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DELLE VAIII VALDESI
Pastore
TACCIA ALIERTO
angrogna
(Torino)
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 98 - N. 1
Una copi a Hre 50
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TORRE PELLICE - 16 Febbraio 1968
Ammin. Claudiana Torre Pellice . C.CJ*. 2-17SS7
17 FEBBRAIO: 1848 - 1948 - 1968
La CMesa Valdese,
La Chiesa Valdese oggi, come
per il passato, ha una sola ragion
d'essere: l’annuncio dell’Evangelo.
Nella misura nella quale, pur attraverso contraddizioni ed ambiguità, essa riesce ad essere fedele
a tale vocazione, ne va riconosciuta la validità; ma è chiaro che tale
fedeltà è soltanto un dono di Dio,
è soltanto un segno di una fedeltà
totalmente diversa, quella di Dio
nei confronti della Chiesa.
Rievocare una data, come quella del 17 febbraio 1848, altro non
è che riconoscere ancora una volta, nella storia della nostra Chiesa
e del nostro popolo, l’amore e la
fedeltà di Dio. Ma, in questa prospettiva, ogni tentativo di valutazione della'nòstra opera oggi, che
pretendesse enumerare una serie
di «realizzazioni» o di «conquiste»
o semplicemente di « punti fermi » acquisiti, ñon può, che sbriciolarsi in una confessione delle
molteplici nostre infedeltà.
A cominciare proprio da quella
« libertà religiosa », che le Lettere
Patenti, pur rappresentando una
conquista sul piano della vita civile e politica, non sancirono, ma
alla quale aprirono la via in Italia e che molti considerano oggi
argomento pressoché chiuso, solo
perchè nessun grosso fastidio che
ponga in diretto pericolo le nostre
persone ed i nostri beni, in funzidne'^i lina‘discrimiiiazicttie ctJh*'
fessionale, sembra più poter provenire dalle autorità civili.
Ma troppi si rifiutano di meditare se rincontrare un sempre
minor numero di ostacoli sul cammino della testimonianza, non sia
per avventura da attribuirsi ad un
minor slancio nell’evangelizzazione, alla sostituzione di un dialogo
talora equivoco alla coraggiosa
proclamazione della verità, ad una
predicazione alla quale non corrisponde un coerente atteggiamento
di vita.
Ne pare ci si renda conto con
sufficiente chiarezza che il problema della libertà religiosa si pone
oggi in una prospettiva mutata rispetto a quella non tanto del 1848,
quanto a quella del 1948, nel
rinnovato regime politico e giuridico del nostro paese. Si trattava allora (1948) — avendo come
punto di riferimento la Costituzione della nata Repubblica italiana,
e non profilandosi neppure all’orizzonte la possibilità che il tema della libertà religiosa potesse
assurgere a problema, entro certi
limiti, comune anche alla Chiesa
cattolica — di eliminare gli ostacoli che si frapponevano alla libera predicazione dell’Evangelo nella legislazione vigente e nella sua
interpretazione; trattasi, oggi, prevalentemente, di prendere coscienza, indipendentemente dal grado
di temperatura segnato dal termometro ecumenico della Chiesa cattolica, della responsabilità che a
noi incombe nell’esercizio concreto della libertà.
Ci muoviamo oggi, nei rapporti
con lo Stato, tra atteggiamenti di
un separatismo pseudo - risorgimentale con venature anabattistiche, riserve mentali di un non del
tutto scomparso complesso di inferiorità, e proclamazioni talora
ingenue di lealismo verso le strutture civili: ma senza un preciso
indirizzo, senza sforzarci di comprendere in quale misura dobbiamo e possiamo essere noi ad assumere concrete iniziative per chiarire la natura, il contenuto, i limiti di questi rapporti.
Nè sfuggiamo ad analoghe, se
pur di diverso tipo, incertezze e
contraddizioni in altri settori, da
quelli della revisione del nostro
ordinamento ecclesiastico a quelli
delle attività dei nostri istituti di
istruzione e di assistenza, a quello
delle difficoltà finanziarie, sempre
gravido di preoccupazioni: con
^LE SOGLÌE DI UN FUTURO CHE ESIGERÀ SCELTE RIGOROSE
nificherà, per noi,
rrere la via del deserto?
Il Sinodo ce l hmiindicata, ma occorre precisarla, e poi decisamente imboccarla : l’auvenire
della Chiesa l/ai«se dipende dal suo accettare che la comunità ideale compenetri la comurtraddistinte, queste ultime, dal nità reale, anchèm rischio di crisi e tensioni - Sintonizzare sulla stessa lunqhezza d’onda la
re all’operaio quella mercede del- predicazione e iG^omunita, poiché come si va parlando sempre piu di un divario fra paese
legale e paesMreale, così si accentua il divario fra comunità ideale e comunità reale
la quale lo riconosce degno, pur
possedendo un patrimonio in parte inutile e del quale non riesce a
disfarsi.
Nonostante queste ombre, non
può negarsi l’esistenza anche di
sintomi di un’ansia di rinnovamento nella Chiesa: anche questa
però è tutt’altro che caratterizzata da sole luci. All’esterno si prospettano e si tentano nuove torme
per parlare ai cattolici, agli atei,
ai marxisti, al mondo della cultura: ma è quasi ignorato il problema di un discorso al mondo della
scienza. All’interno, sarebbe vano
negare che esiste nella nostra Chiesa una sorta di pluralismo teologico, non sempre utile a chiarire le
idee, e che esistono situazioni di
reciproci rifiuti psicologici che
rendono difficile lo stesso dialogo
interno.
Non v’è, quindi, da stupirsi se
talora si ha veramente la sensazione che la Chiesa Valdese si trovi a dover affrontare situazioni e
problemi superiori alle sue possi
li futuro della ChidE valdese? Che
cosa se ne può dire?^raelle mani di
Dio e perciò lo si puMÌÉiardare con illimitata fiducia; è hS nostre mani
e perciò lo si guarda^fcn grande apprensione. Da vent’aitó la comunità
valdese si sta inoltrai^ in questo futuro come una fami^i sbandata in
una valle oscura. NM^siamo soli, è
vero, perchè accanto^noi, sull’altra
sponda del fiume o »pendio sopra
di noi altre famiglie a»no anch’esse
cercando la loro ma intanto
cerchiamo, senza trcMfla, la nostra
strada. I vecchi rimpi||Eono le colline
soleggiate e la pianui^n’altri tempi, i
giovani, che già in (wsta gola sono
nati e cresciuti, non^mno come si
possa vivere altrimei^che cosi, ma
affermano spesso, coniKÌnvinzione speriamolo, che cosi, non® vive. E siamo
tutti, ottimisti e rassiafeti, pessimisti
ed impegnati e ci difendiamo a vicenda : « Dove sarà It^prada? Anticamente passava di quiPBcono, ma ora
non c’è più, saliamo iQMto per vedere,
aspettiamo che faccià|»omo, torniamo indietro ». Ogni taì^ ci raccogliamo intorno al fuoco |i?|-confabulare e
nel calore della disci»mne, guardandoci in faccia e risolati dal calore
della fiamma, l’impressione
delle chiese riformate a Torre Pellice!
Rileggendo ora, a distanza di qualche mese, quelle pagine non si può
fare a meno di riconoscere che si tratta indubbiamente di una predica fra
le più belle, chiare, evangeliche che ci
sia dato udire negli ultimi tempi. Una
predica che edifica non solo perchè fa
del bene all’animo, è chiara, lineare,
ma perchè mette in ordine idee e pensieri, appelli e speranze per il nostro
domani. Una predica, autentica e valida ma immobile, morta come tutte
le nostre prediche domenicali.
A leggere quel documento, in appendice alla relazione sinodale, vien proprio da pensare al culto, la domenica,
perchè tra l’uno e l’altra c’è la stessa
distanza, lo stesso divario, la stessa
incomprensione che c’è fra la predicazione dal pulpito ed i pensieri della
di Giorgio Tourn
bilita e che un’atTnosfera Hi i>rf>nr-, ______„
cupazione e di sfiducia possa scor- ritorna n baiw.
gersi frequentemente nel modo • * *
stesso di esporre certi problemi. Nell’incontro del Sinodo 1967 è stato
Questa sensazione di incapacità, redatto e approvato un documento di
di nnvertà di insufficienza DUÒ es- alcune pagine dal titolo «Il cammino
di povertà, di insumcienza può es chiesa nel tempo deU’ecumeni
sere deprimente e indurre ad at- sino e della secolarizzazione ». E la
teggiamenti inutilmente rinuncia- proposta di una strada. Un po’ come
tari; può essere vista, invece, co- se la famiglia si fosse radunata e dopo
me le debolezza nella quale Dio
vuole tuttavia manifestarsi e della
quale vuole servirsi per sconfiggere la sapienza del mondo.
Voglia il Signore che in questo
vaso di terra che è la nostra Chiesa vi sia ancora il tesoro del suo
Evangelo.
Aldo Ribet
aver discusso ed esaminato tutte le
soluzioni avesse detto : « Incamminiamoci da quella parte, vedremo cosa
succederà; ma ci sono molte probabilità che la via sia in quella direzione »,
non solo per noi, ma per le altre famiglie che sono nella stessa incertezza;
il nostro moderatore infatti ha letto
quel documento come il messaggio
della Chiesa valdese all’ assemblea
gente che la sta ad ascoltare nei banchi: gli uni dicono una cosa, giusta,
buona, vera, gli altri pensano ad altro,
ad altre cose magari vere e giuste ma
diverse; i pensieri e le parole si muovono su due piani diversi. Possiamo
jaro; ma pqi. ì atìogèi®.re-«na raSic^picà?
sulla stessàTutìgfllr^^ériuinbìi sono
Così! la relazione dei lavori sinodali
si muove su un piano, adopera certi
argomenti e discute certi problemi ed
il messaggio - documento ne adopera
altri, ne discute altri; tutti ì dibattiti
della settimana sinodale, dalle finanze alla facoltà di teologia, dagli stabili
alla stampa si muovono su un piano
ed il messaggio su un altro, diverso,
assolutamente diverso. Proprio per
questo divario radicale, per questa diversità assoluta quelli che avevano
discusso i giorni precedenti problemi
di amministrazione e di evangelizzazione, di templi e di crisi pastorale, di
ecumenismo e di politica hanno potuto votare con piena coscienza e libertà
llll■lltllnlllrnllllllll
la Camera “impegna il governo,, a rispettare
l’autonomia giuridico - amministrativa degli Ospedali Evangelici
Nella seduta del 6 febbraio, presieduta dall’Onorevole Pertini, la
Camera dei Deputati ha votato il seguente Ordine del Giorno a tutela
della autonomia giuridico-amministrativa degli Ospedali Evangelici e
di quello Israelita :
Il La Camera, in riferimento al disposto
del comma quinto dell'articolo 1, con il
quale si prevede che "nulla è innovato alle disposizioni vigenti per quanto concerne
il regime giuridico-amministrativo degli istituti ed enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che esercitano l’assistenza ospedaliera",
riconosciuto che la situazione prevista
da detto comma, al pari di quelle stabilite
dal comma quarto dell’articolo medesimo,
mira a mantenere inalterata nel quadro
delle attività ospedaliere ’’la disciplina giuridico-amministrativa delle persone giuridiche riconosciute dal diritto italiano, siano
esse laiche o religiose” (relazione ministeriale 22 giugno 1966),
premesso che, con il presente disegno di
legge, non si vuole introdurre nella situazione ospedaliera vigente alcuna discriminazione religiosa, nè in alcun modo dar
luogo ad eversione degli istituti ed enti delle
diverse confessioni religiose che esercitano
l'assistenza ospedaliera.
precisa che il disposto del quinto comma dell’articolo 1 succitato deve intendersi
comprensivo non solo degli istituti ed enti
ecclesiastici cattolici, ma pur anco degli
istituti di altre confessioni religiose che
esercitino attività ospedaliera e siano civilmente riconosciuti;
impegna il Governo a disporre che nelle
norme regolamentari da emanarsi per l’esecuzione della nuova disciplina ospedaliera,
gli ospedali evangelici di Genova, Napoli,
Torino, Torre Pellice, Pomaretto e l’ospedale israelitico di Roma, dove è offerta ai
cittadini come agli stranieri di varie nazionalità l’opportunità di essere assistiti da
personale della loro stessa fede religiosa,
essendo essi gestiti da enti delle rispettive
confessioni religiose civilmente riconosciute, continuino ad essere regolati dal regime
giuridico-amministrativo. stabilito dagli statuti che son loro propri, fatta salva la vigilanza tecnica sanitaria spettante al Ministero della Sanità ».
L’ordine del giorno che abbiamo
riprodotto per intero portava la firma degli Onorevoli Paolo Rossi,
Guido Gonella, Aldo Bozzi, Antonio Cariglia e Ugo La Malfa.
Ne è stato presentatore l’On. Paolo Rossi, il quale con parole tanto
precise, quanto ispirate a nobili esigenze di giustizia, ha messo in rilievo, innanzi tutto, il significato non
equivoco, anche se insolito, dell’accostaniento, in un medesimo intento, di firme presentatrici di cos'i diversa colorazione politica: ii quattro
laici di varia colorazione politica e
un eminente cattolico, egualmente
preoccupati della tutela di un principio caro a tutti; quello della pari
libertà e dignità dei cittadini a qualunque religione essi appartengano ».
L’oratore si è richiamato all’art. 8
della Costituzione, del quale l’ordine del giorno proposto vuole essere
un’applicazione nel caso specifico
delle attività ospedaliere dipendenti
da enti ecclesiastici non cattolici.
Dopo alcuni ricordi personali con
i quali il Presentatore ha inteso dare alle parole del suo intervento un
tocco di lusinghiero riconoscimento
dell’opera svolta nei nostri Istituti
Ospedalieri e dopo aver ricordato
come per alcuni ci siano già stati,
oltre un secolo fa, ufficiali riconoscimenti di autonomia, l’On. Rossi
ha concluso con le seguenti parole:
« Sarebbe discriminatorio, e oserei
dire, quasi incivile fare oggi a questi ospedali un trattamento diverso
dagli altri benemeriti istituti appartenenti ad enti ecclesiastici cattolici.
Sono sicuro che ciò non avverrà, e
aspettiamo da Lei, onorevole mini
Ernesto Ayassot
(continua a pag. 8)
il documento che si invia alle chiese
perchè lo studino. Si trattava di due
cose assolutamente diverse : la vita
della chiesa da un lato e le parole
scritte su quei fogli che circolavano
fra i banchi dall’altro.
Accettate in tutta la loro serietà,
prese con impegno, le indicazioni del
documento significano la crisi totale della nostra Chiesa valdese, forse
la sua fine, la fine di ciò che oggi è ai
nostri occhi la comunità valdese ; aprirebbero comunque una serie di imprevedibili problemi e ci costringerebbero
a rivedere tutta la nostra impostazione. Hanno però un tono così lucido e
perentorio che non possono essere
prese in considerazione da persone
abituate alla prudenza, alla lentezza,
alla nomina di commissioni perchè
riferiscano ad altre commissioni che
non riferiranno mai. Proprio per questo suo carattere perentorio si poteva
votare, erano parole nell’ordine dei
messaggi e delle impostazioni teoriche.
I migliori sermoni, quelli che oggi
sono più apprezzati dal nostro uditorio non sono forse le predicazioni energiche, le strigliate pseudo-profetiche,
le pa,role forti insomma, ma che proprio in quanto sono forti non incidono
più?
¿azionai«, é '
paese reale, così; potremmo parlare,
per quanto riguarda questo problema,
di un crescente divario tra comunità
reale e comunità ideale. Le due comunità coesistono, vanno insieme ormai da
anni, finiscono per adattarsi e integrarsi perfettamente, la realtà e la predicazione dicono due cose opposte, ma
sono cos’i diverse che finiscono col
fare parte di una medesima realtà.
La comunità reale la conosciamo
tutti : un nucleo di fedeli ed una popolazione di tiepidi, persone impegnate
e spettatori scettici, pastori inadeguati al compito ma sempre più carichi
di impegni, assemblee di chiesa deserte e giovani in crisi perenne, sottosviluppo teologico e ignoranza della Scrittura. Questa comunità reale è quella
che si esprime negli ordini del giorno
sinodali, la parte migliore di essa parla
in questi dibattiti; l’altra parte tace.
La comunità reale è insomma la Chiesa valdese cosli come è, la comunità
ideale è come dovrebbe essere.
Di questa comunità ideale si occupa
il nostro documento: è bene precisare
che non si tratta di una Chiesa valdese nelle nuvole, inventata da sognatori in cerca di novità, una Chiesa valdese sulla carta, frutto della fantasia
di alcuni scervellati, si tratta della
Chiesa valdese come dovrebbe essere
per obbedire alla sua vocazione. Quanto sta scritto nel documento è vero,
reale, attuale come vera ed attuale è
la predicazione delTevangelo in cui
crediamo non perchè le nostre parole
siano evangelo ma perchè crediamo
allo Spirito Santo, crediamo cioè che
Dio ispira la chiesa nella sua ricerca
e nelle sue decisioni, e crediamo che
quella parola sia una parola ispirata.
* <)■ *
Vediamola brevemente questa comunità ideale di cui parla il nostro testo.
« Riteniamo che Dio stia in realtà conducendo il suo popolo nel deserto, come già accadde all’antico Israele e che
dobbiamo renderci conto di questo
fatto e delle sue conseguenze »; si prosegue affermando «Il deserto è il luogo
della grande lotta tra fede ed incredulità... un luogo in cui la presenza di
Dio non può essere data per scontata...
Per questo nel deserto si può vivere
per sola fede... La fede deve trovare
il suo appoggio oltre queste realtà
(l’istituzione, la coscienza, la Bibbia) in
Dio soltanto, ben sapendo che anche
nel deserto è sempre Lui, e non una
mano straniera che guida il suo popolo », e si conclude « Il deserto è il luogo in cui il popolo non ha dimora stsL
bile perchè guarda avanti verso la terra promessa ».
Tutto questo è perfettamente vero,
indiscutibilmente vero : la nostra vocazione è di ripercorrere come Israele le
vie del deserto, è così vero che non
(continua a pag. 8)
2
pae. 2
N. 7 — 16 febbraio 1968
storia valdese
a cura di Augusto Armand-Hugon
tion di tutti fu che si pubblicasse il si mettesse ogni cosa a ferro fuoco e
digiuno, e la domenica appresso si am- sangue, il che la soldatesca in simili
ministrasse la S. Cena; che nessuno comandi assai pronta esseguiva, e resi difendesse con l’armi, ma che ognu- stavano affatto estinte le reliquie di
no si ritirasse sulle più alte montagne, detti heretici... (id.).
e che perseguitandoli gli intorni fin là, ^
allora si prendesse quel partito e si se- * . .i * ir u ^
guitasse quel consiglio che avrebbe aNa stona il contadino analfabeta
...Le benedizioni spirituali e temporali di cui la divina provviden
anni, ¿’uso cattivo che la maggior
za ci ha colmati negli ultimi
-V. t. uso
parte fa dei suoi favori, gli effetti funesti delle passioni sregolate
che di quando in quando si manifestano in ciascuna delle nostre
comunità, sono altrettante ragioni che ci invitano a umiliarci intensamente davanti a Dio. per impegnarlo, con ì nostri sentimenti
d. pentimento vivo e sincero, a distogliere il suo volto dalle nostre
ri rt rirfn f't ¡1 11 rt te 11 n ».ri r. I Vi r%f J t£ tewi.M __!• / A -
piaciuto a Dio di dar loro... (Lentolo).
