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’I
ECO
DELLE miXI VALDESI
Spett.
BIBLIOTECA VALDESE
TORRE PBLLICE
(Torino)
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno XCI “ Num. 37
lina conia lira 30
ABBONAMENTI / Eco : L. 1 300 per IW™.
\ Í. 1.800 per l enK-Tn
Eri) e l.a Luce: L. 2.000 per rinterno | Spedir, abb. poaule • 1 Grappo
L. 2.800 per l’estero | Cambio d*indirirr.o l I r » 5 0
TORRE PELLICF — 23 settembre 1961
Claudiana Torre Pellice - C.C.P. 2-17557
Perdonaci
il nostro pane quotidiano
Si parla molto di testimonianza vissuta. Penso che, in questi giorni, ne
riceviamo una dai fratelli d’oltralpe
che deve farci meditare e operare. Si
tratta del contenuto con cui alcune
Chiese elvetiche hanno, anche quest’anno, riempito la tradizionale celebrazione del « Jeûne fédéral » : l’aiuto
ai paesi sottosviluppati. Riportiamo
qui sotto un articolo relativo del pastore J-S. Javet, di Neuchâtel, pubblicato su La Vie protestante. Vi si
riconosce con chiarezza e dolore che
per tanti questa giornata di ravvedimento e di azioni di grazie — se ne
celebrano di simili in Gran Bretagna
e in Germania — ha perso ogni significato : « coquille vide abandonnée
par le temps sur nos rivages, au fond
de laquelle le plus grand nombre de
nos concitoyens n’entend même plus
la voix de la mer »... Ma d’altra parte
vi risuona pure la gioia riconoscente
perche la semplice idea, « pas géniale », di abbinare il Jeûne fédéral all’aiuto a paesi sottosviluppati ha trovato una larga eco nella Chiesa {nel
popolo?).
Le Chiese evangeliche del Cantone
di Neuchâtel e di quello di Vaud —
a cui si associano i protestanti friburghesi - si uniscono, quest’anno, puntando insieme sull’obiettivo di Grani
Bharati (India). Si tratta di una cittadina dello Stato di Gujrat, popolato
da un gruppo etnico (i.Thak;or) che è
fra i più arretrati e dimenticati : sarebbe più giusto, per loro, parlare di
pre-sviluppo che di sotto-sviluppo. Per
questo a Gram Barati si vuol far sorgere una fattoria modello, con una
stalla per 25 capi di bestiame, latteria, macchinario agricolo, una scuola
d’agricoltura (con convitto) per 100
allievi. TI Governo e alcuni proprietari locali hanno già oflferto il terreno:
circa 75 ettari. Si tratta di costruire,
e lanciare il lavoro, iniziando in particolare gli agricoltori ai metodi moderni della cultura del riso selezionato e della canna da zucchero.
I protestanti ginevrini, invece, divideranno le loro offerte fra « Claire
Fontaine », un foyer della Chiesa per
giovani apprendiste che non hanno la
famiglia in città, e l’ospedale di Chicumbane (Mozambico), che, costruito
e so.stenuto dalle missioni elvetiche,
ha urgente bisogno di rinnovamento e
ingrandimento. Le Chiese bernesi rivolgono la loro attenzione a due case
d’accoglienza per bimbi abbandonati
(Reussilles e Grandvai), e ai fratelli
delle Chiese minoritarie del Cantone
di Friburgo e di alcune vallate un po’
abbandonate dei Grigiont.
Così, domenica scorsa, in tutti i
templi evangelici della Suisse romande, e oltre, è risuonato l’appello della
Parola del Padre; « Dov’è tuo fra
Le scandale est que la première exigence de l'homme,
Donne-nous aujourd'hui notre
pain quotidien, devient tacitement: Seigneur, fais que la
nourriture que je' vais prendre
ne me fasse pas trop grossir.
Ch.-H. Favrod.
tello? » Una lettrice ci ha segnalalo
che da Radio Sottens. la domenica
precedente, il past. Javet aveva predicato sulla richiesta del Padre nostro:
« Dacci oggi il nostro pane quotidiano ». Egli, citando la parola di uno
scrittore, constatava che, guardandoci attorno — in Svizzera, ma anche
quasi ovunque da noi — questa richiesta dovrebbe essere piuttosto:
« Perdonaci oggi il nostro pane quotidiano »; perdonaci. Signore, l’indifferenza, l’assenza di riconoscenza per
tutti i doni della tua grazia, che vanno così infinitamente al di là del semplice, nudo, es,senziale pezzo di pane
quotidiano, che tuttavia manca a centinaia di migliaia, a milioni di uomini. nel mondo; perdonaci. Signore, se
mentre ci crogioliamo nella nostra
vita più o meno — ma sempre abbajstanza — agiata, chiudiamo gli occhi
»alla miseria di un mondo di cui si può
Une idée qui n'était
pas geniale...
L’idée n’était pas géniale. Mais depui-i
cinq ans, elle s’est révélée juste et féconde. Elle a consiisté à unir le Jeûne féidéral
à l’aide aux pays dits .sous-idéveloppés.
Une fois l’an depuis plus d’un siècle,
le troisième dimanclie de septembre, les
autoriléis civiles et religieuse« de notre
pays invitent la population à célébrev
mie journée de repentance et d’action
de grâces. Pour une petite minorité
ces mots ont encore un sens. Mais
pour la pluiuarl? L’institution du Jeûne
fédéral est devenue semblable à une coquille vide abandonnée par le temps sur
nos rivages, au fond de laquelle le plus
?rand nombre de nos concitoyens n’entend
même plus la voix de la mer.
El si l’on proposait à tous nos compa
irioles un contenu nouveau pour la coquille vide? Redonner un sens au Jeûne
fédéral; en faire un jour où prenant parliculièremenl conscienee de nos privilèges
helvétiques, nous consentirions un sacrifice pour ceux qui n’ont pas ces privilèges;
un jour où le superflu disparaîtrait de
notre table, pour devenir ailleurs le necessaire des autres; telle fut l’idée. Si
I idée est partie de l’Eglise, celle-ci n est
pas seule à la réaliser. Il faut conserver
au Jeûne fédéral son caractère officiel et
populaire. C’est donc un comité comprenant des personnalités de toutes tendances qui, avec l’appui des autorités civiles
et religieuses, propose au peuple un obieciii
précis qui cliaque année soit le signe de sa
reconnaissance.
Reconstruire un village et édifier un
bôpital en (yrèce, dresser un centre social
et scolaire en Sardaigne, à l’oiocasion de
l’Année mondiale du réfugié construire une
aile à un home pour réfugiés âgés et malades. lel.s sont le.s signes tangibles, pré<ds
et durables de la volonté de milliers de
Neucliâielois: que leur bien-être d’un jour
se transforme en « mieux-être » permanent
pour leur frères moins favoriksés.
Manger moins, boire peu, et donner à de
pluts pauvres que nous l’argent économisé
( en arrondissant la somme, bien entendí*! >,
c’est ce que nous ferons celle année pour
Gram Bharati (IndeL Des articles dans la
presse, des annonces, et dans chaque boîte aux lettres du canton un dépliant illustré ont dit à tous en quoi consiste le centre
rural de Gram Bharati qu’il faut édifier,
et comment il permettra à une population
misérable de cultiver «a terre et de lutter
elle-même contre la faim.
Une fois de plus, c’est l’Aide suisse à
l’Etranger qui sera ragent d’exémlion du
coanilé du Jeûne fédéral. Ainsi toute Topération sera-t-elle placée sous les yeux du
contrôle fédéral des finances, et les travaux en Inde supervisés par un délégué
suisse
L’idée qui n’étail pas géniale a fait ses
preuves. Le eanlon de Vaud à son tour
l’adopte celte année. Dans le canton de
Fribourg, les protestants se joignent au
3110U veulent.
Si, le jour du Jeûne, nous comprenons
quel est l’appel que Dieu nous adresse,
l’égoïsme et l’hypocrisie auront reculé dans
un coin de notre heureux pays; et c’est la
misère qui aura reculé dans un coin de
l’Inde. J.-S. Javet
FRALI
tracciare non solo una carta politica
0 geofisica, ma quella ben altrimenti
impressionante della fame, dell’analfabelismo, di una vita abbrutita; perdonaci, Signore, se cerchiamo di soffocare persino la nostra cattiva coscienza, « ignorando » questa sofferenza e
questo grido, questa voce del sangue
del fratello, che sale a te.
Abbiamo ricevuto da un lettore
questa lettera, e siamo lieti di lasciarlo parlare anche per noi ;
Caro direttore,
leggendo, come faccio spesso, giornali svizzeri, sono stato anche quest’anno colpito didriniziativa di alcune Chiese di quel paese, di dedicare
quel giorno di meditazione e di riconsacra lione che, nelle intenzioni, ha da
essere il Jeûne fédéral, ad un rinnovato e concreto impegno nelle vie di
testimonianza e di servizio fraterno
su cui il Signore chiama la sua Chiesa. E' un segno molto hello della viva
sensibilità dei nostri fratelli elvetici.
E mi dispiace profondamente di non
sentirlo vivo neìta mia Chiesa. Certo,
non siamo ricchi come gli Svizzeri;
certo, siamo una piccola e povera
Ciìiesa di minoranza, alie prese con
probiemi e difficoltà più grandi di
noi. sosteniamo un numero ¡li opere
sociali considerevoli per le nostre gracili spalle... e tuttavia, amie siamo
sempre ripiegati su noi stessi! anche
quando abbiamo delle ’’domeniche
speciali”, delle speciali raccolte di offerte, è sempre a noi stessi che pensiamo, alle nostre chiese, alle nostre
opere, alle nostre necessità! e non esitiamo ad andare a chiedere aiuto ad
altri, senza aver prima fatto, tutti, tutto quei che potevamo fare. Lo dico
con umiliazione, perchè di questi peccatori io sono il primo. Ebbene, non
voglio naturalmente dire che debba
diminuire l’interesse — in generale
già non troppo diffuso e profondo ■—
per la nostra opera e le nostre opere;
ma penso che sarebbe giusto, e profondamente benefico se anche noi imparassimo a mettere da parte almeno
un giorno, una domenica, per pentirci, per ringraziare il Signore di tutti
1 suoi doni, per privarci per un pasto
o due del nostro cibo — è nostro in
quanto Dio ce lo dà, ma a tutti — e
offrire il frutto di questo piccolo sacrificio, tutti uniti, a uomini come noi
cui venia il nostro realistico interessamento e per cui intercediamo.
