1
ECO
DELLE VALLI VALDESI
Sig. FEYROT Arturo
Via C. Cabel la 22/6
16122 GENOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 108 - Nom. 9
Una copia Lire 70
ABBONAMENTI
L. 3.000 per I’interno
L. 4.000 per l’estero
Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70
Cambio di indirizzo Lire 100
TORRE PELLICE - 26 Febbraio 1971
Amm.: Via Cavo ’ - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Il tempo di paura della Parola
« Diceva poi ancora alle turbe: quando vedete una nuvola venir su da ponente, voi dite subito: viene la pioggia
e cosi succede. E quando sentite lo scirocco soffiare dite:
farà caldo e avviene così. Ipocriti, ben sapete discernere
l’aspetto della terra e del cielo; e come mai non sapete discernere questo tempo? ».
(Luca 12: 54-56).
Questa parola è abbastanza scoraggiante: se, infatti, era difficile discernere il tempo del Signore quando era presente in mezzo agli uomini, tanto più
10 è oggi, quando ci è dato soltanto di
vedere i segni del suo Spirito, ma non
la sua persona. Non sappiamo in quale
circostanza Gesù abbia pronunziato
queste parole: nell’Evangelo di Luca
possono essere ricondotte all'esortazione alla vigilanza che si trova nello stesso capitolo, mentre in Matteo sono dette in forma leggermente diversa ai farisei e ai sadducei che chiedono a Gesù
un segno. Egli risponde dicendo che essi sanno discernere l'aspetto del cielo e
invece, non sanno discernere i segni dei
tempi. Questa seconda formulazione ha
avuto maggior fortuna attraverso la
storia della predicazione e anche oggi
11 richiamo ai « segni dei tempi » si ritrova frequentemente nel nostro linguaggio di credenti.
Ma vorremmo oggi prendere questo
Evangelo nella sua forma più sobria,
che ci è conservata in Luca, per evitare
di cadere in una certa mistica dei segni
dei tempi, che forse non è del tutto
estranea al nostro linguaggio ecclesiastico, forse soprattutto giovanile. In
questo modo non abbiamo la tentazio
Sermone di CLAUDIO TRON, Vice Segretario
della F.G.E.I., per la « Domenica della Gioventù »
ne di chiamare « segni dei tempi » tutto
quello che accade nel mondo in cui viviamo, dal problema della fame a quello della droga; dai movimenti di massa, operai e studenteschi, alla conquista della luna. È certamente vero che
se Dio segna oggi i tempi della sua
opera, segna queste cose, ma vogliamo,
invece, considerare i tempi che viviamo da un punto di vista molto più vicino a noi che ci raccogliamo nelle assemblee domenicali il mattino della domenica della Gioventù, il 7 marzo dell’anno di grazia 1971. Che cosa dobbiamo discernere in ciò di cui riempiamo
il tempo che il Signore ci concede?
La sua Parola non ci parla soltanto
di un tempo del Signore, ma anche di
un tempo del diavolo: « allora il diavolo, finita che ebbe ogni sorta di tentazione, si partì da lui (Gesù) fino ad altro tempo » (Luca 4: 13). Pudicamente
la nostra Riveduta traduce « fino ad altra occasione », volendo quasi escludere
che quel tempo in cui il Signore imprime i suoi segni possa anche essere dato
alle possibilità del diavolo. Ma il concetto è chiaro ugualmente: il diavolo
usa, finché gli è concesso, di quello stesso tempo della storia in cui anche Dio
compie la sua opera, per fare tutto ciò
che può contrastarla e neutralizzarla,
facendo giungere i suoi attacchi fino
alla persona stessa del Figlio di Dio. Le
turbe a cui Gesù si rivolge nelle parole
del nostro testo non sanno discernere
questo tempo. Sembra che non sia loro
chiesto molto acume. Non si chiede loro di avere una capacità di fede corrispondente alla capacità scientifica di un
osservatorio meteorologico moderno o
nemmeno di uno antico del tipo di
quelli orientali attraverso i quali i magi videro la stella di Gesù. È chiesto solo di aprire gli occhi un po’ come fanno i contadini che osservano le nuvole
e il vento per prevedere alla buona e
in base all’esperienza il tempo meteorologico. Allo stesso tipo di gente, senza
pretese e senza particolare preparazione, Gesù chiede di discernere il suo
tempo.
A noi, dunque chiede di discernere il
suo tempo oggi. Non dobbiamo sacralizzare quest’idea oltre le intenzioni di
Gesù. Il suo tempo è mescolato al nostro; è nel nostro che dobbiamo ricono.scere il suo. Quando analizziamo il nostro non andiamo esenti dalle idee preconcette di cui rivestiamo, ormai, tutta
la nostra riflessione ecclesiastica. Secondo queste idee, ci sono nel protestantesimo italiano, come in tutte le
chiese del mondo, dei quadri adulti e
anziani con preoccupazioni essenzialmente religiose e teologiche e dei giovani contestatori con preoccupazioni,
invece, sociali e politiche, con qualche
eccezione per lo stuolo, del resto non
indifferente, di monitori e di giovani
impegnati nelle corali, che mandano
avanti anche le tradizionali attività ecclesiastiche. Questo quadro è non solo
troppo schematico e semplificato ma è
fasullo.
A guardare le cose a fondo noi non
viviamo nel tempo del dibattito su politica e non politica; quello che caratterizza la nostra epoca non è la simpa
La dinamica critica dell’Evangelo
e la violenza insurrezionale
tia di alcuni e la paura degli altri per
la politicizzazione della chiesa, ma la
paura della Parola di Dio. Chi ha scritto questa predica si è limitato per delicatezza a due soli esempi fra i vari
sintomi di questo tempo, tratti dalla
chiesa a cui appartiene, ma purtroppo
questi non sono isolati nell’ambito del
protestantesimo italiano.
Nel dopoguerra i sinodi della Chiesa
Valdese promossero una campagna per
il ritorno alla lettura della Bibbia e
nell’ambito di questa fu fatta la proposta di costituire dei gruppi di ascolto
e di studio comunitario della Parola,
denominati « gruppi del Vangelo ». Che
ne è stato di questa campagna? Quali
risultati ha sortito? Quali appoggi, quali energie le sono stati dedicati? Il mesto residuo archeologico di questo movimento è costituito dall'Agenda Biblica pubblicata ogni anno dalla Claudiana. Si iniziò infatti, allora, la pubblicazione di un lezionario di letture bibliche, quindi di meditazioni quotidiane
delle stesse. Vista la loro inutilità, per
mascherare pietosamente l’insuccesso
dell’iniziativa, le meditazioni sono state
trasformate in agenda: un’agenda serve sempre; per solidarietà a buon mercato con la chiesa e con la Claudiana
Proseguendo la riflessione sull’invito rivoltoci dal C. E. C. a sostenere vari
movimenti di liberazione africani, nel quadro della lotta contro il razzismo
(ma chi è la chiesa, chi è la Claudiana,
se non siamo noi?) si sa, si compra
l’agenda biblica piuttosto che un’altra.
« Qgni giorno dell’anno annoteremo in
questa Agenda i nostri impegni, le cose
da ricordare, di scadenze importanti »,
dice la prefazione. Nella situazione in
cui è nata l’Agenda, forse Gesù ci direbbe: « Ipocriti: non confondete il
mio tempo col vostro! Il mio tempo
non è ancora venuto; il vostro tempo,
invece, è sempre pronto! » (Giovanni
7: 6), come diceva ai suoi fratelli. La
pubblicazione di un Agenda biblica in
sé non ha nulla di particolarmente condannabile; il grave è che questo è l’ultimo e l’unico risultato della campagna
per il ritorno alla Bibbia.
Non è più rosea la situazione se passiamo al campo giovanile. Uno degli ultimi congressi della Federazione delle
Unioni Valdesi chiese alle unioni stesse
di riformarsi e di trasformarsi da centri di ritrovo generico in un ambiente
più o meno sano in luoghi di incontro
essenzialmente per lo studio della Parola di Dio. Un successivo congresso, su
proposta del Comitato Nazionale, sottolineava che lo studio della Parola di
Dio avrebbe dovuto sfociare in un’intensa attività di testimonianza, di servizio e di comunione fraterna. Anche la
riforma delle unioni ha fatto la stessa
fine del ritorno alla Bibbia. Le unioni,
da una parte non avevano nessuna voglia di riformarsi, anzi, si sono sciolte
in gran numero; d’altra parte le chiese
nel loro insieme hanno continuato piuttosto a chiedere loro delle recite e dei
giochi per richiamare altri più giovani
unionisti che non uno studio costante
della Parola ed un’attività conseguente
con essa. Non vi è stata in chi •— e già
anche in passato — accusava i giovani
di eccessiva o cattiva politicizzazione
nessuna gioia, nessun appoggio, nessun
dispendio di energie e di denaro perché
la riforma delle unioni potesse avvenire. La politicizzazione incorre in una
scomunica esplicita in non pochi nostri
ambienti; il ritorno alla Bibbia e la
riforma delle unioni sono incorse in
una generale scomunica tacita ma altrettanto e forse più efficace. L’uno e
l’altra erano tali da non destare sospetti di tralignamento dalla Riforma, ma
né l’uno né l’altra hanno per questo riscosso maggior successo.
A distanza di qualche anno non si
può sfuggire all’impressione che due
momenti del tempo del Signore siano
stati misconosciuti in questo modo. Il
nostro passo di oggi non è alla fine
dell’Evangelo. Luca ha forse voluto mostrare, collocandolo lì, che malgrado
l’incomprensione delle turbe, il tempo
del Signore è continuato ancora. È possibile che nella sua Grazia Iddio ci metta oggi nella stessa situazione e che
continui a mandarci altri momenti del
suo tempo; noi lo speriamo e per questo preghiamo. Ma non possiamo dimenticare che l’Evangelo ci esorta alla
vigilanza affinché, senza lasciarci distrarre dai segni del cielo e della terra,
dalle nostre idee religiose e dalla nostra civiltà, discerniamo il tempo del
Signore.
Scrivendo, la scorsa settimana, a proposito dell’appoggio dato dal Consiglio
ecumenico delle Chiese a vari movimenti di liberazione africani, nel quadro del suo impegno contro il razzismo,
cercavo di esprimere la portata di questo gesto. Finora la grande, spesso la
stragrande maggioranza dei cristiani ha
osservato un atteggiamento di lealismo
nei confronti del potere costituito, accettando senza scrupoli eccessivi quell’elemento di violenza che, in misura
maggiore o minoi'e, è connesso con
l’esercizio delle sue funzioni. La violenza al servizio dell’ordine costituito è
ammessa, entro certi limiti (assai elastici), e persino giustificata teologicamente con un richiamo non di rado
formale e acritico a Romani 13; la violenza insurrezionale, no. Ma nella chiesa contemporanca è andato crescendo
il numero di coloro che pensano che i
cristiani devono sostenere gli oppressi,
quando a questi non rimane altra risorsa che ricoricre a loro volta alla
violenza (sia in git-:o l’indipendenza nazionale o la rivoluzione sociale o l’una
e l’altra connesse fra loro). Questa posizione si è imposta con notevole maggioranza a Uppsala e l’esecutivo del
C.E.C. l’ha tradotta nei fatti con il suo
gesto discusso.
Il problema è ora aperto anche dinanzi alle nostre Chiese italiane; non
possiamo né dobbiamo evitarlo, né d’altra parte scivola:ci sopra alla leggera.
È in gioco la nostra confessione di fede,
in riferimento a q:iesto problema specifico che però coinvolge quello globale
del senso e dei moAi della presenza e
della testimonianza cristiana nel mondo. È una sfida. Siamo pronti ad accettarla, mossi da una coscienza illuminata, nutrita e vincolata dalla Parola di
Dio?
Personalmente ritengo, dopo combattuta riflessione, che questo gesto di aiuto a chi, nel bisogno, ce Io domanda,
possa e debba essere compiuto; è ovvio che ciò significa, da parte delle comunità, una valutazione seria e il più
approfondita possibile della questione,
valutazione che sarà forzatamente anche politica e sociale e che ci porta non
tanto e non anzitutto a scandalizzarci
sull’ingiustizia degli uni e a dare patenti di giustizia agli altri (per questo basta ed è più funzionale l’arena politica,
la chiesa non è necessaria), ma a riconoscere le nostre corresponsabilità al
cospetto di Dio. Non sarà più che un
modesto gesto di solidarietà verso chi
soffre; un gesto che non può nemmeno
essere accostato a quello del samaritano, perché non ne ha né l’immediatezza personale né l’impegno totale; un ge
sto che non può conferirci alcuna buona coscienza, perché la nostra vita di
singoli e di chiesa è inestricabilmente
intessuta in una trama sociale che ci
rende corresponsabili (inclusi i più accesi contestatori), in modo più o meno
diretto, della situazione contro la quale combattono uomini e donne con i
quali pure ci dichiariamo solidali; un
gesto, infine, che non può e non deve in
nessun modo “santificare” e consacrare una causa né nel fine né nei mezzi.
Pure, un gesto doveroso.
* * *
Ma questo gesto lo si può compiere
in due prospettive assai diverse; di una
diversità forse irrilevante per chi guarda essenzialmente ai risultati, alla prassi, non certo per chi sa che il Signore
scruta i pensieri e i cuori. Definirei così
le due prospettive: è il gesto concreto
che rende vera la predicazione, le dà
consistenza e realtà; ovvero è la Parola di Dio che dà senso e verità al gesto
maldestro, ambiguo e discutibile con il
quale cerchiamo di ubbidirle nell’atto
stesso di chiamare altri all’ubbidienza?
Non è un’alternativa formale.
È noto quanto vada diffondendosi, in
tutta la chiesa, l’orientamento che non
saprei definire altrimenti che come sfiducia nella Parola predicata, nell’annuncio dell’Evangelo. Basta con le parole: fatti. Non è un orientamento nuovo; ad esempio non altro, nella chiave
individualistica propria dell’epoca, diceva il Risveglio attivista; è mutato il
registro, in conformità con la sensibilità sociologica e politica odierna, ma
la sfiducia nella forza della nuaa Parola, con la quale soltanto lavorare perché
è la nostra unica arma, è rimasta; forse è oggi più cosciente e perfino teorizzata.
Qra, è vero che nelle chiese c’è molta gente la quale, pur proclamando la
efficacia e la sufficienza della Parola
predicata, sembra fare tutto il possibile per dare ragione a coloro che la negano: con quale arte consumata aggiriamo tutto ciò che nell’Evangelo è
vigoroso, anche violento, tagliente, dirompente! Non è certo da questa parte che si può pretendere di contestare
in nome delTEvangelo l’orientamento
cui si accennava; anzi contro questa pigra posizione che fa dell’Evangelo e
della chiesa la naftalina della terra non
lotteremo mai abbastanza.
Eppure ritenere che l’Evangelo sia
vero soltanto nella misura in cui io lo
vivo, che la liberazione operata da Cristo sia comunicata agli uomini soltanto nella misura in cui io coopero alla
loro liberazione storica (in quanto razza, nazione, classe), significa rendere
iiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiimiiiiiiiiiiiiiiiMiiiMiiiMiiiiiiimiiiiiMiiiiiiiiiiiiimimiiiimiiii
Verso il Congresso dellfl Í.G.LI.
Per il 7 marzo è indetta, in tutte le
comunità battiste, metodiste e valdesi, la domenica della gioventù. Il Segretario nazionale della F.G.E.L, Gian
Paolo Ricco, ha inviato per questa occasione una circolare a tutti i gruppi
giovanili, da cui stralciamo le seguenti notizie.
CONGRESSO NAZIONALE
Nella primavera del 1969 si svolgeva
ad Ectimetie il congresso che costituiva la Federazione Giovanile Evangelica
Italiana. Il 2« congresso avrà luogo dal
31 ottobre al 2 novembre 1971 nel Centro Battista di Santa Severa. In preparazione a questo congresso si tei'ranno nel mese di maggio dei pre-congressi regionali.
