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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
\mNERDl 11 GIUGNO 1993
elezioni amministrative - PRIMO TURNO
EX VOTO
OIORQIO OARDIOL____
LO scossone invocato, e
anche previsto, c’è stato.
Le forze di opposizione vincono. La Lega Nord è il primo partito a Milano, Torino,
Novara e Vercelli; la Rete
porta al secondo turno tre
suoi candidati a Torino, Milano e Catania; il Pds, grazie
anche alle aggregazioni di cui
è stato l’artefice, vince nel
centro Italia dove i suoi candidati ad Ancona, Siena, Ravenna, Terni, Grosseto hanno
buone probabilità di diventare
sindaci; Rifondazione comunista conferma la sua natura
di partito di massa e diventa
il secondo partito a Torino e
Milano.
Crollano i pilastri del vecchio sistema di potere. La De
è in via di disfacimento in
tutto il paese; il Psi scompare,
insieme al suo simbolo e ai
suoi uomini più rappresentativi.
Le ragioni di questo «terremoto» stanno in tangentopoli
e neH’azione dei giudici che
hanno causato la rivolta del
corpo elettorale contro i partiti di governo responsabili di
un intreccio politica-affari
non più passivamente accettabile per moltissimi.
Nei commenti si mette giustamente in rilievo la scomparsa del centro. La De è quasi dappertutto esclusa dai ballottaggi. Gli elettori moderati,
i ceti medi e popolari che erano stati in questi 40 anni la
forza della De, si soho presi
la libertà e l’hanno usata riponendo la loro fiducia nella
Lega, nei pattisti di Segni e
anche nella Rete, soggetti politici nuovi. Il voto cattolico
si è disgregato e ciò ha penalizzato la De.
Dissoluzione inarrestabile
della De come vorrebbero in
molti? Può darsi. Più probabilmente invece, sotto la spinta della chiesa, il laicato cattolico sarà spronato ad un rinnovamento del suo impegno
politico e sociale.
I vescovi alla vigilia del voto hanno già parlato di una
necessaria «tensione unitiva»
del mondo cattolico verso la
«cosa» bianca, verso la rifondazione democristiana. Certo
sarà più difficile, non godendo più di molte sponde istituzionali.
Queste elezioni però sono
state caratterizzate anche da
un fenomeno nuovo; il traino
dei candidati nei confronti
delle liste che li sostenevano.
Gli elettori hanno cercato nei
candidati a sindaco gli interpreti e i portavoce dei valori e
degli interessi condivisi da
loro stessi.
Le campagne elettorali sono diventate più economiche
e si è riscoperto il valore
dell’incontro personale tra
candidati e elettori. Al secondo turno, più centrato sui programmi^ vincerà il faccia a
faccia. E il fenomeno della
personalizzazione della politica che insieme ad alcuni
pregi presenta anche il rischio
di creare notabili. I partiti, i
movimenti, i luoghi di dibattito collettivo sulla politica,
rischiano di trasformarsi in
comitati elettorali per questo
o quel candidato.
Il fatto che la sinistra di opposizione potesse presentare
le facce pulite di alcuni candidati ha reso possibile un
suo successo. Gli elettori hanno visto in essi una possibilità
di governo attento alle esigenze economiche, sociali e
di difesa ambientale degli
strati popolari.
C’è la possibilità della nascita di un nuovo polo, una
nuova aggregazione articolata
di sinistra, che partendo dal
governo delle città riesca a
superare le tradizionali divisioni ideologiche. Un polo
politico che, allo stato attuale
del comportamento degli elettori, è l’unica novità a carattere nazionale.
Infine il fatto che a Catania
il ballottaggio per il sindaco
riguardi due candidati che
rappresentano due modi diversi di opporsi ai metodi politico-affaristici dell’amministrare è un segno di una avvenuta rottura col metodo mafioso del voto di scambio.
La nostra debolezza si trasforma in forza nella fede e nell'amore
Gli strumenti che Dio ci dà per il servizio
____________GIOVANNI CARRARI ____________
Durante la recente consultazione metodista che si è svolta a Ecumene
dal 21 al 23 maggio, esaminando la situazione della nostra opera in Italia, ci si
è chiesti che cosa avessimo in mano, di
quali strumenti fossimo dotati per affrontare !a profonda crisi che travaglia il nostro Paese e il mondo intero. Nulla, ha
detto qualcuno: siamo poca cosa, ma il
Signore ha scelto la via della croce, ha
privilegiato le cose umili, e ha detto; «La
mia grazia ti basta, perché la mia potenza si è rivelata perfetta nella debolezza»
(2 Corinzi 12, 9). Se in questo tempo
Dio continua a servirsi di noi, non bisogna fermarsi a guardare ai nostri insuccessi, o ai nostri piccoli risultati, ma è
importante cogliere il senso di una missione che non può arrestarsi: la parola di
Dio dev’essere predicata sempre e comunque, a prescindere dai risultati.
Qualcun altro ha ricordato Zorobabele,
i! re della ricostruzione di Gerusalemme
dopo l’esilio di Babilonia. Questa nostra
epoca ricorda molto quel tempo. Sembra
che ogni cosa sia distrutta, eppure c’è la
speranza del nuovo. Solo che il compito
della ricostruzione di una città, di una
nazione pare sia troppo gravoso per le
nostre misere forze. Eppure il profeta
Zaccaria ci mostra Zorobabele, il re del
ritorno, che si aggira fra le macerie con
un piombino, un umile strumento con cui
tracciare le linee delle fondamenta in vista della ricostruzione. Poca cosa veramente, di fronte aH’immane compito che
attende lo sbandato popolo d’Israele!
Anche noi potremmo esclamare: ben altro ci serve! Mattoni e cemento, non un
filo a piombo per tracciare le fondamenta! Eppure quel misero piombino è il se
gno della volontà di gettare solide basi
per rifondare una nuova società. Dio benedice quel povero piombino e avverte
tutti gli scettici e gli sfiduciati che la ricostruzione avverrà: «Non per potenza
né per forza, ma per lo spirito mio, dice
l’Eterno» (Zaccaria 4,3).
E ancora qualcun altro ha ricordato
Mosè che aveva tra le mani un umile bastone da pastore, a cui non dava molta
importanza: era il suo strumentp di lavoro, un compagno nel suo cammino quotidiano. Per opera di Dio quel bastone si
muta in serpente, qualcosa di forte, di
sconvolgente (Esodo 4, 3). A volte non
si conosce neppure la potenza che si nasconde, e si svela per l’intervento di Dio,
dei nostri strumenti quotidiani, di quelle
cose che ci sembrano insignificanti perché fanno parte della nostra vita di tutti i
giorni. Forse è proprio da lì, dalla nostra
quotidianità rivalutata e rivista con gli
occhi del Signore, che dobbiamo ripartire per portare il messaggio di liberazione
al nostro popolo.
Quale bastone abbiamo in mano noi
oggi? Forse ne abbiamo addirittura tre,
che è nostro compito riconoscere, coltivare, comunicare. In primo luogo la
spiritualità, che significa riscoprire !a
forza della preghiera, il valore della teologia, la necessità di una predicazione attenta e non superficiale. Poi c’è !a fraternità, che si traduce in accoglienza
deir«altro» in ogni occasione, anche
nelle nostre chiese, nel servizio a favore
del nostro prossimo, nella testimonianza
attraverso le nostre opere diaconali. E in
terzo luogo la politica intesa come momento di confronto, portatore di quella
democrazia (quante volte si abusa di
questo termine!) che le nostre chiese si
sforzano di vivere, e capace di una pro
gettualità per porre delle autentiche e solide basi per una ricostruzione del nostro
paese. Ricostruzione che non sia soltanto
di stampo moralistico, ma che incida nelle coscienze per creare delle «nuove
creature» capaci di portare nella società i
segni della giustizia di Dio e della sua
volontà di pace e di vita.
Forse non ci accorgiamo di quello che
abbiamo in mano, troppo intenti a piangerci addosso, o sgomenti di fronte al
compito che ci attende nello sfascio
pressoché totale del nostro mondo. Eppure, ringraziando il Signore perché ci
ha sorretti fin qui, dobbiamo anche riconoscere che egli ci fornisce strumenti
importanti e validi per affrontare tutti gli
ostacoli: la sua Parola, unica base e unico fondamento per le nostre vite: a livello personale, collettivo e comunitario, e
nella nostra dimensione sociale. Vogliamo rimanerne lontani, così come spesso
rimaniamo lontani dalla nostra chiesa?
Pensiamo che la cosa non ci interessi o
non ci riguardi, così come spesso tendiamo a relegare Dio in fondo ai nostri pensieri?
Con molta umiltà, ma anche con molta
fiducia nella forza che lo Spirito ci dona,
dobbiamo affrontare il nostro cammino e
dare il nostro contributo nella chiesa e
nella società: il Signore ci ha dato qualcosa di veramente importante in mano.
Possiamo permetterci di nasconderlo sotto terra? Forse dovremmo essere più
convinti che veramente la nostra debolezza si trasforma in forza quando con
fedeltà e con gioia ci impegniamo al servizio di Dio e del nostro prossimo: nella
fede e nella spiritualità, nell’amore e nella fraternità, nella speranza e nella progettualità nei confronti della chiesa e
della società.
ANNO 1 - NUMERO 23
L'Europa
Dodici porte
JEAN-PIERRE MOLINA
Nell’Apocalisse la città ideale ha dodici porte, sempre
aperte. Le porte indicano una
frontiera, la loro apertura significa l’andirivieni che coincide
con la pace. Un territorio e una
frontiera implicano qualcosa da
difendere, ma qualcosa da difendere può diventare qualcosa da
offrire, per esempio una giustizia da esportare perché il miglior modo di non accogliere
tutta la miseria del mondo sta
comunque nel non mantenere il
mondo nella miseria: ovviamente è disonesto proteggere l’ambiente naturale dell’Europa dei
dodici esportando il suo
inquinamento in Romania o in
Africa.
Condividere su scala intemazionale i costi di una conversione a forme meno inquinanti di produzione costerà
più caro, ma comunque meno
che non intraprenderla. È possibile procedere diversamente nel
campo commerciale? Probabilmente la Francia, l’Italia, la
Germania devono accettare di
aprire le loro frontiere ai prodotti del Portogallo e della Grecia,
o a quelli della Boemia e
dell’Argentina, anche se tali
prodotti sono in qualche modo
sovvenzionati dalla minor protezione sociale di coloro che li
hanno eseguiti.
Ma abbiamo il diritto di fare
come se fosse serio l’affidare al
mercato la cura di assicurare
spontaneamente il riavvicinamento dei rispettivi livelli di
protezione sociale con il pretesto che un altro comportamento
porterebbe al peccato del protezionismo? È più comodo porre
la domanda che non cercare di
mettere in atto la risposta.
Tradizionalmente, la destra ha
scelto il libero-scambio in materia commerciale e si è dimostrata ostile all’apertura nei confronti degli uomini e delle idee,
mentre la sinistra ha favorito la
libera circolazione degli uomini
e delle correnti culturali pur sorvegliando i capitali e le merci.
Logico: si tratta di proteggere e
di liberare due attività contrarie
e vitali. In questo dilemma tutti
sbagliano almeno una volta e
sarebbe proprio tracotante voler
giudicare: ma su un punto i cittadini non hanno il diritto di dimostrarsi indulgenti nei confronti dei loro dirigenti: la scelta
della posta in gioco. Infatti non
c’è nient’altro da gestire in Europa o altrove se non il giusto
rapporto tra protezione e libertà.
Delle Chiese
La Consultazione
metodista
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All’Ascolto
Fuori da
ogni compromesso
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RIFORMA
Ecumene
VENERDÌ 11 GIUGNO 1993
A Le Havre, dal 20 al 23 maggio, il Sinodo nazionale della Chiesa riformata di Francia
Una sfida alle chiese: «vivere insieme» nella
chiesa, nella società e al di là dei confini
ERMANNO GENRE
Salendo le scale che portano alla sala ricevimenti
del municipio di Le Havre,
mi sono trovato di fronte ad
una grande statua in bronzo
di Francesco I, fondatore della città.
Non mi aspettavo però di
ritrovare il nome del re di
Francia nel saluto che la moderatrice del Sinodo ha rivolto al sindaco della città,
parafrasando un brano delVEpitre au roi che Calvino
dedicò a Francesco I nell’introduzione alla sua Istituzione della religione cristiana.
Nello spirito della laicità
che caratterizza i francesi è
ormai un rito consolidato che
l’assemblea sinodale sia accolta per un saluto e un rinfresco dalle autorità cittadine.
Forse quest’anno il saluto
della moderatrice è andato
oltre la pura formalità mettendo in luce, in uno stile volutamente provocatorio ma
con grande finezza, analogie
e differenze tra l’impegno
politico di un sindaco comunista di una grande città (uno
dei più grandi porti commerciali d’Europa) e lo spirito
del protestantesimo.
Un'esperienza arricchente
Partecipare a un Sinodo della
Chiesa riformata di Francia
(Erf) è sempre un’esperienza
arricchente per molti motivi.
Per ricordarne uno solo dirò
che vivendo due giornate intense a Le Havre (il Sinodo
dura 3 giorni), con ritmi di
lavoro sicuramente non inferiori ai nostri sinodi e assemblee, ci si accorge subito della lentezza, pesantezza e ripetitività di argomenti del
nostro metodo di lavoro made in Italy.
L’autodisciplina dei sinodali dell’Erf è un frutto esotico per il Sinodo valdese e
suona quasi come uno scandalo per un’assemblea battista!
Nel Sinodo dell’Erf grandi
capitoli che da noi esigono
ore di discussione (e di confusione) si risolvono in 20
minuti; il microfono circola
fra i sinodali e ciascuno
esprime il suo pensiero, circostanziato, in pochi minuti
(85 circa il numero degli
aventi diritto al voto).
Il processo decisionale non
è improvvisato ma preceduto
da un intenso lavoro dei Sinodi regionali e delle commissioni sinodali che orientano l’assemblea con grande
correttezza e con invidiabile
humour. Si può imparare.
L'impegno missionario
Fra le molte questioni istituzionali che si affrontano annualmente, ogni sessione sinodale ha un tema centrale a
cui è dedicata particolare attenzione: lo scorso anno ad
Annecy era l’Europa, quest’
anno a Le Havre la missione
dell’Erf nella sua relazione
con la Cevaa (Comunità
evangelica di azione apostolica) e il Defap (Dipartimento
evangelico francese di azione
apostolica).
Anche su questo tema i sinodali avevano nelle loro
mani i pareri espressi dagli
otto Sinodi regionali e
un’approfondita relazione
stesa da una commissione
che aveva rielaborato sinotticamente i pareri espressi.
Una conferenza di J. F.
Zom su: missione ha un
passato, c’è anche un avvenire?» aveva lo scopo di offrire una cornice storica e teologica al tema generale (J. F.
Zorn ha appena pubblicato
un poderoso volume sulla
missione: «Le grand siècle
d’une mission protestante, la
Miss ion de Paris de 1822 à
1914»).
Al termine di una appassionata discussione il Sinodo
ha approvato un ordine del
giorno in cui si propone un
riequilibrio delle priorità e
delle responsabilità del Defap (è prevista la revisione
del suo statuto), organismo
intermedio che gestisce una
parte delle relazioni intemazionali per conto della Federazione protestante francese.
Nel Sinodo si sono levate
più voci per chiedere al Defap di svolgere un lavoro più
specificamente missionario,
cercando un nuovo equilibrio
tra evangelizzazione e diaconia (il rapporto della commissione sinodale rileva: a)
un deficit di comunicazione,
b) un deficit di visibilità, c)
un deficit di evangelizzazione).
Nell’Erf esiste un vero e
proprio animus missionario
(nonostante una netta diminuzione delle offerte delle
chiese, il 25% in questi ultimi 5 anni) e ci si domanda,
dopo la svolta del 1971 che
portò alla creazione della Cevaa: la nuova mentalità in
campo missionario è per caso
abortita?
Oggi gli obiettivi sono in
parte cambiati, ma i metodi
di lavoro non hanno subito le
necessarie trasformazioni. La
critica al Defap da parte di
alcuni si appuntisce: si tratta
di uno strumento delle chiese
e al servizio delle chiese o di
un movimento di militanti?
Ma non sono mancate neppure le voci che hanno messo
in evidenza le difficoltà del
lavoro della Cevaa e l’esigenza, nell’ambito degli aiuti
inviati dall’Europa in Africa,
di puntare prioritariamente
agli interventi umanitari e
politici nazionali e internazionali per far fronte alla corruzione che si è ormai insediata nei centri di raccolta e
di smistamento degli aiuti.
I problemi finanziari
Naturalmente anche nel Sinodo dell’Erf si parla di finanze e i problemi non mancano anche se i circa 400.(X)0
membri dell’Erf costituiscono, sociologicamente, una
forza non indifferente.
La relazione del tesoriere e
la sua presentazione hanno
attirato l’attenzione anche di
un profano quale io sono in
questa materia perché le cifre
erano accompagnate da dati
sociologici estremamente interessanti; si trattava di cifre
in movimento, di cifre viventi; a ogni difficoltà si ipotizzano delle soluzioni.
Si apprende che nel 1992
quattro regioni su otto hanno
chiuso il loro esercizio in deficit e dovuto attingere ai
fondi speciali.
La cassa centrale dell’Erf
fa riferimento a circa 120 mila foyers protestanti ma quelli che realmente partecipano
alla vita finanziaria è al di
sotto del 50% (da 60.475 del
1977 a 48.873 del 1989), insomma ogni anno scompaiono poco meno di 1 .(K)0 famiglie.
Tuttavia la partecipazione
dei foyers militanti ha fatto sì
che il gettito medio delle famiglie contribuenti aumenti
dell’1,8% ogni anno.
Ma il tesoriere ha avvertito
che gli effetti cumulativi
dell’erosione regolare del numero delle famiglie contribuenti finiscono per non poter più essere compensati
dall’aumento dello sforzo dei
singoli. Il problema è segnalato al Sinodo in tutta la sua
gravità in quanto è legato
strettamente alla questione
delle forze pastorali in aumento nel servizio della chiesa.
Nel 1992 e 1993 l’Erf ha
accolto oltre 50 nuovi pastori
in servizio e le prospettive
sono le stesse per i prossimi
due anni. Come far fronte alle spese crescenti? Bisognerà
stabilire un numero chiuso?
Le indicazioni vanno in
una diversa direzione: sensibilizzazione delle chiese e
pratica già in corso di misure
restrittive a tutto campo per
raddrizzare la situazione.
La questione sociale
L’attenzione dell’Erf ai problemi sociali, culturali e politici della nazione è sempre
viva; non poteva dunque
mancare una parola del Sinodo sulle preoccupanti tendenze del nuovo governo
concernente lo statuto degli
immigrati.
Già la Cimade si era puntualmente espressa all’inizio
di maggio denunciando l’at
II pastore Michel Bertrand, presidente dei Consiglio nazionale
della Chiesa riformata di Francia
tacco ai principi stessi della
Costituzione repubblicana
presente nei nuovi progetti di
riforma del codice di nazionalità e delle condizioni di
entrata e di soggiorno degli
stranieri.
Essendo la materia ancora
in fase di studio il Sinodo è
stato prudente ma ha destato
l’allarme, così come negli
stessi giorni era stato fatto
(con echi sulla stampa) dal
vescovo Joatton di SaintEtienne, presidente della
commissione episcopale delle migrazioni.
Un’attenzione particolare è
data al lavoro di formazione.
Fra le altre iniziative l’Erf ha
nominato, da alcuni anni, una
commissione sinodale per i
ministeri che ha, tra l’altro, la
responsabilità della formazione pratica dei nuovi pastori.
Gli studenti in teologia sono contattati e accompagnati
da questa commissione a partire dal terzo anno di studi fino al momento della loro
consacrazione (5 anni di studio con stages e tirocinio
conclusivo, il cosiddetto proposanat, che varia da 12 a 18
mesi).
Attraverso un itinerario che
ha dei momenti di verifica
stabiliti la commissione sinodale accoglie le domande di
entrata nel ministero oppure,
motivandole, le respinge.
Questa delicata materia è stata recentemente definita con
invidiabile chiarezza in un
quaderno messo a disposizione di tutti i candidati a un ministero.
Il lavoro di questa commissione è un prezioso strumento anche per prevenire le difficoltà dei primi anni di ministero (numerosi i casi di abbandono nei primi cinque anni, donne soprattutto).
Accanto al percorso «normale» degli studi teologici è
previsto anche un itinerario
abbreviato che permette, a
chi è già in possesso di una
laurea, di concludere gli studi
in tre anni (come a Ginevra).
La questione pastorale
Negli ultimi quattro anni sono entrati in servizio oltre
100 nuovi pastori, il che significa un rinnovamento di
un quarto dell’intero corpo
pastorale.
Un fenomeno in crescita è
l’immissione di pastori stranieri nell’Erf, tedeschi soprattutto (dalla Renania in
particolare); nell’anno passato il 20% dei nuovi pastori
proveniva dall’estero.
Pur rallegrandosi di questa
realtà il Sinodo ha sottolineato l’esigenza e l’urgenza per
l’Erf di formare dei pastori
che siano l’espressione delle
chiese locali e che possano
fare da contrappeso al numero esorbitante di pastori che
vengono formati nell’Erf ma
che provengono da altri contesti. E ciò che viene messo
in luce anche all’interno del
lavoro delle due Facoltà di
teologia di Parigi e Montpellier: la mancanza di una
conoscenza adeguata della
realtà della chiesa da parte di
molti studenti.
Un’attenzione particolare è
stata data negli ultimi anni
alla liturgia. Un’apposita
commissione sta per dare alle
stampe cinque progetti completi di un culto «tipo», con
particolare attenzione alla
presidenza del culto da parte
dei laici; saranno disponibili
anche dei progetti concernenti i vari atti liturgici ecclesiastici. Ma oltre a questo si sta
lavorando a una liturgia di
riferimento dell’Erf che sarà
sottoposta al Sinodo nazionale nei prossimi anni.
«Vivere insieme»
Concludo queste note con un
breve cenno al messaggio
d’apertura del Sinodo del
presidente del Consiglio
nazionale, il pastore Michel
Bertrand. Messaggio robusto,
corroborante, fortemente incentrato sul desiderio de) «vivere insieme» l’esperienza
della fede, sfida per il mondo
ma anche sfida rivolta alle
chiese oggi.
Di qui l’invito ad essere attenti alle nuove attese, alle
nuove forme di appartenenza
alla chiesa che si manifestano
nei nostri ambienti.
Un «vivere insieme» che
nell’esercizio del ministero
che gli è stato affidato ha trovato dei segni concreti e che
ha voluto ribadire, con un
sentimento di riconoscenza,
nel suo intervento d’apertura:
«Non ho mai avuto il sentimento di essere solo». La
collegialità dei ministeri nella chiesa è nel segno della
benedizione.
Mondo Cristiano
Nuovo «Direttorio Ecumenico»
ROMA — Sarà presentato ufficialmente l’8 giugno il nuovo
«Direttorio ecumenico» del Vaticano. Si tratta dell’edizione ag
giornata e rivista di un precedente documento della Santa Sede
pubblicato in due parti nel 1967 e nel 1970. La notizia è emersa
nel corso dell’incontro dei presidenti delle Commissioni ecumeniche delle Conferenze espiscopali e dei Sinodi delle chiese
orientali cattoliche, organizzato dal «Pontificio consiglio per
l’unità dei cristiani» e conclusosi in Vaticano il 15 maggio
scorso.
Alla riunione, guidata dal card. Edward Idris Cassidy, ha preso parte un centinaio di persone, tra cui anche alcuni «delegati
fraterni» delle chiese ortodosse, protestanti e anglicane. Ricevendo in udienza i delegati delle commissioni ecumeniche delle Conferenze episcopali, papa Giovanni Paolo II ha detto: «Il
sano sviluppo del movimento ecumenico dipende molto da un
serio impegno nella formazione ecumenica, che a sua volta può
essere grandemente aiutata dall’efficiente lavoro delle commissioni ecumeniche». «In questo senso, ha aggiunto, la pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica è senza dubbio un
prezioso dono all’ecumenismo. Il catechismo presenta le basi
ecclesiologiche per un ecumenismo cattolico e ricorda che il
desiderio di riscoprire l’unità di tutti i cristiani è un dono di
Cristo e una chiamata dello Spirito Santo». Riconoscendo il clima di crisi esistente nei rapporti ecumenici, il papa ha affermato: «Molti seri ostacoli rimangono ma non ci può essere
dubbio sul fatto che un’ulteriore attenzione agli elementi essenziali della comunione ecclesiale che già esiste tra cristiani di
differenti chiese e comunità, darà un nuovo impulso alla ricerca
dell’unità. La strada che abbiamo di fronte - ha aggiunto - è
difficile, dobbiamo andare avanti verso questa meta, in obbedienza alla volontà di Cristo».
Festival di Cannes: premio
della giuria ecumenica
CANNES — La giuria ecumenica del 46° Festival intemazionale del film di Cannes, presieduta dal pastore svizzero Georges Blanc, ha conferito il proprio premio al film «Libera me»
di Alain Cavalier. Con l’universalità della sua testimonianza e
del linguaggio adoperato e con l’implacabile denuncia dell’oppressione, qualunque essa sia, il film è un appello alla salvaguardia e al rispetto della dignità umana. La giuria ecumenica
ha attribuito una menzione a «Il grande cocomero» di Francesca Archibugi. Questo film evoca la relazione, piena di tenerezza e di sensibilità, che si sviluppa in un servizio di pedopsichiatria tra medici, personale sanitario, sacerdoti e malati. Tale relazione porta alla guarigione e all’arricchimento personale di
ognuno.
Polonia: paese «cattolico»?
VARSAVIA — Una commissione del Consiglio ecumenico
polacco interverrà nel dibattito parlamentare sulla Costituzione.
Si tratta di impedire che il testo costituzionale definisca la Polonia come un paese «cattolico». Su questo argomento i non
cattolici della Polonia sono appoggiati da numerosi intellettuali.
Olanda: unità protestante
AMSTERDAM — Le due grandi chiese riformate e la Chiesa
luterana dei Paesi Bassi hanno elaborato il progetto di una carta
ecclesiastica comune. La versione tedesca di questo testo è stata resa nota. Il progetto viene ora sottoposto alla discussione
nelle chiese. E un passo in direzione di una unificazione progressiva delle tre chiese.
Svezia: per essere membro
di chiesa ci vuole il battesimo
STOCCOLMA — La commissione della Chiesa luterana svedese incaricata di studiare la questione dell’appartenenza alla
chiesa ha presentato neH’aprile scorso una serie di nuove regole. La persona battezzata nella Chiesa svedese ne sarà automaticamente membro. Finora bastava essere figli di genitori
svedesi per appartenere automaticamente alla Chiesa svedese e
si poteva uscire solo facendo una domanda alla parrocchia locale. D’ora ili poi il battesimo, da fanciullo o da adulto, sarà
una delle condizioni di entrata. I genitori conservano però il diritto di fare iscrivere i propri figli alla chiesa se intendono
aspettare per il battesimo.
L’informazione riguardante la possibilità di battezzare il
bambino fino all’età di 6 mesi verrà data a tutti, anche ai non
battezzati che hanno raggiunto l’età di 18 anni. Tutti coloro che
desidereranno avere una responsabilità nella Chiesa svedese
dovranno essere battezzati. Qualora verranno accettati dall'insieme degli organi della chiesa, questi cambiamenti entreranno
in vigore fin dal 1° gennaio 1995.
No ai rapporti prematrimoniali
STATI UNITI — La Convenzione dei battisti del Sud, che
conta quindici milioni di membri ed è la più grande chiesa protestante degli Stati Uniti, ha lanciato una campagna per convincere 100.000 persone di età inferiore a vent’anni (circa il 10%
dei giovani battisti) di rinunciare ad ogni rapporto sessuale prima del matrimonio. Il promotore di questa campagna, Jimmy
Hester, fa notare che i giovani vengono sottoposti a forti pressioni per avere rapporti sessuali prematrimoniali. Lo slogan
della campagna è: «Tme love waits» («II vero amore sa aspettare»).