Non so quale eco potrà trovare tale
mia proposta, ma Le sarò grato se
permetterà che appaia sul giornale. E
intanto, pothè sta per aprirsi a Riesi
un centro ài assistenza fraterna aperto
a tutti, sodenuto dalla nostra Chiesa,
Le invio a questo scopo la mia piccola
offerta, cttuando personalmente la
mia propcsta, nella speranza che altri
.si uniramo. Grazie, fraternamente
quidam
1 Accluse.
1.5001
Domenica 17 è stata inaugurata la nuova
sala delle attività, che fa parte del complesso comunitario del nuovo tempio e che sa
rà strumento prezioso di te.stimonianza nella Prati in trasformazione, e ospitale.
Pubbliihiamo volentieri questa lettera; non ibbiamo molto da aggiungere.
Non abbiamo mai nascosto una certa
riserva contro il moltiplicarsi delle
« domeriche speciali »: ma una giornata come quella che viene qui proposta d pare indubbiamente molto
più valida, evangelicamente, di quella
largarrente sentimentale dedicata alle
« madri » o alla « famiglia cristiana »,
o di quelle assai genericamente consacrate alla « comunione universale » o
alla «.pace »; per non parlare di quanto uri contenuto come questo arricchirebbe « feste » quali il XVII febbraio
0 il tv agosto.
Saiebbe un modo vero di dire al Signori « dacci oggi il nostro pane quotidiaio » e anche « perdonaci oggi il
nostio pane quotidiano » : una giornata che lascerebbe una traccia lunga
e piòfonda nella vita di un anno.
Un convegno pastorale
di rilievo ad àgape
/ "colloqui pastorali” sono spe.sso considerati con ironia non troppo bonaria dai
membri di chiesa: pastori che si ritrovano
e chiacchierano. Può darsi che qualche voi
!a sia proprio solo questo. Non è común
que .stato il caso ad Agape, dal 18 al 20 seti
l na quarantina di pastori, alcuni con It
loro compagne, si sono riuniti per uno stu
dio serio e raccolto dei problemi che il
"nuovo corso” del Cattolicesimo ci pone
davanti, il Past. A. Ribet, il Dott. G. Peyrot. il Prof. V. Subilia e il Prof. Craighead
(delta Scuola teologica battista di Rivoli)
si sono succeduti nel delineare, da punti
di vista diversi, una documentatissima indagine del Cattolicesimo odierno, mettendo pure chiaramente in luce, nel mutare
delle situazioni e degli atteggiamenti, i perenni problemi di fondo, la costante esigenza di radicale riforma che l’Evangelo
getta sulla coscienza di ogni chie.sa; anche
della nostra, beninteso. Al riguardo magistrale, ricco di documentazione e di risonanze lontane e profonde, lo studio del
Prof. Subilia. cui si provvederà a dare adeguata diffusione trattandosi di un lavoro
che potrà per cerehie più vaste essere fecondo di meditazione e di sviluppi. Caraltt ristica di questo incontro, la sua interconfessionalità: valdesi, metodisti, battisti,
anche due luterani italiani, oltre ad un riformato polacco, che ha pure fornito inte
ressanti informazioni di prima mano .sulla
¡iiccoln minoranza evangelica di Polonia
Agli oratori e ad Agape che ci ha accol
(!) con un tempo radioso, un grazie di onore. .Ai membri della nostre chiese, l'assicurazione eh? è pensando a loro, alla predicazione e all’insegnamento in mezzo n
loro, che ci raccogliamo a .studiare, discutere. pensare.
L'ultimo volo
di Hammorskjoeld
Il segretario generale delle N. U. è perito lunedì notte in una sciagura aerea presso l’aeroporto di Ndola, in Rhodesia, dove
avrebbe dovuto incontrarsi con il capo del
Katanga, Tsbombe, per trattare la cessazione del fuoco fra le truppe katangbesi e le
forze deirONU. Non si sa ancora se si è
trattato di sciagura o di sabotaggio; forse
non si saprà mai. Comunque, Dag Hammarskjoeld è caduto, simbolicamente, ^ a
fianco dei suoi <( caschi blu » irlandesi, indiani ecc„ nella lotta comune per placare
lo scatenarsi di odi e di violenti interessi
che da 14 mesi ha avvelenato l’indipendenzr congolese. Ricorderemo più ampiam^tc
la figura discussa di quest’uomo che si è,
sinceramente anche se non infallibilmente,
adoperato alla pace : la scena umana non
abbonda certo di « servitori » quale egli è
stato.
ueoeiie e oisceRnoRe
" Non temere, perchè quelli che son con noi son
¡tilt nuniero.si di quelli che sou con loro
(2 Re 6: 16)
Ben-Hadad, re di Siria, sta da tempo lottando contro un ignoto avversario che, ripetutamente, ha prevenuto il re d’Israele dei piani
di battaglia dei suoi avversari. Tradimento? Già si sta cercando quale
dei generali dell’esercito siriano abbia ordito un complotto ai danni
del suo re, quando una voce dice a Ben-Hadad ; « Eliseo, il profeta
che è in Israele, fa sapere al re d’Israele perfino le parole che tu dici
nella camera ove dormi ». Una volta svelato il mistero la soluzione
sembra trovata: una rapida spedizione capeggiata da uomini decisi a
tutto e difficilmente suggestionabili dal comportamento insolito di un
profeta impedirà ad Eliseo di nuocere ancora. La cattura avverrà a
Liotban, piccolo villaggio senza mura uè armati. E, questa volta, colui
che così spesso aveva svelato ad altri i piani del re di Siria, sembra
essere ignaro della minaccia che incombe sul suo capo. Infatti,
aH’alba ciò che il servitore di Eliseo vede lo riempie di sgomento :
<■, Ah, signor mio, come faremo? ». Non è forse comprensibile lo smarrimento di quest’uomo? La situazione è effettivamente senza uscita
per chiunque pensi, anche solo per un istante, di affrontarla con le
sue sole forze. Eliseo non nega affatto la realtà. Proprio come il Signore non gli chiede affatto di fingere di non vedere il pericolo che lo
sovrasta.
Proprio come lo stesso Signore chiede oggi a noi di non cercare di
chiudere gli occhi dinanzi alle nostre difficoltà, dinanzi ai pericoli
che sorgono sul nostro cammino. Gesìi Cristo è venuto in mezzo a noi
perchè Dio stesso, estremamente realista nel suo amore per noi, aveva
visto che la situazione era disperata. E ancor oggi la nostra umanità
è accerchiata dal suo egoismo, dalla sua aridità spirituale, dalla fame
e dalla sete di milioni di persone, dalla sua tendenza a formare dei
blocchi (proprio come avveniva già ai tempi di Eliseo e con gli stessi
miserevoli risultati), dalla sua incapacità di parlare di pace se non
preparando la guerra, dalia sua incredulità. E la Chiesa? E’ troppo
spesso simile al servitore di Eliseo che si affaccia alla finestra e dice;
« Come faremo? » Si, siamo tutti molto « realisti », ma soltanto quando si tratta di considerare la realtà così com’è, senza che la rischiari
la luce della presenza di Dio, della sua volontà.
Cristo è venuto proprio per far sì che, lungi dall’accontentarci di
vedere ciò che tutti vedono, sappiamo anchè e soprattutto discernere, per grazia, la miracolosa presenza « dei carri di fuoco dell’Eterno ». « Non temere », dice Eliseo al suo servitore, « quelli che sono
con noi son più numerosi di quelli che son con loro ». « Non temere,
solo abbi fede », dice il Signore a chi si rivolge a lui in cerca di aiuto.
Egli può e vuole agire per riscattare la nostra vita e trarla dal più
profondo abisso di sconforto e di disperazione nel quale può venirsi a
trovare. Anch’Egli instarxcabilmente prega: « Oh Eterno, ti prego,
apri loro gli occhi affinchè veggano ». Soltanto che non è più Eliseo
che parla; non è più semplicemente un profeta del quale si raccontano
molti miracoli, taluni anche stravaganti. E’ invece l’insostituibile Figliolo di Dio, del quale .si raccontano molti miracoli, alcuni anche
sconcertanti, ma del quale non si racconta mai abbastanza il miracolo
più vero: quello della sua vita stessa, del suo stesso continuo darsi,
lino all’ultimo soffio di vita, affincìiè per tutti. Siri e pagani d’oggi.
Israeliti e credenti pavidi ed inpacciati, vi sia una parola di salvezza
Affinchè tutti sappiamo vedere la realtà e discernere in essa l’amore di
Dio che è all’opera in Cristo. Giovanni Conte
Da una predicatione tenuta nel tempio di Rorà il 10 settembre 1961
2
pag. 2
L’ECO DELLE VALLI VALDESI
N, 37 — 22 «euembre 1961
'»aiîliasa
O meglio, se si potesse scrivere
un titolo troppo lungo, tempo ohe dovrebbe essere di attesa. E’ il
tempo presente.
L’aria era calma in vai Pellice, in
un bel pomeriggio di agosto. La
Rocca Bera, il Casteliis, i più lontani monti di Angrogna incombevano
con la loro antica maestà, e ciò che
più colpiva era la loro immobilità
Quelle rocce, quelle cime sono là da
millenni, e là rimarranno fino a che
vengano « i nuovi cieli e la nuova terra ». Stanno là perchè una forza superiore ve li ha posti, e vi rimangono,
fino a quel giorno, perchè devono rimanervi, perchè hanno ormai uno scopo, o molteplici scopi, secondo l’inteipretazione che si può dare al fatto
che essi « sono là ». Sono là, calmi,
immobili, potenti e sembrano attendere.
