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LI BUONA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
PREZZO D'AüiSOCIAZIO.'VE
Torino, per un anno . . . L. C »
» per sei mesi ...» 4 »
Per le provincie e l’estero franco sino
ai coniìoi, uu anno . . L. 7 20
per sei mesi , » S 20
La direzione delia BUONA NOVELLA è
in Torino, casa Bellora, via del Valentino, n" 12, piano S».
Le assuciazioni si ricevono da Cablotti
Bazzarini e Comp. Editori Librai in
Torino, sotto i portici di Po, n“ 39.
Gli Associati delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla ditta sopradetta.
Il laico Cattolico — I Confessori di G. C. in Italia nel secolo XVI ; Giovanni Ludovico Pascale I. — L'Evangelo fonte di ogni libertà I, — Dna conversazione religiosa. I. — Notizie religiose. — Torino. — Valli-valdesi. — Roma. — Milano. —
Laybac. — Edimburgo. — Cina: — Cronachetta politica.
Ili liAlCO CATTOIilCO.
Venne ultimamente alla luce in
Dublino il primo numero d’un giornale intitolato: il Laico Cattolico
(Catholic Laiman) diretto e compilato,
per quanto appare, da laici cattolici,
i quali \edendo il bisogno di ricostituire la patria per cavarla dall’abbattimento in cui giace, si son creduti
in dovere di recare pure essi una
pietra all’edifizio della sua ristaurazione. E siccome la religione entra
per una grandissima parte nella ruina
0 uel risorgimento delle nazioni, ed
è pur troppo un fatto, che prima cagione dell’attuale miseria morale e
fisica degli Irlandesi è la gretta ignoranza, la quale non sanno, o non
vogliono dissipare colla dovuta istruzione evangelica i membri del clero,
hanno quei benemeriti compilatori
deliberato d’ imprendere a trattare
essi stessi, e diffondere le dottrine religiose il cui insegnamento fin ora fu
dalla Chiesa romana concesso ai soli
preti. Nuovo e lodevole esein^iio nella
cattolica Irlanda !
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Noi applaudiamo di tutto cuore al
bello e santo ardire del Laico Cattolico, e fln d’ora stendiamo da fratelli
la mano a quei Cristiani che vogliono,
coH’aiuto di Dio, istruire e migliorare
la patria. Imperocché, secondo noi,
è bensì vero che al clero specialmente
(non unicamente) incumbe l’insegnamento religioso; ma se il clero non
adempie alla sua missione, anzi la
trascura, lasciando che la luce stia
nascosta sotto il moggio, non è egli
dovere e quindi diritto dei laici di
prendere in mano la causa della religione, e di farsi essi stessi ministri e
dottori ?
E d’altronde se ufficialmente compete al Clero sopratutto d’insegnare
le cose che spettano alla fede, non
tocca forse ai laici ancora di leggere, di meditai-e, di discutere, di
esaminare ciò che loro importa di
sapere per salvarsi ? Finalmente le
predicazioni e ie opere degli Ecclesiastici non salvano nissuno; ciò che
unicamente ci salva è la fede pura,
fondata sulla Parola sola del Signore.
Entrino dunque i laici ancora nella
palestra religiosa, chè ne hanno diritto, ed è anche per loro un dovere
sacro. Come per la politica e le umane scienze vi sono giornali assai, destinati ad aprire gli occhi d’ognuno,
ed accrcBcere in tal guisa la felicità
pubblica ed il ben essere individuale,
così desideriamo che non manchino
quelli che provveggano quel cibo spirituale ai popoli, che è principio ed
incremento d’ogni prosperità duratura. E su tal proposito vogliamo qui
lasciare parlare il Laico Cattolico acciocché i nostri lettori possano apprezzare da se stessi le intenzioni lodevoli del nuovo periodico irlandese.
« Non è egli meglio non immischiarsi
in cose di religione ? E dovendo la fede
essere tutta cosa individuale fra la conscienza d’ognuno e Domeniddio, perchè
prendervi voi briga dei fatti altrui? Perchè non lasciarne al vostro prossimo la
cura, come gli lasciate quella dei suoi
affari più importanti , de' suoi poderi
cioè, delle sue botteghe, del suo commercio e simili ?— Si, ma cotale indilTerenza
non si può adottare, nè si deve quand’anche si potesse. Mettiamo infatti per un momento in disparte ciò che accade oggidì nel
Continente e nell’America, e badiamo soltanto all’Inghilterra e all’Irlanda; e ci si
dica se, nello stato presente degli spiriti,
le quistioni religiose hanno da essere
trascurate, quasi fossero di niun momento? Che? È di pubblica notorietà che un
movimento religioso si è manifestato fra
noi, quale da tre, secoli non vide mai
la nostra patria. Ed è questo non già ristretto a qualche località, non a qualche
classe di persona; ma quasi fosse una
corrente elettrica, bI è di subito propagata ovunque e fra tutti. I primi lord
d'Inghilterra nel castello dei loro antenati , ii dotto professore dell’Università,
il rozzo contadino n’ hanno risentito la
scossa ed il potere. Non v’c quasi un
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giornale che non consacri qualche linea
all’argomento in proposilo. Veniamo informati ogni giorno che nuovi individui
hanno abbandonato la fede degli avi loro,
un cattolico per farsi evangelico, un evangelico per divenire cattolico. E in tal condizione di cose, come starci del tutto silenziosi 0 indifferenti ? Più facile sarebbe
d’impedire il flusso ed riflusso del mare,
che non l’agitazione religiosa che freme
accanto a noi. Le circostanze non dipendono da noi, ma si tocca a noi di conformarci come porta il dovere alle medesime , dacché non al>biamo facoltà di
cangiarle.
« Sarebbe poi delitto per parte nostra,
il distrarre gli uomini da accurate e religiose ricerche, ove ciò fosse nel nostro
potere. Un cuore egoista solo può essere
indifl'erente intorno a quanto creda o non
creda il suo prossimo. Supponiamo un
uomo sur una nave in tempesta, il quale
dica tra sè: « Purché io sia salvo, a me
n poco munta la salute degli altri »; chi
potrebbe non disprezzarlo per abbietto e
per vile? Ed e per avventura meno importante la sorte eterna dell’anima che
non la vita caduca del corpo ? Chi ha
sperimentato le dolcezze della fede edificata suila verità, come può, indifl'ereute
e freddo, vedere in preda dell’errore e
del dubbio coloro che gli stanno intorno ? Come non accorrere a sostenerli
nel conflitto delle sì contrarie opinioni
da cui sono combattuti? Possibile che
niun cristiano si prenda amorosa e sincera premura di illuminare i fratelli a
cosccre ed abbracciare quella santa e purissima fede che fu rivelata ai mondo per
la comune salvezza?
