la sua esposizione, da non farci capire quale sia il limite ch'egli fionc al male e quale quello ch’egli sta-ùlisce per il bene. Se la soddisfazione ra gionevolc delle tendenze naturali deve esser fatta per il raggiungimento dei fini supremi cui esse sono destinate, se anche a tale soddisfazione noi imponiamo un giudizio che ne denoti il valore, non abbiamo mai abbastanza clementi critici che ce ne garantiscano lo sviluppo in quel senso che dovrebbesi affermare o vorrebbe essere morale; sia pure, come vuole l’A., S. Tomaso lontano da un meschino misticismo c da un arido scolasticismo, la sua morale non ci appare se non come la legittimazione voluta (l’un ordine di cose statico che non permette all'uomo nessuna indipendenza e nessuna libertà morale.
■Il ricevimento di Palacio Valdès all'Ac-cademia spagnuola permette a M. ì.c-gendre nel Correspondanl del 25 gennaio di mettere in evidenza la posizione nettamente cattolica dello scrittore spagnuolo di fronte alle stranezze cd alle stramberie della letteratura moderna, contro la quale il suo discorso equivarrebbe ad
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una professione di fede cattolica, affermante per il poeta il culto della vita semplice e sana, i voti di castità, di povertà e di umiltà che ànno, secondo il L., sempre distinto la Spagna, non facendole : certo confondere tali doti con i loro eccessi che, anziché alla libertà dei sensi, condurrebbero all’atrofizzazionc della spiritualità.
Pensieri inediti di Lamennais. — J. Des Cogncts pubblica nel Correspondan! del 25 dicembre alcuni brani di un documento inedito su Lamennais, stralciandoli da un libro di memorie di J. M. Dargaud, autore della Storia della libertà religiosa, il quale ebbe una certa notorietà intorno al 1859, fu amico di poeti e filosofi, fanatico deista. nemico dichiarato della Chiesa di Roma.c apostolo convinto della separazione della Chiesa dallo Stato. Il Des Cogncts ritiene sia bene mettere in luce alcuni dei passi che si riferiscono a Lamennais, nell'interesse degli studiosi dell'opera di costui. Noi ne scegliamo alcuni punti c li traduciamo per i nostri lettori.
Prima di a disertare », come dice roditore, il 2 luglio 1853 egli scriveva:
« Il pensiero ed 'il sentimento dell'uomo anno bisogno d'un elemento infinito che corrisponde al suo infinito bisogno di conoscere e d'amare qualche cosa al di là della sua scienza e al di sopra di essa, necessariamente sempre limitata: così come ? necessario che i suoi doveri abbiano una base fissa e divina. Io non vedo tutto ciò che nel cattolicismo. Credo quindi che esso vivrà, sebbene pensi pure che per riacquistare il suo ascendente sull'uomo e sulla verità, debba liberarsi dai diversi elementi estranei alla sua vera natura che la debolezza degli uomini e le loro passioni vi ànno abusivamente introdotto ».
« Dieci anni doj>o questa data solenne ' [il suo distacco da R.] domandai al signor di Lamennais se il momento in cui egli si era sentito più prete non fosse stato proprio quello in cui aveva cessato di esserlo. < Non dubitatene, mi rispose. Veri preti sono da per tutto e sempre i‘ grandi spiriti nel loro periodo d'ispirazione » Era questa la sua dottrina definitiva su! sacerdozio: me lo dichiarò più d’una volta ».
E poiché ora si parla del matrimonio dei preti, diremo che il Lamennais ne era contrarissimo. « Egli non concepiva — dice il Dargaud —il prete che fuori del matrimonio. Voleva il prete vergine come
5. Giovanni, non accorgendosi che togliendogli la famiglia, l'armava contro la ragione umana. Del resto credea che ogni inconveniente sarebbe cessalo in un prossimo ordinamento sociale, in cui i preti sarebbero stali chiamali da Dio stesso. Là —diceva — insegneranno; costituiranno un sacerdozio fin che avranno il fuoco divino dell'ispirazione. Quando lo perderanno, cesseranno d'essere preti per ritornare cittadini. Era l'utopia favorita dal signor de La Mennais ■
Interessante questo pensiero: « Si dichiarò con amarezza contro gl'intrighi clericali, con disprezzo pel buon senso poltrone c temporeggiatore della Corte di Roma. « E un governo di vecchi », gli dissi. « Sì, esclamò, ed ecco perchó è così perversamente egoista ».
Lamennais era molto preoccupato della Suestione di armonizzare la prescienza ¡vina con la libertà umana, a Se Dio conosce anticipatamente il delinquente, perchè lo fa nascere e lo condanna a supplizi eterni? Non ò scacciato -tutte le ombre di questo orribile abisso. Forse ci giungerò: già non credo più (1846) all'eternità delle pene. Non credo neppure al fatalismo di Lutero che, per non essere in contraddizione col suo pensiero, affermava che Giuda doveva tradire necessariamente Cristo.
« Dargaud: Lutero à ruggito invano contro Erasmo; non à rifiutato quest’ar-S¡omento del filosofo: Se l'uomo non è ibero, che significa precetto o ricompensa? Perchè questo richiamo: convertitevi ? Lamennais: Mi faccio un piacere di raccogliere tutti i fili di questo problema: ne accumulo pure le difficoltà come un tesoro. Faccio di tutto per non trascurare nulla, per risolvere tutto ».
Il "cristianesimo di Montaigne. — Che vi sia ancora qualcosa di nuovo da dire su lo scrittore passato alla posterità cou la fama di uomo cui il dubbio «è dolce origliere » lo dimostra un articolo di Pierre Gauthier (Revue des Jcunes, io dicembre) che porta questo titolo. Con ampia documentazione esso ci svela in Montaigne un senso del cristianesimo, ed in ispecie della grazia, tale da fare cadere tutte le accuse di epicureo scettico e di anticristiano mossegli da Pascal, da’ Saint Ben ve, per non parlare che dei maggiori. Il Gauthier ci fa seguire lo sviluppo della fede cristiana in Montaigne ed il modo in cui egli vi conformò la propria vita Questa fede lo avrebbe tenuto lontano
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dalla Riforma c lo avrebbe mantenuto calmo e sereno nei tempi difficili ch’egli attraversò.
«Così—-dice egli— per la grazia di Dio mi sono conservato intero, senza agitazione nè turbamenti di coscienza, nelle antiche credenze della nostra santa religione attraverso tante sètte e divisioni prodotte dal nostro suolo 0.
Concludendo, la vita, il pensiero c la morte di M. smentiscono il suo scetticismo nel senso almeno volgare in cui è stato sinora preso.
La religione di Verlaine. - I! recente venticinquesimo anniversario della morte di P. Verlaine à dato, come di consueto, l’origine ad una serie di articoli, da alcuni dei quali noi riteniamo sia il caso stralciare la parte che riguarda il pensiero c il sentimento religioso del poeta. Per G. Kahn che ne à parlato nel Mercure de F rance del 1*» gennaio il suo senso religioso è fatto della sensibilità sua straordinaria: giunto alia fede attraverso la sofferenza ed il rimorso à avuto il desiderio commosso e la speranza di trovarsi una guida. Riconoscendo come Baudelaire l'immanenza della perversità, à richiesto alla fede una regola per sottrarsi al dominio dei sensi e. innamorato della semplicità, à creduto di trovarla nell’umiliazione, nell’abbassamento del proprio genio dinanzi a Dio, nella volontà di essere puro. Indubbiamente gli ortodossi ànno trovato come per Baudelaire che ciò non bastava, che il suo era un misticismo materialista che divinizzava la creatura. Non si può negare in ogni modo che per umano che sia il brivido religioso che attraversa la sua Sagessc, vi è troppa liricità in esso per non ascoltarlo. Talvolta’ egli assomiglia a S. Francesco d'Assisi, sebbene la sua sensibilità sia tale che si può dubitare che sia essa e non il suo sentimento religioso che gli abbia strappato gli accenti più commossi con cui esprime il divino che ’ è in lui. Essi valgono ciononostante ben più che lo stoicismo pessimista di de Lisle, lo scetticismo di Banville. l’accettazione stoica del dolore di Leone Dicrx o il rifiuto di Mallarmé ad ammettere nel dominio lirico le meditazioni religiose. Verlaine aveva il diritto di ricorrere a questa forma di espressione poiché la fede à dato a lui il modo di scrivere versi tanto bèlli quanto quelli nei quali à espresso la sua inquietudine passionale.
Il carattere religioso della lirica di Baudelaire. — Inselvandoci di parlare dell’opera che G. De Rcynold à dedicato a C. Baudelaire non possiamo non accennarvi per quel che riguarda lo spirito religioso del grande poeta secondo quanto ne dice R. de Weck sul Mercure de France del gennaio. L’A. cioè non à voluto fare l’apologià del poeta da lui studiato, ma à dovuto sottolineare in ogni modo 1! carattere religioso della lirica baudclai-riana. Già il Lanson aveva notato nei poeta dei Fiori del Male t il cristianesimo angoscioso del xv secolo • che dava tanto senso tragico alle sue lotte intcriori. Il de Reynold quindi segue quest’indirizzo per giungere alla conclusione testé indicata. Non sappiamo se affermi il catto-licismo del Baudelaire che a noi pare invece insostenibile.
Su Ippolito Taine e anzi sulla sua giovinezza, esaminata come introduzione alla sua opera scientifica, à dedicato G. Brunet sul Mercure . de France del 15 gennaio un interessante studio che mette in rilievo la sua naturale tendenza al razionalismo c la sua poca propensione ad essere uno spirito veramente scientifico, cioè critico. Il T. à bisogno di verità, di costruzione, di ragionamento solidamente posato su una teoria accettata; non vuole dubitare; non si impone*'assolutamente il problema principe di ogni scienza, quello della conoscenza. Egli à delle qualità artistiche, ma non è un puro artista; è più un intellettuale positivo che un « seminatore di dubbi »; à le visuali larghe, ma raccoglie troppo i fatti particolari e minuti per provarle; per concludere è più uno spirito con tendenze oratorie, che altro. Pare sia vero di lui quel ch’egli diceva di Tito Livio: in scienti» orator. [Chi ben rifletta vedrà esser questa una prova di più della teoria già da noi qui annunciata e ormai professata dai maggiori studiosi: essere l’elemento irrazionale degl’individui e dei popoli l’unico elemento che ne spiega le teorie ed i sistemi filosofici e che determina le loro azioni. Le idee, in altre parole, non ànno valore per se stesse.' ma acquistano il valore che imprime loro eh: le professa].
Wal eternar Bonsels nato nello Slcswig Holstein da una famiglia d’origine francese. imparentata con famiglie nordiche, è l’autore di tutta una serie di opere im-
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portanti in nessuna delle quali è omesso lo studio della figura del Cristo che a lui appare sotto una luce nuova. Egli non scopre Dio nella natura, come i romantici, ma bensì nella propria coscienza. Egli • vive » in se stesso:' Cristo è il suo io, il suo fratello dell'umanità. Non lo considera con gli occhi della Chiesa sulla Croce, o sulla Passione, ma lo vede dispensare senza uosa l’amore come Essere divino che trionfa delle proprie sofferenze, certo di potersi salvare c di mostrare al mondo la via della salvezza e della rinnovazione.
Ciò che Waldemar Bonsels vede nel Cristo fa parte della sua natura intima: la volontà di rialzarsi e di salire verso Dio. Il mondo non à altio senso che l’amore, amore che per spirito di sacrificio non cerca di resistere al male, nè di fuggire dal mondo, ma che vi rimane c lo conquido con la sofferenza e, salvandolo, salva se stesso.
In Indienfahrt il Bonsels dice del Cristianesimo: << Questat dottrina ancora agli inizi comincia appena a diffondersi. Allorché il tempo che separa la morte di ('risto dai giorni nostri sarà trascorso tre volte, lo spirito di Cristo avrà abbandonato il manto della Chiesa pei divenir sostanza delle anime *
Anche altri suoi lavori sono interessanti per le concezioni cristiane da lui sostenute. Spiritualista per natura ed anche per reazione al materialismo imperante, il Bonsels sembla aver cercato in una nuova interpretazione della personalità <lel Cristo, una spiegazione della vita e quasi una giustificazione metafìsica del dolore. (Dalla Revue mondiale del 15 gennaio secondo M. Freimut no La Revue Rhénane}.