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\/F.NERDÌ 11 GIUGNO 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 3 RIFORMA
Ad Ecumene ¡1 22 e 23 maggio la Consultazione delle chiese metodiste
In una società alla ricerca del nuovo
le chiese devono esserne il lievito
FRANCO CHIARINI
Si è svolta il 22-23 maggio
presso il centro di Ecumene a Velletri (Roma) la Consultazione delle chiese metodiste, un incontro annuale di
pastori e delegati delle comunità locali, previsto dal «patto
di integrazione» tra valdesi e
metodisti italiani. Fra i vari
temi affrontati dalla Consultazione, va segnalato l’appassionato dibattito sull’attuale
situazione politica e sociale
del nostro paese, suscitato
dalla relazione del Comitato
permanente dell’Opera per le
chiese evangeliche metodiste
in Italia (Opcemi).
«Una prepotente domanda
di “nuovo” - si legge nelle
note del Comitato permanente - sale dal paese e coglie il
più delle volte del tutto impreparata la vecchia classe dirigente, i sindacati, gli imprenditori e le strutture sociali ed economiche. In questa
situazione le chiese metodiste, fedeli alla loro tradizione
di impegno nel sociale, devono “spendersi coraggiosamente come lievito per la società”, diventando “comunità
di riconciliazione e di solidarietà aperta a tutti e allo stesso tempo assemblee profetiche dove la presenza della pace e della giustizia del regno
di Dio sono credute e vissute
come presenti, sperate e attese con la certezza che si basa
sulle promesse del Signore».
Il pastore Claudio H. Martelli, presidente deH’Opcemi
La discussione del sabato
mattina infatti si è subito incentrata sulle riflessioni contenute nelle «Questioni di ordine generale» premesse alle
«Note informative» che il
Comitato permanente ha offerto ai membri della Consultazione.
Riflessioni vivaci che non
potevano non guardare con
preoccupazione all’attuale situazione di crisi del nostro
paese: si legge infatti che accanto «ai casi di corruzione
politica e all’affermarsi di
movimenti che mettono in discussione e in pericolo lo
stesso concetto di unità
nazionale e di democrazia» si
aggiungono quei radicali
cambiamenti economici che
potranno portare, con probabilità tutt’altro che remote,
conseguenze- tali che «a pa
Ecumene
Incontro di giuristi evangelici
Si svolgerà dal 18 al 20 giugno a Ecumene (Velletri, Roma) un incontro promosso in particolare per quegli evangelici che hanno, in diversi modi, un approccio quotidiano con
il vasto mondo del diritto. L’incontro mira a una reciproca
conoscenza in vista di una riflessione e di una ricerca sul
«nostro» diritto ecclesiastico, sia «interno» (l’ordinamento
delle nostre chiese) che «esterno» (i rapporti con la società
e con lo stato). Per valdesi e metodisti gli anni che vanno
dal secondo dopoguerra a oggi sono stati un tempo di elaborazione in questo campo di molte cose nuove sia sul pia:
no del pensiero che su quello delle realizzazioni pratiche. E
giunto il momento per un bilancio e per la ricerca di nuove
spinte propulsive.
PROGRAMMA
Venerdì sera: arrivi e cena.
Sabato:
ore 8,30: colazione.
ore 9-11 : Il diritto nella Bibbia, relazione di Daniele
Garrone, docente alla Facoltà valdese di teologia discussion6
ore 11,30-13: Le discipline vigenti neirordinamento
valdese, relazioni di Franco Becchino, presidente del
Tribunale di Savona e di Andrea Ribet, direttore del
Centro servizi amministrativi della Tavola valdese. ^
ore 13,15: pranzo; ore 16-17: Le discipline vigenti
h*. neirordinamento valdese - discussione.
ore 17-18,30: Rapporti fra le chiese valdesi e metodiste e lo stato: relazioni di Piero Trotta, avvocato, e
Paolo Gay, procuratore legale - discussione,
ore 20,15: cena.
Domenica:
ore 8,30: colazione
ore 9-9,45: culto.
ore 10-12,30: Assemblea conclusiva: Come proseguire
e sviluppare la riflessione e la ricerca Iniziate
con questo Incontro.
ore 13: pranzo.
Per raggiungere Velletri si possono utilizzare:
* la linea ferroviaria Roma Termini-Velletri;
• l’autostrada Roma-Napoli (uscita casello di Valmontone a
19 Km da Velletri); .
' la metropolitana dalla stazione ferroviaria di Roma Termini, linea A (direzione Anagnina), quindi il servizio di autocorriera Roma Velletri in partenza da Anagnina.
" Il centro di Ecumene è sito in contrada Cigliolo, tei.
'06/9633310.
Le iscrizioni devono pervenire entro il 10 giugno 1993
presso: Paolo Gay, loc. Curt superiori 2 * 10062 Luserna
San Giovanni (tei. 0121/909826); Monica Becchino, via
Bevilacqua 1/2 -17100 Savona (tei. 019/806467).
Quota di partecipazione £ 60.000, da versarsi all'arrivo a
Ecumene.
X,
game il prezzo saranno le categorie più deboli della popolazione».
In tale contesto «possiamo
come credenti, nell’ambito
del nostro vivere privato e
della testimonianza, ignorare
tutto ciò? (...) E soprattutto
possiamo veramente ritenere
che una società si rinnovi
senza che si converta? Senza
che sappia accogliere in sé
quei valori di giustizia e solidarietà che la Scrittura indica
come volontà di Dio?».
Attorno a questi temi si è
sviluppata un’interessante discussione, che oltre ad offrire
ulteriori puntualizzazioni e
parametri di confronto, fratto
di esperienze specifiche, si è
indirizzata essenzialmente
verso due direzioni. La prima
auspicava la costituzione di
punti di aggregazione per stu
diare, elaborare e produrre
modi nuovi e strumenti efficaci con cui affrontare questi
temi così rilevanti: «Non possiamo - è stato rilevato - essere impreparati di fronte alle
profonde novità già in atto
nella nostra società».
Aecanto alla prima, la seconda direzione sollecitava
un autoesame alla luce della
Scrittura e a chiederci, come
singoli e come comunità, se
l’Evangelo è ancora una forza
prorompente, e dunque se la
nostra testimonianza nella società è oggi autentica e credibile; le nostre chiese debbono
imparare a produrre dei segni,
o meglio a predicare anche
con segni, ed essere (come
suggeriva il Comitato permanente) «chiese per le singole
persone, attente ai loro bisogni spirituali e materiali».
A questo riguardo, preso atto della scarsità delle nostre
forze e dei mezzi in nostro
possesso, sembra opportuno
riportare la riflessione che il
pastore Martelli faceva in
analogia con l’episodio di
Mosè inviato dal Signore al
faraone avendo in mano solamente il suo bastone. Un oggetto del tutto semplice, di
ordinaria amministrazione diremmo, ma che diventava
nelle mani di Mosè lo strumento attraverso il quale
l’Eterno parlava al faraone.
Sappiamo noi scorgere i semplici strumenti messi nelle
nostre mani?
Cosa fare con la quota dell'otto per mille
Sviluppare le attività
sociali per tutti
LUCIANO CINICA
Era inevitabile che, discutendo di diaconia, si arrivasse a parlare di otto per mille. Anche perché come è stato
preannunciato dai membri della Commissione chiesa e stato,
molto probabilmente nella
prossima dichiarazione dei
redditi potremo decidere di dare il contributo alle nostre
chiese.
«La decisione non sarà solo
contabile», ha ricordato il presidente dell’Opcemi, il pastore
Claudio H. Martelli, non si dovrà solo definire una condotta
amministrativa, ma occorrerà
anche stabilire una strategia e
una linea di politica ecclesiastica. Dalla discussione mi
sembra che in realtà sia uscita
una linea chiara e definita (anche se non definitiva, visto che
la decisione finale spetterà al
Sinodo). I contributi dell’otto
per mille dovranno essere utilizzati (se non tutti almeno
nella maggioranza) per attività
sociali che già svolgiamo qui
in Italia o che un giorno saremo chiamati a svolgere (asili,
ricoveri per anziani, lavoro
con gli extracomunitari, comunità terapeutiche per tossicodipendenti, comunità alloggio
per minori ecc.)
Le chiese si troveranno ad
assumere una responsabilità
notevole: da un punto di vista
finanziario (anche se non bisogna farsi troppe illusioni) e da
un punto di vista civile e mo
rale. Dovranno dimostrare di
spendere bene i soldi assegnati, di avere capacità di servizio
effettivo, di programmare, di
essere efficienti e trasparenti.
La sfida e cui saranno chiamate sarà enorme: anche perché
l’otto per mille non potrà (e
non dovrà) coprire tutta la nostra diaconia. Sempre rimarranno dei vuoti e degli spazi
che a prescindere dai contributi pubblici dovranno essere coperti. Il futuro, in questo senso, si presenta più articolato e
complesso di quanto alcune
semplificazioni possono indurre a pensare.
Nel campo della diaconia ci
troveremo ben presto di fronte
a situazioni insolite e per questo è opportuno che già da oggi si cominci a ridefinire le nostre politiche di intervento e le
nostre strategie. I tempi ormai
in cui le singole opere potevano vivere in assoluta autonomia sono finiti, mentre a questo punto è inevitabile che si
stabilisca un minimo di coordinamento tra le varie opere.
Questo non deve significare
un’ingerenza diretta nella gestione 0 la costituzione di un
«ministero valdese metodista
per gli affari sociali». In questo caso non si produrrebbero
che burocratizzazione e centralizzazione, mentre la forza
delle nostre opere dovrà risiedere nell’adesione ai problemi
reali e specifici, nel riferirsi
costantemente alle comunità e
nel continuo «riformarsi».
Le finanze dell'Opcemi
Obiettivo: raggiungere
il punto di equilibrio
ALBERTO BRAGAGLIA
Parlare di finanze è sempre
una cosa difficile e delicata, in qualsiasi sede. Tuttavia è di solito necessario, e
anche la Consultazione metodista di quest’anno è riuscita
a dedicare un po’ di spazio,
sia pure inferiore al previsto
per il protrarsi della discussione su altri argomenti,
all’analisi dei «conti». Sicuramente è stata espressa una
soddisfazione per i risultati
raggiunti: infatti le contribuzioni delle chiese e le entrate provenienti dagli stabili
hanno confermato anche nel
1992 la tendenza a crescere.
Tuttavia gli aiuti esteri sono
fortemente diminuiti, gli stipendi pagati sono stati di poco superiori alle contribuzioni
raccolte dalle chiese, l’esposizione debitoria è aumentata.
Nel corso della Consultazione
di quest’anno si è discusso di
come raggiungere nuovamente il punto di equilibrio, cioè
il sostanziale pareggio tra le
contribuzioni delle chiese e le
spese complessive per il campo di lavoro. L’importanza di
questo obiettivo è data anche
dal fatto che gli aiuti dall’
estero sono diminuiti in modo
significativo negli ultimi cinque anni; ma soprattutto le risorse derivanti da un uso più
redditizio del patrimonio immobiliare non possono essere
usate come compensazione
per le esigenze del campo di
lavoro. Di fatto si è comun
que notato che le chiese metodiste, a fronte di una progressiva diminuzione dei
membri e della popolazione,
si sono veramente impegnate
negli ultimi anni (tant’è vero
che le contribuzioni sono in
costante aumento); già 1991
il punto di equilibrio venne
raggiunto, ma poi nel 1992 le
uscite hanno di nuovo superato le entrate; in prospettiva, a
parte i dovuti aggiustamenti
contabili e le indispensabili
razionalizzazioni amministrative, non sarà solo utile riuscire a capire quali siano i limiti contributivi delle varie
chiese, ma sarà anche necessario chiarire quali siano i
problemi e le falle della nostra testimonianza che non
sembra più adeguata ad impedire il lento declino di molte
comunità.
Declino che, tra l’altro, rischia di non poter sostenere il
miglioramento, proposto dal
Sinodo, del trattamento economico degli «operai (e operaie) del Signore». Il vero obbiettivo deve essere perciò
quello di rilanciare l’attività e
la vitalità delle chiese, senza
illudersi che otto per mille,
stabili ed estero tolgano finanziariamente le castagne
dal fuoco e senza farsi prendere dallo sconforto e dalla
tentazione di «lasciar perdere», pur di fronte alle difficoltà che tutti, chi più chi meno, ci troviamo di fronte nella
nostra quotidiana testimonianza di credenti.
Opere delle chiese metodiste
Diaconia e speranza
Alcune delle opere metodiste (complessivamente sono
dieci), fortemente impegnate
nell’azione sociale (dai minori» difficili» agli extracomunitari, agli anziani ecc.),
possono rischiare di chiudere,
in un futuro non troppo lontano. La loro chiusura non sarebbe soltanto una perdita per
la chiesa (fatto non particolarmente importante), ma potrebbe significare soprattutto una
sconfitta per tutti coloro che
hanno trovato e continuano a
trovare nelle nostre chiese
un’occasione concreta di aiuto
e solidarietà e di dibattito sulle opere metodiste.
Non solo perché nella tradizione metodista è avvertita la
coerenza tra messaggio e
azione (la diaconia non è
un’aggiunta della chiesa),
quanto piuttosto perché nella
sopravvivenza della nostra
diaconia si racchiude in realtà
il senso ultimo del nostro essere chiesa e della nostra testimonianza oggi in Italia. La
nostra società, è stato da più
parti rilevato, sta diventando,
anche se con molte contraddizioni, più efficiente e
competitiva il che non significa però automaticamente
una società più solidale e più
giusta. Anzi, in futuro ci riserverà una crescente domanda
di solidarietà perché il modello di sviluppo che stiamo imboccando imporrà stili di lavoro e di vita che di fatto allontanerà tutti coloro che non
saranno in grado di produrre
sempre di più e di essere continuamente vincenti.
Lo sviluppo tecnologico
non produrrà più, come acca
deva in passato, maggiore sviluppo economico e sociale ma
forse nuove aree di emarginazione e di nuovi poveri. In
questa situazione, nella quale
si dovrà rispondere ad una
maggiore domanda sociale (a
cui lo stato non potrà far fronte), la chiesa che cosa potrà
fare? Le possibilità sono due.
Può diventare, per dirla con il
pastore Aquilante, una chiesa
«di opinione» o una chiesa
«radicata». Diventare cioè una
chiesa di successo apprezzata
da un punto di vista intellettuale, forse ben frequentata
ma poco incisiva, poco riconosciuta, poco radicata nella
realtà e nella storia. Nel corso
del tempo, la presenza metodista in Italia è stata sempre
segnata da un binomio indivisibile; diaconia-comunità.
Tanto più forte è stato questo legame, tanto più radicata
è stata la nostra testimonianza. Fino al punto che molte
comunità sono sorte e si sono
costituite a seguito di una nostra iniziale attività diaconale,
in un mirabile intreccio tra
servizio e testimonianza. Questa tradizione (che è anche
teologia) deve essere recuperata: rivista nell’impostazione,
aggiornata, ma alla fine continuata. Questo mi sembra che
sia uscito chiaramente nel corso della Consultazione; nella
crisi, non solo economica, che
si sta vivendo oggi in Italia,
per le chiese metodiste e vaidesi si può aprire un capitolo
nuovo, per una nuova evangelizzazione e per ridare, a questa nazione, la dignità di una
moderna cultura della solidarietà.
4
PAG. 4 RIFORMA
UltKi». .
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 11 GIUGNO I993
In maggio una prima tornata di assemblee per le Chiese valdesi e metodiste. I circuiti hanno eletto i nuovi Consigli per il '93-94
Si sono discussi i problemi organizzativi e dell'evangelizzazione
Pubblichiamo una serie di brevi notizie sulle Assemblee di
circuito che si sono svolte nel mese di maggio. I Circuiti sono
organismi delle chiese valdesi e metodiste che hanno per compito ¡’analisi della situazione delle chiese locali e il coordinamento delle iniziative evengelistiche.
I Circuito
L’assemblea del 1° circuito
(vai Pellice) si è tenuta a
Rorà il 21 maggio. La relazione del Consiglio di circuito ha posto due problemi
all’attenzione delle chiese: la
predicazione e la presenza.
Nel più grande circuito per
numero di membri di chiesa è
difficile trovare persone disposte a frequentare corsi di
preparazione per diventare
«predicatori locali» e non c’è
alcun studente nei primi due
anni di corso della Facoltà di
teologia che provenga dalla
vai Pellice.
Diminuisce il peso specifico dei valdesi nella «valle
valdese». Le strategie per ovviare a questo sono, a parere
del Consiglio di circuito, tre:
ricompattamento, collaborazione e apertura.
Il ricompattamento è necessario perché i membri di
chiesa tendono a vedere il loro coinvolgimento solo all’interno di progetti specifici e
difficilmente percepiscono il
«progetto comune della chiesa».
La collaborazione tra i pastori, tra le varie attività a livello di circuito, è richiesta
per dare organicità al lavoro
delle chiese.
L’apertura è necessaria per
aumentare la presenza delle
chiese sul piano della testimonianza. Parte della pianura
saluzzese e pinerolese fanno
parte del territorio del Circuito: vi abitano molti valdesi
emigrati. Questo territorio
può essere oggetto di un’accresciuta presenza evangelistica.
La discussione dei 30 delegati presenti ha sostanzialmente condiviso le linee operative del Consiglio ed ha deciso di tenere in autunno un
incontro tra catechisti, monitori e pastori per approfondire
il problema della partecipazione dei bambini della scuola domenicale e dei catecumeni al culto. L’assemblea ha
poi chiesto alla Tavola e al
Servizio istruzione ed educazione della Fcei un aggiornamento del materiale catechetico
Il 1 ° circuito ha poi chiesto
alla Tavola l’affidamento di
un pastore che abbia come
compito la cura spirituale degli istituti e delle opere presenti nel circuito.
Infine il circuito ha chiesto
la nomina di una commissione per la presentazione della
storia e della fede dei valdesi
alle scuole nei comuni del 1°
circuito.
Al termine l’assemblea ha
eletto il sovrintendente,
Claudio Pasquet, e i membri
del Consiglio nelle persone di
Valeria Fusetti, Aldo Lausarot, Ruggero Marchetti e
Daniele Varese.
Il Circuito
L’Assemblea del II circuito
si è tenuta a Prarostino il 21
maggio. La relazione del
Consiglio, oltre a elencare le
attività svolte, rilevava come
le attività del circuito siano
state centrate sui pastori e che
nell’anno trascorso i temi
deH’ecumenismo. dell’impegno politico e sociale non siano stati affrontati.
Buona partecipazione nelle
chiese al rinato culto dell’
Ascensione, ricordata nel suo
giorno giusto e non accorpata
alla domenica. La colletta è
stata devoluta ai profughi I
dell’ex Jugoslavia.
Il lavoro catechetico necessita di un approfondimento
collettivo per quanto riguarda
i metodi utilizzati e il circuito
ha chiesto alla Commissione
esecutiva distrettuale di promuovere un incontro con gli
insegnanti evangelici delle
scuole medie per discutere il
problema.
Sempre per il lavoro giovanile il circuito ha chiesto
l’impegno di un animatore
giovanile.
Sono stati eletti nel Consiglio Klaus Langeneck, sovrintendente, Nora Balmas,
Ileana Lanfranco, Rina
Montaldo, Ruben Vinti.
Ili Circuito
Sono essenzialmente due
gli argomenti «forti» dell’Assemblea del 3° circuito discussi a Prali il 21 maggio
scorso: innanzitutto la collaborazione tra le chiese. Si sono auspicati maggiori contatti tra le scuole domenicali e
si è apprezzata la riorganizzazione del Concistoro che si
sta attuando a Perrero nel
senso del recupero della responsabilità territoriale di
ogni anziano, abbinata a
quella di uno dei settori di attività (scuola domenicale, corale, unione femminile ecc.).
L’Assemblea ha anche preso
visione del programma del
corso per predicatori locali
predisposto dall’apposita
commissione ritenendo che
pure questo possa essere occasione di collaborazione.
L’Assemblea del terzo circuito delle chiese valdesi della vai Germanasca si è occupata anche della difficile situazione occupazionale in
valle e specificatamente della
questione Manifattura di Perosa.
Ritenendo che il comunicato congiunto col Consiglio
pastorale della parrocchia di
San. Genesio di Perosa Argentina (vedi L’Eco delle valli valdesi n. 21 pag. I) rappresentasse una soluzione di
compromesso l’Assemblea
ha precisato il suo pensiero
approvando il seguente ordine del giorno: «L’assemblea
del terzo circuito, a conoscenza della grave crisi occupazionale che colpisce i lavoratori della valle, fa propria
la lettera ai giornali elaborata
per iniziativa di un gruppo di
sorelle e fratelli cattolici e
valdesi; rileva che l’elenco
delle aziende di cui si afferma che non assicurano un
trattamento dignitoso alle
persone impiegate è lungi
dall’essere completo e che la
conservazione dei posti di lavoro in valle, già varie volte
messa in forse, diventa sempre più problematica; impegna il Consiglio di circuito a
mantenere desta l’attenzione
delle chiese a questo problema, che non può essere estraneo alle loro preoccupazioni».
Infine l’Assemblea ha destinato l’avanzo delle collette
delle scuole domenicali raccolte lo scorso anno al Centro «La Noce» di Palermo,
con la detrazione di una quota di 200.0(X) lire che rappresenta l’adozione di un bambino extracomunitario per una
settimana a un campo che si
terrà a Riclaretto in agosto,
organizzato da Claudio Canal. All’unanimità è stato riconfermato il Consiglio di
circuito: Lucilla Peyrot, so
■
vrintendente; Flavio Micol,
Dario Richard, Nella Tron,
Liliana Viglielmo, membri.
IV Circuito
La questione dominante
dell’assemblea del IV circuito, che si è tenuta a Coazze il
22 maggio, è stata la proposta di revisione della circoscrizione territoriale (secondo l’atto sinodale n. 26
deH’anno scorso) che il Consiglio ha avanzato dopo aver
consultato le diverse chiese.
Secondo questa ipotesi
dall’attuale unico circuito ne
sarebbero dovuti nascere
due: uno facente capo alla
chiesa di Torino con quelle
di Susa e Coazze (ed eventualmente Piossasco che ora
fa parte del II Circuito, cioè
quello di Pinerolo), l’altro a
raccogliere le chiese, più
omogenee, di Aosta, Ivrea,
Biella, Chivasso (ed eventualmente Vercelli e Vintebbio). Secondo il Consiglio di
circuito questa suddivisione
avrebbe consentito al primo
gruppo di chiese di proseguire l’opera di collaborazione e
coordinamento, già iniziata
da anni non soltanto tra loro
ma anche con le chiese battiste presenti numerose nella
zona, e al secondo gruppo di
chiese di iniziare una collaborazione di cui si sente la
necessità ma che non si è riusciti finora ad avviare.
La discussione è stata lunga, approfondita e discorde;
infatti la proposta non è stata
approvata per un voto. I contrari affermavano che l’attuale situazione del circuito non
impedisce una collaborazione
più stretta tra le chiese più vicine (infatti l’esperienza di
Torino, Susa e Coazze è iniziata con questa circoscrizione territoriale), i favorevoli
ritenevano che la suddivisione, oltre che essere più razionale, darebbe la spinta per
iniziare una maggior integrazione di chiese non proprio
vicine ma omogenee. Comunque, l’intera questione
sarà affrontata anche in sede
di Conferenza distrettuale.
Nell’assemblea si è parlato
anche di una maggior collaborazione, a livello di scuole
domenicali e catechismo, con
le chiese battiste (era presente il pastore Giuseppe Morlacchetti per l’Assemblea regionale battista) e con il settimanale Riforma, e si è ascoltata una breve informazione
sull’Ospedale valdese di Torino a cura del pastore Alberto Taccia. Alla fine è stato
eletto il nuovo Consiglio di
circuito: Cesare Milaneschi
sovrintendente. Cinzia Carugati, Gino Lusso, Victoria Munsey e Silvano Pons
membri.
VI Circuito
Il VI circuito ha tenuto la
sua Assemblea a Bergamo sabato 15 maggio. Oltre alla
consueta valutazione sulle at
tività delle chiese e al diabttito sulla funzione di questa
struttura, si è avuto un ampio
resoconto della chiesa di
Omegna circa il proprio impegno a favore delle poplazioni dell’ex Jugoslavia.
Parzialmente rinnovato il
Consiglio. Sono stati confermati Patrizia Bertesi, Davide Giannoni e Marco Rossi.
Il sovrintendente Pino Bernardini ha chiesto di non essere rieletto; al suo posto è
stato nominato Paolo Bogo.
Anche Roberto Bellini si è
presentato dimissionario; al
suo posto è stato eletto Ennio
Del Priore.
VII Circuito
Si è svolta a Trieste, presso
la chiesa metodista, domenica
16 maggio l’assemblea del
VII circuito, in cui si è esaminata la vita delle chiese. Ci si
è fra l’altro rallegrati dell’impegno delle comunità e dei
gruppi giovanili a favore
dell’ex Jugoslavia.
Al termine dei lavori è stato riconfermato il Consiglio
di circuito uscente nelle persone di Emanuele Menegon,
Cristian Pradolin, Massimo
Zidarich, Clara Cozzi,
membri, e di Eugenio Stretti, sovrintendente.
E stato programmato un incontro per monitori giovanili
delle chiese del Nord-Est, che
si svolgerà a Tramonti di Sopra nei giorni 11-12 settembre, con animazione biblica a
cura dei pastori Eugenio
Stretti e Carmine Bianchi.
Per informazioni: past. Stretti
(041-5227549), Centro «Menegon» - Tramonti di Sopra
(0427-869087).
XV Circuito
Domenica 16 maggio si è
svolta a Reggio Calabria l’assefhblea del XV circuito. Erano presenti 22 delegati in rappresentanza di tutte le chiese
del circuito. Il culto è stato
presieduto dal candidato Bruno Gabrielli che ha predicato
sul testo di Genesi 11.
La discussione è stata molto interessante, sia in merito
alla relazione presentata dal
Consiglio di circuito, sia per
quanto concerne gli altri punti all’ordine del giorno.
L’as.semblea ha poi provveduto al rinnovo degli incarichi: per il comitato di Bethel
sono stati eletti Beatrice
Grill, Maria Matarese, Iva
Russo. Per il comitato di
Guardia Piemontese Marco
Presta e Mario Greganin.
11 nuovo Consiglio di circuito risulta così composto:
Teodora Tosatti, sovrintendente; Furio Crucitti, Maria
Matarese e Beniamino Viapiana consiglieri.
XVI Circuito
Domenica 16 maggio si è
svolta, nel tempio valdese di
Vittoria, l’assemblea delle
chiese del XVI circuito. La
relazione del Consiglio ha
esposto il lavoro di quest’anno, relativo ai mandati ricevuti da parte dell’assemblea
autunnale su tre temi principali: giovani, immigrati, ecumenismo.
Riguardo ai giovani, purtroppo, due ordini del giorno
votati in autunno non hanno
avuto riscontro: la Tavola
non ha potuto rispondere alla
richiesta di un animatore giovanile a tempo pieno; inoltre
non è stato possibile trovare
due pastori disponibili ad assumere l’incarico di collaboratore con la Fgei regionale
per creare una rete capillare
di gruppi giovanili.
Malgrado ciò si è registrata
la nascita di due gruppi giovanili a Palermo-Noce e a
Agrigento.
Sul problema degli immigrati è stato organizzato un
convegno a Palermo. Per
quanto riguarda l’ecumenismo, la Commissione per i
rapporti ecumenici ha costituito un rapporto organico
con la Commissione della
Conferenza episcopale siciliana.
Quest’anno le due commissioni si sono incontrate, ma è
stato programmato un convegno di studio che avrà luogo
a Messina il 22-23 giugno
sulle chiese valdesi, metodiste e battiste e sulle chiese
pentecostali, organizzato
dall’arcidiocesi di Messina in
collaborazione con la commissione del XVI circuito.
La relazione della Commissione per il Mezzogiorno ha
esposto il piano che intende
sviluppare in Sicilia: una serie di piccoli convegni decentrati per stimolare le chiese
sulla questione meridionale.
Le chiese stesse, poi, dovranno presentare alla commissione una serie di richieste precise.