« Senonchè ci si oppone : Perchè non
abbandonate voi al Clero le discussioni
religiose, avendo esso il dovere e facendo
professione di spiegare siffatte materie?
Le quistioni di legge vengono decise dai
giurisperiti e dai giudici ; i dottori medici
sono soli competenti a decidere intorno
alla natura delle malattie ; perchè dunque vorranno i laici rompersi il capo in
controversie teologiche da preti ? — Concedendo noi che possavi essere qualche
verità in queste analogie, domandiamo
che ci sia permesso di non accettarne la
conclusione. Ogni erede di qualche podere vorrebbe almeno per quella curiosità che è comune a tutti, pigliarsi la fatica di ben informarsi della validità dei
suoi diritti e su quali fatti e ragioni si
appoggino. E se un leggista gli dicesse
essere non giuste le sue ragioni, mentre
un altro gli dichiara che sono giustissime, egli è naturale di supporre ch’egli
vorrebbe ad ogni costo arrivare a saperne il netto, né risparmierebbe indagini , spese e fatiche. Lo stesso accadrebbe d’un ammalato nella cui infermità e cura due uomini deli’ arte non
andassero d’accordo. Sonvi, non c’è dubbio , numerosissimi casi nei quali noi
dobbiamo confidarci al parere degli altri;
ma ogni uomo dotato di iior di senno
vorrà conoscere pure chi sia colui nel
quale ha da porre la sua fiducia, e per
quale motivo. E le sue investigazioni saranno tanto più sollecite, quanto avrà
maggiore importanza l'aggetta di cui si
tratta. Se un mercante espone tutto il
suo avere sopra una nave colla mira di
trarne guadagni, egli primamente esamina ben bene ogni cosa da sé, per non
avventurarsi al rischio d’un imbarcamento
al buio. Or per gl’interessi di certo più
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importanti dell’anima nostra immortale,
dovremmo avere almeno la stessa sollecitudine. Se tuta I giurisperiti, i dottori, i chierici concorressero nello stesso
parere intorno alle cose che spettano
alla professione loro , ogni inciampo
sarebbe da sè tolto di mezzo, e non
avrebbero gli uomini rozzi o letterati da
impicciarsene.
<1 Oltracciò hanno i laici cattolici altro
motivo di occuparsi in questioni religiose,
ed è che il Clero, il quale si assume l’incarico di regolare le opinioni loro, si è
dimostrato apertamente alieno dal volere
in ciò soddisfare ai bisogni del gregge,
e noi crediamo che ne sia del tutto inabile per mancanza di cognizioni opportune. Laonde essi mai non sanno sciorre
i dubbi e le dilDcoUà di quanti al buon
bisogno li vanno consultando. Noi non
possiamo mettere in dubbio il fallo che
tutti i preti irlandesi non sono baslantcraente istruiti nelle più alte parti dell’insegnamento religioso e teologico. E
sospettiamo molto , che per mancanza
di scienza e di ragioni, il più delle volte
alcuni fra essi ricorrono con tanta facilità all’anatema ed alla scomunica. L’anatema è al postutto una ragione bea
misera , e più un trovato per imporre
silenzio ai timidi, che non un mezzo atto
a convincere i dubbiosi, e sciogliere le
difficoltà. In un paese libero, dove nella
bocca di tutti suona familiare il grido di
libertà religiosa, indarno si tenta di rinserrare gli uomini educati ed istruiti nell’angusta cerchia dell’autorità ecclesiastica. Tale servaggio potè tollerarsi dall’
ordine laicale in età tenebrose, quando
non sapeva leggere, e gli conveniva dipendere dal Clero, che per quanto poco
sapesse anch’egli, era pur sempre in
istruzione superiore al laicato.
« Lungi però da noi il volere diminuire l’influenza del clero convenientemente educato; sempre anzi, tributeremo
rispetto ed onore a qualsivoglia ordine
di cittadini, i quali benché abbiano opinioni non affatto concordi alle nostre,
onorano pur sempre se stessi ed il loro
ceto coi loro lumi e la loro vita. Ma
contro la tirannia, l’egoismo, la cupigia degli ignoranti di qualunque grado,
protesteremo e lotteremo mai sempre,
non temendoli nemmeno quando si presentino armati dei fulmini del Vaticano,
e sieno accompagnati da numeroso seguito di ammutinata canaglia. Noi procureremo di sottrarre i laici d’Irlanda a
questo giogo d’obbrobrio. Noi non curveremo la fronte sotto di esso, né mancheremo di esortare altri ad imitarci, E
infatti, il diritto degli uomini di studiare
le Sacre Scritture, i padri della Chiesa,
i decreti dei Concilii e in generale la
storia ecclesiastica, non può niegarsi più
che il diritto di acquistare le cognizioni
del secolo. Se i laici possono leggere
simili materie, debbono anche fare ogni
sforzo per bene intenderle. E noi non
temiamo di credere, e speriamo di poter mostrare a prove di fatto, che anche
i laici possono riuscire ad intenderle».
1 CONFESSORI DI G. C. IN ITALIA
nel seeolo xtx.
GIOVAMI IIDOYICO PASCàlE.
I.
Trattandosi di confessori di G. C.
in Italia nel secolo decimosesto, la
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mente ignara si rivolge a tutte le
provincie delia patria italiana, meno
che al Piemonte, quasiché su quest a
terra non avessero trovato da allignare le idee evangeliche, e che,
tranne i Valdesi, le popolazioni subalpine si fossero rimaste insensibili
del tutto al gran movimento che
scosse in allora tutta Europa. Grossolano errore, a dileguare il quale basta
uno studio anche superficiale della
storia di quei tempi. Da essa infatti
impariamo come chiese evangeliche
floride e numerose, e che contenevano nel loro seno popolo e nohOtade, si fossero stabilite iu molte città
del regno, specialmente a Dronero,
Caraglio, Busca, Cuneo, Chieri e Torino. Da essa ancora ci vengono insegnati i nomi dei Curione, dei Celso
Martinengo , dei Villanova-Solaro ,
dei Varaglia e dei Pascale, e di tanti
altri fatti celebri gli uni nell’ arringo
letterario e scientiflco, gli altri dalla
morte che indurarono a cagione dell’Evangelo, tutti per fede viva e singolare santità di costumi.