Su « le moi est haïssable di Pascal pubblica !.. Làrozc una breve nota nella Revue mondiale del i° febbraio facendo notare, sulla scorta di passi dei - Pensieri •>, come l’aforisma non debba intendersi nel senso della risurrezione dell’egotismo, ma nel senso della necessità di sacrificare ed abbattere il lato umano, terreno, materiale della nostra natura e di elevare il lato divino, spirituale, supremo del nostro io. Bisogna in altre parole odiare se stessi e«ì amare Dio: opporre all’origine di ogni forma di concnspisccnza terrena l’amore puro e santo di Dio. Come tale la massima domina tutta l’opera e. tutta
la vita di Pascal ed è. assolutamente contraria a! significato corrente che le si suole attribuire.
Un'opera attribuita a Pascal. (Polla più compiuta conoscenza di Pascal non sarebbe male poter esser sicuri se appartenga a lui realmente quel « Dis-cours sur Ics passions de l'amour >• che recentemente la critica à ripreso in esani«', dividendosi in due schiere opposte c contrarie. 11 lavoro è naturalmente dal punto di vista fondamentale ben lontano dai riprodurci i! Pascal che .conosciamo dai Pensieri. Sappiamo però che dal 1640 al 1654 il P. ebbe un periodo di vita mondana e di dive: rimonti, pur senza infangarsi nel vizio e nelle sregolatezze. Ora il Discorso pone l’amore e l'ambizione come le sole colonne miliari che debbono aprire c chiudere la vita umana, degna veramente di questo nome: identifica l’amore con la ragione e stabilisce che quella ‘passione- è l'unica vera »attività.» dello spirito più eccelso, che voglia elevarsi dalla meccanicità degli uòmini mediocri.
fi Lanson {The Prendi Quarterly) à concluso, esaminando le analogie tra il discorso e i Pensieri, che esso è assoluta-mente di Pascal, facendosi poi forte di un argomento che dovrebbe essere capitale: il discorso riproduce tratti dei pensieri manoscritti, che furono corretti e modificati nell’edizione fattane a Port-Royal. Dunque nessuno che non sia il loro A. può aver fatto questo. Lo Strowski invece (Correspondant) negava questa conclusione imputandola a leggerezza di esame ed a superficialità di comparazione, ammettendo invece che qualcuno del’circolo di Pascal abbia potuto comporlo seguendone o trascrivendone addirittura le asserzioni verbali. H. Petitot nella Rcvue des Jcunes (io gennaio) riprende in esame la questione sulle scorte di considerazioni stilistiche e sostanziali e conclude per l’accettazione all’incirca della tradizione: il discorso fu composto tra il 1651 ed il T65.J per il Salone di M.me de Sablé (il più celebre dopo quello della Ramboùillet) da Pascal: ma in qual misura egli vi partecipò, chi ne sia il redattore o la redattrice, è cosa ancor da studiare, confrontando i manoscritti delle opere della De Sablé con quelli di Pascal e di altri.
Anche presso di noi si è occupato della
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cosa F. Neri (Un ritrailo immaginario di Pascal, Torino. 1921) e di esso riferisce A. Faggi nel_ Marzocco del 16 gennaio. Secondo il Neri l’A. dell’opera è- uno « spirito che conosce le passioni <. maestro del La Rochefoucauld. l’ambizione e l’amore; conosce la dottrina cartesiana delle passioni, la storce per mondana malizia fino ad attribuire alla ragione, nella sua integrità luminosa, tutto il corso della passione d'amore, e v’introduce un accenno a\V Occasionalismo del Malebranche dicendo le passioni occasionale dal corpo; conosce le sottigliezze del Preziosismo : uno spirito che sopratutto conosce ! Pensieri del Pascal, li adatta argutamente alla conversazione delle dame, e con tono di filosofia settecentesca, aggioga lo spirito di geometria e lo spirito di finezza, per farli figurare in un salone a vantaggio àcWéloquence dedeuxpersonnes. Oltre il Pascal, da cui prende le mosse, il Descartes e il La Rochefoucauld, il Discorso rivela forse anche la conoscenza d’un altro fra i moralisti più noti del tempo, il La Bruyère; quanto alla sua composizione il Neri la colloca a una discreta
distanza dalla morte del Pascal avvenuta nel 1662; non prima della fine del secolo.
• •Tutto ciò va bene — conclude però il Faggi — o potrebbe almeno andar bene. Ma c’è un punto su cui forse il Neri non insiste abbastanza, c su cui hanno invece insistito con unanimità gli scrittori francesi. Malgrado il sapore di sofisma e la tinta di speciosità che noi abbiamo messo in evidenza, il Discorso è bello, è degno di Pascal, e quel sapore e quella tinta ne acuiscono il fascino. Immaginiamoci un Pascal pervertito: egli non avrebbe forse potuto scrivere - in manici a diversa. Nel Discorso c’è tutto il. fare di Pascal; si sente il Pascal quasi a ogni linea .
- Ed egli ne cita dei brani che ricordano i Pensieri per concludere che, dopo ciò.
vien voglia di conchiudere col Sully Prudhoinme: « Anche se si dovesse contestare a Pascal il Discorso, ci potremmo consolare del nostro errore col profìcuo commercio che avremmo avuto cor un pensatore che sarebbe il Sosia di Pascal, con uno spirito cioè gemello del suo c ci «•assegneremmo ad essere mistificati da un suo uguale •.
RIVISTE INGLESI
Chiesa e religione in Germania. (Har-word Thcological Rccicw, gennaio 1921). il dott. Richard Lempp nella prima parte di questo articolo descrive la situazione attuale delle Chiese in Germania, quale si è venuta formando, specialmente in seguito al distacco operato dalla Rivoluzione, fra Chiesa e Stato.
Nonostante gli sforzi dei loro .nemici le Chiese protestanti hanno potuto ottenere, mediante un risveglio di tutte le loro forze, che lo Stato non assumesse una condotta loro ostile, o le riguardasse come private associazioni, ma che esso rimanesse neutrale, pur considerandole come enti nazionali.
Un fatto importante operato dal distacco fra Chiesa c Stato è dato dalla nuova costituzione, maggiormente democratica, delle Chiese, le quali ànno basato la loro autorità sui Sinodi, eletti dalla popolazione e composti per un terzo da ministri c per due terzi da laici. Altro
fenomeno importante è la tendenza verso la centralizzazione di cui fa fede il Congresso (Kirchentag) tenutosi per la prima volta a Dresda nel settembre 1919, nel quale si «.¡unirono i delegati delle Chiese e delle Associazioni protestanti. D’ora in avanti questo Congresso diverrà una tegolaie istituzione che si riunirà, se possibile, ogni anno, non per creare una soia Chiesa, ma per costituire una lega di tutte le varie' Chiese protestanti tedesche che però rimarranno sempre indipendenti l’una dall'altra.
In conclusione, l’autore afferma che da questo fatto importantissimo della separazione delle Chiese dallo Stato si sono avvantaggiati specialmente i Cattolici, che nulla ànno da perdere della loro coesione possedendo già un potere centrale, mentre hanno guadagnato maggior libertà di associazione. Infatti ormai a Berlino esiste un Nunzio Papale e il partito cattolico ha assunto una grande
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importanza. Ciononostante in questo momento Cattolici c Protestanti sono uniti »ella lotta contro la politica deH’ateismo e la propaganda rivoluzionaria, ma, dice l’autore, <> a temere che di fronte al crescente affermarsi del Cattolicismo questa pace possa essere turbata: non può però affermarsi che in una eventuale lotta i Intestanti, disuniti di fronte ai Cattolici, riescirebbero vincitori.
Nella seconda parte del medesimo articolo l'autore esamina le . disposizioni Sirituali di coloro che sono fuori delle liese protestanti.
Le masse popolari sono per la maggior parte organizzate nelle file del socialismo. Particolarmente i socialisti radicali sono ostili alle Chiese. In complesso si può notare la stessa tendenza che si nota in quasi tutti i paesi che sono usciti dalla guerra; Le masse disertano le Chiese c rivelano una tendenza verso i godimenti. Anche le Chiese germaniche sono preoccupate del pericolo del bolscevismo e ormai non si possono concepire che due vie di soluzione della presente crisi religiosa: o sì riuscirà a risvegliare nella nazione lo spirito cristiano, ritraendo le masse dalle loro illusioni materialistiche o la Germania finirà nello stesso modo in cui è finita la Russia. Come si vede la situazione non è molto differente dalla nostra!
Nei riguardi della cultura c delle classi più elevate la situazione è un po’ migliore. Anche la Germania sta passando dalla filosofia materialistica ad un nuovo idealismo, anche in Gei mania molti si volgono verso le Chiese come l’unica ancora di salvezza contro il bolscevismo. Tuttavia anche nelle classi più elevate s! nota una tendenza verso il godimento e dove questo fenomeno non avviene — cioè prevalentemente fra i giovani — questi sono molto lontani dalla religione: alcuni si volgono il misticismo, altri alla teosofia, * rappresentata specialmente dal movimento del dott. Steiner [v. sopra p. 71).
L’articolo termina con l’augurio che possa sorgere un profeta, un genio creatore, capace di bandire con parole nuove il vecchio vangelo. Solo egli potrà salvare la causa della religione’
Il culto dell'imperatore nel Giappone. — {Jntcrnational Review of Missione, n. 35). A. Pieters fa rilevare in un articolo come la guerra nisso-giappónese ha segnato
una rinascita dello shintoismo e nota come particolarmente interessanti a questo riguardo due libri, l’uno apparso nel 1912 (Basii Hall Chambcrlain, La scoperta di una nuova religione) e l’altro nel 1919 (dott. Gcnchi Rato, La nostra vita nazionale c lo « Shinto »).
L’autore si sofferma a esaminare parti tamente quest’ultimo libro le cui teorie, a suo giudizio, rappresentano il primo tentativo di ristabilire lo « Slùnto >in termini moderni e di collegarlo alle altre branche del sapere umano.
In sostanza il dott. Kato sostiene che il principio fondamentale sul quale è basata la vita nazionale giapponese è la fede nella divinità dell’imperatore, che è il principio base della lealtà c della pietà filiale che con la fede religiosa di cui l’imperatore è l’oggetto, non sono destinate a cadere dinnanzi alle altre religioni perché ricche di contenuto morale e possono assoggettare le altre religioni ad un processo di assimilazione per il quale esse divengono sottoposte alla fede nella divinità dell’imperatore e servono a fortificarla, anziché a scuoterla.
Infine egli si augura che, se i Cristiani, attraverso lo spirito della presente età* vorranno studiare lo spirito che à animato il Giappone nel passato ed arrivare a comprenderlo perfettamente, possa venire un giorno in cui, animati da uno spirito di religiosa fratellanza. Cristiani e Giapponesi si stringano cordialmente la mano, senza parlare di Buddismo o di Cristianesimo o anche dello « Shinto ».
Ciò sembra possibile, secondo l’articolista, solo se alla parola « kami » (parola controversa che indica l’oggetto divinizzato) non si dia il significato che presso di noi à la divinità, non essendo possibile un plurale di questa parola, cerne avviene nel Giappone.
Ora in effetto nel Giappone l’Imperatore pur non essendo il solo « Kami », ha tutti i caratteri della divinità, e i precetti da lui emanati non possono discutersi.
Del resto i giapponesi seguaci dell'indirizzo del Dr. Kato amano far osservare che lo «Shinto »ha trionfato sopra il Confucianesimo e il Buddismo, sottoponendoli ad un processo di giapponizzazione. dimenticando che ciò non è possibile per una religione strettamente monoteistica come il Cristianesimo che non può ammettere nel suo seno nuove divinità.