Le relazioni delle chiese
all’Assemblea del circuito
hanno fatto tutte riferimento a
un periodo di stasi, di stanchezza, delle comunità per
motivi vari. In qualche caso
alcune attività che portano un
elemento di novità e che hanno dato dei risultati incoraggianti tra i giovani sono, da
parte delle chiese, motivo di
resistenza a favore del vecchio.
Motivo di animata discussione sono stati i cambi pastorali o la partenza di pastori
senza un sostituto.
Al riguardo, l’argomento
«campo di lavoro» in Sicilia
ha assorbito molto tempo e
gli animi erano sensibilmente
preoccupati: la comunità metodista di Scicli resterà senza
pastore come pure le due comunità valdesi di Agrigento e
Grotte (a queste si devono aggiungere anche le quattro comunità battiste che hanno attualmente un solo pastore).
Significativo è parso a tutta
l’assemblea l’intervento del
past. Platone che ha invitato
il nuovo Consiglio di circuito
a definire, in un prossimo futuro, un «progetto Sicilia» da
verificare con la Ced e la Tavola «per evitare soluzioni
tampone e meglio comprendere e quindi condividere il
progetto di presenza e di testimonianza delle nostre chiese in quest’isola».
Per quanto riguarda l’elezione del Consiglio di circuito c’è stato qualche elemento
di novità.
L’assemblea ha votato come nuovo sovrintendente la
pastora Laura Leone.
Un saluto affettuoso è stato
rivolto alla coppia pastorale
Hobbins-Benecchi e al pastore La Torre, che lasciano
l’Italia per svolgere in altri
paesi il moro ministero.
Chiesa battista di Gravina
Sette battesimi
ELIZABETH GREEN
A Gravina, in Puglia, in un
tempio gremito di fratelli e
sorelle, familiari, amici e
simpatizzanti, hanno dato testimonianza della loro fede in
Cristo Gesù mediante il battesimo sette giovani: Nicola
Battista, Angela Cataldi, Arcangela Guida, Francesco
Leone, Silvia Leone, Rossella
Santamaria e Cinzia Tarantino. 11 culto battesimale tenuto
il 30 maggio, giorno della
Pentecoste, è stato preceduto
da due conferenze serali tenute dal pastore Salvatore Rapisarda, segretario del Dipartimento di teologia deH’Unione battista. Nella prima, «Una
fede per vivere», il pastore
Rapi sarda ha spronato i presenti ad approfondire la fede
attraverso un rinnovato impegno diaconale pubblico e politico, di cui il nostro paese
ha tanto bisogno. Nella seconda, alcuni capisaldi della
Riforma come il Sola grada,
il Sola scriptura, il sacerdozio dei credenti, sono stati
rivisitati e proposti come «talenti da investire», parte
dell’eredità evangelica che
siamo chiamati ad amministrare. Le conferenze hanno
saputo coniugare una fede viva nutrita dalla comunione
con Cristo nella chiesa, con
un impegno responsabile nella società (vari i riferimenti a
M. L. King, la cui figura è
stata richiamata anche dai
canti ritmati proposti dal pastore). Il pubblico è stato attento e il dibattito vivace. La
sera del sabato si è conclusa
con un rinfresco offerto dai
battezzandi alla comunità.
Alle conferenze e al culto
hanno partecipato fratelli e
sorelle della Chiesa avventista di Gravina e delle chiese
battiste di Altamura, Catania,
Conversano, Matera, Mottola
e Santeramo. Ringraziamo il
Signore per il cammino fatto
da ciascuno e ciascuna che
nelle acque battesimali ha
confessato la sua fede in Cristo e preghiamo affinché conoscano la potenza dello Spirito Santo nella loro vita.
5
\/ENERDÌ 11 GIUGNO 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
Pentecoste di festa nelle chiese battiste di Milano
Nove nuovi battesimi
liturgie diverse^ una sola fede
PAOLO 8PANU
Giornata memorabile
quella di domenica 30
maggio per la Chiesa battista
di Milano-Pinamonte. Pentecoste è stata rivissuta nella
gioia non solo neH’ascolto
della Parola fatta dal giovane
Alessandro Spanu e dall’anziano Renato Solimeno, ma
anche nell’intensa comunione fraterna che ha coinvolto
circa duecento persone e un
numero notevole di bambini.
Il culto è stato organizzato
e realizzato dal gruppo dei
giovani di questa chiesa e di
quella di Bollate con la partecipazione della corale italiana e di quella cinese.
Il momento più commovente e toccante, non solo
per i membri abituali della
chiesa ma anche per i numerosi ospiti, è stato quando il
pastore Paolo Spanu ha associato la circostanza della presenza di tante persone di diversa lingua e nazionalità
con la confessione di fede
battesimale che stava per essere resa da nove persone.
Erano presenti, oltre i
membri della comunità cristiana cinese, persone di nazionalità romena, latinoamericana, olandese, americana,
tedesca e francese. Di questi,
la gran parte sono abituali
frequentatori della nostra
chiesa mentre altri, parenti,
amici e conoscenti, erano in
visita occasionale.
Il battesimo, amministrato
secondo la comprensione
Il pastore Wong e l’anziano Solimeno amministrano ii battesimo a
una delie ragazze deiia comunità di Taiwan
battista di quello apostolico,
dopo confessione di fede e
per immersione, è stato il
momento più toccante; le testimonianze di alcuni catecumeni, prima di scendere nelle
acque battesimali, hanno
messo in luce la straordinaria
e ricca azione dello Spirito,
che ha condotto a questo passo per le vie più diverse
quanti stavano per accogliere
l’invito a morire con Cristo
per camminare «in novità di
vita».
Sono stati immerse nelle
acque battesimali, dall’anziano Solimeno e dal pastore
Wong, Lee-Hsiao-Ching,
Lin-Hsin-I (ambedue ragazze
della comunità di Taiwan),
Lea Capurso, Maria Pia Peloso, Fiamma Tinelli, Giovanna Tonino, Alessandro
Curro, Heinrich Doer (tedesco) e Florian Sarba (romeno). Quattro dei battezzati
provengono dalle file del
gruppo giovanile di questa
chiesa e di Bollate, il che segnala vistosamente l’impegno di testimonianza dei nostri giovani.
Quando, verso la conclusione del culto, tutti i presenti hanno accolto i nuovi discepoli e le nuove discepole
di Cristo intorno alla mensa
del Signore presieduta dal
fratello Giovanni Castellano,
la memoria delle narrazioni
di Atti ci ha presi nel profondo delle coscienze e allora la
commemorazione è stata
molto di più di un semplice
ricordo: l’esperienza della
realtà di Pentecoste oggi come allora.
Conferenza del pastore Giorgio Bouchard a Mortola
Bibbia e impegno politico
______DOMENICO D’ELIA___
Si è tenuta a Mottola (Ta),
mercoledì 19 maggio, nella locale chiesa battista, una
riuscitissima e seguitissima
conferenza del pastore Giorgio Bouchard, presidente della
Federazione delle chiese
evangeliche in Italia (Fcei), su
«Fede biblica ed impegno politico dei credenti nell’Italia
della svolta».
Il tema è stato magistralmente introdotto dal prof.
Paolo Giannuzzi, docente di
filosofia, ex e indimenticabile
sindaco della cittadina ionica,
per essere stato a capo di una
delle migliori amministrazioni
(dal ’75 all’80) che, oltre alla
indubbia capacità gestionale e
progettuale ha saputo, come
ha ricordato il pastore Massimo Aprile durante la presentazione dei relatori, «fare cultura».
La serata inoltre ha avuto il
piacere della presenza e
dell’intervento del neoeletto
sindaco di Mottola, Diego Ludovico, che ha portato la propria recente esperienza di amministratore della cosa pubblica arricchendo in tal modo il
dibattito con spunti tratti dalla
realtà quotidiana.
Il prof. Giannuzzi ha sottolineato nel suo intervento l’im
Hai fatto
l’abbonamento
RIFORMAr
portanza che ha per i credenti
l’impegno politico. «Non si
può delegare - ha detto - come è stato fatto sino al recente
passato, il proprio impegno di
credente a degli uomini e soprattutto a dei partiti. Né tantomeno si può ancora pensare
di inquadrare i credenti tutti in
un unico partito come la Democrazia cristiana, che ha preteso di avere il monopolio di
guida ed essere interprete dei
cattolici in politica. Oggi la
mutata situazione impone un
nuovo coinvolgimento nel politico e nel sociale dei credenti, i quali dovranno finalmente
far emergere nel loro impegno
quelle tensioni ideali di giustizia sociale che sono alla base
dell’Evangelo».
Ha fatto seguito l’intervento
del neosindaco, dott. Ludovico, che brevemente ha tenuto
a precisare le difficoltà che insorgono quando il credente
deve passare dalla teoria alla
pratica, dalla tensione ideale
alla concretezza delle scelte
amministrative che spesso non
sono foriere di consenso e popolarità.
Nel suo intervento il past.
Giorgio Bouchard ha sottolineato il pessimismo dei due
oratori precedenti, a testimonianza della profonda crisi che
attanaglia la nostra classe politica. Tuttavia ha tenuto a ribadire il coinvolgimento di
tutti nel fallimento del «sistema Italia»: «Corrotti e ladri i
politici, certo; ma anche gli
imprenditori!». Al contrario
del direttore di Repubblica,
Eugenio Scalfari, Bouchard
non intravede una classe im
prenditoriale pulita ed onesta
che è stata costretta dai politici al sistema delle tangenti.
Detto ciò, il presidente della
Fcei ha sviluppato la sua analisi sull’attuale situazione del
nostro paese, articolandola in
quattro punti: il fallimento
dell’opzione cattolica, il ridimensionamento della posizione della sinistra, l’aristocraticismo della posizione laica,
l’inaccettabilità della posizione leghista. In questa carrellata Bouchard ha sprigionato
tutta la sua verve, elencando
fatti, personaggi, eventi storici
passati ed episodi di recente
attualità, coinvolgendo i presenti in un’appassionata riflessione. Bouchard ha terminato
rimarcando con forza la presenza di Dio nelle scelte dei
credenti, anche in un campo
difficile come quello politico.
La serata è proseguita con un
lungo e articolato dibattito tra
relatori e presenti, che è andato avanti per quasi due ore.
È doveroso sottolineare il
carattere memorabile della serata sia per la partecipazione
massiccia di membri di chiesa, amici e conoscenti, sia per
la bravura dei relatori, sia per
il ricco dibattito che ne è scaturito.
Un grazie, infine, al pastore
Massimo Aprile, che con questa serata si è idealmente congedato dalla comunità (tra un
mese ci lascerà per continuare
il suo ministero nella Chiesa
battista di via Foria, a Napoli),
per quanto ha saputo trasmetterci in questi otto anni di ministero pastorale a Mottola.
Conversano
Solidarietà
con le donne
MARIA SECCI ARCIDIACONO
L9 Unione femminile battista, per il consueto incontro mensile del 20 maggio,
ha incontrato la pastora Elizabeth Green della chiesa di
Gravina e la predicatrice locale Julia Campos della Chiesa
valdese di Montevideo in
Uruguay, responsabile per
l’America Latina del decennio ecumenico di solidarietà
con le donne. La predicatrice
ci ha informate sulle condizioni di vita in Uruguay e in
particolare sulla condizione
femminile, in un ambiente così difficile e alle prese con
gravi problemi di mentalità
arretrata e di povertà. Sono
state proiettate delle diapositive che ci hanno illustrato meglio la situazione delle donne
uruguaiane: come vivono e
come lavorano portando da
sole tutto il peso della famiglia. Donne ancora giovani
ma invecchiate dal lavoro e
dalle gravidanze; donne sole,
che hanno bisogno di parlare
con qualcuno e di condividere
i loro problemi.Successivamente la pastora Green ci ha
presentato il suo libro «Dal silenzio alla Parola», spiegandoci il senso di questa pubblicazione, che racconta le storie
di vita e di fede delle donne
dell’Antico Testamento. Donne sconosciute, «invisibili»,
che spesso agiscono in favore
della giustizia e della pace.
Questo libro vuole rendere
tutte le donne un po’ più visibili e presenti, come esempi e
modelli che ci possono ispirare a vedere, a raccontare e a
vivere le nostre storie, alla
presenza di Dio che ci unisce.
Aosta
Triangolo
riformato
Nell’ambito dell’iniziativa
«Il triangolo dell’amicizia»
che unisce le città di Aosta
(quest’anno ospitante), Martigny (Svizzera) e Chamonix
(Francia) la Chiesa valdese di
Aosta, in collaborazione con
il Segretariato attività ecumeniche (Sae) ha organizzato
sabato 22 maggio una manifestazione nella Saletta della
Regione Valle d’Aosta in cui
il pastore Romussi ha parlato
della presenza valdese in Italia e ha presentato una mostra
documentaria sullo stesso tema.
Il giorno dopo, nel Salone
della Regione, si è tenuto il
culto pubblico con la partecipazione dei pastori Romussi,
Lavanchy (della Chiesa riformata vailese di Martigny) e
Meuret (della Chiesa riformata di Francia di Chamonix).
Nel pomeriggio, dopo l’agape
fraterna tenutasi nel cortile
della foresteria valdese, i pastori delle tre comunità hanno
presentato le loro chiese. La
corale valdese ha allietato il
programma con dei canti.
PROTESTANTESIMO
IN TV
Lunedì 14 >
ore 9,30-RaiBue
Attualità evangelica
N.B,i la trasmissione di Protestantesimo, per motivi connessi alla prògramntazione di Raidue andrà in
onda solamente lunedì 14 giugno
'alle ore 9,30 e riprenderà la normale programmazione domenica
27 giugmi.';‘ /'
BOBBIO PELLICE — Domenica 16 maggio si è svolta l’annuale festa delle scuole domenicali del 1° circuito che coincide con la fine delle attività. Il tempio era gremito in occasione del culto durante il quale i bambini hanno recitato e
cantato e Massimo Long ha tenuto una breve meditazione.
Dopo il pranzo al sacco consumato nel prato attiguo al
Tempio, la giornata è proseguita con alcuni giochi e la rappresentazione di alcune scenette bibliche nei prati di Sibaud, gentilmente concessi.
• L’assemblea di chiesa del 23 maggio ha eletto come deputati alla conferenza distrettuale Emilio Gönnet, Gabriella
Negrin e Giovanna Charbonnier. Per il sinodo sono stati
invece eletti Andrea Melli e Speranza Mondon; in quest’ultimo caso il numero dei deputati è raddoppiato rispetto
agli ultimi anni poiché il numero di membri comunicanti ha
superato le 500 unità. Nel corso della medesima assemblea
sono stati eletti per il terzo quinquennio i seguenti anziani:
Laura Collet, Osvaldo Davit e Renata Negrin Poet.
ANGROGNA — Sabato 29 maggio, sotto uno splendido sole,
sono saliti a Pradeltomo Sabina Di Bernardini e Andrea
Bertin che hanno lì celebrato il loro matrimonio, circondati
dalla presenza affettuosa dei loro cari e di tanti amici. Questo matrimonio ha significato un po’ anche una sorta di
«gemellaggio» tra le chiese di Angrogna e di Forano Sabina, da cui proviene la sposa, il cui nome non è perciò casuale. A Sabina e Andrea, che vivranno al Prassuit, portando in
questo modo al nostro Comune e alla nostra comunità un
soffio di gioventù di cui c’è tanto bisogno, va il nostro affetto e la nostra preghiera al Signore perché voglia benedirli
e assisterli sempre con la forza del suo amore.
• In questi giorni la casa di Claudio Amoul e di Ivana Baret,
due giovani sposi che vivono al Serre, è stata allietata dalla
nascita della loro primogenita Manuela. Alla neomamma e
al neopapà le congratulazioni e il pensiero di tutti noi.
• Nei giorni scorsi, nel tempio di Torre Pellice, il pastore ha
presieduto il servizio funebre per Margherita Besson Angeleri, della nostra chiesa, mancata all’età di 80 anni presso
l’Asilo di San Giovanni dove era ricoverata da alcuni mesi.
Siamo vicini, nella speranza della risurrezione, a suo marito
e alla figlia Francesca.
PORTICI (NA) — Durante tutto il mese di maggio le donne
della chiesa metodista di Portici hanno partecipato in maniera singolare alla preparazione e alla celebrazione del culto. Animate dal desiderio di rendere più visibile la presenza
femminile nella comunità, e sostenute dalla pastora Amy
Visco, si sono occupate della parte liturgica di ciascun culto: ogni domenica le letture bibliche riguardavano figure
femminili, la cui vicenda veniva presentata alla comunità.
Infine, poi, la stessa donna che aveva preparato la liturgia
veniva «presentata» alla chiesa.
L’iniziativa si è conclusa il 30 maggio, con il culto di Pentecoste, durante il quale si è celebrata la confermazione di
tre catecumeni.
TORRE PELLICE — Una piacevolissima serata di canti provenienti da molti paesi si è svolta sabato 29 maggio. «Ninna
nanna per i bambini del mondo» era il titolo del concerto
che con simpatica vivacità il coretto dei piccoli, coadiuvato
dalla corale e dal coretto dei grandi, ha offerto a un folto
pubblico. Il caldo applauso di quest’ultimo ha detto un sentito grazie ai cantori e a chi, con impegno notevole, ha seguito la loro preparazione.
• Domenica 30, durante il culto di Pentecoste, due sorelle,
Pasqualina Gentile Ascolesi e Katia Agli, sono entrate a
far parte della nostra comunità. È con gioia e con riconoscenza al Signore che continueremo con loro il nostro cammino di credenti.
• Sabato 29 maggio è stato celebrato il matrimonio di Grazia Maritano e Giovanni Pignata e quello di Rossana
Danna e Roberto Davit. Gli auguri sinceri della comunità
vanno a queste due nuove famiglie.
• L’Evangelo della resurrezione è stato annunziato in occasione dei funerali di Filippo Scroppo e di Daniele Adolfo
Armand Hugon.
POMARETTO — La comunità si rallegra con Silvano Morello e Luisella Leger per la nascita di Mattia, a cui dice il suo
benvenuto.
VILLASECCA — L’Unione femminile ha vissuto settimane
di intensa attività in tutto il mese di maggio e nella prima
decade di giugno. Oltre che per la preparazione e la valutazione dei risultati del bazar, le nostre sorelle si sono riunite
per incontrare Julia Campos, che ha illustrato il suo lavoro
nelle chiese del Rio de la Piata, e si sono recate in visita
all’Asilo dei vecchi di San Germano. A conclusione della
sua attività l’Unione si è ritrovata a Salza per un pranzo insieme ai mariti e agli amici.
• Il bazar è stato ben frequentato, ha registrato un buon incasso permettendo così di integrare con una cifra incoraggiante il monte fondi accantonati per restauri al vecchio
tempio di Villasecca. Un’apprezzata novità è stata quella
della partecipazione a questo momento di incontro dei bambini della scuola domenicale e della corale con alcuni canti.
Con questo contributo alla giornata del bazar anche queste
due attività si sono chiuse. La scuola domenicale aveva
avuto la sua gita annuale a Bovile, insieme alle scuole domenicali vicine, trascorrendo nella gioia la domenica 23
giugno. La corale si ritroverà ancora per un’agape fraterna a
cui sono invitati anche i non coralisti la sera del 19 giugno,
nei locali comunitari dei Chiotti.
• L’assemblea di chiesa di conclusione delle attività, che ha
avuto luogo il 16 maggio, ha approvato la relazione morale
del Concistoro e ha eletto i deputati alla Conferenza distrettuale nelle persone di Maria Bounous e Rina Menusan.
Al Sinodo saremo rappresentati da Liliana Viglielmo.
• I catecumeni hanno concluso la loro attività con rincontro
con il Concistoro sabato 15 maggio; quelli di IV anno hanno tenuto il culto ai Chiotti domenica 23 maggio. Ci auguriamo che questa esperienza possa essere ripetuta in futuro.
• Con una buona partecipazione sono ripresi i culti a Combagarino.
6
PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della
VENERDÌ 11 GIUGNO 1993
FUORI DA
OGNI COMPROMESSO
SERGIO AQUILANTE
E indubbiamente valida, in
questa nostra situazione
di crisi profonda, la proposta
di un modello etico protestante, come contributo alla ricerca di una soluzione dei difficili problemi del paese. Mi
chiedo però se, per noi cristiani evangelici, una possibilità concreta di intervento
nella società debba essere solo sul terreno dell’etica.
A me pare che possiamo e
dobbiamo andare oltre, e cioè
che il nostro terreno sia in
primo luogo quello religioso,
mettendoci sul quale siamo in
grado di elaborare una proposta che preceda il progetto
dell’etica e che, a mio avviso,
è ancora più urgente.
Cerco di ragionare, per un
istante, sulla religione in Italia. Mi imbatto subito con il
processo della progressiva
diffusione del cristianesimo
nella forma «latina» (gradualmente egemonizzata dalla
«ortodossia romana») tra le
popolazioni italiane: sia tra
quelle già residenti, e sia tra
quelle arrivate in seguito alle
invasioni barbariche. All’interno delle prime, anche dopo
la «conversione» al cristianesimo, sopravvivevano legami
con i vecchi culti e qua e là
anche la «serva indovina».
Essa non si lascia sfuggire
l’occasione di mostrare la sua
bravura: fa oggetto di una sua
rivelazione Paolo e i suoi collaboratori, dichiarando che
sono messaggeri di Dio, predicatori della salvezza. Questa «rivelazione», valutata in
una certa ottica, avrebbe potuto essere di aiuto per la costruzione del consenso intorno all’Evangelo, per la diffusione del cristianesimo a Filippi. Ma Paolo la rifiuta.
Egli scorge dietro la donna e
la sua dichiarazione, oltre alla
presenza di «potenze demoniache» (le quali tendono ad
esercitare il loro potere proprio su quelli che dicono di
conoscere), tutta la religiosità
della gente di Filippi. E non
vuole saperne né di confessioni a favore suo e dei suoi
da parte di potenze demoniache, né del sostegno da parte
della religione del luogo.
Paolo scarta ogni possibilità di scambio, di compromesso. Alla religiosità di Filippi contrappone una alternativa di fondo: l’Evangelo di
Gesù. E questa è la sua «via
di evangelizzazione». In Italia viceversa sembra che, a un
dato momento, le cose siano
«E avvenne, come andavamo al luogo d’orazione, che incontrammo una certa serva, che aveva
uno spirito indovino, e con Vindovinare procacciava molto guadagno ai suoi padroni. Costei messasi
a seguir Paolo e noi, gridava: Questi uomini sono
servitori dell’Iddio altissimo, e vi annunziano la via
della salvezza. Così fece per molti giorni; ma essendone Paolo annoiato, si voltò e disse allo spirito: Io
ti comando, nel nome di Gesù Cristo, che tu esca
da costei. Ed esso uscì in quell’istante».
(Atti 16,16-18)
affioravano antiche credenze,
specie del mondo contadino.
All’interno delle seconde ampi strati avevano conservato
ie loro tradizioni «pagane» ed
altri, pur professando un cristianesimo nella forma ariana, continuavano a dare segnali non sporadici di «idolatria»: «Se i re avevano scelto
il cristianesimo... i loro popoli non trascuravano di adorare, per esempio, le vipere»'
Quale evangelizzazione?
Quale «via di evangelizzazione», dunque? Mi
piace partire da quella che seguì Paolo a Filippi, la colonia
romana in Macedonia, nel
racconto che ce ne fa il libro
degli Atti, al capitolo 16 dal
versetto 11 al 18.
Molto in sintesi: sulla strada che conduce a un luogo di
culto «fuori porta» avviene
tutta una serie di incontri con
una serva dotata di uno «spirito indovino», che Luca
chiama «Pitone»: il serpente
nel quale, secondo le tradizioni religiose della zona,
«prendeva corpo l’oracolo di
Delfi, l’antico spirito terreno
di Apollo»". A Filippi vive la
credenza, profondamente radicata, che certi uomini e certe donne, realizzando un rapporto particolare col «mondo
invisibile», posseggano il dono di presagire il futuro e
svelare, palesare le cose nascoste del presente.
Alla categoria di queste
persone speciali appartiene
andate in altra direzione. È
vero che il problema è complesso (peraltro la documentazione non abbonda), ma un
dato emerge con chiarezza: a
un certo punto il criterio fu di
chiedere il «minimo», di agire con un «sapiente gradualismo»’. Gregorio Magno, per
esempio, sosteneva che era
«impossibile liberare le
“menti ottuse” (degli idolatri)
da tutti gli errori contemporaneamente, giacché non può
portarsi in alto con un balzo
chi sale un monte passo per
passo». Questa idea, commenta Giovanni Miccoli,
«sembra costituire un criterio
costante nell’azione pastorale
e di conversione condotta
dalle gerarchie ecclesiastiche.
Sarebbe assurdo non riconoscere che da strumento tattico-pedagogico tale idea si
trasformò ben presto in un
modo di essere e di agire
connaturato al tipo di presenza, ecclesiastica e religiosa
nella societ໓.
Insomma si può ravvisare,
in questo periodo, la «disponibilità di uomini di non piccolo peso nel mondo ecclesiastico a pensare la diffusione e la penetrazione sociale
del cristianesimo in termini
di precettistica minimale e di
compromesso»’. Il fatto però
che noi dobbiamo considerare, e con serietà, è che un cristianesimo predicato e vissuto in questo modo non fu
tranquillamente accettato da
tutti. Ci fu per esempio la
reazione del monacheSimo, il
quale rivendicò di essere in
pratica l’unico depositario e
prosecutore dell’autentico
messaggio cristiano, e l’unico
a realizzare una vita cristiana
piena. In questa raffigurazione, fuori dalle «mura» del
convento, fuori dai «recinti»
del chiostro, non poteva esserci che «un’ombra di cristianità».
L’assunzione del criterio di
precettistica minimale e di
compromesso, a livello delle
masse, porta allora alla distinzione tra un cristianesimo
completo e un cristianesimo
parziale, tra un cristianesimo
dei precetti ed uno dei consigli di perfezione, tra un cristianesimo pulito e uno inquinato, tra un cristianesimo «alto» e uno «basso», e così via
dicendo. La religiosità che si
è radicata nel nostro paese assume man mano una fisionomia segnata particolarmente
da questi tratti.
Dico «particolarmente»
perché com’è noto questi tratti non sono i soli: ci sono anche quelli prodotti, per esempio, dalla predicazione, la testimonianza e le battaglie dei
valdesi; dalle radicalizzazioni
delle esperienze benedettine e
francescane; dalle vicende
dei fraticelli e dei celestini;
dai vari gruppi riformatori del
’500 e dai movimenti di risveglio dell’8-900; dai percorsi di novità sul piano della
ricerca teologica e su quello
della comunità; dalle molteplici opere di carità e le numerose iniziative ecumeniche, ecc.
Ma l’influenza di queste
storie e di queste esperienze,
di queste vicende di questi
percorsi, mi sembra di poter
dire che sia stato e sia, in sostanza, «minoritario»; per cui
i tratti affermatisi in estensione e, per non pochi aspetti
pure in profondità, sono in
definitiva gli altri. E non
mancano le conferme.
Il compromesso cattolico
Giuseppe De Rosa, verso
la fine degli anni ’70,
parla di una «diversa maniera
di concepire e vivere la religione»: la maniera di chi,
avendo avuto una «formazione cristiana più approfondita»
tende a «una forma di religione più interiore, perciò più
nutrita di preghiera personale,
di ascolto e di meditazione
della parola di Dio, di una più
intensa partecipazione ai sacramenti e alla liturgia», e la
maniera di chi, avendo ricevuto «una formazione solo
elementare, o addirittura nessuna, tende ad esprimere il
proprio sentimento religioso
e, più propriamente, la propria fede in una forma di cristianesimo in cui c’è una prevalenza di riti esterni, con il
pericolo di ridurre tutto ad essi »A
In un libro stampato nel
1989 per iniziativa della Facoltà teologica siciliana c’è
un saggio in cui si richiamano le «apparizioni, le rivelazioni, le effusioni di sangue,
guarigioni, profezie». L’autore, Pietro Schiavone, specifica che la Chiesa cattolica non
è «un’accolita di sensitivi e di
emotivi in spasmodica ricerca
del miracoloso e del sensazionale», ma aggiunge che
«non tocca a noi formulare
giudizi di valore... dare consigli al buon Dio sull’opportunità delle apparizioni e sulla
loro frequenza»".