Ma ai loro piedi le piccole formiche
umane, pur amate da Dio, non possono star ferme, non possono attendere, come dice la Parola, « in silenzio ». Devono agitarsi. Sentono che è
loro dovere agitarsi, per il loro benessere, per quello dei loro cari, per
quello del paese, per il mondo. Tutto
è in moto, si dice, tutto scorre. Anche
Tuomo deve correre, correre sempre,
ma non « perchè viene la notte, in cui
nessuno può operare ». Anzi, correndo si ha riltusione di allontanare la
notte, sognando rimpossibile sogno
di eliminarla, chissà, forse quando
l’ingegno umano raggiungerà il titanico vertice di « infrangere anche alla
morte il telo ». Corrono, gli uomini,
qualche volta dietro ad alti ideali, e
considerano peccato il fermarsi a guardare le cose grandi che, intorno a loro, stanno ferme.
Està bene. La Scrittura non pro'' pone certo airuomo. come dovere, lo star fermi, inerti; anzi deride
il pigro. Ma questo agitarsi, questo
cumulo di esigenze che l’uomo si autoimpone di soddisfare, questo muoversi con la faccia sempre più bassa,
sempre più rivolta alla bisogna terrena; questo dimenticare tutto ciò che
non è risposta immediata agli stimoli
della carne — e adoperiamo questo
termine nel senso più ampio, come è
adoperato nella Scrittura — questo
fremere convulso dietro a desideri che
si fanno sempre più numerosi quanto
irraggiungibili, fa proprio parte del
compito che Dio ha imposto all’uomo
e ohe questi non può senza pericolo
dimenticare? E’ lecito all’uomo dedicarsi tutto a servire alle potenze di
questo mondo, che la Parola — non
dimentichiamolo — designa col nome
collettivo di « Nulla »?
Non è lecito, ed è pericoloso. E’
pericoloso perchè ci sono, sopra l’uomo e dentro l’uomo, appunto queste
potenze, questi « Nulla », che esistono
proprio per trascinare l’uomo nel
« nulla » che è la loro natura. Essi vogliono che l’uomo dimentichi tutto
quello che Dio ha voluto e vuole rivelargli per la sua salvezza, ed esigono
da lui dedizione assoluta; e per ottenerla suscitano in lui un bisogno sempre più urgente di agitarsi, di muoversi, di muoversi non importa come,
purché non si fermi mai, non sosti
mai a guardare intorno a sè e dentro
di sè le cose che veramente importano, che sole possono salvarlo, cioè
dargli vita, la vita vera, la Vita senza
aggettivi. Queste cose stanno intorno
aH’uomo, e dentro l’uomo, ed hanno
appunto il compito di fermarlo, di
consolarlo nella sua fatica, di insegnargli ad attendere. Già. perchè il significato dell’attività umana sta appunto qui : neH’attesa. Niente di quello che l’uomo fa raggiunge subito il
suo scopo; e l’uomo ne subisce la dura
esperienza, e soffre nel vedere che le
cose cui sente di veramente aspirare,
di cui sa di aver veramente bisogno
gli sfuggono, o almeno non gli vengono subito in mano, ma egli deve
Decifrati nuovi papiri
Geruwlemme. — 1 flieri papiri sroperli
in marzo nei pressi del Mar Morto da un
gruppo di rieerealori israeliani, sono stati
deeifrali a Geruisalemme. Si tratta soprattutto di anticlii doeumenli giuridioi e di
contratti. Una parte di essi data dall’epoca di Bar Kocliba, un capo giudeo che nel
132 d. C. capeggiò la rivolta contro i Romani, e i cui partigiani, dopo la disfatta,
si rifugiarono nelle grotte del Mar Morto.
.\lcuni di questi documenti sono in aramaico, altri in greco; danno indicazioni interessanti sulla vita giudaica del tempo.
tendere ad esse con lungo travaglio,
e non sempre le ottiene. Ed allora
spreca nell’agitazione vana quella che
dovrebbe essere, invece, l’energia dell’attesa.
Perchè al Signore è piaciuto di salvarci con una promessa. Quello
che Egli, nella sua sovrana bontà, ha
deciso di darci, non ce lo fa gustare
immediatamente, ma ce lo promette, e
vuole che noi ne godiamo già qui ed
ora, pur senza vederlo. E non a noi
soltanto lo promette, ma a tutta la
creazione che con noi geme ed è in
travaglio. E la natura, più saggia di
noi, aspetta, immobile, radempimento
della promessa.
In quel bel pomeriggio, scendendo
verso la pianura dopo aver contemplato le cime immobili, ho trovato un
gran vento. Ecco dunque che l’Eterno
non è morto, e che, quando e come
vuole, agisce. 11 vento ha investito le
cime, le ha sfiorate, ma non le ha demolite, perchè esse « sapevano » che
una volta o l’altra sarebbe venuto, e
lo aspettavano.
L’uomo vorrà esser sempre più debole delle rocce, per difetto di conoscenza della Roccia dei secoli cui può
definitivamente ancorarsi?
L. DE Nicola
Ritiro spirituale ad A|ape
dei dipendenti della CIOV
Martedì 13 e Mercoledì 14, favorito
da un tempo ottimo per la stagione,
si è tenuto ad Agape im ritiro spiri
tuaie per i dipendaiti della C.Ì.O.V.
Onde assicurare ai nostri istituti i servizi necessari, i dipendenti della
C.I.O.V. si sono divisi in due scaglioni, partecipando all’una o all’altra
giornata.
Martedì mattina giugeva a Frali il
primo scaglione. Dopo un breve culto
presieduto dal Fast. Cipriano Tourn,
il gruppo si è raccolto nella « Chiesa
all’aperto » ; il Fast, Girardet, Direttore di Agape e Fresidente del Distretto, ha tenuto una fraterna conversazione sulla importanza dei servizi che
ognuno dei dipendenti della C.I.O.V,
rende alla Chiesa e al Signore; in seguito ha parlato il Fast. Umberto
Bert, Fresidente della C.I.O.V., illustrando l’opera che la Chiesa compie
per mezzo dei nostri Istituti, ed i
gravi problemi che attendono una soluzione. Lo scambio di idee che ne è
seguito ha messo in evidenza la necessità di un maggiore inserimento
dei nostri Istituti nella vita della
Chiesa.
Dopo il buon pranzo (agape fraterna ad Agape), il gruppo ha « alzato
gli occhi ai monti » ; dopo mezz’ora di
seggiovia, la fresca aria e il panorama
meraviglioso del « Cappel d’Envie »
hanno concluso magnificamente la
prima giornata.
Un grazie di cuore ai Signori Bert
e alla direzione di Agape per la fraterna accoglienza.
Cipriano Tourn
ALLA MANIERA DI ALDOPS HPXLEÏ
Questo bravo XX' Secolo
La prima puntata di questa serie è
stata pubblicata il 31 marzo 1961.
C’è una differenza fondamentale tra
le impressioni suscitate nei due primi
cosmonauti sovietici dai loro viaggi
spettacolosi.
Il primo, Yuri Gagarin, è felice di
averlo compiuto, gli pare di aver raggiunto il mondo delle stelle, quasi di
essere stella egli medesimo (naturalmente la stampa mondiale, particolarmente quella italiana, si è subito impadronita di questa dichiarazione e
l’ha invilita e snaturata nel modo più
sciocco). H secondo, Germán Titov,
nella fierezza della più difficile impresa, non nasconde però di esser stato colto da una grande malinconia,
G di aver nostalgicamente guardato
alla terra che sotto di lui, per ben 17
volte, velocissimamente gli appariva e
scompariva. Egli ha concluso con parole di caldo affetto per la terra, più
ancora che per la sua patria in particolare. Fure in mezzo alla sconfinata
libertà degli spazi, egli è tornato, con
invincibile desiderio, come un figlio
alla madre sua, al pensiero e alla contemplazione del globo terracqueo, di
questo humus, onde egli — come tutti
noi — è humanus.
La divergenza tra i due è significativa, e va tenuta presente nel valutare
lo spirito e la presenza deH’uomo nell’universo : esploratore celeste o muffa
della terra — creatura del cielo o creatura di questo suolo — essere sublime
che ripensa i pensieri di Dio (come
L’Università di Heidelberg
Un centro importante di preparazione cuituraie e teologica
La teologia protestante contempoha ora due principali centri di attrazione, d’altronde in costante comunicazione, geografica e teologica, tra loro: lo Svizzera tedesca (dove Barth
continua e continuerà ad insegnare)
e la Germania sud-occidentale.
Anzi, la scuola tedesca, col suo felice abbinamento delle tradizioni luterane e calviniste e con la sua solida
comprensione storico-esegetica del
messaggio biblico, sembra avere corretto anche alcune delle più eccessive
(e vagamente hegeliane) posizioni di
Barth (e ancora più dei barthiani),
dando così, un apporto fondamentale
alla conoscenza teologica ; e riella
scuola tedesca, l’antica Università di
Heidelberg continua a svolgere una
funzione di primissimo piano.
L’Università di Heidelberg è stata
fondata nel 1386 dal Conte del Falatinato, Ruprecht I; era allora alloggiata nel castello, le cui rovine domi
I, ut ! I < I ' ''
nanza mondiale) e quattro Kirchlicha
Hochschulen; gli studenti di teologia
erano,, nel semestre scorso, 607, di cui
86 donne. I corsi durano cinque anni,
la frequenza non è assolutamente obbligatoria : in teoria uno studente può
stare, almeno quattro anni, ad Heidelberg, senza partecipare ad una sola lezione; però, dopo quattro anni,
deve affrontare una prima serie di
esami, estremamente severi; nel corso di questi esami fra importanza essenziale anche il giudizio sulla figura
morale deH’esaminando, giudizio che
vedremo come viene emesso. Superati questi esami, gli studenti entrano
per la prima volta in un Internato,
nel quale trascorrono il quinto anno,
dedicato essenzialmente alla teologia
pratica, dopo il quale affrontano gli
esami finali.
