1
DELLE mm VALDESI
Pftstoro
T/CCIA ALEEHTO
ingrogna
(Torino)
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 98 - N. 11
Una copia 1 ire ^ ^
ABBONAMENTI
Eco: L. 2.500 per l’interno
L. 3.500 per Testerò
Spedizio^ in abbonamento postale . I Gruppo bis
^ Cambio di indirizzo Lire 50
TORRE PELLICE 15 Marzo 1968
.Ammin. Qaudiana Torre Pellice . C.CJ. 2-17557
UNA QUESTIONE PERENNEMENTE APERTA
OH! E' GESÙ"?
Seminio vento, mieteranno temnosta
Cioriii or sono, al Centro rattoli(■13 (lejili intellettuali francesi, a Parigi— « Le Monde » e « La Stampa »
ne hanno riferito ampiamente — si
è tenuto un pubblico dibattito in
cui un marxista, un rabbino, una
scrittrice e un sacerdote cattolico
Iranno risposto alla domanda: Chi è
Gesù ?
11 prof. Lccocij, docente di psicologia sperimentale alTUniversità ili
T.illa, giunto da anni di seminario
al comuniSmo militante, ha rispo.sto:
« Oggi Cristo non è nionte per me ».
11 rabbino .Askhenazi, direttore del
Centro universitario di studi ebraici, ha affermato: a Gesù Cristo, in
qniinto immagine (li Dio, ha nascosto il Dio d’Israele », e ha optato
per un’interpretazione collettiva del
Cristo, identificato con Israele .stesso. La scrittrice Françoise MalletJoris J'j descritto un itinerario spirituale diverso; nata da famiglia
atea, convertita a ventidue anni, attraverso la lettura della Bibbia incontrò in Cristo prima l’uomo, e solo in seguito Dio. Per ultimo il sacerdote Carré ha confessato la sua
fede in Cesìi Cristo, conciudenilo:
<( Per abbandonare il Cristi), bisogna
non arerlo (•.onoscinto ».
Vieil fatto di ripensare alla domanda posta da Gesù stesso, ai discepoli, a un punto focale del suo
ministero, sulla via di Cesarea di
Filippo; una domanda che inizia
ampia, quasi distaccata : a Che dice
di me la gente? come mi conside
;te po
voi? ».
I .Si serra sui
di.SCI
poli: <4 t'j
Le risposte che i discepoli avevano captato qua e là sembrano relegare Gesù nel passato: egli è, nella
migliore ipotesi, una singolare riapparizione di antiche figure, certo
esemplari, impressionanti, ricche di
interesse, ma irrimediabilmente passate; Klia, Geremia, il Battista...
guanti, pure oggi, vedono in Gesù
il maestro, il ¡profeta, l’umanitario,
a livello personale e a livello .sociale, il rivoluzionario e non disdegnaiin di riconoscere e di attingere in
ini determinati valori; ma è per loro irrimediabilmente chiuso nel passalo, da cui giunge a noi solo l’eco
della sua parola, il riflesso del suo
esemjMO, le indicazioni delle sue intuizioni.
C’erano poi — non si sa se i discepoli lo tacciano, in queU’occasione, per ignoranza o per gentilezza o
timoroso rispetto — quelli che dicevano altro di lui: un visionario, un
esaltato, fino all’empietà, un tipo
pericoloso per l’ordine pubblico,
TH!ii che esercita un fascino sul popolo e lo mette sossopra, un mangiatore e bevitore stranamente amico di gente di malaffare, un illuso
che rischia di condurre il popolo alla rovina con i suoi sogni e le sue
pretese. E ci sono anche oggi quelli
che vedono in lui uno degli oppiatori di popoli, un rivoluzionario
mancato, inconcludente e irresoluto,
un illuso visionario perduto dietro
! a -.uà favola del regno di Dio, irrecuperabile per i compiti concreti
della vita; o forse, più sovente, lo
si considera una nullità perduta nel
flusso dei secoli, cui solo determinate condizioni storiche hanno dato in
seguito un tale rilievo. Quanti possono oggi ripetere quella terribile
parola, che sembra persino spoglia
l'i qualsiasi passione: «Cristo non
. niente per me ».
Eppure rimane posta e riproposta la grande domanda, il problema
di Gesù non può essere dato per risolto, il suo dossier non può essere
passato agli atti. L’uomo, la società
che volesse chiudere la questione e
archiviarla reciderebbe la propria
radice, senza per questo impedire
che la domanda riecheggi ancora e
sempre, .altrove. Il rischio di dare
la questione di Gesù per chiusa e
scontata, s’intende, non vale solo
per i negatori, ma altrettanto per i
’credenti’. Guai al credente, alla
chiesa per cui l’incontro sconvolgente con Gesù si stempera nel j>assato; che pensa di averlo ormai in
tasca, il suo Cristo, o in testa; che
è incapace o rifiuta di sentirsi da un
momento all’altro preso nuovamente
di petto dalla domanda diretta:
(I Chi sono per voi, per te? », che
cosa rappresento nella tua vita?
Ma la domanda echeggia e può
scaturire, fresca, nuova, la risposta:
Il Abbiamo creduto e abbiamo conosciuto che tu sei il Santo di Dio »,
il Vivente — quelle parole che non
sono carne e sangue a dettar dentro.
E si può dire, allora, con gioia trepida e grata, tesi nella responsabilità della testimonianza: «Per abbandonare il Cristo, bisogna non
averlo conosciuto ».
Tre africani, l'Victor Siferiani
Mlambo, James David Dhalmini e
Duli Shadreck, sono stati impiccati la settimana scorsa, a Salisbury, in Rhodesia. E stato soprattutto sottolineato il dispregio in cui è
stata tenuta la grazia concessa dalla regina d’Inghilterra, portando
così de facto alla rottura definitiva e completa fera l’ex-colonia e
Londra; è stata ptire sottolineata
l’incapacità del governo britannico a reagire altro- che verbalmente
e il discredito che questo getta su
di esso fra gli Stati membri del
Commonwealth, specie in Africa.
Già, da Addis Abeba, il segretario
generale dell'OUA, l’Organizzazione per l’unità africana, ha gravemente biasimato l’atteggiamento
britannico. Infanto il presidente
dello Zambia, il dott. Kenneth
Kaunda (si apprende che presenterà una relazione all’assemblea ecumenica di Upsala; egli è membro
della Chiesa e angelica dello Zambia) ha offerto all’Inghilterra il territorio del sur- paese come base
per eventuali azioni belliche contro i razzisti rfìodesiani.
Lunedì altrj due condannati sono stati giusti.'iati è forse, quando
il giornale uso rà, altre condanne
capitali saranno state eseguite; intanto l’Alta Corte rhodesiana ne
ha pronunciate ancora ed è salito
a 115 il numero di cittadini africani che rischiano da un momento
all’altro la forca. Due dei giustiziati della scorsa settimana erano
accusati di omicidio: non voglia
iiiiiiimiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii<miiiMiiiim<i<miiiii>imiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiimimiiiimmiMiiiiiiiiiitimiiiimuiiiiiiiiiimimiiiiii
SECONDO IL TEOiOGO KARL BARTH
II
bottesimo Mei. fonciulli
è un battesimo a metà
Nel 1943 il prof. Giovanni Miegge
concludeva un suo saggio intitolato
Il battesimo dei fanciulli (editrice
Claudiana) affeririando tra l’altro:
« Se la Chiesa Valdese ammette nel
suo seno le opinioni battiste e la prassi battista, a titolo e responsabilità
personale, questa libertà non deve far
dimenticare che la Chiesa è da secoli
pedobattista [cioè pratica da secoli il
battesimo dei fanciulli], e fino a prova del contrario non ha nessuna intenzione di cambiare la sua posizione ». A 25 anni di distanza, in particolare ora che è stata pubblicata
un’opera di Karl Barth in cui il battesimo dei fanciulli è sottoposto a una
critica serrata (anche se — come sempre, in Barth — molto riguardosa),
potrebbe darsi che anche la Chiesa
Valdese sia indotta a ripensare a fondo l’intero problema battesimale, a
rivedere criticamente la sua plurisecolare prassi pedobattista ed eventual-.
mente a « cambiare la sua posizione »
in merito.
Si dirà che il battesimo (sia esso dei
fanciulli o degli adulti credenti) non è
una questione di fondamentale importanza per la Chiesa del nostro tempo,
assillata da problemi di ben maggior
peso e interesse, di fronte ai quali la
questione battesimale è senz’altro secondaria e potrebbe addirittura costituire un diversivo per eludere problemi più scottanti. E sia pure! Ciò
nondimeno, anche la questione battesimale ha la sua importanza, forse non tanto in sè, quanto per i
riflessi che essa ha sul modo di intendere la Chiesa nei suoi rapporti con la
società cristianizzata e insieme secolarizzata in cui si trova a vivere e
operare. Comunque sia la questione
battesimale può almeno essere considerata alla stregua di quelle « cose
minime» che, per quanto secondarie,
costituiscono però il metro della fedeltà (o della infedeltà) della Chiesa, secondo la parola di Gesù : « Chi è fedele nelle cose minime, è pur fedele
nelle grandi ; e chi è ingiusto nelle cose minime, è pur ingiusto nelle grandi» (Luca 16: 10). Non è quindi fuori
luogo riproporla alla riflessione delle
nostre comunità e, un domani, del Sinodo, tenendo contro del recente, autorevole intervento di Karl Barth. Il
quale, del resto, è molto sobrio sia
nelle sue attese (« non m’aspetto certo
che tutta la salvezza della Chiesa derivi dal fatto che nella questione del battesimo dei fanciulli si venga a qualche
rinnovamento»: p. 12), sia nelle sue
previsioni ( egli nutre « solo una tenuissima speranza » di essere ascoltato :
p. 213), sia — infine — nel suo atteg
giamento (Barth non intende dettar
legge ma solo « consigliare la Chiesa » :
p. 213. Si tratta dunque solo di un consiglio : un consiglio che si- spera venga preso sul serio, perchè è seriamente e ampiamente motivato, ma che
resta un semplice consiglio).
DUE SOGGETTI: DIO E L’UOMO
L’opera di Barth cui alludiamo è un
« frammento » della quarta sezione del
IV volume della sua monumentale
Dogmatica, destinata purtroppo a rimanere incompiuta, data l’età ormai
avanzata del suo autore, che Tiniziò 50
di PAOLO RICCA
.anni or sono!_Il titolo dell’opera (disponibile per ora solo nell’originale
tedesco) è: Il Battesimo come fondamento della vita cristiana. La tesi che
vi è svolta si articola in due proposiziorii fondamentali. La prima concerne il battesimo di Spirito Santo : questo battesimo, che è opera propria ed
esclusiva di Dio, determina la conversione dell’uomo a Dio per mezzo di Gesù Cristo, e segna l’inizio della sua
vita come cristiano. La seconda concerne il battesimo d’acqua: questo battesimo, che è opera propria dell’uomo
battezzato con lo Spirito Santo e convertito a Dio, costituisce il primo passo della sua vita cristiana ; come tale
esso dev’essere richiesto dall’interessato alla comunità, con libera decisione
personale, e dev’essere inteso come
confessione impegnativa della sua obbedienza, conversione e speranza in
Dio.
Il battesimo cristiano comprende
quindi due aspetti, o momenti, che non
vanno dissociati e neppure confusi.
C’è da un lato l’opera di Dio, decisiva e determinante ( il battesimo di
Spirito), e dall’altro l’opera dell’uomo
che è la risposta personale, cioè consa,pevole e responsabile, all’opera di
Dio (battesimo d’acqua). « Ciascuno di
questi due momenti presi isolatamente ma anche considerati nei loro reciproci rapporti, e quindi l’intero avvenimento del battesimo, vengono interpretati male quando li si separa oppure, anziché distinguerli, li si confonde o li si identifica. Il battesimo
con lo Spirito Santo non esclude il battesimo d’acqua, non lo rende superfluo,
al contrario lo rende possibile e lo esige. Inversamente, il battesimo d’acqua
è quello che è solo nel suo rapporto
col battesimo di Spirito: lo presuppone, sia che guardi ad esso come a un
fatto già avvenuto sia che lo guardi
come un fatto -che deve ancora avvenire. Ma appunto dicendo questo, si
afferma che nelTavvenimento del battesimo, che fonda la vita cristiana, agiscono, in modo diverso, due diversi
soggetti : da un lato c’è l’azione di Dio
che si è volto verso l’uomo, dall’altro
c’è l’azione dell’uomo che si è volto
verso Dio, che a sua volta si è per primo volto verso di lui. Da un lato c’è
Dio che, donandosi, parla e comanda;
dall’altro c’è l’uomo che, ricevendo il
dono di Dio, ubbidisce nella fede»
(p. 45). Il battesimo cristiano suppone quindi due soggetti, Dio e l’uomo:
Dio nel suo volgersi verso l’uomo, e
l’uomo nel suo volgersi a Dio: Dio
nel suo dono di sè, e l’uomo nella sua
risposta, libera e personale, al dono
di Dio. C’è una decisione di Dio in favore dell’uomo e c’è una decisione dell’uomo che risponde all’appello e all’opera di Dio. La decisione dell’uomo
non va però intesa come una dimostrazione della sua autonomia e indipendenza di giudizio; al contrario va intesa come un atto di ubbidienza e sottomissione all’iniziativa di Dio. Considerare l’uomo come uno dei soggetti
del battesimo non significa esaltare la
sua sovranità nei confronti di Dio e
neppure nei confronti della comunità
cristiana: l’uomo che chiede di essere
battezzato riconosce la sua dipendenza da Dio e anche dalla comunità che
gli conferisce il battesimo. L’uomo, insomma, è si soggetto del battesimo
d’acqua, ma solo perchè e in quanto è
oggetto del battesimo di Spirito.
NON È UN SACRAMENTO
Il battesimo d’acqua presuppone la
fede. E la fede implica responsabilità,
consapevolezza, scelta, decisione da
parte dell’uomo. Certo, tutto è grazia,
tutto è opera misericordiosa di Dio anche nel battesimo : la parte dell’uomo
è solo di ubbidire e di ubbidire coscientemente. È Dio che parla, che agisce,
che fa grazia : l’uomo risponde alla parola e all’opera di Dio, e ciò facendo gli
dà gloria. Anche la risposta dell’uomo
risale all’opera di Dio in lui; ciò nondimeno è la sua risposta, non quella di
un altro. Il battesimo d’acqua è appunto la risposta dell’uomo alla grazia
di Dio; non è un mezzo di grazia (un
sacramento) ma è la risposta alla grazia. « Il battesimo ha luogo in base
alla presa di coscienza personale e re
(continua a pag. 6)
mo fare l'apologià dell’omicidio,
ma è lecito fare delle riserve sulla
giustizia *di. una società fondata
sull’apartheid (sappiamo che cose
talvolta la giustizia sudafricana,
che cosa sono i verdetti di certe
giurie degli Stati del Sud degli
U.S.A.). E soprattutto, questi impiccati saranno forse, nell’Africa
di domani, quando i bianchi saranno stati spazzati e i loro boia
impiccati a loro volta (due partiti
dello Zambia, lo Zanu e lo Zapu,
l’hanno dichiarato senza mezzi termini), dei martiri dell’indipendenza, caduti per il loro paese in una
situaiione rivoluzionaria. Se, da
un punto di vista cristiano, dobbiamo continuare a dire che il fine
non giustifica i mezzi, a quelli che
pensano di nascondere dietro questi « valori » la loro cruda, grossolana, orgogliosa volontà di dominazione e di sfruttamento dobbiamo ricordare: « Seminano vento,
mieteranno tempesta » (Osea 8, 7).
Purtroppo la tempesta travolge
sempre anche degli innocenti; tanto più grave, dunque, più severa e
schiacciante la responsabilità.
immiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiio
Pugni per un miliardo
Quasi si trattasse di un evento nazionale e
mondiale, radio, tv e stampa ci hanno a lungo deliziato sulle splendide imprese di Nino
Benvenuti, Il prestigio internazionale dell’Italia è assicurato,., fino al prossimo round.
È un auspicio del tutto utopistico, ma
questo macello pubblico detto boxe dovrebbe essere vietato. Rischio , lo so bene, di
fare un discorso moralistico e vano; ma
certe) è incomprensibile che la nostra società « evoluta » ammetta e anzi circondi di
onori lo cazzottatura, dal livello artigianale
e bonaccione del western (anche aU’italiana)
all alto, raffinato livello scientifico del ring.
So bene che gonfiare la faccia del prossimo,
stordirlo di pugni, abbatterlo, prostrarselo
ai piedi sul quadrato, non è solo questione
di forza bruta, ma di allenamento di destrezza, di astuzia (che delizia, che delirio
quei sinistri di Benvenuti...), di dominio di
sè, di resistenza; il risultato è però lo stesso: la più feroce, decisa volontà di annientare l'avversario. Certo, se la nostra società legalizza e incoraggia questo « sport », è
perchè lo giudica un utile sfogo degli istinti violenti delle masse maschili e femminili,
che si esercitano per interposta persona,
nell'« ordine » di un quadrato illuminato a
giorno. Noi, uomini civili.
È vero che anche all’apostolo Paolo non
spiaceva di valersi dell’immagine della boxe
e parlando della propria vita in Cristo poteva scrivere ai Corinzi (1 Cor. 9: 26) « lotto
al pugilato, non come chi batte l'aria »; ma
il combattimento cristiano « non è contro
carne e sangue ».
C’è però soprattutto un aspetta dell’avvenimento che mi rivolta: gli incassi per l’incontro Benvenuti-Griffith, al Madison, hanno superato il miliardo di lire; e possiamo
immaginare quale più largo giro d’affari
circondi tutta l’operazione. Migliaia di bambini che muoiono di fame sarebbero stati
nutriti per mesi, diecine di terremotati
avrebbero potuto essere risistemati, con
quella somma, impianti scolastici e sanitari
avrebbero potuto essere potenziati.