Dopo aver citato alcuni passi di rivisto
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giapponesi, che dimostrano chiaramente a quali estremi di assoluta intransigenza possa giungere il Sintoismo. che è anche profondamente radicato nelle classi più basse, l'autore conclude che questa idea, dopo aver lungamente dormito nella coscienza della nazione, è risorta di nuovo fortemente c, formulata in termini moderni ed appoggiata da Governi, può opporre una seria resistenza, senza contare che, a meno che «on si faccia sentire l’influenza del mondo occidentale ed il progresso della democrazia, i principi formulati dal Dr. Rato contengono i germi del più cicco fanatismo.
Uno scettico cristiano, secondo Margaret Leigh (Hibbert Journal del gennaio 1921) sarebbe Amobio. Essa dopo aver svolto alcune analogie fra le due concezioni di Arnobio c di Pascal, quale sono esposte rispettivamente nei sette libri « Advcrsus Nationes ® (iv sec.) e nei Pensieri, accenna alla possibilità caH’opportu, nità di svolgere un'apologià del Cristianesimo basata sullo scetticismo proprio di questi due filosofi.
Poiché molti non sono più soddisfatti delle spiegazioni date dell’universo dai neo-hegheliani e dai liberi pensatori, una teoria basata sullo scetticismo fondamentale dei. due filosofi di cui si occupa, o magari sul pessimismo, potrebbe forse essere molto efficace a sciogliere molte obbiezioni contro il Cristianesimo. Infatti proclamando la propria impossibilità a conoscere certi problemi è più facile poterseli spiegare con la Fede che cercare di conciliare questa con la ragione.
(È quello che sostengono i pensatori più vivaci di oggi: sull’argomento speriamo d poter ritornare ampiamente. <V. d. DJ.
I miracoli di Sadhu Sundar Singb. — Di questo indiano convertitosi al Cristianesimo dopo una fiera opposizione, all’età di 16 anni, si occupa C. w. Emmet nello Hibbert Journal del gennaio 1921.
Quest'uomo ha acquistato una grande notorietà per i fatti soprannaturali occorsigli durante le sue lunghe peregrinazioni. L’A., che ammette completamente la sua buona fede, ne cita qualcheduno ed afferma che in questo fenomeno abbiamo un aiuto validissimo per studiare gli effetti che desta sull’anima popolare una forte personalità che ne incateni l’attenzione.
Tuttavia egli ammette che quest’uomo abbia spesso operate delle cose importanti:
se anche esse si possono spiegare con i risultati degli studi della moderna psicologia, non vi è nessuna difficoltà ad ammettere come vera l’affermazione di questo individuo, che è stato Dio a guidarlo ed à salvarlo miracolosamente in più di una occasione. Dio non avrebbe potuto, infatti, anziché operare con una forza esterna c soprannaturale aver usato della sua potenza nel cuore del Sadhu o degli altri uomini che hanno avuto relazione con lui?
Il poeto della donna nella chiesa. — Nella rivista americana The Biblical World, Roberto Léonard Tucker sostiene in un suo articolo un’assoluta parità di trattamento per le donne.
Dopo essersi indugiato ad esaminare i rapporti del Cristianesimo con esse, nella Chiesa antica, nella medioevalc, nella Riforma e nel secolo scorso; egli passa ad illustrare l’atteggiamento della Chiesa Metodista, che può servire ad illustrare quello della maggior parte delle altre Chiese protestanti nei riguardi delle donne con funzioni religiose (diaconesse) Afferma che l’atteggiamento della Chiesa Metodista a questo.riguardo non modifica in nulla l'antica legge e la linea di condotta sempre seguita nei riguardi della donna.
Termina affermando la necessità della cooperazione religiosa della donna nell’opera di ricostruzione della società scossa dalla guerra, poiché essa potrà esercitare una funzione molto benefica, anzi egli crede che l’avvenire della Chiesa sarà conforme al trattamento che essa riserverà alla donna.
— Sullo stesso argomento v. anche The Princeton Theological Review, genn. 1921 (Sani. T. I.ovrie) e sopra p. 137.
Misticismo. — Nello stesso numero della detta rivista il Rev. Willam Philip. Downes, trattando del Misticismo che accenna ormai ad affermarsi, ne traccia i caratteri, che lo distinguono.
Secondo il Downes il misticismo tende a raggiungere l’unione con Dio attraverso il bisogno della Divinità sentito profondamente dal mistico (così che tale si può chiamare chi sente profondamente questo bisogno) ed attraverso la contemplazione la quale, secondo i mistici, implica una facoltà ancora misteriosa e poco conosciuta.
Di qui il grande valore che i mistici danno all’intuizione, quantunque vi siano alcuni poco propensi a darle l’importanza
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che le dà Bergson, poiché; essi dicono, se noi crediamo in Dio e lo sentiamo, ciò avviene con tutta la nostra personalità c non soltanto con {’intuizione.
Come si èdetto sopra l'autore vede in questo momento una rinascita del misticismo, come reazione alla tendenza soverchiamente dottrinaria che ha dominato finora nella Chiesa ed al materialismo. Questo fenomeno gli fa credere, che se anche nell’avvenire la Chiesa potrà forse diminuire di numero, avrà però una più intensa vita spirituale.
- Sullo stesso argomento vedi anche in Revue de Thiol, et de philos. (nov.-dicem. 1920) un articolo di E. Lombard a proposito di un’opera di F. Morel uscita nei 1918 su\V introversion mystique.
La filosofia della storia di B. Croce.
{Hibbert Journal, gennaio 1921). Il Collingwood, analizzando il 40 volume della Filosojia dello Spirilo di B. Croce, ci presenta un Croce incerto fra due indirizzi sostanzialmente diversi: l’uno, discendente da una concezione astratta dello Spirito e dei suoi varii momenti, e quindi ancora impregnato di naturalismo, che lo porta ad intendere la filosofìa come uno speciale momento dell'attività storica c storiografica, che deve integrarsi, in questa seconda, con la filologia, conoscenza concreta dei fatti, e dirigerla: l’altro, più affine al-idealismo attuale di G. Gentile, per il quale filosofia e storia coincidono totalmente riassorbendo la filologia ed ogni astratta considerazione di momenti dello spirito c della storia, distinti c separati.
Il Collingwood nota che il Croce attcsta nella sua più recente attività un più vivo interesse per i problemi c per le ricerche storiche, ed interpreta questa evoluzione come un avvicinarsi di lui ad una più coerente visione idealistica della storia medesima.
Religione e idealismo nel pensiero di Giovanni Gentile. — (Hxbberl Journal, gennaio 1921). Romolo Murri, dopo una rapida sintesi, per il lettore inglese, dello svolgimento del pensiero religioso in Italia negli ultimi decenni, fa una chiara c diffusa esposizione de! posto che nell'idealismo attuale di G. Gentile occupa la religione, sulla traccia specialmente dei tre discorsi che su questo argomento ha pubblicato l’editore Vallecchi di Firenze. L'on. Murri. che ci ha già dato dei saggi di una interpretazione idealistica del cristianesimo, segnala nel pensiero di G. Gentile taluni punti, che attendono una ulteriore spiegazione: e in particolare il problema della personalità e il valore etico dell’autocoscienza, come rivelazione attuosa dell'assoluto bene.
Sulle tombe di Pietro e Paolo ad catacumbas., i lettori che vogliono avere una informazione completa, tanto dal punto di vista dello scavo quanto da quello storico e quindi pur bibliografico potranno trovarla in un ampio resoconto che delle scoperte e degli studi relativi à fatto G. da Piana nella Harvard Thcoloqical Review del gennaio 1921.
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EPISTOLARIO PAOLINO
Come tutti sanno, si chiamano Pastorali le due lettere a Timoteo e quella a Tito, che si leggono nell'epistolario tradizionalmente attribuito a San Paolo. Tale denominazione deriva da ciò, che in esse precipuamente si parla delle cure proprie a chi è preposto a una comunità cristiana. Oggi comunemente dai critici si nega l’autenticità delle Pastorali: si vuole che siano state scritte circa l’inizio del secolo n da un ignoto seguace della scuola dell’Apostolo; e si chiamano «deu-teropaoline », come a dire che sono modellate sulle epistole di lui e impregnate della sua dottrina, fecondata però da nuovi germi di pensiero teologico e di vita cristiana. Però vi sono esegeti che ancora difendono l’autenticità delle Pastorali; come per esempio lo studioso inglese R. Parry nel suo pregevole commento (The Posterai Epistles. Cambridge, University Press, 1920; pp. CLXvn-104: prezzo 20 s.). Egli, nella diffusa introduzione, vuole mostrare come assai vcrisimile la sentenza della tradizione, che vede in queste tre lettere le ultime sollecitudini apostoliche di Paolo, liberato dalla prigionia romana. Descrive le supposte circostanze in cui l’Apostolo poteva trovarsi; indaga il contenuto di quegli scritti sotto l’aspetto linguistico c dottrinale, per concludere che non c’è motivo di nc-Ifarne l’origine paolina. Questo è il terzo avoro notevole apparso recentemente in Inghilterra, per difendere e interpretare le Pastorali come lettere dettate da San Paolo.
Si trovano buone osservazioni nelle • Tre letture su l’epistola agli Efesi» (Three Lectures on the Epistle te the Ephesians. Londra. Macmillan. 1920; pp. 84; prezzo 3 s. 6 d.) di H. Goudgc. Anziché indagare nella epistola la mente di San Paolo, egli cerca d’interpretare quella Sor via di questa; sapendola o supponen-ola plasmata con le idee religiose e morali del Giudaismo. Non fa buon viso alla scuola che assume quasi per criterio fondamentale dell’esegesi paolina il contatto spirituale dell’Apostolo con la coltura ellenistica e con l’imperialismo di Roma. Noi pure crediamo che l’anzidctta scuola esageri l’influsso del mondo pagano su la mente di san Paolo; c segnatamente quello della dominazione politica romana su le speranze e le circostanze del suo apostolato fra i gentili, il prof. Ramsay — egli osserva — non ci venga a dire che San Paolo profondamente impressionato dalla visione dell’impero romano concepiva la speranza di vederlo diventare cristiano, conservando tal quale la sua organizzazione politica. Come giudeo ortodosso, l'Apostolo dovette avere una speranza imperialistica ben diversa; la speranza neh’avvento del « regno dei santi » di cui parla Daniele (VII, 18); c nelle sue missioni Paolo era guidato dallo » Spirito di Gesù 3 come si afferma negli Atti (XVI, 6), anziché dalla cognizione dell’importanza strategica dei vari centri del mondo greco-romano. Se non che, volendo quasi prendere la mentalità giudaica come norma esegetica dell’epistolariopaoli no, si corre il rischio di trovare insufficiente per la teologia cristiana il Sìnsiero di Paolo circa la divinità del
risto ed altre dottrine; e certi .passi di queste letture del G palesano l’imbarazzo.
• • •
Ch. Bruston opina che San Paolo abbia indirizzato alla chiesa di Corinto cinque lettere; due sarebbero perdute e le
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altre tre sarebbero rappresentate dalle due epistole canoniche (Les trois Epitres aux Corinthiens. Parigi, Fischbacher, 1917; pp. 32). Paolo scriveva, dice giustamente il B., con più ordine logico di quanto non ne veggano nelle sue epistole molti cementatori; però vi è talora celato o anche alterato dalla tradizione del testo canonico, com’è il caso nelle lettere ai Corinzi. Non è possibile riferire l'analisi ch'egli ne fa in questo breve ma succoso lavoro;, nè possiamo additare come criticamente accettabile senza riserva l’ipotesi delle cinque lettere paoline ai Corinzi; la quale del resto chiarisce. notevolmente alcune cose difficili.
L’A. premette a questo studio esegetico due pagine che hanno odore di polvere da cannone — ancora tuonate nel 1917. « En ce moment plus que jamais n’est-il pas aussi douloureux que révoltant de constater que, tandis qu'c l’Allemagne, dans son ensemble, est au-dessous de tout, au point de vue moral, par son orgueil, par sa rapacité, par sa férocité, par sa fourberie, par sa servilité à l’égard de scs tyrans, par son mépris du droit et de la liberté des peuples... ses critiques bibliques conservent ancore tout leur crédit?... c’est absolument scandaleux et très dangereux pour le protestantisme français! ». Noi che come - protestanti » c studiosi non abbiamo nazionalità, stentiamo ad ammettere che la Francia possa vantare il diritto d’insegnare alla Germania la morale privata e pubblica, nonché la critica biblica.
r. e p.