Nei primi quattro anni, dicevamo
lo studente può, se vuole, anche non
fare nulla; però ha a sua disposizione
w ’ '4,
Il « Peterstift », lungo
le rive tranquille dei
Neckar, è il convitto per
candidati in teologia
deU’Università di Heidelberg.
nano ancora la città, e largamente
controllata, come d’abicudine, dagli
ambienti ecclesiastici locali. Coinvolta nelle guerre della Riforma, divenne un fortunato centro di incontro tra
luteranesimo e calvinismo ; il « catechismo» di Heidelberg è tutt’ora uno
dei documenti dogmatici fondamentali della Chiesa del Baden ed ha uri
posto notevole tra le confessioni di
fede calviniste.
Nonostante i temporanei dormrii
cattolici (nel corso di uno di questi,
la pregevolissima biblioteca universitaria venne asportata e donata al Vaticano, come ricorda una lapide prc^
so la porta del Duomo), l’Università
di Heidelberg mantenne, insieme, il
suo carattere di centro teologico evangelico e di punto di incontro delle più
diverse culture. Al di fuori della teologia, basti ricordare, infatti, i nomi
di Bunsen, Kirchoff, Mittermaier, i
soggiorni di Goethe, Chopin e altri.
All’inizio del secolo, la scuola teologica di Heidelberg era una roccaforte
della storia delle religioni, con tutte
le sue punte antiecclesiastiche, ma.
già nel 1917, si faceva luce, tra Professori e studenti, la reazione che ha
portato ora all’inserimento chiaro dell’insegnamento nella attività della
Chiesa. Attualmente tutti i Professori di telogia sono Pastori e predicano
a turno nella Universìtatskirche, sempre affollata di studenti e delle loro
famiglie.
L’Università di Heidelberg ha attualmente dieci Facoltà (anche quelle
di fisica e medicina hanno una riso
tutti i mezzi più idonei e moderni per
istruirsi. Le cattedre sono occupate
da due Professori ciascuna (tra essi,
basti citare von Rad, Schlink, von
Campenhausen, Westermann e altri
Docenti di statura intemazionale);
ogni Professore ha un cer:o numero
di assistenti, e per ogni pròalema particolare esistono, come nel.e P^oltà
tecnlc’ne, degli Istituti specializzati,
diretti da un competente del ramo,
anche non Professore ordinario, e dotati di biblioteche, segreterie ecc.(per
esempio i notissimi Istituti Eîcumenico. e per le Relazioni con la Scienza) ;
i contatti tra Professori e studenti,
per poco che questi ultimi dimostrino
interesse, sono continui, anche, e sopratutto, al di fuori delle lezimi; negli Studentenheime, gli studenti possono fare, se vogliono, vita comunità
ria, d’altronde del tutto libera, sotto
la guida di un assistente; i cappellani
universitari completano l'assstenza
spirituale.
Quindi lo studente che vuol iayorare ha tutti i mezzi e gli aiuti possibili,
nello stesso tempo è responsable di
sè e libero di mescolarsi con gi studenti di altre Facoltà e con la vita
esterna ; anche nel quinto anno, il internato, i candidati hanno la omipresente assistenza di im PastoreProiessore, ma possono andare e vmire
come vogliono, ricevere le fidanzate,
ecc. La «Kandidatenhaus», la tellissima Peterstift, fondata nel 1838 e portata nella nuova sede nel 1955, è p>sta
sotto il controllo congiunto della Chiesa e della Università ed è un esempio
della loro intima collaborazione. Il
Direttore è Pastore e Professore e vive con gli studenti, consuma i pranzi
con loro, li accompagna nei viaggi
ecc., mentre a una Diaconessa sono
affidati i compiti amministrativi.
Come mi diceva uno degli Insegnanti « noi dobbiamo formare dei
Pastori, che saranno autonomi e responsabili nelle loro Comunità, dobbiamo quindi contare fin da ora sul
loro senso di responsabilità, e nello
stesso tempo, aiutarli in ogni difficoltà, anche morale, anche «privata»,
mettendoci inoltre in grado di emettere un giudizio equilibrato su di loro» (come dicevamo sopra).
E altrettanto moderni sono gli insegnamenti di teologia pratica: i candidati hanno non solo corsi ed esercitazioni di omiletica, catechetica, liturgia (affidata ad un Docente specializzato), psicologia (molta), ma anche,
sotto la guida di esperti funzionari di
polizia, vengono condotti a conoscere
gli aspetti più negativi della vita delle grandi città « in modo da poter parlare del peccato, sapendo cosa è » e
visitando le grandi industrie, per cono.scere da vicino, i problemi moderni del lavoro. E questa libertà nella
responsabilità sembra dare risultati
positivi: in media il 90% degli iscritti
al primo anno, supera i rigorosi esami
finali e l’ancor più rigoroso giudizio
generale. Non meno moderna e continua è la preparazione dei Docenti'
a parte il fatto che la presenza di due
Docenti per ogni cattedra, lascia sempre un Professore libero di viaggiare
per studio, di scrivere opere eoe.,, ogni
quindici giorni, Docenti e Assistenti
si riuniscono per discutere insieme un
argomento teologico, sotto la guida
di un Relatore. Ho avuto la fortuna
di partecipare, su invito del Decano
a uno di questi incontri « ad alto livello» ed ho potuto apprezzare direttamente la estrema serietà degli interventi (oltreché, naturalmente, della relazione) e l’arricchimento che essi rappresentano.
Certamente questa situazione particolare dipende molto da circostanze
locali irripetibili altrove : pensiamo
all’innato spirito di disciplina dello
studente tedesco e alla larga disponibilità di mezzi della Chiesa e dell’Università; ma questo insieme di alta
teologia, di visione moderna e totale
della vita, di libertà e di senso di responsabilità è un potente aiuto alla
preparazione dei Pastori e assicura il
continuo afflusso di Insegnanti di alto
valore; e lo stretto contatto tra gli
studi teologici e la vita « laica » è il
presupposto per il superamento dell’isolamento della Chiesa, cosi sentito
in Germania. Forse, se un appunto si
può fare, è che il sistema è tanto ben
organizzato, che non si sente sempre
la necessità di contatti, almeno al livello degli studenti, con il mondo teologico estero; a maggior ragione gradite e utili per le. due parti sono le visite di studenti e Pastori di altre Chiese; in particolare l’interesse che circonda la nostra Chiesa Valdese, anche per l’opera continua c affettuosa
de! Landesbischof del Baden, Dr. Bender, è commovente: i Valdesi, che
giungono ad Heidelberg, sono sommersi di richieste di notizie, conferen
ze, informazioni e l’aocoglienza che
ricevono è un caldo segno della univer.salità della Chiesa.
Pierluigi Jalla
volle dire Blaise Pascal, ma il Salmista aveva già avvertito che « i pensieri
di Dio non sono i nostri pensieri ») o
giimco spirituale cresciuto nei solchi
di questo fra i minori astri del cielo?
E’ da questa antinomia dialettica
tra i due atteggiamenti che sorge il
dubbio se l'uomo non sia, al di là delle sue orgogliose conquiste, un fragile
essere, che vuol sì correre dietro ai
fantasmi della sua mente, ma è pur
sempre bisognoso di non smentire la
sua condizione di origine. «Pulvis es,
et pulvis reverteris » : sei terra e terra
ritornerai. Il Creatore deH’universo
immensurabile avrebbe segnato nella
nostra stessa natura i non superabili
limiti alle nostre avventure? Certo è
che dal giorno della cacciata di Adamo ed Èva dall’Eden, il destino dellluomo si chiama limite. Una « teologia del limite» non è stata scritta:
ma forse il tempo di pensarvi seriamente è già giunto.
6
Ad una società scientifica americana una scienziata inglese ha rivelato
che da diverso tempo essa ha condotto indagini positive sulla possibilità
di richiamare in vita dei topi sureongelati. Il cuore di codesti cari animaletti, gelati a 0 gradi ed anche a diversi gradi sotto zero, e restituiti alla
loro temperatura normale con particolari accorgimenti, ha ripreso a battere come se niente fosse. Sembra che
l’esperimento verrà continuato con altri animali.
Non riesco ad afferrare — probabilmente a causa della mia ignoranza —
ii senso di queste ricerche e di altre
analoghe. Che la scienza debba essere
libera nelle sue indagini, mi pare necessario ; che essa possa spaziare in un
campo praticamente illimitato di azione, mi par ovvio; ma che tutte le
ricerche abbiano sempre una vera ragione, mi par dubbio. E’ stato dimostrato che, in molti casi, la vivisezione di cani, di capre, di scimmie non
ha alcuna utilità reale, nè offre alcun
elemento nuovo agli studiosi, talora
presi più dalla mania di infliggere alle
loro vittime delle operazioni assurde,
degli esperimenti inconcludenti (come
quello di accertare se un cane possa
vivere con un cancro all’occhio), che
dal desiderio lodevolissimo di trovare
nuove forme di interventi e di cure a
favore deH’uomo. Nè son del tutto
fuor di memoria le esperienze di certi
rr;edici tedeschi non oscuri, fatte sugli internati dei campi di concentramento della Germania hitleriana: esperienze inutili, che hanno rivelato
nient’altro che resistenza, anche tra
gli uomini di scienza — di quale scienza! — di uno spaventoso sadismo.
Ora, che si congelino dei topi, poco
male. Ma dove si vuol arrivare? Trovare il modo di conservar sotto ghiaccio degli arti umani per provvederne
le « banche ortopediche », cornee si fa
oggi per le « banche degli occhi » e le
«banche del sangue»? Bene, Ma badiamo a non esagerare. Già c’è qualche dottor Jeckill che si figura di poter conservare nel ghiaccio dei cada
veri umani da far rivivere quando
gli parrà comodo. Ma non sarebbe
molto meglio conservare in vita, di
generazione in generazione, gli elerrienti fondamentali del vivere onesto? Se la scienza continua a far passi da gigante, la morale, l’educazione
il civismo stanno congelandosi in un
modo che davvero non si sa come
frenare. r. b.