1 gruppi sono invitati a leggere e discutere:
a) i documenti del 1» campo FGEI
{Gioventù Evangelica, n. 6/7 1970);
b) la prima parte del libro di
M. Miegge, Il protestante nella storia
(« L’efficacia della Parola ») e la relativa recensione di G. Bouchard su Gioventù Evangelica, n. 4 1970. Anche il
Campo di Pasqua ad Agape verterà su
questo argomento;
c) il documento « L’Evangelismo
italiano verso gli anni 70 » della Federazione delle Chiese Evangeliche (Firenze, 1-4 nov. 1970);
d) il documento preparatorio re
datto da Giorgio Bouchard per conto
del Consiglio FGEI, « Le alternative
della testimonianza » (Gioventù Evangelica, n. 8 1970).
GIOVENTÙ EVANGELICA:
NUOVO DIRETTORE
L’attuale direttore, Giorgio Bouchard, ha chiesto al Consiglio di essere sollevato da tale incarico. Il Consiglio ha provveduto alla nomina del
nuovo direttore nella persona di Marco Postati, che assumerà la direziofie
dal lo settembre 1971.
DOMENICA DELLA GIOVENTÙ
Tutte le comunità sono invitate a dare più posto alla partecipazione giovanile nel culto del 7 marzo. In alcune
comunità il culto sarà presieduto interamente dai giovani, in altre essi interverranno in alcuni momenti della liturgia e per dare un’informazione sugli
scopi e l’attività della F.G.E.I. Il sermone di Claudio Tron, pubblicato in
questa pagina, potrà servire di base per
la preparazione del messaggio.
N. B. - Le collette della « domenica
della gioventù » vanno inviate al Segr.
Gen. Gian Paolo Ricco, Via Monfalcone 254, 19100 La Spezia.
Cristo sostanzialmente vano e ridurre
TEvangelo a parola fra le altre; significa far passare, lo si voglia o no, l’opera
dell’uomo prima di quella di Dio. La
chiesa, forse, ci guadagnerà in prestigio: molti si compiaceranno perché finalmente anche i cristiani cominciano
a impegnarsi e a “sporcarsi le mani”;
ma Dio, sulla scia di questi cristiani,
sarà ridotto a dire quel che gli uomini
già pensano e dicono, a fare quel che
gli uomini già fanno benissimo senza
di lui. Un Dio fiancheggiatore, sostanzialmente superfino se non inutile, derisorio.
Non è lecito dare giudizi generali e
avventati e tanto meno affermare sic
et simpliciter che il C.E.C. si muove in
questa prospettiva; ma è necessario
stare in guardia di fronte a tale rischio,
che è reale e che, se vi si cedesse, toglierebbe a questo gesto ogni carattere di testimonianza resa alla sovranità
di Cristo, lo priverebbe del suo senso,
della sua verità evangelica.
È però possibile compiere questo gesto in un’altra prospettiva: come la risposta, necessaria ma secondaria, alla
Parola, la cui predicazione resta il nostro compito primo, il nostro vero
mandato di cristiani: predicazione nel
senso più ampio del termine, sui giornali, alla radio, nelle scuole, nelle associazioni d’ogni genere che costituiscono
le piazze e gli areopaghi odierni, ma
predicazione di Cristo, della sua vita,
morte e risurrezione, del suo venire,
del suo regnare.
Abbarbicati in questa prospettiva, nei
casi-limite in cui il potere costituito assume tratti indiscutibilmente satanici,
i cristiani potranno fare la scelta sempre dolorosa della rivolta; la potranno
fare con la coscienza al tempo stesso
inquieta e tranquilla del "pecca fortiter" se avranno prima creduto •— e vissuto questa loro fede — che la Parola
inerme è più forte del plastico, del mitra, del missile, perché la debolezza di
Dio è più forte della forza orgogliosa
degli uomini. Così ha detto il Signore.
Se c’è perplessità, di fronte a questa
decisione del C.E.C., se essa ha suscitato discussioni e riserve che non sono
state tutte motivate da motivazioni reazionarie, è perché non si sente in modo
esplicito e limpido, nel retroterra spirituale dal quale quella decisione è nata, questa fiducia assoluta e folle che
l’Evangelo, nel senso non ambiguo che
l’apostolo Paolo gli dà in Romani 1, è
la dinamite di Dio nel nostro mondo.
C’è qualcuno che ha creduto e vissuto con questa fiducia assoluta. Qualche
volta è accaduto a Salisbury, nell’entroterra angolano, a Pretoria, a Johannesburg, a Città del Capo che dei cristiani hanno annunciato pubblicamente, e inermi, TEvangelo del Dio santo e
misericordioso, hanno pronunciato i
« sì » e i « no » che esso comporta e
l’hanno pagato e lo stanno pagando con
il foglio di via, l’esilio, il carcere, la
messa al bando, la diffamazione, l’emarginazione sociale e professionale, se
non con la vita. Era dunque efficace, e
sufficiente, quella loro parola, la Parola che il Signore mette sulle labbra dei
suoi confessori; efficace nello smascherare le « potenze » che continuano ad
asservire gli uomini e nelTannunciare
il Signore che ci chiama a libertà, che
ci affranca affinché siamo liberi. Quegli uomini hanno detto e dicono, pagando ben altrimenti caro che con un
assegno bancario o una colletta “speciale”, la loro solidarietà con gli oppressi, ma anche con gli oppres.sori,
chiamando gli unì e gli altri a riconoscere nella gioiosa speranza e nel travaglio del ravvedimento il comune Signore e Salvatore.
Per ciò che ci concerne più direttamente, potremmo con più serena coscienza associarci a questo gesto se vi
fosse fra noi questa passione — patita,
sofferta, respinta, dileggiata, perseguitata — per TEvangelo annunciato con
la nuda, inerme parola: poiché lo sappiamo bene che questa è la sola arma
che il nostro Capo ci ha consegnata e
che la « croce » è il solo metodo di lotta sulla « pista di Gesù Cristo ». Se, discutendo del meno (ad es., di quest’appoggio ai movimenti di liberazione), riprenderemo più chiara coscienza del
più, dello straordinario che costituisce
il nostro compito primo e caratteristico, allora si potrà dire con gioiosa riconoscenza che lo Spirito ha parlato alle chiese. Gino Conte
2
pag. ¿
N. 9 — 26 febbraio 1971
L’ATTUALITÀ’ TEOLOGICA
I garibaldini sul pulpito
Con un saggio di Giorgio Spini la Claudiana inizia la pubblicazione di una collana storica sul movimento evangelico in Italia
A proposito di un « messaggio ecumenico in occasione del secondo decennio dello sviluppo » rivolto a
tutte le comunità cristiane di Francia
Scrivere di storia non sarebbe poi
una faccenda troppo diffìcile, se bastasse stendere un bel catalogo di notizie
che non interessano nessuno, con un
mucchio di note e richiami ad altri libri consimili: per far questo, basta
averne voglia e tempo ed essere pagati per farlo.
Si tratta invece, dicono, di narrare
cose che interessano qualcuno, vedendo
le cose narrate nei loro nessi e proporzioni, individuando, insomma, le « cause » e il « senso » di quel che si riferisce. A questo punto le cose si fanno
difficili, perché bisogna per forza avere
un criterio, delle « categorie »; ma sono tuttavia le cose stesse, da quelle che
più esattamente si possono dehnire,
come i dati tecnici ed economici, a quelle più sfuggenti, come i pensieri pensati
dagli uomini del passato, a dover dire
allo storico se accettano o meno le sue
« categorie », ad arricchirle, magari,
mediante verifiche supplementari, e al
limite a suggerirgliene di nuove.
Solo un maestro ci riesce, apparentemente senza sforzo, con l’aria di parlare del più e del meno, come Giorgio
Spini in questo verdeggiante volume
intitolato L'Evangelo e il berretto frigio, presentato giorni fa dalla Claudiana, in cui viene narrata la storia della
Chiesa Cristiana Libera in Italia (18701904: ma l’inizio del gruppo di comunità protestanti, che prese questo nome, si rifa ad una prima Assemblea,
riunitasi a Bologna il 17 maggio 1865).
Ma il lettore che ha già vissuto con lo
stesso autore questo ed altri momenti
storici e ritrova qui personaggi già apparsi in Risorgimento e protestanti,
trova, se fa attenzione, aspetti e luci
nuove, che si riverberano sulle letture
di prima.
Questo lettore inoltre ha il vantaggio
di poter fare, se gli pare, qualche riflessione, senza troppo preoccuparsi di
lasciar trasparire — come accade allo
storico in questa sua réussite — le
« cose in sé ».
Se si tratta di un lettore valdese, gli
accadrà, poniamo, di riflettere su quanto si narra nel capitolo VII, in cui si
parla del Tentativo di unione con i
Valdesi, esperito da quelli della « Chiesa Libera » fra il 1884 e il 1887. Perbacco come erano sicure di sé quelle comunità valdesi delle Valli, che opponevano allora una fin de non recevoir,
col moderatore Lantaret in testa, alle
proposte di unione con quegli scassati
e settari di evangelici « liberi »! Scornmettiamo che quei nostri bisnonni,
quando cantavano l’inno di Lutero, sillabando « forte rocca » vedevano con
l’immaginazione la Rocciaglia o la Balziglia. Se considerassero oggi la realtà
sociologica, alquanto fragile, delle Valli Valdesi, magari farebbero ancora un
pensierino sul problema.
Mettiamo il caso, invece, di un lettore che usi sfogliare quotidianamente la
sua Bibbia, e si fermi ogni tanto su
quel passo paolino, li Corinzi 12: 10:
qui l’Apostolo confessa quel suo pallino, onde si compiace « in debolezze, in
ingiurie, in necessità, in persecuzioni,
in angustie per amor di Cristo: perché,
quando son debole, allora son forte ».
In tal caso c’è di che riflettere con
frutto sulle pagine del citato volume,
in cui si narra il periodo fra il 1887 e
il 1894, che fu come un percorso parabolico fino all’acme dell’euforia e l’abisso della catastrofe per la Chiesa Cristiana Libera.
La quale anzi prese nel 1890 il nome
di «Chiesa Evangelica Italiana »: insegna ambiziosa, poiché i « liberi » scontavano, dopo il momento di depressione seguito alla mancala unione con i
Valdesi, l’ottimistica previsione di magnifiche sorti e progressive, che avrebbero fatto di loro i corifei del protestantesimo nazionale italiano.
Infatti la congiuntura politica pareva allora dover dare ragione a loro che,
in anni difficili, avevano coraggiosamente proclamato il Vangelo con spiriti
democratici («il berretto frigio»), nell’Italia costituita da non molto in Stato unitario. Va detto infatti che, dal
20 settembre 1870 in poi, il Papa era
bensì rintanato in Vaticano, e Alessandro Gavazzi poteva tuonare li dirimpetto, all’altro capo di Ponte S. Angelo;
ma l’ostilità clericale faceva ugualmente duri.ssima la vita alle esigue comunità « libere », composte di piccoli bor
ghesi e proletari, ché la classe politica
installata a Roma a dispetto della Chiesa cattolica doveva fare i conti non
solo col ristretto elettorato, ma con
l’amplissimo potere esercitato dal clero
sulle masse, specialmente, come è noto,
sulle masse contadine.
Tuttavia, dicevamo, dal 1887 in poi
era parso in varia misura agli esponenti responsabili della « Chiesa Libera »
di poter fare conto su di un « rilancio »
della loro organizzazione: era al potere
dal 6 agosto 1887 Francesco Crispi, l’uomo forte, il cospiratore trionfante, il
duro anticlericale, che tuttavia sapeva
anche inneggiare a tempo e luogo a un
Dio che stava col Re e colla Patria.
Dopo avere, negli ultimi tempi del
suo predecessore Depretis, collaborato
con lui nei sondaggi per una conciliazione col Vaticano, Crispi venne accentuando sempre più, anche per motivi
di politica estera, cioè per l’ostilità alla Francia che si era riaccostata al Vaticano stesso, il tono anticlericale della
sua politica in materia religiosa.
Il 9 giugno 1889 questa politica aveva un’espressione clamorosa e simbolica nell’inaugurazione del monumento
di Giordano Bruno là dove il martire
del libero pensiero era stato bruciato,
in Campo de’ Fiori. Il 1“ gennaio 1890
Novità
VITTORIO SUBILIA
L’Evangelo
della contestazione
pp. 94, L. 600
Ediz. Paideìa - Brescia 1971
Dal sommario: Conformismo e
anticonformismo; Il fondamento nuovo; Il secondo Adamo;
Il paradosso della risurrezione;
La presenza del mondo vecchio; Né utopia né conservazione; L’economia della fede nella storia.
entrava in vigore il nuovo codice penale, il cosiddetto « codice Zanardelli ».
Conteneva alcuni articoli che colpivano
gli abusi dei ministri del culto nell’esercizio delle proprie funzioni e stabiliva
sanzioni contro di loro qualora eccitassero contro le istituzioni e contro le leggi dello Stato.
Vigilava comunque, contro i fautori
della conciliazione fra Stato e Chiesa,
Giovanni Bovio, appartenente alla Massoneria come Depretis, Crispi e Zanardelli; la sua eloquenza ricca di frasi
lapidarie era echeggiata più volte in
Parlamento ed anche in Campo de’
Fiori.
Come già i loro primi esponenti quali Alessandro Gavazzi e Bonaventura
Mazzarella, i pastori della Chiesa Libera, appartenevano anch’essi in gran
parte alla Massoneria; in particolare, il
cav. Saverio Fera, un ambizioso calabrese, garibaldino nel ’66, divenuto pastore evangelico e passato nel 1888 alla « Chiesa Libera » con la sua cornunità di Palermo, era destinato a diventarne un cospicuo esponente. Nel 1890
Fera si trasferiva a Firenze e assumeva la carica di segretario del Comitato
di Evangelizzazione, diventando in breve, di fatto, il dittatore della ex-Chicsa
Libera, ora « Chiesa Evangelica Italiana ».
Nel novembre del 1890 Crispi ottenne, nelle elezioni, una maggioranza parlamentare che garantiva al Governo
circa 400 voti contro poco più di 100
alle opposizioni di destra e di estrema
sinistra; una maggioranza di Sinistra
moderata che era tuttavia orientata in
senso conservatore. C’erano cosi tutti
gli elementi per la speranza di un inserimento « ufficiale » degli evangelici dal
«berretto frigio», a condizione che, proprio il berretto frigio, lo mettessero,
con un bel po’ di naftalina, nel cassetto.
È quello che cercarono di fare Fera
e gli altri dirigenti degli « evangelici
NOVITÀ CLAUDIANA
PAOLO RICCA
Si 0 no all'ingresso dello Chiesa di Roma
nel Consiglio Ecomenico?
pp. 48, L. 200
(«Attualità protestante», n. 37)
Una risposta meditata e serena al grosso interrogativo ecumenico del momento. Una critica protestante al « Rapporto dei Sei » del Gruppo misto.
Editrice Claudiana
Via S. Pio V, 18 bis - 101 25 TORINO - c.c.p. 2/21641
italiani », abbandonando progressivamente il colore « garibaldino » di Alessandro Gavazzi (morto nel 1889 e monumentato qualche anno dopo sul Gianicolo) in favore di un sempre più dignitoso colore Crispino, completo di polemica antisocialista e di esortazioni ad
operare « con Dio, col Re, per la Patria ».
Senonché le cose cominciarono bentosto ad andare a sfascio.
Come mai?
Lo storico non può non rifarsi a un
complesso di circostanze le quali comprendono, oltre alle vicende personali
degli esponenti « evangelici » (e fra l’altro a quelle del pastore scozzese J. Richardson McDougall, grande fautore
della Chiesa Libera e in quegli anni
ammalato, stanco e incline a liquidare
tutto) anche la grave crisi economica
che travagliò l’Italia, dal 1887, per vari
anni. Non si può ignorare il nesso fra
i fattori economici e le posizioni politiche; in particolare, poi, la Chiesa
Evangelica Italiana vide negli anni 90
intere sue comunità emigrare, trasferendosi negli Stati Uniti.
Ma. a parte la spiegazione dello storico, lasciamo che il lettore, quello della seconda epistola ai Corinzi di cui
parlavamo prima, brontoli, per conto
suo, che volerla fare da lupi, allorché
scegliendo il Vangelo si dichiara di seguire l’Agnello, è un trucco che non a
tutti riesce.
Cosi andò che fra il 1894 e il 1895 la
Chiesa Evangelica Italiana, venuti al
pettine molti vecchi nodi, perse un terzo dei suoi non molti membri e metà
del suo corpo pastorale, vivendo poco
felicemente sotto la ferula di Saverio
Fera gli anni fino al 1904, allorché finì
di essere assorbita, ridotta a pezzi, da
altre denominazioni protestanti italiane.