Ma c’è chi preferisce quattro pugni. Ben
dati, ma cari. *
2
pag. 2
N. 11 — 15 marzo 1968
1 VALDESI E IL “DIRITTO COMUNE,, - 2
% •• ^ _____________________ __
Dall'empireo degli astratti alla realtà
Se l’assunto: «il diritto comune è
sufficiente alla chiesa», dopo un raffronto con la realtà delle situazioni oggettive, necessita di essere integrato
con il significativo corollario : «... e se
non lo è, significa che è insufficiente
per tutti, e occorre lottare in tal senso », appare evidente che, come si presenta in concreto, il cosidetto « diritto
comune » non può costituire un parametro fondamentale che nella sua globalità presenti sufficienti garanzie giuridiche per la chiesa nell’ambito di
uno stato. Per conservarlo come parametro di riferimento, con il detto corollario, il « diritto comune » viene elevato nell’empireo degli astratti onde
consentire di adoperarsi per ottenere
nel concreto quelle revisioni che, rispecchiando il modello teorico, assicurino le volute garanzie nel diritto dello Stato. Ma presentato in questa nuova formulazione globale il ricorso al
« diritto comune » si dimostra ancor
più infelice.
* ♦ «
Le ragioni che mi inducono a questa
conclusione si possono condensare
nelle seguenti:
a) Anzitutto bisogna considerare
che proprio quel « diritto comune »
che non è sufficiente alla chiesa, come
nel caso dei protestanti spagnoli, può
andare invece a pennello per gli altri
i quali si guardano bene dal « lottare »
per cambiarlo e renderlo più adeguato
alla sufficienza di quei pochi ed in
conseguenza disdicevole e magari insufficiente per loro. Questa situazione,
che si ripete e si ripete in moltissime
circostanze concrete, è una triste realtà determinata .dal.rapporto, di forze
politiche, ma realtà. Il « diritto comune» infatti frutto della legislazione
unilaterale dello Stato, bisogna riconoscerlo, è sempre condizionato dal
portato ideologico della parte dominante, che lo pone a tutela dei suoi interessi, e quando è sufficiente per essa,
con le buone o con le cattive, esige che
sia sufficiente anche per gli altri. Pertanto il « diritto comune », nelle sue
configurazioni concrete non può aprioristicamente essere considerato nella
sua globalità come base sufficiente per
la chiesa in qualsiasi paese; e non
sembra quindi avere quei caratteri che
possano fare di lui quell’optimum a
cui, come criterio di fondo in sede teorica, il problema dei rapporti chiesastato possa rimanere ancorato.
b) Si tenga poi presente che dall’enunciato posto da Conte deriva che,
ove il « diritto comune » non sia sufficiente per la chiesa non lo è neppure per tutti, cioè per l’insieme della
società civile ordinata a Stato e quindi « occorre lottare » per ottenerne uno
diverso che sia invece sufficiente per
tutti, chiesa compresa. Ma, dato che
le garanzie giuridiche che integrano
tale sufficienza dovranno coincidere e
per la chiesa e per gli altri, in quanto
sono da enunciare con un medesimo
« diritto comune » che non pone discriminazioni, consegue che questo
« diritto comune » dovrà esprimere necessariamente come sufficienti per tutti quelle garanzie giuridiche che siano
sufficienti per la chiesa. Infatti lo slogan vuole che le predette sufficienze
sussistano, condizionando però la prima al riscontro della seconda.
Orbene io suppongo che non sia
questa la soluzione ultima, quell’optimum a cui mirano coloro che invocano il ricorso al « diritto comune » per
assicurare alla chiesa una condizione
giuridica sufficiente, ma purtroppo
quésta soluzione, più che « costantiniana », implicitamente discende dall’enunciazione massimalista e globale
con cui viene servito lo slogan del ricorso al « diritto comune ».
Di qui, a mio avviso, insorge la necessità di ridimensionare il predetto
parametro per cercare, con un reciproco sforzo di comprensione delle istanze di fondo che vi soggiacciono, di pervenire a più appropriate indicazioni in
merito ad una soluzione più aderente
alle necessità del problema.
c) Bisogna inoltre considerare un
altro punto di non lieve importanza;
e cioè chi, seguendo i postulati avanzati da Conte, debba decidere cosa sia
« sufficiente » alla chiesa ed a tutti.
Se per caso a decidere dovesse essere
lo Stato, saremmo da capo a dodici, e
ne risulterebbe legittimata, tra le altre, anche la situazione spagnola; e
se invece dovesse esser la chiesa a decidere, allora io obietto che ve n’è già
stata una che da secoli ha sempre preteso che tale decisione le competeva;
ma questa chiesa non è la nostra. Il
problema della competenza a decidere
della competenza tra chiesa e stato in
merito ai loro rapporti ed alla loro posizione nel quadro dell’umana convivenza è vecchio di secoli e destinato a
rimanere aperto. Nei suoi confronti il
« diritto comune » non offre però alcuna possibile soluziona
d) Ma l’invocato «diritto comune» non pare debba consistere nel
complesso delle norme generali e positive dettate da uno stato in un determinato momento, ma invece configurarsi in una valutazione teorica di esso proiettata nel divenire. In tal caso,
se la competenza a decidere quali debbano essere le garanzie sufficienti per
la chiesa e per tutti, che in concreto
dovrebbero potersi ottenere, non può
essere assegnata nè ai poteri dello stato nè alla chiesa stessa, vien fatto di
chiedersi a chi spetti decidere e quindi «lottare» per conseguire tale sufficienza giuridica; e con quali caratteri
si presenta in sè questo teorico « diritto comune » a cui dovrebbesi ricorrere
per valutare le garanzie giuridiche di
volta in volta attuate in circostanze
concrete e riscontrarne la sufficienza
per tutti e per ciascuno.
Non so se questa sia la soluzione desiderata per il primo di tali interrogativi. ma sarei propenso a ritenere che
la decisione e la lotta spettino indiscriminatamente a chiunque avverta per
sè 0 per altri le insufficienze delle garanzie offerte dal diritto comune positivo vigente; ed il fatto che costui, o
costoro, possano in conseguenza esser
giudicati elementi eversivi dalla società costituita non mi turba affatto. Io
stesso sarei con loro.
Ma quanto al parametro di fondo
esso come « diritto comune » assumerebbe la parvenza di un mito, perchè
invece di presentarsi come un complesso di norme positive a cui far concreto ricorso, diverrebbe un programma
ispirato a criteri di giustizia, di equità,
di libertà, di eguaglianza; uh tutto
cioè contenente spunti ideologici inerenti il dover essere della condotta
umana, insomma un diritto ideale.
Ora io francamente non vedo quali
differenze sostanziali possano a questo punto ricorrere tra tale ipotetico
ed ideale « diritto comune », ed una
delle ben note speci di « diritto naturale » di groziana o canonistica memoria che tutti noi conosciamo.
Non credo in verità che possa essere questa la strada che Conte, ed altri assai più di me avvertiti sui postulati della Riforma in suddetta materia,
vogliano ora additare alla chiesa come
retto cammino a preferenza di altre
meno ambiziose soluzioni da ricercare,
per una concreta valutazione dellq posizione che sul piano giuridico la chiesa deve assumere nella società civile.
e) Il fatto però è che indubbiamente invocando il « diritto comune »
come parametro regolatore per detta
materia, in concreto od in astratto, si
vengono ad investire i temi della giustizia e della eguaglianza, che vi soggiacciono. E in fondo, come traspare
evidente dall’enunciato stesso dello
slogan, son questi i problemi che destano le maggiori preoccupazioni.
Tant’è che il ricorso al «diritto comune » sembra più che altro un espediente semplicistico avanzato nella illusoria speranza di poter cos’. implicitamente risolvere, o dar per risolti, questi travagliati problemi che non concernono in esclusiva le relazioni tra
chiesa e stato, ma toccano tutti i rapporti della umana convivenza.
Il rapporto tra giustizia ed eguaglianza è un vecchio tema. Già l’Ahrens nello scorso secolo lo aveva impostato nel senso che non era giusto disciplinare in modo uguale rapporti
giuridici disuguali, come era ingiusto
disciplinare in modo disuguale rapporti giuridici uguali. Ciò è vero tuttora
in quanto è evidente, ad esempio, che
il rapporto che unisce i credenti in seno ad una comunità religiosa è giuridicamente diverso da quello che lega i
soci di un circolo culturale. La loro
disciplina non può esser quindi indiscriminatamente dettata. Mentre non
v’è ragione sotto il profilo della giustizia, ad esempio, di disciplinare differentemente la diffusione della stampa
religiosa e di quella sportiva, perchè
sul piano della diffusione della stampa
si tratta di rapporti tra loro eguali.
Ma anche il principio di parità, affermato dal Kahl per risolvere la questione : « non a tutti lo stesso, ma a
ciascuno il suo », va attentamente rimeditato per evitare gli equivoci che
può implicare.
Deve quindi concludersi che, sia nel
suo aspetto positivo sia come ideale, il
« diritto comune », che si va invocando come risolutore automatico delle
questioni giuridiche inerenti i rapporti chiesa-stato, non si- rivela sufficiente, nè giusto, per assicurare a tutti,
chiese comprese, le garanzie giuridiche idonee per una loro libera esistenza.
H! ^ ♦
Da circa due anni ho invitato taluni dei nostri, che invocano spesso il
« diritto comune » come soluzione ideale per una giusta posizione dei rapporti tra chiesa e stato o come regolamento giuridico della libertà religiosa,, a
voler spiegare che cosa intendano in
sostanza per « diritto comune », magari limitatamente al contesto in cui
hanno usato l’espressione. E ciò allo
scopo di uscire dalla vacuità degli
slogan ed arrivare a concetti aventi
un significato definito. Questo invito
ij l’ho rivolto fornendo anche qualche
dato delucidativo onde favorire la riflessione ed indurre a rispondere’ ma
non ho ricevuto risposte. Forse ho
sbagliato. Infatti gli unici elementi che
mi hanno aiutato in un tentativo di
comprensione di tale istanza, me li
hanno forniti i già citati articoli di Gino Conte a cui non avevo rivolto l’invito predetto.
Comunque, persistendosi a fare un
generico, globale ricorso ad un non de-'
finito « diritto comune ». questo rimane a tutt’oggi consegnato nel quadro
delle frasi fatte prive di contenuto specifico, che possono servire solo come
funzione di comodo per scaricarvi dentro le mancate soluzioni di ciascun
problema affrontato, ma non possono
convincere nessuno, a parte forse i
teorici del vago.
Io penso però che, a prescindere dal
valore di slogan massimalista che gli
si vorrebbe attribuire oggidì, un ricorso al « diritto comune » — quello
positivo vigente in ciascun paese però,
non quello vago —, sotto un profilo
ben circostanziato ed esattamente definito, debba esser fatto in modo parziale, non globale, per la definizione
dei rapporti chiesa-stato. Infatti i
valori fondamentali che presiedono a
delti rapporti, e che si rinvengono nella linea politica sin qui seguita dalla
nostra chiesa, esigono che sotto certi
aspetti determinanti si debba far ricorso anche a questo specifico strumento, che però non appare idoneo in
modo assoluto ad essere elevato a si.stema globale, come ho cercato di dimostrare.
Se si esamina la storia della nostra
chiesa nei primi anni successivi al
1848, si riscontra che i nostri maggiori
di allora, nel loro buon senso, avevano
fatto ricorso anche al « diritto comune » del loro tempo in modo ben preciso e ristretto, come risulta dai documenti ufficiali del tempo e dalle colonne dell’« Echo des Vallées ».
Per una più esatta comprensione del
significato di un ricorso al « diritto co
II'1)1111111111111111111111
imiiiiiiiiMiiitiiMii
Lettere alle Chiese: SARDI
“Hai nome di vivere e sei morto,,
[àpoc. 3: ]-6]
La lettera alla chiesa dì Sardi contiene un giudizio severo e radicale : « lo conosco le lue opere : tu hai nome
dì vivere e sei morto ». Colui che lo pronunzia è il Signore, il quale guida i responsabili della comunità (le sette
stelle) con la pienezza dello Spirito Santo (i sette spiriti).
La comunità di Sardi non era priva di opere, anche
se nessuna di esse è menzionata. Aveva ricevuto il messaggio dell'Evangelo e non l'aveva totalmente dimenticato. E' difficile dire quali fossero le « sue opere »; oggi
siamo abituati a dire che una chiesa svolge le sue normali attività quando celebra i culti domenicali e gli atti
liturgici, provvede all'insegnamento religioso, raccoglie
le offerte per il suo bilancio finanziario, partecipa alle
assemblee ecclesiastiche, conserva le buone tradizioni,
possiede opere assistenziali e riesce a sopravvivere in
mezzo alla continua trasformazione della società. Queste
attività « tradizionali » non si possono eliminare senza
privare la chiesa di strumenti di lavoro preziosi ; d altra
parte, non si può ancora dire se altre attività, di tipo nuovo e rivoluzionario, risponderanno in modo più adeguato
ed efficace a quella che è, in ogni tempo, la missione della chiesa cristiana nel mondo.
Una cosa è sicura : che nessuna comunità cristiana
può vivere di apparenze e di illusioni, perchè il Signore
« conosce le sue opere » e può dire a qualsiasi chiesa :
« non ho trovato le opere tue compiute nel cospetto del
mio Dio ». La chiesa può compiere « le sue opere » per
altre ragioni, non esclusi il proprio interesse e le proprie
ambizioni ; può cercar di nascondere, dietro 1 attivismo
che la caratterizza, il torpore spirituale e l'indifferenza
che la minacciano. In questo caso la comunità intende
avere un nome, il « nome di vivere »; ma I attività esterna, priva di vita interiore e profonda, è più apparenza
che realtà : « tu hai nome di vivere e sei morta ».
* * *
Questo giudizio è severo e forse anche inatteso da
una comunità che confida prima di tutto nel « suo nome »
e nelle « sue opere ». Ognuno di noi si guardi dal voler
sostituire il Signore nei suoi giudizi ; oggi ci sono molti
« giudici » nella chiesa e pochi « servitori ». La comunità
cristiana deve lasciarsi interpellare dal suo Signore, anche se il giudizio è duro e categorico. Un esame di coscienza davanti al Signore è veramente utile alla comunità, più utile ancora di un suo confronto con il mondo
o con la società. La comunità locale, come la chiesa nel
suo insieme, ha il dovere di guardare in faccia la realtà e
di domandarsi in qual misura le « sue opere » sono segno di vita o segno di sonnolenza e di morte. L'albero
buono « dà frutti buoni », non soltanto fogliame in abbondanza, cioè apparenze esteriori, inutili ai credenti ed
agli uomini che vivono fuori della chiesa. Una comunità
cristiana che constata il « tutto esaurito » ai culti di Natale e Pasqua o addirittura in occasione di qualche serata ricreativa, ma rifiuta lo studio e I ascolto della Parola di Dio, ha essa « nome di vivere » o « è morta »?
Che cosa bisogna dire di una comunità che dorme il son
no dei giusti e si sveglia soltanto alla cupa voce di una
catastrofe? Basta forse alla chiesa conservare « le forme
della pietà », per dire che, accanto alla famiglia, alla fabbrica, alla banca, al partito politico ed a tante altre istituzioni, c'è anche la chiesa oppure, come diceva I apostolo
Paolo in preghiera, occorre che i credenti siano da Dio
« potentemente fortificati mediante lo Spirito suo, nell'uomo interiore »?
* * *
Il giudizio del Signore diventa inquietante se, accanto alle preoccupazioni d'ordine interno, la chiesa pensa
alla sua missione nel mondo. Il mondo pone molte domande alla chiesa del nostro tempo; esse provengono
tanto dai marxisti i quali considerano la chiesa un ostacolo alla lotta di classe e alla rivoluzione quanto dal mondo occidentale scristianizzato, dove milioni di persone
vivono come se la chiesa non esistesse. C è un ansia di
verità, non solo di novità, in molti i quali reagiscono all'idea tradizionale di chiesa come di una « società della
domenica ». Se la chiesa è abbandonata o guardata con
indifferenza e noia da molti, di chi sarà la colpa? Soltanto del mondo o anche della chiesa? E se il Signore venisse oggi a fare il bilancio della testimonianza e della
evangelizzazione della chiesa nel mondo, non sarebbe
Egli costretto a dire, come alla comunità di Sardi : « hai
nome di vivere e sei morto »?
Il Signore che giudica è anche Colui che pronunzia la
paola della esortazione e della speranza. Egli è la vera
sentinella della chiesa. Colui che la risveglia con tre
squilli di tromba. Prima di tutto: « Sii vigilante e rafferma il resto che sta per morire». Non tutta la comunità
è assopita, non tutti vivono di illusioni e di apparenze.
Dio si è sempre servito di « un resto » a Lui fedele: divieni vigilante e consolida quanto sta per morire, ma
non è ancora morto. Poi: « Ricordati dunque di quanto
hai ricevuto e udito; e serbalo e ravvediti». Il risveglio
della chiesa dormiente o morta non avviene con mezzi
spettacolari o amministrativi. Il risveglio è I opera della
Parola di Dio ascoltata nel ravvedimento. Le chiese evangeliche se ne ricordino oggi, invece di ^correre verso le
« cisterne screpolate che non tengono I acqua ». Non ci
sarebbero tanti cedimenti e tanta confusione fra i cristiani evangelici se si ricordassero oggi di guarito « hanno
ricevuto e udito ». Infine, ecco il suono dell ultimo avvertimento: « Se tu non vegli, io verrò come un ladro, e
tu non saprai a quale ora verrò su di te ». In questa prospettiva : « vegliale e pregate » e ancora ; « siamo sobri,
avendo rivestito la corazza della fede e dell amore, e preso per elmo la speranza della salvezza ».