Comunicato
della F.F.V.
La Federazione Femminile Valdese,
nell’intento di sempre meglio « servire », inizia un lavoro di assistenza ai
nostri fratelli emigrati in Francia_
con la collaborazione delle Unioni
Femminili di quel paese.
Si pregano pertanto i pastori di voler far pervenire i nominativi di questi nostri fratelìi, specificando se la
loro permanenza è stagionale o duratura, il più presto possibile, alla 'vicepresidente della FFV, Signora Ade
Varese Theiler, Viale Piceno 14, Milano. Il Comitato Nazionale
STA PER USCIRE
3
22 seUemiwe 1961 — N. 37
L’ECO DELLE VALLI VALDESI
P*g- 3
ciiníüEj Un’attesa sotterta della Parola di Din
Non saprei dire se questo romanzo, csome qualcuno ha affermato,
sia da ricevere veramente come il
primo buon romanzo cristiano. Non
lo posso dire, perchè purtroppo mi occupo poco di narrativa (mio malgrado) e se dovessi fare dei paragoni dovrei andare fino a Dostoiewski, che a
mio parere è l’unico che sappia condurre il lettore sul filo di uno svolgimento in cui, diciamolo, la problematica della Bibbia non appaia annacquata. Così lasciamo i confronti, che tra
l’altro interessano fino ad un certo
punto, mentre a noi importa segnalare all’attenzione dei lettori quest’opera che non dovrebbe passare inosservata, per il fatto che è un’opera decisamente notevole.
Otto Bruder (nato a Prancoforte
sul Meno nel 1889) è stato per sedici
anni, fino al 1938 (anno in cui dovette lasciare la Germania) direttore
della Casa Editrice Christian Kaiser
di Monaco. Per chi conosce un po’ la
attività della Ch. Kaiser in quegli anni (pubblicazione dei più anticonformisti studi di Barth, Bonhoeffer, ecc.)
questo significa già qualcosa. Colla
boratore al Dipartimento di Studi del
C. O., O. Brader dal 1950 ha diretto
la Zwingli Verlag di Zurigo. Dal 1924
ha pubblicato opere letterarie e teologiche più 0 meno vaste. Nel 1959 a Zurigo gli è stata conferita la laurea
h c. in teologia.
Questo l’autore, ora l’opera. Nel villaggio di Kalix vive un campione di
umanità esemplare. Le persone qui
sono nè più buone nè più cattive di
come sono normalmente in tutto il
mondo. C’è anche un pastore e c’è il
Grendel, questa montagna-confine che
sovrasta il villaggio minacciosamente
e che simboleggia tutte le angoscie
confessate e inconfessate del nostro
tempo. Qui vivono degli uomini con
i loro diversi e magari contrastanti
interessi ed una comunità cristiana
non molto diversa da tante altre. Erwin Kild, il pastore, è attivo nella cura d’anime, aperto ad ogni questione,
è un buon teologo e predicatore bravo. Ma sa anche benissimo che non è
questo l’essenziale. La comunità c’è
( a parte il fatto che ci sono molte altre persone che la parola della Chiesa
non raggiunge e che vivono benissimo
senza), ma i suoi membri non conoscono la Parola potente, e all’oocasione si comportano come gli altri, la
loro angoscia è tal quale. Senza figure
di « eroi della fede » e senza cedimenti verso un certo tipo di mistica irrazionale, in questo romanzo vive una
attesa sofferta dalla Parola di Dio che
viene nel mondo, vivono gli affamati
e assetati di giustizia che aspettano
di esser saziati, vive il pastore con il
suo chiaroveggente amico cieco per
sperare quel che nessuno osa più spe
rare.
L’Autore non ha naturalmente rinunciato a porre a confronto la gente di chiesa con quei militanti del
movimento operaio che sanno impegare la loro vita neH’attesa di qualche
cosa di futuro, che non hanno tra le
mani, ma è per loro certo come se
l’avessero... Dico semplicemente che
O Bruder nel descrivere questi rappresentanti del movimento operaio, li
ha fatti forse troppo come a nei teologi piacerebbe incontrarli.
Ci auguriamo fortemente che questo libro solleciti qualche brava persona, a tradurlo. A quelli che sono in
.grado di leggere l’originale, diciamo
che ne vale largamente la pena,
Sergio Rostagno
Perchè oggi il paftore ha così poco da dire ? perchè la Chiesa
oggi non è più una tribuna che tutti attorniano per afferrare
anche solo un po’’ della inaudita novità del messaggio di Dio ?
Erwin Kild soTi sul pulpito. Gli ultimi accordi dell’organo stavano per
spegnersi e non si udiva più rumore,
nè colpi di tosse. Sembrava che .« fosse pronti ad ascoltarlo.
Lesse Romani 10: 17 « la fede vien
dalla predicazione », e disse questo:
« Quando si siede la sera al caffè,
a discutere di politica, e tutti tirano
fuori la loro opinione, e ci si accalora, e la disputa diventa seria, può accadere che uno, seduto insieme con gli
altri, fuma il suo sigaro, e tace. E
quando finalmente gli si domanda : —
Perchè non dici niente? Sei indifferente o queste cose non ti interessano? —
allora il tipo si schiarisce la voce e risponde: — amici cari, mi interessa
quello che dite, e se sto zitto, è solo
perchè non ho niente da dire, non ho
davvero niente da dire! —
In società, se un uomo dà questa
spiegazione -— non ho veramente nien
Otto Bruder
DER GRENDEL
(Band II der gesammelten
Werke) Zürich
Zwingli Verlag, 1960
351 p. Lire 2.700
te da dire — ci si meraviglia forse,
ma lo si lascia stare e si pensa che è
onesto e leale.
Del tutto altrimenti succede la domenica mattina con il pastore.
Cosa si penserebbe di un pastore
che sale sul pulpito la domenica mattina e dice ai convenuti; — Cari amici, vi prego di esser indulgenti, scusatemi, ma io oggi non ho veramente
niente da dire! Cantiamo insieme un
inno e poi vi leggerò la predica di un
uomo di Dio, uno che ha predicato
con autorità. Se oggi anche cercassi
di farvi un bellissimo discorso di mio,
sarebbe una truffa per Dio e per voi,
perchè non siete venuti qui per ascoltare i pensieri belli e magari profondi
del vostro pastore, ma siete venuti per
intendere un Altro, di cui io dovrei
solo essere la bocca. A questo avete
diritto. Ma oggi Dio non mi ha parlato, perciò io devo tacere. Di conseguenza oggi non ho niente da dirvi, ^ Che cosa penserebbe la chiesa
di questo pastore?
Ci si indignerebbe: ma è inCTedibile! Si paga il pastore perchè predichi
la domenica mattina. Si rinuncia a
godere il miglior sonno domenicale e
ora quest’uomo finisce col dichiarare
che non ha niente da dire! Il pastore
ha il dovere di predicare la domenica
mattina. E’ così da quattrocento anni
nella nastra (Chiesa. Sarebbe bello che
lui, che è pagato per questo, tutt’un
tratto non volesse più predicare! Cosa c’è poi di tanto difficile, a predicare? Basta che si prepari, poi ci riesce!
Così i membri di Chiesa.
E poiché è così da quattrocento anni, migliaia di pastori tengono la loro
predica la domenica mattina. E anche
se spesso per quelli che vanno in
chiesa è del tutto indifferente quel che
il pastore dirà, e anche se di decennio
in decennio sempre meno gente ha voglia di ascoltare il pastore la domenica mattina, è così che dev’essere, i
pastori vengono pagati per quello, e
allora predichino.
Ma com’era quattrocento anni fa?
Allora la gente andava in chiesa, perchè allora ci si aspettava un messaggio. Allora ancora era valido : « Quel
che io vi dico nelle tenebre, ditelo voi
nella luce; e quel che udite dettovi all’orecchio, predicatelo sui tetti ».
Sui tetti!
Sì, allora la Chiesa era come un tetto, cioè come una tribuna pubblica.
Essa era il luogo dal quale si doveva parlare, se si voleva esser ascoltati. perchè allora si udiva nella Chiesa la ^ande novità, l’inaudito nuovo
potente annuncio che toccava tutti nel
vivo.
Si trovava quel messaggio così nuovo, così sorprendentemente «attuale»,
audace ed appropriato, che uno non
aveva proprio da scegliere se voleva
andare in chiesa o no. Chi non ci veniva era escluso dal vivo corso degli
avvenimenti, era un solitario e si privava da sè della grande novità.
Allora non sarebbe neanche venuto
in mente a nessuno di dire: tu pastore sei impiegato per quello e devi predicare, che tu abbia o no qualcosa da
dire! Perchè allora i pastori avevano
qualcosa da dire, avevano un messaggio ricevuto dall’alto. E allora ci si
pigiava anche per ascoltarlo.
Ma perchè oggi il pastore ha così
poco da dire? E perchè la Chiesa oggi non è più una tribuna, non è più il
« tetto » che tutti attorniano per afferrare anche solo un po’ di quella inaudita novità? Perchè?
Forse perchè l’Evangelo oggi non
ha più nulla di nuovo?
O piuttosto per il fatto che il pa
Gesù Cristo in piazza
La »‘hìpsa di Villar Pellice ha fatto teste
un’esperienza che senza dubbio potrà interessare anche altre sue cuniprelle : l’esperienza dell’evangelizzazione in piazza.
Da molti anni a dire il vero se ne sentiva
parlare. La FUV a un certo momento sembrava volersi impegnare su questa via, ma
poi non ne aveva fatto nulla e anche noi,
come gli altri, eravamo rimasti ad aspettare Questa volta, il via ci è stato dato da
frère .lacob, uno tzigano protestante che ha
vissuto acicamiipato per qualclie tempo presso la nostra Miramonti.
