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Anno 119 - n. 17
29 aprile 1983
L. 500
Sped, abbonamonto postale
I gruppo bis/70
In caso di mancato recapito rispedire
a: casella postale - 10066 Torre Pellice.
Sig, FELLEGP.IM Elio
Via Caduti Libarla’ 3
10066 TORRE PELLICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE VALDESI E METODISTE
POTERE POLITICO E QUESTIONE MORALE
È ormai certo: si terranno tra
breve le elezioni politiche anticipate; manca solo la definizione
della data, ma i partiti si sentono già in campagna elettorale e
fanno conoscere le loro visioni
partigiane.
I grandi temi della campagna
elettorale sono davanti a noi: la
pace e il disarmo, la crisi economica e la direzione dei mutamenti del sistema produttivo italiano,
la questione morale, la questione
istituzionale, la criminalità organizzata.
Queste elezioni dovranno servire in altre parole a cercare di
risolvere l’annosa questione della
governabilità dell’Italia, caratterizzata da continue crisi di governo (sei governi dal 'J9 ad oggi) a
causa dei frequenti contrasti interni tra i partiti che hanno fatto parte delle varie coalizioni.
È la questione che proprio il
partito che più di altri ha voluto
le elezioni anticipate, il PSI, aveva già posto nel suo programma
elettorale del ’79. Si tratta però
di un obiettivo difficile da conseguire. Allo stato attuale delle discussioni tra i partiti non sembrano esistere le condizioni per
un programma comune della sinistra ehe possa dare stabilità ai
governi, né sono pensabili formule di governo e programmi di tipo centrista alTinsegna della
« nuova statualità » di De Mita e
che escludano il PSI.
È quindi molto probabile che
governabilità significhi ancora
« centralità » socialista e, credo,
questo sarà infatti il tema politico centrale delle prossime elezioni. Poiché le rivendicazioni socialiste sulla centralità non sono
dettate esclusivamente dalla collocazione spaziale del PSI nell’arco politico, sarà interessante verificare se la strategia della centralità sia capace di attrarre nuovi ceti sociali e di accrescere il
seguito elettorale del partito. La
domanda a cui le elezioni dovranno dar risposta è quella se
il PSI sia il portatore credibile
di rivendicazioni di stabilità e di
riforme che legittimino una sua
centralità nelle coalizioni di governo, nell’ipotesi di una possibile alternanza dei suoi partners
principali (DC e PCI).
È evidente che la centralità socialista si potrà avere solo se il
PSI supererà la soglia del 15%
dei voti. Si tratta grosso modo
del risultato medio ottenuto da
questo partito nelle elezioni parziali dal ’79 ad oggi. Un risultato
che riporterebbe il PSI alla sua
dimensione dell’inizio degli anni
60 e che in presenza di un possibile declino democristiano rlequilibrerebbe sia il centro che la sinistra.
Nel sistema politico italiano
queste elezioni serviranno dunque a sciogliere il nodo della questione socialista. Ma per scioglierlo è indispensabile andare
oltre agli incrementi percentuali ed uscire dalle ambiguità rispetto alla visione complessiva
del sistema politico. La centralità può essere una tappa dell’alternanza, a patto che questa sia
definita anche in un programma.
Giorgio Gardlol
Cerchiamo il bene della città
La nostra scommessa è che il potere politico non sia necessariamente un male, ma per essere accettabile esso deve essere bilanciato da un’etica del servizio e dell intransigenza
Un teatro torinese zeppo all’inverosimile in ogni ordine di
posti ha ospitato la settimana
scorsa una tavola rotonda sul tema « I partiti, la politica, una
città », con la partecipazione di
Gianni Baget Bozzo, Luigi Firpo,
Diego Novelli e Pietro Ingrao,
moderatore Gianpaolo Pansa. Nel
corso del dibattito è stata in
fondo affrontata la domanda centrale del nostro tempo percorso da scandali e sfiducia: la politica è un male in sé?
Potere e
compromesso
Ci vorrebbe molto poco a rispondere oggi in modo affermativo a questa domanda. Quanto
siamo lontani dalla teorizzazione di Hegel che vedeva nello stato l’espressione dell’interesse so^
ciale che sovrasta gli interessi
particolari, i cui compiti e poteri sono affidati ad un ceto di
funzionari selezionati unicamente in base alla capacità e alla
preparazione! Molto più vicina
a noi è la somiglianza che riconosceva Schumpeter tra operatori economici e operatori politici. Per gli uni e per gli altri
esiste una molla, un fine al di
sopra di tutto: per i primi il
profitto, per i secondi il potere,
per cui se anche esiste, nell’economia come nella politica, una fun
zione sociale, questa passa in secondo piano come realtà secondaria la cui realizzazione è aleatoria e incidentale.
E là dove il potere è diventato il fine dell’azione di chi si
muove professionalmente — e
cioè a pieno tempo, come proprio mestiere — per conquistarlo
o mantenerlo, il mezzo principale nella nostra epoca così poco
rivoluzionaria non può che essere il compromesso. Oggi si usa
un termine molto più elegante,
mediazione. Ma la realtà non
cambia: è attraverso continui
compromessi tra interessi diversi (compromessi spesso molto
spregiudicati nella loro capacità
di mutare) che si articola il gioco politico del montare o tenersi
in sella.
Ma se non c’è ehe potere come
fine e compromesso come mezzo, allora un progressivo disfacimento è inevitabile. Da una parte sfuma e si sbiadisce il confine
tra il lecito e l’illecito e la corruzione diventa di casa; dall’altra cresce come un'ombra che
si allunga l’ingovernabilità, la
sterilità del compromesso continuo.
Il potere politico è dunque un
male in sé? La nostra scommessa è che non lo è necessariamente. Il potere deve essere malgrado tutto bilanciato dal servizio.
Non si può governare senza potere, ma solo il servizio può' ricondurlo alla sua dimensione di
Villaggio "G. Caracciolo"
Una veduta del villaggio costruito dalla Federazione Chiese Evangeliche a Ponticelli (NA). Servizio a p. 5.
funzione pubblica. Non si può far
politica senza compromessi, tr(>
vando una posizione mediana rispetto alle posizioni di parten^,
ma solo l'intransigenza limita
l’esercizio del compromesso impedendogli di soccombere alla
propria tendenza autodistruttrice.
Noi credenti abbiamo tma specifica responsabilità in questa
PREDICAZIONE PER L’INAUGURAZIONE DEL VILLAGGIO PONTICELLI
Ricordati che fosti schiavo..,’’
« Quando presterai qualsivoglia cosa al tuo prossimo, non entrerai in casa sua per prendere il suo pegno; te ne starai di fuori,
e l’uomo a cui avrai fatto il prestito, ti porterà il pegno fuori.
E se quell’uomo è povero, non ti coricherai, avendo ancora il suo
pegno. Non mancherai di restituirgli il pegno, al tramonto del sole,
affinché egli possa dormire nel suo mantello, e benedirti; e questo
ti sarà contato come un atto di giustizia agli occhi delTEtemo, ch’è
il tuo Dio.
Non conculcherai il diritto dello straniero o dell’orfano e non
prenderai in pegno la veste delia vedova; ma ti ricorderai che sei
stato schiavo in Egitto, e che di là, ti ha redento l’Eterno l’Iddio
tuo; perciò io ti comando che tu faccia cosi. Allorché, facendo la
mietitura nel tuo campo, vi avrai dimenticato qualche manipolo,
non tornerai indietro a prenderlo; sarà per lo straniero, per l’orfano e per la vedova, affinché l’Eterno, il tuo Dio, ti benedica in
tutta l’opera delle tue mani.
Quando scoierai i tuoi ulivi, non starai a cercar le ulive, rimaste sui rami; saranno per lo straniero, per l’orfano e per la vedova. Quando vendemmierai la tua vigna, non starai a coglierne i
raspolli, saranno per lo straniero, per l’orfano e per la vedova. E
ti ricorderai che sei stato schiavo nel paese d’Egitto; perciò ti comando che tu faccia cosi ».
(Deuteronomio 24: 10-13, 17-22)
Nella sua cornice letteraria, il
Deuteronomio ci viene presentato come la raccolta di 4 discorsi
che Mose pronunzia dinanzi al
popolo e con i quali riassume i
comandamenti, le leggi e le disposizioni di Dio per Israele. Dopo quarant’anni di peregrinazioni nel deserto, finalmente Israele sta per entrare nella terra promessa, la terra dove scorre il latte e il miele, la terra che era
stata di Abramo Isacco e Giacobbe.
Secondo l’autore del Deuteronomio, Mósè prevede due pericoli per Israele. Il primo è quello dell’orgoglio, quello cioè di
pensare che l’entrata in Canaan
sia il giusto premio alla perseveranza, alla giustizia, alla bontà
del popolo. No — afferma Mósè
— non è per questi motivi che
tu entri oggi nella terra promes
sa. Anzi: tu sei un popolo dal
collo duro, disubbidiente, ingiusto, malvagio. Se oggi entri in
Canaan è soltanto perché Dio ha
usato misericordia verso di te,
perché Dio ti regala questo paese. Non è perché tu sia migliore
o pià giusto degli altri popoli,
ma perché il Signore ti ha amato.
Questo concetto è sottolineato
più volte e con grande veemenza
nei primi capitoli del Deuteronomio.
Il secondo pericolo che Mosè
intravvede è che il popolo presto
dimentichi di esser stato schiavo in Egitto e di esser stato liberato dall’Eterno con mano potente e braccio disteso. Questo
popolo che sta per abbandonare
le sue tende provvisorie ed insediarsi in case di pietra, rischia
di diventare troppo attaccato alle sue cose, egoista, preoccupato
solo di sé. Diremmo opgi: di imborghesirsi. E allora il Signore
lo avverte: ricordati che sei stato schiavo, che sei stato oppresso, che sei appena uscito dalla
casa di servitù per l’intervento
di Dio. Questo pensiero è messo in rilievo nel testo che abbiamo letto, con l’indicazione dei
diritti del povero, dello straniero, dell’orfano e della vedova e
Piero Bensi
(continua a pag. 12)
scommessa, anche se può apparire assurda e irreale. Pensiamo
a quanto doveva suonare assurda e irreale l’indicazione che Geremia dava ai giudei esuli in Babilonia scrivendo loro « cercate
il bene della città dove io vi ho
fatto menare in cattività » (Ger.
29: 7). A dei deportati lontani
da casa loro cosa poteva importare della città che li ospitava e
confinava? Non era assurdo e irreale cercarne il bene? Non era
molto più losfico e realistico
estraniarsi dalla città cercando
se mai il bene del proprio gruppo? E’ la tentazione che corre
Quella parte dell’evangelismo italiano, anche alTinterno delle nostre chiese, che non conosce alcuna scommessa, alcuna sfida
della vocazione biblica in faccia
alla città. Ma occorre resistere
a questa tentazione. Anche se a
volte ci sentiamo un po’ stranieri e denortati, occorre raccogliere la sfida del nortare il nostro
snecifico contributo per il bene
della città; quel contributo che
— senza pretendere che sia nostro in esclusiva — mi pare appunto consistere nel servizio e
nell’intransiqenza che possono
temperare il potere e il compromesso.
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 2)
SOMMARIO
□ G. Caracciolo, marchese di Vico, di S.
Caponetto, p. 3
□ Inaugurato a Ponticelli il villaggio della
FCEI, di P. Fiorio, p. 5
n Si apre a Grottaglie
(TA) una sala valdese, a cura di S. Ricciardi, p. 7
□ Il lavoro dipendente
nelle opere della chiesa, di G. Peyrot, p. 11
□ La follia nucleare, di
.. /?, Peyrof, p. 12
2
2 fede e cultura
29 aprile 1983
IL GIUDIZIO NON
E’ CONTRO L’AMORE
Che il protaponlsmo di Giovanni Paolo Il urti la senslBlIità protestante è
stato detto più voite, ma ciò che lascia più sconcertati sono i suoi viaggi
« pastorali » nel terzo mondo e in particolare nell’America Latina.
Sconcerta la forma. È ben strana questa forma « pastorale » fatta con tutti
i particolari del . capo di Stato », con
straordinario apparato di polizia, auto
blindate, strette di mano con le massime autorità, di qualsiasi tipo esse
siano, e anche con enorme spreco di
denaro. Ma questo potrebbe essere affare suo. ii fatto più grave è che egii
non si presenta né come « sovrano della Città del Vaticano » e neppure come
« capo delia Chiesa cattolica romana »,
ma apertamente come ii « vicario di
Cristo » e non perde occasione per
proclamare questa qualità.
Tutto l'apparato che viene preparato,
la propaganda che viene fatta sono riI volte a creare nelle masse l'attesa di
una parola di « autorità divina »; il « supremo pastore delle anime » va incontro al suo gregge. Nella realtà rimane il
sovrano che tratta alla pari con gli altri sovrani e concede un benevolo sorr riso ai sudditi, al punto che se la genI te fischia è « sacrilegio », ma se ad
accogiierlo è un capo di Stato universalmente accusato di violenta oppressione è soltanto un particolare diplomatico.
Più ancora che la forma, turba il contenuto dei messaggi che questo « vicario di Cristo » dà aiie masse che attendono. È ben difficile trovare qualche
cosa che sia sostanziaimente diverso
da quanto viene comunemente detto e
neila forma più astratta possibile: appelli alla pace, generiche richieste di
giustizia sociale, inviti all’incontro fra
le parti contendenti: tutto ben misurato in modo tale che nessuno si senta
direttamente messo in causa. Anzi, chi
si sente messo in causa non è l'oppressore, ma chi si ribella all'oppressione. Quando non si sa usare il linguaggio dell Evangelo che per astrattezze
diplomatiche, non è forse meglio tacere e starsene a casa? Se non venisse
così compromesso il nome di Cristo,
non ci sentiremmo coinvolti, ma tutto
questo è stato fatto ed è fatto nel nome di Cristo e, come credenti, non
possiamo rimanere indifferenti, come
non rimaniamo indifferenti al fatto che
si chiami « protestante » un capo di
Stato come Reagan, benché egli non
sia un « pastore d'anime », ma un politico rappresentante la parte più conservatrice del suo paese.
Che qualcuno sia insorto contro questo modo di compromettere il nome di
Cristo dovrebbe farci seriamente pensare, tanto più che si ha l'impressione
che — a livello internazionale — spesso
I ecumenismo si confonda con il conformismo. Che poi la protesta si sia
espressa in termini biblici, scaturendo
da una sofferta meditazione del messaggio profetico abbondantemente ripreso dal Nuovo Testamento, dovrebbe
ancor più farci riflettere. Per questo
sconcertano certe proteste elevate contro la pubblicazione sul nostro settimanale della poesia di Franco Barbero.
Posso comprendere il dolore del priore
Giuseppe Trombetto (senza condividere
la visceralltà della sua reazione) per il
quale il papato — voglia o non voglia
— rimane di fatto il punto fondamentale
di appoggio della sua fede.
Comprendo meno le reazioni di protestanti, o forse le comprendo con un
certo dolore, perché dovrei constatare
che del messaggio biblico si è rimasti
molto alla superficie. Si ha quasi l’impressione ohe si rovesci l’atteggiamento di Gesù, severo con i potenti e
aperto con i deboli. Il passo di Luca 1:
51-53 sembra proprio che venga rovesciato, perché si contestano gli umili e
si ha molto a cuore l'onore dei'potenti.
Sembra ancora che l’annuncio del giudizio di Dio non sia più inteso come
richiamo a conversione, ma come atto
contrario all'amore, come se la Bibbia
non fosse piena di questo richiamo.
Tutto questo mi sembra molto grave
per dei credenti che affermano essere
la Parola di Dio fondamento della propria fede. Mi domando io stesso: cosa
ho predicato, quand'ero pastore a Torre Pellice, perché siano possibili tali
fraintendimenti?
Alfredo Sonellì, Firenze
VERO E FALSO
ECUMENISMO
Caro Eco,
lontano dalle Valli ti leggo sempre
con interesse perché mi porti notizie
della Chiesa che per decenni ho servito. A volte consento ed a volte dissento. Cosi mi si è aperto il cuore leggendo la coraggiosa poesia ohe avete pubblicato del sacerdote romano Barbero
che, nello spiritò~ecumenTco, ' considero più che mai fratello. Ma mi ha poi
causato pena la levata di scudi che ne
è seguita e la mentalità da ostracismo
che purtroppo molti Valdesi hanno manifestato. In nome dell'ecumenismo?
Ma quale ecumenismo? Quello basato
sulla Parola di Dio, sulla ricerca della
verità, senza peli sulla lingua; od il
falso ecumenismo che è diventato sinonimo di cortesie e di inchini, di visite e controvisite fra papi e vescovi
di diverse confessioni? I Valdesi non
accettano il papato, altri sì, ma lo si
accetti o no. chi si proclama il Vicario
di Cristo deve sforzarsi di esserlo non
a parole ma a fatti. Un libro che mi ha
molto impressionato nella mia gioventù era intitolato ■■ Cosa farebbe Gesù? ». Abbiamo pur diritto di chiedèrc&lo a proposito del papa attuale e di
quelli di ieri. Gesù avrebbe stretto la
mano, senza dirgli non parole generiche di pace, ma indicandogli il proprio
peccato, a dittatori che per difendere
Mammona ammazzano i poveri? E se
pensiamo che il papa abbia errato non
è nostro dovete ecumenico di dirglielo?
Il viaggio nel Centro America a mio parere era più politico che pastorale e
contribuiva a ridare ai dittatori il loro
Centro Filadelfia
Via Colla, 20 - Tel. 011 /9586208 - Rivoli (To)
Liceo Linguistico
(legalmente riconosciuto)
Filadelfia School of English
(corsi di lingue inglese, francese
e tedesca)
Centro Convegni
(seminari, raduni, corsi residenziali, traduzioni simultanee, uso
di locali)
volto di perbenismo che era venuto meno. IDove_va_[aJ[fiit2 Si allea al dittatore dSl Guatemala che ogni domenica
parla alla radio nel nome del Signore
per poi sempre nel nome del Signore
dar ordine di sterminio di indios? Dove sono i Valdesi che per secoli hanno
lottato per la verità della Sacra Scrittura ed oggi vorrebbero far tacere le
parole dei profeti, che si adattano perfettamente alle nostre situazioni? Grazie, Barbero, perché quando siamo venuti meno hai avuto il coraggio di ricordare una parola del profeta che doveva esser detta. A quanto pare molti
Valdesi oggi preferiscono la buona educazione alla voce rude dei profeti:
grazie. Eco, per aver dato spazio a
Barbero e grazie se pubblichi queste
mie amare parole di dissenso a fratelli
che, appunto perché amo, invito alla
riflessione.
Cordialmente Guido Rivoir, Lugano
UN CONStGLIO
ALLA REDAZIONE
Caro direttore,
ho letto con notevole stupore sul n.
13 de «La Luce» le lettere indignate
per la pubblicazione dei versi « A Giovanni Paolo 11 » di Franco Barbero. La
meraviglia non è dovuta a ciò che
scrive il Sig. Giuseppe Trombetto (a
parte il tono insolente ed infantile):
probabilmente egli ritiene che il papa
sia il « Vicario di Cristo » (così lo chiama abitualmente anche il « laico » quotidiano « La Stampa ») e che qualunque
cosa faccia debba essere al di'fùSrl'Tij
ogñr'possifaire crTfiga." ClS—che mT~TTa
colpìtoT'e^stato il coro unanime delle
altre lettere, quelle dei protestanti.
Nessuno di essi, come neppure il Trombotto, entra nel merito della posizione
espressa da Barbero, che, come hai
puntualizzato bene nella risposta, è
condivisa da una parte dell'opinione
pubblica, anche cattolica, e che del viag.
gio del papa evidenzia l'oggettivo significato politico di legittimazione alle
violenze perpetrate in molti stati dell'America centrale. Ciò che li indigna
è dunque il fatto che si osi criticare
con fermezza il pontefice romano, perché certamente, visto il tono delle loro
lettere, non si sarebbero scandalizzati
di critiche, anche dure, rivolte ad altri potenti della terra.
Dei protestanti italiani (spero pochi)
ritengono che il papa debba essere
circondato da una intoccabile aura di
sacralità ed impersoni di per sé dei
vàldri ifiorali e religiosi, che prescindono dai suoi comportamenti. La mitologia cattolica è dunque penetrata ariitTe
in altre'ctntnre.
Mi stupisce inoltre il concetto di
ecumenismo che emerge da una delle
lettere. Si tratta di fare « studi e conferenze », non di confrontare l'evangelo con noi stessi e la realtà che viviamo, di rimpiangere « le ingiustizie e
le crudeltà perpetrate contro il popolo
valdese e altri evangelici », non di lottare contro quelle che quotidianamente
si esercitano nel mondo odierno.
Permettimi, per concludere, un consiglio: non pubblicare nessuna delle
tante pagine di Lutero nelle quali il
papa viene chiamato « l'Anticristo ».
Potresti veder diminuire il numero dei
lettori « protestanti » del tuo ottimo settimanale.
Cesare Bianco, Torino
IL PAESE NON
L’HA CONOSCIUTO
Spett.le Redazione,
Sono un cattolico abbonato alla vostra rivista.. Pensavo, o almeno speravo,
che fra i valdesi non fosse presente in
così grande misura quel timore reverenziale che circonda il papato come
istituzione e papa Giovanni Paolo II in
particolare. Quali poi siano stati gli
esiti del viaggio del papa in Centro America sono sotto gli occhi di tutti; pensavo però che fossero solo certi cattolici a volere e dovere sempre e comunque magnificare il pontefice. Mi permetto solo di riportare una citazione
tratta dall'Intervista del gesuita Pedraz
dell'Università Centroamericana di San
Salvador (D. Del Rio, Repubblica,
11.3.83): «Che cosa ha conosciuto di
questo paese? All'aeroporto c'è stato
un lungo corteo di autorità e di potenti
che sono andati a salutarlo. Dov’erano
gli operai, i campesinos, i sindacalisti?
Il iricevimento del Papa in Salvador è
stato perfetto. Una cosa ricamata, preziosa. C'è stata una liturgia di grande
esattezza, una riunione esemplare con
il clero. Ma il Papa non ha conosciuto
questo paese ». Don Barbero non ha
fatto altro che esprimere con stile profetico da Antico Testamento, cosa per
altro completamente legittima, sentimenti e convinzioni proprie di molti
cristiani rimasti giustamente ,« scandalizzati » da ciò che Giovanni F’aolo il
ha fatto e detto in Centro America.
Trovo quindi ohe sia stato un atto
assai positivo, da parte vostra, l’aver
pubblicato tale scritto, dando così voce
a ciò che troppo spesso in troppi ambienti si preferisce non sentire.