Quando furono costretti alla guerra
Giosuè JanaveI per l'ora della disperata riscossa ; il suo motto è
scarno e potente: «Nulla sia più
torte della vostra fede! »
I ^ ., .. ...... .. ---- u-tw.ir t;
iniquità e a continuare a guardarci nella sua misericordia... (Atto
dei Sinodo 1777).
...incontanente che (appena) vedevano avvicinarsi il campo, tutti ad una
voce gridavano al Signore che li aiu- 1 / QZ- Qf\
tasse e soccorresse; e poi avanti che lOOO-VU. I Old UOlld
cominciare a difendersi, si mettevano ■
inginocchioni e pregavano ardente
mente il Signore... e fra quel mezzo
che si combatteva, il resto del popolo
insieme con i ministri pregavano Dio
con tutto cuore, sospirando e piangendo davanti al Signore... (Lentolo).
tragedia immane
La dispersione nelle prigioni, l'esilio, il Rimpatrio
Le origini:
Il III Concilio Laterano (1179
...è succeduto ai nostri Serenissimi e
reali predecessori, i quali sebbene abbiano sempre avuto per principale scopo di cavare i loro sudditi dal buio
dell’eresia, che non è loro riuscito di
compiere questa sant’opera... per ricondurre quelle anime sviate al gremvaldese ho della nostra santa e unica Religione Cattolica Apostolica Romana. InSarà permesso a tutti quelli di tutte tanto il tempo ha fatto conoscere
le terre di dette Valli ripatriar e ritor- quanto fosse necessario di troncare il
nar a casa loro, con loro famiglie e capo a quest’idra... (Editto di Vittorio
viver secondo loro religione e andare ^^^¿60 II del 31-1-1686).
e ritornar dalle prediche e ...con la distruzione di questi religio
1561, la pace
di Cavour
Riconoscimento del ghetto
...Valdo era ricco e molto onesto, e sia per averla letta
sia per averla udita, accolse la parola evangelica ; vendette
ciò che aveva e lo diede ai poveri, scegliendo la via della
povertà; predicò e fece dei discepoli... (Dollinger).
Abbiamo visto nel Concilio Romano celebrato sotto il
papa Alessandro III i Valdesi, uomini semplici', illetterati,
cos'i chiamati dal loro fondatore Valdo, che era stato cittadino di Lione presso il Rodano ; essi presentarono al
nana un libro scritto in lingua gallica, in cui erano conte
tioni quali si faranno ne predetti luoghi e da ministri di lor religione...
La disciplina
ri[ormafa
(Sinodo 1564]
nari vien tolta all’Italia una macchia
che già da seicento anni circa era stata costretta a subire in fronte, da poi
che la setta valdese venne a rifugiarsi
nelle Valli del Piemonte... ed ivi fissare le sue radici che ora, a Dio piacendo, si credono svelte ed annientate
(Relazione Forni).
...Non si può togliere a costoro di
bocca il dolce di rientrare nella loro
nana un libro scritto in lingua gallica, in cui erano come- ...Les ordonnances établies à Genè- patria, mantenendo m animo di tenniiti il testo e un commento del Salterio e di molti libri ve seront suivies par nous d’aussi près tarlo per via dì mare o per lo stato di
dell’Antico e del Nuovo Testamento... Costoro non hanno que possible. Milano... (Lettera dell ambasciatore
recapito stabile in alcun luogo, vanno in giro a due a due s’il y a quelqu’un qui soit négligent sabaudo in Svizzera),
a Piedi scalzi, vestiti di panni di lana, senza possedere d’assister aux prédications et aux as- nffinier« iureront fidélité aux
Llla e teneildo tutto in comune come gli Apostoli, se- semblées, et d’y mener ses entants et
guendo nella loro nudità un Cristo nudo. Ora incomin- famille, et principalement le diman- ^Idats et les somat^^^^^ ^P
iiano così in modo molto umile, perchè non possono tarsi che, les ministres et anciens visiteront “f j|sug Chri d’arracher
strada: ma se 11 lasceremo entrare, c. cacceranno ..a,,, telles « StSt sîrJoïïbT 1, reste de
(G. Map).
Il medioevo Valdese
La Parola è al centro della vita delle comunità
telles maisons et imerrogerom glanub - nnssihip le reste de
of T-iofifc Ho ipnr fni pf rpliffìon les autant quii sera possiDie le reste ue
H !nf<rne,i jment de leur nos frères de la cruelle Babylone pour
5^0^™ nul
TaS?.‘™?e “S ^di SiSaud settembre MSdl.
S. Cène leur soit refusée. Que ceux ...GU ufficiali giureranno fedeltà ai soldati
qui pendant le sermon se trouvent e i soldati agli ufficiali, promettendo poi
Tutti quanti, uomini e donne, piccoli e grandi, di riotte pjggcix dans leur maison ou par les tutti insieme al nostro Signore Gesù Cristo
e di giorno, non cessano di insegnare e di imparare. L ope- après les jeux ou autres né- di strappare, per quanto starà in noi. il resto
rein che lavora di giorno, durante la notte insegna o impa- „gges temporels, soient repris aspre-, tei nostri fratelli alla crudele Babilonia per
ra Preasf. dimoi tanto le donne che gli uomini insegna- châtiés selon l’exiaence du
ìa»v crtiiftì'lsédidro appena sette giorni dopo insegna ma ad -- hno alia morte...
un altro . ( rnmho \
I Barba erano persone di una vita santa, molto snbrii ...Gli ordinamenti stabiliti a Ginevra sues temnerati grandi nemici dei vizi, riprendendoli viva- ranno seguiti da noi per quanto ci sara posmente^ essi travagliavano (lavoravano) giornalmente a y.b le. Se qualcuno e negligente nell assistetradurre i libri della Bibbia, nella loro lingua comune re alle predicazioni e alle assemblee e trascuneU^ quale essi predicavano e li scrivevano di proprie ra di condurvi i figli e tutta la propria fa^ miglia, in particolare la domenica, i pasto
nsivi In ktto di religione i Valdesi non conoscono ri e gli anziani visiteranno
altra autorità che quella della Bibbia e Per TTef^^oTi^''ammoLldoirLZratamente a porelles dont la Divine providence
carezza si attengono al solo c^ „li proposto del loro dovere: se anche in segui- nous a comblés ces dernières années, le
resto, conducono uria vita certamente piu pura che gli . i,,differenti e mauvais usage que la pluspart font de
Risveglio, dal 1825
...Je ne croyais par qu’il y eur dans toutesles Vallées
une seule personne qui connût lesalut et la paix qu’on
trouve en Jésus Chirst... Commencez avant toute chose par
demander et obtenir votre réconciliation avec Dieu: allez,
à cet effet, tel quevout êtes, vous jeter aux pieds de Jésus...
ne dites pas que vous n’avez pas de foi, de repentance.
Tous ces beaux prétentes ne sont que des ruses de Satan... (F. Nefl).
SotiT,.:,r-. ÍV/I U e c-gtaoc;L'a/e u ijuu
fino alla morte... (dal giuramento (ii Sibaud).
Se^tecenfo
epoca di razionalismo
e di incredulità
...Non credevo che ci fosse in tutte le Valli una sola persona che
conoscesse la salvezza e la pace che si trovano in Gesù Cristo... Cominciate, per prima cosa, a chiedere e ottenere la vostra riconciliazione con Dio: andate quindi, così come siete, a gettarvi ai piedi
di Gesù... non dite che non avete abbastanza féde^ abbastanza pentimento. Tutti c[uesti bei pretesti non sono altro che astuzie di Satana... (Felix Neff).
...Les bénéditions spirituelles et tem
altri Cristiani... (arciv. Seyssel).
1532, Chanforan-,
L'incontro con la Riforma
...le propositioni disputate ...in presentia de tuti li
ministri et etiandio (anche) del popolo...
1555: il primo tempio protestante in Italia
mais la grande affluence du peuple venans à
la prédication tant des Vallées mesmes que de divers
lieux du bas Piémont, fut telle qu’il falut finalement
se mettre du tout à découvert. On commença à Angrcgne... et dès lors les ministres voyans ne pouvoir
plus temporiser continuèrent au mesme lieu leur
prédication, et pour se mettre au couvert, on édifia
un temple... (Gilles).
...ma la grande affluenza del popolo che veniva ad ascoltare la predicazione, sia dalle Valli che da varie località del
basso Piemonte, fu tale che si dovette alla fine stare all aperto. Si cominciò ad Angrogna... e da quel momento i pastori,
vedendo che non era i>ih possibile temporeggiare, continuarono nel medesimo luogo a predicare: e per mettersi al riparo, venne edificato un tempio... (Gii es)
mauvais usage que la pluspart font de
ses faveurs, les funestes effets des passions déréglées qui de temps en temps
se font remarquer dans chacune de
nos paroisses, sont autant de raisons
qui nous invitent à nous humilier
extraordinairement devant Dieu, afin
de rengager par les sentiments d’une
repentance vive et sincère, à détourner sa face de dessus nos iniquités et
à continuer à nous regarderdans ses
compassions... (Atto del Sinodo 1777).
1848, riconoscimenfo (dei
Irish’ (dell uonnoe del ciN-adino
d
...I Valdesi sono ammessi a godere di tutti i diritU civili e politici dei nostri sudditi... (Editto del XVII febbraio).
compito di sempre
...Da ora innanzi o sarete missionari o non sarete nulla...
Se avrete in voi la forza intrinseca, riuscirete; altrimenti
resterete confusi nella massa e non si udrà più parlare
di voi... (Parole di Beckwith).
1560-1561, la prima crociata
I Valdesi si rivolgono con voce profetica al loro sovrano
sprezzassero gli ammonimenti rivolli loro, sia
rifiutata loro la S. Cena... Coloro che durante il sermone s'aiio trovali a oziare a casa
loro o per le strade o occupati in giochi o in
altre occupazioni profane, siano ripresi sereramente e puniti secondo che il delitto lo
richieda.
...Si notre religion est la pure parole de Dieu (comme
nous sommes persuadés) et non invention d hommes, il
n’y aura aucune force humaine qui puisse 1 abolir. Et .
apres ce n’est pas un péché léger de cornbattre contre 1 A 0 ^050 UC
Dieu... Pourtant, illustrissime Prince, que votre Altesse Se- I i
rénissime considère s’il lui plait que c’est d’entreprendre
contre notre bon Dieu, pour ne se souiller du sang innocent... (Gilles).
Piemontosi
Nel secolo della Controriforma, nessuna pietà per gli eretici
...Si tratta non di guerra, ma ben
...Sc la nostra religione e la pura parola di Dio (come siamo persuasi che sia) e non invenzione umana, non vi sarà alcuna forzai
umana che possa abolirla. Inoltre, non ò peccalo lieve combattere _ _ ----------
contro Dio... Perciò, illustrissimo Principe, vostra Altezza serenissi- gj esterminare una moltitudine di
ma consideri se è suo volere impegnare un'azione contro il nostro nemici di DÌO e rebelli al SUO princibiion Dio. affinch'e non si macchi di sangue innocente... (Gilles) pg.,, e i soldati correvano per queste
Alpi cariche di nevi alla caccia di fieErano semplici e puri re d’inferno, con tanta strage che nel
DlMcllmente si potranno vedere come ,ul degli uomini ™1e';rsfT,2c%£an’‘Ì‘co'„‘‘ rmo'i
mutati in agnelli... E se poteste vedere di che gelo ardono ™ìì° dove non si
di sentire la parola di Dio ! da quali distanze e per qua i g sangue... Passano
strade scabrose concorrano dovunque la si Fug- pgfuamente i botto in tanta quan
gono il lusso, la bestemmia, e gli scadali e penano o^i ^ g^g stupore, bestiami senza
felicità nel conoscere la volontà di Dio... (past. Vignaux). robba di ogni sorta... (Testimo.
e pertanto obiettori di coscienza nianza del gesuita F. Torre).
ieri
g oggi
Per I
17 Febbraio
...I ministri della Valle di Lucerna e di Angrogna si trovarono più volte insieme con i sindichi di ciascun luogo dendo che g^^Lglheg
per avvisare e provvedere ai fatti loro. Il parere e risolu- ordine che il tutto si saccheggiasse e
Da Le Témoin del 15 febbraio 1889 riponiamo questa pagina, tratta a sua volta da un opuscolo redatto e distribuito
gratuitamente ai fanciulli valdesi d'allora. in
occasione della ricorrenza del 17 febbraio.
Si tratta di un fervido appello al pentimento. Eppure la Chiesa Valdese era, in quegli
anni, seriamente impegnata nell'opera di
evangelizzazione. In base a un rapporto del
pastore P. Pons, di Napoli, nell’anno 1887
la Chiesa Valdese, al di fuori delle Valli,
di Torino e di Firenze, contava 43 chiese.
38 stazioni di evangelizzazione e 178 località visitate. Senza contare i pastori delle
Valli, di Torino e i professori presso la
Facoltà di Teologia di Firenze, aveva alle
proprie dipendenze 124 operai, di cui ben
78 provenienti dal cattolicesimo. Si tratta
di dati e cifre tuti’altro che trascurabili.
Ciò nondimento, come risulta dalla pagina
qui sotto riportata, il 17 febbraio non doveva costituire, allora, un'occasione per
compiacersi del proprio passalo o presente,
ma un’occasione di ravvedimento. Così sia
anche oggi.
Sì, noi benediremo il Signore; le nostre valli risuoneranno delle nostre
preghiere d’azioni di grazie e dei nostri
cantici; le nostre rocce se li riecheggeranno. Ma faremo di più ancora : ci
leveremo, ci purificheremo, toglieremo
davanti ai Suoi occhi la malvagità
delle nostre azioni, cesseremo di fare
il male, impareremo a fare il bene,
eserciteremo la giustizia, prenderemo
in mano il calice delle liberazioni e
annunceremo gli atti di grazia dell’Eterno nei nostri confronti, proclame
remo il suo Evangelo, la buona novella
della salvezza che Egli ci ha affidato.
Non è infatti per questo che Dio ha
ricondotto i nostri padri in questo paese e vi ha mantenuto i loro figli? Pensate che se i valdesi non fossero ritornati, questo paese sarebbe rimasto deserto? No, altri sarebbero venuti e lo
avrebbero coltivato altrettanto bene
quanto i nostri vignaiuoli e i nostri
agricoltori. Se Dio ha ricondotto i nostri padri è perchè voleva che riel seno
di questo grande popolo italiano vi
fosse un piccolo popolo che fosse come una luce, come il sale, come il lievito, in modo che questo grande jwpolo fosse illuminato, preservato dalla
corruzione, trasformato. I valdesi hanno capito l’intenzione del Signore, e
vi hanno corrisposte ? La risposta a
questa domanda è « no » per la grande maggioranza, « s t » per un numero
ristretto, e ancora quante infedeltà
questi ultimi devono rimproverarsi!
Risvégliati dunque, caro popolo delle Valli! Non vedi che la benedizione
di Dio ti invita al pentimento? Oppure, con la durezza del tuo cuore, vuoi
radunare un tesoro d’ira su di te? Nessun popolo, forse, ti rassomiglia per
le grandi sofferenze subite, ma anche
nessun popolo ti rassomiglia per le
grandi liberazioni ricevute. Toccato
dalla misericordia di Dio, péntiti, accetta il suo perdono, stringi un patto
d’alleanza con Lui e mettiti volonterosamente al suo servizio.
1889).
(Da Le Témoin. del 15 febbraio
3
16 febbraio 1968 — N. 7
pag. 3
i
I Valdesi: popolo - chiesa
^ i storia del Valdismo, almeno in Italia, deue tener conto'di questa dialettica che la nostra piccola minoranza ha condiviso con le chiese multitudiniste
Chi si occupa (li storia del Valdismo. almeno per il periodo successivo a Clianforan ( ló32), imn dovrebbe mai dimenticare che I interpretii/.ione più esatta delle viieine
^;ddesi de^e ,oprattutto tenere conto di un fattore fondamentale: che
cioù tale storia non può essere soltanto la storia di una Chiesa, e cioè
di un aspetto confessionale del Cristianesimo nella sua testimonianza
al mondo, come non può essere soltanto la storia di una popolazione
a cui si sia aggiunto come elemento
folkloristico in più (juello della sua
caratterizzazione religiosa. La storia
valdese deve sempre essere vista e
intesa come la storia di un popolochiesa, cioè di una gente fortemente
caratterizzata da una determinata
fede, come di una chiesa legata per
forza di cose a una quantità di vicende terrene.
Chi, ad esempio, si scandalizza
della statua di Enrico Arnaud, perchè oltre ad avere la Bibbia nella
cintura, egli ha anche la spada in
mano, dimentica di collocare quel
personaggio nel contesto dei suoi
tempi, in cui la libertà di coscienza
era conquista cpiotidiana ed era un
bene da difendere con le armi in
si nelle Valli, ci puniamo sempre
molti perchè (il male sarebbe a non
farseli, e giudicare toni court col
nostro habitus mentale di oggi).
In buona jtarte essi trovano la loro risposta proprio nella premessa
che abbiamo fatto, e cioè del connubio popolo-chiesa; ed è anche
questo un discorso die quadra ad
ogni celebrazione del XVII febbraio,
quando molti si domandano che senso abbia nella vita di una comunità
cristiana quella particolare ricorrenza e molti altri a loro volta si dimenticano che il XVII, oltre ad avere il suo primo significato nel campo civile, è indissolubilmente legato
alla vita della Chiesa, prima e dopo
quella data.
Ì! * *
Uomini e credenti, tradizione e
fede, folklore e chiesa: tale è il patrimonio che abbiamo ereditato, volenti o nolenti, e con cui sempre
dobbiamo fare i conti.
L’identificazione di popolo e chiesa si verificò in modo particolare negli anni che vanno dal Sinodo di
Chanforan (1532) alla prima crociata antivaldese (1560-61): fu allora
che si determinò nelle Valli lo schie
Un f-ruppo di valdesi rioplatensi sostano
d /ingrogna.
pugno, se occorreva. La cosa può
piacere o non piacere: e basterebbe
ricordare die quel • monumento,
inaugurato nel 1926, si prestò egregiamente a celebrare e il patriottismo di Arnaud e quello dei Valdesi
di ogni tempo.
La storia ci insegna a considerare
come del tutto relative cpielle cose
che per molto tempo sono state considerate assolute: l’essenziale è cerare di capire il perchè dei fatti.
Ora, di fronte alla storia valdese,
c alludo soprattutto a quella svolta
attorno al monumento di Chanforan, in vai
ramento delle parrocchie valdesi,
quasi al cento per cento agricole, in
antitesi all’agglomerato urbano (Luserna, Perosa, Pinerolo, ecc.) rimasto cattolico e dedito al commercio
o airartigianato : e mentre i contadini erano in contestazione con i signori feudali, cattolici, per il riconoscimento dei loro diritti civili ed
economici, quelli del borgo non
avevano nulla da richiedere.