La sensazione è quella di
trovarsi ancora di fronte allo
sforzo plurisecolare di mettere insieme cose diverse: ad
un compromesso ricorrente.
E questa sensazione mi viene
rafforzata da una tesi di Gianni Vattimo, sostenuta in una
conferenza a Torino nel febbraio scorso, e citata da Elena
Bein Ricco nella sua relazione al convegno Fcei di Ecumene (marzo 1993): «Il nostro futuro - è stata la tesi di
Vattimo - può trarre nuovo
vigore dai popoli latini e dalla loro cultura più flessibile,
data la capacità del cattolicesimo a vivere sulle mediazioni e i compromessi».
Non si tratta di dispute
astratte, perché «le scelte religiose individuali, come pure i
movimenti e i gruppi organizzati che a motivi e a giustificazioni religiosi si richiamano, hanno una loro oggettiva
incidenza, svolgono un loro
ruolo e un loro compito nella
vita, nell’organizzazione, nelle linee di movimento della
società»*. Un riscontro è in
certi comportamenti che si
sono affermati, direi che sono
dilagati, nel mondo della politica, in quello dell’impresa e
nella stessa società civile:
Piero Ottone, per esempio,
coglie sullo sfondo di questi
comportamenti alcune teorie
(la teoria dell’imitazione,
quella dell’obbedienza, quella della confessione) che egli
collega alla «cultura cattolica»'’.
Tomo accanto all’indovina
di Filippi. Cerco di osservarla
nel suo vissuto quotidiano.
Con un linguaggio di oggi direi che la vedo schiava certamente nel suo rapporto di lavoro, ma anche nelle forme di
coscienza con le quali si misura, intende se stessa e la
realtà.
Solo Cristo
Paolo sa che deve fare i
conti con la «religione»
di Filippi, che contribuisce
notevolmente alla determinazione del modo di essere della serva indovina e dei suoi
concittadini: ma questi conti
(lo abbiamo visto) li fa annunciando l’Evangelo di Gesù Cristo fuori da ogni compromesso. Ed è questo Evangelo che interviene nella donna e la libera, portandola a
una nuova visione di sé e
dell’esistenza.
Da questo episodio mi viene un’indicazione per l’oggi.
Ci piaccia 0 no il nostro popolo si muove, in larghissima
parte, su un terreno cristiano
notevolmente chiazzato dalla
religione del compromesso,
del sensazionale, della dele
ga, della mediazione, che «si
estende al di là delle istituzioni ecclesiastiche e costituisce
l’humus su cui crescono molti comportamenti individuali
e molti apparati collettivi della società»'". È attraverso la
demolizione di questi comportamenti e di questi apparati che passa anche la «ricostmzione della politica».
Il dono della libertà
Esplode l’urgenza di una
predicazione che non
sappia «altro, fuorché Gesù
Cristo, e lui crocifisso» (I Corinzi 2, 2), e risorto, mediante
la quale gli italiani, noi tutti,
possiamo essere liberati dalla
dipendenza in cui ci tiene la
nostra religiosità maggioritaria; liberati da quelle vecchie
forme di coscienza in cui
continuiamo a interpretare
noi stessi e il nostro mondo,
lungo un cammino di vecchiezza di vita. È il dono di
una libertà entro la quale è
possibile pensarci e interpretarci come soggetti rinnovati,
i quali sempre di nuovo si
rinnovano.
Soggetti capaci, in un momento così difficile e complicato quale è il nostro, di trasformarsi da donne e uomini
schiavi del pessimismo (se
non del cinismo), della rassegnazione e della paura, ossessionati dal proprio «particulare», in donne e uomini liberi,
che sanno dire di sì alla loro
vita e a quella degli altri: le
donne e gli uomini della fiducia, della socialità, della speranza, sui quali immaginare
la costruzione di una Italia
nuova.
Questa, secondo me, deve
essere innanzitutto la nostra
proposta. Noi non ne siamo
gelosi: sappiamo che può essere anche di altri, che sono
fuori dei nostri confini ecclesiastici e che tuttavia si trovano a camminare, come noi,
dentro gli antichi solchi di
una ricerca di fedeltà a Gesù
Cristo e al suo Evangelo, di
una testimonianza coerente
ed efficace del regno di Dio
che viene.
1) Giordano Bruno Guerri,
Gli italiani sotto la Chiesa, Milano, Mondadori, 1992, pag. 13.
2) Gustav Stàhlin, Gli Atti
degli apostoli, Brescia, Paideia,
1973, pag. 385.
3) Carlo Ginzburg, Folklore, magia, religione, in Storia
d’Italia: Caratteri originali, Torino, Einaudi, 1972, pag. 604.
4) Giovanni Miccoli, La storia religiosa, in Storia d’Italia,
voi. II, Torino, Einaudi, 1974,
pag. 451.
5) Giovanni Miccoli, op. cit.,
pag. 452.
6) Giuseppe De Rosa, Religione delle classi subalterne? Il
significato della religione popolare, in Annamaria Rivera, Il
mago, il santo, la morte, la festa,
Bari, Dedalo 1988, pp 26 ss.
7) Pietro ScHtAVONE, In tempo di apparizioni: ragionare, in
Progetto culturale siciliano, a cura di Crispino Valenziano, Palermo, ed. Facoltà teologica regionale, pp 231 ss.
8) Giovanni Miccoli, op. cit.,
pag 433.
9) Piero Ottone, Ma che colpa abbiamo noi?, in Venerdì di
Repubblica del 23-10-’92.
10) Sergio Aquilante e Mario Miegge, Alcuni aspetti della società italiana di oggi, in
Sergio Aquilante, Per un socialismo cristiano, Torino, Claudiana, 1991, pag. 110.
2 - continua
Preghiera
Onnipotente Iddio, entriamo nelle tue porte con ringraziamento e ti ojfriamo il sacrifìcio della lode. Tu salvi,
redimi la nostra vita dalla fossa; estirpi di mezzo a noi gli
idoli che girano attorno, ci liberi da quelli che abbiamo
innalzato nel nostro cuore; tu ci conduci a te mediante il
tuo Cristo: lui che purifica la nostra coscienza dalle opere morte così che possiamo servirti con gioia e novità di
spirito.
Noi ti rendiamo grazie per i tuoi potenti atti di verità e
giustizia. Ci piace stare ogni giorno con te, ma poi siamo
presi dalla voglia di fare un accordo col nostro secolo e
la sua sapienza. Nella grandezza della tua misericordia,
intervieni in questa nostra debolezza e rafforza in noi la
fedeltà; rendici capaci di predicare Gesù Cristo, non con
eccellenza di parole, ma in dimostrazione di Spirito, e di
testimoniare con sempre rinnovata consacrazione le cose
nuove che tu fai in lui.
Nel suo nome, benedetto in eterno. Amen
7
in abU. post. Gr II A/70
In caso di mancaUj recapilo rispedire-a:
CASELLA POSTALE 10066
torre PELLICE
Fondato nel 1848
E
Delle Yaui Aàldesi
VENERDÌ 11 GIUGNO 1993
ANNO 129 - N. 23
LIRE 1200
Le scuole materne e elementari cattoliche presenti nel territorio della vai Pel lice
Servìzio pubblico e privato. Sono circa 350
ì bambini iscritti alle scuole Maurìzìane
Intervista al neosindaco Willy Micol
Strade e acquedotto,
priorità per Massello
CABMELINA MAURIZIO
Sono circa 350 i bambini
tra i tre e gli undici anni
che in vai Pellice hanno frequentato nel corso dell’anno
scolastico che ormai volge al
termine una scuola materna o
elementare gestita da religiose
cattoliche. Per conoscere più
da vicino questa realtà presente sul nostro territorio abbiamo svolto una piccola indagine.
Le scuole cattoliche sono
cinque e solo una di queste
comprende sia le elementari
che le materne ed è parificata.
Come si diceva, il numero
complessivo degli iscritti di
quest’anno è stato di oltre 350
bambini e tuttavia siamo di
fronte a realtà abbastanza diverse tra loro; così si va dalle
scuole Mauriziane di Torre
Pellice, che tra le due sezioni
della materna e le elementari
hanno avuto 160 alunni, alla
piccola materna di Luserna
Alta con 25 bambini; sono invece 43 i piccoli che hanno
frequentato le due sezioni della materna «San Giuseppe» di
Bibiana, 70 gli iscritti alla
scuola materna «Serena» di
Bricherasio e 60 quelli che
hanno frequentato la materna
agli Airali nel Comune di Lusema San Giovanni. Se si considera poi che nelle scuole più
grandi vi sono anche delle liste d’attesa si può senza dubbio affermare che all’incirca
300 famiglie hanno scelto di
iscrivere i propri figli a una
scuola cattoiica.
Per conoscere le ragioni di
questa opzione abbiamo parlato con alcuni genitori; la maggior parte di loro si è orientata
sulla scuola gestita da religiose cattoliche o per motivi pratici - vicinanza, possibilità di
usufruire di un orario più flessibile con il prescuola e il doposcuola, come nel caso delle
Mauriziane di Torre Pellice, 0 perché hanno ritenuto valido
sotto vari aspetti il modello
educativo proposto. I bambini
che frequentano le scuole prese in esame provengono in
gran parte da famiglie cattoliche ma ci sono, soprattutto a
Torre Pellice e alle materne
presenti sul territorio di Luserna, bambini di origine valdese.
Le religiose responsabili
delle varie scuole affermano
Un'ala delle scuole Mauriziane di Torre Peliice
che il rapporto con le famiglie
valdesi è molto buono e che in
generale, anche dove ci sono
alcune ore di religione previste nell’arco dell’orario settimanale, si punta su un insegnamento non confessionale,
basato su messaggi semplici e
basilari che hanno come fondamento la comune conoscenza dei principi del cristianesimo. In questo senso va
anche considerato il fatto che
praticamente quasi tutti i bambini valdesi che frequentano
una scuola cattolica partecipano anche per conto proprio alle attività della scuola domenicale.
In qualche caso siamo poi
di fronte a figli di coppie interconfessionali e allora la frequenza di una scuola cattolica
significa, secondo questi genitori, offrire ai propri bambini
la possibilità di uh confronto
tra due confessioni religiose
diverse.
Ma gli enti pubblici, gli amministratori, come vedono
queste scuole private sul loro
territorio?
Claudio Badariotti, sindaco
De di Lusema, si dice «molto
favorevole a una collaborazione fra scuola pubblica e
privata; naturalmente è importante che vi sia un’ojferta
'Ucraiioria
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di scuola pubblica ma, se questa è carente, ecco che il privato assume particolare rilevanza. Del resto io credo che
sia importante offrire alle famiglie la possibilità di scegliere. Per quanto riguarda il
mio Comune mi pare che il
privato offra un ottimo servizio; perciò ormai da anni
interveniamo a sostegno stanziando una somma che quest’anno supera i 60 milioni».
Marco Armand Hugon, sindaco di Torre Pellice (e direttore didattico a Lusema) ricorda quanto accadde un paio
d’anni alle scuole Mauriziane. «L’ente minacciò la chiusura della scuola di Torre
Pellice; vi fu una grande mobilitazione delle famiglie e
della comunità cattolica, assemblee pubbliche. Allora, e
la nostra posizione non è
cambiata, fummo molto chiari: nessun problema con la
scuola Mauriziana ma a patto
che essa si sostenga senza
onere per Vente pubblico,
tanto più che sul nostro territorio esiste una scuola pubblica in grado di ospitare tutti i
bambini del Comune».
Per completare la nostra indagine siamo andati a verificare anche quali sono i costi
per chi decide di mandare i
propri bambini a una scuola
non statale. Le rette mensili
non variano di molto da una
scuola all’altra; si va dalle 80
mila (esclusi i pasti) di Torre
Pellice alle 50 mila (senza
mensa) della materna di Bricherasio, alle 125 mila compreso il pranzo per la San
Giuseppe di Bibiana. Ciascuna scuola, di dimensioni grandi e piccole, ha deciso di
uniformare le tariffe del buono mensa a quelle previste dal
Comune, con variazioni quindi da una scuola all’altra. Esistono poi una serie di servizi
extra a costi più o meno simili; le due materne di Lusema,
per esempio, offrono la possibilità di usufmire della piscina
comunale per un corso di nuoto nell’ambito dell’orario sco
lastico, vi sono anche i corsi
di lingua (a Torre Pellice e
Bricherasio) e di danza.
Un altro aspetto comune che
descrive in generale le scuole
cattoliche è la disponibilità di
spazi esterni propri, con attrezzature e giochi. Sul piano
puramente didattico le scuole
che abbiamo preso in considerazione, pur seguendo i nuovi
programmi dell’85 per le elementari e i nuovi orientamenti
per le materne, appaiono pur
con le dovute aperture abbastanza statiche, con spazi ridotti per T aggiornamento del
personale (prevalentemente
religioso).
A proposito del corpo docente va rilevato che alle elementari Mauriziane di Torre
Pellice non vengono seguiti i
moduli (tre insegnanti a rotazione su una classe) e che in
generale le classi prese in considerazione, soprattutto alle
materne, sono piuttosto numerose, con mediamente 30 bambini.
_______MILENA MARTINAT______
T a tua fatica è dura, lo
so, tu sei dall’alba al
tramonto sul terreno, e quando il lavoro preme, nella buona stagione, la fatica si accumula nelle tue ossa come un
incubo. Il tuo lavoro è forse il
più rude di quanti si compiono sotto il sole; ma la vita
sotto il sole, all’aria libera,
conserva gli uomini, aumenta
la resistenza del corpo e stimola la sua vitalità». Così
scriveva Giovanni Miegge,
per alcuni anni pastore a Massello, in un libriccino intitolato proprio «Sotto il sole» e
dedicato ad un giovane valdese. Oggi sotto il sole di
Massello sono rimasti in pochi a lavorare tutto l’anno, ma
a primavera le case tornano
ad animarsi. I villaggi silenziosi per lunghi mesi tornano
a vivere.
Domenica 6 giugno è stato
eletto il nuovo Consiglio comunale; si è faticato un pochino per formare la lista, ma lo
si è fatto perché il Comune
non muoia. Alle 22 era tutto
chiaro; in 67 erano andati a
votare (oltre il 76% degli
aventi diritto) e dunque finiva
quel pizzico di suspense legato alla validità delle elezioni.
È stato eletto sindaco Willy
Micol, nato a Massello nel
1953; il neo primo cittadino
ha ottenuto 63 voti (ci sono
state tre schede nulle e una
bianca). Fra i consiglieri la
più votata è stata Graziella
Tron Moiani eon 15 preferenze, seguita dal minatore Ugo
Tron, con 10 voti.
Micol ha frequentato, come
molti valdesi, la Scuola latina
vivendo in convitto, poi la
scuola superiore a Pinerolo.
Ora vive con la moglie e due
figli a Villar Perosa, dove ha
una ditta di impianti elettrici.
«Sono molto legato a Massello - dice Willy Micol - torno
sempre a lavorare con piacere nella mia terra».
I due argomenti centrali per
la nuova amministrazione sono certamente la sistemazione
Fino al 20 giugno si firma nei Comuni
Quattro referendum
Fino al 20 giugno, presso le
segreterie dei Comuni delle
valli, si potranno sottoscrivere
quattro nuove proposte di referendum.
La prima proposta mira a
cancellare le norme che hanno
dato origine all’aumento dei
ticket, dei bollini e il pagamento (che dovrà avvenire a
luglio) del medico di famiglia.
La seconda vuole cancellare le
norme che hanno aumentato
l’età pensionabile per uomini
e donne e che danno origine a
un nuovo meccanismo per il
calcolo della pensione (che
sarà calcolata sulle retribuzioni degli ultimi dieci anni di lavoro invece che cinque).
La terza punta a permettere
che tutti i sindacati e le organizzazioni dei lavoratori a livello di fabbrica abbiano diritto alla rappresentanza nei confronti della controparte imprenditoriale, se eletti democraticamente dall’insieme dei
lavoratori. La quarta vuole invece cancellare le norme che
permettono allo stato di vendere beni pubblici di interesse
ambientale. Ad esempio, lo
stato ha intenzione di vendere
per un milione l’ex stazione di
partenza della teleferica a Frali, un terreno a Bricherasio per
13 milioni, un terreno a Barmadaut, a Villar Pellice per
meno di un milione, il nuovo
poligono militare «zappatori»
a Pinerolo per 120 milioni.
Il tempio di Massello
di alcune strade e l’acquedotto. «Certamente - spiega il neo sindaco Micol — la
strada che porta a Balziglia
necessita di una sistemazione.
Questo è necessario soprattutto per il periodo estivo,
perché vi è un buon afflusso
di persone. Il problema però
sono i contributi. Per questo
daremo la precedenza alla sistemazione con asfaltatura
della strada che dalla borgata Porince porta alla borgata
Porte, perché qui abitano ancora stabilmente due famiglie. La manutenzione ordinaria delle strade viene svolta
su base volontaria un paio di
volte l’anno. “La roida” sono
ben frequentate, T ideale sarebbe riuscire a coinvolgere
anche i villeggianti.
Per quanto riguarda l’acquedotto, la cosa più importante è finire quello che è stato iniziato. Sono infatti in corso i lavori per portare l’acqua alle borgate Porte, Porince, Brua la Comba, Gioberso, Roberso, Molino, Centrale e Campo la Salza. Ogni
borgata è anche stata dotata
di più bocchettoni dove poter
prendere l’acqua in caso di
incendio».
Che iniziative avete in programma per l’estate?
«A Massello mancavano le
strutture. Con l’aiuto di giovani e meno giovani abbiamo
recuperato e sistemato una
casetta “friulana” (quelle che
erano state assegnate provvisoriamente ai terremotati del
Friuli). E importante che ci
sia questa struttura per svolgere delle attività soprattutto
in estate, ma dovrà essere la
gente a dare delle idee per il
suo utilizzo.
Spero che la gente capisca
che ci siamo messi in lizza più
con il cuore che altro - continua Micol - perché avevamo
paura di non riuscire più a
fare il Consiglio. Se i piccoli
Comuni dovranno morire per
volere statale, almeno che lo
facciano “in piedi", con
un’amministrazione. Siamo
contenti di essere riusciti ad
avere un Consiglio comunale.
La cosa certa è che lavoriamo
con piacere».
«È bello vedere due giovani
sposi che si recano ai campi
insieme, con gli arnesi sulle
spalle, e hanno nell’andatura
calma un non so che di intimità» diceva Miegge. Forse
questa non tornerà ad essere
la realtà di Massello, ma molto si può fare affinché la montagna viva.
8
PAG. Il
E Eco Delle Yalli Aàldesi
VENERDÌ 11 GIUGNO 1993
Il tavolo con la Bibbia nei «Coilegio dei barba» a Pradeitorno
UNA MOSTRA PER IL GIRO — Arriva a Pinerolo il Giro
d’Italia per la cronoscalata al Sestriere di venerdì e a Pinerolo viene proposta al pubblico una mostra a palazzo Vittone
sul tema La bicicletta nello sport e nel quotidiano tra cronaca e storia. Le tavole esposte sono le copertine originali
dei popolari settimanali La domenica del Corriere e Tribuna
illustrata. I pezzi sono oltre 70 e sono frutto della raccolta di
un appassionato, Carlo Rossi.
LA CGIL PROTESTA PER IL 740 — La Cgil del Pinerolese
ha formalizzato la propria protesta per le notevoli complessità determinate dalla non proroga della data di presentazione
dei modelli 740. Tali difficoltà gravano soprattutto sui lavoratori dipendenti e pensionati che rischiano, senza proroga,
di non poter effettuare per tempo le dichiarazioni dei redditi
e i relativi versamenti se non dietro penale del 40% di soprattassa ed il 9% di interessi.
I LAVORI AL RIFUGIO GRANERÒ — Sono ricominciati i
lavori di rifinitura dell’ampliamento del Rifugio Granerò in
alta vai Pellice. Le ultime giornate di lavoro volontario prima
delle collocazione degli arredamenti sono previste per i prossimi fine settimana. Il Cai vai Pellice invita tutti coloro che
fossero disponibili a collaborare con alcune giornate di lavoro, a mettersi in contatto presentandosi il venerdì sera nella
sede di Torre Pellice in piazza Gianavello.
RIMPASTO DI GIUNTA IN COMUNITÀ MONTANA —
La scorsa settimana il Consiglio della Comunità montana vai
Pellice si è riunito per decidere come sostituire l’assessore
Canale, dimessosi da consigliere a Luserna. Presenti pochi
esponenti di minoranza la maggioranza ha deciso, nelle more
della sostituzione da Luserna, di inserire quale assessore Cecilia Pron, una vita trascorsa in amministrazione nel Pei ed
ora nel Pds a Luserna. Il Consiglio ha poi approvato il comodato con cui il Comune di Torre Pellice affida all’ente di valle la titolarità del palaghiaccio i cui lavori di copertura sono
ormai quasi ultimati e stabilito i criteri con cui verrà affidata
prossimamente la gestione della struttura. Infine è stato approvato un piano di valorizzazione turistica della valle che
prevede tra l’altro una serie di sentieri ripristinati in modo da
formare una sorta di anello di valle ed una pubblicazione che
presenti le opportunità turistiche della zona.
SOGGIORNI ESTIVI A PINEROLO — Sono aperte le iscrizioni ai soggiorni estivi organizzati dal Comune per attività
educative e per il tempo libero rivolti ai ragazzi delle scuole
elementari e medie; i primi gruppi partiranno dal 29 giugno;
altri seguiranno in luglio. La sede delle attività è prevista
presso le scuole elementari di via Serafino. 11 servizio educativo sarà affidato ad una cooperativa; saranno garantiti il servizio mensa e il trasporto dei ragazzi provenienti dalle zone
periferiche.
TUTTI CONTRO L’ACCORPAMENTO DELLE USSL —
Le conferenze dei sindaci, gli enti locali, la Conferenza del
primo distretto delle chiese valdesi hanno preso posizione
contro il progetto di legge regionale che prevede l’accorpamento delle tre Ussl del Pinerolese con quella di Orbassano.
Nei prossimi giorni la Regione sarà chiamata a decidere in
merito.
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Incontri tra le scuole elementari di Perosa e Pomaretto e quelle ebraiche di Torino
Una «rosa amica» per incontrare i bimbi ebrei
e conoscere le vicende del loro popolo
_________PAOLA REVEL________
yy ¥7 tempi più anti
chi sono esistite le
persecuzioni contro gli ebrei.
Le prime deportazioni risalgono addirittura al tempo degli Assiri (722 a. C.), quando
venticinquemila ebrei furono
ridotti in schiavitù. Nel Medioevo, il popolo che aveva
messo in croce Cristo fu
spesso accusato di tradimento e molti ebrei furono mandati al rogo. Nella II guerra
mondiale troviamo che circa
6 milioni di ebrei sono stati
mandati nelle camere a gas e
poi nei forni crematoi dei
campi di sterminio tedeschi».
Questo è quanto apprendono i
bambini nei libri e nella storia che si studia nelle elementari.
Ma oggi? «Oggi in Italia
troviamo un feroce razzismo
contro gli ebrei, che non sono
accettati a causa della cultura, della religione, delle
usanze diverse». Questo è
quello che apprendono dai
giornali. Ma come vivono gli
ebrei, quali sono veramente le
loro usanze? Per cercare di
eliminare dei pregiudizi, per
aiutare i ragazzini a capire
meglio r«altro», insomma
per educarli alla mondialità,
alcuni insegnanti delle scuole
elementari di Perosa e di Pomaretto si sono messi in contatto con una scuola elementare ebraica di Torino e hanno
organizzato alcuni incontri.
«Abbiamo potuto stare con
altri bambini e abbiamo imparato a conoscere gli ebrei
di Torino, che sono uguali a
noi, solo che hanno altre abitudini e cultura, un’altra religione».
«Le giornate che abbiamo
trascorso con i bambini ebrei
sono state speciali. Ma la cosa più speciale è stata la lettera che ci ha mandato il direttore, Franco Luigi Calvetti. Questa lettera diceva che
il simbolo dell’ amicizia fra le
classi di Perosa, Pomaretto e
Torino è un alberello di rosa,
piantato nel cortile della
scuola di Perosa. A questa
rosa noi abbiamo dato un nome in ebraico e uno in italiano: in ebraico “Chaverà vered” e in italiano “Rosa amica” ».
Gli alunni delle classi quinte di Perosa e Pomaretto si
sono incontrati una prima
volta con la realtà ebraica a
Torino, dove hanno potuto
visitare alcune sinagoghe partendo dalla Mole Antonelliana, che è stata la prima sinagoga della comunità ebraica.
Hanno imparato molte differenze nella religione, hanno
conosciuto un poco della lingua ebraica, che i bambini
studiano in classe. Ma sono
anche rimasti colpiti dalla
protezione che li circonda:
«...dovrebbero poter vivere
come noi, liberi di fare quello
che vogliono, senza guardie
del corpo, senza polizia che li
sorveglia, senza vetri antiproiettile: insomma, non ci
Prali: Consiglio di amministrazione per le seggiovie
Tredici laghi: aumento di capitale
e innevamento artificiale
MILENA MARTINAT
Si è tenuta sabato 22 maggio l’assemblea del Consiglio d’amministrazione della società Seggiovie tredici laghi di Prali. Il punto principale all’ordine del giorno era
l’aumento di capitale che è
stato effettuato per un miliardo e nove milioni. Con questo
aumento si sono previste diverse opere: l’innevamento
programmato della pista “verde” e dell’ultima parte della
“rossa”, con un impianto di
cannoni a bassa pressione, la
ristrutturazione completa della Capannina.
«Qualcuno ha obiettato
all’aumento di capitale perché risultava troppo alto il
costo dell’impianto della neve
programmata, della sua ge
stione e quindi un ammortamento troppo lungo - spiega
Danilo Peyrot, amministratore della società - però, dopo
attente valutazioni, è stato votato quasi all’ unanimità il
progetto di aumento di capitale».
Oltre all’impianto di neve
programmata e alla ristrutturazione della Capannina, è
stato nominato quale direttore
della stazione il signor Fioretto. «La figura del direttore
mancava nella nostra società
- continua Peyrot -; Fioretto
ha incarichi di coordinamento e organizzazione dei lavori
del personale, di mantenere i
contatti con gli sci club e le
squadre agonistiche e di
coordinare le gare».
Altri progetti sono stati programmati dal consiglio di am
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Chiusura settimanale il lunedì
ministrazione. «Per quanto
riguarda le piste - dice ancora il presidente - si cercherà
di allargare la pista “verde"
al fine di omologarla come
discesa Fis. Per dare più spazio agli allenamenti dei vari
sci club e squadre nazionali,
si è deciso di riservare loro
una pista che sarà chiusa ai
turisti. Dalla prossima stagione sarà disponibile una pista
permanente di half-pipe per
cui abbiamo già quattro gare
prenotate».
Non tutti i pralini proprietari dei prati sui quali passano
le piste che saranno innevate
artificialmente sono d’accordo con questo progetto. Peyrot spiega che «con un impianto di cannoni a bassa
pressione si parla di neve
programmata che non crea
danno alla cotica erbosa perché fatta esclusivamente con
aria e acqua che prenderemo
dall acquedotto».
Per la prossima stagione
quali lavori verranno svolti?
«E prevista la ristrutturazione completa della Capannina
- illustra Peyrot - e l’innevamento programmato della
parte bassa delle piste verde
e rossa». Qualcuno si chiede
quando verrà sostituita la seggiovia. «Il problema della sostituzione della seggiovia sono i finanziamenti - afferma
Danilo Peyrot - Per impiantare una seggiovia nuova sono necessari cinque miliardi.
Chissà, forse con i mondiali
del 1997 a Sestriere arriverà
anche qualcosa a noi come
.stazione limitrofa...».
dovrebbe più essere il razzismo».
I ragazzi di Torino hanno
poi ricambiato la visita e sono venuti a Perosa; nell’aula
consiliare sono stati salutati
dal sindaco Furlan, mentre il
direttore didattico. Franco
Calvetti, ha inviato una lettera e la rosa (di cui parlano i
bambini), essendo impegnato
altrove.