Lo stesso Fera poi si segnalava quattro anni dopo come principale sfasciatore della Massoneria italiana, spezzatasi in due tronchi su un problema politico. posto dal rifluire delle masse
cattoliche nell’agone elettorale; con che
quest'associazione, che a giudizio del
Gramsci si poteva dire, per i primi decenni dell’Italia unita, il vero partito
della borghesia, cessava in gran parte
di svolgere la funzione di anima della
Sinistra parlamentare che le_ era stata
propria circa dal 4864 in poi.
Nel nostro secolo i fermenti della
Chiesa Libera, disseminati, talora irnpercettibili, sedimentavano qua e là,
malgrado la dispersione del 1894 e
quella successiva del 1904, in certe reminiscenze culturali del protestantesimo italiano, in certe tradizioni locali e
familiari.
La sofferta esperienza di un discorso
evangelico svolto a quel livello di classe che era proprio dell’Italia più vera
non era certo esciti fivo dei « liberi »;
ma essi più di ogni altra denominazione Tavevano vis.suta. Cosicché pare emblematico che dalla ragedia familiare
di un ex-pastore d. a a Chiesa Libera,
Enrico Jahier, sia scaturito, attraverso
Piero Jahier suo figlio, un messaggio
fra i più autentici (’ella nostra letteratura, in cui il fermento « protestante »
è l’implicita premi -ta a una nuova
comprensione della realtà « italiana ».
Che questo, poi, >ia avvenuto a Firenze, la città in cu: un secolo dopo il
tumulto dei Ciompi predicava il Savonarola, non è casuale, e aiuta a comprendere l’ispirazione poetica di Piero
Jahier, come aiuta a comprendere l’intuizione storica di Giorgio Spini.
Augusto Comba
Vivere la verità nell'antere
Sono pochi, oggi, i cristiani o le chiese che negano una propria responsabilità in campo sociale, economico e politico. Naturalmente variano assai, e
talora divergono fortemente i modi di sentire e di vivere tate responsabilità.
Per gli uni, ad esempio, «lo sviluppo è il nuovo nome della pace», per gli altri
quest’ultima passa soltanto attraverso una profonda rivoluzione, anche violenta. Ma ci sono pure altre divergenze: forse meno appariscenti, o meno coscienti, hanno tuttavia in una prospettiva cristiana un valore tutto particolare, rivelano modi diversi di ricevere la Parola di Dio, di intenderla, di viverla
nella situazione attuale. Quale esempio di questa divergenza, non poLticosocio-economica ma teologica, riportiamo due documenti, letti sull’ultimo n»
della rivista riformata francese «Foi et Vie» (5-6/1970). Il primo è un « messaggio ecumenico » che gli organi direttivi delle tre grandi confessioni cristiane in Francia hanno rivolto « a tutte le comunità cristiane in Francia » in occasione del secando decennio per lo sviluppo, messaggio da leggersi in quelle
comunità nel corso dei culti della domenica 25 ottobre 1970 ; iì secondo documento è la lettera inviata dal pastore della chiesa riformata di Poissy al presidente della Federazione protestante di Francia, per comunicargli le ragioni
per cui non si sentiva di accogliere l’invito del Consiglio della Federazione e
di leggere alla propria comunità il citato messaggio. Il confronto di queste d e
posizioni si presta a utile riflessione anche fra noi. red.
Giorgio Spim. VEvangrli' i' H berretto friftin.
Storia della Chie.sa ( ri-liana Libera in Italia (1870-1904), Claniliana, Torino 1971,
pp. 266. 36 ili. f. t- 1 cartine.
iiiiiMiiiiiiniiiimiiiiiiiiiiiiiiniiiioKoiffiiKiiioffiiiiiioo
L’episcopato scozzese:
«i cattolici devono sposare
dei cattolici?)
Glasgoio (Relazioni Religio.se) - La gerarchia scozzese non ha accolto di buon grado la
nuova regolamentazione sui matrimoni misti
resa nota dal Vaticano nello scorso autunno.
Le autorilà vaticane, inviando il nuovo regolamento lolle varie gerarchie nazionali, avevano
precisato che era in loro potere modificare il
documento vaticano a seconda delle particolari
situazioni locali. La gerarchia cattolica scozze.se ha reso nolo ai suoi 800.000 cattolici che
« è intenzione dello Chiesa, che i caUoìiei
simsino ( e.attniiei ». 11 documento dell Lpiscopato scozzese precisa anche che j)cr i matrimoni misti in Scozia il coniuge cattolico deve
promettere di salvaguardare la sua fede e
(piella dei (igli. 11 Vescovo di Molherwell.
Monsignor Francis Thomson, ha dichiaralo;
« Abbiamo intenzione di scoraggiare i matrimoni misti, ma uim volta che tali matrimoni
hanno luogo, faremo tutto il possibile per farli riuscire ».
A tutte le Comunità,
cristiane di Francia
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
questa lettera è letta oggi nell’insieme delle comunità cristiane del nostro
paese. Con questo gesto i responsabili
delle Chiese cattolica, ortodosse e protestanti di Francia vogliono sottolineare insieme, in occasione del lancio,
da parte delle Nazioni Unite, del 2« decennio dello sviluppo, l’importanza che
esse attribuiscono a tutto ciò che si
farà nei dieci anni venturi per lo sviluppo dei popoli.
Com’è oggi noto, mancano non tanto le risorse o le soluzioni tecniche,
quanto la volontà e il coraggio di compiere le scelte politiche necessarie. Attraversiamo una crisi di civiltà che
rende incerto l’avvenire del mondo.
Sappiamo che gli anni che vengono saranno decisivi.
Sono già stati compiuti degli sforzi.
Ma se vogliamo, in verità, uno sviluppo solidale di tutti i popoli, devono
esser messi in discussione i rapporti
di dominio dei paesi industrializzati su
quelli del Terzo Mondo, come pure le
strutture interne degli uni e degli altri. Spetta comunque ai paesi sottosviluppati di essere artefici del proprio
sviluppo.
Per ciò che concerne il nostro paese,
è indispensabile, per cominciare, che
impegni la propria responsabilità su
un certo numero di punti:
— un aiuto pubblico reale, tendente
a rappresentare Tl% del nostro reddito;
— prestiti a lungo termine e a basso interesse in favore del Terzo Mondo;
— una più larga apertura dei nostri
mercati ai prodotti che vi sono fabbricati e un pagamento al giusto prezzo delle materie prime che ne provengono;
— una condizione giusta offerta sia
ai lavoratori immigrati, fra noi sia alle classi sfavorite della nostra società;
— la rinuncia alla corsa agli armamenti;
— il più largo accesso degli uomini
del Terzo Mondo alle conoscenze e alle competenze.
In tal modo parteciperemo alla costruzione di un nuovo ordine internazionale.
Per noi cristiani, questa è un’esigenza fondamentale della nostra fede.
Quando degli uomini soffrono per il
disordine, e l’ingiustizia, riconosciamo
in loro il Cristo sofferente; quando l’amore c la giustizia liberano gli uomini, discerniamo dei segni della sua Risurrezione. Sappiamo che Gesù è la
speranza di tutta la famiglia umana e
dà un senso all’avvenire del mondo.
Oggi sappiamo che amare il nostro
prossimo vuol dire amarlo anche attraverso le relazioni complesse della
economia c della politica.
Davanti al compito immenso che ci
attende, siamo deboli, ma la grazia
del Signore sarà la nostra forza.
Il Consiglio permanente dell’Episcopato - Il Comitato dei Vescovi
Ortodossi - Il Consiglio della Federazione Protestante.
(Il testo che .segue e. un estratto della lettera che il pasl. Roger Belmont. di Poissy. ha
inviato al Presidente I. Courvoisier. della f ederazione Protestante di Francia, in seguito
alVinvin del messaggio ecumenico surriportato).
Caro amico,
con rincrescimento devo comunicarLe che per varie ragioni, serie, rni creda, non mi conformerò al dcsidei io
del Consiglio della Federazione.
Le espongo qui le ragioni del mio
disaccordo da qu.'sto testo le cui premesse teologiche sono le stesse contro
le quali si sono levati i Riformatoli
del XVI secolo c, più vicino a noi, la
Chiesa Confessante tedesca nella sua
lotta contro i « Crisliano-tedeschi ». In
queste premesse, infatti, la teologia
naturale si associa alla teologia rivelata, confondendo Creazione e Nuova
Creazione.
Contrariamente a ciò che lascia capire la frase: «Quando degli uomini
soffrono per il disordine e per l’ing'ustizia, riconosciamo in loro il Cristo
sofferente, quando l’amore e la giustizia liberano degli uomini, discerniamo
dei segni della sua Risurrezione » —
la morte e la risurrezione di Gesù Cristo sono rigorosamente inseparabili.
Separarle significa negare l’opera
espiatrice di Gesù Cristo, il che porta
da un lato a cercare un’altra espiazione, e dall’altro ad accontentarsi dei
’segni’ che non hanno se non un legame formale con la risurrezione di Gesù Cristo.
Disordine e ingiustizia sono nozioni
ambigue, nel senso che l’uno come TalIra si incarnano non soltanto in determinate strutture, ma anche in uomini che le animano o semplicemente ne
vivono. L’atteggiamento eli chi vuol vedere Cristo sofferente nelle vittime del
disordine e dell’ingiustizia porta a ricercare dei responsabili, con l’effetto
di suscitare dei San Giorgio della politica e dei San Michele dell’economia,
i quali puntano una lancia giustiziera
e vendicatrice contro coloro che vengono considerati colpevoii. Alla visione cristiana della storia si sostituisce
una ideologia dualista, manichea. È lo
spirito di crociata. Orbene, davanti a
coloro che soffrono per l’ingiustizia lo
Spirito Santo pone, a noi per primi,
una domanda: Non sei anche tu responsabile? È la via del ravvedimento, la
via sulla quale Gesù Cristo risorto,
camminando davanti a noi, ci conduce
incontro a quelli che soffrono: non m
vista di una liberazione parziale, che
ad esempio non s’interessasse che della loro anima, ma per la loro salvezza,
anima e corpo.
Anche amore e giustizia sono nozioni ambigue, e ambigue le liberaz'O'i
che possiamo constatare attorno a noi.
Infatti una liberazione, operata dagli
uomini, por quanto benefica possa apparirci, se non è accompagnata dal
perdono dei peccati e dal mutamento
del cuore che possono essere soltanto
il frutto dell’opera espiatrice di Gesù
Cristo, — non è che un segno equivoco
e spesso, ahimè, caricaturale della risurrezione di Gesù Cristo.
E vengo all’ultima frase: «..Amare
il nostro prossimo vuol dire amarlo
anche attraverso le relazioni complesse dell’economia e della politica ». Nella sacra Scrittura l’amore del prossimo ha sempre un carattere persona’e,
perché in Gesù Cristo Dio ci ama e ci
salva personalmente. L’amore di Dio
opera sul registro delle relazioni ’c >r
te’. Le relazioni ’lunghe’, invece, quelle così complesse delTeconomia e della politica si alluano nel quadro e con
i mezzi di strutture regolamentari e
giuridiche, sono rette da leggi.
« Amare attraverso le relazioni della
economia c delia politica » ci porta ad
tigire come se Gesù Cristo non fosse
venuto, a promuovere una versione
moderna della legge di Mosè, — oppure ad agire come se Gesù Cristo non
dovesse mai ritornare e se egli avesse
dato alla Chiesa il potere e le avesse
affidato la missione di stabilire il suo
Regno nella Creazione, in altre parole
come se fosse in n-jstro potere costruire questo « nuovo ordine internazionale » che sarebbe l’anticamera del R.:gno e alla fine si identificherebbe con
esso.
Gesù Cristo, con la sua morte e la
sua risurrezione, ha stabilito la giusta
relazione fra la grazia e la legge. In
tal modo egli manifesta la sua signoria a livello delle relazioni lunghe come a quello delle relazioni corte. Ma
egli soltanto ha il potere di manifestare questa signoria. Lo fa attraverso la
testimonianza profetica e l’azione personale dei cristiani. Da questa lotta
personale, spesso oscura, e dalle sofferenze che le sono connesse, dalla testimonianza resa in tal modo Dio fa
nascere nuove strutture più giuste. La
Chiesa, per essere presente al mondo,
non può fare Teconomia della croce.
Rogiir Br.l.MONT
iiiiiimimii iiiimiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiMmiiiiiinmiiiiiiiii
IN LIBRERIA
Df.nis P. Bahriit e Arthur Bcxrnt, Irlanda inquieta: una guerra di religione? Prefaz. di T. Vinay. Coll. « Nostro tempo », Claudiana, Torino 1971,
p. 128, 1 cartina, L. 1.400.
3
pag. 4
N. 9 — 26 febbraio 1971
Cronaca delle Valli
INTERVISTA CON IL SINDACO DI PERRERO
Prospettive della Val Germanasca
(a cura di Gianna ScicloneJ
Interessante iniziativa ad Angrngna Serre
Il Concistoro distribuisce un questionario a tutti i membri di chiesa
Nel complesso le risposte non indicano soluzioni nuove - Una situazione pesante a causa dello spopolamento
Il sig. Raimondo Genre è sindaco di
Ferrerò da circa sette anni (è al primo
anno della seconda legislatura), è maestro dal 1956 ed ha quasi sempre insegnato nelle Valli, è inoltre vice-presidente del Consiglio di Valle, ha perciò
un’ampia conoscenza della zona.
Ne approfittiamo per rivolgergli alcune domande di carattere generale che
concernono tutta la Val Germanasca.
Quali Le sembrano essere i problemi
fondamentali comuni a tutta la Valle?
Il problema fondamentale di cui si
parla già da molto tempo e a vari livelli è quello dello spopolamento e del
relativo invecchiamento della popolazione a causa della partenza dei giovani. Non è questa la sede per una lunga
analisi, ma basterà forse ricordare che
prima del 1951 tutta la Val Germanasca contava oltre 6.000 abitanti ed oggi
invece non ce n’è che circa la metà (e
ancora vi si comprende Pomaretto, che
riceve un primo stadio di emigrazione
interna alla Valle). Dal 1861 al 1968 c’è
stato un calo di popolazione del 55%
per tutta la Valle (a Massello del 72
per cento!). Da questo deriva tutta una
serie di problemi, che vanno dai villaggi disabitati, alle strade che diventano
impraticabili, alla difficoltà di trovare
manodopera sul posto, alle scuole che
si chiudono (già quest’anno ce ne sono
parecchie con pochissimi allievi, in procinto di chiudere: Bovile, Rodoretto,
Fontane, Troussan ecc.). Così si creano
sempre nuove difficoltà ai pochi che
rimangono. Nel caso di chiusura delle
scuole i comuni dovranno provvedere
ad organizzare il trasporto degli allievi al centro più vicino (come avviene
già per la Scuola Media), però le scuole che si chiudono sono in genere le più
periferiche, dove a causa della neve è
più difficile garantire una regolarità di
trasporti.
Giacché ci siamo potremmo dire anche qualcosa di più sui trasporti. Se si
fosse esaminato attentamente questo
problema una decina d’anni fa, si sarebbe forse riusciti a ridurre di molto
lo spopolamento. Si sarebbe potuto
provvedere a trasporti all’interno della
Valle, anche con carico limitato per
portare operai e impiegati a Villar Perosa ed anche fino a Rivalta. Attualmente la Val Chisone (Talco e Grafite)
ha dei trasporti autonomi, la FIAT invece si serve dei trasporti pubblici che
partono da Perosa (basterebbe che partissero da Ferrerò per facilitare le cose). Anche per gli studenti delle medie
sufteriori si presenta lo stesso problema; dei servizi regolari da Ferrerò a
Pinerolo permetterebbero loro di frequentare le scuole restando a casa, invece attualmente sono costretti ad andare da parenti o presso convitti, oppure sono causa del trasferimento della famiglia. A questo proposito vorrei
aggiungere che sarebbe necessaria la
creazione di nuove scuole a Pinerolo
con indirizzo tecnico. È vero che questo
non risolve il problema della mancanza di lavoro nella Valle, ma permette
di partire con una qualifica, invece che
solo come manovali. L’attuale livello di
qualifica dell’operaio medio della Val
Germanasca è buono per il lavoro in
miniera, ma è ovviamente bassissimo
per le fabbriche.