L’adesione o il consolidamento
della Riforma fu un problema di
massa, diremmo oggi: o tutti prò o
fostituitu il primo gruppo torineso di 4itioesly Intoriiational))
Giovedì 8 feldjraio. nella sala valdese di
I orino, si c tenuta una riunione per costiinlre il primo gruppo torinese aderente alla
\mnesty Internationa! », la organizzazione
elle lolla per rosservanza di alcuni fra i diritti fondamentali sanciti dalla Dichiarazione universale del 1948 e che sono spesso c
volentieri infranti, anche da molti degli Sta.
li firmatari del documento. Già si è parlalo
ripetutamente di questa attività, .su queste
colonne. Il doti. Gustavo Cornila ha presieduto la riunione, indetta a cura della Lega
femminile della nostra comunità, ma cui
lamio partecipato pure alcuni fratelli. Si è
•unto il primo ahbozzo del gruppo torinese
(e s|icriamo che non solo si estenda, ma prolifichi!): la -segreteria è stata aflfidata alla
prof. Oriana Beri. E' augurabile che. come
già avviene in varie altre eillà. il gruppo (o
i gru|ipi) di Torino ric.sca a far sentire, nella
chiesa e nella città, l’incidenza di questo
che è r« Anno inlernazioiial,- dei diritti del
tutti contro. Valga l’esempio di Pramollo, che nel 1572 si converte tutta
al Valdismo: nè ci si venga a dire
che questo era unicamente convinzione religiosa.
Così nacquero le comunità valdesi, che poi si edificarono i loro templi; ma esse coincidevano anche in
massima parte con i territori dei rispettivi comuni : e i sindaci e i consiglieri erano jtoi anche gli anziani
e i diaconi delia Chiesa...! e i duchi di Savoia non emanarono editti
contro i fedeli di una chiesa eretica,
ma sempre contro « quei delle valli
di Lucerna, Si Martino ecc. ».
Tale situazione, peraltro, non era
nè un particolare difetto nè un pregio speciale : corrispondeva alla situazione di una quantità di chiese
del tempo di alÌAra e di adesso, corrisponde al « cs * tolicesimo » del popolo italiano, battezzato e cresimato
al 99%, e credente in una percentuale che nessiiìia statistica ci può
dare. L’importante è che tale situazione divenne stabile, radicata, profonda, ed esiste ancora oggi, come
tutti sanno.
Un popolo dunque, o meglio una
gente, con tutti i difetti e i peccati
che appartengono all’umanità; il
che non impedisce a questa gente
di esprimere sia nei momenti più
gravi come in altre occasioni, i grandi testimoni, gli uomini della fede:
.lanavel non era nemmeno un anziano della chiesa di Rorà e agli occhi del mondo era un povero contadino; ma lo Spirito lo trasformò
in un uomo pieno di fede, in un cristiano che invoca Dio prima della
battaglia e lo ringrazia quando essa
è finita. Strana mescolanza, è vero,
di elementi in contrasto, che hanno
fatto meritare ai Valdesi rappellativo di Israele delle Alpi. Giovanni
Muston era un chirurgo, e quindi un
uomo istruito: fatto prigioniero alla
battaglia di Salbertrand (1689) durante il Rimpatrio, fu condannato
alle galere di Francia, e rimase per
24 anni a remare, senza mollare
mai, senza rinunciare alla sua fede:
e sì che la giustificazione dell’abiura, che ogni giorno poteva fare e
che lo avrebbe reso libero, poteva
anche essere facile per tin uomo di
cultura.
Un pastore francese che insegnava nel 1687-90 ai Valdesi in esilio
nel Bernese, diceva di loro: « Il y
m nvait qiitdques iins qui étaient
nssez bien instruits, mais il y en
nvait bcnucoup qui savaient à peine
Ics premiers élémcuts du Christianisuie, et qui ne prnfessaient leur
religion que parcequ’ils l’avaient re
çue de leurs ancêtres; mais leur
simplicité, leur intégrité, leurs
moeurs bien réglées, les rendaient
recommandables » (1). Testimonianza importante per la visione delle
due componenti costanti del Valdismo, fede e tradizione.
Naturalmente la esemplificazione
potrebbe continuare a lungo.
E’ chiaro, evidentemente, che la
consapevolezza dei Valdesi di essere una gente particolare si ebbe in
maggior misura nelle ore difficili:
allorché la persecuzione si abbatteva sulle valli, si sapeva benissimo
che essa era motivata unicamente
da ragioni confessionali, mentre nei
tempi più vicini a noi il lento regresso di ogni discriminazione con
troppo lontano; e come storico mi
limito a constatare che in tal senso
la Chiesa, almeno nel suo apparato
ecclesiastico, ha sempre rivolto il
suo appello ed ha sempre seminato:
non c’è atto del Sinodo valdese, dai
più antichi che si conoscano a quelli del 1967, che non lamenti la sonnolenz.a, il disinteresse, l’assenteisino, quando non accusi di incredulità, o di « corruption des moeurs »
c di « infidélité ».
La Chiesa continua ad ammonire,
a predicare e a testimoniare: e deve continuare a farlo, perchè comunque il popolo guarda sempre
verso di essa, e ad essa non potrebbe rinunciare... Nella Chiesa e nel
fessionale porta ovviamente a posizioni meno rigide e meno consapevoli, se non sono sorrette dalla fede
e dalla coscienza.
Non si pensi peraltro che con questo io voglia auspicare il ritorno dei
tempi difficili!
i'fi ^
Rimane quindi, come sempre, il
problema dell’incidenza della Chiesa, o meglio dell’azione dello Spirito, su questo pojtolo, che taluno paragona alle ossa secche di cui parla
Ezechiele, e che comunque non dovrebbe essere del tutto insensibile
alla voce del Vangelo.
Ma qui il discorso ci porterebbe
popolo c’è sempre, più o meno cosciente e valida, la sensazione che
Iddio, attraverso i secoli, ci ha chiamati, e che Egli è fedele, anche se
noi siamo infedeli.
Augusto Armano Hugon
1 uomo ». a])nrto nel (licetnhre scorso in oc0 »s Olle ilei ventesimo anniversario della Diehinraz'one.
DONI RICEVUTI
PER ECO -LUCE
Da Torre Pellico: Flora Totirn .700; Beniamino Peyronel 6.770; Margherita Costahel
300; .Abele Ghigo 500; Mary Jahier 2.500;
Liliana e Celina 1.000.
Da Lus. S. Giovanni: Federico Eynard
500; Enrichetta Peyrot 500; Placido Mondón 500; Emilio Fattori 500; Enrico Favout
200: Eugenio Long 500; Emma Giordano
500; Elisa .lalla 500: Lilline Beux 500; Mélanie Peyronel 500.
Da Roma: Alfredo Giocoli 1.500; Giovanni Messina 500; Claudino Paolncci 500;
Leonardo Niceoliiii 500; Maria Bianca Coisson 500. Grazie! (continua)
J;jt
!\elle loro peregrinazioni
gli esuli valdesi hanno porlalo in molti paesi la loro operositii. Questa lapide, sul mu.
ro di cìnta della vecchia casa di Enrico Arnaud a Schönenberg (Würltenberg) ricorda come i valdesi avessero
introdotto in queste terre la
coltivazione della patata.
(1) « x\lcuni ili loro erano discrelament?
istruiti, ma molti conoscevano appena i primi elementi del Cristianesimo e professavano la loro religione semplicemente perchè
Tavevano rieevula dai loro avi; ma la loro
semplicità. la loro integrità, ì loro costumi
corretti li rendevano raccomandabili ».
l/opos"ol() dpi XVII Febbraio
La Società di Studi Valdesi ha pubblicato come di consueto un opuscolo,
in occasione del 17 febbraio (p. 16,
L. 100); lo si può richiedere alla S.S.V.
o alla Clauddidana.
DOMENICO MASELLI
Attualità della Riforma
del XVI secolo
Per le nostre scene
È Stato pubblicato un nuovo dramma in tre atti di una nostra scrittrice,
le cui opere sono già state portate su
molte della nostre scene:
EDINA RIBET
La campana suonerà ancora
Richiederlo alla Claudiana (p. 64,
L. ,300).
4
pag. 4
N. 7 — 16 febbraio 1968
TRE DEI NOSTRI STORICI RISPONDONO ALLA DOMANDA CHE SI PONE CON
Considerando il movimento valdese originario, quali fra i suoi
È noto che sono sempre più numerosi, nella nostra
generazione, coloro che si domandano se la Chiesa Valdese, senza rinnegare per questo la sua adesione piena
alla Riforma del XVI secolo, non abbia troppo trascurato
e gradatamente dimenticato quelle che erano state le intuizioni genuinamente evangeliche del movimento valdese
originario, in comunione con quella che è invalso di chiamare prima Riforma. Questo interrogativo è posto da giovani (ad Agape, ad esempio, o su « Gioventù Evangelica » )
e da meno giovani (ancora ultimamente, e ripetutamente,
dei lettori ci hanno scritto in tal senso); esso è stato pure
avanzato, sulla base di solide ricerche storiche, da diversi
studiosi e a tre di loro, fra i nostri, abbiamo chiesto di
esporre ai nostri lettori quali sono, secondo loro, le caratteristiche salienti che hanno contraddistinto il movimento valdese nei suoi primi secoli di storia, e quali sono, fra
i suoi elementi costitutivi, quelli che, scaturiti dall’ascolto ubbidiente della Parola di Dio, conservano o riacquistano una attualità viva nel nostro tempo.
Non pensiamo che per questo vada relativizzata la
scelta storica che i Valdesi, a grande maggioranza, hanno fatto nel XVI secolo, a Chanforan; ma senza dubbio
appaiono fecondi e vitali e troppo trascurati molti fermenti evangelici portati per mezza Europa dalla grande
« internazionale » della prima Riforma e non del tutto
soffocati neppure a sud delle Alpi. Nel nostro tempo la
chiesa di Cristo va riscoprendo la sua vocazione di « straniera e pellegrina » al seguito di colui che « non aveva
dove posare il capo », e il suo compito di contestazione
verso il quadro del « presente secolo »: sarà sempre piti
stimolante e ammonitore il confronto con la fede, le esperienze, le confusioni, la speranza di quei fratelli maggiori.
A questo incontro, un poco, vi invitiamo.
fflOYimeflto costituzionalmente laico
Tre sono stati gli elementi caratteristici e oggi ancora di maggiore attualità:
la predicazione é obbligo di ogni credente - la Chiesa deve rimanere povera e umile, aliena da ógni compromesso con lo Stato - i suoi membri sono
chiamati a servire il prossimo, in particolare quello soherente e oppresso
GIOVANNI
GÖNNET
libero docente dì storia ecclesiastica presso
l'Università di Roma
Per oggi, per esigenze di spazio
e di metodo, vorrei limitarmi a considerare soltanto il periodo di Vaidesio e dei suoi immediati seguaci
(1176-1205): in quel lontano trentennio e nelle « esperienze » diverse del ricco mercante di Lione, che
si fa povero per seguire Cristo, e
del suo più importante compagno
Durando di Osca, che scrive trattati
polemici contro i Catari, vedo già
quasi tutti i tratti fondamentali
quel che gli storici moderni,
Buonaiuti in poi, chiameranno « prima Riforma » (1).
Valdesio apparteneva alla ricca
borghesia commerciale della sua
città e vedeva nel buon andamento
dei suoi traffici, nell’accumularsi
delle ricchezze conseguite anche colLusura e nella felicita materiale
della propria famiglia, i soli ideali
della vita. Ma ad un certo punto,
per motivi vari — tra cui principalissimo Paccenno fattogli ila un teologo al noto consiglio che Gesù aveva dato al giovane ricco : « Se vuoi
essere perfetto, va, vendi ciò che
hai e dallo ai poveri, ed avrai un tesoro nei cieli, poi vieni e seguimi i>
(Matteo 19: 21) — egli decide di
seguire quel consiglio, e per fare ciò
si disfà dei propri beni, abbandona
il suo lavoro, entra in urto con la
famiglia, si mette a predicare il suo
nuovo ideale per le vie e le piazze
di Lione, e viene finalmente ai ferri
corti col proprio arcivescovo, avendo in testa e sulla bocca solo tre
massime evangeliche: « Voi non potete servire a Dio ed a Mammona »
(Matteo 6: 24), « Ben è la messe
grande, ma pochi sono gli operai...
Andate... Non portate nè borsa, nè
sacca, nè calzari... perchè l’operaio
è degno della sua mercede » (Luca
10: 2-7), e « Val meglio ubbidire a
Dio che agli uomini « (Atti 5: 29).
L’esempio del borghese ricco che
si fa povero per seguire Cristo non
è un fatto isolato nella storia, ma
quel che caratterizza la decisione di
Valdesio è che parte delle ricchezze
così abbandonate, egli volle destinarla alla traduzione di brani delle
Sacre Scritture e dei Padri della
Chiesa. Si badi, di versioni della
Bibbia in volgare se ne fecero prima e dopo Valdesio, ma quel che
allora divenne subito oggetto di
scandalo agli occhi sia del mondo
sia della Chiesa fu che tale traduzione, seguita ben presto dalla predicazione in mezzo al popolo e nella lingua da lui capita, erano opera
di un laico, e non di un monaco o di
un prete. Più tardi nel sodalizio valdese incontreremo anche degli ecclesiastici, ma il tratto fondamentale del movimento originario fu di
essere costituito in prevalenza da
laici, che ad imitazione di Valdesio
abbandonavano le loro occupazioni
per farsi predicatori di Cristo. La
loro predicazione non consisteva solo nel richiamo alla necessità di farsi povero per diventar perfetto, ma
— come testimoniano sia Valdesio
nella sua professione di fede (1180),
sia Durando di Osca nel suo Liber
di
dal
antiheresis (1190-1207) — l’esperienza dei primissimi valdesi si configurò ben presto, con o senza il benestare delle gerarchie ecclesiastiche, in un movimento che volle essere, se non di protesta vera e propria, almeno di riforma interna della Chiesa: di fronte al dilagare degli interessi mondani in seno anche
al clero e per rimediare alla carenza dell’opera pastorale, Valdesio e
i suoi discepoli si sentono chiamati
direttamente da Dio ad affiancarsi,
e talvolta a sostituirsi, a quelli che
dalla Chiesa erano stati regolarmente consacrati come suoi ministri.
Valdesio volle innanzi tutto, per
ubbidire ai precetti di Gesù, imitare il modo di vita degli apostoli,
poi si accorse subito dopo che la
« vita apostolica « non aveva senso
senza il ministerio della predicazione. Tale esigenza è sentita soprattutto come rimedio e complemento di
ciò che il clero trascura, cioè la predicazione delle buone opere senza
le quali la fede è morta (Giacomo 2: 17).
Questo ministerio della parola,
Valdesio e i suoi lo riconoscono come una garanzia ricevuta direttamente da Dio, ed essi lo vogliono
libero non soh. rispetto alle gerarchie, ma anche riguardo alle preoc
cupazioni materiali della vita. Per
ciò i predicatori, simili agli uccell
del cielo e ai gigli dei campi (Mat
teo 6: 34), saranno radicalmente po
veri, vivranno dell’altare (I Corin
zi 9: 14) e saranno senza dimora fis
sa, preoccupati solo di « vacare »
alla meditazione delle Sacre Scrit
ture, alla preghiera, alla predica
zione e alla confessione dei peccati
reciproca e dei propri adepti.
Dunque, in origine, pauperismo e
itinerantismo, ma non proprietà collettiva della comunità. Valdesio poi
si rifiuta di essere il monarca del sodalizio da lui fondato, riconoscendo
nel Cristo il solo « prevosto » dei
suoi confratelli, il che comporta non
necessariamente la volontà di disubbidire al clero, ma solo una ubbidienza sub conditione, cioè finché
quest’ultimo non deroghi agli obblighi della missione affidata da Cristo ai Dodici o ai Settanta. Dunque,
all’origine, nemmeno ciò che da
Agostino in poi verrà definito come
donatismo, cioè il rifiuto di riconoscere validi i sacramenti amministrati da sacerdoti indegni.
Più tardi, scomunicati e banditi
da Lione (1182), anatematizzati come scismatici (1184) e condannati
come eretici (1215), dispersi dal loro centro e a contatto con altre dissidenze vecchie e nuove, i Valdesi
accettarono punti di vista piìi radicali. La raccomandazione di ubbidire piuttosto a Dio che agli uomini si trasformò ben presto nell’ingiunzione di ubbidire soltanto a
Dio. Fu allora che la negata ubbidienza alle gerarchie della Chiesa
venne interpretata come disprezzo
del clero, e da ciò ebbe origine una
serie di successivi rifiuti, che spinsero fatalmente il movimento valdese fuori dell’ortodossia romana : rigetto del potere delle chiavi e di
tutto l’armamentario salvifico della
Chiesa, con le sue assoluzioni, le sue
indulgenze e le sue scomuniche; negazione della dottrina del purgatorio e della validità dei suffragi per
i morti; rifiuto di qualsiasi intermediario tra l’uomo e Dio aU’infuori di Cristo, e perciò rigettati come
inutili l’invocazione dei santi e le
(continua a pag, 8)
intuizioni evanöeliclie della prima
Bilorma
AMEDEO
MOLNAR
docente di storia ecciesiastica presso la
Facoltà teologica ”Co.
menius” deirUniversità di Praga
Il Valdismo, itinerante e povero, ha avuto dimensioni europee, ecumeniche —
Senza essere stato un movimento di sovversione sociale, i Valdesi furono posti
dall'Evangelo dalla parte degli umili e dei poveri e in opposizione ai soddisfatti,
in una contestazione che coinvotgeva la Chiesa e la società — Non mancarono
le confusioni, ma la teologia valdese ebbe una sua autonomia e conserva una
sua validità : ¡'Evangelo è un messaggio disarmato, per scoprirlo occorre avere
il coraggio di vivere 'ingenuamente' l'obbedienza al Gesù del Sermone sul monte ; allora vengono riscoperte solidarietà insospettate con i diseredati del momento, solidarietà che possono diventare il segno del Regno avvenire.
(1) Cf. Erìnesto Buonaiuti, Pietre miliari del cristianesimo (Modena, Guanda,
19,3.5), pp. 171-203: La prima Riforma.
Mi sia lecita una considerazione
preliminare. Gli elementi essenziali del Valdismo primitivo e medioevale, fino a Chanforan, non
possono essere isolati in modo
astratto; occorre evitare ogni valutazione sommaria e superficiale.
Dal XII al XVI secolo la storia del
valdismo è assai movimentata e si
differenzia in parecchi filoni. Fin
dal principio, e fino ad oggi, il valdismo ha fatto molto parlare di
sè, ma le fonti della sua storia antica sono assai sporadiche e sempre tendenziose: non è sufficiente
ripeterle, occorre interpretarle.
Ogni interpretazione costituisce
un rischio: essa sarà tanto più
autentica quanto più riuscirà a situare il movimento valdese nel
contesto della vita quotidiana, degli eventi, della mentalità degli uomini del medioevo. Uno studio
metodicamente serio e al tempo
stesso appassionato è il solo mezzo per trarne delle lezioni o per
liberarsi dal peso di tradizioni
umane che asserviscono tanto
maggiormente l’uomo, quanto più
sono anonime.
Detto questo, cercherò di esporre concisamente alcuni risultati
della mia lettura del movimento
valdese nei tre secoli che precedono la Riforma del xvi secolo.