Giovanni Ludovico Pascale col
quale intendiamo schiudere la serie
di quei grandi nostri concittadini (1 ),
(i). Ci siamo credulo lecito di riprodurre con
poche ag(;iuate quella biografia quale, anni sono,
ia deltammo in Traocese per altro giornale ^ a
quale venne poi voltala in italiano dall’¿"co dì
5avonaro?a ottimo giornaletto che da più anni
8i pubblica ÌD Londra^ per cura di alcuoi nostri
confrateUi rifugiali,
venne alla luce nella generosa città
di Cuneo, da genitori benestanti ed
onesti.
Dedicato fm dalla sua prima gio venti! alla carriera delle armi, vi si
trovava tuttora allorché Iddio giudicò
a proposito di metterlo a parte per
un altro servizio e per altri disegni.
Essendo di guarnigione in Nizza ehhe
egli l’opportunità d’intendere la predicazione del puro Vangelo. Il di lui
cuore ne fu colpito. La lettura delie
Sante Scritture, a cui si consacrò Un
d’allora, non fece che vieppiù confermarlo nelle sue impressioni; ed
ansioso di venire al chiaro di molti
dubhj che questa lettura aveva in lui
suscitati, abbandonò il servizio militare e recosài a Ginevra. Trovavansi
quivi una quantità d’uomini illustri e
versati nelle Scritture, che la persecuzione attirava da ogni dove. Pascale li vide, s’intraltenne a lungo
con parecchi di loro, frequentò assiduamente le assemblee dei Cristiani,
studiò molto ancora la Parola di Dio,
fino a che convinto finalmente che la
via in cui era entrato era la vera, si
risolvette di mai più lasciarla. Arrivato appena in possessso della verità,
suo primo bisogno fu di farla conoscere agli altri. Incominciò col tradurre e pubblicare in italiano diversi
frammenti delle Scritture ed alcuni
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trattati religiosi ; quindi Bentendo
che Dio domandava da lui un servizio personale, attivo ed assiduo, passò
da Ginevra a Losanna, e fu ricevuto
come candidato al Santo Ministero
nell’Accademia di questa città. Pascale era al termine dei suoi studii,
allorché giunse a Ginevra una deputazione delle Chiese Valdesi di Calabria (1), supplicando che si mandasse
ai fedeli di queste Chiese un pastore
Italiano per organizzare e celebrare il
pubblico culto. Pascale venne unanimamente scelto come l’uomo il più
capace di occupar questo posto. La
missione peraltro era pericolosa. Gli
auto-da-fe eran frequenti a quell’ epoca in Italia. Le bande dei fuggitivi
che erano pervenute a traversare le
Alpi facevano terribili racconti delle
crudeltà dell’inquisizione; e questi racconti, anco esagerati a cagione della
distanza e della pietà che inspiravano
le vittime, infondevano nei cuori di
tutti il più alto spavento. IVIa il Padrone al di cui servizio Pascale era
entrato non permettevagli di esitare.
Due giorni prima della sua nomina
erasi promesso in matrimonio ad una
giovine rifugiata, piemontese anché
essa, Camilla Guarina. Quando le pa
lesò la sua determinazione, e che le
(■l ) Una colonia di Valdesi fondata in Calaliria
sut finire del secolo decimo quarto, contava io
allora oltre -iOOO abitanti.
domandò il permesso di lasciarla, la
poveretta non potè rispondergli che
colle lacrime. Ma ella era cristiana, e
si rassegnò. Pascale partì.
Il suo arrivo in Calabria, e la pubblica celebrazione del culto furono il
segnale di un grande allarme fra il
popolo ed il clero cattolico romano.
Spaventato dai loro clamori il marchese di Spinello, sulle cui terre abitavano i Valdesi, divenne aneli’ esso
minacciante. I capi ricevono F ordine
di rinunziare alle loro pratiche, e di
conformarsi alla religione del paese.
Pascale che gli accompagna, tenta,
con savie rappresentazioni, di ricondurre il marchese a pensieri di tolleranza e di dolcezza. Ma appena vien
esso riconosciuto per essere il ministro luterano (così lo chiamavano) che
era venuto ad infettare il paese, che
è tosto arrestato e condotto nelle prigioni di Foscalda. Il marchese non
avrebbe voluto andare piti oltre, poiché il fanatismo non lo accecava a
tal segno da non fargli vedere il
danno che ne addiverrebbe ai suoi
interessi, privandosi di così eccellenti
coloni, i quali, dacché eransi stabiliti
nelle sue possessioni, ne avevano aumentata per dieci volte la rendita. Ma
coloro che avevanlo indotto a fare il
primo passo n’esigerono un secondo.
Dopo il pastore il gregge. Fu allora
(anno 1559) die cominciò contro i
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fedeli (li Calabria la terribile persecuzione che gli aveva sei mesi dopo intieramente esterminati.
Pascale, cattivo ed assediato d’inquietudini , dimenticava le proprie
pene per non pensare che a quelle
del suo gregge, cd al mezzo di addolcirle.
« Noi sappiamo abbastanza » scriveva
loro dal Castello di Cosenza , ove era
stato trasferito dalle prigioni di Foscalda
« noi sappiamo abbastanza quanto necessarie sieno le afflizioni per avvertire i
fedeli del loro dovere. Poiché, appena
son essi trattati un po’ delicatamente,
questa carne ribelle s’inebria fra le delizie e i piaceri di questo mondo, e pone
in oblio il suo principale scopo. Perciò
vi prego, fratelli miei cari, di sopportare
pazientemente le afflizioni che il Signore
vi manda, moderando l’asprezza della
croce per mezzo delle dolci promesse
che ci son fatte nel Vangelo, allorché dice; « Beati coloro che piangono c che
soffrono persecuzioni per amore della
giustizia, poiché saranno consolali ». E se
la carne ribelle, eccitata da Satana, volesse persuadervi che Iddio non vi ama,
e che per questo vi affligge, rispondetele
arditamente; che poiché egli vi gastiga,
è un segno manifesto che vi ama, e che
vi é padre benigno ed affettuoso ».
La privazione del pane di vita era
per questi poveri fedeli una prova che
sentivano più dolorosamente di ogni
altra. Pascale vuol consolarli, e a
tale effetto si serve del seguente paragone :
« Raccogliete, scriveva loro, da questo
gastigo di Dio, una ferma e solida coavinzione, cioè: che, quando il padre e
la madre chiudono 1’ armadio dov’ è il
pane pei loro tìgli, non lo fanno afiinchè
muoiano di fame; ma anzi, piuttosto si
cangierebbero essi stessi in carne, che
vederli in tale estremilà. Ora se gli
uomini ohe sono cattivi sentono in loro
una tal bontà, che non sarà di questo
buon Padre di misericordia, il quale
non ha punto risparmiato l’unigenito
suo Figliuolo, mandandolo di cielo in
terra onde a noi farlo per sempre pane
di vita?.... Perciò, allorché Iddio Padre
vostro vi ha resi privi di questa carue
spirituale, non è per farvi morir di
fame, ma perchè nc abbiale buon appetito, onde si cangi in miglior cibo.