RIFORMA RELIGIOSA IN ITALIA
P. Chiminelli, Bibliografia della Storia della Riforma religiosa in Italia, Roma, Bilychnis, 1921, p. 301-vin. L. 5. Indubbiamente questo è un volume che riempie la non mai abbastanza lamentata «lacuna» degli studi. La riforma religiosa in Italia si può dire difatti che non sia stata nè studiata, nè avvicinata, per dir cosi,- da nessuno dei nostri studiosi. Forse v’è della prevenzione, forse anche vi è della paura: essa è una tabù che la nostra servitù di pensiero non à ancora appreso a vincere. Il fatto è che non solo, come dice il Ch., non yi è una storia del movimento religioso riformatore in Italia, ma non ci sono neppure le tracce sufficcnti ad avviarla, a iniziarla, a. perseguirla, eccezione fatta, com’è noto, per il movimento valdese.
Ora però, grazie alla fatica del Ch., un primo passo si è fatto: si sono raccolte le opere intorno a cui il futuro storico - mettiamo anche un semplice.studioso per gl’inizi dell’opera - dovrà diligentemente accumulare quei materiali di conoscenza che gli daranno il modo di rivivere e di sentire la Riforma in Italia. Esso troverà indubbiamente cose che i semplici studiosi oggi non imaginano neppure. Probabilmente dovrà risalire per i precursori più in là di quello che non risalga il Ch. : rintracciare le correnti antiscolastiche che sono state il vero semenzaio delle Riforme non solo in Italia, ma, come il Müllcr sta dimostrando, in tutta l’Europa; dovrà seguire il movimento della cultura araba in Italia e le sue affermazioni e conseguenze (Pietro d’Abano p. es.j e vedere quali importanti e, pericolose per l’ortodossia, correnti si nascondano in quella dottrina della duplice verità che fu così .tenacemente professata da maestri (Duns Scoto. Pomponazzi, ecc.) e studiare il filone dei classicismo che pervade tutta l’apparentemente tranquilla gora del Medio Evo e affiora poi col Rinascimento, quando à già reso malfido tutto il terreno della filosofìa e della religione.
Ma questo non importa al lettore, che vuol conoscere il libro del Ch. ed à ragione. Ampio, molto diviso in capitoli che racchiudono i periodi più importanti ilei movimento religioso che fa pernio nella Riforma, esso giunge fino ai nostri giorni seguendo passo per passo il protestantesimo quale fu trapiantato da noi e quale è ancora nelle sue manifestazioni librarie, giornalistiche, culturali. Divisioni della materia o per individui o per località, brevi annotazioni e indicazioni sulle opere più rare o più importanti, completano il lavoro, che contiene cosi 2543 articoli tra opere, opuscoli, riviste, giornali e studi vari citati/
Con ciò non dirò che .il lavoro sia perfetto: in lavori del genere la perfezione non esiste e l’A. è il primo a saperlo ed a dichiararlo. O accennato alla poca estensione, forse, del capitolo pei precursori; aggiungendo invece che è troppo esteso quello che vi include il movimento francescano, che è forse un movimento collaterale del movimento che sboccherà nella Riforma, ma che non mi pare risalga alla
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medesima fonte. Trovo pure che Vindice per materie è piuttosto incompleto perchè in símil genere di lavori occorre esser larghi di indicazioni c particolarità.
Ma a questi piccoli difetti il Ch. provvedrà indubbiamente in una seconda edizione checnon potrà mancare, se pur egli non la collegllerà agl'inizi dello studio sulla Riforma religiosa in Italia, che troverebbero in lui lo storico più preparato, se non sbaglio, di quanti attualmente si occupano di questi argomenti in Italia. Il Ch. paventerà dell'onere che moralmente butto sulle sue spalle: se non vuol essere lo storico sia almeno il raccoglitore dei materiali, il loro analizzatore, il loro espositore. Questo suo primo saggio, anche nel suo schematismo dà buon affidamento dell'opera sua. G. C.
ATENAGORA
Atenagora. La supplica per i Cristiani, testo critico e commento di Paolo Übaldi, Torino, Soc. edit. interna/.. 1920 p. 193. !.. io.
L’edizione di Atenagora che l’Ubaldi pubblica della sua raccolta di scrittori greci commentati è la prima edizione italiana moderna e non (• un’edizione da principianti, ma- da persone che ànno fatto tesoro dei lavori precedenti cd ànno quindi potuto presentare i frutti del lavoro proprio insieme con quelli dei predecessori. IJ testo chiaro c corretto, il commento sobrio c completo dal punto di vista dell’intelligenza storica e letteraria dello scritto, 'l’introduzione bene condotta per la bontà delle notizie fornite e per l'informazione tenuta a corrente della letteratura sull' argomento rendono il lavoro raccomandabile a quanti vorranno servirsi di questo documento prezioso quanto non eccessivamente chiaro della cosidetta apologetica cristiana.
G. Costa
SPIRITISMO
Stuart Cumberlan». Spirilualism - The inside thruth. London, 1920.
I_a chiesa non è rimasta indifferente nemmeno in Inghilterra di fronte al movimento spiritista e sin da alcuni anni, nel Congresso di New Castle - on - Tyne un congressista trattava del dovere delia chiesa di fronte allo spiritismo e all’infedeltà. Ma un serio contributo alla critica dello spiritismo, ci viene oggi da uno scrittore ben noto in Inghilterra, Stuart Cumberland, autore di libri di viaggi, di romanzi e anche d'un altro libro su lo spiritismo in cui, pur non negando l’esistenza di alcuni fatti ch'egli non è riuscito a spiegare, li sottopone a un esame'accurato. cercando sottrarli alla facile credulità. L'A. à assistito a numerosissime sedute ed è andato sino in India per studiare i cosidetti miracoli -tei fakiri. esamina testimonianze più autorevoli come quelle di W. Crooks. di Lodge, di W. Burrett, di A. C. Doyle e di altri concludendo che tutti i fatti da lui osservati non possono essere ascritti a cause di ordine soprannaturale. Il volume assai interessante a leggere è istruttivo per tutti coloro che desiderano una guida nella osservazione obiettiva dei fatti cosi detti spiritici. M. P.
MEDITAZIONI
F. G. ('osta. .Meditazioni semplici. Roma, Casa edit. • La Speranza », 1920. p. 116. (Con ritratto dell’A.) L. 2.50.
Si tratta d'una pubblicazione postuma - voluta dall'affetto de’ figli supcrtisti -di più d’una trentina di candide meditazioni religiose, in parte già pubblicate saltuariamente e in parte trovate inedite tra i manoscritti dell’A.
Queste « meditazioni semplici • difficilmente si direbbero d’un laico, del fondatore anzi dell’Associazione Generale del Commercio di Genova, ma quel laico era una rara e forte personalità cristiana. Il prefazionista del libretto, E. S. (Egisto Spini) nelle succinte < noterelle biografiche * che vi premette, dice bellamente: ■ Le Meditazioni semplici che, per Suo desiderio, si danno alle stampe, rispecchiano la Sua fede; fede pura, forte. - Il lettore si convincerà che qui, veramente, lo stile è l’uomo ! Sono Meditazioni tratte dal-l’Evangelo di Gesù, Evangelo che Egli conosceva, amava, apprezzava, seguiva e spargeva dovunque ».
Siffatto giudizio rispecchia fedelmente il contenuto del volumino nel quale, per dirla dantescamente, si avverte « un incognito indistinto » che fa ripensare, a volte, a una meditazione o a una confessione augustiniana e a volte a un candido soliloquio d’un asceta medievale attardatosi nel tumulto della presente generazione. Piero Chimtnelli
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BILYCHNIS
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DOGMATICA
Charles Gouthier. Marie et le dogme. Paris 1920.
Nei Congresso mariano tenuto a Four-nière (dal 5 all’8 settembre 1900) Charles Gouthier fece una comunicazione sul dogma dell’immacolata concezione pubblicata poi negli atti del Congresso, e che ora viene ristampata a parte in quest’opuscolo. L'A. vuol portare a conoscenza dei fedeli le basi dogmatiche della devozione a Maria c ne difende il culto.
Sfuggono però all’A. le ragioni storiche della credenza che trovano fondamento nella letteratura apocrifa, nel suolo greco e nella concezione della divinità del Cristo c sfuggono a lui le ragioni psicologiche fondate su la divinizzazione dell’ideale femminile. Questa pubblicazione scritta con intendimenti apologetici potrà servire a scopi religiosi, ma dal punto di vista scientifico non à alcun valore. Mi dispenso perciò dai rilevare lacune e inesattezze sia per quel che si riferisce alla storia del dogma sia per quanto riguarda la teologia. M. P.
STORIA DELLA MUSICA
Hans Volkmann, Emanuel D'Asterga. Erster Band: Das Lebcn des Tondi-chstcrs; Zweiter Band: Die Wcrke des Tondichters, Leipzig, 1919. Breitkopf und HàrtcL
Emanuele D’Astorga, nato a Palermo il 1681 morto a Praga nel 1736, contemporaneo quindi di Bach, di Hacndcl e di Domenico Scarlatti, dopo aver passato una vita avventurosa e percorso quasi tutta l’Europa, ha lasciato il suo nome nella storia della musica come quello di un compositore austero, elegante ed originale: di lui si posseggono, in parte stampati in parte manoscritti sparsi per le principali biblioteche d’Europa, molti lavori, fra cui gran numero di arie e cantate, un’opera pastorale Dafni, e il famoso Slabat mater per soli, coro, orchestra c organo.
Su questo musicista italiano veramente degno di nota mancava ancora uno studio completo, studio che ora a buon punto ci offre il Volkmann. Il quale con attenta cura ha raccolto tutto il materiale che ci rimane della biografìa c della produzione di Emanuele D’Astorga, componendo un profilo completo dell'uomo e dell'artista.
Lo studio è in due volumi, di cui il primo è dedicato alla vita, il secondo alle opere. E, mentre la prima viene messa in luce in tutte le sue particolarità bizzarre e avventurose, le opere vengono compiuta-mente illustrate anche con larga documentazione di esempi musicali.
Un lavoro insomma che viene ad arricchire gli scarsi studi storici ed estetici sui musicisti italiani finora sacrificati e dimenticati di fronte alla grandissima cura che si è posta per mettere in luce e esaltare gli autori d’oltralpe. Che gli studiosi tedeschi comincino a volgere seriamente la loro attenzione anche ai musicisti nostri è fatto degno di essere registrato con compiacimento.,
Domenico Alaleona.
NOVECENTISMO
Poeti d'oggi, antologia compilata da- G. Papini e P. Pancrazi. Vallecchi editore, Firenze.
Che nella compilazione di questa antologia ci siano manchevolezze, preferenze arbitrarie, promiscuità di nomi sgangherata-mente ineguali, proiezione assoluta de' propri gusti — per quasi tutti gli ammessi è stato necessario il lascia passare de La Voce —; assenza di proporzioni (ad es. la Sarte minima riservata al Boine, di cui l Peccate è trascurato affatto; ma... Boine è morto...), tutto ciò è stato più o meno rilevato, ed è più o meno esatto. (Si capisce poi che gli «esclusi » e i parenti c i clienti degli esclusi abbiano cercato d’aggrandire i difetti).
Ma, l’idea di presentare un saggiò, difettoso quanto si voglia, del novecentismo, di offrire al grosso pubblico delle platee uno spiraglio luminoso, per cui guardare ciò che è stata e ciò che vuol esser l’arte nuova — e eh’è nuova in quanto real-menete nostra c quanta distanza corra tra il tumultuoso rigoglio, l'originalità, non sempre, non troppo spesso di buona lega, siamo d’accordo, ma sprizzante c ferocemente intima di codesti novecentisti e il pretto e commercialesco scribacchiare dei re e delle regine delle bancherelle, delizia appassionata del vulgo Otturato, — codesta idea, anche se presa in prestito al Van Bever c al Leautand, che primi han disegnato (per la Francia) una raccolta de) genere, non cessa di essere encomiabile e praticamente utilissima.