Un primo aspetto fondamentale
è la dimensione europea, ecumenica, del movimento. Essa dipende dal fatto che il valdismo è nato sotto la pressione irresistibile dell’ imperativo di predicare
l’Evangelo a ogni creatura. Il carattere itinerante e povero dei primi missionari valdesi si fondava
sulla convinzione che l’apostolicità della Chiesa doveva necessariamente manifestarsi in un tipo di
vita in cui l’azione e la parola formano una testimonianza unica e
indivisibile. Ciò significava, in pratica affermare la libertà della parola di Dio, svincolandola dalla
servitù del regime feudale della
Chiesa dominante. Tale carattere
itinerante valdese si opponeva al
processo di stabilizzazione istituzionale della Chiesa nel sistema
parrocchiale, progressi v a m e n t e
applicato in Europa dopo il IV
Concilio del Laterano (1215). La
scomunica e la persecuzione inquisitoriale hanno profondamente
mutato le condizioni esterne nelle
quali i valdesi furono costretti a
operare. L’esigenza del carattere
pubblico della predicazione valdese ha dovuto subire delle modifiche. Il movimento diviene clandestino, si dà alla macchia. Rafforza
la propria organizzazione per sopravvivere, malgrado tutto. Durante il xiv secolo il suo reclutamento si stabilizza in comunità
demografiche: vi nascono bambini, divengono adulti nel loro ambito e vi muoiono. E questo non
soltanto nelle vallate alpine, ma
anche nei paesi austriaci e in Pomerania, sulle rive del Baltico.
Erano eventi storici precisi a
determinare la contestazione dei
valdesi: si pensi alla guerra degli
Albigesi, alle lotte fra comuni lombardi, fra l’imperatore e il papato,
si pensi agli stermini delle popolazioni slave fra l'Elba e l’Oder, ad
opei-a dei tedeschi, processo non
ancora concluso all’epoca della venuta dei valdesi nel nord. Delusi
dallo stato della cristianità, che
aveva fatto causa comune con la
violenza e con le guerre, i valdesi
si lasciavano convincere dall’Evangelo che la Chiesa di Cristo deve
rinunciare a qualsiasi compromesso con il potere e con le sue costrizioni: essa non ridiventerà il
sale della terra se non accettando
la condizione di comunità minoritaria che offre al mondo il vero
scandalo della croce. Vinti dal
sermone sul monte, senza essere
mai stati un movimento di meditata sovversione sociale, i valdesi
furono immediatamente posti dall’Evangelo dalla parte degli umili
e dei poveri e in opposizione ai
soddisfatti. Questa solidarietà ha
reso il loro messaggio contagioso
anche durante il periodo di crisi
nel corso del quale la predicazione
valdese tace (seconda metà del
XIV secolo).
D’altro canto questa solidarietà
non fu senza rischi, in quanto talvolta essa significò un avvicinamento o una confusione con elementi anch’essi clandestini e perseguitati, ma di ispirazione non
evangelica. Frequenti sono stati i
casi di sincretismo. Altre conseguenze della mancanza di libertà e
della clandestinità prolungata e
mal nutrita dalla predicazione dell’Evangelo, sembrano essere state,
in certi casi, ondate di libertinaggio sessuale. Del resto vi sarebbe
molto da dire su grandezze e miserie del « nicodemismo »: esso
racchiude tutta la problematica
dell’anticostantinianesimo nel medioevo. Se il movimento valdese
non ne è stato travolto, nonostante la grande crisi del ripiegaiuento
settario, lo deve al fatto che una
rivoluzione abolì 1 inquisizione e
la pena di morte in un paese europeo. Nel 1419 la Boemia diventava
hussita e il pensiero valdese, nella
sua originalità, vi trovava dall’oggi all’indomani la possibilità di
svolgersi e di dar prova della propria vitalità.
* * *
Occorre anzitutto permettere al
valdismo medioevale di essere
ascoltato in quello che è l’intento
essenziale della sua testimonianza. È troppo comodo giudicarlo
alla luce della Riforma del xvi secolo: non furono queste le sue luci, altri aspetti del messaggio
evangelico l’avevano vinto. La seconda Riforma non ha avuto torto
di cedere all’Evangelo della grazia; ha avuto torto, troppo sicura
dei propri incontestabili successi
sociali, di disconoscere le autentiche intuizioni evangeliche della
prima Riforma, vissute in condizioni ben altrimenti difficili.
Ora, parecchie di queste intui
zioni mi sembrano suscettibili di
ispirare la nostra responsabilità
cristiana attuale. (Aggiungo però
che sento qualche disagio a togliere così l’uvetta dalla torta...
Troppo spesso si applica alla storia della Chiesa questo metodo di
scelte preconcette; essa si riduce
allora a spigolare nel passato quel
che ci piace e ci conviene, ma evita il confronto con « quel che non
ci saremmo aspettato » e che spesso sarebbe più utile).
L’Evangelo di Gesù Cristo è un
messaggio disarmato. Gli nuoce
non solo l’appoggio del braccio secolare, ma anche una Chiesa che
santifica un regime del quale beneficia. Il cammino della Chiesa
attraverso la storia — di una Chiesa trasformata in cristianità —
non dà alcuna garanzia dell’autenticità apostolica del suo messaggio. Per riscoprirlo, occorre avere
il coraggio di vivere « ingenuamente » robbedienza al Gesù del
Sermone sul monte. .Allora vengono riscoperte solidarietà insospettate con i diseredati del momento,
solidarietà che possono diventare
il segno del Regno a venire. La
Chiesa è meno minacciata da un
nemico esterno — come fu per il
cristianesimo medioevale l’infedele saraceno o turco, o l’ebreo, oppure come lo fu per la Riforma luterana il contadino insorto — di
quanto non lo sia dalla propria
infedeltà. La sofferenza è la possibilità sempre presente per una testimonianza cristiana autentica. Il
coraggio di contestare il carattere
sacro dell’ordine costituito (ad es.,
con il rifiuto del giuramento), di
non scendere a compromessi con
lo spirito campanilistico e con il
controllo sulle coscienze (il sistema parrocchiale a confessione obbligatoria) fa apparire la Chiesa di
Cristo ncn tanto come una istituzione quanto come una comunità
a gruppi (gli hospitia valdesi)
pronti a rendere testimonianza di
fronte a determinate situazioni
concrete. Resta viva e irrisolta la
tensione fra rottura e contestazione da un lato e l’irraggiamento
missionario dall’altro. Finché sussiste la situazione costantiniana,
gli equivoci sono inevitabili. Quando essa cade, quali sono allora le
incidenze sulla società della predicazione evangelica, senza che
essa perda il proprio carattere
specifico?
Amedeo MolnAr
5
16 febbraio 1968 — N. 7
pag. 5
FBEQtG^ZA E FORZA SEMPRE MAGGIORI FRA NOI, A VARI LIVELLI
elementi conservano oggi ancora piena valMità a
attualità ?
ultimi valdesi, i primi anabattisti
noi di fronte alle autorità costituite
\ALDO VINAY
docente di storia ec.
clesiastica presso la
Facoltà Valdese di
Teologia in Roma.
Per « ultimi valdesi » intendo
quelli vissuti immediatamente prima dell’adesione alla Riforma del
XVI secolo. I valdesi successivi sono dei protestanti riformati che
hanno perso i caratteri peculiari
del valdismo originario.
Gli ultimi valdesi, dunque, vivevano al margine della società come organizzazione illegale, perchè
per la loro fede non potevano riconoscere le strutture fondamentali
di un mondo civile-cristiano che
ritenevano inique, in pieno contrasto con la parola e lo spirito
del Vangelo. Rifiutavano il giuramento, perchè contrario alla parola del Signore (Matt. 5: 33-37;
Ciac. 5: 12), e l’uso della spada,
ritenendo che le autorità peccassero quando facevano giustiziare
un delinquente; praticavano la povertà apostolica («servare evangelicam paupertatem ») e i loro predicatori esercitavano un lavoro
manuale per non essere di aggravio ai fratelli e non divenire pigri;
studiavano a memoria interi libri
della Bibbia ed erano perseveranti nella preghiera che scandiva col
suo ritmo la giornata attiva. La
loro predicazione era itinerante,
secondo l’uso apostolico, per annunziare ad ogni creatura i comandamenti e la grazia del Signore, e l’avvento del suo regno. Questa missione era il segno della loro solidarietà con tutti gli uomini,
anche 5,c col loro atteggiamento
radicalmente evangelico avevano
rifiutato la solidarietà ai poteri
costiti!;!- religiosi e civili del
mondij.
Un ai leggiamento molto simile
è quello degli anabattisti non-violenti che noi incontriamo per lo
più nelle stesse località dell’Europa centrale, in cui 60-80 anni prima erano ancora vive le comunità
valdesi, e in varie regioni dell’Europa nord-occidentale.
In pieno secolo della Rinascenza gli anabattisti vivevano la fede
neotestamentaria dei due coni,
cioè del vecchio e del nuovo mondo di Dio, scoprendo che « il mondo non è semplicemente un amorfo conglomerato di cattivi impulsi, ma una realtà ben strutturata
che prende forma e dimensioni demoniache di vita economica e politica » (J. H. Yondhr in; The Recovery of thè Anahaptist Vision,
p. lOi). Questa convinzione doveva portare necessariamente a un
rifiuto cleH’unità e coincidenza della chiesa e della società civile che
aveva caratterizzato tutto il Medioevo e continuava, sebbene con
altre forme, nella società riorganizzata e rinnovata dai Riformatori. Gli anabattisti, portando alle
csircme conseguenze la predicazione c il biblicismo dei Riformatori,
andavano oltre le concezioni di
questi c, continuando la protesta
valdese medioevale, mettevano in
questione tutta la sintesi costantiniana di chiesa e mondo, e la ste.ssa mentalità della « società cristiana » con tutte le sue deformazioni
nel campo della fede e della vita.
Il nuovo eone, il nuovo mondo
di Dio che viene, è in totale opposizione al vecchio mondo dominato da Satana. L’errore della Chiesa romana e delle chiese protestanti è di avere mescolato i due
mondi. La vera chiesa è separata
dal mondo, sebbene viva in esso.
E una realtà storica concreta, che
però già s’incarna nell’eone (mondo) veniente. È il popolo del nuovo Patto, ovunque disperso, ma
sempre di nuovo raccolto da Dio
mediante la sua parola e il suo
Spirito. In questa tensione fra il
vecchio mondo civile-cristiano e il
nuovo mondo di Dio gli anabat
tisti danno la precedenza e la preminenza al mondo nuovo.
La vita cristiana, in tutti i suoi
rapporti con i membri della comiinità e col mondo di fuori, è un discepolato, nel quale ha da manifestarsi la signoria di Cristo su
quelli che egli ha chiamati. Questo discepolato implica un’etica
nuova (straordinariamente affine
a quella valdese medievale), ispirata all’amore e alla non-violenza
che ha delle ripercussioni profonde tanto nella vita interna della
comunità quanto nei rapporti di
questo col mondo. Nelle relazioni
reciproche dei membri della congregazione il comandamento dell’amore fraterno viene preso sul
serio sino al comunismo di produzione, come fra gli Hutteriti di
Moravia.
Gli anabattisti riconoscevano
allo stato una funzione, assegnatagli da Dio, per il governo del popolo non-cristiano, perciò anche
pagavano i tributi e le tasse, ma,
come i valdesi medievali, dissoeiano la loro responsabilità da
quella della società civile-cristiana
rifiutando il giuramento, gli uffici
pubblici, l’uso delle armi anche
contro i Turchi che allora erano
giunti sotto le mura di Vienna, e
negando il diritto deH’autorità
d’intervenire nelle faccende della
chiesa, sia pure per difenderla. Accettavano la persecuzione, sapendo che così erano stati perseguitati il Signore e gli apostoli, e che
la via della croce è la via dei
veri figli di Dio. Ma col loro battesimo dei credenti adulti rifiutavano l’istituto salutare della chiesa ufficiale, compromessa con gli
interessi mondani della società
civile.
Come i valdesi, manifestavano
la loro solidarietà con tutti gli uomini predicando il Vangelo a ogni
popolo mediante un’ estesissima
opera missionaria. Pensavano che
Dio avrebbe mantenuto la promessa fatta ad Abramo, cioè che nel
suo seme sarebbero stati benedetti tutti i popoli della terra.
riguardi delle autorità co
santi, ma che infine dev’essere distrutto. Nel Nuovo Testamento
l’equilibrio fra ordine costituito e
nuovo mondo di Dio, fra conservazione e rivoluzione è un equilibrio del tutto instabile e il credente attende che da un momento
all’altro venga rotto per il compiersi della promessa.
Oggi nella teologia si tende ad
accentuare nuovamente la speranza, quale elemento rivoluzionario
del Vangelo. È la teologia della
risurrezione, dell'avvento del Regno, della rivoluzione dell’agape
di Dio. Sono una teologia e una
predicazione che non guardano indietro, alla conservazione dei « valori cristiani » dell’occidente, ma
avanti, guardano ai diseredati, affamati, lebbrosi e morti del terzo
mondo che devono udire il Vangelo della risurrezione. Considerano
ciò che oggi è soltanto in funzione
di ciò che deve avvenire. La speranza rende inquieta la comunità
Nei
stituite, che reggono la società civile, valdesi medievali e anabattisti del XVI secolo (il battismo posteriore assumerà la posizione delle « chiese libere » in seno al protestantesimo) avevano in comune
il discepolato conforme alle parole evangeliche più radicali e la viva speranza deH’avvento del nuovo mondo di Dio che faceva loro
apparire come valori transeunti e
negativi tutte le autorità, le potenze e le ricchezze della civiltà occidentale cristiana. La loro negazione era conseguenza della grande
affermazione della speranza, la loro rivoluzione non-violenta era annuncio dell’irrompere del nuovo
mondo di Dio nel vecchio mondo
del peccato e della morte. Lo stato e tutte le strutture sociali venivano COSI svalutati e messi in questione.
Anche nel Nuovo Testamento il
mondo e le sue autorità sono valutati e svalutati ad un tempo dal
punto di vista della speranza del
regno che viene, dei nuovi cieli e
della nuova terra in cui abiterà la
giustizia (II Pietro 3: 13). Il Nuovo Testamento riconosce un ordinamento giuridico - statale (Romani 13: 1-7; I Timoteo 2: 1-2;
I Pietro 2; 11-17) come segno della pazienza di Dio, per tenere
a freno le forze del male e
conservare l’umanità per il giorno della salvezza. Se lo stato con
tutte le sue strutture dimentica
questa sua finalità e diviene fine a
se stesso, non è più strumento e
segno della pazienza di Dio, ma il
mostro della Apocalisse (cap. 13)
che sale dal mare e tormenta i
cristiana in una società che tende
a consolidarsi come una « città
stabile », fine a se stessa; infatti la
comunità aspetta una nuova città,
« che ha i veri fondamenti e il cui
architetto e costruttore è Dio »
(Ebr. 11: 10). Ma la speranza è
fondata sulla promessa del Signore e la promessa (promissio) implica sempre una missione (missio). Così l’avevano intesa valdesi
e anabattisti, e noi oggi non possiamo riceverla diversamente.
Questa è la ragione per cui la
struttura della comunità cristiana non può essere che missionaria.
Un teologo della speranza si
esprime così in una sua opera di
alcuni anni or sono: « La cristi^
nità che segue la missione di Cristo, segue Cristo nel suo servizio
al mondo. Essa è il corpo del Cristo crocifisso e risorto soltanto
dove è obbediente, in im servizio
concreto, alla missione nel mon
do. La sua esistenza è interamente vincolata all’adempimento del
suo servizio. Perciò nulla è per se
stessa, ma essa è, tutto ciò che è,
nella sua esistenza per gli altri. È
la comimità di Dio, dov’è la comunità per il mondo » (J. Moltmann,
Theologie der Hoffnung, p. 301
seg.).
Le strutture della società d’oggi
non sono quelle medievali nè quelle del XVI secolo. I problemi sono
per noi ben più gravi che per i
valdesi e gli anabattisti. Basti pensare alla minaccia delTumanità
dell’uomo da parte della tecnocrazia in una parte del mondo e da
parte della morte per fame nell’altra. Il problema del rapporto fra
il Vangelo del regno di Dio e il
sistema sociale deU'Occidente, ormai consolidato da millenni di civiltà cristiana e non-cristiana, è
quanto mai grave ed inquietante.
Qui non può essere neppure sfiorato. Ma se siamo mossi dall’« Iddio della speranza » (Rom. 15: 13),
come i valdesi medievali e gli anabattisti, le nostre comunità non
possono non assumere di nuovo
struttura missionaria per manifestare la loro solidarietà a tutti gli
uomini nella testimonianza a Cristo, la quale è ad un tempo annunzio del Regno e servizio.
Valdo Vinay
mitiiiniiiiiiiiiiiMi'i'i!'
iiiiiiimiiimiiimiiiimm iiiiiimiiunmii
UNA LETTERA APERTA
La nostra eredità politica
Caro direttore,
i valdesi celebrano il 17 febbraio:
la loro festa civile e politica. CentoV end anni fa veniva loro riconosciuto il diritto diju ivere eguali agli altri, da cittadini. Non è una solennità religiosa: per la questione religiosa, ’'nulla era innovato”, secondo le lettere patenti firmate in
quel giorno da re Carlo Alberto.
Una festa, dunque, più del popolo
che della Chiesa, ammesso che sia
per un istante possibile scindere
questi due aspetti di una medesima
realtà.
In questa ricorrenza, oso sperare
che anche a me sin consentito di
prendere la parola su un argomento che, a quanto leggo su queste pagine, da tempo divide gli animi. Alcuni sostengono che ’la Chiesa non
deve fare politica . E’ una proposizione che mi inscin perplesso. Se
intendono questa parola nel significato deteriore che ha assunto presso
alcuni — piccolo gioco d’astuzie,
machiavelli, ricatti morali per imporre di votare un partito piuttosto
che un altro — fanno un insinuazione sciocca e gratuita.
questa politica
sidtanto due volte l’ha fatta nella sua storia. La prima nel 1929, quando telegrammi
gratulatori partirono dal Sinodo per
il duce e il ministro guardasigilli a
.salutare la firma del concordato con
la chiesa cattolica. La .seconda nel
1940, quando un altro telegramma
fu indirizzato a Mns.solini ’’ispirato
assertore di pace con giustizia”, che
di lì a poco si san bbe schierato iti
guerra a fianco dei nazisti massacratori di ebrei. Allora sarebbe stato il
momento di ricordare alla Chiesa
che non deve immischiar.si di politica. Non di questa politica.
Ma il significato proprio della parola politica è un altro. Indica la
partecipazione della persona, individuo e istituzione, alle forme di vita associata ed organizzata. In questo .senso può essere, ed è, tra le piu
alte e nobili attività dell’uomo. Se
è da questa politica che si vuol preservare la verginità della Chiesa, la
pretesa è assurda. Soltanto Robinson Crusoe può viverne senza nell’isola deserta. Ma nello stesso istante in cui compaiono sulla sabbia le
orme di Venerdì, si pongono problemi politici: se accogliere questo
uomo come un fratello o come un
nemico, se instaurare con lui un
La Chiesa non fa
e, a quanto ne so
rapporto di eguaglianza o di servitù.