L'esortazione del Signore è energica e urgente: «Sii
vigilante, rafferma, ricordati, ravvedili ». La sua promessa è degna di fede : « Chi vince sarà così vestito di vesti
bianche, e io non cancellerò il suo nome dal libro della
vita, e confesserò il suo nome nel cospetto del Padre
mune» giova penso rilevare in quale
ottica ed in qùale misura-i nostri mag»giori han considerato di potersene valere nell’epoca in cui, affacciandosi nella vita del paese come uomini liberi,
ebbero a disposizione anche questo
strumento per assicurarsi nella società civile garanzie sufficienti per lo svolg™ca ° testimonianza evan
( continua)
Giorgio Peyrot
Questa rubrica intende offrire ai lettori
una sene di « istantanee » su momenti ed
episodi delta vita evangèlica del secolo
scorso: immagini che conservano intatta la
toro freschezza e quasi sempre il loro vaiai e spirituale. Fanno parte della nostra
stona di evangelici italiani, nella continuitu dello fede e dello testimonianza.
PERREPO
La conferenza libera della 'Val S.
Martino s’è aperta martedì, mattina
alle 9, nella Scuola grande di Ferrerò,
con un culto presieduto dal pastore di
Praly.
Dopo la lettura dei verbali della conferenza dei Chiotti, lo stesso pastore
di Praly, Slg. Giraud, incaricato di
tutte le mansioni, ha letto un suo lavoro sul tema all’ordine del giorno:
rammissione nella Chiesa. Siccome
questo argomento sarà ancora trattato nelle due conferenze della 'Val Perosa e della 'Val Pellice, diremo solo
qualche parola.
Che cos’è l’ammissione di un credente nella Chiesa? A quali condizioni essa può aver luogo? Questi sono i due
punti trattati. Il Relatore indica tre
condizioni principali per l’ammissione
in Chiesa:
1. - Avere delle idee chiare e dei fer
mi principi.
2. - Fare una confessione di fede e di
conversione non smentita dalla
condotta.
3. - Lasciare che trascorra un certo
periodo di tempo più o meno lungo tra la fine dell’istruzione catechetica e l’ammissione in Chiesa.
La conferenza, dopo una discussione
o meglio una conversazione di due ore,
nel corso della quale eccellenti idee
furono espresse da diversi oratori, adottò le conclusioni del rapporto, in
particolare l’ultima che prevede un
intervallo per i catecumeni, tra la fine
della loro istruzione e l’ammissione in
Chiesa.
(Da Le Témoin, del 30 ottobre 1890).
19 Miitzo, ^ioriiatìj dei ralecuiuHii
I catecumeni di IV anno delle Chiese di
Angrogna, Luserna S. Giovanni, Rorà, Torre Pellice si incontreranno ad Agape il
giorno 19 marzo c. a.
• Tema della giornt'a: «-Mi sarete testimoni... ».
Le discussioni saranno precedute da tre
conversazioni su questi argomenti:
I ) La testimonianza cristiana nel terzo mondo (parlerà il Missionario francese M.
Bernard);
2) La testimonianza cristiana nella società
itaiiana (Pastore A. Taccia);
3) È la nostra Chiesa pronta per questa testimonianza? (Pastore A. Sonelli).
Direttore della giornata sarà il Pastore A.
Rutjgliano.
II pullman per Agape partirà da Torre
Pellice alle ore 7; dagli Aitali alle 7,05; da
S. Giovanni (Braccio) alle 7.10. Il ritorno
è previsto per le ore 19 (con partenza da
Agape alle 17,30 circa).
Il iiostr« appi'llo per le viuiine
del conflitto vietDaniiia
Abbiamo ancora ricevuto queste offerte;
Scuola domenicale di Perosa L. 5.000; Lina
Chambon, Pomaretto 2.000; E. G., Torre
Pellice 20.000; N. N., Roma 5.000. Totale
L. 32.000. Totale precedente L. 342.960. Totale generale L. 374.960.
Ringraziamo frcernamente e trasmettiamo al Comitato aiuti medici al Vietnam, a
Londra.
mio e nel cospetto dei suoi angeli »
Ermanno Rostan
Offerte prò Missioni
Fiori in memoria della Missionaria Lily
Coissoif. Caroline e Emma Chauvie 1.000;
Gu.stavo Pons, Capetown 2.000: Maria Giam.
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Abbonamento annuo L. 600. Chiedete
copia saggio gratuita. Informazioni alla redazione. Casa della Bibbia - Via
Balbi 132 - 16126 Genova, c.c.p. 4/560.
Toujours Joyeux, edizione francese.
3
15 marzo 1968 — N. 11
pag. 3
PERCHÉ SONO STATI SÜDDITl FEDELI DI SOVRANI OPPRESSORI?
Echi della settimana
La politica dei Valdesi nella storia [\ La protesta
L’articolo di Giorgio Martinat in occasione del 17 febbraio, e il corsivo relazionale « Viva il Re ! » del n. 9 del
nostro giornale, mi offrono lo spunto
per alcune considerazioni su quella
che nel passai',, diciamo durante quattro secoli circa, è stata la posizione e
la scella poriiica dei valdesi: o meglio
quale sia stu'o il loro atteggiamento di
fronte alle autorità dello stato, ai sovrani, alle correnti sociali e politiche
che li hanno potuti raggiungere.
In tal senso, concordo pienamente
con quanto annotato dal corsivo di
« Viva il Re ! » ove si dice che i valdesi
hanno nel passato fatto della politica :
il grosso problema, di natura storica,
è sempre quello di spiegarci il perchè
e il come di questa politica, prima di
pronunciare un giudizio, seppure un
giudizio abbia da essere pronunciato.
4: !f: «
Lasciando da parte il periodo med'oevale, che merita un discorso a sè,
che comunque dal punto di vista politico non ha lasciato tracce nell'epoca
successiva, ci occuperemo soltanto del
periodo in cui il Valdismo si presenta
e si esprime come Chiesa, e come tale
ben consapevole attraverso la sua organizzazione ecclesiastica di essere un
organismo con particolari caratteri nel
corpo dello Stato. i
Sette questo aspetto, dobbiamo constatare come fino a pochi decenni or
sono, i valdesi si sono sempre presentati, e vantati di essere come sudditi
fedeli al loro governo, alla monarchia,
alle leggi, in una carola dei legalisti
senza ripensamenti. Tale posizione,
salvo pochissime eccezioni, è stata
sempre mantenuta nonostante l’assurdo che ci meraviglia, per cui' essi continuavano a professarsi sudditi fedeli
e obbedienti a quei c h « r n che
continuavano a basionaru o perseguitarli: R il giorno de o i de macello de! 16Í16-90, :<c npat 8 Izi
glia e ridotti agii est rem d i Vit
torio Amedeo II, proprio a un curano fedeltà e prestano servizio ai momento in cui quello cessa ai avera per
nemici e vuole servirsene come bravi
soldati di montagna con : a ootenie
Re di Frane a Gl i j o es
sere citati a proi n pr iro
viamo da parte de; va ¡ausi onesta precisa presa di posizione : fedeli e ubbidienti sempre, senmi contestare mai
alle autorità nessun uintio, con runica eccezione della loro libertà di coscienza e di culto : e quando questa veniva minacciata o conculcata, allora
si diventava ribelli, e anche ben decisi,
ma solo fino al giorno in cui si potesse
tornare in pace al proprio tempio.
tit
Una bella confusione di idee, una
strana incoerenza, diremmo oggi, e
che si pre.senta ih dimensioni davvero
difficili da intendere per la nostra
mentalità odierna; e che pure ha avuto le sue cause, e che d’altra parte è
patrimonio comune a tutte le comunità protestanti minoritarie di pensiero
calvinista.
Il motivo di fondo, originario, compenetratcsi lentamente nelle chiese attraverso i secoli, è proprio di natura
teologica, fondato o sbagliato che sia:
l’autorità dello stato viene da Dio (il
diritto divino dei re!), e poiché bisogna dare a Cesare quello che è di Cesare, « ogni persona sia sottoposta alle autorità, perchè non v’è autorità se
non da Dio, e le autorità che esistono
sono ordinate da Dio; sicché chi resiste all’autorità, si oppone aH’ordine di
Dio. e quelli che vi si oppongono, si
attireranno addosso una pena» (Romani 13: 1, 2); «perciò è necessario
star soggetti, non soltanto a motivo
della punizione, ma anche per motivo
di coscienza» (id. v. 5). Queste parole
di S. Paolo, insieme ad una forse male
intesa visione della funzione della monarchia nell’Antico Testamento, e la
posizione di Lutero e di Calvino, chiaramente favorevoli all’interpretazione
letterale dell’ossequio verso le autorità,
introdussero nelle chiese, e naturalmente tra i valdesi, un costume, una
tradizione e un sentire che non fu mai
messo in discussione.
Quando per la prima volta, nel 1560,
p>si diventarono ribelli al duca di Savoia. si trovarono davanti ad un pesante dilemma, come ci attestano le
pagine degli storici Lentolo e Gilles:
la difesa della loro libertà di culto li
portava a impugnare le armi, ed essi
non volevano spargere sangue, ed a ribellarsi alle autorità, mentre essi volevano conservar loro l’obbedienza: tanto che si decisero poi alla difesa e alla
lotta «pro aris et focis» solo quando
qualcuno 11 convinse « che questa guer!;i ci era fatta dal Papa e dai suoi, e
non propriamente dal Duca».
Appresero allora la via della ribellione. che poi tante volte seguirono,
«pur volendo religiosamente obbedire
a tutti gli editti di S. A., fino al punto
che la coscienza ce lo permetterà ».
Legalisti perciò i valdesi, e sempre
devoti ai loro sovrani, e rispettosi delle autorità, con la sola eccezione della
intangibilità delle loro convinzioni religiose, per via di una educazione che
fin dal catechismo ispirava il rispetto
;ille autorità subito dopo Dio.
A tale costume, di natura confessionale, occorre aggiungere un secondo
elemento che ci illumina sulla «fedeltà alle istituzioni » presso i valdesi : lo
chiamerei il complesso del perseguitato. Repressi e perseguitati sempre, è
chiaro che presso i nostri padri il timore reverenziale per l’autorità divenisse quasi qualcosa di patologico, e
mentre li spingeva da una parte a con
creare situazioni peggiori di quella che
già avevano per via della loro posizione minoritaria, li incitava inconsapevolmente a dimostrare che, se la loro
libertà di culto non veniva violata, essi erano irreprensibili e inattaccabili
sotto ogni altro aspetto. Si può quasi
giungere a dire che essi erano il più fedeli possibile alle autorità per poter
godere della massima larghezza nella
fedeltà al loro credo religioso.
Una terza componente, accanto alle
due precedenti, era pure presente nella
vita sociale dei valdesi, e chiarisce ulteriormente la loro tranquilla e indiscussa lealtà verso lo stato e le autorità. Al solito, essa non vale per loro
soltanto, ma presso di loro, in quanto
minoritari ed oppressi, essa ebbe particolare peso.
Si tratta della concezione dei diritti
e dei doveri del cittadino verso lo state, e viceversa: non si deve dimenticare che la dichiarazione dei diritti
dell’uomo risale al settecento, che essa
trovò la sua formulazione precisa nel
periodo della rivoluzione francese, e
che ci volle del tempo perchè tali concetti prendessero posto nella coscienza
dei popoli. Fino a tale momento, e
anzi fino a tempi molto vicino a noi,
la concezione comune era quella che
conferiva ai cittadini soli tutti i dove
ri, e allo stato come alle autorità tutti
i diritti: il cittadino davanti allo Stato è uno che aspetta una grazia, una
elargizione, una concessione, un atto
di bontà, ecc. Ricordiamo tutti che
Carlo Alberto, per aver firmato l’editto di emancipazione, fu il re magnanimo, che aveva « octroyé » ai suoi
sudditi un dono, frutto solo della sua
generosità.
Direi che oggi la situazione è completamente rovesciata, e si arriva ovviamente agli eccessi opposti: il fatto
è che oggi si parla solo dei diritti, che
vanno da quelli del neonato fino a
quelli del morituro, in un’assalto formidabile a tutto il «sistema», ben volentieri dimenticandoci dei doveri che
pure sussistono, primo fra tutti quello
di ammettere anche il diritto altrui, o
riservando ciascuno a se stesso la massa dei diritti e al prossimo il cumulo
dei doveri.
Discorso che ci porterebbe lontano
dal nostro proposito, ma che bisogna
comunque accennare anche per renderci conto che oggi a noi è forse difficile intendere una concezione che
riserva ai cittadini solo il dovere di
obbedire, pagare le tasse e fare il soldato, 3 allo Stato o ^ Sovrano il diritto di occuparsi ogni tanto dei sudditi. Ma era così ancora cinquant’anni
fa. ed è stato così per secoli anche
nella storia valdese.
Queste tre c-cmponenti, quali abbiamo brevemente cercato di presentare,
sono state quelle che hanno determinato la posizione politica dei Valdesi;
capisco che, specie per i giovani d’oggi, sono cose difficili à comprendersi,
e soprattutto facilmente criticabili.
Così, quando il redattóre del corsivo
del nostro giornale, che già abbiamo
citato, afferma che il settimanale della Chiesa Valdese di 77 anni fa « operava una scelta politica intitolando il
suo editoriale ’ Viva il Re!”; sceglieva
di essere monarchico e sabaudo anziché repubblicano o mazziniano », ci
mette davanti ad un grosso errore
di prospettiva storica; infatti, se sono
valide le ragioni che abbiamo cercato
di spiegare finora, egli non poteva
« scegliere » ; e a parte il fatto che nel
1891 i mazziniani e i repubblicani eraconfinati ai margini della vita politica, non poteva scegliere, perchè la
sua deformazione o foimazione politica lo indirizzava in un solo senso, e
non lo metteva davanti a un bivio.
(Con questo è pacifico che io non
difendo rattaccc nento alla monarchia
del direttore de! rémeln, ma semplicemente il fatto .e egli si trovava in
condizioni di r. poter fare diversamente).
Rimarrebbe ^ < osservare che, se
quanto siamo luti dicendo è stato
valido per la " ti massa dei valdesi,
ci sono state p ' di quando in quando delle mode.'. eccezioni; esse sono
valide sopratti nel ’7(K), poi durante
l’epoca napoli ca e nel periodo risorgimentale ; ' particolare il perio
do napoleonico m la sua iniziale indigestione di li tà, ha creato un disorsto caos nel' compassata compagine del Valdisn . Elementi che vedremo semmai di uadrare in un altro
discorso, paghi r oggi di aver cercato di chiarire c i s e perchè i Valdesi
nel passato hai i fatto della politica.
Au 5!-to Ahnand-Hugon
P.
degli studenti
Ogni medico sa che il primo passo per
guarire una malattia, è quello di farne una
diagnosi esatta. Analogamente, in certa misura. per l’università « malata » dei nostri
giorni: è possibile diagnosticarne la malattia? E qual'è la diagnosi esatta? Si moAÌplicano le ricerche particolari degli psicologi, dei sociologi, dei politici, degli specialisti d’ogni genere, per rispondere a queste
domande. Riassumiamo, nei punti salienti
(con qualche aggiunta personale), due delle
più recenti e più suggestive risposte, che
maggiormente si discostano da quanto abbiamo pubblicato nel n. preced. di questo
periodico, sedo lo stesso titolo.
'if Per Alain Touraine (professore di sociologia all'università di Nan'erre, Francia,
V. « Le Monde » del 7 e deH'8-3-’68), il
quale si riferisce particolarmente alle università francesi, la crisi dipenderebbe essenzialmente dal cambiamento radica'e delle
prospettive professionali, cambiamento che
creerebbe preoccupazioni, consapevoli o no,
negli studenti, rendendoli inquieti del loro
avvenire.
t. L'Università (più particolarmente: la
Facoltà) si sforza di rispondere globaimeme
a delle domande sempre più varie e complicate: quelle del futuri impiegati, o quadri subalterni, che cercano una formazione
professionale. Sono le domande del giovani
intellettuali che vogliono intraprendere le
nuove vie della conoscenza, quelle dei futuri insegnanti secondari che devono affrontare i futuri concorsi. Il risultato e che nè
il professore, nè lo studente sanno chiaramente che cosa si attende da loro ».
Questo è certamente il caso delle Facoltà di architeìtura in Italia: infatti la professione dell’architetto è oggi talm.ente in
crisi, che nessuno saprebbe veramer.ve più
dire in che cosa essa consiste! Ma che dire
delle altre Facoltà? Ecco che la diagnosi del
Touraine si allarga ad una visione storicosociologica ampia e profonda, e diviene più
convincente :
K (La protesta attuale) rievoca irresistibilmente le prime reazioni delle società tradizionali sconvolte dall'urto dell'industrializzazione: utopie, millenarismi, esplosioni incontrollate, proliferazione delle sette. L'Europa al principio del XIX sec., l’America
latina e l'Africa al principio del XX, hanno
conosciuto similari movimenti in gran numero. Savio a Berkeley o Dutschke a Berlino (studenti leaders) sono più vicini ai
"messa" brasiliani che ai grandi organizzatori del movimento operaio (...). Colui che
'jiiiiiiiiiMniilllHiiiliiiiiitiiiiiuuiiii
LETTERA QALL'ETIQPIA
Anna sta bene
e fa progressi
Cari amici,
ho lartcinto pns.tare troppo tempo
dalle ultime notizie che vi mandai
di Anna e me ne dispiace, ma desideravo essere stata io stessa sul posto per rendermi conto dei suoi
progressi, del suo stato d’animo e
del tipo di scuola che frequenta.
Ma andiamo per ordine. Dalle ultime notizie che vi diedi rultima
volta, sembrava che la ragazza avrebbe dovuto cominciare questo corso
di economia domestica subito, mentre invece le cose non sono andate
come prevedevamo. L’insegnante,
che doveva venire appositamente
dalla Svezia, arrivò soltanto... un
anno dopo e così, per dar modo ad
Anna di non sentirsi nuovamente e
totalmente un peso nella casa del
fratello, riuscimmo a convincere il
comitato scolastico ad assumerla
quale insegnante di lavori femminili nelle tre prime classi elementari
di Belesa.
