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Anno 128 - n. 8
21 febbraio 1992
L. 1.200
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10060 TO.tM
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
RIO DE LA PLATA
Sinodo
’92
Con un culto presieduto dalla
pastora Ana Maria Barolin e dal
pastore Hugo Malan si è aperto a Ombues de Lavalle la 29"
Assemblea sinodale delle Chiese
valdesi del Rio de la Piata. Due
i principali temi che le nostre
chiese affronteranno nel corso
del Sinodo, che si concluderà U
20 febbraio: la grave situazione
ffnanziaria e la testimonianza dei
credenti nella società latinoamericana.
Il problema ñnanziario è gravissimo. Ormai r80% delle risorse dell’amministrazione centrale
se ne va per l’assegno pastorale
(2.50.000 lire mensili) e molte
chiese non sono più in grado di
far fronte agli Impegni assunti
verso la cassa centrale. Per il
momento i primi a farne le spese sono state le famiglie pastorali. Dal settembre scorso i pastori hanno ricevuto solo un acconto, secondo quanto vi era in
cassa. L’assegno pastorale è stato in pratica dimezzato. Le spese per i trasporti si sono ridotte al lumicino ed anche la Mesa vaidense ha dovuto limitare
le proprie riunioni.
La situazione della chiesa riflette la situazione generale della popolazione argentina e uruguayana. In Argentina la « cura »
del ministro dell’economia Domingo Cavallo ha raggiunto notevoli successi sul piano del controllo dell’inflazione (in dicembre è stata deH’1% sul mese precedente), ma ha provocato gravi conseguenze sociali (il 44%
degli argentini vive in condizioni di estrema povertà). E la prospettiva è ancora quella di licenziamenti, ristrutturazione e
privatizzazioni.
In Uruguay la « cura » di
Luis Alberto Lacalle è più morbida, ma anche qui la situazione è gravissima (30% di disoccupati) e la privatizzazione dell’industria procede di pari passo con la riduzione delle spese
sociali.
Potranno i preventivi essere
coperti dalle chiese? E’ il tema
della discussione sinodale, ma
accanto a questo ve n’è un altro, più importante: come può
una chiesa povera testimoniare
la liberazione che ci viene dal
Signore e dare speranza ad un
popolo di poveri? Il Sinodo dovrà dire su questi temi una parola chiara, interrogarsi sulla
propria eeclesiologia, sulla missione cristiana. L’altro tema di
confronto è quello di stabilire
quale sarà l’atteggiamento delle
chiese sulle celebrazioni legate
al V centenario dell’arrivo di
Cristoforo Colombo nelle Americhe. Le posizioni sono diversificate. C’è chi dice semplicemente
che i valdesi non devono partecipare alle celebrazioni, e c’è invece chi aggiunge che i valdesi
devono chiedere perdono agli
indios, perché la loro venuta è
stata possibile proprio grazie allo sterminio degli aborigeni fatto dai conquistadores. Senza
questo sterminio non ci sarebbe
stata la terra per le « colonie »
valdesi.
Un Sinodo diffìcile nel quale
i valdesi vogliono ascoltare la
voce dello Spirito ehe dà vita e
guida verso il suo Regno di giustizia, di liberazione e di amo
ALBERTVILLE: LE CHIESE E I GIOCHI OLIMPICI INVERNALI
Olimpiadi: Dio è fuori pista
Una collaborazione ecumenica per accogliere e informare turisti, spettatori e addetti ai
lavori - Un servizio di cappellania per gli atleti - La presenza protestante nella Savoia
(nostro servizio)
POP, JOEL: lo spettatore delle
competizioni olimpiche di Albertville e dintorni si trova di
fronte due sigle niente affatto
scontate e, con una certa sorpresa forse, viene ~a scoprire che
le chiese sono presenti alle
Olimpiadi invernali.
Di che cosa si tratta? Di iniziative prese a due livelli dai
cristiani della Savoia per garantire da un lato un’opera assidua
di cappellania nei confronti degli atleti e delle squadre (rigorosamente confinate per motivi di sicurezza nel Villaggio
olimpico), e dall’altro una presenza visibile per gli spettatori,
gli accompagnatori, i giornalisti.
Mostre, audiovisivi, culti, messe, celebrazioni ecumeniche costituiscono un programma denso, che si inquadra nell’operazione « Giochi olimpici e chiese
locali» (JOEL) e «Programma
olimpico protestante » (POP).
Di tutto questo e della situazione delle chiese protestanti
in Savoia parliamo con Pierre
Azémard, coordinatore del progetto per conto della Chiesa riformata di Francia, che incontriamo nella sua casa di
Moûtiers, á 30 km da Albertville,
con la sua famiglia e Petra, una
ragazza cecoslovacca che collabora al programma e tiene i
Il centro affollato di Méribel (1.000 m. di altitudine circa) dove
si svolge una parte del programma olimpico.
contatti con un gruppo di protestanti del suo paese.
— L’idea l’abbiamo avuta 4-5
anni fa — esordisce Azémard — e
abbiamo iniziato a lavorarci da
due anni. Lo scopo è quello di
assicurare una presenza cristiana ’’senza etichette", il più possibile ecumenica, nei luoghi dove
si svolgono le competizioni.
Creare, insomma, delle occasioni di testimonianza. Per questo
sono coinvolte circa cinquanta
persone, provenienti da varie
città e regioni della Francia protestante. Abbiamo chiesto il loro
aiuto proponendo il progetto alle
chiese, perché qui siamo veramente in pochi: nella Tarentaise,
questa regione che parte da
Alhertville, risale a Moùtiers per
spingersi fino a Bourg-Saint-Maurice e Val d’Isère, possiamo dire
che siamo in tutto dodici, mentre nella valle della Maurienne
ci sono complessivamente 150
famiglie protestanti: per la prima volta poi i giochi si svolgono in località distanti fra loro
anche 100 km. Abbiamo dovuto
formare diversi gruppi operativi per questa ragione.
UNA RISPOSTA DI LIBERTA’ E DI AMORE
Il nome di Dio
re.
Ruben Artus
« Io sono quegli che sono »
(Esodo 3: 14).
Alcuni giorni fa qualcuno mi diceva: « Dopo
quello che mi è accaduto, ci sono momenti in cui
mi pare di non potere più andare avanti, mi sento
debole e impotente; in quei momenti non mi bastano più le vècchie risposte di un Dio rassicurante che mi chiede la rassegnazione. Chiedo a
Dio il perché di tutto questo, ma risposte non
arrivano: Dio se ne sta lassù con le braccia conserte e mi guarda con aria stupita ». Quante volte chiediamo a Dio di essere sollevati dal dubbio
e dalla debolezza; quante volte chiediamo a Dio
di conoscere i suoi piani sulla nostra vita! Ma
le risposte non arrivano.
Ho ricordato Mosè. La sua vita scorreva tranquilla ma un giorno, mentre pascolava il gregge
del suocero, incontra Dio; il pruno arde senza
consumarsi e un’impresa impossibile gli viene
richiesta; portare via dall’Egitto quegli ebrei schiavi, senza armi e senza potere. La sua vita in pochi
attimi è stravolta. Lui che neppure è un gran parlatore con quale autorità convincerà quegli ebrei?
Con quale forza potrà contrastare il potente faraone? Le rassicurazioni di Dio non possono bastare. Ed allora arriva la domanda chiave del
racconto: « Dio, qual è il tuo nome? ». L’antica
risposta: « lo sono l’Iddio di tuo padre, d'Àbramo, d'isacco e di Giacobbe », non è più sufficiente. Dietro alla domanda di Mosè non c’è solo
curiosità, non vuole conoscere il suo nome per
non confonderlo con altri dei. Il nome è inolio
più per Israele che una semplice designazione;
Mosè vuole che Dio si faccia conoscere ora, che
renda manifesti i piani che ha preparati per lui e
per il suo popolo.
« Io sono e sarò quegli che sono e sarò ». Ma
che razza di frase è questa, una risposta o un’eva
sione? Mosè è assalito da dubbi, vuole nuove spiegazioni e Dio se ne sta lassù con le braccia conserte, risponde senza rispondere, gioca con le
parole, si diletta a fare enigmi.
Se così fosse, la storia di Mosè, del popolo,
le nostre storie si sarebbero fermate qui; questa
sarebbe l’ultima pagina della Bibbia: il racconto
di un dio incomprensibile, rinchiuso e completo
in sé. Ma così non è stato per Israele; così non è
per noi; così non sarà nella promessa che abbiamo ricevuto secondo la quale Dio ci accompagnerà fino alla fine. Allora le nostre domande e le
nostre grida a Dio non sono inutili, non siamo per
Dio pezzi di carne da manipolare.. L’« Io sono e
sarò » di Dio è allora veramente una risposta che
paradossalmente risponde e rifiuta di rispondere;
una risposta che non condona i dubbi, che non
coincide con le nostre aspettative, ma che va al di
là di tutto ciò ed è molto di più di ciò che chiediamo. Non è una risposta che corrisponde alle
nostre immagini statiche ed eterne di Dio, ma
qualcosa di nuovo. Dio annuncia che per sempre
sarà qui tra noi e mai ci abbandonerà: ma annuncia anche che le sue intenzioni saranno rivelate in modo sorprendente nei suoi atti futuri e
nelle persone che chiamerà ad agire. « Io sono
quegli che sono », è la risposta della libertà di
Dio che è in primo luogo libertà di amare.
E peraltro, avete mai potuto amare per costrizione?
Mosè ha gridato i suoi dubbi a Dio, Dio ha
risposto ma non si è lasciato rinchiudere in quei
dubbi; .solo così ha potuto amare e portare in
salvo il suo popolo.
La risposta della libertà di Dio è, anche nel
nostro presente e futuro, il suo amore per noi.
Paola Benecchi
(prima di una serie di quattro meditazioni)
— Allora, chiediamo, in base
a questa situazione, qual è il
rapporto tra voi e le équipe
cattoliche?
— Noi ci troviamo ad essere
molto minoritari in una Savoia
che invece è molto cattolica;
non abbiamo dei templi, e quindi in inverno, a Natale, a Pasqua
chiediamo ospitalità alle parrocchie cattoliche. Finora abbiamo
vissuto un ecumenismo "caloroso", ma senza conoscerci molto; non avevamo ancora realmente lavorato insieme. Con le
Olimpiadi abbiamo costituito
questa associazione che è lOEL,
e in questa sede abbiamo imparato a conoscerci meglio. In
realtà non avevamo le stesse
idee operative. Ai cattolici interessavano soprattutto le celebrazioni, l’accoglienza ai lavoratori stagionali, le riflessioni sull’ambiente, ecc... Noi pensavamo
ad una presenza dei cristiani
più direttamente sui luoghi di
gara: qui spettatori e atleti possono trovare dei locali (in prevalenza delle chiese cattoliche)
con mostre, audiovisivi, materiale informativo, bevande calde, e
le nostre équipe che danno tutte
le informazioni del caso. C’è una
mostra biblica a La Piagne, una
mostra sul Padre Nostro a
Méribel, una sul protestantesimo a Albertville. Noi non possiamo raggiungere gli atleti, ma
per questo c’è il servizio di cappellania che conta alcuni preti,
pastori e un ortodosso.
Un’occasione
di fraternità
— Insomma, questi giochi rappresentano anche un’occasione
di fraternità...
— Certo, per noi questo si
è verificato sia in campo ecumenico, sia nei rapporti con i fratelli e le sorelle protestanti. In
fondo, non per guardare solo al
nostro particolare, grazie a lOEL
possiamo sperare di crescere in
qualche modo. Senza voler fare
del proselitismo, che non è nella nostra tradizione, penso che
dobbiamo preoccupàrci un po’
di come possiamo « esportare la
nostra fede ».
E’ un’intenzione seria, quella
del nostro ospite, per niente volta a « cristianizzare » lo sport in
senso proselitistico.
Così, come vediamo l’indomani nel centro alpino di Méribel,
in mezzo alla mondanità, alla
competizione, alla tecnologia
sportiva, alla kermesse di giornalisti e ai divismo, fuori dalle piste di gara, nell’architettura tutta savoiarda di una piccola chiesetta in pietra e legno, vive
l’esperienza di credenti « senza
etichette », che propongono ai
passanti, in tutta semplicità, di
riflettere su Dio e sulla fede.
Fuori pista, cioè, metaforicamente, anche al di là degli schemi.
Ed è un’esperienza affascinante per tutti.
Alberto Corsani
Plervaldo Rostan
(Altri servizi a pag. 3)
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fede e cultura
21 febbraio 1992
INTOLLERANZA ANTIEBRAICA
I processi del
Santo Uffizio di Venezia
Le tristi storie di prepotenza ai danni degli ebrei emergono dalle
pagine di questa documentazione - Un’opera di valore specialistico
E’ uscito il nono volume di Processi del S. Uffizio di Venezia^ a
cura di Pier Cesare loly Zorattini, ordinario di storia nell’Università di Udine. Si tratta di
un'opera specialistica nel quadro
di una Storia dell’ebraismo in
Italia, che intende rendere pubblici gli atti integrali dei processi
del S. Uffizio dal 1548 in poi; ed
è anche un documento che rende
possibile la constatazione diretta
dello scarso spirito di tolleranza
della Chiesa cattolica di quel
tempo e delle tensioni giurisdizionalistiche esistenti fra la Serenissima e l’autorità ecclesiastica, sempre pronta — quesfultima — ad interferire per affermare i suoi ingiusti privilegi.
L’introduzione del nrof. Zorattini tende ad inquadrare in un
contesto narrativo, sempre rigorosamente documentato, le vicende a cui si riferiscono gli atti
processuali. Emergono così tristi storie di prepotenza giustificata, come sempre, in base a richiami alla giustizia (!) di Dio e alle
sue presunte e discutibilissime
pretese. Or si tratta di « doi portoghesi », nati cristiani, cioè battezzati, che però si erano trasferiti con le loro famiglie « nel
ghetto dove vivevano palesamente da Ebrei »: e per questo il
Nunzio apostolico, in contrasto
con il Doge, pretendeva « che si
potesse istruire un processo contro di loro » (p. 7); ora invece
deil’ebrea polacca Mariana che,
fatta schiava e trasferita prima
in Sardegna, poi a Palermo e infine a Napoli si era quivi accasata con un cristiano, al quale
per motivi di prudenza aveva nascosto la sua appartenenza alla
religione giudaica.
Ai giudici essa giustifica il suo
comportamento con grande chiarezza: « Son stata fra i cristiani
per forza et se havesse avuto animo di farmi Christiana mi sarei
fatta Christiana il primo giorno
et fui presa schiava ».
In sostanza la povera donna ribadisce di essere stata costretta
a simulare per necessità, ma di
non aver perso mai il desiderio
di ritornare tra i suoi, cioè in
Polonia, « dato che gli ebrei come è noto non erano più presenti sulla piazza partenopea » (p. 27).
Indicativo delle consuetudini
del tempo è il caso di 'un certo
Carlo Antonio Barberini, battezzato a Bologna e processato a Venezia perché « incontrato (...) »
col cappello rosso « da ebreo »
(P. 25).
La commistione fra principi
religiosi e società civile è sempre
stata esiziale: e Venezia, gelosa
delle sue prerogative sovrane,
più d’una volta ha cercato di opporsi alle ingerenze della chiesa
salvo a sottostare ai ricatti del
clero, sempre pronto, ieri come
oggi, a minacciare interdetti.
maledizioni divine e il ritiro del
proprio appoggio politico.
Faticosamente, nel corso dei
secoli, emerge l’idea di un’opportuna distinzione fra chiesa e
stato, assieme al convincimento
che il fatto religioso sia qualcosa
di squisitamente privato. Ma si
tratta di abito difficile da consolidare, se è vero che ancor oggi
c’è qualcuno — i recenti fatti de
L’Aquila lo dimostrano — desideroso di far indossare il « cappello rosso » (o di far portare la
lettera « A » sul petto come nel
romanzo di Hawthorne) non più
agli ebrei, ma alle nuove « perfide » di oggi, le donne cioè che
disubbidiscono alla legge della
chiesa e osano, novelle streghe,
abortire in base a una legge dello stato.
Pur trattandosi di un’opera
specialistica, utile in modo particolare agli storici di professione, in tempi di rinascente spirito
illiberale non disgiunto da rigurgiti di antisemitismo, non è senza importanza ricordare a tutti i
guasti prodotti nel passato dalI’intolleranza e dal razzismo, segni ricorrenti della crudele imbecillità umana.
Paolo T. Angeleri
’ Processi del S. Uffizio di Venezia
contro ebrei e giudaizzanti (1608-1632)
V. IX, a cura di Pier Cesare loly
Zorattini, Firenze, Olschki, 1991, pp.
383, prezzo non indicato.
________________LA RIVISTA DELLA FACOLTA’ DI TEOLOGIA
Creazione e natura
Un numero monografico dedicato ad un problema senza dubbio stimolante - I contributi « pluridisciplinari » firmati dai vari studiosi
E’ uscito il n. 4/1991 (XLVI)
di Protestantesimo \ la ben
nota rivista della Facoltà valdese di teologia. Si tratta del secondo della serie a carattere monografico, inaugurata col n. 4/
1990: Persona - soggetto l’argomento di quel primo fascicolo;
Creazione e natura dell’attuale. Problema stimolante, quest’ultimo, la cui trattazione è stata
affidata a specialisti quali il prof.
Fantini (la Sapienza, Roma) con
« La biologia moderna e il posto dell’uomo »; la prof.ssa Bein
Ricco (docente di filosofia), « Modelli di pensabilità del rapporto
uomo/natura »; il prof. Biihler
(Università di Neuchâtel), « Sola
grada. Una rivalutazione del naturale? »; il dr. Comba (Istituto
superiore della sanità), « Il rischio ambientale e la salvaguardia della vita » e il prof. Bruno
Corsani (Facoltà di teologia di
Roma), « La nuova creazione nel
Nuovo Testamento ». Tutti saggi
di ampio respiro, che consento
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 23 FEBBRAIO
ore 23,30 - RAIDUE
Replica
LUNEDI’ 2 MARZO
ore 10 circa - RAIDUE
LA MASCHERA E LA FEDE
La storia dei luterani a Venezia dal secolo XVI ad oggi.
no di affrontare il problema in
maniera nuova e insolita.
Devo comunque dire di essere
rimasto piacevolmente colpito soprattutto dall’ottimo lavoro, documentatissimo, della pastora
Teodora Tosatti: « Gen. 2: 4 ss.:
storia di un nome non dato », sulla « vexata quaestio » della subordinazione della donna all’uomo. Partendo dall’esame dei due
capitoli della Genesi che riguardano la creazione di Adamo ed
Èva, con una serie di dotte disquisizioni filologiche, di riferimenti a commenti rabbinici, ai
Targumin e alla versione dei settanta, l’autrice dimostra che « in
sé e per sé » il testo biblico
« esclude qualunque subordinazione femminile: solo con l’andar del tempo l’interpretazione
si è sempre più allontanala dall’originale, finendo col costruire
una ideologia che è stata applicata al testo e ha condizionato
persino le sue traduzioni » (n.
308). In definitiva « il coraggio
di riesaminare puntigliosamente
testi, di cui diamo per scontato
il significato, continua a rivelarci non un Dio geloso custode di
leggi naturali o storiche, ma il
creatore che fonda la dignità e
la libertà delle sue creature »
(ibidem).