E quanto all’ aprir l’armadio voi sapete
che basta solo che il fanciullo domandi
perchè la sua voce penetri fin nelle
viscere del buon Padre pietoso. Non
altro resta adunque da farsi, se non
che di domandare, come figli docili ed
obbedienti, il pane al vostro padre celeste, secondo vi ha insegnato Gesù Cristo
vostro fratello, non dubitando punto di
sua bontà ed amore paterno ».
« Quanto alla tristezza che avete voi
e tutti gli altri miei fratelli, scriveva
egli a quei di san Sisto ; per cagione
della mia cattività, ve ne ringrazio, essendo certo che ciò procede dalla vera
e cristiana amicizia che mi portate;
e sono pienamente convinto che non avvi
tra voi e quei della Guardia chi non
volesse riscattarmi col proprio sangue,
se tale fosse la volontà di Dio. Ma non
vorrei però che si oltrepassassero i limiti d’un cristiano, che sono di avere
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la volontà di Dio per soia ed unica regola di tutti i suoi affetti, e di moderare il dolore che sente per la perdila
del suo fratello, col trionfo che mi ha
preparato per mezzo di questo mio prossimo e felice viaggio. Ora, qual più
grande onore potrebbe farmi Iddio che
di servirsi di questo corpo vile e corrotto per rendere testimonianza alla di
lui eterna ed infallibile verità? Qual novella migliore poss’io ricevere che di
uscire da tante miserie, e di andarmene
con Gesù Crislo, per godere della eterna
felicilà?.......Non sapete voi che la morie
dei santi è preziosa agli occhi del Signore, e che felici son quei che muoiono
in lui? Invidiate forse la mia prossima
felicilà? Se cosi è, fate che sia una
santa invidia, la quale vi ritenga continualmente in un desiderio fermo e costante di seguirmi nel cammino del Cielo,
senza punto fermarvi in questa oscura
valle di lagrime ».
Per bene apprezzare queste pie consolazioni, ed il sentimento che le dettava, fa d’uopo riflettere a tutto ciò
che soffriva egli stesso di afflizioni e
di prove. Strascinato da una prigione
all’altra; passando da una segrete
umida in un’altra ancor più umida;
sotto la continua sorveglianza di un
prete spagnolo che non rispondeva
alle sue domande che con grossolane
ingiurie; costretto a subire interminabili interrogatorii, ed a difendersi
contro gli attacchi di due e spesso di
tre monaci riuniti per convertirlo, non
aveva neppure un momento di respiro,
e le pene del cuore erano di gran
lunga superiori a quelle del corpo.
Purnondimeno, non trovasi nelle
lettere che Pascale scriveva a quell’epoca, e che sono in gran numero,
neppure un’espressione di lamento,
d’ingiuria o di odio contro i suoi persecutori. Una dolce allegria, leggermente ironica, parlando dei Gran Vicario di Cosenza, che egli « riconobbe
incontinente alla figura, al camminare
ed al ventre », e « dell’onestà del
buon prete spagnolo, che volontieri lo
avrebbe spogliato dell’ultima sua camicia », è tutto ciò che gl’ inspirano di
più amaro i crudeli trattamenti di cui
era l’oggetto. La sua fede lo aveva
reso vittorioso di tutte queste prove,
e se ne parla, egli è colla serenità
umile del cristiano, persuaso che « le
afflizioni del tempo presente sono un
nulla paragonate alla gloria del
mondo avvenire che deve essere manifestata in lui ».
« Sai bene, scriveva alla sua promessa, sai bene che il fine dell’ uomo e di
glorificare Iddio, che ci ricompenserà
abbondantemente di ogni pena che avremo sofferto per l’amore di lui. La
caparra che per sua bontà sento omai
di questa ricompensa è si grande cbe io
sono nell’allegrezza, e mi rallegro ancora di sentire che lo stesso sia di te
pure. Che se la carne si duole e si lamenta perchè soffre afflizioni più grandi del solito, lo spirito la riprende come
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ingrata a tanti benefizj di Dio. E perciò
posso a ragione esclamare con Davide;
«IlSignoremi pasce, nullamimancheràn.
Cantiamo adunque insieme le lodi del
nostro Iddio; e perchè tu ti sovvenga
sempre di me, ti prego di leggere il
salmo che comincia: « Non cesserò mai
di magnificare il Signore »; onde tu li
rallegri nella speranza certa che mi seguirai presto nel cielo, dove io vado ad
ad aspettarti ».
Il giorno di Pasqua, 14 aprile 1560,
le scrisse queste parole, legato pio e
commovente dello sposo che va a
morire a colei che aveva cristianamente amato.
« Ti auguro che tu sia nello stato in
cui sono io adesso per la grazia di Dio;
vale a dire che tutti e due apparteniamo
a Dio e per la vita e per la morte, e
che mettiamo ogni nostra consolazione
nelle preghiere falle con fede, per mezzo
delle quali siamo assicurati di ottenere
tutto ciò che sarà espediente per la gloria di Dio, la quale dobbiamo ricercare
al di sopra di tutte le cose, e per nostro
bene e profitto.... Perciò, mia cara araica, consolati in Gesù Cristo....; rimetti in Dio ogni tua cura e sollecitudine
confidandoti in Lui che accompirà ogni
tuo giusto desiderio.....; rallegrali nel
Signore; temi iddio; leggi continuamente le Sante Scritture; frequenta le
prediche ; soccorri i poveri ; visita i malati; consola gli afilitti ; sii sollecita di
pregai e Iddio, e fa che la tua vita sia un
modello della dottrina di cui tu fai professione........Quanto a me m’oiTro e
consacro a Gesù Cristo mio Salvalore,
essendo certo che non mi abbandonerà
mai, fino a tanto che non m’abbia
dato la vittoria di questa santa battaglia. E mi vergogno di tanto onore che
mi fa, che io che non ero se non un povero e miserabile soldato, debba esser
condotto in campo aperto per mantener l’onore di un tal capitano come Gesù
Cristo ». (continua)
li’EVASrOEIiO,
FONTE
d’ ogni vera liliertn.
I.
«Conoscerete laverità, disseGcsù Crislo,
e la verità vi francherà»; Giov.sui, 32.—
Dalla verità proclamata da Crislo dovea
nascere la liberlà, secondo la stessa sua
dichiarazione; eppure per molti è ancora
un problema, se la religione crisliana si
confaccia colle libertà religiose e civili.