La pendolarità che prima giungeva
fino al massimo a Villar tende oggi ad
allungarsi fino a Torino, alla Mirafiori
o a Rivalta, togliendo la possibilità del
part-time, perché diverse ore vengono
spese in viaggi. Questo crea un altro
problema: l’abbandono della terra che
anche limitatamente offriva ancora un
piccolo reddito e dei prodotti genuini.
Spopolamento, scarsa viabilità, terre incolte producono un sempre maggiore
ristagno del turismo (salvo che per
Frali, dove la situazione è diversa).
Cosa si può fare per l’agricoltura e gli
allevamenti? Perché non si provvede
ad un terrazzamento delle zone ben
esposte, ma troppo ripide?
Non credo che un terrazzamento risolverebbe il problema, tanto più che
si può benissimo usare come pascoli le
zone più impervie. Ma anche lì ci sarebbe molto da fare: andrebbero costruiti degli accessi più comodi agli alpeggi alti, andrebbero riparati o ricostruiti i locali di ricovero per i pastori
c per le bestie. Per l’agricoltura basterebbe usare meglio le zone piane che
ci sono, superando il frazionamento infinitesimale dei terreni. Sono arrivato
al punto di pensare che si debbano dare a chi intende rimanere degli incentivi tali da rendergli conveniente questa
decisione (forti contributi statali per
la costruzione di stalle funzionali, garanzie di finanziamenti e sovvenzioni
per la meccanizzazione delle attrezzature ecc.).
Quali prospettive vede, perché ci si impegni a risolvere le varie necessità
finora elencate?
Perché la mia risposia su questo punto sia concreta, bisogna che ora mi limiti a quel che concerne il comune di
Ferrerò. Ci siamo posti già da un pezzo il problema delle scuole e siamo riusciti ad averle nuove o ben riparate in
tutti i centri più importanti (manca an
cora per Faetto, dov’è però a buon
punto: già alla fase d’appalto). Abbiamo dovuto sostenere un lavoro enorme per collegare tutti i villaggi abitati
e abitabili, abbiamo fatto asfaltare alcune strade (quella per Maniglia, per
Riclaretto e S. Martino). È da ultimare
il collegamento con Pramollo attraverso il colle di Las Ara, importante per
raggiungere la Val Pellice.
Abbiamo preparato un piano di fabbricazione in tutte le zone che presentino un minimo di « vocazione turistica », perché siano dotate almeno dei
servizi primari: strade, acquedotti; è
in preparazione una efficace rete d’illuminazione. Non pensiamo ad un impianto turistico di massa, ma all’insediamento di un turismo familiare e di
persone anziane, bisognose di riposo.
Constatiamo già che dove le strade sono state fatte tutto sembra migliorare,
vengono diverse persone dalle città a
comprare delle vecchie case da far riparare o dei terreni su cui costruire.
Un particolare problema rappresenta
il capoluogo,. Ferrerò, dove non ci sono case vuote da affittare, malgrado la
richiesta quasi continua.
Al di là di queste realizzazioni quali sono i problemi che restano ancora da
affrontare?
Il problema più grosso è forse quello
che deriva dalla costituzione stessa del
comune di Ferrerò, che non comprende
solo un villaggio, ma è il risultato della fusione (non sempre riuscita) di ben
8 comuni, che rappresentano una moltiplicazione di servizi e di problemi. Vi
sono in tutto circa 10 chiese, 11 cimiteri (con altrettanti custodi da pagare), 7
scuole elementari, circa 50 km. di strade comunali da mantenere, sgombrare
dalla neve ecc.... Questo rappresenta
una grande dispersione della mano
d’opera, di personale e così via. Il capoluogo è troppo piccolo rispetto alle
frazioni e la sua configurazione non permette ampliamenti. Da 40 anni si parla di creare un unico cimitero a metà
strada fra Chiotti a Maniglia, ma è un
problema ancora da risolvere. È molto
radicata la mentalità della divisione dei
comuni (la si riscontra anche fra una
parrocchia e l’altra). Ferò questo ha
come conseguenza che buona parte del
bilancio è impegnata nel mantenimento del personale e ben poco rimane per
attività promozionali. E da auspicare
che avvenga la riforma amministrativa
del ministro Freti, che consentirebbe
maggiore autonomia soprattutto finanziaria ai comuni.
Anche il problema della nettezza urbana non è ancora risolto che in parte;
10 scarico e l’incenerimento sono ancora una preoccupazione. Dovremo anche
sistemare ed ampliare i locali del municipio a Ferrerò, dove non abbiamo
quasi più spazio per l’installazione di
nuove attrezzature: meccanizzazione
del sistema elettorale e della registrazione anagrafica.
Vuol dirci com’è formato il Consiglio,
chi costituisce la Giunta e qual'è l’indirizzo politico di maggioranza?
L’indirizzo politico è del centro-sinistra, ma le votazioni non avvengono
granché su base di liste politiche, ma
secondo la divisione geografica: ogni
frazione ha i suoi rappresentanti. Anche questo nel passato ha costituito un
grosso problema per le rivalità fra le
diverse confessioni (il consiglio era formato da 8 valdesi e da 7 cattolici), fra
le frazioni e il capoluogo o fra le frazioni stesse, fra l’indiritto e l’inverso e
così via. Qra questo è un po’ superato
e molti contrasti si sono attutiti; anche
11 confessionalismo è superato: nell’ultima votazione vi sono stati due o tre
casi di « scambi » (nei quartieri dove
tradizionalmente veniva eletto un cattolico, è risultato un protestante e viceversa).
Anche i membri della Giunta sono
scelti con criterio geografico: Valdo
Massel di Chiotti, Franco Barai di Ferrerò, ed io di Maniglia.
Quali speranze si intravvedono per il
futuro della Val Germanasca?
Frima di parlare delle speranze, ho
dimenticato di accennare ad una necessità per la quale si dovrebbero collegare tutti i comuni della Val Germanasca: quella di consorziarsi di più per
tutti i servizi più importanti, cioè la
viabilità, trasporti, le scuole, l’assistenza medica scolastica; sarebbe importante creare un centro per la prevenzione dei tumori, ed un servizio
medico-psichiatrico.
Quanto alle speranze, mi sembra che
si possa indicarne almeno due; innanzitutto che la compartecipazione al Decretone possa rimpolpare i bilanci dei
comuni (la maggiorazione della benzina doveva servire a questo). L’altra
speranza più importante è che tutta la
nostra zona del Chisone e della Germanasca venga classificata nel comprensorio di bonifica montana. Abbiamo
presentato un piano dettagliato nel
1968 e richiesto un finanziamento di oltre un miliardo per l’intera Val Germanasca (per Ferrerò ca. 378 milioni). Lo
Stato sarebbe impegnato per l’88% in
questo finanziamento. Il piano è stato
quasi totalmente accettato, pare che
manchi solo la firma del presidente.
Naturalmente sarà una ristrutturazione
molto ampia (che comprende anche la
arginatura e la sistemazione delle acque) che verrà molto diluita nel tempo,
ma che tuttavia apre delle prospettive
notevoli per il lavoro e per il turismo.
Quali sono i vostri contatti con la base?
C'è qualche possibilità che la popolazione partecipi alle decisioni del
proprio comune?
Questo è un punto dolente per me e
per la Giunta: rnanca un vero collegamento fra amministratori e amministrati.
Di solito c’è poca informazione su
quello che noi facciamo, ma quando
cerchiamo di darla incontriamo molta
indifferenza. E molto difficile convocare delle assemblee, anche solo di quartiere; manca l’abitudine ad esse e si
guarda con diffidenza ogni sforzo in
questa direzione (abbiamo tentato per
la scuola di Faetto con qualche risultato). Sarebbe veramente auspicabile una
maggiore pariecipazione di tutti per un
aiuto reciproco e per una più giusta
divisione di responsabilità.
All’inizio delle attività dell’anno 19701971, il concistoro della comunità di
Angrogna-Serre ha distribuito a tutti i
membri di chiesa un questionario elaborato nel corso dell’estate. Durante il
primo turno di riunioni quartierali un
membro del concistoro lo ha presentato e ha spiegato i motivi per cui era
stato formulato e lo scopo cui doveva
servire.
Nella nostra comunità (come in tante altre) l’assenteismo e Tindifferenza
della stragrande maggioranza dei membri di chiesa è seriamente preoccupante. A che cosa lo si deve attribuire? Alla carenza di vita spirituale della parte
della comunità cosiddetta impegnata o
alla predicazione inefficiente e inadatta
ai tempi che corrono? Oppure alla impostazione antiquata e consunta delle
attività « normali » o alla poca corrispondenza tra fede e azione sociale? Il
nostro è un paese di alta montagna, dove la gente stenta a vivere per l’impossibilità di superare le difficoltà di ordine economico che trova sul suo camminò. Conseguenza di queste difficoltà
è lo spopolamento che si fa sempre
maggiormente sentire, allontanando dal
luogo natio le forze giovani e lasciando
sul posto in gran numero persone an
iiiilllllllllllliiliiiiümiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiillllliiiiiilllllllllliliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiii
Pinerolo : ferma
alle provocazioni
risposta
fasciste
Sabato 13 >o neriggio Finerolo è stata teatro d: violenti scontri, originati
da una proi azione da parte di elementi fasci: . ‘ Giunti da Torino (erano circa cin.ì' nta), essi hanno cominciato a disi r^b-lire un volantino nelle
due zone di rso Torino e Via Trento. Il volan conteneva la denuncia
di un furto . venuto nella sede del
M.S.I. di Và ; Trento, affermando che
esso era st; compiuto dai comunisti. L’intenti ^ revocatorio era evidente; infatti uno lei passanti di via Trento., un ex-panigiano, avendo stracciato
il foglio che jiveva ricevuto, fu immediatamente aggredito e picchiato, insieme a quattro studenti che erano intervenuti in suo aiuto.
Altri studenti, riuniti in assemblea
a poca distanza, sono accorsi; a loro
si è unita la popolazione, che ha respinto gli aggressori. I carabinieri di
Finerolo, subito sopraggiunti, hanno
protetto la ritirata dei fascisti, permettendo loro di rifugiarsi nella sede
del M.S.I., davanti alla quale hanno
poi formato un doppio cordone.
L’assedio è durato quattro ore; i carabinieri dichiaravano di essere in attesa del mandato di arresto per i fascisti. In realtà questo era soltanto un
espediente per guadagnar tempo e permettere ai rinforzi di arrivare; infatti
verso le 20 giungevano da Torino 300
carabinieri e 200 agenti della « Bigata Celere ». Alle 20.30 il vice-questore
Voria, senza nessun preavviso, ordinava la carica.
Sono volati i primi lacrimogeni (uno
di essi è finito in pancia a uno studente) e la polizia ha cominciato a picchiare. Nel frattempo i fascisti venivano tradotti, con tutta delicatezza e
col saluto romano (I), nella caserma
dei carabinieri, presidiata da un centinaio di agenti.
Le cariche intanto continuavano,
sebbene i fascisti fossero ormai al sicuro: era evidente la volontà di reprimere le forze popolari in lotta in quel
momento, operai, abitati del « ghetto »,
studenti. Sei persone venivano portate in caserma e liberate soltanto a tarda notte.
Dei quindici fascisti soltanto due sono stati trattenuti; gli altri tredici sono in circolazione.
Lo scopo: intimidire
gli studenti e fornire
pretesti alla repressione
Da tempo a Finerolo si notavano fenomeni di degenerazione fa.scista. Vi
sono persone la cui attività si è specializzata nel creare occasioni di scontri,
alcune girano pesantemente abbigliate
di nero, con aria lugubre: i simboli di
morte tornano ad esercitare una sinistra attrazione su certi giovani, i quali
mostrano chiaramente le loro intenzioni. Il mattino successivo agli scontri di
via Trento, uno dei fascisti fermati e
poi rilasciati, ha tentato di investire
con l’automobile uno degli studenti picchiati il giorno prima. Egli ha poi sostato per qualche ora, in compagnia del
padre, ufficiale della repubblica di Salò, e di alcuni altri camerati, sotto la
casa di un altro studente.
L’azione non è per fortuna riuscita,
ma è chiaro che lo scopo è di « punire » gli studenti più attivi nel movimento studentesco.
Il fenomeno non si limita dunque alle
imprese di qualche esaltato, ma ha ad
dentellati più profondi, che vanno scoperti.
A Finerolo si è costituito un comitato antifascista, che sta preparando un
dossier sui principali responsabili delle violenze.
La manifestazione
di protesta
Mercoledì 17 febbraio a Finerolo si
è svolta una manifestazione di protesta contro le provocazioni fasciste avvenute sabato 13.
La manifestazione, a cui hanno partecipato circa tremila persone, è iniziata con un’assemblea popolare.
È intervenuto innanzitutto un sindacalista che ha sottolineato come il fenomeno del neo-fascismo debba essere
messo in relazione con il tentativo degli industriali di bloccare la spinta del
movimento operaio e che qu’ndi tale
fenomeno va al di là dei singoli episodi di violenza fascista.
Ha poi preso la parola un esponen
te del movimento studentesco che ha
ribadito che lottare oggi contro il fascismo significa portare la lotta contro la repressione nelle fabbriche dove
la violenza è rappresentata non dal
manganello ma dal taglio dei tempi,
dalle condizioni alienanti del lavoro,
dalla nocività dell’ambiente, dall’assenza per l’operaio di ogni potere di decidere ecc. e poi, fuori della fabbrica,
contro il caro-affitti, l’aumento dei
prezzi, contro la scuola di classe.
I fascisti dunque non sono solo
quelli in camicia nera ma anche quelli in camicia bianca.
E seguito poi un altro intervento
che ha messo in luce come certe istituzioni (polizia, esercito, magistratura) non siano neutrali ma strumenti
di parte, come ben dimostrato dagli
avvenimenti di sabato in cui appunto
la polizia ha preso posizione contro la
popolazione e in difesa dei provocatori fascisti.
L’esercito poi, come educazione alla
obbedienza cieca, realizza perfettamente il motto fascista « credere, obbedire, combattere ».
Dopo l’assemblea si è formato un
corteo di operai, studenti e partigiani
che hanno attraversato Finerolo.
ziane e di mezza età, deluse ed amareggiate, isolate e spesso malate, afflitte
nel vedere il declino sempre più evidente deU'economia contadina. Questo
provoca risentimento verso autorità civili e religiose perché poco o nulla è
stato fatto per loro, per rendere meno
dura la loro esistenza, per evitare questo lento, ma inesorabile esodo.
Attraverso le risposte anonime al questionario, vivamente raccomandato all’attenzione di tutti, si sperava di conoscere l’importanza della vita comunitaria in questa determinata situazione e di poter trarre utili indicazioni per
l’impostazione di tutto il lavoro. E le
risposte sono venute nella misura del
20%, il che è molto per aver un’idea
del pensiero dei membri di chiesa, ma
è poco per avere un panorama completo delle condizioni in cui ci troviamo
a vivere ed a testimoniare.
Il questionario comprendeva 10 domande: le prime due chiedevano a ciascuno qual’era la sua frequenza ai culti e alle riunioni; la terza il motivo per
cui vi andava; la quarta come considerava la sua fede (fatto privato e personale o legame di comunione col prossimo?); la quinta se vedeva comunione
fraterna nella comunità e se la ricercava; la sesta, la settima e l’ottava che
cosa si aspettava dagli altri membri
della comunità, dal concistoro, dal pastore; la nona che cosa era pronto a
dare agli altri; la decima che cosa pensava che la chiesa avesse bisogno da
lui.
Le prime due domande non volevano
suonare come un giudizio, ma aiutarci
a comprendere e chiarire il contenuto
delle risposte successive. La maggior
parte di coloro che hanno risposto frequenta i culti e le riunioni per questi
motivi: in principal modo per trovare
nuova forza per vivere la propria fede,
quindi per trovare una guida per la vita e infine per avere conforto. Però,
anche un discreto numero di persone
che non frequenta né culti né riunioni
ha risposto e, nella maggior parte dei
cosi, in modo quasi del tutto simile
agli altri, soprattutto per quanto riguarda i rapporti col prossimo.