Conclude una bambina: «È
proprio vero; sono state giornate davvero speciali. Abbiamo allargato il nostro repertorio di conoscenza di religioni diverse, ma in un certo
senso uguali alle nostre. Gli
ebrei sono persone che sono
state perseguitate fin dai tempi lontani. Adesso hanno bisogno di cornprensione. No al
razzismo. E stato un passo
avanti quello che abbiamo
fatto noi alunni di Pomaretto,
Perosa e Torino. Se la nostra
amicizia passerà di generazione in generazione gli ebrei
saranno liberi».
Pramollo
Parliamo di
ecologia
Si è parlato, ma soprattutto
si è praticata l’ecologia a Pramollo negli ultimi due fine
settimana di maggio. In entrambi i casi è stata la Comunità montana, in collaborazione con Pro Loco e Comune, ad attivarsi. Il numero dei
partecipanti è stato assai elevato; ognuno è arrivato fornito
degli attrezzi che più erano a
lui congeniali, dal decespugliatore al semplice rastrello. I
volontari divisi in gruppi sono
intervenuti su fronti diversi
riuscendo a portare a termine
una grossa mole di lavoro.
A Ruata è stata ripulita
l’area degli impianti sportivi
(compreso il campo di calcio e
le vie di accesso, il cimitero e
la relativa strada, la piazza
della chiesa e quella della sala
del teatro). Ai Pellenchi un
gruppo di volontari si è dedicato al parziale rifacimento del
tetto del museo, mentre altri
hanno ripulito le strade della
borgata e il piazzale,e hanno
ripristinato il gioco da bocce.
A Pomeano è stata raccolto
e portato agli appositi contenitori una enorme quantità di
materiale ingombrante che
gente senza scrupoli ha gettato
lungo le scarpate. A Rue si è
ripulita l’area degli impianti
della Pro Loco, il viale e i due
cimiteri.
La riuscita di queste giornate ecologiche, al di là delle
belle parole, si esprime proprio negli atti concreti; la popolazione locale si è saputa
ancora una volta dimostrare
sensibile verso questo tipo di
intervento, senza necessariamente aspettare che siano gli
enti pubblici, frenati spesso da
problemi di persone e di mezzi, a risolvere i loro problemi-
9
venerdì 11 GIUGNO 1993
:E Eco Delle Yallì ¥\.ldesi
PAG. Ili
Un incontro con il comitato che gestisce l'istituto di Torre Pellice
Collegio valdese: il futuro è nell'Europa
per superare le difficoltà e la concorrenza
MARCO BOSTAN_________
Dispiace un po’ che nella
nostra chiesa si parli delle
«opere», soprattutto quando
insorgono dei problemi finanziari. È successo l’anno scorso in Sinodo per il Centro diaconale di Palermo, probabilmente succederà quest’anno
per il Collegio di Torre Pellice, di cui non si è più parlato
dopo il grosso dibattito di 25
anni fa, appunto perché le cose andavano bene. Se riuscissimo ad invertire questa tendenza, sarebbe certo più gratificante per le persone che
nelle opere lavorano e si potrebbe pensare con maggiore
serenità alle prospettive. Incontrando il Comitato del
Collegio abbiamo raccolto alcuni elementi su cui riflettere.
«Le dijficoltà della scuola sottolinea il presidente, Alberto Peyrot - sono esclusivamente di ordine finanziario.
La diminuzione degli allievi
negli ultimi tre anni ha inciso
fortemente sulle entrate, che
sono appunto le rette, tenute
al di sotto dei costi reali, i doni provenienti dall’estero e alcune borse di studio offerte da
vari enti».
Ma perché ci sono meno allievi? «Dipende essenzialmente dall’ apertura nel Pinerolese di alcune scuole statali con
indirizzi simili: evidentemente
le famiglie della vai Chisone,
di Pinerolo, del Cavourese,
che ci avevano mandato i loro
figli, ora hanno un’alternativa
conveniente».
Chiediamo se questo non si
poteva prevedere in anticipo:
«In realtà - continua Peyrot il Collegio ha sempre cercato
di rispondere al mutare delle
richieste di formazione. Si è
passati dal classico allo sperimentale, al linguistico; ora
stiamo pensando ad un liceo
europeo. Non è mai mancato
un forte impegno degli insegnanti; fra l'altro sono stati
aboliti gli esami di riparazione e introdotti dei corsi di
recupero invernali ed estivi,
incontrando il favore dei genitori. Il buon numero di famiglie cattoliche che sceglie
per i loro figli il Collegio è un
indice importante. La diminuzione degli alunni è un fatto,
ma siamo semplicemente tornati ai valori degli anni precedenti il Liceo linguistico
sperimentale, cioè a circa dieci anni fa».
Al preside. Elio Canale,
chiediamo di illustrarci questa
prospettiva del liceo europeo.
«Già con la sperimentazione
linguistica avevamo curato in
particolare i viaggi e gli
scambi con scuole estere europee - spiega Canale -. Ora
con il mercato unico questo
impianto andava sviluppato.
Il progetto liceo europeo prevede che una o due materie,
diverse da italiano o lingue
straniere, siano insegnate direttamente in una lingua europea nel triennio superiore.
Punteremo ovviamente sul
francese, visti anche i progetti
di regione europea degli
Escartons. Inoltre, gli studenti
potranno scegliere tra tre indirizzi: linguistico moderno,
giuridico economico, artistico. Nel primo studieranno tre
lingue straniere, nel secondo
si punterà sul diritto e
sull'economia, in vista dell’
inserimento nel campo dell'
um-ministrazione; nel terzo,
grazie a materie come linguaggio visuale e discipline
artistiche, si favorirà la preparazione verso curatori e
Il Collegio valdese di Torre Penice
conservatori del patrimonio
artistico, verso la pubblicità,
ecc.».
E nel frattempo che succede? «Il progetto potrebbe partire dall’ottobre ’94, e non
annullerebbe il liceo classico,
solo che quest’ultimo verrebbe restituito alle materie e ore
tradizionali, a cui si aggiungerà lo studio dell’inglese per
cinque anni. Verrà conservata
la caratteristica che gli studenti dei vari indirizzi studieranno insieme le materie comuni, con reciproco utile interscambio».
Restiamo un po’ perplessi
sulla semplicità di questo trapasso, e ci domandiamo anche
se è stata fatta un’indagine capace di offrire dati attendibili
sul numero di studenti che sarebbero interessati a questa
prospettiva certo interessante,
ma pur sempre localizzata a
Torre Pellice. Il cassiere, Sergio Malan, avendo a che fare
più con le cifre che con le
idee, è un po’ più pessimista e
condivide la nostra preoccupazione soprattutto per
l’immediato. «La trasformazione in liceo europeo - afferma, curvo su tabelle di conti
proiettati fino al Duemila qualora si facciano i tre indirizzi previsti, comporterebbe
l’integrazione dell’attuale
corpo docente di due unità
cioè, in termini di costi attuali, di circa 70 milioni, anche
se graduale».
Attualmente come va la gestione ordinaria? «Questo è il
punto dolente - dice ancora
Malan il 1992 infatti si è
chiuso con un deficit di oltre
120 milioni, molto più rilevante di quello del ’91. C’è
stato un forte calo dei doni
esteri che da sempre, insieme
alle rette, sono l’entrata principale». Come sono le rette rispetto alíe scuole private?
«Siamo un po’ meno cari di
analoghi istituti privati di Torino, ma leggermente più cari
di una scuola come l’Immacolata di Pinerolo. Per il 199394 abbiamo fissato in 3,2 milioni annui la quota alunno
per il linguistico e 2,7 milioni
per il classico». Sarà anche
poco per coprire le spese del
Collegio, ma certo non ci
sembra poco per le tasche di
una famiglia, specie se ha due
0 tre figli da far studiare. «Il
costo reale - spiega Malan sarebbe di 8 milioni ad alunno se ci sono 75 alunni, di 6
milioni se ce ne sono 100».
Quest’anno ne avevate solo
93, osserviamo. «Infatti, la
condizione base di tutto il discorso per il proseguimento
della scuola e per il progetto
europeo è che si raggiunga,
nell’arco dei prossimi 5-6 anni, un numero di 25-30 allievi
per classe, cioè un totale complessivo di 125-150 alunni.
Inoltre occorrerà adeguare le
rette al costo della vita e bisognerà i doni si mantengano
ad un livello possibilmente superiore a quello del 1992».
Ma, insistiamo ancora, se non
si arriverà di colpo agli iscritti
necessari e alle rette ottimali,
che cosa succede? «Poiché il
progetto produrrà i suoi effetti solo al termine di cinque
anni, bisognerà nel frattempo
trovare mezzi finanziari aggiuntivi per coprire il disavanzo che si formerà con i deficit di ogni anno: ho calcolato che questa cifra, al netto di
eventuali interessi, potrebbe
aggirarsi su 200 milioni Tanno per cinque anni».
Chiedo a Giorgio Tourn,
anche lui membro del Comitato, se il Collegio non potrebbe
trasformarsi in qualcosa di
molto più agile, con corsi a
pagamento rivolti alla formazione professionale, ma anche
ad altre fasce di età, con
contenuti legati alla nostra ri
cerca culturale ma anche a
prospettive occupazionali della valle; corsi per i quali sia
possibile avere finanziamenti
e avvalersi in gran parte di insegnati volontari. «La storia
passata del Collegio - dice
Tourn - dimostra che esso ha
saputo adeguarsi a situazioni
assai diverse. Oggi, di fronte
alla varietà di esigenze formative e alle sollecitazioni
dell’ ambiente, il Collegio non
può più pensare di essere la
scuola con l’unico indirizzo
classico, ma deve trasformarsi in un centro pedagogico di
formazione a tutti i livelli. Deve guardare oltre la scuolaistituto pur mantenendo la sua
formazione di scuola secondaria».
In conclusione non resta
che augurare che L’ipotesi di
liceo europeo incontri l’interesse di molti giovani, che
iscrivendosi al Collegio lo
aiutino a superare questo difficile momento.
La discussione del Sinodo del '68
25 anni dopo
L9 istruzione è uno dei compiti precipui della Chiesa valdese. Questo compito, per altro, non può essere identificato con luoghi e forme particolari e immutabili, ma ad
esso la chiesa deve far fronte tenendo conto delle mutate situazioni, della necessità e delle possibilità insite in questa
parte della propria testimonianza.
Con queste affermazioni il Sinodo del 1968 impostava la
discussione sugli istituti di istruzione alle Valli e in particolare sul Collegio. Discussione calda, appassionata, con fronti contrapposti sostenuti entrambi da forti contenuti ideologici e di fede, che sarebbe continuata soprattutto nel Sinodo
del 1969, sulla base del lavoro di indagine condotto da
un’apposita commissione. Nel momento in cui, 25 anni dopo, si ripropone per il Collegio un momento decisivo, è più
che mai utile andarsi a rileggere i verbali di quei due Sinodi: praticamente tutti gli argomenti validi a favore del mantenimento del Collegio-Liceo e per la sua chiusura sono
presenti e ben giustificati.
Vi è già, 25 anni fa, la chiara consapevolezza che andiamo verso lo spopolamento delle valli, dunque gli studenti
saranno a Pinerolo, non a Torre Pellice: una buona parte di
deputati e di pastori dice con chiarezza che il Collegio non
può più essere quello che è stato, che occorre che il nostro
apporto protestante si giochi nella scuola pubblica, con inserimento di insegnanti evangelici nelle scuole del Pinerolese. Altri si battono per la continuità del liceo valdese, perché esso sia luogo di formazione protestante e di promozione culturale. Vi è poi la disputa (siamo nel ’68-69) sul carattere «classista» di un liceo: per qualcuno tenerlo in piedi
significa una pura operazione di prestigio, perché ci vanno
solo i figli della borghesia, per altri l’accusa va respinta e va
invece potenziato nel Collegio l’aspetto di scuola del protestantesimo.
Su questo punto almeno tutti sembrano concordare: ci
vuole un forte nucleo di insegnati evangelici motivati. La
questione è decisamente grossa: di linea, di concezione della chiesa, di rapporto fra scuola privata e scuola pubblica. Si
potrebbe fare un parallelo con la discussione sull’otto per
mille. Ma nel caso del Collegio, alla fine, per non spaccare
in due il Sinodo si fa strada la via di un compromesso, quello che ha consentito di arrivare fino ad oggi. Che cosa si decide? Innanzi tutto la Tavola viene esonerata dalla conduzione (e dal peso finanziario) del Collegio; si costituisce un
comitato di nomina sinodale (caso unico rispetto alle altre
opere) che avrà tutta la responsabilità del Collegio, farà annualmente una relazione alla Tavola e siederà in Sinodo con
un suo rappresentante; il comitato dovrà assumere il perso
naie e provvedere alle retribuzioni, assumendo ogni responsabilità morale e finanziaria dal 1° ottobre 1969.
In parole povere il Sinodo disse: il Collegio va avanti,
ma la responsabilità è di chi ci crede e lo vuole; le chiese
sono invitate a contribuire, ma il finanziamento prioritario
dovrà venire dagli amici italiani ed esteri.
Anno scolastico 82/83 83/84 84/85 85/86 86/87 87/88 88/89 89/90 90/91 91/92 92/93
Numero totale degli alunni 187 140 109 126 134 138 128 129 106 95 93
Numero iscritti in IV ginnasio 8 9 3 35 35 29 34 24 17 17 17
classico/linquistico 13/22 B/29 B/21 5/29 5/19 2/15 6/11 5/Í2
Retta annua in milioni 0,9 0,9 1 i,2/1,6 1,5/2 Í3/2 2/2,5 212,7 2/2,7 22/2,9 2,5/3
classico/linguistico
Fino al 1984-85 il numero totale degli alunni comprende anche quelli della scuola media, che appunto in quell’anno fu chiusa. SI aprirono allora la IV e
la V ginnasio sperimentale. Gli iscritti alla IV ginnasio ebbero un’impennata. Negli ultimi tre anni si sono invece ridotti a 17, numero insufficiente rispetto
ai costi della scuola. Le rette sono passate, per il liceo linguistico, da 1,6 milioni del '85-86 a 3 milioni del 1992-1993, pur rimanendo, volutamente, al di
sotto dei costi reali.
Nelle Chiese
PRAROSTINO — Si conclude sabato 12 giugno la serie di incontri
teoiogici «Giovanni Miegge» incentrata quest’anno sul Servo arbitrio
di Martin Lutero. L'incontro si svolge
alle 15 nel tempio di S, Bartolomeo.
TORRE PELLICE — L'Ywca-Ucdg
organizza un pomeriggio di solidarietà per le sue opere sociali, domenica 13 giugno, alle ore 15, presso villa
Elisa.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Do
menica 20 giugno, a partire dalle
14,45, presso la sala Albarin, si svolgerà il tradizionale baiar a cura della
società di cucito.
ANGROGNA — Domenica 13 giugno, oltre al culto comunitario alle
10,30 nel tempio del Serre con predicazione del past. Teofilo Pons.si terrà,
in occasione della festa degli
Alpini, un culto alle ore 9,30 presso la
scuola grande del capoluogo.
• Sabato 12 giugno, dalle ore 9 si
svolgerà un campo di lavoro volontario
per la ripulitura dei terreni circostanti il
presbiterio e il tempio; a tutti i partecipanti verrà offerta una spaghettata.
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È passato poco più di un secolo da quando Filippo Gay
aprì a Torre Pellice il suo piccolo ristorante che, con il tempo, si identificò
con il suo stesso soprannomeFlipot". Era il 1882.
Nel volgere di qualche anno, Flipot seppe meritarsi le attenzioni di quella
ricercata mondanità che affluiva a Torre Pellice dalla capitale del regno.
Ancora oggi, la tradizione del "Flipot” è rimasta inalterata.
A mantenerla viva è Walter Eynard, cuoco eccellente
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10
PAG. IV
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VENERDÌ 11 GIUGNO 1993
Undici esemplari trasferiti nell'Oasi del Barant
Cresce la colonia di stambecchi
nell'alta vai Pellice
Il 26 ed il 27 maggio scorsi
sono stati immessi in alta
vai Pellice, aH’interno
dell’Oasi del Barant, 11 stambecchi prelevati dalle valli di
Lanzo.
L’operazione ha assunto
una valenza notevole in quanto costituisce un importante
consolidamento della colonia
del Barant, attualmente di oltre 40 capi che, con i nuovi
immessi e le nascite che si
avranno in giugno, potrà raggiungere e superare i 60 capi,
considerato dagli esperti l’entità minima affinché una colonia sopravviva come unità indipendente, tenuto conto delle
perdite dovute ad inverni particolarmente rigidi e, eventualmente, al bracconaggio.
Lo stambecco, dopo aver rischiato l’estinzione (nei primi
decenni deH’800 sopravviveva infatti in poche decine di
esemplari unicamente nel
massiccio del Gran Paradiso)
è stato reintrodotto in varie
zone delle Alpi dai primi del
’9(X).
Il progetto di reintroduzione
in vai Pellice ha avuto inizio
nel 1978 con il trasferimento
dal Parco del Gran Paradiso di
cinque maschi e di due femmine a cui hanno fatto seguito
negli anni successivi l’apporto
di altre coppie per un totale di
14 capi; nonostante l’esiguo
numero ed alcune perdite subite, la specie ha dimostrato di
aver trovato aH’interno
dell’oasi faunistica idonee
condizioni ambientali.
Dal 1985 al 1992 sono state
Uno stambecco viene liberato nell’Oasi del Barant
registrate quaranta nascite, di
cui alcuni parti gemellari; la
colonia è stata seguita con impegno e passione non comuni
da un volontario, Robi Janavel
del Gruppo stambecco Europa, che ha assunto il coordinamento dell’intero progetto con
l’appoggio del Comune di
Bobbio Pellice, della Comunità montana e del comparto
alpino n. 1.
Attualmente l’area occupata
è di circa 1.500 ettari comprendendo, con migrazioni
stagionali, oltre all’oasi del
Barant, anche territori limitrofi come l’alta vai Po, la vai
Varaita e l’alto vallone del
Guil (parco naturale del
Queyras); praticamente buona
parte del massiccio del Monviso.
L’immissione di stambecchi
in vai Pellice non è un fatto
isolato ma rientra in un piano
di riequilibrio faunistico che
ha lo scopo di ottenere una
più omogenea distribuzione
della fauna alpina nelle nostre
zone di montagna.
Il piano riguarda le specie
capriolo, camoscio e stambecco e consiste nel prelievo di
alcuni esemplari di queste
specie da luoghi in cui vi è
una forte densità e nella successiva immissione in località
in cui si è valutato opportuno
costituire nuove colonie o incrementare quelle esistenti.
Una fase significativa del
piano è stata proprio quella
riguardante la colonia di stambecchi già preesistente in vai
Pellice che si è ritenuto di
consolidare con l’immissione
di altri undici capi prelevati
dalle valli di Lanzo nel territorio del Comune di Balme.Anche per Tarmo prossimo sono
previsti ulteriori interventi,
ancora nelle valli del Pinerolese.
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SKIROLL — Domenica 23
maggio a Ornavasse, in Valle
d’Ossola, si è svolta la gara internazionale di skiroll (13 km),
con la partecipazione di atleti
russi, polacchi e di tutta la squadra italiana di fondo. In tutto 80
concorrenti maschili e 24 femminili. Ha vinto Gian Franco Poivara in 30’ 12”, al secondo posto De Zolt con 30’ 39”; ottima
prestazione di Fabrizio Malan,
dello Sport club Angrogna, al
10° posto assoluto in 32’ 27”.
Gli altri atleti dello Sport club
Angrogna si sono classificati;
Luciano Paschetto 15°, Danilo
Negrin 21°, Davide Coucourde
26° (il più giovane), Daniele
Coucourde 33°, Alfredo Chiavia
50°, Enrico Coucourde 61 °, Riccardo Ribotta 63°, Franco Chauvie 75°, Sergio Cerini 78°.
In campo femminile, nella gara sulla stessa distanza, ha vinto
la russa Elena Vialbe in 35’ 25”,
seguita da Guidina Dal Sasse ài
secondo posto. Ottimo il 17° posto di Antonella Chiavia, appena
tredicenne, che sulla distanza di
13 km ha superato ben cinque
atlete di categoria superiore, con
il tempo di 5 r 15”. Buone anche
le prestazioni di Helen Coucourde al 20° posto con 56’ 32” e di
Elisa Girardon al 21° in 1 ora 2’
43”.
GREEN VOLLEY — Lunedì
7 giugno alle 17 ha avuto luogo
la prima tappa del torneo di
green volley a coppie «Trofeo
Cariplo», organizzato da 3S Luserna, Antares e dal Gruppo
sportivo di Villafranca. Gli atleti,
suddivisi in 4 categorie, hanno
iniziato il circuito sui prati vicini
al Palazzetto dello Sport a Pinerolo per poi incontrarsi la settimana prossima a Villafranca Piemonte. La terza e ultima tappa si
disputerà a Lusema San Giovanni il 26 e 27 giugno.
GINNASTICA ARTISTICA
— Si sono disputate sabato 29
maggio a Novara le prove di
qualificazione all’incontro interregionale di ginnastica artistica
Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria. Il nutrito gruppo pinerolese
in rappresentanza delle società
3S Lusema e Atletica di Pinerolo
ha ottenuto ottimi risultati e ben
quattro atleti si sono qualificati
per la prova successiva. Nella
categoria ragazzi, ottimo il secondo posto di Fabio Tota della
3S davanti a Matteo Cotogno
dell’Atletica Pinerolo, mentre la
categoria giovani femminile ha
visto il 5° posto della torrese Valeria Grillo della 3S e T8° di
Laura Fiorenzatto dell’Atletica
Pinerolo.
PALLAVOLO FEMMINILE — Ottima vittoria finale del
San Secondo sul Villafranca
Volley durante le finali del torneo «Sti ingegnerie» riservato alla categoria allieve under 16, che
si sono svolte a Villafranca il 5
giugno nelle palestre delle scuole
medie e elementari. Al torneo,
iniziato ad aprile e organizzato
da associazioni pinerolesi con
l’assistenza tecnica del 3S Luserna, hanno partecipato otto squadre suddivise in due gironi. I
risultati: 1° U.S. San Secondo,
2° Volley Villafranca, 3° V.B.
Piobesi, 4° Cober Perosa, 5° Fiar
Domus Cavour, 6° 3S Nova Siria, 7° Bricherasio, 8° Barge
Volley.
MINIHANDBALL — Si è
concluso il primo torneo propaganda di minihandball organizzato dal Comitato provinciale
pallamano di Torino, svoltosi
nella palestra Sangone di Rivalta
il 28 maggio e il 4 giugno, al
quale hanno partecipato i piccoli
atleti del 3S guidati da Andrea
Comoglio. Hanno partecipato le
quadre Exes Rivalta, Pintor, 3S,
Città Giardino. La classifica: 1°
Città Giardino di Torino, 2° a
pari merito 3S e Exes Rivalta, 3°
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15 -10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolo
n. 175/60
Resp. Franco Glampiccoll
Stampa:
La Ghislerlana Mondavi
Spedizione in abb. post.
Gr2A/70
Pintor di Torino. La prova dei
ragazzi del 3S è stata positiva sia
per l’impegno che per la preparazione tecnico-atletica dimostrata, considerando anche che
per loro si è trattato della prima
gara alla quale hanno partecipato, dopo pochi mesi di preparazione e allenamenti. In evidenza il bravo portiere Paolo Virone, il capitano Marco Comba e
Lorenzo Rosso. Bravi tutti gli altri: Matteo Boaglio, Cristian Bonanno, Marco Rosso, Samuele
Rosso, Andrea Bonetto e Ramon
Fissore.
USSL 42
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica;
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154.
DOMENICA 13 GIUGNO
Perosa Argentina; Farmacia
Forneris - Via Umberto I, tei.
81205
Ambulanze;
Croce verde, Perosa: tei. 81100
Croce verde, Porte : tei. 201454
USSL 43 - VALPELLICE
Guardia medica;
notturna, prefestiva, festiva;
telefono 932433
Guardia farmaceutica;
DOMENICA 13 GIUGNO
Lusema San Giovanni; Farmacia Savelloni - Via F. Blando 4 - (Lusema Alta), tei.
900223
Ambulanze;
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
USSL 44-PINEROLESE
Guardia medica;
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza;
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso I distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 118
Venerdì 11 giugno — LUSERNA SAN GIOVANNI: In
occasione della serie di incontri
«Parliamone con il Pds» alle 21,
presso la sala mostre del Comune, in via Deportati 23, Luigi Rivalta, consigliere regionale del
Pds parlerà di Quale programma per la sinistra?
Sabato 12 giugno — RORÀ:
Alle 20,45, presso la sala delle
attività, il Gruppo teatro Rorà
presenta la commedia in due atti
Tant fracass per niènte.
Sabato 12 giugno — SAN
GERMANO CHISONE: Per la
rassegna del Cantavalli, alle
21,15 al parco Villa Widemann,
suonerà il gruppo The Poozies
della Gran Bretagna; seguirà un
ballo con la compagnia La Chastelado.
Sabato 12 giugno — TORRE
PELLICE: Nel salone Opera
Gioventù di via Al Forte, la
compagnia Vecchio teatro di
Torre Pellice presenta la farsa in
tre atti Vado per vedove.
Sabato 19 giugno — BRICHERASIO: Alle 17, per gli incontri con il Pds, nell’ambito
della festa dell’Alternativa democratica, Antonio Monticelli,
vice-presidente del Consiglio regionale del Piemonte, parlerà di
Che cosa cambia con la legge
elettorale maggioritaria.
Cinema
TORRE PELLICE — Giovedì 10, alle 21, al cinema Trento, a cura del Cai vai Pellice,
verrà posto in visione il film K2:
l’ultima sfida di Frane Roddam.
Il regista sa toccare i diversi
aspetti dell’alpinismo: la difficoltà di conciliare la passione alpinistica con gli affetti familiari,
la competizione, l’egoismo, la
solidarietà nelle situazioni drammatiche, i difficili rapporti con i
portatori nelle spedizioni, gli antagonismi e le tensioni che nascono per la forzata convivenza
ai campi.
Sempre al Trento, per la normale programmazione, venerdì
11, ore 21,15, verrà proposto I
signori della truffa, con replica
sabato alle 20 e 22,10. Domenica, ore 20 e 22,10 e lunedì, ore
21.15, è in programmazione Accerchiato.
PINEROLO — Il cinema Italia ha in programma, da giovedì
10, Un giorno di ordinaria follia; feriali 20 e 22.20, sabato e
domenica 20 e 22,30.
BARGE — II cinema Comunale propone sabato Non è un
codice; domenica, lunedì e martedì, Alive, sopravvissuti. Feriali ore 21,15; domenica 15,15,
17.15, 19,15,21,15.
Concerti
Venerdì 11 giugno — GRUGLIASCO: Alle 21, nel Palagodzilla, per l’organizzazione di
«Hiroshima mon amour» in collaborazione con Radio Beckwith,
si svolge un concerto del gruppo
cileno Inti-Illimani. Ingresso lire 18.000; prevendite nel Pinerolese: Sibille Hifi, Torre Pellice.
Sabato 12 giugno — LUSERNA SAN GIOVANNI: La
corale valdese organizza un concerto del Kappelchor di Monaco
di Baviera nel tempio valdese,
diretto da Dorothee Jäger; verranno proposti brani di musica
corale del XVIII e XX secolo.
Inizio ore 21.
Sabato 12 giugno — ANGROGNA: Alle 21, nel tempio
valdese di S. Lorenzo, si svolgerà un concerto del coro La
Orala e del coro La Meidia di
Barge.
Sabato 12 giugno — POMARETTO: Alle 21, nel tempio
valdese, avrà luogo un concerto
della Camerata corale La
Grangia; le offerte andranno a
favore della ristrutturazione dell’
organo.
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11
venerdì 11 GIUGNO 1993
Attualità
PAG. 7 RIFORMA
Iniziativa delle chiese evangeliche della città
Milano accoglie gli immigrati
MAURIZIO SENS________
Sabato 22 maggio è stato
inaugurato il Centro di seconda accoglienza di via Ampola 20, una palazzina di due
piani nella zona sud di Milano. Si è trattato di un momento di gioia e di allegrezza che
gli evangelici/e di Milano
hanno condiviso con i primi
ospiti extracomunitari, a cui è
seguito un piccolo rinfresco
utile a meglio fraternizzare
insieme.