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RECENSIONI
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La letteratura dei novecentisti, infatti, spaghettata in innumeri riviste e rivistic-cole e in volumetti di non facile accaparramento, sfugge in gran parte al lettore anche volenteroso.
Zavorra ce n’è quanta si vuole; ma, chi può negare che al di sopra delle scapigliature, delle arditezze, non di rado sforzate o sconclusionate, delle leggerezze, delle sciocchezze, anche, c’è in codesti scrittori un più profondo senso di umanità, una Spietata volontà di auto-indagine, un senso più intimo della natura, còlta nella sua espressione spirituale che non nei puri « letterati » offertici a modello nelle scuole?
E poi, signori miei, si mangia del pane che ciascun anno madre natura ci dona: ■—è inutile > fare • i parnassiani o i romantici o i classicisti: ciascun secolo ha la sua arte, come ciascun uomo ha il suo stile. Futurismo? e lasciamo campare... Ripetere'. questo in arte è il vero peccato mortale.
E d'altra parte la scelta fatta dai compilatori è tale da eliminare in genere le Cose più stravaganti o leggere; così che pur potendosi guardare l’ampia prospettiva della produzione degli ultimi vent’anni in tutti i suoi scorci, se ne coglie tuttavia il lato più significativo.
Lasciamo dunque stare i difetti, e condoniamo anche le esclusioni (le quali, tuttavia, colla loro stessa acre intransigenza possono obbligare a spingere altrove gli occhi a tanti • devoti »), visto che gli autori con una buona grazia ammirevole (ma quanto è migliore della sua fama quel Pa-pini!) ci promettono di rimediare in una prossima ristampa. Che si vuole di più, anche dai bocciali.'
C’è un’altra sessione...
V. Cento.
passionato ed una convinzione profonda appoggiati su una profonda conoscenza del soggetto e sorretti da una dialettica vivace che sino ad un certo punto giustifica l’epiteto di pamphlet dato al volume. Su molti punti di esso però, pur simpatizzando con FA.» nessuno potrà consentire : non possiamo per esempio respingere in blocco, corno egli fa, tutta la produzione romantica c considerare questo fatto storico come una malattia dell’anima o come una < disorganizzazione entusiasta della natura umana • Posto, anche che il *' romanticismo sia uua malattia, sarebbe interessante studiare sino a qual punto ne abbiano sofferta i classici più puri c se la sorgente del male non risalga molto più in là di J. J. Rousseau. Per noi l'albero del romanticismo à delle radici molto più profonde - anche i salmi ed il libro di Giobbe sono romantici ! - e se tra il 1750 c il 1860 si produsse una sì rigogliosa fioritura è semplicemente perchè il romanticismo era allora l'unica manifestazione letteraria adatta a quel momento storico tuttavia dei fiori più o meno isolati eran già sbocciati nell'antico albero, che ne produce tutt’ora e ne produrrà « finché il mondo duri ».
Il volume ad ogni modo merita di esser letto ** studiato anche per la notevole messe di dati e opinioni che offre.
G. G. C.
F. KejnwaECUBTER, Dì' Unlcrgang dcr ocsltrrei-chisch-angarischen Monarchici Leipzig, Kocl«-r, , 1920 p. VI-33X.
Questo libro interessantissimo esce talmente della competenza di questa rivista che non ci è possibile darne se non un annuncio. Diremo quindi che esso contiene un’analisi particolareggiata ed acuta, materiata di dati di fatto e di osservazioni dirette, delle condizioni della monarchia austro-ungarica e dei suoi vari popoli alla vigilia della dissoluzione dell'impero, e questa analisi, latta.da un punto di vista liberale, mette assai bene in luce le cause della dissoluzione medesima.
L. S.
VARIA
P. 1-A SSERRE, /-* Romantisme frantali. Paris, I.ib.
Garnier frères, «920, p. XXXV-547.
Pubblicato per la prima volta nel 1907 questo libro - tesi di laurea dell’autore - non ebbe il plauso •Iella Sorbonne ed attirò a lui critiche più o meno acerbe.. Non ne siamo stupiti.
¡1 Lasserre, che definisce il Romanticismo • une révolution dans l’économie de la nature humaine civilisée », sostiene la sua tesi con uno slancio ap-
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La Coltura popolare del novembre 1920 pubblica in riproduzione autografica questi sette versi del prof. Roberto Ardigò, dei cui meriti e della cui posizione nel campo del pensiero moderno dirà tra breve un nostro collaboratore. Essi portano per motto il noto verso vergiliano: Patùlae recubans sub tegmine fagi.
Silenzio caro! Tace sotto il folto
Di questo verde il sole c nel solingo lx>co la voce d'ogni uraan lamento. Solo agii ragno a me vicino intcsse Tra fronda c fronda la sua tela e dentro All’alma incuriosa il pensier vago Un sogno doler al senso e dilettoso.
Abbiamo sottilineato questo verso perchè la Coltura popolare fa seguire questi brevi versi da una tirata... un po’ pindarica, in quanto che dichiara che essi le ricordano « i pochi versi <Xe\V Infinito del Leopardi» e le discoprono «come questi, un vasto mondo interiore». Rilegga piuttosto la Coltura V Infinito del Leopardi e lo confronti col verso sottolineato e vi rifletta un po’ sopra!
Sui rapporti tra Italia e Chiesa nel dopo guerra à tenuto il 31 gennaio alla Spezia un’importante conferenza Guglielmo Quadrotta. L’oratore — secondo il resoconto che ci perviene con V Azione di Genova -à fatto la storia dei rapporti tra Chiesa c Stato dalle origini alla guerra europea, facendo rilevare come la Chiesa dai primordi democratici c liberali passasse successivamente a istituzioni aristocratiche e assolute. Segnalando il movimento di idee che condusse in Italia, come prima
nel resto dell'Europa, alia separazione tra la Chiesa e lo Stato, il Q. fece notare come durante la guerra le relazioni tra i due enti da noi fossero a ragione regolate dal principio stabilito dall'art. 15 del Trattato di Londra, che fu una necessaria cautela dello Stato, il quale voleva e doveva mettere in vista lo stato di fatto del dissidio giuridico esistente tra di esso e la S. Sede c le profonde loro divergenze ne! giudizio sulla guerra.
Il Quadrotta ritiene ormai giunto il momento storico per la definizione dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa. 11 riavvicinamento del Vaticano alla Francia ha una importanza profonda per il significato che racchiude' Quella legge di separazione che Pio X aveva dichiarato contraria alla stessa costituzione della Chiesa, viene ora accettata dal Vaticano.
Notevoli a questo proposito sono le dichiarazioni fatte alla Camera francese dall'abate I.emiro. «Se si va a Roma egli disse — tutte le nostre leggi saranno accettate. La Repubblica ha fatto dello leggi, domandiamo alla S. Sede di non opponisi più e di dare la parola d’ordine di pace religiosa a tutti i vescovi della Francia ». L'autore della legge sulla separazione, Aristide Briand, è oggi chiamato a ristabilire con Benedetto XV i rapporti spezzati con Pio X.
L’Italia che ha una legge che, pur attraverso contrasti c incidenti, è rimasta in vigore per un cinquantennio, e che fu definita un monumento di sapienza giuridica, non ha necessità di attingere nello esempio delle altre nazioni le ragioni per definire i siioi rapporti con la sede apostolica: insigni giuristi di ogni scuola e tendenza possono recare il loro contributo allo
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LETTURE ED APPUNTI
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studio del problema, li principio della separazione, accettato praticamente da! Vaticano (nel Sud America vari paesi cattolici la applicano da molti anni) facilita il compito: il riordinamento della proprietà .ecclesiastica — promesso nella legge delle guarentigie — può interessare anche le finanze dello Stato, liberandole da un aggravio. Approvate, quindi, le. leggi economiche c finanziarie, il problema dei rapporti fra lo Stato c la Chiesa può essere alfine affrontato con pratica utilità. Esso non è soltanto un problema storico e politico, ma anche morale, in quanto offre agli italiani l’occasione di approfondire le ragioni ideali nella loro vita nazionale; può essere un richiamo ad una interiorità di vita e ad un dibattito elevato di idee, ad un esame di coscienza, utile quanto non mai in questo periodo di decadenza spirituale, in cui i valori morali minacciano di essere soffocati e dimenticati.
Il Quadrotta à concluso rivolgendo un appello agli spiriti più illuminati perchè intensifichino l’opera di resistenza al male che invade tutte le manifestazioni della vita intellettuale e morale.
♦ ♦ ♦
Si è costituito in Milano (via Verdi, 13) un comitato promotore per gli studi italiani di papirologia e d’egittologia, sotto la presidenza del prof. L. iMangiagalli. presidente dell’associazione per l’alta coltura di Milano è'di cui sono membri tutti i maggiori cultori di papirologia ed egittologia che vanti l’Italia (l’Arangio-Ruiz, il Bassi, il Baviera, il Caldcrini, il Costa di Bologna, il De Ruggieri di Napoli, il De Sanctis di Torino, il Ducati, il Farina, il Giuffrida Roggeri, il Guidi, il Lattes. il Lombroso, il Marucchi, il Paribeni, il Rufìini, lo Schiaparelli, il Vitelli c via dicendo). Il comitato si propone di intensificare l'opera italiana di espansione in Egitto mercè lo studio della sua storia , che lumeggia anche la storia nostra. Esso quindi procurerà:
1® di promuovete quegli studi scientifici di Papirologia e di Egittologia che fin dal tempo di Napoleone I sono stati considerati come un cosi nobile vincolo spirituale fra oriente ed occidente c che oggi la papirologia rende anche più completi e più interessanti per lo studio pure de! classicismo nostro.
2® di diffondere questi sitali fra le persone colte in Italia e all’estero, contribuendo cosi con la copia e la varietà pressoché inesauribili del nuovo mat eri ale papiraceo, adatto spesso ad essere compreso anche dalle più umili colture, a rendete più facilmente accessibili, a tutti, studi antichi, imprimendo ad essi un senso del reale che è senza dubbio assai vantaggioso anche per la comprensione della grande arte e della grande storia.
3° di alimentare per mezzo della scienza una nobile propaganda italiana all’estero e segnatamente in Egitto, senza trascurare eventualmente i paesi finitimi ad esso che hanno tradizioni simili a quelle della valle del Nilo e che cosi direttamente ci interessano, cioè l'Etiopia e la Cirenaica...
! modi concretati finora per l'attuazione di co-testi propositi sono i seguenti: \
1® La pubblicazione di una Rivista Italiana di Egittologia e di Papirologia • /Egyptus, » trimestrale, di cui c già uscita la prima annata.
2® La pubblicazione di una serie scientifica dt studi come appendice al periodico, alla quale' saranno ammesse anche opere in lingue straniere che segnino un progresso nella ricerca dotta.
3® La pubblicazione di una serie di divulgazione costituita di testi geroglifici, demotici, greci, latini, copti, arabi con introduzioni, versioni e commenti anche per le persone colte e gli studiosi di materie affini, da pubblicarsi oltre che in italiano, ove convenga, in francese, in inglese e in tedesco, si da guadagnare per questo mezzo anche il mercato librario detesterò, dove non esistono collezioni analoghe finora.
4° L’organizzazione di conferenze e di lezioni anche illustrate da proiezioni fisse o mobili c la compilazione di articoli informativi su giornali e riviste d'ogni genere.
5® L'incoraggiamento e il sussidio a tutte quelle altre iniziative italiane come agli scavi nazionali in Egitto c a quelle della Società per la ricerca dei papiri greci è latini.
Per attuare un programma così fatto, anche solo, nella parte ora più urgente, occorre un fondo assolutamente minimo di almeno I,. 300.000 esclusivamente destinato a sussidiare in parte coi suoi frutti l'impresa editoriale in pure spese di stampa c di carta c a sopperire a poche altre spese generali tanto più che i collaboratori tutti coll’offrire la loro opera completamente gratuita sono fieri di dare il primo c più valido impulso all'impresa e il più nobile incoraggiamento ai sottoscrittori.