Pochi ritengono che la fede sia un
fatto privato e personale, mentre la
maggior parte delle persone sostiene
che la fede debba stabilire un legame
di comunione col prossimo, cosa che
con sofferenza non viene riscontrata
nella realtà.
Dagli altri membri della comunità i
più si aspettano amore e solidarietà
nella prova, il che sono anche pronti a
dare unitamente all’aiuto materiale, come realmente è accaduto in diverse
circostanze. Dal concistoro il maggior
numero delle persone aspetta guida
spirituale ed esempio, mentre al Pastore richiede in modo particolare che annunzi la Parola del Signore, quindi che
arrechi conforto nella prova, che dia
consigli, che faccia visite. Quasi tutti
pensano che la chiesa abbia bisogno da
parte loro di una vita vissuta secondo
¡’Evangelo, quindi della partecipazione
alle attività e poi dell’interessamento.
Quali sono, dunque, le conclusioni
che se ne possono trarre? Dalle risposte appare chiaro che la maggior parte
dei membri della comunità tende ad
una fede operante, visibile, tangibile,
che, però, non si realizza sufficientemente nella vita quotidiana, malgrado
il desiderio di amore, conforto e solidarietà tra fratelli. Questo è per il concistoro un segno rallegrante, al quale
corrisponde un motivo di tristezza per
il silenzio di troppi. Il suo lavoro dovrà,
quindi, essere impostato in due diverse
direzioni: da una parte dovrà sollecitare il nucleo impegnato a rendere operante la propria fede, forse attraverso
nuovi strumenti (ma quali?), dato che
gli attuali non sembrano più es.sere efficienti; dall’altra dovrà adoperarsi per
venire incontro a tutta quella parte
della comunità che vive ai margini e di
cui non si riesce a conoscere il pensiero, forse perché la chiesa non l’interessa più, non avendo essa saputo venire
incontro ai suoi problemi e tenderle
una mano fraterna.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiimiiMimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Doni Eco-Luce
Maria Di Paolo, Chieti L. 1.000; Evangelina
Alhani. Portogruaro 500; Antonio Lanieri.
Ccriana 200; Sorelle Bonin, Villar Perosa 200;
Ines Bassi, Parma 500: Kunzler Koelner,
Svizzera 1.000; Anna Stauffer. Brc.scia 500;
Ralph Ferrara. USA 1.000; Guido Fantino,
Cumiana 500; N. N. 2.000; Delfina Pa.scal,
S. Secondo 500; Elisa Tomasetta, Napoli 1.000.
Emanuele Facchin, Tramonti 5000; Maria
’l'ron Bertolino, Settimo Vinone 500; Giovann Grill. Bordighera 1.000; Emilia Honegger.
Albino 2.000; Rachele Tasselli Ca.ssini, Vallecrosia 2.000: Rina Ercone, Pomaro Moni.
500; Etilalia Trogliotti. Vercelli 2.000; Livio
Godino, Canada 6.850; Angelo Platania, Pisa
1.000; Libero Banchetti, Rio Marina 2.000;
Emilio Peyronel, Susa 500; Fede Miletto, Condove 500; Nicola Oliva. Vasto 500; Domenico
Di Toro. Winterthur 1.000: Emilio Ricca, Lusernetta 500; Finalba Andrei, Impunela
2.000; Alessandro Vetta. Brescia 3.000; Camilla Aversa Pra.ssuit, Chiavari 500; Giuseppina Frisco Vitello, Palermo 500; Alberto
Priore, Terranova Bracciolini 2.000; Cosma
Mancini, Milano 1.000; Elena Viglialmo, Riclaretto 500.
Da Pinerolo: Alice e Adelina Long L. 2000;
Edmondo Bosio 500; Giulio Coucourde 500;
Alfredo Griot 500: Gabriele Coucourde 500;
Elisa Alliaud 200.
Da Genova: Palmira Gay L. 500; Jenny
Cionini 500; Ettore Bounous 500.
Grazie!
(contìnua)
RINGRAZIAMENTO
La moglie, le figlie e i rispettivi congiunti di
Michele Fornerone
profondamente commossi per le dimostrazioni di affettuosa simpatia,
ringraziano tutti coloro che hanno
preso parte al loro dolore.
S. Germano Chisone, 16 febbraio 1971.
4
26 febbraio 1971 — N. 9
pag. 3
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
Un’intervista del segretario generale della Chiesa di Gesù Cristo nel Madagascar (F. J. K. M.)
Le Chiese e l’apartheid sudafricano
Problemi deirecumene e rapporti con il protestantesimo lina grave interferenza del governa sudafricano
italiano, visti da un riformato malgascio
Il past. Jacques Pons, missionario valdese nel Madagascar (è cugino del past.
Teofllo Pons), ha intervistato per noi a Tananarive il past. Victor Rakotoarimanana, segretario generale della Chiesa di Gesù Cristo nel Madagascar, ài
suo ritorno da Addis Abeba, dove ha partecipato alla sessione del Comitato
centrale del C.E.C., del quale è membro. Li ringraziamo entrambi di cuore.
Jacques Pons — Signor segretario generale, è di ritorno da Addis
Abeba, dove ha partecipato alla
sessione del Comitato centrale del
C.E.C. È la prima volta che partecipa a tali lavori?
Victor Rakotoarimanana — No,
dopo la mia elezione da parte dell’Assemblea di Uppsala ho già partecipato alla sessione di Canterbury.
J. P. — Avete affrontato, ad Addis Abeba, il problema dell’aiuto
ai movimenti rivoluzionari africani, che ha causato tanta discussione nel mondo cristiano e anche in
quello politico?
V. R. — Naturalmente! Ma si
sbaglia se si isola questo problema
dal suo contesto, che è assai più
ampio. Dopo Uppsala, si è chiesto
alle Chiese di dedicare il 2% delle
loro entrate allo sviluppo. A Addis
Abeba abbiamo riaffermato che
non si trattava soltanto dello sviluppo economico, ma anche di
quello culturale e sociale: si tratta
di fare in modo che l’uomo si senta responsabile del proprio destino. Naturalmente si pongono allora i problemi dell’educazione, nel
senso più vasto del termine, e il
problema della dignità dell’uomo,
senza la quale qualsiasi sviluppo
non può che essere artificiale, perché imposto. Si spiega così l’accento posto sulla lotta contro il razzismo.
J. P. — Come avete risposto alle
critiche, a Addis Abeba?
V. R. — Abbiamo cercato di ampliare il dibattito e di dissipare i
malintesi. In primo luogo dei rappresentanti dei movimenti africani d’emancipazione hanno rinnovato l’assicurazione circa l’utilizzazione pacifica dei fondi offerti dal
C.E.C. D’altro canto sarà chiesto
alle Chiese in tutto il mondo uno
sforzo intenso di informazione e
di riflessione sulla violenza, la nonviolenza, il razzismo. In tal modo,
contrariamente a ciò che si sarebbe potuto pensare, il Comitato centrale è stato unanime .su questa
questione controversa.
J. P. — Come pensate di compiere questo sforzo, nel Madagascar?
V. R. — Le do il mio parere personale. Il problema del razzismo
non è uno di quelli più urgenti, qui
da noi, ma è un problema umano
e perciò c’interessa. Non dobbiamo del resto dimenticare il problema rappresentato dalla presenza
di Cinesi, di Indiani e di Comorani
nonché di studenti africani, nel nostro territorio. Il nostro sforzo dovrà cominciare dalle nostre scuole
e dai movimenti giovanili. Del resto il 1971 è stato scelto dalle Nazioni Unite come l’Anno della lotta contro il razzismo e il Comitato
centrale ha intenzione di associarsi agli sforzi delle Nazioni Unite.
J. P. — Avete esaminato altri
problemi, a Addis Abeba?
V. R. — Ma certo, non perdiamo
di vista i problemi specifici del
movimento ecumenico, cioè l’unità della Chiesa.
J. P. — Qui La interrompo: a
Madagascar sono stati compiuti
passi nuovi, in questo campo, dopo l’unificazione delle tre Chiese
del Nord nella F.J.K.M., nel 1968?
V. R. — Nulla di spettacolare,
ma vi sono dei segni. Per la prima
volta il Sinodo nazionale luterano
ha messo all’ordine del giorno le
relazioni con le Chiese non-protestanti, il che costituisce un grande
passo, dal punto di vista psicologico. Varie voci si sono già levate
in favore dell’unificazione dei Collegi teologici della Chiesa anglicana e della F.J.K.M. Collaboriamo
Una sessione del Comitato Centrale del C.E.C.
neU Africa Hall di Addis Abeba, sede delVOrganizzazione per VUnità Africana.
alla riflessione ecumenica: il past.
Daniel Ralibera si è recato lo scorso anno a Limuru per una consultazione sui progetti di unità fra
Chiese.
J. P. — Torniamo a Addis Abeba. Si è verificato qualcosa di nuovo, in questo campo?
V. R. — A dire il vero, nulla di
particolare. Il p. Hamer, rappresentante del Segretariato vaticano
per l’unità, ha persino raccomandato più realismo e più pazienza,
lasciando capire che l’ingresso della Chiesa Romana nel C.E.C. non è
imminente.
J. P. — Non ignora la situazione
di infima minoranza in cui vive il
protestantesimo italiano e quanto
io spirito ecumenico stenti a diventare una realtà tangibile in vicinanza geografica del Vaticano.
Se ne ha coscienza, nel Comitato
centrale?
V. R. — Proprio il p. Hamer —
e la cosa è positiva — ci ha promesso che un serio sforzo d’informazione alla base verrebbe intrapreso dalla Chiesa cattolica, in
particolare per far conoscere i lavori del Comitato misto C.E.C.-Vaticano.
J. P. — Poiché ho parlato dell’Italia, vorrei farLe una domanda, questa volta nella Sua qualità
di membro del Comitato direttivo
della Società delle Missioni di Parigi. Dopo la riforma delle sue
iiiiMiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii;mmiimii'iiiiiiiiiimiiiiiMii
Nel Belgio
Verso un’unione
delle Chiese
Ginevra (soepi) - Gli sviluppi del movimento ecumenico in Belgio sono stati recentemente precisati dai responsabili delle Chiese-membro del CEC e
delle Chiese-membro della Federazione
delle Chiese protestanti in Belgio.
Il pastore Hayward, del CEC, ha
detto nella sua relazione: « Dopo un
approfondito studio preliminare, i dirigenti della Chiesa protestante, della
Chiesa riformata e delle Chiese riformate fiamminghe del Belgio, hanno
convenuto di sottoporre ai rispettivi
sinodi un piano di trattative per una
unione delle Chiese... E vi sono buone
ragioni per ritenere che questo obbiettivo sarà raggiunto... ».
Il numero dei fedeli riuniti nella Federazione raggiunge i 50 mila. Le Chiese che ne fanno parte sono la Chiesa
riformata del Belgio, la Chiesa protestante del Belgio, la "Kring Belgie van
der Gereformeertle Kerken” (sette parrocchie riformate fiamminghe), l’Unione delle Chiese battiste in Belgio (dieci
parrocchie aventi dei legami cogli Stati Uniti) e la Chiesa evangelica di lingua tedesca, mentre la missione mennonita del Belgio è membro associato.
In Belgio, dove i protestanti ed i cattolici si intendono abbastanza, il pastore Hayward ha incontrato fra gli altri
anche il card. Suenens, conosciuto per
il suo spirito ecumenico, ed il pastore
Pieters, presidente del sinodo della
Chiesa protestante in Belgio.
strutture (sulla quale il past. Teofilo Pons ha riferito ai nostri lettori, nel n. del 27.11.1970), come
si configura, a Suo avviso, la collaborazione con il protestantesimo italiano?
V. R. — La creazione di un dipartimento missionario francese
parallelo al dipartimento missionario romando non esclude affatto
un lavoro in comune con le altre
Chiese. Sarà appunto compito dell’organismo internazionale promuovere questa collaborazione. La
Chiesa Metodista del Dahomey ha
già chiesto di far parte di questo
organismo. La Chiesa Valdese troverà il suo posto naturale a questo
livello internazionale, tanto più
che essa ha una solida tradizione
missionaria.
J. P. — Un’ultima domanda:
pensa che Le sarebbe possibile visitare la Chiesa Valdese in occasione di uno dei Suoi prossimi soggiorni in Europa?
V. R. — Il delegato della Chiesa
Valdese alla Conferenza riformata
di Nairobi, nello scorso agosto, il
past. Bruno Rostagno, mi ha già
rivolto un invito a voce. Se le circostanze lo permetteranno, vedrò
con piacere realizzarsi un simile
progetto che rafforzerebbe i vincoli che già ci uniscono in Gesù Cristo.
Ginevra (soepi) - Il governo, nel rifiutare l’ingresso in territorio sudafricano
a Pauline Webb, vice presidente del comitato centrale del CEC e membro
della Chiesa metodista inglese « testimonia il modo col quale esso isola le
Chiese del Paese e impedisce loro di
intrattenere normali relazioni colle
Chiese all’estero », ha dichiarato il segretario generale del CEC, pastore
Blake.
« In un'epoca dove le Chiese del Sudafrica si augurano di poter sviluppare i contatti non solo fra loro, ma anche con le altre Chiese della comunità
ecumenica, questa interferenza del governo in una visita privata in Sudafrica
rende quasi impossibile il prosieguo di
qualsiasi dialogo » ha soggiunto Blake.
La signorina Webb, giunta all’aeroporto di Johannesburg è stata informata del rifiuto di concederle l’ingresso in
Sudafrica, benché fosse in possesso di
un passaporto inglese. La Webb desiderava andare in Sudafrica a seguito
dell’invito rivoltole dal Dipartimento
della gioventù della Chiesa metodista
in Sudafrica, per dirigervi dei corsi di
formazione di laici e per studiare i vari
progetti delle Chiese. {N.d.r.: è superfluo sottolineare il fatto che la cosa è
collegata colla chiara presa di posizione del CEC nei riguardi del razzismo
sudafricano).
Nel frattempo a Londra l’arcivescovo
di Canterbury, Ramsey, invitava i fedeli a pregare per il pastore FrenchBeytag, decano anglicano di Johannesburg, arrestato dalla polizia sudafricana per avere manifestato a favore di
dpe organizzazioni ivi proibite: il partito comunista del Sudafrica e il Congresso nazionale Africano. Il vescovo
anglicano di Johannesburg ha lanciato
un appello destinato a coprire le spese
processuali. La pena cui il religioso rischia di venir condannato per aver violato la legge relativa alla interdizione
del partico comunista va fino ad un
massimo di dieci anni di prigione.
Le Chiese americane
boicofiano il Sudafrica
La Chiesa episcopale è la prima
Chiesa americana ad aver preso con
lA BIBBIA NEL MONBO
a cura di Edina Rìbet
INDIA — Un indiano di Jabalpur si
procura una Bibbia e si mette a leggerla. Avendone ricevuti un grande beneficio, prende l’iniziai ha di offrirne
una copia a tutti i suoi amici di religione indù. Chi potrà due fin dove arriverà l’influenza di qiijst’uomo che
continua a diffondere in tal modo la
Parola di Dio?
TAILANDIA — Nelle regioni montuose che si estendono tra il Viet-Nam, il
Laos, la Cina, la Tailandia e la Birmania vivono molteplici tribù in stato di
osmosi e di scambio pci manente, malgrado le frontiere. Un cristiano di una
delle più importanti di queste tribù,
la tribù dei Lisu, era partito da casa
sua per andare alla stazione missionaria, onde procurarsi letteratura evangelica nella propria lingua, ma era stato rapito dai banditi. Alcuni soldati
della Cina nazionalista lo liberano, obbligandolo però ad arruolarsi nei loro
ranghi. Dopo due anni, finalmente,
può scappare e giungere alla stazione: quando il missionario gli tende
una Bibbia tradotta in Lisu, bisogna
vedere come le sue mani Tafferrano e
come il suo volto si illumina di gioia!
I primi esemplari di questa traduzione della Società biblica erano pervenuti proprio una settimana prima alla
stazione missionaria, prima tappa di
un percorso molto problematico verso
il nord del paese. L’uomo apre il Libro ed incomincia subito a leggere ad
alta voce, interrompendosi ogni tanto
per esclamare: « è meraviglioso! è meraviglioso! ».