Noi crediamo adunque di qualche vantaggio l’accennare come dai più semplici
elementi della dottrina di Cristo, doveaiio
0 debbono risultare le tante desiderate e
desiderevoli libertà, e mostrare poi, quale
vera, quale inestimabile liberlà Cristo, Figliuolo di Dio, è venuto spccialmeulo a
portare ai figli di Adamo.
Il punto più elementare della religione
di Cristo si è che al di sopra dei Principi,
dei Re, havvi un Dio, la cui legge santa
e perfetta debb'essere anteposta alle leggi
più 0 meno imperfette degli uomini, ed
opposta al loro fiero arbitrio. Cosi Crislo,
fermo nell’osscrvare la volontà del Padre
Eterno, rispose a Pilato che gli diceva;
« Ho podestà di crocifiggerti e podestà di
liberarti», che al di sopra di lui vi è un
Signore di cui nou è che un ministro, di
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cui tutti sono servi. Così pure gli apostoli
alle autorità pagane o giudaiche che proibivano loro la predicazione dell’Evangelo
rispondevano; «giudicate voi stessi scegli
è giusto in cospetto di Dio ubbidire a voi
anzi che a Dio®. Atti degl'Ap. iv, 19.
Questo era il primo passo che la società
dovea fare per giungere alla libertà; distinguere ciò che a Dio appartiene da ciò
che appartiene a Cesare, e non concedere
a questo, qualunque fossero le sue pretese, gli omaggi che a Dio solo convengono. Come mai sarebbe stata possibile la
libertà fintanto chè durava quella pagana
idolatria che nei Principi vedeva dii, davanti ai quali era dovere di prostrarsi, di
cui talvolta le effigie, le statue venivano
adorate, di cui i decreti quali ordini di
Dio erano riputati? A quegli uomini caduti
sotto la schiavitù dell’ uomo per avere
abbandonato Dio era necessaria una parola
divina, che accusando il loro peccalo eia
loro follia, ricordasse nello stesso tempo
il loro primo obbligo, quello cioè di ubbidire al Creatore, e li rimettesse in possesso
del più prezioso privilegio, quello di essere franchi dirimpetto alla creatura. Era
necessaria una rivoluzione nelle menti
umane ottenebrate: ogni altra rivoluzione
rovesciando i tiranni, dovea rovesciare
le leggi cou essi personificale, addurre l’anarchia, e per alcuni raggiri più o meno
lunghi ricondurre in trono l’odioso despotismo.
Un secondo principio tutto elementare
della religion di Cristo, si è che ogni individuo è risponsabile per se stesso da-,
vanti a Dio. « 11 Signore renderà la retribuzione a ciascuno secondo i suoi fatti
{Matt. XVI, 27) u; « ciascuno porterà il suo
proprio peso » {Gal. vi, Sj. « Lasciateli :
son guide cieche di ciechi; or se un cieco
guida un altro cieco, ambedue cadranno
nella fossa», diceva Cristo ai Giudei che
poteano gettare la risponsabilità sui loro
conduttori, sui Sacerdoti e Farisei {Matteo XV, ii). Cristo avverte l’individuo di
non lasciarsi condurre come incauta pecora; ei lo chiama a far uso del suo buon
senso, della sua ragione, delle sue facoltà;
specialmente egli sveglia la sua coscienza,
e la dichiara voce di Dio nell’ uomo. Ora
chi non sente che da quell’obbligo imposto dal Signore ad ogni individuo di fare
uso delle sue facoltà, di non fare cosa
veruna contro alla coscienza, tosto o tardi,
per divina necessità, deve nascere la libertà ? Quale potenza barbara potrà costringere l’individuo a tenere una condotta
riprovata dal suo buon senso, allora che
egli sa di doversi condurre conformemente
ad esso.^ Qual prepotente oscurantismo
potrà spegnere i lumi della ragione allora
che ogni individuo sente l’obbligo di ragionare, leggere, investigare, finché abbia
una convinzione propria? Qual despotismo
potè mai trionfare nella lotta contro alla
coscienza?
Un terzo principio della cristiana dottrina, il quale svolto ed applicato dovea
pure condurre alla libertà, si è che la fede,
per via della quale diventiamo cristiani,
è un alto indipendente da ogni umana
autorità, l’atto più libero, più spontaneo,
più personale che ci sia, poiché una fede
imposta non può essere mai che ipocrisia
e menzogna, e che la fede in Cristo, essendo una comunione intima di cuore
con Lui, non esiste se non volontaria. —
E infatti Crislo non avea un esercito a suo
comando per costringere gli Ebrei a seguirio, e tanto è che i più l'hanno riget-
11
tato. Egli non volle nemmeno , sebbene
tutto gli fosse possibile , commendare la
sua religione con quegli agi, quel decoro,
che pure, sembrerebbe , conveniva al
Re dei Re ; egli non volle per apostoli
uomini ricchi, potenti, sapienti, che avessero maggiore influenza. Perchè? acciochè
la fede rimanesse un atto tutto volontario,
esente d’ogni umano influsso; acciochè
ella fosse non in sapienza d’uomini, dice
San Paolo, ma in potenza di Dio (1 Corint., Il, S). Perchè Gesù Cristo, ora
glorioso ed onnipotente alla destra di
Dio, non costringe egli gl’increduli ad
aver fede? Perchè egli rispetta la libertà
dell’uomo. Se governanti e ministri della
religione che si dicouo cristiani, fossero
più attenti all’ esempio ed alla parola di
Cristo, ben presto, e senza nissuna catastrofe, senza rivoluzioni, splenderel)be per
lutti i popoli il giorno della libertà.
Finalmente la stessa forma ecclesiastica, nella (juale dovea esternarsi la fede
dei cristiani, più chiaramente ancora
parla a favore della liberlà. A prova di
ciò basta un passo rimarchevole della prima Ep. di San Pietro (cap. v, 1-i) scritta
da Babilonia: egli merita di essere da
ognuno singolarmente ponderato, quando
non sarcbTje per altro che per il nome
dell’apostolo: « Io esorto gli anziani, d’i«« fra voi io che sono anziano (irjjsajSÓTSjoo?-)
« con loro, ed insieme ancora parten cipe della gloria che dee essere mani« testata, che voi pasciate la greggia ch’è
« fra voi, avendone la cura non sforzata« mente, ma volontariamente, non per
« disonesta cupidità di guadagno, ma di
« animo franco, e non signoreggiando le
« eredità (1), ma essendo gli esempi della
« greggia. E quando sarà apparito il som
« mo Pastore, voi otterrete la corona
« della gloria che non s’appassa ».