Enzo Bozzolo, Lisio (CN)
Di diverse altre lettere possiamo solo
dare sommaria informazione.
Hanno scritto esprimendo II loro dissenso dalla pubblicazione dei versi di
Barbero Bruno Lombardi Boccia, pres.
dell’Qspedale Ev. Internazionale di Genova e Evelina Rossini di Bogliasco
(GE) approvando l'uno la lettera di Anita Simeoni, l'altra quella di Vittoria
Stocchetti.
Felice Morello, cattolico di Pinerolo
è fiducioso che grazie ai misteriosi disegni di Dio, don F. Barbero « ritornerà nelle braccia di santa Madre Chiesa
dopo averla tanto combattuta ».
Laura Deodato di Roma ritiene che il^
direttore del giornale abbia fatto bene
a pubblicare la poesia di Franco Barbero di cui apprezza il coraggio.
In una lettera esprimono solidarietà
alla redazione dell’Eco-Luce (che considerano « un giornale libero, quindi valido in quanto ci fornisce delle informazioni e ci dà dei messaggi autentici perché libera espressione di chi scrive »),
Massimo Rivoirg^ Anita Tron, Carmela
Riggi, Adriano Cenghlalta, Thomas Elser e Andrea Geymonat di Pomaretto.
Enrico Long di Qspedaletti (IM) ritiene che mentre per altri il vino della
botte di F. Barbero è « altamente indigeribile », per lui esso è « spumeggiante, delizioso e tonificante ».
Carlo Vicari da Tokyo ritiene che la
polemica ,« farebbe' bene alla nostra
fede annacquata, alla nostra fedeltà da
routine » e auspica che si sia più spesso « disponibili a questa giusta ira, non
per odio o per amore di sterili polemiche, bensì per amore della verità e
della fedeltà al Signore ».
Guglielmo Sellar! di Torino ricorda
che Gesù « avrebbe potuto benissimo
accettare la religiosità del suo tempo
e nessuno lo avrebbe molestato ». Ma
lui aveva una missione precisa. « Noi,
chiede Sellari, ne abbiamo una? ».
'Manfredi Caniglia, cattolico di Genova, esprimendo solidarietà a F. Barbero osserva che il contesto si sta degradando e che esso .« lascia ormai poco spazio alle "poesie", invitando a
rimboccarsi insieme le maniche al motto di « Pradeltorno non deve cadere ».
GROTTAGLIE (TA) — Domenica 1“
maggio inaugurazione del nuovo locale
di culto in via Mascagni 5. Qre 10 culto con S. Cena: ore 16.30 messaggi e
saluti e ore 17.30 conferenza del prof.
Paolo Ricca su « Martin Lutero e Thomas Müntzer, la fede .cristiana e l'impegno politico ».
TORINO — La Ligue internationale de
l'Enseignement, de l'éducation et de la
culture populaire e l'Unione Cristiana
delle Giovani organizzano per mercoledì 4 maggio alle ore 21, nella sede
YWCA-UCDG via S. Secondo 70, una
conferenza di M. Pierre Lamarque, vice-presidente onorario della Ligue Internationale su « Separation des Eglises
et de l'Etat en France ».
NAPOLI — Le Chiese evangeliche della Campania organizzano per giovedì 5
maggio una tavola rotonda sul « Documento sull'Ecumenismo » con la partecipazione del prof. Galeota, cattolico,
della prof.ssa Adriana Valerio delle
Comunità di base e del pastore avventista Luigi Roncavasaglia. Sala della Chiesa cattolica del Gesù nuovo.
TORINO — Domenica 8 maggio alle
ore 15.30 nella Chiesa battista di via
Viterbo 119 avrà luogo l'annuale festa
di canto delle Scuole domenicali di
Torino e dintorni.
MILANO — Domenica 15 maggio alle ore 15.30 nei locali della Chiesa valdese di via F. Sforza 12/A si terrà la
festa di canto delle scuole domenicali
di Milano.
Cerchiamo
il bene
deiia città
(segue da pag. 1)
Servizio e
intransigenza
Servizio è la scuola del gratuito. Ma non pensiamo di esserne
gli insegnanti. Nel nostro ambito, dopo gli anni d’oro di Agape
che ha formato due o tre generazioni, oggi i giovani non sanno
più cosa vuol dire gratuito, segno che in casa non lo imparano
più. Dopo la primavera della
scoperta politica degli anni '60
e la sua interpretazione in chiave di servizio molto più che di
potere, un grigio autunno di disimpegno sembra essere penetrato anche in casa nostra.
Eppure, chi meglio di noi dovrebbe sapere cosa vuol dire
servizio? Chi meglio dei discepoli di colui che è venuto non
per essere servito ma per servire, che ha dato come servizio
estremo la sua vita stessa? E’ alla sua scuola che abbiamo da
reimparare il servizio, con i suoi
caratteri inconfondibili di gratuità e disinteresse, di assenza
di calcolo, di prossimità a coloro che sono più distanti, di lotta
per la giustizia intesa non come
pulita equidistanza ma come sostegno del diritto dei più deboli,
degli indifesi. Tutto questo può
sembrare utopia, nel campo della vita pubblica. Eppure, relegare queste conseguenze dell’Evangelo nel chiuso delle nostre relazioni private o ancor più del nostro bellissimo santuario interiore, significa accettare un Evangelo dimezzato.
Intransigenza è la spina dorsale della questione morale, il
limite invalicabile posto al compromesso. Baget Bozzo dice che
la morale non consiste in quello
che si fa, ma in quello che non
si fa a nessun costo. Su cui cioè
non si transige. E qui in primo
piano viene l’esigenza fondamentale e di una spaventosa urgenza
per la vita politica: il non usare
il pubblico in funzione del privato, sia esso individuale o di partito. Senza una decisa risposta
a questa esigenza non si esce dal
pantano.
Ma l’etica ha bisogno anche di
un’intransigenza positiva, di un
« dover fare a tutti i costi ». Non
basta non rubare, sono necessari altri modi intransigenti di far
politica. Penso per esempio alla
necessità di chiarezza nel linguaggio, nel costume e anche
nelle leggi, all’esigenza che la
parola serva a definire, ordinare
e progredire anziché a nascondere, confondere e paralizzare.
O alla necessità di lungimiranza
nelle scelte, nella programmazione, all'esigenz.a di non cedere
alla schiavitù del breve termine, del vantaggio immediato, ma
di pensare in funzione della città di domani, delle generazioni a venire. Queste e altre forme di intransigenza potranno
sembrare suicide nel campo della vita pubblica. Ma lo sono forse più del compromesso illimitato?
Dal basso
Pochi sono tra noi quelli che
fanno politica professionalmente, ma è chiaro che tutto questo
non può riguardare solo loro. Anche se a livelli molto modesti e
con spiragli minimi di rilevanza pubblica, l’azione di ogni credente può portare un contributo
di servizio e di intransigenza. E’
il nostro contributo che non può
essere delegato ad altri, perché
servizio e intransigenza si costruiscono dal basso, non calano
dall’alto. E’ il nostro contributo
perché il potere e il compromesso non siano la tomba della cosa
pubblica. E’ il nostro contributo nel tentativo di rispondere
aU’appello di cercare il bene della città di cui siamo parte.
Franco Giampìccoll
3
r
29 aprile 1983
fede e cultura 3
UNA BELLA FIGURA DI RIFORMATO DEL XV SECOLO
G. Caracciolo, marchese di Vico
Molti si chiederanno chi fu il Galeazzo Caracciolo a cui
è stato intitolato il villaggio di 60 case prefabbricate costruito
dalla Federazione Evangelica a Ponticelli (NA),_ inaugurato
domenica 17 aprile (vedi servizio a p. 5). Abbiamo chiesto
perciò al prof. Salvatore Caponetto di rievocare per i nostri
lettori la figura di questo esule riformato del '500.
Nel 1541 Marcantonio Flaminio, il maggiore dei seguaci del riformatore spagnolo Juan de Valdés, inviava da Viterbo una lunga
lettera a Galeazzo Caracciolo, figlio di Colantonio, marchese di
Vico, con la quale gli esprimeva
commosso la soddisfazione sua,
del card. Reginald Fole e di Vittoria Colonna, per la lieta notizia
della sua « vocazione ». Infatti il
giovane nobile, a soli 24 anni,
dietro la spinta di Gian Francesco Alois e di altri valdesiani, si
era volto allo studio della Sacra
Scrittura e intendeva rinunciare a una vita fondata quasi esclusivamente sull’onore e il prestigio
familiare, alla quale il padre lo
aveva destinato facendolo accogliere alla corte dell’imperatore
Carlo V.
Ma rincontro decisivo per la
sua conversione al protestantesimo avvenne qualche anno più
tardi a Strasburgo, dove rivide
l’ex priore di San Frediano di
Lucca, il dottissimo Pietro Martire Vermigli, passato alla Riforma nel 1542, le cui prediche aveva ascoltato a Napoli alcuni anni
prima. Vermigli gli fece comprendere la necessità di non fermarsi all’articolo della giustificazione per la sola fede nel riscatto
operato da Gesù Cristo con il suo
sacrificio, come continuava a fare la maggior parte dei seguaci
del Valdés, ma di procedere oltre
nel cammino della conoscenza
dell’Evangelo liberandosi dalle
« idolatrie » della Chiesa romana.
Dopo una lunga lotta interiore
il futuro marchese di Vico prendeva la decisione di rifugiarsi
nella Ginevra di Calvino. Abbandonava tutto per ubbidire a un
ordine imperioso della coscienza
illuminata dalla grazia di Dio; la
moglie e i figli, nati dal matrimonio con Vittoria Farnese; i beni;
il titolo nobiliare e la carriera
politica così bene avviata. Nel
giugno del 1551 chiedeva asilo al
governo ginevrino. Appena arrivato si legò al gruppo dei rifugiati italiani, che si accrebbe negli anni dal ’50 al ’70 circa per
l’arrivo di esuli di ogni parte della penisola, sfuggiti alla spietata
repressione deU’Inquisizione romana e spagnola.
Contribuì aU’ordinamento della comunità italiana, alla fondazione della Borsa dei poveri, che
durerà fino all’Ottocento, alla nomina dei primi pastori: il senese Lattanzio Rognoni, conosciuto
a Napoli nei circoli valdesiani e
poi il conte bresciano Massimi
liano Martinengo, già confratello
di Pietro Martire Vermigli a Lucca. Ne fu il personaggio più autorevole e fece opera di mediazione con l’ambiente ginevrino,
avendo riguardo ai bisogni e alle
difficoltà di ambientazione delle
persone più modeste che con piacere lo vedevano al mercato a
farsi la spesa, dimentico oramai
della vita cortigiana. Nel 1555 gli
fu concessa la cittadinanza ginevrina con questa motivazione;
« Il est homme honorable et renommé et prince et excellent en
Italie, qui est venu ici pour l’Evangile ».
Ma la sua vita lontano dalla
moglie, dai figli e dalla patria
non poteva trascorrere serena e
priva delle tentazioni della nostalgia. Inoltre il padre non si dava pace per la pazzia dell’unico
figlio maschio.
Si adoperò fino ad ottenere
dall’inflessibile Paolo IV, che gli
era parente, la possibilità per
Galeazzo di riunirsi con la famiglia in territorio veneziano e cola vivere indisturbato. Ma tutti
i tentativi familiari per indurlo
ad abbandonare la fede evangelica oppure a vivere nella simulazione, furono vani; né d’altro
canto riuscì a lui di persuadere
la moglie a seguirlo a Ginevra.
Nell’ultimo incontro a Vico, dove
Galeazzo si era recato correndo
un grave rischio. Vittoria gli negò l’affetto coniugale per l’espresso divieto del confessore.
Ritornato a Ginevra il signor
EDIZIONI CLAUDIANA
Il Padre nostro non è un rito
ma un programma di vita
Forse non sarebbe neanche il
caso di ritornare sul problema
dell’« utilità » e del significato
della preghiera se ogni tanto non
si levasse qualcuno a ricordarci
che siamo in un tempo in cui c’è
bisogno di fatti e non di parole
(e ancor meno quindi di preghiere...). Ma se da un lato affermazioni di questo genere ci possono procurare un certo fastidio,
daH’altro bisogna anche riconoscere che non sarebbe un buon
credente, calato nella realtà
odierna, colui che si ponesse di
fronte alla preghiera senza un
minimo di problematica e forse
di malessere. Le posizioni, anche le più radicali, di rifiuto della preghiera contengono questo
di vero infatti, che può essere
condiviso da ogni cristiano o almeno portarlo a riflettere; il
mondo (almeno un certo mondo) è stanco di formule, di riti,
di vuote parole senza nessun legame con la realtà; la cultura
contemporanea è particolarmente sensibile a valori come l’immediatezza, la spontaneità, la sincerità e anche molti cristiani che
giustamente apprezzano tali valori, si domandano se abbia ancora un senso rivolgersi a Dio
ripetendo di giorno in giorno, di
settimana in settimana, sempre
le stesse parole, fossero pure
quelle del Padre nostro. Forse
che le parole e gli insegnamenti
di Gesù devono essere presi alla
lettera, senza nessuna attualizzazione? O forse non ci ha insegnato una sana teologia che ogni
nostra azione può essere e di
fatto è preghiera, lode e adorazione, Se viviamo nello Spirito?
Bene ha fatto dunque il Benecchi ' a mettere subito in evidenza che i] Padre nostro non è
stato dato ai discepoli come una
formula, per quanto perfetta, di
preghiera, quanto piuttosto come un programma di vita, una
specie di carta costituzionale del
la comunità, così come pare facessero anche altri maestri del
tempo con i loro gruppi. E bene
ha fatto anche a prendere il Padre nostro come paradigmatico
di ogni tipo di preghiera, dal momento che per noi cristiani questa è la preghiera per eccellenza
e una volta « giustificata » questa si potrà meglio capire ogni
altra preghiera.
Non so se sia stata questa una
delle intenzioni più consapevoli
dell’autore, ma certo molti lettori, soprattutto povani, potranno
passare dalla riscoperta del Padre nostro ad una riscoperta del
profondo significato che si cela
dietro la vecchia e arrugginita
definizione di preghiera: elevazione della mente a Dio (definizione saggiamente e modernamente reinterpretata da Benecchi con: preghiera uguale linguaggio della nostra conversione); una elevazione che non è una
fuga in un astratto pseudo-misticismo, che non comporta un
guardare gli uomini dall’alto in
basso, disprezzando le loro lotte
e i loro problemi di tutti i giorni, ma una elevazione alla fonte
della nostra energia, come dice
giustamente l’A. Che tanti cristiani purtroppo facciano invece della preghiera la fonte del
loro disimpegno, è un fatto che
nessuno può contestare; elevare
parole (tante parole) senza contemporaneamente elevare il nostro cuore, e dividere la nostra
vita in compartimenti stagni (fede e politica, preghiera e azione
ecc.) sono tutte cose che avvengono troppo spesso nella cristianità.
Sembrerebbe più corretto allora piuttosto non pregare (Non
chi dice Signore, Signore...). Ma
la preghiera, soprattutto se fatta con le parole e con lo spirito
del Padre nostro, ha molte e ben
altre cose da dirci. Si, perché
questa è un’altra cosa che si può
Marchese, come lo si continuava
a chiamare, iniziò le pratiche per
ottenere il divorzio dalla moglie,
accordatogli dalla Signoria dopo
un accurato esame del concistoro e dei teologi. Nel 1560 sposava
Anna Framery, una vedova francese quasi coetanea. Acquistata
una casetta visse una vita modesta con la nuova compagna, assai
stimato dalla popolazione che lo
elesse membro del consiglio dei
duecento e poi dei sessanta. Fu
membro del concistoro a partire
dal 1558.
Per attestargli il suo affetto
Calvino gli dedicava il commento
alla prima Epistola ai Corinzi e
il poeta siciliano Giulio Cesare
Pascali la prima e unica traduzione italiana del Cinquecento
dell’Istituzione della religione
cristiana di Giovanni Calvino.
La sua vita di credente fu additata come esempio di fedeltà all’evangelo di Gesù Cristo e di costanza da Niccolò Balbiani nella
biografia, scritta ad un anno dalla morte, avvenuta il 7 maggio
del 1586.
« Elegi sedere ad limen in domo Dei potius quam habitare in
tabernaculis impietatis » (Ho
scelto di starmene sulla soglia
della casa di Dio piuttosto che
abitare nelle tende degli empi,
Salmo 84:10). Questa iscrizione
posta in una medaglia con la sua
effigie, coniata nel 1556, compendiava la sua avventura di credente e di fuoruscito dall’Italia
della Controriforma!
Salvatore Caponetto
imparare dal commento del Benecchi: che la preghiera ha più
da dirci di quanto noi abbiamo
da dire... Rimandiamo ovviamente al testo per una lettura spirituale, nel senso migliore della
parola, quale scaturisce dall’analisi che fa l’A. della preghiera insegnata da Gesù. Ci sia consentito solo chiudere con due esempi tratti dalle richieste « venga
il tuo regno » e « sia fatta la tua
volontà ».
Con la prima richiesta — dice
il Nostro — ci è restituita la libertà di sperare e questo, in un
mondo che sembra essersi abituato, rassegnato e adagiato sulla realtà dì altri re^i e di altri
signori, è uno dei più forti antidoti contro la rassegnazione anche di noi cristiani. Ma, contro
l’impazienza — a volte forse giustificata — di chi reagisce al pietismo con l’attivismo, ci viene ricordato anche che il Regno di
pace e di giustizia non è (almeno non è mai completamente) il
nostro regno e viene cosi posto
un limite a « quei tentativi di
realizzare una nuova società imboccando delle scorciatoie, al
prezzo di altre vite o di altre ingiustizie ».
Sia fatta la tua volontà, in terra, in cielo, cioè dappertutto; non
solo nel nostro intimo, contro il
nostro orgoglio e le nostre passioni (come spiega magistralmente il mai abbastanza conosciuto « Padre nostro spiegato
ai semplici laici » di Lutero), non
solo nella società, ma e nel nostro intimo e nella società, come
aveva ben capito Bonhc^ffer che
pregava cosi: « Che Dio ponga
un limite e un termine ai regni
di questo mondo ».
Luigi Panaroni
PALERMO
Lutero studiato
con laici e cattolici
1 Valdo Benecchi, « Il Padre nostro ». Programma di vita e di testimonianza per la comunità cristiana. Editrice Claudiana, pp. 62, L. 3.600.
La comunità valdese di Palermo volendo ricordare il V centenario della nascita di Lutero
lo ha fatto (è stato notato; «sino ad ora unico esempio in Italia») in collaborazione con una
istituzione laica ; l’Istituto Goethe e con l’adesione della Facoltà teologica (cattolica) in Sicilia.
Parlare di Lutero a Palermo
ove non v’è nemmeno una presenza luterana e ove si continua
a pensare al Lutero di certi te
sti scolastici, ci sembrava una
impresa alquanto ardua. Ma anche incoraggiati dal direttore del
Goethe Dr. Aucher, insieme ci
siamo lanciati e dopo molte ricerche e contatti siamo riusciti
a organizzare un ciclo di confe
renze che è stato svolto negli accoglienti locali dell’Istituto Goe
thè.
Ha iniziato il pastore Archimede Bertolino con una sintetica e lineare presentazione di Lutero come è stato visto e come
viene visto — almeno in certi
ambienti oggi — per passare poi
a commentare una serie di diapositive che mostravano la Riforma vista dagli artisti dell’epoca.
Il prof. A. Bondolfi, cattolico,
docente a Zurigo e temporaneamente ospite della Facoltà teologica in Sicilia, con vera obiettività ha illustrato il pensiero di
Lutero sulla dottrina dei due regni.
Il prof. M. Ganci dell’Università di Palermo — invitato come « voce laica » — ha presentato Erasmo e Lutero, soffermandosi in modo particolare sul
primo. E’ mancato, purtroppo,
un esame approfondito sul dibattito « Libero e servo arbitrio ».
Il prof. Pawlo Ricca per due
sere di seguito ha avvinto-un attentissimo uditorio che con molto interesse ha seguito il suo dotto dire. Egli la prima sera ha illustrato i caratteri essenziali della Riforma iniziando a togliere
le varie maschere che sono state appiccicate a Lutero per scoprire il vero Lutero.
La seconda sera ha presentato in modo magistrale il poco notò T. Müntzer e il predicatore
dell’Evangelò M. Lutero.
Un chiaro confronto fra chi ha
voluto usare l’Evangelo e politicizzarlo e chi ha lottato perché
questo Evangelo fosse annunziato cosi com’è e ai contadini e ai
signori.
Il ciclo si è concluso con una
intervista su « Lutero ieri e nella sua attualità oggi », fatta al
prof. Ricca e al past. Bertolino
e trasmessa dalla Rai regionale
nei programmi dell’accesso.
La manifestazione ha avuto
una buona eco in città. Quello
che si è cercato di mettere in
risalto è che non abbiamo voluto
celebrare la nascita di un «santo », ma ricordare come Dio si
servi di un uomo, Martin Lutero, per annunziare l’Evangelo e
che quell’eco — dopo cinque secoli — non si è spenta e vuole
continuare ad essere presente in
questa nostra epoca che viene
definita « scristianizzata ».
A. B.
Attualità
di Lutero
NAPOLI — Organizzata dal circuito campano valdese-metodista,
si è tenuta presso i locali della
Chiesa valdese di via dei Cimbri
un’apprezzata conferenza del professore Paolo Ricca, presente un
cospicuo numero di evangelici
anche di altre denominazioni. Il
relatore, che ha svolto il tema
dell’attualità di Lutero già noto a
quanti leggono l’Eco-Luce, ha
messo in particolare risalto
alcuni aspetti del pensiero del
riformatore; l’eccellente sintesi
operata da Lutero tra « esperienza » e « teologia » ha liberato, ad
esempio, il credente sia da una
volubile emotività sia dal « regno
delle astrazioni » e dal « Dio distillato ».
D’altra parte è stato puntualizzato che Lutero fu un uomo
di conflitti (ne ebbe col Papa,
l’Imperatore, Erasmo, gli Anabattisti, con Zwingli e con se stesso),
conflitti generati dal contenuto
stesso della sua predicazione. Egli fu lo strumento di quel « temporale » che è la Grazia di Dio,
un acquazzone però che passa e
bisogna afferrare. M. A.
ADELFIA
Mostra
per la pace
Una piccola mostra sul riarmo
e sull’educazione alla pace è stata composta da una ventina dì
giovani della FGEI Sicilia che,
ritrovatisi presso il Centro di
Adelfia (Scoglitti, Ragusa), hanno speso in questo modo le vacanze pasquali.