HONG-KONG — Circa 270.000 copie
della Scrittura sono state diffuse ad
Hong-Kong dalla Società biblica nel
1970; vale a dire che vi è stato un incremento delle vendite del 93% sull’anno precedente. Questo fatto è dovuto al maggiore impegno delle chiese, che organizzano corsi speciali per
divulgare la Parola di Dio: i fedeli
vendono di casa in casa borse preparate dalla Società biblica conterienti
ognuna un Evangelo, il libro degli Alti, c una Selezione biblica illustrata.
MESSICO — La chiesa avyentista
occupa già da sette anni il primo posto nelle contribuzioni per l’opera delle Società bibliche.
CILE — Il cardinale Silvia Henry
quez, nella prima udienza accordatagli
dal nuovo Presidente della Repubblica
(Allende), gli ha offerto una copia della Bibbia dicendo: « ogni cileno dovrebbe leggere questo libro ».
CEYLON — La nuova traduzione,
nella lingua dell’isola, dell’Evangelo di
Marco, preparata sotto gli auspici del
la Società biblica, è stata intitolata:
« L’alba di una nuova èra ».
FRANCIA — Il Comitato per la traduzione ecumenica della Bibbia ha deciso di pubblicare il Nuovo Testamenncl corso dell’anno 1971.
NIGERIA — La diffusione della
Scrittura prosegue, malgrado le difficoltà dovute alla situazione politica
del paese; la Società biblica ha istitui
crete misure per un boicottaggio economico^ verso il Sudafrica. In occasione dell’assemblea generale della General Motors essa farà valere il peso della sua quota azionaria per indurre la
compagnia a rinunciare ai suoi impegni economici in Sudafrica. Si spera
che in America altre Chiese interessate seguiranno questa iniziativa.
Il direttore degli studi del Consiglio
nazionale delle Chiese di Cristo negli
Stati Uniti ha dichiarato che questa
misura non era che la parte visibile di
un iceberg che rappresenta il crescente intei'esse delle Chiese per le realtà
sociali che si nascondono dietro agli
investimenti economici.
A loro volta i dirigenti della Chiesa
episcopale, che annovera 3 milioni e
mezzo di membri, hanno dichiarato
che non era solo la politica delTapartheid, ma anche l’oppressione razziale
praticata nel sud dell’Africa ad averli
spinti a prendere questo provvedimento.
Il presidente della Conferenza della
Chiesa episcopale scrive in una lettera
al presidente del Consiglio di amministrazione della G. M. che la società deve « liquidare le fabbriche che essa
possiede attualmente della rv.pubblica
del Sudafrica, perché noi crediamo
che la politica deli’apartheid attualmente praticata da detto stato nel suo
paese e nel Sud-Ovest Africano (n.d.r.
che le è stato affidato in amministrazine fiduciaria) susciterà inevitabilmente dei gravi moti insurrezionali ».
Il CEC rivendica
la proprielà di una fenula
in Rhodesia
Il Cec ha fatto valere il suo credito
per quanto riguarda l’ammontare della vendita della tenuta agricola multirazziale ubicata nei pressi di Salisbury, in Rhodesia. Firmatari della lettera inviata al liquidatore sono il segretario generale Blake e il direttore del
servizio assistenziale (Desear).
La lettera precisa che i fondi originariamente utilizzati per l'acquisto della fattoria e dei soi 88 acri, tramite la
Desear, provenivano dalle Chiese-membro del Cec di parecchi paesi.
Lo statuto della società agricola
Cold Comfort, all’articolo 12, dice che
in caso di liquidazione della società,
ogni capitale o attività devono ritornare ad un’organizzazione designata dai
membri in sessione generale o, in mancanza, al Cec (Desear). Viene inoltre
menzionato il fatto che l’attivo dovrà
essere utilizzato in modo da « favorire
la comprensione, l’amicizia, la cooperazione e lo sviluppo fra i popoli per
mezzo di progetti destinati ad accrescere la produzione delle risorse naturali ».
La fattoria cooperativa, proprietà
dei suoi membri e tenuta da loro, creata nel 1964, è stata dichiarata « organizzazione illegale » lo scorso mese da
un proclama del presidente della Rhodesia C. Dupont, che ha requisito la
proprietà e ha nominato un liquidatore.
Il presidente nero della società, D.
Mutasa, è attualmente in prigione ai
termini del Regolamento sul mantenimento dell’ordine e del diritto ed il
tesoriere, G. Clutton-Brock, è stato
privato della cittadinanza e deportato
dalla Rhodesia.
IIIIMIIIIIIIIIIIilllllllllllllllllllllllMIIII
to 10 nuovi comitati per le provincic
del sud-est, dove ogni attività era stata
interrotta dalle azioni belliche.
AFRICA DEL SUD — La prima Bibbia parlata del Sud-Africa è stata registrata da un cieco: sono stati necessari 120 Km di nastro magnetico pei'
compiere quest’opera.
UGANDA — Il clero cattolico ha partecipato con risultati positivi ad un
corso di formazione per la diflusioonc
biblica. Pure il vescovo anglicano ha
invitato la Società biblica ad organizzare tre corsi rapidi nella regione del
Nilo occidentale, ognuno in un dialetto diverso.
ARGENTINA — I giovani di 10 denominazioni evangeliche diverse hanno
partecipato alla diffusione della Scrittura nella periferia di Buenos Aires,
distribuendo di casa in casa migliaia
di Selezioni bibliche. L’operazione proseguirà nel corso dell’anno 1971 in altre parti della città.
SCOZIA — Si è svolta una vasta
campagna di diffusione biblica nei dintorni di Glasgow, di Edinburgo e di St.
Andrews: sono state distribuite 15.000
copie dell’Epistola ai Filippesi, e parecchi Nuovi 'Testamenti.
Collaborazione ecumenica
nei bolleflini d’informazione
delle Chiese di Francia
Il Service Protestant Français de Presse et
d'information del Bureau Protestant d'information (B.T.P) esiste sin dal 1961. Ora, accanto ad esso e stalo creato un Service Catholique
Frajiçais de Presse et d’information, concepito e redatto dal Secrétariat National de l'Opinion Pubblique (S.N.O.P.). A partire del 1”
febbraio, esso esce abbinato al FÌ.I.P.,con sifçla
S.N.O.P. e sotto l’egida delPAssociazione dei
servizi di informazione cristiana in Francia
(A.S.I.C.).
Si tratta, salvo errore, di un avvenimento
ecumenico senza precedenti in questo campo,
verificatosi col pieno accordo deU'Episcopato
e della Federazione protestante francesi.
Inoltre, a parte la pubblicazione dei due
suddetti bollettini, ogni volta che la cosa
sarà possibile ì due direttori pubblicheranno
congiuntamente un bollettino di informazioni in comune che verrà publilieato colla
doppia sigla BJ.P. - S.N.O.P.
Mentre quindi per il futuro, oltre ad avvalerci delle consuete notizie del B.l.P. attingeremo anche a quelle cattoliche, come j)urc a
quelle congiunte, non ci resta che rallegrarci con questa iniziativa ecumenica, volta a
compenetrarsi gli uni nei problemi ilegli altri,
ed auguriamo alle nuove pubblicazioni un lavoro fecondo.
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMMIIIIIIIIIIIIIMIIIMII
Alla redazione di questa pagina hanno collahorato Claudia e Roberto
Pcyrot.
5
26 febbraio 1971 — N. 9
pag. y
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
17 Febbraio a Torre Pellice
Pierìamante riuscita la serata organizzata dalla Corale con letture di testi profondamente significativi
Falò (li gioia acoesi ovunque, nei prati, nei
boschi, sulle colline della nostra valle; è la
vigilia del IT febbraio. Bandiere al vento, al
Collegio Valdese, alla Casa Valdese, sui balconi e alle finestre delle nostre case, È il 17
febbraio, festa civile e religiosa, e il nostro
Tempio si riempie per il culto di riconoscenza e di appello alla solidarietà, presieduto dal
jjast, Sonclli (lesto: Mail. 25: 45-46). Ci sono gli adulti e i giovani: e .sono i l)iinbi delle
scuole eleinenlari che leggono la Bilibia, pregano e cantano finno n. 16 del nuovo Innario. La Corale canta due inni valdesi: <( Il
giuro di SibaomI » e « 0 mon pays, où la
voix (le nos pères w, promessa dì fedeltà a Dio
e riconoscenza verso coloro che hanno lottato,
sofferto e sono morti per la loro fede.
Alle 12,30. oltre 200 persone si riuniscono
nella Foresteria per l’agape fraterna e forse
se i nostri fratelli che alFinchiesta (( Come sarà celebrato il 17 febbraio » (‘^Eco-Luce” del
12.2.71) hanno risposto: (( l’agape non ha senso in tanta ipocrisia, sarebbe meglio mangiare un pane solo, ma essere nella comunione
del Signore » si fossero trovati in mezzo a
noi. in (iuelFatmosfera di viva cordialità e di
amore fraterno, avrebbero espresso un giudizio mollo diverso. Sarebbe stalo più costruttivo per la celebrazione del 17 febbraio, chiedere al prof. Augusto Armand Hugon alcuni articoli (li Storia Valdese per spiegare il significato di (jLiella data a coloro che non lo conoscono o l'hanno dimenticato.
Finito il pranzo il sig. Italo Hugon, presidente del Comitato del 17 febbraio, saluta la
Comunità: il past. Sonelli invila alla raccolta delle firme per chiedere che l’Ospedale dì
Torre Pellice pcjssa continuare la sua funzione
nel (juadro della legge Mariotti: il prof. Dario
Varese ci parla ¡n modo chiaro di questo argomento; Loris Beili esprìme il suo affetto e
commozione per le Valli Valdesi ed il prof.
A. Ann and-Hugolì descrive alcuni episodi particolarmente tragici della nostra Storia, con la
passione e rohliietlivìth che tutti gli riconosccmo. i/Fditlo del Duca di Savoia, Vittorio
Amedeo M dei 31 gennaio 1686. stabiliva
la cessazione del Culto Valdese ed il bando di
tutti i Pastori entro 15 giorni: la maggior
parte di essi preferisce seguire le sorti delle
Comunità e sono travolti nella persecuzione.
Arnaud che capeggiava il partito della resistenza, riesce a mettersi in salvo in Svizzera,
Pietro Leydet di Frali viene impiccato sugli
spalti di Luserna. Gli altri nove Pastori, condotti in carcere a Torino, sono trattenuti come ostaggi, e sarebbero liberati solo a patto
che i suj)erstiti Valdesi lascino la Svizzera per
recarsi nel Brandehurgo. Ma i Valdesi chiedono dì riavere prima i loro Pastori imprigionali. In questo giro tragico i Pastori continuano a soffrire nelle fortezze di Verrua. di Nizza. e nelle orrende celle sotterranee di Miolans
in Sa\oia e molli vi perdono i loro cari. La
liberazione viene soltanto nel giugno 1690.
dopo 4 anni spaventosi, quando i Valdesi hanno riconcjuistato le loro Valli e fatto la pace
> t! Duca di Savoia.
No! alla violenza, alle bassezze, alla segre:azioiiP razziale, ha dello la Corale nella serata del 17 febbraio che ha riunito nella Foresteria un pubblico cosciente e vivamente
commosso. No! per la penna di scrittori e
personalità dal 1200 ai nostri giorni; le letture sono state fatte da Carlo Arnoulet, Gisella
Bein. Elcna Corsani. Giorgio Mathicu. Edgardo Paschetto, Piera Pellenc, Franco Sappè e
Luciana Vola (regia artistica di Elena Corsani che abbiamo accolto con vivo piacere in
-mezzo a noi. regìa t(;cnica di Franco Sappè); e
traile dalle opere seguenti: La ci*ocifissione di
Cristo e il pianto della madre dì Jacopone da
Todi. Baral)ba di Franco De Carli. Ballata
delle vedove di Osseg di Bertoìd Brecht. Un
linciaggio, dal dramma « Profonde sono le radici » di DT^sseaii e Goiv: La Sgualdrina timorata di J. Paul Sartre: Alba d'agosto a Hiroshima c -Vrcobalcno nel Vietnam di Franco De
Carli: Lettera di Paola Tron Nisbet: me.ssaggio dì Bonhoeffer dal carcere di Sehoenberg
nel giorno dell’Ascensione e l'ultima testimonianza del medico di campo, prima dell'esecuzione. dal libro dì Giorgio Touni: ed infine
uno degli ultimi messaggi dì Martin Luther
King: (( Quando faremo sì che la libertà risuoni. quando lascereino che risuoni in ogni casolare. in ogni villaggio, in ogni città e in
ogni Stalo, allora potremo affrettare la venuta
del giorno in cui tulli i figliuoli di Dìo, negri e !)ianchi, elirei e gentili, protestanti e catlolicì sì terranno per mano, cantando 1 antico
iiitiiiMtmiiiiiniiiiiUiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiMi'tiiimini
Rorà
La data del 17 febbraio è stala ricordata
la domenica 14 al Culto con Santa Cena e
partecipazione della Corale diretta dal sig. G.
Alharin. con i falò la vigilia e la mattina del
17 con il Culto c partecipazione, recite e canti. della scolaresca dirella dalle sue Insegnanti sig.ne Peyrot e Benech. A mezzogiorno c'c
stala l’Agape fral(‘ma nella Sala delle attività
con una s(\ssantina di commensali compreso il
Prof. Taglierò il quale ci ha dato delle interessanti notizie delle varie altìvilà c deiroflicienza del (Collegio Valdese di Torre Pellice.
Il pranzo è sialo preparalo da un grup])0 di
mamme capeggiale dalla Sorella P. Rìvoira ed
c stato servito dalle giovani in costume valdc.se. La sera c'è stato un trattenimento familiare con un ricco c svariato programma, inclusi buffpl c lotterie, tutto improntalo aH'ainbicnlc valdese. Sono i giovani con a capo la
Sorella .4. Tourn clic hanno preparali) e dato
una recita. Riconoscenti a Dio. ringraziamo
cordialmente tutti coloro che hanno contriliuito e collahoralo alla riuscita della Festa dell'Emancìpazìone o la Signora M. Grill di Torre Pellice anche di quanto lia di nuovo raccolto. fatto e mandalo per questa Comunità.
Spiritual negro: Liberi fìnalmenle, Liberi finalmente. Sia ringraziato l'Iddìo Onnipotente».
Ricordiamo anche la lettura di due poesie
di Ada Melile « No! » e <( Fonti Valdesi », il
canto di « Noi trionferemo » e di (( Nessuno
sa la pena che ho in cor », e i 12 inni della
Corale diretta dal M.o Corsani cantati al pranzo c durante la serata: il Salmo 129 (innario
francese n. 17) e il Salmo 74 (Nuovo Innario
n. 140) sono stati eseguiti a metà della dizione, per commentare la sofferenza dell'uomo
oppresso da morte, ingiustizie, guerre, dolore;
in essi si rispecchiò la sofferenza del popolo
d’Israele, poi quella dei Valdesi perseguitati
per la fede (ambedue gli inni furono cantati
dal manipolo di Arnaud nelle Valli appena
rivedute, a Frali, il 28 agosto 1689).
