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VALDESE
7 marzo 199966- ITOHRE PEIL ICE
Spedizione in abbonamento postale
I Gruppo bis/70
delie valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE VALDESI E METODISTE
UN LIBRO DI HANS KUNG
ESSERE CRISTIANI
Che cosa significa essere cristiani oggi? - Le vecchie deili, e le nuove?
finizioni non sono più crcdib
Hans Küng ha scritto da poco un
grosso libro, oltre 600 pagine, dal titolo
Essere cristiani. Il tema e la mole possono a prima vista stupire: non si sa più
cosa sia essere cristiani? Non basta aprire l’evangelo per esserlo? Quello che ieri
era un compito, arduo ma chiaro, ora diventa un problema complicato e forse insolubile? Quella che ieri era una via,
stretta ma diritta, oggi appare un labirinto?
Domande legittime ma, a ben guardare, né il tema è fuori luogo né la mole
fuori misura. E’ in gioco la questione 'Iella cosiddetta identità cristiana, tanto dibattuta in questi anni, e tuttora aperta. Cosa significa e cosa comporta essere cristiani? Una volta, non molto tempo fa, era abbastanza pacifico cosa significasse essere cristiani: credere un certo
numero di cose (quelle, ad esempio, che
troviamo nel Credo.l e seguire certe norme morali (quelle, ad esempio, fissate nei
10 Comandamenti). Oggi non è più così
evidente, non perché il Credo o i 10 Comandamenti non valgano più ma perché
ci troviamo continuamente davanti a
problemi di fede e di vita che il Credo e
i 10 Comandamenti non contemplano. Ci
vuole oggi uno sforzo di fedeltà al Signore che non passa per la semplice ripetizione delle formule del passato. Dobbiamo fronteggiare un’epoca nuova: la
fede cristiana potrà essere confessata solo a patto di essere ripensata, rivissuta e
riformulata.
Essere cristiani: non è solo un problema che noi poniamo a noi stessi, è una
domanda di solito silenziosa ma non
per questo meno reale — reale rivoltaci
da coloro che nel nostro tempo abbandonano la comunità cristiana. Sono tanti.
11 loro abbandono costituisce un tacito
ma grave interrogativo posto alla consistenza evangelica della comunità. La domanda è questa: chi abbandona la comunità lo fa perché abbandona il cristianesimo o non piuttosto perché ha
l’impressione che nella chiesa il cristianesimo non è abbastanza realizzato? Di solito pensiamo che chi abbandona la comunità non è cristiano. E se invece fosse la comunità a non esserlo? CW la lascia, se ne va con l’impressione di lasciare una comunità cristiana o una comunità poco o nulla cristiana?
Èssere cristiani: non è solo un problema postoci dai fratelli che hanno lasciato o stanno lasciando la comunità, è una
domanda che i non credenti sempre più
spesso ci rivolgono. Di solito ci chiedono perché siamo cristiani, e qui è ancora
facile rispondere. Ma c’è chi ci chiede
come lo siamo, e qui la risposta è più
ardua. In che modo concreto esprimiamo
IN QUESTO NUMERO
■ Leggere il Sermone sul
monte
Scheda biblica su Mosè p. 2
■ KUng ammonito da Roma p. 3
■ Evangelici a Napoli p. 4
■ Istituti per minori : quale testimonianza? p 5
■ Intervista al Collegio di
Torre Pellice p. 6
il nostro essere cristiani? Da che cosa risulta che siamo cristiani?
Essere cristiani. E’ nota la posizione di
Nietsche: ((/tí fondo c’è stato un solo
cristiano, e quello è morto sulla croce ».
Dopo di lui non ce ne sono stati altri. Il
cristianesimo è morto con Cristo, senza
risuscitare. Quello sviluppatosi attraverso i secoli fino a oggi, è uno pseudo-cristianesimo o un contro - cristianesimo,
« l’opposto di quello che lui aveva vissuto ». Tesi estrema, certo, ma non priva,
nel suo estremismo, di una certa sinistra
chiaroveggenza. Esistono i cristiani? E’
possibile esserlo? Q tutto il cristianesimo
storico non è che una ben pallida immagine del cristianesimo vero, quello di
Gesù?
Essere cristiani. Un tempo si diceva:
il cristianesimo è una religione, anzi il
coronamento di tutte le religioni. Essere
cristiano significa praticare la vera religione. Poi s’è detto: il cristianesimo è
una morale, anzi la morale più alta dell’umanità. Essere cristiani significa praticare questa altissima morale. Oggi si dice: il cristianesimo è un movimento di
liberazione totale dell’uomo, anzi è il più
grande movimento di liberazione della
storia. Essere cristiani significa vivere politicamente una prassi di liberazione. Si
potrebbero dare altre risposte, tutte storicamente condizionate e tutte relative.
Una cosa è certa : il senso del cristia
nesimo non sono i cristiani ma è Cristo.
Potremmo dire : il cristianesimo non
siamo noi ma lui. Ma qual è il senso di
Cristo? Ogni epoca storica, quasi ogni generazione ha dovuto dare una sua risposta a questa domanda. Quale sarà la nostra? Küng, da parte sua, risponde così:
Cristo è la rivelazione della vera umanità. Essere cristiani significa (( essere radicalmente uomini », cioè realizzare l’umanità autentica. Già Karl Barth aveva
scritto pagine fondamentali (ma poco note) su Gesù l’uomo reale. C’è qui certamente una indicazione feconda, che si
riallaccia a una linea teologica molto antica e che riprende un motivo essenziale
del messaggio evangelico.
Qualcuno si chiederà: ma in che modo Cristo rende l’uomo umano, cioè veramente se stesso? La risposta biblica è
univoca : mediante l’amore. L’amore è
la più grande forza di umanizzazione —
amore non senza lotta ma amore che lotta. Solo quando capisce di essere amato
ruomo si umanizza pienamente, e solo
quando capisce che l’altro è amato diventa umano verso di lui. Essere cristiani significa credere che ogni uomo è amato. Si conosce l’ultima parola di Paul
Valéry : « Dopo tutto, nessuno prima del
cristianesimo aveva detto che Dio è amore ». Non il nostro amore ci umanizza ma
l’amore di Dio : un amore che dev’essere
creduto per essere vissuto.
Paolo dice che tre cose durano: fede,
speranza e amore, ma la maggiore è
l’amore. Sì, la maggiore è l’amore ma la
prima è la fede. Paolo Ricca
_______NELLA REPUBBLICA FEDERALE TEDESCA
Caccia alle streghe
Il fenomeno dell’interdizione professionale (Berufsverboten) si estende a macchia d’olio nella Germania Federale destando le preoccupazioni di intellettuali
e giuristi. Nell’arco di due anni più di
300 funzionari statali hanno così p)erso il
proprio impiego e sono decine di migliaia
i candidati all’insegnamento che sono
stati sottopósti ad un interrogatorio in
vista di stabilire la loro fedeltà alla Costituzione.
Questa attività di vera e propria inquisizione politica deriva dalla decisione presa tre anni or sono dai governi regionali
per effettuare un controllo sulle tendenze politiche dei dipendenti statali.
Ad essere maggiormente colpiti sono
naturalmente i candidati che si dichiarano iscritti al partito comunista o simpatizzanti per esso (pur essendo il partito
comunista attualmente legalmente riconosciuto) ma sono coinvolti anche sindacalisti, iscritti alla gioventù socialista, social-democratici, chiunque insomma sia
sospettato di nutrire opinioni di sinistra.
L’interrogatorio di un candidato all’insegnamento, ad esempio, verte sul suo
passato e sul suo presente con domande
del tipo: Ha partecipato a ^dibattiti politici? È stato nella Repubblica Democratica? E contrario alla proprietà privata?
E iscritto al sindacato degli insegnanti?
Si tratta però di un circolo vizioso perché il candidato se risponde in modo da
destare sospetti viene escluso dall’incarico, se rifiuta di rispondere egualmente
rischia di essere escluso, non avendo fornito elementi che permettano di chiarire
la sua posizione personale.
E così accaduto a Joachim Husselmann,
cattolico social democratico di perdere
il suo posto di insegnante di religione
malgrado le proteste dei suoi alunni perché il suo insegnamento era ’giudicato
troppo progressista, e ad Angelina Valkhardt, professoressa di ginnastica, di essere licenziata perché moglie di un candidato comunista alle elezioni regionali.
Inquietante è però il fatto che al contrario non pochi ex nazisti occupano il
proprio posto senza essere disturbati. Si
cita così il caso del giurista Götz che non
è stato accettato, nel 1973, ad incarico
pubblico per la sua appartenenza al partito comunista essendosi opposto il presidente della Corte d’Appello di Düsseldorf, membro delle S.A. in epoca nazista.
Di fronte all’estendersi di questa repressione ideologica hanno preso posizione i sindacati nella Renania-Palatinato, li
partito Social-Democratico a Oldenburg,
cento professori universitari nel Baden.
Questi ultimi hanno ricordato che crudeli esperienze nella storia del popolo tedesco stanno a dimostrare come la burocrazia statale possa minacciare un ordine
democratico e costituzionale.
Eguali proteste si sono avute negli ambienti ecclesiastici e culturali, la dichiarazione di Heinrich Boll è si^ificativa al
riguardo: « Il decreto impedisce ogni discussione politica ed intellettuale... scoraggia i giovani... li costringe ad una forma di compromesso umiliante e ipocrita;
questo provvedimento ha come risultato
la paralisi e la fine di ogni speranza ».
Dal canto suo l’ONU ha fatto pressioni
sul governo della Repubblica Federale, su
istanze della Federazione dei giuristi democratici, perché vengano abolite queste
interdizioni al libero esercizio della professione. {da « Réforme », 15-2-75)
Pane agli
affamati
GIQVANNI 6
Ho sentito recentemente una
predicazione sul passo evangelico
della moltiplicazione dei pani.
L’accento era messo quasi esclusivamente sulla massa che non
aveva nulla da mangiare e da qui
l'imperativo a tutti di lottare per
una maggiore giustizia sociale.
Nulla da eccepire a questa giusta
lotta. Negli anni passati, ora un
po’ lontani, ho sentito altre predicazioni sul medesimo testo.
L’accento, allora, era diverso. Ci
si soffermava sulla compassione
di Cristo che ha cura di quelli che
sono come un gregge senza pastore. Anche qui nulla da eccepire
che Cristo sia il vero pastore. Anzi
aggiungerei che egli è il solo pastore delle masse diseredate. Tuttavia, queste due interpretazioni,
che corrispondono alla mentalità
di due diverse epoche, hanno proprio centrato quel che la Parola
dice agli uomini?
Tutto comincia con la compassione di Cristo. Questa, poi, si
esprime con un appello ai discepoli « date voi lor da mangiare ».
L’una e l’altra interpretazione su
citate hanno qui innegabilmente
il loro appoggio. Ma il passo dice
di più. Dice: la reazione dei discepoli « non abbiamo altro che
cinque pani » e la risposta di Gesù
« portateli »; poi la finale: la moltiplicazione dei pani ed il nutrimento di tutta quella enorme
massa. Quest’ultimo atto è l’azione di Gesù. In conclusione, di
fronte alla massa affamata l’azione vera è lui che la compie. Essi
devon dare quel che hanno e quel
che sono, ma il « miracolo » non
son loro che lo compiono, ne sono solo gli strumenti.
Quando nell’evangelo di Giovanni si riparla del fatto, è proprio questo che Gesù rimprovera
ai discepoli: di non aver scoperto il « miracolo » ma di essersi
fermati ai pani che li hanno saziati. Una volta di più è chiaro
che non si può parlare, come si direbbe oggi, solo di una linea verticale ed altrettanto non solo una
orizzontale. Queste categorie di
cui si abusa contribuiscono ben
spesso a « scorticare » la parola
di Cristo, che è sempre diversa
perché è viva e perciò anche ha un
movimento pendolare di alto e di
basso.
Dopo che Cristo fu risuscitato,
e proprio perché risuscitato, questo passo doveva esser molto chiaro alla chiesa, tanto che è il più
citato nei vangeli. I discepoli dovevano, di certo, prenderlo come
direzione della loro testimonianza e tirare le conseguenze più
(continua a pag. 4)
TuUio Vinay
2
Ki'ualche pàrplessità
„ :c’è ,• anche . ‘riguardo al
modo di 'affr'bntarlo; si
pone l’accento sulla situazione sociale, sul
dramma umano, sulla
realtà medica, e va be, . , . , . , ,, . tie, ma la motivazione
La piccola inchiesta che abbia- teologica e biblica del nostro at
a coHoq uio
con i lettori
mo condotta fra i lettori, invitandoli a rispondere ad alcune
domande pubblicate sul n. 4, non
ha ottenuto grandi risultati, né
ci si poteva attendere una reazione totalitaria. I fratelli in fede ed amici che hanno risposto
hanno manifestato apprezzamento per il lavoro condotto sin qui,
alcuni hanno anche formulato
auguri ed incoraggiamenti, tutti
hanno delle osservazioni critiche
da fare. Gli articoli sono giudicati da alcuni troppo lunghi e
da altri troppo parziali.
Ne tengano conto i collaboratori per non costringerci ad usare le forbici.
Troppo estesa è, secondo i
punti di vista, la pagina politica,
quella ecumenica, quella delle
notizie locali; come accontentare
tutti? Ci sforzeremo di dare
maggior varietà al giornale.
. I temi che si vorrebbero trattati maggiormente sono la riflessione biblica, l’evangelizzazione, le attività della chiesa. Specialmente il secondo e su questo
problema pensiamo impostare
una ricerca più ampia possibile in una prossimo numero.
Chi suggerisce che si discuta
anche « delle responsabilità dei
lavoratori e sindacati nella crisi
delle industrie, l’assenteismo e lo
sfruttamento delle mutue... » ha
del nostro giornale una sua opinione tutta personale, giudicandolo « settimanale politico-sindacale anziché mezzo di testimonianza evangelica », opinione rispettabile, come tante, veritiera
o no è un altro discorso.
TROPPO VALDESI
Più significativa è invece la
critica, se si può chiamare critica V osservazione fraterna e
cortese, fattaci da più parti, di
essere troppo « valdesi », di non
concedere spazio sufficiente ai
fratelli metodisti. Vi è anche
chi propone che si abbia una pagina consacrata alle comunità
metodiste, come si è riservata la
pagina per le Valli valdesi.
Dobbiamo precisare ancora
una volta, e non sarà l'ultima
forse, che il giornale « la Luce »
è il giornale delle comunità vaidesi altrettanto quanto lo è di
quelle metodiste, riservare a queste un angolino sienificherebbe
dire « vi ospitiamo in casa nostra, accanto al caminetto ».
La Luce è "casa” metodista, si
tratta di prenderne coscienza ^
RISERVE
I numeri che abbiamo consacrato all’aborto hanno suscitato
interesse nella maggioranza dei
lettori, interesse critico, s’intende. Il problema in sé è già di
difficile approccio, non sono pochi i credenti che giudicano
inopportuno parlarne e sopratttutto che non ritengono opportuno che la chiesa se ne interessi. Si tratta di una questione
profana, umana, pratica, non di
un problema spirituale.
teggiamento non è sempre, in
tutti evidente.
Chiarezza ci vuole, ma proprio per questo abbiamo iniziato la ricerca in comune.
Il pastore Giovanni Conte ci fa
parte di una sua perplessità riguardo all’annunzio mortuario,
apparso nel n. 8, in cui si preannunziava «una messa di settima».