I cartelloni della mostra, vivaci
ed essenziali, riportano immagini e dati sulle spese per gli armamenti e sulla militarizzazione
della Sicilia, citazioni dai documenti e dalle mozioni delle Chiese evangeliche su pace e disarmo
e proposte per un programma di
educazione alla pace.
Nella giornata di lunedì 4 aprn
le ai giovani si sono uniti altri
fratelli delle Chiese di Pachino e
di Scicli: assai pochi, per la verità, in parte a causa del ritardo
con cui sono giunti gli inviti, in
parte a causa di un calo di interesse da parte delle Comunità siciliane nei confronti del loro
Centro. B. G.
4
4 vita delle ^Mese
29 aprile 1983
ALLE VALLI VALDESI
Cercasi attori per un film su Lutero
Calendario
Il Teatro Angrogna sta preparando, per conto della rubrica
« Protestantesimo », uno sceneggiato televisivo sul pensiero e l’opera di Martin Lutero.
E’ intenzione del Gruppo coinvolgere in questa proposta altra
gente delle Valli: in particolare,
per la realizzazione delle scene
di massa (mercato di Wittenberg, Dieta di Worms), coloro
che hanno fatto o fanno tuttora
teatro nell’ambito delle filodrammatiche valdesi, nonché sarte e
falegnami disposti a dare una
mano nella preparazione delle
scene e dei molti costumi che si
renderanno necessari.
Si invitano pertanto tutte le
persone interessate, giovani e
meno giovani, alla riunione che
avrà luogo domenica 8 maggio,
alle ore 21, nella Sala Unionista
di Angrogna.
Nel corso della serata verrà
presentato il copione (alla cui
stesura hanno contribuito anche
i pastori Platone e Tourn) e si
definirà tra le altre cose il calendario delle prove. Prove che
culmineranno l’il e il 12 giugno
con le riprese televisive curate
dalla « troupe » di « Protestantesimo» per la regia di Sergio
Arlotti.
Scuole Domenicali
ANGROGNA — Sabato 30, alle ore 15, al Capoluogo s’incontrano tutti i bambini delle Scuole Domenicali per le prove generali in vista della Pesta di Canto. Sempre sabato 30 alle ore 18
incontro straordinario del Concistoro in Sala e alle 19 agape
fraterna con la Commissione Esecutiva del nostro Distretto.
• Ricordatevi che domenica 8
maggio alle ore 10 si terrà l’Assemblea di chiesa per la nomina dei vari deputati e la lettura
della relazione morale.
Elezioni
POll^RETTO — Domenica
17 aprile u.s. ha avuto luogo la
preannunciata assemblea di chiesa. Sono stati nominati deputati
alla Conferenza Distrettuale ; Rostan Viola, Paola Revel, Jahier
Silvio; supplenti: Raima Evelina, Meytre Ribet Lorena; al Sinodo : Ribet Erminio, Silvana
Marchetti Tron; supplenti; Anna Celi Di Gennaro, Micol Lauretta.
L’assemblea ha confermato la
designazione a suo tempo fatta
nella riunione quartierale di Pomaretto dei tre nuovi anziani.
Essi sono ; Bounous Severino Peyronel Carlo - Peyronel Zanella Laura. Un ringraziamento a
questi fratelli che hanno voluto
così, impegnarsi più a fondo nel
lavoro della comunità ed un benvenuto in seno al concistoro. Il
fratello Long Aldo ha lasciato
il suo incarico come responsabile di una zona di Pomaretto
rimanendo però nella commissione stabili come Presidente.
Grazie anche a Lui per il lavoro
svolto nel concistoro come membro responsabile di una zona di
Pomaretto. L’assemblea ha inoltre accettato il richiesto dalla
Tavola per . la cassa culto 1984.
L’impegno è di L. 32.5(X).(XK).
• Gita comunitaria. Si cerca
di organizzare una gita di chiesa alla comunità di Como ; la data prevista è il 19 giugno p. v.
Non è stata ancora fissata la
quota di partecipazione, ma chi
è interessato è pregato di prenotarsi.
• Confermazioni. La comunità
unita nel tempio il giorno delle
Palme ha accolto con gioia i catecumeni che avendo terminato
il IV anno di catechismo hanno
confermato il loro battesimo o
sono stati battezzati (3). Essi sono: Bertetto Daniela • Bounous
Franco - Botto Cristina - Breuza
Danila - Cblavazza Franco - Clot
Alberto . Clot Marco ■ CoUet
Claudia - Ferrerò Giulietta ■ Galliano Alberto - Genre Cristina Genre Mariella - Genre Roberto - Guglielmino Sergio - Long
Cinzia - Morello Danilo ■ Paolasso Marco - Pedrotta Ivana - Peyran Piero - Peyronel Claudio Peyronel Odetta - Refourn Daniele - Ribet Ivano - Ribet Marco - Tron Danilo - Volat Marco.
Che lo Spirito del Signore sia
loro di guida nella loro vita quotidiana, li protegga, illumini il
loro cammino e ¡i aiuti a mantenere fede al sì da loro pronunziato quale promessa di fede davanti a Dio ed alla comunità.
• Stabili. Sono a buon punto i
lavori di sistemazione dei locali
della « Eicolo Grande ». Un grazie a coloro che si sono prodigati per questi lavori. E’ pure
stato sistemato lo spazio antistante l’entrata del teatro valdese di Pomaretto.
• Lutti. Sabato 2 aprile u. s.
ha avuto luogo il funerale della
nostra sorella Micol Noemi, deceduta nella sua abitazione in
Pomaretto all’età di anni 79. Al
figlio e famiglia, ai nipoti ed ai
cugini la simpatia cristiana della comunità.
• Sabato 30 aprile, ore 20.30,
al teatro del Convitto, recita del
gruppo filodrammatico di Luserna San Giovanni : « Gli Dei della mente ».
Il ’’senso della vita”
TORRE PELLICE — Il culto
di domenica 24 aprile è stato
presieduto dal fratello Domenico Abate il quale ha voluto'etere
ifiià testimonianza in occasione
delle sue nozze d’oro. Abate ha
già avuto nlolte'òcc'Ssioni di predicare dalla Sicilia alle Valli e
continua ad essere un instancabile evangelizzatore. Il suo pensiero si è soffermato sul « senso
della vita» oggi, in un mondo
dove tutto ispira pessimismo e
dove l’umanità sembra scegliere la morte, l’EVangelo è gioia
e vita, quindi la vita ha senso
solo in questa prospettiva.
Riferendosi al testo paolinico
II Corinzi 4: 13-11 Tim. 1: 12;
« Io So in chi ho creduto... Ho
creduto perciò ho parlato...» Abate ha esortato i credenti ad
essere sempre ed ovunque testimoni del Cristo ed impegnarsi
in prima persona, per poter appunto dare un senso alla propria
vita.
Elezioni
SAN GERMANO CHISONE —
Nella sua Assemblea di domenica 17 aprile, la comunità ha preso le seguenti decisioni: saranno
deputati alla Conferenza distrettuale; Andrea Ribet, Andrea Garrone e Ileana Lanfranco, supplenti Claudio Garrone, Daniele
Conte e Elio Rostan. Saranno deputati al Sinodo; Rostan Ines e
Tron Oriana, supplenti Ileana
Lanfranco e Elio Rostan.
È stato votato all’unanimità
l’anziano Franco Avondet, al quale diamo il benvenuto nel Concistoro ed al quale auguriamo un
lungo e fruttuoso servizio nell’ambito di questa nuova responsabilità alla quale il Signore l’ha
chiamato.
La comunità, inoltre, ha deciso di impegnarsi ad un aumento
del 13% nei versamenti alla cassa centrale per l’anno 1984.
• Sabato, 16 aprile abbiamo
avuto nel tempio un ottimo concerto offertoci dal gruppo vocale
« Turba Concinens » di Pinerolo.
Grazie di cuore al maestro Bonino, a quanti hanno diretto alcuni
dei pezzi ed a tutti i cantori. Le
offerte sono state destinate ai
lavori di sistemazione del Museo.
• Ricordiamo che domenica T
maggio avrà luogo il nostro annuale bazar.
• Ricordiamo anche che sono
ai>erte le iscrizioni per la gita della scuola domenicale a GenovaNervi, domenica 29 maggio. Versare un anticipo di L. 5.000 all’atto dell’iscrizione. Prezzo totale L.
14.000 per gli adulti e 10.000 per
i ragazzi. Portarsi pranzo al sacco. Partenza ore 7, ritorno ore
19.30 circa.
• Numerosi i matrimoni in
questo periodo; il 23, a Pramollo,
Luciano Comba e Renata Long, il
30 aprile e l’8 maggio a S. Germano, rispettivamente Roberto
GUardi e Paola Galliano e Carlo Bresso e EUana Soulier. Facciamo i nostri migliori auguri a
questi giovani che intendono proseguire la loro vita insieme, sotto lo sguardo del Signore.
• Ricordiamo che domenica 8
maggio avremo la domenica della famiglia cristiana, con partecipazione al culto dei ragazzi della scuola domenicale.
• Pensiamo con sincero affetto
a quanti sono nel lutto per la dipartenza della sorella Germana
Long e della signora Colla (Asilo) e alla famiglia Laurenti che
ha perso il marito e padre, Agostino Laurenti, all’età di 76 anni,
dopo una lunga malattia. Che il
Signore risponda alla lunga pazienza con cui il malato ha affrontato la sofferenza.
• Il pastore Roberto Nisbet ha
presieduto il culto di domenica
24 aprile, gli siamo riconoscenti
per il suo messaggio e ci auguriamo di poterlo ancora avere in
mezzo a noi.
Decesso
MASSELLO — Ancora una
volta, la chiesa si è raccolta attorno ad uno dei suoi, prematuramente scomparso. Fernando
Breuza è infatti mancato il 25
aprile all’età di cinquant’anni. Ai
fratelli ed ai parenti tutti va un
nostro sincero ed addolorato pensiero.
Le scuole di
via Beckwith
LUSERNA SAN GIOVANNI
— Il caseggiato delle scuole di
Via Beckwith ha ormai raggiunto un grado di vetustà tale da
essere diventato quasi inagibile.
Dobbiamo o non dobbiamo ristrutturarlo? In caso di risposta
affermativa, quale sarà la sua
nuova sistemazione? Dove si potranno reperire i fondi necessari per i lavori di restauro? Sono
domande alle quali dovrà rispondere l’Assemblea di chiesa che
avrà luogo nei locali dell’Asilo
Valdese venerdì sera, 29 c. m. alle ore 20.30.
Sarà pure presentata la relazione morale e finanziaria di
questo importante Istituto per
anziani e saranno ben accette
eventuali critiche e suggerimenti.
Tutti i membri della comunità sono cordialmente invitati ad
intervenire.
• Durante il culto di domenica scorsa è stato amministrato
il battesimo alla piccola Loredana Rivoira di Piero e Gina Vitiello.
La grazia del Signore accompagni questa bimba, la protegga
ed aiuti i suoi genitori a mantenere sempre la promessa che
hanno fatto.
store Arnaldo Genre per la sua
disponibilità in ogni occasione.
Ha sostituito il pastore Davite,
mentre era a Parigi, per il culto
del 24 aprile e per il catechismo.
• Ricordiamo alle sorelle che
l’Unione Femminile si riunirà il
1“ maggio, e sarà l’ultimo incontro dell’anno ecclesiastico; speriamo vederle numerose: dovremo anche organizzare il nostro
coinvolgimento durante i lavori
di rifacimento del tetto del tempio, con un servizio di cucina.
• L’assemblea di chiesa, che
non ha avuto luogo il 17 aprile,
è rinviata a data da stabilire a
prossima scadenza. I membri di
chiesa saranno avvisati in tempo.
Geremia cl parla
VILLAR PEROSA — Ogni venerdì,, alle 20.30, al convitto; studio del profeta Geremia.
• Domenica 1° maggio la Scuola Domenicale andrà in gita ad
Angrogna, con la Scuola Domenicale di Prarostino.
• L’Unione femminile alle Chenevières è sospesa, per la coincidenza con la gita della Scuola
Domenicale ad Angrogna.
• Domenica 8 maggio avrà
luogo l’assemblea di chiesa.
• Claudia Peyrot, della nostra
comunità, e Dello Avondetto, di
San Secondo, si sono sposati nel
tempio di Villar Porosa sabato
16 aprile.
• Nel culto di domenica 24
aprile è stata battezzata Valentina Long, di Livio e di Mara
Jahier.
Bazar
PERRERO MANIGLIA — Ri
cordiamo che domenica T maggio si terrà a Perrero, con inizio
alle ore 14.30, l’annuale Bazar
organizzato dall’Unione Femminile. Tutti sono invitati a partecipare a questa iniziativa comunitaria.
• Domenica 24 aprile si è tenuta a Perrero l’Assemblea di
Chiesa di chiusura dell’anno ecclesiastico. All’ordine del giorno
si aveva l’esame della relazione
del Concistoro e reiezione dei delegati alla Conferenza Distrettuale e al Sinodo. Sono risultati
eletti: Aldo Massel ed Enrica
Pons per la Conferenza e Arnaldo Tron per il Sinodo.
L’Assemblea ha infine approvato l’impegno di versamento alla Tavola per l’anno 1984 di lire
6.780.000.
Nuovo cassiere
VILLASECCA — La comunità
ringrazia Gianni JaMer per aver
accettato l’incarico di cassiere
conferitogli dal Concistoro e ringrazia anche Carlo Griglio per
aver assunto sin qui lo stesso
incarico.
• Sabato 30 aprile a partire
dalle ore 14,30 avranno luogo i
colloqui finali per i primi tre anni di catechismo.
• Domenica 8 maggio ore 10:
Assemblea di Chiesa. Si discuterà l’impegno finanziario 1984,
elezioni deputati alla Conferenza
Distrettuale e al Sinodo, esame
relazione morale ’82-’83.
Gratitudine
SAN SECONDO — Esprimiamo la nostra gratitudine al pa
Rettlflca
PRALI — Contrariamente a
quanto pubblicato su queste colonne nel numero della settimana scorsa, il bazar si terrà domenica T maggio alle ore 14, e
non domenica 8 maggio.
In questa rubrica pubblichiamo le
scadenze che interessano più chiese
valdesi delle valli. Gli avvisi vanno tatti
pervenire entro le ore 9 del lunedì
precedente la data di pubblicazione
del giornale
______Sabato 30 aprile_______
□ TELEPiKEROLO
CANALE 56-36
Alle ore 19 va in onda la trasmissione • Confrontiamoci con l'Evangelo »
(a cura di Marco Ayassot, Attilio Fornerone e Paolo Ribet).
Domenica 1° maggio ~
□ RADIO KOALA
FM 96.700 - 90300 - 93700
Alle ore 12.30 (circa); Culto Evangelico a cura delle Chiese Valdesi del li
Circuito.
□ INCONTRO GIOVANILE
BOBBIO PELLICE— Incontro giovanile
sul tema « I giovani per la pace », organizzato dal Consiglio del 1“ Circuito
con i gruppi igiovanili della Val Pollice.
Inizio alle ore 10. Sono in programma: mostre, culto con la comunità,
canti, recita, informazione, animazione.
Per il piatto caldo, preparato dai gruppi di Bobbio e dei Coppieri, si prega di
prenotarsi, entro la mattina del giorno
stesso.
Domenica 8 maggio
□ FESTA DI CANTO
SCUOLE DOMENICALI
VILLAR PELLICE — Festa di canto
delle Scuole Domenicali del 1“ Circuito. Appuntamento presso il tempio alle
ore 10. Culto, pic-nic, giochi e canti.
Sabato 14 maggio
□ CONCERTO
TORRE PELLICE — In occasione delI incontro con la comunità di Morges, la
corale di Bobbio-Villar Pellice terrà un
concerto di corali luterani, salmi ugonotti e canti popolari nel Tempio, con
inizio alle ore 20.45.
Domenica 15 maggio
□ FESTA DI CANTO
DELLE CORALI
VILLAR PEROSA — Il tradizionale incontro delle Corali Valdesi avrà luogo
Quest'anno nel tempio di Villar Perosa,
alle ore 15. Le Corali che hanno comunicato la loro adesione parteciperanno
nella mattinata ai culti nelle comunità
del 2° e 3“ Circuito.
Nel tempio di Villar Perosa si terrà
la prova d'insieme, alle ore 14.
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Telef. al n. 0121/900253
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29 aprile 1983
vita dellexhiese $
INAUGURATO A PONTICELLI IL VILLAGGIO DELLA FCEI
Con un sospiro di soliievo
Weissinger: per i tedeschi è difficile capire come mai in Italia passi
tanto tempo tra il momento della decisione e la sua realizzazione
« Dopo un anno e mezzo passato sulla corda, abbiamo finalmente rimesso i piedi sul solido » ha
detto il pastore Schaflert, paragonandosi agli acrobati del circo,
nel corso del suo intervento all’inaugurazione del villaggio « Galeazzo Caracciolo » il 17 aprile
scorso. Ora il pubblico può applaudire e i rappresentanti delle
agenzie estere che col loro generoso contributo hanno reso possibile la realizzazione di questo
insediamento per terremotati alle
porte di Napoli tirano un sospiro
di sollievo.
Non è stata un’impresa breve,
e tanto meno facile; ma ormai le
case sono lì, e questo manipolo
di villini unifamiliari, autentica
sorpresa nel congestionatissimo
panorama urbano partenopeo, fa
più che degna figura al cospetto
degli alveari di vetro e cemento
EGEI SICILIA
Convegno
biblico
Israele cerca delle risposte religiose nel suo tempo ed invece
del quieto vivere trova nuova
schiavitù, guerre, deportazioni,
morte. Solo l’Eterno garantisce
al popolo libertà, se esso segue
i suoi voleri. L’idolatria si confonde con la religione, una religione inversamente proporzionale alla fede nel Signore.
Queste le conclusioni di un
Convegno che la Federazione Giovanile Evangelica siciliana ha
tenuto a Catania, nei locali della
Chiesa Valdese, il 12 e 13 marzo.
Circa 25 giovani dei gruppi di
Catania, di Scicli, di Lentini e di
Pachino hanno studiato, Bibbia
alla mano, il rapporto fra il popolo d’Israele e l’idolatria. Non
vi sono state relazioni complessive, né premesse esegetiche: Claudio Pasque!, pastore valdese a
Bobbio Pellice, si è limitato ad
animare il lavoro (con metodi
che ormai vanno prendendo piede tra i gruppi FGEI) e a « correggere il tiro » nelle conclusioni quando ce n’era bisogno.
I passi biblici presi in considerazione (Genesi 22: 1-19; Esodo
32: 1-14; Giudici 6: 1-16, 25-31; II
Re 18: 1-5, 23: 4-7; Isaia 44: 12-17;
Luca 10: 25-37) sono stati affrontati in modi diversi, a volte centrando l’attenzione sui personaggi, a volte con l’ausilio di alcune
domande che ne rilevassero l’origine o i significati più profondi,
capaci di superare la situazione
contingente del loro autore e del
contesto in cui sono stati scritti.
Divisi in gruppi anche molto
piccoli (fino a due persone) tutti
sono stati messi in grado e nella
necessità di dire la loro, di contribuire attivamente alla riflessione, di « riappropriarsi della
Bibbia ».
Particolare interesse ha suscitato una lettura originale di Esodo 32: 1-14 (l’episodio del vitello
d’oro). Leggendo questi versetti
ci si trova di fronte ad una falsificazione del passato che giustifica il ricorso a sicurezze facili
quanto false (l’idolatria), le quali
portano verso la catastrofe; la
conclusione è che solo nel Signore vi è salvezza.
Non è un messaggio straordinariamente significativo anche
oggi, per un’umanità che con
eguale stoltezza ripone le proprie
speranze nelFombrello nucleare?
B. G.
della « 167 » che incombono alle
sue spalle. E una cosa va chiarita, per chi ancora non lo sapesse
o, come qualche esponente della
giunta comunale di Napoli, mostrasse di dubitarne: non si tratta di alloggi provvisori, ma dì
case costruite per durare.
Manca luce e acqua
In mezzo alle sessanta casette
(quasi) uguali, sniccano tre edifici più grandi: si tratta del centro sociale, di una foresteria, dell’abitazione dell’assistente sociale. La convenzione col Comune
stabilisce che resteranno per 99
anni di proprietà della FCEI, che
si impegna a gestire il centro
« in collaborazione con le forze
sociali del quartiere ». L’assistente sociale è Mena Gioia, 26 anni,
membro della chiesa metodista
di Ponticelli e — da una vita, si
può dire — animatrice di « Casa
Mia », l’altro centro sociale evangelico della periferia orientale.
Il maggiore problema all’interno del villaggio, in questo momento, è rappresentato dalla luce e dall’acqua, che mancano. La
cosa ha suscitato il comprensibile malcontento delle 60 famiglie
di assegnatari: tanto che erano
state minacciate contestazioni
della cerimonia inaugurale. Della
cosa si è notevolmente preoccupato il neo-rieletto sindaco Valenzi, al punto che ha preferito
rinunciare ad intervenire all’inaugurazione, scusandosi con non
meglio precisati « impegni ». Contestazioni aperte non si sono poi
verificate,, ina la situazione di disagio del villaggio ha trovato lo
stesso una manifestazióne negli
sforzi che, in assenza di microfoni, gli oratori hanno dovuto
fare per farsi sentire fino in fondo al grande salone del centro
sociale, anch’esso privo di elettricità. (Per la verità si era trovato il modo di effettuare un allacciamento provvisorio — leggi:
abusivo — ma i rappresentanti
della FCEI hanno risposto di no.
Il centro sociale avrà la luce
quando la avranno tutte le case
del villaggio).
Difficile capire
C’è un motivo di questa situazione: ed è che, dopo un anno di
tira-e-molla e di ritardi difficilmente comprensibili, l’ingresso
dèlie famìglie nelle abitazioni è
avvenuto in fretta e furia per
scongiurare la minaccia di un’occupazione del villaggio. Tentativi in tal senso in effetti ce n’erano stati due, e dopo il secondo,
operato a metà marzo e risolto
con l’intervento della polizia, era
scattata 1’« operazione-insediamento », compiuta alla fine del
mese. Aveva quindi buon gioco
l’assessore al Decentramento Raffaele Langella (PCI), conversando col cronista dell’« Unità », a
sostenere che per luce e acqua
tutto dipende dai «tempi tecnici».
Il problema è che i tempi del Comune di Napoli spesso somigliano più a quelli delle grandi ere
geologiche che a quelli della vita
quotidiana; e, come spiegava al
termine della manifestazione il
pastore Weissinger a un gruppo
di catecumeni, « per i tedeschi è
molto difficile capire come mai in
Italia passi tanto tempo fra il
momento in cui si prende una
decisione e quello in cui la si realizza ».