Non si può esistere in una comunità
e vivere una vita di relazione senza
’’fare della politica”.
I nostri avi impugnarono le armi
soprattutto per motivi politici. Nessuno avrebbe potuto .sottoporre a
ingiuria e a costrizione la loro fede
nel tabernacolo della coscienza individuale: quel che difendevano e rivendicavano era la libertà di manifestarla. Che è un complesso di libertà politiche: di culto, di coscienza, di associazione. E può oggi la
Chiesa dimenticare che ’’tutta la
creazione geme insieme ed è in travaglio” ? Ignorare la miseria, la di
soccupazione, Temigrazione che spo
potano le Valli? Sono problemi po
litici. Oltre due miliardi di uomini
vivono in povertà crescente e senza
speranza. Certo, anche questo è un
problema politico, non interessa la
Chiesa. Un popolo asiatico vive da
23 anni una guerra lunga e sanguisa: donne e bambini massacrati, villaggi rasi al suolo. E' una questione
politica, non tocca la Chiesa, nè la
coscienza del cristiano. Oltre l’Atlantico uomini di pelle scura lottano e muoiono per avere gli stessi
diritti degli uomini di pelle chiara
e ho sotto gli occhi un’immagine
stupenda: una ragazza negra che
passa altera, a testa alta, tra gli sputi e i dileggi di una folla bianca. Ma
perchè lasciarsene turbare? E’ un
problema politico. Poco più di vent’anni fa milioni di ebrei venivano
sistemáticamente eliminati nei campi di sterminio. E anche questo era
un problema politico. Perchè la
Chiesa avrebbe dovuto occuparsene?
Centovent’anni fa i Valdesi sono
diventati cittadini uguali agli altri.
Che cosa chiedono ancora? Ora la
comunità dispensa anche a loro, imparzialmente, automobili, frigoriferi, televi.sori e gradi accademici.
Siano paghi di essere passati dalla
categoria di eretici bastonati e arrostiti a quella di cittadini ammessi
a tutti i consumi della società opulenta. Senza dimenticare, naturalmente, il culto domenicale: perchè
siamo o non siamo valdesi? I nostri
avi non ci hanno lasciato il retaggio
di una fede difesa con le armi in
pugno e sui roghi, ’’juseju à la
inort’’? Purché dal pulpito non si
parli di chi soffre, di chi muore, di
chi è oppresso, di chi langue in prigione come il nostro popolo un tempo. Questi sono problemi politici,
non interessano la nostra coscienza.
Evidentemente il Vangelo non ne fa
menzione: non ha nulla da dire a
questo proposito.
Che squallore, questo ideale di
vita che ci viene proposto. Ma questo silenzio, questo rifiuto della ’’politica”, questo trasformare la Chiesa in ghetto o in trappa e i credenti
in .scimmie cinesi che non vedono,
non odono, non parlano, costituisce
a sua volta un atto politico. Nel linguaggio comune, non si chiama questo atteggiamento ”la politica — appunto — dello struzzo”? Non significa schierarsi come complici silenziosi a fianco di chi difende lo ’’status quo”, coonestare ingiustizie e
.sopraffazioni, dimenticare gli umili, gli oppressi, gli affamati? Non
significa tradire il comandamento
dell’amore fraterno?
Vedi, direttore, il .secondo è un
curioso comandamento. Perchè chi
lo viola — come chi viola qualsiasi
altro — trasgredisce ”la legge intera”. Ma chi lo osserva, dice Paolo,
’’osserva la legge intera”. E’ il comandamento delle opere: perchè
mentre quasi tutti gli altri impongono di ’’non fare”, in questo rientrano le prescrizioni di ’’fare”, le opere deU’amor fraterno. Se dovessi
cercare nel linguaggio dell’uomo
moderno, laico, un termine che traduca quello evangelico di opere, ne
troverei uno soltanto: la politica.
D'accordo: la politica, le opere
non bastano per giustificarci. Ma mi
sia concesso di dubitare, con Giacomo, della fede inerte: « Che giova
se uno dice d'aver fede ma non ha
opere? Se un fratello e una sorella
.son nudi e mancanti del cibo quotidiano e un di voi dice loro: "Andatevene in pace, scaldatevi e .satollatevi” ; ma non date loro le cose necessarie al corpo, che giova? Così è
della fede: se non ha opere è per sè
stes.sa morta. Anzi uno piuttosto dirà: ’’Tu hai la fede, ed io le opere;
mostrami la tua fede s. iza le tue
opere e io con le mie opere ti mo.strerè) la mia fede” ». E’ una contestazione che l’uomo moderno, il laico, rivolge .sempre più spesso al credente. Che cosa gli risponderanno i
Valdesi? Come testimonieranno la
loro fede in un mondo scosso da tragici sussidti, nel travaglio di una
nuova era che nasce, mentre altri
danno testimonianza con la lotta,
affrontando torture e morte?
Giorgio Martinat
6
pag. 6
N. 7 — 16 febbraio 1968:
L’ANTICO TESTAMENTO E IL SUO MESSAGGIO
Statistiche coraggiose, ma... inutili
L’annunzio della visita di Dio OTARK l VERI CRISMI?
Preparate nel deserto la via del Signore - Elezione e vocazione divina - La promessa - Il patto
L’attesa del Messia - L’Antico Testamento ci prepara ad ascoltare la predicazione di Gesù
Ci sono (Ielle visite che richiedono talvolta lunghi preparativi, sia
per chi deve farle, sia per chi le deve ricevere: lettere, telegrammi, telefonate per essere sicuri di essere
ricevuti, di trovare udienza, di raggiungere lo scopo. E questo tanto
più quando non si tratta soltanto di
una visita di cortesia, ma di una visita importante e difficile, dal cui
successo dipende la salvezza e l’avvenire della persona che si vuole visitare. E il successo dipende in larga misura dal lavoro di preparazione.
Al centro della Bibbia troviamo
il grande annuncio della visita di
Dio airumanità perduta, nella persona del suo Figliuolo Gesù Cristo,
per salvarla e liberarla dalla schiavitù del male. L’Antico Testamento
è la documentazione del lavoro che
Dio ha compiuto attraverso a più
di 1500 anni, per preparare la sua
visita su questa provincia del suo
grande impero. E’ in questa prospettiva che dobbiamo leggere l’Antico Testamento.
A (juesto proposito osserviamo
subito che molti credenti pensano
che soltanto alcune profezie annunzino la venuta di Cristo, mentre tutto il resto dell’Antico Testamento
riguardi soltanto la storia passata di
Israele, e non abbia più nulla da
dire ai cristiani di oggi. Questo equivale ad una pratica eliminazione di
quasi tutto l’Antico Testamento.
Una lettura più attenta ci rivela invece che tutto in esso è preparazione della venuta di Cristo. La grande parola del secondo Isaia: cc Preparate nel deserto la via del Signore » (Is. 40: 3) — che il Nuovo Testamento vede realizzata nel ministero di. Giovanni Battista, Taraldo
del Signore —^ può bene essere la
parola profetica chiave per indicarci in quale luce dobbiamo leggere
tutto l’Antico Testamento: la storia di Israele, le sue istituzioni, la
sua legge, la sua vita spirituale, come la predicazione dei suoi profeti.
I 39 libri che compongono l’Antico Testamento sono raggruppati
nelle nostre Bibbie moderne in 4
Raccolte: la Legge o Pentateuco, i
Libri Storici, i Libri Poetici e i Libri Profetici. Ma originariamente la
Bibbia ebraica era divisa solo in tre
parti: la Legge, i Profeti e gli alui
Scritti. Seguiremo per comodità
quest’ultima ripartizione. Ognuna
di queste tre raccolte testimonia in
modo diverso del modo con cui Dio
ha preparato la venuta del Salvatore.
La 1“ Raccolta, la Legge, che comprende i primi cinque libri, ci rivela innanzitutto l’origine del popolo
di Israele nella elezione divina, la
sua \ocazione ad essere « in benedizione a tutte le famiglie della terra »
(Gen. 12: 3), la Promessa di Dio
che attraversa tutto l’Antico Testamento, anzi tutta la Bibbia, che
sempre si rinnova e sempre si compie, che si compie mentre si rinnova e si rinnova mentre si compie.
E infine il Patto con il quale Dio entra in rapporto col suo popolo, si
lega a lui e si fa suo alleato. La Legge del Sinai è la trascrizione di tpiel
Patto, è l’espressione della volontà
di Dio che Israele s’impegna di osservare.
La Legge ha avuto una grande
importanza nella preparazione della
venuta di Cristo. Infatti Israele non
è capace di osservare quella legge
e infrange continuamente il Patto.
Ma appunto per questo Dio manda
il Suo Figliuolo per « compire la
lA'gge ed i Profeti » (Mt. 5: 17-48).
La 2’’ Raccolta, i Profeti, era a
sua volta divisa in due parti: i Profeti della l* serie, corrispondenti ai
nostri libri storici, e i Profeti della
2“ serie, corrispondenti ai nostri libri profetici. Osserviamo innanzitutto che i libri storici erano considerati come libri profetici. E questo perchè questi libri non narrano
la storia di Israele come i nostri moderni libri di storia, ma sono piuttosto una predicazione e una interpretazione della storia. I Profeti
hanno voluto rivelarci il senso della
storia che si svolge come una linea
retta continua, di cui ogni avvenimento è un anello della catena che
dalla creazione conduce a Cristo, il
quale è il centro e il senso della storia di tutto il mondo. Ci rivelano
che Dio è il Signore della storia,
che è Lui che la dirige, e non soltanto dall’alto, ma intervenendo direttamente con « mano potente e
braccio disteso », verso la mèta che
Egli ha fissato: il Regno dei cieli.
Inoltre osserviamo che la storia
di Israele viene interpretata dal
Nuovo Testamento in senso « tipologico » o profetico, come analogia
della presente economia: l’Esodo è
figura e profezia della liberazione
dei credenti dalla schiavitù del male; la marcia di Israele nel deserto,
figura e profezia della vita della
Chiesa nel mondo in marcia verso il
Regno di Dio; anche gli uomini dell’Antico Testamento sono visti come
(( tipi », come « profezie viventi »
di Cristo: Mosè, Samuele, Davide,
Geremia e via dicendo.
I Profeti della 2“ serie contengono
la predicazione dei Profeti di Israele da Amos in poi, predicazione che
annunzia il giudizio e la salvezza di
Dio. La loro predicazione e la loro
opera hanno avuto lo scopo di preparare il popolo a ricevere la visita
del Signore, cc ad incontrarsi col suo
Dio ». Le loro profezie sulla venuta
del Messia hanno certo contribuito
in larga misura a creare nel popolo
quella atmosfera di attesa, di Avvento, che troviamo rispecchiata in
maniera così caratteristica nei primi
capitoli di Matteo e di Luca, e di
cui il vegliardo Simeone e la profetessa Anna sono certo le figure più
luminose (Luca 2: 25-38).
La 3^ Raccolta, « gli Scritti »,
comprende grosso modo i nostri libri Poetici, che troviamo al centro
della nostra Bibbia; vi si riflette la
vita spirituale di Israele. Questi libri esprimono la fede di Israele, cioè
la risposta che l’Israele fedele ha
dato alla vocazione di Dio e alla
predicazione dei suoi profeti. Essi
insegnano che il principio della vera sapienza sta nel timore di Dio e
nella ubbidienza ai suoi comandamenti. Anche questi libri hanno
contribuito a produrre ai tempi di
Gesù quei pii credenti, quei « veri
israeliti in cui non c’era frode », come Natanaele (Giov. 1: 47) e tanti
altri, che sono stati i primi a ricevere con fede e semplicità di cuore,
la predicazione di Gesù e a riconoscere in Lui il Messia e il Figliuolo
di Dio.
« Per il lettore Ebreo l’Antico Testamento contiene tutta la verità.
Per un Cristiano la verità è nella
Parola di Gesù, ma le parole dei
Profeti e dei Salmi hanno preparato Israele ad ascoltare Gesù. Si potrebbe dire che, come a scuola si insegnano prima i numeri, poi le operazioni e solo alla fine si risolvono
i problemi, così Dio ha preparato il
suo popolo, insegnando prima alcune verità essenziali e poi conducendolo ad ascoltare Gesù » (Giorgio
Tourn in « La Voce dei Profeti »,
E aggiungiamo : la lettura dell’Antico Testamento prepara anche
noi ad ascoltare la predicazione di
Gesù. Non abbiamo la presunzione
di poter fare a meno di questa preparazione, perchè senza la conoscenza dell’Antico, anche il Nuovo
Testamento rimane per noi un libro
chiuso, e la predicazione di Cristo
incomprensibile, e Cristo stesso rischia di passare soltanto accanto a
noi, senza che riconosciamo in Lui
il Figliuolo di Dio, il Salvatore ed
il Signore del mondo.
Anche oggi aspettiamo la sua visita e dobbiamo prepararci al suo
incontro. ClVKIANO ToURN
In un recente volume di saggi sul « Comportamento religioso degli italiani », edito
da Vallecchi (ma perchè scimmiottare nel
’titolo il tono americano dei rapporti alla
Kinsey?). don Silvano Bragalassi applica alla religione cattolica in Italia i metodi delle
inchieste sociologiche, traendone risultati
interessanti, intorno alla consistenza numerica dei « veri » cattolici italiani e quindi,
di riflesso — diciamo noi — intorno alla
consistenza degli altri, dei « non veri » (cosa assai più preoccupante).
I dati a cui l’autore giunge erano, su per
giù, prevedibili; per noi evangelici non hanno nulla di nuovo. Sappiamo, e non da oggi, che soltanto nominalmente l'Italia è
una nazione cattolica (diciamo pure « cristiana »); sappiamo, non da oggi, che a
malapena il 15% dei cattolici italiani va a
messa una volta sola all’anno (e che questa percentuale è forse ancora inferiore al
vero). Sappiamo, e que i o men che mai da
oggi soltanto, che — come diceva Erasmo
da Rotterdam, il quale di fede e di filosofia
religiosa se ne intendeva — che « Itali
omnes athei », gli Italiani sono tutti atei, e
che questa loro tipica incredulità è tanto
più sen'tita e tanto maggiormente diffusa
quanto più ci si avvicina alla sede ove sta
il successore di Pietro. Oggidì, certamente,
la città di Roma non dà in alcun modo la
sensazione, malgrado le guarentige concordate sul suo carattere sacro (?) fin dal 1929,
di essere una città pia; e giustamente l’idea
di proibire nell’Urbe certe manifestazioni
non del tutto in armonia con il dogma e
con la tradizione del cattolicesimo è stata
abbandonata; in caso diverso certe strane,
patenti contraddizioni non avrebbero potuto non essere sottolineate! Come tutte le
metropoli moderne, Roma è nè più nè
meno una città di peccatori; per intenderci,
come Ninive antica, come Amburgo oggi.
La propaganda del peccato è magnificamente organizzata, e non ha luoghi, città
e nazioni preclusi al suo sviluppo!
(Se la cosa può far piacere a qualcuno, in
base al noto proverbio del « mal comune,
mezzo gaudio », si può senz’altro riconoscere la stessa triste realtà per una qualsiasi città protestante. Ginevra, sotto questo
aspetto, non è gran che diversa da-Roma;
e neppure, fatte le debite proporzioni, la
graziosa cittadina piemontese di Torre Pellice! Il mito della « città di Dio » ai nostri
tempi, è stato definitivamente battuto).
Si potrebbe perciò consentire sic et simpliciter con le statistiche pessimistiche del
Bragalassi; e anche, con un pizzico di malignità, ricordare che meno di trent’anni or
sono, la pubblicazione di una statistica coraggiosa sulla « minoranza » dei veri cattolici in Italia avrebbe recato dei dispiaceri
non piccoli a colui che l’avesse diffusa per
mezzo della stampa, essendo a quell’epoca,
un pacifico assioma che gli Italiani fossero cattolici al 99 per cento.
Ciò malgrado, ci sembra che la nostra po
mmmiimiiiiuiiiiniiniiiiimimrimiiiiiiiiiiniiK »
iinummiiimiimiiiiii (i(Miiiiiimuiiii<i>uimiiiiiiiiiiuiiiiiimiiti(iiiiiiiiiiiniji
Lettere alle Chiese : EFESO
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Hid lascialo il tuo primo amoro
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Efeso era una città di notevole importanza nell'Asia
proconsolare romana. Dal punto di vista religioso era la
sede del santuario di Artemide, la « grande Diana degli
Efesini, colei che tutta l'Asia e il mondo adorano », come
si legge nel libro degli Atti. Fioriva ad Efeso, come oggi
a Roma, a Lourdes, a Napoli o a Padova, il commercio
delle statuette e dei tempietti, a vantaggio di molti artigiani e commercianti.
In quella città pagana c'era anche una comunità cristiana. Paolo vi era rimasto quasi tre anni, talché « la parola d! Dio cresceva potentemente e si rafforzava ». Alcuni anni più tardi, però, la situazione doveva essere
cambiata, a tal punto che il Signore, il quale « cammina
in mezzo ai candelabri », cioè alle chiese, le rivolge un
messaggio particolare, la prima delle sette lettere alle
chiese dell'Asia Minore.
La lettera contiene prima di tutto un giudizio positivo sulla chiesa cristiana di Efeso, specialmente riguardo al suo passato : « lo conosco le tue opere e la tua fatica e la tua costanza e che non puoi sopportare i malvagi e hai messo alla prova quelli che si chiamano apostoli
e non lo sono, e li hai trovati mendaci ; e hai costanza
e hai sopportato molte cose per amor del mio nome, e
non ti sei stancata ». Dal punto di vista morale, il bilancio è positivo. La chiesa di Efeso non è stata scossa da
entusiasmi momentanei, non si è limitata a fare dei discorsi ; ha faticato, ha lottato, è stata operosa nella sua
testimonianza. La vita della comunità non è stata compromessa, tanto sul piano morale quanto su quello dottrinale: ha vigilato sulla condotta dei suoi membri e sulla predicazione dei falsi apostoli. E lo ha fatto « per amor
del mio nome », dice il Signore; non per se stessa o per
la sua gloria. Difatti « nel nome di Gesù » non si innalzano soltanto inni di lode a Dio, con maggiore o minore
sincerità di fede ; si lavora, si soffre, si combatte contro
« le insidie del diavolo », si resiste ai potenti. Quale chiesa non sarebbe oggi soddisfatta di un tal giudizio? Che
cosa si vorrebbe di più?
Tuttavia il Signore scorge nella comunità di Efeso un
segno inquietante di debolezza e di decadimento. Il suo
passato è giustamente posto in rilievo; ma dietro a quella fedeltà storicamente innegabile c'è una infedeltà che
il Signore disapprova e denunzia : « Ho questo contro di
te : che hai lasciato il tuo primo amore ». E' una chiesa
che continua ad avere la sua dottrina ed i suoi principi,
i suoi registri e le sue feste tradizionali, i suoi culti e le
sue predicazioni ; ma ha abbandonato qualcosa di essenziale alla sua testimonianza in ogni tempo: «hai lasciato il tuo primo amore », il tuo cuore non ha più i palpiti
di una volta, l'amore per Gesù Cristo e per i fratelli non
caratterizza più la tua predicazione e la tua vita.