I! fascicolo contiene anche il
consueto « Taccuino romano »
del prof. Paolo Ricca, con una
nota su « Il papa e l’ecumene
cristiana » (p. 316). Chi desiderasse fare il punto sulla questione
del primato papale nell’ambito
interconfessionale — Paolo VI ebbe a dire che « il papa... è senza
dubbio l’ostacolo più grave
sul cammino dell’ecumenismo »
— potrà documentarsi su questo stimolante saggio, che esamina non solo le varie proposte
e concessioni luterane e anglicane, ma anche la ricontestualizzazione di questo controverso
dogma operata da Klausnitzer
« come via maestra per una sua
futura, ipotetica ricezione ecumenica » (p. 22). « Basta [però] —
si domanda il prof. Ricca — ricontestualizzare il dogma per
aprirgli le porte dell’ecumene cristiana? ». In buona sostanza, non
tanto di ricontestualizzazione si
avA'erte la necessità, quanto piuttosto di modifica della sostanza:
« E’ la sostanza... che fa problema, un problema, a viste umane, almeno per ora, insormontabile ». Ma il saggio si chiude con
un invito alla speranza: « Dio saprà aprire una via là dove vediamo soltanto vicoli ciechi... Ancora una volta, forse, Dio ci sorprenderà » (p. 23).
La rivista Protestantesimo
— pur di taglio universitario e
di qualificato livello specialistico — è abbordabile, sia pur con
un piccolo sforzo, anche dal credente di base senza pretese: dovrebbe esser più diffusa nelle
nostre chiese, dovunque ci siano
fratelli desiderosi di approfondimenti dottrinali e di costanti
aperture bibliche.
P. T. A.
PROTESTANTESIMO IN TV
Si può parlare quasi di coraggio di fronte a una trasmissione che — come Protestantesimo del 9 febbraio —
aveva per argomento la riproposizione del socialismo
inteso nella sua accezione più
ampia di progetto per una
società diversa (sia pure in
relazione alla nostra fede).
E la stessa osservazione vale
per i due libri che della trasmissione stessa erano oggetto, Per un socialismo cristiano, di Sergio Aquilante, e di
Spirito protestante, etica del
socialismo, di Giorgio Bou
quali progetti « dare un'anima ».
Come potranno le- chiese
predicare l'uguaglianza degli
esseri umani in un mondo
dove si creano continue divisioni e risorgono ideologie totalitarie?
Sergio Aquilante afferma
chiaramente di non rassegnarsi all’idea del fallimento del
socialismo. Occorre « ridefinire il progetto » senza proporre dall’alto modelli assoluti
e lavorare per dare risposta
ai problemi via via emergenti. Le nostre comunità sono
Cristiani
e socialismo
chard. Assieme agli autori
erano in studio Massimo Salvadori e Mario Miegge.
Queste, in sintesi, le idee
espresse dai due autori e dagli ospiti.
Alla domanda di Renato
Maiocchi sull’ipotesi che il
socialismo trovi le sue origini nei principi del cristianesimo e — in ambito protestante — nel calvinismo e in
altri movimenti, il laico Salvador! risponde che comunque non vi è contraddizione
tra le due concezioni. Infatti
l’ideale socialista di un mondo ove ogni persona trovi le
condizioni necessarie per salvaguardare la propria dignità e la propria identità non
può che partire da una scelta etica. Si tratta però di
porsi il problema del come
operare in vista della costruzione di una società di questo tipo.
Maiocchi osserva che nei
libri di cui si sta parlando
■ il contributo del credente appare più importante; si tratta
di « dare un’anima » a questa scelta di campo. Per Mario Miegge il problema è reso molto complesso dalla crisi attuale delle sinistre. Negli anni '60 nelle nostre chiese si discuteva, bisognava dimostrare la compatibilità tra
essere credenti e essere di
sinistra. Si rimproverava alla
chiesa il suo passato di non
intervento nelle lotte per la
giustizia sociale e nel contempo si criticava la riduzione
di ogni tematica alla sola dimensione politica. Oggi, nella generale mancanza di chiarezza, non si vede come e a
disponibili a questo impegno
per «una vita diversa»? Tuttavia l’etica senza ravvedimento non dà sufficienti garanzie. Ciò comporta — e ci
riguarda — aiutare il mutamento della mentalità dei
singoli a partire da un discorso di fede.
Per Giorgio Bouchard, infine, la tentazione delle chiese
di fronte al crollo del comunismo è di considerare questo
crollo come la propria rivincita. Davanti alla caduta di
tanti miti e all’attuale crisi
delle ideologie la sola proposta etica non è sufficiente.
Occorrono convinzioni più
profonde di cui come protestanti possiamo essere portatori. Bouchard le compendia
nelle idee di libertà-responsabilità-laicità.- Sono idee che
nascono dalla nostra storia
e dalla nostra fede ma che
devono essere portate avanti nel dialogo e nella cooperazione con chiunque le condivida.
Questa trasmissione, che
non ha certo concesso molto
allo spettacolo, ha anche perseguito lo scopo di metterci
in guardia contro la superficialità e i facili trionfalismi.
(In effetti il «socialismo reale » non ha dato buona prova
di sé, ma che dire del « cristianesimo reale»?). Lo spazio non ci permette di parlare della nuova rubrica che
periodicamente verrà ripresa
e di cui ci rallegriamo: una
meditazione biblica che questa volta prendeva spunto
dalla I lettera ai Corinzi
per esaminare il rapporto
scoperte scientifiche e fede.
Mirella Bein Argentieri
' Protestantesimo, rivista trimestrale pubblicata dalla Facoltà valdese di teologia di Roma, via Pietro
Cossa 42. Abbonamento annuo L.
35.000.
Venerdì 21 febbraio — UDINE: L'Associazione culturale « Guido Gandolfo ■
organizza per le ore 18, presso la Chiesa metodista (piazzale D'Annunzio, 9)
una conferenza dei dr. Fulvio Varijen,
della comunità italiana di Fiume, con
una rappresentante della comunità musulmana di Fiume, sul tema: Le religioni della ex Jugoslavia: analisi storica e loro influenza sulla situazione
politica attuale.
Domenica 23 febbraio — VENEZIA:
Alle 15,30, a palazzo Cavagnis, si terrà una conversazione sul tema: Il protestantesimo italiano tra teologia e
storia, a cura del past. Eugenio Stretti. Introduce il tema II dr. Sìmone
Morandini, del SAE.
Lunedì 24 febbraio — TORINO: Il
Centro teologico organizza per le ore
20,30, presso la Sala di Rovasenda
(c.so Vittorio Emanuele, 32) un incontro con B. Manghi e F. Sartorio sul
tema; Crisi della politica e trasformazioni economiche.
Martedì 25 febbraio — MILANO: Il
Centro culturale protestante prosegue
la serie di incontri sulla lettera di
Paolo ai Romani, a cura del past. Al
fredo Berlendis, con un incontro sul
tema; Teologia naturale (Rom. 1: 1920). Inizio ore 18.
Giovedì 27 febbraio — FIRENZE: Il
SAE organizza il secondo incontro sul
tema « Profeti delle chiese ». Alle ore
18, presso la sala riunioni della comunità luterana (via de' Bardi, 20) il
prof. Piergiorgio Camaiani parla sul
tema Bartolomeo de las Casas e la
« conquista » deH'America.
Sabato 29 febbraio — TORINO: Alle
ore 15, nel salone di c.so Vittorio Emanuele Il 23, si tiene un dibattito sul
tema: Una nuova legittimazione della
guerra? Partecipano Enrico Chiavacci,
docente di etica teologica a Firenze,
Nanni Salìo, segretario nazionale delI'« Italian Peace Research Institute »,
Massimo Salvadori, docente di storia
contemporanea all'Llniversità di Torino.
Sabato 29 febbraio — MILANO: Il
Centro culturale protestante organizza
per le ore 17, nella sala attigua alla
libreria Claudiana (via Sforza, 12/a),
un incontro sul tema: Il cristianesimo
tra fedeltà alla tradizione biblica e
dialogo con la cultura moderna. Relatore è II past. Giorgio Tourn.
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21 febbraio 1992
attualità
ALBERTVILLE 92
UN VIAGGIO ’’DIVERSO” NELLE LOCALITÀ’ DELLE GARE
I credenti e lo sport
La cittadina di Moùtiers ospita alcuni centri di servizio per la stampa al seguito dei Giochi. Si stende nella pianura e vista dall’alto,
dalla strada che percorriamo per raggiungere
Pierre Azémard, referente del programma per
la Chiesa riformata, si presenta tranquilla
tanto alle prime luci del dopo tramonto quanto
la mattina successiva, di buon’ora.
Ma per gli agenti dei servizi di sicurezza
questa zona rappresenta una specie di Deserto
dei tartari ». Da una curva della ripida strada
per Pian Villard devono sorvegliare notte e
giorno, per forza di cose. Qualcuno è insofferente, altri, come Azémard stesso, lamentano
di essere stati bloccati mentre portavano delle
Bibbie alla squadra rumena.
E tuttavia non demordono. Il nostro viaggio prosegue, fra le piste e... fuori pista.
INCONTRARE IL PUBBLICO
Una parola diversa
A Albertville, nella parrocchia
di Sainte Thérèse, a metà strada
fra la stazione e il Villaggio
olimpico, dove hanno sede anche la pista per il pattinaggio
artistico e lo stadio in cui si
è svolta la cerimonia inaugurale alla presenza di François
Mitterrand e Michel Platini, ferve l’attività dei volontari.
Ci sono mostre, banchi libri,
im audiovisivo di un gruppo rnissionario evangelico, uno stand
a cura dell’Azione cristiana per
Tabolizione della tortura. E nello spazio della Chiesa riformata
troviamo Jean-Marc Dupeux, per
vari anni collaboratore dei campi intemazionali di Agape, ora
pastore nei dintorni di Lione.
« Siamo una decina di persone, credenti cattolici e protestanti — esordisce —, che viviamo
insieme in questi giorni e assi
curiamo una presenza costante
per i visitatori, ognuno dei quali ha delle aspettative diverse
rispetto a questo programma.
Siamo un’équipe ecumenica
che cerca di riflettere su che
cosa significhino per dei cristiani queste Olimpiadi, e nel farlo
non trascuriamo altre realtà sociali che sono qui sul posto, come gli ambienti degli operai credenti. Insamma, cerchiamo di
dire una parola diversa su questi Giochi... ».
I GIOCHI IN CIFRE
L’ATTIVITA’ DELLE ’’EQUIPES’
Fra due anni... si riparte
« Guardate, mentre noi siamo
qui, si stanno già muovendo per
organizzare un'analoga presenza
cristiana per i Giochi del '94 ».
Su un biglietto da visita, lasciato allo stand dei protestanti,
nella chiesa di Sainte Thérèse
ad Albertville, compare il nome
di un pastore norvegese, che è
passato da qui per vedere l’attività delle chiese: fra due anni
(e non fra quattro, com’era consuetudine) le Olimpiadi invernali saranno a Lillehammer, e quindi è meglio partire subito con
l’organizzazione. Nel caso della
Savoia essa si è appoggiata ai
protestanti di altre regioni: a
I riformati in Savoia
AH’inizio del 16° secolo la Savoia,
crocevia alpino tra la Svizzera (in particolare Ginevra), le valli valdesi e il
regno di Francia, viene investita dallo
slancio della Riforma. Questo ampio
movimento viene frenato dai duchi di
Savoia (Emanuele Filiberto e Carlo
Emanuele I) e si spegne alla fine
del secolo.
Il culto riformato riappare molto più
tardi, nel 1852, a Aix-Les-Bains, città
termale molto antica (vestigia romane),
frequentata da protestanti stranieri, soprattutto inglesi (Chiesa anglicana di
Saint-Swithun).
Da allora un pastore risiede a Chambéry e celebra il culto in una stanza
del suo appartamento, così come a
Aix. Un immobile situato in Via della
banca 14 a Chambéry viene acquistato nel 1869, e trasformato in cappella e in scuola. Oggi è diventato il
tempio di Chambéry.
Qualche anno più tardi viene inaugurato a Aix il primo « asilo evangelico - per ospiti protestanti poco abbienti bisognosi di cure termali, con
cappella e scuola.
Un'intensa attività parrocchiale permette di organizzare culti regolari in
Savoia (Chambéry, Aix, Albertville,
Modane...) e, con la separazione della chiesa e dello stato, si costituisce
l'Associazione cultuale di Savoia.
Nel 1934 si apre il nuovo « asilo
evangelico » oggi LESTAL, la cui cap
pella ospita il culto riformato per sei
mesi all'anno.
L’anno seguente il tempio di Bourgneuf, frutto di una campagna di evangelizzazione metodista épiscopale all'inizio del secolo, viene riacquistato
dalla Chiesa riformata che, nel 1959,
crea la Chiesa delle valli con missione turistica in Maurienne e Tarentaise.
Nei 1987, la Chiesa di ChambéryAix e la Chiesa delle valli si uniscono e formano la Chiesa riformata di
Savoia che copre tutta la provincia e
una piccola parte dell'Aix: 2 pastori,
400 famiglie (220 a Chambéry, 160 ad
Albertville più altre molto disseminate). Le comunità sono composte in
gran parte di persone anziane provenienti da altre regioni e prevalentemente dal settore terziario (insegnanti, funzionari pubblici, professionisti);
pochi sono invece gli operai e gli agricoltori.
La Chiesa riformata mantiene ottimi rapporti ecumenici e, insieme alla
Chiesa cattolica, partecipa a una Radio cristiana di Savoia e ha preparato
la presenza cristiana alle Olimpiadi
1992.
In Savoia sono presenti anche altre
chiese protestanti oltre a quella riformata: a Chambéry i battisti e i pentecostali, a Aix-Les-Bains ed Albertville la Chiesa evangelica pentecostale, ad Albertville e Montmélian la
Chiesa libera; a Chambéry esiste anche una piccola comunità awentista.
Méribel avevamo incontrato nella cappella all’ingresso del paese.
Daniel Priss, giovane pastore luterano nel dipartimento del
Doubs (Franca Contea) e musicista jazz, che ci ha illustrato
l’organizzazione « alternata » di
culti e messe, e la disponibilità
dell’équipe a rispondere alle domande.
Christian Phéline, neurochirurgo di Orléans, si era dichiarato
entusiasta: « Assistiamo a qualcosa di meraviglioso sul piano
della fraternità. Innanzitutto perché conduciamo in questi giorni
una vita comunitaria in un
le medaglie, i trofei, ma ci sono
anche altri valori da rincorrere ».
E a Albertville, nel pomeriggio,
parliamo ancora con Janine
Philibert, di Grenoble, anche lei
giunta per dare una mano; « All’interno del gruppo ci interroghiamo sul senso che hanno le
Olimpiadi per noi, ma anche, sul
piano ecumenico, su ciò che possiamo fare nelle nostre diverse
chiese su determinati argomenti: ogni giorno abbiamo un tema particolare di riflessione, per
esempio ieri quello del rapporto con il malato, fra poco parleremo dell'Azione dei cristiani
per l'abolizione della tortura... ».
SCHEDA
Il "treno olimpico" che collega le varie località interessate ai giochi. Nelle altre immagini: in alto la cappella di Méribel e il simbolo delle Olimpiadi; al centro i visitatori alla mostra allestita a
Sainte Thérèse; a sinistra il pastore Dupeux; in basso a destra il
programma delle iniziative protestanti.
"foyer", e poi per l’incontro con
atleti e turisti, ma anche con gli
abitanti del paese. Là dove si
esalta il corpo, la chiesa vuol
far riflettere anche su altri valori. Chi viene qui ha richieste
diverse da farci; magari vuol
solo sapere qualcosa sull’epoca
di costruzione della cappella;
altri vogliono semplicemente stare qualche istante in raccoglimento, ma dietro tutto questo
mi sembra che ci sia comunque
una ricerca. Nascosta, talvolta
"pudica”. Insamma, noi testimoniamo che la chiesa esiste, che
non ci Sono solo le "vedettes".
Sono, in fondo, dibattiti che conosciamo anche noi, che sperimentiamo nelle nostre chiese,
come avviene in altre parti del
mondo. Ma è proprio il contesto, questa gigantesca kermesse
di gente che è in zona per tutt’altre ragioni, a rendere interessante l’esperienza. Probabilmente è il luogo giusto al momento
giusto. Come lo sarà, fra due
anni, Lillehammer.
Servizio a cura
di Piervaldo Rostan
e Alberto Corsani
Il conto
La storia dei Giochi olimpici
in Savoia inizia nei primi anni
’80 quando, di fronte ad una crisi di ampie dimensioni, personaggi politici regionali ed uomini di sport decidono di puntare
su questa proposta come possibile strumento di rilancio della
zona.
Vengono eseguiti molti interventi :. oltre 170 chilometri di strade o superstrade sono costruiti
ex novo, con una spesa di circa 900 miliardi di lire; altri miliardi vengono spesi nei collegamenti ferroviari, per le telecomunicazioni, per l’erogazione di
servizi e, naturalmente, per gli
impianti sportivi. La fattura totale di questi giochi, è stato calcolato, salirà a quasi 2.700 miliardi di lire; i costi di alcuni
impianti sono praticamente raddoppiati rispetto alle previsioni,
eppure salendo sulle strade della Tarentaise si possono vedere
squadre di operai intenti a rattoppi stradali deli’ultima ora e
le piste di ghiaccio hanno manifestato fin dal primo giorno
grossi problemi.
Le Olimpiadi, negli auspici degli organizzatori, sono destinate
a diventare più che un business
immediato un formidabile strumento pubblicitario: in base ai
diritti televisivi ceduti, questi
giochi hanno un mercato potenziale di 2 miliardi di telespettatori; circa 7.000 sono i giornalisti, i tecnici, gli operatori dei
media.
Ma le XVIesime Olimpiadi
d’inverno hanno anche un’altra
caratteristica: dopo grandi città
come Calgary, Sarajevo, Sapporo, questa volta sono ospitate in
una cittadina di appena 18.000
abitanti. In compenso le undici
località dove si svolgono le gare si trovano a notevoli distanze fra di loro, in alcuni casi più
di lOO chilometri, in un’area vasta
1.600 chilometri quadrati; come
collegarle e come consentire la
mobilità del milione di visitatori previsti? Un « treno olimpico » ogni 50 minuti, 5.000 autobus consentono i collegamenti
interni; le auto (14.000 sono entrate ad Albertville solo nella
giornata di sabato 15 febbraio)
non possono arrivare sui luoghi
delle gare.
Su tutto (soprattutto nel timore di attentati) operano quasi 10.000 fra gendarmi e poliziotti.
EGLISE REFORMEE DE FRANCE
EGLIÎ5E REFORMEE DE SAVOIE
Point d'ßccu«3, de partage et de fencontre
Crossroad : fellowship and (äalosue
Treff : Begegnung und Austausch
Al.BERlVIM.C
ï/jtw« fci/M» ih.Vi.-io
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LES ARCS 2000
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4
4 commenti e dibattiti
21 febbraio 1992
DIBATTITO
Contro gli equivoci
di un «sociaiismo cristiano»
Siamo sicuri che l’opinione pubblica abbia colto il vero significato del
tema? - La nostra prima vocazione è quella di ascoltare la Parola di Dio
LE NOSTRE RESPONSABILITÀ’
Diaconia e
minori a rischio
Ogni giorno i fanciulli sono vittime
delle piccole e grandi sopraffazioni
Intervengo sul nostro
settimanale dopo aver seguito la puntata televisiva
di ’’Protestantesimo” dedicata ai due recenti libri dei
pastori Sergio Aquilante e
Giorgio Bouchard, rispettivamente dai titoli Per un
socialismo cristiano e Spirito protestante ed etica
del socialismo. Ho letto
con partecipazione personale i due libri, e anche
con molta ’’consonanza”
affettiva con i due autori e
amici, anche perché molti
fatti e riflessioni a cui essi
fanno riferimento fanno
parte della mia storia di
credente e di compagno, almeno a partire dagli anni
’60. Concordo con molte cose e con moltissime altre
vorrei invece ribattere, interloquire, contraddire. Ma
non è questo il punto.