Sono storie di polemiche fra
istituzioni diverse (Valenzi e
Zamberletti al tempo dell’esproprio dell’area su cui è sorto il
villaggio), e di pratiche che si
arenano in qualche cassetto e che
a volte scompaiono nel nulla. Se
si fa astrazione dal fattore tempo, tuttavia, bisogna pur ammettere che il Comune ha fatto un
buon lavoro: dei dieci ettari su
cui sorge il villaggio, infatti, solo
la metà è occupata dalle case; altri quattro saranno destinati a
strutture produttive di tipo artigianale, e l’ultimo diventerà un
parco (oggetto sconosciuto a
Ponticelli).
L’inaugurazione
Alla manifestazione inaugurale,
oltre naturalmente alle famiglie
del « Galeazzo Caracciolo », c’era
una foltissima rappresentanza
delle coipunità evangeliche del
Napoletano, quasi a simboleggiare un legame che, del resto, è stato anche istituzionalizzato nel comitato di gestione del centro sociale. Non c’era invece il cardinale, la cui benedizione alle mura
delle nuove costruzioni non è stata evidentemente reputata indispensabile, contrariamente alla
prassi vigente da queste parti.
(Nubi in vista nei rapporti ecumenici? Che idea sconvolgente).
Ancora poche annotazioni: lo
assessore Langella ha lanciato
alla FCEI la proposta di acquistare con una sottoscrizione internazionale l’adiacente villa Pironti, edificio settecentesco devastato daH’incuria e dall’abbandono, per restaurarlo e ristrutturarlo col contributo deH’Amministrazione e farne un centro culturale di quartiere.
Anna Nitti, metodista del Vomere, si è assunta invece il ruolo
di memoria storica e in un apprezzato appello ai giovani e alle
donne ha ricordato l’attività del
vecchio circolo « Galeazzo Caracciolo » (1872-1971), compendiata
dal motto: Religione-EducazioneLavoro. Due vigili urbani, avvolti
nelle divise blu e nella loro strafottenza, si sono tuttavia scoperti rispettosamente il capo entrando nella sala durante la predicazione del pastore Piero Bensi; intanto una bambina di tre anni,
seduta per terra in mezzo alla
folla, faceva piangere la sorella
di poco più grande manganellandola coscienziosamente con un
giocattolo di plastica.
Paolo Fiorio
Il villaggio "Galeazzo Caracciolo” di Ponticelli nella fase finale
della sua costruzione.
IV CIRCUITO PIEMONTE VAL D’AOSTA
L’ecumenismo
Un sabato pomeriggio, molto
vento, un bellissimo posto all’inizio della Val d’Aosta, una trentina di persone che arrivano da
Torino, da Chivasso, da Ivrea e
da Aosta: a Viering, in un posto
incantevole, uno dei pochi posti
tranquilli ormai della regione,
fra prati e vecchie case, nell’ospitale casa per ferie valdese, il
9 aprile ha avuto luogo un incontro delle chiese del IV circuito
per riflettere insieme sui nostri
rapporti ecumenici.
Uno dopo l’altro, i rappresentanti delle varie chiese valdesi del
circuito hanno parlato di quello
che è stato fatto dopo la pubblicazione del documento sinodale
sull’ecumenismo; poi è cominciato il dibattito. Erano con noi anche alcuni rappresentanti della
chiesa di lingua inglese di Torino, un gruppetto di battisti di
Venaria e un camerunese, appena arrivato in Italia dove sta facendo un breve giro di informazione sulla situazione delle chiese
africane; così il dibattito ha potuto allargarsi, ascoltare voci
lontane, tentare una riflessione
non settaria (anche perché qùalcuno ha riferito di incontri avvenuti nel corso dell’anno con
cattolici, che ci hanno detto le
loro reazioni).
L’impressione generale alla fine
della discussione è stata che un
lavoro è appena incominciato
(mentre alcuni pensavano che
ormai da tantissimo tempo ci
eravamo messi in cammino), cominciano appena adesso le prime
valutazioni, ci si interroga su come incontrarsi, con chi incontrarsi, quali cose possono essere delegate ad altri. L’incontro ecumenico, se vuole essere serio, è
parecchio difficile: bisogna capirsi, bisogna afferrare le ragioni
dell’altro (anche se questo non
significa accettarle e farle proprie), bisogna dire con chiarezza, in modo preciso, i nostri dissensi. Parlarsi con franchezza è
terribilmente difficile. Ma bisogna pur parlare, e parlare ad altri. Tra le difficoltà da affrontare
il problema del rapporto tra la
Scrittura e la chiesa (la formazione del canone, la capacità di
confrontarsi con una parola che
è esterna alla chiesa), la comprensione e l’importanza dei dogmi (che cosa è un dogma, quanto
è definitivo e come vi si riferisce), la struttura della comunità
dei credenti (il rapporto tra la
struttura della chiesa e la vocazione dei testimoni della parola
in ogni tempo e in ogni luogo).
Una parte di noi, dopo aver
tanto parlato ed ascoltato, si è
fermata nella saletta per un’agape fraterna. E anche questo è
stato un momento importante.
Certo, potevamo essere di più,
mancavano alcune chiese, il confronto poteva durare di più. Ma
vuol dire che ci ritroveremo ancora, perché è importante capire
come ci confrontiamo sulle cose
che abbiamo da dire oggi in Italia.
Eugenio Rivoir
PESCARA E DIASPORA
“Zi’ Nicola’’, una porta aperta
Il ’’decano” della Chiesa di Mutignano, Nicola Sfredda, ci ha lasciati all’età di 93 anni. Era da
diverso tempo che « Zi’ Nicola »
non usciva più di casa a motivo
delle infermità che lo affliggevano. Il suo cruccio più grande era
quello di non potersi unire alíe
sorelle ed ai fratelli per il culto
a Mutignano. Era, per chi lo andava a trovare, fonte di consolazione e di speranza per la sua
fede in Cristo, la sua serenità ed
il generoso sorriso che sempre lo
illuminava. Il 12 marzo dava l’addio a questa esistenza.
Nei primi decenni del nostro
secolo i predicatori metodisti inglesi giunsero a Mutignano e trovarono in lui una « porta aperta
per la Parola ». Ciò significava
esporsi ai duri attacchi dei «papisti » e dei loro degni compari,
ma la sua ferma volontà di udire la Buona Novella, insieme a De
Stephanis, Leonzi, Appicciutoli,
fu resa vittoriosa dallo Spirito
del Signore. Furono anni benedetti quelli per la nascente chie
sa mutignanese che vide il Tempio, costruito nel frattempo perché le ospitali case erano diventate insufficienti, riempirsi di
creature desiderose di udire la
Parola che dà vita!
Ai sui funerali, condotti dai pastori E. Mannelli e Paolo Sbafa,
sono state pronunciate queste parole: « Chi era ”Zi’ Nicola”, chi
siete voi, chi sono io? Una fragile, bisognosa, povera creatura
che Dio tiene per la sua mano
destra, e a cui egli pone in tal
modo nel cuore e sulle labbra la
confessione di fede e la grande
consolazione: Tuttavia, io rimango sempre accanto a te, mia rocca e mia parte in eterno ». Conceda a noi il Signore di pronunciare questa risposta ogni giorno
con umiltà e riconoscenza.
• Il Consiglio comunale di
Montesilvano (Pe), dopo una presentazione delle pubblicazioni
« Claudiana » fatta dal nostro pastore, ha deliberato di acquistare
per la biblioteca cittadina un discreto numero di testi delle col
lane ’’Nostro Tempo”, ’’PCM” e
’’Dossier”.
Analoga iniziativa è stata condotta presso il Direttore della Biblioteca Provinciale di Pescara
in questi giorni. Il risultato del
colloquio è stato positivo: oltre
alla possibilità di illustrare alcuni aspetti della nostra fede l’assicurazione che saranno acquistati tra non molto dei nostri libri. Dal 1982 la Biblioteca ha un
abbonamento a « La Luce ».
E. M.
USO LOCALE
DELL’ECO - LUCE
L'« obiettivo aperto » di questa settimana suii'apertura deiia saia di Grottaglie (p. 7) contiene un riquadro contenente indicazioni di interesse soio iocaie 0 inutili per i lettori. Come mai?
Della pagina è stato tirato un estratto
in alcune centinaia di copie che saranno diffuse a Grottaglie. È un uso del
giornale che potrebbe interessare anche altre chiese.
6
6 prospettive bìbliche
29 aprile 1983
I LIBRI DELL’ULTIMO LIBRO DELLA BIBBIA
La biblioteca celeste
Il libro della vita
E' ricordato in Apocalisse 3, 5.
Grande Opera, fondamentale.
Come in im registro della popolazione vivente in una data città,
regione, o nazione, sono iscritti
in questo « Libro della Vita » i
norni di coloro che sono stati
fatti partecipi della nuova vita
spirituale, avendo essi ricevuto
la verità che vivifica. Il Libro
della Vita contiene dunque la registrazione anagrafica di coloro
che sono divenuti figliuoli di Dio
prima della fondazione del mondo, cioè per divina predestinazione (13, 8). Quest’ultima connotazione è essenzialissima, ai fini della dottrina della predestinazione, elaborata da Giovanni
Calvino, in base a quanto ne
scrisse Ì’apostolo Paolo, nella sua
lettera ai cristiani di Roma.
Il termine « dell’Agnello » che
accompagna spesso l’indicazione
di questo Libro della Vita nell'opera di Giovanni indica, sia
colui che è il possessore del Libro, che colui che ne è il com
pilatore, ossia l’Autore divino
(genitivo soggettivo o genitivo
oggettivo). E questi è Gesù Cristo, preesistente con il Padre
nell’eternità.
Il libro deiravvenire
Questo libro è chiuso da ben
sette sigilli, ed infatti nessuna
creatura al mondo può ottenere
di leggerlo... Avviso a tutti gli
indovini e pretesi indovini delrawenire, che spuntano qua e là
sul nostro cammino: cartomanti, chiromanti, aritmómanti, astromanti, negromanti, onirornanti, onicomanti, onomatomanti, tricomanti, stactomanti, e chi
più ne conosce più ne nomini,
troveranno nel testo di 5, 34 la
loro condanna senza appello!
Il Libro deU’Awenire è il libro
che concerne le cose che hanno
ancora da accadere, 1’« éschaton », conosciuto soltanto dalPOnnisciente. Anche le sètte religiose che ogni dieci-quindici anni annimciano la data della fine
del mondo sono pertanto esclu
se da quella conoscenza che pur
asseriscono di possedere...
Ma chi dunque potrà aprire il
Libro deU’Awenire, e leggerlo?
Unicamente l’Agnello di Dio, il
Cristo Salvatore (5, 1-10).
Un libro senza titolo
E’ il « biblarìdion » indicato in
Apocalisse 10, 2, ossia un libriccino, un libretto, non meglio nominato.
E’ questo tm estratto vero e
proprio del Libro precedente, e
concerne la nuova attività dell’apostolo Giovanni, come quella
che si rivolge a popoli, nazioni,
lingue e re.
Infatti, questo « Libretto » viene « divorato » (ossia assimilato)
come miele, perché è cosa sommamente gradevole essere onorato di rivelazioni divine, soprattutto se queste dichiarano le
future glorie del Regno di Dio;
ma è altresì un libro di grande
amarezza, e questo a motivo del
dolore sofferenze, infedeltà,
giudizi di Dio — che esso cagiona inevitabilmente a chi lo legge.
Dopo l’assimilazione, la vocazione rivolta all’Apostolo, poiché
il Libretto è ormai spalancato
davanti ai suoi occhi; profetizzare, di nuovo, ancora e sempre!
Ed anche qui, vogliamo risalire al significato originario, filologico, del termine «profetizzare », che non vuol dire « predire
Tavvenire a scopi di divinazione », bensì « annunciare il duplice giudizio di Dio, la salvezza per
i ben disposti, e la perdizione
per i dannati ». La specializzazione profetistica è soltanto uno
degli aspetti dell’opera del profeta, il quale è essenzialmente un
annunciatore dei giudizi di Dio,
assai più che un compilatore di
scadenze del calendario dell’umanità.
I libri delie opere
Non un libro solo, ma molti
Libri. Questi Libri sono sul tavolo del Giudice celeste, e davanti al suo Trono. Radunati tutt’intomo al suo Trono, stanno in attesa i vivi e i morti, i quali saranno giudicati secondo le opere loro (Apocalisse, 20, 12).
Questi Libri sono, per così dire, degli « allegati », delle « pezze d’appoggio», delle «documentazioni»; ed accanto a quelle « documentazioni » essi contengono le decisioni sulla vita
morale di ognuno degli esseri
umani presenti al Giudizio finale.
Due esortazioni finali
Si possono raccogliere, nel testo dell’Apocalisse, due indicazione parenetiche, ossia esortative, che riguardano tutti coloro
che hanno im qualsiasi interesse
— vitale o secondario — alla conoscenza dei libri della Biblioteca Celeste, e beninteso alla conoscenza di tutti e quanti i libri della Bibbia, Antico e Nuovo Testamento.
E la prima esortazione è questa;
— Beato chi serba — cioè chi
custodisce nel cuore suo, e ne
alimenta del continuo il fuoco —
le parole della profezia della
« Rivelazione » (Apocalisse 22, 7).
E la seconda esortazione è
quest’altra:
— Le profezie non devono essere in alcun modo alterate, né
aggiungendo checchessia, né togliendo alcuna parola di esse.
Chi compiesse queste azioni, sarebbe costretto a subire la legge
del contrappasso. Per chi non sapesse o non ricordasse che la
legge del contrappasso è il divino decreto che sta alla base
delle condanne dei dannati nelr^erno della « Divina Commedia », aggiungiamo che una spieg^ione esauriente del suo ritmo
di attuazione è spiegato dall’apostolo Giovanni nell’Apocalisse,
capitolo 22, versetti 18 a 20.
(Pine) Teodoro Balma
LA GIUSTIFICAZIONE
SECONDO PAOLO
« Non siete Voi che avete scelto me, ma
sono io che ho scelto voi e vi ho costituiti affinché andiate, portiate frutto, e il vostro frutto sia pennanente », dichiara Gesù secondo la testimonianza del 4“ Evangelo (Giov. 15: 16), nella caratteristica parabola della vite e dei tralci.
«È per grazia che siete stati salvati,
mediante la fede; e questo non viene da
voi: è il dono di Dio. Non è in virtù di
opere, affinché nessuno si glori; perché
noi siamo opera sua, essendo stati creati
in Cristo Gesù per le opere buone che
Dio ha preparate prima, affinché noi le
pratichiamo », riecheggia il messaggio di
Paolo, sia pure in una di quelle lettere
« deuteropaoliniche », secondarie, ricche
cioè di contenuto paolinico, ma rielaborato da un autore posteriore (Efes. 2: 8-10).
E infatti la formula — ricca, elaborata, rifinita — sembra già avere qualcosa di
stereotipo.
Profitti e perdite
dell’ex fariseo
Non c’è traccia, in Saulo di Tarso, prima
della conversione, di un travaglio analogo
a quello con cui Lutero in convento si batte per ottenere che Dio gli faccia grazia.
Ecco come si presenta, conciso ed esauriente, in una delle sue ultime lettere;
« Noi non basiamo la nostra sicurezza
su valori che sono soltanto umani [la Riveduta: ’’non ci confidiamo nella carne”].
Eppure, volendo, anch’io potrei vantarmi
di queste cose, più di chiunque altro. Sono stato circonciso otto giorni dopo la nascita, sono un vero israelita, appartengo
alla tribù di Beniamino, sono ebreo discendente di ebrei, ho ubbidito alla legge
di Mosé con lo scrupolo del fariseo, fui
zelante fino al punto di perseguitare la
chiesa [cioè, in ottica giudaica, l’eresia],
mi consideravo giusto perché seguivo la
legge in modo irreprensibile » (Fil. 3- 3-6
TILC).
Un pedigree coi fiocchi. Paolo non è
uno sbruffone, e se dice: « quanto alla
legge, irreprensibile », dobbiamo prenderlo sul serio (come dobbiamo prendere
sul serio Lutero quando dichiara di essere stato un monaco esemplare). È, per
così dire, la piena, splendida fioritura di
un giudaismo rigorosamente incamminato sulla via della Legge come via di salvezza — sulla via dell’autosalvezza. Ma
1 incontro con il Cristo risorto — che resta però sempre per lui il Cristo della
croce — lo ha atterrato, rovesciato, ha
sconvolto in modo irreversibile questa sicurezza fondata in se stesso. Ed ecco come, proseguendo nella stessa lettera, quest uomo rovesciato presenta il proprio
conto nrofltti e perdite;
«Ma tutte queste cose, che prima avevano per me un grande valore, ora che
ho conosciuto Cristo le ritengo da buttar
a cura di Gino Conte
L’abbiamo visto: il messaggio, la dottrina della giustificazione per grazia mediante la fede non è una creazione originale di Paolo, ma si rifà chiaramente alla
predicazione e all’atteggiamento fondamentale di Gesù; e sia questi sia il suo maggiore apostolo si radicano nella linea portante della rivelazione di Dio secondo le testimonianze originarie e principali dell’Antico Patto. Senza dubbio, però Paolo ha riflettuto con forza particolare, con accanimento, su questo che è stato il problema-chiave dePa sua esperienza esistenziale, la crisi feconda della sua fede, e che ha lumeggiato con lucidità e profondità ineguagliate.
via. Tutto è una perdita di fronte al vantaggio [al guadagno, al profitto] di conoscere Gesù Cristo, il mio Signore. Per lui
ho rifiutato tutto questo come cose da
buttar via [la Riveduta: ’’spazzatura”] per
guadagnare Cristo, per essere unito a
lui nella salvezza. Non quella salvezza che
viene dall’ubbidienza alla legge, ma quella
che si ottiene per mezzo della fede in
Cristo, e che Dio dà a coloro che credono » (Fil. 3: 7-9, TILC; Riveduta: « ...affin
di guadagnare Cristo e d’essere trovato
in lui avendo non una giustizia mia, derivante dalla legge, ma quella che si ha
mediante la fede in Cristo; la giustizia
che viene da Dio, basata sulla fede ». Salvezza e giustizia non sono esattamente
sinonime o equivalenti; soprattutto, quel1’« ottiene per mezzo della fede » ha una
inflessione che tende a fare della fede
un’opera nostra, il che nel messaggio paolinico non è).
Il verdetto
Dio è « giusto e giustificante colui che
ha fede in Gesù » (Rom. 3; 26), è il sovrano-giudice delTA.T. che attua e manifesta la sua giustizia nel verdetto storico
pronunciato nella morte e nella risurrezione di Gesù Cristo, un atto, un verdetto che cambia totalmente la condizione
dell’uomo, e dell’imiverso, davanti a lui.
Questo è dunque la giustificazione; im
verdetto, un « atto forense » di Dio, il ReGiudice (Rom. 4: 3 ss; Gal. 3: 6).
Ma « forense » non vuol dire « come se »
il credente fosse giusto, perché la sentenza sovrana che Dio pronuncia in Cristo è
reale. L’uomo al quale, a causa di Gesù
Cristo, Dio non imputa più il peccato, è
un peccatore perdonato, realmente perdonato. dunque realmente giusto, anche
se questo giusto rapporto con Dio, ricostituito, non ha il benché minimo fondamento in lui, ma unicamente e totalmente in Dio, nella grazia: « Giustificati per
fede, abbiamo pace con Dio, per mezzo
di Gesù Cristo» (Rom. 5: 1).
D’altra parte « forense » non vuol dire
che l’uomo su cui è pronunciato il verdetto di grazia, giustificante, acquisti una
qualità morale positiva sua propria. Questo perdono, questa giustificazione reali
sono in Cristo, sono di Dio, cioè per grazia. Il fatto « forense », « giudiziario » è
una parabola — da non forzare — del
ricostituirsi della relazione con Dio: per
grazia. E un elemento « giuridico », ma
non secondo un diritto umano, bensì secondo il diritto di Dio, che qui agisce come il giudice divino, tutt’uno con il resovrano assoluto, padrone di vita e di
morte.
La giustificazione
dell’ingiusto
Giuridicamente, la « giustificazione dell’ingiusto » è contraria a tutte le regole
del diritto umano, pare la sovversione
del diritto quale riusciamo a concepirlo.
Davvero, l’atto di grazia sovrana va oltre
tutto ciò che è giuridicamente normale.
Non è arbitrario, però, ma conforme
alla norma del Patto: è una grazia in
perfetta armonia con il diritto supremo
di Dio. Invertendo l’inversione progressiva che il diritto, la Legge avevano subito
nel popolo di Dio, Paolo si rifà al senso
originario, si rifà al Dio del Patto, alla
sua iniziativa gratuita, si immerge, adorando, nel suo amore forte e operante,
che vede culminare nel dono di Cristo.
La forma giuridica del verdetto che giustifica l’ingiusto sarebbe contestabile, nota lo Schrenk, solo se riducesse la santità di Dio: come di fatto avveniva nella
’’contabilità” dei farisei con la loro nozione di ricompensa concepita in termini
di meriti (anziché di sovrabbondare della
grazia e dei suoi frutti). Invece il messaggio paolinico è un tale paradosso da
garantire contro il rischio che questa
parabola ’’giudiziaria” sia forzata in rappresentazioni giuridiche troppo umane,
che ridurrebbero Dio a un puro misuratore della nostra giustizia, mentre egli è
colui che in Cristo dona a noi, veramente a noi, la sua giustizia, il rapporto giusto, di pace con lui. Questo ha capito
Paolo, sulla via di Damasco e dopo.
Per fede
Questa giustificazione è pace con Dio.
È una realtà, poiché è opera di Dio; ed è
una realtà escatologica, caparra del regno
di Dio, come ogni volta che nella Bibbia
si parla di pace, di shalom, di vita piena
e armoniosa in comunione con Colui che,
solo, è fonte di vita. Vien da pensare alla
parola di Gesù attestata dal 4° Evangelo:
« Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e
non viene in giudizio, ma è passato dalla
morte alla vita » (Giov. 5: 24). Respira già
l’aria del Regno.
Ma questa realtà è tale per la fede: cioè
per l’uomo che rinuncia a se stesso, diceva Gesù; per l’uomo che rinuncia a conquistarsi la vita (Rom. 3: 28; Gal. 3: 6),
anche e soprattutto alla sua ’’concupiscenza” religiosa; che cessa quindi di
fondarsi sulla Legge intesa quale via di
salvezza, e dunque su se stesso nello sforzo, magari riuscito, almeno apparentemente, di' adempierla; che rinuncia a ricercare e conseguire una giustizia propria (Rom. 10; 3; Fil. 3: 9).
