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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Past. TACCIA Alberto
10060 ANGROGNA
Sellimanale
della Chiesa Valdese
Anno 99 - Num. 29-30 ABBONAMENTI Í Eco: L. 2.500 per Tinterno Spedizione in abbonamento postale ■ I Gruppo bis TORRE PELLICE - 25 Luglio 1969 1
Una copia Lire 60 L. 3.500 per l’estero Cambio di indirizzo Lire 50 Ammin. Claudiana Torre Pellice . C.CB. 2-17557 |
Un “alleluia** d’una risonanza nuova, più vasta e grandiosa
Lodate Iddio dai cieli
lln
americano nero e
la luna
« O Jahvé, Signor nostro,
quanto è magnifico il tuo nome in
[tutta la terra,
tu che hai posto la tua maestà nei cielil
Quando io considero i tuoi cieli,
opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai disposte,
che cos’è l'uomo che tu ti ricordi di
[lui?
e il figlio dell'uomo che tu ne prenda
[cura?
Eppure tu l'hai fatto poco minor di
[Dio,
l’hai coronato di gloria e d’onore,
l’hai fatto signoreggiare sulle opere
[delle tue mani,
hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi ».
Li’ parole del Salmo 8, certamente
lette in molte delle nostre comunità,
in irolte delle nostre case domenica
20 luglio, ci sono tornate sulle labbra
menile lo speaker della RAI annuncia v;; anche a noi che il « Lem » si era
posato sul suolo lunare e commentava:
« Sia ¡no orgogliosi di essere uomini ».
Per una spiritualità nutrita della Bibbia l'.'ia simile frase non ha senso, ma
si n . ;rsa tutta in un appassionato canto di lode a Dio: anche quando, come
in questo salmo, pare cantare la gloria
deH'ijLimo, la fierezza di questa piccola cre atura, in realtà è la gloria del Signor ’ ad essere illuminata e inneggiata: poiché tutto ciò che siamo è opera
sua : le immensità degli spazi come
l’intt'iligenza, la volontà, il coraggio
dell'uomo narrano — a chi ha orecchie
per udire — la gloria di Dio e annunciano l’opera delle sue mani.
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Naturalmente non sono mancate
neppure stavolta, prima durante e dopo l’avvenimento del primo allunaggio
vimano, le riserve critiche (soprattutto
da parte di cristiani), quelle medesime
che anche noi avevamo avanzato qui
sette mesi fa, dopo che un altro ardimentoso terzetto della NASA aveva
circumnavigato la luna, preparando in
modo decisivo la meravigliosa impresa dell’Apollo 11. Critiche che vedono
nella NASA essenzialmente una colossale holding capitalistica, e nella corsa
spaziale una dispendiosa gara di prestigio in aspro squilibrio rispetto alla
Situazione di sottosviluppo nella quale si trascinano due terzi dell’umani,tà.
E luche là dove il giudizio politico è
pili attenuato, è sensibile il dissenso di
credenti che osservano e deplorano in
que- li termini sintetici: la luna prima
del prossimo, dunque.
Il jrroblema è reale; non può essere
taciuto né accantonato. Ma certe critiche ricevute mesi or sono, in seguito
all’articolo menzionato, da parte di
fratelli che stimiamo, ci hanno fatto
riflettere e considerare in una luce diversa quest’ultima impressionante impresa spaziale, preludio di chissà quali e quante altre.
La ricerca umana è e deve essere
quanto più libera possibile; se occorre protestare e vegliare contro i troppo massicci condizionamenti di forze
economiche particolari, di gruppi limitati di interessi, altrettanto bisogna
stare in guardia contro le pianificazioni dall'alto di una burocrazia di partito. Certo, nella nostra èra tecnologica e su scala planetaria, la ricerca aristocratica ’pura’ è ormai inconcepibile; essa fa sempre necessariamente
parte di un contesto sociale che preme su di essa, la indirizza e la deforma. Eppure, alla sua scaturigine, la ricerca esprime lo slancio dell’uomo oltre sé stesso, rispondendo al comandamento-permesso di assoggettarsi la
terra, il mondo creato.
Senza dubbio la ricerca non è sociologicamente ’pura’ perché non è teologicamente pura; l’uomo vi si esprime
nel suo bene e nel suo male, nei suoi
slanci generosi e nella sua radicale
corruzione. Così possiamo già, senza
timore di sbagliare, prevedere i futuri conflitti sul suolo lunare o negli spazi interplanetari, di cui i fumetti della
nostra infanzia ci davano anticipi apparentemente inverosimili. Eppure si
può dire che l’uomo è veramente uomo solo nella ricerca; è questa a
strapparlo in qualche misura alla sua
condizione di semplice consumatore
dei beni che produce, ad aprirgli sempre nuovi orizzonti, che per il credente sono parabola degli orizzonti definitivamente ’nuovi’ della nuova creazione. E per essere tale, questa ricerca
deve essere intimamente libera, o almeno quanto più libera possibile.
È perciò che, in fondo, ci appaiono
nonostante tutto moralistiche, e sostanzialmente inutili le rimostranze e
le critiche cui abbiamo accennato, e
che più di una volta abbiamo noi pure pronunciato. Fatte le debite proporzioni, anche dietro le caravelle di Co
lornbo e di tanti e tanti altri navigatori si nascondevano evidenti interessi
imperialistici di tipo militare ed economico, com’è risultato chiaramente
dalla storia seguente la grande epopea
della esplorazione del nostro globo. Ma
chi oserebbe dire che Colombo, 'Vasco
de Gama, James Cook — che hanno
messo a repentaglio molte vite, che
hanno consumato capitali proporzionalmente considerevoli, che hanno
aperto la porta ai soldati e agli schiavisti, ecc. — hanno sbagliato? che
avrebbero dovuto attendere che altre
esigenze ben più pressanti e vicine
fossero soddisfatte? che quei capitali
sarebbero stati meglio impiegati a
combattere fame e pestilenze nel vecchio mondo?
La nostra colpa non è la ricerca, per
quanto costi, ma il non sapere accompagnare alla ricerca l’amore. Non intendiamo qui entrare nella questione
tecnica dei riflessi positivi o meno che
la ricerca — anche quella spaziale —
ha sullo sviluppo, e sullo sviluppo di
tutti. Qui le due grandi ideologie odierne si affrontano e non ci sentiamo in
grado di fare una scelta netta, poiché
vediamo come la pianificazione possa
atrofizzare la ricerca (o ridurla a tecnica) da un lato, e come dall’altro la
libera iniziativa possa cedere ai peggiori e più unilaterali condizionamenti di gruppi limitati. Comunque, ammettiamo che l’osservazione dei fenomeni socio-economici odierni riveli un
aut-aut fra la ricerca, ad es., spaziale
e lo sviluppo, per cui si potenzia Luna
e si trascura l’altro. Questo può essere
— e purtroppo in forte misura è —
un dato di fatto, riscontrabile, ma non
è un dato obbligato. È la nostra colpa,
questa, ed è contro questa colpa che
dobbiamo lottare, non contro la ricerca. Certo, possiamo anche rallegrarci
maggiormente di una ricerca che lotta
contro la polluzione dell’atmosfera,
piuttosto che di una ricerca che tende
al volo interplanetario (a questo proposito vorremmo una volta ancora ricordare l’attività spesso straordinaria
anche se ben più silenziosa svolta in
tanti campi dall’UNESCO); ma, lo ripetiamo, la ricerca dev’essere quanto
più libera possibile; e del resto la trama dell’indagine scientifica si fa sempre più fitta e complessa, in una interdipendenza sempre più stretta dei settori e delle discipline.
Queste considerazioni non hanno
dunque oscurato la limpidezza della
nostra partecipazione e della nostra
gioia — nella fede in Jahvé, creatore
del cielo e della terra — per la fanta
stica impresa di Apollo 11 e del suo
equipaggio. Se mai, un senso di inquietudine — quello stesso destato e lasciato da quel film straordinario che
è « 2001, odissea nello spazio » — per
questo preannuncio di una esistenza
nella quale non saremo, prevedibilmente, soltanto più immersi nello
smog delle metropoli o sigillati in colossali edifici di vetro ad aria condizionata, ma sempre più avulsi da quel
rapporto con la natura (« Quanto è
bella la nostra terra! » — aveva esclamato uno dei cosmonauti del dicembre scorso, dinanzi allo spettacolo desolato della superficie lunare), che pure ci pare cosi essenziale.
Intensa, assorta meraviglia, dunque;
ma non orgoglio, lo ripetiamo. Quanto
più si dilata il nostro campo d’azione,
tanto maggiore appare la nostra infinita piccolezza e tanto" più radicale la
nostra limitatezza. Proprio ora che
questa tappa straordinaria è raggiunta e il piede umano ha cominciato a
calcare il suolo lunare, gli scienziati ci
avvertono che a fatica si arriverà
a Marte entro il secolo, e ancora, ci
vorrà un potenziamento eccezionale
dei propellenti, e una* durata di viaggio andata-e-ritorno di' un paio d’anni
(in quelle condizioni, sono già lunghi
quindici giorni...; l’organismo umano
riuscirà a vivere pey anni nell’isolamento, privo di gravità, nutrendosi a
pillole ed esercitando le più elementari funzioni biologiche grazie a pompe
aspiranti-prementi?); per Giove, una
trentina d’anni, poi... Poi non ci basteranno gli anni. La velocità di Apollo 11
è stata di 11 km al secondo; quella
della luce è di 300.000 km. al secondo.
Qra, la nostra Galassia — nella quale
il nostro sistema .sedare si perde — ha
un diametro che si >vèuta in 80.000 anni-luce: cioè la luce, viaggiando a 300
mila km. al secondo (il maximum conosciuto in natura) mette 80.000 anni
ad attraversarla...
No, veramente non orgogliosi; ma
assorti, e adoranti.
« Alleluia!
Lodate Jahvé dai cieli,
lodatelo dai luoghi altissimi!
Lodatelo, sole e luna,
lodatelo voi tutte, stelle lucenti!
Lodatelo, cieli dei cieli,
e voi acque al di sopra dei cieli!
Tutte queste cose lodino il nome di
[Jahvé,
perché egli comandò, e furono create;
egli le ha stabilite in sempiterno,
ha dato loro una legge che non pas
[serà ».
(dal Salmo 148)
G. C.
Sul n" del 1 luglio la rivista statunitense « Newsweek » ha pubblicato
i pareri di numerose personalità sull’imminente impresa lunare. Ecco
quello del past. Ralph David Abernathy, 43 anni, successore di Martin
Luther King alla testa della Southern Christian Leadership Conference.
Una società che decide di conquistare lo spazio, di portare
l’uomo in un luogo che in passato pareva riservato a Dio solo, che
spende somme incalcolabili per raggiungere tale scopo, questa società merita al tempo stesso la nostra ammirazione e il nostro
disprezzo.
Merita la nostra ammirazione per simili imprese, e il nostro
disprezzo per la gerarchia dei suoi valori sociali. Infatti, pur avendo accettato sfide eccezionali, ha fallito perché non ha saputo utilizzare tutte le proprie facoltà per estirpare dal proprio suolo i
flagelli del razzismo, della miseria e della guerra.
Non è difficile comprendere la posta in gioco e la passione
dell’esplorazione dello spazio, l’esaltazione di sottomettere l’ignoto e di compiere ciò che ieri era impossibile. Ma perché in un
simile paese, che si pretende colto e civile, non è altrettanto esaltante conquistare la miseria umana, la decadenza del razzismo
e la barbarie della guerra? Vi è, fra le razze, maggiore distanza
che fra la Luna e la Terra.
R. D. Abernathy
Convocazione del Sinodo Valdese
Il Sinodo della Chiesa Valdese si aprirà, D. v.
DOMENICA 24 AGOSTO, ORE 15.30
nel Tempio valdese di Torre Pellice con un culto presieduto dal Pastore
Enrico Geypiet.
I membri del Sinodo sono convocati per le ore 15 nell’Aula Sinodale
della Casa Valdese per alcuni atti preliminari.
Subito dopo il culto i membri del Sinodo si riuniranno nell’Aula sinodale per costituirsi in Assemblea, sotto la presidenza del più anziano di età
tra i ministri di culto in attività di servizio, e per procedere alla nomina
del Seggio definitivo.
Achille Deodato
Vice-moderatore d.^lla Tavola Valdese
Torre Pellice, 25 luglio 1969
Comunicato ai membri dei Sinodo Vaidese
I Membri del Sinodo che non abbiano la possibilità di provvedere in proprio alla loro sistemazione in Torre
Pellice per il periodo sinodale, sono
pregati di voler sollecitamente avvertire il Past. Achille Deodato, Via dei
Mille 1, 10064 Pinerolo, indicando la
data del loro arrivo e possibilmente
quella della partenza.
È ovvio che i primi prenotati avranno sistemazione adeguata presso la
Foresteria Valdese.
iiiimimiiimiiiiiiiiii
Ritoiniamo al "movimenta valdese,,
Il nostro « popolo-chiesa » è in crisi.
Nessuna meraviglia: tutto il mondo è
in crisi, fino a che non trovi la sua pace nella giustizia di Dio, cioè nei suoi
giusti rapporti con Lui. Ma è doloroso
che siano in crisi le chiese, esse che
dovrebbero essere, qui ed ora, il segno
del Regno che verrà. 'Vuol dire che
molta aria del mondo è entrata in esse. Ed allora esse dovrebbero capirlo,
considerare «la roccia dalla quale furono tagliate», e ravvedersi. Un buon
modo di ravvedersi è, al contrario di
quello che molti pensano, tornare indietro. Tornare alle origini. Appunto,
ricordarsi della roccia onde furono ttv
gliate, come hanno scritto nella nostra
aula sinodale. I profeti lo consigliano.
Geremia dice (6: 16): «domandate
quali siano i sentieri antichi ». Proviamo a domandarcelo, noi valdesi.
Quantunque ci lusinghi il titolo che
ci è stato dato, come chiesa, di « mater
reformationis » — ogni chiesa ha la
tendenza ad esser madre di qualche
cosa — quando nascemmo, nel XII secolo, eravamo ben lungi dall’essere
una chiesa. Eravamo un pugno di poveri diavoli, che avevano lasciato tutto per seguire nudi un Cristo nudo.
Valdo non teneva ad esser papa, e
nemmeno riformatore. Voleva solo
fare liberamente quello che riteneva
fosse necessario in quel momento :
predicare agli uomini, affogati nelle
loro molteplici e sempre ritornanti
miserie, la verità che salvava allora
come salva oggi: l’Evangelo, la Buona
notizia. E per poterlo fare, si rese leggero, abbandonando i suoi cosiddetti
beni. Non voleva fondare una chiesa.
Invece le chiese, sul loro cammino,
si sono sempre appesantite volentieri.
Appesantite di dogmi e dì pietre e di
terre e di uomini importanti. Anche lei
chiese della Riforma, che non riuscirono a liberarsi dal pesante modello romano, ed anche oggi più o meno con
ai UNO DE NICOLA
Bciamente lo sopportano e lo vagheggiano. Ma la prima protesta valdese
sorse appunto contro quel modello,
che si chiamava e si chiama « costantinianesimo » e « trionfalismo ». Poi,
allo scoppiare della Riforma, i nostri
padri credettero necessario appoggiarsi ad essa, seguirne Tinsegnamento, e
ne imitarono le strutture. Risultato :
il « movimento valdese » si appesantii.
Dice Amedeo Molnàr («Protestantesimo » 2/1969, pag. 59); « ...l’adesione dei
valdesi italiani alla Riforma del XVI
secolo... assicurò loro una esistenza ecclesiastica, è vero, ma senza ridare vigore alla sfida che essi avevano un
tempo lanciata al costantinianesimo
della cristianità stabilita». Diciamolo
chiaramente: di quella «esistenza ecclesiastica » avremmo dovuto e dobbiamo fare a meno. Siamo ancora in
tempo. I templi decorosi, i concistori,
le conferenze distrettuali, i sinodi non
ci hanno mai aiutato nel nostro compito fondamentale di diffondere TEvangelo. Comunque, riconosciamolo
una buona volta che sono tutti mezzi
superati. L’Evangelo scende troppo
dall’alto quando viene predicato da un
pulpito alto come un primo piano, e
le decine o le centinaia di persone disciplinatamente allineate nei banchi
sottostanti hanno troppo l’aria di as
sistere ad un rito piuttosto che assorbire l’acqua vivificante della Parola
genuina. E lo spirito parlamentaristico modula troppo spesso lo svolgersi
delle nostre regolamentari adunanze,
nelie quali troppo spesso dimentichiamo di essere fratelli.
Basta con tutto ciò. Non vantiamoci
più di essere riformati. Contentiamoci
di essere valdesi. Questo non implica,
naturalmente, che noi dobbiamo trascurare tutto ciò che la Riforma ha
conquistato per i secoli. Ma badiamo
più alla sostanza che alla forma. E
quanto alle forme, contentiamoci delle più semplici. Basta coi templi falsogotici o di altro stile bastardo; basta
coi banchi allineati; basta con le toghe pastorali; basta, in una parola,
coi culti in istile riformato e con l’ordinamento « ecclesiastico ».
Respingiamo ogni forma e istituzione
che richiami alla mente le chiese istituzionali. Ricordiamoci una volta per
tutte di essere « laici », e poi dimentichiamo questa brutta parola che TEvangelo ignora. Aduniamoci in piccoli
gruppi modesti, dove nessuno sia più
in alto degli altri, e che abbiano come
centro la Parola e la Santa Cena, nella quale ognuno riconosca, con cuore
amoroso, il Corpo del Signore. Nutriamoci di nuovo, come da secoli non
facciamo più, del « del puro latte spirituale», e torniamo ad essere il popolo della Bibbia, come da troppo
tempo non siamo più. Allora sorgeranno spontanee le vocazioni ai vari ministeri e l’ispirazione ai vari servisi
che il mondo ha il diritto di aspettare
da noi. Ci saranno allora, nei nostri
[continua a pag. 8)
ConvucaziDiie
del Corpo pastorale
Il Corpo pastorale è convocato a Torre Pellice, nella "Casa
Valdese, giovedì 31 luglio alle
ore 9,30 per l’esame di fede dei
candidati al ministerio. Il giovedì successivo, in località che
saranno fissate in quell’occasione, Si terranno i sermoni di
prova.
Achille Deodato
Vicemoderatore
della Tavola Valdese
UN APPELLO DEL C.E.C.
AI DIRIGENTI
NIGERIANI E BIAFRANI
Ginevra (soepi) - Il Cec ha lanciato un appello ai dirigenti della Nigeria e del Biafri
affinché autorizzino il trasporto di materiale di
soccorso al Biafra.
« È l’elemento umano che deve essere il
principale consigliere per l’opera di soccorso
non solo per coloro che si sforzano di trovare
delle soluzioni alle difficoltà, ma anche per le
autorità » ha detto il pastore Blake. Il messaggio è stato inviato anche ai Consigli cristiani del Biafra e della Nigeria.
« Tutti hanno il dovere morale di venire in
aiuto al loro prossimo nella necessità, ovunque e chiunque esso sia » ha proseguito Blake.
Durante le ultime settimane, al Biafra è
pervenuta una quantità scarsissima di materiali e di aiuti in confronto ai mesi precedenti: ne vanno di mezzo milioni di vite di
vittime innocenti.
« Speriamo che quanto prima verrà trovata
una soluzione a questo grave problema umano,
mercé l’organizzazione di voli diurni o di trasporti marittimi o terrestri di materiale di soccorso ».
11 Cec non partecipa direttamente airazione
di soccorso: ha portato il suo aiuto ai due
Consigli cnstianis al comitato internazionale
della Croce Rossa ed al « Joint Church Aid »
che operano nelie due parti in conflitto.
2
pag.
N. 29-30 — 25 luglio 1969
1
SUL TEMA DELLA PREDICAZIONE
UNA PORTA APERTA
l'apporto dolio Chiose
allo svilup oconoifllco
Quale significato riveste oggi per noi
e per la nostra chiesa questa modesta
espressione biblica? In un tempo in
cui la chiesa è stimolata ad uscire dai
luoghi di culto per confrontarsi con il
mondo, la « porta aperta » può essere
un invito ai credenti a non accontentarsi di una normale vita ecclesiastica
per essere presenti nella società, in
mezzo agli uomini ed agli avvenimenti
del loro tempo.
Nel Nuovo Testamento, però, la
espressione « porta aperta » è sempre
situata in un contesto missionario,
con un chiaro riferimento alla predicazione. Parlando del suo ministero a
Troas, città dell’Asia Minore, Paolo
scriveva queste parole: « Or essendo
venuto a Troas per VEvangelo di Cristo ed essendomi aperta una porta
nel Signore... » (2 Cor. 2: 12). Che cosa
intendeva dire Paolo con quelle parole? La « porta aperta » poteva significare semplicemente una casa accogliente ed amica, un luogo d’abitazione e di predicazione al tempo stesso;
ma è assai probabile che egli alludesse
a qualcosa di più importante, cioè all’ascolto dell’Evangelo da lui predicato, alla penetrazione della Parola di
Dio nel cuore dei suoi uditori.
Una « porta aperta » è dunque una
occasione favorevole alla predicazione
ed alla testimonianza, indipendentemente dal luogo e dalle circostanze.
Non si tratta semplicemente di una
« porta aperta », ma di una « porta
aperta nel Signore » o dal Signore;
questo fatto è estremamente importante. Ho letto con attenzione il resoconto del recente dibattito sulla predicazione durante il Sinodo Valdese-Metodista a Roma; sulla base di quel resoconto, che ritengo fedele, ho avuto
l’impressione che il dibattito si sia
svolto con notevole impegno alla ricerca di un linguaggio nuovo (dato che il
linguaggio del pulpito, come si è detto,
non parla più alla gente del nostro
tempo). Si tratta di un’opinione discutibile come tante altre; tuttavia, in
quella ricerca indubbiamente seria e
ricca di riflessioni si è concesso, a parer mio, molto tempo e spazio all’uomo e troppo poco a Dio, cioè all’opera che Dio compie nella predicazione
e mediante la predicazione della sua
Parola, indipendentemente dal linguaggio con cui essa si esprime. Ciò
non significa, per carità, che non si
debba cercare anche l’attualità e la
comprensibilità del linguaggio; questo,
tuttavia, non è che un aspetto del complesso problema della predicazione, la
cui efficacia in ultima analisi dipehde
prima di tutto da Dio. Una « porta
aperta nel Signore » o dal Signore significa dunque questo: che il Signore
ci precede ed apre le porte che da soli non potremmo mai aprire, neppure
con un linguaggio considerato all’altezza dei tempi. Non diversamente
pensava l’apostolo Paolo quando esaminava la possibilità di un suo soggiorno ad Efeso per un periodo di
tempo assai lungo: « Mi fermerò in
Efeso fino alla Pentecoste, perché una
targa porta mi è qui aperta ad un lavoro efficace, e vi sono molti avversari » (I Cor. 16: 8-9).