Difficile
comprensione
Il punto che mi preoccupa è che questo tema, il socialismo cristiano, viene
buttato nell’opinione pubblica in un momento particolarmente difficile per la
sua esatta comprensione :
anzi si presta ad innumerevoli equivoci. In particolare il titolo del libro di
Aquilante non corrisponde
al suo contenuto, assai più
valido. Entrambi i testi, infatti, anche per il fatto che
raccolgono per lo più riflessioni e scritti appartenenti alle vite degli autori
vanno intesi, a mio avviso,
più come espressioni di
coerenza e di coraggio intellettuale, di questi tempi
piuttosto rare (come ha
ben scritto Umberto Brancia in una recensione su
’’Confronti”), che come
proposte politico-religiose.
Già l’anno scorso, in occasione di un bel convegno
organizzato a Mezzano dal
Circuito delle chiese metodiste e valdesi, nel corso
del quale Paolo Ricca aveva richiamato l’interesse
verso il socialismo religioso inglese degli inizi dell’8(X( e quello di Hermann
Kutter e Léonard Ragaz,
avevo messo sull’avviso gli
organizzatori circa la difficoltà, se non l’impossibilità, di comunicare all’esterno la nostra ricerca, avendo noi protestanti in testa
tali riferimenti ma ben sapendo che, per i mass media e dunque per gli italiani, socialismo si collega
bene o male a PSI e ’’cristiano” ad esso attaccato
non può non alludere, anche se alternativamente, a
’’Democrazia cristiana”.
Che tali equivoci non siano un ’’timore purista”
ma una realtà, lo ha dimostrato appunto la trasmissione di ’’Protestantesimo”,
anzi il modo in cui essa
è stata annunciata negli
’’spot” che la RAI fa precedere ai programmi.
Aspettando la solita ora
tarda della domenica, ho
infatti avuto l’opportunità
di ascoltare la presentatrice comunicare che il tema
della trasmissione della Federazione delle chiese evangeliche sarebbe stato « Per
un nuovo socialismo cristiano ».
Non so a chi risale la
responsabilità di tali annunci; se è della Pcei è un
grave errore, se è della
RAI, la Pcei intervenga almeno a posteriori. La smania degli slogan gioca spesso brutti scherzi, e se ci
tenessimo di meno all’immagine sarebbe senz’altro
meglio! Anche perché il
contenuto della trasmissione, con gii autori, il prof.
Mario Miegge e lo storico
M.L. Salvadori, non ha affatto proposto un socialismo cristiano, né nuovo né
vecchio.
Alcuni
punti fermi
Dalle cose dette ho ricavato la seguente ’’scaletta”
di punti fermi:
— la decisione di voler organizzare la società secondo una prospettiva
socialista richiede delle
decisioni etiche che altri
tipi di organizzazione
non haimo;
—■ ma un fondamento etico, ancorché importante, non è sufficiente;
— è necessario scatenare
qualcosa di più profondo, che si situa a livello
della fede cristiana;
— anche se, dicendo questo, c’è per le chiese il
rischio di voler fornire
un’anima al socialismo,
il vero problema oggi
non è questo, bensì la
tentazione delle chiese
di avere una rivincita
sul socialismo;
— nella ricerca di un ruolo per le nostre chiese,
noi protestanti non cercheremo nessun socialismo cristiano, ma ci
Thomas Müntzer
e la
, rivoluzione deir uomo Per
comune conoscere
A . cura di - • Tommaso La Rocca il pensiero di
' ?.. Introduzione di Mario Miegge
‘ Claudiana Müntzer
proponiamo di anmmciare l’Evangelo in piena laicità;
— peraltro, se questa predicazione sarà autentica, non potrà che scontrarsi anche duramente
con il presente e il futuro della nostra società e
dell’ Europa, dove non
solo la prospettiva socialista è rifiutata ma
l’aria che tira è piuttosto vicina al nazionalsocialismo.
Ho ovviamente mescolato le opinioni degli intervenuti, altri avranno ricavato conclusioni diverse. Ma
quale sarà la conclusione
dell’ascoltatore più o meno
distratto? Temo che abbia
ritenuto solo il messaggio
sloganistico e abbia spento la TV pensando, più o
meno: « Adesso, i protestanti vogliono fare anche
loro un nuovo movimento
per il socialismo ». Non dimentichiamo che siamo in
piena campagna elettorale.
Quando, circa venti anni
fa, nei primi congressi
Egei, i giovani evangelici
misero in collegamento la
vocazione cristiana, la testimonianza e un impegno
concreto contro il capitalismo, nelle chiese ci fu una
alzata di scudi e dotti professori additarono in quei
documenti una inaccettabile strumentalizzazione dell’Evangelo al marxismo. La
storia ha dimostrato che
avevano torto. Non abbiamo rinnegato Gesù Cristo
di fronte al fallimento storico del socialismo fin qui
realizzato. Tra l’altro il
Movimento cristiano studenti, nel 1968, prese una
posizione chiara contro
l’invasione della Cecoslovacchia in un volantino poi
pubblicato su G.E. che
Giorgio Bouchard non ha
ritenuto di dover ricordare
nel suo libro.
Contro
l’intepralismo
Negli anni ’70 ho avuto
la mia parte di responsabilità all’intemo del movimento dei ’’Cristiani per il
socialismo”, battendomi ripetutamente contro l’evidente rischio di ’’integralismo” di sinistra, che emergeva per contrastare quello della Democrazia cristiana, e contro l’idea di
un incontro sui ’’valori
umani” tra cristianesimo e
marxismo. All’interno del
movimento delle comunità
di base abbiamo lottato,
come protestanti, per convincere i cattolici che l’obiettivo non era avere dei
vescovi e un papa un po’
più aperti e illuminati, ma
era di mettere al loro posto la ’’sola Scriptura”.
Abbiamo cambiato idea?
Io no. La prospettiva socialista — cioè quella della
dignità di uomini e donne,
di un lavoro degno per tutti, di un pianeta ancora vivibile e non solo da sprecare e distruggere, di una
umanità solidale e non armata nazione contro nazione, etnia contro etnia,
cultura contro cultura,
quella della libertà personale nella responsabilità
verso gli altri, ecc. — questa prospettiva è oggi durissiipa da costruire, rifiutata da milioni di persone,
fallita in molti tentativi.
Perché essa costa personalmente, non consente di essere spettatori, di ’’arrangiarsi”, di pensare « io, speriamo che me la cavo ».
Di fatto, in Italia tutti
mugugnano e ce l’hanno
con i governanti, ma se abbiamo i nostri cari Cossiga, Andreotti e Craxi è perché la maggioranza, alla
fin fine, nel suo piccolo, la
pensa e si comporta più o
meno come loro. Dunque,
come scrive Miegge nel libro di Bouchard, il problema del socialismo non
è soltanto di ’’anima” o di
ideali o di etica, ma decisamente di ’’corpo” e di
’’mente”, cioè di avere della gente che in questa prospettiva è disposta a spendere energie e idee. Senza
alcun tornaconto immediato.
Libertà
di opzione
Se ci sono anche dei protestanti che, come dice
Aquilante, « non si rassegnano » e che intendono
continuare a spendersi in
questa direzione, benissimo ; porteranno il loro contributo, come lo danno i
due libri citati, e avranno
tante cose importanti da
proporre, proprio sul piano della libertà, della responsabilità e della laicità,
come ha ricordato Bouchard. Dopodiché, liberi
altri protestanti di avere
altre opzioni. Non credo
infatti che siamo arrivati
al punto da sostenere che
una scelta politica sia più
cristiana o protestante di
un’altra. Io, che voto PDS
e il mio amico gladiatore
Giorgio Mathieu, avremo
ugualmente da chiedere
perdono a Dio per i tanti
peccati che commettianio
e certo soltanto la grazia
di Dio in Gesù Cristo ci libera dalla nostra ’’condizione” di peccato, quali che
siano le buone o cattive
opere che abbiamo combinato.
Perciò evitiamo i possibili equivoci, non offriamo
occasioni per non essere
compresi : non siamo la
nuova rete di Orlando né i
referendari di Scalfari, Segni e Giannini. Ciascuno
può scrivere i libri che vuole con i titoli che vuole, ma
nella pubblica televisione
sarebbe meglio far comprendere che i protestanti
sono impegnati prima di
tutto a voler ascoltare la
parola di Dio, perché pensano che essa soltanto possa rinnovare le menti e i
cuori di tutte le persone,
rendendole capaci di non
conformarsi a questo mondo e dando loro il gusto di
spendersi senza risparmio
perché la vita su questo
pianeta, la vita dell’umanità che lo abita, i rapporti fra le persone e con le
cose non siano dominati
soltanto dai soldi, dasrll interessi, dal potere, dalla sopraffazione.
Marco Rostan
Se è vero che Gesù ha
grandemente amato i fanciulli, ce li ha proposti come esempio di vita, li ha
accolti fra le sue braccia
e li ha benedetti e raccomandati ai suoi discepoli
di tutti i tempi, allora è
ovvio che compito primario della diaconia della
chiesa è l’assistenza, l’educazione, la formazione morale e spirituale dei fanciulli.
Infatti, nonostante che
siano state istituite delle
organizzazioni mondiali
per la protezione del fanciullo, che al problema dei
minori siano attenti i più
insigni pedagogisti e quanti nella società civile occupano posti di responsabilità, veniamo ogni giorno di
più a conoscenza che i
fanciulli continuano ad essere vittime della denutrizione, della fame e delle
più inumane crudeltà, o sono essi stessi soggetti delle più sconcertanti forme
e manifestazioni di criminalità.
Un recente spot dell’Unicef raffigura la nostra società come una grossa
macchina, carica di adulti,
che insegue e inesorabilmente schiaccia un bambino.
Mi sovviene la spietatezza con cui medici nazisti
(a scopo scientifico!) spezzavano le ossa ai bambini
ebrei per controllare la rapidità con cui avveniva il
processo di saldatura di
ossicini cosi l'eneri.
In tempi ormai lontani
l’opinione pubblica fu colpita dallo scandalo dei
« carusi » che, in Sicilia,
erano costretti a lavorare
nelle miniere di zolfo, che
stentavano a crescere per
la denutrizione, per la fatica cui erano sottoposti,
per le condizioni ambientali in cui vivevano.
Ma quelli erano rose e
fiori in confronto alla
crudeltà ancora ben più
scandalosa con cui alcuni
fanciulli, in alcune parti
del mondo, vengono sottoposti al prelievo di organi
destinati al trapianto e
venduti a caro prezzo sul
mercato internazionale.
Nondimeno guardiamo
ora l’altro aspetto della
realtà. Poche settimane fa,
a Gela, chiamata ora cinicamente Maflaville, una
delegazione dell’Unicef ha
organizzato degli incontri
con i giovani che reagiscono coraggiosamente contro la mafia, ma ha anche
preso atto dell’ esistenza
di una banda di ragazzi,
fra i 13 e i 17 anni, assoldati dai clan mafiosi per
intimidire commercianti
ed imprenditori. Si tratta
di ragazzi svegli, capaci di
presentarsi con disinvoltura per riscuotere il denaro dell’estorsione, ma anche di compiere attentati,
danneggiare le macchine,
incendiare i negozi di quelli che resistono al racket.
Quando personaggi senza scrupoli osano mettere
nella mano di un ragazzo
una rivoltella e nell’altra
alcuni biglietti da centomila lire, sanno che egli si
illude di avere raggiunto
una promozione sociale e
pensa di essere ormai
qualcuno. Ha anche il vantaggio di non potere essere imputato dalle nostre
leggi.
Di recente in Brasile si
erano formate delle bande
di ragazzini così agguerrite e minacciose che la polizia, per risanare alcuni
quartieri delle città da furti, incendi, distruzioni di
ogni genere, omicidi, ha
dovuto sterminare i piccoli criminali a raffiche di
mitra.
In Sicilia non siamo ancora a questo livello, ma
il problema della devianza
minorile esiste ed è grave.
Quando negli anni Sessanta, a Palermo, alle falde di Montepellegrino, fu
aperta la Casa del fanciullo, due erano le esigenze
a cui si voleva rispondere.
Una era. la povertà delle
famiglie da cui provenivano i fanciulli, che avevano
bisogno prima di tutto di
pane e di vestiario. L’altra era l’evasione scolastica causata dall’inosservanza dell’obbligo scolastico e
anche dalla carenza di
strutture scolastiche statali.
Oggi, dopo oltre un trentennio, non c’è più la povertà di allora, ma il problema dei minori a rischio
è anzi più rovente di prima. Infatti, oltre che
bambini costretti dalla famiglia al furto e all’accattonaggio ce ne sono altri
reclutati per delinquere,
per lo spaccio delle sigarette di contrabbando, per
il trasporto e lo spaccio
della droga. Quale humus
più adatto' per la malavita
e la delinquenza?
A varie riprese il ministro della Giustizia ha sollecitato per città come Catania o Palermo la creazione e il potenziamento,
anche finanziario da parte
dello stato, di istituti per
minori onde sottrarli all’abbandono della famiglia
e della società.
Diffidenza
C’è ima certa diffidenza
verso le istituzioni tradizionali dove i minori vengono « chiusi » quasi per
una sanzione punitiva. Certo la famiglia è idealmente l’ambiente migliore per
la crescita dei fanciulli.
Ma il problema si pone
quando la faiñiglia non c’è
0 quando la madre, come
è accaduto in un campo di
nomadi, marchia a fuoco
il figlio che si rifiuta di andare a rubare.
Sostitutiva della famiglia può allora essere una
casa di accoglienza, ove i
fanciulli sono amati, aiutati, protetti, avviati al bene da educatori vocazionalmente qualificati.
Non quindi il carcere
minorile o il riformatorio
che tardivamente e con
scarsi risultati si adoperano a riformare chi è già
stato deformato dalla famiglia o dalla società, ma
istituzioni che si adoperano preventivamente a formare nuovi soggetti.
Sono pienamente convinto che le istituzioni diaconali che noi abbiamo e
che sono state create per
1 cosiddetti minori a rischio, anche se attualmente attraversano un momento di crisi facilmente
superabile, possano dare
un notevole contributo per
la soluzione di questi problemi e per la formazione
delle nuove generazioni.
Pietro 'Valdo Panasela
5
21 febbraio 1992
vita delle chiese 5
UN’INIZIATIVA DELLA CHIESA DI PIAZZA CAVOUR
CORRISPONDENZE
Evangelizzazione,
un obiettivo comune
Un incontro con la partecipazione di due chiese battiste - E’ stata
proposta una giornata annuale di incontro di tutti gli evangelici
Non solo bazar
ROMA — Lunedì 20 gennaio il
gruppo per l’evangelizzazione si
è incontrato con alcuni rappresentanti delle altre chiese evangeliche di Roma. Erano presenti le comunità battiste di via
della Lungaretta e della Garbatella, la Chiesa valdese di via
Quattro Novembre, oltre naturalmente la nostra che aveva rivolto l’invito: in tutto circa venti persone. Si potrebbe riflettere sull’esiguo numero di comunità rappresentate, ma questa
nota negativa è stata forse appena avvertita nel clima, oltre
che fraterno, particolarmente
profìcuo per le riflessioni fatte
e per gli spunti forniti dai vari
interventi.
Confortante è stata la constatazione di una piena concordanza di fondo nella riflessione che
il primo riferimento sia da rintracciare nella vita stessa delle
comunità, nel loro modo di essere e di vivere la fede: l’evangelizzazione non è infatti una
iniziativa accanto alle altre, ma
l’espressione della vocazione della chiesa. Certamente gli accenti e le esperienze fatte nelle chiese evangeliche di Roma sono a
volte molto diversi tra loro, co
me diverse sono le comunità
stesse.
Indicativo per una prospettiva che rientri nei limiti delle nostre forze mi è parso quanto
ricordato da Elena Girolami, e
cioè come la comunità della Garbatella si sia sviluppata a partire da incontri quartierali nelle case di fratelli evangelici e
si sia consolidata con un forte
radicamento nella realtà circostante.
Molto sensibile al tema dell’evangelizzazione è apparsa la
comunità della Lungaretta, dove
il lavoro di testimonianza è particolarmente organizzato e mi
pare costituisca la struttura stessa di quella comunità. Da noi,
negli ultimi due anni, il lavoro
si è rivolto — come in parte a
via Quattro Novembre — a promuovere incontri nelle case,
aperti anche a non evangelici,
e a curare e organizzare l’apertura del tempio in particolari
periodi dell’anno, nonché l’accoglienza alla porta la domenica
mattina. Il gruppo ha inoltre
portato avanti, con l’aiuto del
prof. Ermanno Genre e del prof.
Paolo Ricca, una serie di riflessioni sugli aspetti liturgici del
culto e sulla possibilità di comunicare revangelo di Gesù Cristo alle persone che incontriamo.
Ma al di là delle iniziative a
carattere locale, ci si è interrogati su cosa sia possibile fare
insieme in concreto. L’esigenza
di un momento pubblico di testimonianza ha portato alla proposta di una giornata di incontro di tutti gU evangelici, da tenere annualmente, in cui si possa fornire uno specchio ampio
e libero del protestantesimo, un
incontro aperto a tutte le manifestazioni della fede evangelica con le loro diverse caratteristiche e la loro diversa storia.
Si tratta evidentemente di una
proposta complessa, sia per
quanto riguarda gli aspetti organizzativi che per una completa definizione dei contenuti e per
la quale sarà necessario il consenso attivo delle diverse comunità. A più breve termine, si è
pensato ad un incontro pubblico di corali che dovrebbe svolgersi nel prossimo mese di ottobre.
Carlo Moriero
(da ”La comunità di piazza Cavour”).
CEVAA
Da Napoli al Camerún
« Non c’è nulla che possa sostituire l’assenza di una persona
a noi cara. Non c’è alcun tentativo da fare. Ciò può sembrare a
prima vista molto difficile, ma è
al tempo stesso una grande consolazione perché, finché il vuoto
resta aperto, si rimane legati
l’uno all’altro per suo mezzo. E’
falso dire che Dio riempie il vuoto; non lo riempie affatto, ma lo
tiene espressamente aperto, aiutandoci in tal modo a conservare
la nostra antica, reciproca comunione ».
Con queste parole, scritte da
Bonhoeffer ad un amico, la Chiesa cristiana del Vomero (Napoli)
ha salutato Alba e Marco Tullio
Fiorio che il 5 febbraio sono partiti per il Camerún. E’ stato un
saluto commovente, al termine
di un culto che si è concluso con
un’agape fraterna.
Alba e Marco, vere ’’colonne”
della chiesa del Vomero, lavoreranno in Camerún per alcuni mesi nel quadro di scambi della
CEVAA, l’organizzazione che raccoglie in una sola comunità chiese europee e chiese nate dalla
missione, in genere di lingua
francese e dell’area riformata.
Marco in particolare, che ha ricoperto incarichi di grande responsabilità nell’ospedale Monaldi di Napoli in qualità di ortopedico, metterà la .sua esperienza
e la sua professionalità al servizio dell’ospedale evangelico di
Ndoungué, una località a circa
tre ore di macchina da Donala,
ai bordi della foresta.