Questa giustificazione, questa « pace »
■ almeno in caparra — è per chi, come
il suo ’’tipo” Abrahamo, aspetta anche
contro ogni speranza la vita (questo è il
sen?o ultimo della giustificazione) affidandosi al Dio che con amore onnipotente
risuscita i morti (Rom. 4: 17).
Non ho più da affermare me stesso, c’è
chi mi ha affermato in modo decisivo: non
ho più da giustificare la mia vita, da farla
valere, perché Dio le ha dato giustificazione, l’ha valorizzata con il suo amore
redentore, come mai e poi mai potrei fare io; mi ha messo, lui, in ’’pace” con sé
(Rom. 5: 1) e perciò mi ha liberato dal
giogo della Legge come via di salvezza
senza uscita; mi ha affrancato dal peccato, soprattutto da quel peccato estremamente pacante che è il pretendere di
giustificarmi con le mie forze; e fa di me
uno schiavo grato, volenteroso della sua
giustizia (Rom. 6: 18), un testimone del
suo amore gratuito, chiamato a obbedire ’’responsabilmente”: in risposta, appunto, al suo ’’verdetto”, al suo dono
(Rom. 12: 1-2).
« Pronunciata », compiuta sulla croce
(nel senso lato di tutta la presenza contestata di Cristo fra noi, con noi e per
noi), aimunciata dalla predicazione apostolica, ricevuta per fede, vissuta nel
« servizio della giustizia », la giustificazione sarà manifestata, acquisterà evidenza soltanto nel « giudizio » finale: essa è
dunque oggetto di speranza, di fame e
sete (Rom. 2: 1-16; 2 Cor. 5: 10; 1 Cor 44-5; Rom. 5: 9-11; 8: 18-38). «Quanto a
noi, è nello Spirito, per fede, che aspettiamo la giustizia sperata» (Gal. 5: 5) (P.
Bonnard). Quella che Dio ci dà, gratuitamente, ma a caro prezzo per lui: perché
ci vuole in pace con lui, e fra noi, perché
ci ama. La sua ’’giustizia” è questa, ed è
questa la ’’giustificazione” della nostra
esistenza, è questa l’atmosfera in cui
vivere.
Gino Conte
7
29 aprile 1983
otíettí^o aperto 7
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IL NUOVO LOCALE DI CULTO IN PROVINCIA DI TARANTO INAUGURATO IL 1® MAGGIO
Si apre a Grottaglie una sala valdese
Due gradini e un portone chiaro di «pino di
Svezia » immettono in una staiiza rettangolare di
quasi 50 mq. Pavimenti di rosso cotto fiorentino,
pareti e volte (a vela e crociere) di tufo di Puglia
bianco-grigio, qua e là bianco-giallo, riportate al
loro stato originario e ricoperte solo di una vernice protettiva grazie a un lavoro pesante e paziente durato settimane. Questo è il nuovo locale di
cui la Chiesa valdese di Grottaglie è finalmente
dotata.
mare un monolocale con servizi. Dietro ancora, la
breve striscia a cielo aperto che — secondo una
pratica architettonica pugliese — serve a fare da
confine con la casa adiacente e si chiama « ortale »
(essendo utilizzato per una minuscola coltura di
ortaggi ad uso domestico), è stata coperta e trasformata in una gradinata che conduce al locale
sottostante; una galleria resa abitabile con molta
fatica e molta buona volontà, destinata a luogo di
incontro, di studio, di lettura.
Due lampadari di ferro battuto come il pulpitoleggìo, un fonte battesimale, un calice e un piatto
di ceramica, opere tutte di artigiani del posto; un
tavolo fratino, alcune sedie impagliate, un armonium, innari, Bibbie. Questo è l’arredamento della
sala, sulla cui breve facciata si trova la scritta
« Chiesa Evangelica Valdese » associata ad una croce costruita con una putrella di ferro.
Il tutto non costituisce un luogo sacro, ma un
luogo di culto. Non è destinato al rito ma all’incontro fraterno e all’ascolto della Parola di Dio.
Dietro questa prima sala, un vano dì circa 20
mq, da cui si è ricavato quello che potremmo chia
Una possibilità di incontro in un ambiente cordiale: questo ci proponiamo di offrire a quanti
siano interessati con noi a compiere un cammino
di ricerca di fede e di maturazione cristiana nella
fraternità. A chi viene, a chi ci visiterà anche solo
occasionalmente, diamo fin da ora il nostro più
cordiale benvenuto.
LE TAPPE DI UNA TESTIMONIANZA
CC
La fede vien dall’udire”
(Rom. 10: 17)
Parlare del nostro nuovo locale di culto ci sembra importante,
ma non è certo sufficiente. Importante, perché parlandone esprimiamo la gioia di poterne
usufruire, e perché ci è sembrato giusto faticare per renderlo
conforme il più possibile alla tradizione architettonico-culturale
della città. Insuflìciente, perché
la chiesa non è certo il locale in
cui i credenti si radunano, ma
sono i credenti stessi: siamo
noi... e in questo, forse, dalle
tradizioni della città ci distinguiamo, come anche dalle tradizioni del Paese. Comunque, non
abbiamo il gusto di essere « diversi », « distinti », ma « sale e
luce ». E questo è possibile, se
la grazia di Dio ci soccorre.
È probabile che già nel XIV
secolo fosse da registrare a Criptaliae (« città delle grotte », nome derivato dall’orografia della
regione) una presenza cristiana
non cattolica, né si può escludere che tale presenza consistesse
in una di quelle « stazioni » della diffusione valdese attestata al
l’epoca nelle Puglie. Ma se quei
nostri predecessori ci furono, finirono bruciati. Ovviamente,
dunque, le nostre radici dirette
non stanno lì.
Michele Treni
Nel vivo dei
problemi
Esse risalgono ad una sessantina di anni fa, e sono dovute all’opera di Michele Trani, un carradore che, in Piemonte, aveva
conosciuto la fede dei valdesi e
l’aveva fatta propria. Come sa e
come può. Michele, con qualche
suo amico, dà testimonianza della sua fede. Costituisce ima piccola chiesa domestica, della quale oltre che fondatore può anche
chiamarsi capostipìte, perché ne
fanno parte in buon numero i
suoi parenti, la sua famiglia (una
sua figlia sarà la compagna del
pastore valdese Antonio Miscia).
Come frequentemente è della
presenza evangelica in Italia, il
gruppo si segnala per la limitata
consistenza numerica, per la resistenza a difficoltà di vario tipo, persecuzione compresa (il regime fascista proibisce le riunioni verso la fine del ’38...; in epoca
anche posteriore i valdesi trovano solo con molta difficoltà chi
gli conceda la terra da lavorare
che quello dell’arte (viticultura e
ceramica, elementi base dell’economia grottagliese; ceramica che
è anche arte, come lo è il lavoro
del gruppo di giovani che si dedicano alla riscoperta delle tradizioni e dei canti popolari). Questo l’impegno e il campo di attuazioné.
Risultato? un numero imprecisato e imprecisabile, comunque cospicuo, di persone, soprattutto giovani, che vengono a gravitare nell’orbita della chiesa.
Vengono e vanno, vengono e rimangono. Questa comunità si apre a tutti, non costringe nessuno. Dalla testimonianza descritta nasce negli ultimi anni un
piccolo gruppo anche nel leccese.
liturgico a tutto vantaggio della
riflessione biblica, la quale è
sempre una riflessione corale, comunitaria. È insegnamento, ed è
anche ricerca sul come rendere
conto qui ed ora dell’Evangelo di
Gesù Cristo;
2) Una volta al mese, e nelle
occasioni consuete della maggior
parte delle chiese evangeliche, ci
raccogliamo intorno al pane e al
vino della mensa del Signore: tutti quanti siamo presenti, senza
distinzione di « status » ecclesiastico;
ti neU’ambito della chiesa alcuni matrimoni: quale col solo rito civile, quale con la benedizione in chiesa. Li registriamo come segni di rottura con una
mentalità vecchia e consolidata;
li registriamo come segni di speranza, promessa di consolidar
mento e anche di futuro.
3) Le decisioni che devono esser prese, i problemi che devono
esser discussi, sono oggetto di
dibattito in assemblea; l’assemblea è costituita dai presenti;
Come viviamo
Come viviamo comunitariamente la nostra fede?
1) Le riunioni di culto, già da
alcuni anni, hanno visto la massima compressione del momento
4) Non ci sentiamo estranei
alla famiglia delle chiese evangeliche in Italia; al contrario, ci
sentiamo membri di quel corpo
che in Italia si raduna nel « Sinodo valdese » e che è costituito
dalle chiese locali valdesi e metodiste; nella misura del possibile e del regolamentare, partecipiamo di queste strutture e collaboriamo a portarne l’onere finanziario. Non potremmo fare
a meno di questi legami, grazie ai
quali fra l’altro ci sentiamo non
soli e non dispersi. Non autonomi.
Negli ultimi anni, si sono avu
Chies9 valdese
di Grottaglie
via P. Mascagni, 5
• Il culto si tiene ogni martedì alle ore 18.30 da ottobre ad aprile e alle 19.30
da maggio a settembre.
• Recapito del pastore: Chiesa Ev. Valdese, via G. Messina 71, 74100 Taranto, tei.
099/331017.
Per ampliare la conoscenza:
« Culto evangelico », domenica sulla I rete RAI ore
7.35.
« Protestantesimo », a lunedi alterni, sulla II rete TV
ore 22.40.
«La Luce », settimanale delle Chiese evangeliche vaidesi e metodiste, via Pio V,
15, 10125 Torino.
C’è chi ha trovato una via
come mezzadri: il cattolicesimo
è una forza anche sociale, e l’ecumenismo deve ancora venire...).
Negli ultimi cinque anni la
Chiesa valdese di Grottaglie ha
avuto la possibilità di organizzare in prima persona, o di partecipare tramite il suo pastore,
a 11 fra dibattiti, tavole rotonde,
interventi pubblici sui temi con
i quali la gente ha dovuto via via
misurarsi.
In locali pubblici, presso associazioni culturali e religiose, abbiamo avuto modo di dire la
nostra parola sull’aborto e sulla
droga, sulla pace e sugli armamenti, sul Concordato e sulle
Intese, sull’impegno del credente nel «politico», sui modi diversi di essere chiesa e sul modo di porsi come chiesa nel
mondo.
Non consideriamo infatti la fede un fatto esclusivamente privato, ma proprio in quanto credenti, riteniamo di dover essere
persone toccate, con le altre e
come le altre, dai problemi che
sono connaturati al nostro vivere. Persone che, senza possedere ricette miracolose né detenere soluzioni «vere» per tutto e
per tutti, sanno però e dicono
che tutto e tutti vanno rapportati a Gesù Cristo, che è il Signore degli uomini, non ha delegato poteri a nessuno e ha offerto a tutti la vita nella fraternità
e nella speranza.
Caratteristica del gruppo rimane la fedeltà ad una scelta che
se pure col passare degli anni
perde vivezza e riscontro nel reale, rimane tuttavia come una
bandiera che si è scelta e alla
quale si resta affettivamente e
ideologicamente legati. Gli eredi
di Michele Trani carradore valdese sono tuttora nella chiesa,
anche se la chiesa ha perduto le
caratteristiche di una comunità
familiare, nel senso che non è
più soltanto quello.
Emanuele Esposito
Una sera di pioggia del 1963,
un giovane viticultore, Emanuele
Esposito, trova scampo dall’acqua che lo ha sorpreso e lo sta
inzuppando proprio nella casa
dove il gruppo valdese sta tenendo il culto. È la svolta della sua
vita.
Vi torna, e non vi torna da solo: amici, qualche compagno di
lavoro va con lui. Per alcuni è
una stravaganza, una curiosità
che si sazia subito e si spegne;
per altri è la novità, l’incontro
che sorprende ma anche avvince.
Rendere testimonianza, giorno
dopo giorno, nel mondo in cui si
vive, si lotta, si parla, si gioisce;
il mondo del lavoro non meno
In occasione di un incontro e
di una marcia sul problema della pace, cui partecipavano persone di diversa estrazione e di varia esperienza, abbiamo chiesto
ad alcuni giovani di origine cattolica perché mai avessero scelto di diventare valdesi. Gusto del
diverso? amore per il cambiamento? ricerca di eccentricità?
Abbiamo registrato le loro risposte e ne riportiamo alcune nei
loro tratti essenziali.
Mi dice Rosalba che il suo
problema era costituito dal dubbio sull’esistenza di Dio; «Volevo credere, cercavo prove e
non ne trovavo. Poi ho capito
che l’unica prova che Dio ci dà
di se stesso è Gesù Cristo ».
Antonio ha trovato nella chiesa valdese che «il centro delTinteresse è Gesù Cristo e non il
credente, con i suoi meriti da
vantare. Anzi, vi è molta autocritica nei confronti di se stessi,
forse troppa».
Più articolata e problematizzata ci sembra l’esperienza di
Ciro: « L’etichetta, penso, non
serve a niente, perché molte persone che non sono valdesi o protestanti mi possono dare esempi di cristianesimo. La chiesa
valdese è lo strumento attraverso il quale ho conosciuto il Signore, e ho sentito che la Parola che mi veniva annunciata è
qualcosa di vero e di vivo. Molti
sono cattolici solo di nome, ma
essere cattolico solo di nome, o
essere solo non cattolico non
serve: si prende un’identità per
scegliere una responsabilità».
Giovanni dichiara che l’incontro con la Parola da un lato lo
ha fatto riflettere sulla propria
inconsistenza, dall’altro gli ha
dato la sensazione di sentirsi accettato cosi com’era e portato
alla scoperta di possibilità insospettate di vivere in modo nuovo la solidarietà con l’altro, perché si è sentita una Parola di vita eterna.
Michele dichiara che la sua
adesione alla chiesa valdese è il
frutto non di una pressione o di
un dato di fatto che si accetta
senza discutere, ma di « una libera scelta maturata nel corso
di quattro o cinque anni di ascolto della Parola e di riflessione».
Anna Maria è molto schematica : « Voglio credere in Gesù Crito, morto, risuscitato e vivente
tra noi; e credo che lo pure devo fare la mia parte nella missione che il Signore ha affidato
ai suoi discepoli: annunziare l’evangelo e cercare di farlo vivere
in me stessa prima e nel prossimo poi ».
Gaetano esprime la consapevolezza di una conversione al Signore più che ad una chiesa;
« Ero il ragazzo più sicuro : ateo,
di sinistra, insomma con tutte
le carte in regola per essere alla
moda... Ho incontrato Tevange
lo in tutta la sua realtà e forza.
L’intervento di Dio mi ha arricchito del più grande dei doni;
la fede in Lui, nel suo unico Figliuolo, nello Spirito Santo... I
poteri di questo mondo ho capito che non si combattono con
l’ateismo o le fughe dalla realtà,
anche religiose, ma con l’evangelo ».
Francesco ha trovato nella
chiesa dei compagni di strada;
« Voglio fare parte di una comunità di credenti che sono alla ricerca della salvezza ».
Mimmo tiene a precisare :
« Non dico che la chiesa che ho
scelto sia perfetta. In essa mi
trovo bene perché con gli altri
imparo ad intendere Tevangelo
e a metterlo in pratica. Non ho
molta cultura, ma spero che Dio
mi dia la forza morale e spirituale per ubbidirgli con me stesso e col prossimo ».
Cosimo viene da una religione
nella quale si è trovato «per
scelta dei genitori, e che chiedeva solo un impegno qualche volta l’anno... La comunità valdese
non è certo la verità indiscussa
0 la via sicura dell’incontro con
Dio. Mi dà però la possibilità di
cercare la verità, la speranza,
l’incontro col Bifore del mondo
cifie è stato crocifisso e che vive
in mezzo a noi. So di dovermi
assumere ogni giorno la responsabilità che si assume chi dice
di essere cristiano».
8
8 ecumenismo
29 aprile 1983
I GIUDIZI DELLE COMUNITÀ’ DI BASE SU WOJTYLA E ROMERO I PROTESTANTI NELLA STAMPA ITALIANA
Il papa e il martire
Ancora su Lutero
Nel terzo anniversario dell’assassinio del vescovo di San Salvador, Oscar Romero <24 marzo
1980), l’agenzia di stampa ADISTA, vicina al cattolicesimo di
base. Io ricorda con diverse prese di posizione e testimonianze.
Anzitutto ADISTA dà una propria valuteizione dell’atteggiamento tenuto da papa Wojtyla
in occasione del suo viaggio in
Centro America:
Giovanni Paolo II, nel suo recente viaggio in Centro America,
ha reso omaggio alla memoria
di mons. Romero (stigmatizzandone però ogni strumentalizzazione) e ha parlata della necessità di « riforme adeguate » e
« osservanza dei principi della
democrazia sociale ». Ma ha tentato un’impossibile equidistanza
tra gli assassini della democrazia e la stragrande maggioranza
degli oppressi. Nel discorso del
mercoledì successivo al suo rientro in Vaticano, il papa ha pronunciato parole da più. parti giudicate ambigue e comunque tali
da indurre U portavoce della Sala Stampa, padre Romeo Panciroli a una precisazione verbale.
Le parole di Giovanni Paolo II:
Protestantesimo
in TV
LUNEDI’ 2 MAGGIO
II rete, ore 23 circa
DISCUTIAMO
L’ANNO SANTO
Con un dibattito tra Franco
Giampiccoli e don Francesco
Ricci di Comunione e Liberazione viene chiarita la posizione protestante circa Tanno
santo.
Conduzione di Paolo Sbalìì.
Reagan e di quei regimi militari, di seppellire definitivamente
la figura di mons. Romero e con
lui quella di Marianela Garda
Vilas e delle altre vittime, che
tuttavia continuano a vivere nella coscienza del popolo quale
simbolo di speranza, di liberazione, di testimonianza, di fede.
Ricordano che i prudenti silenzi, l’apparente equidistanza e
neutralità, i generici ed astratti
appelli, anche se fermi, contro
l’ingiustizia e la miseria, con il
rilancio ài una superata dottrina
sociale della chiesa, non solo allontanano la soluzione dei problemi, ma possono costituire un
comodo alibi per quei regimi a
rafforzare il proprio dominio, e,
per il governo degli Stati Uniti,
ad estendere il controllo militare. Ribadiscono che l’autentico
annuncio evangelico richiede di
schierarsi con ’i poveri’, contro
coloro che sono la vera causa di
violenza, di sfruttamento, di sopraffazione, di morte».
Infine vengono riportati brani
di un documento delle Comimi
tà cristiane di base della Toscana, della Lega intemazionale per
la liberazione dei popoli di Firenze e della Rete Radié Resch
in cui i firmatari sottolineano
che grandi masse popolari trovano in mons. Romero e in Marianela Garcia Vilas « strumenti
di identificazione per continuare
la lotta di liberazione ». Deplorano la « frettolosa » orazione funebre di papa Wojtyla sulla tomba di Romero, « quasi volesse
seppellirlo una seconda volta ».
« Il popolo si attendeva con fiducia un annunzio di vita, una
buona novella per i poveri, il papa ha invece usato un linguaggio
analogo a quello di morte dei dittatori: ’Che nessun interesse
ideologico tenti di strumentalizzare il suo sacrifìcio di pastore
immolato per il suo gregge’. Non
sapeva il papa che parlando così
sanciva la meschina giustificazione con la quale il regime Salvadoregno arresta e spesso uccide
chiunque viene trovato in possesso di una foto di mons. Romero? ».
TORINO - IV INCONTRO INTERNAZIONALE
«Oscar Arnulfo Romero»
« Gli avvenimenti degli ultimi anni (in El Salvador, ndr) provano tuttavia che si tenta piuttosto di cercare soluzioni attraverso il sentiero della violenza, imponendo la guerriglia che solo
in El Salvador ha già fatto decine di migliaia di vittime, compreso l’arcivescovo Oscar Remerò ». Panciroli ha chiarito: « guerriglia » deve intendersi nel senso di « guerra civile ».
Dopo aver riferito che il direttore di « Missione oggi », rivista dei missionari saveriani di
Parma, in un numero dedicato
alla memoria di mons. Romero
chiede che « la chiesa ufficializzi ciò che il popolo latinoamericano già vive e crede: Romero
è onnai S. Romero d’America »,
ADISTA dà notizia di una testimonianza di Don Jesus Delgado
resa durante una messa presso
la Comunità di S. Egidio a Roma. Don Delgado, già segretario
di mons. Romero, autore di una
biografia del vescovo assassinato
che non ha potuto ancora pubblicare nel suo paese per ragioni
di repressione, ha detto tra l’altro: « Chiunque si azzardi a parlare di mons. Romero in El Salvador, chiunque osi invocare il
suo nome, avere un ritratto di
lui nella sua casa o visitarne la
tomba, è immediatamente sospettato di essere sovversivo,
marxista, comunista o sandinista... Tanti salvadoregni hanno
dovuto fuggire dal Paese, vittime
della paura della repressione ».
L’agenzia stampa cattolica riporta quindi un documento delle Comunità di base italiane. In
esso, dopo aver denunciato lo
stridente contrasto nel comportamento di papa Wojtyla nei confronti di padre Ernesto Cardenal
da una parte e degli oppressori
D’Aubuisson, Rios Montt e Duvalier, e aver ricordato insieme
a Oscar Romero Marianela Garcia Vilas, è detto:
« Le Comunità cristiane di base pertanto denunciano il tentativo strumentale, da parte dello
stesso Giovanni Paolo II, che così si allinea sulle posizioni di
Dal 5 alT8 maggio 1983 si svolgerà a Torino, nella parrocchia
di S. Maria Goretti, via Actis, 20,
il IV incontro internazionale
« Oscar Arnulfo Romero » dei
Comitati cristiani di solidarietà
con i paesi del Centro America.
Tale incontro viene convocato
dal Segretariato Cristiano di Solidarietà, che ha sede in Messico e dal Servizio di Coordinamento della Solidarietà cristiana
in Europa, la cui sede è attualmente in Torino (Italia).
E’ prevista la partecipazione
di rappresentanti sia del Centro
America che del Sud e Nord
America (e tra essi di alcuni vescovi), ma la maggioranza sarà
costituita da rappresentanti e
delegazioni di comitati provenienti da tutti i paesi delTEuro
pa e particolarmente dall’Italia.
L’incontro si svolgerà sulla seguente tematica: « Analisi e significato dell’esperienza cristiana all’interno del processo di liberazione. Il nostro impegno di
solidarietà e conseguenze per le
nostre chiese ».