Apocalisse 2 v. 1-7
A questo punto dovremmo pensare alla nostra chiesa, non soltanto a quella di Efeso. Il richiamo alla « fedeltà dei padri », alla « costanza nella prova », l'insistenza e la vigilanza sulla « sana dottrina » fanno parte della
nostra storia e del nostro patrimonio spirituale. Tuttavia
non dimentichiamo che i credenti in Crsto confessano e
vivono la loro fede nelle situazioni concrete del loro
tempo. Perchè siamo Valdesi ed evangelici? Per la nostra gloria o per amor di Cristo e della Sua parola? A che
cosa si riduce la nostra teologia se poi all'atto pratico
non ci rende « perseveranti nella comunione fraterna »,
capaci di « annunziare la parola di Dio con franchezza »?
E' evidente che possiamo esser fieri della nostra tradizione e dei nostri principi, mentre il Signore si rivolge
alla chiesa e le dice; « Ho questo contro di te: che hai
lasciato il tuo primo amore». Oggi si sente dire che la
chiesa deve « mondanizzarsi » ovvero « politicizzarsi »
ovvero ancora « incoraggiare i fedeli alla disubbidienza
civile ». Si tratta di formule che a parer mio, per non essere equivoche, avrebbero bisogno di un chiarimento.
Ad ogni modo, che cos'è che ci muove verso il mondo;
l'amor di Cristo e dei fratelli o un certo conformismo allo spirito dei tempi? E' vero che le chiese debbono avvertire la presenza di gravi situazioni storiche ed umane,
ma è ancor più vero che il loro primo compito è quello
di prestare ascolto alla voce del Signore e di riecheggiarla con fedeltà.
In questo senso nessuna chiesa è autonoma, neppure le comunità che si chiamano tali « ab immemorabili »
o quelle che lo diventano in base a certe condizioni.
Ogni comunità cristiana dipende dal Signore e ne ascolta la voce. Potrebbe anche darsi che il Signore le dicesse,
quando meno se l'aspetta ; « Ricordali dunque donde sei
caduta, e ravvediti, e fa' le opere di prima ; se no, verrò
a te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto, se tu
non ti ravvedi ».
Nessuna comunità cristiana può esser sicura di se
stessa dinanzi al giudizio del Signore, tanto meno le
chiese che hanno un glorioso passato o che sono « impegnate nel mondo », come si dice oggi. Il Signore non
spegno la sua luce sulla terra, ma può sempre « rimuovere il candelabro » dal suo posto; lo ha fatto varie volte
e può farlo ancora, quando si trova di fronte ad una
chiesa che ha molte cose o che fa molte cose, ma alla
quale Egli deve dire; « Ho questo contro di te: che hai
lasciato il tuo primo amore ».
Perciò il tempo che il Signore ci dona è sempre ancora un tempo di grazia e di ravvedimento.
Ermanno Rostan
sizione riguardo alle statistiche ecclesiastiche, debba essere un’altra. Riteniamo infatti che sia cjuesto il tempo, per i cristiani. di liberarsi dalla forza persuasiva delle
cifre e dei calcoli umani. Non già che tutto
ciò non abbia aiCuna util.tà pratica immediata. Può essere certamente utile conoscere quanti siamo, specialmente quando sf
tratta di dividere fra noi alcuni di quei beni di uso universale che sono agevolmente
divisibili: il nostro denaro, per esempio, oanche l'ospitalità della nostra casa!
Ma per il resto, ossia per il calcolo delle
anime redente in Cristo Gesù, dei veri creden'ti in Dio Padre, dei lettori fedeli della
Parola del Signore, dei facitori scrupolosi
della Legge dell’Eterno — e ciò è la sola,
cosa che veramente deve contare — per
tutte) ciò, è molto meglio rinunciare senrimpianto al fascino dei calcoli statistici..
Già il nostro Signor Gesù non aveva voluto
saperrie, quando aveva sconfitto la nascenteossessione per il numero con le memorabili
parole ; « dovunque due o tre sono riuniti
nel mio Nome... »; e più ancora in quella;
celebre parabola della pecorella smarrita.,
in cui la proporzione tra le 100 è così
svalutata, da costituire un toccante avvertimento, non senza ironia, per tutti coloro
che ritenessero di « non aver bisogno » di
ravvedimento. E chi sarebbero mai costoro?!
Riconosciamolo sinceramente : è mai possibile contarci? Ammesso che, da un pun)to di vista superficiale, esteriore, ciò sia
possibile; ammesso pure che sia lecito stabilire una qualsiasi proporzione (le cifresono proporzioni) tra due quantità, possiamo noi giungere ad una cifra, ad una percentuale, ad un numero qualsiasi che abbia
una sua duratura validità? che cioè sia valido, non diciamo per un anno o per sei
mesi o per una settimana, ma anche per il'
solo giorno in cui esso ci viene proposto?
Esiste una statistica cristiana della fede che
possa essere valida almeno entro i limiti
della sua formulazione? È fin troppo evidente che le centinaia di milioni di cristiani di oggi, caro lettore che scorri queste
righe in questo determinato istante della
tua giornata, non sono le stesse che costituirono ieri la generazione cristiana precedente alla nostra; e che 1’esistenza odierna di una sia pur minima comunità di credenti è la conferma di quel colossale lavorodi Sisifo di ’educazione alla fede cristiana,
che va ricominciato daccapo, ogni giorno,,
al nascere di ogni essere umano sulla faccia
della terra !
Ma vediamo piuttosto i singoli cristiani.,
e prendiamo quelli comuni, che non si scostano dalla media (semprechè media vi sia!>
Essi vanno in chiesa perchè provano il bisogno di nutrire- l’anima; ma lì, in chiesa,
si distraggono e dimenticano un po’ d’esser
cristiani, perchè è fatale che essi si diano,
anche in piccola misura, a commenti, a osservazioni, a stati d’animo, che non sono
tutti, tutti irreprensibili. Si vedano ora leragioni della fede : noi crediamo percheiddio ci ha persuasi, è vero, ma ci lasciamo
pure persuadere un pochino da Satana! Anzi, proviamo ogni giorno a servire contemporaneamente Dio e Mammona. O questedoppiezze che sono purtroppo la sostanza
della nostra vita di relazioni, sono conteggiabili? In questo stesso istante, milioni di
cristiani abiurano praticamente, nei concreto di ogni giorno, -alla loro fede; e milioni
di spergiuri tradiscono la fede, e relapsi
d’ogni momento, chiedono perdono a Dio
di averlo rinnegato. Ma chi può contare e
ridurre a statistica tutto ciò? e se anche lo
si potesse, le cifre che ne verrebbero fuori
sarebbero credibili? Non riusciamo a contare i nostri peccati personali: chi potrebbe contare quelli di tutto il mondo?
Questo è dunque il quesito che si presenta. di fronte alle statistiche ecclesiastiche.,
davanti ai censimenti religiosi : che cosa
vogliono dire? quale sicurezza essi possono
offrire? Poiché è chiaro che, da un momento all’altro, un popolo cristiano, un popolo
fondato sulla fede dei suoi avi che diedero
la vita per non venir meno ad un patto
stretto con Dio, può ad un tratto imbracciare il mitra, scaricare bombe al napalm,
radere al suolo le città e incendiare le foreste e uccidere il popolo di un’altra nazione. Diciamo : un popolo cristiano qualsiasil
Ma qualcuno dirà ancora: bisogna pur
contarsi, per registrare, con una certa credibili’tà, i successi, o gli insuccessi, della
propria fede. E qui sta 1 altro eri ore. ancor
più grave del primo: che è quello di ritenere che la fede dipenda da un successo o
da un insuccesso fra gli uomini; che sia una
grande fede quella che registra dei successi, ed una piccola fede quella che registra
degli insuccessi.
No. la fede — la fiducia del singolo cosi
come la fede intesa quale patrimonio di
dottrina e di pensiero — la fede non è legala a quegli alti e bassi. Semmai, la tede e
legata ai « bassi ». ossia alla sconfitta; poiché mentre il trionfo è umano, Vahhassamenfio e l’umiliazione ed il sacrifìcio sono
divini. E. paradossalmente, solo là dove a
viste umane è stato registrato uno scacco,
una disfatta, viene improvvisamente aperta
una via al trionfo durevole, alla vittoria
non finta, al successo non ingannevole. ^
11 cristianesimo prese l’avvìo dalla più
colossale sconfitta che il mondo avesse mai
immaginato; e trionfò. Nel momento preciso in cui tutti abbandonavano il suo fondatore — e le cifre correvano verso la loro
sorte inevitabile — una pietra miliare che
nessuno avrebbe mai potuto smuovere ve
niva conficcata in terra, primo segno di una
vittoria che non avrebbe avuto mai fine.
Contarci, dunque, a che prò? Per sentirci più « uno » in Cristo, secondo l’espressione registrata da Giovanni (XVII, 21), in cui
la promessa dell’unità è un implicito rigetto del ricorso al mito della statistica? Ma il
collettivo ridotto all’unità, il plurirno fatto
uno preserva la chiesa, per tutti i secoli,
dalTaggiungere, ai troppi idoli che la sovrappopolano già, un altro idolo, in venta
già sconfitto: quello del Numero!
Teodoro Balma
7
16 febbraio 1968 — N. 7
pag. 7
19 inCE DI D»l MOMaCO BCDDIST9 CIETHaMITa
LE CHIESE E IL CONFLITTO VIETNAMITA
Se uccidiamo gli uomini, in nome di Dio, fermatevi
quali fratelli ci restano?
È questo il verso di una
monaco buddista vietnamita Tmcn
Nhat Hanh, del quale l’editore valleechi ha pubblicato un libro nella co^n;, «mezzo secolo», col titolo; «^letna « mezzo secolo col titolo ; « Vietnam, la pace proibita».
Esso sembra appositamente scritto
ner pnioro che vedono tutto il « bian» da una parte ed il « nero » dall’altra, per i manichei, per usare una parola tornata d’attualità.
Mentre gli americani continuano i
loro spaventosi bombardamenti, mentre le forze avversarie reagiscono con
disperato coraggio, con tanto più vigore si eleva la voce di questo monaco
/ lettori
ci scrivono
ina lettrice, da Bergamo:
Caro direttore,
vorrei aderire con amaro entusiasmo alla protesta della signora Ade
riguardo allo zelo con cui i collaboratori valde.’ti si occupano delle lezioni della Scuola Domenicale. Ma vorrei anche chiederle : conosce, forse,
qualche pastore valdese a cui stia veramente, vitalmente a cuore la Scuola Domenicaley Qualcuno che la
prenda .‘^•ul sono, o che la ritenga degna di es.ser presa sul serio? lo no.
Può darsj an'rho che non sia il caso
di prendofa su! -erio, va bene; ma
allora lo.'Ui.amoia di mezzo, e non lasciamola agonizzare cosi.
Attualmente si tratta, malgrado la
hiioiia volontà di qualche monitore o
mouitriee. di un programma-scafandro. entro il quale si muove, con
commoventi sforzi di rarnmodernameiilo. un mélange di toni ottocenteschi e aiUipsicologici, il cui unico
obiettivo .sembra esser quello di evitare decisamente ogni raffronto con
rìndottrinamento cattolico imperversante nelle scuole elementari italiane.
Nelle quali, come ognun sa, la religione cattolica è da considerarsi per
legge « fine e coronamento » dell’educazione.
A quanto pare. In chiesa è in cammino. ì\ rmmoo >■ ;u cjinmino, teologia e !>- i la procedono, ma... la
Scuoia '-’oii'.oskaje aspetta.
Rita Gay
l n lettore, da Torre Pellice:
Signor direttore,
avevo letto a suo tempo la lettera
indirizzataLe dal dott. Ribet e, nell'uilimo numero del giornale, ho vi.-to che il pastore Rostagiio ha rispo>!() con argomentazioni che mi hanno lascialo perplesso, specie per (juan.
lo riguarda i lavoratori della FIAT.
Dopo la chiusura degli stabilimenti
Mazzonis nella Val Pellice, il sottoscritto aveva cercato di fare del suo
meglio onde trovare un posto di lavoro ai numerosi disoccupati che lo richicflevano. Grazie alla buona volon!;i di alcuni uomini, che vogliono veraiiuMite bene alla nostra Valle, i quali erano nelle condizioni di farlo, ho
pollilo far sistemare un numero as.-ni rilevante di disoccupati.
Ora. tutta questa gente in cerca di
lavoro, mi ha sempre chiesto se mi
era possibile farli assumere dalla Fìat,
sia perchè le retribuzioni pare fossero più alle, sia perchè Fassislenza sanitaria offerta da questo complesso
industriale ai propri dipendenti pare
fosse tra le più soddisfacenti. Purtroppo non tutti hanno potuto ottenere un posto di lavoro alla Fiat,
vuoi per ragioni di età, vmoi per le
loro condizioni di saiute ed hanno
do\ulo .si.stemarsi aitrove.
Ancora al giorno d’oggi, assai spesM, capila da me qualcuno per chiedermi Se è po.s.sihilc fargli ottenere
un ()osto di lavoro alla Fiat. Ora però che il pastore Rostagno mi ha
aperto gli occhi e mi ha reso edotto
(li quanto e quale sia lo sfruttamento
tlcgli operai in questo complesso industriale. vuol dire che se qualcuno
verrà da me per un jjosto di lavoro
non farò altro che mandarlo dal signoi- pastore il quale certamente saprà trovargli un posto migliore, dove
lalicherà meno con una più alta retribuzione e dove, durante le ore più
calde delle giornate estive, possa riposare ai riparo dal solleone.
Mi pennella, signor direttore, di
aggiungere ancora una cosa. Penso
che Uno a quando i pastori vorranno
fare i politicanti ed i sindacalisti trascurando il loro vero lavoro di assistenza ai malati, ai vecchi, a quanti
ne hanno bisogno, fra la comunità
' alfit’sc. le cose andranno di male in
peggio ed il nostro glorioso popolo
\aldese. da tutti additalo un tempo
ad esempio per la sua unità, si troverà diviso mettendo a repentaglio la
sua stessa sopravvivenza!
Ringraziando per l'ospitalità. La
saluto cordialmente.
Guido Pasque!
che, attraverso i suoi libri, le sue poesie, le conferenze tenute in tutto il
mondo, porta la voce dell’intero popolo vietnamita (o di quel che ne è rimasto), dei giovani, degli inermi, dei contadini, dei poveri. Egli, per il suo modo
di agire, viene chiamato « comunista »
da coloro che appoggiano la politica
americana e « servo del Pentagono »
da Hanoi e dai suoi alleati : tristissimo
e fatale destino di tutti coloro che,
spinti dalla loro fede religiosa o dalla
loro dinamica spirituale o dalla loro
etica sociale, lottano unicamente per il
bene del loro « fratello uomo ».
Qual’è dunque la vera situazione in
Vietnam e quale la possibile soluzione
per dare al suo popolo la pace e l’autogoverno?
Occorre intanto tenere presente il
ruolo della cultura asiatica e quello
del buddismo, religione della maggioranza : essi sono saldamente intrecciati fra loro ed infatti il buddismo ha
collaborato attivamente al progresso
economico, culturale, politico e morale
del Vietnam nel corso dei secoli, sviluppando COSA al massimo anche il suo
carattere di religione nazionale.
L’autore, nel considerare poi l’azione
del cattolicesimo, ne enumera i lati
negativi. Inizialmente, gli errori commessi dai primi missionari, col servirsi di mercanti e di uomini politici per
ottenerne aiuti e poi nel lasciarsi
sfruttare a loro volta dagli stessi mercanti e politici, desiderosi di arricchirsi o di far carriera. Poi, un progressivo « esagerare » nella loro attività
coll’attaccare a fondo le religioni e le
usanze locali; ne venne una violenta
reazione che portò all’imprigionamento di vari missionari. Donde l’intervento massiccio della Francia per difendere la « cristianità », e la conquista totale del paese ; drammatico esempio delle conseguenze dei malintesi
legami fra religione e politica. Legami
sempre più stretti ed oppressivi, sin
troppo evidenti durante l’occupazione
francese fino alla fine della guerra
d’Indocina (1946-54) e proseguita poi
dai cattolici col governo Diem e l’attuale; allo sfruttamento della religione per fini politici ha fatto inevitabilmente seguito la pressione della religione sulla politica fino a giungere alla discriminazione religiosa di cui la
popolazione buddista (costituente la
gran maggioranza) fu vittima sotto il
regime del « cattolico » Ngo Dihn
Diem. Per contro, una parte responsabile e progressista dei cattolici ha pienamente compreso che è la chieòa a
doversi adattare all’ambiente culturale
e sociale del paese, e non viceversa.
Per quanto riguarda la posizione politica del buddismo, l’autore afferma
che, se esso è anticomunista, altrettanto forte è la sua resistenza all’imperialismo occidentale. Il buddismo, fortemente nazionalista, è incalzato dappresso dai cinesi in funzione anti-americana, ma è proprio l’ideologia comunista a costituire un ostacolo a che i
buddisti di tutto il Sud Est Asiatico
appoggino la Cina nel suo contrasto
coll’Occidente.
Altrettanto forte, dicevamo, l’opposizione agli americani, dato che la loro presenza nel sud Vietnam viene
considerata come la prova del loro desiderio di stabilire colà una nuova forma di colonialismo (la Francia ha insegnato qualcosa!) Ne è derivato che
il Fronte di Liberazione Nazionale
(F.L.N.) del sud Vietnam, nell’intento
di riunire tutte le forze di opposizione,
non ha tardato a ricevere le forze e gli
aiuti del nord Vietnam. Su questo
punto infatti il nostro autore è assolutamente chiaro ; « Molti occidentali
cercano di liberarsi dal sentimento di
colpevolezza a causa della azione degli U.S.A. in Vietnam, sostenendo che
le truppe americane si trovano laggiù
solo a causa dell’invasione proveniente dal nord. Questo non corrisponde a
verità. Le infiltrazioni gravi dal nord
seno iniziate solo molto tempo dopo
il dominio U.S.A. e dopo che il governo sud-vietnamita, da loro appoggiato, aveva rifiutato di procedere alle
elezioni già convenute (e sottoscritte
dagli stessi U.S.A.)».
Nel F.L.N., certamente anche composto e guidato da elementi comunisti, militano moltissimi elementi patriottici e non comunisti, che si sono
uniti in funzione di dare il loro apporto ad un autentico movimento per
la liberazione della nazione. La stessa
popolazione (il 90% sono contadini)
che lotta contro gli americani non lo
fa per servire il comunismo che è o
ignorato o non gradito a chi lo conosce, ma perchè desidera lottare per
l’indipendenza nazionale.
L’autore dice testualmente ; « Tutti
gli esperti di guerriglia sanno che la
lotta partigiana non può essere portata avanti se i contadini non l’appoggiano. Per spiegare agli americani perchè il F.L.N. ottiene l’aiuto dei contadini, si racconta che gli abitanti delle
campagne sono vittime del terrorismo
dei Vietcong. Secondo gli informatori
americani, i contadini sono troppo atterriti per fare qualunque altra cosa
se non appoggiare i Vietcong. Questo
è semplicemente falso. La verità è che
il Fronte riceve l’aiuto di numerosi
contadini perchè ha saputo convincerli che questa è, in realtà, la lotta per
l’indipendenza nazionale. Lo spirito
patriottico dei contadini è vivissimo;
essi non sono al corrente della storia
della guerra o dei conflitti ideologici e
vedono solo un potente esercito di
bianchi occidentali impegnati ad uccidere i loro connazionali vietnamiti.