Una « larga porta aperta »: da chi?
dalle circostanze esterne? da Paolo
stesso o dal Signore? Si legge nel libro
degli Atti che ad Efeso « la parola di
Dio cresceva potentemente e si rafforzava, talché tutti coloro che abita
11 cristiano e lo Stato nel Nuovo Testamento
Giungiamo alia conclusione dello studio vivace e limpido che Sergio Rostagno ha dedicato
a ^ Il cristiano e lo Stato nel Nuovo Testamento pubblichiamo questa settimana alcune
tesi riassuntive che condensano i risultati della ricerca svolta in precedenza. Ricordiamo che
tale ricerca è stata preparata in vista delVincontro organizzato ad Agape (19-23 agosto) dal
Servizio studi della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, sul tema « Le Chiese di
fronte allo Stato », relatori Valdo Vinay, Giorgio Spini, Alfredo Sonelli e Sergio Bianchoni.
Uincontro sarà diretto da Aldo Comba. Indirizzare le iscrizioni alla Segreteria di Agape,
10060 Frali (Torino); quota d’iscrizione L. 800, di partecipazione L. 5.000.
5 - Alcuie tesi riassuntne
Il quadro dei rapporti tra cristianesimo e stato nell’epoca del Nuovo Testamento si può quindi tracciare a grandi linee nel modo seguente:
a) Rifiuto dello zelotismo da parte di Gesù; rifiuto da parte di Paolo dell'entusiasmo anarchico. Le ragioni di questi due atteggiamenti sono affini dal
pimto di vista teologico, il che è tanto più notevole in quanto esse sono assai
diverse dal punto di vista storico. Infatti Gesù rifiuta di assumere la figura di
ribelle messianico, che lo porrebbe sullo stesso piano politico e religioso dei
vari capi della resistenza palestinese contro Roma; per Paolo si tratta invece
di non dare il suo avallo a una posizione di estremismo religioso che è quanto
di più distaccato si possa immaginare dalla lotta politica.
La questione che ci interessa però è teologica; cioè quali sono le ragioni che
motivano questo doppio rifiuto? Proprio la diversità di situazione storica invita
a fare la domanda. È noto come il rifiuto di Gesù e di Paolo abbia giocato in
senso conservatore nel corso della storia del cristianesimo. Per citare un solo
esempio ricordiamo l’atteggiamento di Lutero durante la guerra dei contadini,
dove la fedeltà di Lutero a una linea teologica precisa, che è quella della teologia della croce, si traduce in un avallo dato alla forza repressiva dei principi.
b) Questa comune motivazione teologica potrebbe essere: rimanere nel
mondo come esso si presenta, ma rifiutare di costruire al suo interno un ennesimo sistema storico.
c) 11 che significa che da una parte si è critici nei confronti del vecchio
mondo e liberi per il nuovo e dall’altra si cerca di « restituire a Dio quel che è
di Dio », cioè non si dimentica quella che Paolo chiama la misericordia di Dio,
che non autorizza mai a spaccare il nostro ambiente in due metà precise, una
assolutamente malvagia e una assolutamente buona, e ad agire in conse^enza.
Questo vuol dire fare nella parola e per mezzo della parola delle distinzioni
ladicali che nella pratica si tradurranno non in un trionfo della nuova realtà,
ma in modesti segni della nuova realtà nella vecchia. Con tutti i rischi di compromesso che ciò comporta.
d) La prima «utilizzazione» dell’esortazione di Paolo a vivere nella concreta, umile dimostrazione dell’agape nella vita quotidiana, è quella delle epistole pastorali. Qui della «rettitudine» si fa un programma di vita che si vuol
presentare come programma morale per il mondo antico. Questo è stato continuato meno nel protestantesimo propriamente detto che nelle assemblee cristiane libere, nate di qua e di là dell’Atlantico. Le Pastorali sono il sostrato della loro spiritualità.
e) Lo « stato » come concetto non esiste nel Nuovo Testamento. Si possono nel Nuovo Testamento studiare i rapporti tra cristiani e autorità civili, che
sono quelle dell’impero. E invece indubbio che in quasi tutto il Nuovo Testamento l’ordinamento politico e sociale di fatto viene accettato così come si presenta. Ma a questo bisogna aggiungere la coscienza cristiana di esser al punto
di svolta tra vecchia e nuova creazione.
f) I cristiani hanno condotto avanti parallelamente il rispetto formale per
le strutture dello stato romano (polizia, giustizia ecc.) e un atteggiamento di
non collaborazione sul piano delle strutture di fondo della società, dove hanno
proclamato la libertà della fede, il superamento delle paure e dei vincoli religiosi, ecc. Queste due linee sono state portate avanti in modo aproblematico,
cioè senza la coscienza di un loro possibile conflitto, finché lo stato con le sue
persecuzioni non ha fatto egli stesso scoppiare la contraddizione.
g) Lo stato si è tolto la maschera di giustizia e legalità quando i cristiani
si sono ribellati alla sua vera natura « religiosa », asservente rispetto alla persona umana. Il che ci porta a dire:
h) Finché persiste una certa « normalità » il cristianesimo porta avanti in
modo contraddittorio due atteggiamenti: uno di accettazione dello stato di diritto, uno di contestazione della società. Non è nel potere della chiesa risolvere
questa contraddizione. Quando essa appare è perché lo stato ha preso l’iniziativa della persecuzione: allora appare anche chiaramente la natura mistificante
dello stato (Bestia apocalittica).
i) A partire dalla fede in Cristo non si possono dare delle giustificazioni
né delle patenti di legalità all’ordinamento esistente, che del resto non ce le richiede. Il Nuovo Testamento non ha mai giustificato, ha solo preso le cose come si presentavano. A noi rimane il compito di esaminare caso per caso (Romani 12: 2) quale sia la posizione che permette di separare chiaramente il campo della tecnica da quello della predicEizione. Qui siamo arrivati al punto in
cui, secondo noi, può prendere il via una ricerca etica che cerchi di ripensare
tutto questo nella prospettiva della nostra vocazione presente. Chi studia il
Nuovo Testamento non può preparare delle dottrine bell’e fatte o delle soluzioni per colui che si occupa di etica; può solo trasmettergli i dati del problema storico che ha cercato di chiarire e esortarlo a prendere nel presente le sue
decisioni di fede, come sono state prese nel passato.
Sergio Rostagno
vano nell’Asia, Giudei e Greci, udirono
la parola del Signore» (19: 10-20).
Una « porta aperta nel Signore » è
sempre una porta aperta « alla parola del Signore »: noti a discorsi generici e poco persuasivi, ricchi di sapienza umana ma poveri di contenuto biblico. È evidente, come si disse durante il dibattito romano, che Dio « può
servirsi anche di un discorso fatto in
un quadro sbagliato »; può anche servirsi, bontà Sua, di una predica dei
nostri padri, da noi giudicata vecchia e inadeguata. Il problema che
rni pongo è invece quello della necessità di considerare sempre e innanzi
tutto la predicazione come opera di
Dio non come opera nostra. Colui che
apre la porta al messaggio che pronunziamo è il Signore, non qualcuno
di noi; per questo la preghiera non è
una concessione alla spiritualità del
culto, ma la fiduciosa richiesta a Dio
affinché Egli sia con noi tanto all’origine della predicazione quanto nei
suoi effetti. La crisi della predicazione
non sta prima di tutto o unicamente
nella mancanza di un linguaggio adeguato, rna nel contenuto stesso del
messaggio che si deve annunziare e
che dev’essere fedele alla Parola di
Dio. Il giudizio sulla inattualità della
predicazione è un giudizio nostro, cioè
imperfetto, e ad ogni modo non può
trasformarsi in un pretesto per non
più predicare o addirittura in un giudizio sulla impotenza di Dio. Questa
non è l’ora della sfiducia e delle braccia penzolanti! Esiste un problema
della predicazione agli uomini del nostro tempo; tuttavia nelle situazioni
che mutano di generazione in generazione, la coraggiosa dichiarazione di
Paolo ai Romani conserva tutta la sua
validità: « Io non mi vergogno dell’Evangelo di Cristo, perché esso è potenza di Dio per la salvezza d’ognì credente » (1: 16).
Abbiamo accennato brevemente alla
preghiera, in modo speciale alla preghiera della comunità; ma dove sono
oggi le comunità che pregano il Signore affinché Egli apra nuove porte alTEvangelo o le renda almeno capaci
di vedere quelle che sono già aperte
e che invece non scorgiamo perché
preferiamo seguire le nostre vie, sicuri delle nostre scelte?
Ascoltiamo ancora l’apostolo Paolo
nella sua lettera ai Colossesi: « Perseverate nella preghiera, vegliando in
essa con rendimento di grazie; pregando in pari tempo per noi, affinché Iddio ci apra una porta onde possiamo
annunziare il mistero di Cristo, a cagion del quale io mi trovo in prigione » (4: 2-3). Di quale porta si tratta?
Non possiamo plèludere ch’egli alludesse anche alfa porta della sua prigione, tuttavia il suo pensiero si proietta al di là della sua situaizione personale ed è tutto preso dalla necessità di annunziare il « mistero di Cristo ». A Colosse l’ambiente era saturo
di culti misteriosi, riservati agli iniziati: il culto degli angeli e delle potenze
celesti, capaci di dominare sulla vita
degli uomini e dei popoli. Paolo ha bisogno di dire che Gesù Cristo non è
una delle molte potenze celesti, e misteriose: è il Signore della Chiesa e
del mondo. Il « mistero di Cristo » non
è una religione nuova e misteriosa; è
invece l’Evangelo nella sua universa
lità e nella sua potenza liberatrice, il
messaggio dell’amore di Dio per tutte
le sue creature: poiché siamo « tutti
figliuoli di Dio, per la fede in Cristo
Gesù ».
Nori siamo dunque più in grado di
annunziare alla nostra generazione il
« mistero di Cristo »? Siamo sempre
ancora la chiesa del deserto e del silenzio? E impossibile annunziare il
Signore ai potenti, grandi e piccoli,
che occupano orgogliosamente i posti
di comando, sanno essere religiosi e
al tempo stesso privi di misericordia?
Non - c’è forse attorno a noi, accanto
a noi, specialmente nel nostro paese,
chi crede nelle arti magiche e nei misteri, e non conosce « la verità che ci
fa liberi »? Quanti attorno a noi credono negli oroscopi, si muniscono di
oggetti « sacri » e di portafortuna; bestemmiano Dio, ma custodiscono sotto la camicia la medaglietta del santo
protettore, e tuttavia ignorano il « mistero di Cristo »! Quanti pensano che
la loro filosofia o la loro ideologia siano la ragione prima ed ultima della
loro esistenza! Soprattutto non illudiamoci sullo stato delle nostre comunità, quasi che il Signore non dovesse
più aprire alcuna porta in noi o attorno a noi!
Se le comunità dedicassero alla preghiera un po’ di quel tempo che dedicano ai dibattiti, forse Dio ci farebbe
constatare più spesso che la- sua Parola non torna a lui a vuoto.
e sociale del Brasile
Ginevra (epd). - Al centro di un recente
convegno tenutosi a Ginevra a cura della Divi,
sione di Aiuto interecclesiastico e di Servizio
mondiale dei rifugiati è stato il problema dell’apporto delle Chiese allo sviluppo sociale ed
economico del Brasile.
Il noto economista latinoamericano J. Fonseca Torres ha chiarito, statistiche alla mano,
l’entità dei compiti di sviluppo. La popolazione brasiliana (oggi 90 milioni) cresce del
3% all’anno, si che nel 1980 si può prevedere che raggiungerà i 120 milioni. Ciò vuol
dire che soltanto per ciò che concerne le cliniche ostetriche e ginecologiche saranno necessari 220.000 letti, per rendere po.ssibile
un’ospedalizzazione di almeno due giorni, nei
casi di nascite difficili. Sinora ne sono disponibili soltanto 20.000.
Invece dobbiamo amaramente riconoscere che noi pure siamo colpevoli
del disinteresse del mondo per l’Evangelo. Quante volte le chiese hanno
chiuso quelle porte che il Signore vuole libere ed aperte al messaggio della
riconciliazione in Gesù Cristo e alla
solidarietà fraterna! Hanno costruito
i muri delle discriminazioni umane e
sociali, si sono dissociate da quelle
folle che Gesù definiva « stanche e sfinite, come pecore che non hanno pastore » (Matteo 9: 36).
Alla comunità piccola di numero ma
fedele all’Evangelo, il Signore rivolge
ancora oggi la sua promessa: « Io ti
ho posta dinanzi una porta aperta, che
nessuno può chiudere, perché pur
avendo poca forza, hai serbata la mia
parola e non hai rinnegato il mio nome » (Ap. 3: 8). La « porta aperta » è
un dono del Signore alla chiesa che resiste alle seduzioni umane di qualsiasi tipo perché la ragione della sua esistenza e della sua missione è l’Evangelo di Cristo Gesù. Le idee e i sistemi
umani passano; la Parola di Dio dimora in eterno e la chiesa è chiamata
a rimeditarla per annunziarla ad ogni
generazione.
La « porta aperta » dal Signore o nel
Signore non è una porta aperta alle
nostre evasioni o alle nostre confusioni. E invece l’occasione propizia per
annunziare che « in nessun altro è la
salvezza ».
Savonarola diceva chiaramente ai
fiorentini: « Io ti avviso, o Italia, io ti
avviso, o Roma, che niente ti può salvare se non Gesù Cristo ». Un po’ di
quel coraggio e di quella chiarezza ci
farebbero del bene; a condizione che
l’invettiva profetica sia diretta anche
a noi, non soltanto agli altri.
Ermanno Rostan
Il 30% della popolazione brasiliana è costituita da ragazzi al disotto dei 15 anni. Essi
sono abilitati al lavoro fin dai 10 anni. Ma su
90 persone che lavorano ce ne sono 100 disoccupate.
La conferenza ginevrina ha invitato a tracciare dei « piani d’azione » per ogni .settore
particolare, i quali tengano conto delle necessità più impellenti. Si dovrà cominciare dalla
formazione di « quadri » specializzati, dato
che spesso i mezzi per attuare certi ¡»rogetti
ci sarebbero, ma mancano appunto i (inadri
cui affidarli. Il Consiglio ecumenico delle
Chiese — è stato detto — non ha soll;mto il
compito di appoggiare i singoli progetli di
sviluppo, ma deve pure aiutare la Fedcr izione
evangelica del Brasile a illuminare le .sise comunità, Anche se i Brasiliani vogliono camminare con le proprie gambe, essi sono riconoscenti per ogni idea e ogni aiiili dalFesterno.
11d ex ‘‘cristiano tedesco,,
candidato per la 1!)
Zurigo (epd). - Il presidente della cofti crenza delle Chiese evangeliche dell'Est neai dispersione, neirambito della Landeskireh- dell’Hannover, il 68enne pastore Werner I : tersmann, intende presentarsi candidato aìif elezioni per il Parlamento federale, il 28 su lemhre nella lista del partito nazionaldemocntico
(NPD). Il Petersmann lo comunica in edizione speciale per i rifugiati delle <f Deutsche
Nachrichten » diffuse dalla NPD; in un articolo, « Appello a uscire dalla Chiesa », egli la
Sl.lUO
jirze
-diti
¡one
atto
ritto
menta che nella Chiesa evangelica
« estremamente attive e determinanti
non-protestanti ». Egli attribuisce alla
ca un « atteggiamento di autoflageU
espiatoria » e una « riconciliazione dC
unilaterale, che accantona e rinnega il
alla vita del proprio popolo ».
Durante il Terzo Reich il dr. Petei lann
era direttore delPufRcio edilizio e dì A.aello
teologico del movimento del Reich « De = :sche
Christen ». Egli desidera evidentementi una
propria risurrezione politica.
Miitiiiiimuiniimiiiiiiiiiiiiiiiii
iiiimMiiiiiiiiiiiiiiimiiiii
PER UN DISCORSO CONCRETO SUL COLLEGIO VALDESE
L'abbiamo lasciato atrofizzarsi
e ora diciamo che non dò frutti
Accetto volentieri Pinvito che il Pastore
Sonelli rivolge con il suo articolo a Ricerca di
un discorso concreto » apparsa su « L’EcoLuce » del 26 giugno, sperando di recare un
modesto contributo alla soluzione del tanto discusso problema degli Istituti d’istruzione
Secondaria alle Valli.
Tralascierò Pargomcnlo « Scuole Medie »;
infatti i più e la Tavola stessa sembrano ormai convinti (finalmente!) della loro utilità e
quindi non v’è motivo per temere che il
prossimo Sinodo ne derida la chiusura.
Per quanto concerne invece il Ginnasio-Liceo, perché prima di parlare dì definitiva
chiusura, se non vogliamo correre il rischio
di dovercene pentire fra qualche anno, non
analizziamo ì motivi che possono aver determinato il progressivo decadimento dì questo
Istituto cercando con tutte le nostre forze di
porvi rimedio?
Mancano gli alunni? Sicuro, questo è il risultato del sempre incombente pericolo di
chiusura che ha generalo un clima dì sfiducia nelle famiglie che devono decìdere la
scelta della scuola per i loro figli. Molti di noi
ricorderanno che anni addietro gli studenti affluivano al Collegio, non solo dalle Valli, ma
un po' da tutta Italia : da Torino, Milano,
Bordighera, Roma, Foggia, Catania, Palermo, ecc. Perché ora non vengono più? Quale propaganda hanno svolto le Chiese d’Italia a favore del Collegio?
Gli studenti provenienti da altre regioni
dovrebbero essere ospitati nel Convitto; la
Direzione del Convitto è disposta ad accogliere gli studenti del Ginnasio-Liceo si o no?
A questo proposito, vorrei sapere se lo scopo
per cui il Convitto venne fondato non era
proprio di ospitare gU studenti del Collegio.
La crisi finanziaria è una conseguenza, come la mancanza di studenti, del clima di sfiducia.
Mancano i professori? Sicuro, anche i professori hanno, come gli studenti, assoluta necessità di poter lavorare serenamente; di po
ter fare affidamento su organismi seri e responsabili che non pongono ogni anno in discussione la sopravvivenza del Collegio; i professori hanno diritto ad un trattamento economico adeguato alle loro responsabilità: i
professori hanno bisogno dì essere sostenuti
da tutta la Chiesa con una critica costruttiva,
non con una critica demolitrice.
Qualcuno ha proposto la chiusura del Collegio e il potenziamento dei convitti. Bene,
vengano pure potenziali i convitti; questo è
certamente utile; ma perché chiudere un Istituto dove i giovani potrebbero seguire i loro
studi in un ambiente evangelico?
Se le scuole d’Italia sono sovraffollale (anche quelle ad indirizzo classico!), non vedo
perché il Collegio di Torre, che si tr«)va in
un ambiente ideale per gli studi, debba e.^sere in crisi.
Quando tutta la Chiesa potrà dire di a^ere
onestamente e concordemente tentalo tutti i
rimedi per superare gli ostacoli cui ho sopra
accennalo e quelli che sicuramente mi sono
sfuggiti, se tutti gli sforzi si saranno ri\ciati
inutili, allora si potrà decidere, senza rimpianti, la chiusura dei nostri istituti (!‘i.'itruzione.
Guido Babi-t
Contro la fame degli altri
In occasione della pubblicazione
del precedente elenco dei sottoscrittori abbiamo anche scritto alla sifinorina Gay in Gabon per darle conferma dell’invio, da parte dei lettori di « Eco-Luce », della somma di
L. 1.01,3.000 ca. La missionaria Gay
ci ha scritto, riservandosi di scrivere più a lungo un’altra volta, dato
che Stava partendo, con la sig.na
GIORGIO TOURN
Tempo di crisi e di risveglio
L. lOO
(«Attualità protestante» n. 26)
Ordinazioni a
LIBRERIA CLAUDIANA
Via Pio Quinto, 18 bis
10125 TORINO
Laura Nisbet, per un campo di monitori. Nel frattempo, ella ci incarica di ringraziare vivamente tutti i
sottoscrittori « per (iiu-.sto aitilo efficace e prezioso per il lavoro del
Centre Fainilinl ».
Ci sono jiervennte altre offerte,
che pubblichiamo qui sotto, c con
l’occasione ricordiamo clic esse vanno possibilmente inviate a Roberto
Peyrol, eorso Monealieri 70, Torino.
Da Hergaino-. un lettore L. 20.000.
Da S. Remo: M. T. Fiorio 20.000.
Da Udite: P. Grillo .500.
Da Venezia: fam. Viti 1.000; fain. Zeccliin 3.000; G. Isporlamia 2.500; D. Uporla"
mia 2.500; C. Boeu.s 500.
Da Angrogna: R. M. F. C. 1.000.
Da Napoli: I. Onorato 2.000.
Da Torino: C. c R. Peyrot 20.000.
Totale L. 73.000; tot. prec. 260.386;
cassa L. 333.386.
3
25 luglio 1969 — N. 29-30
P¿g. à
SERVIZIO CRISTIANO NELLA "PALERMO NERA"
ITALIA 1969:
il nuovo braccio secolare Testimoni dell'amore di Cristo
in una società in sofferenza
Tempo fa, la giustìzia italiana ci ha regalalo iin'int;reilil)ìle nuova applicazione del vecchio i)raccio secolare (ossia di quella deprecata prassi, per la quale, nel medio evo, e anche più recentemente, le condanne per reati
ecclesiastici, dottrinali, religiosi, venivano effettuate dal potere civile. Tutte le minoranze
religiose sanno di che cosa si tratta). Un praticante cattolico, avendo interrotto la filippica
di un predicatore ecclesiastico — un parroco — il quale si era ripetutamente scagliato
contro gli ebrei « deicidi », è stato condotto
davanti al magistrato civile e condannato. Il
curio.so è che il « colpevole » si era richiamato
al detto del Concilio Vaticano II, il quale appunto si è ripetutamente espresso in senso
contrario, tanto da bandir perfino, nel rituale
della messa, la famosa allusione ai «. pérfidos
haebreos ». oggi soppressa..
È (la chiedersi se la magistratura non ab
bia, e di molto, oltrepassato la sua competen
za; o se per caso non abbia voluto rappresen
tare l'ala ultraconservatrice del cattolicesimo
Ad ogni modo, un bonario suggerimento sem
bra (li rigore: « et surtout, pas trop de zèle! »
Ma ecco che, in questi giorni, una nuova
questione ripropone il problema del braccio
secohire. in modo molto più sottile. Contrariamente alla sentenza di un pretore di Roma, i
giudi! i della sesta sezione penale della Corte
di ( a-sazione (siamo dunque molto in alto!)
hanno disposto per un nuovo processo a carico d: una certa Anna Maria Giarrizzo, che
best'.’ünniava ih luogo pubblico, e ciò in base
alTar! 724 del Codice Penale. È evidente che
il s(' ondo procedimento non si concluderà
con l'assoluzione deU’imputata.
M; otre proponiamo alla stima dei lettori il
dotti Alfredo Rossini, estensore della prima
sentcn.’.a, in cui il suddetto articolo era dichiarato Il contrasto con la Costituzione Repubblic.'ì oi. non solo, ma era anche detto che
« neirmeno in base ai Patti Lateranensi la religioio cattolica può ritenersi tutelata in maniera jneferenziale rispetto agli altri culti ».