Allora, purtroppo, non eravamo
riusciti ad avere un insegnante donna e tutto il lavoro tra le ragazze
doveva ricadere sulla sottoscritta che
non se la sentì: l’aiuto di Anna fu
veramente una cosa preziosa. Terminato l anno scolastico (noi eravamo già .stati trasferiti in AsmaraJ,
il problema di Anna, che aspettava
di entrare nella scuola di Adi Ugri,
s: ripresentò, ma quésta volta non
tardò a giungere il momento in cui
le potei scrivere una bi-eve lettera
nella quale la pregavo di trovarsi,
con la sua cassetta di legno, il giorno dopo, alla stazione degli autobus
di Asmara. Inutile dirvi che arrivò
con qualche... ora di anticipo!
A questo punto ecco entrare in
scena tutti gli amici italiani grazie
ai quali una giovanetta può cominciare a guardare con più serenità alla vita che le sta davanti.
La prima somma di denaro è stata spe.sa per l’acquisto del biglietto
L'anno scorso, risponUfii.
do a Un appello della Missionaria Paola Troll, 'ari
lettori avevano offerto a
una giovane etiopica un
aiuto per einitinuare i suoi
.studi: ecco Anna nella
Scuola di economia dmiicstica di Ad! Ugri, con la
Signora Tron.
per Tautobus che l'ha portata ad
Adi Ugri, dove alire compagne e
Tinsegnante l’aspel lavano.
Da allora mi sono incontrata spesso con la cara insegnante di queste
ragazze e sempre le notizie di Anna
erano buone, a parte qualche mal di
capo ed un po’ di influenza: mali di
stagione!
Qualche settimana fa, una domenica piena di sole, sono andata io
.stessa fino ad Adi Ugri, dove ho visitato la scuola — due aule sole per
ora — e visto Anna. Quando ha saputo che ero arrivata, è corsa da me,
malgrado la difficoltà che ha di camminare per via di una malformazione ad entrambi i piedi, e, passato il
primo momento di eccitazione, è ridiventata la ragazza timida di sempre, ma ho notato come, seguendomi pa.s.so passo durante la visita alla scuola, cercasse, lanciandomi spes,so sguardi furtivi, di capire dalla
espressione del mio viso, che cosa
pensassi del lavoro che aveva svolto
.sino allora! C’è da rallegrarsi con
lei (e naturalmente anche con l’insegnante! ). Anna ha fatto parecchio
e nei suoi lavori pratici è quasi perfetta. Abbiamo chiacchierato a lungo e mi sono rallegrata molto con
lei che, come sempre, esprime la
sua gioia, abbassando lo sguardo e
ridendo sommessamente.
Abbiamo scattato alcune fotografie. Quella che vi mando è stata presa nell’aula di lavoro e studio. Tra
Anna e me vedete Vinsegnante, la
bambola per le lezioni pratiche e
teoriche ed alcuni lavori terminati
da Anna durante i primi tre mesi
' di scuola. Pare che sia quella che
ha lavorato di più (così mi diceva
la sua insegnante), e: ’’non solo a
scuola, ma anche nella sua camera:
sferruzza, cuce e ricama fino a notte inoltrata!”.
Credo che il mese pro.ssimo entrerà in uso anche la cucina, magnificamente arredata per questo tipo di
scuola, e più in là, verso la fine dell’anno scolastico, sarà anche pronta
una capanna nel cortile, dove le ragazze potranno cuocere il loro tipico
pane.
In quel piccolo villaggio deU’Eritrea un gruppetto di giovani ragazze
sta lavorando alacremente e non mi
stupirei che alla fine dell’anno ci
giungesse l’invito a partecipare ad
un pranzo di gala preparato da loro
ed offerto ad alcuni amici in segno
di riconoscenza. Se sarò tra i fortunati, andrò con gioia a rappiesentare tutti voi che avete fatto per una
di loro ciò che noi, da soli, non
avremmo potuto fare.
Non è stato ancora deciso se questo primo corso terminerà quest’anno o .se verrà prolungato a due anni. E’ chiaro, comunque, che le ragazze che .supereranno con esito favorevole gli esami finali, riceveranno un diploma riconosciuto dal Governo.
Amici lontani, ho detto ad Anna
che vi avrei scritto e che vi avrei
mandato una fotografia. E’ per voi
che ha sorriso, e noi con lei, per dirvi ancora : « Grazie ».
Paola Tron
a cura di Tullio Viola
considerava l'agitazione delle sette socialiste e comuniste durante la monarchia del
luglio, poteva forse non vedervi altro che
l esaltazione di alcuni dottrinari, nonché le
reazioni marginali al grande movimento
d’industrializzazione che trasformava la società. Eppure quello non era che l'inizLo
d una critica attiva di quella società: il riconoscimento della dominazione capitalista,
la preparazione del movimento operaio (...).
(Le attuali agitazioni) non sarebbero forse ì
segni premonitori d'una critica e d’una contestazione, intellettuale e pratica, della società dominata dalle grandi organizzazioni
e dall’apparato dello Stato, i segni rivelatori di nuove forme di dominazione e di
nuovi conflitti sociali? ».
È molto probabile e prossima una trasformazione tecnologica della società, di
grandi proporzioni. John von Neumann
(uno dei più grandi matematici del secolo
XX), uno dei fondatori della « scienza dell’informazione » (i cui capitoli sono la cibernetica, la programmazione, ecc.), ha preconizzato circa 15 anni fa il secondo atto
della rivoluzione industriale, molto più sconvolgente, più innovatore del primo. Orbene: come nel primo aito gli organismi produttivi di nuovi valori sociali furono le industrie, cosi nel secondo atto gli organismi
sarebbero le università. Quando intere regioni (come per es„ in Italia: Piemonte,
Lombardia, Liguria ed Emilia tutte insieme)
avranno un unico grande centro d’informazione (con strumenti elettronici e macchine
perfezionatissime di tutti i generi) atto a dirigere tutte le loro industrie, con conseguente enorme risparmio di mano d’opera, allora quel centro sarà in sostanza un istituto
d'università o di politecnico, e le università
o i politecnici saranno i centri di tutta l’attività tecnico-scientifica del paese. Questo è
uno dei tanti esempi che si possono citare.
Secondo il Touraine, gli studenti percepirebbero ravvicinarsi dei nuovi tempi e ne
anticiperebbero, sia pure inconsciamente, la
problematica.
Per Elvio Facchineili (psicologo milanese, V. « Quaderni Piacentini » n. 33), la
pretesta degli studenti si riporterebbe, in
ultima analisi, alla crisi della famiglia. Ma
tale crisi non si definirebbe più (come ancora col Freud « la ribellione del figlio
contro il padre ». La spiegazione è di tipo
bio^psico-sociologico :
(Nella società dei consumi) « la liberazione dal bisogno sembra avere come sua condizione la rinuncia al desiderio. Ma dal punto di vista individuale, questa condizione
sembra il ripetersi, nella realtà adulta, di
una situazione angosciante che è stata quella del rapporto con la madre. Dall’esperienza psicanalitica ne conosciamo i termini
fondamentali: la madre buona e "gratificante” è nello stesso tempo la strega malefica
e divoratrice, il nutrimento e l’amore che
essa ci dà sono continuamente minacciati,
nella fantasia infantile, dalla sua capacità
distruttiva, il cibo che ci offre è quindi pagato con la dipendenza totale. E in questa
situazione, scarso aiuto ci può venire dalla
presenza di un padre che è sempre piu
labile e impotente, quando non si confonda
egli stesso, riassorbito, con la figura onnipotente della madre. Ne viene quindi, per
paradosso, che il livello più alto della società industriale tende ad essere vissuto dal
singolo come la ripetizione, nei suoi punti
cruciali, della relazione più "naturale", più
"biologica” e sperimentativa all'interno della
famiglia. E infatti, nella propria ideologia,
questa stessa società tende a fare sempre più
uso di metafore biologiche, cibernetico-biologiche, tende a presentarsi come un complesso di sistemi la cui regolazione è già
"prevista in anticipo". Si pone l’accento sul
funzionamento e sull'equilibrio, anziché sul
mutamento, sulla rottura, appunto perchè la
"lotta col padre" sembra ormai una dimensione mitica. (...).
Dicendo "bisogno e desiderio", è chiaro
che si divaricano a forza i due termini di
un nesso, in cui l’uno è sempre presente
nell'altro. Si pone da un lato ciò che è più
immediato, o generico, e dall’altro ciò ch'è
mediato-individuale ».
In poche parole, la spiegazione del Fachinelli significa; per la prima volta nella
storia, la società è in grado di prolungare
oltre i limiti della famiglia quel benessere e
quella tutela che, nella famiglia, è prerogativa della madre. Ma ciò andrebbe a scapito
della formazione del carattere dell’uomo,
che ha bisogno di liberarsi dalla tutela della
società, come da quella della madre. La
protesta degli studenti sarebbe « la rivolta
contro il "mammismo" », ormai istituzionalizzato nella società del benessere.
(lampe^iia evaii^elistica
nel ìi Distretto
In attuazione del piano di lavoro
proposto dalla commissione del quinto
Distretto, nella settimana dalTll al 15
marzo avrà luogo a Taranto ed Orsara di Puglia una campagna evangelistica di quattro giorni, con quattro
conferenze pubbliche sul seguente argomento generale: Cristo sola speranza del mondo. Le conferenze, che saranno tenute dai pastori Enrico Corsani, Davide Cielo, Ernesto Naso, Teodoro Magri e dal dott. Emidio Sfredda, verteranno su questi temi:
Disperazione dell’uomo e speranza
cristiana; Speranze umane e speranza
cristiana; Speranza cristiana e vocazione terrena del credente; Cristo nostra sola speranza.
Nelle due località indicate la campagna evangelistìca sarà preceduta da
altre attività aH’intemo ed all’esterno
della Chiesa; colportaggio, diffusione
di pubblicazioni evangeliche, esposizione alla porta.
Voglia il Signore benedire il nostro
lavoro.
Il presidente della C. D,
4
pag. 4
N. 11 — 15 marzo 1968
I LETTORI Cl SCRIVONO
V,, i......
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IX
V#
) E in6ne, chi sa se certi tonanti
censori, a qualunque Chiesa appartengano, in luogo di abbandonarsi ad
astiosi giudizi, non farebbero meglio
a raccogliersi in preghiera sincera, ri.
volta al Padre comune, per sè e per
propri fratelli?
Con i più deferenti saluti .
Gianni Mdrcheselli
Questa cartina, pubblicata su « Le Monde » e poi sul bollettino del Comitato svizzero di aiuto al Vietnam, ìndica gli ospedali attaccati nel
Nord-Vietnam dai bombardieri americani; parecchi sono stati distrutti.
La nostra corrispondente da Londra
ci scrive;
« Avons besoin extrême urgence
grande quantité sérum antitétanique,
pénicillne, tonicardiaques » (Testo del
telegramma ricevuto alla sede del Comitato Aiuti Medici al Vietnam di
Londra in data 22.2.68).
Il latte in polvere, preferibilmente
contenente anche il ferro, pastiglie di
suKoguanidimici (contro la dissenteria), antibiotici e antisettici sono le
ultimissime necessità per quanto riguarda l'infanzia vietnamita. Gli
scialli confezionati in lana scura sono
sempre molto apprezzati, perchè servono ad avvolgere i neonati ed i bambini che passano le loro notti nella
giungla per scampare ai bombardamenti.
Parlando dell’infanzia vietnamita,
vorrei solo ricordare a ognuno che
legge queste righe che, da quanto risulta da testimoni oculari e rapporti
vari, essa può essere suddivisa come
segue: 1) Finfanzia descritta nel rapporto Pepper; 2) quella « vagante »
(e non <c vagabonda »); 3) quella degente negli ospedali psichiatrici a diretta conseguenza della mancanza di
cure materne; 4) quella priva di gambe, braccia ed occhi; 5) quella a cui
è stato sparato alla schiena; 6) quella
che il 31 gennaio u. s. ha trovato da
sola la strada di un ospedale per venire sottoposta ad interventi chirurgici. Questa è l’infanzia che un giorno sarà chiamata a prendere le redini del proprio governo, a dirigere gli
affari della propria Nazione. E’ perciò da augurarsi che gli aiuti che
vengono cosi generosamente e spontaneamente inviati dall’Italia per l’infanzia Vietnamita o per l’infanzia di
qualsiasi altra Nazione, siano aiuti a
lunga scadenza: a lunga scadenza sono le sofferenze che cerchiamo di alleviare. A titolo personale ringrazio
quanti hanno risposto all’appello lanciato attraverso 1'« Eco-Luce ». Stando a rapporti medici pubblicati sul
« Times », presto in Vietnam vi sarà
urgente bisogno di pediatri. D'altro
canto il personale dell’ospedale situato nella Provincia di Quang Ngai, di.
spone di un solo specialista in protesi, l’unico specialista che vi sia oggi
in tutto il Vietnam del Sud. La Provincia di Quang Ngai si trova a 350
miglia a nord est di Saigon e prima
del Capodanno lunare registrava il 2®
posto quanto a più alta percentuale
di profughi in tutto il Vietnam, cioè
quella di 100.000 senza tetto. Di comune accordo con le Autorità di tale
Provincia, la sezione americana della
Società degli Amici (Quaccheri), in
collaborazione con la Croce Rossa
Americana e con un dipartimento delia « Società degli Amici » di Gran
Bretagna, dal 1965 ha iniziato attività assistenziali a favore degli orfani e delle vedove. Dal gennaio 1967,
vi è inoltre un programma di riabilitazione ed uno di protesi.
Per sapere come inviare aiuti medici dall'Italia in Vietnam, eventualmente prendere contatto:
con il Dott. Marc Oltramare, Section de la Centrale Sanitaire Suisse,
Case Postale 91 - 1211 Ginevra 24.
(Il Dott. Oltramare è una conoscenza
personale della Dott.sa Me Michael,
una delle due fondatrici del Comitato
Aiuti Medici al Vietnam, 36 Wellington Street, London W.C.2. Eventualmente presentarsi a nome di tale Comitato);
con la segreteria dell’« Association
Medicale Franco-Vietnamienne », 13
rue Payenne, Paris 3. Anche in questo caso, eventualmente presentarsi a
nome del Comitato Aiuti Medici di
Londra che è a diretto contatto con
tale Associazione.
Per chi desiderasse stabilire diretti
contatti con dei gruppi protestanti
Vietnamiti, rivolgersi al Pastore
J. Mottu, 2 bis Dai-lo-Thong-Nhut,
Saigon. Il Pastore Mottu, di origine
svizzera, è al servizio della Società
delle Missioni di Parigi e cura anche
le comunità protestanti di lingua
francese sia nella Cambogia come nel
Laos .
Il tempio protestante della comunità francese a Saigon non è stato distrutto. Le vittime civili del conflitto
sono quelle che sono.
L. Manzi
Epiteti
e argoménti
Un lettore^ da Milano'.
Signor direttore,
sono un cattolico, felicemente sposato ad una metodista.
Mi riferisco alParticolo comparso
nel n. 9 del Suo periodico, a pag. 3,
in merito al « significativo matrimonio » celebrato nel Tempio Metodista
di Parma.
L’estensore del pezzo mostra una
mano lucida, consequenziale, di stile
cartesiano, e senza dubbio ha riscosso il plauso incondizionato di molti
«benpensanti» delle Valli Valdesi:
anche se, dopo essersi citato, assume
un tono « torquemadesco » per denunciare le mene brigose di una parte,
e per ironizzare con puntiglio sulla
ingenuità della controparte.
Mi chiedo solo se il pezzo cosi non
manchi per caso un tantino di spirito cristiano, il che non sarebbe cosa
da poco, visto che è pubblicato dal
periodico di una Chiesa cristiana.
Visto che gli sposi di Parma sono
state vittime di inganni e di illusioni; visto che il loro pastore è da condannare come incauto; e visto che
non pare possa esserci una via d’intesa fra cristiani di due diverse confessioni,'c’è da chiedersi: perchè il
Sonelli non promuove una campagna
di dissuasione per candidati a matrimoni misti? Si dica a questi incoscienti che cerchino l’anima gemella altrove, forse fra le file dei giovani marxisti-leninisti, che sono tanto
di moda : troveranno così sempre un
prete o un pastore à la page, cTie chiùderà impunemente per essi occhi ed
orecchie. Ma per carità, lascino perdere il loro ideale, se proviene dalle
file di un’altra Chiesa cristiana!
Ma chi sa poi, se non sia valida
una situazione alquanto diversa da
quella conseguente alPesposto del Sonelli; se non sia giunta l’ora di accantonare certe forme di razzismo spirituale. derivato dall’enunciazione di
« sacrosanti principi »?
Chi sa se, per caso, i prelati romani non passino notti serene, invece di
escogitare piani machiavellici per intrappolare incauti evangelici? Chi sa
se, sempre per caso, non esìstano pastori metodisti capaci di esercitare
una sufficiente « vigilanza evangeli
ca » anche fuori dagli schemi tradi
zìonalì dettati da preclusioni ossessive? Chi sa se, forse, il matrimonio
fra due cristiani, educati in ' Chiese
fra loro separate, ma uniti nella Fede
e neirAmore, non siano proprio il se
j gno più intenso di queU’Unità visiI bile alla quale ogni cristiano degno di
I tal nome dovrebbe tendere?