Lo abbiamo convocato in piazza una dointnica .sera insieme con i due gruppi Germanici -Iella Miramonti e del Castagneto
e li abbiamo fatti cantare l’uno dopo l’alito. Molta gente s’è presto fatta attorno
mentre dei giovani disponevano alcuni banchi presi da una sala vicina... Tra un canto
e l’altro abbiamo inserito i messaggi di
umici pr.!senti tra i quali quelli dei pastori
Libonati e Castiglione, della sig.ra Mon¡lon missionaria in Cina, di due pastori
inglesi di pas.saggio, del prof. Schdnweiss,
i^iiiofer ecc
Tutti quanti abbiamo parlato nel modo
più semplice e spontaneo di Gesù; e Gesù
è un Nome le cui risorse non hanno fine.
L’esperimento è riuscito così bene che lo
ubbiamo proseguito anche nelle domenicJie
seguenti, sempre con la collaborazione dei
Stoppi del Castagneto e della Miramonti e
con quello, una volta partito frère Jacob,
dì un valoroso gruppo salutista di Bobbio,
diretto dalla capitana Bootb, discendente
Abbiamo ricevuto
Dal Siig. Bartoloiineo Pell^rin, miutUato
di guerra, j>cr il teinipio di Frali : L. l.OflO.
del fondatore della Santa Milizia.
11 pubblico spesso assai numeroso, contava dei villaresi accorsi dalle regioni periferiche, dei passanti d’occasione e dei villeggianti. Presente pure, anche .se non troppo numerosa, la gioventù villarese.
Una simile attività, un po’ troppo nuova
da noi, dovette recare grave turbamento
là dove troneggia Beelzebub perchè presto
«i avvertirono delle reazioni nel modo più
inatteso. Per e», durante la sessioine sinodale, in corridoio, un amico ci informò di
aver udito una notizia allarmante: 11 pastore del Villar si era permesso di far cantare dei gruppi di lingua tedesca in piazza
Gervis, proprio sotto l’albero dove fu immolato un nobile martire della Resistenza,
questa cosa aveva l’aspetto di una profanazione provocatoria ed ora — risum teneatis
0 lettori — il povero pastore riscliiava di
essere processato per apologia del nazj-faseismo!
Punto spaventati dell’ingegnosa trovala
potemmo rassicurare l’amico e dirgli: «Raccomanda a questi nostalgici del tempo di
guerra di prestar meglio Torecchio quan.
do ci sentono cantare in piazza alla
domenica sera. Udranno allora quello che
ho udito anch’io distintamente: Udranno
insieme a quelle voci giovanili germaniche
italiane e francesi che cantano il nome di
Gesù e la gloria di Dio, un’altra voce più
lontana che dalTalto si unisce alle loro:
la voce di Gervis stesso die canta essa pure la gloria di Dio perchè adesso c’è in
piazza una ben altra atmosfera che in quel
triste giorno «he fu la tragica sera della
sua vita. Sì, ho udito distintamente quella
voce, di lassù, dalla Casa delle molte
stanze, dove la parola «nemico» non esiste
più e dove dappertutto si legge soltanto
l’cspressi«>iic: «riconciliali con (.risto » e
la parola: «pace, pace, pace» ripetuta all’infinito.
Ma Beelzebub non s’è dato per vinto e
m’ha assalito da un’altra parte facendomi
domandare da più di una voce se quelle
adunate non sarebbero state più opportune in un locale chiuso dove non si corresse l’alea di esser disturbati dai rumori della circolazione stradale come dai canti dell’alberghetto vicino o di disturbare noi
stessi i buoni borghesi che desiderano and.ire a nanna alle nove di sera.
No, mille V lite no, ha risposto che questo .sarebbe un metter la lampada sotto il
moggio mentre che noi dobbiamo — come
teoricamente diciamo — scendere nella
sliada per predicarvi il nome di Cristo.
Ma non credo «H averli convinti perché
noi Valdesi abbiamo una paura insormontabile della .strada e permettiamo facilmente che anche i poveri tzigani ri precedano
nelle vie del servizio, del coraggio e della
fedeltà.
Eppure era tanto bella la nostra piazza,
nella penombra della sera, tutta popolata
di gente festosa mentre risuonavano canti
a Pio e sorgevano voci a perorare la causa
dell’Evangelo e frère Jacob accompagnalo
di. una chitarra, intonava in lingua Manoui-he gli inni della sua fede: « 0 bakamò, o bakamò ».
Bello di una bellezza che noi abbiam.)
perso di vista e che ha lasciato nell’animo
nostro la traccia di una profonda nostalgia.
— Grazie, cari fratelli tzigani per il bene che ci avete fatto. Dio vi benedica e vi
riconduca ancora tra noi, periliè il vostro
esempio di uomini caipatù di predicare Gesù
Cristo nella strada è necessario alle nostre
Valli Vahbisi!
Enrico Ceympt
Store e la Chiesa, noi tutti, non sappiamo più che l’Evangelo è qualcosa
di nuovo ed inaudito?
Quando gli uomini di stato vogliono far conoscere ai popoli qualche cosa che tengono per nuovo ed inaudito, in ogni casa si accende la radio, e
qu^to messa^io degli uomini di stato vien trasmesso con grande pubblicità, la radio è come un tetto, una
tribuna pubblica, da cui essi parlano
a milioni di persone.
E ciò che quegli uomini di Stato
annunciano, particolarmente in tempi di crisi, è così interessante ed avvincente che afferra tutti e li scuote
fino aU’ultimo nervo. E’ così stimolante ed interessante che sembra proprio che sia qualcosa di veramente
nuovo e declivo per il mondo, mentre in fondo non è che il ben noto
suono del pifferaio di Hameln che si
ascolta un’altra volta.
Secondo l’opinione della gente, in
Chiesa si comincia ad esser interessati quando un pastore espone nel
modo migliore i suoi propri pensieri:
audaci potpourris e veloci scorribande attraverso tutte le filosofie e dottrine, pensieri che volano liberamente
nel mondo degli ideali. Allora può
anche darsi che la Chiesa sia piena
e pienissima. Ma tutto ciò non ha nulla a che fare con la Chiesa, o con la
predicazione, e certo neppure con
¡’Evangelo.
Nella Chiesa però può anche darsi
che veramente si predichi e cioè che
il nuovo e potente messaggio evangelico venga proclamato di nuovo con
coraggio, non con la propria autorità, ma con l’autorità che viene dall’alto.
Dove e quando accade questo, il
.mondo, non solo la chiesa, tende
l’orecchio. Allora è come se si annunciasse qualcosa che nessuno più osava
sperare.
Che cos’è dunque la predicazione?
Quando una nave brucia al largo e
il marconista lancia l’«SOS» da ogni
parte, e la massa dei naufraghi lo attornia e aspetta disperamente che l’allarme venga captato; quando poi il
marconista aU’improvviso capta dei
segnali, che un’altra nave ha intercettato r«SOS», e grida ai naufraghi: —
ci hanno sentiti, vengono! — allora
queste parole così consuete (cui nessuno avrebbe badato se non fosse disperato su una nave in fiamme) diventano subitamente nuove ed imiportanti, allora il marconista che sembrava superfluo (finché la nave non bruciava) subito ha autorità, le sue parole ricevono peso, egli paria con potenza, perchè ripete solo quello ohe
ha uditQ.
Allora quelle parole del marconista
non sono più solo belle ed interessanti, ma diventano inaspettatamente un
nuovo e potente messaggio.
Esattamente lo stesso è per la predica.
Se nella chiesa non c’è un incendio,
se non ci sono naufraghi ohe aspettano un messaggio di salvezza, può ben
esser dovere del pastore predicare e
può ben esser stato così da secoli, ma
la predica è parola umana senza autorità.
Ma se c’è un incendio e la nave
della Chiesa è in periijolo, se i membri di chiesa e il pastore, gli uni e
l’altro sono dei nàufraghi che non
possono più aiutarsi dà sé; se qualcuno, dal di fuori, deve intervenire a
salvarli, ecco, allora la predicazione
diventa subitamente nuova e penetrante, allora si predica con autorità
e si ascolta con attenzione sostenuta.
Ma una chiesa in cui nulla brucia,
in cui non si è alla fine di ogni possibilità umana, in cui non ci sono naufraghi disperati, non è una chiesa.
Solo la chiesa che minaccia di colare a picco, e non ha più altra speranza che Dio, e però si affida completamente a lui, solo questa è la vera chiesa
Qui la predica è quello che Dio ha
voluto che fosse: annuncio del Signore, promessa del nuovo, completo, potente aiuto di Dio.
Dio ci conceda di nuovo una tale
predicazione! Amen ».
(O. Bruder, Der Grendel, p. 158ss)
Nelle comunità
di Roma
( ritardata)
Via IV Novembre
La mattina del 1« agosto un tragico incidente stradale portava il lutto nella casa
del fratello Samuele Scuderi. Nell’incidente questi rimaneva ucciso sul colpo, mentre
la moglie. Signora Giuseppina Furci, rinuineva gravemente ferita. Le Comunità
valdesi di Roma si stringevano attorno alle
due famiglie colpite daUa disgrazia per
esprimere tutta la solidarietà della Cliiesa,
specialmente in occasione del Culto funebre che si svolse al Verano, nella Cappella
Evangelica, nel pomeriggio del giorno 3
agosto.
11 frateUo Samuele Scuderi lascia un vivo ricordo di sè nella Chiesa valdese, specialmente nelle Comunità di Palermo e di
Roma, dove egli svolse più intensa la sua
attività di servizio, facendo parte anche del
Consiglio di Chiesa di Piazza Cavour.
Alla Signora Giuseppina, alla pici-ola
Cinzia, ai famiUari tutti rinnoviamo la
espressione della nostra solidarietà, intimamente legati ad essi nel conforto che ci
è dato da Gesù, nostra Resurrezione e nostra vita.