Nella seconda parte sono stati eseguiti: a)
(lue canti svizzeri (legami d’antico affetto e
solidarietà fra Svizzeri e Valdesi...), FAlleluia
e « Segneur, accorde ton secours au beau pays
(jue mon eoeur aime »: due brani dì Jaques
Dalcroze, penetranti e delicati, che rendono
in modo schiettamente corale dei .sentimenti
intimamente vissuti dai singoli: « 0 mon
pays », canto patriottico tradizionale delle nostre Valli, su musica di Elisée Bost, con nuova armonizzazione del M.o Corsani: la « complainte du mìneur de tale », del secolo scorso,
in cui l'anima dì un minatore perito in una
frana sotterranea rievoca le sue tristi esperienZ-: ed implora soccorsi ed opere protettive per
chi si guadagna il pane con pericolo quotidiano; « La bataille de Salabertrand ». complainto che rievoca quello scontro che permise ad
Arnaud e ai suoi Pingresso nelle Valli al
tempo del Glorioso Rimpatrio (armonizzazione Corsani per solo e coro, su melodia trascritla dal M.o Ghisi).
h) (( Siete pur belle, fiere vette alpine » e
« Ho spesso tra cari amici », due canzoni di
vecchia tradizione fra noi, piene di entusiasmo e vita giovanile, che fa sempre piacere
ricantare; « Bonjour, belle bergère » è una
canzone lieve lieve, sui consueto e vecchio tema del signore che in campagna chiede l'amorc ad una pastorella, con la promessa di bei
vestiti ed ornamenti; ma lei lo respinge, e
preferisce i suoi prati in fiore e Paifetto del
pastorello fedele; è una canzone delle nostre
vallate, dalla melodia ingenua e popolaresca
trascritta da Emilio Tron e armonizzata dal
direttore della Corale, a tre voci. Infine, la serie si chiudeva con una variante della nota
« Complainte de Michelin », il bardo valdese
del 18° secolo, nella quale, su una linea melodica vivace e movimentata, egli stesso narra
in prima persona la sua disavventura : catturato in Val S. Martino da soldatesche, interrogato e torturato in carcere, poi liberato inopinatamente: si conclude la canzone (lunga
nell'originale quasi 40 strofe) col ringraziamento a Dio per la libertà ricuperata e con
raugurio di felicità celesti a chi volle aiutare
il poeta nella sua disgrazia.
Esprìmiamo la nostra riconoscenza alle sorelle della Leghina che hanno offerto alla
Comunità una bandiera con lo stemma valdese e terminiamo questa cronaca con alcuni
versi della nostra cara Ada Meille alla cui
memoria rivolgiamo un affettuoso pensiero :
Come del candelier fiamma inperjelta.
0 Padre è la testimonianza nostra:
Ma sta poggiata sul Vangelo Eterno.
E verace Tu. in grazia, la dimostra.
Lina Varese
Ginevra
Vissuta intensamente
la celebrazione del 17
tra rievocazioni
e problemi attuali
Nella ricorrenza del 17 febbraio, la Comunità Valdese di Ginevra ha avuto il piacere
di ricevere la visita del pastore Giorgio Tourn
di Piiierolo.
La giornata celebrativa è stata la domenica
14, giornata che abbiamo vissuto in gioiosa
comunione con la j)arrocchia riformata delle
« Eaux-Vives ».
Ringraziamo il pastore H. Mobbs per aver
presieduto il culto nel corso del quale l’incisiva predicazione del pastore Tourn, centrata su
Deuteronomio 6: 10-2.5 e su Giovanni 15: 1317, ci richiamò aU'esigenza del dinamismo e
del radicalismo per una trasmissione della fede
che scaturisca dalla viva sorgente dell’Evangelo.
Fu notata la partecipazione attiva di un
gruppo di laici impegnati nelle due comunità.
il pranzo tradizionale organizzato dalPUnìone Valdese riunì 160 j>artecipanti e fu preparalo e servito da un groppo di volenterosi sotto la solerte direzione dei coniugi Rivoire, nella grande sala comuniiaria della parr<x;chia
ginevrina. Al levar dcUe mense la numerosa
assemblea ebbe modo di ascoltare, sotto la
presidenza del signor Giorgio Rostan, alcuni
messaggi. Rievocato lo storico avvenimento
del 1848 (G. Rostat:! veniva evidenziata la
svolta decisiva che -joella data rappresentò
per quanto si riferii ^ ul concetto di popoloChiesa (pastore G. i oiirn). Il direttore del
« Centro social prole, nt », pastore Raynald
Martin, pose opporli;unente l’accento sulla
esigenza attuale di • testimonianza che investa i problemi di fondo della convivenza
umana, mentre aleo: episodi tratti da documenti storici, a cum I signor Jacques Picot,
ci facevano riviveri^ f. coraggiosa testimonianza di un tempo. 11 p'.-fore Sergio Rostagno, a
nome della Comunid ' aldese, dava alcune interessanti notizie sul- tività presente e... futura. Non mancò un -::npatico accenno al diritto dì voto recenKn:.. ite ottenuto dalle donne elvetiche e che n ò tutta l’assemblea vivamente consenzienti il presidente dei gruppi
maschili protestanti - ccevrini, signor Richard,
nel ricordare quell ' enimento, colse anche
l’occasione per info' ^ . re l’assemblea sul programma di attività quei gruppi.
Venivano quindi ; iettati due artistici corto metraggi molto ezzati da tutti. Particolarmente festeggìi.n. la decana della colonia valdese di Gìne^ signorina Lidia Forneron, alla quale rini.cv .amo i nostri migliori
auguri. La giornata laminava con un simpatico scambio di idee tra la comunità locale
ed il pastore Tourn. che permise una chiarificazione sui problemi più scottanti che investono oggi le nostre chiese : battesimo, confermazione, matrimonio. Se non mancò la... contestazione della contestazione, risultò tuttavia
chiaramente, da questo ultimo dibattito, quanto sia più che mai necessario che i credenti
si guardino dal piatto conformismo o, peggio
ancora, dal pericolo di una vera e propria corruzione spirituale.
11 canto del Padre Nostro chiudeva la giornata unendoci tutti in un medesimo sentimento di gratitudine e dì fiducia.
J. PiCOT
Azione di colportaggio e testimonianza evangeiica
a Pomaretto, Viilar Perosa, Pernsa
I lettori ci scrìvono
Un tettore. da Pomaretto:
Desidero fare alcune considerazioni su
quanto detto dalla lettrice di Villasecca,
che si firma E. C., a proposito del 17 fehhraio.
Airiiiizio della lettera leggo che i nostri padri accettarono la morte « non solo
per rimanere fedeli a Dio. ma anche per
amore della nostra cara Italia che amarono fino al sacrificio ». Più avanti che « Il
nostro corteo con le bandiere è molto significativo e il nostro cuore palpita alla
presenza della bella bandiera ». E verso il
termine della lettera che o Con questa festa noi rinnoviamo ancora oggi la nostra
riconoscenza e fedeltà verso le autorità che
ci governano e tier le quali dobbiamo sempre pregare ».
Mi pile un inno a Carlo All.erto che
per primo ci concesse la libertà, un dono
per il quale oggi e sempre dobbiamo essere riconoscenti alle autorità che cL governano. essere riconoscenti amando la nostra
cara patria come fecero i nostri padri e
facendo palpitare i nostri cuori per il
bel tricolore.
A proposito della libertà concessaci <la
Carlo Alberto vorrei ricordare quanto .si
[uiò leggere nelle Lettere Patenli: « 1
V'aldesi .sono ammessi a godere <11 tutti i
diritti civili e politici dei Nostri Sudditi; a
frequentare le scuole dentro e fuori delle
Università, ed a o<inseguire i gradi accademici. Nulla però c innovato quanto all'esercizio del loro culto cd alle scuole da
loro dirette » e (pianto scritto nello Statuto Albertino quindici giorni dojm la firma
delle Lettere Paleuli: «La Religione Calloliea. A[)ostoliea e Romana è la Sola Religione dello Stato; gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle
leggi ».
E quale significato può avere l’esistenza. oggi, di un Concordato tra Stato Italiano e Chiesa Cattolica, quale significato può
avere fari. 8 della Costituzione quando
l>arla di « confessioni diverse dalla Cattolica » se non di una libertà di un certo
tipo per (pialcuno c di un tipo inferiore
per altri?
Non credo perciò che Carlo Alberto sia
stato il grande liberatore dei Valdesi, semmai fu obbligato a compiere quel pa.sso
dallo spirito innovatore che in quel periodo
attraversava lutti gli stali europei e da un
calcolo ben preci-so: dovendo iniziare una
guerra contro l'Austria gli .servivano i soldati Valdesi c gli serviva la pace sociale
nel .suo regno.
Non ho ben rhiaro quale fo.sse il concetto di Patria dei V^aldesi del 1800, però
credo che oggi per un credente possa esistere lina .sola Patria, molto più importante di quella raecbiu.sa dai confini d'Italia:
un mondo di diseredati, di maltrattali, di
sfruttati, che, se non mi sbaglio, è poi la
stessa patria che ha scelto Gesù Cristo duemila anni fa.
Ora non so, nel caso che la nostra scelta cada su questo tipo di jialria. se possiamo ancora nutrire rieonoscenz.a e fedeltà
per le autorità che ci governano. Credo che
queste, autorità siano state già onorate a
dismisura dai liuoni cittadini Valdesi, da
ipiei buoni e ligi sudditi che 30 anni fa
(di questo non posso ricordarmene io ma
10 ha bene in mente la generazione dei
miei padri) a Pomaretto, percorrevano l'ultimo tratto del corteo verso la chiesa con
11 braccio destro alzalo al cielo.
Non tutti, per fortuna, i Valdesi di allora seguirono questa strada c fu anche
per la loro fede calata nella realtà politica
del momento, che .sopravvis.scro altri ideali. di libertà, di giu.stizia, di amore. Quegli sle.ssi i<leali. calpestati ancora oggi da
chi ha interesse a mantenere il più in
basso possibile <|uclla patria di sfrtittati
per cui ogni credente dovrebbe sentire il
dovere di combattere e di soffrire.
Quindi, signora o signorina E. C., non
dietro la bandiera tricolore dobbiamo camminare. ma dietro la bandiera dell'ainore
di Cristo, quella bandiera che, piuttosto
che farci essere riconoscenti all autorità,
può metterci contro di essa tutte le volte
che l'autorità si schiera al servizio degli o|>pressori. mentre la nostra fede ci sposta
dalla parte degli oppressi.
.\li>() FERREm)
Una pattuglia di colportori ha compiuto una missione di diffusione della
Bibbia a Pomaretto, Perosa e Villar P.
i! giorno 15 febbraio. Nel clima del
XVII l’azione evangelistica ha espresso una nota della vera storia valdese;
quella del colportaggio medioevale. Sin
dal mattino Domenico Abate e Felice
Crespi, unitamente al maggiore Longo
ed alla sorella Cicero giunti nel pomeriggio, presentavano la Bibbia nella
zona, specialmente negli uffici, nelle
banche, consentendo incontri e discussioni estremamente utili.
A Villar Perosa la « carrozza biblica » alias « Biblitek » dei fratelli Cantarella e Perez di Susa e Rivoli esponeva i libri della Claudiana mentre
l’altopaiiante recava messaggi, letture
bibliche, canti vari agli operai dei turni del mezzogiorno, nonostante il freddo pungente. La bancarella del fratello Bouchard mostrava le Bibbie del
centenario nelle varie tinte moderne.
Nel frattempo un gruppo di Venaria
guidato dal fratello Vincenzo compiva
un’azione di colportaggio nella zona
delle case popolari.
La sera, al cinema Edelweiss, alla
presenza di alcune centinaia di persone, il fratello Perez proiettava il documentario: « Voce degli abissi », a
cui faceva seguito un ricco programma di canti, musiche e messaggi.
Il Pastore Giampiccoli nel suo messaggio ha ricordato l’efficacia, la dinamica della Parola di Dio che ci consente di orientare la nostra vita, di
prendere decisioni, fare delle scelte
nella misura in cui la meditiamo e
preghiamo il Signore. Nulla è statico
o acquisito per sempre perché ogni
lettura, mediante il dono dello Spirito,
ci dà un messaggio ed un pensiero
nuovo.
Un altro fratello ricordava che la
Bibbia è sempre stata merce di contrabbando: per secoli è riuscita a penetrare attraverso le maglie delle varie polizie e raggiungere villaggi, città
d’Europa. Ora si è liberi di diffonderla e spesso si è timorosi, si ha vergogna di parlarne, immemori che, oggi
più che mai, la Bibbia parla all’uomo,
a tutto l’uomc) sia sul piano sociale
che spirituale.
Il fratello Abate dichiarava con entusiasmo che pur essendo pensionato
si reputava felice di recare nelle case
e dovunque il libro della Speranza, il
libro della vera Sicurezza.
Anche le belle testimonianze dei fratelli di Venaria hanno ricordato come
il giovane può essere totalmente fatto
nuovo dall’intervento dello Spirito e
nell’udire la Parola del Signore.
Un bel contributo alla serata è stato recato dai batteristi del Convitto
di Rivoli, Allerino, Valdo e Adriano,
che hanno recato con i moderni strumenti, anziché una testimonianza del
mondo, una voce di fede, alla gloria di
Dio. La Corale di Venaria e quella di
Pomaretto, che era guidata dal Pastore Aime, sono state efficaci per ricchezza di pensiero e di slancio. Anche dopo l’ultimo numero dei batteristi il
canto è durato ancora a lungo, nel clima della comunione fraterna e del
« quanto è bello che fratelli e sorelle
dimorino insieme ».
All’uscita erano esposti i libri della
Claudiana e le Bibbie del Centenario.
Ringraziamo di cuore quanti hanno
contribuito alla riuscita della missione; un grazie particolare al signor Attilio Pons per averci concesso il cinema consentendo rincontro di tante
persone, nonché alle sorelle che hanno preparato il rinfresco.
Dopo questa prima esperienza si
pensa di proseguire, tenendo conto
delle lacune eventuali; speriamo che
l’azione sia condotta da tutti i nostri
evangelici, e che ognuno, almeno una
volta all’anno, si impegni a far acquistare la Bibbia da chi non la possiede
ancora.
La missione di diffusione della Bib
iiiiiiiiiiiiiiimiiiiiM[iMiiiiiiiiMimmiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimi
Notiziario da Pomaretto:
Prossimamente il Pastore Aime presiederà le seguenti riunioni; mercoledì
3 marzo: Lausa; giovedì 4 marzo; Perosa.
Domenica 7: assemblea di chiesa col
seguente tema: Ingresso eventuale della chiesa cattolica nel Consiglio ecumenico delle chiese e riesame della
questione finanze.
Al prossimo numero le notizie sul
XVII febbraio.
bia comporta una testimonianza, una
parola capace di illuminare gli uomini, aiutarli a prendere decisioni di fondo per un mondo nuovo, perché regni
la Giustizia e l’amore di Cristo.
Gustavo Bouchard
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Perchè una festa
abbia il suo senso
La festa del 17 Febbraio è stata celebrata ovunque, nella riconoscenza, nella tranquillità con allegria e con buona
partecipazione. Credo che possiamo dire che ognuno ha potuto celebrarla a
modo suo, senza il minimo contrasto.
Alcune apprensioni emerse dagli articoli aparsi su questo nostro giornale
nelle settimane precedenti la celebrazione in questione, non hanno più ragione di sussistere, almeno fino alla vigilia del prossimo 17 Febbraio.
C’è chi si è recato ai falò per esprimere la gioia della emancipazione del
’48, c’è chi ha pensato di recarsi nel
Tempio per unirsi ai fratelli nel culto,
nella preghiera riconoscente al Padre
di ogni grazia e di ogni liberazione. C’è
chi ha pensato di celebrare il 17 con il
pranzo, assieme a vecchi amici, magari
venuti da lontano per l’occasione. C’è
chi non ha trovato in queste forme
usuali la possibilità di esprimersi ed ha
preferito far festa in casa sua. Noi li
comprendiamo tutti quanti fraternamente e ciò è incontestabile parlando
di libertà.
È infatti possibile festeggiare il 17,
perfino a coloro che si basano soltanto
sui presupposti storici, pur sedendo
all’agàpe accanto a chi ripone unicamente la sua gioia e la sua speranza nel
Cristo risorto. Tutti e due sono ugualmente allegri e si rispettano a vicenda.
C’è chi cerca di dimenticare per un
giorno i problemi del presente che ci
assillano nella Chiesa e fuori e c’è chi
li ignora completamente e si gode spensierato un giorno di festa diverso dagli altri perché è la « sua » festa.
Non si tratta dunque di farci la morale a vicenda o di guastare il dpofesta
ma semplicemente di vedere quello che
c’è da correggere in tutti noi a qualunque modo la pensiamo.