L’ospedale è una struttura della FEMBC (la Federazione delle
chiese evangeliche del Camerún,
della quale fanno parte chiese
battiste, presbiteriane e luterane)
che gestisce altri quattro ospedali. La presenza protestante in
Camerún è piuttosto consistente,
non solo perché rappresenta circa il 9% della popolazione (i cattolici sono il 28% e i musulmani
il 15%) ma anche per il suo impatto nel sociale. Óltre agli ospedali, le chiese protestanti gesti
scono anche 178 scuole elementari.
Con questo incarico Marco ed
Alba non solo rispondono a una
forte vocazione personale al servizio, ma danno anche concretezza alla ragion d’essere della
CEVAA, nel senso che realizzano
quella libera circolazione di persone, quello scambio di doni da
una chiesa all’altra che è all’origine della costituzione, appunto,
della CEVAA.
La chiesa del Vomero ha capito
molto bene la questione, per cui
quando il 12 gennaio è stata
celebrata la « domenica della
CEVAA », questa si è improvvisamente ravvivata, assumendo un
chiaro significato. E' quella chiesa, ma di riflesso anche tutte le
altre chiese metodiste e valdesi,
che viveva realmente la comunione fraterna, in un legame con
fratelli e sorelle lontani e sconosciuti ma vicini nella fede e, in
Cristo, ben conosciuti.
La scelta di Alba e Marco è
quindi in un certo senso la nostra scelta. Perciò non solo ne
parliamo sul nostro giornale, ma
li vogliamo accompagnare col
nostro pensiero e col nostro affetto in questo inconsueto itinerario, invocando su loro ogni benedizione da parte del Signore.
L. D.
CATANIA — In un pomeriggio siciliano, caratterizzato da
un’insolita quanto fredda temperatura, si è svolto il 14 dicembre il « bazar » della Chiesa valdese.
Protagonisti di quanto è avvenuto, non più i centralissimi locali di via Cantarella, ma quelli
un po’ più decentrati di via
Naumachia dove ha sede la nostra chiesa. L’esigenza di cambiare è nata dalla voglia di rendere diversa e speciale questa
nostra attività, che francamente
non entusiasmava quasi più nessuno nella sua solita preparazione. Volevamo incontrarci ancora
fra di noi, ma non solo, volevamo soprattutto aprirci agli altri,
essere presenti e vitali in un
quartiere come quello di via
Naumachia, considerato altamente a rischio per la presenza
della criminalità organizzata, dove si constata giornalmente il degrado di interi nuclei familiari,
i quali abitano in case fatiscenti, con servizi igienici improvvisati, strade diventate pericolose,
piazze impraticabili, strutture
inesistenti, rari rapporti dì buon
vicinato, dove la diffidenza rispetto a tutto regna sovrana.
Così a dispetto di tutto questo, o per tutto questo, sfidando
anche la diffidenza di molti di
noi ad avvicinarsi al quartiere,
siamo partiti con il nostro « megamercatone delle pulci ».
Un po’ di volantini, il solito
passaparola, qualche manifesto,
l’impegno di una nostra insegnante che lavora in zona, hanno
contribuito a propagandare questa nostra iniziativa. La paura
di una non risposta del quartiere era parecchia, ma saranno
state le luci, le stelle di Natale,
la curiosità, il profumino di crespelle al miele che proveniva
daH’interno, la calda fragranza
del caffè, il freddo... fatto sta
che la gente è venuta, ha chiesto
« come mai?... », si è informata
ed alla fine ha anche acquistato
qualcosa. Anche gli extracomunitari presenti in zona hanno gradito e visitato il bazar. Il lungo
pomeriggio si è concluso con
canti eseguiti dal bravissimo
gruppo canoro « Mille Regrets »,
che ha così contribuito alla riuscita dell’iniziativa. E’ stato solo
un piccolo passo, ma è servito a
rafforzare ciò che già in noi era
chiaro: essere chiesa operando
nelle strutture, nel quartiere, non
occasionalmente ma sistematicamente, collegandosi con le famiglie e tutte le realtà presenti sul
territorio, contribuendo a fare
UNA VITA PER GLI ALTRI
In ricordo di “zia Lina”
Vi sono dei giovani già vecchi, ma vi sono anche degli anziani ancora giovani. Lina Gibert Giampiccoli, la « zia Lina »
che con la sua premurosa e rasserenante presenza ha lasciato
una traccia nella vita di così
tanti di noi, è stata giovane fino alla fine della sua lunga esistenza; né il peso degli anni né
i problemi di salute hanno potuto arginare la sua grande carica umana, la sua passione per
gli altri, nella comunità non meno che nella famiglia. Zia Lina
cercava, e soprattutto coltivava,
rincontro, il dialogo. L’altra e
l’altro — una sorella di chiesa
o un giovane conosciuto alla
« Comune » di Cinisello, un’amica o un ammalato di cui aveva
avuto notizia, un nipote o un
ospite della casa di riposo —
le stavano a cuore. Cercava prima di essere cercata, rendeva
lei facile il colloquio. L’ho conosciuta a Cinisello, in una delle visite alla figlia e ai nipoti
e ricordo l’impressione che fe
ce a me, apprendista pastore, il
numero di visite, la quantità di
« cura d’anime » con cui lei
riempiva, per nulla trattenuta
dalla sua stampella, le poche
giornate del suo soggiorno e, soprattutto, la gioia e la dedizione — non Luna senza l’altra! —
che a far questo la muovevano.
Zia Lina non si limitava a vivere con intensità i momenti di
incontro, ma costruiva i rapporti e, soprattutto, ne aveva cura; non permetteva che il tempo intercorso, le distanze e i
casi della vita sciupassero un
tesoro così prezioso. Le lettere
che ha scritto, più ancora delle
innumerevoli che ha ricevuto,
sono il simbolo di questa sua
cura diligente e appassionata.
Solo la passione che sa anche
essere diligente, ostinata se necessario, resiste aU’inerzia e alle circostanze!
Zia Lina ha indubbiamente
vissuto una vita piena e ricca.
Non però la ricchezza di chi ha
voluto e avuto tutto nella vita
e dalla vita e neanche quella di
chi ha saputo trarre il meglio
dalla vita, ma la ricchezza e la
pienezza di chi, avendo scoperto fuori di sé il fondamento, il
senso e la speranza della sua
vita, può rinunciare ad anteporre il suo problema e prendere
gioiosamente a cuore quello altrui.
Tanto più significativa è una
esistenza, tanto più grande il
vuoto che la sua fine apre, anche se la fine giunge a tarda
età e non nel flore degli anni.
Ma tanto più significativo è il
ricordo che accompagna chi rimane. E penso in particolare ai
nipoti e ai giovani di cui è stata
amica, alla generazione che scopre che la vita non va solo vissuta, ma costruita e che a vivere si deve imparare. Non si
costruisce senza un progetto e
non s’impara senza esempi.
Che il ricordo di zia Lina possa essere una testimonianza.
Daniele Garrone
emergere la consapevolezza che
esistono forme diverse e possibili di aggregazione al di fuori
di quella maliosa, la consapevolezza del diritto alla vita inteso
anche come riappropriazione di
tutti quei valori che concorrono
ad una migliore qualità della
vita, ad una nuova cultura di
quartiere.
Attività
AOSTA — Anche quest’anno la
vita della chiesa è ripresa regolarmente: studi biblici, scuola
domenicale, corsi di catechismo
in sede ed in diaspora, presenza sul programma TV regionale in occasione della giornata
della Riforma, prosecuzione del
Collettivo biblico ecumenico. Per
la settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani, oltre alla
conferenza del pastore Deodato,
che ha suscitato vivo interesse,
abbiamo avuto un incontro con
canti, preghiere e messaggi biblici.
• Se pur in una occasione di
sofferenza, ci è grato dare una
testimonianza di attivo ecumenismo. Il Signore ha richiamato
a sé la vita del piccolo Simone
Giusti abitante a Nus e allievo
della nostra scuola domenicale.
Su nostra richiesta il parroco
ha messo a disposizione la chiesa del paese dove abbiamo potuto testimoniare il vivo e forte annuncio della risurrezione ai
familiari e ad oltre 250 persone.
• Concludiamo con l’accenno
alla giornata comunitaria quando nella gioia della fratellanza
abbiamo condiviso l’ascolto della Parola, il rompere il pane della Cena del Signore e successivamente quello dell’agape. Nel
pomeriggio ci hanno allietati
canti comuni, recite e l’esordio
di un nostro piccolo ma promettente gruppo corale.
Amare lo straniero
SALERNO — La nostra comunità ha elaborato un documento relativo alla presenza degli immigrati e al razzismo che,
in data 25 gennaio, è stato inviato agli organi di stampa e
alle reti televisive: « Di fronte
alla nuova ondata di intolleranza nei confronti di lavoratori
extracomunìtari in Italia e in
Europa, la Chiesa evangelica metodista di Salerno esprime la
propria forte indignazione perché spazi sempre più ampi di
società vengono occupati dalla
violenza razzista, ricorda che il
Signore Gesù Cristo ha detto di
amare lo straniero che è nel nostro paese, riafferma il proprio
impegno concreto affinché lo
spazio conquistato dall’intolleranza sia annullato per fare posto alla fratellanza e alla pace,
esprime la propria solidarietà
nei confronti di coloro che oggi sono maggiormente colpiti
dalla violenza razzista nel nostro
paese ».
Locale di culto
MODENA — Grazie alla disponibilità di un fratello, si è
reso possibile l’utilizzo di un locale al centro della città per i
culti e gli studi biblici. Il locale è normalmente adibito a
iniziative corrispondenti a quelle che noi, in ambito ecumenico, chiamiamo « Giustizia, pace
e salvaguardia del creato », e
si trova in via del Taglio 12, 1”
piano. In febbraio è previsto un
culto per domenica 23 alle ore
9.
Viaggio a Nizza
GENOVA — Una trentina di
valdesi si recherà il 22 e 23 febbraio a Nizza per incontrare la
Chiesa riformata e celebrare con
i valdesi della Costa Azzurra il
XVII febbraio.
6
6 prospettive bibliche
21 febbraio 1992
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
LA PROMESSA DELLA TERRA
Nel 1972, in un articolo intitolato
La promessa della terra, H.R. Weber
pubblicò un importante studio sul
tema. Ne riproduciamo le prime pagine, che non hanno perso nulla
della loro attualità, e la bibliografia,
che permette di rendersi conto delle
opinioni differenti e spesso divergenti che la lettura congiunta della
Bibbia e della storia degli avvenimenti ha suscitato aH’interno delle
chiese protestanti.
« La Bibbia può aiutarci a comprendere e a placare l’attuale situazione esplosiva che regna in Medio
Oriente? Porre questa domanda vuol
dire miettere il dito su due realtà
complesse. Chiunque legge la stampa
quotidiana sa qualcosa della difficile realtà del Medio Oriente dove
gli interessi petroliferi internazionali, le espressioni politiche esterne, il
conflitto delle culture e delle ideologie si intrecciano con profonde convinzioni religiose (quella che ad esempio afferma, sulla base di testi
biblici, che Dio ha promesso il paese
di Canaan al popolo d'Israele).
Ma il titolo di questo articolo indica un'altra realtà complessa: quella
dell’interpretazione della Bibbia. Interpretare passi biblici non è mai
una cosa facile. Ma il rischio è particolarmente evidente quando si vogliono interpretare i testi relativi alla promessa della terra nella prospettiva della situazione attuale in Medio
Oriente. In questo caso infatti la
Bibbia può essere grossolanamente
fraintesa e male utilizzata. Non c’è da
stupirsi che chiese e Consigli di
chiese sentano la necessità di acquisire una visione più chiara sull’argomento.
La Bibbia e
il Medio Oriente
Questo articolo cerca di riassumere le prospettive aperte dagli studi
esegetici fatti su alcuni (non tutti)
passi biblici importanti riguardanti
la promessa della terra. Su questa
base, verranno proposte due serie di
tesi per la discussione: una serie
riguardante l’interpretazione della
Bibbia e un’altra che dà orientamenti per capire la situazione attuale in
Medio Oriente e indicazioni per l’azione, come possono scaturire da una
interpretazione della Bibbia ».
Vocabolario. I dizionari teologici
(in particolare il Theologisches Wörterbuch zum AT, t. 1, p. 97 e p. 418)
danno un’analisi precisa dei termini « adamah » e « erets », termini con
significati simili ma non interscambiabili. « Adamah » esprime l’aspetto
naturale e materiale della terra, del
suolo; « erets » designa il paese in
quanto spazio vitale per l’uomo e
per i popoli. I due aspetti vengono
riassunti nell’ espressione « erets
Israel » che unisce il suolo, il popolo
e la presenza divina, la quale ne costituisce « la santità ». L’espressione
« Terra Santa » si trova soltanto in
Zaccaria 2: 12.
La questione del rapporto tra Israele e la terra è sempre all’ordine del
giorno, anche perché l’attualità politica del Medio Oriente ripone sempre di nuovo alcune domande essenziali: qual è il rapporto tra l’attuale
stato d’Israele e il popolo d’Israele in senso biblico? Qual è il rapporto
tra l’attuale Palestina e la terra promessa che è il filo conduttore di tutto
l’Antico Testamento? Come vanno interpretati i testi biblici relativi a questa promessa? Nel dialogo ebraico-cristiano, è possibile prescindere
dall’importanza fondamentale della terra per la fede ebraica? Su queste
domande sempre aperte cerca di fare il punto Edmond Jacob, professore
onorario di Antico Testamento alla Facoltà di teologia di Strasburgo.
L’articolo che qui pubblichiamo è apparso nella rivista protestante francese « Foi et vie » nel dicembre 1991. (Red).
La testimonianza della Bibbia. La
promessa della terra, fatta ad Àbramo (Genesi 12-15-17) e a Mosè
(Esodo 3-6) si ritrova lungo tutto
l’Antico Testamento, tanto che questo tema è stato proposto come filo
conduttore di una teologia dell’AT.
Ma occorre rilevare che, fin dall’origine, il rapporto di Israele con la terra segna una tensione: la terra è data
e viene promessa, e questa tensione
tra il dono e la promessa sta nell’affermazione fondamentale che la terra appartiene a Dio (Lev. 25: 23;
Deut. 10: 14; Salmo 24: 1, ecc.), che
è il Dio del patto. La terra è allo
stesso tempo dono e risposta, quindi condizionale: Dio la dà come una
grazia e un segno di benedizione
perché gli uomini possano vivere
questo dono praticando la legge, godendo dei beni della terra, ma in modo che tutti i membri del popolo possano usufruirne (cfr. le istituzioni
per la tutela dei poveri. Tanno sabbatico, il giubileo).
La terra, luogo di
salvezza e di giudizio
La terra poteva diventare oggetto
di idolatria; quest’ultima, Israele Tha
incontrata nel suo contatto con la
religione cananea (Baal). Se il popolo dimentica i diritti di Dio sulla
terra, allora questa può essergli tolta, il popolo può venire deportato
fuori della sua terra (cfr. II Re 17:
23). Bisogna leggere il libro del Deuteronomio e l’opera detta deuteronomista (libri storici: Giudici-Re) per
trovare la migliore formulazione del
ruolo della terra, luogo della salvezza e del giudizio.
L’esilio lontano dalla terra è stato
una grande sofferenza, che ha provocato nel popolo un ripiegamento su
se stesso, ma che lo ha anche confermato nella sua speranza che la promessa della terra era sempre valida
e suggellata da un giuramento. Geremia, che aveva annunciato la perdita
della terra a causa della disubbidienza, è anche colui che annuncia
il ristabilimento.
Lo stesso avviene con il secondo
Isaia che, proprio durante l’esilio,
annuncia il ritorno; e con Ezechiele
che presenta il quadro di un Israele
restaurato dove l’utopia si collega
ad un senso molto vivo di giustizia
sociale e di rispetto delle frontiere
cfr. Ez. 40-48 e 47: 17ss.).
Un ruolo speciale spetta a Gerusalemme, centro e concentrazione di
tutti i valori connessi alla terra, e
quésta centralità di Gerusalemme
sussiste in tutto il Nuovo Testamento; Gesù stesso non è stato indifferente alle realtà terrene.
La prima comunità cristiana si è
costituita in funzione di Gerusalemme; gli apostoli prendono il posto
delle 12 tribù (Matteo 19: 28; Luca
22: 30). Si può anche scorgere un’eco
del ruolo della terra nella parabola
del fico sterile che « esaurisce » la
terra, e nella beatitudine della terra
promessa ai mansueti (Matteo 5: 5).
Ma mai, nel Nuovo Testamento, la
terra ha un significato rivelatore.
Conseguenze per il
dialogo con l’ebraismo
1 - In ogni dialogo con l’ebraismo,
occorre tener presente che la terra
è, insieme alla Torah, una realtà fondamentale per la fede; il legame con
la terra si è espresso in forme giuridiche e mistiche, si è parlato di Israele come di « terra mistica dell’assoluto » (A. Neher). Citiamo anche G.
Vahanian: « Nell’Antico Testamento
la salvezza rimane indissolubilmente
legata alla Terra promessa così come
lo è al corpo di Cristo nel Nuovo Testamento » {Dio anonimo, 1989,
p. 53).
2 - L’universalismo della salvezza
che Israele deve portare alle nazioni
e l’esistenza di una diaspora sempre
più importante hanno relativizzato il
ruolo salvifico della terra, ma non
bisogna dimenticare che l’ebraismo
della diaspora ha sempre mantenuto
un legame esistenziale con la metropoli e non ha mai abbandonato la
speranza di vedere tutte le nazioni
riunite da e sulla terra d’Israele: il
simbolo è sempre rimasto legato alla
realtà storica e geografica.
3 - Il ritorno del popolo sulla terra
ancestrale, come nazione e stato, ha
posto nuovamente la questione della
terra come portatrice di rivelazione.
La creazione dello stato di Israele,
avvenuta dopo la Shoah, che senz’altro-mirava allo sterminio del popolo
ebraico, ha ridato attualità alle profezie bibliche che annunciavano la
riunione di tutto Israele (per esempio Ez. 37, Zac. 14), e ha ridestato
la speranza del ritorno a Sion come
segno della redenzione finale, pres
so gli ebrei che non Tavevano mai
abbandonata, ma anche presso numerosi cristiani.
4 - Non è possibile vedere negli
avvenimenti attuali un compimento
letterale delle profezie e il sionismo
attuale non può essere considerato
come la restituzione del popolo di
Dio in quanto popolo del patto. Ciò
non toglie che il sionismo può tuttavia essere considerato, malgrado le
sue ambiguità, come un segno del
caminino della storia verso il proprio compimento nel regno di Dio.
5. - La storia e la geografia ci ricordano che la terra di Palestina è
situata alla confluenza di tre continenti, Asia, Europa e Africa, i quali
vi hanno impresso il loro marchio,
al prezzo di invasioni e di conflitti.
Ma se questa pluralità etnica, culturale e anche religiosa fosse messa al
servizio di una politica di riconciliazione, l’avvenire potrebbe illuminarsi. Promesse e visioni bibliche quali
Isaia 2: 1-5 e Isaia 19: 20 ci indicano
una strada che non dovrebbe aspettare passivamente un futuro escatologico.
6 - Una lettura cristiana della terra
va nel senso di una spiritualizzazione, ma va ricordato che lo Spirito in
senso biblico è anche una forza di intensificazione e di incarnazione della
presenza divina sulla terra. La speranza di nuovi cieli e di una nuova
terra chiama ad essere vigilanti alla
salvaguardia della creazione; le recenti assemblee di Basilea e di Seoul
hanno dato un impulso nuovo a questo compito imperioso che è una questione di giustizia e di vita o di
morte.