Questi si distinguono in quattro classi: Fondatori, che versino una volta tanto la somma di L. 2000, ricevendo in cambio l’abbonamento ad /Egyptus senza limiti di tempo c i volumi pubblicati (in una sola edizione) della serie di diffusione. Patroni che si impegnino a versare per tre anni consecutivi la somma di !.. 200. ricevendo in cambio per il triennio l’ab-
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BILYCHNIS
bonamcnto ad .Egyptus c i volumi pubblicati (in una sola edizione) della serie di diffusione. — Benemeriti, che si impegnino a versare per tre anni consecutivi la somma di L. xoo, ricevendo in cambio per il triennio l'abbonamento ad /Egyptus. — Straordinari, che versino una volta tanto la somma di almeno di L. 100.
Noi che conosciamo per diretta cognizione quanto gli studi promossi dai benemerito comitato non solo onorino il nostro paese, ma pur rendano un reale servizio agli studi neotcstamentari e di letteratura e vita cristiana dei primi secoli, sollecitiamo i nostri amici ed abbonati a contribuire iscrivendosi ad una di queste categorie ncH’intercsse della fede, della scienza, della patria.
• * •
Dal ¿6 al 31 marzo 1921 si terrà in La Hayo (Olanda) un congresso internazionale antimilitarista che discuterà tra gli altri i seguenti temi: Significato biolo-Sco della guerra (G. F. Nicolai di Berlino);
gnifìcato morale della guerra (A. Fenncr Brockway di Londra); che tratterà del militarismo in relazione alla lotta di classe (signora Holst H. Roland), al comunismo (R. Grossmann), alla guerra (M. Hanoi di Parigi), a) capitalismo (R. Rocker di Berlino); che esaminerà la posizione del-’antimilitarismo di fronte al sindacalismo Bjòrklund di Stoccolma), al feminismo signora Stòcker di Berlino), all’educazione P. Birukoff di Ginevra), al cristianesimo H. Huchct di Parigi), a! libero pensiero B. Reyndorp di La Hayc) ai mezzi pratici di propaganda (A. De Jong di T.a Hayc).
* • •
Il pensiero religioso di Tolstoi. - Dalla bella rivista di E. Lo Gatto, Russia, del febbraio u. s. rileviamo quanto segue:
’ Raffaele Ciampini ci informa della prossima pubblicazione di un suo libro sul pensiero religioso di Tolstoi. Si tratta di una antologia, le cui varie parti sono riunite tra loro da pagine di introduzione e di commento. L'opera espone il pensiero religioso di Tolstoi quale si andò formando nel periodo della crisi (1876-1883). Le opere «Iella crisi esprimono compiutamente questo pensiero. E«1 hanno il vantaggio che il credo religiose- è in esse scevro delle applicazioni sociali posteriori; è puro c libero da ogni altro elemento.
• Dopo una introduzione generale sulla fede religiosa di Tolstqi e sulla crisi, è narrata la crisi stessa come fatto biogra fico, come episodio centrale della vita di Tolstoi.
«Servono a questo scopo alcune pagi ne premesse da Tolstoi alla dottrina cristiana,, nelle quali narra appunto la crisi. Il Ciani pini ha preferite queste brevi pagine, alle “ confessioni „ perchè questo libro è troppo organico c compatto, perchè se ne possano • togliere delle pagine, e isolarle dal resto. Vi è quindi l’esame delle opere della crisi. Prima in ordine di tempo è la " critica della teologia dogmatica,, (1879-1881)libro n<il quale Tolstoi dimostra la falsità delle interpretazioni che fanno le varie Chiese della dottrina di Gesù, la sola capace, di dare vita e movimento alla umanità. Questo libro è la negazione della Chiesa in tutte le sue affermazioni, espressa nei decreti dei concili, del sinodo e dei papi nella teologia, e anche nelle epistole degli Apostoli. Unica fonte alla quale si debba attingere per la conoscenza della dottrina di Gesù, è per Tolstoi il Vangelo, i quattro Vangeli.
« Seconda opera è la “ Concordanza c traduzione dei 4 Vangeli „ In questo libro i Vangeli sono studiati e interpretati parola per parola.
« Base della interpretazione di Tolstoi è la esclusione completa del miracoloso, di tutto ciò che ripugna alla ragione umana. Nasce così una dottrina di Gesù, completamente diversa da quella della Chiesa molto più profonda e più alta — (1881-83). E la conclusione e il riassunto dei precedenti. E la esposizione dei risultati ai quali Tolstoi è arrivato nello studio dei Vangeli, è una esposizione della dottrina di Gesù, mentre la “ Concordanza c Traduzione „ ne era la interpretazione fatta sui testi.
• Da questi libri sono scelte le pagine migliori, le più importanti, e sono riunite e annotate. Il libro — come dice il Ciam fini.— non è letterario, ma pratico-re-gioso.
« I libri dei quali si occupa il Ciampini sono quasi del tutto ignoti in Italia, ed è veramente lodevole l’intento dell’autore di farli conoscere ®.
• • •
Per iniziativa del Circolo Universitario di studi storico-religiosi saranno tenute in Via degli Àstalli 19. .presso la sede della '
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LETTURE ED APPUNTI
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Società Archeologica Romana alle .ore 17.30 dei giorni indicati, le seguenti conferenze:
Levi Della Vida prof. Giorgio: La Religione d'Israele (7 marzo) - Tilgher dottor Adriano: La religiosità dei Neoplatonici (14 marzo) - Buonaiuti prof. Ernesto: L’essenza del Cristianesimo, parte prima (28 marzo) - Idem, parte seconda (4 aprile) -Nallino prof. Carlo Alfonso: L'Islamismo (ir aprile) - Fedele prof. Pietro: Argomento di Cristianesimo medioevale (25 aprile) - Jemolo prof. Carlo Arturo: Il pensiero giansenista nel settecento italiano (16 maggio) - Bonucci prof. Alessandro: Idealismo e realismo nell’ inter prelazione dellay ita religiosa (23 maggio).
» • •
Alle fonti delle religioni. - <’011 questo titolo uscirà tra breve in Roma, edita dal Signorelli (Via Orfani 88), una nuova rivista trimestrale di storia e letteratura. religiosa, diretta dal nostro chiaro collaboratore dott. Giuseppe Tucci e con l’appoggio dei migliori orientalisti italiani.
La nuova rivista «si propone soprattutto di rendere accessibili a chi ne ignori ' le lingue originali, in traduzioni il più che possibile fedeli e in bella veste italiana, i principali fra i testi religiosi dei vari popoli, soprattutto dell'oriente. Ma per evitare appunto le non rare ripetizioni dell’originale, coteste versioni ' saranno limitate ai soli brani più caratteristici e più importanti dal punto di vista religioso e possibilmente anche letterario, mentre si sunteggeranno quei luoghi che, mancando di speciale interesse, non si crederà opportuno od utile volgarizzare. Perchè poi anche un lettore profano possa apprezzarne il valore od intenderne esattamente il significato, ogni testo, diretto ad illustrare un precetto od un aspetto singolo delle varie religioni, sarà preceduto da brevi cenni introduttivi storico-letterari.
« Le traduzioni saranno fatte tutte da specialisti; nè si accetteranno lavori di persone che non siano notoriamente competenti o che non vengano da queste presentate.
« La scienza, e sopratutto la scienza delle .
cose divine e buone, non è privilegio di nessun popolo; perciò la Rivista che ora sorge sarà ben lieto di avere tra i suoi col-laboratori anche gii eruditi stranieri, i cui articoli se non scritti in francese, verranno tradotti a cura della Direzione.
« Ai volgarizzamenti seguirà un Bollettino bibliografico in cui si darà notizia, con brevi cenni critici, di tutti i testi religiosi che via via si tradurranno od eventualmente si pubblicheranno nella lingua originale sia in Italia che fuori ».
Con lodevole proposito la nuova rivista «si propone di diffondere una più adeguata conoscenza di quei valori umani assoluti, di quelle verità eterne, che Dei od uomini ispirati o veggenti, hanno rivelato in tempi e luoghi diversi a questa travagliata umanità ». Essa vuol con i più eletti spiriti ricordare «che l’uomo non nacque per odiare ma per amare <• ed affermare «la superiorità dello spirito *
« Noi vorremmo — conclude il suo programma - che nella stessa scuola, ove non solo si educano le menti ma si debbono temprare gli animi, giungesse l’eco di quelle sante verità che sono certo il miglior retaggio dell'uomo, e, che se anche sopite nei cuori, una parola calda e sincera può sempre far risplendere di purissima luce ».
La Rivista uscirà in fascicoli trimestrali di circa 100 pagine, il primo dei quali conterrà: Due articoli introduttivi di Luigi Luzzatti e di Paolo Orano - Il canto del Beato, trad. e comm. da Carlo Formici» -La poesia Vedica di Paolo Emilio Favolisi - Un altro poema di Acvaghosha. Il Saundarananda, trad. e comm. da Giuseppe Tucci - La Novella allegorica della vita di Siddhaashi di A. Balline— Bollettino bibliografico, recensioni, ecc.
L’abbonamento per i sottoscrittori prima del 31 marzo, L. 20; dopo L. 25.
Auguriamo alla nuova rivista, -che indubbiamente si renderà benemerita degli studi religiosi se potrà compiere il programma promesso, tutto il successo che i suoi propositi le danno il diritto di attendersi e che il nome e l'opera dei suoi collaboratori, che sono pure i nostri, le danno affidamento di poter estrinsecare.
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BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
I. Novità librarie <*)
Alexander S. - Space, Time and Deity (Ix>ndon).
(Abbé) Alta - Liberté, Egalité. Fraternité (Paris).
Apalatcgui Fr. - Empresas y viajes apostólicos de S. Francisco Xavier (Madrid).
Aragon R. - Mon voyage au Bestland, hypothèse sociale (Paris).
Baroja P. - Divagaciones sobre la cultura (Madrid).
Barton Perry - Annotaded Bibliogr. of the writings of W. James (London).
Bartou William E. - The Paternity of Abraham Lincoln (New York).
Bascvi W. - The burial of Dead (London).
Beanfreton M. - Anthologie Franciscaine du moyen âge (Paris).
Bccquer G.- Le Christ à la tête de mort, trad, de l'espagnol par G. Delvais (Paris).
Belfort Bax C. - The real, the rational, the alogical (London).
Benett William - Freedom and Liberty (Oxford). ; •
Berkeley - Lés principes de la connaissance humaine (Paris).
Bisscker H. - B. Matiews: Christian fellowship (London).
Blunt G. H. - The Book of Church Law (London).
Boidi G. M. - E. Kant e la teoria della conoscenza (Senigallia).
Bouchor M. - Mystères bibliques et chrétiens (Paris).
Boutet de Mouvcl B. - St. François d’Assise (Paris).
Boylan P. - The Psalms (London).
Brett Jesse - Divine endowment: Consider of the Gifts of the Holy Ghost (London).
Büchi Albert - Korrespondenzen u. Akten zur Geschichte d. Kardinals Mat-thaeus Schiner (Basel).
Buggcrini A. - Il sogno della vita e la realtà della morte (Mantova).
Cadbury H. J. - The Style and Literary Method of Luke (New York).
Cagnat R., - Chapot V. - Manuel d'Archeologie Romaine (Paris).
Cail Mcleod Norman - Night-scenes of Scripture (Paisley).
Calvin J. - Instruction in Christianity (London).
Cardeux &. M. - The Kings Tryst (London).
(x) Il presente bollettino non è completo per non esserci ancor pervenuti i bollettini tedesco e spagnuolo: i lettori ci siano indulgenti e vedranno che questa rubrica migliorerà sempre più.
N. d. D.
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BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO 155
Cazal E. - Sainte Thérèse (Paris).
Cazamian Louis -L’Evolution psychologique et la Littérature en Angleterre (Paris).
Chevreuil L. - On ne meurt pas (Par«).