Al signor Gianni Marcheselli non
è piaciuto il mio articolo ”Il gioco
è fatto^* e il suo scontento appare evidente dalla lettera da lui scritta. Il
lettore può rendersi conto di tutte le
gentilezze con le quali il Marcheselli
ha ornato il suo discorso^ sempre richiamandosi ad ^*un tantino di spirito cristiano^’. Si parla di ’’benpensanti delle Valli Valdesi”, di ’’tono
torquemadesco”, di ’’razzismo spirituale”, di ’’tonanti censori”, di ’’astiosi giudizi”. Lasciamo giudicare al lettore quanto queste infiorature abbiano a che fare col discorso da me impostato. Io ho analizzato una situazione con riferimenti ben precisi. Il
Marcheselli poteva portare altri argomenti che contradicessero ai miei
e questo non è stato fatto.
Sia ben chiaro che nei miei articoli non ho accusato l’autorità cattolica di ’’escogitare piani machiavellici », ma ho indicato l’ambito delle
possibilità di manovra di quelle autorità nel quadro della dogmatica cattolica tradizionale; ho rivelato Vassurd tà di certe soluzioni presentate
come ’’ecumeniche”, portando degli
argomenti: questi argomenti potevano essere discussi.
Il signor Marcheselli ci poteva spiegare come egli e la sua Consorte avevano affrontato e superato le difficoltà che io ponevo in luce. Poteva spiegarci come egli poteva rimanere buon
cattolico e la sua Signora poteva rimanere coerente metodista e, tuttavia, rimanere ’’uniti nella Fede e nell’Amore”. Penso che al signor Marcheselli non sfuggano le radicali differenze che ci sono tra le due confessioni di fede: saremmo veramente grati se ci indicasse un modo autentico
di trovare l’unità che non sia un mettere l’Evangelo da parte e farsi una
’’fede” ad uso personale.
Il signor Marcheselli non ci dice
nulla neppure a proposito della educazione del figli; se ne ha, sarebbe interessante che ci dicesse come in concreto ha risolto il problema della loro
educazione cristiana. Che ne pensa
egli — che si definisce ’’cattolico” —
del canone 2319 del Codice di Diritto
Canonico, al | 1, nn. 2, 3, 4? Esso
affermai «Sono sottoposti a scomuni..
ca latae sententiae (cioè immediata,
senza una condanna speciale da parte
dell’autorità ecclesiastica) riservata all’Ordinario i cattolici: n. 2 i quali si
uniscono in matrimonio col patto
essplicito di educare tutta la prole o
una parte di essa al di fuori della
chiesa cattolica; n. 3 che coscientemente presentano i loro figli ad un
ministro non • cattolico per il battesimo; n. 4 che — essendo genitori o
facenti le loro veci — fanno educare
0 istruire coscientemente i loro figli
nella religione non cattolica ». Queste scomuniche sono valide tuttora.
Su questi argomenti attendiamo ben
volentieri una discussione; la fioritura di epiteti offensivi non serve affatto a chiarire le idee e tanto meno a
dimostrare uno ’’spirito cristiano”.
Alfredo Sonelli
Saremo
più puntuali
Il direttore de ’’La Scuola Domenicale” ci scrive:
Caro direttore,
leggo la 3^ protesta sulla « cenerentola » delle Comunità, la Scuola Donicale, e mi affretto a riassumere qui
la breve lettera spedita oggi a tutti
gli abbonati della Rivista « La Scuola
Domenicale » per metterli al corrente della situazione.
I provvedimenti urgenti, presi assieme al « Consiglio Nazionale Scuole Domenicali » (di cui fanno parte
Battisti, Metodisti e Valdesi), sono i
seguenti :
1. — La Rivista dei Monitori riprenderà le sue pubblicazioni a partire dal mese di maggio.
2. - Gli ablxmati per Tanno in
corso, riceveranno il numero di maggio ed il numero doppio di settembre
della rivista da essi già pagato.
3. — Le lezioni per i Monitori,
sulTAntLco Testamento, saranno contenute nel numero di settembre. Le
lezioni sul Nuovo Testamento nel numero di febbraio (1969).
4. — Stiamo formando, assieme al.
Maestro Franco Calvetti, nuovo membro del Consìglio Nazionale, un comitato di redazione, che euri .sulla Rivesta, una serie di brevi ,utili articoli
e rubriche, di interesse per i monitori,
e di aiuto nella preparazione di deter.
minati programmi (feste di Natale,
recitc, giochi, lavori, convegni), ed
inoltre alcune facili nozioni didattiche.
5. — Stiamo riorganizzando tutto
il lavoro, per poter garantire assoluta
puntualità nelTinvìo, sia della Rivista
con le lezioni per i Monitori, sia del
miater'ale per i bambini.
6. _ L’INDIRIZZARIO della Rivista ci è sembrato molto difettoso.
Preghiamo quindi di indicare con
esattezza i cambiamenti di indirizzo
o quelli ormai inesistenti. Saremmo
grati, inoltre, che ci si segnalasse il
norne e Tindirizzo di altri Monitori
o persone interessate, che potrebbero
utilmente ricevere la Rivista. Il numero di maggio della Rivista sarà inviato gratuitamente a titolo di saggio,
ai nominativi gentilmente segnalati.
7. — Questo lavoro, che assieme al
Maestro Calvetti, ci appassiona, necessita della collaborazione di tutti.
Inviare osservazioni, consigli, oritiche,
offerte dì collaborazione alla Rivista.
Aggiungo solo alcune parole in risposta alla lettera del Prof. Ezio Bonomi: 1) La sezione valdese del «comitato scuole domenicali », è composta, da pochi mesi in qua, dal sottoscritto (Thomas Soggin, pastore a Como) c dal Maestro Franco Calvetti di
Tor.no; la Signora Berta Subilla fa
anche parte del comitato valdese e si
occupa da anni con dedizione ed amo.
re del mensile per bambini « L’Amico dei Fanciulli ». Calvetti ed io stiamo cercando di orientarci in questo
lavoro, in modo che le giuste lamentele possano non più ripetersi, nel
prossimo futuro. 2) Dalla lettera inviata ai monitori, risulta che la Rivista riprenderà in pieno le sue pubblicazioni, assieme col materiale delle lezioni per i monitori. 3) 4) 5) Le
Scuole domenicali vanno potenziate con tutte le nostre forze : si tratta
però di fare un lavoro a lunga scadenza evitando ogni frazionamento individualista. Non è possibile avere un
« proprio » programma, sganciato da
quello europeo : non abbiamo nè i
mezzi, nè le persone per prepararlo.
Il programma « europeo » è diffuso
specialmente fra le Chiese dei Paesi
Latini : Belgio, Francia, Italia, Spagna, Portogallo e Svizzera. Parlare di
« proprio » programma, significherebbe, in ultima analisi, frazionarci
alTinfinito, perchè ogni chiesa e comunità singola vorrebbe a sua volta
avere il « proprio » programma non
stimando sufficientemente buono quello proposto. Il programma dei paesi
làtinl viene pubblicato in 120 mila
esemplari e ad esso ha ultimamente
aderito anche la Commissione Battista delle Scuole domenicali d’Italia,
proprio per la qualità del materiale
offerto ai bambini. E’ giusto d’altra
parte di tenere conto della situazione
specifica italiana e questo lo si potrà
fare mediante la Rivista ed i suoi articoli.
Si tratta perciò ora di mettersi tutti insieme al lavoro, e di dare a questa attività così importante, lo slancio che si inerita. Chi voglia dare sug'gerlmentì, offrire la propria collaborazione alla Rivista « La Scuola Domenicale » che sta così a cuore a tanti, lo faccia, scrivendo al mio indirizzo : via T. Grossi 17 ■ 27100 Como.
Ve ne sarò grato.
Thomas Soggin
A ciascuno il suo
Uii-a lettrice^ da Roma:
Caro direttore,
vorrei dire alle mie amiche e al
prof. Bonomi, che con tanto impeto hanno espresso la loro indignazione sulToperato del precedente Comitato Scuole Domenicali, che si,
hanno ragione, il materiale spesso,
o sempre se vogliamo, è arrivato in
ritardo. E’ stato gravissimo!
Ma vorrei dire anche che quel Comitato (il quale nell’ultimo anuo aveva lavorato in condizioni difficili tanto da dover poi essere rimpastato),
non è stato una sine cura. Che si è
posto dei problemi di Scuola Domenicale che vanno oltre l’ordine, la meticolosità, la tempestività. Non voglio
ora minimizzare dei falli che ci sono
stali, che riconosciamo tutti facilmente. che saranno certo ovviati in avvenire. specie dopo tante, giuste e opportune proteste. Ci si ricorderà che
quello che conta è avere la lezione
pronta la domenica mattina alle 9
precise.
Si?
Ma i problemi che erano stati a
cuore a quel comitato — malgrado
tulle le sue pecche — erano e rimangono i problemi di fondo della retta
spiegazione dell’Evangelo, strettameu.
te legati all’esegesi, all’ermeneutica,
alla critica biblica ecc. Se non sono
stati risolti sono stati però posti, pensali, sofferti, sentiti come molto pesanti. La teologia dei grandi si dibatte in
questi anni e con essa anche la teologia dei piccoli. E se per caso venissero anni ancora più difficili, nei quali per ipotesi il manuale non potesse
essere distribuito, bisognerà pure che
ì monitori sappiano lo stesso confessare Cristo come Signore ai loro ragazzi.
Ti ringrazio di lasciarci dibattere
queste questioni che tornano per noi
ogni domenica mattina.
Berta Subilia
A proposito
di cartelli
Un collaboratore, da Pomaretto:
Caro fratello Carlo Ferrerò,
ho letto la sua lettera pubblicata
nel numero scorso; mi permetta di
farle qualche rilievo. Innanzitutto in
riferimento alla questione politica : ri.
legga la lettera aperta di Giorgio Martina! nel numero del XVII febbraio
e le parole d’un noto teologo che dice : « Come fecero i profeti, la chiesa
non può tacere davanti a ciò che diso
nora^ degrada, terrorizza,^ fa violenza
alla creatura... ». Si ricordi che l’an.
tenna dei giovani è molto sensibile al.
la frattura fra una presunta fede ed
i problemi del mondo: essi scoprono
l’inconsistenza d’una fede religiosa
che convive in armonia perfetta con
l’egoismo, l’interesse, l’amore di se
stessi, senza che vi sìa nessuna finestra aperta alla voce di chi geme, di
chi non è libero o di chi ha fame;
senza parlare naturalmente deU’indifferenza di fronte agli stessi problemi
della vita normale delle nostre chiese. Per questo sono lieto di consacrare un po del mio tempo ai catecumeni, agli alunni della Scuola Media
per affrontare insieme, alla luce della
Parola di Dio tutte le situazioni che
si determinano nel mondo e preparare i miei ragazzi ad affrontarle, con
Tarmatura che ci dà l’Evangelo.
Per quanto si riferisce ai cartelli,
posso dirle: i giovani hanno compiuto il loro gesto con spirito di preghie,
ra, coscienti di portare un messaggio
di solidarietà verso gli oppressi, dì
confessare pubblicamente le nostre
infedeltà é di riaffermare la piena fiducia nel Signore, proprio nello spirito dei versetti . Se i colori erano
carnevaleschi è questione di gusti: a
lei non son piaciuti, pazienza! Ad altri, sì.
Come fratello dì chiesa non doveva
però esprimere il suo dissenso con
una insinuazione. L’attribuisco, io,
a quel che si dice in psicologia « complesso del capro espiatorio » : gli
Ebrei solevano scegliere un capro ogni
anno e simbolicamente gettare su lui
tutti i peccati del popolo e poi lasciarlo andare a morire nel deserto
per espiarli. Qualche volta questo capro può essere il Pastore sul quale si
riversano le proprie colpe di assenteismo dalla vita della chiesa, incolpandolo dì qualcosa; ed il bersaglio
è facile per chi sta alla finestra: ormai, specialmente nelle grosse parrocchie, egli è « bon à tout faire » :
disbrigo complicato ormai delle pratiche, corrispondenza d’un ufficio parrocchiale sempre più complesso, sistemazione di vecchi negli asili, domande di lavoro (rivolte non solo al signor Pasquet), difficoltà familiari
sempre più numerose oggi, la Scuola
Materna, l’insegnamento nelle Scuole
medie ed elementari dove non c’è l’in
gnante valdese, gli atti liturgici piut
tosto numerosi, unitamente alla nor
male attività per la Scuola domenica
le, catechismi, unione, senza dimen
ticare quella che diventa spesso la ce
nerentola, cioè la predicazione! E la
lettura, l’aggiornamento ai problemi
d’oggi, e lo studio della Bibbia! E le
finanze che fanno perdere tanto tempo per la generosità eccessiva di tanti
parrocchiani? E poi ci sono anche ì
vecchi ed ì malati e non soltanto loro! senza dimenticare, caro fratello,
che non li trovo più a casa, ma sono
dislocati a Pinerolo, Torino per quaTinque fatto che va al di là dell’infinenza; e spesso poi il Pastore non
10 sa, eppure deve saperlo perchè lui
deve saper tutto, anche il sermone
senza bisogno di preparazione! Non
parlo poi dei comp'ti extraparrocchiali che ci sono affidati e che portano
v’a de: tempo.
Queste cose le dico non per far risaltare il lavoro d’una parrocchia, ma
unicamente per mostrarle che ho bisogno di lei e dei molti i cui doni
non sono utilizzati nella chiesa o fuori
di essa. Per questo colgo l’occasione
per chiedere la sua collaborazione e
quella di altri per consentire al suo
Pastore di concentrarsi .sulle cose essenziali del suo ministerio secondo la
imagine di I Cor. 12, dove è spiegato
con Timagine del corpo che tutti i
membri sono strettamente uniti insieme e collegati con Cristo mediante
la Parola a seconda dei doni ricevuti. affinchè « segurando verità in ca.
rita noi cresciamo in ogni cosa verso
Colui che e il capo, cioè Cristo. Da
lui tutto il corpo ben collegato e ben
connesso mediante I aiuto fornito da
tutte le giunture trae il proprio sviluppo nella m'sura del vigore A ogni
s agola parte per edificare se stesso
nell'amore ».
Cordialmente
Gustavo Bouchard
Chi tiene le leve
della tecnocrazia ?
Un collaboratore, da Torre Pellice;
Caro direttore,
diversi interventi nel dibattito sulle condizioni di lavoro alla
hanno ripreso e ampliato il mio discorso, molto meglio di quanto io
non potessi fare, dimostrando che non
si tratta di una questione privata tra
11 Signor Guido Rihet e il sottoscritto, ma di una questione vitale per
tutto il nostro popolo.
Il Prof. Augusto Armand-Hugon
osserva molto giustamente che ci stiamo avviando verso una società interamente dominata dalla tecnocrazia,
in cui il significato della vita umana
rischia di perdersi totalmente. Vorrei
soltanto aggiungere che tale constatazione non può affatto esimerci dal
cercare chi, di questa società, possiede le leve di comando, perchè la tecnologia avrà eliminato molte figure
tradizionali nell’organizzazione del lavoro. ma non quella di chi prende le
decisioni. E allora non direi che il
problema dei rapporti tra padrone e
operai sia oggi superato, ma piuttosto
che esso è più complesso e difficile di
un tempo.
Proprio per questo è necessario riferirsi a situazioni concrete, in cui
emerge con particolare chiarezza quel,
la che minaccia di diventare una con
dizione generale; e la FIAT mi sem-’
bra essere una di queste situazioni.
Naturalmente non si vuol dire che
nelle altre industrie, grandi, medie e
piccole, le cose vadan meglio; forse
vanno peggio: per quel che ne so, il
Signor Guido Pasquet potrebbe aver
rag-one su questo punto, e la FIAT
rappresentare una punta avanzata nel
campo del trattamento e deH’assistenza agli operai. Se così fosse, l’esempio avrebbe un valore ancora maggiore : se la vita dell’operaio è questa
nella migliore delle industrie possibili, figuriamoci nelle altre.
A questo punto, il Sig. Gu'do Ribet dice : non lamentiamoci, e ringrs.
ziamo il cielo che non ci troviamo
nel Vietnam o in Russia.
Lasciando stare la Russia, che, come è noto, si prepara a farsi « liberare » dalla 124, non vedo come si possa cogliere, in quello che ho scritto,
Tintenzione di identificare le condizioni di vita nel Vietnam e le condizioni di lavoro alla FIAT, come se
tra le due situazioni non vi fosse alcuna ; differenza. Non ho mai sostenuto niente di simile. La questione è
un’altra; nei due casi si soffre, là morendo. qui rimettendoci la salute e
Tequilibrio nervoso, il tutto per la
sacrosanta espansione clelToccidente;
perchè mai si dovrebbe parlare di
dramma soltanto per il Vietnam, e
non per chi è assillato dai ritmi di
lavoro?
0 forse dovremmo lasciarci tranquill.'zzare dai chiarimenti del Signor
Fiorello Beux, il quale dimostra soltanto che la razionalizzazione del lavoro tende ad assorbire in maniera
inesorabile tutte le energie del lavoratore? E poi si vorrebbe che si
facesse dell’in nie!
Il problem.H non si ferma ai ritmi
di lavoro, lo rimenetto; è il problema
di un’organi/zazione sempre più unificata, che tendo a inghiottirei tutù,
nel lavoro comr nel tempo lìbero. E’
giusto domanderei qual’è la responsabilità del cristiano, di fronte a questo fatto. A questa domanda, nella
nostra Chiesa, si danno delle risposte
divergenti. I.‘ Sig. Ribet ne prende
atto e pensa che sia ormai inutile discutere, Vi sono molti, nel mìo campo, che condividono questa sua opinione (soltanto questa); io sono uno
di quei pocìiì illusi che credono ancora alla necessità e all’utilità di una
discussione fra le due parti, a causa
di una cosa superata che si chiama
comunione dei santi. Sarà perchè mi
ostino a fare il pastore e iion il sindacalista.