Si tratta di una famiglia non
evangelica, che si esprime nei termini classici della pietà cattolica. Egli fa notare che « in un
ternpo in cui... si lotta per restituire ai funerali la dovuta semplicità e la caratteristica chiara
di annunzio dell’evangelo » il dare « anche solo formalmente
spazio ad una forma di pietà così poco evangelica quale le messe per i defunti » suscita riserve.
E superluo sottolineare, ed, i
lettori lo hanno compreso, pensiamo, che non si tratta per noi
di modificare in alcun modo il
nostro pensiero sulla dottrina
delle messe facendola rientrare
in qualche modo fra le cose accettabili; certo la via fra rispetto
della fede altrui e lucidità evangelica è stretta, cercheremo di
seguirla. il direttore
Segnalazioni
(a cura della Claudiana)
S. H. PFURTNER, La Chiesa e la sessualità, pp. 358, L. 5.000 (Bompiani)
con bibliografia aggiornata a cura di
F. Saivonì. Introduzione di Giancarlo
Zizola. Il famoso libro che è costato
la cattedra all'autore, già docente di
teologia morale airUniversità di Friburgo e domenicano.
DANIEL ATTINGER, Il tesoro nel campo
- una introduzione alla lettura della
Bibbia, pp. 218, L. 2.500 (Gribaudi).
L autore, pastore della Chiesa riformata svizzera, è ben noto a Torino
dove ha esercitato il ministero pastorale per alcuni anni nella chiesa
valdese. Questo libro è un felice avvio, con 14 esempi pratici, alla lettura comunitaria della Bibbia.
Comunione e liberazione ■ una nuova
«. politica cattolica », a cura del Centro operaio, pp. 96, L. 1.000 (Coines).
Utile e opportuna analisi di un movimento in ascesa che, sotto false parvenze « democratiche » o addirittura rivoluzionarie, nasconde un pericoloso neo-integrismo cattolico che ritenta la conquista della scuola e dell'università.
Comunità deirisolotto, la Bibbia è del
popolo - una comunità cristiana legge il libro dell'Esodo (COM/docu
menti n. 2 ), L. 250.
L'ULTIMO LIBRO DELLA CLAUDIANA
Il sermone sul monte
Chi è l’autóre, perché riunisce i detti di Gesù,
qual’è la sua teologia?
La presenza di quel maestoso
!< discorso » di 110 versetti, all’inizio del vangelo di Matteo,
costituisce per i lettori del N.T.
un enigma aft'ascinante; com’è
che i « detti del Signore » compresi nel Sermone sul Monte sono raggruppati in quel blocco
didattico di solennità incomparabile? Che cosa ha conferito al
Sermone sul Monte il suo singolare profilo?
Se noi avessimo nel N.T. un
solo vangelo si potrebbe dare
questa risposta: Gesù ha pronunciato il suo primo grande
discorso in quella forma e con
quel contenuto. Il Sermone sul
Monte è così perché Gesù lo
pronunziò così.
Però non abbiamo nel N.T. un
vangelo solo ma ne abbiamo
quattro. Allora quella risposta
non è più valida. Vediamo il
perché.
Il Sermone sul Monte come lo
conosciamo in Matteo 5-6^7 nòn
ha parallelo negli altri vangeli.
Molti dei detti che esso contiene
hanno, negli altri vangeli, una
collocazione diversa, sono attribuiti a una diversa situazione.
Se l’elenco e l’ordine dei detti
del Sermone sul Monte risalisse
direttamente a Gesù, questo vc-rrebbe dire che gfi altri vangeli
(specialmente Luca) hanno arbitrariamente sezionato il Sermone sul Monte e hanno trasferito
NOVITÀ’
KARL BARTH ,
L’umanità di Dio
Introduzione di Sérgio Rostagno . ' '
pp. 80, L., 1.300 (P,C;M.)
Il teste fondamentale della’seconda «grande svolta»
del pensiero barthiano che ha segnato l'ultima fecondissima fase del teologo di Basilea.
Se siamo veramente dei testimoni della reale trasformazione del mondo in Cristo, noi siamo degli uomini che
lottano. Dio ha valuto come suo partner un uomo libero
che vive da militante la trasformazione del mondo.
Un libro per chi vuole cominciare a leggere seriamente
Barth.
EDITRICE CLAUDIANA
Via Principe Tommaso, 1
c.c.p. 2/21641 - 10125 Torino
ad altre situazioni una parte del
suo contenuto.
Questo è senz'altro possibile.
Ma è anche possibile il contrario: che il primo vangelo abbia
collocato « sul Monte » parole di
Gesù che appartenevano ad altre situazioni!
Considerando bene tutti i bra- •
ni che formano il Sermone sul
Monte, in definitiva è più probabile la seconda soluzione, cioè:
che nel Sermone sul Monte di
Matt. 5-6-7 si trovino accostati insegnamenti che in origine erano
separati, che appartenevano a
situazioni diverse.
Prima domanda: Chi li ha accostati? Chi li ha riuniti per fare una « carta costituzionale del
Regno di Dio »? L’autore del primo vangelo? Oppure costui ha
già trovato (cercando come dice
Luca 1: 1-4 i lavori dei suoi predecessori) questa raccolta di insegnamenti di Gesù con quella
struttura caratteristica che conosciamo dai capitoli 5-6-7 di
Matteo?
Seconda domanda: A quale necessità rispondeva, che scopo si
proponeva, una struttura di quel
genere? Quale situazione nella
comunità primitiva può spiegarne l’origine e il significato?
Il libro ora pubblicato dalla
Claudiana esamina alcune delle
situazioni possibili:
Con il « Sermone sul monte »
si voleva contestare if prestigio
di Paolo e la sua « 'teologia »?
Si voleva scagionare il giudeo, cristianesimo dalle accuse Ché .
gli Smuoveva un’altra parte' dellà '
chiesa priiriitiva? ; ' '
Si volevii fare una « nuova ..
legge», dà• contrapporre a quel-, ,
la dell ’Esodo : promulgata da Mosh sul :rnont^■ dei ,Sinai?' , .i,.:,
O si vGlejjai con parole di;Ge-/.,.
sùf mettere insieme ,qn , ,dpcu- '
mento dottrinale da opporle .
Quelli che. elaborava, il centrò ,
dottrinale- del Qìudài^mp fari- ,,
saico a Jamnia vèrsq la fine , del, ,:
•I” ..secolo.? ■ '
Qppùre il Serippne s,ul Monte
è lo sforzo di iqterpretare l’E,vangelo in una sifiiazione di ritardo del ritorno di Cristo?
. Queste spno alcupe delle dor
mande che il libro, propone e alle qqali cerca di dare una risposta. Quel che è certo, è, che Iq,
norme di condotta indicate dal
Sermone .sul Monte non possono
essere isolate dall’annunzio dql
Regno di Dio. B- Corsani
W. D. Daviés: Capire il Sermone
sul monte. Claudiana, 1974
SCHEDA BIBLICA
(D MOSE’
Dobbiamo situare Mosè nel tessuto delle tradizioni storiche
che interessano il popolo di Israele; non si dovrà quindi perdere
di vista la complessità di queste tradizioni per capire le numerose attribuzioni conferite a Mosè nell’arco di molti secoli.
Le tradizioni concernenti Mosè sono fondamentali per la fede
israelita e saranno riprese ed interpretate lungo tutto il corso
della storia di Israele fin verso il V-III secolo a. C. Si tratta della tradizione dell’Egitto e dell’Esodo, della tradizione del cammino di Israele nel deserto, infine quella del Sinai. Sappiamo che
originariamente queste tradizioni erano indipendenti Luna dall’altra e che si sono unificate dopo un lungo processo, divenendo patrimonio comune delle tribù di Israele. Questa confluenza è stata
possibile in quanto aveva due poli di riferimento indiscutibili:
Mosè ed il Sinai. Questi due temi dunque hanno costituito elemento catalizzatore di tradizioni disparate, proprie di singoli
clan e tribù.
Sulla persona di Mosè che domina gli avvenimenti dall’Esodo
al termine della marcia nel deserto, si rivela lo stretto rapporto
fra esegesi e ricostruzione storica. La non comprensione di quanto abbiamo detto sopra aveva portato la critica storica e letteraria ad un processo di « riduzione » della figura storica di Mosè. Partendo dai racconti che parlano di Mosè (dall’Egitto in cui
è nato, alla preparazione della fuga, al deserto, al Sinai, fino alle
soglie di Canaan dove muore a 120 anni), si ricostruiva la sua
figura procedendo all’eliminazione di tutto ciò che sa di miracoloso e di antistorico, illudendosi cos': di aver riportato alla
luce il vero Mosè della storia. Ne veniva fuori un Mosè come
capo e guida del popolo, come padre della patria, come fondatore di religione, datore della legge, destinatario della rivelazione, un superuomo. Il metodo usato era quello applicato anche
al Nuovo Testamento nel tentativo di ricostruire il Gesù storico.
L’incontro di queste diverse tradizioni storiche e la loro fusione ha costituito la fede di Israele, il suo Credo, da mantenere ed insegnare alle nuove generazioni. Il testo di Deuteronomio 26: 5 seg. in cui vengono ricordati gli avvenimenti del passato che costituiscono appunto il fondamento della fede israelita non fa però alcuna menzione di Mosè.
Questo è di grande importanza perché conferma il fatto che sono state le generazioni posteriori a fare emergere la
sua figura sino ad attribuirgli quel posto preminente che ha attualmente nei libri del Pentateuco.
L’aver individuato l’autonomia dei singoli temi che compongono il Pentateuco, nelle diverse tradizioni storiche, ci porta di
conseguenza alla domanda: in quale di questi molteplici temi
era originariamente radicata la figura di Mosè? Porre questo interrogativo significa che non si può dare per scontato che Mosè
sia necessariamente implicato nelle diverse tradizioni storiche
sopra accennate e che parlano di lui.
Nello stesso tempo vuol dire che la nostra ricerca non può
che essere approssimativa, indicare delle ipotesi senza alcuna
pretesa, data l’impossibilità di una ricostruzione storica degli
avvenimenti.
Veniamo ora all’esame delle tradizioni in cui appare Mosé.
1. LA TRADIZIONE DEL DESERTO
Si tratta di molteplici tradizioni locali che rivelano problemi
ed esperienze della vita nomade nel deserto; i riferimenti sono
generalmente localizzati attorno alle oasi. Si nota che in alcuna
di queste tradizioni Mosè ha un ruolo specifico, intercambiabile.
Oggi è indiscusso che il riferimento alla peregrinazione di
Israele nel deserto si riconnette al tema della guida divina nel
deserto; si tratta di tradizioni a carattere locale (proprie di alcuni clan) che soltanto più tardi verranno considerate come itinerario ideale che dall’Egitto conduce al Sinai e di qui alla terra
promessa.
2. LA TRADIZIONE DEL SINAI
Il significato preminente che il Sinai ha nel Pentateuco sembra far pendere la bilancia delle preferenze, ma anche qui sorgono delle difficoltà. Infatti è assodato che quasi tutte le leggi
che sono in relazione al Sinai derivano da una situazione di vita
sedentaria e vanno quindi attribuite ad un’epoca posteriore a
Mosè. Cade pertanto la figura di Mosè come datore della legge.
Però la tradizione sinaitica non parla solo della legge che
Mosè avrebbe dato al popolo ma anche del patto. Il tema del
patto però, a detta degli studiosi, non può assolutamente essere
ricollegato al Sinai e neppure a Mosè. Se appare al Sinai il tema del patto è perché lo si è introdotto in un periodo successivo, quando si è proceduto ad una nuova riscrittura della Bibbia.
Mosè quindi non è neppure mediatore del patto. Resta il motivo
della teòfania, della rivelazione di Dio (Es. 19). Gli studiosi sostengono però che il genere della teofania escluderebbe che si
tratti di una rivelazione ad una persona sola, e che vi sia.il tema di‘ dover comunicare qualcosa al popolo. Sembra che la figura di Mosè sia difficilmente inseribile in questi àyveniriienti
che avrebbero interessato altri clan e tribù israelitè; avvenimeh■ ti attribuiti a'Mosè molto più tardi. . ' '
3. LA TRADIZIONE DELL’ECITTO-ESODO
Ci resta quindi la tradizione Dell’Egitto, avvalorata dal fatto
' ohe Mosè è un nome egiziano. l^Ia soprattutto pér,¡il fatto, che
Mosè ha un ruolo centrale, nella storia della salvezza èd .è if puiil'to focale.degli-avvenimenti dhe precèdqno la fùgà daliEgitto, '
i' ! 'È-molto-probabile quindi che la figura di Mòfeè'sià-dà jicòllegare a questi avvenim’enti, nonostante la difflc&ìt'à’' di precidere.quale ruolo egli abbia ,avutó (ne'àbbiarno un 'esempio nei di
.-versi profili esaminati).- . - i > . '
La nostra indagine ci ha portati a constatare come la figura
di Mosè sia stata considerata nella tradizione biblica sul model' lo di figure più recenti, quali gli uomini di Dio ed i profeti.
. Ci si potrebbe chiedere « quali » figure avrebbero-‘potuto essere usate per indicare Mosè nel suo tempo e l’unica risposta
che possa avere una qualche possibilità di realtà' è quellà' dei
patriarchi, cioè figure che hanno fatto l’esperienza di rivelaziq. nii, di promesse, che adorano delle divinità nomadi e quindi non
legate a luoghi di culto. Se Mosè può essere considerato spttt)
questa luce-è chiaro che egli ha avuto iri ogni tempo un gràhdis-simo significato che è ancora cresciuto cori l’inserimento del téma dell’Esodo nel complesso delle tradizioni di Israele. ’
Il Dio salvatore e liberatore dall’ÌEgitto sarebbe quindi il Dio
di Mose, un Dio che aveva promesso ai sugi adoratori un’eredità e una terra e quindi la libértà dà Ogni oppressione.
E. Genre
3
C.E.C. E MISSIONI
evangelizzare: rendere l’uomo
partecipe alla realtà di Cristo
Si è riunita in Portogallo la
ne e l’evangelizzazione del
Commissione
C.E.C.
Oer la Mi ss io* CJhiesa di Cristo sulla terra?».
* Try earrtiii-r\ ridi
F.i.n^i!eira da Foz - Portogallo (soepi) —
La Commissione per la Missione e l’Evanr;elÌHzazioiie del Consiglio Ecumenico
delle Chiese s’è riunita in un paese che
è eh ventato il simbolo della decolonizzazione ed ha iniziato nella settimana dal
3 al 7 febbraio la lotta per intensificare
la ch'colonizzazione della missione.
Rivolgendosi ai 70 rappresentanti
di organismi missionari e consigli di
Chie:.;.', riuniti nel centro ecumenico per
la r.! conciliazione di Pigueira da Foz, il direttore della Commissione per la Missione e l’Evangelizzazione cCME), il pastore uruguayano Emilio Castro (47 anni),
ha fatto notare che evangelizzare non significa intraprendere « una crociata per
conquistare il mondo », ma piuttosto
« presentare Gesù Cristo, mostrarci al
mondo quali siamo, pronti a servire dove saremo chiamati, sperando che molti
giungano a conoscere Cristo come Signore e Salvatore ». Egli ha detto di aspettare con timore e fiducia la V Assemblea
del Consiglio Ecumenico, che si terrà nel
prossimo novembre e che avrà come tema ; « Gesù Cristo libera ed unisce ».
L’evangelizzazione non è una questione
di tecnica, ma si tratta di essere interamente al servizio di Dio e in completo
rapporto di amore per il prossimo. È per
questo motivo che il pastore E, Castro
ha auspicato un dialogo con uomini di
altre ideologie e religioni, affinché l’Evangelo d’amore non sia solo ascoltato,
ma compreso.
cale e la visione della lotta mondiale alla
quale i cristiani devono partecipare ».