Quelle parole ci danno un’idea abbastanza chiara dell’insegnamento di San
Pietro, che è quello di Crislo, intorno
all’organizzazione della chiesa crisliana.
Il sommo Paslore è Cristo stesso; in ogni
chiesa ci sono dei pastori_allora chiamati
anziani o vescovi (2). Pietro è anziano
con loro. I pastori non debbono signoreggiare le eredità cioè, i cristiani, i quali
.iono r eredità di Cristo, perchè da Lui
sono stati riscattati ; non debbono dominare raa servire, aver cura delle anime,
e ciò senza cupidità del guadagno.
Domandiamo se una chiesa così costituita non dovea destare nei popoli l’idea
delle libertà civili? e se nello stesso tempo
ella non dava esempio di ordine perfetto?
Risulta chiaro adunque dai suoi più
semplici elementi che la religione di Cristo
non solo si confà colla libertà religiosa e
civile, ma ancora è destinala a produrla.
U>A
COMERSAZIOSE RELIGIOSA
I.
Roma 18i5.
.....Eravamo alloggiali al Babbuino,
e presso noi abitava in un gran appartamento di casa Dovizielli una Principessa
(Í) Lq parolu greca è (xlñoo?) cleros, dolía
quale huunn fatto la parola italiana elero^ casta
della quale fanno parte non tutti i cristianij come
lo vediamo quivi, ma i soli sacerdoti.
(2)- La parola greca prcsbuferoi vuole dire
più vecchio, anziano. La parola errt'a’xoTTOT epù
scopos vuole dire ispettore: il primo di quei nomi
davasi ai direttori nelle Chiese di origine
daica, il secondo nelle Chiese di origino pagana;
ma nou indicavano punto divcrsila di funñonc e
meno ancora ierarcbia. ìNc serva di prova, eltro
al passo già citato, Alti. C, XX t3.H7 paragonato
col V. 28.
12
Russa, nata Inglese, e maritata col ministro
plenipoteDziario dell’ Imperatore Nicnolò
a Francoforte. Invitati a passar la sera
d’ogni sabbato presso di lei, vi trovavamo
ogni volta una conversazione fioritissima.
Oltre vari Ambasciatori e Ministri erano
colà Principi, Cardinali, Prelati e Dame
della più alta classe : fra i molti nobili
forestieri e romani venivano anche artisti,
e professori, eletterati, che sempre hanno
luogo nei più aristocratici convegni di
quella Capitale. È inutile acceimare che
non mancava mai un servito di gelati e
rinfreschi della squisitezza che li sanno
fare in Italia, e di un thè, che migliore non
si prende nè a Londra, nè a Pietroburgo.
La sera del 28.....mentre attendevano
i più chi al giuoco del chi a quello
dell’iÌcarie, ed altri a parziali conversazioni cogli amici, il sig. marchese A.....
d’accordo con Monsignor Z......diedero
con assai graziosa introduzione un assalto
cattolico alla Principessa che stava seduta
presso di noi.
La richiesero del come passasse l’inverno a Roma, se le gradiva il carnevale
ai corso, se avesse ancor visitato i Musei
Apostolici, e fatto il giro delle antichità.
Appresso le vennero con bel garbo in discorso delle funzioni papali, e udito da lei
che le avea vedute già più d’una volta, e
sempre con assai grande piacere, pigliavan
animo a intrattenerla d’un soggetto che
loro sopratutto importava. Le rammentarono quelle cerimonie che essi chianiavan
sì dignitose, e quel corteo che essi diceano
veramente magnifico di Cardinali in porpora, e di Vescovi che essi qualificavano
assistenti al soglio, e di collegi prelatizii
di Segnatura, e di Rota, e di Camera, che
servono da chierichetti il Sovrano Ponte
fice, e quei tanti uniformi tra neri, paonazzi, e rossi, di spada e di cappa, che
altro ufficio non hanno fuor quello di muoversi ad ogni più lieve cenno d’alcuuo dei
tanti cerimonieri di Corte. Le commendavano il corpo e le assise delle Guardie nobili, tutle cadetti di famiglie ragguardevoli dello Stato, l’intervento del Principe
senatore di Roma, tunicato di lucentissima
lama d’oro, e del Principe vessillifero di
santa Chiesa in nero abito succinto con
manichini bianchi alla RafTaellesca. Non
le tacquero i canti melodiosi ed angelici
concertati dai primi oontrappunlisli del
mondo, con solo acccompagoamentod’organo.
La Principessa ti stava ascoltando con
grande attenzione, e li assicurò che mollo
le andavano a sangue cose e discorsi di
religione e pietà. Quelli tosto pensarono
che Ella pendesse a farsi com’essi callolica: si scambiarono fra loro uno sguardo
di quelli che parlan sì vivo in occhio italiano, quasi dicessero, siamo a buon porto;
ed un dei due; permetta disse, o signora
Principessa, che iole domandi per sapere,
se nei molti mesi passati a Roma, e dopo
vedute tante nostre funzioni, non Tè mai
nato in cuore il desiderio di abbracciare la
nostra santissima fede. — Oh! questo non
mai, rispose ella tosto ; io vi ho detto e
vi dico che avete una religiona assai bella,
e di magnificenza non credo la ceda in
niente a quella degli antichi Romani che
conquistarono il mondo, e credete che la
cede ben di poco a quella di^ mio marito,
che come sapete è Russo, e professa la
religione ortodossa deH’Impero. Se v’ incontrasse di vedere gli addobbamenti sacri
di Pietroburgo e di Mosca, trovereste col
paragone, non dirò mai poveri nè dimessi.
13
ma certo non superiori quelli di Roma.
Anche le vostre Basiliche vincono per finezza d’arte le Russe, che sono per Io più
Bisantine, meno classiche d’architettura e
d’ornato, più ricche d’oro, e permettete
vel dica, assai più divote. Le vostre qui
di Roma, a differenza delle tante gotiche,
le quali avete in ogni altra parte, dove il
vostro culto predomina, si risentono
troppo di pagano; e peccano a mio avviso di teatrale. A me non piace che la
Religione abbia mai aria di spettacolo :
quando la nostra mente dever far allo
d’ossequio a Dio, conviene che ogni cosa
la chiami al raccoglimento, e niente la
distrugga. Io non potrei reggere ad una
festa religiosa Cinese pel lanlo strepitare,
che là costumano di tamburri, di sistri, e
di campanelli.