7 - Una teologia della creazione è
anche una teologia dello spazio che,
a sua volta, è il corollario indispensabile di una teologia della storia e
che ha implicazioni cosmologiche,
psicologiche e liturgiche.
8 - Occorre anche ricordare che la
condizione del cristiano — e dell’ebreo — è, sulla terra, quella di
uno straniero e di un pellegrino, ma
sempre in cammino verso una terra
o una città.
In conclusione, si può dire che la
« teologia della terra » non è da rigettare nel campo delle realtà chiamate a scomparire, ma l’esperienza
di Israele ci ricorda che la santità
deve incarnarsi nel tempo e nello
spazio.
Edmond Jacob
Bibliografia recente:
— W.D. Davies: The Gospel and the Land,
1974.
— R. RcndtorfF: Israel und sein Land,
Chr. Kaiser Verlag, 1975.
— W.D. Davies: La dimension territoriale
du juddisme. Recherches de science religieuse, 1978.
— Ed. .lacob; Les trois racines d’une théologie de la terre. Revue d’histoire et
de philosophie religieuses, 1975.
— A. de Pury: La promesse patriarcale:
Origine, interprétation et actualisations, Etudes théologiques et religieuses, 1976 e 1977.
— A. Blancy; Israël et sa terre. Foi et vie,
1990.
7
21 febbraio 1992
marta e maria
ROMA: AGGIORNAMENTO DELLE PASTORE E DELLE DIACONE
E' nata Sophia
La prima parte deirincontro è stata dedicata al problema della teologia naturale - La concretezza del lavoro - La nuova associazione
Roma, come sempre affascinante e caotica, ha accolto dal
29 al 31 gennaio circa trenta
donne impegnate nei ruoli delle
chiese battiste, metodiste e vaidesi. Come ogni anno l’aggiornamento delle pastore e delle diacone si è diviso in due parti:
una più teologica intitolata « Le
donne e la teologia naturale »,
l’altra più pratica sui problemi
relativi al ruolo pastorale o diaconale. Per entrare' nel tema teologico la prima sera abbiamo
visto insieme la videocassetta
con l’intervento della teologa
sudcoreana Chung Hyung Kyung
a Canberra (Australia), lo scorso febbraio in occasione della
settima Assemblea del Consiglio
ecumenico delle chiese. La visione di questa cassetta ha suscitato in ognuna di noi forti reazioni: Chung H. Kyung infatti
ci ha provocate, indirettamente,
moltissimo mettendo insieme
elementi della nostra comune
eredità cristiana (lettura e commento di alcuni brani biblici,
appello ad accogliere Gesù il liberatore ecc.) con elementi tipici della spiritualità coreana e di
quella propria degli aborigeni
australiani (gesti rituali, danze
ritmate, ecc.).
Questo composto ha dato origine ad una performance sincretisla affascinante e neH’insieme
inquietante. Ed è proprio analizzandone da un lato i gesti e
dall’altro i contenuti che siamo
state introdotte alla teologia naturale. Ma perché per il nostro
terzo incontro abbiamo scelto
proprio questo tema? Molte di
noi da anni si interessano e appassionano alla teologia femminista trovando in essa una nuova possibilità di confrontarsi e
conoscere Dio. Da un po’ dj
tempo però proprio la teologia
femminista è accusata di essere
o almeno simpatizzare profondamente con la teologia naturale.
Quest’ultima deriva la conoscenza di Dio dall’osservazione della
natura in senso lato, dalla vege
tazione agli eventi atmosferici,
dagli animali fino, forzando forse Un po’, alle creature umane.
La teologia femminista invece pone i propri fondamenti
nell’interesse a dare uno spazio
alle donne per relazionarsi con
Dio, spazio di difficile se non
impossibile accesso per le donne
venute prima di noi. In questo
sforzo la teologia femminista è
accusata di dare troppo spazio
alla creaturalità, nel caso specifico quella femminile, e di dimenticarsi della centralità della
Bibbia e, della Rivelazione. L’accusa, ad alcune di noi, è apparsa azzardata e pesante.
Pur avendo riconosciuto alcuni ammiccamenti verso ia teologia naturale, ci sembra che la
teologia femminista sia concentrata piuttosto su nuove individuazioni di modi e immagini con
cui Dio si è rivelato. Quattro
schede informative preparate da
Gianna Sciclone, Erika Tomassone, Adriana Gavina, Letizia Tomassone hanno comunque reso
possibile il confronto su questo
tema, che in alcimi momenti è
stato molto vivace e interessante.
Diverse opinioni
Non abbiamo trovato una risposta definitiva alla domanda
che ci eravamo poste, alla legittimità cioè dell’accusa rivolta
alla teologia femminista di essere una teologia naturale; non
eravamo infatti tutte d’accordo.
Alcune, ancorate alla lettura assai negativa che Barth ha fatto
della teologia naturale, erano
più sospettose e dissacranti anche rispetto alla teologia femminista; altre invece tendevano ad
interrogai'si se in fondo non valeva la pena di rivisitare alcuni
luoghi della teologia naturale;
altre ancora, infine, non vedevano collegamenti significativi tra
la teologia naturale e quella
femminista. A tutte comunque
Associazione delle donne protestanti in Italia
per la ricerca teologica
SOPHIA
1. Viene costituita l’Associazione delle donne protestanti
in Italia per la ricerca teologica, denominata « Sophia », con
i seguenti scopi:
a) promuovere ed approfondire la ricerca teologica
delle donne ;
b) riflettere sugli spazi occupati dalle donne nelle chiese, con particolare riferimento al ministero pastorale;
c) mantenere i collegamenti con associazioni di donne
con simili finalità in Italia e all’estero.
2. L’Associazione riconosce uno strumento di lavoro fondamentale nelle teologie femministe.
3. Ne possono far parte donne
a) che abbiano un’approfondila cultura teologica protestante ;
b) che svolgano un ministero all’intemo della chiesa;
c) che abbiano un interesse appassionato per queste
tematiche.
4. Annualmente viene eletta una segreteria di tre persone
rinnovabile fino a tre anni consecutivi.
La segreteria si occupa di realizzare le iniziative nelle linee indicate daH’assemhlea.
L’assemblea, convocata annualmente, discute le domande
di ammissione istruite dalla segreteria e decide la quota associativa annuale.
Ogni socia contribuisce con la quota associativa annuale,
la cui somma va a costituire un fondo comune.
L’Associazione non ha scopo di lucro.
L’Associazione ha sede presso la Facoltà valdese di teologia, via Pietro Cossa 42, 00193 Roma.
Roma, 31 gennaio 1992
Letizia Tomassone, Carola Stobaus, Gianna Sciclone, Laura Leone,
Vera Marziale, Sitta Campi, Daniela Di Carlo, Monica Michelin Salomon,
Silvia Rapisarda, Erika Tomassone, Gabriella Lio, Paola Benecchi, MarieFrance Maurin, Anna Maffei, Adriana Gavina, Piera Tomasello Troja, Franca Long, Francesca Spano, Teodora Tosatti, Maria Sbaffi Girardet, Maria
Bonafede.
è sembrato che il cammino
fosse solo iniziato e che la riflessione dovesse ancora continuare.
L’altra giornata a nostra disposizione si è svolta in mattinata nei gruppi di interesse, tre
erano le aree di movimento a
disposizione: quella che riguardava le visite fatte da donne
pastore a donne membro di
chiesa, quella che si occupava
della liturgia in uso nei nostri
culti, quella infine che si interessava dei problemi inerenti il lavoro pastorale o quello diaconale. Nel pomeriggio invece abbiamo trascorso alcune ore in
assemblea. E’ difficile fare qui
la sintesi dei lavori svolti nei
gruppi, spesso sono state usate
delle tecniche di animazione che
hanno permesso alle partecipanti di lavorare bene e con intensità. Nelle valutazioni finali
pronrio il lavoro nei gruppi è
risultato vincente, vista la voglia
infinita di confrontarsi e scambiarsi strategie di sopravvivenza
utili nelle realtà quotidiane, non
sempre facili da gestire.
Lavorare nelle chiese o nelle
opere vuol dire per le donne
affrontare una serie di problemi
in più rispetto ai nostri colleghi
maschi. Ad esempio, spesso le
comunità calano direttamente
le donne pastore nel classico modello pastorale maschile (in realtà in crisi anche quello; sempre
più sono gli uomini che scoprono che l’essere « sposati alla chiesa », cioè dedicarsi esclusivamente al lavoro pastorale, è spesso
conseguenza di problemi nella
propria vita privata e controproducente nelle comunità, l’accentramento diventa diseducativo
ed invita la gente a delegare
tutto ai pastori) che mal si
addice alle donne.
Quando quindi le differenze
saltano agli occhi, cioè che le
pastore possono aver bisogno del
periodo della maternità, o che
le pastore non hanno naturalmente la « moglie di pastore ■>
che, come si sa, svolge un ministerio invisibile e gratuito, o che
le pastore concepiscono il ministerio in maniera meno accentratrice ecc. non sempre le comunità riescono a vedere come
valori positivi queste differenze,
che in casi limite diventano muri
che rendono difficile la comunicazione tra le parti.
Ma l’avvenimento forse più
importante di questo incontro è
stato la nascita di « Sophia », l’associazione delle donne protestanti in Italia per la ricerca teologica. Nel nostro paese mancava
infatti un luogo istituzionale come questo. L’associazione si propone come punto di riferimento
per le associazioni del medesimo tipo, operanti aH’estcro, ma
soprattutto vuole essere un luogo nel quale venga raccolto e
coordinato il lavoro teologico individuale utile per lanciare una
elaborazione collettiva.
Daniela Di Carlo
UNO, SPAZIO NUOVO
Per una ricerca di
teologia femminista
Alla ricerca, in ambito protestante, di uno
spazio di libertà femminile di fronte a Dio
Quando ho iniziato la mia ricerca di teologia femminista, nonostante la teorizzazione che
questa fa delle relazioni fra donne, mi sentivo da sola.
Non una solitudine sofferta,
perché dialogavo con le autrici
americane di cui leggevo i libri,
con testi e articoli italiani o
francesi. Ma non prendevo in
considerazione la relazione con
le altre donne protestanti come
un luogo signiffcativo di ricerca.
In effetti avevo delle relazioni
importanti con delle donne, anche protestanti, ma non riguardavano questo specifico cammino sul quale mi ero avviata.
Così iniziavo in realtà il mio
percorso con un atto di non riconoscenza, di non riconoscimento.
Eppure io c’ero perché altre
donne protestanti avevano creato uno spazio per me.
Quando questo fatto ha preso
corpo e coscienza dentro di me
ho capito la mia falsa partenza.
Naturalmente questo fatto è
più facile da attuare sul piano
simbolico, dove mi è più facile
riconoscere quanto devo alle relazioni e alle elaborazioni delle
donne che mi hanno preceduta,
che sul piano reale dove a volte
queste ricerche e queste relazioni si intrecciano con il mio percorso in modo conflittuale. Oggi so che costa fatica mantenere queste relazioni e far sì che
restino significative. Il vantaggio di questa fatica per me è
quello di non perdere le radici
del mio pensiero. Io ci guadagno insomma una cosa che è
essenziale per me, senza la quale io stessa non potrei pensare
o avere uno spazio perché il pensiero maturi. Loro, le altre donne protestanti, potrebbero fare
a meno di me. Io dipendo da
loro. Loro invece sono indipendenti da me, la loro strada potrebbe seguire altre vie che quelle seguite da me. Io sono per
loro un lusso, una presenza piacevole e a volte inquietante o
scomoda, a volte stimolante. Ma
per me loro sono l’ancoramento
necessario alla realtà, il luogo
da cui partire per trasformare
la realtà.
Per questo abbiamo fatto insieme l’associazione per la ricerca teologica « Sophia ». dove ci
riconosciamo a vicenda come interlocutrici.
Io credo sia essenziale per noi
donne protestanti uno spazio di
questo genere anche per ragioni meno « soggettive ».
Noi siamo state abituate a
pensare secondo il « pensiero divergente», a fare polemica, a criticare. Questo perché siamo una
piccola minoranza in un paese
in cui la cultura cattolica è
schiacciante. Senza capacità polemica tutto ciò che io posso dire o fare viene accolto e registrato dagli altri/dalle altre come una variante all’intemo della cultura cattolica. In Italia il
mio essere protestante è per definizione una posizione critica.
Del resto il cammino critico
è anche il primo passo che io
posso muovere all’interno della
teologia protestante per creare
lo spazio della libertà femminile di fronte a Dio. Anche nel
dialogo con le teologie femministe o con il « pensiero della
differenza sessuale », che è una
filosofia femminista, il mio cammino resta critico; ed è proprio
in questo dialogo che io rivendico l’ambito culturale della teologia protestante da cui parto,
e lo rivendico come altre rivendicano di partire dal loro orizzonte filosofico o culturale. Ed
è all’interno di questo orizzonte critico che sono significative
le relazioni con le altre donne
protestanti e con il pensiero della differenza.
Letizia Tomassone
8
8
ecumenismo
21 febbraio 1992
INTERVISTA AL PASTORE ELIO MILAZZO - 2
I mennoniti e la
fede millenaristica
La distinzione tra chiese e sette può essere accettata, ma solamente sul piano della storia - I dannati e i salvati dopo il giudizio
ROMA
Cristiani divisi
in un’Europa unita?
Una fase di stagnazione nel dialogo ecumenico? - Occorre distinguere tra base e vertice
Il dialogo col mondo fondamentalista continua: proponiamo ai
lettori la seconda parte della nostra intervista al pastore mennonita EUo Milazzo (Firenze).
— E’ nota la distinzione fatta
dal Troeltsch fra chiesa e setta:
per i mennoniti vale la prima definizione o la seconda?
— Le due alternative ricordate
dal Troeltsch possono essere vere — e lo sono — sul piano storico, ma non hanno mai fatto
parte delle prospettive di coloro
che, sia nelTambito della prima
come della seconda Riforma, accettarono la sfida e la responsabilità di mettere in pratica le
istruzioni bibliche per la formazione della chiesa. Le chiese
multitudiniste della prima Riforma hanno finito per diventare
« partecipi dell'ordine secolare »,
ma il progetto iniziale fu quello
di non andare al di là di luna funzione di « contenimento deU’empietà del mondo e di appoggio alla giustizia ».
Lutero pensò addirittura alla
possibilità di una « ecclesiola in
ecclesia », che avrebbe esercitato
una funzione di richiamo alla
priorità del Regno di Dio. Un
pensiero che in pratica si dimostrò soltanto un pio desiderio.
L'esistenza delle « ecclesiolae »
ebbe luogo, ma fu drammaticamente impossibile mamtenerle
nelTambito della « ecclesia » nella quale si erano formate. Questo
fenomeno del risveglio ha poi
continuato a manifestarsi durante il cammino della chiesa, ma
sempre in base a questo schema.
L’affermazione del Troeltsch mette in evidenza che anche le « ecclesiolae » possono diventare dei
« ghetti di società più o meno
perfette », ovvero un sale che non
sala più. Ma anche per loro questa fine non è mai stata preventivata nel progetto iniziale. La separazione dal mondo insegnata
dal Signore della chiesa (Giov.
17: 15) e che le chiese del risveglio hanno inteso — e intendono
— tradurre in pratica non è isolamento dal mondo ma combattimento nel mondo. Un servizio
ohe si esplica nel vivere come
comunità di discepoli di Cristo e
come agenzie evangelistiche e
missionarie con tutte le diaconie che ne fanno parte.
Fu per questa ragione che H.
Bender nel 1957 levò la sua voce
profetica nelTambito della Chiesa mennonita — e non solo di
questa — e parlò di « recupero
della visione anabattista ». La
Chiesa mennonita si era infatti
rinchiusa in uno splendido isolamento che non era affatto contemplato dai principi del risveglio primitivo. Il richiamo di
Bender ebbe i suoi effetti: la pre■senza mennonita in Italia è uno
di questi.
— Che cosa significano salvezza e dannazione per i mennoniti?
La distinzione fra dannati e salvati dopo il Giudizio universale è
da ritenersi insuperabile per l'eternità?
— La questione dell’articolo di
fede relativo alla « resurrezione
di tutti i morti », dei credenti a
vita eterna e benedetta col Signore e degli increduli a giudizio
e a eterna punizione, non ha mai
costituito nella storia della Chiesa mennonita un problema teologico da discutersi. Fa parte della
fede apostolica, del simbolo di
Nicea, della fede riformata, di
quella anabattista/mennonita e
fu riaffermato nell’opera dei
« fundamentals ». E’ dunque uno
dei fondamenti (Salmo 11: 3) che
non possono essere smossi. Se lo
si sposta o lo si rovina, si spostano e si rovinano — è solo una
questione di tempo — anche tutti gli altri.
— Qual è la posizione dei mennoniti nei confronti del millenarismo?
— Il millenarismo non fece
parte del patrimonio teologico
primitivo della Chiesa mennonita. Gli studiosi degli scritti di
Menno Simon assicurano che il
millennio non è mai stato da lui
rammentato. Per strano che posse sembrare il millenarismo è entrato storicamente a far parte
della vita della Chiesa mennonita attraverso i mennoniti emigrati prima in Prussia e poi in Russia. Si tratta dunque del secolo
scorso.
Questi gruppi di emigranti provenienti dalTOlanda, sospinti dalla ricerca di luoghi dove la loro
obiezione di coscienza poteva essere tollerata, durante la loro
peregrinazione e dispersione verso l’Est europeo vennero a contatto e interagirono con gruppi
di credenti di origine e confessione di fede diverse. Mantennero il
loro atteggiamento antimilitarista, ma spesso persero il loro
primitivo zelo missionario diventando separatisti, quietisti e appunto millenaristi.
Lo sviluppo della fede millenarista si intrecciò così in modo rilevante nelle tormentate vicende
dei mennoniti nella Russia europea e asiatica (arrivarono fino
a Samarcanda). Non è questa la
sede per seguire queste vicende,
ma è interessante ricordare che
la fede millenarista fu comunicata progressivamente dai mennoniti stabiliti in Russia a quelli
della Germania, delTAmerica e
infine della Svizzera e della Francia. .Questi ultimi recepirono il
millenarismo anche da altri contatti locali.
Si tratta dunque di un millenarismo — in genere premilleniale — di pura importazione. Può
sembrare strano che una chiesa
che fino dalle sue origini ebbe un
ampio e solido impianto teologico non abbia dato neanche in seguito un contributo originale alla
questione escatologica. Ma — anche se personalmente sono convinto che questa specie di indifferenza è un punto di debolezza
— devo anche constatare che tutti i movimenti impegnati ad appropriarsi del patrimonio di fede
che il Signore ha provvisto per
vivere T« ora » hanno in qualche modo e in qualche misura
trascurato quello riservato al
« non ancora ». Eppure conoscere ciò che Dio sta per fare (Gen.
18: 17) non è una mera opzione.
Intervista a cura di
Paolo T. Angeleri
Cristiani divisi in un’Europa
unita? Questo il tema della tavola rotonda organizzata dal
Centro evangelico di cultura e
svoltasi venerdì 24 gennaio presso l’aula magna della Facoltà in
occasione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
Giorgio Girardet, presidente
del Centro, ha introdotto il dibattito spiegando il perché dell’interrogativo: infatti — ha detto — il punto interrogativo è di
rigore in quanto, oltre alTinterrogarsi sull’unità dei cristiani
per i prossimi anni, ci si dovrà
chiedere se l’Europa è davvero
unita, dal momento che esistono grosse differenze tra Occidente e Oriente. Inquadrato così
con esattezza il tema, Girardet
ha dato la parola a Pierfrancesco Zarcone, presidente della
commissione ecumenica della
comunità greco-ortodossa di Roma.