I lavori si articoleranno in due
momenti ben distinti anche se
complementari: il primo, riservato a rappresentanti di gruppi
e comimità chiaramente impegnati nella solidarietà cristiana,
in riferimento a quelle componenti della chiesa centroamericana che si sono coinvolte nel
processo di liberazione; il secondo, aperto a tutte le persone e i
gruppi interessati a tale problematica.
Il centenario di Lutero continua ad occupare spazi nella
stampa italiana. Come dice Quinzio su TTutto Libri «Lutero non
può essere ignorato da chi voglia capire il mondo moderno ».
O, come dice Giardina su 24 Ore,
«Lutero scalza Marx» (i due centenari coincidono) e, mentre nella Germania Ovest Lutero viene
studiato in chiave freudiana per
scongiurare la visione di Lutero
come precursore di Hitler per la
sua violenta intransigenza, nella
Germania Est viene celebrato in
chiave nazionalista, come fondatore della nuova Germania e come coautore della prima rivoluzione borghese. O, come in una
accurata recensione del libro su
Lutero di Febvre, pubblicato da
Laterza, uscita su Alfabeta, si avvicina il pessimismo di Lutero
all’ottimismo della filosofia di
Hegel e dei suoi seguaci; con, in
più, una obiezione a Weber di
cui viene rettificato il noto concetto del capitalismo come figlio
della Riforma, argomentando, im
po’ capziosamente ci pare, che
avendo Lutero e Calvino liberato
il « peccato » con la salvezza per
« sola grazia », essi hanno così
dato il via al « peccato economico e sociale » rappresentato dal
capitalismo, anche senza averlo
voluto. Di Lutero ha parlato anche il GR1 che, in una sua popolare rubrica, ha intervistato non
solo il prof, cattolico Alberigo,
ma anche alcuni protestanti come P. Ricca, V. Vinay e Laura
Ronchi.
Qualche nuovo commento sugli
esiti del viaggio del papa in Centro America. Puntuale sembra
quello di Gentiioni sul Manifesto,
secondo il quale l’attivismo di papa Wojtyla, soprattutto verso il
Terzo Mondo, significa il suo desiderio di ripresentare ai poveri
e ai diseredati del mondo, la
Chiesa come base di certezze per
la risoluzione dei problemi di fame e di violenza che li tormentano, senza giudicarne le cause. Il
che sembra lontano da una realtà
che presuppone scelte più precise
e prese di posizione ben più nette
di quelle assunte da papa Wojtyla nel suo viaggio, durante il
quale sembra aver più duramente condannato i ribelli cattolici
alla gerarchia cattolica (Nicaragua), che non i dittatori sanguinari che in altri paesi (Salvador
e Guatemala) perseguitano indistintamente arcivescovi e poveri
fedeli.
In un suo quaderno sulla « Povertà » il Gallo attinge ampiamente al libro di Bieler su « L’umanesimo sociale di Calvino »,
pubblicato dalla Claudiana, per
spiegare come Calvino sia riuscito a dare a Ginevra una sua disciplina economica, indispensabile ad una città che viveva in
permanente stato di guerra.
Notizie di varie attività di tipo ecumenico. Anche una intervista di Accattoli al past. Potter
sul Corriere, per annunciare e
spiegare il prossimo convegno di
Vancouver su « Gesù Cristo vita
del mondo », non senza precisare
che, nonostante le critiche ricevute, il C.E.C. non intende rinunciare alle sue lotte contro il razzismo, la povertà, il militarismo
e il sessismo. E su Famiglia Cristiana un articolo di L. Sartori
che, richiamandosi a Bonhoeffer,
afferma come la « Comunione dei
Santi », intesa come solidarietà
tra morti e viventi nella preghiera per il perdono di Cristo, sia
patrimonio comune di cattolici e
protestanti. Il che, fatte salve le
diverse posizioni su purgatorio
e indulgenze, ha un suo fondo di
verità. Lamentele, invece, di un
lettore de TAvvenire per la rubrica « Protestantesimo » in TV
perché « il più delle volte, invece
di trattare i problemi attuali delle Chiese Evangeliche in Italia,
preferisce soffermarsi su vicende
del passato, ormai remoto, in cui
è sempre la chiesa cattolica la
principale, se non Tunica accusata ».
E, per finire, una notizia secondo cui a Lourdes verrebbe prossimamente aperta una cappella
anglicana.
Niso De Michelis
9 Segnalazioni e ritagli per
questa rubrica vanno inviati
direttamente al curatore:
Niso De Michelis, via S. Marco 23, 20121 Milano.
Madagascar:
unione dì chiese
(FLM-Inf.) — Il Sinodo generale della Chiesa di Gesù Cristo
in Madagascar ha deciso la fusione con la Chiesa Luterana
Malgascia. La nuova chiesa verrà chiamata Chiesa Protestante
Unita del Madagascar. La Federazione delle chiese protestanti
che riuniva unicamente queste
due chiese verrà dissolta. La nuova chiesa conterà un milione e
mezzo di membri e circa 1.500
pastori. I responsabili delle due
chiese hanno buoni rapporti con
la Chiesa Anglicana, l’Alleanza Biblica e gli Avventisti. Le relazioni ecumeniche, in particolare
verso il C.E.C., risulteranno rinforzate. E’ stata messa in cantiere una comune confessione di
fede.
Le cifre del
Consiglio Ecumenico
(BIP) — Secondo i documenti
preparatori della sesta Assemblea del CEC che si terrà a Vancouver la prossima estate il Consiglio Ecumenico delle Chiese
annovera oggi 301 chiese membro, così ripartite : Africa 61 ;
Asia 58; Australia - Pacifico 19;
Caraibi 10; Europa delTEst 30;
Europa dell’Ovest 56; America
Latina 19; Medio Oriente 13;
America del Nord 35. Vi sono
inoltre 30 chiese che non possono essere considerate membro a
pieno diritto perché hanno un
ridotto numero di membri.
-j- Echi dal mondo
cristiano
a cura di Renato Oolsaon
Svìzzera: le donne
e la prevenzione
(SPP) — La Federazione Svizzera delle donne protestanti reputa che sia estremamente importante una revisione delle leggi esistenti atta a garantire una
vera prevenzione delle malattie.
La commissione giuridica è d’accordo con la nuova legge federale sulla prevenzione che dà alla
Confederazione la competenza
di assicurare l’informazione, la
documentazione, la ricerca e la
coordinazione in questo campo.
Le donne protestanti domandano inoltre che sparisca la contraddizione fra la tassazione del
tabacco e delle bevande alcooliche e le sovvenzioni alle culture
della vigna e del tabacco.
50 anni fa Hitler
prendeva il potere
( SPP) — « Per mezzo nostro,
un diluvio di disgrazie si è abbattuto su diversi paesi e popoli... Accusiamo noi stessi di non
aver avuto abbastanza coraggio.
di non aver pregato con maggior
fedeltà, creduto con maggior
gioia e amato con maggior calore». Così ha scritto il Consiglio
delle Chiese Evangeliche Tedesche (EKD) in un messaggio alle chiese diffuso in occasione del
50" anniversario della presa del
potere da parte di Hitler.
L’EKD si appella ai giovani
ed ai vecchi : « siete responsabili perché questi avvenimenti influenzano ancora oggi negativamente la nostra storia».
Ai politici TEKD ricorda che
l’ingiustizia, la miseria, la disoccupazione e la conclusione di
una pace ingiusta hanno fornito
un terreno ideale alla nascita del
nazionalsocialismo.
Azione cristiana
in Oriente
(SPP) — L’Islam rappresenta
700 milioni di fedeli sparsi in
una larga striscia del globo da
Dakar nel Senegai fino ai confini
dell’Indonesia. Da più di 60 anni,
l’Azione Cristiana in Oriente
(ACOT) si sforza di manifestare una presenza cristiana in un
mondo ritenuto diffìcile per la
missione.
Oggi, TAcot conta una sessantina di missionari, la maggior
parte originari del paese dove
lavorano. Dopo aver lavorato in
Tunisia, Algeria, Iran e Francia,
gli sforzi si concentrano oggi nel
Medio Oriente.
Il past. Ernest Mathys riassume le linee di azione delTAcot,
la cui sede è a Strasburgo : « Non
abbiamo fondato nessuna chiesa.
La nostra presenza nel mondo
islamico, è quella di vivere l’Evangelo con gli altri e per gli altri, promuovendo sul posto ima
riflessione teologica attraverso
incontri con i teologi dell’Oriente e dell’Islam ».
Unione di chiese
nel Ghana
(Soepi) — Secondo quanto dichiara il Servizio informazioni
DIA, le trattative iniziate più di
25 anni fa fra le 4 principali chiese protestanti del Ghana (metodista, presbiteriana, evangelica e
mennonita) si concluderanno
presto in una unione di chiese.
(3ià i Sinodi delle chiese metodiste e presbiteriane hanno manifestato il loro accordo all’unione. Tuttavia nessuna data è ancora stata fissata, anche se gli
osservatori pensano che il 1986
dovrebbe vedere la conclusione
di questo progetto.
L’uomo diventa uomo solo per
mezzo degli altri, con gli altri,
per gli altri.
(Proverbio africano)
9
29 aprile 1983
cronaca delle^Ui 9
Í
f
USSL 43: TROPPE ASSENZE NELLA MAGGIORANZA
Non passa il trasferimento
Incontri del
Consultorio
Problemi reparto psichiatrico
P9MARETTO — Venerdì 29
Manca il numero legale - Rinviata l’approvazione di un decisivo pas- consiliare, si terrà un incontro,
di Tondo sanitaria - Difficoltà politiche nella maggioranza?
r . ne con l’USSL 42, sul tema
XI 22 aOnle il r>r)rìC10*1l/A frollo T*iav*lC<avA ______ _____±. . m
25 aprile, anniversario della liberazione. Una nazione celebra
la fine di una guerra. E’ anche
l’espressione di una forte volontà
di ottenere la pace? Almeno sarebbe un buon segno per un inizio nuovo, senza la ripetizione
degli sbagli del passato, un ricordo che vive nel tempo non
può più portare all’oppressione
e alla guerra. Ci vuole un anniversario adeguato per celebrarlo.
Bisogna che tutti i membri della
nazione ricordino da che cosa ha
avuto inizio il loro stato. Io sono
giovane, non ho vissuto quei tempi. La mia conoscenza si limita
ai libri, alle discussioni, agli atti
commemorativi come il 25 aprile.
Mi ricordo i racconti di mio padre, che ha partecipato alla guerra come soldato — sono racconti che esprimono la durezza della guerra in modo personale — il
calore, il freddo, l'abbandono nel
campo di battaglia, il cercare
qualcosa da mangiare. Per me
bambino, erano racconti pieni di
avventure, storie eccitanti —
niente di più. Non ho ricevuto
informazioni sulla effettiva gravità della guerra. Perché il mutismo dei padri verso i loro figli?
E’ forse la voglia dei padri di
dimenticare?
Sono tedesco. Che cosa posso
fare io che ho alle spalle la tradizione colpevole del mio popolo — vivendo adesso in una regione che ha ospitato la lotta
durissima fra partigiani italiani
e soldati tedeschi — vedendo le
lapidi commemorative « qui fu
fucilato... dai nazisti tedeschi »;
parlando con delle madri e vedove che hanno perso un loro parente in quei tempi? E' il senso
dell’ospitalità che fa dimenticare
tutte queste miserie? E’ il tempo
frattanto passato o il riconoscimento di un miglioramento? E’
il perdono? O semplicemente
queste esperienze si sono separate dalla vita di oggi?
Dietro queste domande c’è un
problema che non è solo personale. E’ il problema di come
possiamo utilizzare le nostre
esperienze. Ci sono servite e ci
servono? E’ la situazione attuale
un risultato della lattei passata?
C’è stato un applauso forte
quando l’oratore anziano in una
manifestazione commemorativa
per il 25 aprile diceva a Pomaretto: « Lo stato per cui abbiamo
lottato non è lo stato come si
presenta oggi ». La disillusione
dopo soli 30 anni. Per che cosa
si è lottato? La liberazione è avvenuta, la liberazione da un sistema diabolico, ma dov’è la liberazione di oggi? Il nemico concreto è abolito sia in Italia sia in
Germania eppure si pensava a
qualcosa di diverso quando i
combattenti sognavano la liberazione.
Tanti giovani della mia generazione — e non solo noi — sentono che lo stato ha di nuovo
sviluppato la sua dinamica. Dopo
gli anni silenziosi del dopoguerra
abbiamo cercato la nostra liberazione da uno stato che per
qualcuno era di nuovo diabolico
e lo hanno combattuto diventando terroristi.
E cosa facciamo oggi? Aspettiamo apaticamente che le cose
si risolvano da sole? La lotta è
internazionale.
Le commemorazioni di tutto il
mondo hanno un difetto: sono
centrate solo sul passato senza
verificare i problemi di fondo: è
il nostro futuro che è minacciato,
per il quale dobbiamo lottare.
Possiamo imparare dal passato?
Thomas Elser
Il 22 aprile il Consiglio della
Comunità Montana ha respinto
le dimissioni presentate dal consigliere M. Suppo, coinvolto in
un processo per avere omesso di
denunciare un’arma che gli è costata una condanna a 7 mesi,
con i doppi benefici di legge. La
presidente ha voluto dare atto
alla minoranza della sua lealtà
verso il vice-presidente non avendo strumentalizzato l’accaduto
in cui è involontariamente incorso. E’ stata rilevata la correttezza sia del Suppo nel presentare subito le dimissioni, con
una lettera circostanziata, che
della Giunta ponendole all’o.d.g.
del Consiglio.
Nell’adunanza il Consiglio ha
deliberato di avvalersi di un servizio esterno convenzionato per
la compilazione dei listini paga
del personale; ha approvato sia
la regolamentazione del servizio
economale, nominando Carla
Bonnet, quale economo, che il
conto consuntivo 1981. Sono
state determinate le quote di finanziamento delle attività dovute dai singoli Comuni in base a
una norma dello statuto. Su questo problema c’è stata una convergenza fra la minoranza e un
settore della maggioranza per
richiedere la modifica della modalità di ripartizione in vigore,
che pone a tutti i Comuni, in
misura uguale, il 50% del finanziamento indipendentemente dai
servizi che sono attuati nei Comuni.
La minoranza ha richiesto alla Giunta di presentare al prossimo Consiglio la bozza di revisione dello statuto per aprire un
confronto politico.
Approvato il bilancio
L’esame del bilancio preventivo 1983 della gestione dei Servizi Sociali, che pareggia sull’importo di L. 648 milioni, non
ha incontrato la netta opposizione della minoranza la quale si è
astenuta.
Molto diverso è stato l’atteggiamento dell’opposizione D.C.
quando si è trattato di passare
all’esame del bilancio 1983 della
Unità Socio Sanitaria Locale presentato dal Comitato di Gestione. Nella parte previsionale di
competenza il bilancio ammonta a L. 6,923 miliardi.
La presidente nell’illustrare il
documento contabile ha precisato che il bilancio ha carattere di
provvisorietà e presume sarà
oggetto di successive variazioni.
Perciò non c’è stata la preventiva consultazione delle amministrazioni comunali che avverrà
in un secondo tempo, cioè quando la regione assegnerà all’USSL
43 la quota di riparto definitiva.
La presidente del Comitato di
Gestione non ha potuto esimersi
dal dare un giudizio politico piuttosto severo di fronte alla ripartizione del finanziamento disancorato dalle reali necessità del
fabbisogno e alla mancanza di
obiettivi da raggiungere per cui
è impossibile sia la programmazione sia la governabilità del sistema sanitario.
La questione
dell’ospedale
Celeste Martina (DO ha rilevato che, contrariamente a quanto si voglia far credere, dalla relazione finanziaria che accompagna il bilancio emerge una linea
politica della Giunta e della maggioranza che la sostiene. Basti
pensare ad alcuni argomenti, oggetto di precise proposte, come
quello del trasferimento degli
ospiti dal reparto psico-geriatrico dell’Ospedale Valdese a Villa
Olanda, per dichiarare che si
tratta di una scelta. Egli ha ricordato ancora che l’attuale
maggioranza in Consiglio non è
autosuflìciente ; essa non rappresenta la maggioranza esistente
in valle. Invece di ricercare una
integrazione, si profila un disegno di destabilizzazione le cui
radici, secondo il consigliere DC,
affondano nell’ideologia, nella
cultura locale e nella religione.
Da qqesto pesante intervento
Danilo Rivoira ha tratto lo spunto per suggerire un confronto
sulla scelta ospedaliera la più
razionale fattibile e, se lo si voleva fare, lo si facesse nella stessa adunanza.
Prima della sospensione della
seduta, richiesta dal capo gruppo D.C. per una consultazione
del suo gruppo, P. c. Longo per
il P.S.I. ha dichiarato di condividere la premessa fatta dal presidente al bilancio con il riferi
mento alla riforma sanitaria la
quale — ha aggiunto Longo —
si è trasformata in qualcosa che
ha poco da fare con la riforma
in quanto sta prevalendo la palude di forze contrarie e di sottogoverno, che si ingrossano, e
il corporativismo dal quale volevamo uscire.
Dopo la sospensione l’Assemblea ha approvato il bilancio col
voto contrario delle minoranze.
Successivamente la minoranza,
con mossa abile, sorprendentemente sfuggita al presidente, durante la votazione di im atto ha
fatto mancare il numero legale
dei presenti e Franca Co'isson
è stata costretta a rinviare la seduta.
Quali sono state le vere ragion
ni dell’assenza di alcuni consiglieri di maggioranza nella seduta nella quale all’o.d.g. figuravano, oltre al bilancio come atto fondamentale, argomenti qualificanti che, se approvati, determinavano una scelta?
Antonio Kovacs
Comunità Montana Chisone-Germanasca
Sì al bilancio
Il Comitato di gestione delrU.S.S.L. 42 ha presentato venerdì 22 aprile all’assemblea il
bilancio di previsione 1983, per
le funzioni sanitarie e socio-assistenziali.
Il presidente Baviere ha illustrato i criteri che si sono seguiti nella compilazione del primo bilancio: un bilancio di scarso incremento, con finanziamenti insufficienti a sostenere le iniziative a cui non si intende rinunciare, quali la tutela dell’ambiente, l’assistenza ai soggetti
handicappati, l’educazione sanitaria.
La chiusura dell’ospedale di
Pra Catinai e la sua trasformazione in centro di soggiorno hanno permesso aH'U.S.S.L. un risparmio di alcuni miliardi, senza riduzione dell’occupazione, dato che i dipendenti dell’ospedale
sono stati utilizzati per migliorare i servizi sul territorio. E’
molto elevata, invece, la spesa
farmaceutica ed è in progetto
uno studio che servirà a determinarne le cause con esattezza.
Si raggiunge così una cifra di
7 miliardi, escludendo il bilancio
autonomo dell’Ospedale di Pomaretto, con il quale l’U.S.S.L.
intende pure giungere ad una
convenzione.
In sede di votazione, la minoranza di sinistra (PCI, DP, indi
pendenti di sinistra) si è astenuta ritenendo che il bilancio non
fosse stato sufficientemente discusso in precedenza nelle varie
commissioni.
Subito dopo, l’assessore competente ha presentato il bilancio
relativo alla funzione socio-assistenziale, molto più ridotto come cifre, ma egualmente a corto
di finanziamenti.
Nella discussione sul bilancio
che, sia pure solo sulla carta, raggiunge i 400 milioni, è stato proposto di raddoppiare la quota di
14 milioni, richiesta come contributo ai Comuni, ritenuta troppo esigua. Infatti l’U.S.S.L. 42
ha assunto l’onere di tutti i servizi domiciliari ed infermieristici che prima in alcuni casi erano a carico dei Comuni e assicura anche il funzionamento dei
« foyers » e delle comunità alloggio per anziani.
Anche sulla votazione di questo bilancio la minoranza di sinistra si è astenuta, pur esprimendo un apprezzamento per il
lavoro dell’assessorato ai servizi
sociali.
La seduta dell’U.S.S.L. si è conclusa con l’approvazione della
proposta di adeguare all’aumento del costo della vita i sussidi
di vario genere e le rette negli
istituti per anziani.
Liliana Viglielmo
ne con l’USSL 42, sul tema
« Prevenzione dei tumori femminili ».
Interverrà il dott. Pia Roberto,
ginecologo presso il Consultorio
familiare di Perosa, con l’ausilio
di diapositive.
Rinviata
la discussione sulla
variante 8
PINEROLO — Per sopravvenute modifiche ad un atteggiamento politico della maggioranza comunale circa la destinazione ad area residenziale dell’ex
stabilimento degli elettrodi (si
parla di aumentare la cubatura
ammissibile in cambio della cessione da parte della Talco e Grafite di un pezzo di terreno) è sttita rinviata ai primi - giorni di
maggio la discussione di questa
variante che tanto aveva appassionato i pinerolesi nei mesi
scorsi.
La variante riguarda la zona
industriale a San Lazzaro, la zona ad impianti sportivi e la normativa del piano regolatore.
Norberto Bobbio
a Pinerolo
Due importanti appuntamenti
interessano chi ha a cuore la
lotta e l’impegno per la pace. Il
coordinamento pinerolesè per la
pace e il disarmo ha infatti organizzato, d’intesa col comime,
due importanti incontri.
Nel primo che avrà luogo venerdì 29 aprile alle ore 21, presso l’Auditorium di corso Piave, il
prof. Rodolfo Venditti parlerà
sul tema « L’obiezione di coscienza, una proposta di pace».
Il prof. Venditti, docente di diritto aU’Università di Torino è
autore di numerose pubblicazioni
sulla materia e offrirà informazioni di prima mano sulle varie
proposte di riforma della legge
sull’obiezione di coscienza.
Il secondo, che avrà luogo sempre aU’Auditorium di corso Piave, martedì 3 maggio alle ore 21,
vedrà la partecipazione del prof.
Norberto Bobbio, dell’Università
di Torino, che parlerà sul tema
«I presupposti etici e fllosoiici
della pace ».
A fianco
dei movimenti
di liberazione
PINEROLO — Il coordinamento per la pace e il disarmo ha organizzato in occasione del X3fV
Aprile una manifestazione pubblica a sostegno delle lotte di liberazione nel mondo. Sono intervenuti rappresentanti dei movimenti dell’Eritrea, dell’OLP e
del gruppo di appoggio alla rivoluzione sandinista in Nicaragua
ed un rappresentante dell’ANPI.
Massimino e C.
P.za Roma, 23 - Tel. 0121/22.886
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10064 PINEROLO
10
10 cronaca delle Valli
29 aprile 1983
TORRE RELUCE
PINEROLO
VAL RELUCE
Il lavoro di Amnesty corso per
bibliotecari
Attività espressive
L’alta densità di soci aderenti
a Amnesty International nella nostra valle ha dato vita a due lodevoli iniziative a Torre Pellice,
curate dai proff. Mosca e Ottino.