A queste parole i due si guardarono
all’uso degl’italiani una seconda volta in
viso, come per ammonirsi che bisognava
mutar registro. L’esterno splendore del
culto non attraeva lo spirilo della Princilicssa : era da tentar altra via; onde ripigliò Monsignore: Avezza com’è V. E. al
cullo Anglicano non può che fare poco o
niun caso delle pompe in religione: tutle
le chiese protestanti sono in questa parte
concordi, vogliono la religione severa e
niente concedere ai sensi. Noi popoli meridionali, come la Spagna, il Portogallo,
la Francia e l’Italia non sapremmo gradire
un C'illo senza splendore. Vero è chenon
facciamo in questo consistere la religione.
—E in che altro, interruppe la Principessa'
la fate voi consistere? Non è qui che voi
spendete i vostri maggiori tesori ? Mi ricorda aver letto che la sola chiesa di san
Pielro vi costò undici milioni di scudi
d’oro. Se voi siete stati a Londra avrete
veduto il nostro san Paolo, e quello pure
ai padri nostri, che erano Cattolici come
voi, costò milioni. Noi oggi non facciam
più queste spese; adorando Iddio in ispirito e verità, ogni cristiano per noi è un
tempio vivo della divinità.Volendoci unire
all’esercizio del cullo ci basta un qualunque luogo modesto, senza bisogno di alcun lusso; noi ivi cerchiamo la sola edificazion dello spirito; purché ci sia modo
di leggere la divina Parola, e di ascoltare
le meditazioni che vi fa sopra il Pastore,
e di pregare in comune, noi non cerchiamo
nè altari, nè candelieri, nè lumi, nè turiboli, né incenso, nè cerimonie come da
voi si costuma, e dalla chiesa ortodossa di
Russia, e come sapete si usava ancora
dalla religion pagana de’Greci e dei Romani. Per noi queste cerimonie sono almeno indifferenti, giacché io non voglio
andare così oltre, come altri vanno dei
miei fratelli, che le giudicano affatto pagane
Erano quei signori sul punto di ripigliar la parola, quando fu annunziala la
DuchessaC... naia Inglese e maritata nella
Ducal casa degli Sforza C... di Roma. Dovette la Principessa alzarsi per andare incontro alla nuova arrivata e onorarla delle
dovute accoglienze, e la conversazione
religiosa i>er quella sera finì. Solo dopo
i convenevoli colla duchessa, passando la
principessa a scambiar parole con diverse
dame e signori accostossi di bel nuovo a
noi, e si fece agli interlocufori vicini promettere di venire un’altra sera a riprendere il filo della conversazione. Contentissimi quelli, immaginandosi di aver fatto
presa, si dispersero per le sale, nè per
quella sera non li vedemmo più.
(daWAlbum di Lady * * ’).
14
IVOTIZIE REIilGIOISi:
Torino, — Festa secolare del SS. Sacramento. Ricaviamo dal Cattolico di
Genova che Lire 16,000 vennero stanziate dal Consiglio Comunale di Torino
« al maggior lustro della festa secolare
« del noto miracolo del SS. Sacramento,
« la quale deve aver luogo nel prossimo
« anno 1833 «. Ecco di tal miracolo un
racconto parimente tolto dal Cattolico j
<! Erano le ore venti incirca del giorno 6
« di giugno dell’anno ÌAo5, allorché pas« sava davanti alla chiesa di s. Silvestro
« un uomo, conducendo un mulo carico
<c di mercanzie. Veniva egli da un luogo
« detto Issiglie (Exilles), posto sul confine
n del Delfinato, che fra alcuni trambusti
« successi in quell’ anno erasi messo a
K sacco recenlemfente. Ora un ostensorio
« d’argento derubato alla chiesa di quel
« luogo, con entro l’Ostia sacra, trovavasi
« avviluppato fra le altre spoglie della so« ma del giumento. Ed ecco che giunto
« innanzi alla chiesa, il mulo divien re« stio, e brancolando si ferma, poi cade
« a terra; mentre, rottesi le fasce dell’in« volto, il sacro vaso s’innalza in aria e
a risplendentissimo compare alla vista di
« tutti gli astanti. Avvisato il vescovo,
« monsig. Lodovico Romagnano, accorre
« col clero e con gran folla di popolo,
<i alla cui presenza cade dapprima l’Osten
II sorio, rimanendo l’Ostia divina ragn giante in aria ; poi essa scende nel ca« lice appresentatole dal Vescovo, e viene
« solennemente portata al duomo !».—Il
Consiglio comunale del 1753 avea stanziato a tale oggetto la somma di 90,000
franchi.
Valli Valdesi. —Anniversario' delia
emancipazione. Già facemmo parola di
quell’anniversario che venne celebrato in
tutte le parrocchie Valdesi con pubblico
servizio di rendimento digrazie aDio.In parecchie località successe alla religiosa funzione un semplice e fratellevole banchetto
che terminò ovunque con collette a prò o
dell’emigrazione italiana o dell’istruzione
pubblica. Il banchetto di San Giovanni
riuscì specialmente interessante. Vi si
trovavano rappresentanti di tutte le parrocchie del Val-Lnserna. A vece del lusso
nelle vivande che ne era stato accuratamente sbandito, presiedeva alla mensa una
dolce e schietta cordialità. Varii brindisi
furono portati ; dal sig. Pellegrin sindaco
al Reale successore di Carlo Alberto la cui
memoria andrà benedetta in questi monti
finché durerà il nome Valdese, ed alla Patria che aprendo ai Valdesi braccia e cuore di madre, si è acquistata daliianto loro
affetto ed opera di figli ; — dal sig. prof.
. Stefano Malan, al nome Valdese che suona
nel passato ; fedeltà a Dio ed al Principe-,
— dal sig. prof. Bart. Malan, M’amenire
del nome Valdese, ai principii propugnati
dai padri a costo di tanto sangue sparso;
al trionfo del puro Evangelo il quale,
mentre é sorgente di salute e di santità
per gl’individui, lo é d’ogni liberlà e
prosperità pei popoli ;— da altro oratore,
alla Guardia Nazionale simbolo e sostegno delle nostre franchigie; — e dall’onorevole Maggiore di questa, il sig. Peyrot,
all’ Istruzione pubblica, con opportuna
proposta di sottoscrizione all’effetto di comperar fucili agli allievi del Collegio Valdese, onde corrispondere al desiderio di
questi.di essere ammaestrati nei militari
esercizi!, Dugento franchi furono immanti-
15
— m
nenie raccolti a tal scopo. Un regolamento
per l’annua celebrazione, per turno, in
ogni parrocchia, di una consimile festa
venne altresì proposto ed accettato. —
La sera fuochi di gioia splendevano su
tutte le vette, in mezzo alla bianca neve
che le cuopriva.