Il recente colloquio organizzato a Montreux dal CEC nel dicembre ’74 ha invitato la Chiesa ad essere a fianco dei poveri nelle loro lotte per la liberalizzazione. Ora, secondo E. Castro, « non possiamo partecipare a questa lotta senza avere
coscienza del fatto che siamo cristiani,
perché questa è l’origine stessa del nostro impegno verso i poveri della terra».
Bisogna inoltre porre un altro problema
evangelico ; « Possiamo noi privare il povero della gioia di conoscere coscientemente e personalmente Gesù Cristo? ».
Gesù è per i poveri, è con loro. Ma « come possiamo lottare per la giustizia a
fianco di tutti i poveri e nello stesso tempo rifiutare loro il diritto di essere la
Parlando in seguito del compito missionario tradizionale delle Chiese occidentali, il pastore Castro ha ricordato il
messaggio di Bangkok, secondo cui « il
Cristo è a casa sua dappertutto, in tutto
il mondo ». Le Chiese dell’Asia, deH’Africa, deirAmerica latina conoscono ora le
proprie responsabilità; si tratta di fare
in modo che tali responsabilità vengano
riconosciute anche da tutti coioro che
partecipano alla missione di Dio nel
lyiondo.
La « moratoria » ( cioè la cessazione
della dipendenza materiale e spirituale
delle Chiese sorte dalla predicazione missionaria), sempre più dibattuta da Bangkok in poi, suggerisce che le Chiese del
Terzo mondo si tengano pronte a mandare dei missionari nei paesi occidentali
e che le Chiese occidentali sviluppino Fazione missionaria nei propri paesi.
L. Deodato
una valutazione di J. Maury
A questo proposito ha citato l’Indonesia, dove avrebbe dovuto aver luogo la
V Assemblea del CEC, per far vedere come sia difficile un dialogo aperto a tutti.
ACCETTARE LA SFIDA
Parlando del tema del Congresso di
Losanna : « Proclamare l’Evangelo all’umanità intera» il pastore E. Castro ha
accettato la sfida, ma ha anche insistito
sulla necessità di organizzarsi in comunità cristiane.
« Bisognerebbe tanto forgiare una comunità cristiana ubbidiente, quanto diffondere ¡’Evangelo in mezzo alle altre nazioni e popoli ». La Chiesa cristiana dovrebbe essere un simbolo ed una manifestazione visibile della « riconciliazione
che Dio desidera per tutta l’umanità».
Inoltre, per il pastore E. Castro, la Chiesa deve anche servire come « centro di
formazione per la liberazione. Chiamare
gli uomini a Gesù non vuol dire farli
uscire dal mondo, ma aiutarli a ritornare nel mondo nel Nome di (Tesù Cristo ».
«Il prossimo grande compito dell’educazione teologic-a sarà di colmare il fossato tra ciò che accade nella comunità lo
Questo incontro è stato caratterizzato
da due elementi: in primo luogo il fatto
che esso si sia svolto in Portogallo. È stata una scelta fatta deliberatamente. Si
trattava infatti, tra l’altro, di manifestare alle piccole Chiese Evangeliche di questo paese, lasciate da sempre un po’ ai
margini della vita ecumenica a causa della situazione del Portogallo fino al 25
aprile scorso, il desiderio del Consiglio
Ecumenico delle Chiese (CEC) di riprendere un contatto vivo con loro e di accompagnarle nella loro attuale partecipazione alla costruzione di una nuova società portoghese. I lavori della Commissione sono stati segnati da questo fattoed esso ha contribuito a far prendere ai
partecipanti una più viva coscienza dell’importanza essenziale delle situazioni
nelle quali le Chiese si vengono a trovare
per quanto riguarda la loro responsabilità missionaria.
In secondo luogo si trattava deH’ultima
riunione della Commissione (che era stata nominata ad Uppsala nel 1968) prima
di Nairobi, quando scadrà il suo mandato. Questa circostanza ha avuto un duplice effetto. Primo: ha costretto la Commissione a preoccuparsi della preparazione dell’Assemblea di Nairobi e del contributo particolare da recarvi.
Secondo: com’era d’altra parte prevedibile la prossimità dell’Assemblea di Nairobi ha reso un po’ diffìcile poter elaborare dei progetti a lungo termine. Sono state formulate delle proposte da farsi alTAssemblea, che deciderà in merito.
PROBLEMI APERTI
Qual’è stata l’evoluzione della Commissione in questi due ultimi anni, dopo
ARIA DI ROMA
Hans Kling ammonito
Hans Küng, noto teologo cattolico svizzero (nato nel 1928, insegna dal 1960 teologia dogmatica ed ecumenica a Tubinga, in Germania), è stato recentemente
« ammonito » dalla congregazione vaticana per la dottrina della fede (ex-Sant’Uffizio) per « alcune opinioni » suH’infallibilità del papa, sul magistero ecclesiastico e sulla chiesa, che « si oppongono alla
dottrina della Chiesa cattolica che dev’essere professata da tutti i fedeli».
L’ammonizione, rivolta « per mandato
del Sommo Pontefice Paolo VI », quindi
non solo per iniziativa della congregazi»;
ne, è « di non continuare a insegnare tali
opinioni », ricordando che l’autorità ecclesiastica gli ha affidato l’incarico di insegnare teologia « nello spirito ■ della dcrttrina della Chiesa e non invece opinioni
che demoliscono questa dottrina o la mettono in dubbio ».
L'ammonizione disciplinare, che è del
15 febbraio scorso, è tutto sommato piuttosto blanda. Vengono alla mente, per
contrasto, i roghi di cattolici dissidenti
del passato, quali Girolamo Savonarola e
Giordano Bruno. Ma si pensa anche ai
numerosi teologi cattolici contemporanei
che, per aver sostenuto tesi non condivi
se dalle « autorità superiori », sono stati
senz’altro esonerati dall’insegnamento.
Evidentemente o il Vaticano non considera Kiing molto pericoloso oppure non
osa prendere nei suoi confronti dei provvedimenti più drastici data la sua notorietà intemazionale e la tutela giuridica
di cui gode come professore universitario
che insegna in una università di stato.
£ presumibile che Kiing, da parte sua,
non accetterà le ingiunzioni vaticane che
non hanno ancora il carattere di ultimatum. Egli ha ffnora rifiutato di recarsi a
Roma per « spiegare » le sue posizioni
davanti alla Congregazione per la dottrina della fede, contestando i metodi inquisitoriali da essa ancora praticati.
È soprattutto nell’opera Infallibile? che
Kiing si è scostato dall'ortodossia cattolico-romana mettendo in dubbio il dogma
deirinfallibilità pontificia e sostenendo al
riguardo una posizione non lontana da
quella evangelica.
Ma appunto: evangelo e Vaticano son
due realtà contrastanti: chi s'avvicina al
primo s’allontana necessariamente dal secondo, e viceversa.
echi
dal mondo cristiano
iuh&ha
Riischlikon (Bull. ARM) — « Le nostre
discussioni sono state incoraggianti e
proficue », così ha dichiarato uno dei partecipanti alla prima sessione di una serie d’incontri organizzati dall’Alleanza
Riformata Mondiale (ARM) e dall’Alleanza Battista Mondiale (ABM), che ha
avuto luogo nel seminario battista vicino
a Zurigo (Svizzera). Nel documento finale si rileva come le due tradizioni, quella
battista e quella riformata, hanno « una
radice comune nella loro storia che risale al periodo della Riforma, ai primi Padri della Chiesa ed al Nuovo Testamento » e come « storicamente la teologia di
Calvino e di Zwingli abbia avuto una
grande influenza sullo sviluppo del pensiero battista successivo alla Riforma ».
Oltre alle convergenze sono state anche
messe in luce le divergenze, che riguardano essenzialmente la dottrina e la pratica del battesimo, la dottrina e le strutture della Chiesa. Il gruppo ha anche elaborato un programma di lavoro eia svolgere aH’interno delle singole Chiese.
Concordato (Adista).
Bangkok? E incontestabile che l’impatto
di questa conferenza si è fatto e si farà
sentire positivamente ancora a lungo.
A Figueira da Foz si è di nuovo parlato
della « moratoira », la cui idea aveva
avuto una prima eco a Bangkok e che è
stata ripresa con tanto vigore daH’Assemblea delle Chiese di tutta l’Africa
(C.C.T.A.) nel maggio scorso. A tal proposito bisogna notare che, passato ormai
rm po’ di tempo e spentasi la prima eco,
le reazioni viscerali sollevate da questa
richiesta si stanno smorzando, e siamo
entrati ora in una fase di riflessione, nella quale si delineano certo molte sfumature diverse. Ma nello stesso tempo essa
è più costruttiva perché tiene conto delle
conseguenze e valuta la portata di una
tale proposta che non è da prendersi come una semplicistica soluzione da apnlicare sistematicamente ad ogni situazione.
Sono stato colpito dalla convergenza delle reazioni espresse a Figueira da Foz con
quelle che erano emerse nel settembre
scorso durante l’ultima sessione del Consiglio della CEVAA a Lomè (Togo). È apparso sempre più chiaramente che quanto
bisogna cercare con vari mezzi (tra i quali in alcuni casi anche la drastica applicazione della « moratoria ») sia una più autentica collaborazione, più libera, più resposabile, più reale tra le Chiese sparse
nel mondo per il compimento della loro
missione...
L’agenzia d’informazioni ADISTA (di
tendenza socialista) in un comunicato del
10 febbraio sul Concordato afferma tra
l’altro : « Una revisione sostanziale del
Concordato non dovrà tradursi nella pura presa d’atto della caduta di alcune foglie secche. Oltre alla eliminazione di anacronistiche imposizioni dall’una o dall’altra parte (giuramento dei vescovi davanti all’autorità statale, scomunica civile
dei preti apostati o censurati) vi è la necessità di affondare il bisturi nella materia matrimoniale, in quella scolastica e
anche in quella patrimoniale.
Ottenere questo è possibile, con vantaggio della comunità cattolica e dello
Stato. Invece puntare alla pura abolizione del Concordato significa mancare di
realismo, dato che attualmente non vi
sono, nei campi dei due contraenti, le
forze capaci di imporre (o di accettare)
soluzioni radicali». Più chiaro di così...!
Dovrei menzionare ancora molti altri
aspetti del lavoro della Commissione circa i suoi vari dipartimenti. Desidero oui
citare il dipartimento della Evangelizzazione che ha necessità di allargarsi ulteriormente; quello della Educazione per la
missione che ha l’ambizione creatrice di
coinvolgere sempre di più l’insieme del
popolo della Chiesa nel compito missionario; ed infine il dipartimento per pii
scambi ecumenici del personale, che lavora insieme alla Commissione ner l'aiuto
reciproco, e il cui compito si rivela ogni
anno sempre più importante, essendo
chiamato a sviluppare tra le Chiese dei
nuovi tipi di collaborazione più libera, più
responsabile e che rappresenta una sfida
importante alle società missionarie circa
l’indispensabile evoluzione delle_ loro
strutture. È probabile ed euspicabile che
dopo Nairobi questo dipartimento si Sviluppi ulteriormente.
Su d’un altro piano è da notare corne le
strutture del CEC, nonostante tutto, siano
apparse in vari momenti troppo complesse. Esse dovranno essere semplificate in
modo che, per es. un organismo come la
Commissione per la Missione e l’Evangelizzazione possa svolgere la sua indispensabile funzione al centro stesso del
CEC, senza trovarsi invece un po' relegata
ai margini. Si può ancora osservare come
la nostra stessa Commissione dovrà modificarsi nel prossimo futuro, consentendo alle Chiese del Terzo mondo (che sono
qui realmente presenti) di avere di fronte e accanto non soltanto le società missionarie dell’Europa o degli Stati Uniti,
ma le Chiese stesse del mondo occidentale.
Czestochowa (Snop) — Il santuario
mariano di Yasna Gora in Polonia ha conosciuto e conosce un’attività particolarmente intensa. Il cardinale Gouyon (francese), recentemente ritornato da un viaggio in Polonia, ha dichiarato che «il cattolicesimo polacco per evitare di essere
soffocato ha bisogno di manifestazioni
di massa. La loro dimensione sfida ogni
paragone che noi possiamo fare, essendo
ancora più grandiose di quelle di Lourdes. Esse rafforzano il coraggio dei membri di chiesa, permettono ai vescovi di
farsi ascoltare e infine sono capaci di
impressionare il governo ». Alle principali feste mariane il numero dei pellegrini
variava da 20 mila a 90.000. Le celebrazioni hanno raccolto perfino 1.250.000 partecipanti. Un gruppo di 14 mila pellegrini di Varsavia ha compiuto una marcia
di 250 Km.
Hannover (Bip e Epd) — Nella Germania Federale si sta verificando un massiccio esodo di membri di Chiesa. Si calcola che nel ’73 su 28 milioni di evangelici circa 180 mila hanno abbandonato la
loro Chiesa; nello stesso periodo in campo cattolico le defezioni sono state di 70
mila unità. Nei primi mesi del ’74 nel solo distretto di Hannover (che conta circa 4 milioni di protestanti) si sono avute più di 500 defezioni; ma in dicembre
esse erano più di 800. In genere abbandonano le proprie Chiese le persone anziane o di tendenza conservatrice. Per ritrovare im fenomeno analogo bisogna risalire al 1937.
Berna (epd) — Si è calcolato che per
sovvenire alla mancanza di generi alimentari dei paesi sottosviluppati sarebbe sufficiente che ogni europeo e nord-americano rinunciasse una volta alla settimana a consumare carne. Il denaro cosi, risparmiato dovrebbe essere usato a sovvenzionare i programmi di sviluppo per
il terzo mondo. Una campagna in questo
senso è già in corso in Svizzera.
P. R.
J. Maury
Hanno collaborato: Mirella Bein, Adolfo Charbonnier, Luciano Deodato, Arnaldo Genre, Raimondo Geme, Dino
Gardiol, Guido Mathieu, Alberto Taccia, Salvatore Ricciardi.
4
VALDESI E METODISTI A NAPOLI
Essere presenti nella città
in una linea di marcia avviata
Napoli. Da oltre un secolo le comunità evangeliche sono
impegnate in una città piena di contraddizioni, sociali, politiche e religiose: la fotografia del paese
Culti, catechismo e scuola domenicale,
gruppo giovanile sono andati mano a mano unificandosi. Non è il caso di soffermarsi sui dettagli.
1. LA CHIESA CRISTIANA
DEL VOMERO
Verso la fine dell’SOO, Teofilo Gay, pastore della Chiesa Valdese di Napoli, iniziava un lavoro di evangelizzazione in
quel « Vomero » che, all’epoca, più che
quartiere alto o zona residenziale o —
quel che in fondo è oggi — città nella città, era luogo di villeggiatura a un tiro di
schioppo dalla città, dal clima più desiderabile ancora. Quel lavoro evangelistico aveva il suo centro in una saletta di
via Cimarosa. Alcuni anni più tardi, per
l’iniziativa di una famiglia evangelica di
insegnanti, si apriva, nella parallela via
Scarlatti, una scuola elementare privata.
Frutto di queste attività congiunte, e della rete di contatti che esse permisero di
stabilire, fu quella fiorente comimità
evangelica che venne a costituirsi nel
1909 in maniera autonoma, col nome di
Chiesa Cristiana del Vomero.
Essa ebbe la sua sala di culto e di attività, per lunghi anni, in piazza Vanvitelli.