Chivas Ch. - Story and legends of Annam (London).
Clairvaux Abbat.-Thehcatiseof St. Bernard, concerning grace and free will (London).
Coates Bouquet Alan - Is Christianity the final Religion? (London).
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Dcamcr Dulcie - Revelation (London).
De Bouard A. - Le régime politique c le» institutions de Rome au moven âge.t >279-i347 (Paris).
D’Eichtal E. - Du rôle de la mémoire dans nos conceptions métaphisyques, esthétiques, passionnelles, actives (Paris). •
De Fayc E. - Idéalisme et Réalisme (Paris).
Del Arco R. - Nuevos restos romanos hallados en Coscosuela de Fontova (Hucsca) • (Madrid).
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Delerne F. - Au Service de l'Église et de la France (Paris).
Deliszch F. - Die grosse Tauschung (Berlin).
De Lorenzo G. - India c Buddismo an-tico (Bari).
De' Pazzi M. M. - Estasi e Lettere (Firenze).
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Driault E. - La renaissance de l’Hellénisme (Paris).
Dubox G. - Autour de la vie de Jeanne d’Arc (Paris).
Dupont P. - Les problèmes de la philosophie et leur enchaînement scientifique. !.e donné et l’objective (Paris).
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Ermini F. - Poeti cpici latini de! Secolo x ( Roma).
Eyinieu A. - Le gouvernement de soi même (Paris).
Fabre L. - Les théories d’Einstein (Paris).
Figgis G. N. - The political aspects of St. Augustine’s City of God. (London).
Forrester Brow James S. - The two creation .stories in Genesis (London).
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74
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BÏLYCBNIS
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Guzzo A. - I primi scritti di Kant (Napoli).
Hastie John - The Threshold of the Temple (London).
Headlam Arthur - Three Sermons on the atonement (London).
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Hensley Henson - The beginning of the divine Society (London).
Bollard A. - L’Apothéose de Jésus (Paris).
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Jamin F. - Conseils aux jeunes gens de France après la Victoire (Paris).
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Livi Livio - Gli Ebrci alia luce della sta-tistica (Firenze).
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Maeterlinck M. - Le bourgmestre de Stil-monde (Paris).
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Turner H. Cuthberth - The Study of the New Testament (Oxford).
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Venturini M. - La classificazione dei fatti psichici (Casale).
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Ward W. - Not known here (London).
Weir T. H. - The variants in the Gospel reports (Paisley).
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Wiegand Theodor - Sinai (Berlin).
Windisch Alfred - Reines Menschentum.-Sammlung alt u. neutestamentl. Holzschnitte u. Bilder Alter Meister mit modernen Versen (Leipzig).
Wolfstieg A. Ursprung u. Entwi-klung d. Freimaurerei (Berlin).
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II. Pubblicazioni pervenute alla redazione.
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K. Kaser, Das späte Mittelalter (V. Band delle Welgeschichte in gemeinver-städlincher Darstellung, diretta da L. Moritz Hartmann). Gotha, Friedrich Andrees Perthes, 1921, p. vi-276. Mk. 24.
A. Vollard, Le père Ubu à la guerre, Faris, G. Crès, c C., 1920, p. n6. Frs. 3.
'Gustosa satira di scene della guerra; l’A. vi colpisce sarcasticamente la burocrazia militare, la
rettorica del momento, le debolezze dei civili e dei soldati, le manchevolezze di tutti, perfino in quei lati curativi che sembrerebbero a tutta prima offrir pochi appunti all’ironia dei critici. La guerra con le sue manchevolezze generali non abbisogna solamente di invettive e accuse dirette per essere scalzata dall'opinione de’... ben pensanti, ina ancor più ed ancor meglio dell’arma del ridicolo. E i francesi sanno maneggiarla cosi bene!...
M. De Montmorand, Psychologie des mystiques calholiques orthodoxes. Paris, F. Alcan, 1920, p. 262. Frs. 14.
A. Antin, Autorità et discipline en ma-fière d’éducation. Paris, F. Alcan, 1920, p. 136. Frs. 7.
A. C. Bouquet, Is Christianity thè final Keligion? a candid cnquiry with thè materiate for an opinion. London, Macmillan and Co, 1921, p. 350. Se. 10,6.
E. Lugaro, Idealismo filosofico e realismopolitico. Bologna, N. Zanichelli, 1920, p. vin-411. L. 15.
M. Smart, Poèmes sans dieux, Paris, Ed. E. Sansot, 1920, p. 78. Frs. 7,50.
77
BOLELTTI NO B1BLIOG RAFICICO
Fr. Theod. Woods, Fr. VVeston. M. L. Smith, Lanibeth and Reunion, an intcr-prctation of thè mind of thè Lambeth conference of 1920. London, S. P. C. K., 1921. p. 115.
G. Minasi, L'antica poesia sepolcrale lltltna, Roma, Tip. ponti/. neli'I. Pio IX. 1920, p. 190.
Il lavoro porta come sottotitolo • Studio critico», ma realmente non lo merita. Si tratta di uno studio giovanile e scolastico su una parte della poesia sepolcrale latina, scelta senza discernimento e commentata alla buona, per non dir alla carlona. Lo precede un incompleto e mal redatto capitolo sui riti iunebri romani c lo segue una bibliografia mal raggruppata e peggio indicata.
A. D. Sertillangcs, La vie catholique, I Serie. Paris. J. Gabalda, 1921, p. 297. Frs. 8.
I. Larguier des Banccls, 1 ntroduclion à la Psychologie, L’instinct et l’émotion. Paris, Payot, 1921, p. 216. Frs. 15.
L. H. Jordan, Comparative religion, a survey of its rcccnt literature, voi. I, 1900-1909. Oxford. University Press, 1920. p. 160. Sh. io.
M. Longo, Giambattista Vico, Torino, F.lli Bocca, 1921, p. 227. L. 16.
Anthologie franci scoine àu M. A. Trans!, et annetée par M. Beaufreton, Paris, G. Crts et C. 1921, p. 324. Frs. 8,50.
R. Rolland, Clerambault. Histoirc d’uno conscicnc'e libre pendant le guerre. Paris, P. Ollendorf, 1920, p. 377. Frs. 8.
G. Fedele, Il precursore, Palermo, D. Capozzi. 1920, p. 54. L. 3.
Buono questo poemetto in endecasillabi su Giovanni Battista: i versi corrono euritmicamente in una forma schietta e forte, la descrizione del bando, della congiura, della danza tragica vi è misurata e vivace. Forse meno efficace la narrazione dello arresto che si dilunga un po’ vacuamente. La figura di Salomè si può dir appena accennata, tranne che nella danza, cd è bene; Erodiadc non appare abbastanza ben delineata, sebbene non sia smorta, come forse è alquanto Erode. Il precursore è molto scultorio, molto ben disegnato: l’anima ne ¿ alquanto sbiadita, ciononostante risalta efficacemente sulla scena naturale su cui agisce. Concludendo, buon lavoro, cui non nuoce qualche reminiscenza carducciana nell’andatura e nel verso.
E. Sainte-Maric Perrin, La belle vie de Sainte Colette de Corbie, P Paris,lon-Nour-rit et C., 192 t, p. 291. Frs. 7,50.
159
F. Bclloni-Filippi, logore. Roma, A F. Formiggini (Profili n. 51), 1920, p. 66 1- 3G. Loria, Newton, Roma, A. F. Formiggini (Profili n. 52), 1920, p. 79 L. 3.
G. Muoni, G. Flaubert. Roma, A. F. For-miggini (Profili n. 53), 1920, p. 69 L. 3.
M. Serao, Preghiere. Milano, F.lli Tre ves. 1921, p. 268. !.. 7,50.
L. Miranda, Da Hegel a Croce t da Jcllinck a Chiovenda. Bari, Laterza e figli, 1921. p. ni. !.. 7.50.
E. Driault, La renaissance del' H ellenismi. Paris. F. Alean, 1920, p. 243. Frs. 6.
Se questo libro non fosse scritto da'un Írancete sarebbe insopportabile, tanto esso ¿ la prova provata che la storia è tal donna da offrirsi a tutte le più pazze e le più morbose voglie. Vedere, anzi voler vedere la storia del mondo dal punto di vista di una sedicente visuale greca, che non è mai esistita, è cosa che farebbe ridere se chi la scrive non fosse un francese, ossia un uomo che all’innegabile ingegno naturale unisce il maneggio d'una lingua che si presta agli acrobatismi intellettuali più audaci. E per tali doti io ammiro l'opera di E. Driault. Ma per il resto poi no! Essendo un profondo conoscitore della storia orientale, egli può permettersi i più felici svisamenti storici, ma non può nasconderli vivaddio e far della Grecia quell« 1 che non ¿, in coscienza, stata mai, nè à voluto essere. Per questo egli offende quella... buona donna di cui dicevo prima, la storia, e dice non di rado nella storia non... sua delle corbellerie, ma le dice cosi bene, che gli si può perdonare e l’ira per la proclamazione di Flaminino, c l'inno di gloria ai soldati di Francia, che lo meritano, messi in un fascio con quelli gracculi, che non lo meritano c via dicendo. Tanto più che ormai è dimostrato che la Grecia di Venizelos fu un « miserable accident • e non, com’egli voleva, quella di Costantino e son dimostrate tante altre cose ancora che M. Driault non ignora. Egli ignora invece delle cose meschinuccie, come è di tutti i grandi, p. es. quella che la cappella sistina non è proprio a S. Maria Maggiore e che non contiene affatto il quadro della battaglia di Lepanto. Me ne dispiace assai però: scrive cosi bene M. D. e sa render cosi leggibili tutte le sue contraffazioni storiche!
A. C. Headlam, Three sermone of thè atonement. London, S. P. C. K., 1921, p. 29.
J. Zorrilla. Legendas y tradiciones históricas, Madrid, Sue. de Hernando Arenal, 1920, p. 354. Ps. 5.
78
i6o
BILYCHNIS
P. Chi ni incili. Gesù di Nazareth. Studio critico-storico, 2* od. Roma, Bitychois, 1921, p. 483. L. 6.
St. Bernard, The treatise concerning Grace and ¡ree Will, trans, with an introd. syn. a. notes by Wattym W. Williams. London, S. P. C. K., 1920, p. 95.
G. De Lorenzo, India c buddhismo antico. IV ed.» Bari. G. Laterza e figli, 1920. p. 422. L. 18,50.
E. Cazal. Sainle Thérèse. Paris, Lib. P. Ollcndorf, 1921, p. 315. Frs. 7.
A. Gianola. La fortuna di Pitagora presso 1 Romani dalle origini fino al tempo di Augusto. Catania, F. Battiate. 1921. P 209. L. 7,50.
I! Gianola à pcrtcttamcntc ragione nel sostenere che del pitagorismo occorre ancora occuparsi; raccogliere e studiarne i riflessi c le ripercussioni cd esporre i risultati delle ricerche. Ed il suo contributo a quest'opera è buono, sebbene non ottimo, come si sarebbe desiderato. Sarebbe bisognato, p. cs., a renderlo perspicuo, un'esposizione della dottrina pitagorica come introduzione, una raccolta di luoghi principali raccolti dal pensiero greco, in modo tale da consentire al lettore una maggior convinzione sulla realtà degli echi romani, che sembrano talvolta un po' voluti c frutto di luoghi comuni della conoscenza pitagorica. Vi è poi non di rado un’incertezza strana nell'accoglimento dei risultati della critica storica romana, che sembra sia accettata nelle ipotesi più radicali (Pais) e sconfessata in quelle che non fanno comodo. Cionondimeno buon lavoro preparatorio. cui auguriamo segua del meglio c del più sicuro.
P. Sacelli, L'etica soggettiva (Educazione razionale). Roma, Albrighi, Segati e C., 1920, p. 368. L. 12.
G. M. Boidi, Emanuele Kant e la teoria della conoscenza. Senigallia. Tip. cd. marchigiana, 1920, p. 119.
C. Pellegrini, La prima opera di Margherita di Navarra e la terza rima in Francia. Catania, F. Battiate, 1920, p. 77. L. 3.