Il gruppo delle chiese Bmv,
nato come una «Commissione albanesi», sul problema
della immigrazione clandestina e di massa delle popolazioni albanesi, è approdato
con lo stesso interesse ed entusiasmo alla costituzione
della Ceiam (Commissione
evangelica interdenominazionale accoglienza migranti),
individuando nel campo della
ricerca dell’alloggio e del lavoro per i cittadini migranti il
proprio fonte di impegno, per
un effettivo aiuto agli immigrati.
Nel 1992 la Ceiam si propone di offrire un alloggio dignitoso, chiedendo un contributo alle spese, per un periodo sufficiente all’ospite per
organizzare la propria vita
nella città e raggiungere una
sistemazione definitiva.
L’iniziativa, che ha un carattere interdenominazionale,
ha avuto un significativo sostegno dalle comunità evangeliche milanesi sia economicamente che in termini di volontariato.
La Ceiam, che è in stretto
rapporto con il Servizio mi
Chiesa battista di Gravina
Visita agli istituti
battisti del Lazio
PINA LOVEGLIO
Immigrati davanti alla nuova casa di accoglienza (foto Zibecchi)
granii della Fcei, si avvale
anche del prezioso contributo
del pastore Salvatore Briante,
in veste di coordinatore
dell’attività del centro di via
Ampola.
L’anno trascorso si è caratterizzato per un alternarsi di
momenti di entusiasmo e di
impegno o di dubbio e di incertezza, ma si è confidato
nell’aiuto del Signore a cui va
il nostro ringraziamento.
L’apertura del Salmo 127:
«Se l’etemo non edifica la casa, invano si affannano gli
edificatori...» ci ricorda la
fragilità di ogni nostra costruzione umana, ma anche e soprattutto la grazia del Signore, promessa di continuità e
di sviluppo.
Veramente bella ed entusiasmante è stata la gita
organizzata dalla Chiesa battista di Gravina nei giorni 1°
e 2 maggio. Lo scopo principale della gita, a cui hanno
preso parte anche fratelli e
sorelle di Altamura e Matera,
era di fare visita ad altre comunità e centri battisti, di
ascoltare i loro problemi, di
vivere almeno per un giorno
insieme a loro. L’ospitalità e
la cordialità hanno predominato nel corso dell’intera permanenza. Ci siamo resi ben
conto di quanti problemi assillano i nostri centri e quanto
hanno bisogno di aiuto i nostri fratelli e le nostre sorelle
nello svolgere il loro compito.
Il programma prevedeva
una prima visita all’Istituto
Taylor, casa di riposo e centro giovanile. Quest’ultimo si
mostrava carente di strutture
ma ancor più carente di personale disposto a dare un
concreto aiuto nell’assistenza
e nella guida dei ragazzi che
lo frequentano.
Il problema ci è parso abbastanza drammatico e le comunità che hanno preso parte alla gita hanno voluto, con la
benedizione di Dio, donare
una modesta offerta raccolta
durante la settimana di Pasqua.
Si è svolto quindi un breve
culto nel tempio di Centocelle con la partecipazione di al
cuni ospiti della casa di riposo, del pastore Blasco Ramirez e della direttora dell’istituto, Betsy Moore, i quali ci
hanno accolto con molta simpatia e cordialità.
Domenica 2 maggio abbiamo voluto fare visita alla
chiesa di Ariccia il cui pastore, Bruno Colombu, è stato
pastore delle chiese di Gravina e Altamura per 14 anni. Il
messaggio della pastora Elizabeth Green era centrato sulla «mano d’associazione» che
unisce le chiese battiste in vista dell’evangelizzazione.
Il pastore Colombu ci ha ricordato come capiti di rado
che dei fratelli e delle sorelle
vengano da lontano a fare visita.
Il tutto è stato suggellato
con una pergamena che egli
stesso ha donato alla comunità di Gravina e che ora è
esposta come ricordo nel nostro locale di culto.
L’ultima tappa della nostra
gita è stato il centro di Rocca
di Papa dove si è svolto il
pranzo domenicale. Rocca di
Papa è uno splendido centro
ben curato, con strutture nuovissime, gestito dal Movimento femminile battista.
La gentilezza e l’ospitalità
della direttora. Vera Marziale, e la serenità di quei luoghi
suggestivi hanno donato a
tutti una bella domenica. La
nostra escursione è terminata
alla sera con l’allegro ritorno
presso le nostre case, con un
po’ di nostalgia nel cuore.
Le proposte delTUnione avventista e delle Assemblee di Dio
Una possibilità per sostenere
la diaconia evangelica
La Chiesa cristiana avventista del settimo giorno ha
presentato alla stampa, il 13
maggio, la sua campagna pubblicitaria per l’otto per mille,
in vista della dichiarazione dei
redditi. «Otto per mille: dai un
taglio nuovo alla tua scelta».
«Noi non abbiamo bisogno
dell’otto per mille. Proprio per
questo dovresti destinarlo a
noi». «Noi non giudichiamo le
donne. Le aiutiamo con l’otto
per mille». «Chi ci destina
l’otto per mille non finanzia
una chiesa; finanzia la gente».
Questi i principali slogan della
campagna, curata dall’agenzia
«Alias Tbwa». Una campagna
dai toni apparentemente aggressivi: ma in realtà, hanno
spiegato i responsabili, essa
non mira tanto a polemizzare
con gli altri «concorrenti”»
(stato e Chiesa cattolica),
quanto a disegnare in maniera
netta la specifica identità av''entista, quella di una chiesa
protestante «normalissima» (e
non una setta, come spesso
viene definita); di una chiesa
che, in base al principio della
separazione tra stato e chiese,
SI mantiene esclusivamente
con le offerte dei fedeli; di
una chiesa fortemente impegnata in campo sociale (nel
mondo i 7 milioni di avventisti gestiscono oltre quattromila scuole, 80 università e college e quasi 500 tra ospedali,
cliniche e dispensari medici,
con un personale medico e paramedico di 57.000 persone).
Nel corso della conferenza
stampa il segretario dell’Unione avventista italiana, pastore
Ignazio Barbascia, ha lamentato le imprecisioni che vengono talvolta diffuse dalla
stampa (e talaltra anche dagli
organi competenti, come i
«Caf», centri di assistenza fiscale) in merito alla scelta per
l’otto per njille, e ha fornito
alcuni dati provvisori sull’andamento della campagna del
’92 (dichiarazione dei redditi
del ’91), che vede un aumento
delle scelte a favore degli avventisti: sui modelli 740
1’1,1% dei contribuenti ha firmato per la chiesa avventista,
contro lo 0,8 dell’anno precedente. Nonostante gli avventisti non abbiamo ancora ricevuto una lira dallo stato,'ha
detto Barbascia, essi hanno
già dato vita ad alcuni progetti: un centro di accoglienza a
Torino, borse di studio per extracomunitari, ampliamento di
una casa di riposo a Forlì, un
Centro sociale di odontoiatria
a Cesena e un Centro sociale
polivalente a Potenza.
L’Unione delle chiese avventiste, come anche le Assemblee di Dio, destinano
l’otto per mille esclusivainente a scopi sociali e umanitari,
e rinunciano, a favore dello
stato, alla quota parte dell’otto
per mille dell’Irpef relativa alle scelte non espresse dai contribuenti.
Anche le Assemblee di Dio
in Italia (Adi), la più importante denominazione pentecostale italiana, hanno lanciato
la loro campagna sull’otto per
mille, in vista della dichiarazione dei redditi.
Come per gli avventisti, i
proventi dell’otto per mille
destinati alle Adi saranno usati esclusivamente per scopi sociali e le Adi rinunciano, a favore dello stato, alla quota
parte relativa ai contribuenti
che non hanno espresso alcuna scelta.
«Non vi stancate di fare il
bene» (II Tessalonicesi 3, 13):
con questo slogan le Adi propongono di destinare l’otto
per mille, «utilizzato soltanto
per aiutare i poveri, l’infanzia
abbandonata, gli emarginati,
gli anziani, i tossicodipendenti
e quanti, di qualsiasi razza,
nazione o religione, hanno bisogno di assistenza».
Il Servizio evangelico di assistenza sociale, diretto dalle
Adi, ha sostenuto e sta sostenendo programmi di aiuto alimentare, medico ed educativo
a favore delle popolazioni del
Burkina Faso, dello Zaire, del
Congo, Romania, Albania e
dei paesi della ex Jugoslavia.
L’otto per mille servirà anche
alla costruzione di una moderna casa di riposo per anziani e
per programmi di recupero di
tossicodipendenti. «Le Assemblee di Dio in Italianonostante non abbiano ancora ricevuto i fondi destinati dal
contribuente negli anni passati, hanno finanziato i suddetti
progetti con le libere offerte
raccolte nelle proprie comunità».
Dichiarazione dei redditi 1993
Mod. 740: continua
la disinformazione
gni giorno notiamo
■Vn V-/ che vengono fornite
al pubblico informazioni sbagliate circa la scelta dell’otto
per mille. Ciò da parte dei
giornali, della radio e della televisione, come anche dai funzionari del ministero delle Finanze che al numero verde
informano con molto pressappochismo e a volte disconoscendo completamente il problema». Lo ha dichiarato
all’agenzia Nev il pastore
Ignazio Barbascia, segretario
dell’Unione delle chiese avventiste. Gli fa eco il pastore
Francesco Toppi, presidente
delle Assemblee di Dio in Italia, la denominazione pentecostale che costituisce il più numeroso gruppo evangelico italiano: «Spesso gli organi di
informazione fanno d’ogni erba un fascio - afferma Toppi
- dimenticando che, diversamente dalla Chiesa cattolica,
noi utilizziamo l’otto per mille
esclusivamente per scopi sociali, e non partecipiamo alla
ripartizione delle scelte non
espresse». Il pastore Barbascia è critico in particolare nei
confronti della Rai: «In quat
tro anni il servizio pubblico di
informazione non ha mai organizzato un dibattito sull’argomento per informare la gente, eppure ci sono circa 900
miliardi di lire che vanno ripartiti e la gente ha diritto di
sapere come scegliere».
Da quattro anni ormai avventisti e Assemblee di Dio
sono presenti sui modelli 740,
101 e 201 per la dichiarazione
dei redditi e finora, diversamente dalla Chiesa cattolica,
non hanno ricevuto alcun acconto dallo stato per le quote
loro attribuite dai contribuenti.
Entrambe le chiese sono completamente autosufficienti per
quanto riguarda il finanziamento del culto, e utilizzeranno i fondi dell’otto per mille
esclusivamente per iniziative
sociali e umanitarie in Italia e
all’estero. In coerenza con il
principio di separazione fra
chiese e stato e nel rispetto
delle scelte dei contribuenti,
esse hanno inoltre deciso di
non partecipare alla ripartizione delle quote relative alle
scelte non espresse, rinunciando alla loro quota parte a favore dello stato.
Per la pubblicità su RIFORMA
7RS
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Sinodo romano
Per un vero
ecumenismo
_______FRANCO DUPRÉ______
Per la prima volta il Sinodo
diocesano romano è stato seguito da alcuni membri delle
chiese evangeliche di Roma,
che avevano accettato l'invito
loro rivolto. I nostri rappresentanti si sono alternati nel
tempo: l ultimo è stato Franco
Dupré, che in occasione della
Congregazione del 7 maggio
ha svolto un intervento assai
apprezzato, del quale pubblichiamo qualche stralcio.
Quello che è avvenuto in
questi mesi ha, nel suo piccolo, rilevanza storica: 800 anni
dopo che in questo luogo i primi valdesi sono stati derisi
con sufficienza per la loro fede ritenuta ingenua, ci avete
invitato a lavorare insieme .
Certo questo non ha scalfito
nessuno dei grossi ostacoli
che stanno fra di noi, eppure
misteriosamente ha cambiato
tutto, perché confesso di
ascoltarvi oggi in modo diverso, e so che anche il vostro
ascolto è cambiato.
Credo che il compito affidatomi qui in questi mesi fosse
proprio di aprirci a vicenda le
orecchie indurite, per poter finalmente intendere che cosa
l’altro ha da dire. Ritengo fondamentale la dichiarazione,
esplicitamente ancorata alla
Scrittura, che il cammino verso il dialogo ecumenico è per
la Chiesa cattolica in Roma irreversibile: essa ci impone il
dovere fraterno di accettare il
dialogo, e ne dovremo tener
conto nelle nostre chiese e
uscire dal nostro guscio (...).
Vi chiedo perciò più coraggio: non limitate la ricerca
dell’incontro «all’ambiente di
vita, di scuola e di lavoro»,
nel quale ci conosciamo già
da sempre, come italiani, e
non arrestatevi «a livello diocesano, di prefettura», ma cerchiamoci nei luoghi in cui viviamo la nostra fede in quanto
credenti, nelle nostre comunità e nelle vostre parrocchie:
gli incontri che ho avuto in
due parrocchie romane durante la settimana della preghiera
per l’unità sono state per me
una gran gioia e delle vere rivelazioni, perché ho capito
che solo lì è possibile superare
pregiudizi, riconoscere il fratello o la sorella che ci sta di
fronte (...).
Infine vorrei ricordare la
maggior sfida ecumenica che
c’è attualmente in Roma: oggi
la maggioranza dei cristiani
non cattolici nella nostra città
non sono italiani, ma sono ortodossi e protestanti che provengono dalle zone più povere
del mondo.
Noi ne vediamo solo il bisogno materiale, che cerchiamo
di alleviare con slancio samaritano, ma non quello spirituale, di credenti strappati dalla
loro comunità di origine, privati del loro culto e della fraternità di altri credenti. Anche
per noi è più facile chinarci su
loro con carità che non onorarli come membra dello stesso corpo di Cristo, riconoscerli come fratelli che possono
non solo ricevere ma anche
dare. Riflettere e lavorare insieme su questo problema potrebbe essere un buon lavoro
ecumenico comune.
Non sarò presente all’assemblea conclusiva del Sinodo in piazza S. Pietro. Vi sono
stato caldamente invitato, e di
ciò vi ringrazio, ma ritengo di
non poter venire per evitare i
fraintendimenti di un irenismo
superficiale: credo che dobbiamo ancora percorrere insieme molta strada, e faticosa,
prima di poter fare insieme atti con una tale carica simbolica.
12
PAG. 8
RIFORMA
VENERDÌ 11 GIUGNO 1993
Il rapporto tra Bibbia e letteratura nelle culture europee profondamente influenzate dal cristianesimo
La metamorfosi di una parabola: il figlioi prodigo nella
interpretazione di André Gide, Rainer M. Rilke e Franz Kafka
_______ANNE MARIE PELLETTIER*_____
Come ogni libro anche la Bibbia
può essere letta e interpretata,
ma più degli altri libri essa viene raffigurata, nella pittura, nella musica,
trova delle ulteriori ramificazioni in
nuove scritture. Così avviene che una
parte immensa del patrimonio letterario dell’Occidente si agganci al
racconto biblico, si rifaccia alle sue
figure, sogni nelle sue coordinate.
Ma che fa la letteratura quando si
forma in base all’ispirazione della
Bibbia? la illustra? la ricrea? la tradisce? O forse fornisce al testo biblico
una luce che non potrebbe venirgli
altrimenti? Evocheremo questi problemi in base a una specie di inchiesta sulla parabola detta del figliol
prodigo (Luca 15) così come compare, riletta e persino riscritta, nei primi
anni del secolo, nelle opere di tre importanti autori come Gide, Rilke e
Kafka.
I richiami di un testo
Conosciamo i dibattiti di oggi
sulle parabole: a quale genere lette
rario appartengono? Come situare
la parabola evangelica tra l’allegoria utilizzata in forme diverse nella
cultura greca e il mashal semitico?
E, ancora, le parabole hanno
l’obiettivo di velare il messaggio
che veicolano, ricoprendolo con il
velo dell’enigma, oppure rappresentano un dispositivo pedagogico
destinato a fornire un accesso «per
immagini» a delle verità difficili alla comprensione?
Questi interrogativi, diventati più
radicali nell’epoca moderna, aumentano in qualche modo per i nostri contemporanei il mistero di
questi brevi racconti, a volte fin
troppo semplici, spesso disseminati
di stranezze, se non di provocazioni.
Il lettore della parabola del figliol
prodigo, malgrado la popolarità e la
semplicità apparente di quest’ultima, non riesce a sfuggire alla sorpresa e all’imbarazzo; lo dimostra il
fatto che è difficile darle un titolo,
come risulta dalle diverse scelte dei
commentatori e dei traduttori: la
designazione tradizionale («Parabo
la del figlio prodigo») si affianca ad
altre come «Parabola del figlio ritrovato» (Toh - Traduzione ecumenica francese della Bibbia), «Il figlio perduto e ritrovato» (JNouvelle
Bible de Crampon, 1952), «Parabola dell’amore del padre» (Jeremias),
o ancora «Il figlio perduto e il figlio
fedele» (Bibbia di Gerusalemme,
ed. 1955 e 1973)'.
Questa esitazione riflette semplicemente la complessità del racconto, così come lo possiamo leggere
oggi, che intreccia la vicenda di un
figlio cadetto accolto dal padre dopo un lungo vagabondare e quella
di un figlio maggiore che, testimone di questo ritorno e del perdono
del padre, vede in questo solo ingiustizia e disprezzo per la propria
fedeltà. Questa complessità è d’altra parte raddoppiata dal gioco sottile delle intenzioni e dei desideri
che, mettendo in movimento i diversi soggetti del testo, ne sostengono lo svolgimento narrativo. Solo
un’accurata analisi permette di rintracciare nella parabola la tripla vicenda di un triplo desiderio.
1) storia della conversione del desiderio del figlio prodigo che, dalla
volontà di affrancamento che gli fa
lasciare la casa patema, passa alla
nostalgia dei beni che gli mancano,
poi al desiderio di reintegrare lo
spazio familiare in qualità di mercenario, per ricongiungersi infine al
proprio molo di figlio quando ha la
rivelazione della paternità del padre;
2) storia dello svelamento, questa
volta, del desiderio del figlio maggiore; l’atteggiamento provato di
fronte al perdono gratuito e festoso
accordato al prodigo mette in evidenza che la fedeltà visibilmente
vissuta dal maggiore nel corso degli
anni era estranea alla logica dell’
amore quanto lo era la «diserzione»
del minore;
3) storia del desiderio del padre,
identico a se stesso dall’inizio alla
fine della parabola, ma il cui tenore
è come segnato e manifestato con
sempre maggior chiarezza a ogni
nuovo gesto e a ogni nuova parola
del racconto: in questa figura si
svela la verità di una paternità che
condivide, pazienta, perdona proprio in base alla condivisione di una
pazienza e di un perdono del tutto
disinteressati e offerti ad ambedue i
figli e, aggiungiamo noi, necessari
al figlio prodigo e al maggiore.
Tre riletture della parabola
Nel giro di pochi anni la letteratura europea ha riletto tre volte la
vecchia parabola di Luca: nel 1907
André Gide pubblicava un breve
racconto intitolato II ritorno del figlìo prodigo-, poi Rainer Maria
Rilke chiudeva, nel 1910, i Quaderni di Malte Laurids Brigge con una
perifrasi sulla stessa figura del prodigo; infine Franz Kafka scriveva
nel 1920 un breve testo intitolato il
ritorno (in edizione italiana Ritorno
a casa, ndr) che, pur senza esplicita
menzione, evoca irresistibilmente il
testo evangelico. Bisogna aggiungere che, fra Gide e Rilke, Charles
Peguy commentava in maniera originale le «tre parabole della speranza», tra cui quella del figliol
prodigo.
André Gide, a destra, insieme a Jean-Paui Sartre (1950)
Il «figlio prodigo» di André Gide
Fedelmente all’argomento
della parabola. Il ritorno
del figlio prodigo di Gide si
presenta come una rilettura
estremamente personale. Innanzitutto formalmente, poiché dopo una ripresa delle
varie sequenze narrative della
parabola (il ritorno, l’incontro con il padre e il perdono,
la festa e la stizza del figlio
maggiore), il testo si sviluppa
in una serie di 4 dialoghi. Il
primo, l’unico a trovare un riferimento nel testo di Luca,
raffigura il padre e il figlio
prodigo; il secondo quest’ultimo e il fratello: entrambi
sono concepiti da Gide come
«reprimenda».
Gli altri due dialoghi collocano il prodigo di fronte a
due personaggi ideati da Gide: per prima la madre, angosciata nel vedere il figlio tentato dagli stessi demoni che
allontanarono il prodigo da
casa; poi il minore, sorta di
«doppio» del prodigo, che
raccoglie in qualche modo
l’ispirazione del fratello e il
progetto a cui quest’ultimo
avrebbe rinunciato per debolezza.
L’effetto più immediato
dell’intervento operato da Gide è che la figura del padre,
che nella parabola di Luca è
presente lungo tutto il racconto di cui costituisce l’elemento teologicamente più rilevante, si trova modificata in
un riferimento passeggero, e
in fin dei conti secondario. Al
dispositivo della parabola,
che consiste nel fare reagire i
due figli ai gesti patemi della
grazia e del perdono, si sostituisce una distribuzione binaria dei ruoli, che è una reinterpretazione: da un lato i rappresentanti dell’ordine familiare, della convenzione sociale, che esigono l’accettazione e la sottomissione, anche al prezzo del rinnegamento di sé (il padre, il figlio
maggiore e la madre), dall’altra i trasgressori la cui fedeltà
a se stessi e all’altro è capace
di affrontare il sospetto di
ingratitudine.
Alla fine della parabola di
Gide solo il secondogenito resta in questo secondo campo,
mentre il racconto appare come storia del passaggio del
prodigo dalla sfera della fedeltà a se stesso e della libertà
alla sfera di una socialità
conformista che somiglia
molto da vicino a un rinnegarsi («La mia sola cura ormai sarà di assomigliare a
tutti voi», dice, contrito, il
prodigo alla madre).
Come si vede, attraverso
questo impianto a dialoghi
della parabola, il materiale tematico risulta decisamente
spiazzato. La questione del
perdono è sfumata quanto la
figura del padre. Perché d’altra parte il perdono del padre
dovrebbe essere valorizzato,
mentre il testo si adopera non
solo a discolpare Ferrare del
prodigo, ma anche a inserirla
in una alta e generosa logica?
Ciò che viene in questo
modo spiegato e esposto, e
come simbolizzato, in breve
dalla riscrittura della parabola, e grazie a essa, è il dibattito tipicamente gidiano
che si ritrova in tutta la sua
opera. Il racconto di Luca riletto da Gide non è più una
parabola della misericordia,
ma della ricerca e del compimento di sé, nel confronto,
che può anche essere doloroso, con le diverse forme
costituite della società. Il testo prevede anche, d’altra
parte, degli indizi sul modo in
cui Gide vi si impegna.
Così il primo dialogo (padre-prodigo) è preceduto da
una confidenza in prima persona, rivolta da Gide a Dio
stesso, per confessare la vicinanza dei propri sentimenti
con quelli del figlio prodigo.
E, in una specie di prologo,
Gide si definisce come il
«donatore» che veniva raffigurato un tempo nei trittici
che illustravano la parabola,
nel ruolo di chi è «compagno
al figlio prodigo, sorridendogli, ma con il viso solcato
dalle lacrime» , un molo che,
alla fine del racconto, potrebbe confondersi con quello del
figlio più giovane, che porterebbe a compimento il desiderio gidiano del prodigo.
I «quaderni di Malte Laurids Brigge
di Rainer Maria Rilke
»
Al termine dei Quaderni
di Malte Laurids Brigge
Rilke si richiama a sua volta
alla parabola. Il libro è la
cronaca della vita di Malte,
giovane danese solitario che,
dopo essere cresciuto nell’atmosfera quasi da sogno del
castello del vecchio conte
Brahe a Ulsgaard, incontra a
Parigi la vita nella sua più
banale quotidianità, piena di
brutalità misteriosa. Collegando insieme i ricordi ossessivi del passato e le impressioni ancora più angoscianti che derivano dai luoghi e dai momenti presenti.
Malte interroga il mistero
della morte e il suo doppio,
quello della vita, tenuti insieme dall’altro enigma che è
l’amore.
Passando in rivista, in questa sua esplorazione, delle
celebri figure amorose che
furono amanti sfortunate, deluse, tradite. Malte esprime
infine, e in margine al suo testo, la certezza che «essere
amata equivale a consumarsi
nella fiamma», mentre «amare è risplendere di una luce inestinguibile». Da ciò deriva questo aforisma: «Essere amato significa passare,
amare significa restare», ciò
che, poche righe più avanti,
la parabola del figliol prodigo mostrerà nelle ultime pagine del romanzo.
«Nella parabola del figliol
prodigo, io mi ostino a ravvisar la leggenda di colui
che non voleva esser amato.
E si durerebbe fatica a dissuadermene.
Da bimbo, tutti, in casa, lo
amarono. Crebbe senza conoscere altro. E si adattò a
quella tenerezza melliflua,
da bimbo.
Appena entrato nell'adolescenza, senti invece, imperioso, il bisogno di liberarsene. Non avrebbe potuto spiegarlo, a parole: ma quando
andava intorno dall’alba al
tramonto, e dietro non voleva neppure i cani, era solo
perché anche i cani l’amavano; perché i loro occhi, osservandolo, esprimevano attesa, premura, timore; perché finanche sotto quello
sguardo, non poteva compiere atto veruno, senza arrecar
gioia, o ferire»*.
Lento sviluppo di quell’
amore che rinchiude, limita,
prescrive fino a essere quel
pastore, poeta, separato dagli
altri uomini, al quale si apre
l’immensità della notte. Poi,
secondo il movimento della
parabola, ritorno alla casa
del padre - dal luogo dell’infanzia, in fondo, non si può
prendere congedo definitivamente - dove peraltro il malinteso si riforma subito: «Il
gesto (...) di implorazione
con cui il figliol prodigo si
buttò alle ginocchia dei
familiari, scongiurandoli di
non amarlo», e che viene
preso per un gesto di pentimento.
Ma questa volta il malinteso ha un valore protettivo: è
un altro a essere perdonato,
amato, non il prodigo ormai
inaccessibile, libero, inconoscibile da parte di coloro che
intendono l’amore solo come
presa di possesso:
«Perché gli avvenne di accorgersi via via sempre più,
come quell’amore, di cui gli
altri si mostravano tanto vanitosi stimolandovi si a gara,
lasciasse immune la sua persona solamente. Avrebbe
quasi sorriso di pietà, vedendoli arrabattarsi, per
nulla, così. Appariva chiaro
che non pensavano al Reduce » (ibid., pp. 241-242)1
Rilke non aggiunge, né
amplifica la parabola evangelica. Al contrario di Gide,
che sovraccaricava il testo,
ne elimina un buon numero
di elementi, fino a rendere
introvabile i dettagli della
trama. Resta solo la figura
del prodigo, delimitata,
nell’ombra, da quei «loro» di
un ambiente familiare indistinto, in cui non è più consentito identificare un padre,
una madre o un fratello.
La rilettura non fa altro
che tentare di installarsi nel
silenzio del testo di Luca, di
prestare qualche parola alla
muta impazienza e ai sogni
del figlio prodigo. Le parole
dell’ansia di Malte, probabilmente riprese da quelle stesse di Rilke che districa, attraverso la pratica della scrittura, le tracce di un’infanzia
e di un’adolescenza che furono oppressive anche per
lui.
(*) Rainer Maria Rilke, I quaderni di Malte Laurids
Brigge, 1910. Trad. di Vincenzo Errante, 1937. Milano,
Ed. associati, 1988, pp 233234).
Pubblichiamo un ampio studio relativo alla parabola del figlici prodigo, riletta e reinterpretata,
pià o meno direttamente, da tre grandi scrittori:
André Gide, Franz Kafka, Rainer Maria Rilke.
Lo studio è stato pubblicato originariamente sul
n. 5 della rivista «Foi et vie» (Cahier biblique n.
30) del settembre 1991, dedicato al tema «Bibbia,
letteratura e cinema».