L’esiguità del locale era compensata in
qualche modo dalla sua ubicazione: il
pieno centro del quartiere che andava
man mano sviluppandosi.
La chiesa ebbe come caratteristiche im
vivo slancio evangelistico, una certa sollecitudine per i problemi sociali, una
grande apertura interdenominazionale.
Queste le vennero impresse certamente
da Gaio Gay che ne fu « il pastore », e che
ancor oggi è ricordato come « il pastore
del Vomero » anche da persone che con
la chiesa evangelica hanno avuto un contatto marginale, fugace, passato. Uomo
di grande disponibilità, come diciamo oggi, e di forte personalità, diede veramente tutta la sua vita all’opera dell’Evangelo. Rimase pastore del Vomero fino al
1940 (anno della sua morte). Basterà dire di lui che la sua statura spirituale gli
permise di svolgere il suo ministero sebbene non avesse mai voluto chiedere l’approvazione governativa prescritta per i
ministri di culto acattolici dalle Leggi
del 1929.
Alla sua morte, la Chiesa subì persecuzioni e tentativi di disgregazione. Qualcuno purtroppo andò a segno, ma la grazia
di Dio, operante attraverso la ferrnezza e
la memoria di molti fratelli, e l’aiuto di
pastori di varie denominazioni, la preservarono dal perdere la propria identità.
Nel 1956, andarono in porto trattative
di adesione della comunità alla Chiesa
Valdese, della quale essa fa parte da allora, pur conservando il suo nome di
« Chiesa Cristiana del Vomero ». Nel 1957,
avvenne il trasferimento nei locali di via
Andrea Vaccaro. Nel 1964, fu possibile alla Tavola inviare alla Chiesa del Vomero
un suo pastore, mentre fino a quel momento ne era stato responsabile il titolare della Chiesa di via dei Cimbri.
2. LA COMUNITÀ’ EVANGELICA
METODISTA
Il periodo fascista vede la chiusura forzata del « Circolo Galeazzo Caracciolo »,
almeno un poliziotto presente ad ogni
riunione ecclesiastica e lo sbandamento
della comunità. Nel dopoguerra, riprende
vita il Circolo culturale, ma senza grandi successi, tanto che a foco a poco si
trasforma in circolo ricreativo, mentre la
comunità viene falcidiata da numerose
emigrazioni (all’estero, al nord, o più semplicemente verso i nuovi quartieri cittadini, come il Vomero).
5. LA SCUOLA SERALE
DI PONTICELLI
3. IL PROCESSO
DI INTEGRAZIONE
La Chiesa Cristiana del Vomero e la
Comunità Evangelica Metodista hanno
Il frutto più consistente di questo lavoro comune (anche se dovuto all’impegno personale di alcuni, e non sempre col
consenso ufficiale della comunità) è la
scuola media serale del quartiere di Ponticelli; un’attività che ha permesso di tessere una rete di contatti a livello personale ed un inserimento nei problemi sociali e politici del quartiere. A ciò molto
anche ha contribuito il fatto che uno dei
pastori (P. Sbaffi) è andato ad abitarci.
Oggi v’è un gruppo di persone che studiano la Bibbia, che stanno maturando
un interesse per l’Evangelo che nessuno
avrebbe potuto sospettare.
Diremo ancora di passata che, là dove
Un’immagine della Napoli
storica e monumentale, in
questo uguale a molte altre città. Ma girato l’angolo
appare l’altra Napoli, di S.
Gennaro e dello stadio comunale, droghe che paralizzano la ’’vita” degli uomini e che atrofizzano il discorso evangelico.
Il Castel dell'Ovo
praticamente da sempre avuto quelle relazioni che comunità evangeliche nella
stessa città sono portate a stabilire. Più
o meno occasionali, più o meno intense a
seconda dei momenti, ma comunque sentite e volute. T anto più in una città come
Napoli che, salvo errore, è una delle po
chissime, se non addirittura l’unica in
è possibile (soprattutto cioè nella « settimana di istruzione biblica » con cui ogni
anno apriamo la scuola domenicale, e nella predicazione) il lavoro è fatto anche
con la comunità valdese di via dei Cimbri. Dal ’73-74 ci si occupa anche regolarmente della comunità di Salerno e dia
Settembre 1860; Garibaldi entra a Napoli con le sue camicie rosse e la città
comincia ad essere meta di rifugiati politici e di missionari evangelici, tra i quali alcuni metodisti inglesi. Tre anni dopo, la Società Missionaria Metodista Weslèyana invia a Napoli il pastore Thomas
Jones: vi si è infatti costituita una crescente comunità.
Dieci anni dopo esce il 1“ numero del
più antico periodico metodista italiano,
proprio a Napoli: « Civiltà evangelica ».
Nel 1874 viene inaugurato il tempio in
S. Anna di Palazzo. Nello stesso stabile
ha inizio l’attività del « Circolo culturale
Galeazzo Caracciolo », divenuto famoso
per le conferenze di Pietro Taglialatela.
Nel 1871 giunge a Napoli anche un pastore della Chiesa Metodista Episcopale
americana, opera che si « sistemerà » circa 30 anni dopo in uno stabile di via
Duomo (all’angolo di via dei Cimbri) e
che inizierà il lavoro dell’attuale « Casa
Materna » di Portici.
Il Metodismo napoletano consiste infatti di due comunità cittadine (oltre Portici e, nell’entroterra casertano, S. Maria
Capua Vetere ed Alvignano) fino agli anni trenta, quando lo stabile di via Duomo viene venduto alla Chiesa Valdese ed
il tempio di S. Anna di Palazzo accoglie
entrambi i rami metodisti.
Italia a registrare la presenza di tutte le
denomizioni evangeliche operanti nel paese. Città in cui, soprattutto, non è stato
sempre vero lo slogan col quale gli evangelici italiani si definiscono, o sono definiti: pochi, ma ben divisi. Ne possono
essere prova, fra l’altro, le riunioni e le
attività del CEGEN (organismo giovanile
interdenominazionale sorto un paio di
decenni or sono, se non prima), e resistenza di un Consiglio dei Pastori (oggi;
Consiglio delle Comunità) che vanta anch’esso una lunga tradizione. Ne può essere prova, soprattutto, l’Qspedale di
Ponticelli, che tutti conoscono e che è
sorto per volere concorde dell’evangelismo napoletano.
Ma un legame tutto particolare fra le
due Comunità si è stabilito dal 1969 in
poi. Ne è stata causa occasionale l’inagibilità del tempio metodista di S. Anna di
Palazzo (oggi demolito). La Comunità Metodista, proprio considerando il fatto che
molte delle famiglie che la compongono
avevano traslocato « salendo » al Vomero, chiese a questa Comunità di ospitarla nei suoi propri locali. Dall’ospitalità
alla fusione progressiva di tutti o quasi
i « momenti » della vita ecclesiastica il
passo era naturale. Ma non per tanto fu
compiuto in quattro e quattr otto, né fu
compiuto senza resistenze: risvolto negativo dell’attaccamento alla propria denominazione, o, più banalmente, paura del
nuovo e di ciò che esso può portare con
sé? Sta di fatto che per molto tempo si
è parlato di esperimento di integrazione,
e che solo da un paio d’anni l’integrazione è stata accettata da tutti come un fatto irreversibile e non si è più parlato di
esperimento. Con questo non si intende
tuttavia dare un giudizio negativo. Va invece sottolineato il fatto che si parlasse d’esperimento o si parlasse d’integrazione — il processo e andato avanti.
spora.
Nel riferire tutte queste esperienze, è
chiaro che non possiamo comunque indulgere a nessun trionfalismo. Abbiamo
la sensazione di avere fatto semplicemente « ciò che èravamo in obbligo di fare »,
e per giunta di non averlo fatto neppure
in maniera impeccabile.
6. LA DIASPORA NELLA CITTA’
4. UN PROCESSO GRADUALE
Anche da un punto di vista tecnico,
non è andato avanti senza inceppi. Non
si trattava infatti di una comunità che
« assorbisse » e desse asilo ad un gruppo
di pecore sparse, ma di due comunità
che iniziavano a con-vivere senza voler
rinunciare ad essere ciò che erano state
in precedenza. E siamo contenti di avere
potuto, in qualche modo, precorrere i
tempi di quella integrazione globale di
cui tutti sanno, e di cui anche « La Luce »
edizione 1975 è un aspetto.
Certo, non possiamo dire che i problemi che travagliano oggi la Chiesa nel suo
insieme abbiano lasciato indifferenti queste comunità. Ed anche noi abbiamo dovuto fare i conti (e li stiamo facendo) con
la difficoltà di vivere l’Evangelo e di esserne testimoni nell’ora presente, accettando il rischio di vedere, come contraccolpo, chi dissente dalle linee seguite e
dagli orientamenti presi, allontanarsi ^ in
punta di piedi o sbattendo la porta. D’altra parte, e lo abbiamo toccato con rnano, le divisioni passano all’interno di ciascuna denominazione e non fanno da
spartiacque fra l’una e l’altra. Il peggio
tuttavia è quando questi problemi, o quello puro e semplice della fusione di due
comunità, sono stati presi come paravento per il proprio disinteresse. Va tuttavia
aggiunto che anche la nostra comunità
soffre di un.male oggettivo; quello di trovarsi in una grande città, che centrifuga
e disperde la gente anche materialmente.
I membri delle nostre chiese (diciamo
pure: della nostra chiesa) che abitano
nelle vicinanze di Vaccaro non sono molti. La maggior parte deve prendere almeno un autobus, qualche volta due. Qualcuno abita nei comuni della cintura. Il
caos cronico del traffico, l’inadeguatezza
dei mezzi pubblici di trasporto, il fatto
puro e semplice di dover mettere in bilancio tre ore per una riunione che ne
dura una, sono tutti problemi veri da risolvere, e non sono neppure i soli.
Dobbiamo anche noi riconoscere il fatto di essere più una diaspora che una
chiesa costituita, e cercare di affrontare
la situazione. Questo discorso però è rivolto al futuro, anche se un futuro immediato; e non può quindi costituire materia di relazione, che parla invece di fatti avvenuti.
* Sul lavoro che si svolge a Napoli Ponticelli,
sulla situazione scolastica, igienico-sanitaria, cfr.
Gioventù Evangelica n. 27.
dalla prima
esistenziali. Tesa verso l’intervento di
Cristo, la chiesa della Pentecoste dava
quel che aveva perché i bisognosi avessero
di che mangiare. Quando venne il periodo
della carestia si fecero, nello stesso spirito, delle collette per sovvenire alla fame
degli altri... ma queste citazioni son cosa
da poco perché in tutto il Nuovo Testamento è chiaro che se i discepoli si impegnano nella loro missione lo fanno nella certezza di non essere soli ad agire,
ma che il Risorto si serve di loro come
suoi strumenti. Nei loro atti e nelle loro
parole si manifesta la potenza della sua
Resurrezione: atti e parole son segni delVazione del Vivente...
Il passo ci dice di dare quel che abbiamo e siamo e, poi, il miracolo lo farà il
Signore perché « la moltiplicazione dei
pani » sorpassa le nostre capacità rna
non le sue: Lui è il Signore degli uomini
e della loro storia. Si tratta di cominciare da questo piccolo inizio, nella piena fiducia della sua imprevedibile azione. Quel
che abbiamo è ben poco « cinque pani »,
e per di più « d’orzo », e quel che siamo
è ancor meno. Però è vero che « Egli ha
scelto le cose che non sono per ridurre al
niente le cose che sono » (1 Cor. 1: 28) e
che « la sua potenza si manifesta nella nostra debolezza ». Il rischio è sempre duplice: o guardare le nostre mani vuote, i nostri poveri pani, e aspettare che il Signore
faccia Lui, limitandoci ad una preghiera
disincarnata, oppure di voler far noi « la
moltiplicazione dei pani » senza rischiare
quel poco che abbiamo ancora per nutrirci e senza compromettere la nostra
onorabilità di uomini politicamente savi.
In tal caso vogliamo sostituirci al Signore, non vogliamo correre il rischio della
fede pagandone i costi, non accettiamo di
essere semplicemente suoi strumenti...
Se questo passo ci parla, rni pare che
non abbiamo scampo. Dinanzi alle masse
che hanno fame (o che sono oppresse da
strutture ingiuste) occorre cominciare a
divider con esse il nostro pane già prima di pretendere di fare << il miracolo »
di un mondo nuovo di giustizia e di uguaglianza. Il nostro piccolo pane può essere
non solo strumento dell’azione del Signore Vivente, ma evidente segno che quel
mondo nuovo lo amiamo con tutto il nostro essere tanto da gettarvici dentro a
capofitto. Difatti, come possiamo amare
la giustizia continuando ad essere strumenti di ingiustizia in attesa che le strutture cambino? L’avvento di una società
nuova fabbricata da uomini che non la
vivono fin d’ora è molto meno credibile,
anche per semplice logica umana, dell’avvento che attendiamo dal Signore attraverso la strumentalità povera ma fiduciosa di quanti giuocano a dadi la loro vita
in quella grande attesa. Anche quelli che
non si considerano cristiani (come in certi casi ho visto) possono accettare questo ragionamento. Nella situazione attuale che cosa c’è più da sperare se non sull’imprevedibile? E se altri contano sull’imprevedibile, non possiamo noi che ci
confessiamo cristiani contare su Colui
che è sempre imprevedibile, la cui parola
ed azione « son cose che occhio non ha
vedute, che orecchio non udite e che non
son salite in cuor d'uomo»? (1 Cor. 2: 9).
Mi pare che un lungo cammino non
escluda ma di necessità includa il primo
passo, poi il secondo, il terzo e via di seguito. Il primo passo ognuno è chiamato a farlo. Esso non si limita all’assistehza, ma apre un discorso incarnato verso
orizzonti più vasti. Apre un discorso incarnato: difatti dopo il prirno vasso ci sarà chiaro dove posare il piede per il secondo e poi per il terzo. Senza il primo
passo gli altri passi saranno sempre o
ignoti o solo teorici. « Portate i pani »
dice Gesù. Lui sapeva quel che stava per
fare. I discepoli lo guardavano attendendo, poiché anche se increduli eran pur
sempre tesi verso la imprevedibile azione
del Maestro. Del resto questo stesso episodio è seguito dall’annunzio della passione di Gesù e del suo invito a seguirlo
nella stessa via. Un passo dopo l'altro...
ma sempre inseriti nell’azione di Colui
che fa « ogni cosa nuova »...
Per terminare. Di fronte alla grande fame del mondo di oggi, occorre che irnpariamo a mangiar di meno noi perché altri ne abbiano. E se preghiamo non diciamo più « dacci oggi il nostro pane quotidiano »... ma « riduci il nostro pane perché altri mangino ». Ciò ci aiuterà a non
viver distaccati dalla realtà dura del mondo, ma ad incarnarne la sofferenza, nella
fiducia di chi sa ancora attendere da Cristo « il miracolo » di un mondo nuovo di
giustizia e di pace. E sarà il primo passo, perché se volontariamente ci mettiamo nella stessa situazione di chi soffre,
insieme a lui cercheremo come uscirne.
Se capiremo l’uomo incarnandone la sofferenza, ci sarà dato di comprendere perché Cristo ha scelto la croce per darci un
nuovo mondo. La sua resurrezione, poi,
ci dice che la Via da Lui scelta è la sola
vera. Tullio Vinay
(Da; Notie da Riesi, n. 1 - 1975)
5
CONFERENZA METODISTA D’ITALIA 1974
Firenze
Una fede evangelica matura ii gould
alla ricerca
di una efficace
testimonianza
non può non essere ecumenica
Gli evangelici di fronte a comuni responsabilità di testimonianza - Ricerca di una coesione di sforzi ed una convergenza di pensieri
Tutto questo pone inevitabilmente il
rapporto con le altre chiese, quella di Roma compresa. Siamo ben consapevoli che
Tecumenismo è ormai un fatto nel quale,
lo vogliamo o no, siamo tutti coinvolti.