Noi mentre plaudiamo a siffatte raunanze, perché ben dirette, le giudichiamo favorevolissime allo sviluppo dello
spirito di patria e di religione, ci facciamo
lecito d’esternare il nostro desiderio che
le famiglie e specialmente le donne ed
i bimbi non sieno trascurali frammezzo
a quella pubblica esultanza, e che accanto alla festa popolare e federativa, si
impianti nei nostri costumi la festa di famiglia, cui tutti possano partecipare , e
che, mentre serberà viva fra le popolazioni Valdesi la rimembranza delle tante
benedizioni di cui furono oggetti per
parte d’iddio, avrà quest’ottimo effetto
ancora di rendere vieppiù potenti i domestici affetti, questa preziosa salvaguardia
della moralità e della prosperità di un
popolo (1).
RojfA. — Ancora un miracolo. Oltre le
beatificazioni che non furono mai così
numerose come da qualche tempo, abbondano altresì i miracoli. Eccone uno
che riferisce un corrispondente dell’i/nivers. «All’intercessione del V. Belle« sino si deve il miracolo operato, è qualo che mese, nel palazzo del Vaticano
n sulla persona d’una fanciulla presso a
(t) Ci vagliamo di quest’occasione per retlificareun piccolo errore io cui cademmo sul quantitalivo della colletta fatta al baoclietto di Torino. Invece di ■100 fr. essa nc fruttò ^40 dei quali
.iO furono destinati «11’emigrazione italiana e
400 agli asili iafantili.
« morire, e istantaneamente ristabilita in
« salute per una bevanda, nella quale
« era messa una parlicella delle vesti del
« venerabile servo di Dio » !
Milano. — Riapertura del Culto Evangelico. Stando ad una corrispondenza
della Nuova Galletta d’Augsburgo, dei 5
febbraio, il Feld Maresciallo Hadetski
avrebbe concesso agli evangelici di quella
citlà la riapertura del loro culto.
L.1VDAC. — Inaugurazione d'un tempio
Evangelico, n In questa città capoluogo
d’una provincia strettamente cattolica;
ove la religione cattolica-romana è dominante nelle città e nelle campagne, ehhe
luogo il 6 gennaio una festa religiosa
evangelica, vale a dire l’inaugurazione
della nuova « Chiesa di Cristo » e l’installazione del sig. Th. Elze come pastore
di quel culto » (N. G. d'A.)
Euimburgo. — Domenica, 1 febbraio,
nella Chiesa di Cernongale, cinque con.
vertiti dal romanesimo parteciparono per
la prima volta alla Cena del Signore nella
Chiesa evangelica,
Cina, — Al defunto dottore Gulziaff
succede,come capo della missione chinese
evangelica, il missionario Neumann, lo
stesso che nel ISSO accompagnò il celebre dottore di Germania in Cina,
CROCCHETTA POLITICA.
Piemonte, Sabbato scorso ebbe finalmente termine la discussione cui diede
luogo, nel Senato dei Hegno, la petizione del Rettore della Compagnia di san
Paolo. Furono respinte le proposte dei
senatori Demargherita e di Castagneto,
le quali contenevano un severo biasimo
16
degli atli del governo concernente quella
Confraternita, e fu vinto alla maggioranza
di 20 voli incirca, l’ordine del giorno
del senatore Nigra, accettato anche dal
Ministero, è così formolato ;
« Considerando che dalla discussione
Il che ebbe luogo intorno alla petizione
« della Compagnia di S. Paolo, si deb« bono necessariamente ricavare lumi atti
<1 a regolare gli ulteriori relativi provve« dimenti che occorrono riguardo alla
o medesima, il Senato ordina l’invio della
« petizione al Ministro degl’interni ». —
Nelle successive sedute vennero approvati dal Senato i due progetti di legge
sulla stampa e sulla sicurezza pubblica,
— Le seguenti parole dette nel Senato
del sig. Ministro di Grazia e Giustizia
nella discussione della legge sulla stampa, meritano di essere ricordate: « Nè il
« sentimento religioso si può dire sce« mato, dacché venne introdotta la liber« tà della stampa, né i costumi peggiora« rono; anzi, io penso, e per amore del
« mio paese altamente lo dichiaro : i co« stumi vanno ognora migliorando, ed il
Il benefico effetto é forse dovuto in parte
« alla liberlà della stampa ».
— Per determinazione presa da S. M.
in udienza del 22 corrente, la cattedra di
diritto romano venne conferita al professoro-.Nuytz, avece di quella di professore
di diritto canonico che occupava.
— Leggiamo nella Stella che il Consiglio Comunale di Pinerolo stanziò un
mezzo milione da convertisi in azioni
della Strada ferrata da Pinerolo a Torino,
e deliberò di concedere alla Società il
terreno per tutto il tratto che dovrà percorrere lu delta strada sul territorio del
comune, nonché lo spazio necessario per
la stazione in questa eittà, ritenuta però
la condizione della scelta della via men
costosa, e che congiunga direttamente
Pinerolo con Torino.
Napoli, Leggesi nel Costituzionale di
Firenze : « Le notizie relative ai progetti
di amnistia ed alla migliorala sorte dei
prigionieri di Stato pubblicata da noi e
da altri giornali d’Italia, sulla fede di lettere venute da Napoli, non sonosi disgragrazialamente confermate ».
Francia. É stata pubblicata la legge
sulla stampa. Basta a caratterizzarla il
fatto che tutti i giornalisti ne sono costernati.
Svizzera. Il popolo del cantone di Berna avrà da rispondere con sì o no il giorno 18 aprile se vuole o non vuole la rivocazione del gran Consiglio domandata
da 13,000 firme su 100,000 elettori.
Inghilterra. La seguente notizia di
Londra datata del 21 era già riportata dai
fogli di Torino del 24 :
Il L’emendamento proposto da lord Palmerston sul bill della milizia (onde rendere la misura applicabile alla Scozia ed
alla Irlanda, a vece di limitarla aH’Inghilterra) fu vinto contro il Governo a maggioranza di undici voti. — In conseguenza
di ciò lord John Russel ha deposto la sua
deinissione nelle mani di S. M. »
Un dispaccio telegrafico ricevuto ieri
ci arreca la notizia della formazione di
un Ministero conservatore a capo del
quale trovasi lord Stanley, e di cui fanno
parte i sigg. d’Israeli, Northumberland,
Malmesbury, Walpole ecc. ecc.
Direttore G. P. MEILLE.
Rinaldo Bacchétta gerente.
Torino, — Tip. Sociale degli Artisti.