.— non possiamo non far seguire aU’episodio
alcune considerazioni.
1.
Anzitutto, la lettura della notizia di cronaca ha provocato in noi un’omerica risata.
Abbi Í no dunque finalmente trovato in Italia
una , ersona che bestemmia (atrocemente), e
per più, si tratta di una donna! È dunque i usto che le si dica che « la bestemmia
è rc. to » e che la si condanni duramente.
Tutti i carrettieri, gli autisti da piazza, gU
enei (imeni della circolazione, che sorpassano
0 SOI 1 sorpassati; tutti i muratori, i braccianti,
speci límente toscani e veneti; tutti i giocatori
d’azzardo, nei bar, nei treni, nelle osterie,
tutti gli spettatori di scene forti; tutti coloro
che ricevono un trauma psichico dal contatto
con un prossimo che li contesta, o semplicemente con un imprevisto urto fisico (una martellata sul dito anziché sul chiodo, un pestone
in tram, una testata in soffitta, e via dicendo...!. — lutti costoro, quando aprono bocca,
lo f. uno soltanto per lasciar defluire dalle
loro labbra il bel parlare gentile adorno di
vici mammole e di bianchi gigli!
Erancamente, non lo sapevamo. La sentenza
delia Cassazione ce lo ha ora rivelato.
Ma può anche darsi che la Cassazione abbia
liuto dare un esempio: «Vedete che cosa
]’ ò capitare a chi bestemmia? La legge lo
pulisce ».
Ali, purtroppo, non ridiamo più. Perché
sai ! iamo, ahimè, quanto scarsa sia la virtù
del: ( serapio, la forza deU’ammonimento. C’è
UH! legge sul contrabbando... e i contrabban ieri aumentano.di giorno in giorno. C’è
una egge sulle rapine e sugli scassi... Basta:
so li JO per 100 degli italiani bestemmia, o ha
best! umiato (sia pure una volta sola), o bestem.nierà, ci saranno prigioni sufficienti per
tutti i bestemmiatori? O che sia solo per appioppare ammende, che impingueranno l’erario? il ridicolo, ad ogni modo, è alle porte.
3.
Ma se c’è gente che bestemmia, di chi sarà la colpa? Entriamo nel vivo della questione
Ansitutto, c’è da vedere se non ci siano
dei pregiudizi religiosi. Non possiamo dimenticare ([nella difesa della « italica bestemmia »,
che di tanto in tanto vien fuori, su riviste e
su [lubblicazioni cattoliche dirette e scritte
da preti, e che si risolve in un sofisma della
più bell’acqua (sporca). Il sofisma infatti conclude, generalmente, così : non si bestemmierebbe un dio (o una dèa, aggiungiamo noi), se
non gli si credesse. Trattarlo con parolacce significa dunque credere veramente che egli esiste; altrimenti, non si scomodano i fantasmi.
Per dirla con un vieto proverbio, sarebbe il
« chi disprezza ama » applicato nientemeno
che a Dio.
In secondo luogo, conformemente a quel
surrogato di autentica educazione cristiana che
è la pedagogia di certi educatori ecclesiastici,
contestiamo l’utilità, il valore, l’intelligenza
di certe espresitioni pittoresche date autorevolmente come surrogati della bei 'immia, come
« per Diana » e simili. Una ben scarsa opinione del valore del c( controllo di sé » (selfcontrol) debbono avere certi consigheri da
strapazzo della gioventù. Ricordiamo un ragazzo che usava dire « porco zio », come gli
aveva insegnato un prete, per non bestemmiare il Creatore. Quando gli dissi che avrei
avvertito lo zio, che egli in effetti aveva, e
che era tutt’altro che un suino, capi l’idiozia
del suggerimento pretesco, che oltre tutto era
un insulto puro e semplice a una persona che
non c’entrava per niente.
In terzo luogo; correo di responsabilità è il
catechismo cattolico, che ha pasticciato il
terzo comandamento divino, riduccndo il « non
nominare il nome di Dio invano » ad un
« non bestemmiare ». Il comandamento divino
(e biblico) è assai più comprensivo e più totalitario dello smidollato surrogato catechistico;
e concerne non soltanto il parlare blasfemo,
ma anche il linguaggio sboccato, frivolo, R
vaniloquio cosi comune a teatro, nel cinematografo, e in tutte le circostanze più o meno
mondane, in cui Dio viene preso a testimone,
a modo di intercalare, con epiteti senza senno.
Ricordiamo, a lezione perenne per certi italiani immemori, l'impressione negativa che
fece all’estero una canzone d'amore di Domenico Modugno, la quale cominciava cosi :
« Dio, come ti amo... ».
4.
Tra parentesi: noi italiani abbiamo la specialità delle figuracce, con la nostra « religione della grande maggioranza ». Ai tempi delle
trasvolate atlantiche, sul territorio britannico,
toccò agli aerei della crociera guidata da Balbo di aspettar ventiquattr’ore prima di poter
ottenere il pieno del carburante. Erano arrivati di sabato, e non sapevano che per nessuna ragione al mondo i cittadini del Regno
Unito avrebbero rinunciato al riposo domenicale!
5.
Ma a costo di esser noiosi, bisogna che diciamo, ancora una volta, che i protestanti non
bestemmiamo. Non bestemmiavano i primitivi
Valdesi, come scrisse (la cosa è vecchia di sette secoli) il famoso Inquisitore tedesco di
Passau; non bestemmiano gli evangelici italiani d’oggi. Perché? forse perché sono dei
borghesi?
— Perché voi non adorate la madonna.
— E che vuol dire?
— Poiché non ne parlate, nei vostri discorsi, non provate il bisogno di far precedere
il suo titolo da tutte quelle parole di trivio e
da lupanare (non dispiaccia alla senatrice Mer
Un), che gli italiani sono soliti pronunciare
— Qui vi volevamo, carissimi obbiettor
(ma non di coscienza)! Siete caduti nella vo
stra stessa trappola. Noi protestanti non ab
biamo certo fatto della madre di Gesù una se
midea, non abbiamo il mese mariano per ce
lebrarne le qualità spirituaU, morali e, pardon
fisico-fisiologiche, non ricorriamo al suo mo
dello che svegliare nelle nostre sorelle U desi
derio della virtù, dell’onestà, della purezza..
Eppure, non hestemmiamo. Era prevedibile
che gli anti-mariani, nel loro livore, si sfogassero sulla madonna. Nossignore! Non si
sfogano su di lei. Era scontato ebe i polemisti
aUa don Gaetani, i quaU hanno identificato
bontà loro, nei protestanti dei serpenti velenosi aizzati dal demonio contro Maria, citassero un lungo elenco di giaculatorie eretiche
contro Maria. Nossignore, quelle giaculatorie
non esistono.
— E allora?
— E allora, è la storia del vecchio Giuseppe e della giovane Maria sua sposa. La
Chiesa romana ha raffigurato lo sposo di Maria come un vecchio, non rendendosi conto
che con quella immagine (del tutto cerveUotica), essa offendeva Maria, la sua purezza, la
sua onestà di giovane a posto, non traumatizzata, non sexy (per vedere Maria sexy, basta
rivolgersi ai pittori, da Raffaello in avanti). I
cattolici bestemmiano Maria : da un lato, la
Chiesa la pone sugli altari, dall’altro, i suoi
aderenti la ributtano giù.
No non è esatto; non la ributtano giù.
Buttano giù l’idea che di Maria ha loro dato
la Chiesa.
6.
E a .titolo di conclusione umoristica (ma si
[luò far dell’umorismo su questa tragedia della
(( fede bestemmiata », che evidentemente non
ha neppure sfiorato lo spirito dei magistrati
della Cassazione?), immaginiamo — ché tale
era l’assunto di queste righe — il nostro Stato itaUano ridotto a braccio secolare.
Vietata la bestemmia : è dumjue vietato
essere atei (sebbene, di solito, i veri atei, gli
atei sul serio, siano tutt’altro che bestemmiatori di ciò di cui negano l’esistenza). Di quel
passo, sarà vietato ritenere fallibile il pontefice
romano (e in realtà, la giurisprudenza italiana ha già opposto diversi ostacoli alla polemica interconfessionale, come ne fanno fede
alcuni processi contro evangelici un po’... focosi); sarà altresì vietato eredere che il miracolo di san Gennaro sia una combinazione chimica; sarà vietato ritenere ehe san Rocco
avesse soltanto due braccia (visto che gliene
sì attribuiscono più di due); che il liquido
bianco di una certa ampoRa conservato in una
certa chiesa sia altra cosa che latte di Maria;
che una certa peima di gallina non sia la
penna dell’ala deU’angelo dell’annunciazione...
Pietà, pietà!
Fantasie? Non scherziamo. L’esperimento
gesuitico del Paraguay, nel secolo scorso, diede dei risultati disastrosi per la civiltà di quel
popolo. In questo secolo, l’obbligo della camicia nera, in Italia, ha dato quei risultati
che tutti sanno. I defitti contro l’opinione privata si pagano, o presto o tardi. E non c’è
dubbio che il ben noto detto di Erasmo da
Rotterdam — « Itali omnes athei » — sia
attuale. A giudicare dalle bestemmie correnti,
di cristiani veri, in Italia, non c’è neanche più
l’ombra.
Teodoro Balma
Le guide turistiche della città di Palermo prevedono vari itinerari di visita ai più insigni monumenti del passato, testimoni delle varie civiltà che
si sono succedute nel corso dei secoli.
Ma nessuna guida prevede, naturalmente, un itinerario, sia pur breve, nei
quartieri più squallidi della miseria,
della fame, della disoccupazione, delTanalfataetismo, della delinquenza, della disperazione.
Tuttavia alcuni di noi hanno scoperto quest’itinerario e l’hanno ptercorso,
non con la curiosità dei turisti in cerca di folklore, ma con l’animo di credenti, sensibili alla sofferenza dei miseri, degli sfruttati, dei disprezzati, dei
minimi. Cortile Cascino, il quartiere
più malfamato di Palermo, è stato distrutto alcuni anni fa; il problema
non è stato risolto, ma solo spostato
per le famiglie che hanno avuto finalmente una casa abitabile, ma non una
sicurezza economica, né una possibilità di educazione e di istruzione per i
propri figli ; il problema non è stato risolto per le numerose famiglie che vivono in altri quartieri che costituiscono la cosiddetta « Palermo nera ».
TV«
Dieci anni fa, in questo contesto sociale, fra la gente più povera, più disperata, più economicamente e socialmente depressa, abbiamo cominciato
un lavoro che è divenuto sempre più
impegnativo. Vogliamo ora fare il punto, dare uno sguardo retrospettivo,
considerare il senso del nostro lavoro,
per riprendere coscienza dei motivi
che ci ispirano e ci animano, anche a
costo di ripetere cose già dette, risapute, ma che costituiscono la trama
del nostro operare.
Abbiamo intrapreso il nostro lavoro
senza un piano prestabilito, senza
mezzi finanziari, lasciandoci spesso
guidare dalTispirazione del momento.
Sapevamo di non poter risolvere i
gravi problemi che stavano davanti a
noi. Sapevamo e non pretendevamo di
poter dare un nuovo volto alla nostra
città. Ma andavamo nel nome di Gesù
Cristo e con l’amore di Cristo nel cuore. Sapevamo e sappiamo di dover
lare qualche cosa, indipendentemente
dai risultati che potevamo raggiungere.
L’Evangelo contro
la mentalità mafiosa
Il senso del nostro lavoro è innanzi
tutto una testimonianza resa a Gesù
Cristo. Come comunità cristiana non
possiamo — tutte le volte che se ne
presenta l’opportunità — non denunciare la responsabilità che le autorità
civili e religiose hanno dell’attuale
stato di cose che a lungo andare, può
scatenare una ondata di violenza di
cui tutti avrebbero poi a pentirsi.
Si spendono miliardi per l’illuminazione pubblica, per lastricare in porfido la principale arteria cittadina, ma
poi mancano le case, manca l’acqua,
mancano le scuole.
Le poche industrie cittadine sono in
uno stato fallimentare e migliaia di
operai rischiano di restare senza lavoro.
I partiti politici sono fra loro in
una lotta che si fa sempre più serrata
e senza esclusione di colpì. La classe
dirigente, più del bene pubblico, si occupa dei propri interessi e non ha altra ambizione che quella di assicurarsi
una posizione di privilegio e di predominio.
Come credenti non possiamo fare a
meno di annunziare che ogni sistema
è in crisi e che all’ordine dell’uomo si
deve sostituire l’ordine di Dio che solo
può assicurare la giustizia e la pace.
La nostra azione consiste ancora
nella denuncia di ogni ingiustizia e
non può naturalmente arrestarsi di
fronte alle manifestazioni più violente
ed oppressive che caratterizzano la
nostra società.
Vi è un’azione repressiva contro il
fenomeno della mafia, considerata come delinquenza organizzata, che spetta alle forze della polizia e della magistratura.
Ma c’è una mentalità mafiosa che
bisogna combattere diffondendo principalmente quei principi cristiani del
Colle della Croce
Il tradizionale incontro dei protestanti italo-francesi al Colle della Croce avrà luogo quest'anno domenica ZI Luglio.
PROGRAMMA
ore 11 Culto con celebrazione della Santa Cena
ore 12,30 - Pranzo
ore 14,30 - Riunione pomeridiana con messaggi vari
La Colletta al culto sarà destinata ad un'opera del Protestantesimo francese.
Si raccomanda di portare la raccolta « Psaumes et cantiques »
e di essere puntuali per non disturbare coloro che lo saranno stati!
Bruno Bellion, pastore
la non violenza e della non resistenza
al male, che sono il più sacrosanto patrimonio della nostra fede evangelica.
E questo è il compito della comunità
cristiana il cui silenzio potrebbe farla
sospettare di connivenza con le più
oscure forze della violenza e della sopraffazione.
Non possiamo inoltre non denunciare che la chiesa cristiana ha una
grave responsabilità per quanto riguarda il perpetuarsi di ima condizione di miseria e di arretratezza in
cui vive il nostro popolo di cui, per
altro, non si è mancato, neppure in un
recente passato, di esaltare, come
esemplare virtù cristiana, la pazienza
e la rassegnazione. L’errata traduzione
della Vulgata « Quod superest, date
pauperibus» (Le. Il: 41) ha influito
non poco a creare una mentalità paternalistica, di cui neppure noi evan
n
Testimonianze
Avevamo pensato che sarebbe stato opportuno dare un piccolo fiore al
nostro dentista, Dr. C. C. che da anni,
nel modo più disinteressato cura i
membri del nostro gruppo di servizio
e i nostri fanciulli. Avevamo preparato
una busta con del danaro. Avevamo
anche scritto un biglietto per esprimere la nostra riconoscenza, la nostra
stima.
Ero stata incaricata di accompagnare
alcune bambine e <U consegnargli la
busta. Prevedevo la sua reazione. Ma
egli non si è lasciato cogliere (R sorpresa. Ha detto : « Prendo il biglietto
che il pastore mi ha scritto, ma non
accetto il danaro. Ho grande stima
della vostra fatica. Considerate il mio
lavoro come un piccolissimo contributo
per quello che voi fate ».
G razie, caro Dottore. Il Suo non
è solo un « piccolissimo » contributo,
ma è soprattutto un segno dì amore e
dì solidarietà di cui Le siamo profondamente grati.
/nge
Agli esami dì giugno la commissaria si è interessata del lavoro che facciamo per i fanciulli più poveri della
Noce e mi ha fatto tante domande sulla religione evangelica.
Ad un esaminando ha poi chiesto di
ripetere l’Ave Maria. Ma il bambino
ha risposto : « Non la so, ma posso dire il Padre Nostro ». Ne è seguita naturalmente una discussione. Ho detto
che agli alunni delle nostre scuole
impartiamo un insegnamento cristiano sulla base defi’Evangelo che rappresenza il più prezioso patrimonio comune di fede.
Dopo una discussione sulla croce o
sul crocifisso, una collega ha concluso:
« Paolo VI sta cercando di riunire i
cristiani. Noi non dobbiamo dividerli ».
Alla fine i commissari hanno decìso
di non interrogare più i nostri alunni
sulla religione.
Rosetta
gelici siamo immuni, per cui dare ai
poveri «il di più» tranquillizza la coscienza e assicura la beatitudine ultraterrena.
Le rivoluzioni politiche del nostro
secolo non sonò neppure riuscite a liberare il nostro popolo da uno stato
di umiliante soggezione e servilismo
„ che si esprimono ancora in baciamano
e in genuflessioni davanti ai più tipici
rappresentanti dell’attuale sistema socio-economico in cui viviamo: il prete
e il padrone.
La stessa mentalità si manifesta anche nell’accattonaggio e nella elemosina che sono ancora le forme persistenti e più aberranti di cui danno spettacolo, ogni giorno, per le vie cittadine
frati e suore, vecchi e fanciulli, invalidi e minorati.
La nostra funzione di credenti, nella società in cui viviamo, è da noi considerata sotto un duplice punto di
vista :
— sensibilizzare, sia pure coi mezzi limitati che sono a nostra disposizione, l’opinione pubblica e sollecitare le pubbliche autorità ad intervenire per risolvere 1 più gravi ed
urgenti problemi.
— intervenire laddove ci sono delle
esigenze che si impongono, coi mezzi di cui noi stessi possiamo disporre.
« « «
Da dieci anni la nostra azione si è
indirizzata, su di un piano pratico e
concreto, nell’assistenza dei fanciulli
che sono le vittime più innocenti e più
sofferenti di questa situazione sociale.
Cosa facciamo per loro? Innanzitutto il nostro compito principale è di
raggiungerli laddove si trovano, sottrarli, il più a lungo possibile, all’ambiente malsano della strada, che è, si
può dire, il loro ambiente normale,
per portarli nella «Casa del Fanciullo» ove ci sforziamo di creare le condizioni di vita e di sviluppo più adatte per ciascuno di loro. Si tratta di ripulirli, vestirli, nutrirli, e, in alcuni
casi, assicurare loro un letto per dor
mire, e creare quell’ambiente di calore
familiare a loro sconosciuto.
Per comprendere il dramma dei fanciulli della nostra città, bisogna tener presente che le famiglie dei quartieri più poveri sono le più numerose
che si possa immaginare.
I genitori non riescono ad allevarli
come dovrebbero, perché non ne hanno i mezzi e perché non sono, nella
maggior parte dei casi, in grado di
educarli.
Nonostante la obbligatorietà scolastica, molti sono i fanciulli che non
vanno a scuola. Spesso i genitori ci
chiedono di iscrivere in prima classe
dei fanciulli che hanno già 10 anni e
più, quando sono cioè in una età scolasticamente irricuperabile.
La legge vieta il lavoro minorile, ma,
nella sola città di Palermo, ci sono da
7 a 10 mila fanciulli di età inferiore al
14° anno che vanno a lavorare, ma
non vanno a scuola. Come abbiamo ricordato altre volte questo esercito di
piccoli lavoratori ha le sue vittime e
anche i suoi mutilati.
Non possiamo a questo punto non
considerare una obiezione che viene
spesso sollevata anche nei nostri ambienti. La chiesa, si dice, non deve sostituirsi allo stato nel compito, che gli
è specifico, di assicurare e rendere efficiente la pubblica istruzione a tutti i
livelli. Lo stato deve provvedere ai cittadini scuole in numero sufficiente da
assorbire tutta la popolazione scolastistica.
Ma questo è tuttavia vero solo in
teoria, perché la pubblica istruzione è
carente sotto tutti gli aspetti e un numero grandissimo di fanciulli, o per
incuria dei genitori o per inefficienza
dqlla scuola, rimangono senza istruzione.
La chiesa evangelica, erede della Ri
forma, ha considerato in ogni tempo
l’istruzione dei fanciulli come una at
tività collaterale alla predicazione del
l’Evangelo ed indispensabile alla dif
fusione della conoscenza della Bibbia
II problema della scuola o del dopo
scuola è sentito oggi nella nostra chie
sa anche da chi è generalmente in po
sizione di dissenso, e di contestazione,
su ogni forma di servizio cristiano.
Ma c’è un altro problema. Le nostre
scuole devono essere solo un duplicato, una copia o addirittura una brutta
copia delle altre scuole già esìstenti?
Ovvero esse devono avere qualcosa
che le caratterizzi, pur nella modestia
dei loro mezzi?
Abbiamo sempre pensato che i nostri insegnanti ed istitutori, debbano
avere una carica di amore che rappresenta la premessa fondamentale
per stabilire un rapporto educativo
che vada in profondità.
Riteniamo che l’insegnamento religioso non confessionale e la trasmissione della fede in Cristo, Signore della nostra vita, rappresentino le basi di
una educazione che le nostre scuole
devono impartire alle nuove generazioni, se crediamo veramente che, come dice San Paolo: «Ogni Scrittura
è ispirata da Dio e utile ad insegnare,
a riprendere, a correggere, a educare
alla giustizia, affinché l’uomo di Dio
sia compiuto, appieno fornito per ogni
opera buona» (2 Tim. 3: 17-18).
Le nostre scuole devono tendere ad
essere, come è stato felicemente detto,
non scuole « confessionali », ma una
scuola « confessante ».
Dopo un decennio di attività educativa siamo più che mai convinti che il
nostro lavoro non solo ha un senso,
ma anche la sua ragion d’essere in
una situazione che, dal punto di vista
educativo, è, rispetto ai paesi più progrediti, arretrata di almeno mezzo se
colo. Ma anche le nostre prospettive
per il futuro, sono piene di fiducia e
di speranza.
Il Centro Diaconale
della “Noce”, domani
La creazione del Centro Diaconale
della Noce è la meta cui, con l’aiuto di
Dio, speriamo di giungere presto. Abbiamo assolutamente bisogno di unificare le nostre attività in un solo
Centro, di coordinare meglio il nostro
lavoro, di potere disporre di locali più
ampi e funzionali.
L’opera a favore dei terremotati e
la creazione del Villaggio « Speranza »
a Vita, è stata un’impresa di grande
impegno che ha assorbito gran parte
del nostro tempo. Ma è stata questa
per noi anche un’esperienza salutare,
un allargamento del nostro raggio di
azione, è stato un lavoro nuovo, e nòn
un diversivo, che ci è stato imposto
dalle circostanze. Ora che il lavoro di
Vita è compiuto, speriamo di poterci
dedicare alla costruzione del Centro
Diaconale.
Un grande lavoro sta dinanzi a noi,
per cui abbiamo bisogno più che mai
dell’aiuto di Dio e della solidarietà dei
nostri amici che hanno dato finora segno di una grande pazienza e di un
altrettanto grande fiducia.
Abbiamo tuttavia motivo di ringraziare Iddio, di scrivere sulla pietra miliare di questa nostra prima tappa, la
parola della Scrittura:
« EBENEZER » e di dire con Samuele : « Fin qui l’Eterno ci ha soccorsi ».