Agli occhi dei contadini le vittime delle azioni americane non sono dei comunisti, ma dei patrioti... Il Fronte
non trae la sua linfa dall’ideologia
marxista, ma solo dalla fondamentale speranza dei contadini di difendere le proprie aspirazioni nazionali
e di resistere all’oppressore ».
Per di più, gli scopi degli U.S.A. in
Vietnam restano del tutto incomprensibili ai Vietnamiti. Se sono venuti
perchè chiamati a salvarli dal comunismo. se vogliono debellare i Vietcong, perchè dovrebbero offrirsi di negoziare la pace? Accettare trattative
equivale a non raggiungere l’obiettivo.
I Vietnamiti ritengono che gli americani parlino di negoziati solo per tranquillizzare l’opinione pubblica mondiale, che si oppone sempre più alla loro
brutale politica, ma che non desiderino veramente le trattative e la pace.
Ed a prova di questa loro convinzione,
l’autore ricorda che, quando gli U.S.A.
hanno sospeso i bombardamenti per
37 giorni, gli scontri ed i bombardamenti del sud non solo sono continuati, ma il numero di soldati americani
sbarcati in quel periodo fu imponente.
I Vietnamiti, in una dimostrazione
del 1“ Maggio 1966, recavano un vistoso stendardo che diceva; «Vogliamo
che l’America sia nostra alleata per la
pace, non per la guerra»; per i Vietnamiti, più il tempo passa e maggiormente l’immagine dell’America non è
più quella « della libertà e della democrazia, ma quella della violenza e del
militarismo ».
Ed ecco che di fronte al dilemma « o
americani o comunisti » viene prospettata una terza possibilità.
L’America appoggi al più presto la
creazione veramente democratica di
un governo « ad interim » che rappresenti tutti i gruppi politici e religiosi.
Detto governo chiederà àgli U.S.A., al
F.L.N. ed al nord Vietnam la cessazione di ogni azione militare. Le truppe U.S.A. vengano ritirate entro sei
mesi /un anno contemporaneamente
alle truppe nordvietnamite dal sud.
Seguiranno trattative e consultazioni
col nord per la ripresa delle normali
relazioni diplomatiche e commerciali
in vista dì una futura riunificazione,
forse anche lontanai iti®' desiderata da
tutti i Vietnamiti.
L’autore è convinto che il F.L.N.
parteciperebbe senz’altro a trattative
del genere dato che, in caso contrario,
perderebbe, agli occhi dei contadini,
ogni diritto ad atteggiarsi a difensore
della pace e del patriottismo. ( D’altronde il programma del F.L.N. sembra
dar ragione all’autore in quanto coincide essenzialmente coi punti su indicati).
Come non associarsi a questi programmi che mirano a ridare l’unità e
la dignità ad un popolo oppresso da
tremila anni? Concludendo, sottolineiamo la semplice e logica conclusione dell’autore, rivolta a coloro che vedono nell’azione americana un baluardo della civiltà occidentale ed una diga al comunismo; gli americani, per
distruggere il comunismo, distruggono
una straordinaria quantità di forze
non comuniste che si battono per la
loro indipendenza, non solo, ma sono
proprio gli americani a buttare queste
forze in braccio al comunismo, e questo non solo in Vietnam ; ci riflettano
molto, su questo, finché e se ne hanno
ancora il tempo.
Pierre
Attività pro.ssime: venerdì 16 febbraio:
visita (IbIIh corale di 1 orino, con canti e
messaggi al tempo, dopo i falò, alle 20,30;
XVU febbraio: programma consueto; marledi 20: ore 20.30 riunione ai Pon.s: giovedì 22: riunione alla Lansa ore 20.30.
Fiori in memoria di Elda Jaliler: Jahier
Ernesto L. 10.000; L. 5,000 : .Jahier Dina.
.Jahier Maria Rosa, Jahier JJdia. Melchiorri
Lidia: L. 10.000: Speran/a (jrill e mamma. Essi sono destinati per la nostra Scuola Materna, in vista dei rc'si.nuii.
Fiori in memoria, per la nostra chiesa:
L. 5.000: Baret Alberto, in meni, di Geure
Umberto: 1„ 3.000: Berlello Ruggero e Angiolina. in mera, del nonno Baret Giulio; Lageard Mauro, in mem. del nonno Baret Giulio. Siamo riconoscenti a Dio per i doni con
cui si ricordano le persone amale per le opere preziose della nostra Chiesa. Un grazie a
tutti i donatori.
A relliiiea di quanto pubblicato nel num.
scorso, fra i doni in memoria del pastore Vir.
giìio Sommani : Eugenia Socci e Elena Girardcl L. 6.000.
Una conferenza di Giorgio Bouchard
Fede crìstìaDu e marxisnio
Mercoledì 28 febbraio, alle ore 20.30. al
cinema Edelweiss di Pomarclto. il dott. Giorgio Bouchard terrà una conferenza su « Fede cristiana e marxismo »: seguirà un dibattito. Tutti sono cordialmente invitati.
Alluniìc City, U.S.A./Saigon (soepi) - Il
Consiglio nord-americano delTAIleanza riformata mondiale, riunito ad Atlantic City,
ha fortemente appoggiato Fappello lanciato
dal Consiglio vietnamita dei vescovi cattolici in favore della pace:
«Approviamo completamente l’energica
dichiarazione fatta il s gennaio da! Consiglio vietnamita dei vescovi, la quale fa appello ai governi di Hanoi e di Saigon affinchè pongano fine alla guerra ed uniscano
i loro sforzi per restaurare la pace ».
I presbiteriani ed i riformati hanno lanciato lo stesso appello anche agli Stati alleati dei governi del Vietnam ed a coloro
che sostengono le azioni militari. Hanno
espresso il loro accordo coi vescovi sulla
necessità della cessazione dei bombardamenti del Nord e delle infiltrazioni nel Sud.
« Noi ci uniamo ad essi per supplicare i
governi dei paesi helligeranli: In nome di
Dio, fermatevi! »
II segretario generale della Chiesa presbiteriana unita, P. Thompson, ha detto :
« Quando ho saputo della risoluzione dei
vescovi cattolici, ho ritenuto che la cosa
più utile e positiva da fare era di accettare
quella parte della loro dichiarazione alla
quale anche noi potevamo aderire. I vescovi sono sul luogo e si rivolgono coraggiosamente ai governi delle due parti dei Vietnam. Noi abbiamo allargato la nostra dichiarazione, rivolgendola a tutti i governi,
compreso il nostro ».
1 vescovi cattolici, nel loro appello hanno infatti apertamente criticato il governo
Van Thieu, anch'esso cattolico;
« Nessuno in questo momento ■— hanno
detto — si può fare un idea esatta dell’estrema gravità della situazione del nostro paese.
Come ci potrebbe essere la pace, quando i
responsabili mascherano le loro promesse
menzognere sotto cumuli di retorica? Come
può esservi la pace, quando nella nostra
società dominano la pigrizia, l’ipocrisia, e
la corruzione? ».
Concludendo, l'appello dei vescovi invita
« / governi del Nord e del Sud Vietnam ad
incontrarsi, a parlare assieme ed a iniziare
seri negoziati di pace ».
AZIONI ECUMENICHE
PER IL CONFLITTO VIETNAMITA
Ginevra (bip) - Alla fine di gennaio è
giunto ad Haiphong (Nord Vieitnam) un
ospedale di campagna prefabbricato e smontabile. destinato alle vittime dei bombardamenti americani. Vi possono essere ricoverati 60 ammalati.
Quest’ospedale, che comprende un’ambulanza, un apparecchio per raggi X, un laboratorio, delle tende, dei generatori, un
depuratore d'acqua, ecc. e che costa 80 mila dollari (circa 50 milioni di lire) è stato
ordinato dalla Croce Rossa internazionale
che ne ha finanziato i tre quarti. Il CEC
ed altre organizzazioni di aiuti pubblici e
privati hanno coperto il resto della spesa,
vale a dire 20 mila dollari. La « Caritas
internationalis » organo della chiesa cattolica. ha fornito ad un altro ospedale della
Croce Rossa nel Nord Vietnam del materiale per raggi X del valore di 18 mila dollari, somma che le è stata rimessa dal CEC.
Il CEC, che vuole aiu'tare quelli che sono
nel bisogno senza considerazioni di razza,
fede religiosa o politica, appoggia così conitemporaneamente gli ospedali del Nord Vietnam e partecipa al servizio cristiano dell'Asia per i profughi e le altre vittime della
guerra nel Vietnam del Sud.
APPELLO ALLE CHIESE:
PARLARE CONTRO LA GUERRA
IN VIETNAM
Hannover (soepi) - 154 membri della
« Landeskirche » evangelica luterana di
Hannover, in una lettera aperta inviata al
sinodo regionale, hanno chiesto alla Chiesa di prendere netta posizione contro la
guerra in Vietnam. « I politici evitano ancora la discussione sul Vietnam — dice la
lettera —. Siccome anche la chiesa non può
sottrarvisi, chiediamo al Sinodo di pronunciarsi chiaramente a nome di coloro che vogliono un pubblico dibattito in Parlamento
sull’atteggiamento della Germania federale
nei riguardi della politica americana in
Vietnam ».
1 firmatari propongono di fare una dichiarazione che appoggi i cristiani americani
che tentano di far cessare i bombardamenti del Nord Vietnam e che difendono gli
obiettori di coscienza. II governo federale
tedesco non dovrebbe più affermare che la
poli'tica americana nel Vietnam è « uno
sforzo per garantire la libertà e la pace nel
mondo »; dovrebbe piuttosto far pressioni
verso il governo degli U.S.A. affinchè non
estenda il conflitto e cessi i bombardamenti
del Nord.
Da parte sua. il pastore Wilkens, a nome della « Kirchenkanzlei » si è augurato
che si possa avere « una seria discussione
polìtica su questa guerra che è diventata assolutamente intollerabile ». In confronto agli
U.S.A., dove perfino neU’attuale situazione
« la libertà dì avere un’opinione contraria »
è riconosciuta come la base essenziale della
democrazia, la Germania si è chiusa in uno
« strano isolamento ». Per esempio — ha
proseguito il past. Wilkens — allorché i
socialdemocratici hanno chiesto agli Stati
Llni'ti di cessare immediatamente i bombardamenti del Nord Vietnam, la dichiarazione
è stata « immediatamente respinta — come
al solito — dai custodi dell’ortodossia politica... ».
im iiiiiiiimiiiiiiumitmiiiimimiuiiiiiii
iiiitiiiiiiimiimiiimiiiiimiiin niimiiiii
MI iiiMimmiii inumi iiiiiiiiiiiiiiii
Alla Facoltà Valdese di Teologia, a Roma
(¡rato saluto alla $i|nora Margherita Fiirst-Wnlle
Nella relazione della Facoltà al Sinodo 1967 si leggeva questo paragrafo :
« La Signora Margherita Fùrst-Wulle
ha concluso con quest’anno accademico il suo insegnamento musicale presso la nostra Facoltà. Per molti anni
ha svolto la sua attività a favore dei
nostri studenti facendo loro apprezzare la migliore musica evangelica e
comprendere qual’è la vera funzione
della musica messa al servizio della
parola di Dio. A lei vada la riconoscenza della nostra Facoltà e della
Chiesa ».
Per manifestare questa riconoscenza, si sono riuniti intorno alla signora
Fürst, la sera del 5 febbraio, i professori e gli studenti della Facoltà, con
una rappresentanza del Consiglio (il
Moderatore, il pastore P. P. Grassi),
dei professori incaricati, dei pastori di
Roma, e un gruppo di ex-studenti che
comprendeva i pastori Bertalot, Lento, Cappella.
Nel corso della serata, vari interventi hanno messo in luce aspetti diversi
del contributo portato dalla signora
Fürst alla Facoltà e, indirettamente,
al protestantesimo italiano : dal punto
di vista della storia della teologia, il
prof. Subilia ha fatto notare come per
la prima volta gli fosse stato dato di
vedere, nelTinsegnamento della signora Fürst, la storia della musica collegata intimamente allo sviluppo della
cultura e del pensiero occidentali, in
modo particolare del pensiero teologico: la funzione creativa della teologia nei riguardi della migliore musica
protestante è troppo sovente ignorata,
mentre invece dovrebbe costituire un
criterio determinante per l’interpretazione e la valutazione delle opere musicali, specialmente se usate per il culto. Dal punto di vista pratico, il Moderatore ha giustamente attribuito ai
giovani pastori preparati dalla signora
Fürst un peso determinante per la rapida e gradita introduzione nelle nostre comunità degli inni del periodo
della Riforma che entreranno a far
parte del nuovo innario evangelico,
mentre il prof. Vinay ha rilevato come
il carattere biblico e la melodia lineare degli inni della Riforma, uniti alle
capacità didattiche e alla passione della signora Fürst, abbiano permesso
anche alle comunità contadine e operaie del basso Lazio di impararli e
cantarli al principio della loro esperienza di culto comunitario evangelico.
Ma oltre a questo, anche la consacrazione e la pazienza della signora
Fürst nelTinsegnamento dei primi elementi di musica, di harmonium, di direzione, di innologia, sono state ricordate con gratitudine dai professori Vinay e Corsani e dagli studenti di ora
e del passato. Una interessante coincidenza ha permesso che prendessero
la parola da un lato il prof. Soggin e
il Dr. Bertalot, che furono fra i primi
studenti della sig.ra Fürst, e i giovani
Ribet e Genre che sono stati gli ultimi.
La signora Fürst, nel rievocare il lavoro compiuto in tanti anni, ha consegnato alla Facoltà vari fascicoli contenenti i corsi da lei redatti e sempre
migliorati e accresciuti, affinchè possano servire ancora per altre generazioni di studenti ; e diversi dei presenti hanno espresso il voto che da questi
manoscritti esca una pubblicazione la
cui utilità sarebbe grande non solo
per le nostre chiese, ma anche per la
cultura del nostro paese. La serata si
è conclusa con il canto delTinno di
Lutero « Forte rocca è il nostro Dio ».
B. C.
« Io ho aspettato il Signore : l’anima mia Tha aspettato ed io ho
sperato nella sua parola ».
(Salmo 130; 5).
Il giorno 3 febbraio, dopo lunghi anni di infermità, il Signore ha richiamato a Sè
Maddalena Margherita
Bertalot
di anni 83
Ne danno l’annunzio i nipoti : Ernesto con la famiglia (in America); Rita
con il marito Pons Enrico e figlia Costanza; Clelia con il marito Simondet
Cesare e figlia Paola; il figlioccio Paschetto Ide; i cugini e i parenti tutti.
I funerali hanno avuto luogo il giorno 4 febbraio partendo dal Rifugio Re
Carlo Alberto (Luserna San Giovanni) e proseguendo per S. Bartolomeo.
« Considera la mia afflizione, e liberami ; perchè non ho dimenticato la tua legge ».
(Salmo 119; 153)
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie Pons, Simondet e Paschetto ringraziano commosse tutte le
persone che hanno preso parte al loro
lutto.
In modo particolare ringraziano
Suor Susanna Coisson, la signorina
Petrai, la signorina Amalia per le affettuose cure, le compagne di camera,
tutte le persone che hanno visitato
l’estinta durante gli anni d’infermità;
i pastori signori Bogo e Ayassot.
Prarostino, 5 febbraio 1968
8
pag. 8
N. 7 — 16 febbraio 1968
Notiziario
ecumenico
a cura di Roberto Peyrot
IN GERMANIA, GIORNATA DELLA
« SPARTIZIONE FRATERNA »
Bonn (soepi) — In Germania occ., il primo venerdì di ogni mese, durante quest’anno. sarà la « giornata della spartizione fraterna ». L’organizzazione protestante « pane
per il prossimo », l’organizzazione cattolica
« Misereor » e la campagna « Liberazione
dalla fame » hanno lanciato un appello comune, chiedendo ad ognuno di contribuire
con un’offerta volontaria, in quel giorno,
per combattere la fame.
Scopo di questa « giornata » è quello di
creare, al di là di tutte le barriere confessio.
nali, una nuova collaborazione fra gli uomini di buona volontà che desiderano partecipare alla lotta contro la fame, sapendo che
la critica situazione di molti paesi in Asia,
Africa ed America Latina richiede un aiuto
crescente.
BENEFICENZA INTERESSATA
E DIGNITÀ' UMANA
Detroit, USA (soepi) — Può darsi che la
rottura di una coalizione di dirigenti bianchi e negri, formatasi per ricostruire la città
di Detroit dopo i moti dell’estate 1967, sia
dovuta al rifiuto del pastore nero A. Cleage
di accettare un’offerta di 100 mila dollari
(oltre 60 milioni di lire) della Fondaz. Ford.
Il pastore Cleage, dirigente della Federazione per l’autodeterminazione ha rifiutato
questo denaro dicendo che le condizioni imposte erano la negazione deirautodeterminazione negra.
Per avere i fondi essi dovevano accordarsi
sulla loro utilizzazione con un gruppo di
neri moderati, che avrebbero pure ricevuto
100 mila dollari. Dovevano inoltre sottoporre i loro progetti per l’approvazione ed impegnarsi a non utilizzare la somma a fini
polìtici.
Il past. Cleage, della Chiesa unita di Cristo, ed il suo gruppo sono usciti dalla coalizione dichiarando che « dei bianchi avevano cercato di assorbire i neri con metodi paternalistici ».
Fra i 39 membri della coalizione vi erano
H. Ford II, presidente della FORD MOTOR
e J. Roche, presidente dUa GENERAL MOTOR.
DISSENSI NELLA CHIESA CATTOLICA
DELLA COLOMBIA
Bogotá (hip) — Venti giovani preti, fautori di cambiamenti nella chiesa della Colombia, e favorevoli al controllo delle nascite, si sono ribellati a mons. A. Duque ViUe.
gas, arcivescovo di Manizales, dato che egli
non tiene conto delle loro opinioni.
Il conflitto, iniizato due mesi fa, si è accresciuto allorché l’arcivescovo si è rifiutato
di rendere operanti certe decisioni conciliari
— dichiarano i preti « ribelli » —- Uno di
essi — viene affermato — è perfino stato
decentrato in una parrocchia fuori mano,
dato che difendeva pubblicamente l’uso della
pillola anticoncezionale.
Le autorità ecclesiastiche hanno fin’ora
mantenuto un silenzio totale su questo « conflitto di generazioni », come è stato definito
dai giovani preti. Tuttavia, informazioni ufficiose affermano che la curia metropolitana
ritiene che questo conflitto sia « una delle
conseguenze dell’era post-conciliare ».
Parecchi fedeli di Manizales, nel rendere
omaggio al sunnominato vescovo, gli hanno
offerto il loro pieno appoggio contro i preti
ribelli.
IL C.E.C.
E LA CHIESA CATTOLICA
Parigi (soepi) — « Il Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC) e aperto ad ogni
chiesa che confessi Gesù Cristo, e quindi
anche alla chiesa cattolica » ha dichiarato
il pastore L. Vischer, segretario del dipartimento « Fede e Costituzione » del CEC,
durante un incontro fra cattolici, protestanti ed ortodossi a Parigi.