Essendo tale non lo si annulla semplicemente fingendo che non esiste: con esso
non si può fare i conti.
UN ECUMENISMO
ATTIVO E CRITICO
Ciò non significa però che sia un dato
ineluttabile da subire. Esiste, ma non per
questo bisogna prenderlo acriticamente,
magari entusiasmandosene. Anche Tecumenismo (e oggi quando da noi si parla
di ecumenismo si intende in genere quello con la chiesa romana), come ogni altra
componente della realtà, va di volta in
volta analizzato e riferito innanzi tutto a
ciò che costituisce il punto di partenza e
ad un tempo l’obiettivo della nostra
azione: il rapporto diverso con Dio e il
suo mondo nuovo testimoniati dalla parola biblica.
Se un certo tipo di ecumenismo è di
ostacolo alla realizzazione dì questo rapporto e alla manifestazione di questo
mondo nuovo, perché non mette seriamente in questione, ma anzi serve a mantenere e a rafforzare un rapporto con Dio
costruito nei secoli, in Italia, su una interpretazione errata del messaggio e dell’opera di Gesù, o una religione ancora
idolatrica e oppressiva che svia l’uomo
dai suoi compiti fondamentali, o una politica di gloria e di privilegi e di potere;
ebbene questo tipo di ecumenismo va non
solo rifiutato ma combattuto.
IL QUADRO
DELLA FEDERAZIONE
Non è ciò che ci piace che deve contare, ma ciò che va fatto perché Dio sia
confessato come l’unico Signore e Gesù
come runico Salvatore e Mediatore. Nella comune accettazione di questa vocazione si fa anche un ecumenismo autentico.
E bisogna dire che tale vocazione, le
Chiese Evangeliche in Italia, fin dalle ori
S. Fedele Intelvi
La PGEI lombarda organizza un incontro per il 15-16 marzo sul tema : « Questione cattolica-ruolo della FGEI ». L’argomento è stato scelto in vista della preparazione del campo FGEI che si terrà ad
Agape ad agosto.
I lavori avranno inizio alle ore 17 di
sabato 15 marzo e si concluderanno alle
17 della domenica.
I partecipanti sono invitati ad annunciare le loro adesioni entro il 13 marzo
a: Floriana Visco Gilardi, Viale Casiraghi 125, Sesto S. Giovanni (tei. 791.518).
Savona
« Il consiglio della Federazione
delle Chiese Evangeliche in Liguria,
riunitosi a Genova il 1-3-1975, preso
atto con rammarico della ripresa di
azioni terroristiche in Savona, nel
mentre — in questa particolare situazione — esprime nuovamente
simpatia e partecipazione cristiane
ai membri della chiesa metodista
di Savona, decicip di diffondere in
questa città un manifesto, il testo
del quale si riporta qui di seguito:
La Federazione delle Chiese Evangeliche in Liguria
Invita tutti i cristiani ad avere
una posizione responsabile
di vigilanza continua e di
lotta ad ogni livello contro
le forme di violenza fascista che oggi si manifestano nel nostro paese.
Ricorda in proposito che il tipo dì
amore proclamato dalj’Evangelo significa servizio ed impegno concreti
per il bene del prossimo e
della collettività ».
gini l’hanno riconosciuta comune a tutte
se pur in un certo condizionamento di
una logica di iniziativa privata e talvolta
concorrenziale.
La nostra attuale Federazione è nata su
questa base: sul riconoscimento di questa comune vocazione. Essa non è un momento di aggregazione fine a se stesso,
ma uno strumento per meglio coordinare
le nostre scarse forze allo scopo di rispondere con più efficacia a quella vocazione. La nostra Chiesa perciò si sente
fortemente impegnata nella Federazione
e, come per il passato, continuerà a dare il suo contributo a tutti i livelli.
Si è detto che la Federazione è una tappa nel cammino verso l’unità piena di
tutto l’evangelismo italiano. Che essa sia
una tappa, anche se importante e fondamentale, ne siamo tutti consapevoli. Ma
cosa intendiamo per unità piena delle
chiese evangeliche? Continuiamo forse a
sognare una chiesa evangelica italiana che
le ricomprenda tutte e tutte le livelli?
UNITA’ VOCAZIONALE
Noi pensiamo che sia possibile raggiungere tale unità soltanto in quel movimento ohe Dio si è suscitato nei secoli antichi su queste nostre terre e che oggi celebra il suo ottavo centenario. Non si
tratta affatto di rinunciare alla propria
identità e, per dirla chiaramente, « farsi
valdesi ». Si tratta semplicemente di riconoscere nella storia di questo movimento
anche la propria storia, nelle sue lotte
anche le proprie lotte, nei suoi martiri anche i propri martiri e nel suo Sinodo
il luogo in cui le varie chiese, pur mantenendo ciascuna le sue caratteristiche
(quali si sono venute costruendo nelle varie esperienze di predicazione e di testimonianza da ognuna compiute), manifestano la loro unità di fede, di vocazione,
di disciplina.
La nostra piccola chiesa si accinge a
compiere questo passo con gioia e gratitudine. A muoverla in questa direzione
non è uno stato di necessità: è raro che
una scelta fatta sotto la spinta della necessità dia dei risultati positivi. A muoverla è viceversa la volontà di contribuire
ad erigere un segno di una unità di tipo
nuovo, in vista di una ripresa dell’evangelizzazione nel nostro paese.
Con questa riflessione sul problema dell’ecumenismo si conclude la pubblicazione della Relazione che il past. Sergio Aquilante, presidente della Chiesa Metodista
d’Italia, ha letto nel corso dell’ultima assemblea a Torre Pellice. Alle tesi contenute in queste pagine si è fatto allusione
nel campo invernale d’Agape come ad
una delle “linee” possibili per l’evangelismo di domani. Abbiamo ritenuto utile
offrire ai lettori la parte essenziale della
Relazione, oltre, naturalmente, al suo valore intrinseco, anche per questo motivo
contingente.
Red.
ATTIVITÀ’ POCO NOTE
Recare la luce a coloro
che sono nelle tenebre
Nata circa 20 anni fa la biblioteca Braille prosegue la sua
opera di assistenza spirituale ai ciechi
La Biblioteca Circolante Evangelica in
Braille (dal nome del grande benefattore dell’umanità Luigi Braille inventore
del metodo di lettura e scrittura per i
ciechi applicata più tardi anche alla annotazione musicale) è stata istituita nel
1957 per iniziativa del pastore Carlo Davite il quale, durante gli anni della sua
emeritazione trascorsi a Torino, consacrò ad essa e con tanto amore le sue forze ed il suo tempo.
Imparò egli stesso la scrittura Braille
e Tinsegnò ad altri; si mise in contatto
con numerosi ciechi evangelici e non, e
ravvisò il bisogno di offrire a coloro che
avevano perduto il prezioso dono della
vista di ricevere un raggio di quella luce
che illumina ogni uomo. Copiò e fece copiare da altri dapprima delle porzioni
delTEvangelo, poi i quattro Vangeli, il
Nuovo Testamento in 10 volumi in versione Diodati, l’intera Bibbia in 65 grossi
volumi in versione Riveduta, ed alcuni
libri del Nuovo Testamento in versioni
cattoliche. Gli furono di valido aiuto in
questo notevole lavoro alcune signore di
Torino e soprattutto il signor Ettore
Amoroso di Palermo, un maestro di scuola che, divenuto cieco e convertitosi all’Evangelo non solo frequentò con assiduità esemplare culti e riunioni dando
ovunque la sua coraggiosa testimonianza, ma si appassionò allò sviluppo ed alla divulgazione dei libri della Biblioteca
in oggetto.
La Biblioteca
Questa Biblioteca è oggi costituita da
150 volumi circa comprendenti oltre ai
già menzionati, 5 commentari, 10 libri di
studio della Bibbia intesi a chiarire i problemi fondamentali della fede evangelica,
7 raccolte di meditazioni bibliche, 3 studi
su argomenti particolari: S. Cena, Padre
nostro e Vita eterna, 1 volume di storia
valdese e 1 di storia del metodismo, 7 biografie di missionari, 5 volumi sull’ecumenismo e sul raffronto con altre chiese cristiane, 4 opere teatrali evangeliche, 2 volumi di poesie del Pascoli e del Leopardi, 5 libri di racconti, oltre a numerosi
culti radio, libri parlati, letture bibliche,
incisi su nastri per magnetofono, a numerosi dischi microsolco di Radio Risveglio, di altri Editori, e di sola musica.
Gli abbonati alla Biblioteca cioè i lettori (l’abbonamento è gratuito) sono attualmente 30 dei quali 18 evangelici e 12
cattolici, dislocati in Piemonte, Lombardia, Emilia, Toscana, Lazio, Abruzzo, Calabria e Sicilia. I lettori possono tenere
i libri per tre mesi ma possono restituirli
anche prima e riceverne altri.
Una assidua corrispondenza è intrattenuta con i vari lettori e le loro risposte
sono il termometro che segna il grado
di validità di questo lavoro, modesto,
ignorato dai più, ma che aiuta coloro che
ne possono beneficiare ad avere una nuova visione della vita capace di illuminare
di nuova luce una notte senza fine.
A Torre Pellice
Dopo la dipartenza del pastore Carlo
Davite si è occupata della Biblioteca, e
se ne occupa tuttora con il medesimo
spirito di servizio, la signora Anita Eynard dapprima da Torino, ove risiedeva
e dove poteva disporre di un locale gentilmente messo a disposizione dalla Chiesa valdese nello stabile di via Pio V, e
ora da Torre Pellice (Via Roma 8) ove
si è trasferita. Da Torre Pellice partono
e arrivano cosi, in franchigia postale, le
caratteristiche apposite cartelle contenenti i preziosi volumi spediti con tanto
amore e ricevuti con tanta gioia; mentre
l’altro materiale (dischi-bobine ecc.) trovasi a disposizione presso il pastore
Franco Davite a San Secondo di Pinerolo.
Una iniziativa che merita non solo di
essere conosciuta ma seguita con fattivo
interesse, intesa a ridare la vista se non
in un senso fisico (oh! lo volesse pure
Iddio!) certamente in un senso morale
e spirituale, quella di cui tutti hanno bisogno e che solo può essere data da Colui che ha fatto la divina affermazione:
« Io sono la luce del mondo », accompagnandola con la promessa : « Chi mi seguita non camminerà nelle tenebre ma
avrà la luce della vita».
G. M.
Queste riflessioni che riportiamo dal
«Gouldino» (il bollettino di informazioni dell'Istituto Gould) sono di estrema
importanza. Da una parte esprirnono lo
spirito di ricerca di un atteggiamento
evangelico nei confronti dei ragazzi ospitati, ricerca che accomuna tutti gli istituti per minori operanti nelle nostre chiese. Dall’altra apre il problema all’attenzione delle comunità, cerca il dialogo, pone degli interrogativi che vanno ben oltre
il confine dell'istituto ma che si rivolgono direttamente ad ogni singola famiglia
di credenti: qual è l’atteggiamento, l’esempio, la parola evangelica che siamo
capaci di trasmettere alle nuove generazioni? Red.
Desideriamo parlarvi di un argomento
che ci sta particolarmente a cuore anche
perché ci farebbe piacere conoscere il vostro parere ed avere un vostro consiglio.
Ci è giunta infatti notizia che qua e là
si è parlato del nostro istituto come se
in esso il problema religioso fosse del
tutto accantonato a favore di una impostazione educativa a carattere socio-politico. Certo i problemi politici non sono
assenti perché le situazioni stesse in cui
si trovano le famiglie dei ragazzi che
ospitiamo li mettono in evidenza: perché
i genitori del tale hanno dovuto emigrare in Germania? perché nel paese del
tal’altro c’è tanta povertà? perché i lavoratori del paese d’un terzo non ricevono
dai datori di lavoro gli assegni familiari?... e potremmo continuare! I problemi politici sono presenti, potremmo dire, nella carne viva dei nostri ragazzi.
TESTIMONIANZA
Ma a parte questa realtà, anzi proprio
per questa realtà, sentiamo che è nostro
primario compito dare ai ragazzi affidatici una testimonianza evangelica valida
ed 'autentica. Forse molti non si rendono
conto come questo divenga sempre più
diffìcile per una serie di circostanze e
vorremmo rendervi partecipi di queste
nostre difficoltà.
La possibilità di dare una testimonianza evangelica è oggi legata intimamente
alla personalità degli educatori, alla provenienza dei ragazzi, da un punto di vista
religioso spesso assai incerta e ai mutamenti che si manifestano nella vita delle stesse famiglie della comunità evangelica. Il fatto che in tutte le nostre famiglie si sia abbandonata da tempo una testimonianza resa ai figli per via di impegni obbligatori o quasi (per es. il culto
di famiglia, la preghiera prima dei pasti, la frequenza alla scuola domenicale
e al catechismo o al culto per i più grandi) ci ha messi in una notevole difficoltà:
i ragazzi dell’istituto non riescono a capire perché proprio loro dovrebbero invece essere tenuti a certi obblighi e non
capiscono facilmente che un preciso ritmo nella nostra vita, anche religiosa, non
è una punizione ma un dono.
RAPPORTI PERSONALI
Mentre gli aspetti tradizionali decadono nell’ambito della vita delle nostre chiese e di conseguenza anche nella vita dei
nostri istituti acquista importanza il rapporto personale fra educatore e ragazzi.
La situazione si fa più sfumata: quello
che prima facevano obbligatoriamente (e
questo non dava tanto fastidio perché lo
era anche per i ragazzi di famiglia) ora lo
si deve ottenere per via di persuasione,
per convinzione, per via di esempio personale. Siamo dunque in fase di ricerca
e spesso neppure noi siamo soddisfatti di
ciò che riusciamo a fare.
Come dicevamo al principio, la possibilità di una testimonianza evangelica efficace è legata a molteplici fattori e non
sempre essi si manifestano nel modo più
positivo. Ci sentiamo anche in questo
profondamente legati al travaglio di mutamento che si verifica in tante nostre
comunità che hanno spesso perduto la
identità di un tempo e non hanno trovato ancora le nuove forme in cui manifestarsi.
Desideriamo perciò intensamente che
questa nostra situazione di ricerca non
venga confusa con ima indifferenza verso quella testimonianza che per noi rimane certamente al centro di ogni nostra
preoccupazione.
6
cronaca
aUjR^aUi oggi
Da curiosi
a partecipi
Un grave fatto di sangue largamente
pubblicizzato con grandi titoli e documentazione fotografica dai quotidiani, ha
coinvolto una famiglia di una delle nostre Comunità delle Valli, suscitando da
una parte la solita curiosità morbosa di
gente a caccia di facili emozioni e temi
scandalistici su cui ricamare congetture e
pettegolezzi e, dall’altra, profonda commozione e smarrimento in chi pensava
che fatti del genere non potessero mai accadere tra di noi.
E invece è successo, obbligandoci ad
aprire gli occhi su una grave realtà caratterizzata da squilibrio economico e sociale, totale disorientamento etico, dalla
rottura del tradizionale tessuto familiare,
dalla carenza di solidarietà umana, dall’insufficienza di strutture adeguate attraverso cui impostare correttamente la soluzione di problemi umani, sociali ed educativi. Questa situazione, tipica di larghi
strati di zone depresse del nostro paese
si manifesta anche tra noi, che ci piaccia
o no, e una quantità di episodi più o meno conosciuti, più o meno clamorosi o
tragici, ne denunciano l’esistenza obbligandoci a prenderne responsabilmente
coscienza nell’assunzione urgente di ogni
provvedimento, atto ad arrestare un ulteriore processo degenerativo che minaccia
la struttura sociale e comunitaria delle
nostre Valli.