P. V. Panasda
4
pag. 4
N. 29-30 — 25 luglio 1969
Letture_vacanze - Letture vacanze - Letture vacanze - Letture vacanze
Resistenza e resa '““«„FRA LE RIVISTE
Il 9 aprile 1945 morì fucilato, a Flossenbürg, Dietrich Bonhoeffer, pastore
della Chiesa Confessante, professore
di teologia, che aveva partecipato alla
congiura contro Hitler fallita il 20 luglio 1944 (ma a quell’epoca Bonhoeffer, arrestato sin daH’aprile 1943, era
già prigioniero).
I lettori valdesi già ne conoscono la
storia, grazie al volumetto di Giorgio
Tourn, pubblicato dalla Claudiana nel
1965. Recentemente la televisione gli
ha dedicato una trasmissione. Ma i
suoi scritti solo ora vanno man mano
comparendo in traduzione italiana.
Le lettere e gli appunti, inviati dal
carcere ad intimi corrispondenti, pubblicati nel 1951 in Germania col titolo
Widerstand und Ergebung, sono stati
presentati nel marzo di quest’anno al
lettore italiano (Resistenza e resa,
trad. di Sergio Bologna, introd. di Italo Mancini, Ed. Bompiani, Milano).
Leggendo queste pagine restiamo
stupefatti. Pensieri, cui siamo approdati, in Italia e altrove, riflettendo con
travaglio di anni sull’esperienza del fascismo e della guerra, erano lucidamente esposti da Bonhoefl:er sin dal
1943. Altri pensieri chiariscono, in
Bonhoeffer, questioni che per noi sono
ancora aperte. Infine, le questioni che
lascia aperte lui stesso, solo ora si affacciano alla coscienza del mondo; anche se, dalle sue conclusioni, più d’uno
è partito (fra gli altri J.A.T. Robinson),
sicché buona parte dell’attuale meditazione sul Cristianesimo si nutre di
lui. L’odierna tendenza alla secolarizzazione, che si è diffusa clamorosamente anche fra i teologi cattolici, ha
svolto, e talora ha solo involto, motivi bonhoefferiani.
Questi spunti vengono fuori man
mano dalle lettere del prigioniero; i
più importanti sono espressi nella corrispondenza con Eberhard Bethge, congiunto ed amico, pastore anche lui,
mobilitato con le truppe germaniche
in Italia e altrove.
Da una lettera all’altra, con un’ascesa e un’accelerazione finale, le intuizioni di Bonhoeffer si sviluppano e si
collegano in un discorso nuovo su Dio,
su Cristo: il discorso del mondo adulto, che non può più accettare il Dio
« tappabuchi » della teologia consolatoria, e, pur valutando gli apporti della teologia dialettica e della smitologizzazione (visto che il termine e « pesante », alleggeriamolo almeno del
« de » - « ent » - franco-tedesco), ha
pur da fare dei rilievi calzanti a Barth
e a Bultmann.
Non è qui il luogo per discutere a
fondo questo discorso; nell’introduzione, lo studioso cattolico Italo Mancini
(che ha dedicato altri scritti a Bonhoeffer, e fra l’altro ne ha parlato nell’almanacco Bompiani centrato su
« L’inquietudine religiosa »), fa alcune
osservazioni penetranti, e soprattutto,
fa bene, a mio parere, ad accentuare il
carattere aperto, ipotetico, della posizione assunta dal teologo pietista.
Vorrei accennare sinteticamente una
mia valutazione, suggerita dalla lettura di questo solo testo. Altri probabilmente l’ha espressa per altra via più
compiutamente e in maniera più fondata; non credo smentita, anche perché in « Resistenza e Resa » troviamo
le parole ultime di Bonhoeffer.
II pastore-cospiratore (che tornò, nel
1939, daU’America in Germania, per
condividere la sorte del suo popolo e
della sua chiesa), porta all’estremo limite una linea di svolgimento teologico, che per quasi due millenni si è centrata sull’Europa e sull’Occidente. Al
punto conclusivo di quello svolgimento « il problema è: Cristo e il mondo
diventato adulto ». La soluzione logica, all’intemo di questo problema, è la
secolarizzazione.
Ma in una delle sue ultime lettere
Bonhoeffer scrive: « Un sogno sull’aria: ’O, se sapessi dov’è la strada
che torna indietro, la lunga strada per
il paese dei bambini’. Questa strada
non c’è — in ogni caso non passa attraverso l’arbitraria rinuncia all’onestà interiore, ma esclusivamente nel
senso di Mt. 18: 3 (”In verità vi dico:
se non mutate e non diventate come i
fanciulli, non entrerete nel regno dei
cieli”), ossia attraverso la penitenza,
ossia l’estrema onestà ».
Pur nell'estrema onestà indicata da
Bonhoeffer, constatiamo oggi che
« questa strada », invece, c’è.
Il mondo occidentale, poco tempo
dopo la morte di Bonhoeffer, mentre
faceva esplodere la prima bomba atomica, esplodeva (anche se non appariva subito con evidenza) in uno spazio
più vasto, realizzando di fatto, socialmente e politicamente, « il salto mortale, indietro nel medioevo ».
A mio parere, chi non si investe di
questa realtà, non solo non comprende la situazione del mondo, oggi, ma
neppure la situazione che la teologia è
chiamata a fronteggiare.
Mentre i teologi della morte di Dio,
seduti su comode poltrone, vedono
tramontare all’occidente il dio della filosofia greca, non si accorgono che
contemporaneamente sorge, alle loro
spalle, un astro diverso e identico: è
Dio che si riaffaccia attraverso la nuova esperienza del mondo, e i contemplatori del creduto dio morente stanno semplicemente attardandosi a contemplare l’ideale della ragion pura.
È come se, dopo aver pazientemente bonificato il nostro podere, riconducendo tutta l’acqua in un pozzo al
centro, ci accorgessimo che il nostro
terreno sta sprofondando in un vastissimo stagno.
« Con e al cospetto di Dio noi siamo
senza Dio », ma questa conclusione deriva dall’ispezione della barca in cui
ci troviamo, ed a cui abbiamo circoscritto il nostro esame: la barca di una
certa élite in una certa classe, in un
certo tempo, in un certo luogo.
Ci accorgiamo all’improvviso che
questa barca sta affondando in un
oceano pieno di dei.
L’unico modo per emergere dal diluvio è di comprendere e trovare (ma
anche annunciare ed affermare), non
più con la dialettica del denaro e delle
armi, ma con una dialettica squisitamente teologica, alla quale Bonhoeffer
ci ha preparati, come segno, senso e
conclusione di questo mondo popolato di dei, il Dio di Abramo, di Isacco e
di Giacobbe, il Dio che conosciamo in
Cristo.
Certo, lo strumento per condurre
questa impresa, che ci deve far riconoscere Dio ancora una volta, non è
più la metafisica greca né la dialettica
hegeliana, né l’esistenzialismo kierkegaardiano, e neppure la critica marxiana o freudiana, ma una rilettura della
nostra fede, che deve volgersi allo stesso libro che ebbe con sé Bonhoeffer il
9 aprile 1945: solo che egli quel giorno
più non vi lesse avante.
^ Oggi, il Libro, dobbiamo leggerlo all’aperto, in mezzo alla gente; dobbiamo leggerlo contemporaneamente nel
primo, nel secondo, nel terzo mondo.
Non ha più senso una diversa lettura,
una diversa teologia, come quella lettura distratta e quella teologia ingenua, assenti in uno o nell’altro dei tre
mondi, di cui Bonhoeffer coglieva l’esaurirsi nel nulla.
Questa la valutazione che vorrei proporre.
Detto questo, tornando al nostro libro, è da lodare, oltre all’introduzione
di Mancini, la traduzione, tesa e convincente, di Bologna: un po’ aulica, al
mio gusto; ma deve tradurre il linguaggio di un professore di teologia;
professore eccezionale, ma pur sempre professore. Qualche assaggio, che
ho condotto qua e là sul testo tedesco, non consente^ altra critica.
Se critica vuol dire attenzione, bisognerà pur segnalare due notevoli sviste: a p. 107 gli avvenimenti attribuiti,
nella nota 27, ai primi del settembre
1943, comprendono la caduta del fascismo. Chi ha scritto le note, per confondere il 25 luglio con T8 settembre,
dev’essere giovane: beato lui.
A p. 263, Herbert of Cherbury diventa Herbert de Cherbourg: o revisore,
cosa facevi mai in liceo, invece di studiar filosofia?
Augusto Comba
PROTESTANTESIMO 1/1969 e 2/1969
Il primo fascicolo di quest’anno si apre con
uno studio di Renzo Bertalot, Paul Tillich
e Karl Bardi: un confronto teologico sulla
dottrina dell’uomo; il pensiero tillichiano comincia lentamente a farsi conoscere pure in
Italia ed ogni contributo in tal senso è di alto
interesse. Seguono, di Sergio Rostacno, alcune Tesi sull’impostazione della pedagogia evangelica, da noi già segnalate e sulle quali varrà
la pena di ritornare, in questo momento in cui
si dibatte anche fra noi la possibilità e i modi della trasmissione della fede. Quindi Silvio
Ceteroni dedica un ampio studio critico al
grande saggio di A. Malet sul pensiero di Bultmann (La demitologizzazione di R. Bultmann
e la contestazione), e Roberto Jouvenal al
saggio di P. Ricoeur su Freud (Psicanalisi e
religione). Il fascicolo si conclude con la consueta ampia rassegna di recensioni.
Il secondo fascicolo si apre con uno studio
di Amedeo Molnar su Romani 13 nella interpretazione della Prima Riforma: rifacendosi pure a un frammento inedito, risalente
al 1420-1430, del teologo cèco Chelcicky (che
viene pubblicato in appendice), lo storico di
Praga documenta una profonda convergenza
fra il pensiero di questo teologo hussita e
quello dei valdesi, nel rifiuto di interpretare
isolatamente Roman; 13 : il classico passo
viene scalzato dalla sua posizione privilegiata e rimesso neU’ins'eme del messaggio bi
III iiiiiiniiiiiiiiiiimuiiiiiiiniimiiitiitiiiii lini iiiiiniMiiimimiiiiniiiiiiiiiiitiiiiiiiii III II III 11)1111 IMI
iiiiiiiiiiiiiiimiiiiiMiiimiii
VIVERt UEVANGELO
“Evangelo e Legge” di Ch. H. Dodd: “L’etica cristiana può fare nel mondo poco di buono, svincolata dall Evangelo e l Evangelo non può essere compreso, scisso dalle sue implicazioni morali”
Il prof. Charles H. Dodd, noto teologo inglese, ha svolto un corso di lezioni alla Columbia University di New York su : la predicazione e l’insegnamento nella chiesa primitiva — l’insegnamento etico dei Vangeli
— la legge di Cristo.
Queste lezioni, tenute alcuni anni fa, sono
ora raccolte in un volumetto edito dalla Pai.
deia nel 1968, intitolato : « Evangelo e legge ».
Il Cristianesimo — dice l’autore — come
appare dai documenti del Nuovo Testamento, epistole e Vangeli è <t una religione etica, nella quale la morale è posta in relazione
diretta con un certo nucleo di convinzioni
su Dio, l’uomo è il mondo ».
D compito del predicatore cristiano nella
chiesa primitiva era duplice, e consisteva :
I) nella proclamazione della « buona novella » : la vita e l’opera di Gesù Cristo, le sue
sofferenze, morte e resurrezione; II) nella
istruzione morale o insegnamento.
Vi era annuncio da parte di Dio delle sue
potenti gesta a favore dell’uomo; e risposta
da parte dell’uomo che si assumeva gli obblighi morali corrispondenti al nuovo patto.
Anche nella tradizione giudaica c’era, evidentemente, una relazione tra annuncio e
legge morale : « io sono il Signore Iddio tuo
che ti ha condotto fuori dalla terra d’Egitto... »; di conseguenza: «non uccidere, non
rubare, non commettere adulterio... ».
Certe filosofie pagane proponevano pure
precetti etici, di cui troviamo un’eco nelle
epistole apostoliche, come per es. ; « esercitate l’ospitalità, non sopraffate il fratello, lavorate con le vostre mani, vivete in pace con
tutti, attendete ai vostri affari... ». Ma nel
Cristianesimo vi è un insegnamento assolutamente nuovo e specifico, che lo differenzia
nettamente dalle scuole non cristiane dell’epoca, e che il prof. Dodd compendia nei
seguenti quattro punti fondamentali :
I) l’escatologia cristiana;
II) l’idea del corpo di Cristo;
III) l’imitazione di Cristo;
IV) il primato dell’amore o della carità.
Per quanto riguarda il primo punto, l’escatologia, gli scritti del Nuovo Testamento,
adoperando un linguaggio strano e difficile
per il nostro orecchio, ci affermano in sostanza che Dio rivelerà chiaramente il suo
piano in un avvenimento finale, che sarà
espressione simultanea della sua giustizia e
della sua misericordia. Questa affermazione
era del tutto nuova e ben diversa da qualsiasi filosofia del tempo.
Il secondo punto che presenta la chiesa
come un corpo di cui i credenti sono le membra, non è una concezione esclusiva del Cri
stianesimo : anche gli stoici avevano sviluppato l’idea della società come un organismo
di cui tutti i cittadini sono membri. Però per
i eristiani, ed è questa la grande differenza,
la comunità non è fine a se stessa, bensì è il
corpo di Cristo, dipende da Lui e serve Lui
solo. L’apostolo Paolo scrive che : « Cristo
mori, affinchè coloro che vivono non vivano
per Se stessi, ma per Colui che mori e risorse
per loro ».
Il terzo punto, Timitazione di Cristo, scaturisce in linea diretta dal concetto della
chiesa come corpo di Cristo: se Cristo è la
testa di questo corpo; he consegue che le
membra devono trovjiè, in Lui il modello
della loro condotta ádrale : « Egli ci ha lasciato un esempio, perchè noi lo seguiamo;
siate miei imitatori, dice Paolo, come io lo
sono di Cristo ».
In quanto aU'ultimo punto, il primato del
l’amore come fondamento della morale cri
strana, il prof. Dodd spiega che questo amo
re o earità non è un sentimento, nè una for
ma di compassione, ma è piuttosto una deter
minazione della volontà, « una bontà d’ani
mo attiva e benefica, che non si arresta da
vanti ad alcunché, pur di assicurare il bene
della persona amata ». Secondo le epistole di
Paolo : compassione umiltà pazienza tolleran
za prontezza nel perdonare... ecc., sono tutte
qualità imperfette se non vi è qualche cosa
di più, e cioè appunto « quella disposizione
radicale ad amare che ci è infusa al contatto con l’amore di Cristo »; essa sola è capace
di dare forza e contenuto a queste qualità
cristiane, tanto soggette da parte nostra al
mutamento e all’instabilità.
L’insegnamento etico di Gesù riportato
nei Vangeli, insegna il prof. Dodd, è caratterizzato da un’immaginativa poetico-drammatica tutta propria, che risalta particolarmente nelle parabole. Esse « presentano il
ministero di Cristo come la grande occasione offerta agl; uomini di instaurare un nuovo genere di rapporti con Dio, in cui non è
lecito eludere gli impegni morali, mentre le
possibilità della vita umana vengono illimitatamente allargate ». « II tempo è compiuto, il Regno d; Dio è su di voi; convertitevi
e credete all’Evangelo ». Ecco qui chiaramente rivelato che la proclamazione di ciò
che Dio ha fatto per l’uomo, esige una risposta da parte degli uomini : « ricevere il
Regno di Dio come un fanciullo — scrive
l’autore — significa accettare la realtà della
situazione, semplicemente e coraggiosamente; integrarsi ad essa e fare ciò che da essa
è richiesto ».
La Corale Valdese di Torre Penice
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di Torino.
Imminente distribuzione presso i rivenditori
L’insegnamento etico deirEvangelo ci dà
delle direttive di valore assoluto e ci palesa
la forza incondizionata delle esigenze divine :
« dà a colui che ti chiede — vendi tutto ciò
che hai — porgi l’altra guancia — lascia padre e madre moglie e figli — se la tua mano
o il tuo piede sono occasione di perdizione,
tagliali e gettali via — non vi preoccupate
del cibo e della bevanda...
Da questi insegnamenti, da questi precetti di Cristo — spiega ancora il prof. Dodd —
noi siamo in primo luogo giudicati : « essi
operano un giudizio su di noi, mettono a nu»
do la nostra necessità di perdono, e ci affidano aU’inesauribìle misericordia eli Dio; e in
secondo luogo sono una guida di comportamento etico ».
Non solo, ma l’ideale etico dell’Evangelo
è obbligatorio, infatti : « quando avete comP'iuto tutte quéste cose, dite : siamo servi inutili, abbiamo fatto soltanto il nostro dovere ».
Al peccatore smarrito di fronte ad esigenze cosi recise, eppure tanto difficili da realizzare, D o d’altra parte annuncia che nel
suo Regno si troverà la pienezza sovrabbondante, perchè Dio è Dio : « non temere, piccolo gregge: è gioia grande del Padre tuo
darti il Regno ».
* ^ *
Il libro termina con un’ultima lezione
sulla legge di Cristo. La legge di Cristo non
è fatta « di comandamenti in forma di decreti », secondo l’espressione paolinica, che
ci vengono dall’esterno, ma è qualche cosa
di interiore che determina dentro di noi l’attività etica : « la proclamazione dell’Evangelo — dice il prof. Dodd — eccita la fantasia,
scuote la coscienza, muta il corso dei pensieri..., forma in noi un certo modo di considerare la vita, una certa mentalità, un certo criterio di valutazione morale..., e dà un
tale impulso alla volontà, che ne scaturisce
l’azione ».
Certamente non arriveremo a realizzare
pienamente tutto ciò che i precetti di Cristo
ci indicano : « rinuncia a tutto ciò che hai,
dà a chiunque ti chiede, porgi l’altra guancia, a chi ti chiede il mantello dà anche la
tunica... »; ma ciò che è sommamente imporUnte è che ci muoviamo chiaramente nel.
la direzione che cì prospetta l’Evangelo, e
che diamo alle nostre azioni la qualità voluta dal Cristo : « la nuova alleanza c’impone
l’obbligo di riprodurre nell’azione umana la
qualità e la direzione dell’atto stesso con cui
Dio ci ha salvato ».
Qualità e direzione possono essere manifestate anche ad un livello molto modesto dì
reallzazzione, non meno che alle supreme
vette della santità.
L’autore infine dice che la legge di Cristo non è stata destinata soltanto alla chiesa,
perchè è universale : « essa afferma i principi sui quali è stato costruito questo mondo, e gli uomini possono ignorarla solo a
patto di esporsi alle conseguenze più disastrose ». Perciò la chiesa è tenuta a pronunciare anche un giudizio morale sui fatti del
mondo, poiché « se l’atto umano non ha anche in questi settori la qualità e la direzione richieste dalla legge di Cristo, è erroneo
e già di per sè condannato ».
Di fronte alle concezioni anti-cristiane del
nostro tempo la chiesa oppone non una sua
etica cristiana, un suo comportamento particolare, ma la testimonianza dell’Evangelo
sulla natura eterna dì Dìo rivelata in Cristo. E questo perchè « l’etica cristiana —
conclude il prof. Dodd — può fare nel mondo poco di buono, se svincolata dall’Evangelo; cosi come l’Evangelo non può essere com.
preso, .se scisso dalle sue implicazioni morali ».
Edina Rihet
blico, che lo ridimensiona. Ci si rifarà sicuramente pure a questo studio, nel prossimo
incontro evangelico ad Agape sul tema chiesa-stato. Segue un ampio studio critico dì
Valdo Vinay, Lutherana: il nostro storico
esamina e valuta tutta una serie di opere
recenti protestanti, cattoliche e marxiste dedicate a Lutero, alla sua figura, al suo pensiero. Quindi una nota biografica che Bruno
CoRSANi dedica allo studioso di Nuovo Testamento Vincent Taylor. Numerose recrnsioni, talune veri studi critici, significativi
in sé.
BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ
DI STUDI VALDESI,
n. 125, giugno 1969
Anzitutto, una serie di studi: M. Verdet,
Nouvelles recherches sur Vorigine et la vie
lyonnaise de Valdo; A. Acnoletto, Alcune
considerazioni sulle « annotationes » di Johann
Bugenhagen alle lettere paoline (1524); L.
Santini, ^‘Scisma*' ed ^‘eresia*' nel pensiero di
P. M. Vermigli; M. Welti, La contrihution de Giov. Bernardino Bonifacio^ marquis
d’Oria, à Védition princeps du << De liaereticis an sint persequendi »; M. van Oostveen,
Jacques Arnaud, pasteur à Kämpen de 1752 à
1793, petit-fils et héritier de Henri Arjìaud.
Fra le Note e documenti, V. Minutali ei: les
Vallées Vaudoises di J.-D. Candaux. Ur'ampia rassegna bibliografica, nella quale segnaliamo soprattutto l’ampia presentazione della
recente cospicua opera del Selge sulle oiigini
valdesi; e la rassegna di vita della Società,
LA SCUOLA DOMENICALE, 4/1969
Nell’editoriale Thomas Sogcin valuta ] •
sposta al questionario suirimpostazione di voro della S. D., diffuso in precedenza; sì ■
11 di coinvolgere le famiglie, i genitori :
oggi la S. D. creerà l’esigenza indifferibii
una scuola giornaliera della Parola di Dif^
lora soltanto essa comincerà ad assolversuo compito principale ». Segue la conti
zione di uno studio di Roberto Eynak»
La Bibbia e la fiaba, nella rubrica <c II m
del bambino »; un panorama del lavoro
C. N. Scuole Domenicali; consigli per lu
struzione di una biblioteca, accompagnai'
alcune schede bibliografiche (pedagogia,
logia, psicologia, didattica); notizie suir.i
gnamento biblico nelle Valli Valdesi di F.
vite; ampia presentazione del materiale
l’anno prossimo, già disponìbile; un saggiF. Herr su II canto nella scuola domenica
notiziario, biblioteca e recensioni e un
serto ” dedicato ai genitori, La crisi dei gù
ni inserita nella crisi della famiglia e n
crisi ideale della società di Ada Marche
Gobetti.
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coda
eoiseì)a■^er
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Charles Harold Dodd — Evangelo e legge
— Biblioteca minima di cultura religiosa — Paideia, Brescia 1968 — L. 600.
GIOVENTÙ’ EVANGELICA, 2/1969
Ecco il secondo fascicolo, doppio, della jv iova serie. Non pretendiamo certo che alcuae
nostre riserve, nella presentazione del pi: no
numero, siano state tenute presenti, ma di iatto notiamo con vivo piacere che in questo fascicolo la problematica biblico-teologica è |»resente in misura assai maggiore. A una predicazione di S. Aquilante sul tumulto di } feso narrato in Atti 19, La divinità del benessere, segue un articolo di Mario Miegge, .Le
scelte di Eduardo Mondlane (che puhblicrmmo nel numero scorso); quindi tre sfritti dedicati alla Chiesa ieri: Giorgio Roci'at,
Gerhard Bitter: un grande storico protestatile,
« un uomo rappresentativo di quella Germania che non possiamo accettare, anche so ne
amiamo molti aspetti »; G. Bouchard, Barth
politico: un profilo in questa prospettiva (per
Barth essenziale!), seguendo un bel saggio di
D, Cornu, uscito recentemente a Ginevra e di
prossima pubblicazione italiana a cura della
Claudiana. Quindi, la Chiesa domani: il ))roblema del pastorato, discusso senza riserve da
Rita Gay. Pastoralo, nuove proposte (segue
una vivace, sensibile lettera di Giorgio
Tourn, Come le guardie il mattino), in base
alle relazioni di A. Ribet e F. Giampiccoli; e
La predicazione delVuomo nuovo, tenuta a
cura deirUGV di Milano, la “domenica della
gioventù". Uno studio biblico di Franco GiamPiccOLj su Matteo 11: 12, Il Regno è per i
violenti? Un documento preparato dal M. S.
di Medicina di Milano, Il medico capitalista.