Zarcone in via preliminare ha
porto le scuse per conto di Spiridione Papagheorghiou, metropolita degli ortodossi d’Italia,
che è in viaggio di lavoro, chiarendo che parlerà a nome della
comunità ortodossa di Roma. Il
problema delTecumenismo, dice
Zarcone, è grosso, perché c’è un
periodo di stagnazione nel dialogo. Il dialogo ecumenico non va
bene, come ha detto il metropolita al Sinodo dei vescovi europei; si tratta allora di rimboccarsi le maniche per superare
ostacoli che possono essere ricondotti ad una sommatoria di
PADOVA
Un incontro fraterno
Ricordati l’inizio dell’attività e l’impegno sociale dei metodisti
Si è tenuto il 4 febbraio, nei
locali della Chiesa metodista di
Padova, un incontro ecumenico
che ha visto anche la partecipazione del vescovo locale, Antonio
Mattiazzo. Organizzato nelTambito delle iniziative della Settimana di preghiera per l’unità dei
cristiani ha segnato, come ha rilevato nel suo intervento don
Giovanni Brusegan, responsabile diocesano per i rapporti ecumenici, un punto di svolta nel
dialogo cittadino tra cattolici e
metodisti; per la prima volta,
infatti, il vescovo ha deciso di
partecipare ufficialmente e di
prendere la parola. Nel suo saluto iniziale, il pastore della comunità Bruno Costabel ha ricordato come siano necessari momenti di questo tipo per superare una separazione che non ha
ragione di esistere nella comune
fede in Cristo. « L’impegno dei
vescovi — secondo Costabel —
può, nella Chiesa cattolica, far
fare passi da gigante ad ogni
proposta », in questo caso convincere i preti e i fedeli ad essere più attivi nel movimento ecumenico.
Il vescovo Mattiazzo, rispondendo al saluto, ha affermato
che l’unità è desiderata dal Signore, « ma è anche un suo dono, che supererà la nostra confusione e le nostre incertezze ».
Il vescovo ha anche auspicato
che il Signore affretti l’unità
fra le chiese cristiane proprio
allo scopo di evangelizzare i non
cristiani, « affinché tutto il mondo creda ».
L’incontro è proseguito con il
canto di inni inframmezzati da
interventi di Febe Rossi Cavazzutti e Danilo Passini, della comunità metodista, che harmo
brevemente tratteggiato la sto
^ * L’Amico dei £anciulli *
a
i
Abbonamento anno 1992
n
Italia L. 18000
Estero L. 23000
Slostenitore L. 25000
da versare sul c.c. n. 14603203
intestato a:
“L’Amico dei fanciulli’’
via Porro Lambertenghi, 28
20159 Milano
ria della chiesa locale dall’epoca della sua fondazione, nel novembre del 1866, fino ad oggi. In
particolare è stata ricordata la
forte tradizione di impegno sociale che ha contraddistinto i
metodisti padovani, soprattutto
agli inizi della loro attività. Si
è anche rapidamente accennato
alle difficoltà che ancora sussistono nei rapporti con la Chiesa cattolica, che pur non devono impedire la prosecuzione del
dialogo ecumenico. A parziale
replica, il teologo cattolico
mons. Luigi Sartori ha ribadito
che sono fede e speranza a motivare lo slancio ecumenico, visto che i risultati non appaiono
mai immediatamente. Egli si è
detto convinto che bisognerebbe « fare insieme tutto quello
che è già possibile fare insieme », in amicizia e in fraternità ;
ed ha ritenuto importante la
presenza del vescovo all’incontro, perché darà nuovo impulso
ad un « ecumenismo pastorale »
e di base.
Dopo alcune preghiere individuali, a conclusione della serata,
i numerosi partecipanti (erano
presenti tra gli altri l’archimandrita Alessio di Venezia ed il
pastore luterano di Abano Terme) hanno recitato coralmente
il Padre Nostro.
L’incontro, di notevole rilevEinza cittadina, ha tuttavia suscitato perplessità in alcuni membri
della locale Chiesa metodista,
che hanno chiesto di poter ridiscutere in modo più approfondito sull’opportunità e sulle modalità con cui simili iniziative
vengono proposte e realizzate.
A. B.
differenze antiche e nuove. Inoltre i recenti eventi in Europa
orientale hanno portato libertà,
ma non hanno aiutato il dialogo
ecumenico.
E’ necessario quindi, ha continuato Zarcone, recuperare una
sorta di assoluto rispetto per le
posizioni altrui, evitare il proselitismo, eliminare forme di
egemonismo sul tipo di quello
degli ortodossi a Mosca, dei protestanti in Irlanda, e degli stessi cattolici in Italia.
Un altro elemento importante
è un’azione contro tutte le strutture e le realtà che creano il
male, perché se le cose si lasciano andare così come è ora,
a parte l’unità dei cristiani, se
l’Europa sarà unita lo sarà sotto il tallone del capitale.
A questo punto la parola è
passata a Clemente Riva, vescovo ausiliare di Roma, che interpreta il cammino verso l’ecumenismo come necessità di impostare un discorso che superi
errori e difficoltà, perché non è
necessario essere perfetti, in
quanto il cammino ecumenico ci
svela che la preghiera di Gesù
è più grande ed efficace di quanto si possa immaginare. Un cammino in ascesa: da qui la necessità di pazienza, prudenza e
umiltà e principalmente libertà
e rispetto della coscienza di tutti gli uomini.
Paolo Ricca ha rielaborato il
tema dell’« autunno delTecumenismo ». Ricca ha affermato che
per rispondere se stiamo o no
vivendo un periodo di autunno
bisogna distinguere tra base e
vertice. A livello di base non c’è
autunno delTecumenismo, non ci
sono state defezioni significative,
anzi cresce il popolo ecumenico, almeno in Italia, anche se è
ancora una minoranza.
A livello di vertici, secondo
Ricca, si potrebbe parlare di autunno delle illusioni sulTecumenismo, ma se cadono le illusioni è perché le chiese sono più
vicine e quindi possono dialogare con maggiore franchezza.
Ennio Zeni
(da "La comunità di piazza Cavour”).
PER L’UNITA’
Pregare
insieme
CASORATE PRIMO — Dome
nica 26 gennaio, di pomeriggio,
ha avuto luogo nel nuovo tempio battista (via Tosi 21) un incontro ecumenico. Un centinaio
e più di evangelici e cattolici
hanno per la prima volta pregato e cantato inni insieme («Lode all’Altissimo », « Sol Cristo è
della chiesa » e « Siam grati a
te. Signor »).
Due giovani (uno cattolico,
l’altro evangelico) hanno letto
alcuni versetti degli Atti degli
Apostoli cap. 1 e del Vangelo
di Luca cap. 24, come indicati
nel programma di preghiera per
l’unità dei cristiani.
Nell’omelia don Sante, parroco di Casorate, e il pastore Inguanti hanno messo in risalto
l’importanza per tutti i credenti di essere nei nostri tempi testimoni di colui che è risorto:
Gesù Cristo.
L’unità spirituale e la fraternità sono state godute da tutti
i presenti e l’incontro ha avuto
favorevoli risonanze nella cittadina.
9
21 febbraio 1992
valli valdesi
LA GIORNATA DI FESTA ALLE VALLI
^ Fra tradizione e iibertà
TJ^ ^VT/'TT I momenti e le occasioni che da sempre esprimono la gioia e la ri^r M.L conoscenza per un evento che ha sanzionato la libertà dei valdesi
diverso
Una serata diversa. E’ quelli
che ha vissuto la comunità di
Luserna S. Giovanni il XVII febbra'o. E’ stato un incontro familiare, senza alcuna forma di
solennità, in cui ciascuno si è
sentito partecipe. Nella cornice
di una serie di canti eseguiti dalla corale si sono inseriti tre momenti di ricerca e di riflessione: uno sguardo al passato, uno
sguardo al presente ed un interrogativo per il futuro.
Nell’organizzare la giornata
del XVII si prendono solitamente in considerazione tre momeriti: il culto, l’àgape fraterna ed
una serata. Per organizzare il
culto ed il pranzo non ci sono
problemi: ci pensano rispettivamente il pastore ed un gruppo
di cuochi e camerieri volontari;
per la serata invece non c'è un
gruppo che se ne senta responsabile e a cui gli altri possano
tranquillamente « delegare » l’organizzazione.
Il concistoro ha perciò sollecitato i vari gruppi ad assumersi la preparazione e la gestione
di « qualcosa ». Hanno risposto
positivamente la corale ed il
gruppo giovani. Il concistoro
stesso ha partecipato attivamente.
La corale ha trovato una miniera di interessanti notizie sul
passato: da un lato il verbale
dei pranzi del XVII a S. Giovanni, scoperto occasionalmente
negli archivi della chiesa, dall’altro molte fotografie di gruppi
teatrali di diverse generazioni.
Fin dal 1908 era tradizione redigere una serie di annotazioni sullo svolgimento del pranzo con
indicazioni di menu, oratori, tempo atmosferico, partecipazione,
addobbi del locale, ecc. La lettura di brani di questi verbali costituisce una documentazione
importante perché registra le
Sensazioni delle persone nel momento stesso in cui vivono gli
avvenimenti senza sapere che
cosa riserva il futuro. Deliberatamente ci si è rifiutati di esprimere giudizi, limitandosi a presentare i fatti così come erano
stati registrati. La ricerca di fotografie, poi trasferite in diapositive e proiettate, è stata occasione per conoscere molte persone che in passato hanno partecipato attivamente alla vita
della chiesa. Esse hanno accolto
questa richiesta aprendo momenti della loro vita e, tornando
giovani, si sono ritrovate coinvolte in prima persona.
Abbiamo avuto l’opportunità
di vedere sul palco anche i pastori ed alcuni membri del concistoro interpreti di una ricostruz.ione di alcune, sedute del
secolo scorso. E’ emerso che il
concistoro, anche quando si occupava di questioni puramente
amministrative, era preoccupato
innanzitutto che le persone di
cui era responsabile potessero
essere veramente tali. La distribuzione di stoffa ai poveri, la
cura del cimitero di Bricherasio
e la ricerca di un locale scolastico a S. Caterina ne sono un
esempio.
Il gruppo dei giovani, con lo
spontaneo linguaggio che gli è
proprio, ha presentato quelle
che sono le valutazioni critiche
sulla .situazione presente, i suoi
timori e le sue speranze per il
futuro e la difficoltà di essere
e di organizzarsi come credenti
in un mondo che cambia. Simpaticamente questa riflessione
dei giovani si collocava tra una
partita di calcetto e l’altra per
ricordare che nella vita c’è il
serio e il giocoso e che si può
essere impegnati anche se si
gioca volentieri.
Adriana Gardiol
Un XVII febbraio secondo le
tradizioni quello appena vissuto
alle Valli; nel pomeriggio del 16
è arrivato anche il piccolo intoppo costituito da un vento abbastanza forte da mettere in forse
l'accensione dei falò. Dopo i
drammatici incendi che precedettero il XVII di due anni fa nel
Pinerolese è diffusa una maggiore cautela neH’accensione dei
« fuochi di gioia », anche se l’esperienza dei montanari ha sempre evitato che i falò potessero in
qualche modo causare principi di
incendio.
C’è stato comunque chi ha preferito rinviare tutto alla sera successiva ed è così che, ad esempio,
la collina di Luserna San Giovanni riluceva dei fuochi anche la
sera del XVII.
Non sono mancate neppure le
fiaccolate, i canti spontanei, i
momenti di gioco, qualche tentativo di riflessione: è spesso intorno ai falò che si ritrovano insieme molte famiglie valdesi, tanto poco coinvolte nella vita comunitaria quanto invece nella
« cultura dell’appartenenza ».
Poi, al mattino del XVII i culti, in molti casi preceduti da
cortei che a volte originano
da borgate lontane fra loro per
finire al tempio {nella foto l’ingresso al tempio del capoluogo
del corteo di Angrogna).
Le bandiere italiane ai balconi a
ricordare i diritti di cittadinanza
acquisita e a confermare una forma di lealtà allo stato diffusa nel
Angrogna: bandiere ’’storiche” in rappresentanza di tutte le borgate.
mondo protestante.
Nei culti, ovunque, un richiamo alla libertà e alla capacità di
viverla con responsabilità, nella
chiesa come nella società.
La colletta, come è consuetudine, è stata indetta a favore delle chiese del Rio de la Piata che
stanno vivendo un periodo particolarmente difficile proprio sotto
il profilo economico, al pimto da
mettere in forse la stessa attività
quotidiana di testimonianza.
Poi le agapi fraterne; gruppi
di volontari coinvolti nella preparazione e nel s>3rvizio, ospiti esterni alla comunità, altri canti, i
messaggi delle autorità civili.
INTERVISTA A GIAN VITTORIO AVONDO
Diffondere l'amore
per la montagna
— Si può amare la montagna
rispettandola e contribuendo alla
sua conservazione? Come si possono educare le nuove generazioni a questo rispetto e questo
amore?
Queste e altre domande abbiamo rivolto a Gian Vittorio Avondo, pinerolese, autore di cinque
guide escursionistiche dedicate
ad altrettante valli alpine (vai
Penice, vai Chisone e Germanasca, vai Sangone e alta e bassa
vai Susa) e coautore della recente pubblicazione Civiltà alpina e
presenza protestante nel Pineroiese, oltre che insegnante di italiano nella scuola media di Porosa Argentina.
« Il mio amore e la passione
per la montagna sono nati quasi
per caso e tutto è iniziato con
l’alpinismo. In un secondo momento ho poi cominciato a vedere che la montagna non è solo
sport, ambiente naturale ma è
anche una preziosa testimone di
antiche civiltà e di svariate forme di cultura. Spesso — dice ancora Avondo — proprio quest’ultimo aspetto è quello che maggiormente ignoriamo, ma che se
si comincia a conoscere di certo può contribuire a salvare la
montagna ».
— Come fare allora perché tutti imparino a scoprire i tanti segreti delia vita a contatto con i
monti?
« Mi sembra importante che
sin da quando si è bambini si
apprezzi e si conosca l’ambiente
che ci circonda; per i ragazzi che
vivono nelle valli alpine è fondamentale aver sin da piccoli un
buon e corretto rapporto con la
montagna ed è per questo che
nel corso di quest’anno scolasti
co ho dato vita ad un itinerario
didattico che porterà un gruppo
di circa quaranta alunni di prima e seconda media ad acquisire
gradualmente una serie di strumenti utili per conoscere la montagna ».
— Quali sono i momenti più
significativi di questo programma?
« L’obiettivo finale sarà quello
di mettere in grado gli alunni di
trascorrere quattro giornate di
trekking, che faremo a giugno,
alla fine dell’anno scolastico.
Cammineremo, facendo alcune
tappe, da Perosa Argentina fino
a Tofre Penice, seguendo solo ed
esclusivamente i sentieri alpini.
Per far questo ho cominciato ad
insegnare ad usare una serie di
strumenti fondamentali per muoversi bene e senza pericoli in
montagna: così, i ragazzi hanno
visto come si legge una cartina
geografica, hanno visto come è
fatta e a cosa serve una bussola.
In un secondo momento cominceremo a fare delle piccole escursioni, coinvolgendo anche associazioni come il Club alpino italiano, che da anni dà il suo contributo per la salvaguardia e la
conoscenza della montagna. Tutto questo è naturalmente un investimento a lunga scadenza.
Credo infatti che se sin da piccoli si comincia ad amare la montagna sarà davvero difficile che
da adulti non la si rispetti. Spero insomma che questi ragazzi
non saranno tra quelli che finora
hanno lentamente portato ad un
graduale spopolamento di queste
valli alpine. Quello che sto facendo oggi non darà dei risultati
tangibili subito, ma spero se ne
vedano in futuro ».
C. M.
Spesso fra gli ospiti ci sono
sorelle e fratelli provenienti da
altre comunità impegnati in settori diversi della chiesa: diaconia, cultura, accoglienza: è un’occasione per far conoscere attività
lontane geograficamente ma vicine nello spirito di comunione
che contraddistingue i membri
di una chiesa.
Ultimo momento della giornata, la recita.
Un tempo in ogni comunità un
gruppo filodrammatico proponeva la sua pièce, fosse il classico ’’drammone” valdese o una
più leggera farsa; oggi non è più
così e solo più alcuni sono i luoghi dove ci sono delle rappresentazioni a volte dai titoli più curiosi.
E’ comunque questo, come
quello dei falò e delle fiaccolate,
lo spazio dove più si esprime la
creatività dei giovani; con loro,
spesso, le corali.
FERROVIA
Quale
gestione?
TORRE PELLICE — A seguito
del convegno sul futuro della
ferrovia Torino-Torre Pellice sono rimasti alcuni dubbi circa i
metodi di gestione; ring. Barbera, direttore compartimentale,
non è stato particolarmente
esauriente sul tema e di questi
problemi hanno parlato i rappresentanti del Comitato di difesa
della ferrovia, venerdì scorso.
Le maggiori incertezze riguardano la distribuzione dei biglietti,
l’apertura delle stazioni e la loro sicurezza, la cadenza delle
corse e l’organismo incaricato
nella gestione delle ferrovie locali.
Gli interrogativi verranno presentati martedì prossimo a Torino nel corso di un incontro
con il responsabile dell’ufficio
trasporto locale, Liurni, con gli
amministratori locali e rappresentanti dei pendolari.
Una candela
di solidarietà
TORRE PELLICE — Il gruppo Amnesty International Italia
90 vai Pellice propone anche
quest’anno alla popolazione della valle di accendere in una serata una o più candele in segno
di solidarietà con i prigionieri
per motivi di opinione ed in
particolare verso il prigioniero
vietnamita John E Mai Huu
Nghi, affidato in adozione al
gruppo. L’iniziativa è prevista
per la sera di sabato 29 febbraio.
Il recupero
dei sentieri
ANGROGNA — Il progetto di
recupero di sentieri, concretizzatosi la scorsa estate con la pulizia di alcuni vecchi tracciati
un tempo molto utilizzati e successivamente abbandonati, ha recentemente registrato im nuovo
passo.
Nel corso di un incontro svoltosi la scorsa settimana tra amministratori, ambientalisti ed altre persone coinvolte si è parlato delle prossime iniziative; in
occasione del ritorno del treno
in valle, nella metà di marzo,
verrà predisposta una scheda
con l’illustrazione dei percorsi in
relazione ai possibili collegamenti con le stazioni ferroviarie di
Luserna e Torre Pellice.
Incontri a cura
dell’ANFFAS
PINEROLO — L’Associazione
famiglie fanciulli e adulti subnormali organizza per i prossimi mesi una serie di incontri
con genitori, congiunti di disabili psico-fisici, insegnanti e operatori dei servizi socio-sanitari
sui problemi e sulle esperienze
quotidiane di chi si trova toccato da questi problemi.
Gli incontri si svolgeranno
presso le scuole elementari di
via Brignone 2; dopo un primo
incontro con la direttrice dell’Uliveto di Luserna, Claudia dalla, mercoledì 26 febbraio, alle
ore 17, ancora Claudia dalla affronterà il tema della « collaborazione fra famiglia ed operatori su progetti educativi ».