Sempre più i grossi problemi educativi ed ambientali che arwora si ritengono
"casi” isolati, da istituto, si scoprono nella realtà delle nostre famiglie. Il fatto che
non vengano sempre alla luce, che li si
nasconda o li si relativizzi per timore dello scandalo e della ’’perdita” della reputazione, sono sintomi preoccupanti che
denotano scarsa forza spirituale e altrettanta scarsa responsabilità umana.
L’episodio ricordato denuncia il fatto
che una delle nostre famiglie è rimasta
praticamente sola a risolvere un problema educativo più grande di quanto fosse
in grado di portare, fino all’esplosione
irrimediabile della tragedia. Chi era a conoscenza della situazione, (e tutti abbiamo la nostra parte di responsabilità), non
ha potuto o saputo trovare la forma di
intervento adeguata al caso.
Il problema si inquadra dunque nel
discorso più ampio dell’assistenza ai minori attualmente dibattuto nelle nostre
Comunità in riferimento ai nostri Istituti.
Ma esso non può non allargarsi, abbracciando la situazione di decine e decine di
ragazzi sbandati, o socialmente disadattati che vivono tra noi in famiglie o inesistenti o del tutto inadatte o incapaci o impossibilitate a compiere una vàlida azione educativa. Ragazzi respinti dalla scuola, dimenticati dalla chiesa, rifiutati dai
posti di lavoro, isolati dalla società delle
persone per bene che spesso non sa che
invocare per essi una più severa azione
repressiva.
E’ dunque un problema di strutture, di
coordinamento, di sforzi e di programmi tra gli enti locali, la scuola, gli istituti,
le comunità, di appoggio a quanto già
viene realizzato in alcuni settori. Ma è
soprattutto il problema di una sensibilità
nuova, di una rinnovata coscienza di solidarietà umana che ci coinvolge tutti in
prima persona e senza la quale ogni struttura tecnicamente aggiornata rimane isolata, senza effettivo mordente e priva di
un contesto valido di appoggio e di risorse. Ed è a questo liveÜo che si situa la
traduzione concreta di una autentica testimonianza evangelica di servizio che
uscendo dalle strettoie spesso sterili dell’intimismo religioso e spirituale o del
campanilismo ecclesiastico gelosamente
chiuso, si manifesta in una unità di intenti che ci trovi tutti partecipi e impegnati in una azione coordinata, in vista di
un effettivo rinnovamento della vita delle
nostre Valli.
Alberto Taccia
INTERVISTE AL COLLEGIO DI TORRE
Le elezioni sono terminate
e adesso, che cosa si fa?
Abbiamo posto alcune domande al preside del liceo classico di Torre Pellice, prof. A. A.
Hugon e allo studente M. Bellion, del Consiglio di Istituto - Ecco le loro valutazioni e indicazioni di lavoro dopo le elezioni scolastiche
PROF. AUGUSTO A. HUGON
— Come si sono svolte le elezioni degli
organi coUegiali al Collegio di Torre Pellice?
— Lei sa che come scuola non statale
noi non eravamo tenuti ad eseguire le
norme dei decreti delegati (e, tra parentesi, non si capisce bene il perché, dal
momento che in seno al consiglio distrettuale le scuole non statali dovranno comunque avere la loro rappresentanza ) :
abbiamo però deciso di allinearci anche
noi a quanto avveniva nella scuola di stato, per non creare la sensazione tra i nostri studenti ed i loro genitori di essere
’diversi’ di fronte alle norme legislative
comuni, e per anticipare un esperimento
che comunque si dovrà realizzare al momento dell’estensione dei decreti delegati
alla scuola non statale.
Abbiamo quindi seguito la procedura
prevista, effettuato regolarmente le nostre elezioni, ed ora siamo in grado di
funzionare con i nuovi organismi.
— Lei pensa che potrà essere fatto un
buon lavoro con i nuovi organi collegiali?
— Credo che si potrà effettivamente
realizzare qualcosa di buono: i programmi presentati dai candidati si allineano o
si inseriscono in problemi già tante volte
discussi nelle nostre scuole, e l’apporto
della componente genitori-alunni sul piano decisionale ed operativo non potrà
che essere positivo.
Il problema primo dei nostri istituti è
la loro sopravvivenza dal punto di vista
ñnanziario : esso non condiziona certamente l’andamento didattico ma va evidenziato per i genitori, che devono sentirsene partecipi.
Saranno poi questi stessi, con gli studenti, ad esprimere ed a concretare i loro desideri, sui caratteri distintivi delle
nostre scuole, sulle sperimentazioni, sugli indirizzi didattici, sulla scelta dei libri di testo e sulla loro integrazione, sugli orari, sulle attività parascolastiche,
ecc. ecc.
Come insegnanti, siamo naturalmente
disponibili, soprattutto non perdendo di
vista che, prima di tutto e tutto sommato, la scuola è anche fatta per insegnare
ed imparare, e che la gente chiede sia una
cosa seria più che una palestra di inutili
discorsi.
MARCO BELLION
— Puoi darci una valutazione delle elezioni per il Consiglio di Istituto?
— Senza dubbio si può dire che come
candidati della lista unitaria non possiamo che essere soddisfatti di questi primi
importanti risultati ottenuti in seguito
all’elezione del Consiglio d’istituto; d’altronde le cifre parlano chiaro ; il 75% dei
voti, pari a 57 voti su 77, è andato a favore del nostro programma. Anche l’astensionismo è stato battuto essendo stata la percentuale dei votanti superiore al
91%. Ma prescindendo da queste considerazioni puramente elettorali ciò che mi
pare sia essenziale sottolineare è il fatto
che si è andati alle elezioni dopo una lunga serie di dibattiti assembleari durante
i quali la partecipazione studentesca è
risultata veramente notevole.
»
— Come avete organizzato il dibattito
sui contenuti?
— Come ho già detto, si sono tenute
assemblee all’interno della scuola fin dal
mese di novembre, durante le quali si
sono toccati problemi che da parecchi
anni non erano stati più discussi. Siamo
partiti dall’esigenza di aggregare il maggior numero possibile di studenti attorno ad un programma unitario, democratico e antifascista che abbia come obiettivi qualificanti la riforma della scuola,
nella ricerca di una professionalità nuova, basata su contenuti e programmi aggiornati che escano daH’ambitò propriamente interno alla scuola per considerare problemi quali quello degli sbocchi
professionali, della scuola area di parcheggio, dei contatti con la realtà sociopolitica che ci circonda.
— Quali sono le prospettive di lavoro?
— Innanzitutto si cercherà di modificare in sede di Consiglio di Istituto alcuni
punti dei' Decreti Delegati, quali quello
del passaggio delle funzioni del Consiglio
di disciplina al consiglio di classe per garantire una maggior democrazia nelle valutazioni disciplinari e ci si batterà pure
per una maggior libertà di assemblea. Si
cercherà poi di prendere coscienza dei
problemi inerenti le nostre valli facendo
intervenire all’interno dèH’assemblea studentesca esponenti di questa nostra realtà sociale. All’interno del Consiglio di
Istituto si cercherà poi di portare avanti
alcune istanze di carattere economico in
collaborazione con genitori, professori e
Comitato. Cercheremo quindi mediante il
maggior numero di assemblee possibile
una sempre migliore intesa su tutti i problemi scolastici con genitori e professori.
— Abbiamo letto sulla « Stampa » del
20/11 un’intervista sul Collegio: ti riconosci nel taglio dato dall’articolista?
— Per quanto riguarda le nostre dichiarazioni ci è sembrato che l’articolista abbia tratto delle conclusioni un po’ troppo affrettate alterando in gran parte il
senso di alcune nostre affermazioni.
Per concludere vorremmo ribadire ancora una volta che come delegati degli
studenti al Consiglio di Istituto cercheremo di impegnarci sempre a fondo affinché il programma venga attuato in ogni
suo punto.
I RISULTATI AL COLLEGIO
ELEZIONI
DEL. CONSIGLIO DI ISTITUTO
Gemtnri eieiii: Crosto Giuseppe (lista
n. I);. D’Amato Nicola (lista II); Benech
Enrica in Malan (lista II).
Studenti eletti: Bellion itlarco' (lista I);
Borgarello Giovanni (lista I); Michelin
Salomon Valter (lista II).
ELEZIONI
DEL CONSIGLIO DI DISCIPLINA
Genitori: Paschetto Enrica.
Studenti: Gaydou Cristina.
ELEZIONI
DEL CONSIGLIO DI CLASSE
Genitori eletti: IV ginn.: Revelli Marino, Benech Enrica; V ginn.: Martina
Clorinda, Oareglio Cristina; I liceo: Rostan Federico, Borgarello Ezio; II liceo:
Baret Guido, Del Pero Arnaldo; III liceo : Mourglia Giovanni, Negrin Edmondo.
Studenti eletti: IV ginn.: Revelli Marco, Malan Lucio ; V ginn. : Bertalmio Renzo, Gisola Paola; I liceo: Bonatto Mariella, Campasse Laura; II liceo: Bigo
Marisa, Massel Fiorella; III liceo: Negrin Enza, Mourglia Danilo.
PINEROLO E VALLI
Gestiamo questa scuola
Con reiezione dei Consigli di Istituto
delle Scuole superiori, si sono concluse
il 23 febbraio le votazioni per gli organi
collegiali dell’intero arco scolastico.
Venerdf 28 febbraio, nella sede della
C.G.I.L. di Pinerolo, si sono riuniti gli
eletti e i sostenitori delle liste che si erano presentate in tutto il Pinerolese con
la dicitura « Comitato unitario per la democrazia nella scuola », basandosi sul
programma dei sindacati scuola CGILCISL-UIL.
Esaminati i risultati delle votazioni si
è visto che la percentuale degli eletti di
queste liste oscillava tra un 25% nelle
elementari ed un 50% e oltre nelle superiori.
Osservando le percentuali secondo le
zone, si aveva un aumento di voti nelle
valli e a Pinerolo città e una diminuzione nei grossi centri della pianura.
È stata anche messa in evidenza la composizione sociale dei genitori eletti: nelle liste del Comitato unitario il 60% è
composto di operai, artigiani e contadini, il rimanente di insegnanti e impiegati. Sono assenti i dirigenti industriali e i
professionisti di grado più elevato che,
al contrario, costituiscono le forze numeriche delle altre liste.
È cosi emerso con chiarezza il fatto che
la contrapposizione sulla gestione della
scuola non si è manifestata con aperti
schieramenti di partito,, ma con una differenza sociale abbastanza marcata, la
quale, naturalmente, sottintende anche
precisi orientamenti politici.
Valutata la situazione, è stato ricordato che entro il trentacinquesimo giorno
dalle elezioni, ogni Consiglio dovrà riunirsi per la prima seduta ed eleggere il
Presidente e la Giunta esecutiva. Il Presidente, soprattutto, che per legge deve
essere un genitore, ha compiti e attribuzioni molto importanti: l’assemblea ha
ricevuto al riguardo una minuziosa informazione.
Infine, per mantenere il contatto tra
gli eletti e la base, si è deciso di organiz
Pellegrinaggio a Mathaneon
Su iniziativa dell’A. N. ex Internati e
l’A.N.P.I. è stato organizzato un pellegrinaggio a Mathausen, a fine maggio, nella
ricorrenza del 3C° anniversario della Liberazione. Per informazioni ed iscrizioni
rivolgersi a Malan viaggi, avv. G. CottaMorandini, sig. Silvio Rivoir (Torre Pellice) e Barai, messo comunale (Perrero).
zare frequenti riunioni e di discutere e
approfondire i vari punti del programma
di lista. Gli argomenti di interesse più
immediato sono stati individuati nella
lotta al fascismo e nella questione dei
consigli di disciplina.
L. Viglielmo
Villar Pellice
Al maestro Paolo Frache, sindaco del
nostro comune, è stato assegnato il « Premio Fedeltà Montana 1974 » come riconoscimento per l’impegno e la dedizione
con cui ha impegnato le sue forze, in
campo scolastico e sociale, nel comune
a cui è stato sempre legato, in cui ha vissuto. Rallegrandoci di questo riconoscimento ce ne congratuliamo col maestro
Frache.
Riunione di preghiera
La Riunione mondiale di preghiera delle donne si terrà presso la foresteria di
Torre Pellice, domenica 9 marzo alle ore
14,30 per i gruppi di Villar Perosa, San
Germano, Pramollo, Pinerolo, Prarostino. San Secondo, Rorà, Angrogna, Torre
Pellice, Luserna San Giovanni, Villar e
Bobbio Pellice.
Telegramma a Colombo
La situazione dei Convitti, già illustrata sullo scorso numero del giornale, non
ha sub'jto mutamenti negli ultimi giorni.
L’opinione pubblica è stata sensibilizzata, ma gli organismi interessati non hanno dato segni di vita. Dopo il comunicato diffuso dal Comitato del Convitto di
Pomaretto la scorsa settimana si è avuta
un’ulteriore presa di posizione dello stesso comitato, con invio all’on. Colombo,
ministro del Tesoro, del seguente telegramma :
« Onorevole Emilio Colombo - Ministro
Tesoro - Roma.
Com'fato responsabile Convitto Valdese di Pomaretto preso atto inadempienza
pagamento rette concordate con ONMI
Torinese comunica dimissioni assistiti fine mese con pubblica denuncia dranmiatica situazione assistenziale minorile ».
7
delle valli
VALLI CHISONE E GERMANASCA'
Nuovi parchi montani?
Perrero
Alcuni amministratori si sono incontrati sabato 1 marzo presso la sede della Comunità Montana delle valli Chisone e Germanasca per discutere con alcuni « esperti » della Pro Natura, del WWF e del CAI
del progetto di creare nella zona due parchi montani. Era presente il dott. Comò
funzionario dell’ Assessorato ai Parchi
della Regione Piemonte.
Del Parco dell’Orsiera-Rocciavrè (7120
ettari) si parla da diversi anni, anche
se ultimamente il progetto di costituzione
non ha fatto dei sensibili passi avanti sul
lungo e difficile iter. Per quello deirAlta
Val Germanasca - Val Troncea - Val Argentiera - Val Thuras si tratta di una novità: addirittura di una anticipazione. È
infatti la prima volta che se ne parla in
una pubblica assemblea. La segnalazione
della necessità di creare questo vasto
parco (oltre 20.000 ha), a ridosso di quello del Queyras di prossima istituzione, si
deve al CAI, come risulta dell’Inventario
delle aree montane da proteggere redatto
dalla Commissione Centrale in collaborazione con Italia Nostra.
Si può quindi dire che sabato si sono
gettate le basi per un discorso nuovo sulla gestione futura dei territori montani,
anticipando quelle che saranno le indicazioni della legge regionale sui parchi di
prossima emanazione. Peccato che alla
importante riunione fossero inspiegabilmente assenti alcuni dei sindaci più direttamente interessati al problema in
quanto una notevole parte dei progettati
parchi ricade sul territorio di loro competenza. Tra l’altro non si capisce come
gli Amministratori possano tutelare gli
interessi dei loro amministrati disertando
sistematicamente le sedute in cui si discute del futuro delle nostre valli.