Che non ci si comprenda è un fatto: sarebbe già un progresso se si
fosse un po’ più prudenti nel dar giu.
dizi: il Sig. Ribet mi dà del cinese
senza conoscermi, e non ci azzecca;
il Sig. Pasquet mi rimprovera di trascurare ì vecchi e i malati, mentre al
vecchi e ai malati dedico certamente
più tempo che agli operai; cosa dovrei fare? soltanto questo? Ma nè il
Nuovo Testamento, nè i Riformatori
Iianno inteso il ministero pastorale
soltanto in funzione dei vecchi e dei
malati. Posso dire comunque che con.
sidero molto importante questo lato
del mio ministero; ma esso è e deve
rimanere soltanto un lato.
Tuttavia questi giudizi si possono
perdonare: un po’ di sfogo è pur necessario. Ciò che mi preme è ben altro; accetterei le accuse più laceranti,
se questo servisse a far avanzare il di.
battito, ad avvicinarci alla realtà, a
trovare una via d’uscita; invece il dibattito non avanza, e non avanzerà
finché non ci sarà un minimo di accordo sui dati da cui occorre partire
per un giudizio sulla realtà in questione. La ricerca di questi dati concreti non avrebbe senso se non fosse
in corso, su questo come su altri nostri periodici, un dibattito veramente
di fondo sul significato della testimonianza cristiana nel mondo contemporaneo; ma questo dibattito di fondo
rischierebbe di perdersi nelle astrattezze, se si cercasse di evitare una
domanda semplice come questa : cosa
accade realmente nelle fabbriche?
Per conto mio sospendo qui il discorso, in attesa che questo giornale
ci dia una documentazione sul tipo di
quella fornita dal Prof. Viola sulla
protesta studentesca, perchè finché cito fatti di mia conoscenza, il Sig. Ribet può sempre dire che si tratta di
una documentazione di parte.
Vorrei soltanto aggiungere una parola sulla questione concreta posta dal
Sig. Guido Pasquet. La mia risposta è
questa: quando il Sig. Pasquet ha
cercato lavoro per operai disoccupati
si è comportato come un cristiano che
porta i pesi dei suoi fratelli; quando
si è irritato perchè qualcuno ha criticato le condizioni di lavoro, si è com.
portato come Un datore di lavoro che
vuole riconoscenza e non è disposto a
portare fino in fondo i pesi dei suoi
fratelli.
Comunque sia, rispetto il Sig. Pasquet e quello che ha fatto, ma desidero lottare per un tipo di società in
cui non ci sia più bisogno di passare
dal Sig.. Pasquet (e tanto meno dal
pastore) per ottenere un lavoro.
Fraterni saluti Bruno Rostagno
5
15 marzo 1968 — N. 11
pag. 5
/ PHIMUHIJI IW.Ll.-QfJHHA EUAmF.I.ICA IM UALIF. D'AOSTA
Come fu costruita
la Cappella Valdese di Courmayeur
La festa valdese a New York
NeH'estatc del 1856. un pastore della
•Chiesa libera di Scozia, che si trovava a
■Coumiatcìir per motivi di salute, fu pregalo da alcune persone di voler fare alia popolazione. insoddisfatta del prete locale, un
servizio religioso. 11 sig. Buchanan, non
ostante la debole sua salute e la sua poca
conoscenza del francese, finì per accedere
alle istanze fattegli e tenne per due volte
nella propria camera culto evangelico. Ma
per la sua malferma salute e la difficoltà ad
esprimersi in francese fu costretto ad interrontpcie tali servizi. Però, visto il desideri ■ ardente dei suoi uditori di poter continu a.: ad avere un siffatto tipo di culto,
P'.iiUise di procurare loro, a tal fine, un pastore di lingua francese per l'anno successivo.
Il 21 maggio dei 1857 infatti, arrivava a
Courmayeur per predicarvi l’Evangelo il signor G. C. Curie, già pastore della piccola
comunità di Chambéry. Egli era da poco
tornato ammalato da Algeri, e gli era stato consigliato dai medici e dal sig. Buchanan, di recarsi in valle d'Aosta a curarsi
con quelle acque termaii e con l'aria balsamica che vi si respirava. Nello stesso tempo
il B. aveva insistito perchè il Curie, d'accordo sollecitamente al pastore Cucie Fauvra. si dedicasse a curare religiosamente il
gruppo di Courmayeur che ne aveva fatto
pressante richiesta l'anno precedente.
11 sindaco, sig. Pantaleone 'Vuiller. accordò sollecitamente al pastore Curie 1 autorizzazione a predicare pubblicamente. Per
cui nel mese successivo cominciarono le celebrazioni del culto evangelico nel locale
già usato dal B.. di proprietà di un sig. Truchet, e che apparve subito troppo ristretto
per assemblee di 150-700 persone. Ne nacque nella valle grande curiosità ed interesse. Anche il clero romano si mosse ed ottenne dall'Intendente di Aosta che il culto
pubblico protestante venisse proibito. Esso
si riaprì '.osto dopo, sotto la forma di associazione privata, consentita dallo Statuto
de 1848 c continuò fino a tutto settembre.
Ma non finirono gli sforzi delFautorità
religiosa locale che. ricorrendo in alto lo
co. riuscì a far cessare
Curie, in quanro suditi
prima di pan'u. '..idua
rato sulla J
per de i a
tanto egli si era leiaio
Tavola Valdese, un pa
continuare il lavoro i
rare nel mese di maggio al suo posto di
lavoro a Torino, la giovane comunità rimaneva per alcuni mesi senza pastore, solo
visitata di quando in quando dai pastori vaidesi iMalan e Medie. Ma in agosto potè
tranquillamente ritornare da Algeri il signor Curie, richiamatovi dalla popolazione
della cittadina alpina. Si rimise al lavoro
con zelo per il res'to del 1858 e per tutto il
1853. istituendo anche una biblioteca di
lettura e riunioni serali in altri tre villaggi
dei dintorni, sebbene ostacolato dalla intransigenza e dal fanatismo dei retrogradi.
Nel m.ese di settembre del 1859, il Curie,
richiesto da alcuni cattolici di iniziare qualche servizio religioso anche ad Aos'ta, si
diede con impegno al nuovo compito. Prese subito in affitto dall’avv. cav. Lambert un
locale in via Maìconseil, di faccia al monumento che ricorda la fuga di Calvino e
dove è stata eretta la Chiesa Valdese di
Aosta. In mezzo a rinnovate difficoltà vi
iniziò fin dal 1 settembre dei culti domenicali quindicinali recandovisi a piedi da
Courmayeur, ove aveva la residenza. E per
rispondere agli attacchi grossolani e calunniosi di cui egli ed i suoi fedeli erano oggetto. compose e pubblicò un opuscolo « Le
ministre et les prêtres ». che cercò di diffondere largamente in mezzo alla popolazione
valdostana.
Intanto il pastore Curie era riuscito a
procurarsi alcuni fondi che gli permisero di
costruire la piccola Cappella di Courmayeur
inaugurata il 7 luglio 1860. con grande af
fluenza di valdostani e di inglesi e con la
presenza gradila delle Autorità mandamentale e locale. La cappella, oltre al gruppo
evangelico locale, durante l'estate, serviva
anche ai soliti 30-40 turisti inglesi che vi
potevano celebrare un servizio religioso nella loro lingua. Per tutta l’estate, il signor
Curie funzionò da pastore dei due gruppi :
il mattino a Courmayeur e il pomeriggio ad
Aosta. Ma per la notevole distanza dei due
centri e forse per le precàrie condizioni di
salute, dopo il 1 ottobre il pastore Curie finì
per trasferirsi ad Aosta.- 11 suo posto a
Courmayeur venne preso dal ministro valdese Daniele Gay. che vi fu installato il 23
novembre 1860 dal Comitato di Evangelizzazione della Chiesa Valdese.
Fu ancora il pastore Curie a prevedere la
convenienza anzi la necessità, dato il carattere estivo cosmopolite di Aosta, di « innalzarvi un tempio modesto, che additi un
luogo di culto decente e che abbia a soddisfare a tutti i bisogni». Egli dichiarava
perciò aperta la lista dei sottoscrittori, con
la offerta già versata da un inglese di 20
franchi.
Ed è così che per lo zelo evangelistico e
lo spirito ecumenico di un pastore della
Chiesa Libera di Scozia, di un pastore francese e dei dirigenti della .&cietà Evangelica
di Ginevra, la Chiesa Valdese ha oggi, ad
un secolo di distanza, le due cappelle di
Courmayeur e di Aosta. Vada a loro la
nostra fraterna giiU.tudine.
T. G. P.
Il tempo sereno benché freddo della domenica 18 Febbraio, ha favorito il ritrovo
dei Valdesi di New York e dintorni per la
celebrazione della storica ricorrenza che ci
è cara. Erano presenti alcuni fratelli di altre chiese, ricordiamo i nostri fedeli amici
dell A.^ .A.S., e dalle Valli^ i coniugi Ribet
di Pomaretto, la sig.na Cristina Sereno di
Torre Pellice, da Firenze la studentessa
P. Ferrare della Chiesa dei Fratelli.
Il culto fu presieduto dal pastore e fu vivo in tutti e prima di ogni altra espressione,
un senso di accorato rammarico e di sincera
umiliazione davanti al Signore, per l'ora
nella quale viviamo.
Il messaggio della fede ci fu recato da tre
graditi ospiti. Il pastore emerito battista sig.
R. Mingioli ci offri una edificante meditazione biblica che egli illustrò con rapidi tocchi di accenno alla nostra storia valdese.
Seguì il Doti. Giorgio Jervis, l’eminente
specialista di malattie mentali, ora Direttore
del nuovo Istituto Ricerche in « Menta! Retardation » in Staten Island, che, con quella
sua fraterna semplicità così piena di bontà,
che lo distingue, ci diede un breve, succoso,
messaggio ricco di spunti per una più profonda riflessione sulla caratteristica valdese
intesa come fede, come ubbidienza e come
sottomissione alla volontà del Signore.
La Sig.na Cristina Sereno, gentile nel tra
dizionale costume valdese, rivolse all’assem
bica un caldo messaggio in perfetto inglese
che fu poi seguito dalla dizione di due bre
vi poesie edite dal nonno, sig. Enrico Beux
A questi oratori del mattino, fecero segui
lo durante il pranzo tradizionale, il Rev. Dr
R. Vaillant della antica Chiesa Ugonotta d
New York; Miss D. Chesley; Mrs J. Calteli
prof. Emil Tron per la A.W.A.S. e sempre
apprezzato il fratello Emil Pons con il suo
estro poetico San Martinese.
La nostra comunità è costituita da Valdesi di provenienza da tutte le parrocchie del
le Valli come pure da qualcuna della Evangelizzazione; siamo oramai alla seconda ed
anche alla terza generazione; ma vi è anche un gruppo di giovani adulti, che conservano vivo il rieordo di non lontani convegni giovanili alle Valli e fu appunto questo gruppo che finì col trasformare l’atmosfe.
ra del nostro pranzo tradizionale, ben riuseito del resto, nell’atmosfera di un convegno
giovanile, col debito repertorio di canti e di
canzoni in ciò guidato dalla leggiadra Cristina colla sua chitarra. Giornata schiettamente valdese fu quindi la nostra, che, come si osservò, finì col canto, quasi ad esprimere col canto la certezza e la fiducia in un
più sereno domani. Dopo tutto U nostro avvenire e quello del mondo è nelle mani del
Signore ed il Signore regna. Questa è la nostra fede. A. J.
I' •niiiiiii4Uiii<iiMiimiiiinii>
DALLE NOSTSE COMUNITÀ
hi predicazione dei
francese. Il quale,
•/.-iile. aveva compeurmayeur una casa,
: du> evangelico. In; perorare, presso la
.ore piemontese per
iiziaio ai piedi del
monte Bianco. Due o tre mesi dopo vi arrivava Il ministro valdese. G. Ribetti, che
fra difiicoltà degni sorta (era stata anche
organizzata una Missione di 8 ecclesiastici
fra i piu zciani; cd eloquenti della Diocesi,
per una vera crociala antj evangelica a
Courmaveui. ..a.; i ai iP marzo 1858) iniziò il SU'! h ) I n i ' sm scatenato in
occasione uv a moUiC d: un sig. C esare Derriaud, per non lasciano seppellire nel cimitero comune, non avendo egli n punto di
morte, voluto ritornare in seno alla Chiesa
cattolica, dovette cedere dinanzi alla legge,
in tale circostanza rappresentata dal sindaco a da 3 carabinieri bene armati.
Avendo intanato il Ribetti dovuto ritor
li Concistoro s*è riunito coi respons-ibili.
S‘è deci.so di allargare la Scuola Materna
con una nuova aula date le richieste di spazio per ì bambini, sempre più numerosi. Il
cassiere ha ricordato che sventola ancora la
bandiera bianca e che urge aumentare le
proprie offerte perchè mancano ancora più
di 1.350.000 lire da inviare a Roma. Ed il
tempo stringe. Per il tempio si inizieranno
i lavori al più presto. S’è fatto una panoramica della vita della comunità anche in riferimento al problema del mondo di fuori.
Prima della confermazione il Concistoro
avrà un colloquio coi catecumeni 1 ultima
domenica del mese di marzo.
— A Perosa è stato celebrato il servizio funebre di Barai Enrico, deceduto dopo breve
infermità. A Pomaretto, quello di Lageard
Luciano Alfonso a soli 55 anni : cerimonia
sobria e senza corone per desiderio della famiglia nello spirito delLevangelo che ci invita al ricordo dei viventi. Alle due famiglie
inviamo il nostro pensiero fraterno sapendo
La celebrazione della « emancipazione »
'.n V alde.si si è svolta nella comunità di
’VE',il ili due tempi: sabato sera, 17 Febbrai'i, (’Oli un'agape fraterna seguita da una
rlu'iion:- a sfondo storico, e domenica matlina al culto con Santa Cena. Nelle piccole
comunità della diaspora, con la loro particnlare iisionomia. la rievocazione della sloria aiile'<e mantiene il suo significato di
collegamcnlo con la testimonianza del passato in vi’^ta ili una rinnovala fedeltà aU’Evan.
gelo Ufi quadro della vita contemporanea.
L'esilio ‘i'-I 1687 e il rimpatrio del 1689
sono stati ri«n-ocati il 17 F'ebbraio con il valid<5 aiuto de! film prodotto da Alessandro
Ribet al quale inviamo un sentito ringraziamento. Il Pastori- ha rievocato la figura di
Cioifrrdo Varaglia. testimone della fede evangolica ■’! mito domenicale.
1 a ' . i ti! là di Ivrea ed i gruppi della
dia poi I h, inviato una somma superiore a!i' Jitu.i lire in favore dei sinistrati
dal h i \iiG,;o Sicilia. La somma è stala
quasi iiiicramenle raccolta in occasione di
una collelta al culto domenicale.
Due membri dì chiesa sono deceduti nel
mese di Dicembre scorso: Arval Isaia, di Ca.
rema, all’età di 86 anni, e Bocca Lantermo
Juanito. di Ivrea, all’età di 61 anni, dopo una
assai lunga infermità. Ricordiamo questi fra.
telli in fede e ascoltiamo Tesortazione apostolica che c'invita a « stare saldi, incrolla’
bili, (ibhoìulanti sempre nell'opera del S.gnore, sapendo che la vostra fatica non è vana
nel Signore ».
Il Pastore Alfredo Sonelli di .Torre Pellice
è venuto in mezzo a noi nel mese di Fe.bbraio ed ha tenuto una conferenza pubblica
nella sala comunale di Via S. Martino sul
tema : « Ecumenismo cattolico e ecumenismo
protestante ». In Gennaio il Pastore Sergio Rostagno ha tenuto uno studio biblico
mila « comunità » e il giovane Manfredi, del' ^*’*®i*a valdese di Milano, ha parlato su
uiie comunità anahattiste y>. Queste visil< -uno stale organizzate dal Gruppo comuni,
tulio [»rotestante.
Ari mese di marzo la chiesa di Ivrea si
trasferirà in un altro locale per lo svolgimento delle attività ecclesiastiche. I vecchi
e modesti locali situati in una viuzza nascosta al pubblico, eppur molto utilizzati, per
ordine dei proprietari dovranno essere abban.
donati a breve scadenza. Dopo lunga ricerca
è stato trovato un locale adatto alle nostre
esigenze in attesa di una definitiva sistemazione nel nuovo tempio i cui lavori sono stati finalmente iniziati, non senza difficoltà
« in loco ». La comunità di Ivrea ha impara,
to, come dice la Scrittura, a non aver « una
città stabile » sulla terra. Chi vorrà farle una
visita dall inizio di Aprile in poi per il cullo domenicale, non vada più in Via Bertinatti, ma si inoltri per la via S, Giovanni
Bosco, vicino a Porta Aosta: al numero 8
troverà la nostra sala di culto, già adibita a
esposizione di mobili. Si attende naturalmen.
te un edificio di culto nuovo in Via Torino;
anche nel tempio saremo sempre « pellegrini
e forestieri ». ma proprio per questa ragione
sarà bene che la comunità si raduni anche
più numerosa di oggi per ricevere la Parola
di cui ogni credente ha bisogno, tanto neUe
vecchie quanto nelle nuove strutture ecclesiastiche.
L'Unione giovanile -e la Scuola Domenicale, mediante la preparazione e la vendita
di cartoncini natalizi, hanno raccolto la somma di L. 136.000: aU’Asilo di Pachino sono
state inviate 50.000 lire, il rimanente è stato dedicato ai sinistrati in Sicilia.
Hanno ricevuto il battesimo al culto domenicale Paolo Giovanni Binel, da Chiaverane, e Cristiana Contini di Ivrea. Anche a
proposito dei bambini e dei loro genitori pos.
siamo ripetere Tesorlazione apostolica : « ere.
sepie nella grazia e nella conoscenza del noSiro Signore e Salvatore Gesù Cristo ».