Educazione
musicale
VILLAR PEROSA — « Leggo e
canto »: sotto questo titolo il
grunno di iniziativa culturale e
ia Biblioteca comunale di Villar
Perosa organizzano un corso di
educazione musicale aperto a
persone che abbiano superato i
18 anni di età e desiderino conoscere la propria voce, la lettura musicale ed il canto corale.
Il corso sarà tenuto dal prof.
Giorgio Guiot e prevede 15 incontri che si svolgeranno, da
febbraio a giugno, il lunedì in
orario preserale (ore 20-21,30) e
serale (21,30-23) per un massimo di 30 iscritti per ogni gruppo. Il costo è fissato in 90.000
lire per l’intero ciclo di appuntamenti.
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21 febbraio 1992
UN QUESTIONARIO DEL SINDACATO PENSIONATI
BRICHERASIO - USSL 43
Gli anziani neila società Botta e risposta
Al centro deirimmagine i bisogni concreti delle persone - Condizione abitativa, socialità e servizi fra i problemi più importanti
E’ stato presentato mercoledì
19 febbraio a Luserna San Giovanni, ed è in corso di distribuzione in tutto il Pinerolese, un
questionario curato dal sindacato dei pensionati CGIL; l’oggetto
sono in particolare i servizi sociali e sanitari.
« Sappiamo — ci dice Mauro
Suppo, uno dei promotori dell'iniziativa — che nelle varie USSL ci
sono situazioni abbastanza diverse e dunque abbiamo voluto organizzare questa verifica partendo dagli utenti o comunque da
chi si trova ad essere fruitore di
servizi- E’ chiaro che se avessimo interpellato i responsabili
delle USSL o dei Comuni avremmo potuto avere risposte del tipo
"tutto va bene”, così invece saremo in grado di aprire delle vertenze con gli amministratori locali partendo dai bisogni delle
persone ».
Incontri
TORRE PELLICE — L’Associazione
per la pace - vai Pellice organizza
giovedì 27 febbraio, alle ore 21 presso la Foresteria valdese, un incontrodibattito con il prof. Enrico Luzzati,
docente di programmazione economica
presso la Facoltà di scienze politiche
di Torino, sul tema: Nord/Sud; è possibile un dialogo economico?
PINEROLO — Giovedì 20 febbraio,
alle ore 17, nei locali del PDS di corso Torino 18, Livia Turco della segreteria nazionale PDS interverrà sul tema: ■ Le donne spettatrici o protagoniste della politica? ».
CUNEO — Proseguono gli incontri
organizzati da Coumboscuro sui Celti;
venerdì 21, nella sala consiliare della Provincia di Cuneo, si svolgerà un
dibattito su « I Celti, realtà di un mito nelle Alpi cuneesi » con la partecipazione di L. Mano, F. M. Gambari,
C. Conti, F. Filippini, G. Oueirazza, G.
Galante Garrone, L. Dematteis, M. Deferte. Sabato 22, alle ore 16, nella sala contrattazioni in via Roma, convegno: « Minoranze etniche, la nuova Europa; I. 612, il caso Italia » con la
collaborazione del CIEMEN (Barcellona) e la partecipazione di: on. S, Labriola, prof. U. Bernardi, C. Magnabosco, D. Corraine, S. Arneodo, F, Chiocchetti, G. Buratti, J. Minguel. Moderatore R. Ronza. Rappresentanti min. etniche italiane. Alle ore 21 (Palasport
città di Bcves), spettacolo di danza,
musica, costume provenzale con « La
ferigouleto » (Avignone), ensemble di
danza tradizionale tra i migliori di
Francia.
PINEROLO — La sinistra giovanile
del PDS organizza per martedì 25 febbraio, ore 21, presso il Centro sociale
di via Lequio, un incontro pubblico sul
tema: « Obiezione di coscienza: virtù
o viltà? »: intervengono l'on. L. Violante, vicepresidente gruppo PDS alla Camera, don Bruno Marabotto, responsabile ClOC di Pinerolo, Angelo Merletti, responsabile OdC - ARCI di Pinerolo.
Amnesty International
TORRE PELLICE — Venerdì 21 febbraio, alle ore 17, presso la sede di
via Repubblica 3, secondo piano, avrà
luogo la consueta riunione quindicinale di Amnesty International,
Appuntamenti culturali
TORRE PELLICE — L'Università della terza età organizza per lunedì 24
febbraio, alle ore 15,30, presso il salone della scuola- Mauriziana in via al
Forte, un incontro musicale con Sara
Terzano che eseguirà all'arpa musiche
di Rota, Naderman, Haendel e Tour
E’ possibile peraltro che dei
cittadini non conoscano resistenza dei servizi che invece funzionano... _
« Certamente; si tratta di un
elemento che abbiamo considerato e che comunque può far parte della difficoltà di rapporto fra
cittadino ed ente pubblico ».
Può descrivere il questionario
ed il grado di diffusione che vi
aspettate?
« Le domande che abbiamo inserito possono anche essere di
una certa complessità e riguardano la condizione abitativa, la
situazione sociale (i rapporti con
amici, vicini, gruppi), la possibilità di movimento sul territorio,
l’aiuto eventualmente ricevuto
dai servizi pubblici sociali e sanitari, il giudizio su questi eventuali servizi. Di questo questionario
contiamo di distribuirne 10.000
copie, anzitutto ai nostri iscritti
(circa 2.500 nel Pinerolese) poi
con una diffusione più ampia
grazie alla collaborazione dei nostri associati. Se nel comprensosio ci sono circa 16.000 pensionati possiamo aspettarci una certa
validità della nostra inchiesta ».
Qual è la diffusione del vostro
sindacato sul territorio?
« Tra valli e pianura abbiamo
8 leghe, cioè luoghi dove abbiamo veri e propri uffici (due in
vai Pellice, due in vai Chisone e
gli altri in pianura, più una serie di paesi in cui siamo presenti
una volta alla settimana per aiutare i pensionati a svolgere le loro pratiche burocratiche ».
In conclusione, quali sono gli
obiettivi e le attese che derivano
dalla distribuzione del questionario?
SUI servizi
In discussione la gestione di alcuni servizi
Come vivono gli anziani?
« A questi uffici possono fare
riferimento gli anziani per la
compilazione dei moduli e per la
riconsegna.
Noi
E’ ancora polemica sui servizi socio-assistenziali nel Comune di Bricherasio. La maggioranza DC ha deciso di togliere alla
Comunità montana-USSL 43, dall’inizio dell’anno, la delega per
quanto riguarda i servizi domiciliari e per gli anziani. « Dal 1 ”
gennaio — si legge in un manifesto affisso a cura della maggioranza comunale — lavorano
per la miglior organizzazione del
servizio 1 assistente sociale e
2 assistenti domiciliari anche
con funzioni di visitatore domiciliare ».
Per spiegare ai cittadini questa scelta la DC, sotto il titolo
’’Avevamo ragione", fa riferimento a « scelte politiche dissennate della Comunità montana-USSL
43 che stanno portando allo
sfascio le finanze dei Comuni
membri: oggi lo dice anche la
Regione. L’ispezione fatta dalla
Regione conferma infatti che la
nostra Comunità montana-USSL
43 è spendacciona: troppo personale e troppe auto...».
Alla decisione di togliere la
assessore, l’assessore Bonansea
era consigliere di maggioranza:
perché non hanno impedito che
rUSSL "spendesse troppo", facesse una politica "dissennata” e
"mandasse allo sfascio” le finanze dei Comuni? ».
Del resto, sempre secondo la
maggioranza della Comunità
montana, la maggioranza di Bricherasio mente « perché la Regione non ha mai detto che
l’USSL è spendacciona e porta
allo sfascio le finanze dei Comuni ma i dati diffusi dalla Regione sono stati manipolati e
quindi falsati ».
La lettera diffusa fra i cittadini di Bricherasio passa poi
ad una controanalisi dei costi;
la DC dice che gestendo in proprio i servizi spenderà di meno.
La maggioranza di Comunità
montana sottolinea che questo
’’risparmio" si ottiene con la riduzione delle ore di assistenza
ma, prese unitariamente, tali
ore costerebbero di più.
« Sono queste le economie che
sa fare la maggioranza di Bri
auspichiamo che venga delega sui servizi alla Comunità cherasio? », si chiedono gli am
,1 ^ ^ 1 ^ + yi-ti _ J. ---------^ - » 4-_ '»V« ì .4^11»-. nn i + O
estesa al massimo la rete dei servizi nel settore degli anziani; contiamo di far emergere eventuali
situazioni più difficili o di diversità nell’offerta di servizi. E’ chiaro che probabilmente in certe
zone dove esiste poco o nulla forse anche la gente non si aspetta
molto, mentre dove qualcosa è
stato fatto le attese crescono: il
nostro auspicio è che un successivo confronto con le amministrazioni pubbliche favorisca il
miglioramento della qualità della
vita per i nostri pensionati e per
gli anziani in genere ».
Piervaldo Rostan
montana ha fatto seguito unintemellanza della minoranza comimale (che è parte della maggioranza in Comunità montana);
al manifesto della DC la maggioranza dell’ente di valle risponde ora con una lettera inviata a
tutti i capifamiglia di Bricherasio.
Il documento della maggioranza della Comunità montana ricorda ai cittadini bricherasiesi
che la DC, fino all’inizio del
1991, ha condiviso le responsabilità di maggioranza in valle
essendo entrata in giunta nel
1985: « Il vicesindaco Pellice era
ministratori della Comunità
montana, che accusano i colleghi
di Bricherasio di « diffamazione,
riduzione di servizi, spreco: nella. vai Pellice non si usano tali
metodi, perciò questi signori
vogliono andarsene dalla valle,
costi quel che costi (alla popolazione di Bricherasio)! ».
O.N.
Cinema
LUSERNA SAN GIOVANNI
Cassa integrazione, e poi?
Una situazione ancora difficile alla Manifattura abiti di Pralafera
Permane la situazione di difficoltà alla Manifattura abiti di
Pralafera, a Luserna San Giovanni; la cassa integrazione che
coinvolge una quarantina di addetti (sui 120 occupati, in maggioranza donne) è stata prolungata fino al 21 marzo.
Proprietà e rappresentanti dei <
lavoratori erano stati d’accordo,
nel corso dell’inverno, di ritrovarsi all’inizio di febbraio per
verificare la situazione e le prospettive; da alcuni mesi infatti
una delle due linee di produzione era stata fermata a causa
della diminuzione negli ordini
dall’estero: si sarebbe verificata
la possibilità di ripresa con il
nuovo anno.
Come si diceva non ci sono
buone notizie: « Secondo quanto
ci hanno dichiarato i responsabili dell’azienda — ci dice il rappresentante del sindacato, Pier
Luigi Ortu — probabilmente occorrerà -un ulteriore ricorso alla cassa integrazione ordinaria
che potrebbe protrarsi fino verso il mese di luglio. Già a metà marzo si potranno valutare i
possibili sbocchi che per altro
non sono molti. Anche la trasformazione della cassa integrazione in straordinaria appare alquanto difficile in quanto la legge prevede determinate condizioni di ristrutturazione che non
sembrano sostenibili dall’azienda ».
C’è dunque il rischio di trovarsi fra qualche mese in una
situazione pesante; l’alternativa
potrebbe essere fra riduzione di
personale o suddivisione diversa del lavoro fra tutti i dipendenti. « Quest’ultima ipotesi, il
’’contratto di solidarietà” presenta però difficoltà di applicazione anche se in altre situazioni l’abbiamo messa in pratica
— continua Ortu —; nel caso
della Manifattura abiti di Luserna siamo in presenza di personale che ha mansioni abbastanza diversificate per cui l’inter
scambiabilità può diventare più
problematica ».
Cassa integrazione fino a marzo, probabilmente fino a luglio
e poi? Su questo fronte si sarà
raschiato il classico fondo del
barile ed è per questo che fra
dipendenti e famiglie la preoccupazione è diffusa.
P. V. R.
BARGE — Per la rassegna « venerdì d'essai », venerdì 21 febbraio, alle
ore 21, il cinema comunale ha in programma « Riff raff » (meglio perderii
che trovarii), di K. Loach.
TORRE PELLICE — li cinema Trento
ha in programmazione, giovedì 20 e
venerdì 21, ore 21,15, «Jungle fever »,
di Spike Lee; sabato 22, ore 20 e 22,10
e domenica 23, ore 16, 18, 20 e 22,10,
« Donne con le gonne ».
PINEROLO — L'Hollywood ha in
programma: il 23 febbraio, ore 18,30
e 22, « JFK, un caso ancora aperto ».
Negii aitri giorni, fino a mercoledì,
«Così fan tutte», feriale ore 20,15 e
22,30, festivo 14,15, 16,15, 20,15, 22,30.
All'Italia prosegue la proiezione di
«Nightmare 6, la fine»: feriale 20,15
e 22,20; sabato ore 20,15 e 22,30; domenica ore 14,15, 16,15, 18,15, 20,15,
22,20.
Il cinema Ritz ha in programma domenica 23, dalle 16, « La doppia vita
di Veronica ».
VISUS
di Luca Regoli & C. u>x
OTTICA • VI» Am»uà, 6
lOOU TORRI PELUCI (To)
L'OTTICO DI LUSERNA
di Federico Regoli & C.
Vi» Rom». 42
iaX2 UI8SRMA 8. OIOVAIOn (To>
AUTORIPARAZIONI
Costantino Marco
Officina autorizzata FIAT
LA PRIMA IN PINEROLO
Via Montebello, 12 - Tel. 0121/321682
PINEROLO
11
21 febbraio 1992
lettere
n
LA POLITICA
NELLA CHIESA
Fin dai tempi in cui il dottor Ferruccio Giovannini di Pisa, e molti
altri evangelici contrari alle ingerenze
politiche nella chiesa e nella nostra
stampa scrivevano su queste pagine,
è stata sempre mia intenzione schierarmi onestamente dalla loro parte.
Ma soprattutto adesso, dopo le tremende lezioni forniteci dai tragici avvenimenti, sento il dovere d’insorgere
contro qualsiasi apporto politico nella
nostra stampa e nelle nostre comunità.
Già da tantissimi anni la politica mira ad infiltrarsi nelle file evangeliche,
con le tristissime conseguenze che ne
abbiamo subito. E mi ha oltremodo
sconcertato il fatto di avere letto su
queste pagine (che dovrebbero essere
solo la Luce del cristianesimo, anche
se c'è chi insinua di cambiarne perfino il nome); degli scritti che erano
dei veri e propri bollettini di partito,
pur sotto forma di resoconti amministrativi. Ecco perché andiamo cercando altrove le vere cause dell’allontanamento dei fratelli dalle nostre comunità che una volta erano molto fiorenti, mentre queste cause sono vicine a noi: la politicizzazione al posto
della evangelizzazione, la mondanità in
luogo delie dottrine etiche, culturali e
spirituali.
Come giustamente ha rilevato Reto
BonifazI di Terni, non possiamo accettare che nel mondo evangelico s'infiltri la politica nella chiesa e nella stampa, col pretesto che ognuno abbia il
diritto di discutere e di esprimere le
sue idee, pretendendo d'ingerirsi nelle questioni dello spirito cristiano dentro la chiesa; e ciò anche se queste
ingerenze mirano alla redenzione sociale. Ciò accade perché la libertà, ai
nostri tempi, purtroppo sta degenerando in aperta (icenza. La libertà può
e deve concederci il diritto di esprimere in ben altre sedi le nostre idee
politiche; altrimenti ognuno, sia esso
marxista, mazziniano, liberale o nazionalista, pretenderebbe di averne la
sua fetta ben poco redditizia in seno
alla comunità cristiana.
Si è tanto criticato la Chiesa romana per essersi servita del suo partito, cioè la DC (che in realtà è solo
un partito cattolico, anche se si autodefinisce democratico e cristiano);
mentre noi stiamo commettendo il
medesimo errore di corteggiare altri
partiti o correnti (fra l’altro tutt’altro
che democratici, sia in teoria che in
pratica), nella miseranda illusione di
goderne degli appoggi. Ma le conseguenze sono state quelle ben prevedibili da chi, fin dal principio, ci aveva posto in guardia da simili errori.
Perché lo sciocco e puerile sperare
d'ingrossare le comunità cristiane, servendoci di correnti che affondano le
loro radici in un terreno materialista
ed illuminista al posto dell'Evangelo,
ci ha portato alle più sconfortanti delusioni! E ciò, dopo gli inutili vezzeggiamenti verso i sostenitori di simili
dottrine.
Ma, infine, se pretendiamo anche
di affrontare certi problemi sotto un
profilo umano e politico, quale surrogato dei principi evangelici, allora lasciamo spazio anche ad altre obiezioni, tralasciando le solite pretese a senso unico.
Però è sempre più consigliabile di
tenere presente il monito biblico:
« Lasciamo che i morti seppelliscano
i loro morti ». Infatti Gesù dice; « lo
sono la via, la verità, la vita ».
Elio Giacomelli, Livorno
UNA PAROLA
SCORRETTA
Caro Direljtore.
continuano ogni tanto a scoppiettare i petardi del dibattito sul nuovo
corso linguistico-femminologico, a mio
modesto parere vacuo e anche risibile; naturalmente ognuno/a è libero/a
di scrivere come crede, anche ai limiti della scorrettezza linguistica, e
di tentare di neologizzare; mi dispiace un po’ che la redazione, a suo
tempo, si sia come tale allineata sul
verbo (dall'alto?).
Ma non ti scrivo per questo, bensì
per protestare contro l’uso ormai largamente invalso, anche in titoli, persino di libri, del termine fasullo «Vangelo ».
Ogni volta che lo ascolto o lo leg
reco delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato (vicedirettore), Giorgio Gardiol (direttore). Carmelina Maurizio, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan.
Comitato editoriale: Paolo T. Angeleri, Mirella Argentieri Bein, Claudio
Bo, Alberto Bragaglia, Franco Carri, Rosanna Ciappa Nitti, Piera Egidi,
Adriano Longo, Emmanuele Paschetto, Roberto Peyrot, Sergio Ribet,
Mirella Scorsonelli.
Collaboratori: Daniela Actis (segreteria), Mitzi Menusan (amministrazione), Stelio Armand-Hugon, Mariella Taglierò (revisione editoriale).
Stampa: Coop. Tipografica Subalpina - via Arnaud. 23 - 1006B lorr«
Pedice • telefono 0121/91334
Registrarlone: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Glampiccoll
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Amministrazione del fondo: Maria Lulsa Barberis. Renato Cotsson, Roberto Peyrot
go, specie in bocca o sotto penna
protestante, mi inasprisco interiormente.
Diciamo forse uforia, utanasia, ugenetica? Chiamiamo forse qualcuno Ugenio, Ulalia? E ancora, perché non diciamo e non scriviamo anche, allora:
vangelici, vangelizzazione, vangelistico?
Anche se in italiano è forse un po'
meno eufonico del greco euanghelion,
l’unica trascrizione possibile e corretta è evangelo. E tale del resto, credo, è sempre stata, almeno fra noi,
fino a un passato recente.
L'irritazione che desta in me —
ma, penso, non in me soltanto — quest'uso novamente invalso, è tanto maggiore in quanto ritengo ohe sia un
riflesso conformistico del discutibilissimo uso cattolico nostrano. Ci si può
fare su un pensierino?
Un saluto fraterno.
Gino Conte, Firenze
AL SINDACO
DI FILADELFIA
Grazie ad un articolo apparso sulla rivista italiana « Avvenimenti », del
29.1.1992, apprendiamo che a Filadelfia, per onorare l'esploratore italiano
Cristoforo Colombo, il governo della
città sta valutando l'opportunità di sostituire il nome di Delaware con quello dell'esploratore in una strada famosa.