In apertura di seduta, dopo una breve
introduzione del presidente dott. Maccari
e dell’assessore alla difesa delTAmbiente
maestro Genre, ha preso la parola il sindaco di Roure, maestro Merlo, che ha fatto brevemente la storia della proposta di
costituzione del parco delTOrsiera - Rocciavrè. Ha poi ribadito la piena disponibilità sua e del suo comune a destinare
una vasta area di territorio comunale a
parco montano a condizione che siano le
popolazioni locali a poter decidere sulla
delimitazione dei parchi, sulla loro destinazione, sulla loro gestione. Infine ha detto di poter sostanzialmente fare sue le
proposte della Pro Natura di Torino concernenti la creazione e gli scopi del costituendo parco.
Dopo alcuni interventi di minor rilievo
ha preso la parola il dott. Strani, noto
micologo di Pinerolo, che si è dichiarato
pessimista lamentando la poca educazione
ecologica della nostra gente ed elencando
i numerosi oltraggi di cui è fatta segno la
Natura nel nostro Paese. Ha poi sottolineato come sia necessario porre al più
presto un freno al dilagare dello scempio di cui sono oggetto i funghi, la flora,
la fauna, i minerali. Infine ha proposto
agli amministratori comunali la creazione di numerosi piccoli parchi attrezzati,
sul modello di quelli già istituiti, in vai
Pellice, a Pomaretto ed a Ferrerò, per
permettere a chi arriva dalla città di picnicare sui bordi della strada senza invadere i terreni coltivati con le conseguenze che tutti conoscono e di cui tutti parlano, ma per evitare le quali si è fatto
ben poco!
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Una interessante proposta è poi venuta da don S. Bessone, presidente del CAI
vai Germanasca, il quale ha chiesto che
in attesa della istituzione dei parchi montano, si provveda a creare una oasi dì
protezione assoluta che comprenda l’intero vallone di Bourset, nel comune di
Roure.
Il vallone di Bourset è uno dei pochi
esempi ancora esistenti nell’arco alpino
occidentale di ambiente montano ancora
integro, non ancora « valorizzato » dal
consumismo. Le case costruite con malta
di terra e pietre a vista, perfetto esempio
di tipologia occitana, sono ancora per la
massima parte in ottimo stato pur non
conoscendo traccia di calce o cemento.
La flora vi è particolarmente abbondante
e ricca di specie, tutta la fauna alpina vi
è rappresentata: dal camoscio alla marmotta, dal forcello alla variabile.
Unico assente, l’uomo. Dei settecento
abitanti che vi vivevano prima della 1“
Guerra Mondiale, ne sono rimasti solo
due! Ora Tintegrità della zona è seriamente minacciata dal progetto di costruzione di un’impossibile strada, che costerebbe diverse centinaia di milioni, senza
portare alcun vantaggio economico di rilievo nè ai proprietari né alla comunità.
Sulle indicazioni di questi tre interventi si è poi sviluppato un acceso dibattito, cui hanno preso parte quasi- tutti i
presenti che hanno dato la loro piena
adesione alla costruzione dei parchi pur
con motivazioni diverse. Unica voce contraria quella del sindaco di Frali, cav.
Breuza, il quale ha praticamente escluso
che il territorio del suo comune possa essere incluso in un eventuale parco della
vai Germanasca.
A chiusura della discussione i responsabili della Comunità Montana si sono
impegnati di portare la discussione a livello delle popolazioni locali nelle prossime settimane, al fine di poter raccogliere i suggerimenti e le istanze dei più diretti interessati, anche in vista della formazione del Piano di Valle.
erregi
Un folto gruppo di sorelle delle Unioni
femminili, delle comunità di Pomaretto,
Chiotti, Ferrerò, Massello e Frali, si è
riunito la domenica 2 marzo a Ferrerò
per l’ormai tradizionale Giornata di preghiera, che quest’anno aveva per tema:
«Siate perfetti nell’unità» (Gv. 17: 23).
La liturgia per questo incontro era stata
preparata da alcxme Chiese egiziane. È
stata un’occasione per prendere coscienza dell’esistenza e dei problemi di Chiese
con una spiritualità certo molto diversa
da quella alla quale siamo abituati; ed è
stata anche un’occasione per riallacciare
fra di noi molti rapporti. La colletta che
è stata raccolta durante il culto sarà inviata alle popolazioni del Sahel; essa vuole essere un piccolo segno della nostra
solidarietà con quelle popolazioni così
duramente provate in questi ultimi anni.
Bobbio Pellice
Domenica 23 febbraio si è tenuta una
vivace seduta della « Pro Bobbio Pellice». Alla relazione del presidente geom.
Luigi Penoglio ha fatto seguito una interessante discussione per cercare di mettere in luce gli obiettivi che la « prò Bobbio » dovrebbe perseguire nel futuro.
Il signor Cesare Gay ha in particolare
lamentato che in troppe occasioni, a suo
parere, il sodalizio si sia preoccupato essenzialmente delle esigenze della popolazione turistica ed abbia invece trascurato
iniziative per la popolazione locale, particolarmente per i giovani.
Tali affermazioni venivano ridimensionate dal direttivo uscente e, da parte degni uni e degli altri, veniva lamentato lo
scarso interesse che la prò Bobbio, come
tante altre iniziative, ottiene nella popolazione locale, per cui è anche diffìcile
scoprire che cosa sarebbe veramente utile e richiesto, anche da coloro che poi
si lamentano che nulla viene fatto. Approvazione del consuntivo e del preventivo (in cui figura una forte somma per
la sistemazione definitiva del campo sportivo), elezioni del direttivo hanno concluso la seduta.
BOBBIO PELLICE
No agli chalet: la montagna
è di chi ci lavora
« La baracca deve essere adibita esclusivamente al ricovero degli animali e degli alpigiani addetti alla custodia dei medesimi... ». Così si è espresso il Consiglio
Comunale di Bobbio Pellice nella sua seduta del 19 febbraio. Tale decisione è venuta dopo una animata discussione alla
quale hanno partecipato tutti i consiglieri presenti. Dodici voti a favore e una
sola astensione (consigliere Aldo Charbonnier) sono la dimostrazione della comune volontà di salvaguardare l’ambiente dal sorgere di. villaggi turistici nelle
zone di alta montagna, di proprietà comunale.
Crediamo che con questa decisione si
sia voluto riaffermare che la montagna è
destinata in primo luogo a chi vi lavora,
e duramente, per guadagnarsi il pane quotidiano. Questo non significa che il Comune non abbia il dovere di venire incontro anche alle esigenze di altre categorie di persone, ma che ciò non può avvenire a danno degli allevatori di bèstiame che dalla pastorizia transumante; ricqvano il loro sostentamento.
: Questa precisa volontà è sottolineata
dalle altre decisioniin caso di necessità,
gli alpigiani cht .ncora trascorrono i mesi estivi agli, nipeg'gi possono ottenere la
concessionei.Sia delle costruzioni-in stato
di abbandono, ' sia di • quelle attualmente
non adibite a-ricovero del bestiame o.degli alpigiani per4Mórd. -lavoro. Inoltre se
un., alpeggio è: lasciato .abbandonato dati
suoi concessionari, il-cprhùne potrà procedere: a regolare àffitto. ai fitii. dì. uba. migliore utilizzazione dei pascoli comunaJi,
con diritto di prelazione per ,glì allévafori localii, ’ ...
Quésta via: pér evitare Tabbandòno totale dèlie zone di alta montagna appare
migliore che non la concessione di fabbricarvi chalet per le ferie ò' per le vacanze di fine settimana. •
Giusta però è certamente ' anche l’obiezione del tònsigliere- Charbonnier che '« in
futuro, cóme ' l’esperienza insegna, possa
farsi avanti una concezione diversa di
sviluppo che porti alla alienazione dei
beni comunali permettendo la cosiddetta « .Speculazione turistica ». È sperabile
che anche i futuri amministratori della
S. Giovanni
• Dopo aver presieduto il culto la domenica 2 marzo, i giovani della FGEI si sono riuniti al Castagneto di Villar Pellice
per discutere alcune possibilità di impegno nella comunità e nella zona. Un grazie riconoscente ai signori Lazier per la
ospitalità.
• Lunedi 3 marzo ha avuto luogo, con
grande partecipazione, il funerale di Renato Comba, di 18 anni. Con sentimento
di profonda umiliazione e solidarietà ci
stringiamo attorno a questa famiglia così duramente colpita. L’allontanamento
del padre lascia la madre e duo giovani
figli senza sostentamento. Presso il Presbiterio Valdese di San Giovanni è aperta una sottoscrizione per un soccorso
immediato in attesa di una sistemazione
definitiva.
• Sabato 1” marzo ha avuto luogo la consueta riunione dei genitori dei catecumemeni di IV anno in vista della loro ammissione in Chiesa. È stato riproposto e
discusso il significato che questo atto assume nella Chiesa e come in esso non
siano coinvolti soltanto i giovani ma anche le loro famiglie. È stata sottolineata
la necessità del mantenimento di un collegamento comunitario neH’amtaito del
quale chiarire e maturare la propria fede in vista di una effettiva comunione di
impegno e testimonianza. È stata approvata la proposta di raccogliere le famiglie dei catecumeni con i membri della
Comunità in un pranzo comunitario in
occasione della Domenica delle Palme,
giorno dell’ammissione in Chiesa.
Prarostino
cosa pubblica sappiano trovare la strada giusta per difendere il patrimonio comunale da ogni forma di speculazione e
mantenerlo, come è e deve essere, « comune », cioè per tutti e non per pochi
privilegiati.
Bruno Bellion
Torre Pellice
Domenica 3 marzo alla Foresteria Valdese ha avuto luogo la preannunciata tavola rotonda su « un’esperienza di educazione sessuale per preadolescenti» alla
presenza di un buon numero di persone
interessate al problema, soprattutto in
quanto genitori.
Ha introdotto la .sig.ìra Cavazzani Erica, psponentp delTUCDG .— l’associazione ecumenica che aveva promosso l’èsperiihentò — ed. hanno parlatp tre dei quattro insegnanti (Erica Gènovesio, Franpesco 'Agli, Arnaldo .Bracchi), cha lò scorso
anno nei rriesi di aprilé .e, .maggio. avevano tenuto le lezioni per gruppi, ad una
cinquantina cji..alunni di ì* mèdi?, ■..da
prof. ' Gay . er^ assente, per r^ipni di salute.),
• D’esperienza, sh è.-rivelata, ¡estremamente positiva- perché : ha permesso ai ragaz.
zi di non essere lasòiati ;soli in im,.momento ’tanto:'<ÌeliQatp, della .doro, esistenza. I nostri figli vivono infatti in un mondo che utilizza il sesso come una miniera .da sfruttare e che ne presenta ^ attraverso la pubblicità, le pubblicazioni,
gli spettacoli una visione distorta dove
non trova posto il rispetto j)er la persona
umana: Il dibattito che è seguito ha messo in evidenza - l’importanza dell’iniziativa
e si è da più piarti auspicato che i nuovi
organi collegiali possano agire perché il
problema trovi la sua soluzione naturale
nella Scuola in una visione non repressiva ma di serena e responsabile accettazione della sessualità.
9 La nostra filodrammatica, che si è preparata con impegno e serietà, ha rappresentato con successo il dramma del pastore Marco Ayassot « La miniera », il 17
febbraio ed il 1” marzo.
Il « Coretto del Collegio Valdese », diretto da Carletto Arnoulet, ha aperto e
chiuso la seconda rappresentazione. Molti applausi hanno espresso la riconoscenza dei presenti a chi ha recitato e cantato con lodevole slancio e competenza.
I nostri giovani, dopo essere stati ricevuti con fraterna generosità dai Framollini, si preparano a salire a Frali, dove sabato 8 marzo, verranno ospitati dalla Comunità locale.
9 Ringraziamo Walter Michelin-Salomon
e Gianni Genre che domenica 23 febbraio
hanno presieduto il culto, chiudendo in
tal modo un ciclo di riunioni fatte nei
vari quartieri dagli studenti del Collegio
Valdese.
9 II culto del 2 marzo è stato tenuto dai
giovani dell’Unione; vi hanno collaborato Ivana Gardiol, Renzo Costantino e Attilio Fornerone. Quest’ultimo, ispirandosi al capitolo 12 della 1“ Epistola ai Corinzi « varietà dei doni », ha rivolto un
vibrante ed efficace messaggio ad una
buona assemblea, composta in maggior
parte da giovani. Un bel gruppo di trombettieri ha guidato il canto degli inni.
A questi giovani collaboratori rinnoviamo i nostri più sinceri ringraziamenti.
9 L’8 febbraio sono state deposte nel cimitero della Turina (San Clermano) le
spoglie mortali di Avondet Beniamino
(Rosbel), deceduto all’Ospedale Civile di
Finerolo, alTetà di anni 74. La fede ha
sorretto i. 'ostro fratello nella sua lunga malatti,..
Il 4 marzo, una numerosa folla si è
stretta attorno alla famiglia del giovane
Godinó Piero (Ruata) strappato all’affetto dei suoi cari all’età di anni 18.
Colpito da una inesorabile malattia,
circa un anno fa, egli ha dovuto trascorrere questi lunghi mési in vari ospedali.
In quest’ora di dolore la Comunità
esprime alle famiglie colpite nei loro affetti più cari la sua profonda, sincera
simpatia cristiana.
Prall
Martedì 29 •fetibraiò, ’ a Ghigo ri 'sono
riuniti gli òpferafòri delle attività' codimérciàlì' (hégoziànti- é àlb'ergatOrf) ’|iér
prbgràni’rhafe il lavoro’ ;
• La scarsità' di néve 'déft4n?érho; ila aggravato ahcora là cMé? clie^si’taàhìfe
ufi pò” dappertutto ’nei"•amóre*'turfsticer.
In' niòntagnà,/iholtfé, la’‘s*tà'gfÒné 'estiva
è limitata a poco pi'tf 'dl un me^e; 'dà ilibtà luglió- a -fihe agósto, é ‘negli"*àlt¥i me|si
si pùò èòntare tutt'àl più sulle ’presenze
domenicali.
Ferciò i commerdant^e gli alberg^qri
di Frali hanno costituito lin borpitàto chè
preparerà un programma’'ai ' manfffe^tàziònl che dòvrarinb occupare le domeniche vuote e àttirafe per -quanto é possibile i'turisti'occasionali. , ,
AHigianelli valdesi
Sòho ancora dispónibil'ì alcuni pósti per
studenti o operài. TèleL ài numèfi 657971
o'652287." ‘ '
8
8
COMUNIONE E LIBERAZIONE
SUD-VIETNAM
La Compagnia di Gesù degli anni’ 70
Valdo Benecchi ha preso contatto con gli studenti dei liceo A. Righi di
Bologna chiedendo in particolare allo studente Andrea Forti, dirigente della
FOCI, una valutazione dell’organizzanizzazione attingendo alla sua militanza
politica all’interno della scuola. Riproponiamo qui una sintesi della conversazione ritenendola di interesse generale.
Le elezioni all’Università e l’entrata in
vigore dei decreti delegati hanno riportato alla ribalta in maniera piuttosto
massiccia l’organizzazione studentesca denominata « Comunione e Liberazione ».
Nella cronaca di questi anni CL è stata
presente soprattutto nelle Università e solo in poche località anche negli istituti superiori; anche qui però essa si va affermando (Milano, Rimini). In Emilia, in occasione di quelle scadenze, l’impegno è
stato particolarmente vivace. A Bologna,
in previsione delle elezioni per gli organi
collegiali, in ben cinque scuole superiori
sono apparse liste promosse da gruppi
che ad essa sono collegati. Comunione e
Liberazione da vera « Compagnia di Gesù » degli anni ’70, vanta anche un ben
inquadrato servizio d’ordine, le cui squadre sono state più d’una volta protagoniste di provocazioni e disordini.