Un incontro con gli alunni della Scuola Media Statale "L. Da
Vinci" e del Ginnasio-Liceo Valdese e una riunione con una rappresentanza di soci.
Nelle due Scuole sono state illustrate, con dovizia di notizie,
le finalità di Amnesty International: la liberazione dei « detenuti
per motivi di opinione »; l'azione
contro l’applicazione della tortura e deUa pena di morte; l’opposizione ad ogni forma di detenzione ed esecuzione extra-giudiziale per ottenere rapidi processi per i prigionieri politici; un
trattamento più umano e meno
degradante nei confronti di qualsiasi prigioniero, per qualunque
motivo venga detenuto. E’ stato
ricordato che Amnesty International, fondata nel 1961, è la più
^ande organizzazione mondiale,
indipendente da ogni governo,
per la difesa dei diritti dell’uomo. Diritti riconosciuti dalla Carta delTO.N.U. L’organizzazione
conta 325.000 persone in 151 paesi come membri individuali oppure organizzati in « Gruppi »
che assicurano il suo fimanziamento.
Ai soci che si sono incontrati
con i proff. Mosca e Ottino è stata spiegata la funzione del
« Gruppo » che, ima volta costi
tuito, ha come impegno: l’adozione di due o tre persone detenute per motivi di opinione, razza o religione (cioè ne segue continuativamente il caso fino alla
liberazione); l’intervento d’urgenza a favore di prigionieri torturati o condannati a morte; la
partecipazione a campagne volte
a informare l’opinione pubblica
delle violazioni dei diritti umani.
Dai soci della nostra valle, che
si ritroveranno in un convegno
in maggio, si attende che si costituiscano in « Gruppo » che possa dare il suo contributo alla difesa di diritti umani su casi di
violazione che abbiano luogo in
altri paesi per assicurare una
maggiore imparzialità e una
maggiore efficacia alla sua azione.
Ogni gruppo inoltre ha il compito di autofinanziarsi e di coprire le spese sostenute dal Segretariato intemazionale. In media ogni gruppo contribuisce all’azione di Amnesty International
con la somma di lire 3 milioni
annui.
La quota di associazione per
studenti e pensionati è di lire
10.000 annue, per tutti gli altri di
L. 20.000
Per farsi soci basta versare la
quota sul C.C.P. 10104107 intestato a Amnesty International, Via
Paolo Veronese 134/17 - 10148
Torino.
Un corso di aggiornamento e
di formazione professionale del
personale addetto alle biblioteche pubbliche verrà tenuto a Pinerolo, nei nuovi locali del Centro-Rete del Sistema Bibliotecario Intercomprensoriale TorinoPinerolo (Via Giovanni XXIII).
Il corso è patrocinato dalla Regione Piemonte ed è riservato agli aiuto-bibliotecari in attività, e
a quanti abbiano prestato servizio continuativo per almeno tre
mesi in biblioteche di Enti Locali o che abbiano regolarmente
frequentato un corso di formazione professionale per aiuto-bibliotecari (1° livello).
Le lezioni si terranno sabato e
domenica pomeriggio dalle ore
14.30 alle ore 18.30 e domenica
mattina, ore 913; avranno inizio
il 30 aprile e dureranno tutto
maggio e giugno.
Seguiranno gli esami.
Al termine la Regione rilascerà
l’attestato di qualifica di cui alla
legge regionale 78 (19 XII 78 art.
14).
Si avverte che i posti sono in
numero limitato e quindi gli interessati faranno bene ad inviare
domanda di ammissione al più
presto, diretta: Al direttore del
Corso di aggiornamento e formazione bibliotecari, Biblioteca Centrale, via Battisti, 11 - Pinerolo.
Il Comune di Torre Pellice, la
Comunità Montana Val Pellice, la
Cooperativa Culturale « La Tarta
Volante » promuovono ed organizzano a favore di tutti gli interessati i seguenti corsi di formazione e di attività espressive
nei mesi di aprile, maggio, giugno, ottobre 1983:
Gruppo foto/Gram. Gruppo di
ricerca sulTimmagine per la didattica; Centro Televisivo Universitario della Università Bocconi di Milano (Gruppo Ciba-Geigy) Ilford S.p.A.; lo stage è tenuto da B. Gilardi editore di
Photo e dai suoi collaboratori.
Data 27-28-29 maggio, ore 9-12/
14-18. 20 posti.
Ceramica. Il Corso verrà tenuto
da Mastro Mael. Data il martedì
e il venerdì dal 3 maggio al 24
giugno, ore 20-22. 10 posti.
Gioco e teatralità. Stage di
« viaggio nel / con il gioco » tenuto da Remo Rostagno. Titolo:
« La metropolitana invisibile ».
Data: 11-12-13-14-15 ottobre (orario serale). 20 posti.
Vetrate artistiche. Un corso
nuovissimo tenuto da Beppe Abello. Data: il martedì e venerdì
ore 20-22, dal 3 maggio al 24
maggio. 10 posti.
Tecniche di decorazione su tessuti. Cooperativa Culturale la
« Tarta Volante ». Data: il lunedì
e giovedì ore 20-22 dal 2 maggio
al 23 giugno. 15 posti.
I programmi dettagliati dei
corsi sono reperibili presso il
Comune di Torre Pellice e da
Diego Foto (Pinerolo).
Per ulteriori informazioni telefonare al 0121/91535 nei seguenti
orari: martedì ore 10-12, giovedì
ore 15-16.30.
I corsi si terranno a Torre Pellice.
I residenti in Val Pellice usufruiranno di una quota di iscrizione e frequenza agevolata.
Le iscrizioni si ricevono presso
il Comune di Torre Pellice il lunedì mattina e mercoledì e giovedì pomeriggio fino al 28 aprile.
Borsa
di studio
L’Istituto Storico della Resistenza in
Cuneo e Provincia (Corso Nizza, 17 Tel. (0171) 445 - 12100 Cuneo - Casella postale 76) ha bandito un pubblico concorso ad 1 posto di « Ricercatore'a (8^ livello - D.P.R. n. 810/1980).
Titolo di studio richiesto : Laurea in
Lettere e/o Filosofia — oppure in Materie Letterarie (se rilasciata dalla Facoltà di Magistero) — oppure in Giurisprudenza — oppure in Scienze Politiche — oppure in Economia e Commercio.
Termine per la presentazione delle
domande: ore 12 del giorno 2 maggio
1983.
A. K.
UNA LEGGE FATTA
A TAVOLINO?
A proposito della nuova legge regionale che regola la raccolta dei prodotti
del sottobosco, in sostituzione della n.
68, vorrei fare alcune precisazioni.
lo sono nato In montagna e cl sono
vissuto: non sono contrario alla legge
su certi punti, ed è anche giusto che si
regolino certi soprusi, ma sono troppi
i particolari studiati a tavolino, senza
capire le vere cause del perché nei
boschi non crescono più I funghi e
frutti del sottobosco. I legislatori non
si sono resi conto, che fra pochi anni
funghi non ce ne saranno più, non perché vengono raccolti male, ma per altre cause.
1) Perché il taglio dei boschi non è
più curato. Al momento del taglio vengono portati via i pezzi che fanno peso,
i rami vengono abbandonati sul posto a
marcire, ed alimentare gli incendi.
Una volta la legna piccola veniva raccolta e legata a fascine e portata ai
panettieri, così il posto rimaneva pulito. Dopo due anni dal taglio veniva esey
güito lo « spurgo »; tutti i rami striscianti venivano toiti, raccolti legati e portati
via, così le piante utili crescevano in
fretta e II sottobosco era pulito. Tre
anni dopo II taglio crescevano nuovamente i funghi e tutti gli altri frutti del
sottobosco. Ora dove si taglia la legna
non cresce più niente.
2) Un altro importante fattore sono
i cinghiali, che buttano tutto sossopra,
muschio, strame, sollevando così tutto
lo strato umifero del terreno. Certo dove passano i cinghiali: addio frutti del
sottobosco. In più rovinano ettari di
pascolo, oltre al misero raccolto dei
montanari.
prusi, rifiuti abbandonati (e i tanti portati apposta) che portano inquinamento.
Sulla raccolta dei fiori. Quando ero
bambino le mamme e le nonne raccoglievano le viole a sacchi e le facevano essicare, non solo per farne delle
tisane ma anche per fare la minestra
durante l'inverno.
Nella primavera I pascoli, i prati erano di nuovo un unico tappeto viola e
pari per gli altri fiori. Al contrario ora
al posto si trovano erbacce, cespugli,
terreno rivoltato dal cinghiali.
La prova di tutto questo si vede alla
primavera: nei pascoli brucati dal bestiame, lì si scopre un tappeto di piena flora, ben sapendo che le greggi brucano prima I fiori poi l'erba.
Chi vive in montagna è testimone di
tutto questo.
Una cosa è sicura: questa legge non
porterà né frutti né fiori, ma un certo
incasso alle comunità montane per i
tesserini e ie multe, tolti dalla tasca
di chi ama fare una passeggiata nei
boschi e in montagna. Poi quale futuro
avranno quegli incassi?
Cara magna Linota,
mi hanno detto che in molti
paesi stranieri, almeno nelle nostre chiese, c’è l'abitudine, prima
di cercarsi un lavoro fisso, di dedicare uno o due anni della propria vita al servizio gratuito degli altri, in patria o all’estero.
Sai se è vero? Ti risulta che
anche fra noi in Italia ci sia
qualcosa di simile? E non ti sembra in ogni caso una bellissima
iniziativa?
Vorrei farlo anch’io, ma non
so a chi indirizzarmi. Sono- giovane e, per ora almeno, disoccupata.
E. R.
In ultimo debbo ancora fare una precisazione dell'articolo 23 (« modalità di
raccolta ») riguardante I funghi, che la
raccolta deve avvenire cogliendoli « con
torsione ». È una cosa che mai nessun
raccoglitore di funghi farà, perché così
facendo si rovina totalmente il gambo.
Se avessero detto di tagliarli con un
coltello vicino a terra, come fanno già
in tanti altri paesi d'Europa sarebbe
stato più comprensibile.
Carlo Ferrerò, Pomaretto
Mia cara figliola,
il fare gratis qualcosa per gli
altri è molto bello. Ma prima di
andare avanti vorrei che tu riflettessi su alcune cose.
Prima di tutto non sentirti
un’eroina e non aspettarti che
gli altri siano commossi e ammirati per la tua generosità. Andresti incontro a grosse delusioni, e giustamente: il volontario
è una persona fortunata che può
scegliere liberamente di fare
qualcosa che ritiene utile, in
mezzo a tanti che per vivere sono costretti a faticare in un lavoro che non amano e che certe
volte fa loro schifo.
In secondo luogo, i lavori di
cui ci sarebbe più bisogno e che
si possono affidare a dei volontari, permettendo al personale
qualificato di fare meglio il suo
lavoro, sono quasi sempre noiosi, faticosi e poco poetici. E’ facile sognare di diventare un dot
tor Schweitzer o una madre Teresa di Calcutta, in mezzo a una
folla di gente riconoscente e commossa, ma di solito c’è bisogno
di una persona che lavi i pavimenti, pulisca verdura, faccia girare un ciclostile o tenga in ordine registri e schedari.
Di queste persone si sente la
mancanza, ma, quando ci sono
e lavorano, nessuno si accorge
di loro.
Finalmente, preparati a incontrare difficoltà con il personale
regolare con cui lavorerai, e che
di solito non ha molta stima per
i volontari. Un giorno una vecchia diaconessa mi ha spiegato
perché.
Diceva che spesso i volontari
sono ricchi d’entusiasmo, ma
ignoranti e pasticcioni; si perde
più tempo a spiegare quel che
devono fare che a farlo direttamente. Poi alcuni sono meno
puntuali sul lavoro o si pigliano
dei giorni liberi, perché tanto
quel che fanno è già un regalo e
non si sentono obbligati a lavorare con il medesimo impegno
di chi prende uno stipendio (in
fondo tutti noi facciamo così
quando paghiamo regolarmente
le tasse allo Stato, per paura
della multa, e dimentichiamo, o
versiamo in ritardo, la contribuzione alla chiesa perché tanto è
volontaria e nessuno ci può costringere).
Ma il peggio è che, appena
hanno imparato qualcosa e potrebbero aiutare davvero, se ne
vanno e bisogna ricominciare
daccapo.
Non ti ho scritto tutto questo
per scoraggiarti, ma per aiutarti a capire se il tuo è un entusiasmo passeggero o un impegno
serio, e perché tu ti renda conto
di alcune delle difficoltà che potrai incontrare.
La prossima volta spero di
poterti dare notizie più precise
sulle possibilità di trovare presto il modo di fare il tuo anno di
volontariato.
Questa mi sembra una scelta
importante per tutti, ma specialmente per te che sei una donna.
Rivendichiamo la parità di diritti con gli uomini, ma abbiamo
diritto di farlo solo se accettiamo anche la parità dei doveri. Se
gli uomini debbono fare un anno di servizio militare, o quasi
due di servizio civile, dovremmo
tutte sentirci impegnate a dedicare altrettanto tempo al servizio della collettività.
Ma, soprattutto, un cristiano
non può non esprimere la sua riconoscenza per la gratuita grazia di Dio. dedicando almeno ima
parte della sua vita al servizio
gratuito del prossimo.
Ti abbraccio.
Magna Linota
Hanno collaborato a questo
numero: Massimo Aprile;
Archimede Bertolino; Giovanni Conte; M. Luisa Davite;
Bruno Gabrielli; Dino Gardiol; Enos Mannelli; Luigi
Marchetti; Silvana Marchetti;
Italo Pons; Paolo Ribet; Salvatore Ricciardi; Bruno Rostagno; Aldo RutigUano;
lean-Louis Sappè.
3) Un altro fattore è che nei pascoli
abbandonati, I cespugli e le erbacce
avanzano a passi da gigante. Cosi spariscono i mirtilli e tutti I frutti del sottobosco.
Invece di fare squadre di guardie ecologiche sarebbe importante formare
squadre di ripulimento del sottobosco.
Si può così sperare in un nuovo avvenire ambientale. Le guardie ecologiche
possono essere molto utili contro i so
TESSUTI CONFEZIONI ARREDAMENTO BOUTIOUE
hot - dog Esclusivista ’’Fiorucci”
Via Duca degli Abruzzi, 2 - RINEROLO (To) ■ (Telef. 0121/22671) Via Arnaud, 4 TORRE PELLICE
11
29 aprile 1983
cronaca delle Valli li
POLITICA DELLE OPERE - 4
Il lavoro dipendente
nelle opere della chiesa
Il problema del personale dipendente dagli istituti ecclesiastici è posto nell’articolo della
Beux nei termini seguenti: « v’è
una grossa difficoltà a gestire il
fatto di essere contemporaneamente membri della chiesa che
gestisce le opere e prestatori d’opera delle medesime ».
Comprendo che per molti credenti questo problema si ponga;
ma non si pone per tutti, né per
tutti nello stesso modo. Non mi
sembra però che quelli indicati
siano i termini nei quali il problema vada posto, se si vuol cercare di superare le difficoltà che
determina.
Anzitutto vorrei far osservare
che non mi sembra si possa distinguere tra «prestatori di lavoro » nelle « opere » e « prestatori di lavoro » nelle « chiese »;
cioè negli uffici delle stesse, od in
quelli centrali, quale che sia la
prestazione che si offre e per la
quale si riceve un compenso: portiere, custode, segretaria, impiegato, consulente ecc., varie sono
le prestazioni retribuite che si
possono rendere presso una chiesa, i suoi uffici o i suoi stabili.
Non credo sia legittimo fare una
differenza tra questo « personale
dipendente » e quello di un istituto di istruzione, di assistenza, di
accoglienza od ospedaliero gestito in sede ecclesiastica.
Inoltre non distinguerei questi
dipendenti dalle amministrazioni
ecclesiastiche dai pastori che esercitano il ministero a pieno
tempo nella Chiesa. Tutti lavorano a pieno tempo e ricevono
un assegno mensile per il loro
sostentamento. L’unica differenza
che mi sembra necessario fare è
Quella tra personale « vocazionale » e personale « mercenario ».
Riterrei che nel primo gruppo
vadano ricompresi, oltre ai pastori, gli optanti per il trattamento
pastorale e tutti quei credenti
che applicano le loro attitudini
professionali nel quadro dei servizi ecclesiastici mediante un lavoro retribuito. Nel secondo
gruppo invece mi sembra debbansi ricomprendere coloro che
non si pongono il problema segnalato di prestare la loro opera
nella chiesa, ma offrono il loro
lavoro alle dipendenze di una
amministrazione ecclesiastica
con lo stesso spirito ed intendimento con cui lo presterebbero
ad un qualsiasi altro datore di
lavoro.
Dovrei supporre che il primo
gruppo ricomprenda solo membri di chiesa ed il secondo coloro che non lo sono, pur essendo
egualmente degnissime persone e
provetti lavoratori. Ma so che
non è così. Tra questi ultimi che
ho denominato « mercenari »,
perché lavorano per la mercede
che ricevono (il che è di per sé
giustissimo che sia), so che vi
sono anche dei membri di chiesa più o meno tiepidi. Ma costoro certamente non si pongono il
problema che ha giustamente posto Carla Beux. Si pongono invece, e di ragione, tutti gli altri
problemi insiti nel loro rapporto
di lavoro e che siamo abituati a
chiamare « sindacali » o rivendicativi.
Lavoro vocazionale
In questa sede debbo occuparmi però di coloro che per il sol
fatto che possono avvertire un disagio nel trovarsi ad « essere contemporaneamente membri della
chiesa che gestisce le opere —
come dice la Beux — e prestatori d’opera nelle medesime », ricadono automaticamente nel primo gruppo; sono cioè prestatori
« vocazionali » anche se non se
ne sono mai accorti. Forse tra
coioro che lavorano vocazional
XJn gruppo
di diaconesse
in una foto
di alcuni
anni fa. Oggi
il personale
delle opere
vive
diversamente
la propria
vocazione.
mente alle dipendenze di una
chiesa o di un’opera v’è chi non
ha mai avvertito un complesso
negativo tra lavoro reso e partecipazione alla vita ecclesiastica;
credente e lavoratore sono funzioni tra loro conj-patibili ed armonizzabili. Se mai costoro possono sentire il disagio di ricevere un compenso per il lavoro
prestato.
!È legittimo tuttavia porsi il
problema del proprio lavoro nelle opere o nelle chiese e sentire
un disagio, delle difficoltà insorgenti tra la propria posizione di
credente e membro di chiesa e
quella di prestatore di un lavoro
retribuito. Ora fermo restando
che è giusto pensare che l’operaio è degno della sua mercede
e che nella Chiesa del Signore
non si deve neppur far insorgere
il dubbio che sul piano economico si voglia speculare sull’aspetto « vocazionale » con cui i credenti offrono il loro lavoro, mi
sembra però — come ho accennato — che il problema dei dipendenti membri dì chiesa vada
impostato in modo diverso.
Non mi sembra sussista la contrapposizione posta dalla Beux.
Non è la chiesa, di cui si è membri, che gestisce le opere; infatti
queste sono gestite da Comitati o
da enti patrimoniali ecclesiastici, per cui il rapporto di lavoro
si presenta in termini diversi. Il
datore non è la chiesa, ma un
ente od un Comitato appositamente costituito nel quadro ecclesiastico per adoperarsi in queste gestioni. Coloro che fan parte di tali enti o Comitati, ed amministrano gli istituti hanno tra
gli altri l’onere di provvedere a
che tutte le condizioni di lavoro
e di previdenza sindacalmente
stabilite siano appieno rispettate
nei confronti di tutto il personale
dipendente, « vocazionale » o
« mercenario » che sia. Tutto ciò
fa parte di quella testimonianza
di fede operante che costoro,
quali credenti e membri di chiesa, debbono rendere al Signore
nei riguardi di quel loro prossimo che è il personale dipendente oltre agli utenti dell’istituto.
Così parimenti per il personale « vocazionale »: quello, ripeto,
che si none il problema che la
Beux ha giustamente sollevato.
Costoro non possono prescindere
dal considerare che il proprio lavoro — ovunque sia prestato ed
in particolare quando lo è nel
quadro ecclesiastico — è anche
una testimonianza della loro fede.
Non mi sembra vi sia differenza sostanziale di impostazione
tra quella « comunità » di credenti che è chiamata a gestire un
istituto (il Comitato) e quell’altra « comunità » di credenti che
si deve formare tra il personale
« vocazionale » dell’istituto stesso. Sono entrambe due « comimità » edificate nel quadro della
chiesa locale, al pari di quelle
altre che, a titolo volontario, co
me ho accennato precedentemente, si formano per dar una mano
in seno ad un istituto determinato.
Se ho indicato solo il personale che presta il suo lavoro retribuito a titolo vocazionale, è perché mi sembra che in tal caso il
dato di fede — la coscienza cioè
di essere anche « membro di chiesa », oltre che « dipendente di
un’opera della chiesa» — giochi
in modo determinante. Né sarebbe pensabile coinvolgere in
una « comunità » di fede operante, anche quel personale, di cui
un istituto può anche aver bisogno, ma che non condivida le nostre posizioni di fede.
Ogni credente che
agisce fa chiesa
A parte le questioni « sindacali » che, come ho detto, non dovrebbero dar luogo a problemi,
altre difficoltà possono insorgere nell’incontro del lavoro richiesto e prestato tra membri di
chiesa, sotto diversi profili, tutti
incidenti però sul comportamento umano degli uni verso gli altri. Difficoltà possono nascere
tra istituto inteso come servizio
da rendere e possibilità di attuazione da parte di chi vi si adopera; tra Concistoro o Comitato
che amministra e personale che
esegue in ordine al fine voluto;
tra chiesa che anima la testimonianza da rendere e credenti che
la rendono nel quadro di « comunità » operative di loro elezione; tra dipendenti a pieno
tempo e gruppi di lavoro volontario che si adoperano in surroga dei dipendenti per consentire
loro di occuparsi anche di altre
attività ecclesiastiche, od in loro aiuto per alcune necessità
dell’istituto; tra dipendenti od
altre comunità operanti ed utenti dei servizi resi dall’istituto.