IL 17 FEBBRAIO A SUSA
Od incontro ecumenico in miniatura
Siamo riconoscenti al Signore di avere potuto ricordare la ricorrenza del « 17 febbraio » con Un Culto ed un’agape fraterna
realizzando in miniatura —^^ravamo in cin.
quantanove — un piccolo incontro ecumenico. Infatti vi hanno partecipato Cattolici,
Fratelli. Battisti, Valdesi venuti da vicino,
compresi quindici Coazzesi con il Sindaco,
e da lontano.
Ringraziamo il nostro fratello Ugo Tomassone della collaborazione e dei messaggi a
Culti domenicali.
a quale sorgenii' , udenti attingono la forza per consolarsi -Gnsolare gli altri.
— Prossime n.! 1,'mì: Pomaretto: mercoledì 20 marzo, o» .^0,30. Venerdì 22, ore
20.30 ai Rivoira, ,• so la casa di Gino Vin.
gon.
Fiori in meni. < ■ f rgUio Sommani, per la
Scuola Materna: . ÌO.OOO: Silvia e Olga
Cornelio. Lucca: ' 5.000; Elisa Cassini
ved. Sasso, Vaìlecr su : L. 2.000; Lidia Lan.
taret, Firenze; Ali ■ ; Rodolfo Benyr 1.500;
Clelia Coucourde 2.000; Giuseppina Baimas 1.000.
Fiori in memorili U Virgilio Sommani :
L. 5.000: Cesarina Ribet ved. Rostan; Gay
Lisetta. Torino; L. 2frOljo : Chambon Lina e
Gino; L. 1.500: Passetto Lina; L. 1.000:
Baret Albertina; L. 500 ; Tasselli Rachele,
Valiecrosìa. 1 doni sono pur la Scuola Materna.
Pubblichiamo ancora 1 doni in memoria:
L. 5.000: Marchetti ''nita in mem. del
padre: Chantre Assely « Elsa in mem. di
Adelaide Ribet: L. 2.000 : Gaydou Giovanna
ved. Pastre in mem. dei marito; Costantino
Ida e Vito in mem. di .delaide Ribet; Lire 1.000: Fra Celestina m mem. della figlia
Giulietta.
Fiori in mem. di EUb‘ Jahier: L. 5.000:
Gardiol Lidia, Trossieri.
Fiori in memoria di Irnosto Bertalmio:
L. 5.000 da parte della m-ìglie; 5.000 dal figlio Franco; 5.000 dalla iìglia Renza e marito.
In memoria di Sergio Peyrol. i genitori
L. 2.000; in ricordo delio madre. Giosuè e
Susanna Ribet 1.500; in ricordo del marito
colonnello Luigi Grill, Maria Grill 20.000.
Errata corrige: hanno dato L. 3.000 in ricordo di Costantino Clementina. Bertetto
Ruggero ed Angiolina anziché Baret Giulio.
Incontro di foucidori a Torre Pellice
Sabato 16 marzo c. a. alle ore 20. presso
la Foresteria di Torre Pellice, avrà luogo
un incontro dei Concisiori delle Chiese di
Angrogna Serre. Angrogna S. Lorenzo. Luserna S. Giovanni, Torre Pellice. per porre
le basi di un lavoro comune nelle zone confinanti. in cui si è verificato negli ultimi
anni un notevole aumento della popolazione.
ROBA
Portiamo ancora nel cuore il caro e sentilo ricordo della magnifica serata trascorsa
domenica 3 marzo in occasione della graditissima visita che un gruppo di fratelli guidali dal Pastore Geymet e famiglia, ha voluto fare alla nostra comunità. Abbiamo
ascoltato con piacere e vivo interesse Fesecuzione di alcuni cantici e corali da parte della corale nonché la recitazione di una scena
dell'epopea valdese al tempo delle persecuzioni specialmente riferito alle Pasque Piemontesi del 1655. Al punto culminante del
quadro che si chiudeva con la partenza della famiglia valdese dallo valle d'Angrogna
tutti i pre.senti si sono sentiti spiritualmente uno con i nostri padri cantando il giuro
di Sibaud.
E' stata una serata ricca di emozioni a
causa della nostra gloriosa storia ma quelle
emozioni non sono stale soltanto espressione
di mediocre sentimentalismo ma Tespressione di un rinnovato impegno della nostra vocazione di popolo valdese nel XX secolo.
Grazie, comunità di Villar Perosa; grazie,
amico Geymet. per questa occasione che ci
avete offerta,
— A causa di vari validissimi motivi
l’Unione femminile non ha potuto preparare
il pranzo per l'àgape del XVII. E ce ne dispiace molto. Ma i coniugi Giusiano hanno
egregiamente sostituito TUnionc Femminile
preparando un eccellente pranzo per circa
70 persone senza contare quei molti che non
è^stalu pó'sSihiire accettare per mancanza di
posti a tavola. La nostra Comunità ha
_to cosi _vi\^re anc¿iá_Woia,_d lieta comunione fraterna sotto il segno_deÜ’a^pe,~mpe~
dell’amore dì 'Dia!'
— E' ormai noto a tutti che il Pastore ha
rassegnato le dimissioni. Domenica 10 ü
Concistoro ha già avuto una seduta preliminare sugli orientamenti e prospettive da seguire per la designazione del nuovo Patsore.
Domenica 24 alle ore 15 il Concistoro avrà
una nuova seduta sotto la presidenza del Vice Moderatore Pastore A. Deodato per prendere le risoluzioni definitive, idonee alle necessità della situazione.
VILLAR PELLICE
Le celebrazioni dell’anniversario dell’Emancipazione si sono svolte secondo lo schema
tradizionale e con grande entusiasmo. D lem.
po veramente splendido ha favorito lo svolgimento del vasto programma : falò, culto,
recita delle scolaresche, agape fraterna, serata ricreativa. Una grande parte della Comunità ha preso parte alle diverse manifestazioni, ma particolarmente affollato il pranzo in ’£5Sunei.''preparàto e servito con molta^
cura da un gruppo di fratelli e sorelle. Gli
ampi saloni della Miramonti si sono dimostrati^ppena sufficienti per l’occasione.,- accogliendo i duecento'TSminensali venuti dal
diversi 'quartieri. Ci hanno onorato della loro presenza le Autorità e con molto piacere
abbiamo notalo la partecipazione di diversi
cari amici venuti da fuori. Siamo grati al
Signore della bella giornata che ci ha concesso di vivere insieme e ringraziamo vivamente tutti coloro (e sono molto numerosi)
che hanno lavorato ed hanno dato tempo e
fatica alla preparazione della riuscitissima
festa.
Improvvisamente, dopo appena due o tre
giorni di indisposizione, ci ha lasciato —
per rispondere alla chiamata del Padre Celeste — Negrin Margherita nata Favat, di anni 75. Essa faceva parte della Comunità di
Bobbio Pellice, ma da diversi anni risiedeva,
con i suoi familiari, nel territorio di Villar
Pellice, a Inverso-Buffa. La sua improvvisa
scomparsa ha colpito e rattristato quanti la
conoscevano. Essa era infatti molto apprezzata e stimata da tutti. Ai parenti tutti, e
particolarmente al figlio e famiglia, stabiliti
in mezzo a noi. la Comunità di Villar Pellice esprime la sua fraterna e sincera simpatia.
E’ stato presentato al S. Battesimo il piccolo Renzo, di Matteo e Graziella Sobrero.
del Centro-Sarel. Il Signore lo accompagni
con la sua grazia, insieme ai .suoi genitori,
padrino e madrina.
Alcuni apprezzati messaggi ci sono stati
portati nel corso di queste ultime settimane.
Il Sig. Longo dell'Esercito della Salvezza e
Signora hanno visitato l’Unione Femminile
e l’Unione dei Giovani in occasione del loro
raduno mensile, parlando loro dell’Esercito
della Salvezaza e del lavoro che esso svolge;
il Sig. A. Lazier e il Past. R. Jahier hanno
pre.sicduto rispettivamente il nostro culto
mensile in francese e una riunione quarlierale. Siamo grati a questi fratelli e li ringraziamo delFottimo messaggio portatoci.
Invitati dai loro amici di S. Secondo, i
giovani della nostra filodrammatica — accompagnati da diversi loro compagni della
Unione Giovanile — si sono recati a S. Secondo, dove hanno ripetuto la recita preparata per il 17 febbraio. Accolti con molto
affetto e con grande calore, essi hanno trascorso con i loro amici sansecondesi un ottima serata di cui conservano un vivissimo
ricordo. Grazie, amici di S. Secondo, c arrivederci presto — speriamo — a Villar Pellice.
Domenica 3 marzo sono stati nostri ospiti
i giovani della UGV di Prarostino i quali,
sotto la guida del loro Pastore sig. Marco
Ayassot hanno interpretato sulla scena della
nostra sala la commedia drammatica di
A. Casona « La barca senza pescatore ». Il
numeroso pubblico accorso ha vivamente apprezzato il messaggio della commedia e la
sua interpretazione ed ha manifestato il suo
apprezzamento con vivi applausi ai bravi attori. Li ringraziamo ancora sentitamente per
la loro gradita visita.
Venerdì 8 marzo abbiamo celebrato il servizio funebre della nostra sorella Favat Margherita ved. Negrin deceduta aU’Ospedale
Valdese di Torre Pellice mercoledì 6 marzo,
alla età di anni 75. La nostra sorella, colpita
da infarto, non ha potuto reagire al male
che la minava e si è spenta dolcemente, malgrado le pronte ed assidue cure ricevute.
Ella risiedeva alla frazione Buffa di Villar
Pellice e tra tutti quelli che l’hanno conosciuta lascia il ricordo di una persona dotata di
grande bontà d’animo, umile e servizievole.
Il servizio funebre si é svolto nel tempio di
Villar Pellice e la salma é stata tumulata
in quel cimitero, dato che la nostra sorella,
pur originaria di Bobbio Pellice, risiedeva
nel comune di Villar Pellice. Al figlio, An
zìano della Chiesa di Bobbio Pellice, alla fi
glia, ai familiari ed ai parenti tutti rinuo
viamo l’espressione della nostra viva simpa
tia cristiana domandando al Padre di ogni
consolazione di consolarli nella loro afflizio
ne. Un grazie al Pastore E. Micol per la sua
partecipazione al servizio funebre. e. a.
Culto radio
domenica 17 marzo
Past. SALVATORE BRIANTE
Messina
domenica 24 marzo
Past. SALVATORE BRIANTE
Messina
RINGRAZIAMENTO
La famiglia del compianto
Luciano Alfonso Legeard
profondamente commossa per le dimostrazioni di simpatia, ringrazia tutti
coloro che hanno preso parte al suo
dolore, e in modo particolare il Dottor
Teodoro Peyrot, il Sig. Ernesto Jahier
e i colleghi d’ufficio dello scomparso.
« Se abbiamo sperato in Cristo
per questa iuta soltanto, noi siamo i più miserabili di tutti gli
uomini» (1 Cor. 15: 9)
Il figlio, la nuora ed i parenti tutti
della compianta
Enrichetta Ghigou
ved. Vìglielm
veramente commossi per la dimostrazione di affetto tributata in occasione della dipartenza della loro cara, ringraziano sentitamente quanti con
scritti, fiori e partecipando ai funerali,
hanno preso parte al loro dolore.
Chiotti di Riclaretto, 6 marzo 1968.
avvisi economici
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6
pag. 6
N. 11 — 15 marzo 1968
ISotiziario
ecumen ico
a cura di Roberto Peyrot
LA CONFERENZA CRISTIANA
DELL'ASIA ORIENTALE
Bangkok, (soepi) — La fede comune dei
cristiani del mondo intero offre la possibilità di superare tutto ciò che « minaccia di
dividere e distruggere l’umanità » ha dichiarato il pastore C. Blake, segretario generale del CEC ai 300 delegati della IV
assemblea della Conferenza cristiana dell’Asia orientale (CCAO). In essa erano rappresentate le chiese protestanti, anglicane ed
ortodosse di sedici paesi dell’Asia orientale.
Il pastore Blake ha parlato di quattro
forze che si oppongono alla formazione di
una comunità mondiale. Esse sono : la
« spaccatura » ideologica fra comunisti e
non; la sopravvivenza e la forza della vecchia cultura; la disparità economica fra
paesi sviluppati ed in via di sviluppo; la
segregazione raziale nel mondo.
Di fronte a queste divisioni, Blake ha
sottolineato la necessità di avere dei consi.
gli di chiesa regionali « non per l’abbellimento del Consiglio ecumenico delle Chiese
ma perche tutti questi consigli possano insieme servire l’un.co movimento ecumenico ».
I delegati provenivano dal Pakistan orien.
tale ed occidentale, dall’India, dalla Birmania, dalla Tailandia, dalla Malesia e Singapore, dall’Indonesia, da Hong Kong, dal
Giappone, dalle Filippine, Okinawa, dalla
Corea del sud, dall’Australia e dalla Nuova
Zelanda. Erano presenti anche quattro delegati in rappresentanza del segretariato del
Vaticano per l’nnità dei cristiani e della
commissione ecumenica dei vescovi dell’Asia.
LE CHIESE ED IL MONDO
Bangkok (soepi) — La ricerca dell’unione
delle chiese non è che la metà dell’avventura ecumenica — ha affermato in occasione
della IV^ Assemblea della Conferenza cristia.
na dell’Asia Orientale il segretario generale
uscente della Conferenza stessa (CCAO).
« L’altra metà dell’avventura è la ricerca
di forme di appartenenza reciproca che daranno alla vita umana la disciplina del particolare, che sia una particolare articolazione
della fede, un impegno particolare verso un
compito, un’espressione particolare della comunità ».
Nel sno rapporto, egli ha detto che un organismo come la CCAO può essere uno strumento delle chiese per agire assieme ed aiutarsi reciprocamente.
« Ma cooperare non è sinonimo di vivere
insieme. Vivere insieme vuol dire che le chiese dell’Asia orientale accettino il fatto di essere inseparabili e che siano sempre maggiormente pronte a vivere una vita in comune ».
Commentando poi le crisi di fede che parecchie chiese stanno oggi attraversando,
egli ha precisato che questa situazione « richiede una strategia che riconosca questo:
la chiesa che, probabilmente, servirà a qualche cosa nell’avvenire, sarà quella che in
ogni luogo possederà una tale unità in modo
che i problemi che si pongono fra la chiesa
ed il mondo avranno il sopravvento su tutte
le discussioni fra le varie confessioni ».
« Nell’incontro fra la chiesa ed il mondo,
gli uomini si uniranno attorno a diverse forme di impegno comune, sia di credenm che
di azione. Il compito della chiesa sarà quello di trovare come poter mantenere questi
gruppi in un fecondo rapporto fra loro e
colla chiesa stessa ».
IN AMERICA: UN NUOVO GENERE
DI INCONTRO CRISTIANO
New York (soepi) — In un albergo di
Cleveland, Ohio, si è tenuto recentemente un
incontro di'ben 3.000 cristiani, comprendente studenti, ecclesiastici, suore, giovani e
meno giovani, organizzato dal Movimento
cristiano universitario (USA).
Secondo- il segretario del suddetto movimento (MCU), scopo essenziale della conferenza era quello di porre agli atti il desiderio del MCU di lavorare alla trasformazione
sociale per mezzo di una ri-formulazione dell’Università.
Fra gli argomenti trattati: l’incidenza della teologia nell’èra del tecnicismo; ’’educazione che « ci auguriamo di ricevere »; il
mondo pluralistico ed internazionalizzato; lo
avvenire che sarà presto « il nostro presente ».
Ciò che ha particolarmente caratterizzato
la « settimana di Cleveland » sono stati i
« gruppi di educazione in profondità » (gep).
I « gep » (il « soepi » precisa la cosa per
« coloro che si agitano al pensiero che gli
universitari pendano verso la nuova sinistra ») maggiormente seguiti dai parlecipan i
sono stati quelli che trattavano questioni teologiche ed ecclesiologiche e non questioni
politiche od internazionali.
Stante il carattere ecumenico dell incontro venivano quotidianamente officiate messe cattoliche, liturgie ortodosse e servizi protestanti. .
A conclusione dell'incontro, i- segretario
del MCU ha detto : « E’ stata una conferenza aperta in cui cattolici, protestanti, ortodossi, non cristiani, radicali, conservatori,
neri, bianchi, giovani, anziani, uomini e
donne universitari e comunità, ricetti e poveri, hanno pienamente partecipato: e nato
un nuovo tipo di incontro ».
Direttore responsabile: Gino Conte
TENSIONI NEL CATTOLICESIMO BRASILIANO
DONI RICEVUTI
La Chiesa si iiberi daiia coiiusione coi denaro eco-luce
Mettersi a fianco dei poveri, perché non si può servire Dio e Mammona
// rapporto che segue, sui recenti avvenimenti di cui la Chiesa cattolica è stata teatro in Brasile, è stato pubblicato nel settimanale tedesco « Christ und Welt ».
La lotta per un nuovo orientamento
della Chiesa cattolica romana — specialmente nei suoi rapporti con le altre religioni — offre particolare interesse se la si osserva nell’America latina. Benché il numero dei protestanti
in Brasile sia passato da 40.000 all’inizio del secolo a tre milioni e benché
questo paese non conti meno di 9.000
pastori protestanti per 11.000 sacerdoti, l’America latina ha sommo interesse agli occhi del Vaticano. Infatti su
380 milioni di cattolici, nel mondo,
quasi la metà, cioè 170 milioni vivono
nell’America latina. Con i suoi 75 milioni di credenti cattolici, il Brasile é
il maggiore « stato cattolico » del mondo.
Benché la Chiesa del Brasile sia separata dallo Stato, si vede un crocifisso dietro il seggio presidenziale del
nuovo parlamento, a Brasilia. Il presidente dello stato federale brasiliano,
il gen. Costa e Silva, ha ripetuto che
non può esistere un vero conflitto fra
la Chiesa e il governo, poiché quest’ultimo é interamente composto di cattolici praticanti. Tuttavia, mons. Valduir
Calheiros, vescovo di Vota Redonda,
ha dichiarato di dubitare che il presidente riesca a calmare gli spiriti, poiché esattamente nel momento in cui
egli pronunciava la sua dichiarazione
distensiva, si manifestavano nuovi atti di violenza contro la Chiesa.