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\/FNERDÌ 11 GIUGNO 1993
PAG. 9 RIFORMA
' iri"” - ' --v“ •‘.‘
Veduta del castello di Praga
Il «ritorno a casa» di Franz Kafka
^ on tornato, ho attra\\hJ versato l’ingresso e
mi guardo intorno. E la vecchia fattoria di mio padre. Lo
stagno nel mezzo. Vecchi attrezzi inservibili, aggrovigliati l’uno sull’altro, impediscono di passare alla scala
del solaio. Il gatto è appostato sulla ringhiera. Un panno
mezzo strappato, legato una
volta per gioco attorno a un
palo, si agita al vento. Sono
arrivato. Chi ci sarà ad accogliermi? Dal camino esce
fumo, stanno preparando il
caffè serale. Sei a tuo agio, ti
senti a casa tua? Non lo so,
son molto titubante. È la casa di mio padre, ma le cose
vi stanno freddamente V una
accanto all’altra, come se
ognuna di esse fosse intenta
alle proprie faccende che io
ho in parte dimenticato e in
parte non ho mai conosciuto.
A cosa posso servir loro?
Cosa sono io per loro, anche
se son il figlio del padre, del
vecchio agricoltore? E non
oso bussare alla porta della
cucina, rimango ad ascoltare
a distanza, rimango ad ascoltare a distanza in piedi, non
voglio che mi si possa sorprendere ad origliare. E siccome ascolto da lontano, non
afferro nulla, sento solo il
lieve ticchettio di un orologio, o forse credo soltanto di
udirlo, come giungesse dai
tempi dell’ infanzia. Tutto il
resto che succede in cucina è
il segreto di quelli che lassù
siedono e che essi difendono
di fronte a me. Quanto più si
indugia dinanzi alla porta,
tanto più si diventa estranei.
Che accadrebbe se adesso
qualcuno aprisse la porta e
mi chiedesse qualcosa? Non
sarei allora anch’io come
uno che vuol difendere il proprio segreto?»*.
È legittimo associare questo testo di Kafka, datato
1920, alle riletture della parabola del figliol prodigo?
Apparentemente nulla lega
questi tesi.
E tuttavia il ricordo del figlio secondo Luca ritorna
senza trovare resistenza su
questa scena estremamente
pudica in cui un viaggiatore
senza volto né nome arriva
alla soglia della casa patema.
L’anonimato del personaggio
fa riferimento proprio a quello della parabola, conosciuto,
anch’egli, solo genericamente per la propria qualità di figlio o per il suo comportamento di prodigo.
Con meno audacia di Gide
o anche di Rilke nell’interpretare il testo evangelico,
Kafka si limita a quel momento fragile e terribile in
cui lo sguardo di colui che ritorna trova gli oggetti del
mondo paterno, ne riconosce
il profilo e ne individua i rumori.
Solo che in questo ritorno
Pfanz Kafka giovane studente (1906-1908 circa)
non c’è né attesa, né volto del
padre. C’è solo il mistero
dello sconosciuto, sconosciuto come quegli oggetti familiari ormai estranei, fissati
nell’indecisione tra l’enigma
e il riconoscimento.
Non un dialogo, là dove in
Gide c’era ridondanza e abbondanza di parole. C’è
piuttosto l’ammissione
dell’impossibilità del dialogo, giacché nessuna parola ha
la forza di colmare la distanza tra colui che ritorna e gli
altri, da cui dovrebbe venire
la benedizione. Il testo di
Kafka non rilegge quello di
Luca, se non in quanto citazione. Sta tutto nell’allusione
a quella voce che manca.
Quella che potrebbe non «dire» il perdono (perché ciò sarebbe ancora una volta parlare della colpa opprimente),
ma dichiararlo attraverso le
sole parole che comandano la
festa per il ritrovamento.
La letteratura
interprete
della Bibbia
Questa proposta potrebbe
sembrare «abusiva» se pensiamo al modo in cui i tre testi qui evocati riscrivono la
parabola di Luca, spostandone gli accenti e addirittura
modificandone il senso.
«Belle e infedeli», più ancora
di quanto non lo siano già le
traduzioni, queste riletture
scuotono in maniera vistosa e
anche provocatoria il racconto di Luca 15.
Questo tuttavia non significa che non ci sia qualcosa da
capire in questi testi che riguardi il senso evangelico
della parabola, non foss’altro
che per difetto. Due tratti comuni ai tre testi potrebbero
essere rivelatori, ciascuno a
modo suo, di una posta importante che deriverebbe dalla lettura della parabola: il
primo riguarda la maniera in
cui queste interpretazioni
parlano in prima persona;
l’altro è relativo alla cancellazione della figura del padre.
Soggettività
I tre testi letterari fanno
spazio, sia in maniere puntuale, sia continua, a un «io» che
introduce una nota fortemente
soggettiva. Gide fa irruzione
personalmente nella trama del
proprio testo, prendendo il
posto del donatore o introdu
cendo le parole di una preghiera in cui si presenta come
fratello del figliol prodigo. Il
frammento di Kafka d’altra
parte è in prima persona
dall’inizio alla fine, senza che
questa prima persona venga
altrimenti identifieata; qualunque lettore del Ritorno a
casa è potenzialmente il prodigo, che è anche il narratore.
Quanto a Rilke il suo testo
è in terza persona ma, presentato come interpretazione
da parte di Malte della parabola, diventa come rivelatore dei pensieri del personaggio, cifra finale della ricerca riportata nei Quaderni.
La forte nota soggettiva
presente in queste riletture
letterarie illumina così un
aspetto fondamentale del funzionamento delle parabole.
Certo, queste sono dei testi da
interpretare, fatte per suscitare un atto interpretativo. Ma
non basta. Nelle parole non
sono da interpretare solo le
parole, ma anche i moli: esse
sono raccontate perché colui
che ascolta identifichi chi
parla e si identifichi egli stesso.
In tutto questo c’è una differenza profonda rispetto alrallegoria, che consiste spesso nel convertire un senso in
un altro in maniera astratta,
senza implicare minimamente
la persóna di chi procede a
questo spostamento di senso;
al contrario, la parabola «convoca» il proprio uditore o lettore, lo attira nel racconto,
eventualmente lo chiama in
giudizio, in ogni caso rivela
dove si trovi chi ascolta.
E la parabola del figliol
prodigo non sfugge a questa
logica; il suo lettore incontra
necessariamente per strada il
problema della propria posizione - quella del figlio prodigo, dell’altro fratello? - entrambi costretti a umiliare
qualcosa di sé... I percorsi letterari che abbiamo menzionato cercano di evitare questa
umiliazione, ciò che fa loro
perdere anche il beneficio di
udire il perdono...
Quanto meno essi hanno
ben recepito l’invito portato
dal testo biblico a leggere in
prima persona, una lettura in
cui il lettore si lascia raggiungere e esercita la propria responsabilità. E per questo che
in ognuno dei testi c’è l’eco
dei rispettivi autori. Buoni
lettori nel senso che non si
sottraggono all’interpretazione del testo.
(*) Franz Kafka: «Ritorno a
casa» (1920) in: Racconti. Milano, Rizzoli, 1985, p. 427-428).
Il padre cancellato
E l’altro fatto che coinvolge: vi si può vedere come un colpo di mano nei confronti del testo di Luca, che si
tratti del nuovo equilibrio inventato da Gide, in cui il ruolo paterno è banalizzato, messo al pari degli altri protagonisti familiari sia che, in
Rilke, il padre svanisca nel
plurale indefinito della famiglia.
Ora proprio la forza di questa censura potrebbe essere il
miglior indizio che il ruolo
del padre è il centro di gravità
del testo di Luca. E questo
contro le letture affrettate che
si accontentano di mettere in
primo piano la figura del figliol prodigo. Abbiamo imparato a riconoscere che nulla è
taciuto con tanta cura come
ciò che, degli avvenimenti di
una vita come delle parole di
un testo, porta gli sviluppi più
decisivi.
Che cosa significa questa
cancellazione del ruolo paterno? Con una certa superficialità si può interpretarlo in ragione della biografia di Gide,
Rilke e Kafka. Ma si può anche vedervi (e forse con maggior certezza) come l’emergere di un dibattito tipico
della modernità di cui questi
tre testi sono espressione: dibattito intorno alla questione
dell’identità dell’io, nell’accettazione, nel rifiuto o nella
ricerca della figura di un padre o di più padri, essa stessa
presa nella precarietà delle
esperienze e delle rappresentazioni.
Così questi lettori letterari
di una vecchia parabola potrebbero diventare a loro volta come una parabola dei nostri tempi moderni per quanto
riguarda il loro rapporto con
la questione della paternità, e
quindi anche delle paternità
divina.
Il dibattito, in questi testi,
assume un tono di rifiuto. Ma
è notevole che siano le parole
della parabola di Luca ad articolarlo. Certo, ciò che Rembrandt seppe genialmente raffigurare - rappresentando
questa scena evangelica, egli
mostra frontalmente il padre
che apre le braccia a un figlio
di cui solo la curvatura della
schiena e i sandali usati si lasciano distinguere - è qui come dimenticato, perduto,
inaccessibile. Ma questa perdita lascia al testo letterario
una cicatrice aperta al lavoro
della memoria, se è vero, come dice Peguy, che questa
parabola, più di qualunque altra, raggiunge l’uomo in un
unico punto:
«Punto di dolore, punto di
disperazione, punto di speranza.! Punto doloroso, punto
d’inquietudine.! Punto di lividi al cuore dell’uomo.! Punto
in cui non bisogna appoggiarsi, punto di cicatrice,
punto di cucitura e di cicatrizzazione: Dove non bisogna appoggiarsi»^.
(1) Nelle traduzioni italiane, se
la Riveduta parla di «figliol prodigo», abbiamo la titolazione
della Tile: «La parabola del padre misericordioso».
(2) La traduzione francese, citata da A. M. Pelletier, dice: «...
appariva chiaro come poco potessero pensare a lui». Il destinatario del «pensiero» è ovviamente lo stesso, ma la traduzione italiana forza un po’ il testo, esaltando oltre il necessario la caratteristica di «reduce» del protagonista dei Quaderni.
(3) Charles Péguy: Le porche
du mystère de la deuxième vertu,
1911.
* Studiosa dell’Università di
Parigi X - Nanterre.
\ Rina Lydia Caponetto,
SCHERZO MATTUTINO
' „■ pp. 200 + 8 tav. f.t., L. 20.0CX)
«Vivere e basta non è abbastanza!
è necessario avere sole, libertà
e un piccolo fiore!»
(Hans Christian Andersen)
Il racconto gioioso di una piccola violinista, un
percorso simbolico nelle città rinascimentali italiane
(Firenze, Venezia, Ferrara, Mantova, ecc.) alla scoperta appassionante del bello.
Seguendo sempre un ritmo musicale l'itinerario si
addentra nella mitica Sicilia, nella tranquilla Svizzera,
nella verde Alsazia per trovare l’armonia, l’equilibrio
della vita.
Il rispetto dì sé, degli altri, della vita umana: un
impegno a costruire un’Europa dove popoli di razze
e culture diverse s’incontrino nel rispetto reciproco.
Un libro dedicato ai giovani per reagire al degrado di questi ultimi anni,
Distribuzione: Claudiana
Il libro può essere richiesto alle principali librerie, ad una
delle Librerie Claudiana, alla Librerìa di cultura religiosa di
Roma o alla sede dell'Editrice: via Principe Tommaso, 1 10125 Torino - c.c.p. 20780102
Vacanze
a Guardia Piemontese
La «Gasa valdese» di Guardia Piemontese (CS)
mette a disposizione per il periodo estivo (dal 15 giugno al 15 settembre) minialloggi a più posti letto e
servizi. La Casa valdese è situata alle porte dell’antico borgo di Guardia, distante dal mare o dalle terme
Luigiane circa 8 km e collegato con corse regolari di
autobus.
Annesso alla Casa un museo ripropone i momenti
più significativi della storia dei valdesi, con particolari riferimenti alla Calabria.
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14
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 11 GIUGNO igg.^
L'incontro con il moderatore e il Consiglio sinodale della chiesa ceca
Una chiesa alla prova della secolarizzazione
Mercoledì 5 maggio siamo stati ricevuti dal
Consiglio sinodale della Chiesa dei fratelli cechi, formato
da sei membri, tre laici e tre
pastori, compreso ovviamente
il moderatore, Pavel Smetana
Abbiamo chiesto che ci parlassero della loro chiesa e soprattutto della situazione attuale, delle difficoltà e delle
prospettive.
Innanzitutto c’è la questione dei rapporti con lo stato.
Con la costituzione della Repubblica ceca è emersa la necessità di ridefinire le relazioni fra lo stato e le diverse
chiese. Cessati ingerenza e
controllo dello stato nella vita
delle chiese, si sta avviando la
restituzione agli enti ecclesiastici delle proprietà confiscate, ma ciò crea difficoltà soprattutto sul piano finanziario.
Molte delle proprietà restituite ospitavano opere sociali
(istituti per anziani, per portatori di handicap ecc.), nominalmente gestite dalle chiese,
in realtà interamente finanziate con il denaro pubblico; ora
tocca alle chiese rimettere in
sesto gli stabili malandati, gestire le opere, pagare il personale (che man mano verrà sostituito con personale evangelico, preparato a spese delle
chiese) ecc.
Anche per gli stipendi dei
pastori, considerati sinora dipendenti statali, le chiese dovranno subentrare all’amministrazione pubblica, e nel giro
di pochi anni assumersi l’onere totale di questa voce. Si
cercherà di far crescere la capacità contributiva delle comunità locali, ma si pensa an
che a una diminuzione del numero dei pastori o all’autorizzazione ad alcuni di loro ad
assumere un lavoro secolare,
e a un maggior coinvolgimento dei laici.
Gli evangelici cechi guardano con interesse alle intese
che le nostre chiese hanno stipulato con lo stato italiano e
all’S per mille. Alla fine di
aprile è stata nominata una
commissione che andrà a trattare con il governo le questioni giuridiche ed economiche:
ne fanno parte tre persone,
una in rappresentanza dell’
episcopato cattolico, una in
rappresentanza degli ordini
religiosi e una (della Chiesa
dei Fratelli cechi) per gli
evangelici.
Un altro problema, venuto
fuori con la caduta del comunismo, è la valutazione dei
rapporti che la chiesa ha avuto con il regime, particolarmente dopo il 1968. C’è una
minoranza agguerrita (e il
problema è emerso anche in
altre chiese) che accusa la dirigenza passata e alcuni pastori di avere accettato dei compromessi e in alcuni casi, peraltro assai controversi, di essere stati in contatto con la
polizia segreta e comunque di
non aver sostenuto coloro che
erano perseguitati.
Il Sinodo del giugno 1991
ha cambiato l’esecutivo e ha
votato una mozione (inviata al
Consiglio ecumenico, alla
Kek, alla Federazione luterana mondiale e all’Alleanza
riformata mondiale) in cui ci
si scusa con le chiese consorelle per aver taciuto la manipolazione subita dal regime
comunista, ma le polemiche
non sono cessate. Lo testimonia una lettera aperta scritta
da una trentina di esponenti
evangelici di Charta ’77 e indirizzata ai delegati della 10°
Assemblea plenaria della
Conferenza delle chiese europee (Kek) tenuta a Praga nel
settembre ‘92. La lettera attacca violentemente la Kek
accusandola di complicità
nelle persecuzioni attuate dai
regimi comunisti, e ne chiede
lo scioglimento.
Più 0 meno le stesse persone avevano indirizzato nel dicembre del 1990 una lettera ai
«protestanti degli Usa» in cui
si criticavano quelle chiese
evangeliche, e in particolare i
loro leader, che non appoggiavano incondizionatamente
la politica estera di Bush «difensore della pace, dei diritti
umani e della democrazia in
tutto il mondo» (era la vigilia
della guerra del Golfo). Gli
stessi leader protestanti erano
accusati di essere stati indifferenti verso il «carattere criminale dei regimi marxisti», durante il periodo in cui il «Consiglio ecumenico delle chiese
diventava sempre più un efficace strumento ideologico e
politico dell’espansione comunista».
La discussione sul passato
rischia di vanificare le indubbie possibilità di testimonianza e di espansione che la nuova situazione politica offre.
Tra le due tendenze dei contestatori e dei «pragmatici» c’è
la maggior parte delle comunità e dei membri di chiesa,
che dopo i primi momenti di
entusiasmo si va ripiegando
su se stessa e sembra talvolta
cercare rifugio in un pietismo
disimpegnato, alimentato da
movimenti fondamentalisti di
tipo carismatico provenienti
in prevalenza dagli Usa, che
approfittano dello spazio e
della libertà che il passato regime non concedeva loro.
A fronte di queste difficoltà
vi sono elementi positivi che
testimoniano della saldezza
della Chiesa ceca. Noi stessi
abbiamo potuto constatare, in
una visita ad una comunità
della periferia di Praga, che
esiste uno spazio di presenza
e di testimonianza notevole. Il
pastore ci raccontava che la
comunità era ridotta pochi anni orsono a una trentina di
persone, mentre ora ne conta
oltre duecento, con molte
conversioni, soprattutto di
giovani, provenienti dal cattolicesimo e dall’ateismo.
L’impegno nella diaconia
(sono 20 i centri di servizio in
cui la chiesa è attiva), la ripresa dei contatti con le chiese
consorelle europee (Germania, Olanda, Alsazia) tra cui
vorrebbero collocare anche la
Chiesa valdese, i rapporti
sempre più stretti con le altre
chiese evangeliche del paese
nel Consiglio ecumenico delle
chiese ceche, l’opera meritoria della Facoltà di teologia
Comenius che conta 230 allievi (30 donne), di tutte le denominazioni evangeliche e
provenienti anche dalla Slovacchia, sono delle costanti
positive e in sviluppo in un
contesto pervaso, soprattutto
per ragioni politiche ed economiche, da una notevole instabilità.
Le relazioni fra le varie chiese, dall'«Unione di Costanza» ai nostri giorni
^ecumenismo ha novantanni di vita
I cechi e gli slovacchi hanno
una lunga tradizione di rapporti ecumenici che risale al
1905, anno in cui venne fondata 1’«Unione di Costanza»
con lo scopo di difendere i diritti e gli interessi dei protestanti nei confronti della chiesa di maggioranza, la Chiesa
cattolica.
Nel 1927 nasceva una sorta
di federazione delle chiese
evangeliche della Cecoslovacchia, mentre si stringevano
contatti con il Movimento
ecumenico intemazionale.
Nel 1938 il progetto di creare un «Consiglio delle chiese»
comprendente ortodossi e
bussiti, non si realizzava a
causa delle vicende belliche e
dell’occupazione tedesca. Esso veniva attuato solo nel
1955, con la costituzione del
«Consiglio ecumenico delle
chiese in Cecoslovacchia»,
comprendente le chiese che si
riconoscevano nella confessione del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), cioè le
chiese storiche al di fuori della cattolica, impegnate a mantenere un indirizzo unitario
nei confronti del nuovo stato
comunista, instauratosi nel
1948, e a stringere legami con
le chiese non cattoliche dei
paesi oltrecortina.
Nonostante i limiti e i controlli imposti dal governo che
spesso cercava di strumentalizzare il Consiglio ecumenico
cecoslovacco per accreditarsi
nei confronti del protestantesimo e dell’ortodossia mon
Pagina a cura di
Emmanuele Paschetto
diale, si pensi per esempio alle tormentate vicende della
Conferenza cristiana per la
pace, il Consiglio è riuscito
nei quarant’anni della dittatura comunista a cementare
l’unità di fondo del cristianesimo non cattolico del paese.
Dopo la «rivoluzione pacifica» del 1989 il Consiglio
ecumenico ha modificato la
sua struttura aprendosi a tutte
le componenti cristiane del
paese. Prima del 1° gennaio
1993 il Consiglio contava 11
membri a pieno titolo: la
Chiesa vecchio-cattolica (millecinquencento aderenti circa), la Chiesa dei Fratelli (di
tipo presbiteriano-congregazionalista con oltre 10.000
aderenti), l’Unione dei Fratelli (erede dei Fratelli moravi,
circa 5.0(X) membri), l’Unione fraterna dei battisti (con
oltre 6.000 aderenti), la Chiesa evangelica dei Fratelli cechi (oltre 170.0(X)), la Chiesa
evangelica metodista (3.500
aderenti), la Chiesa ortodossa
della Cecoslovacchia (5 mila), la Chiesa cristiana riformata della Slovacchia (90 mila), la Chiesa evangelica della
Slesia della Confessione di
Augusta (50.000 membri), la
Chiesa evangelica slovacca
della Confessione di Augusta
(330.000 membri), la Chiesa
cecoslovacca hussita (170 mila).
Partecipano al Consiglio come osservatori la Comunità
anglicana di Praga (200-300
persone), la Chiesa apostolica
nella Repubblica ceca (1.200
aderenti), la Chiesa degli avventisti del settimo giorno
(15.0(X) circa) e la Conferenza
episcopale cattolica in rappresentanza dei cattolici romani e
uniati (oltre sette milioni).
Attualmente le chiese slovacche si stanno organizzando
in un Consiglio ecumenico
nazionale, mentre in Boemia e
Moravia si hanno tre cerchi
concentrici: il più interno formato dalle sei chiese protestanti (i Fratelli, i Fratelli moravi, i riformati cioè i Fratelli
cechi, i luterani di Slesia, i
battisti e i metodisti) che hanno costituito nel 1991 l’Associazione delle chiese evangeliche e collaborano strettamente a livello teologico e
diaconale, un secondo cerchio
con gli bussiti, i vecchio-cattolici e gli ortodossi (ed è questa la dimensione del Consiglio) e un terzo con le chiese
«osservatrici».
I Fratelli cechi sono al centro di questa complessa rete di
rapporti, la segretaria del
Consiglio ecumenico è la signora Nadeje Mandysova, che
è anche membro del Consiglio
sinodale (Tavola) della Chiesa
evangelica dei fratelli cechi.
Con la Chiesa hussita, nonostante in quest’ultima esistano
ancora formalmente i sette sacramenti ereditati dal cattolicesimo, si è giunti a un riconoscimento reciproco del battesimo e dei ministeri e viene
praticata l’intercomunione, e
una commissione paritetica
fra cattolici e fratelli cechi
aveva raggiunto un accordo
per il riconoscimento reciproco del battesimo, prontamente
bloccato in alto loco da parte
cattolica.
Ovviamente non ci sono
problemi di intercomunione in
ambito protestante, mentre in
particolare con i luterani di
Slesia e quelli di Slovacchia si
è raggiunta in questi ultimi
anni un’accettazione reciproca
ad ogni livello.. La Facoltà di
teologia dei Fratelli cechi, intitolata a Comenio (ora inserita nell’università di stato) serve le diverse chiese protestanti, ha docenti che provengono
da diverse denominazioni e
studenti di origine ancora più
disparata.
Recentemente è stata costituita una Commissione di tre
persone (due cattoliche e una
dei Fratelli cechi) per trattare
la complessa materia dei rapporti con lo stato. Un altro
strumento di unità e collaborazione fra gli evangelici è il
settimanale «Kostnické Jiskry» (Le scintille di Costanza), a cui non partecipano
però i luterani. Ha dietro di sé
una lunga tradizione unitaria
che risale al 1914 e ha subito
diverse interruzioni nei momenti cruciali della storia del
paese, durante le due guerre
mondiali e subito dopo l’invasione sovietica del 1968.
Il settimanale è diretto dal
pastore Dusan Capek, anch’
egli dei Fratelli cechi, vecchio
amico del teologo Hromadka,
ed è ospitato nei locali della
Chiesa metodista di Praga.
Purtroppo naviga in cattive
acque; vi lavorano due sole
persone, i locali sono angusti
e in cattive condizioni, gli
strumenti più moderni di cui
dispone sono il telefono e la
macchina per scrivere. Il periodico è oggi attestato su una
tiratura di pura sopravvivenza
di 7.000 copie.
La sede della Chiesa evangelica dei Fratelli cechi a Praga
Situazione politica in Cechia e Slovacchia
Lo sguardo all'Ovest
Il dissolvimento dell’impero sovietico e la rivoluzione pacifica cecoslovacca dell’autunno 1989 hanno provocato una sterzata di 180 gradi
nella situazione politica ed
economica della ex Repubblica cecoslovacca. Se questo
è vero per tutti i paesi dell’ex
blocco comunista, tanto più
lo è per i cechi e per gli slovacchi abituati da sempre a
sentirsi culturalmente legati
all’Europa occidentale. E nonostante in più di un’occasione l’Occidente abbia fatto
ben poco per meritarsi
l’amore dei cechi (si pensi a
Monaco 1938), la brutale
normalizzazione imposta dai
sovietici nel 1968 ha fatto
decisamente oscillare verso
ovest il pendolo di Praga.
Le spinte verso l’economia
di mercato e la privatizzazione sono in accelerazione, si
preme per entrare nella Comunità europea e nella Nato,
gli investimenti di capitali tedeschi e francesi sono in costante aumento.
Ma il mito del benessere ad
ogni costo comincia a lasciare i suoi primi segni negativi.
L’inflazione sta erodendo il
potere d’acquisto di molte famiglie, ridotte al limite della
sopravvivenza, la disoccupazione è in crescita, fenomeni
come la malavita organizzata, la violenza e la droga cominciano ad affacciarsi nella
società ceca, scarsamente
controbilanciati dall’affluenza di valuta, pregiata, frutto di
un boom turistico incredibile,
dalla sovrabbondanza di merci d’ogni genere, dai numerosi cantieri edilizi che ristrutturano e ripuliscono la splendida Praga, a suon di marchi
e di dollari. Tanto più che
questi aspetti più appariscenti
del rinnovamento riguardano
quasi esclusivamente la capitale e toccano marginalmente
il resto del paese.
L’impianto economico è
tuttavia assai più solido di
quello di altri stati dell’Est.
Tra i paesi d’oltre cortina la
Cecoslovacchia era quello
che toccava il più alto livello
di vita, sorretto da una industrializzazione notevole dal
punto di vista quantitativo e
da un’agricoltura non eccessivamente penalizzata
dall’ingerenza dello stato, il
che consente di gestire con
un certo ordine la transizione
verso un sistema di produzione simile a quello occidentale. La separazione fra cechi e
slovacchi, non voluta dalla
popolazione ma operata con
testardaggine da alcuni partiti
politici, in primis dal Movimento per la Slovacchia democratica dell’attuale capo
del governo della Repubblica
Slovacca, Wladimir Meciar,
ha contribuito a complicare
la situazione. Nonostante la
Slovacchia, che possiede
gran parte delle industrie,
principalmente quelle pesanti, conti di superare le sue
difficoltà anche con una massiccia esportazione di armi,
specie nel Terzo Mondo, la
recessione in questa Repubblica è pesante (la disoccupazione è il triplo rispetto alla
Cechia), e a poco valgono i
proclami di Meciar e i suoi
appelli nazionalisitici.
Certo l’evoluzione è positiva: la democrazia e la ìibertà
si vanno consolidando e se
ne sentono gli effetti psicologici benevoli, ma l’entusiasmo si è affievolito e si fa
strada una strisciante rassegnazione. Le elezioni del
1992 hanno portato al potere,
nella Repubblica ceca, una
coalizione centrista guidata
dall’Ods (Partito democratico
dei cittadini) che si ispira ai
conservatori inglesi, conta 76
dei duecento seggi al Parlamento, e comprende democristiani (15 seggi) e Alleanza democratica (14 seggi). D
capo del governo è Vaclav
Klaus, dell’Ods. All’opposizione ci sono il blocco delle
sinistre (35 seggi), i socialdemocratici (16), i repubblicani
(14), di estrema destra, e glj
autonomisti moravi e slesiani
(14 seggi). Sia in Cechia sia
in Slovacchia i partiti, per essere rappresentati in Parlamento, devono superare il
5% dei voti.
Nella Repubblica slovacca
il Movimento per una Slovacchia democratica (Hzds,
grosso modo di idee socialdemocratiche) ha 74 seggi su
150 e governa con i democristiani (18 seggi). All’opposizione ci sono la sinistra democratica (29 seggi), i neofascisti (15) e il Partito ungherese (14).
15
\/ENERDÌ 11 GIUGNO 1993
Pagina Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
« ■■■•..... ‘ ' ' ■
Posta
Soluzione
alberghiera per
Villa Olanda
Dopo lunghi mesi di silenzio il problema «Villa Olanda» è tornato a ripresentarsi
(vedi Riforma del 4 giugno)
con un lungo e circostanziato
articolo dei due membri della
Tavola proposti alla questione.