Un altro lutto colpiva la Chiesa di via
IV Novembre, il pomeriggio del giorno
10 agosto, quando chiudeva la sua giornata
terrena, all’età di 82 anni la Signora Giu.seppina Serrao, nata Uffreduzzi, consorte
dell’Avv. Sir Giovanni Andrea Serrao. Nella sua lunga esistenza terrena la Signora
Giuseppina Serrao aveva provato la gioia
e il dolore e nella semplicità della sua fede
evangelica aveva saputo essere semplice
nella gioia e forte nel dolore, specialmente
quando la morte visitò la sua casa, togliendo al suo affetto le figlie.
11 Culto funebre si svolse nella Cappella
del Testaecio, la mattina del 12 agosto con
la commossa partecipazione dei parenti,
degli amici e dei fratelli delle Comunità di
Roma.
AH’Avv. Sir Giovanni Andrea, al figlio
Dott. Emilio, ai parenti tutti l’espressione
viva delle nostre condoglianze nella serena fiducia in Colui che ci ha promesso :
I Chi vive e crede in me non gusterà morte in eterno ».
Piazza Cavour
11 giorno lo agosto, nella cllnica romana di Santo Spirito, chiudeva la sua vita
terrena, all’età di 78 anni, il fratello Pietro
Sena. Da lunghi anni la malattia lo costringeva a letto, curato amorosamente dalla nipote Signorina Elena Senti e seguilo
dall’aft'etio dei suoi parenti lontani e dai
fratelli di Chiesa che avevano avuto occasione di conoscerlo e di amarlo.
11 Culto funehre si svolse nella Cappella
Evangelica del Verano il giorno 11 agosto.
.Alla Signorina Elena Senn e ai parenti
tutti l’espressione della nostra solitlarietà
che si fonda nella comune fede in (’.risto,
nostra vita e nostra Resurrezione.
NOTIZIARIO
delle comunità
PERRERO • MANIGLIA
— 11 25 itgOiSio è islato -celebralo a Traver&e il funerale dtil nostro fratello Peyran
Filippo, decc-diuto all’età dì 83 anni. Ai nipoti ed a quanti sono stali provati da questo lutto, rinnoviamo respressione della
nostra simpatia.
La sera del 31 agosto, nel lemipio di
Ferrerò, i trombettieri del Baden ei hanno offerto un ottimo concerto di musica
religiosa, sotto l’inipeccabile direzione del
M.o Stober. Per il benefìcio spirituale che
ci hanno recato e per la gioia di questo
incontro fraterno, diciamo ancora ad essi
lu'.ti ed al pastore sig. E. Geymet, che li
ha accompagnati, la nostra sentita gratitudine.
POMARETTO
— Domenica 17 settembre abbiamo celebralo il battesimo di Ugo Beux di Davide
e Martinat Ornella di Enrico', ogni cerimonia offre Toocasioine di riconsacrare al Signore le nostre creature e la chiesa tutta
nel clima della preghiera. Il Signore benedica le tenere creature e le arricohisca della Sua Forza e della Sua Grazia.
—■ Rieordiamo alla comunità che la domenica l» ottobre avrà luogo un «mito di
inizio delle attivila con la partiecipazione
di tutta la comunità dei bimbi, catecumeni
e adulti; almeno un membro della famiglia sia presente coi bambini a questo culto
di avvio dell’attività invernale. Il culto
avrà ancora inizio alle ore 10 ed i bambini
verranno al tempio lO minuti prima.
— La Sc'uola Domeni«-ale inizierà ufiìicialmente nella domenica successiva, cioè il
9 ottobre alle ore 9, Il catechismo inizierà
la domenica 9 ottobre per fissare gli orari
e iniziare i programmi. La corale inizierà
regolarmente il mercoledì 27 di questo me.
se aUa .solita ora ed al solilo posto. Inviliamo caldamente quanti hanno delle voci
di prendervi parte.
— Gli anziani hanno distribuito la relazione annua e la busta di setteanbre; la
busta è per ogni membro di chiesa; si
richiede la restituzione entro il mese di
settembre. Come lo scorso anno abbiamo
perciò tre buste; settembre. Natale e Pasqua; in più a.vr«mo degli appelli speciali
nel corso dell’anno per scoipi vari.
MASSEL
In memoriam prof. Miegge:
Paimira e Silvio Tron L. 2.000; Dina
Tron-Grill 1.000; Micol Ernesto 3.000. Per
Scuola Latina in mem. maestro Balma, Dina Tron-Grill I.IIOO.
4
pag. 4
L’ECO DELLE VALLI VALDESI
N. 37 — 22 settembre 1961
I lettori ci scrivono
La Claudiana
Torino
Caro Direttore deirBco :
Graditissimo dono della Claudiana a
quanti si interessano ai problemi della letteratura infantile, alla edueazione, è giunta
la paibblieazioine di Sergio Carile : « Il dipinto spontaneo infantile » (La Claudiana
- Torino).
Non Ito la competenza del tecnico per
pronunziarmi su questo volumetto, che mi
ila vivamente interessato. Mi sia concesso
ciò non ostante di rallegrarmi per il contributo efficace che esso reca in questo campo. E mi sia eoneesiso pure di rallegrarmi
per la efficacia della presentazione e della
veste tipografica.
Per non tradire, tuttavia, la mia vocazione di eterno brontolone, permettimi, caro Direttore dell’Eco, di versare una lacrima (non di coccodrillo) su di una sigla
editoriale che è stata molto cara a non
pochi di noi della vecchia generazione, e
che, in qutóta occasione, è stata sepolta:
La Claudiana - Torre Pellice. Una sigla
che sapeva, indubbiamente, di provincia,
di Vandalino, di Valli Valdesi; un po’
vecchiotta, magari un po’ stantia, ma pure
dignitosa a modo suo. Non la si poteva
confondere: era Valdese.
Non aveva dei grandi slanci, non sapeva
presentarsi, la Claudiana di Torre Pellice]
ma ha fatto un buon lavoro, è stata fedele
nel suo servizio e nella sua testimonianza.
Ed ora, moderna e giovane, si presenta
La Claudiana - Torino. E’ sorte comune
dei vecchi di scomparire; e i giovani dimenticano facilmente! Peccato che abbiano dimenticato Torre Pellice. Accanto a
Torino (e domani Milano, Firenze, Roma)
Torre Pellice poteva ancora significare
qualcosa.
Il mio « vecchio uomo » mi sussurra che
appunto per questo è bene che certi nomi
vengano archiviati nel a dimenticatoio
sono pesanti anche ss non significano più
nulla.
Ma il mio « vecchio uomo » è maligno
e i «capi neri» sono degli ottimisti: hanno delle visioni e meritano il nostro rispetto.
Perciò,... parce sepultis!
Il fiore della nostra riconoscenza sulla
tua tomba, veneranda sigla editoriale:
Claudiana - Torre Pellice: le tue pagine,
nella storia valdese, non saranno cosi pre,sto dimenticate. L. A. I aimal
“ Diakonia „
non è un’accademia
Caro Direttore,
ancora una volu vengo tirato in ballo
per il mio articolo apparso sul N. 5 di
« Diakonia »; e questa volta dal collega
Geymet nella lunga postilla aggiunta al
suo articolo « La vocazione laica » pubblicato su « L’Eco » dell’8 settembre.
Il mio articolo (come del resto tutti
q-ueOi pubblicati da « Diakonia ») è stato
scritto al fine di stimolare lo studio e la
discussione, la meditazione e la ricerca
intorno alla grande verità proclamata dal
Nuovo Testamento, che lo Spirito Santo è
dato ai credenti e ne fa dei servitori del
Signore nel mondo ; questa discussione e
questa ricerca hanno lo scopo di condurre
ognuno di noi ad offrire a Cristo quel servizio che Egli veramente attende da noi
credenti.
In questa ricerca comune sono benvenuti tutti i contributi di approvazione e di
critica 0 di suggerimento di nuovi punti
di vista. Particolarmente, apprezzati sono
quei contributi che per la loro chiarezza
aiutano effettivamente ogni credente a comprendere quale sia il dono dello Spirito
che egli ha ricevuto e quale sia per conseguenza il servizio che il Signore si aspet.
ta da lui.
Purtroppo questa volta il contributo del
past. Geymet è inferiore a quello che la
sua esperienza avrebbe potuto darci, infatti la sua postilla contiene frasi che denotano una grande confusione di idee. A
proposito, presumo, delle ricerche di
u Diakonia » egli scrive : « Sono il nobile
sforzo per sopravvivere di una generazione
naia sotto il segno della decadenza ». Che
cosa vuol dire questa frase stupefacente?
Se vuol dire che la chiesa era in decadenza intorno al 1920 quando noi siamo nati,
ris;>ondo l'he è acqua passata; a noi importa che oggi si vedono, accanto a grandi
difficoltà, anche promettenti segni di rinnovamento. Ma forse il past. Geynmet vuol
dire che la struttura parrocchiale tradizionale è in decadenza; allora rispondo che
non solo è in decadenza, ma che è destinaia probabilmente a morire; come sono
spariti i « barbi » nel 1S32, come è sparito
il « Comitato di Evangelizzazione » qualche decennio fa, così spariranno tante cose
Ancora sulla toga, e altro
Caro Direttore
Ti chiedo ancora un po’ di spazio per riprendere il problema della toga. Scusami
se sono pignolo.
Fra i molti punti su cui sono sostanzialmente d’accordo coi pastori Comba e
Toum, esiste un motivo di disaccordo. Non
riesco a capire come si possa invocare la
autorità della Parola a sostegno della toga.
Néll’Evanigelo l’autorità della Parola sta
nel fatto che è stata falla carne, ed è un
problema perenne della predicazione di
rendere la Parola stessa in linguaggio moderno, vivo, concreto, realista. Mediante
l’uso della toga, invece, mi pare, si ha la
tendenza a fare il contrario: la carne vuole
spogliarsi di se stessa per farsi Parola.