Certo, il Consiglio « è anche una comunità fra dtiese che hanno una certa realtà
secondo certe forme (...) Introdotta troppo
rapidamente in seno al Consiglio, la chiesa
cattolica vi porterebbe una struttura universale che nessuna delle chiese-membri possiede, ed un peso che rischierebbe di schiacciare altre chiese cui il CEC ha consentito
di entrare in dialogo reciproco ».
Perciò, la porta non è chiusa — ha soggiunto Vischer — ma occorre lasciare maturare la cosa.
Quanto a mons. Willebrands, deT segretariato del Vaticano per l'unità dei cristiani,
presente all’ineontro, egli si è chiesto « se la
cosa sarebbe attualmente utile all’unità ed
alla testimonianza dei cristiani nel mondo ».
I due oratori hanno concordato nell’affermare che il comune lavoro fra il CEC e la
chiesa cattolica è assai più importante di
quanto non potrebbe lasciarlo supporre il
piccolo numero di osservatori cattolici alle
diverse attività del CEC.
Direttore responsabile: GiNO Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Che significherà, per noi, ripercorrere la via del deserto?
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (To)
Culto radio
domenica 18 febbraio
Past. SALVATORE CORDA
Adliswil - Zh.
domenica 25 febbraio
Past. SALVATORE CORDA
Adliswil - Zh.
(segue da pag. l )
può essere oggetto di discussione e la
nostra assemblea sinodale ha accolto
queste parole a grande maggioranza;
ma che significano nella realtà? È difficile dirlo, perchè il messaggio non
lo dice in termini espliciti, ma lo si
intuisce; vivere nel deserto vuol dire
vivere scomodi, fare rinuncie, montare e smontare tende molto sovente,
darsi da fare per trovare soluzioni a
molti problemi. Nella vita della comunità valdese questo significa che si dovranno abbandonare alcune cose anche se ci sono care; che il nostro
apparato di stabili e di istituzioni dovrà essere smantellato; che le parrocchie delle Valli dovranno integrarsi le
une nelle altre, che gli studenti in teologia dovranno essere preparati in altro modo, i concistori dovranno assumere le loro responsabilità o sparire,
si dovranno spostare pastori e rinunciare a fare templi, si deve raggiungere un decoroso pareggio di bilancio, ecc.
L’avvenire della Chiesa valdese sta
nella sua volontà di fare questo, di accettare che la comunità ideale compenetri la comunità reale anche a costo di provocare in essa crisi e tensioni. Per dire le cose più semplicemente,
l’avvenire della Chiesa valdese sta unicamente nel fatto che cominci a prendere sul serio quello che dice, creda e
viva le sue prediche domenicali ed i
suoi messaggi, cessi di essere come
quelle persone che guardano a destra
e vanno a sinistra o se preferite guardano a sinistra e vanno a destra.
Ci sono per questo due condizioni
che dobbiamo tenere chiaramente presenti per proseguire la marcia, se la
vogliamo proseguire nella valle oscura.
La prima è questa; i contrasti nella
nostra comunità devono cessare di essere contrasti tra due correnti diverse,
i difensori della chiesa tradizionale e
i propugnatori della chiesa nuova. Non
si tratta di contrap^rre due diverse
idee, due diversi modi di vedere le cose,
la chiesa reale e la chiesa ideale di
cui abbiamo parlato non sono due realtà equivalenti; si tratta di mettere a
confronto quello che siamo e facciamo
con quello che dovremmo fare ed essere. Quello che siamo è la realtà,
quello che dobbiamo diventare è la
vocazione di Dio, è quello che Dio ci
chiede. In questo caso la realtà è
meno vera dell’ideale, come la chiesa
(la parrocchia di X) è meno vera della predicazione che ascolta e fa la domenica, perchè Dio è più vero di tutte
le nostre realtà e tutto quello che abbiamo fatto e detto fino qui può benissimo essere rifiutato da Dio.
Quando perciò il nostro messaggio
parla di chiesa del deserto, non si tratta di una proposta fra le altre, ma
della nostra vocazione futura. A me
piacciono i templi, e te non piacciono
perciò non li vuoi ; quello è un pastore
che ha il pallino della teologia e quelTaltro della formazione dei laici, men
tre io mi consacro alle opere sociali;
c’è chi ama scrivere libri e chi ama far
visite ; tutti però vanno nella stessa direzione, in fondo fanno tutti parte
della stessa famiglia. Il problema non
è quello di riconciliare diverse concezioni della chiesa, diversi modi di
ragionare, non è quello di mettere
d’accordo vecchi e giovani, piatisti e
barthiani, tradizionalisti e sovversivi.
Il problema sta nel domandarsi non
chi dei due abbia ragione, ma che cosa dice il Signore ; e se il Sinodo afferma che il tempo è il tempo del deserto, mettersi in condizione di essere
quello che si dice : la chiesa del deserto.
In caso contrario ogni nostra predicazione scade al livello delle chiacchiere
e la nostra comunità valdese non è
veramente altro che una associazione
di reduci del passato.
La seconda condizione è altrettanto
fondamentale e urgente: la comunità
Un grave lutto
Un grave lutto ha colpito la nostra comunità. In un incidente stradale è perito
il nostro fratello Franz Ghiglieri. Il suo
amore per la chiesa era noto e forte; partecipava con impegno alla sua vita e da anni
si era dedicato in modo particolare alPopera fra i giovani, curando con grande capacità tecnica e soprattutto con profonda sensibilità la loro attività teatrale. Proprio in
questi giorni, stava curando la messa in sce.
na de (( La Parola d di Kaj Munk. Ripensiamo a lui, alla sua presenza amichevole e
calda, ai doni che ha messo a frutto fra noi,
con molto rimpianto e con gratitudine intensa. Ed esprimiamo ai suoi familiari, e in
modo speciale alla sua compagna, la viva
partecipazione a questa separazione così improvvisa.
iiiiimiiiiiiiiiiiimimiitiiii
iimiimmiiiiiiiMiiillliimmiitiiiiiMiii
In risposta al nostro appello
Offerte per le vittime
del coDflitto vietnamita
Abbiamo ancora ricevuto, in risposta ai
nostro appello per le vittime del conflitto
vietnamita e della fame: N. N., Bergamo
L. 20.000; fam. Immovilli, Levante 5.000;
fam. Bianchi, Levante 5.000; fam. Occelli,
Milano 5.000; Aline, Valdo e Jeannette, Ginevra, in mem. dei loro cari 5.000; una valdese di Nizza S.OOd; da Dieulefit, in mem.
di Giuseppe e Adele Pons 5.000; da Torre
Pellice, in mem. del past. Giulio Tron 2.000;
in mem. di Carolina Giovando 2.000; in
mem. di Lily Coisson 2.000; in mem. di
Renato Bosio 2.000; J. P. 2.000. Totale Lire 60.000. Tot. precedente L. 100.000. Totale generale L. 160.000.
L'autonomia degli Ospedali Lvandelicí
(segue da pag. 1)
stro, una parola che ci assicuri in
merito ».
Il Ministro On. Mariotti ha risposto, ma la sua risposta non è certamente stata (nè forse poteva esserlo
date le circostanze) così rassicurante come i presentatori dell’Ordine
del giorno avrebbero potuto sperare
e con loro, e più ancora di loro, gli
evangelici italiani. Con una interessante disquisizione sulle differenti
situazioni giuridiche contemplabili,
il Ministro ha evitato di dare una
esplicita dichiarazione di accettazione, o meno, dell’ordine del giorno,
tanto da lasciare perplesso lo stesso
Presidente della Camera che ha ritenuto di dovergli chiedere di precisare la sua posizione; <c Onorevole
Ministro, Ella è quindi contraria all’ordine del giorno? »
Il Ministro ha risposto: « Vorrei
precisare che non sarà fatta alcuna
discriminazione ».
Il Presidente ha insistito sulla sua
richiesta di una dichiarazione più
esplicita: « ...vorrei che Ella precisasse meglio la posizione del Governo nei confronti di questo ordine
del giorno ». Il Ministro ha ancora
una volta evitato di dare una risposta esplicita sui casi presentati dall’ordine del giorno, ribadendo però
il principio normativo che « non sarà comunque effettuata alcuna discriminazione fra ospedali retti da
religiosi cattolici e ospedali retti da
religiosi di altra confessione ».
Dopo le dichiarazioni del Ministro la Camera ha votato e approvato l’ordine del giorno, sul quale
i presentatori avevano insistito per
ottenere che la Camera si pronunciasse.
Cosa debbono pensarne e dedurne gli evangelici?
I rappresentanti di tutti gli ospe
dali evangelici si sono riuniti in
Commissione Interospedaliera a Genova il 7 corr., ossia subito dopo la
votazione dell’ordine del giorno, per
esaminare la situazione che potrà
essere fatta ai nostri ospedali in sede di regolamento di attuazione della « Legge Mariotti ». Alcuni punti
fermi sembrano ormai acquisiti: un
ordine del giorno che « impegna il
governo » è stato approvato dalla
Camera e l’attuale Ministro della
Sanità, anche se si è limitato ad una
enunciazione di principi, ha promesso che non si fanno discriminazioni.
E’ ovviamente impossibile, soprattutto al termine di una legislatura, fare alcuna previsione. Molto,
se non tutto, dipenderà dalla volontà politica degli uomini che le
prossime elezioni porteranno al potere. L’ordine del giorno Paolo Rossi, per il quale gli evangelici italiani debbono essere grati sia a lui
che agli altri Onorevoli che lo hanno firmato, ha evidentemente posto,
con il voto favorevole della Camera,
le premesse essenziali, che il Ministro stesso ha voluto ritenere impegnative, perchè non vengano fatte
discriminazioni a danno degli ospedali che le nostre Chiese hanno
creato e curato sin qui con tanta
cura ed amore ravvisando in essi
Tina delle « opere » di testimonianza della loro fede.
Rimane però necessario che gli
evangelici italiani vigilino con attenzione a che le premesse non vengano accantonate e che la prossima
legislatura ne tragga le conseguenze
che sono doverose ad una piena e
completa attuazione dei principi
che la costituzione ha così solennemente sanciti a salvaguardia dei diritti legittimi delle minoranze religiose nel nostro Paese.
Ernesto Ayassot
reale, le comunità come sono oggi, devono essere poste in condizione di capire che cosa significa il messaggio
sinodale, quelle parole che come le
parole della nostra predicazione sono
morte non perchè non le crediamo, ma
perchè non dicono mai chiaramente
che cosa si deve fare e sperare e credere. È un dovere di cura d’anime, di
edificazione, di carità: mettere i credenti in condizione di capire che cosa
li Signore chiede loro oggi. L’affermazione « noi dobbiamo essere la chiesa
del deserto » pronunciata dal pulpito
o scritta sulla carta non significa nulla per un catecumeno o per un profes
sionista, mentre ha senso dire al primo ; « la chiesa del deserto per te vuol
'firn. rifiutare il servizio militare, perche il tuo Signore ti ha chiesto amore
® '’iolenza », e dire al secondo : « la
chiesa del deserto vuol dire che rinunci alle tue serate o alle tue gite domenicali per compiere un servizio».
Il nostro avvenire sta unicamente
nella soluzione di questo equivoco tra
la predicazione di cui ci rivestiamo e
l6 forme in cui lo viviamo : soltanto
quando accetteremo che la comunità
ideale diventi per la comunità reale la
norma di vita.
Giorgio Tourn
HMiiiimiiimimmihimiiiii
Echi della settimana
LA GUERRA NEL VIETNAM
★ li oon interessarsi ai gravissimi avvenimenti in corso nel Vietnam, è indice di
un’acuta, mostruosa malattia che si chiama
« qualunquismo ». Ma di fatto il mondo intero sta trattenendo il fiato per ciò che laggiù sta accadendo. Naturalmente è troppo
presto per poter esprimere, in merito giudizi conclusivi. Purtuttavia sentiamo, in coscienza, di poter aderire alla valutazione che
sommariamente dà della situazione, con la
chiarezza d idee e la dirittura di carattere
ben note e mai smentite, Ferruccio Farri in
un articolo (dal titolo significativo ; a John,
son alle carde ») apparso su 1’« Astrolabio »
(deim.2.’68):
« Qualche speranza comincia ad affiorare
che la spettacolare offensiva dei Vietcong finisca per liberare anche Vopinione pubblica
americana dal suo disorientamento,^ insegni
qualche modestia sulla consistenza degVimperi che son giganti dai piedi d'argilla^ ed
una salutare diffidenza verso la casta militare arbitra, con dubbio controillo, di tutta
la vita americana.
E" una meraviglia per noi come quella democrasia americana che i manuali di storia
(mentitori abituali) ci avevano insegnato ad
ammirare quale gelosa custode delle libertà
individuali, abbia lasciato crescere nel suo
seno questo nuovo ^"Leviathan” di potenza e
prepotenza crescenti. E’ una storia vecchia
come la luna. Se manca una direzione politica solida ed una classe dirigente decente,
chi ha le armi in mano diventa il padrone,
dai primi pretoriani al col. Pattakos. Può
dar pensieri persino il gen. De Lorenzo.
Ci trattiene sempre una certa riluttanza
ad unirci alle polemiche troppo facili e facUmente strumentali. Ma questo Pentagono
che, giorno per giorno, paese per paese, fa
da ministro reale della potenza americana,
pesa, soffoca, sbarra Vorizzonte mondiale. E
per quanto riguarda Vltalia, le revisioni dei
patti NATO proposte dal comitato Harmel,
non mutano in nulla la interferenza e la
tutela.
E’ grave la polarizzazione delVodio dei popoli, non solo asiatici, che questa politica
produce, frutto avvelenato che Vamministrazione di un Presidente scaltro e meschino
lascia al suo paese, aprendo preoccupanti
prospettive di una grande crisi internazionale
che il crollo della strategia americana nel
Vietnam del Sud non può non avvicinare.
Crollo politico. Un regime in frantumi,
un governo civile paralizzato,^ una politica di
pacificazione impossibile: una sconfessione
crudele dei pretesti della guerra democratica. Ed insieme un fallimento militare: la
grande armata di occupazione e ridotta alla
difensiva, una difficile difensiva
La bandiera americana annuncia guerra e
porta dittatori, con un'indifferenza ai problemi di democrazia degli altri popoli che,
nel caso della Grecia, è parsa in Europa eccessiva ed offensiva. Il problema del nostro
tempo non è una crociata antiamericana, per
noi impensabile. E’ la riduzione e smobilitazione progressiva di tutte le posizioni imperialiste. E per noi il discorso torna sempre
allo stesso punto: il riacquisto della piena
autonomia della nostra posizione e della nostra politica internazionale, caposaldo sempre di ogni politica democratica, ha ora maggiore urgenza per la gravità dei momenti e
degli urti alVorizzonte, e maggior valore per
la più ampia possibilità che. specialmente
nel quadro europeo, può ora essere riservata
ad un'azione italiana che operi per lo sblocco di situazioni congelate e l avvio a soluzioni pacifiche e stabili ».
In queste parole di Farri vogliamo sottolineare due punti. Il primo è quello che riguarda la bandiera americana. E’ noto che
gli americani usano -esporre la bandiera stellata nelle loro chiese, e questo ci è già, per
sè stesso, molte antipatico. Ma l’antipatia in
noi si eleva al quadrato, quando sappiamo
che quella bandiera « annuncia guerra e por.
la dittatori ».
Il secondo punto riguarda la crociala antiamericana. E’ forse opportuno che diciamo,
una volta per tutte, che la nostra coscienza
di cristiani c'impone inequivocabilmente di
respìngere il noto programma del Che Guevara e di coloro che lo seguono : « Due, tre,
molti Vietnam ».
LA FRANCIA
E IL CAPITALISMO
René Capitani, presidente della « Com.
missione delle leggi delVAssemblea Nazionale » francese^ prevede (in « Notre République ») una crisi del capitalismo, ed anzi ritiene che questa scoppierà dapprima in Francia, « a meno che delle riforme radicali non
sopraggiungano a trasformarne le strutture ».
« La V Repubblica — dice il Capitani ■—
non sopravviverà al suo fondatore, se essa si
limita ad amministrare, nel modo migliore
possibile, il regime capitalista. Non le sarà
sufficiente Vaver guarita la moneta, nè Vaver
stimolata la produzione. L'elevazione del livello di vita non farà che render più acuto
il sentimento di frustrazione che, per il salariato, deriva da questo fatto: restando estraneo alla sua impresa, il salariato fa da spet
a cura dì Tullio Viola
tatare e non da attore nei riguardi delVinsieme del processo economico della nazione (...)
Per la durata di dodici anni, il gaullismo
ha incarnato la protesta contro il regime di
assemblea (= regime parlamentare} e l'annunzio d una nuova democrazia. Ed esso ha,
su questo punto, adempiuto alla sua missione storica, a partire dal 1962. Ma quale errore fatale esso commetterebbe, se credesse
assolto il suo compito, e se dimenticasse che,
nel nostro secolo, la democrazia politica esige
di prolungarsi in una democrazia economicaf
Ahimè! E fin troppo chiaro che il primo
ministro commette quest'errore. Egli crede
che la democrazia politica basti: crede che la
stabilità politica sia una moneta sufficiente
a soddisfare il paese ».
(Da « Le Monde » del 10.2.1968)
Ilo movimento
eostilnzionulmente laico
(segue da pag. 4)
festività relative, le visite ai sepolcri, i pellegrinaggi e i giubilei, il
culto delle immagini e delle reliquie, i digiuni quaresimali, e persino gli edifici sacri e i cimiteri consacrati !
* Hi *
Cambieranno i tempi, i luoghi e
le persone. Valdesio morrà troppo
presto per veder coronata l’opera
sua; parte dei suoi seguaci ritorneranno nel girone della Chiesa Romana o si lascieranno a poco a pocoricattolicizzare; altri si spingerannotroppo lontano sulla via del sincretismo con dottrine non tipicamente
evangeliche, oppure camufferanno
la loro fede per paura delle persecuzioni ; nasceranno contrasti e si
consumeranno scissioni; nuove esigenze e nuovi orientamenti teologici si delineeranno a contatto con gli
Ussito-Taboriti e poi con i Riformatori del secolo XVI, ma in sintesi i
motivi essenziali dell’esperienza di
Valdesio e dei suoi primi soci rimarranno ancora quelli che oggi mi
sembrano di maggiore attualità di
fronte sia alla società che alla Chiesa: la predicazione è obbligo di
ogni credente, indipendentemente
dal sesso, dalla condizione sociale e
dalla funzione esercitata nella vita
associata; la Chiesa nel suo insieme
deve rimanere povera e umile, aliena da ogni compromesso con lo stato; i suoi membri sono chiamati a
servire il prossimo, soprattutto là
dove c’è miseria, fame, lotta sociale, persecuzione razziale ecc. (Matteo 25: 31-46). Tradotti in termini
di vita quotidiana al livello delle
nostre comunità, nell’ambiente della famiglia e del proprio lavoro, a
contatto col prossimo di qualsiasi
credo politico o religioso, e persino
nell’agone politico, questi motivi,
all’infuori di ogni schematizzazione
etica o dommatica, possono impegnare tutti noi, giovani e vecchi, e
dare veramente un significato alla
nostra personale vocazione cristiana.
Giovanni Gönnet
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