Mi sembra però che l’insorgere di difficoltà di tal genere dovrebbe stemperarsi sul nascere
nell’esercizio della cura pastorale
airintemo dell’istituto. Il compenetrare sul piano dell’esercizio
dell’amore del prossimo, le esigenze di lavoro e quelle vocazionali di testimonianza di ciascuno
e dei diversi gruppi operanti in
un medesimo istituto, mi sembra
proprio rientrare in questa cura
pastorale. Riterrei che, scartati
tutti i complessi eventuali che potrebbero insorgere ed insorgono
magari di fatto per le ovvie incomprensioni stagnanti nelle condizioni di vita degli umani, ciascuno dovrebbe immedesimarsi
e vivere il fatto che ogni membro di chiesa, ogni credente cioè,
quando agisce fa sempre chiesa.
E tanto più ciò avviene quando
egli agisce nel quadro di im istituto nel quale l’opera della testimonianza della fede vuol essere
resa manifesta.
Giorgio Peyrot
Pro Ospedale Valdese
di Torre Pellice
Pervenuti nel mese di marzo 1983
L. 100.000: In mem. di Anna Fornerone, Prarostino.
L. 25.000: Avondetto Maria, Prarostino, in mem. del marito.
L. 20.000: GardioI Enrico, Torre Pellice.
Pro Ospedale Valdese
di Pomaretto
Pervenuti nei mese di marzo 1983
i. 296.500: Doni raccolti tra i membri della Comunità di Prali nel 1982.
L. 250.000: Famiglia Barale Ettore,
Pinasca.
L. 135.000: In mem. di Maurino Livia
in Brun, i familiari, Perosa Argentina.
L. 100.000: In mem. di Anna Fornerone, Prarostino.
L. 50.000: Bertolin Alberto, Inverso
Pinasca: Vicino Roberto, San Secondo
di Pinerolo; Massel Alessandro Giacomo, Perrero; Carbone Maria, Roure, in
mem. Carbone Domenico.
L. 40.000: Peyrot Emilio, Pomaretto.
L. 30.000: Pranza Lidia, Villar Perosa;
Bertalotto Giuseppe, Perosa Argentina;
Tron Ester, Pomaretto; Grill Germana,
Bovile, Perrero.
i. 25.000: Tron Ester, Pomaretto, in
mem. Tron Attilio.
L. 20.000: Emma Lantelme Bert, Pragelato.
Pro Asilo Valdese
di Luserna San Giovanni
Pervenuti nel mese di marzo 1983
L. 5.000: Reynaud Lea (ospite Asilo).
L. 10.000: Cesan Elide in mem. del
marito; Aurora in mem. di Clelia Comba Girardon.
L. 15XK)0: Balestra Rina in mem. di
Emma Gonio.
L. 20.000: L.A.N. Rostan, in mem.
della Sig.na llda e della mamma Giulietta Rivoir (S. Germano Chisone); N.
N., in mem. di Anita Mathieu; Cangioli
Margherita in mem. di Stringat Caterina; Germana e Ferruccio Rivoir in
mem. della cara mamma e della Sig.na
Emma Gonin; Anna Mal'anot Alliaud, in
mem. di Mina Gonin.
L. 25.000: Odette Balmas, in mem. di
Anita Eynard Mathieu; Odette Balmas,
in mem. di Marianna introna.
L. 30.000: Revel Ricca Alice, in mem.
di mio marito; Ada e Elena Geymonat,
ricordando Anita Eynard Mathieu; Signoretti Mina, in ricordo di Minette Bertin
e Mina Gonin; Giordan Emma; In mem.
di Dante Gaydou, la sorella Maria.
L. 40.000: Zia Do, Olga, Pinocela,
Giorgio e famiglia, in mem. di Ada Paschetto Tourn; Rivoir Alma, in mem.
di llda Rivoir (Bergamo); Revel Paolo e
Edith, in mem. dei loro cari.
L. 45.000: N. N., in mem. di Carlo
Eynard.
L. 50.000; In mem. della mamma Malan Baratto Valdina, i figli Renata e
Franco; A ricordo del marito Pavarin
Giacomo, la moglie (Rivoli): Jahier; Corsani Carlo, con riconoscenza (Genova) ;
N. N., in mem. dei miei cari con riconoscenza; N. N., ricordando Maddalena
Pasquet; Rina Bertin, in mem. della
mamma nel 2" anniversario della dipartenza; Meynet Mario, per buona Pasqua;
Elsa Gay Oviglia; Enrica e Aldo Malan,
in mem. di Giulia Tron Roman; Barra
Caterina; Chiesa dei Fratelli di Torre
Pellice; Coniugi Pittavino Malan; Leotta Maria, in mem. di Ondina Bilione
ved. E. Corsani (Catania).
L. 100.000: In mem. di Elena Ayassot, da parte di Emilia Albarin ved.
Peyrot e Paola Bein Peyrot; Coucourde
Giulio, in mem. di Arturo Balma (Pinerolo); In mem. del Pastore Mollica
Carmelo, da Sara e Sauro Gottardi
(Albissola Sup,); Febe Mollica, in memoria del marito; Anita e Geraldo Mathieu, in mem. di Anita Mathieu ved.
Eynard (Torre Pellice); In mem. di Anna
Fornerone, la sorella Margherita (Prarostino); In ricordo della Sig.ra Morra
Bessone Nancy, la famiglia.
L. 130.000: Unione Femminile Battista
di Genova, in mem. della sorella Ondina
Corsani.
L. 150.000; Alimonda Rita (pervenuto
nel mese di gennaio c.a.).
L. 155.000; In mem. di Sergio Pons
da parte di 36 amici, conoscenti e vicini di casa (Villar Perosa).
L. 590.358: Freundeskreis der Waldenser Kirche H. W. Scharffig (Essen).
L. 650.000: In mem. di Adolfo Coi's
son e di Paolina CoTsson Tomasini, la
sorella Marie CoTsson Poèt (New York
U.S.A.).
L. 1.039.003: Arthur Anderson e C. O.
Foundation, tramite sig. Bruno Ricca
(Milano), in memoria di Angelo Rosini
dirigente Italimpianti.
« Poiché questa è la volontà del
Padre mio: che chiunque contempla il Figliuolo e crede in
lui, abbia vita eterna e io lo
risusciterò nell’ultimo giorno »
(Giov. 6: 40)
E’ piaciuto al Signore di chiamare
a sé la cara
Isa Recchia
di anni 35
Profondamente angosciati, ma fiduciosi nelle promesse del Signore, lo
annunciano: il padre Cataldo, le sorelle Franca, Amalia con le figlie
Susy e Flavia, i fratelli Vittorio, con
la moglie Maria Palaia e le figlie Daniela e Loredana, Alberto con la moglie Carla Spadone, ed i parenti.
Torino, 22 aprile 1983
RINGRAZIAMENTO
« Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa,
ho serbato la fede »
(II Timoteo 4: 7)
I familiari del compianto
Agostino Laurenti
riconoscenti per la grande dimostrazione di stima e di affetto tributata
al loro caro, ringraziano tutti coloro
ohe hanno preso parte al loro dolore
e in modo particolare il pastore Conte,
il dott. Bertolino e i vicini di casa.
San Germano, 15 aprile 1983
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a partire da settembre 1983. Telefonare ore serali (011) 6069485 o
scrivere alla redazione Luce.
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12
12 uomo e società
29 aprile 1983
L’EDIZIONE ITALIANA DI UN GRANDE SUCCESSO IN USA
La follia nucleare
Nel libro di Jonathan Schell uno straordinario appello a salvare
l’umanità dalla catastrofe atomica prima che sia troppo tardi
Jonathan Schell, cittadino statunitense (ma sarebbe meglio definirlo: cittadino del mondo),
scrittore e giornalista della rivista « New Yorker », ha impiegato cinque anni per scrivere il libro che qui presentiamo In
quel lasso di tempo, egli ha fatto
centinaia di interviste a scienziati e responsabili di istituti di
ricerca, a funzionari pubblici e
uomini politici, a militari ed imprenditori.
Ne è appunto uscito questo
voltane, che, sia piure con qualche ripetizione e lungaggine, è
uno straordinario appello a « salvare l’umanità prima che sia
troppo tardi » a causa della folle
corsa agli armamenti nucleari.
Il noto scrittore Primo Levi ha
definito questo libro: « fondamentale, necessario e terribile ».
Il libro è uscito in Europa nelrautunno del 1982, preceduto da
un largo successo riscosso negli
Stati Uniti: ci auguriamo che
esso abbia pari successo anche
nel nostro continente e che contribuisca, soprattutto nei confronti dei giovani, a creare ima
nuova mentalità e -una sempre
ma^or opposizione alla pazza
politica degli uomini ora al potere e che pare riscuotere ancora
da troppa gente un assenso o per
lo meno ima fatalistica accet
tazione. Si pensi in modo particolare alle generazioni più anziane, cui l’esperienza delle guerre
più recenti (anche se neppure
lontanamente paragonabili al
prossimo conflitto nucleare) non
pare aver insegnato nulla.
Guerra e vittoria
non hanno più senso
L’idea fondamentale che anima
il libro di Schell è che di fronte
ad un conflitto nucleare i concetti di « guerra » e di « vittoria » hanno perso completamente
il loro significato: la ^erra infatti si trasformerebbe in un olocausto generale e la vittoria equivarrebbe aUa estinzione per tutti.
Uno dei primi dati die l’autore offre alla nostra meditazione
è che oggi nel mondo le oltre 50
mila testate nucleari (questa valutazione è probabilmente superata dagli ulteriori « progressi »
compiuti negli armamenti) sono
dotate di un potere distruttivo
pari a ca. 20 miliardi di tonnellate di tritolo: questa potenza
equivale ad un milione e 600 mila
volte quella della bomba di Hiroshima.
Facciamo un piccolo calcolo:
gli abitanti della Terra si posso
no stimare^ oggi in 4,5 miliardi:
dividendo il suddetto potere distruttivo per ogni persona vivente si viene ad avere una « dose »
di ca. 4500 chilogrammi di esplosivo prò capite (ricordiamo che
la bomba che causò la strage di
Bologna venne stimata del peso
di ca. 20 kg.).
Schell si sofferma poi a descrivere la fondamentale differenza
che^ passa fra bombe convenzionali e bombe nucleari (e a questo proposito rinviamo il lettore
al numero del 25 febbraio in cui
è apparso un servizio dal titolo
« Se la bomba scoppia... »). Mentre quelle convenzionali hanno
un solo tipo di effetto distruttivo
e cioè la cosiddetta « onda d’urto » causata appunto dall’esplosione, per quelle nucleari gli
effetti distruttivi primari sono
essenzialmente cinque: la radiazione nucleare iniziale; l’impulso
elettromagnetico in grado di fermare, con una unica esplosione
ogni apparecchiatura elettrica in
regioni vastissime; l’impulso termico; l’onda espansiva; il fallout.
Ma gli effetti secondari sono
innumerevoli, ed alcuni di essi
possono risultare ancora più nocivi per gli esseri umani e per
l’ambiente. Incendi vastissimi; il
fallout mondiale (e cioè la ricaduta ritardata della finissima ce
Pericolo di estinzione
« Il pericolo è radicato nella conoscenza scientifica, che
è ragionevole supporre durerà fino a che esisterà l’umanità; si tratta dunque, a quanto
sembra, di un pericolo permanente. Di fronte a questo pericolo sono possibili reazioni
opposte sia emotive che operative: la qualità della vita
che tutti noi viviamo risulta
condizionata dal tipo di reazione per cui optiamo. Si tratta di scegliere fra due stili di
vita del tutto diversi. Una reazione consiste nel rifiutare di
prendere atto del pericolo, e
continuare ad accumulare, un
anno dopo l’altro, gli strumenti della nostra rovina; fino a
che, per incidente o di proposito, scoppierà la catastrofe.
L’altra reazione consiste nel
prendere atto del pericolo,
smantellare le bombe e dare
alla politica mondiale un assetto tale per cui non si torni
a ricostruire gli armamenti.
Non abbiamo due Terre a nostra disposizione, una per farci un olocausto sperimentale e
l’altra per viverci. E neppure
abbiamo due anime, una per
reagire al pericolo nucleare
e l’altra per vivere tutti gli
aspetti della nostra vita. Se
ci mostriamo freddi e indifferenti verso la vita in generale,
finiremo prima o poi per diventare freddi e indifferenti
verso la vita in particolare —
verso gli avvenimenti che fanno la vita che viviamo ogni
giorno. Ma se mostriamo attenzione e passione verso la
vita in generale, anche la nostra vita particolare diventerà
più attenta e appassionata ».
(da
« Il destino della Terra »)
nere radioattiva): una vera e propria esplosione protratta nel tempo (e si pensi alla somma degli
effetti di tante bombe) che dopo
mesi o anni verrà diluita nella
terra, nell’aria, nel mare, negli
uomini, negli animali e nelle
piante. Altro effetto secondario,
la parziale distruzione della fascia di ozono, essenziale per la
vita sulla Terra in quanto filtra
i raggi ultravioletti del sole,
altrimenti letali.
A chi si illude di potersi ricoverare impunemente nei rifugi
antiatomici Schell ricorda la loro inutilità « nella quasi totali
“Ricordati che fosti schiavo...”
(segue da pag. 1)
con le belle immagini che li riguardano. Se hai fatto un prestito ad un tuo fratello divenuto
povero ed egli ti ha dato per garanzia il suo mantello, non mancare di restituirgli il mantello
prima di sera. Pazienza se non
può restituirti il danaro; l’importante è che il tuo fratello possa vivere. Così pure quando raccoglierai il tuo grano, le tue olive e la tua vigna non essere taccagno e lascia un po’ di roba nei
campi e sugli alberi: occhi affamati ti stanno guardando, sono
< L'Eco delle Valli Valdesi >
Tribunale di Pinerolo N. 175.
Reg.
Comitato di Redazione: Franco
Becchino, Mario F. Baratti, Franco
Carri, Dino Ciesch, Niso De Michelis, Giorgio GardioI, Marcella Gay,
Adriano Longo, Aurelio Penna, JeanJacques Peyronel, Roberto Peyrot,
Giuseppe Platone, Marco Rostan,
Mirella Scorsonelli, Liliana Vlglielmo.
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- 10125 Torino.
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Intestato a ■ La Luce: fondo di solidarietà ., Via Pio V, 15 ■ Torino.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
quelli dello straniero, dell’orfano, della vedova: lascia qualcosa
anche per loro.
Tutte queste indicazioni, questi comandamenti, sono dati con
una motivazione fondamentale:
ricordati della tua schiavitù,
quando anche tu campavi del
poco che ti veniva lasciato; ricordati che hai un debito verso
di me, il Signore, che ti ho tratto dal paese di servitù. Vn debito costante che non potrai mai
estinguere e che deve condizionare le tue scelte di vita, le tue
scelte sociali, i tuoi rapporti col
prossimo. Non dimenticartelo!
Il Deuteronomio è stato scritto 2500 anni fa, ma le sue indicazioni del resto in gran parte
rivoluzionarie rispetto alle legislazioni del tempo — sono valide
ancora oggi.
La Chiesa è ormai saldamente
piantata sulle sue gambe e si sente sicura di sé. Anche se non è
ancora entrata nella terra promessa è cosciente della propria
forza e della propria autorità.
Non ha bisogno di nessuno, neppure di Dio, talvolta. La parte
cosiddetta “cristiana” dell’umanità è indubbiamente la parte
più ricca, la più tracotante, dove
la vita materiale — in genere —
ha raggiunto livelli notevoli di
benessere e di stabilità economica, forse più sul piano individuale che non collettivo. Viviamo
preoccupati di mietere i nostri
campi fino all’ultima spiga, di
cogliere la nostra uva fino all’ultimo grappolo, di scuotere bene
i nostri ulivi perché nulla rimanga sulla pianta. Ma ecco che di
tanto in tanto e talvolta attraverso eventi dolorosi e drammatici come il terremoto del 23 novembre, ci troviamo di fronte il
nostro fratello che è nel bisogno, lo straniero, l’orfano, la vedova, colui che è spogliato ed Iha
necessità di aiuto. La presenza
del povero nel senso biblico del
termine, cioè di colui che è stato privato di tutto ciò che è indispensabile alla vita, questa
presenza ci interpella e mette'in
discussione tutta la nostra esistenza, il nostro modo di essere,
il nostro stile di vita.
Non possiamo far finta di ignorare questa presenza, come se
non ci riguardasse. Sappiamo
che attraverso di essa è Dio stesso che ci interpella e ci richiama. Nella parabola del giudizio
finale, Gesù non ha nessuna esitazione nell’identificar e se stesso
con quelli che soffrono: « ...ebbi
fame e mi deste da mangiare...
fui ignudo e mi rivestiste, fui infermo e mi visitaste... e i giusti
risponderanno: quando mai ti
abbiamo fatto queste cose?... In
quanto l’avete fatto ad uno di
questi miei minimi fratelli l’avete fatto a me ».
Certo, chi sta bene vorrebbe
sempre liberarsi da questa presenza scomoda di colui che è nel
bisogno. E’ una costante della
storia e anche della storia biblica. Il libro dei Proverbi afferma:
« il povero è odiato anche dal
suo compagno ». E ancora: « il
povero parla supplicando ed il
ricco risponde con durezza ». E’
una realtà che conosciamo molto bene. Ma l'Evangelo ci dice
chiaramente che non potremo
mai liberarci dalla presenza di
chi ha necessità del nostro aiuto
e che sta davanti a noi come un
pungolo costante per rivedere gli
schemi della nostra vita. Quando Gesù afferma: « i poveri li
avrete sempre con voi », non fa
semplicemente una rassegnata
constatazione di fatto, facilmente verificabile nella storia, ma
vuol ricordarci che — qualunque sia la nostra posizione — ci
sarà sempre qualcuno che ha bisogno e verso il auale siamo costantemente in debito.
E allora interviene l’avvertimento biblico: « ricordati ». « Ricordati che anche tu sei stato
schiavo e l'Eterno ti ha liberato ». « Ricordatevi — fa eco l'Apostolo Paolo — che un tempo
voi eravate senza Cristo..., estranei ai patti della promessa, non
avendo speranza ed essendo senza Dio nel mondo. Ma ora in Cristo Gesù, voi che già eravate lontani siete stati avvicinati mediante il sangue di Cristo ».
Ecco il punto chiave, la svolta
decisiva: Gesù Cristo. Egli ha
dato la sua vita per la nostra li
tà »: essi sono infatti in genere
mancanti delle caratteristiche
più essenziali quali adeguate
schermature contro le radiazioni,
filtri in grado di fermare la polvere radioattiva, provviste per
molti mesi, ecc.
L’autore non manca anche di
considerare un ulteriore elemento di connessione fra il nucleare
civile e quello militare, e cioè la
possibilità che im avversario militarmente più debole cerchi di
colpire le centrali nucleari nemiche: agli effetti già menzionati
si aggiungerebbe il fallout di queste centrali che è molto più longevo di quello delle bombe.
berazione. Eravamo schiavi dei
nostri pregiudizi, delle nostre superstizioni, della nostra religiosità, delle nostre paure, del nostro orgoglio, del nostro egoismo; ma siamo stati liberati da
Dio in Cristo.
Siamo stati liberati e per fare
questo Gesù è venuto in mézzo
a noi a vivere la nostra vita di
schiavi, la vita del terremotato,
senza casa, senza danaro, senza
difesa. Non possiamo dimenticarlo e dobbiamo rispondere in
qualche modo al grido della sofferenza umana, non con degnazione, come il ricco risponde al
povero, ma da pari a pari, partecipando e condividendo la vita e l’angoscia di chi soffre.
Amici e fratelli, oggi è giorno
di grande gioia per tutti noi. Possiamo consegnare queste case,
possiamo rallegrarci con quelli
che finalmente le occupano. Vorrei che fosse chiaro che questa
azione, questo piccolo angolo di
ricostruzione, non è soltanto un
gesto di solidarietà umana, del
resto più che doveroso. Certo è
anche quello. Ma è soprattutto
una risposta — modesta, debole,
inadeguata, come sono tutte le
nostre risposte — alla domanda
che il Signore ci pone attraverso chi soffre, una testimonianza
a Quella liberazione operata per
noi da Gesù Cristo.
E poiché è su questa base che
è nato questo villaggio, vorrei
terminare con l’augurio che la
presenze del villaggio “Galeazzo
Caracciolo” possa essere un punto di riferimento per ritrovare la
pace in questa bella città di Napoli, così dilaniata dalle lotte e
dalle violenze. Il passo che prima ho citato dell'Apostolo Paolo
continua con queste parole: « Cristo è la nostra pace... Egli ha abbattuto il muro di separazione
con l’abolire nella sua carne la
causa delle inimicizie ».
Noi crediamo che Cristo ha veramente abbattuto le barriere
che dividono gli uomini tra loro,
non mediante conferenze, o mozioni o trattati (...neppure teologici!) ma dando la sua vita, versando il suo sangue, offrendo la
sua carne. Possa essere nella
carne di Napoli, questo villaggio
una piccola, modesta ma chiara
indicazione di giustizia e di pace.
La Terra è di tutti
Il pericolo nucleare può condurre il mondo ad una soluzione
finale globale e duratura e pertanto — dice Schell — occorre
trovare una soluzione altrettanto globale e diuratura. Si facciano pure accordi a breve scadenza (i risultati li vediamo: non sono molto incoraggianti!), ma occorre una soluzione politica. Occorre bandire il concetto della
« sovranità » delle nazioni. Oggi
la sopravvivenza delle singole
nazioni di^iende da quella delle
altre: nessuno ha il « diritto sovrano » di distruggere la Terra
che è di tutti.
Egli rivolge un appello a tutti i
cristiani: il cristianesimo non
può offrire alcuna giustificazione
per la istruzione del mondo.
Non vi è nell’insegnamento del
Cristo il minimo accenno alla
, Pubblicheremo nel prossimo numero il resoconto della diffusione del giornale nel
1982, alcuni dati sul 1983, una
valutazione degli ultimi 5 anni e proposte ai singoli e alle
chiese.
possibilità che i due massimi comandamenti — amare Dio, amare il prossimo — si possano in
qualche modo disgiungere o che
il primo offra qualche giustificazione per violare il secondo. Anzi, Gesù ha affermato in modo
esplicito che la fede religiosa separata dall’amore per l’uomo è
cosa vana e pericolosa.
Ma l’appello di Schell tocca
tutti: il punto di partenza della
nostra protesta, della nostra ribellione deve essere la vita che
viviamo o^i giorno. In questo
mornento ciascuno di noi deve invertire la marcia: lasciar perdere
per un momento le cure quotidiane e dedicarsi a rendere più
saldo ^ il fondamento della vita,
in_ un’epoca che non appartiene
più a Newton, ma ad Einstein.
Roberto Peyrot
Piero Bensì 10.000.
^ Jonathan Schell : Il destino della
Terra, ed. Mondadori, pagg. 315. L.
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