Come quaccheri e difensori della
libertà d,i tutti gli uomini, quale che
sia la loro razza o religione, ricordando e rivivendo le ragioni e le finalità della Città dell’amore fraterno
(1681), la lealtà e la coerenza del
grande trattato con i re indiani Delaware, che garantiva reciproco rispetto ed eguali diritti (1682), la sincerità e le pacifiche intenzioni della grande Carta dei privilegi e dei diritti di
libertà, firmata insieme a varie tribù
indiane (1701), non possiamo considerare una simile eventuale sostituzione
come una misura illuminata e corretta.
I trattati citati, e l'atteggiamento
amicale dei quaccheri verso gli indigeni d'America furono, per circa 70 anni — durante il « sacro esperimento »
— solo un parziale indennizzo per ciò
che i cristiani bianchi d'Europa avevano strappato loro sin dalla scoperta del 1492.
L'asportazione degli ultimi segni di
un continente precolombiano libero sarebbe una testimonianza negativa sulCarroganza e l'insensibilità dei conquistatori, fondamentalmente espropriatori non-cristiani.
Con una certa misura di speranza
nel Suo senso di giustizia. La saluto
con amicizia.
Davide Melodia
(Segretario Amici dei quaccheri)
DUE GRANDI
AMICIZIE
In poche settimane sono mancate
al calore del nostro affetto due persone carissime; Mimma Moretti e il
pastore Gustavo Bertin, che vorremmo
ricordare con l'ammirazione che è dovuta ai testimoni autentici del Signore.
Sono state due amicizie (insieme a
molte altre che ci onorano) che hanno accompagnato con una sensibilità
particolare gli ormai quindici anni della nostra presenza estiva a Torre Pellice. Siamo arrivati qui per compiere
una sorta di full immersion nel mondo valdese: qui abbiamo cercato ristoro e freschezza spirituale nelle parole tese e ferme che ascoltavamo
nel tempio ai culti domenicali, qui abbiamo partecipato alla gioia della comunità nelle feste del 15 agosto nei
luoghi simbolici della cultura valdese,
qui siamo stati partecipi della festa
dei cuori quando, al Ciabas, ascoltavamo la predicazione di prova dei giovani pastori e i culti di apertura del
Sinodo.
In questo contesto esse furono amicizie preziose che in vario modo hanno segnato la nostra vita. Mimma ci
ha rivelato la forza di una spiritualità intensamente vissuta con la serena
dolcezza della disponibilità con la quale riusciva a toccare le parti più segrete del nostro animo. Il pastore Bertin ci ha mostrato l'intatta, ferma, intensa fede dell'uomo chiamato dal Signore a testimoniare, e come questa
intatta, ferma, intensa fede sapesse
trasmettere attraverso ogni gesto della sua vita, fosse la predicazione (an
che in circostanze di tragedia), il commento ad un libro, le modeste ricorrenti circostanze della vita quotidiana.
Mimma Moretti e il pastore Gustavo Bertin rimarranno per noi due figure esemplari portatrici di doni e di
carismi diversi, ma con uguale cristallina capacità di testimonianza. Ora che
la terra valdese è diventata anche patria per la nostra famiglia ci rendiamo conto di quanto sia stata importante, in questa decisione, la loro amicizia.
Paola e Carlo Bassi, Milano
GESÙ’ « MAMMA »
« Gesù è tutto per noi, quindi è
anche mamma ».
Questa frase è stata detta ultimamente dal pulpito di una chiesa libera carismatica di Torino. L'ha pronunziata un giovane fratello nella libertà
dello Spirito e con la massima semplicità. Non ha studiato teologia femminista però lo Spirito Santo gli ha
rivelato che Dio è anche mamma.
Muriella Calzi, Torre Pellice
LIBRO DI SPURGEON
Caro Direttore,
a proposito di C. H. Spurgeon (n,
del 31.1.’92) ricordo di aver letto un
suo libro di meditazioni in italiano, « La
parola del mattino », pubblicato negli
anni '50, forse, dal Centro biblico di
Napoli.
Era molto bello ed edificante, somigliava al « Più presto a te. Signor »
di G. Rostagno. Purtroppo non l'ho più,
grazie agli innumerevoli traslochi o a
qualche prestito, che per dimenticanza è diventato dono! Volevo segnalare
l'apparizione dell’opera in italiano.
Grazie! Cari saluti.
Enos Mannelli, Campobasso
8 MARZO DI DOLORE
A noi donne pacifiste non va bene
che questo 8 marzo sia « una festa »;
è semmai la giornata durante la quale ci troviamo a ricordare con rabbia
e dolore tutte le ingiustizie e le violenze di cui particolarmente le donne
sono vittime.
Nell’anno delle « colombiadi », noi
pensiamo che « la conquista dell'America » ha presupposto lo sterminio di
molti milioni di donne «indiane » e dei
loro bambini e — a distanza di tredici mesi dalla guerra del Golfo ■—
non possiamo dimenticare i lutti e le
sofferenze delle donne irachene, né
quelli delle palestinesi e delle israeliane a loro contrapposte, non possiamo dimenticare la fame e la violenza
di cui sono vittime le donne dell'Est
europeo, né il terrore delle donne serbe o croate o macedoni, né le angosce delie albanesi, né il dolore o le
vessazioni delle donne dei paesi dove
la brutalità e la miseria si intrecciano.
Né possiamo credere che nel nostro
paese le donne abbiano davvero motivo di « festeggiare », poiché l'apparente « benessere » di cui godiamo nasconde troppe sacche di malessere
profondo, e nemmeno ci può andar bene un tipo di società in cui sempre
più prevale l'arroganza e si affermano
l'indifferenza, la superficialità, il cinismo.
Noi donne pacifiste, condividendo i
grandi temi del pacifismo mondiale,
che sono quelli del disarmo, della riconversione delle industrie belliche,
dell'ecologia dell'ambiente e del pensiero, dell'esigenza di un nuovo equilibrio e riassetto dell'economia nel
mondo, comunque del ripudio della
guerra come ricomposizione di ogni
vertenza, del rispetto e valorizzazione
delle differenze,
non possiamo accettare l'8 marzo
come la festa commerciale e consumistica che è stato fatto diventare,
per noi è una giornata di denuncia
della guerra e di ogni violenza,
con solidarietà ed amore verso tutte le donne del mondo che in questo
momento le stanno subendo.
Augusta, Gabriella, Lucia, Luisella,
Cinzia, Antonella e Michela
del Comitato della pace di Omegna
AVVISI ECONOMICI
ACQUISTO contanti alloggio o casetta,
anche da ristrutturare, zona Torre
Pellice. Tel. 0121/91918, ore pasti.
ANTICHITÀ’, mobili, oggetti vari,
privato acquista. Tel. (0121) 40181
Centro
culturale
valdese
Rencontre
internationale
vaudoise
Come annunziato sul nostro
giornale del 31 gennaio, in occasione dell’incontro dei valdesi
che si terrà nel Lubéron nei giorni 10-12 luglio, il Centro ha previsto di organizzare un pullman.
Si prega chi è interessato alla
manifestazione di prendere contatto al più presto, dovendosi
prenotare gli alloggi. Telefonare
al Centro n. 932566.
Franco Taglierò comunica il suo nuovo indirizzo: Via Generale SchiapparelM 11, 13055 OCCHIEPPO INFERIORE
(Ve), tei. 015/590112.
• Il pastore Gustavo Bouchard comunica il suo nuovo indirizzo e numero telefonico; Corso Genova 72/15,
16043 CHIAVARI (Ge), tei. 0185/304494.
RINGRAZIAMENTO
Le sorelle e i parenti di
Maria Artus (Mariuccia)
ringraziano i medici e paramedici dell’Ospedale valdese di Torre Pellice e
tutti quanti hanno voluto essere loro
vicini in questa triste circostanza.
Torre Pellice, 5 febbraio 1992.
KINGRAZIAMENTO
« Soltanto in Dio trovo riposo,
da lui viene la mia salvezza. Lui
solo è la mia salvezza e la mia
roccia, al suo riparo starò saldo
e sicuro »
(Salmo 62: 2-3)
I familiari del caro
Enrico Daniele Avondetto
ringraziano di cuore tutti coloro che
con presenza, scritti, opere di bene sono stati loro vicini nella triste circostanza.
Un ringraziamento particolare al medico curante dott. Griffa, alle sig.re infermiere Venturelli, Falco,. Bouchard
ed al pastore Langeneck.
Prarostino, 21 febbraio 1992.
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 23 FEBBRAIO 1992
Rinasca: FARMACIA BERTORELLO
Via Nazionale, 22 - Tel. 800707
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte; Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica ;
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel, 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433,
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 23 FEBBRAIO 1992
Luserna San Giovanni: FARMACIA
GRIBAUDQ - Via Roma 7 - Telefono
909031.
Ambulanza :
CRI Torre Pellice: Telefono 91.996.
Croce Verde Bricherasio: tei. 598790
SERVIZIO ATTIVO INFERMIERISTICO: ore 8-17, presso i distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA, ellco^
tero: tel. 116.
12
12 villaggio globale
21 febbraio 1992
ALGERIA
AMNESTY INTERNATIONAL
Una nuova intifada?
.1
La repressione militare può risultare un grave errore politico - La
situazione dei più poveri, che sperano nel FIS per il loro riscatto
I mass media ci danno quotidianamente notizie sulla sanguinosa situazione in Algeria. I precedenti dell’attuale crisi sono
noti: le elezioni politiche dello
scorso dicembre hanno dato il
40 per cento dei voti al maggior
partito religioso del paese, il FIS
(Fronte islamico di salvezza)
con la prospettiva che, nel successivo ballottaggio, esso avrebbe raggiunto la maggioranza assoluta. Di qui la reazione dell’esercito che, dopo aver costretto l’allora presidente della Repubblica Benjedid alle dimissioni
(per bloccare il secondo voto),
ha posto in atto un vero e proprio golpe, con un duplice scopo: da un lato, liberarsi di un
presidente che rifiutava la « tutela » dei generali sostituendolo
con un « Alto comitato di stato »
e, dall’altro, stroncare il FIS con
l’arresto del suo presidente esecutivo e di decine di altri responsabili.
Questa repressione militare,
commenta « Le Monde Diplomatique », si rivela però anche come un grossolano errore politico
perché dà al FIS l’immagme di
«martire della democrazia» mentre invece, una volta giunto al
potere, esso avrebbe cercato di
interrompere — tramite la sua
ala più radicale — il processo di
democratizzazione e di ristabilire l’antico sistema del partito
unico.
Intanto, come constatiarrìo tutti i giorni, crescono la collera e
la controviolenza dei più poveri
fra gli algerini che vedono nel
FIS il loro portabandiera. Si
tratta di masse di gente che, dopo trent’anni di potere del FLN
(Fronte di liberazione nazionale), chiedono condizioni decenti
di vita, maggiore giustizia sociale e diritti umani.
L’opinione pubblica si chiede
che cosa avrebbe potuto fare per
il paese il FIS una volta giunto
al potere. E’ difficile rispondere.
Da un lato, sussiste il fatto che
nell’attuale situazione socio-economica algerina qualsiasi azione
di governo si presenta di una
difficoltà e di una complessità
rilevanti. Dall’altro, non è agevole conoscere la forma, i modi
con cui il Fronte avrebbe potuto procedere.
Teocrazia e
teocentrismo
Già nell’intervista all’islamologo Mustafà Sherif pubblicata nel
numero del 17 gennaio scorso
del nostro settimanale, veniva
precisato che l’islamismo algerino ( sunnita) non è teocratico
come quello iraniano (sciita). Si
potrebbe piuttosto parlare, come
dicono gli esperti, di un « islamismo teocentrico », che non governa, cioè, in nome di Dio, ma
che pone Dio alla base di ogni
azione. Ciò nonostante, la già
menzionata opinione pubblica è
stata come shoccata quando il
FIS ha vinto il primo turno delle elezioni. Sono stati tracciati
scenari apocalittici e sono state
fatte previsioni catastrofiche anche per quanto concerne il prosieguo delle forniture di petrolio e di gas naturale. Eppure, come ricorda Igor Man, noto giornalista studioso della questione
mediorientale e dell’Islam, è stato lo stesso FIS, già vincitore
delle elezioni amministrative del
giugno 1990, tramite il suo leader
ora arrestato, a dire allo stesso
Man che lo intervistava : « Non
recideremo mai il cordone ombelicale che ci lega all’Europa, dalla quale importiamo quasi tutto,
ed a cui continueremo a fornire
gas e petrolio. Vi chiediamo soltanto di rispettare la nostra cultura. Se l’Iran è un paese teocratico, noi siamo un paese religioso. Voi avete la vostra democrazia, lasciate a noi la nostra ’’sharia”, che rispetta l’uomo più di
quanto non crediate ». (La « sharia », non è solo « legge divina »
ma comprende, oltre ai doveri
religiosi, anche quelli politici, sociali e familiari).
Certo, una cosa è quanto viene enunciato ed un’altra è quello
che sta succedendo. Il recente
sanguinoso episodio di una serie
di attacchi armati contraddice a
quanto proclamato dal FIS, il
quale peraltro ha sconfessato
l’azione dei gruppi islamici estremisti.
E i diritti umani?
Ma è proprio l’azione dei militari (ricordiamolo per chi non lo
sapesse : quegli stessi militari
che già nel 1988 compirono massacri per domare la « rivolta del
cuscus » e per salvare il regime
sempre più corrotto ed impopolare) che, dopo aver messo
fuori combattimento il FIS, è
in sostanza responsabile della
violenza dei più radicali. Sarà
una nuova intifada sul modello
palestinese? Si potrà addirittura
trasformare in una delle tante
guerriglie che infestano mezzo
mondo? Intanto, ancora una volta, sono i più poveri e gli indifesi a soffrire ed a pagare. Perché
— concludiamo con Igor Man —
non reclamiamo il rispetto dei
diritti umani di quel popolo?
Siamo forse troppo condizionati
dalle aumentate concessioni di
forniture di gas e di petrolio da
parte dell’attuale potere?
Roberto Peyrot
Prigionieri
del mese
Nella rivista di Amnesty del
mese di gennaio sono presentati, come al solito, tre casi di
prigionieri per motivi d’opinione, per la cui liberazione si possono rivolgere appelli ai rispettivi governi.
Molto significativa ed efficace
è la premessa fatta dalla rivista alla storia dei prigionieri:
« I nostri appelli possono aiutare le vittime delle violazioni dei
diritti umani... I nostri appelli
possono far uscire dal carcere
una persona che vi è stata mandata solo a causa delle sue idee.
I nostri appelli possono salvare
la vita ad una persona che un
governo ha deciso di uccidere
per insegnare che non si deve
uccidere. I nostri appelli possono fermare la tortura. I nostri
appelli possono far tornare nella sua famiglia una persona che
risultava scomparsa. I nostri appelli possono ottenere giustizia
alle famiglie delle vittime che
purtroppo non potranno più tornare in vita. Le violazioni dei
diritti umani sono tante in tutto il mondo. Anche i nostri appelli devono essere tanti... Più
saranno, più conteranno ».
Camille Cesar e Paul Camille BazUe — HAITI
Direttore del cimitero di Portau-Prince il primo, direttore di
un centro di assistenza a Carrefour il secondo. Essi facevano
parte del Fronte nazionale per
il cambiamento e la democrazia
(FNCD), uno dei partiti che avevano sostenuto la candidatura di
Aristide, alle elezioni del ’90. Aristide era stato eletto presidente,
ma poi era stato rovesciato dal
colpo di stato dei militari. Il 2
ottobre del ’91 Camille Cesar e
Paul Camille Dazile, in una zona periferica della capitale, furono arrestati da un gruppo di
6 o 7 uomini, alcuni dei quali
in uniforme. Cinque giorni dopo,
il cadavere di Camille Cesar fu
scoperto all’obitorio, crivellato
di colpi. La sua famiglia ne fu
avvertita. Ma quando i suoi parenti il 9 ottobre si recarono all’obitorio, non trovarono più il
suo corpo, era scomparso! E così scomparve anche quello di
Paul Camille Dazile. Dopo il colpo di stato, le forze di sicurezza si resero responsabili di centinaia di esecuzioni extragiudiziali, torture ed arresti arbitrari. Ne rimasero vittime membri
della deposta amministrazione,
militanti dell’FNCD, contadini.
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abitanti dei quartieri poveri della capitale, membri di organizzazioni religiose.
Si prega di inviare appelli, in
francese o italiano, denunciando
l’esecuzione extragiudiziale dei
due haitiani, a:
Maitre Jean-Jacques Honorât
Premier Ministre-Ministre des
affaires étrangères
Présidence de la République
d’Haïti
Palais National
Port-au-Prince - Haïti - America
Settentrionale
’Ali Hassan al-Amrad ■
SAUDITA
ARABIA
I
di I
FlMAl] _
23 anni, nátivo della regione
di al-Qatif, musulmano sciita. E’
stato arrestato il 1° luglio 1991
nella sede dell’ufficio passaporti
della città di al-Damman e trasferito subito nella sede dei servizi segreti di al-Qatif. E’ sospettato di essere sostenitore dell’Organizzazione della rivoluzione islamica (ORIPA), il principale gruppo di opposizione sciita nella penisola arabica. Questo gruppo sostiene che gli sciiti vengono discriminati. Amnesty International afferma che
nelle dichiarazioni e nelle pubblicazioni dèirORIPA non compaiono mai incitamenti alla violenza e alla lotta armata; più
volte ha rivolto appelli in favore di prigionieri per motivi di
opinione appartenenti all’ORIPA,
ma per ora senza esito. ’Ali Hassan al-Amrad è detenuto in una
prigione di al-Damman, senza accusa né processo.
Si prega di inviare cortesi appelli, in inglese o italiano, in favore del suo rilascio a:
The Custodian of thè Two Holy
Shrines
King Fahd bin ’Abd al-’Aziz
Office of thè Custodian of thè
Two Holy Shrines
Riyadh - Saudi Arabia - Asia
Kandasamy Sivasithamparanathan - SRI LANKA
Il 26 novembre 1990, Kandasamy con la moglie, i suoi due
bambini di 2 e 4 anni e altri
3 parenti stava recandosi, in autobus, dalla sua residenza di
Ninthavur a Colombo, la capitale, per partecipare ad una festa di matrimonio, quando l’autobus venne fermato ad un posto di blocco ed i passeggeri costretti a scendere. Le sette persone dirette a Colombo vennero fermate e portate in una base militare presso Amparai, secondo le informazioni che alcuni loro parenti, durante le loro
disperate ricerche, erano riusciti ad avere. Amnesty seppe poi
che l’autista dell’autobus in questione era stato rapito ed era
scomparso nel maggio ’91.
Sì invitano i lettori a scrivere, in inglese o italiano, per conoscere la sorte degli scomparsi a:
President Ranasinghe Premadasa
Presidential Secretariat
Republic Square
Colombo 1 - Sri Lanka - Asia
N. B. Si prega di inviare possibilmente copia delle lettere alle ambasciate dei paesi in questione, a Roma (indirizzi nell’elenco telefonico).
Si prega anche di servirsi per
le lettere della posta aerea (affrancatura per tutti e due i continenti: L. 1.250).
Buone notizie
Nel mese di ottobre sono stati liberati 61 prigionieri adottati o in investigazione. Altri 63
prigionieri sono stati affidati ai
Gruppi Amnesty perché si impegnino per la loro liberazione.
A cura di
Anna Manilio Reedtz