Desidero esprimere il mio
parere, per una certa conoscenza che ho del problema in
quanto ex coordinatore del comitato spontaneo «pro Villa
Olanda» sorto a suo tempo: si
tratta comunque di una valutatone personale. Noto che tra
le varie ipotesi esaminate e
presentate alla Tavola dalla
Commissione, dalla stessa nominata dopo il Sinodo 1992,
l’unica che rimane è quella finalizzata alla costruzione di
minialloggi per anziani, collegati per la gestione e servizi a
un’altra opera locale. Nell’articolo viene opportunamente
sottolineato che per realizzare
detta ipotesi occorre, da un lato, verificarne la compatibilità
con il Comune di Luserna San
Giovanni e, dall’altro, elaborare un piano di notevoli finanziamenti.
La proposta del comitato
spontaneo è così definitivamente tramontata. Per chi non
lo ricordasse il piano, redatto
da un architetto di Milano
specializzato nel settore (e
non «frutto di faciloneria o di
pressioni emotive» come afferma l’articolo), prevedeva
lavori di ripristino (e non di
«maquillage») con relativo finanziamento già quasi totalmente reperito. Detti lavori
erano compatibili con il fatto
che si trattava di restauri ejfettuati su uno stabile già funzionante come Casa di riposo e
quindi ammessi dalla legislazione vigente. Naturalmente
ora, dopo la chiusura, i problemi sono diversi; non resta
che esprimere il rammarico
che, allora, il Sinodo non
MINI ABBONAMENTI
Avete mai pensato di regalare un abbonamento in occasione di un battesimo, di
un matrimonio, di un anniversario di un
vostro parente, di un vostro conoscente?
Avete mai pensato di abbonare un/a
collega di lavoro o un/a amico/a, con cui
discutete spesso di religione, delle differenze che esistono tra gli evangelici e con
le altre confessioni religiose?
Avete mai pensato che sarebbe bello
che la biblioteca della vostra città, del
quartiere, il Centro di incontro per anziani,
il comitato di quartiere, l’associazione che
frequentate o che frequentano i vostri figli,
fossero abbonati a Riforma (e a L’eco
delle valli valdesi)?
Oggi è possibile !
li Consiglio di amministrazione delle
Edizioni protestanti (l’impresa editrice di
Riforma e de L’Eco delle valli valdesi) ha
deciso di lanciare l’operazione mini abbonamenti (mini nel prezzo!) e di proporre
a tutti coloro che si abbonano e che abbonano conoscenti, istituti, enti, biblioteche
un’offerta speciale :
L’abbonamento, di qui alla fine dell’anno ’93, costerà solo 30.000 lire
L’abbonamento di qui al dicembre
1994 costerà 90.000 lire
Per abbonarsi è sufficiente compilare il
ccp n. 14548101 intestato a Edizioni protestanti srl, via S. Pio V 15 bis, 10125
Torino, specificando nella causale «mini
abbonamento per... (indirizzo completo)»
Offerta valida fino al 30 giugno 1993
avesse forse afferrato appieno
questo aspetto della questione.
Adesso l’orientamento è
volto in tutt’altra direzione, e
cioè verso una soluzione che a
mio parere è assai più «alberghiera» che diaconale. È proprio su questo concetto che
concludo queste mie righe: il
comitato «prò Villa Olanda»
si era battuto per la prosecuzione dell’attività della Casa e
non per la sua trasformazione.
Non si trattava di voler salvare a tutti i costi uno stabile e
un parco, ma si tendeva a prolungare la loro funzione così
apprezzata da tanti ospiti.
Ora il Sinodo sarà nuovamente chiamato a «operare
scelte responsabili»; scelte
certamente più difficili e (spero) definitive di quelle
dell’anno scorso.
Roberto Peyrot
Torre Pellice
Resoconto
giornalistico
Due parole in risposta alla
lettera di Giacomo Quartino
sul n. 21 del giornale. Il cronista che riferisce un convegno come quello delle «Giornate di Mezzano» con decine
e decine di interventi, deve
ovviamente estrapolare, interpretando intorno a un «cen
Riforma
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DIRETTORE: Giorgio Gardioi
VICEDIRETTORI: Luciano Deodato, Emmanueie Paschetto
REDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Luciano Cirica, Alberto Coreani, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo, Maurizio Girolami, Anna Maffei, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Roberto
Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
Piervaldo Rostan, Marco Schellenbaum, Florence Vinti, Raffaele Volpe
GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco,
Bruno Rostagno
AMMINISTRAZIONE: Mitzi Menusan
ABBONAMENTI: Daniela Actis
FOTOCOMPOSIZIONE: Aec s.r.l. - tei. 0174/551919
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ITALIA
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ABBONAMENT11993
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Partecipazioni: millimetro/colonna £ 1.800
Economici: a parola £ 1.000
Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1° gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le
modifiche sono state registrate con ordinanza in data 5 marzo 1993.
tro» del dibattito. E questo
centro non mi pareva fosse
stato né l’annosa questione
dell’8%o, né le singole opinioni sui libri dei relatori, né le
riaffermazioni di singoli diversi credo politici. Altre sono state e saranno le sedi per
tali confronti.
Ho voluto ricordare l’invito
di Quartino alla testimonianza evangelica, insieme a altre
voci e nel sottotitolo «la condivisione», perché significativo del senso profondo (non
soltanto storico, o politico, o
filosofico) di una ricerca collettiva di credenti intorno al
«che fare» della attuale difficile crisi.
È per trasmettere quello
che ho sentito come il senso
profondo dell’incontro che ho
voluto aprire con il riferimento alla predicazione sulla giustizia, e chiudere con la «parabola della condivisione». E
non mi pare né ovvio né banale. Se poi si vuole il resoconto integrale di quello che
ciascuno dice e non i punti di
interrelazione nelle dinamiche complesse degli interventi collettivi si deve chiedere la
pubblicazione di un volume
di atti e non un centinaio di
righe di resoconto giornalistico.
Piera Egidi - Napoli
Il giornale:
una scuola
valdese?
Durante un incontro è stata
pronunciata Tipotesi che il
settimanale potrebbe svolgere
il compito che fu a suo tempo
quello delle scuole valdesi.
Desidero esprimere il mio
dubbio, perché se si sente la
mancanza della formazione di
una comune coscienza valdese e protestante, visto l’abbandono di certi modi di vivere e di pensare, tanto che
qualche ragazzo valdese può
dire: «Tanto valdesi e cattolici sono tutti uguali», non si
può contare solo su un settimanale.
Le scuole valdesi hanno
raccolto bambini a cui hanno
insegnato a pregare in un certo modo, ai quali venivano ricordati i principi che li distinguevano dai non valdesi. Erano un contatto diretto quotidiano tra persone che provenivano da una vita simile,
crescevano insieme ricollegando nella scuola le loro
vicende private, la scuola domenicale dove si ritrovavano,
la recita del XVII febbraio,
l’Unione giovanile ecc.
È l’incontro quotidiano che
produce educazione. Se questo manca non si formano
quei modelli culturali desiderati come il senso della libertà di pensiero e di idee, il
rispetto di quelle altrui, l’impegno a informarsi, a leggere,
il dovere di esporsi per difen
dere le proprie posizioni.
Infine, se i giovani non sono educati alla disciplina della lettura, anche come dovere
di un membro di chiesa, allora i lettori della nostra stampa
saranno sempre pochi rispetto
agli abbonati.
Elio Canale - Torre Pellice
Grazie
Vi scrivo per ringraziare
voi e i curatori della rubrica
«I prigionieri del mese-I nostri appelli», di Amnesty International. Ovviamente la
speranza sarebbe di poterne
fare a meno, ma purtroppo ci
sarà bisogno di spazi sul giornale come questo per ancora
molto tempo.
Ancora grazie per questa
possibilità che ci viene offerta di essere utili a persone
lontane da noi a volte per
geografia, idee religiose, politiche, ma vicinissime a noi
nell’umanità, un’umanità crocefissa da carceri e torture.
Una sola osservazione: invitare ad inviare copie degli
appelli anche alle ambasciate
dei rispettivi paesi è senz’altro utile, ma per incoraggiare
un maggior numero di persone a scrivere sarebbe bene riportare anche gli indirizzi
delle ambasciate.
Maurizio Abbà - Torino
CONTRAPPUNTO ^
PUBBLICITÀ
NEGATIVA
MARCO ROSTAN
Francamente non pensavo che si potesse arrivare a questo punto. Cioè che per il desiderio, naturalmente legittimo, di catturare il maggior numero di scelte nella destinazione dell’otto per mille si arrivasse a strumentalizzare le donne e l’atteggiamento recente della gerarchia cattolica nei confronti delle donne bosniache che sono state violentate e costrette in molti casi all’aborto.
Mi riferisco a una pubblicità dell’Unione delle chiese
cristiane avventiste con la quale mi sono imbattuto in questi giorni, un riquadro pubblicitario di oltre mezza pagina
su un quotidiano di grande diffusione. Il manifesto dice:
«Noi non giudichiamo le donne, le aiutiamo con l’otto per
mille». Questo è il messaggio scritto in grande, poi sotto si
spiega che «la nostra chiesa ha sempre avuto una particolare attenzione per le donne, non solo perché tra i fondatori
c’è una donna, o perché le donne occupano ruoli fondamentali nelTorganizzazione dell’Unione, ma perché noi
non giudichiamo nessuno ma cerchiamo di aiutare tutti
senza distinzione di sesso, razza o religione». Naturalmente non metto in dubbio che tutto questo sia vero, così come
non ho alcun desiderio di scoraggiare i cittadini italiani,
che lo ritengono opportuno, dal destinare l’otto per mille
alle chiese avventiste.
Ciò che mi pare inaccettabile è la mancanza del senso
del limite, la mancanza di un po’ di umiltà, o per meglio
dire di «timor di Dio» per cui, di fronte alla competizione
per avere la propria fetta di soldi pubblici (perché tali restano, è bene ripeterlo, non sono soldi personali) non si
esita a proclamarsi giusti, o più giusti degli altri. Che la
Chiesa cattolica ci andasse giù pesante con la pubblicità
sull’otto per mille lo sapevamo già da un pezzo, ma mi sono stupito di vedere una chiesa evangelica seguirne il cattivo esempio, sia pure nel metodo. So che altre associazioni,
in risposta critica alle posizioni del Vaticano sulTaborto,
hanno invitato le donne a non devolvere l’otto per mille alla Chiesa cattolica; recentemente è stato proposto di darlo
allo stato, ma vincolandolo all’aiuto alle donne violentate
in Bosnia.
È diverso, e mi pare anche legittimo. Ma non mi sembra
ammissibile, per dei credenti, gridare da un manifesto:
«Noi non giudichiamo le donne, le aiutiamo». Cerchiamo
pure di farlo, ma non trasformiamolo in pubblicità a pagamento. Mi auguro che Tanno prossimo, quando probabilmente avremo fra i destinatari delle firme degli italiani anche l’Unione delle chiese metodiste e valdesi, ci sia risparmiato di trovare sui giornali una pubblicità che inviti a dare l’otto per mille a noi, magari perché siamo più onesti e
più bravi degli altri, o più democratici.
Certo, essere discepoli del Signore significa anche portare dei buoni frutti ma, anziché far conoscere le nostre opere, non sarebbe più decisivo far conoscere ai nostri connazionali le vere buone opere che il Signore ha fatto per tutta
l’umanità?
VACANZE IN USA — I giovani valdesi e metodisti, tra i 17 e
i 26 anni, che vogliono partecipare a campi studi o di lavoro
a Wilmot nel New Hampshire (Usa, a nord di Boston) possono scegliere i campi tra queste date:
10- 20 giugno Week-end per singles (47$)
37-30 giugno Training per diventare staff
l°-4 luglio Come diventare consiglieri
2-4 luglio Week-end famiglie (22$ al giorno)
4-10 luglio Campo per ragazzi e per giovani (195$)
11- 17 luglio Campo per ragazzi e per giovani (195$)
18-24 luglio Campo per adulti e famiglie (adulti 195$)
18-24 luglio Campo per giovani (185$)
25-31 luglio Campo per adulti (195$)
Nel caso in cui si faccia parte dello staff il campo è gratuito.
Le iscrizioni vanno inviate a: Camp Wilmot, box 158,
North Wilmot Road, Danbury, New Hampshire 03230
USA. (tei. 603-768 3350) indicando nome e cognome, indirizzo, classe scolastica terminata a giugno 93, e - se minori
di 18 anni - firma di uno dei genitori.
Occorre inoltre accompagnare l’iscrizione con una caparra
di 25 $ con vaglia intemazionale se non ci si iscrive come
staff.
Copia della domanda va inviata al past. Gianni Genre, via
Circonvallazione 43/5, 10018 Pavone Canavese (To), in
modo da rendere possibile l’invio del materiale informativo
inviato dal past. Sanner del Presbiterio di Boston.
CERCASI VOLUME DEL PROF. ALBERTO REVEL —
La biblioteca della Facoltà di Teologia non possiede
un’opera importante di un suo docente, Alberto Revel: Letteratura ebraica, Milano, ed. Hoepli, 1888, 2 volumi (Manuali Hoepli).
C’è qualcuno che è disposto a fame dono alla Facoltà oppure a darla in prestito il tempo necessario per fotocopiarla?
Gli interessati possono contattare il prof. Daniele Garrone,
biblioteca della Facoltà valdese di teologia, via Pietro Cossa
42, 00193 Roma.
VACANZE DI STUDIO IN SPAGNA E IN AMERICA LATINA — Chi vuole studiare lo spagnolo in Spagna e in
America Latina può rivolgersi al Colegio de Salamanca
(via Bogino 12, 10123 Torino, tel.Ol 1/835745) che è in grado in grado di proporre programmi anche personalizzati.
RINGRAZIAMENTO
«E non sarà più notte: ed essi
non avranno bisogno
di luce di lampada,
né di luce di sole, perché
li illuminerà il Signore Iddio
ed essi regneranno
nei secoli dei secoli»
(Apoc. 22, 5)
I familiari del caro
Ugo Godino
ringraziano quanti con presenza e scritti hanno preso parte al
loro dolore.
Un ringraziamento particolare
al personale medico e infermieristico dell'ospedale valdese di Pomaretto, al dott. Ciancio, al pastore Langeneck e al gruppo alpini di
Prarostino.
Prarostino, 4 giugno 1993
RINGRAZIAMENTO
«L’Eterno è il mio pastore, nulla
mi mancherà»
(Salmo 23)
Il Signore ha richiamato a sé
Lina Dalmas Fontana
La ricordano a tutti quanti I’
hanno conosciuta e amata la figlia Alma Bonnet, il nipote Giorgio
e i parenti tutti, riconoscenti per le
manifestazioni di affetto e simpatia ricevute.
Sesto S. Giovanni (Mi),
Torre Pellice, 11 giugno 1993
I necrologi si accettano
entro le ore 9 del lunedi.
Telefonare al numero 011*
655278-fax 011-657542.
16
PAG. 12 RIFORMA
Villaggio Globale
VENERDÌ 11 GIUGNO 1993
Intervista a Paolo Naso, direttore di «Confronti», di ritorno da un viaggio nel Sudan
Uno dei paesi più poveri del mondo, dilaniato
tra tensioni etniche e ataviche divisioni tribali
Il governo sudanese, presieduto dal generale Omar el
Beshir, è stato ripetutamente
accusato di violazioni dei diritti umani, soprattutto nei
confronti delle etnie africane
del Sud, in prevalenza animiste e cristiane. Il regime è, come è noto, fortemente influenzato dai fondamentalisti del
Fronte islamico nazionale di
Hassan el Tourabi a cui, da
più parti, si attribuisce la
responsabilità della «islamizzazione» del paese. Su questa
situazione l’agenzia di stampa
«Adista» ha intervistato Paolo
Naso, direttore del mensile
ecumenico «Confronti», che
recentemente ha potuto visitare alcune realtà del Sudan, anche meridionale.
E molto difficile avere
informazioni dirette dal Sudan, soprattutto dalle zone
meridionali colpite dalla
guerra civile. Quali sono state
le tue fonti?
«Sono state molto diversificate. Innanzitutto ho sentito la
voce del governo: quella ufficiale e militare del presidente
el Beshir e quella ufficiosa ed
ideologica di Hassan el Tourabi. Ho incontrato anche
esponenti del Consiglio delle
chiese del Sudan, l’organismo
ecumenico a cui aderiscono
tutte le denominazioni cristiane del paese, e responsabili di
varie Ong attivamente impegnate in quei pochi progetti di
cooperazione che ancora resistono; mi sono sembrate importanti anche le informazioni
raccolte nell’ambasciata italiana a Khartoum relative proprio ai progetti di cooperazione e le considerazioni sull’
immagine internazionale del
regirne di Khartoum».
- E un’immagine estremamente compromessa. Recentemente le Nazioni Unite hanno
deciso di inviare un osservatore che riferisca all'assemblea generale sulla situazione
dei diritti umani nel paese;
pesanti accuse vengono anche
da Amnesty International e la
stampa missionaria denuncia
discriminazioni religiose e un
processo di islamizzazione
forzata del paese.
«La situazione è molto
complessa e, per ricavarne un
giudizio, occorre considerare
fattori assai diversi. In primo
luogo, benché quasi ovvio,
occorre ricordare che il Sudan
ha subito una lunga colonizzazione che da una parte ha teso
ad accorpare le due principali
etnie del paese, quella arabomusulmana e quella africana,
in prevalenza animista e cristiana; dall’altra ha giocato
proprio sulla secolare tensione
etnica tra etnia araba e africana per legittimarsi come elemento di ordine e stabilità. Un
secondo elemento da tenere
presente è che siamo di fronte
a uno dei paesi più poveri del
mondo, col 75% di analfabetismo, con una speranza di vita
alla nascita che non supera i
cinquant’anni, segnato da gravissimi processi di desertificazione. Il riferimento alle “ricchezze naturali’’ del paese ad esempio il potenziale petrolifero negli stati meridionali - è in buona parte un mito
terzomondialista: ammesso
che il petrolio ci sia davvero,
oggi mancano le condizioni
economiche e politiche per
uno sfruttamento appropriato
di queste risorse.
Un altro fattore da considerare sono le ataviche divisioni
tribali aH’intemo della popolazione africana, e non è un
fattore politicamente irrile
Ylrol (Sudan del sud): gente in attesa della distribuzione di viveri in una delle zone più colpite dalla guerra
vante dal momento che ha
contribuito a dividere le forze
antigovernative impegnate in
una ricorrente guerriglia tesa
ad affermare l’autonomia o
l’indipendenza delle regioni
meridionali. Le tensioni religiose interagiscono con tutti
questi fattori, li aggravano, li
rendono più visibili ed eclatanti ma non vedo come possano essere considerate la
causa prima dei problemi civili e sociali del Sudan. Essi datano da ben prima che il regime di Nimeiri, circa dieci anni
fa, decidesse di applicare la
Sharia, la legge islamica, come legge fondamentale dello
stato».
- Le chiese del Sudan denunciano violazioni molto
precise e circostanziate delle
libertà religiose: hai potuto
verificarle?
«E evidente che i problemi
ci sono, e sono anche gravi.
Penso alle limitazioni di cui
sono soggetti i missionari e ad
alcuni ingiustificati provvedimenti di chiusura di centri e
istituzioni ecclesiastiche, ad
esempio l’Ymca di Khartoum.
Più difficile parlare della repressione al Sud, soprattutto
nelle fasi calde della guerra
civile; è evidente che alcuni
settori delle chiese sudanesi
puntano ad uno stato meridionale indipendente e questo
certamente aggrava la tensione con il regime. Tuttavia
qualcosa sembra muoversi:
anche per le pressioni intemazionali, il governo ha avviato
un vero e proprio negoziato
con i guerriglieri dell’esercito
popolare di liberazione del
Sudan (Spia) - o meglio con
una fazione dello Spia, quella
guidata da John Garang - ed
ha cercato un dialogo con la
comunità cristiana. Dal 26
aprile al 1° maggio scorsi,
mentre ad Abuja (Nigeria) si
discuteva di pace, a Khartoum
i generali di el Beshir e i fondamentalisti di el Tourabi si
confrontavano con i responsabili delle chiese sudanesi alla
presenza dei delegati di varie
chiese e di importanti movimenti ecumenici intemazionali».
- Un confronto di facciata o
il segno di una reale volontà
di dialogo?
«Difficile a dirsi in un arco
di tempo così limitato. In occasione della Conferenza sulle
religioni svoltasi a Khartoum,
il governo si è impegnato a rivedere il Missionary Act del
1962, la legge quadro che ha
limitato la libertà di testimonianza dei missionari e,
indirettamente, anche delle
chiese. Si è anche assunto
l’impegno di tutelare le proprietà ecclesiastiche e di garantire che la Sharia venga applicata solo ed esclusivamente
ai musulmani. Se questi provvedimenti venissero adottati
in tempi brevi, saremmo indubbiamente di fronte ad una
svolta importante.
Molto dipenderà dall’atteggiamento che assumeranno le
chiese, soprattutto la cattolica
che ha vissuto l’esperienza catalizzante della visita del papa, nello scorso febbraio. Sono realtà molto ricche e vive
sul piano spirituale e sociale;
sul piano delle scelte politiche
strategiche, invece, si registrano valutazioni diverse e talvolta vere e proprie divisioni
“trasversali” tra le varie denominazioni. Schematizzando:
c’è un partito della collaborazione col regime, estremamente limitato, mi è parso; un
altro della “critica nel dialogo” e infine quello, oggi probabilmente maggioritario, della netta opposizione. Comunque il confronto è aperto e le
posizioni appaiono più fluide
che in passato».
- Qual è l’immagine più
forte che hai raccolto nel tuo
soggiorno?
«I cosiddetti fondamentalisti islamici, con le loro barbe
e le candide galabie (una larga
tunica bianca), che tentavano
di avviarsi sulla strada del dialogo con le minoranze religiose. E uno dei paradossi del nostro tempo; neanche i fondamentalisti e gli integralisti
possono esimersi dalla sfida
del pluralismo delle culture,
delle etnie e delle fedi».
Sud Africa: costituito a maggio il «Fronte popolare afrikaaner»
Uno stato autonomo per i bianchi?
Il Partito conservatore del
Sud Africa chiede il passaggio dallo stato unitario attuale ad una confederazione di
stati autonomi per i bianchi,
per gli zulu e per altri gruppi
di popolazioni.
Secondo il neoeletto presidente del partito. Perdi Hartzenberg, gran parte dei bianchi non è pronta a vivere sotto un governo guidato dall’
African National Congress.
Hartzenberg, che nel recente
congresso straordinario del
partito è stato eletto presidente all’unanimità come
successore del defunto Andries Treumicht, ha affermato che il partito conservatore
prende parte alle trattative
che vengono attualmente
condotte fra i diversi partiti
solo per ottenere il diritto
all’ autodeterm inazione.
Se la posizione dei conservatori non venisse presa in
Un agricoltore bianco arrabbiato bloccato dalla polizia sudafricana
considerazione il Partito conservatore si ritirerebbe immediatamente dalle trattative.
Il Partito conservatore, che
è il secondo partito bianco in
Parlamento, ha costituito
all’inizio di maggio, insieme
ad una ventina di organizzazioni di destra, il «Fronte popolare afrikaaner», allo scopo di contrastare la riforma
politica dell’attuale presidente de Klerk, e di lottare per la
creazione di uno stato autonomo bianco.
Bangladesh: una banca molto particolare
I banchieri dei poveri
vanno in bicicletta
KARL OTTBRBEIN
La banca Gramee del
Bangladesh non richiede
la presentazione di documenti di garanzia per concedere i
prestiti. I suoi funzionari
vanno nelle campagne in bicicletta per prendere informazioni direttamente dai loro clienti. Essi sanno che sono i poveri stessi a sapere
quanta forza hanno per migliorare la loro condizione.
Le donne sono le clienti
preferite della «banca dei poveri» perché offrono le migliori garanzie che i prestiti
verranno investiti per il bene
della famiglia.
Chi vuole diventare un collaboratore di questa banca
«sui generis» deve passare
almeno due mesi nei villaggi
a condividere la vita spartana
dei contadini.
Questo istituto cooperativistico di credito, che gode di
buona salute, non è originale
solo per il tirocinio che chiede ai suoi impiegati, ma anche per i diversi settori in cui
si impegna.
La banca fornisce consigli
prestiti dai suoi risparmi a
contadini poveri e senza terra.
L’alta percentuale di restituzione dei prestiti e l’evidente miglioramento delle
condizioni di vita dei contadini indusse il governo del
Bangladesh ad appoggiare la
fondazione della «banca del
villaggio» mediante lo stanziamento di capitali di avvio
e la modifica delle leggi sugli istituti di credito. Oggi la
partecipazione dello stato è
ridotta al 15%.
Tutte le decisioni riguardanti il credito e il personale
vengono prese a livello di
villaggio; non ci sono né segreto bancario né sicurezze,
ma ogni creditore deve sempre essere sostenuto da quattro altre persone.
Il gruppo di cinque è garante per il prestito e deve vigilare sul suo ragionevole
impiego. Solo quando il denaro è stato restituito un altro
dei membri del gruppo può a
sua volta richiedere un prestito.
Questo modello di banca
adottato da un paese così po
Le risorse agricole del Bangladesh sono considerevoli ma sono
compromesse dalla struttura agraria quasi feudale e dalle frequenti
inondazioni che rendono impraticabili le vie di comunicazione
sul controllo delle nascite e
sulla prevenzione delle malattie, vende pastiglie per la
depurazione dell’acqua, ha
fondato una cooperativa per
la pesca ed ha sviluppato il
modello di una casa economica, resistente alle intemperie.
In questo paese del subcontinente indiano, spesso
investito da uragani e inondazioni, sono già state costruite più di 150.000 abitazioni di questo genere.
I soci di questa cooperativa
bancaria si impegnano a praticare la pianificazione familiare, a mandare i loro figli a
scuola e a non versare la dote
ai loro generi. Dipai Chandra
Barua, membro del Consiglio di amministrazione, afferma che la banca Grameen
più che una banca è «un movimento di base per una politica di sviluppo».
II fondatore e direttore della banca Grameen è Mohammed Yunus, un ex ecomomista. Lo scorso aprile ha ricevuto a Bruxelles il «Premio
Re Baldovino per lo sviluppo intemazionale», con una
dotazione di 140.000 dollari,
che la giuria gli ha assegnato
definendo la sua iniziativa un
esempio insigne di «sviluppo
con dignità».
La banca, fondata circa 10
anni fa, concede ogni mese
piccoli crediti a breve termine per circa 20 miliardi di
dollari, ed ha 1.200.000
clienti in tutto il Bangladesh.
Contrariamente a tutte le
regole bancarie Yunus ha cominciato concedendo piccoli
vero come il Bangladesh ha
fatto scuola ed è stato introdotto in Malesia, nelle Filippine, nello Sri Lanka, in Cile, in Honduras e in Nigeria.
Ma anche in paesi ricchi come il Canada e gli Stati Uniti
vi sono iniziative simili.
Tuttavia ci sono delle grosse prevenzioni nei paesi industrializzati. Gli esperti dei
paesi occidentali fanno difficoltà ad ammettere che anche i più poveri possano e
vogliano restituire i prestiti.
Secondo Bama i poveri hanno dimostrato di saper impiegare bene il denaro.
Un credito della banca
Grameen alle condizioni di
mercato li libera dalla dipendenza da usurai senza scrupoli o da grossi proprietari
terrieri e restituisce loro speranza e fiducia in se stessi.
Recentemente sette membri del Congresso degli Stati
Uniti hanno scritto una lettera al presidente Clinton invitandolo a tenere conto dei
principi fondamentali della
banca Grameen nella riforma
iella politica di sviluppo de
eombatte
y limi
'regdle
^erti dell’
"si tenesse conlitributo dei poveri
, Torse si potrebbe avvide una collaborazione
fruttuosa tra il Nord e il Sud
del pianeta.
«Allora - dice Barua - la
politica dello sviluppo non
sarebbe più una strada a senso unico».