Infine recensioni e notiziario sui campi giovanili. L’ampio “inserto" di questo numero è
dedicato al VII Congresso della G.E.I., di cui
piibldica tutti i documenti.
Noi abbiamo preso
la droga
di David Wilkerson. Lire 750.
La droga costituisce un problema per ITtalia? Si sa die quintali di « polverine » viaggiano ogni anno da oriente a occidente e che
l’Italia è un punto di smistamento. Ma non
sì sa o sì preferisce di non sapere che negli
scambi molta droga rimane in Italia e che tantissimi giovani sì lasciano persuadere a ))rovarla.
Ognuno pensa di poter fare solo a una »
esperienza, senza conseguenze. Ma avviene
proprio così? Si può provare una volta e basta? L’esperienza di altri giovani può essere
convincente più di qualsiasi rapporto medico
su ciò che vuole veramente dire « provare ».
Il Wilkerson fa parlare dodici di questi
giovani. Il loro libro, che vi presentiamo, è
da leggere e da diffondersi. Molte giovani vite
potranno essere aiutale e salvate.
Potrete ottenerlo presso l’editore : Gruppi
Biblici Universitari, Via M. Poggioli, 9/14,
00161 Roma, oppure presso qualunque libreria.
5
25 luglio 1969 — N. 29-30
pag. 6
Letture vacanze - Letture vacanze
VIAGGIO IN CECOSLOVACCHIA
Il mestiere dì padre Uno sgiiardo alle Cltiese cècie e dovacele
Questo libro di Bruno Ball («Educatori antichi e moderni » 231, pp. x170, L. 1.000) ha un protagonista: Paolino, che può essere il figlio dell’autore o una sorta di Emilio degli anni 60.
Ma non è ciò che importa, quello che
interessa è che dalla fusione dei dati
deH’esperienza familiare e didattica e
da una spregiudicata attenzione verso
le indicazioni della psicologia educativa sia venuto fuori un discorso concreto e vivo, più che se fosse il documento di un’esperienza diretta.
Questo « trattatello di pedagogia familiare » non è un elenco di formule
per allevare i figli (semmai il problema è di sbarazzarsi delle formule e
della fede cieca nei metodi a colpo sicuro): piuttosto vuole essere una lettura utile ad altri genitori, disposti come Ball a vivere la sua stessa situazione, ripensando insieme ai problemi
gra\ i e meno gravi con i quali lo sviluppo dei nostri Paolini obbliga a fare
i conti. Ball non era un teorico e
avrebbe aborrito dal presentarsi sotto
mentite spoglie; aborrisce anche di discorrere dei casi di Paolino, che sono
soprattutto i casi dei suoi genitori, sostenuto solo da quel buon senso comune tosi facile a scivolare nel qualunquismo pedagogico.
I genitori di oggi — forse meglio degli insegnanti, anche se sembra un assurdo — sono sempre più sensibili o
er i nostri
ragazzi
A. ÍLHGEN - Pelle rossa - Premio del Ministero tedesco della pubblica istruzione. C. E. Giunti (Bemporad Marzocco), Firenze 1968. L. 1.500.
Non si tratta di un western tradizionale, ma di un libro che ha un serio
problema di fondo: quello della dignità umana in ribellione contro la discriminazione, il sopruso, il pregiudizio C’è guerra fra Inghilterra e Francia per il possesso del Canadá. Gli Indiani Irochesi, possessori del paese,
vengono man mano distrutti e sempre
più ricacciati indietro, nella zona tra
r thio e il Lago Eric e, quello che è
pia triste, viene distrutta la loro civiltà, la loro stirpe stessa.
i i romanzo è costruito sulla vicenda
di tm bambino bianco che, caduto prigicmero di una tribù Irochese, diventa uccello Azzurro, figlio di Piccolo
Or: : ) e di Sole Splendente di Mezzogiorno. Dopo un primo choc, il ragazzo penetra e gusta e fa sua la vita degli uomini rossi di cui apprezza l’umanità, i sentimenti nobili, gli usi belli e
inf( cessanti, tanto che più tardi gli
riuscirà difficile reinserirsi nella sua
propria famiglia. Se nel libro salta all’occhio in primo piano il problema
della convivenza di stirpi diverse, nello sfondo permane l’amara considerazione Che gli uomini bianchi, i Lunghi
Coltelli, avvicinatisi agli uomini primitivi con la mentalità di usurpatori, non
si sono dimostrati uomini liberi nella
comprensione della libertà altrui.
È un libro bello e importante per i
nostri ragazzi.
Berta Subilia
M. Peyramaure - La valle dei mammut.
Bompiani - Collana pieno vento
L. 1.200.
L’autore, dopo aver visto dei disegni
molto primitivi in una galleria, immagina la storia che racconta in questo
libro, la quale risale alle tribù che vivevano al tempo dei mammut nelle
antiche caverne preistoriche.
È un romanzo bellissimo che ci fa
rivivere le rivalità delle tribù e degli
stregoni, la storia d’amore di due giovani di tribù nemiche, la straordinaria
alleanza di un uomo con i mammùt e
con gli orsi, e, a distanza di 4000 anni,
ci fa pensare alla vita interessante dell’uomo preistorico avvicinandolo a
noi.
Cristina Baldoni (anni 13)
suggestionati dai « consigli » degli psicologi e dei pedagogisti. Questa moda,
come tutte le mode, cova diversi rischi, primo fra tutti quello di accettare teorie e metodologie che, prese alla
leggera, sono spesso un rimedio peggiore del male. Alcuni genitori sembrano voler passare per educatori di
prima grandezza solo perché parlano
con disinvoltura di « frustrazioni » e
di « complessi » invece di ricorrere alle lavate di capo.
L’altro verso della medaglia è la
problematizzazione eccessiva, il timore che ogni parola, ogni gesto o proposito provochino la fine del mondo;
e la tendenza a fare un grosso problema di ogni difficoltà e ad addossarsi
colpe più gravi di quelle che un tempo si riversavano sui ragazzi stessi e
magari si sanavano con una sculacciata o con un « a letto senza cena ».
Se questi rischi sono reali e tendono ad aumentare, il libro di Ball è un
ausilio tempestivo appunto perché mostra come un genitore moderno non
debba chiudere gli occhi di fronte alle
novità offerte dalle scienze educative
ma nemmeno infatuarsene alla cieca.
Il tipo di esperienza che il libro offre
ai lettori è esemplare non tanto nelle
conclusioni (queste pagine, giustamente, non vogliono concludere) quanto
nello stimolo a rendersi conto, a fare
un esame di coscienza ininterrotto, a
non abbandonare ma nemmeno a ingigantire le responsabilità educative, a
imparare la lezione di Freud, Piaget,
Decroly e molti altri, ma a confrontarla sempre con la situazione concreta
e con il proprio intuito. Un richiamo,
insomma, a fondare, giorno per giorno, la propria esperienza educativa
sulla conoscenza, sulla riflessione e
sull’equilibrio.
Antonio Santoni Rugiu
I Ambiente ed eredità, ii Educazione e libertà. Ili Psicologia di Paolino. IV Evoluzione di Paolino. V Dieci anni di gioco. VI II
miracolo del linguaggio. VII II problema dell’ubbidienza. vili Paolino va a scuola, ix Padri difficili. X Intermezzo: il parere deUa signora. XI Emozioni, affetti, sentimenti, xii
Ragazzi e adolescenti, xiii Preparazione aUe
scelte. XIV Studio e lavoro. XV II problema
sessuale, xvi Vita religiosa. XVII Congedo:
opposizione e autonomia.
(da « Il Sedicesimo », bollettino di
informazioni de La Nuova Italia
Editrice).
In questo secondo articolo sulla Cecoslovacchia
trascriviamo alcune poche annotazioni sulla vita
della Chiesa, con particolare riguardo alla Chiesa
Evangelica dei Fratelli Cèchi, unita alla Chiesa Valdese non solo da antichi e profondi legami storici
risalenti al periodo della Prima Riforma e della cosiddetta « internazionale valdese » medioevale, ma
anche da numerosi rapporti che si sono venuti
creando in questi ultimi anni (Agape è stata pioniera in quest’opera) e che ci auguriamo si intensifichino ulteriormente. Si spera, a questo proposito,
che l’anno prossimo avverrà uno scambio tra un
gruppo di studenti in teologia della nostra Facoltà
e alcuni studenti della Facoltà teologica di Praga.
lan Hus, l'Evangeio
e la rivaluzioaa
La Cecoslovacchia, com’è noto, è la
patria di Giovanni Huss e non si può
non ricordare questa bella figura di
predicatore delLEvangelo e di martire
parlando della Chiesa evangelica cecoslovacca. Nato intorno al 1369 nella
Boemia meridionale da famiglia poverissima, acquistò fama come profes- •
sore universitario e ancor più come
predicatore popolare. Fortemente influenzato dagli scritti e dalle idee del
rifomatore inglese Giovanni Wiclif,
fervido assertore dell’autorità esclusiva della Bibbia in base alla quale condusse una critica radicale alla Chiesa
romana, Huss con la sua attività di
studioso e di predicatore suscitò in
Boemia e a Praga in particolare un
fermento religioso di tipo rivoluzionario più ancora che riformatore. O
meglio : i motivi riformatori si fusero
con istanze rivoluzionarie.
Nacque la rivoluzione hussita, al di
là delle intenzioni originarie di Huss
medesimo. La cui predicazione, a carattere prevalentemente morale ma di
chiara ispirazione biblica ed evangelica, incontrò molto favore presso il
popolo e, parallelamente, una opposizione crescente nella gerarchia cattolica e nelle autorità politiche. L’imperatore Sigismondo convocò Huss al
Concilio di Costanza : imprigionato nel
castello del vescovo <!), dopo 73 giorni di sofferenze fisiche e di estenuanti
interrogatori condotti da un gruppo di
frati domenicani, luss fu condannato
come eretico e bruciato vivo il 6 luglio
1415. Iniziò cosli ui a lunga storia di repressione, da parte; della Chiesa cattolica, del movimento evangelico in Ceu
coslovacchia, che tqccò il suo culmine
nel periodo della Controriforma. Particolarmente zelanti in quest’opera di
Inoltre, già da due anni, per iniziativa del
Moderatore Neri Giampiccoli, la Casa Valdese di
Vallecrosia ospita un gruppo di bambini cecoslovacchi, mentre tre famiglie pastorali valdesi sono
state ospitate quest’estate dalla Chiesa evangelica
cecoslovacca. Il prof. Amedeo Molnàr, della Facoltà
teologica Comenius di Praga, ha dato numerosi corsi e conferenze presso la nostra Facoltà di teologia
ed è ben noto ai nostri lettori per gli articoli che
scrive sul nostro giornale. Insomma, la rete di rapporti tra la nostra Chiesa e la Chiesa Evangelica dei
Fratelli Cèchi si sta facendo sempre più fitta: un
motivo di gioia e una occasione di fraternità.
Conoscete Silone?
Se qualcuno fra i lettori ancora non conosce Ignazio Silone, non possiamo abbastanza consigliargli di farsene il compagno di vacanze tranquille e raccolte. Questo scrittore
abruzzese, passato attraverso una profonda
esperienza comunista e venuto (non si può
dire: «tornato») alla fede crisliana, è senza dubbio la figura più robusta, consistente
e — azzardiamo — profetica della letteratura italiana degli ultimi decenni. La sua
prosa scarna e semplice, nutrita di un’esperienza personale diretta, di una spiritualità
intensa, risuona profondamente e a lungo.
L’estate scorsa ha fatto un certo rumore la
sua ultima opera, Uavventura di un povero
cristiano; in forma drammatica, veniva rivissuta intimamente la vicenda di Celestino V, il monaco abruzzese elevato alla tiara
pontificia, per pochi mesi : Dante lo bolla
perché, secondo lui, « fece per viltade il gran
rifiuto », ma lutt’altra è la figura che scaturisce da queste pagine sobrie : una figura
che mentre da un lato si riallaccia al filone
pauperistico e francescano, presenta dall’altro caratteri di singolare anticipazione e luo*
dernità, è un vero anti-costantiniano ante
lilteram! Ma sempre impastato di profonda
umanità. Molte sono le opere di Silone uscite
negli ultimi anni, dai numerosi romanzi alle
pagine saggistiche e autobiografiche de La
scuola dei dittatori. Anche per le tasche più
modeste, l’editore Mondadori ha fortunatamente pubblicato, negli ultimi mesi, i tre
maggiori romanzi in edizione popolare (fra
gli «Oscar»): Fontamara, Il segreto di Luca e ora Vino e pane. Non ve li lasciate sfuggire. leggeteli, rileggeteli.
Antimafia
occasione mancata
Michei.e Pantaleone - Antimafia, occasione mancata. Einaudi, Torino 1969, p. 220,
L. 2.000, Si tratta deU'ultima parte di una
trilogia (avrà un seguito?), precedu a da
Mafia e politica e da Mafia e droga: anche
questi saggi sono stati pubblicati da Einaudi.
Sere fa ero. a Torino, alla presentazione che Michele Pantaleone ha fatto del
suo ultimo libro, pubblicato da Einaudi :
Antimafia, occasione mancala. Nel corso del
dibattito seguito a tale presentazione, una
lustra giovane nostrana, etti di bistro e chili di catene, lamentava il chiasso che si era
fatto per il «caso» di Franca Viola, la giovane siciliana che aveva rifiutato le nozze
riparatrici — facendone quasi un’eroina nazionale. E mi è molto piaciuto come Pantaleone ha risposto alla contestatrice: «Venti
anni fa nemmeno uno stracciaiolo l’avrebbe
sposata! » Sono quattordici, oggi, le ragazze
siciliane rapite e violentate che hanno rifiutato le ’’nozze riparatrici”; e, caso ancora
jfiù notevole, altrettante sono le famiglie
che hanno compreso, accettato, sostenuto
questo dignitoso rifiuto; e ancora, non mancano nella borghesia — non si tratta di fare
del classismo, ma il fatto acquista qui particolare rilievo — uomini che, amando, sposano queste ragazze, sfidando un’opinione
pubblica che, specie nei centri minori, non
è certo ancora tenera nei confronti di questa
libertà per loro inconcepibile. Mi è piaciuto
come questo siciliano, impegnato a fondo,
da anni, e anche a rischio personale nella lotta contro la mafia e tutto il mondo che rappresenta e di cui è l’espressione, sa vedere
con tenera sollecitudine, con intima gioia e
profonda speranza questa lenta, anche dolorosa fioritura di una primavera isolana, lanciando a noi la sfida di fare quanto sta in
noi per lottare con loro per questa libertà,
contro una mala pianta che è ormai diventata un problema politico nazionale (oltre che
di polizia internazionale): basti dire che 35
parlamentari avevano votato contro la nomina della Commissione antimafia ed è noto
come le radici di questo cancro sono a Roma più che in Sicilia. Tullio Vinay e i suoi
collaboratori, Danilo Dolci, Michele Pantaleone : uomini diversi, con diverse motivazioni, ma sanno e ei dicono che la libertà è
una e indivisibile, costitutiva della natura
umana.
g. c.
« * *
Per chi legge il francese, segnaliamo l’ultirao romanzo di Morris West, l'autore del
famoso L’avvocato del diavolo. Quest'ullima
opera dello scrittore australiano non è ancora stata tradotta in italiano. La tour de Babel (Plon, L. 3.700) è un affresco palpitante
della polveriera mediorientale alla vigilia del
dramma della « guerra dei sei giorni », che
ora sappiamo essere stato solo un atto di un
più lungo dramma.
Il draimna biafrano
Mentre relativamente poco numerosi sono
i libri dedicati al dramma biafrano, pubblicati in italiano, segnaliamo due ampi reportages —• nel senso più elevato del termine —
usciti in Francia; il primo è dello svizzero
Jean Buhler, Tuez-les tous (Flammarion,
L. 2.300), decisamente e appassionatamente
pro-biafrano; il secondo c di Jean Wolf e
Claude Bhovelli, La guerre des rapaces
(Albin Michel, L. 4.200), tendenzialmente
pro-nigeriano; entrambe queste opere sono
accompagnate da una ricca e purtroppo spesso tremenda documentazione fotografica.
Nella Cappella Bethleem, nel vecchio
centro di Praga, predicò a lungo Jan
Hus e più tardi, per
qualche tempo, Thomas Müntzer. E’ l’unico luogo di culto
ricostruito, dopo l’ultimo conflitto, dal
governo comunista.
repressione furono, lì come altrove, i
gesuiti.
Il ricordo di Huss è tuttora molto
vivo in Cecoslovacchia e a Praga in
particolare, non solo nelle Chiese
evangeliche. Il fatto che la sua predicazione abbia dato luogo a un movimento popolare rivoluzionario, sia pure di ispirazione religiosa, fa che la
figura e l’opera di Huss siano valutate
positivamente dalla stessa opinione
pubblica comunista, anche se, ovviamente, del messaggio di Huss vengono
sottolineati, da parte comunista, più i
rifiessi rivoluzionari che i contenuti religiosi. Comunque è interessante notare che il Museo Gottwald, di Praga,
interamente dedicato alle « tradizioni
rivoluzionarie del popolo cecoslovacco », ha un’ampia sezione sulla rivoluzione hussita. Altrettanto sintomatico
è il fatto che la cappella di Bethleem,
al centro di Praga, dove Huss predicò
per oltre 10 anni cosìi da farne il foyer
del suo movimento, dopo essere stata
completamente distrutta dai gesuiti
durante la Controriforma nel desiderio di cancellare ogni traccia, anche
materiale, del protestantesimo, è stata
ricostruita nel 1954 proprio per iniziativa del governo comunista, e per di
più in pieno periodo stalinista. Si sarebbe tentati di concludere : dopo
tutto, meglio gli stalinisti che i gesuiti !
(di allora, se non altro).
Cattolici e protestanti
Attualmente, malgrado l’implacabile
repressione della Controriforma nel
17° e 18° secolo, la popolazione evangelica in Cecoslovacchia è di circa 800.000
unità, su una popolazione di circa 14
milioni di abitanti. Alla Chiesa cattolica appartiene la maggioranza della
popolazione: pur non avendo avuto
modo di conoscerlo da vicino, il cattolicesimo cecoslovacco ci è parso, almeno a livello popolare, ancora attestato
su posizioni pre-conciliari e orientato
in senso — diciamo così — conservatore. Lo si comprende se si tien conto
da un lato del peso negativo della
Controriforma, tuttora sensibile, dall’altro dell’atteggiamento difensivo che
la Chiesa cattolica ha dovuto assumere nei confronti del regime comunista
che, una volta giunto al potere, ha
avuto la mano piuttosto pesante verso
il cattolicesimo, anche perché quest’ultimo costituiva una forza politica ed
economica di notevole entità.
I due raggruppamenti protestanti
più consistenti sono la Chiesa Evangelica del Fratelli Cèchi, di circa 250.000
membri, presente nelle regioni occidentali del paese (Boemia e Moravia),
suddivisa in 300 comunità con altrettanti pastori; e la Chiesa Luterana,
con circa 400.000 membri, presente nella regione orientale del paese (la Slovacchia). Vi sono poi numerose altre
chiese, di minore entità; i battisti (10
mila membri), i metodisti (10.000 membri), una Chiesa riformata di lingua
ungherese, una « Chiesa Cecoslovacca» di orientamento teologico liberale
e caratterizzata da un grande lealismo
politico nei confronti del regime comunista, ecc. Da notare che l’Esercito della Salvezza, forse per la sua forte carica evangelistica, non è ammesso in
Cecoslovacchia, come pure non lo sono i Testimoni di Geova.
La Chiesa Evangelica dei Fratelli
Cèchi ha a Praga una Facoltà di Teologia, che appartiene allo Stato, con
una diecina di docenti e, quest’anno,
ben 40 studenti. In generale, la situa,zione religiosa del paese è assai simile
a quella che abbiamo in Occidente. La
secolarizzazione galoppa là come qua.
Da noi l’ateismo non è ufficiale, ma è
altrettanto (se non più) reale e diffuso. Da noi la Chiesa è libera esterior
mente e ha maggiori possibilità di
azione: ma le utilizza? In Cecoslovacchia la Chiesa non è perseguitata, anche se, specialmente negli anni scorsi
il fatto di essere cristiani e di dichiararsi tali non era una raccomandazione. Vi sono stati diversi casi di vessazioni personali nei confronti di singoli cristiani, perché ideologicamente
sospetti (giovani cristiani che non
hanno potuto accedere all'Università
oppure hanno avuto difficoltà a trovare lavoro e così; via). Naturalmente la
Chiesa ha anche dovuto cedere allo
Stato i suoi asili, le sue scuole ecc. Il
suo raggio d’azione è stato praticamente circoscritto alla parrocchia. D’altra
parte, per quanto strano ciò possa apparire, i pastori sono pagati (poco)
dallo Stato. Sembra però che quest’ultimo, per motivi economici, tra qualche anno non pagherà più i pastori
e le chiese, il cui gettito contributivo
è attualmente molto modesto, dovranno provvedere al loro mantenimento.
Questa nuova situazione, se pur desta
qualche preoccupazione di carattere
finanziario, è considerata positivamente da un gruppo di giovani pastori, per
motivi teologici facilmente intuibili :
l’indipendenza economica è espressione dell’ autonomia spirituale della
Chiesa.
Una siiHazioDe
pnat-cnstantiniana
accettata per terza
pifl che per ennvinzinne
Nel luglio dello scorso anno, con
Dubeek, sono cadute alcune misure
restrittive che limitavano l’opera della
Chiesa? Ne menzioniamo un paio. Fri- ■
ma del luglio ’68 un pastore titolare
di una parrocchia non poteva predicare, neppure occasionalmente, in un’altra chiesa, senza una speciale autorizzazione governativa (o municipale).
Ora questa limitazione è caduta. Una
seconda misura restrittiva, anch’essa
abrogata, riguardava il numero degli
studenti in teologia: fino all’anno
scorso potevano studiare teologia solo
un certo numero di giovani, non di
più; per disposizione governativa, i
posti erano limitati. Dall’ autunno
scorso, invece, possono iscriversi alla
Facoltà di teologia quanti studenti lo
desiderano. La Chiesa quindi gode oggi di una maggiore libertà d’azione che
i russi, finora, hanno rispettato. Quale
sarà il futuro, non si sa. I rapporti
con le autorità governative potrebbero
peggiorare. Ma — come ci diceva il
Moderatore del Consiglio Sinodale —
resistenza e la consistenza spirituale
della Chiesa affondano le loro radici
in Dio e non dipendono dalle circostanze storiche, positive o negative che
siano.