Interessantissimo studio che fa desiderare, come l’A. pare voglia promettere, una completa e spassionata ricerca suda religiosità di Margherita di
Navarra, che qui non è studiata se non subordina tamente all’intento letterario prefissosi dall’A.-quello cioè di pubblicare la prima operetta in cui, prima d'altri, Margherita di N. adottò come metro la terzina c mostrò di subire l’influenza di Dante, che fin'allora — e fu sempre pur anche in seguito — non sì era manifestata in Francia. L’A. contro il Lefranc ritiene però che il pensiero della poetcss* non sia evangelico o per lo meno largamente riformistico. ma piuttosto, seguendo-anche in ciò Dante, cattolico. Egli non è riuscito a convincere di questa sua tesi il lettore, cionondimeno, si domanda perciò che la illustri meglio e piìr compiutamente, perchè ne vai la pena. Ed egli può farlo, sebbene qualche suo errore di pensiero (c fra misticismo c protestantesimo, come ognun sa (sic) c'è opposizione* — ma chi l'à detto?) vada rettificato accanto a qualche grossolano errore di stampa.
Boris Saviukov, Ce qui ne jut pas, roman trad. du russe par J. W. Bicnstock. Paris. Payot, 1921, p. 331. Frs. 12.
D. Provenza!, Lina m'aveva piantato, undici novelle c due parentesi. Firenze. «La Voce > (Quad. 47), 1921, p. 127. L. 5.
Lievi cose, ma fresche e graziose e piene di papathes, non la storia di un amore attraverso le sue.-., rotture, ma la storia delle rotture... attraverso gli incidenti più o meno amorosi del‘'eroe. La finezza e l'amarezza un pò scettica del Pro-venzal si svelano anche in queste brevi pagine che si leggano, come tutte le cose sue, con un senso di curiosità che non lascia dietro a sè U vuoto, ma un bisogno di approfondimento e di meditazione. E, ciò anche là dove egli non dice cose nuove, li che è più significante ancora.
S. Pagani. Programma di Bellagio: di scorso sul metodo c sull'attuazione della filosofia dell’an ri vita. Lugano, « Coenobiuro*. 1920, p. 318. L. 15.
R.'Tagore, La maison et le monde, trad. fran$. par F. Roger. Cornaz. Paris, Payot, 1921, p. 308. Frs. io.
•
A. Levi, Sulle, interpretazioni immanentistiche della filosofia di Platone. Torino, G. B. Paravia e C., 1920. p. vin-240. L. 15.
Il LETTORE.
ROCCO POLESE, gerente responsabile.
Roma -Tipografia ddl* Unione Editrice (Grafia) - Via Federico Ceri. 45
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Il TESTIMONIO rivista mensile delle chie-IL I EO I IfflUlXlU SE BATTISTE . ANNO XXXVIII -Si pubblica in fascicoli di 36 pagine elegantemente fregiate ed illustrate * Pubblica articoli di propaganda e di informazione sul cristianesimo in genere e sul movimento battista in ¡specie - Rubriche speciali: Rubrica dello spirito. Vita ecclesiastica, La pagina dei piccoli. Si propone di fornire ai pastori argomenti per meditazioni e sermoni e di essere largo di notizie sulle chiese battiste d'Italia.
:: :: DIREZIONE: ARISTARCO FASULO - Via Cassiodoro, 1 - ROMA 33 AMMINISTRAZIONE: BENIAMINO FODERA - Via Crescenzio, 2 - ROMA 33
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PUBBLICAZIONI IN DEPOSITO
CULTURA DELL’ANIMA
Borsari R. : Guardando 11 sole 2 —
Burt W. : Sermoni e allocuzioni .......... 2 — GRATRY A. : Le sorgenti, con prefazione di G. Semeria 5,40 Monod W.: L’Evangile du Royaume ...............io —
— Délivrances . . . .io — — Il régnera.........io — Il vit................io —
— Silence et prière. . . io — Vienot J. : Paroles françaises
Kmoncées a 1’ oratoire du uvre...............3,50
Wagner C.: L’ami . . .12 — — Justice ...... 10 — Rivista Propheia (Unica annata 1914) .........5 —
FILOSOFIA
Della Seta U.: G. Mazzini pensatore ..............15 —
Della Seta U.: Filosofia morale (Voi. I e II). . 15 — Del Vecchio G.: Effetti morali del terremoto in Calabria secondo F. M. Pagano . 2 —
Ferretti G.: L’Alfabeto e i fanciulli ........ 2 —
I lombardo Radice G.. Clericali | e massoni di fronte al problema della scuola. . . 2 —
Losacco M.: Razionalismo e
Intuizionismo ... 1 —
Momigliano F. : Vita dello spirito ed eroi dello spirito 8 —
Neal TH: Vico e l’immanenza ' 1 —•
! — Giovanni Vailati ... 1 —
: Martinelli: Per la vittoria morale ........ 3,50
' Panini G.: Il tragico quotidiano ...................5,50
— Chiudiamo le scuole 1 —
— La Toscana e la filosofia italiana................1 —
I Rensi G.: Sic et non (metafisica e poesia) . . . 3,50
Scarpa A.: La scuola delle mummie . . . . . 1 —
SempriniG. : La morale mistica dell* Imitazione di Cristo c i suoi rapporti col misticismo 15Taglialatela E.: Giovanni Locke educatore. Studio critico se-guitoda 2 opuscoli pedagogici del Locke (per la prima volta tradotto in italiano) . . 4 —
Von Hùgel F.: Religione ed illusione ...... 1 —
GUERRA E ATTUALITÀ
Bois H.: La guerre et la bonne conscience . . . . . 0,70
Brauzzi U.: La questione sociale ......... 1 —
Ciarlantini: Problemi dell’Alto
Adige ....... 3,50
Ghelli S.: La maschera dell’Austria . . . . . 6 —
Kolpinska A.: 1 precursori della rivoluzione russa 6 —
Maranelli e Salvemini: La questione dell’Adriatico. 6 —
Murri R. : L’anticlericalismo (origini, natura, metodo e scopi pratici) . . . . 1,25
MURR 1 R. : Guerra e religione,
Vol. I. Il sangue e l’altare 2 — MURRI R, : Guerra e religione.
Vol. II. L'imperialismo ecclesiastico e la democrazia religiosa ........ 2 — — Dalla democrazia cristiana al partito popolare ¡tal. 5 — ’ Puccini M.: Come ho visto il
Friuli ....... 5 — Scarfoglio : L’Italia, la Iugoslavia e la questione dalmata 0,25
Senizza G.: Storia e diritti di Fiume italiana . . . 1 —
Soffici A.: Kobilek (giornale di battaglia) . . . . . 3,50 i Stapfer: Les leçons de la guerre I 6 —
Sui prezzi del presente Catalogo aggiungere il 10 % per le aggravate spese generali. (Deliberazione dell’Ass. Tip. Lib. Itai. 15-IV-20).
80
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Sui prezzi del presente Catalogo aggiungere il 10 % per le aggravate spese generali. (Deliberazione dell’Ass. Tip. Lib. Itai. I5-IV-20).
Tomeo F. : Per l’evoluzione religiosa del dopo-guerra 4 —
Wilson : Un soldat sans peur et sans reproche (en mémoire de André Cornet-Auquier). 2,30
ZANOTTI-BIANCO e CAFFI A.: La pace di Versailles, notee documenti (con20 carte etnografiche e politiche) io —
La Chiesa e i nuovi tempi 3,50
Raccolta di scritti originali di Giovanni Pioli - Romolo Murri -Giovanni E. Meille - Ugo Ianni - Mario Falchi - Mario Rossi -14 Qui Quondam „ - Antonino De Stefano - Alfredo Taglialatela.
LETTERATURA
Arcari P.: Amici .... 2 — Brauzzi U.: I Lucìferi . 5 — Bonavia C.: La tenda e la notte ......... 3,50
Chini M.: F. Mistral . . 2 —
Della Seta U.: Morale, Diritto e Politica internazionale nella mente di G. Mazzini.
1.50
Dell’Isola M.: Etudes sur Montaigne ....... 2,50
F. Momigliano: Scintille del Roveto di Stagliene . io —
Gallarati Scotti T.: I.a vita di
A. Fogazzaro . . . . . io —
Jahier 1-.: Ragazzo . . 3,50
Lanzillo A.: Giorgio Sorel. x —
PapiniG.: Esperienza futurista 3'5? Papini G. : Cento pagine di poesia ......... 5 —
Sheldon : Che farebbe Gesù ? 2 —Soffici A.: Scoperte e massacri (Scritti sull'arte) 5 —
Vitanza C.: Spiriti e forme del divino nella poesia di M. Ra-pisardi (conferenze). 1,50
RELIGIONE E STORIA
Buonaiuti E.:S. Girolamo 2 —
Cappelletti: La Riforma 6 —
CHIMINELLI P.: Gesù di Na- 1 zareth 2“ Ediz. ... 6 —
—Il Padrenostro e il mondò mo -derno ....... 3 —
— Bibliografia della Storia della Riforma religiosa in Italia
5 —
Costa G. : Diocleziano . 3 — (Profili) Ediz. Formfggini.
— Politica e religione nell’impero romano............2 —
Cumont F.: Le religioni orientali nel paganesimo romano ........ 6,50
Di Soragna A.: Profezie di Isaia, figlio di Amos. 7,50
Docllingcr I. : Il papato dalle origini fino ài 1870 . 30 —
Janni U.: Il dogma dell'Eucari-stia e la ragione cristiana 1,25
Labanca B.: La riforma del scc. XVI ed il celibato chicsastico ........ x — LOIS Y A.: Mora et vita. 2,25 — La paix des natìons . 1,50 Ottolenghi R.: I farisei antichi e moderni. . . . 4 — PETTAZZONI R.: La religione primitiva in Sardegna 6 —
Salvatorelli L.: Introduzione bibliografica alla scienza delle Religioni. . . . . 5 —
—« La Bibbia» Introduzione al-l’Antico e Nuovo Testamento .......... 20 — — Il significato di « Nazareno » ....... 1,50
TYRREL G.: Autobiografia e Biografìa (per cura di M.
D. Petre) ...... 15—
A i nostri abbonati noti morosi L. 10,50 franco di porlo.
Tyrrcl G. : Lettera confidenziale ad un professore d’antropologia ..............0,50
Vitanza C.: La leggenda del « Descensus Christi ad inferos » ....... 1,50
Wenck F.: Spirito e spiriti 1 nel Nuovo Testamento. 0,75 !
X. La Bibbia e la Critica. 2 — X. Lettere di un prete mo dernista ...... 3,50
La Bibbia (Vera. Diodati Edizione 19x9) ...... 2,50
Nuovo Testamento e Salmi ad uso dei vecchi . . . . . 2 —
I Vangeli e gli Atti degli Apostoli (edizione Fides et A mor) ........ 1,80
I Salmi (Edizione Fides et Amor) ...... 1,80 Giobbe, tradotto da G. Luzzi 1,80 Ianni U.: Il culto cristiano rivendicato contro la degenerazione romana . . . . 1 —
Taglialatela E.: L'educazione nella Chiesa dei primi secoli 3>5°
Taylor G. B.: Il Battesimo 0,50
VARIA
Almanacco dei ragazzi . 5,50
Beatrice E. : Origini filosofiche ed economiche dell’attuale letta di classe . . . . 4,80
Bar Jona.: Ite missa est 5 — Carletti A. : Con quali sentimenti sono tornato dalla guerra ....... 1,50
Majer Rizzoli E: Fratelli c sorelle (Libro di guerra 19x5-1918) ......... 4,50
Meriano F.: Croci di legno 3,50 Niccolini E.: I contadini e la terra ......... 2,50 Pioli G.: Educhiamo i nostri padroni . . . . ... . 2.50
Provenzal D. : Carta bollata da due lire ....... 1 —LIBRI RARI
Calogero Bonavìa [Corso Pisani 192, Palermo] offre una BIBBIA riccamente illustrata, rilegata in pergamena, stampala « Lo vanii anno 1547 ».
Prezzo del presente fascicolo Lire 2.50