Questo è clericaliismo : l’esemipio più mostruoso, perché più coerente, di carne che
vuol farsi Parola è il dogma cattolico dell’infaUibilità pontificia: il papa, ex cathedra, cessa di essere uomo per farsi Parola.
Ma per l’Evangelo la Parola deve essere
predicata da un uomo ; per questo nè il
Cristo nè gli apostoli hanno mai indossalo
abiti speciali. E’ questa la debolezza e lo
scandalo dell’Evangelo.
Esiste, poi, mi pare, una buona ragione
pratica di opportunità per abolire la toga:
sarebbe questo un segno esteriore della ne.
ccssità del rinnovamento alla base della
Chiesa di cui parla il pastore Toum. Se si
abolisse la toga, cosi, di punto in bianco,
facilmente molte lingue comincerebbero a
girare e forse anche qualche carrucola di
cervello, per cui sarebbe un mezzo eccel-j
lente per attirare Fattenzione della Gliiesa
intera sui problemi che hanno provocalo
questo dialogo.
A scanso di equivoci, ripeto quello che
ho già scritto, cioè che il problema della
toga è secondario p che non penso che sia
la chiave deirenimima del disimpegno di
buona parte del nòstro laicato.
Visto che siamo in argomento, voirrei dire anche due parole a propoisito dell ultima parte dell’a.rticolo del pastore Geymet
e precisamente sulla sua valutazione di
Diakonia. Ha ragione il pastore Geymet
quando combatte lo spirito accademico che
spesso affligge la nostra Chiesa, però dove
tale spirito c’è veramente. Non mi pare
che sia frullo di spirito accademico il parlare dei carismi, come fa Diakonia. E se lo
è, ben venga lo spirito accademico. Del
resto in nessun luogo dell’Evangelo sta
scritto che la Chiesa debba essere fatta di
ignoranti.
E non credo che lo spirito clericale giovi
di più alla Chiesa dello spirito accademico,
anzi! Inoltre, almeno da noi, coincidono.
E’ un pericolo che non mi stancherò mai
di segnalare quello di far coincidere cleropredicatori e gente che ha un papiro- Nella Chiesa primitiva non è necessario essere ignoranti per predicare (vedi Paolo),
ma non lo è di più essere istruiti (vedi
quasi tutti i discepoli). Su questo bisogna
insistere.
Sperando che ancora qualcuno continui
il dialogo sull’Eeo, non tanto sulla questione marginale della toga quanto su quella principale dell’i'tupegno iai ’o, ti porgo
la mea cordiale stretta di mano. c. t.
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che oggi ei sono care e sembrano insostituibili e si creeranno nuove forme di vita
e di azione e di testimonianza cristiana
nel mondo. Chi si aggrappa alle vecchie
forme che, per quanto gloriose, stanno
morendo ha un senso di scoramento e parla di decadenza; chi invece cerca di essere
attento ai segni dei tempi per trovare le
forme adatte per recare PEvangelo alla
nostra generazione, ha un sentimento di
gioia e di gratitudine nel vedere come il
Signore rinnova, ringiovanisce, trasforma
la sua chiesa per renderla sempre adatta
a servirlo in un mondo in trasformazione.
Più avanti il past. Geymet dice: « Diakonia... trascura V essenziale per costruire
un’accademia sul secondario». Dal seguito del suo scritto appare che l’essenziale è
il dare la propria vita, mentre il serondario .“¡arebbe discernere i carismi.
Anche qui c’è un po’ di confusione di
idee, infatti non si possono separare così
le due cose: carisma è il dono che Dio ci
dà perchè lo usiamo al suo servizio, e ciò
significa che Egli vuol essere servito da
ciascuno di noi in un modo determinato
e non in un modo qualsiasi. Ha ragione
il past. Geymet a dire che bisogna dare la
propria vita al servizio del Signore, ma
bisogna anche sapere come Egli desidera
essere servito da ciascuno. Tutto il lavoro
di « Diakonia » mira, ripetiamo, appunto
a questo: ad aiutare ogni credente a discernere il modo particolare in cui Dio
vuol essere personalmente servito da lui.
E’ perfettamente inutile fare dei grandi
appelli retorici e generici dicendo « Servite il Signore! » oppure « Date la vita! »
se non si aiuta la gente a vedere come han
da servire il Signore e in che modo devono dare la vita.
Parlare e riflettere intorno ai carismi ed
ai ministeri non è dunque una cosa secondaria, ma è veramente essenziale in que.sto momento della vita della chiesa; tanto
più che proprio adesso si assiste ad un
aumento del numero degli anziani-evangcliisti, si presentano le prime assislenli di
chiesa, si sta per giungere ad una decisione sul pastoralo femminile e si nota un
maggior senso di responsabilità in un certo
riuiiuero di laici riguardo al problema della loro lestimoinianza nella vita profe.ssionale. Questa fioritura di vocazioni diverse
non dev’essere lasciala soffocare dall’indifferenza generale, ma la solidarietà con
que.sli fratelli e sorelle che hanno .sentilo
una (hiamata di Dio,ci obbliga a meditare
con loro sul probità dei carismi, che è
poi identico al prdbletna della vocazione.
E’ una cosa seria e necessaria e non una
« accademia » o « disquisizioni » come dice il past. Geymet.
Ancora una osservazione: il past. Geyraet accenna con un tono di leggero disprezzo a quello che egli chiama « la teologia di moda ». Vorrei sapere quali sono
esattamente i teologi ed i libri idie il past.
Geymet considera alla moda, e quali sono
le sue critiche motivate a ciascuno. Una
iritica precisa e pertinente aiuta ognuno
di noi a correggere le sue idee sbagliale,
ma una critica vaga ed imprecisa fa pensare a quei cacciatori che sparano nei cespugli, lieti di aver sparato e poco preoccupati di sapere se dietro le fronde c’è un
nomo 0 una pernice.
Queste osservazioni sono suggerite dalla
postilla aH’articolo del past. Geymet. Nelrarticolo stesso, invece, troviamo una affermazione che sottoscriviamo di tutto
cuore : « L’impegno del pastore solennemente consacrato in un culto sinodale a
Torre Pellice non è più vincolante della
semplice confermazione ricevuta da un fratello professore... o contadino... Tutti nella stessa misura saranno debitori verso Dio
di amarlo e servirlo... in campi diversi...
col medesimo impegno ».
Trarre tutte le conseguenze di questa
notevolissima affermazione significa rinnovare vigorosamente la chiesa rendendola
più docile e duttile strumento di Dio nel
mondo moderno. Tale è precisamente il
senso del lavoro di « Diakonia ».
Frali, 11 seti. 1961 Aldo Comba
Scuola Latina
Pomaretto
Promossi alla li" Media: Alleinandi Alida; Avondet Rino; Comba Paolo; torneroiie Gino: Jahier Vanda; Gnocchi Danilo;
Pipino Andrea; Poetlo Renzo; Poelto Vanna; Pons Costanza; Tron Rolando.
Promossi alla III" Media: Barai Armando; Camino Angelo; Coucourde Ferruccio; Jahier Marilena; Morello Guido; Nicolò Michele; Ribel Roberto; Travers Marina; Tron Daniele; Turino Piermario.
Licenziati alla Scuola Media : Baud Elvio; Be.-lalot Drno; Bouchard Ebe; Coucourde Ivano; Griglio Cliiudia; Grill Vera;
Giiazzoni Danilo; Lawlon Patrik; Ri bel
Guido.
Offerte di alunni ed amici ricevute dallo
Direzione che^ riconoscente, ringrazia:
Tron Orlando (Pomaretto) L. 2.000; Coneolini Silvano (Perrero) 10.000; Tron Giuliano (Massello) 1.500; Jahier Enrico (Pomaretlo) 1.000; Baud Elvio (Prali) 2.000;
Grill Vera (Praliì 2-COl); Giulietta Balma
(Parma! 2.000; Doti, .\rturo Gay (Roma'
1.000; Ida e Teofilo Pons (Torre Pellice)
ir. memoria genitori Enrico e Adelina Baima 8.000; Lina Miegge (Roma) 2.001);
Emanuele, Nino, Elsina Tron (Perosa .Argentina} in meni, loro cari 3.000.
Precisazione
Caro Direttore,
leggo nel n. 34 dell’« Eco » la sua retlifìica ad una notizia portala dal Fasi. Santini alla seduta annuale della S.S.V.
Sono spiacente dd doverLa pregare di
rellifi-care la sua « rettifica », perchè l’iniziutiva di assicurare alla Chiesa di Palermo l’area per roslruire Falluale Tempio
valdese fu di mio Fadre, Enrico Pons, dal
1916 ai 1921 Pastore di Palermo e Capodistretto. A chi gli succedette in dette cariche spellò il compilo di proseguire l’opera iniziata presiedendo alla costruzione
della attuale Chiesa, il cui progetto fu —
se la memoria non mi inganna — sottoposto all’aipprovazionc della Tavola quando era ancora Moderatore il Pastore Émeslo Giampicicoli.
Mi perdoni queste righe dettale in omaggio alla verità storica e mi creda cordialinenle Mario Pons.
Direttore resp. : Gino Conte
Coppieri . Torre Peli. - Tel. 9476
Sede e Amministrazione
Editrice Claudiana
Torre Pellice - c.c.p. 2/17557
Ree. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tipografia Subalpina - s. p. a
Torre Pellice (Torino)
« Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte,
io ncn temerei male alcuno, perchè tu sei con me, o Signore».
(Salmo 23: 4)
RINGRAZIAMENTO
La famiglia della compianta
Paolina Micio
ved. Vinçon
impossibilitata a farlo singolarmente
ringrazia sentitamente tutte le persone che in ogni modo si sono associate
al suo dolore.
Un ringraziamento particolare esprime ai medici Dott. Bertolino e Dott.
De Clementi, al Pastore Bert, al Signor Widemann e consorte e a tutti i
vicini di casa.
S. Germano Chisone, 15 sett. 1961.
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