In sostanza abbiamo visto in Cecoslovacchia una Chiesa evangelica che
esteriormente vive già in una situazione post-costantiniana, o quasi; interiormente invece le comunità assomigliano molto alle nostre, sia come
composizione sociale sia come orientamento spirituale. In generale si può
notare, anche nelle comunità evangeliche, un certo atteggiamento difensivo che, grosso modo, corrisponde al
ripiegamento su se stesse tipico delle
nostre comunità. Sembra però che si
stia formando una generazione cristiana più battagliera di quanto non sembri essere quella attuale. Anche nella
Chiesa cecoslovacca, uno dei temi ritenuti più importanti è quello dei rapporti tra fede e politica, tra fede e storia, tra Chiesa e società: ma, come da
noi, solo una minoranza lo percepisce.
Paolo Ricca ‘
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N. 29-30 — 25 luglio 1969
1
IN UN CONVEGNO GIOVANILE AD ADELFIA
del
Severa valutazione
fenomeno migratorio
Scuola Latina
di Pomaretto
1. Dal primo al 12 luglio 1969 si è
svolto ad Adelfia un incontro di studio
su problemi dell'emigrazione. I partecipanti a questo incontro provenivano
da paesi di immigrazione e da paesi di
emigrazione ed erano di confessione e
di idee politiche diverse.
2. Sono stati esaminati in un primo
tempo documenti della vita dei paesi
di immigrazione (documenti di emigranti e documenti di autorità); inoltre si sono ascoltate testimonianze dirette di persone coinvolte nella situazione deH'emigrante. In un secondo
tempo si sono esaminate le soluzioni
che sono state adottate nei paesi di
partenza degli emigrati per affrontare
questo problema.
3. I partecipanti al campo-studio sui
problemi dell’emigrazione sono arrivati, a grande maggioranza, a queste
conclusioni:
a) l’emigrazione non è un destino
al quale non ci sia rimedio e che si
debba accettare passivamente, ma dipende da determinate scelte politiche
ed economiche della classe dominante;
b) la classe dominante dalla emigrazione trae il vantaggio di avere della monodopera a buon mercato da utilizare nei posti di accentramento capitalistico dove i costi di produzione
sono più bassi, e nello stesso tempo
avere a disposizione dei mercati vergini su cui riversare la produzione non
assorbita;
c) questo porta ad un arricchimento e guadagno di una società e all’impoverimento e danno di tm’altra;
d) rarricchimento dei paesi di immigrazione consiste neU’aiunento del
reddito nazionale, nell’aumento della
produzione industriale e in maggiore
sviluppo tecnologico;
e) l’impoverimento dei paesi di
emigrazione si vede in un ristagno del
reddito medio, in una diminuzione delle forze attive nella regione e in un
appiattimento della vita sociale e politica della zona;
f) in particolare per quanto riguarda la situazione italiana, l’emigrazione ha per oggetto il meridione a cui
nelle scelte della classe dominante è
stato assegnato il ruolo di serbatoio
di manodopera al servizio dei monopoli del nord e del centro Europa.
Proprio a causa di queste scelte, la
politica di preindustrializzazione della
cassa per il mezzogiorno e la riforma
agraria, imposte dalle lotte delle masse contadine e dei disoccupati, sono
state condotte dal governo italiano in
modo da non rappresentare il rimedio
del sottosviluppo (preindustrializzazione è stata solamente creazione di cantieri di lavoro per disoccupati e commesse di opere pùbbliche; e la riforma agraria è stata prevalentemente
distribuzione delle terre più povere e
senza partecipazione da parte dei contadini); esse sono state soltanto il mezzo attraverso cui mantenere il sottosviluppo e creare una nuova classe di
privilegiati con cui allearsi, attraverso
posti di sottogoverno, ottenuti con lo
sperpero del denaro pubblico.
4. Se questa, vista molto sommariamente, è la situazione esistente, noi
pensiamo che il nostro compito sia
quéllo di combattere contro queste
scelte e contro chi le fa, in modo particolare informando con la maggior
chiarezza possibile gli emigranti sulla
loro situazione di sfruttamento e sulla
loro necessità di inserirsi in ogni movimento che lotta contro la struttura
attuale.
5. In conseguenza, ci sembra che sia
da rifiutare ogni tipo di lavoro assistenziale che miri unicamente ad inserire l'emigrante nella società del paese
d’arrivo, lavoro assistenziale che si rivela di sostegno unicamente alla classe dirigente e che finisce per essere
una scelta a favore di essa.
In particolare, pensiamo che rientri
in questa situazione di appoggio alla
classe dominante il lavoro proposto e
svolto dalla federazione delle chiese
evangeliche perché non va alla radice
del problema e rischia di essere solo
un palliativo.
Per questo motivo, a guardar bene,
non si tratta di lavoro alternativo a
quello svolto (in modo, spesso, pesantemente oppressivo) dalla chiesa cattolica nella maggior parte dei casi.
Licenziati dalla Scuola Media: Barai Luciana, Benech Eddy, Blanc Bruno, Bouchard Lucetta, Bounous Daniela, Cogno Loris, Coucourde Luciano, Coucourde Paola, Curdo Armando, (Jattuso Liborio, Giai Marinella, Granerò Cinzia, Griglio Sandra, Grosso Rosina,
Long Elvia, Long Marisa, Malan Renato, Menusan Laura, Meytre Mauro, Monnet Graziella, Piccoli Maurizio, Pons MarceUa, Reynaud
Ornella, Rivale Anna, Rostan Marilena, Tron
Enrico, Tron Ginetta, Tron Iolanda, Tron
Marco, Tron Vanda.
R0RÄ
POMARETTO
Gruppi di lavoro e di studio. - Il gruppo
« raccolta della carta jo ha fatto R primo invio
di 36 quintali, raccoghendo sia aU’Inverso
Rinasca che a Pomaretto, nonché neRe comunità Rmitrofe e consentendo di avere un
risultato dn denaro che sarà destinato per lo
scopo indicato dal gruppo, nonché un avvio
di maggiore conoscenza dèRa comunità. Ringraziamo tutti i lavoratori, specialmente quelli che non si sono risparmiati come pure le
famigRe deRe comunità vicine che hanno inviato un contributo di riviste e giomaR. Il
lavoro continua; preghiamo le famiglie di raccogRere specialmente riviste e giomaR, possibilmente legati.
Il grappo colportaggio compie la sua missione, specialmente a PraR; si prevede di
avere la bancareRa come segue: R 10 agosto
a PramoRo, R 15 a San Secondo e R 17 a
PraR. Siamo Reti che questo gruppo stia consoRdandosi.
Il gruppo del culto ha tenuto R culto nel
tempio domenica 13 con liturgia ridotta e
seguito da -discussione suRa meditazione presentata dal gruppo suRa parabola del buon
Samaritano.
Il Parco Robinson per i bambini di Pomaretto entra nel suo secondo anno di vita:
siamo riconoscenti a coloro che hanno potuto
ottenere un lembo di terra pomarina anche
per i bambini, in un tempo dove a tutto si
provvede, nelle città come nei borghi, tranne che ad una zona verde per l’infanzia e
l’adolescenza. Pomaretto, seppure con un po’
di ritardo ha finalmente una zona acquistata
dal Comune che consente l’incontro dei bambini locali e villeggianti, non solo come giochi ma anche come utRe attività pratica. Alla buona iniziativa deRa « Pro Loco » neRa
zona dell’Inverso s’aggiunge felicemente quella del parco « Robinson », in posizione più
centrale e più facilmente accessibRe. Un
grazie al maestro Raimondo Amato per l’impegno con cui segue i|uesta iniziativa molto
apprezzata da quanti lÉnno dei bambini.
Abbiamo celebrato TI' battesimo di Silvana
Rostan di Guido e Genre Fernanda nonché di
Patrizia Long di Gino e Pastre Vilma domandando queRa Luce che manca per camminare
nella Via del Signor? feia come esempio che
T^a-rrtla -l- ^
II «■ nuovo canzoniere » presentato a Pomaretto. - Dapprima a PraR e poi a Pomaretto
R campo cadetR ha presentato una serie di
canzom e canR con commento R 10 e l’il
LugRo, con una buona partecipazione di pubbRco. In forma moderna e con un contenuto
spirituale e sociale ad un tempo le varie
canzoni hanno espresso un autentico messaggio cantate con slancio rivelando doni musicali pregevoR; il campo ha devoluto R ricavato aRa Scuola Materna di Pomaretto.
Ringraziamo molto Agape ed il campo dei
cadetti per quanto ci hanno dato neRa serata
pomarina; un grazie da parte deRa Direzione deRa Scuola Materna per l’offerta delle
due serate di PraR e Pomaretto.
Recentemente si è celebrato il servizio funebre di Maria Luigia Long in Coucourde, a
Fleccia; un pensiero di simpatia al marito ed
alla famiglia.
La Scuola Materna prende vacanza il mese di agosto : nel frattempo si conducono avanti i lavori per terminare la nuova sala dell’ala nuova : sino ad ora abbiamo già raccolto
tre mRioni; entro agosto dovremmo trovare
L. 2.700.000 per terminare la sala e effettuare il riscaldamento generale; riservando
i restanti due milioni per l’alloggio ad altra
data. Intanto, se qualche lettore è sensibRe
al nostro appeRo gli diremo un grazie di
cuore, poiché la cassa è vuota.
l'niiimiiiiiimiiitKiiiiMinii
A MESSINA. PER IL VI DISTRETTO
Una Confareiza laspiratamaati saraaa
Il 28 e 29 giugno u. s. a Messina si
è svolta la conferenza del VI distretto; erano presenti 24 tra pastori e delegati delle comunità della Sicilia e
della Calabria e il pastore Enrico Corsani nella veste di delegato della 'Tavola.
I lavori si sono svolti in una calma
e in una serenità veramente sorprendenti; diciamo sorprendenti perché,
un po’ da tutte le parti, ci si aspettava una certa atmosfera piuttosto tesa.
Ciò perché alle due ultime conferenze
lo spirito che vi aveva regnato non era
certamente stato uno spirito molto
fraterno e di carità reciproca.
II problema della predicazione, visto nel contesto delle chiese del distretto, è stato l’argomento centrale di
discussione che ha fatto come da
« substratum » naturale a tutti gli argomenti trattati e cioè: competenze
della Commissione Distrettuale; statistiche e offerte; istituti di istruzione
secondaria.
Un giovane pastore del nostro distretto si è rifiutato di continuare a
predicare in maniera tradizionale dando regolarmente alla comunità quello
che essa chiedeva e cioè una razione
di oppio e non l’annunzio delTEvangelo veramente vissuto e sofferto. Questo
fatto ha portato la conferenza a doversi impegnare seriamente e serenamente in un lavoro veramente valido
nel campo dell’Evangelizzazione. A tale scopo, infatti, su proposta del pastore Tullio Vinay, è stato aumentato il
numero dei componenti la Commissione Distrettuale che da tre è stato portato a cinque. Questo perché la conferenza ha voluto che la C. D. non fosse
soltanto una commissione amministrativa, ma, e principalmente, una commissione di lavoro intenso nell’ambito
del distretto. A conferma di ciò è sta
to votato il seguente o.d.g.; « La Conferenza del VI Distretto, tenuto conto
delle esigenze particolari del Distretto,
delibera di aggiungere due membri alla Commissione Distrettuale ».
Sulle competenze della C. D. si è discusso abbastanza anche perché le comunità di Agrigento e di Caltanissetta
avevano accusato, nelle loro relazioni,
la C. D. di non aver mantenuto i propri impegni.
Le statistiche e offerte sono state
alla base di un’ampia discussione. Da
più parti si vuole ridurre il numero
dei membri di chiesa, cancellando ed
eliminando coloro i quali non sono
più attivi e che non si sentono in comunione con i propri fratelli; dall’altro lato c’è chi, sperando che quelle
« ossa secche » possano tornare a partecipare attivamente alla, vita della
chiesa, vuol considerare ancora come
membri coloro i quali da alcuni sono
considerati « tralci secchi ».
La coscienza contributiva è ciò che
manca oggi al membro di chiesa il
quale a tutto pensa; al decoro della
propria persona, della propria casa e
delle proprie cose, fuorché al mantenimento dell’opera del Signore. Questo
è quanto emerso dalla discussione sulle finanze. Si auspica, da ogni parte,
che questo senso del dover contribuire per l’opera del Signore possa veramente essere sentito da ciascun membro.
La discussione sugli istituti di istruzione secondaria, seguita ad un’attenta relazione sul collegio di Torre Pellice fatta dal pastore Enrico Corsani, ha
indotto la conferenza alla formulazione del seguente o.d.g.; « La Conferenza del VI Distretto, esaminato il problema dei nostri istituti di istruzione
secondaria, non vedendo una ragione
deJTesistenza del Ginnasio-Liceo
Torre Pellice così come è oggi, raccornanda al Sinodo di dare nella discussione su tale argomento un posto primario all’approfondimento del concetto di pedagogia evangelica ed al rapporto tra testimonianza e servizio ».
Da quanto emerge dalTo.d.g. si vede
come la conferenza abbia voluto dare
un’importanza primaria al contenuto e
al fondamento di ogni nostra opera e
cioè il servizio reso al nostro fratello
per testimoniare di quel Cristo morto
per noi sulla croce.
Alle discussioni, svoltesi veramente
secondo un grande spirito cristiano,
sono seguite le elezioni della Commissione Distrettuale che, con l’aggiunta
di altri due membri, è così risultata:
Tullio Vinay, presidente; Ernesto Pozzanghera, vice presidente; Samuele
Giambarresi, segretario; Irene Wigley
e Gaetano Lentini, membri aggiunti.
Ernesto Pozzanghera, Attilio Caristia, Vitaliano Mercurio, la sig.na Toscano, e Stefano Aloisi sono stati eletti quali delegati al Sinodo.
La conferenza si può definire piuttosto « positiva » per l’importanza degli
argomenti trattati e per lo sforzo fatto, da più parti, per non lasciar degenerare la discussione.
I problemi trattati, lungi evidentemente dalTaver avuto una soluzione
immediata, sono stati ilnpostati secondo una base veramente evangelica e,
se si avrà costanza e fede nel Signore,
si potranno realmente avviare a soluzione.
Un ringraziamento alla fine è andato anche al pastore Salvatore Briante,
presidente della C. D. uscente, che dopo 13 anni di ministerio in Sicilia lascia la sede di Messina per quella di
Como, dove è stato eletto.
Fine d’anno alla Scuola Evangelica
di “Gappeiia Vecchia”, a Napoli
Offerte ricevute dalla Direzione che sentitamente, ringrazia: Peyronel SRvio (Perosa A.)
5.000; Peyronel Valdo (Perosa A.) 3.000; Barrai Luciana (Roreto Chisone) 10.000; Bounous
Daniela (Chiotti) 15.000; Meytre Ettore (Pomaretto) 10.000; famiglia Gay SRvano (Inverso Pinasca) 10.000; Poét Laura (Perrero);
10.000; Arturo e Irma Rostagno (Pomaretto)
(Pomaretto) 5.000; Unione Femminile Piazza
Cavour (Roma) 20.000. Peyronel Marco (San
Germano Chisone) 5.000.
Come di consueto anche quest’anno
il BAZAR sarà organi^ato nella Comunità di Rorà dall’Unione femminile in collaborazione con l’Unione giovanile Domenica 10 agosto alle ore 15.
Chiusura delVanno scolastico in Via dei Cimbri: da
sinistra, i membri del Comitato della
scuola, proff. Serafina Raniello e Errico Tecce, sig.ne Emma Notarbartolo e Marguerite Roessinger, sig. Michele Anreozzi; quindi le insegnanti, sig.ne Rosanna Pucciarelli, Carmela Cinquegrana, Giuseppina Futía, Anna Lombardo, Immacolata Toscano; in primo piano, una y^irte
degli alunni.
Nel pomeriggio di giovedì 26 giugno
1969, nei locali scolastici adorni di lavori e disegni eseguiti dagli alunni della Scuola, ha avuto luogo la cerimonia
di chiusura dell’anno scolastico 19681969. Erano presenti del Comitato:
sig. Michele Andreozzi presidente, prof.
Errico Tecce vice-presidente, prof. Serafina Raniello, sig.na Emma Notarbartolo consiglieri. Sono intervenuti:
il Direttore didattico dott. Corrado
Avossa del 34® Circolo, la sig.na Marguerite Roessinger Segretaria del Comitato della Chiesa Svizzera di lingua
francese e parecchie famiglie degli
alunni. I risultati degli esami finali,
avvenuti davanti la Commissione governativa, sono stati magnifici per tutte te classi. Gli alunni di V classe hanno conseguito la licenza con votazione alta.
Ai dodici licenziati ed al candidato
esterno, è stato donato il « Nuovo Testamento » a ricordo della Scuola
Evangelica « Cappella Vecchia ». Il
presidente del comitato, sig. Andreozzi, ha rivolto un messaggio di auguri
agli alunni; di congratulazioni alte Insegnanti per i risultati ottenuti ed ha
espresso la speranza che la Scuola possa continuare ad essere esempio di lavoro fecondo e di cristiana educazione, nel Rione in cui essa vive.
Ha preso poi la parola il Direttore
didattico della Circoscrizione, dott.
Corrado .Avossa il quale, dopo essersi
compiaciuto degli ottimi risultati degli esami, si è soffermato sul valore
che ha la Parola di Dio in ogni famiglia incitando gli alunni a leggerla anche ai loro genitori. Voglia Iddio benedire questo seme sparso con amore
ed abnegazione e possa esso portare
abbondante frutto alla Sua Gloria.
A chiusura, tutti gli alunni hanno
VILLAR PELLICE
Diverse fam’glie cleRa Comunità sono state visitate dal lutto nel corso delle ultime
settimane. Ci hanno infatti lasciato per rispondere alla suprema chiamata : Margherita
Geymonat, del Bessé, di anni 70, da appena
due anni di ritorno in mezzo a noi dopo tutta una vita di lavoro negli Stati Uniti; Elena Talmon n. Michel n, del Centro, di anni
62, deceduta dopo un lungo tempo trascorso
in compagnia deRa sofferenza e della prova;
Anna Gönnet n. Lautaret, dell’Inverso - Fienminuto, spentasi quasi improvvisamente all’età di 80 anni.
Alle famigRe di queste sorelle scomparse
rinnoviamo l’espressione della simpatia e della solidarietà di tutta la Comunità.
Presentiamo pure le pù sineere eondoglianze alla famiglia di Giuditta e Giovanni
Pietro Gönnet, dell’Inverso, per la morte avvenuta a Bobbio Pellice del proprio papà e
suocero.
Il più caldo benvenuto al piccolo Alfredo,
quintogenito di Luigi e Adelina Garnier,
della Comba.
Ai suoi genitori le più vive felicitazioni.
Hanno ultimamente presieduto il culto e
portato il messaggio deRa Parola di Dio i
Pastori Sig. E. Tron e Sig. R. Jahier.
Diciamo loro ancora la nostra viva riconoscenza.
La Corale ha effettuato la sua gita annuale la domenica 13 luglio, recandosi a visitare il vallone di Massello. Dopo di aver
preso parte al culto con la Comunità locale
i coralisti sono saliti fino alla Balziglia — i
più coraggiosi fino al Castello — trascorrendo là alcune magnifiche ore. Prima di riprendere la via del ritorno essi sono poi stati
ricevuti nella sala delle attività al Reynaud,
dove è stato loro servito un ottimo tè. Vogliamo ancora esprimere il grazie più vivo
alla Comunità di Massello, ed in modo particolare al suo Pastore Sig. L. Deodato e alla
sua gentile Signora, per l'accoglienza cosi
calda e fraterna ricevuta.
LUSERNA S. GIOVANNI
dì
Attilio Caristia
II 3 agosto prossimo venturo, alle
ore 15, avrà luogo nella Sala Albarin,
il tradizionale Bazar della Società dì
Cucito «Le Printemps».
Tutti sono cordialmente invitati.
ricevuto un pacchetto di biscotti e caramelle quale segno di compiacimento del comitato.
Durante la cerimonia, sono state fatte scattare alcune fotografie a ricordo..
Emma Notarbartoìo
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ONEGLIA.
7
25 luglio 1969 — N. 29-30
pag. r
A _T am PERE, IN FINLANDIA, LA X CONFERENZA MOmiALE DI DIAHONlA
Chiesa e Diaconia
La certezza della presenza di Cristo nel mondo secolarizzato determina il servizio della Chiesa, gli dà il suo contenuto, gliene suggerisce i metodi e gli strumenti, ne costituisce la forza e la speranza
L’esigenza di esprimere in concreti
atti di amore e di servizio l’annuncio
evangelico del perdono dei peccati e
della salvezza è stata sempre, con maggior o minor intensità, al centro della
preoccupazione della Chiesa. Sono sorte cosi numerose istituzioni di tipo
diverso, ma con lo stesso scopo di
« servire » coloro che per età, salute o
situazione economica e sociale, sono i
minimi, i poveri, gli ultimi nella società, ma i primi nella prospettiva dell’Evangelo. Tra queste istituzioni ebbero importanza primaria le case delle
Diaconesse largamente diffuse nei paesi protestanti in Europa fin dal secolo
scorso. La struttura di queste Case simili tra ioro, è basata sul principio della totale disponibilità al servizio e del
torte legame comunitario regolato da
nortne precise. La Casa Madre era il
centro di preparazione e il punto di riieri mento oltreché la Casa di riposo
per tutte le Diaconesse. Ben presto
dove vano però sorgere altri tipi di diaconato iemminile, specie nei paesi anglosassoni e in America, strutturati in
mocii diversi e con diversi orientamenti di servizio. Ai fine di fare incontrare e aprire alla possibilità di un
dialogo reciproco queste diverse istituz'Oni diaconali si costituì a Copeniiagen nel 1947 la Federazione
Mondiale delle Associazioni di Diaconesse, che fu chiamata DIAKONIA,
pari ! a greca che nel Nuovo Testamento I ndica appunto l’azione di servizio
che Cristo ha compiuto verso gli uomin; e che i credenti sono chiamati a
renrìere ai loro prossimo.
L i! 3 ai 10 Luglio di quest’anno ha
s,vLio luogo a Tempere (Finlandia)
la lecima Conferenza Mondiale di
DI/KONIA. Erano presenti circa trecen o partecipanti, tra delegati, osservai ri e ospiti, rappresentanti ben quarar a diverse organizzazioni di Diaconat.; femminile, che hanno in ventun
nazioni i loro organismi centrali, con
un totale di oltre ventimila Diacones ,e.
I, tema centrale della Conferenza
era « Christus praesens ». La certezza Iella presenza di Cristo nel mondo
sec olarizzato determina il servizio della Chiesa, gli dà il suo contenuto,
gliene suggerisce i metodi e gli strumenti, ne costituisce la forza e la
speranza.