Mons. Calheiros ha dichiarato che,
ultimamente, degli ufidciali erano penetrati nei suoi uffici e avevano incriminato il diacono francese Thibault e
alcuni cattolici militanti, accusati di
aver diffuso opuscoli « sovversivi ». In
seguito é stato spiccato mandato d’arresto contro il Thibault ma, secondo
quanto comunicano le Chiese, é trattato bene. In precedenza dei gesuiti e
dei francescani avevano ospitato nella loro sede un congresso studentesco
che degù ufiaciali, valendosi di truppe
numerose, avevano tentato di sopprimere.
Come avviene da vari anni, la « conferenza episcopale nazionale » ha nuovamente richiesto una rapida realizzazione delle riforme sociali indispensabili, soprattutto nel settore agrario, eiffinché si ponga fine all’orribile miseria
che regna in particolare nelle zone affamate del nord-est. Questa conferenza ha condannato qualsiasi forma di
ribellione armata, ma si é risolutamente dichiarata solidale con mons. Calheiros, al quale ha inviato una delegazione per protestare contro gli ingiusti attacchi di cui é stato oggetto e per
esprimergli la propria solidarietà.
Il portavoce delle forze progressiste
della Chiesa cattolica brasiliana é
l’arcivescovo di Recife, dom Helder
Camara. È stato incoraggiato nei suoi
sforzi da un notevole messaggio rivoltogli da 300 ecclesiastici di tutte le regioni del paese, i quali hanno chiesto
che la Chiesa si accosti al popolo. Egli
é stato pure la personalità di maggior
rilievo di una conferenza internazionale di vescovi dei paesi in fase di
sviluppo, venuti dalla Colombia, dalla
Algeria, dall’Egitto, dalla Jugoslavia,
dal Libano, dal Sud-'Vietnam, da Formosa e dall’Indonesia. Diciotto vescovi hanno chiesto testualmente che « la
Chiesa si liberi della propria collusione
con il denaro» e si ponga definitivamente « a fianco dei poveri, perché
non si può servire Dio e Mammona».
La presa di posizione della Chiesa
cattolica brasiliana in favore delle riforme sociali si oppone all’oligarchia e'
in primo luogo all’esercito. In una predicazione l’arcivescovo Helder Camara
ha dichiarato che « la lotta contro il
dominio del denaro» dev’essere condotta nello spirito di Guararapes (si
tratta della località in cui nel XVII
sec. si svolse una battaglia che cacciò
gli Olandesi dal nord-est del Brasile).
Gli ecclesiastici sottolineano in innumerevoli dichiarazioni che essi respingono la violenza sotto ogni forma, ma domandano che siano mutate
le strutture economiche con un’energia altrettanto decisa e violenta quanto quella dei rivoluzionari. L’opposizione ha assunto una tale ampiezza da
far dichiarare al presidente Costa e
Silva, a una delegazione del «blocco
diretto dalla Chiesa», che l’estremismo era stato bandito dall’esercito e
dai sindacati, ma che esso cercava oggi un appoggio fra il clero e gli studenti.
Il conflitto che si svolge attorno alla Chiesa cattolica neH’America latina
mostra di nuovo, con chiarezza, che
sul piano ideologico-ed economico questo continente si divide in tre gruppi:
1 ) quella che si chiama 1’« oligarchia »,
la quale si oppone a qualunque movimento di riforma ed é sostenuta dall’ala «pre-conciliare» della Chiesa;
2) i liberali, che esigono riforme sociali; essi si basano essenzialmente sull’Alianza para el Progreso, di Kennedy
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e sulle ultime encicliche ; i liberali sono sostenuti dalla maggioranza dei
vescovi brasiliani e da una minoranza
di vescovi argentini; 3) infine i «castristi», partigiani della lotta di classe,
1 quali credono che la sola possibilità
per elevare il livello di vita delle masse stia nella rivoluzione armata. Alcuni sacerdoti, per lo più scomunicati
malgrado la disapprovazione ufficiale
di tutti gli ambienti di chiesa, si sono
uniti a questi gruppi.
Herrmann B. Gebhardt
Il pastore Michel Bernard, missionario nel Lesotho dal 1958, che, dopo un
anno di congedo, andrà fra poco ad
assumere la direzione della Scuola Pastorale della Chiesa Evangelica del
Lesotho, a Morija, visiterà alcune Chiese delle Valli secondo il seguente programma :
Marzo
16-17 Bobbio Penice
18 Angrogna
19 Riunione dei Catecumeni a Agape
20 Villar Penice
21 San Giovanni
22-24 Torre Pellice
Da Torino: Federico Avondetto 500; Alina Stringari Pons 500; Elio Pellegrini 500;
^*^”**° 500; Federico Balmas 500; Paola Citernesi 500; Maria Musso Monti 1.000;
Fanny Prelato 500; Evelina Taccia 800; Vincenzo Gay 500; Arturo Grill 500; Eugenia
Bensa 500; Guido Vinay 1.000; Alice Rostagno 500; Bartolomeo Bellion 2.500.
Charlotte Grilli (USA) L. 5.410; Filippo
Marozzelli (Perugia) 500; Jean Malan (Nice) 720; Eli Costabél (Genève) 700; Maddalena Proto Davit (Cipressa) 1.250; Oreste
Meytre (Salza) 500; Giuseppe Giorgiolè (Livorno) 500; Madeleine Gysel Peyronel (Zurigo) 500; Margherita Gaydou v. Bonjour
(Angrogna) 500; Francesco Toma (S. Severo) 250; Nicola Spremolla (Lido di Carnaiore) 7.500; Alberto Priore (Terranova Bracciolini) 1.500; Arnoldo Durio (Ivrea) 500; Fanny Peyronel (Riclaretto) 500; Guglielmo Piasio (Vintebbio Sesia) 200; Luigi Costa (Prosinone) 500; Bianca Schmitz (Germania)
1.500; Dante Gardiol (S. Secondo) 500;
Amandina e Elena Viglielmo (Riclaretto)
2.000; Giulietta Balma (Parma) 500; Arturo Meytre (Maniglia) 300; Adele Pons (Riclaretto) 100; Savino Paradiso (Foggia) 500;
Angelo Actis (Nichelino) 500; Michele Rostagno (Abbadia) 500; Emile Sappè (France)
290; Paul Cornuz (Svizzera) 3.500; Lorenza
Vannuccini (Siena) 300; Maurizio Americi
(Tradate) 500.
Da Como: Berna Pedraglio 300; Fam.
Tancredi 500.
Da Milano :
co Zaza 330;
Falchi 500.
Grazie!
Pietro Zaccaro 500; DomeniAnna Leonardi 500; Franco
(continua)
iimiiiiiiiiitiiimii
iiiimimiiiiniiimiiiinmmiiii
Il kttesimo dei fanciulli è un battesimo a metà
(segue da pag. 1)
sponsabile della grazia di Dio che giustifica, santifica e chiama: esso non è
però un veicolo della grazia, non è un
mezzo o uno strumento di grazia. Il
battesimo è la risposta all’unico ’’mistero”, all’unico ’’sacramento” che è la
storia di Gesù Cristo, la sua risurrezione, il dono dello Spirito Santo: esso
stesso però non è un mistero, non é
un sacramento» (p. 113). Dopo una
lunga, minuziosa, accuratissima analisi di tutti passi del Nuovo Testamento
che vengono di solito citati per dimostrare il carattere sacramentale del
battesimo, Barth conclude : « il battesimo cristiano, in base a ciò che possiamo apprendere dal Nuovo Testamento, con grande per non dire con
somma probabilità non è da intendersi come un’opera e una parola di grazia divina che purifica e rinnova l’uomo, non è cioè da intendersi come ’’mistero” o ’’sacramento” nel senso della
tradizione teologica divenuta imperante. La purificazione e il rinnovamento
dell’uomo avvengono secondo il Nuovo Testamento nella storia di Gesù
Cristo, adempiuta nella sua morte e
mediata dall’opera dello Spirito Santo » (p. 140).
Dire che il battesimo non è un mezzo di grazia, non è un sacramento,
non significa però renderlo facoltativo: c’è un comandamento specifico di
Gesù risorto (Matteo 28: 19) che esige il battesimo di chi ha creduto. Il
primo comandamento che un credente
trova sulla via cristiana che intende
percorrere è appunto il comandamento del battesimo. I credenti chiederanno quindi di essere battezzati: il battesimo resta necessario, non però come strumento di salvezza ma come
atto di ubbidienza.
Solo i credenti, ovviamente, possono
chiedere di essere battezzati, perchè
solo la fede può rispondere alla grazia
di Dio, solo la fede può ubbidire. Nessuno può credere per un altro, nessuno può farsi sostituire nella fede, nes
ll■l■llll1l■l■ll■l■lHlMlllllllllll'lllllllmllIllMlmllll■l
MimimiiiiiiiiiiiiiiiilMiMiimnimi
Quattro milioni di persone
vivono ancora in schiavitù
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (To)
Nel mondo ci sono ancora quattro milioni di schiavi. Questa cifra impressionante è
stata resa nota a Londra nella conferenza
annuale della « Società contro lo schiavismo
e per la protezione dei diritti dell’uomo ».
11 vice presidente. Lord Wilberforce, ha dichiarato che vi sono poche possibilità che
la situazione migliori nel prossimo futuro,
sebbene le Nazioni Unke abbiano ufficialmente proibito la schiavitù da undici anni.
Chi sono questi schiavi? Un buon numero è costituito dai bambini rapiti nel Senegai e in Nigeria e in seguito venduti in
Marocco e nel sultanato di Muscat e Oman,
unico paese dove la schiavitù è ancora considerata legale. Vi sono poi uomini e donne nati già in questa degradante condizione.
1 loro padroni sono mussulmani in maggioranza nomadi degli Siati africani che circondano il Sahara; Mauritania, Marocco,
Algeria, Libia, Senegai, Mali e Nigeria, Ma
la piaga sussiste anche nel Sudamerica, In
Ecuador molti contadini vengono venduti
insieme alla terra che lavorano.
Lord Wilberforce — pronipote del famoso omonimo inglese che nel 1835 condusse la lotta per l’abolizione della schiavitù
nelle colonie britanniche — ha detto che
per risolvere il problema bisognerebbe anzitutto che i governi africani inasprissero
le pene previste per il ratto dei bambini; in
altri paesi gioverebbero massicci programmi di aiuti economici. Molti schiavi infatti
non si dolgono della loro condizione in
quanto temono che se fossero liberi morirebbero di fame.
(da L'Incontro, gennaio 1968).
★
Una inchiesta internazionale sul persistere
nel mondo di oggi della schiavitù, del commercio di schiavi o di pratiche analoghe è
stata pubblicata di recente dalle Nazioni
Unite sotto il titolo Rapport sur l'esclavage.
Il rapporto conclusivo, redatto da Mohamed
Awad. della Repubblica Araba Unita, è basato sulle notizie fornite da 68 paesi che
hanno risposto al questionario, mentre 39
paesi si sono astenuti dal rispondere,
A seguito di tale studio il Consiglio economico e sociale (ECOSOC) ha adottato
una Risoluzione sulla schiavitù, che chiama tutti i popoli « all'azione » per porre
fine alla schiavitù e al commercio degli
schiavi sotto tutte le forme e manifestazio
(da II Corriere delTUhlESCO, genn, 68),
Recentemente Les Editions Ouvrières,
di Parigi, hanno pubblicato un volume di
Marcel Pollaud-Dulian, Aujourd’hui l’esclavage, Servitude et esclavage contemporains.
suno può sostituirsi a un altro nella
fede. È a questo punto che Barth innesta la sua critica alla prassi del battesimo dei fanciulli, comune a quasi
tutte le Chiese cristiane (eccezion fatta per il cospicuo nucleo delle Chiese
Battista e per altri gruppi cristiani numericamente meno consistenti). In un
mondo che si dice sia diventato o stia
diventando adulto (ma sarà vero?),
Barth intende preparare il terreno per
«una cristianità adulta» (p. 10): a
questo scopo egli non si sente di raccomandare ulteriormente il battesimo
dei fanciulli, che considera « una cattiva abitudine » (p. 11), e propone una
nuova dottrina e prassi battesimale,
che si scosta decisamente dalla linea
pedobattista seguita da tante Chiese,
compresa la nostra, e un po’ anche
dalla linea seguita dalle Chiese Battiste, dal ’600 a oggi. La dottrina del battesimo proposta da Barth sembra
dunque adatta ad avviare un duplice
processo di revisione: dev’essere anzitutto riconsiderata dalla base, nelle
sue motivazioni bibliche e storiche, la
dottrina del battesimo dei fanciulli,
che francamente non convince e appare sempre più come un corpo estraneo nella teologia cristiana ; dev’essere
poi anche rettificata la dottrina « battista» del battesimo degli adulti, per
le sottili venature individualistiche e
razionalistiche che la percorrono e indeboliscono.
LE CONTRADDIZIONI
DEI RIFORMATORI
La critica di Barth al battesimo dei
fanciulli ha per oggetto soprattutto la
dottrina dei Riformatori in proposito.
Ecco le sue conclusioni: in primo luogo l’affermazione della legittimità del
battesimo dei fanciulli da parte dei
Riformatori non è nè preparata nè ancorata nella loro dottrina generale del
battesimo nè nell’insieme della loro
teologia. Nei riformatori, la dottrina
del battesimo dei fanciulli ha, secondo
Barth, qualcosa di posticcio : non sgorga in modo naturale e immediato dal
centro stesso della loro dottrina del
battesimo, ma vi è come introdotta a
forza, in un secondo momento, dal di
fuori, più per necessità polemiche
(contro gli Anabattisti) e apologetiche,
che per "ragioni interne alla loro teologia. . ,
In secondo luogo i Riformatori hanno difeso la loro tesi con una foga polemica, una rabies teologica, un nervosismo e una concitazione d animo
alquanto sospette : non è un buon segno quando si affrontano i propri avversari con tanto rabbioso accanimento. Non che Barth applichi ai Riformatori il principio : vous vous fâchez,
donc vous avez tort. Egli osserva però
che chi è certo delle proprie posizioni,
discute con più calma.
In terzo luogo Barth rileva, con molta finezza, una serie di contraddizioni
flagranti tra certe premesse teologiche
del pensiero dei Riformatori sui sacr^
menti e la loro spiegazione della dottrina del battesimo dei fanciulli ; c è
un salto logico tra ciò che essi affeir
mano sui sacramenti in genere, e ciò
che affermano sul battesimo dei fanciulli. i. •
Infine, secondo, Barth, i Riformatori
trattando del battesimo dei fanciulli,
hanno sviluppato pensieri in sè senz’altro validi, hanno dimostrato verità
in sè senz’altro bibliche (ad esempio,
che la grazia di Dio abbraccia tutti, o
che l’amore di Dio per noi precede infinitamente il nostro amore per lui, e così, via), ma non hanno dimostrato ciò
che invece avrebbero dovuto dimostrare, e cioè che il battesimo dei fanciulli è evangelicamente legittimo e ne
cessario. I Riformatori non hanno dimostrato la legittimità e la necessità
del battesimo dei fanciulli, lo hanno
semplicemente difeso dagli attacchi
degli avversari anabattisti. Che il battesimo dei fanciulli sia legittimo e necessario non è il punto di arrivo della
loro argomentazione, ma il punto di
partenza. Essi sono già convinti in partenza che tale battesimo è legittimo e
necessario: ma è proprio questa loro
convinzione iniziale che doveva essere
vagliata criticamente!
Certo, i Riformatori, come tutti i sostenitori del battesimo dei fanciulli
prima e dopo di loro, hanno addotto
alcuni passi biblici per fondarlo teologicamente : il celebre « lasciate i fanciulli venire a me » di Gesù (Matteo 19: 14), l’episodio dei fanciulli nel
Tempio (Matteo 21: 15), l’affermazione che il Regno dei cieli è dei piccoli
fanciulli (Matteo 18; 1-4), diversi battesimi conferiti, secondo il libro degli
Atti, non solo a una singola persona
ma anche « a tutta la sua casa », la dichiarazione dell’apostolo Paolo secondo cui i figli dei credenti « sono santi »
(I Corinzi 7: 14), e altri ancora. Barth
non ha difficoltà a dimostrare, in modo convincente a nostro avviso, che
nessuno di questi passi giustifica o esige il battesimo dei fanciulli. La conclusione inevitabile è che questo tipo
di battesimo, per quanto antico possa
' essere nella tradizione cristiana (e certamente lo è), non affonda le sue radici nel terreno del Nuovo Testamento
e non regge a una critica teologica rigorosa come quella condotta da Barth.
Se questo è vero, non si può, concludendo, non formulare un augurio:
e cioè che la nostra Chiesa non continui indefinitamente a praticare il battesimo dei fanciulli senza confrontarsi, nei tempi e nei modi opportuni, con
quest’opera del massimo teologo riformato di questo secolo, che potrebbe
indurci ad abbandonare, con buona coscienza, la nostra secolare-teologia e
prassi pedobattista, sostituendola con
una dottrina e una prassi battesimale
più rispondente al messaggio evangelico. __
Paolo Ricca
Editrice Ciaudiana
10125 TORINO
Paolo Ricca, Giorgio Toorn
Le 95 Tesi di Lutero
e la cristianità
del nostro tempo
pp. 48 - L. 100
Bruno Corsani
Il testo primitivo dei
Nuovo Testamento
pp. 36 - L. 100
Giorgio Bouchard
Il dialogo fra cristiani
e marxisti
da un punto di vista
protestante
pp. 32 - L. 100