Riconoscere che si tratta di un gruppo
sostanzialmente conservatore e coerentemente integralista, al di là della fraseologia pseudo-rivoluzionaria con cui essa
si presenta, significa anche riconoscere
l'estrema « modernità » e pericolosità
della presenza di Comunione e liberazione nelle scuole italiane e del progetto politico che la ispira.
Va innanzitutto detto che, nello scontro
politico apertosi nelle scuole in quest’anno, la posta in gioco ha un enorme valore strategico ai fini del più generale scontro di classe in atto nel paese.
UNA STRATEGIA
Essa consiste, né più né meno, nella
possibilità concreta, per il movimento degli studenti, di superare definitivamente
la vecchia caratterizzazione puramente
agitatoria e propagandistica, e di fondare la sua crescita politica su obiettivi di
rinnovamento della scuola e capace di
coinvolgere e mobilitare attorno a sé sempre più vaste porzioni del corpo studentesco. Logico sbocco in prospettiva di
questa fase nuova del movimento nella
scuola è il suo collegamento alle « piattaforme rivendicative sociali di zona » dei
lavoratori; in altre parole è il riconoscimento nella pratica che la trasformazione della scuola è parte integrante, e al
tempo stesso, condizione fondamentale
della lotta complessiva per un nuovo modello di sviluppo economico e sociale.
Pertanto il fatto nuovo contro cui nella
sostanza si scaglia il risentimento conservatore di Comunione e liberazione è
proprio quella crescita di nuovi schieramenti unitari nella scuola, e le lotte articolate per le quali inziano a muoversi vaste masse studentesche.
CL di norma partecipa attivamente al
dibattito nelle assemblee degli studenti:
essa aderisce, in linea di principio, ad una
serie di rivendicazioni riguardanti, per es.,
le strutture didattiche, la sperimentazione nei metodi e nei contenuti, l’antiautoritarismo ecc. A questo punto, però, si rivela l’essenza politica di CL: laddove il
movimento vuol dare inizio alla lotta, essa propugna al contrario il « convincimento individuale » dello studente come
premessa necessaria e sufficiente per una
« scuola libera », dichiara che questa adesione alla buona causa non può che derivare dallo sviluppo « libero e personale »
dell’individuo; conclude che questo sviluppo va perseguito facendo della scuola
una « comunità autogestita » entro la
quale dare libero sfogo alla componente
« esistenzialistica » della psicologia individuale. Comunione e liberazione si muove quindi avanzando la logica della collaborazione (nei fatti collaborazionismo)
con l'insegnante e l’autorità scolastica,
allontana decisamente da sé ogni proprospettiva di classe, sfocia nel qualunquismo del « rifiuto della politica » e' della lotta, si schiera in ultima istanza, sul
piano politico, a fianco della conservazione e della destra clerico-fascista (linea
abrogazionista nel referendum sul divorzio).
CONTRO L’UNITA’
STUDENTESCA
Al di là del suo alone « comunitaristico », Comunione e liberazione è nei fatti
un gruppo politico che si richiama ai settori più retrivi e integralisti della Democrazia Cristiana (il suo leader è un fanfaniano di ferro). E non a tutta la DC:
questo è il punto. Essa non esprime in
sé la crisi attuale del partito democristiano, come al contrario il Movimento
giovanile DC, e quindi una perpetua oscil
lazione tra posizioni progressiste e chiusure settarie e conservatrici, in una totale impossibilità di « scegliere », ma è
emanazione di una immaginaria (per il
momento) «nuova DC » che ha già compiuto una scelta integralistica di destra.
CL è finalizzata a questo tipo di scelta,
e ad essa si attrezza, sul terreno della
scuola e dell’Università, con grande intelli.genza politica e con una organizzazione ben salda e ricca di risorse.
Essa ha capito infatti che una delle
conseguenze più appariscenti della crisi
della scuola è la tendenziale e progressiva disgregazione del corpo studentesco,
accompagnata dalla crescita del qualun
quismo e del « rifiuto della conoscenza »
in sé e per sé. CL ha anche capito che
questa disgregazione è oggi funzionale
alla classe dominante capitalistica, in
quanto primo passo verso una restaurazione nella scuola che passerebbe successivamente (in presenza ovviamente di un
quadro politico adeguato) attraverso una
drastica riduzione della scolarità.
L’unico terreno sul quale è lecito pre- •
vedere la sconfitta politica di Comunione e liberazione è quello dello sviluppo
di una lotta studentesca di massa, che
sappia concretamente coinvolgere tutti
gli studenti nella rivendicazione di obiettivi di rinnovamento che siano primi elementi di una generale riforma della scuola; è questo un cammino che dovrà passare in prospettiva per la tappa fondamentale di un processo di « ricomposizione politica » del corpo studentesco, invertendo dunque l’attuale tendenza disgrerntrice.
documenti
I RIFUGIATI POLITICI
IN ITALIA^
La sezione romana di Magistratura Democratica, il comitato dei rifugiati politici antifascisti e Agape hanno raccolto
una documentazione sulla situazione dei
rifugiati politici in Italia.
Nonostante l’affermazione dell’articolo
10 della Costituzione, il dossier documenta come il trattamento riservato allo straniero e al rifugiato politico lasci ampio
spazio alla prassi della polizia e come la
tutela giudiziaria dei diritti dello straniero sia estremamente difficile. In Italia i
rifugiati politici sono circa 13.000 ma questo numero è assai inferiore alla realtà
in quanto solo il 20% degli stranieri che
ne fanno domanda riescono ad ottenere
l’asilo. Il dossier documenta le condizioni di vita dei rifugiati (nei campi profughi e minacciati dai servizi segreti stranieri, ecc.) e la condizione degli studenti
stranieri.
NEOFASCISMO E GIUSTIZIA^
La sezione piemontese di Magistratura
Democratica ha pubblicato recentemente
un interessante dossier sulle attività del
neofascismo in Piemonte e dell’atteggiamento tenuto dalla magistratura della
nostra regione nei confronti. In 160 pagine che raccolgono materiale di atti
istruttori, sentenze e cronologie di attentati squadristi, emerge chiaramente la
non applicazione della legge che vieta la
riorganizzazione del disciolto partito fascista. Infatti nonostante i numerosi casi
di aperta apologia del fascismo l’autorità
giudiziaria di Torino ha inflitto in 22 anni tre sole condanne per un totale di 20
mila lire di ammenda.
Il dossier è di utile consultazione per
quanti vogliono riflettere su uno degli
aspetti più tragici della vita politica contemporanea a 30 anni dalla fine della lotta di liberazione.
^ Il dossier può essere richiesto all’associazione
Magistratura Democratica, Via Piffetti 7 bis^
10143 Torino. L. 2.000.
' Il quaderno può essere richiesto ad Agape,
10060 Frali. L. 600.
la settimana internazionale
a cura cii tullio viola
UNA CRITICA CHE NON CONVINCE
E NON GIOVA
if; È quella che i cinesi fanno alla politica sovietica. Nel n. preced. di questo
settimanale, abbiamo raccolto la sentenza, attribuita a Ciu En-lai in persona:
« “L’URSS minaccia all’est per meglio attaccare all’ovest", lasciando capire che si
tratterebbe d’una tattica simile a quella
del Terzo Reich in Europa prima del 1939.
Ma la realtà sovietica (prosegue K. S. Karol nel citato articolo sul « Manifesto »
del 15.2.’75) resta nondimeno complessa
ed è imprudente assimilarla al regime zarista o al fascismo puro e semplice. Nulla
prova che l’attuale dinamica interna spinga a brevi tempi l’URSS verso una società fascista, ricalcata su un modello noto
ma non così facilmente riproducibile...
Insistendo troppo pesantemente sulla
rivalità fra USA e URSS e minimizzando
l'importanza della collusione fra i due
paesi, paradossalmente i cinesi finiscono
con il rendere nuovamente presentabile
l’URSS agli occhi della sinistra. Giacché
per tutti coloro che vivono nell’orbita
americana, sotto il regime capitalistico,
l’imperialismo USA resta attualmente il
nemico numero uno... È nel suo grembo che i governi indebitati e indeboliti, come ha dimostrato anche il recente
viaggio di Leone a Washington, e in genere tutti i pellegrinaggi e i vertici di questi
mesi, cercano ancora una protezione e un
aiuto. (...)
Stando così le cose, se fosse vero che
l’URSS si oppone, per buone o cattive ragioni, all’imperialismo americano, non pochi militanti, gruppi dirigenti, nuove borghesie nazionali (e non solo fra i riformisti, ma anche fra i rivoluzionari) sarebbero tentati di puntare su di essa come
su un alleato “obiettivo", riponendo quindi nella sua strategia la fondamentale
speranza d’una vittoria contro gli USA, e
rimanendovi, di buon o cattivo grado, subalterni. Già questo in parte avviene, con
giusta irritazione dei cinesi. Perché dun
que essi stessi incoraggiano a mettere
l’accento su un contrasto che non può
non apparire “positivo”, fra l’URSS e l’occidente, proprio mentre l’antico antagonismo si attenua, tanto da reggere ormai
perfino a questo a quel non lieve contrasto d’interessi, e meno che mai l’URSS
offre protezione ai paesi dissidenti del
blocco avversario? Non sarebbe più efficace, oltre che più corrotto, chiarire a
tutti coloro che ancora si fanno illusioni
sul ruolo dell’URSS, che non è più possibile contare su un suo aiuto, non solo
soggettivo ma neppure obiettivo, per la
propria emancipazione? ».
INTRIGHI INTERNAZIONALI
INTORNO ALL’ERITREA
Pietro Petmcci nell’ultima parte del
suo articolo già citato (e pubblicato su
« L’Espresso » del 16.2.'75, cfr. il n. prec.
di questo settimanale) scrive:
« L’Eritrea dunque va “liberata": ma
per farne che cosa? Uno Stato “sentinella avanzata contro le macchinazioni dell’imperialismo nel Mar Rosso’’ (come auspicano Siria, Iraq, Sud Yemen e Somalia, tutti amici dell’URSS) o per fame il
22” membro della Lega araba, vassallo
dei “signori del petrolio" (come vorrebbero Feisal, Sadat e gli emiri, tutti amici
degli americani)?
Solo Washington gioca su due tavoli.
Ma la scelta non è facile: o sostenere fino in fondo il vecchio alleato etiopico,
gandoselo dépnitpgamente ma irritando^
gli arabi, oppure pilotare il parto di una
Eritrea indipendente ma filoccidentale con
il rischio di buttare Addis Abeba fra le
braccia di chi le fornirà armi per continuare la guerra. Tutte le ipotesi sono credibili. Intanto, non si vede chi e come
possa fermare la guerra ».
In realtà noi non crediamo che il « gioco » di Washington durerà ancora a lungo: già si capisce che gli aiuti USA all’Etiopia s’intensificheranno sempre più.
E se ne capiscono anche i motivi!
la terza via
buddista
^L’aspetto meno noto, e perciò tanto più
tragico, delle conseguenze della « sporca
guerra » in Vietnam e del suo prolungarsi dopo gli accordi di Parigi, riguarda i
bambini. Su una popolazione di 18 milioni, vi sono nel Sud-vietnam 2 milioni
di orfani di padre o di madre e mezzo
milione di bimbi privi di ambo i genitori.
Questo, secondo la locale Chiesa buddista, è il problema fondamentale dal quale dipende il futuro di quella popolazione, martoriata da oltre trant’anni di guerre. Abbiamo detto: « Chiesa buddista ».
A voler essere più precisi, questa preoccupazione ed il conseguente totale impegno per la ricostruzione e lo sviluppo sociale sono stati assunti da parte di un
folto gruppo giovanile buddista, che in
un primo tempo ha dovuto agire in contrasto colla Chiesa, che li considerava
« comunisti » (in questo, tutto il mondo è
paese!) per la loro totale dedizione alla
causa dei poveri, dei miseri. La Chiesa
buddista ha poi mutato atteggiamento e
questo movimento, che si ispira alla nonviolenza attiva, alla riconciliazione ed alla giustizia, ha assunto delle dimensioni
sempre più vaste, che Thanno portata ad
avere una rappresentanza ai lavori degli
accordi di Parigi, in qualità di « terza forza » (essi però preferiscono definirsi
« terza via » perché la « forza » dà loro
fastidio anche solo come parola).
Ma la vita di questi gruppi, fra cui vi
sono educatori, assistenti sociali, diplomati, studenti, ecc. è resa piuttosto dura
dalle parti in guerra: da una parte il governo fantoccio filoamericano Thieu li
considera dei traditori e quando può li
incarcera a causa del loro atteggiamento
di dissociazione; dall’altra il governo rivoluzionario se ne distanzia per i principi nonviolenti del movimento, e per la
sua azione al di sopra della parti.
La loro dedizione al problema del nutrimento, deU’alloggio e dell’educazione dì
migliaia e migliaia di bimbi a volte abbandonati a sé stessi li porta ad agire in
tutte le zone del Sudvietnam e se si tien
conto che T80 per cento del territorio viene controllato alternativamente dalle forze opposte, si comprende quanto siano
immensi le difficoltà ed i pericoli cui essi
sono sottoposti: parecchi di loro infatti
hanno perso la vita. ,
Queste notizie sono state fornite la sera del 20 febbraio scorso nei locali della
Chiesa di Pinerolo, con accompagnamento di diapositive, da due giovani vietnamite appartenenti al movimento di resistenza nonviolenta buddista in esilio. Esse sono impegnate in un giro italiano che
le ha viste la sera successiva a Torino e
le porterà poi a Bologna, a Roma, a Napoli. . ,
Indubbiamente a noi, a volte cosi « politicizzati » fa effetto sentir parlare di
pace e di amore da parte di gente che vive una guerra civile. Si preferisce in genere parteggiare per Tuna o per l’altra
parte, alle volte dimenticando le vere vittime della guerra: i soldati stessi, i bimbi, i poveri, i profughi, i senza casa.
* -k *
Come già precisato in un precedente
numero del giornale, iTattività di questo
gruppo deve essere sostenuta, nelle 44
provincie sudvietnamite, dal contributo
di « padrinati » che devono impegnarsi
per una cifra mensile pari a circa 3.500
lire colla quale un bambino può vestirsi,
mangiare e andare a scuole. Per informazioni e adesioni, rivolgersi a Evelina
Pons, via Cialdini 34, 10138 Torino.
Pierre
C*miteto di R«dMÌMi*i Brvmo Bellion, Valdo Benecchi, Gustavo Boucherd, Nìso De
Michelis, Ermanno Genre, Roberto Peyrot,
Paolo Ricca, Giampaolo Ricco, Bruno Rostagno, Giorgio Tourn, Tullio Viola.
Diretlera reapenaabile : GINO CONTE
Direnerà: GIORGIO TOURN
Amminiatraiione : Casa Valdese, 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094 intestato a L’Eco
delle Valli - La Luce - Torre Pellice
’**’'*’r 4k)»bonamentr: Italia annuo l. S.000
semestrale l. 2.500
estero annuo L. 6.000
Una copia L. 100, arretrata L. 150
Cambio di indirizzo L. 100
Inserzioni : Prezzi per mm. di altezza, larghezza una col.: commerciali L. 100 - mortuari L. 150 - doni 50; economici L. 100
per parola.
Reg. al Tribunale di Pinerolo N. 175
8 luglio 1960
Loop. Tipografica Subalpina - Torre Pellice