L.o scopo della Conferenza non era
quello di giungere a delle soluzioni, ma
di stabilire un triplice confronto. Il
p/mo e più importante di tutti è stato •* confronto con la Parola di Dio,
d.- cui sorge la vocazione diaconale.
Una serie di studi biblici presentati
da Hans Rudi Weber, con metodo
r uovo, hanno costituito uno stimolo
e ma indicazione che ha dato il tono
a atta la Conferenza.
j : secondo confronto era quello con
la iiuazione presente. Vi sono state
qui, tro presentazioni di situazioni diver'•?, La prima suila «Città secoiarizzatii » è stata preparata dal gruppo
am; ricano e anglosassone e presentata molto efficacemente con l’ausilio
Un appello rivolto ai giovani
]icr la creazione di una comunità aperta al servizio degli altri.
Centro Diaconale
Sono aperte le iscrizioni al
Centro Diaconale che, a Dio piacendo, si aprirà nel novembre di
quest’anno. A richiesta viene in\ iato gratuitamente il fascicolo
con la descrizione dettagliata
del progetto. Per ulteriori informazioni e chiarimenti, iscrizioni, richiesta di documentazione,
rivolgersi a: Past. Alberto Taccia, 10060 Angrogna (Torino).
di mezzi audio-visivi: tecnicismo e depravazione, lusso e miseria, benessere
e violenza sono la caratteristica della
città secolarizzata in cui la diaconia
della Chiesa deve sapere trovare nuovi
mezzi e capacità di adeguamento e inserimento. La seconda presentazione
riguardava il terzo mondo e fu preparata dal gruppo delle Diaconesse del
Sud Est asiatico. Pacifico e Australia.
I problemi, le tensioni e le speranze
di questo mondo in sviluppo sono state tratteggiate con chiarezza e vivo
senso di partecipazione.
La terza rappresentazione, affidata
al gruppo del Centro Europa, riguardava il problema della « guarigione »
nel senso più totale del termine: il
problema teologico della malattia e
della morte e quindi quello della guarigione come si rifiette sull’azione sanitaria-pratica dandole un contenuto
di testimonianza e di indicazione del
Regno. La quarta presentazione sul
contrasto delle generazioni, la crisi
della famiglia e della società fu affidata al gruppo Nord-Europeo.
Queste quattro rappresentazioni
hanno dato il quadro in cui la diaconia della Chiesa è chiamato ad esercitarsi, non solo sotto l’aspetto dell’azio
ne umanitaria e caritativa che lenisce
le ferite senza affrontare i motivi che
le determinano, ma come azione di
testimonianza che sa assumere dove
necessario l’accento della contestazione e che annunzia la realtà rinnovatrice del Regno di Dio. Nasce da qui
l’esame delle impostazioni di fondo, dei
metodi di azione e degli strumenti, esame che ogni generazione è chiamata a
fare con lucidità critica al fine di essere veramente all’altezza della vocazione che il Signore le affida.
Il terzo confronto che la Conferenza ha voluto stabilire era quello che
nasce appunto daH’incontro e quindi
dal dialogo di organizzazioni diaconali diverse con diverse strutture. Confronto questo quanto mai interessante e fecondo. Contrariamente a quanto ci si poteva aspettare, pochissime
sono state le note di scoraggiamento,
dovunque sì nota volontà di rinnovamento, di ricerca di nuove forme di
servizio e di nuovi campi di servizio,
che la vita moderna richiede e apre
con la complessità dei problemi che
crea. Nessun dubbio che la diaconia
della Chiesa non abbia più ragione di
sussistere neppure nei paesi a più alto
sviluppo sociale.
Uno dei temi affiorato spesso nelle
discussioni è stato la necessità che la
diaconia diventi sempre più interesse
della Chiesa tutta. La Conferenza è
stata unanime nel proposito di imporre all’attenzione di tutta la Chiesa il
problema diaconale come esigenza che
la riguarda direttamente e che non
può essere demandato a organismi
para-ecclesiastici. Nei paesi anglosassoni e nordici le Diaconesse sono già inserite nelle Comunità, interessate ai
problemi sociali, mantengono viva
questa esigenza nell’ambito della Clhiesa locale. Per sottolineare la qualifica
ecclesiale della diaconia si è costituito
da appena tre anni presso il Consiglio
Ecumenico di Ginevra un ufficio per 1
problemi del servizio della Chiesa nel
mondo (Diakonia Desk). Questo ufficio è stato costituito in accordo tra
la associazione DIAKONIA, la Federazione internazionale della Missione
interna e del lavoro sociale cristiano,
e il Consiglio Ecumenico stesso. Segretario di questo ufficio è il Pastore
Ben Thure Molander (a noi già noto
essendo stato membro del Com. Gen.
di Agape) che è anche membro del
Com. Esecutivo di DIAKONIA.
Nella futura prevista ristrutturazione del Consiglio Ecumenico di Ginevra è allo studio la possibilità di costituire un vero e proprio dipartimento per i problemi del servizio diaconale.
Un’altra questione che si è posta
alla Conferenza è la possibilità di accogliere gli organismi di diaconato maschile, anche in vista della costituzione di istituzioni diaconali miste.
Allargando la prospettiva del servizio
cristiano in campi nuovi è logico che
non era più possibile separare una diaconia femminile da quella maschile.
Se vi è stata infine una perplessità,
sovente emersa nell’esame della situazione e delle possibilità di azione, è
stata quella di porre un limite al campo di azione o di interesse di, DIAKONIA. In realtà qualunque limite
avrebbe sempre un carattere artificioso. Nella misura in cui la diaconia è
servizio della Chiesa tutta non vi è
nessun aspetto della sua espressione
che non riguardi tutta la Chiesa ed
inversamente non vi è azione della
Chiesa che non possa essere considerata diaconia.
Alberto Taccia
XV Agosto a Prarostino
Quest'anno RIUNIONE UNICA per le due Valli al COLLARETTO di PRAROSTINO.
Dopo il culto che inizierà alle ore 10 vi sarà una
TAVOLA ROTONDA SULLA PREDICAZIONE
alla quale parteciperanno: un laico delle Valli, due pastori di
diverse tendenze, un teologo per presentare e discutere pubblicamente l’argomento.
Al pomeriggio sono previsti interventi di storia valdese e di
attualità.
Sul prossimo numero saranno pubblicati i dettagli e le indicazioni logistiche per la buona riuscita della manifestazione.
AL CAMPO CADETTI DI AGAPE
Abbiamo cominciato a costruire
II
un canzoniere
M
I primi "saggi” accolti a Proli e a Pomaretto con vivo successo
Il campo cadetti si è svolto quest’anno ad Agape dal 27 giugno al 12
luglio sotto la direzione del Pastore
Marco Ayassot. Il programma di studi, fino all’estate scorsa, era consistito
nella trattazione di un tema, che veniva di solito proposto dai cadetti stessi
alla fine di ogni campo. Il programma
quindi comprendeva conferenze, tenute da pastori o da professori e seguite
da discussioni o seminari. Indubbiamente questi studi erano molto interessanti, perché, oltre che a destare
l’interesse dei campisti più giovtmi per
dei problemi dei quali forse ancora
non aveveino sentito l’importanza, permettevano utili discussioni e scambi
d’idee. Ma quasi sempre erano pochi
fra i più grandi che partecipavano in
modo veramente attivo al campo, cioè
parlando nelle discussioni e guidando
•iiimmunimiiumiiiiiimiimi
Novità airOspedale Valdese
Riaperto il rinnovato Reparto maternità - Il Padiglione accoglierà in autunno
una ventina di ricoverati in Ospedali psichiatrici - Urge un nuovo ascensore
Durante tutto quest’anno l’Ospedale
ha svolto un intenso lavoro e del tutto ultimamente è stato riaperto il reparto maternità, rinnovato come attrezzatura e restaurato nella sua parte
edile. La responsabilità dal lato infermieristico-ostetrico è stata affidata alla
ostetrica interna Sig.ra Irma Dagnini
Rampa, proveniente dalla comunità
metodista di Genova ed attualmente
trasferitasi a Torre con la sua famiglia. Alla Sig.ra Rampa diamo un cordiale benvenuto in mezzo a noi e la
ringraziamo per il lavoro sin’ora svolto in questi mesi di riorganizzazione.
L’organico del personale ha registrato
nuovi arrivi ed attualmente possiamo
dire che l’annoso problema del personale sembra essere risolto. Nel reparto di medicina abbiamo avuto quest’anno numerose degenze e talora si
è rischiato di non poter ricoverare dei
pazienti causa il tutto esaurito. Tutto
ciò ha portato molto lavoro, sempre
complicato dalle vecchie strutture edili deU’edificio, ed ha potuto essere svolto grazie all’impegno di tutti, dei medici, delle infermiere, del personale:
e non possiamo non ringraziare la signora Geymonat per tutto quello che
ha fatto, particolarmente prima dell’arrivo della Sig.ra Rampa.
Dalla relazione C.I.O.V. alla Conferenza Distrettuale apprendiamo che
è di imminente trasformazione il Padiglione, il quale svolge ormai una funzione sanitaria superata, non indispensabile alle esigenze valligiane.
A tutti sono ormai note le tristi situazioni in cui versano i pazienti da
malattie mentali negli Ospedali psichiatrici, i quali si trovano in notevole
difficoltà per la carenza di edifici e di
strutture adeguate. In questi istituti
sono ricoverati numerosi pazienti valligiani, affetti da malattie non pericolose a sé ed agli altri e che vi sono
stati rinchiusi perché i parenti e la
società han ritenuto più sbrigativo di
sbarazzarsene isolandoli in quattro
mura.
Orbene nel Padiglione una ventina
di essi potranno trovare un ambiente
più consono allo stato di salute, nel
tentativo di un parziale ricupero, in
un ambiente umano sotto la guida di
uno psichiatra con la collaborazione
di una staff di cinque persone addette
alle loro cure. Avremo qui una buona
occasione per interessare le comunità
ad un grave problema della società di
oggi e vogliamo sperare che i termini
di comunità, diaconia, servizio di cui
tanto si parla possano essere concretizzati sotto varie forme di appoggio
alla staff per cercare di farne un cen
tro pilota, pur nella modestia dei nostri mezzi.
Il Padiglione funzionerà in forma
autonoma ed indipendente dall’Ospedale.
E come ultima notizia abbiamo appreso che sta per essere varato un piano per fornire l’Ospedale di un ascensore di cui da anni di parla e che è
stato visto da tutto il personale come
uno dei problemi maggiori da risolvere. Appare inaudito come questo
problema abbia potuto essere trascinato da anni senza poter essere risolto. Sarà la volta buona? Pare di si,
anche se pare difficile trovare una soluzione tecnica che accontenti l’estetica, la funzionalità tecnica e i crucci
del cassiere. Comunque i progetti devono essere presentati tra pochi giorni
e si cercherà di scegliere quello che
possa permettere ulteriori sviluppi del
problema edile dell’Ospedale.
Intanto, mentre la società «Enrico
Arnaud » si è fatta promotrice per l’acquisto di una lavatrice per il reparto
maternità, pubblichiamo il primo elenco di offerte per l’ascensore. Queste offerte provengono, per la massima parte, da ricoverati presso l’Ospedale. Ci
auguriamo vivamente che le Comunità della Val Pellice si impegnino per
il loro Ospedale, come hanno fatto
quelle della Val Germanasca per quello di Pomaretto.
Ecco il primo elenco di offerte (16.10.196814.6.1969) per l’ascensore dell’Ospedale vaidese di Torre PelHce:
Da Torre Pellice: Cairus Fanny 5.000; fratelli e sorelle Ribotta in memoria della sorella 16.000; fam. Mura in mem. della mamma 5.000; Paschetto Ettore e famiglia 2.000;
Talmon Charbonnier Anita 5.000; Paschetto
Enrico e Valdesina in occ. comunione Comba Renato 1.500; Abrard Laura 2.000; Antonietti Paolo e Piera 50.000; fratelli e soreUe
PERSONALIA
Si sono sposati, a Palermo, Lidia
Russo e Arrigo Bonnes. A questi due
sposi, impegnati nel servizio del
« Gould » di Firenze, il nostro augurio
fraterno.
Il più cordiale augurio pure a Erica
Pons e a Gian Franco Corio, che si sono sposati a Torino.
Graziella Valente si è laureata presso la Facoltà di economia e commercio dell’Università di Torino: i più vivi rallegramenti e i migliori auguri
per l’attività futura.
in mem. del caro Comba Giovanni 10.500;
Ricca Albina in mem. del caro padrino Comba Giovanni 2.500; Comba Edgardo in memoria dello zio Comba Giovanni 1.000; Frache Giulia 1.000; fam. Charbonnier in mem.
Charbonnier M. Carolina 15.000; Ronco Emma 3.000; Rostan Stalle Leonia 2.000; Charbonnier Costantino Lidia 2.000; Bodello Letizia 2.000;De Beaux Caterina 20.000; Bertin
Odin Delfina in mem. Bertin Alina 15.000;
Ribotta Ester 5.000; Berlendis Bonifacio
1.000; Poet Giovanni 5.000; Jourdan Edoardo 1.000; Dema Margherita 4.000; famiglia
StaUé Giovanni 5.000; Suor Leonia Stalle
1.000; Rampa Irma 10.000; Avondetto Elisa
2.000; Rostan Stalle Leonia 2.000; Jourdan
Alda 500; N. N. 2.000; De Gerhardt Gebel
500; fratelli e soreUe in mem. Avondet Davide 20.000; Avondet-Albarin in mem. Avondet Davide 20.000; Gisletti Carlo 2.000; Bertin Piero 2.000; N. N. 5.000; Persico Giulia
2.900; Persico (¿lelia 1.000; Frache Giovanni,
del ’99, in mem. Poet Jean 1.000; Bosio Giovanna 1.000; Armand Paolo, Armand Felice,
Ricca Roberto, Ricca Claudine 5.000; Maritano Carmelina 2.000; Geymet Alfonso 1.000;
Suor Leonia Stale 1.000; Alma Francesco 500;
famiglia Eynard 10.000; in memoria del Signor Enrico Eynard, gli amici di Marco
22.500; Rostan Elena 20.000; Chiavia Nansi
5.000; Benech Elena 1.000; CavaUero Grisante 2.000; Cavaliere Luigi 1.000; Ghigo
Abele e Ida 10.000; Comba Luigi 2.000; Malan Marcello 10.000; i figli e il nipote Bruno
di Gonin Mûris Giuseppina in memoria 30
mila; Mûris Maria in memoria del frateUo
Giovanni e soreRa Giuseppina Mûris 30.000;
Da Villar Pellice: Lantaret Enrichetta
2.000; Berton Maria 1.000; Agli Stefano
2.000; Morglia Clelia ved. Miegge 1.000;
Charbonnier Riccardo e fratelli in mem. del
padre 10.000; in memoria di Paolo Frache gli
insegnanti 12.000..
Da Angrogna: Monnet Lorenzo 5.000; Besson Margherita 1.000; Benech Ivonne 2.000;
Benech Lidia 1.000; Taccia Paola 2.000;
Chauvie Davide 10.000; Bonnet Enrico 2.000;
in memoria di Odin Stefano 10.000; N. N.
10.000; Coisson Lorenzo 2.000.
Da Rorà: Morel Enrichetta 4.000; Reymond Ermelina 10.000; Morel Corrado 4.000;
Tourn Giovanni 1.000; Morel Corrado 2.000.
Da Luserna San Giovanni: Mondon Michele 10.000; Gaydou Mirella 1.500; Monnet
Catalin 2.000; Catalin Nilde 2.000; GobeUo
Elisabetta 1.800; Bonetto Lucia 1.000; Poet
Sergio 2.000; Gaydou Renato 2.000; Costantino Pietro 1.000; Pellegrin Norina 2.000; Benecchio Federico (Asilo dei Vecchi Lus. S(.
Giov.) 2.500; Agli Alfredo 3.000 Battaglino
Claudio 5.000; Gobello Elisabetta 1.000; Martino Emma 2.000; in memoria di Benech Federico 10.000.
Da Torino: Galli Raffaella 1.000; Seappin
M. Teresa e Roberto 2.000; Dr. Bonnet 5.000.
Screspo. Francia. Fr. 100.
i seminari, mentre, per la notevole disparità di anni, molti ne restavano
esclusi. Si è cercato quindi di trasformare questo metodo, diciamo « scolastico » in un metodo attivo di ricerca
che implicasse un maggior impegno
da parte dei campisti. L’estate scorsa
il programma si è svolto su questa linea: durante la prima parte del campo sono stati ascoltati studi e conferenze sul tema: « Quattro protesttmti
di fronte al mondo »; la seconda parte
è stata occupata nella preparazione di
due recite finali, sempre sul tema del
campo, nelle quali i campisti hanno
colto il significato più profondo dell’argomento trattato nei giorni precedenti.
Quest’anno il titolo e il programma
del campo erano: « Costruiamo un
canzoniere ». Non si pensi però che il
campo cadetti abbia veramente costruito un canzoniere: per fare una
cosa del genere non sono sufficienti 15
giorni. Il nostro compito è stato dapprima di ascoltare attentamente parecchie canzoni e scegliere di queste
quelle che ci sembravano più adatte.
Poi è cominciato il lavoro più impegnativo: poiché la maggior parte di
questi canti erano in inglese e in francese, abbiamo dovuto adattare la traduzione letterale del testo alla musica.
Per ciò che riguarda l’argomento i canti di cui ci siamo occupati erano divisi in tre gruppi: uno di negro spirituals, uno di canti che rispecchiano
una nuova espressione della fede nel
culto, e infine un gruppo di canti di
protesta.
La seconda parte del campo prevedeva la preparazione di un recital finale. A questo scopo tutti i cadetti si
sono divisi in tre gruppi: una ventina
circa hanno formato il coro che, con
l’aiuto di una maestra di canto (la signora Anna Maria Micheletti di Brescia), ha imparato tutte le canzoni, alcune anche a 4 voci. Un altro gruppo
si è occupato della scenografia e i rimanenti della formazione di un minicanzoniere da vendere agli spettatori,
che contenesse solo i canti da noi
scelti.
Gli ultimi giorni sono stati occupati
dalle prove per i due spettacoli che si
sono svolti uno a Ghigo e uno a Pomaretto, dove abbiamo anche visitato
l’ospedale e cantato per gli ammalati.
I due spettacoli ci hanno fruttato una
notevole somma di denaro che è stata
devoluta alla nuova scuola materna di
Pomaretto.
In questo modo il campo cadetti di
quest’anno ha visto impegnati tutti i
ragazzi, anche gli svogliati e gli stonati.
Questa è stata l’attività principale
del campo; accanto ad essa abbiamo
avuto alcune conversazioni su temi
proposti dagli stessi campisti («Il sionismo », « il razzismo », « il terzo mondo », « il servizio militare »); culti seguiti da discussione, serate di giochi,
falò e gite, anche se il tempo non è
stato molto bello.
Secondo noi I’esperimento di questo
campo ha avuto molti lati positivi. Ci
è sembrato soprattutto che in un tempo come il nostro, in cui il modo di
pensare e soprattutto il modo di esprimersi sono profondamente cambiati,
sia utile la presenza di una raccolta
di canti che esprimano le nuove idee
e le nuove esigenze.
una cadetta
Cambio indirizzo
La Librerìa Claudiana di Torino comunica il nuovo indirizzo (provvisorio): VIA SAN PIO QUINTO, 18 bis 10125 TORINO.
8
pag. 8
N. 29-30 — 25 luglio 1969
Notiziario
Evangelico
Italiano
I poteri dell'uomo e I suoi limiti
a cura di Renato Balma
DALLE CHIESE DI CRISTO
— L'interesse della Chiesa di Cristo
verso le nuove tendenze del cattolicesimo appare evidente dai numerosi
articoli su questo argomento contenuti nella rivista « Il seme del Regno ».
Nel numero di aprile, oltre ad un'ampia segnalazione del fascicolo speciale
sulTIsolotto della rivista Testimonianze, appare un articolo di Italo Minestroni su « La chiesa cattolica e la libertà dei teologi ».
— I professori Italo Minestroni e
Fausto Salvoni, evangelisti della Chiesa di Cristo a Bologna e Milano e insegnanti presso la Scuola Biblica di
Firenze, hanno tenuto due conferenze
rispettivamente nel seminario di Verona ed un quello di Alessandria. Il
prof. Minestroni ha parlato sul « Movimento di Restaurazione del Cristianesimo Primitivo » e sul tema della
« Nuova Nascita ». Il Prof. Salvoni ha
invece risposto ad una serie di domande che gli erano state formulate in
precedenza e che riguardavano la posizione della Chiesa di Cristo nel movimento ecumenico, le linee teologiche
generali, la vita liturgica e l’organizzazione di questa chiesa. Entrambe le
conferenze sono state seguite da una
discussione.
— Il 20 marzo si è svolto a Firenze
il « 2® Congresso per i giovani cristiani in Italia » organizzato dalla Scuola
Biblica della Chiesa di Cristo. Scopo
del congresso, che ha raccolto più di
200 persone, era di far conoscere l’attività e gli scopi della scuola. Sono stati oggetto di dibattito anche i movimenti studenteschi e il dissenso cattolico. « La caratteristica più saliente,
che molti hanno percepito, è che si sono visti per la prima volta tutti i primi giovani cresciuti nell’sHnbiente della chiesa dacché un ventennio fa prendeva azione il movimento di restaurazione biblica. Abbiamo avuto la sensazione concreta che la chiesa è uscita
dalla sua prima fase, quella pionieristica, per avviarsi ad ima sua prima
maturazione e al suo graduale sviluppo ».
— Il 7 aprile si è avuto ad Aprilia un
raduno di una quarantina di predicatori per rivedere assieme il lavoro
svolto nel trascorso primo ventennio
di evangelizzazione. « Si è preso atto
che la diversità di metodi di lavoro e
la diversità di tensioni nella testirnonianza pubblica non devono essere
portati a motivo di discrepanze spirituali o peggio a divisioni nel corpo. Di
più. Nell’incontro tra metodi e tensioni diversi c’è un pluralismo di doni
che eleva la chiesa da gruppo monolitico di teste d’uovo ad insieme di uomini che si battono per la stessa causa, con lo stesso amore, con la stessa
fede, con la stessa solidarietà pur nella pluralità e diversità dei doni ».
— Sempre in occasione del primo
ventennio di presenza in Italia della
Chiesa di Cristo, che conta ora più di
cinquanta congregazioni con varie migliaia di credenti, appare nel numero
di maggio del « Seme del Regno » un
articolo di Italo Minestroni, direttore
responsabile della rivista, dal titolo
« Aprile 1949 - Aprile 1969 - Vent’anni
di lavoro ». Dopo aver brevemente accennato alle difficoltà incontrate nel
lavoro di evangelizzazione ed ai risultati ottenuti, l’autore passa ad esaminare i rapporti tra la sua denominazione e le chiese protestanti e la cattolica, rapporti visti come contributo
recepito anche inconsciamente dalle
nuove tendenze rinnovatrici e progressiste. « Il travaglio in cui si dibattono
Cattolicesimo e Protestantesimo lascia
chiaramente comprendere come il seme sparso stia portando i suoi primi,
sebbene timidi, frutti.
« ...Così in questi vent’anni la Chiesa
di Cristo è stata in Italia l’antesignana, Tanticipatrice e la promotrice di
quel rinnovamento religioso delle Chiese, che le fa scricchiolare nelle loro secolari strutture umane, e nei loro tradizionali domml e dottrine. Ciò che
sotto questa spinta teologi ed uomini
di Chiesa vantano come loro conquiste progressive, non è in effetti che un
ritorno alla lettera ed allo spirito del
codice divino del Vangelo, ritorno reso
possibile, anche se incosciamente, dalla ventennale predicazione di testimonianza della Chiesa di Cristo ».
: Primo raduno
di “Focolari misti,, italiani
Si è tenuto nei giorni scorsi in Liguria il
primo incontro fra coppie di sposi, cristiani
credenti, ma di diversa confessione.
I partecipanti erano assistiti da esperti cattolici e protestanti.
Que.sti incontri si richiamano ad analoghe
esperienze già fatte con risultati positivi in
altri Paesi, in particolare in Francia e Svizzera.
Loro scopo è di mettere in comune riflessioni ed esperienze, con molta sincerità ed in
spirito ecumenico, portando l’accento soprattutto sul problema della educazione cristiana
dei figli delle coppie di diversa confessione.
II prossimo incontro si terrà nel novembre 1969.
Per informazioni e dettagli rivolgersi a:
Gianni e Myriam Marcheselli, via priv. Sagunto 2, 20159 Milano.
Il prima pagina abbiamo dato una nostra
valutazione del primo allunaggio umano. Su
«La Vie protestante » del 18 Luglio, subito
prima dell’avvenimento, abbiamo letto un articolo che presenta riflessioni diversamente
orientate, scritto dal Prof. Gabriel Widmer,
docente di filosofia presso la Facoltà teologica
dell’Università di Ginevra, Ci pare interessante riportarne l’essenziale, stralciando alcuni
accenni locali, senza interesse per i nostri
lettori. red.
Da mesi siamo sotto pressione; a
quando l’impresa del secolo? a quando il primo uomo sulla Luna? Tutto
contribuisce: il giornale, la radio, la
televisione. Gli scienziati esprimono il
loro parere, i pubblicisti commentano,
la febbre sale...
Un avvenimento, certo, prevedibile
e previsto, al quale quindi sembra che
ci si stia già abituando.
Un avvenimento significa l’apparizione di qualcosa che esce dalla normalità, che modifica il corso delle cose, la manifestazione di un principio,
le cui conseguenze si faranno sentire
in tutti i campi. La conquista della
Luna e, a partire da essa, la conquista
dello spazio, sarà uno degli avvenimenti che, fra altri, segnano l’ingresso
dell’umanità in un’èra nuova. Un avvenimento è sempre carico di significato. L’allunaggio acquista un significato per l’astronomo, un altro per il fisico, un terzo per il biologo, un quarto
per lo i)sicologo, e potrei continuare.
Ne acquista uno particolare per il teologo, per il credente che vive la sua
fede e ne rende testimonianza nel
1969?
L’avventura dei cosmonauti e i suoi
risultati avranno un significato teologico se riusciamo a interpretarli e a
valutarli alla luce degli insegnamenti
evangelici. Se invece vi rimangono refrattari, estranei, sfuggiranno a qualsiasi giudizio teologico. Tale è l’alternativa di questo problema fra i più
ardui, che del resto si inserisce in tutta una serie di questioni poste dalla
scienza pura e dalle scienze applicate
a chi vuole peaisare la sua fede cristiana con riferimenti concreti. Non si
tratta di un problema puramente ac
cademico, teorico. L’avvenimento del
secolo, come si tende a definirlo con
una certa enfasi, causa uno shok. Sanziona uno stato di fatto: l’uomo sulla
luna rappresenta un modo nuovo di
vedere la terra, anzi un nuovo modo
di vedere, cioè di pensare, di vivere, il
quale si imporrà progressivamente
non soltanto agli scienziati e ai tecnici — che vi sono da tempo abituati — ma a ogni uomo.
È possibile interpretare e valutare la
conquista dello spazio alla luce dell’Evangelo, o questa conquista, i mezzi
scientifici, tecnici, finanziari impiegati
sfuggono alla fede? Prima constatazione: lo sviluppo della ricerca determinato da questa prima tappa nella
conquista dello spazio renderà sempre
più profondo il distacco fra la mentalità e l’ambiente culturale nei quali
nacque e si sviluppò la predicazione
evangelica e quelli della nostra epoca.
Seconda constatazione: quello che durante millenni sarebbe apparso il culmine dell’impossibile, diviene una pkdssibilità, anzi una realtà. Terza constatazione: il oalcolo sostituisce il discorso, la ragione soppianta l’immaginazione, la verifica respinge indietro la
fede. Da queste tre constatazioni si
deduce che non si può interpretare né
valutare l’avvenimento direttamente
applicandogli norme bibliche, ma soltanto indirettamente passando per
l’analisi della situazione attuale, e ancora con la massima prudenza. Perciò
il teologo non può azzardare che qualche considerazione in margine a tale
avvenimento, qualche nota del tutto
provvisoria.
Sappiamo che la predicazione dell’Evangelo ha contribuito a far scomparire la credenza atavica nella natura divina degli astri. Quando Dio viene confessato come il creatore di tutte
le realtà visibili e invisibili, l’uomo
non può più credere che il sole, la
luna, le stelle siano divinità tutelari o
malefiche, né realtà dotate di anima.
Il cristianesimo ha parzialmente dissacrato l’universo. Cosi facendo, ha in
parte preparato l’avvento dello spirito scientifico e della società tecnica;
non è dunque estraneo alla conquista
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
V OSTRACISMO
Tempo di vacanze, tempo di turismo. Chi
non andrebbe volentieri in Grecia, ad ammirare le meraviglie dell’arte classica (il Partenone, per es.), oppure, se è credente, a rileggere
11 discorso di S. Paolo agli Ateniesi (Atti 17 :
22-31) scolpito nella lapide di bronzo che è
stata murata proprio nel luogo esatto dove, con
quasi assoluta certezzq, l’autore lo pronunciò?
Ma, fra gFItaliani e soprattutto fra i credenti,
moltissimi sono i nemici del regime dei colonnelli, ed allora si pone il quesito : « Andare o
non andare? » Alcuni finiscono per decidersi
ad andare, giustificandosi di fronte alla propria coscienza col dire ; « Andiamb ad esprimere la nostra solidarietà al povero popolo
greco oppresso, a fargli sapere che anche in
Italia si pensa, si lavora (magari si prega)
per lui, ecc. ».
Noi che non abbiamo l’abitudine di lasciarci ingannare dalle ipocrisie e neppure di credere alle illusioni chimeriche, siamo invece
pienamente d’accordo con quanti decidono di
non andare in Grecia, soprattutto se eoi pretesto di prender parte a manifestazioni cosiddette apolitiche (Esempio classico : l’assemblea
del Consiglio Ecumenieo delle Chiese, che venne a suo tempo tenuta ad Erachon). Perciò approviamo incondizionatamente, in ogni caso,
quanto viene affermato nei seguenti due importanti documenti.
1) « Il "Comitato greco contro la dittatura”
(con sede a Londra) ha annunziato (in data
12 c.) d’aver inviato venerdì 11 una lettera
a tutte le federazioni sportive che dovrebbero
partecipare ai campionati europei d’atletismo
indetti ad Atene dal 16 al 21 settembre p. v.
Nella lettera si chiede di non collaborare a
nessuna delle manifestazioni organizzate dal
governo greco. Il presidente del Comitato, il
prof. John Spraos, che occupa una cattedra di
economia all’università di Londra, ha dichiarato che la lettera precisamente chiede ai destinatari d’affermare pubblicamente che la loro partecipazione ai campionati non implica
un’approvazione della politica seguita dal governo d’Atene, e di fare in modo che nessun
rappresentante della Giunta assista all’apertura e alla chiusura dei campionati, e neppure
alle cerimonie di conferimento delle medaglie ».
(Da «Le Monde» del 13-14/7/1969).
2) « Il Consiglio di Presidenza dell’Associazione Nazionale Docenti Universitari (ANDU),
sicuro d’interpretare l’animo della stragrande
maggioranza dei colleglli italiani, si associa
alla campagna già in atto nei paesi liberi perché gli uomini di scienza rifiutino ogni invito
a recarsi in Grecia per congressi o altre manifestazioni mercé le quali U regime dittatoriale
dei colonnelli tenti di farsi propaganda all’interno e all’estero con pretesti di carattere culturale. Ravvisa infatti in questa campagna un
atto di doveroso impegno per la libertà della
cultura in ogni paese ove essa venga conculcata, ed in particolare di solidarietà verso i colleglli delle università elleniche colpiti con la
espulsione dall’insegnamento a causa della loro
opposizione alla dittatura. Invita pertanto i
soci dell’ANDU e tutti i colleghi che vogliano
associarsi all’iniziativa, a farsi promotori di
questo boicottaggio nell’ambito della propria
univerità, ponendo a disposizione l’ufficio del
presidente (prof. Giorgio Spini, via di Parione
7, Firenze) per la raccolta delle adesioni ».
(Circolare diramata nella prima metà del e.
mese, in tutte le università italiane).
ANCORA
SULL’ENIGMA CINESE
Nel n. preced. di questo settimanale, abbiamo formulato la domanda : « Chi comanda in
Cina? », cui L. Vasconi (su "L’Astrolabio”)
cercava di rispondere in vario modo, non escludendo neppure cbe in Cina si sia voluto e si
voglia « creare il disordine ». Ma v’è un’altra
risposta possibile, che sembrerebbe concordare
con una nota tesi del « Movimento Studentesco », secondo la quale le democrazie del futuro dovrebbero possibilmente essere « dirette e
senza deleghe ». Ancora una volta, dunque :
dove va la Cina? Da un’interessante conversazione fra due dei più esperti conoscitori di
problemi cinesi oggi viventi nell’Occidente
(Edgar Snow e K. S. Karol), di cui dà notizia
il primo numero del « Manifesto » (giugno
c. a.), riportiamo le seguenti battute.
« K. : A mio parere la Cina ha oggi grandi
opportunità per una politica estera attiva e
per un’iniziativa all’esterno. Gliela offre la
crisi del blocco che si era raccolto attorno all’URSS. I cinesi potrebbero ereditarne il prestigio. Ma dovrebbero trovare un linguaggio
internazionalista più accessibile, e analizzare
con più attenzione le altre situazioni mondiali
per capirle e per discuterle.
S.: Dovrebbero avere dei "leaders” comunisti di tipo diverso come interlocutori.
K.: Sì, ma anche i cinesi sono molto settari. Non parleranno con nessuno che non accetti e condivida tutto quel che dice Mao. Se
fossero più aperti nulla impedirebbe loro di
assumere la “leadership” ideale delle forze
rivoluzioìuirie. Recentemente si sono mossi in
questo senso quando hanno appoggiato gli studenti durante il "maggio” francese, senza
preoccuparsi minimamente di come De Gaulle l’avrebbe presa. Oppure quando hanno assunto una conseguente posizione di condanna
per Diaz Ordaz e di solidarietà con gli studenti messicani.
S.: Non prevedo però grandi cambiamenti.
Certo, se si sforzassero di allargare i contatti,
di invitare stranieri più rappresentativi, se si
collegassero a compagni di altri paesi, operai,
intellettuali... Attualmente essi fanno affidamento soltanto sui cosiddetti partiti marxistileninisti. In genere, questi contano ben poco,
sono poco più d’una setta.
K.: Il guaio non è che sono pochi o poco
rappresentativi, ma che in genere si limitano
a un trasferimento meccanico delle formule
maoiste invece che operare sui conflitti specifici e sulle forme di coscienza specifica delle
altre società... come invece farebbe sicuramente Mao. Per questo restano marginali. Ma
è proprio da escludere un orientamento diverso dall’iniziativa cinese su scala internazionale?
S. : Quanto meno non lo ritengo probabile.
Non bisogna dimenticare che i cinesi sono ancora abituati a pensare sé stessi come il centro
del mondo, Vimpero di mezzo”. I sinologhi
insistono che questa è la chiave per capire la
Cina. Esagerano, naturalmente, ma una parte di vero c’è. Tanto più che la Cina è davvero essa stessa un mondo. Resta da sperare
che riesca a comunicare meglio che per il
passato con gli altri mondi ».
dello spazio. Anzi, riprendendo certi
temi fondamentali del giudaismo, il
cristianesimo vede nella dominazione
dello spazio una risposta degli uomini
al permesso e al comandamento che
Dio dà loro, di essere i suoi rappresentanti nella creazione.
È dunque incontestabile che la conquista dello spazio può avere un valore
positivo in una prospettiva cristiana:
essa esprime, manifesta la grandezza
deirintelligenza umana, la sua capacità di svilupparsi, la sua perseveranza
nel trionfare delle condizioni avverse,
il suo coraggio nel superare gli insuccessi.
Ma, riconosciuto e proclamato questo, l’impresa cosmica come ogni impresa umana riflette l’ambiguità dell’uomo; occorre distinguerla a filo di
un avvenimento che è lo specchio delle tensioni di questo tempo. Sarebbe
pericoloso estasiarsi beatamente alle
immagini trasmesse dalla luna. Si darebbe prova di ingenuità intonando
un Te Deum in onore dei primi passeggiatori lunari. Poiché non si tratta soltanto di una vittoria della scienza, delle tecniche, ma è anche la vittoria di una politica, che come ogni
politica comporta una volontà di dominio. La conquista della luna da
parte degli U.S.A. presenta qualche
traccia della follìa conquistatrice che
s’impadronisce dei grandi di questo
mondo. Dietro la vittoria si nascondono le rivalità; dietro il trionfo del
giorno si annidano le guerre di domani. L’arrivo degli Americani sulla
luna sottolinea le divisioni, anzi le opposizioni fra le nazioni altamente evolute in fatto di tecnica, e le nazioni
in via di sviluppo. Eccoci ben lontani
daH’unanimità, dall’universalità della
ricerca scientifica. Eccoci di nuovo
dinanzi a una supremazia del politico
e dell’economico, cioè di poteri di tipo
coercitivo, non più dinanzi alla forza
della verità.
Ma l’impresa non è soltanto ambigua, è anche parados^le. Il costo della conquista dello spazio mette in rilievo la miseria dei mezzi impegnati per
lottare contro la fame, la malattia, i
conflitti armati, lo squilibrio delle forze antagoniste. Camuffa la relativa impotenza degli uomini a organizzarsi
umanamente secondo la giustizia e
non solo secondo la potenza.
L’interrogativo, dunque, rimane: in
quale direzione si sfrutterà questo avvenimento?... si comprenderà che esso
esige un soprappiù di lucidità, di prudenza, di saggezza? L’avvenimento infatti sta per scoprirci sperimentalmente e non solo immaginativamente una
dura realtà: stiamo per vedere sui nostri schermi l’immagine anticipata di
ciò che potrebbe essere la nostra terra fra alcune centinaia di migliaia di
anni, il nostro sguardo sta per posarsi
sullo spettacolo che forse il nostro pianeta offrirà ai nostri ultimi sopravvissuti, semiaffondati nello stato ebete e
nella degenerazione di una razza che
finisce. Prima di estinguersi nell’incoscienza, presentiranno lo stadio ultimodelia storia : tutto ritorna alla polvere,
prima di rientrare nel nulla.
Uomini sulla luna : un avvenimentoshok. Esso ci pone sotto gli occhi la
tragedia del nostro destino: l’orrore
della luna prefigura quello della terra.
Occorrerà all’umanità molto corasrgio
per incassare lo shok dell’avvenimento
che sarà attutito da applausi, telegrammi di felicitazioni, commenti entusiastici. L’avvenimento ci pone di
fronte all’aiternativa : o avere il coraggio di affrontare la precarietà radicale,
la fragilità essenziale della vita e del
sapere, della cultura che ne costituiscono effimeri prolungamenti; ovvero
avere la fede totale in un Salvatore che
da questo nulla verso il quale tutto
corre farà sorgere una nuova creazione, una vita nuova. Il nihilismo freddo
e spoglio di ogni sogno, oppure l’Evangelo, la Buona Novella dell’apparizione, al di là del nulla, di nuovi cieli e
di ima nuova terra.
Pascal, scienziato e cristiano, intuiva
il senso e il valore dell’avvenimento
che l’umanità vive oggi. Prima di mettere sulla carta la propria confessione
«Il silenzio eterno di questi spazi infiniti mi atterrisce », constatava :
« Quando considero la breve durata
della mia vita, assorbita nell’etemità
che la precede e la segue, l’angusto
spazio che occupo e persino che vedo,
sprofondato (« abîmé ») nell’immensità
sconfinata degli spazi che ignoro e che
mi ignorano, mi spavento e mi stupisco
di vedermi qui piuttosto che là, perché
non vi è alcuna ragione che io sia qui
piuttosto che là...». Dove lo scienziato
è colto da vertigine, il credente spera.
Pascal sceglie l’Evangelo, pur non ignorando la possibilità del nihilismo. A
ciascuno la scelta, quando assisteremo
sui nostri schermi alla prima spedizione lunare. Gabriel Widmer
Amici dei Coiiegio
e deila Scuola Latina
La riunione già annunciata per domenica 27 corrente a S. Secondo avrà luogo, anziché alle ore 16.30, alle ore 21 dello stesso
giorno. Tutti gli amici sono invitati cordialmente.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. a) Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (To)
Notiziario
ecumen ico
_____________a cura di Roberto Peyrot
FALLITO
IL TENTATIVO DI UNIONE
ANGLICANO/METODISTA
Londra (soepi) - L’unione fra metodisti ed
anglicani non si farà, per lo meno nel futuro
immediato. Le due Chiese, riunite in due città
diverse hanno votato simultaneamente su un
progetto, che costituiva il primo passo verso
la completa unità. Perché il progetto venisse
approvato, occorreva il 75% dei voti.
A Westminster gli anglicani hanno votato
in favore del progetto in ragione del 69%.
A Birmingham i metodisti hanno votato positivamente in ragione del 77,4%.
E così che, dopo 13 anni di negoziati, cinque ore di discussione ed una mezz'ora di
preghiera silenziosa, gli anglicani, che erano
stati gli iniziatori dei negoziati hanno respinto il progetto d’unione.
L’arcivescovo di Canterbury, Ramsey ho
detto: «Naturalmente, sono triste e deluso...
Comprendo i sentimenti di coloro che vogliono conservare la tradizione cattolica nella nostra chiesa; tradizione che il progetto avrebbe salvaguardato ».
Le dichiarazioni, sia da parte metodista cheanglicana, tendono a far rilevare all’opinione
pubblica che l’unione non è che « differita ».
e che quanto prima il progetto verrà ripresentato.
PRETI DENUNCIANO TORTURE
IN SPAGNA
Parigi (soepi) - Due preti della diocesi di
Bilbao hanno reso noto che circa 125 lorocompatrioti sono stati torturati nei locali dei
commissariati delle provincie basche spagnole.
In una lettera inviata da Parigi (dove si sono rifugiati) e indirizzata al Cec, essi scrivono: «Un numero assai elevato di uomini edi donne del paese basco spagnolo, circa 125,.
sono stati arrestati negli ultimi mesi dalla
“Brigada politico social” e dalla “Guardia:
civil”... A quanto sappiamo, tutti sono stati
torturati nei locali dei commissariati ».
Nello scorso giugno 5 preti baschi, che avevano iniziato uno sciopero della fame per protestare contro le persecuzioni di cui la >opolazione basca è fatta oggetto, sono stati arrestati e condotti nei locali della polizia. U timore di fornire dei nomi sotto le torture ne
ha spinti degli altri — circa una sessantina -—
a rifugiarsi all’estero.
In un manifesto pubblicato dai preti che
hanno fatto lo sciopero della fame si può leggere fra l’altro : « Chiediamo a mons. Cir ;rda
(vescovo di Bilbao) di denunciare chiaramentel’oppressione e la violenza di cui è vittima la
popolazione basca e di lanciare un appello alla coscienza dei cristiani per quanto riguarda
le attuali torture della polizia ».
Essi sollecitano anche un’inchiesta della.
Croce Rossa internazionale sulle torture dellai
polizia.
PASTORI CUBANI
CHIEDONO DI LEVARE
IL BLOCCO AMERICANO
ALL’ ISOLA
L’Avana (soepi). - Dei pastori cubani hanno inviato messaggi ai responsabili dell’Assemblea generale della Chiesa presbiteriana imita
degli Stati Uniti coi quali viene approvata la
risoluzione presa dall’Assemblea di chiedete al
governo americano di riconoscere la repubblica di Cuba e di levare il blocco.
Un altro telegramma è pure pervenute al
segretario generale dell’Assemblea da p.irte
del moderatore della Chiesa presbiteriana riformata di Cuba.
Il blocco era stato imposto nell’ottobre del
1962 dal presidente Kennedy, quando degli
aerei americani avevano registrato la presenza
dei missili balistici importati dall’URSS a
Cuba.
iiiiitiiiitmiiiimii
uimiimiiimmiMuiiii
Bitorniaiiio al “movinieuto valdese,y
(segue da pag. 1)
gruppi, fratelli più favoriti dalla grazia, pronti a servire gli altri che saranno chiamati a stringersi intorno al
Cristo, e che nessuno classificherà più
in membri comunicanti o elettori o
simpatizzanti od in altri modi « ecclesiastici ». Unica distinzione reale fra
coloro che parteciperanno anche di
passata al movimento valdese sarà
quella tra i figli di Dio ed i figli del
mondo. Ma questa distinzione non
sarà fatta da occhio umano : la faranno gli angeli nel giorno della mietitura. Fino a quel giorno, il Signore veda
solo tra i valdesi dei servitori che tentino di aiutare in ogni modo gli uomini in mezzo ai quali li avrà posti,
nutrendosi e nutrendo gli altri, anzitutto, della sua Parola.
Nella sua opera « Il rinnovamento
cattolico in Italia e la missione del
Valdisrno», Ugo Janni scriveva: «So
il Val^smo non intende rinunziare
definitivamente alla grande missione
a^ cui è chiamato, pur senza cessare
di essere una Chiesa, deve idealmente
far rivivere nella sua coscienza come
una passione e trovare il modo di riconquistare di fatto in tutta la pienezza della realtà il carattere di "movimento ; diciamo, di movimento intrinseco alla vita religiosa dell’intero
popolo italiano per una finalità universalmentc rivoluzionaria ». Non eredo che il Valdisrno possa far questo
senza cessare di essere chiesa, e le ragioni me ne sembrano evidenti; ma,
significato fondamentale,
quest affermazione del grande pastore
di San Remo esprime, a mio parere,
imperativo categorico che è imposto
da sernpre al popolo valdese. Anche
dei valdesi si può e si deve dire : o
siano come nacquero, o non siano.
Lino de Nicola