Se c’è una stonatura non sta in questo o in quest’altro modo di festeggiare il 17, ma piuttosto nel modo di partecipare o meno il resto dell’anno alla
vita o all’opera della Chiesa. Non si può
sperare che un nostalgico richiamo al
passato, o la commozione nel rivedere
persone care, o il palpitare dei cuori davanti al tricolore, o lo stare assieme
in allegria sia sufficiente per convincere e decidere le comunità riunite a una
azione rinnovatrice. Insistiamo ribadendo il nostro concetto (che sta diventando tradizionale!) che soltanto ponendo davanti ai convenuti i problemi
del presente si può sperare un cambiamento di situazione per l’avvenire. Alla base dei dibattiti stanno ancora sempre i grandi compiti che il Signore ha
affidato alla Sua « Chiesa » cioè al Suo
« popolo » di credenti. La ricerca di
questi compiti deve essere fatta in comune. Troppe occasioni sono state perse da decenni e alle volte per evasione
cosciente. Parlare, ad esempio di impegnarsi per evangelizzare, con quello che
comporta come dispendio di tempo, di
energie, di mezzi, di dedizione, di rinunce e sacrifici, sia per chi compie
l’opera, come per chi la sostiene materialmente. Dobbiamo convincerci tulli,
profondamente, che l’imperativo; « Ma
tu fa l’opera di evangelista » rivolto da
Paolo a Timoteo (2 Tim. 4: 5) è rivolto oggi dal Signore, por mezzo della
Sua Parola, ad ogni Valdese.
Quando al 17 Febbraio, e speriamo
sia già il prossimo, ci sarà un fervore
di opere in risposta a questo imperativo, quando i mezzi finanziari per quest’opera saranno sovrabbondanti, quando i locali dove si svolge la preparazione biblica in vista di quest’opera, non
riusciranno più a contenere i partecipanti e dovranno essere allargali, quando i tavoli della Santa Cena saranno la
vera espressione della Comunione di
fratelli in Cristo, allora i culti, i canti,
il falò e i pranzi del 17 avranno un significato nuovo.
Umburto Rovara
Casa Evangelica Luterana “E.L.K.I.,,
39052 OBERPLANITZINC (Pianizz.a di Sopra) — CALDARO
(Prov. Bolzano) — Telef. 52.2.60
In zona dolomitica (a pochi Km. dal Passo della Mendola e dal
Lago di Caldaro), aperta tutto l’anno, comodità moderne
Cucina internazionale — Clima mite — Passeggiate — Gite
Sport lago e montagna
Accoglie ospiti per ferie, riposo e convalescenza.
Direzione italiana
Prezzi miti
Prenotazioni presso la Direzione della « Casa »
6
pag. 6
N. 9 — 26 febbraio 1971
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
Dopo «Papà Doc», il figlio ?
La visita di Colombo
Mentre scriviamo queste brevi note,
si è conclusa la parte ufficiale della visita di Colombo e di Moro alla Casa
Bianca. Secondo uno dei comunicati
ufficiali, si è trattato di una visita
« estremamente costruttiva ed importante ». Resta solo da sapere; per chi?
Francamente, a quanto ci è dato appunto di sapere o di capire oltre alle
righe delle frasi ufficiali, non possiamo condividere analogo entusiasmo e
consenso, specie su due punti.
Anzitutto — benché la stampa di
« informazione » lo ponga in dubbio o
10 taccia — vi è stata una pesante interferenza degli Usa nella politica interna italiana. Lo testimonia l’agenzia
di stampa americana Associated Press
la quale, citando le dichiarazioni del
segretario di Stato Rogers ha fra l'altro detto che vi c stata l’assicurazione
da parte italiana che la cooperazione
dei quattro partiti di centro sinistra
continuerà e che non si ripeterà quanto è avvenuto in altri paesi. Se la cosa
dovesse rispondere a verità (e ci pare
che l’A. P. sia un’agenzia seria) si tratterebbe dell’ingerenza di uno Stato negli affari interni di un altro, inconcepibile fra nazioni democratiche.
Un altro aspetto del tutto sconfortante nella visita italiana a Washington è stato l'atteggiamento dei nostri
uomini politici nei riguardi della guerra che gli Usa conducono in Indocina.
Mentre in occasione del primo colloquio è stata fatta presente la timida
idea italiana che occorrerebbe risolvere la questione politicamente, il portavoce americano ha riferito che al termine del secondo colloquio (lo dice
La Stampa di Torino) da parte italiana è stata espressa alla Casa Bianca
« particolare soddisfazione » per l’illustrazione offerta dal governo americano circa la situazione nel Sud Est asiatico! Ci pare questa un’affermazione
inaccettabile, proprio quando Nixon
ha tolto ogni limite ai bombardamenti aerei, ed in quanto espressa in nome di una comunità nazionale che nella sua gran maggioranza nutre per la
guerra indocinese dei sentimenti non
solo di avversione, ma di angoscia e
di orrore. Non siamo molto lontani
dal tempo in cui il governo italiano
manifestava a quello americano la sua
« comprensione » a questo proposito.
C’è da augurarsi, per la nostra democrazia e per la nostra dignità di
uomini liberi, che la cosa abbia un seguito in Parlamento e che vengano
chiariti ambiguità e consensi che ci
paiono del tutto fuori luogo.
11 “mezzogiorno
svizzero,,
Come si sa, i frontalieri sono quei
lavoratori residenti in zone di frontiera che hanno trovato un posto di
lavoro oltre confine e lo raggiungono
tutti giorni: sono i pendolari internazionali.
Un servizio sul giornale « L’Unità »
dei giorni scorsi si interessa di questo
problema per quanto riguarda le zone
del Piemonte orientale e della Lombardia nord occidentale. Ogni giorno, dalle provincie di Novara, Varese, Como
e Sondrio, 60 mila persone varcano la
frontiera svizzera per andare a lavorare nelle industrie elvetiche.
Centinaia di paesi delle « fasce confinarie » si sono andati e si vanno sempre più trasformando in un enorme
serbatoio di braccia destinato alle fonti di lavoro dei Grigioni, del Vailese,
del canton Ticino. Queste fasce confinarie hanno avuto un incremento di
popolazione del tutto abnorme negli
ultimi anni: si va da una punta massima del 75 per cento di Ponte Tresa
al 27 di Viggiù, Saltrio e Clivio calcolati assieme. A conferma dell’incre
mento migratorio, uno studio dell’Inam di Varese relativo ai novemila
frontalieri assicurati nel 1968 precisa
che di essi solo 2.710 erano varesotti,
mentre il restante proveniva da altre
province.
Ma questa situazione, oltre ad essere già grave di per sé in quanto costringe parecchie decine di migliaia
di persone a trasferirsi dai luoghi di
origine e tante volte a staccarsi dalle
famiglie, oltre a creare situazioni di
disagio e di usura fisica in quanto si
perdono parecchie ore al giorno per i
viaggi, quecta situazione, dicevamo, è
fautrice di un’altra ingiustizia in quanto ha creato l’italiano « a buon mercato » per il padronato svizzero. Infatti
la congestione dei paesi di frontiera
fa gravare interamente gli oneri e i
servizi sociali (nel frattempo diventati
del tutto inadeguati) dalla parte italiana, mentre dall’altra parte esporta la
forza lavoro e paga le tasse. Inoltre le
ditte « ospitanti » non solo non hanno
una lira da spendere per la preparazione professionale dei lavoratori, ma
accettano essenzialmente personale
qualificato preparato in Italia.
Questo stato di fatto si è dimostrato così allettante per certi imprenditori svizzeri, sì da indurli a trasferire
parte delle loro attività nel canton Ticino, che è stato definito il « Mezzogiorno svizzero » e dove, in numerose
fabbriche, gli italiani raggiungono il
98% delle maestranze.
In sostanza, è successo in breve tempo nel « Mezzogiorno svizzero » quello
che avrebbe già dovuto avvenire venti
anni fa nel Mezzogiorno italiano: una
decisa politica di industrializzazione
del Sud che avrebbe così da tempo ottenuto almeno due risultati positivi,
ancor oggi ben lontani dall’essere raggiunti: un maggior equilibrio sul piano economico nazionale ed un notevole abbassamento del triste fenomeno migratorio interno ed esterno.
Vocazioni in declino
Da vari anni ormai (e lo constatiamo anche nella nostra Chiesa) le vocazioni « religiose » sono in costante
diminuzione. I motivi sono molteplici. Per quanto riguarda il campo protestante, si sa che solo la metà degli
studenti in teologia in Svizzera si consacreranno al pastorato: la cosa è dovuta al fatto che parecchi fra loro non
sono d’accordo colla funzione pastorale come vien oggi concepita. L’altra
metà vorrebbe lavorare in campi quali la pedagogia, il lavoro sociale, l’aiuto allo sviluppo o la psicologia.
Anche in campo cattolico il fenomeno è sensibilissimo, come informa
un servizio su « La Stampa ». Negli ultimi 20 anni le ordinazioni di sacerdoti secolari in Italia sono diminuite del
29% rispetto al precedente periodo
1941/1950.
Le flessioni hanno raggiunto il 20%
in Lombardia, nelle Marche, in Basilicata, nel Salernitano e in Sicilia; dal
20 al 30 per cento nel Veneto, in Abruzzo, nel Beneventano, in Puglia e in Calabria; hanno raggiunto il 30 e 40 per
cento in Emilia-Romagna e Lazio; hanno superato il 40 per cento in Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria e Campania. Unica eccezione la Sardegna, che
ha registrato, nello stesso periodo, un
aumento di ordinazioni di circa il 7
per cento. Fra circa 20 anni si prevede ancora almeno un quarto circa di
ordinazioni in meno rispetto alla media del periodo 1951/70. La punta massima di decremento toccherà Piemonte, Liguria, Toscana, Lazio, Umbria e
Campania, mentre in Sardegna si dovrebbe mantenere l’aumento del 7%.
Secondo una rivista gesuita, nel 1988
i sacerdoti diocesani saranno in Italia
43 mila, 8 mila dei quali oltre i 75 anni, e cioè in età non più adatta agli
uffici in forza del moia proprio paoli
iiimiiiiiiiiiiimiinimiiimuimiiiiimmiuiiiiiiiimimmiiiimiiiiiiiiiiiiiiimmiiiiimiiiiiMiiiiniiinmiiiimimiiimiin
Brandt e Camara Ira i candidati al "Nobel" per la pace
terminano il loro ciclo scolastico in 6 anni.
Nel quadro di un’azione di aggiornamento
.sistematico dei maestri, intrapresa coll’aiuto
dell’Unesco e deU'Unicef, due altri centri sono
.stati successivamente creati a Fougamou (alla
line del 1967 e ad Oyem (gennaio 1970);
un quarto centro ha aperto le sne porle, in ottobre, a FraneeviUe. Dato che ogni corso si
rivolge ad nn centinaio di insegnanti, si prevede che. nel 1973, tutti i maestri in attività
di servizio nel paese avranno beneficiato di
un corso di formazione in uno dei centri di
aggiornamento.
(A. P.) - Trentotto candidati sono stati
scelti per il Premio Nobel per la Pace 1971,
e fra essi figurano il cancelliere tedesco Willy
Brandt e l'arcivescovo brasiliano Hclder Camara.
Il direttore deU'I.stituto Nobel norvegese ha
confermato che sia Brandt che Camara sono
stati inclusi neH’elenco dei candidati proposti,
prima dello scadere del termine che era stato
fissalo per il 10 febbraio.
Brandt è stato proposto dai socialdemocratici
danesi per i .suoi sforzi miranti al raggiungimento della distensione fra la repubblica federale tedc.sca e i paesi dell'Europa orientale
comunista. 11 nome di Hclder Camara è stato
proposto dal presidente del partito democristiano di Amburgo.
itiiiiii:!i;iiiiiiiiiiiiiiiiiiimMiiiiiiiiMiiiiimiiiii!ii:iiiMiiii
Aggiorn-amenlo pedagogico
Librei’ille (Inf. Unesco). - Circa 1000 maestri e maestre che in.segnano attualmente nelle scuole elementari del Gabon hanno seguito dei cor.si di aggiornamento.
Nel 1965, quando si inaugurò a Libreville
il primo di questi corsi, si pensava che il 74%
dei 2034 maestri di primo grado non raggiungessero il livello minimo delle conoscenze neecs.sarie ad assicurare un insegnamento valido.
Questa situazione spiega i mediocri risultati
scola.9tici: il 43,6% degli alunni rimangono
più di nn anno nella loro classe; solo l’ll%
no. Siccome è da tener presente che
nel stiddetto anno la popo’azione italiana sarà di oltre 62 milioni, la media dei sacerdoti attivi verrà ad essere
di uno per ogni 1787 abitanti, con la
punta massima per il Lazio di 1 a cinquemila.
Queste aggiornate statistiche cattoliche confermano ancora una volta che
il senso « vocazionale » di tanti giovani è anche decisamente collegato alla
situazione economica e sociale della
propria regione: basti confrontare il
Piemonte (—40 per cento) con la Sardegna ( + 7 per cento).
Roberto Peyrot
Contro Dovalier; appello all'opinione pobblica
Tramite la Direzione di Agape ci è pervenuto questo « appello alVopinione pubblica »
lanciato da un gruppo di studenti haitiani in
Europa:
Il 13 gennaio, la camera legislativa della
Repubblica di Haiti lia approvato aU’unanimità un progetto di legge che conferiva al presidente François Duvalier il potere di designare il suo successore. Tutti i deputati che hanno preso la parola hanno sottolineato che si
trattava di un « voto del popolo », desideroso
di vedere Jean-Claude Duvalier (ventenne) succedere al padre.
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
iiiiiiimiiinimimiiiniiiniiiiimiiimiiiiiniiiiiitimiimii
Ce n’era proprio bisogno?
Il ministro della Pubblica Istruzione Misasi
ha finalmente deciso di varare l’Istituto Statale per il Canto Gregoriano, forse credendo in
tal modo di contribuire a risolvere i gravi
mali della scuola italiana. La spesa, a totale
carico dello Stato e quindi del contribuente, è
prevista in tre miliardi. Il direttore della
nuova scuola .sarà probabilmente padre Pellegrino Emetti, attualmente insegnante di canto
gregoriano al Conservatorio di Venezia. Lo
Stato, così magnanimo in questi casi, pagherà anche un “.salato” affitto per l edificio
in cui funzionerà il nuovo Istituto: si tratta
di un ex-convento appartenente alle suore benedettine.
(da « ABC », n. 6, del 5/2/1971)
PER LA CAUSA DI
ROSTROPOVITCH
-k a celebre violoncellista sovietico
è al centro d’una viva polemica, e subisce limitazioni alla sua attività professionale da parte delle autorità politiche del suo paese: non passa quasi
giorno, che i giornali di tutto il mondo non diano le ultime notizie sul suo
grave caso. Già il 27 gennaio u. s., il
direttore d’orchestra Igor Markèvitch
aveva indirizzato alla signora Caterina
Alexcievna Fourtseva, ministro della
cultura nell’URSS, una lunga lettera in
argomento, della quale riportiamo i
passi più interessanti, che completeranno ed illumineranno opportunamente quanto, in proposito, è uscito su
« La Stampa » del 21 c., in un lungo
articolo di Gianfranco Piazzesi.
« Ho appreso con costernazione la
notizia che è stato vietato a Rostropovitch di venire a Parigi, a dare i concerti preannunciati per i prossimi
giorni, concerti contenenti, nei loro
programmi, la presentazione d’un’opera di Dutilleux e d’un’altra opera di
Oltana.
Avendo il privilegio di conoscerLa,
vorrei attirare la Sua attenzione sul
torto incalcolabile che le vostre autorità fanno alla causa che voi servite,
opprimendo, in modo divenuto ormai
sistematico, degli uomini stimati dal
mondo intero. Volete forse far credere
(cosa che sarebbe contraria alla realtà) che, nei rapporti di potere coi vostri uomini di cultura, nessun progresso (all’infuori che nel dispotismo) è
stato compiuto dal giorno in cui Nicola I censurava Piisckin e lo inviava
in esilio?
Ricordo ciò che Lei mi disse un giorno (1964) nel Suo studio: “Noi La consideriamo uno dei nostri”, dimostrando così la Sua sensibilità all’affetto
che io nutro per le. mia patria d’origine. Infatti stavo a'’ora per terminare
il lungo mio soggiorno presso di voi,
vivendo come uno dei vostri artisti.
Durante quel soggiorno, creammo al
Conservatorio di Mosca il nostro “Corso di direzione” clic rappresentò una
esperienza nuova e ardita. Devo a Lei
una delle cose più inestimabili per un
artista: l’aver potino far scuola.
Ritengo che questa passala collaborazione e il fatto di provenire dalla
stessa Sua terra, mi diano il diritto e
il dovere di parla: Le con franchezza.
In realtà, più ho jiurtecipato alla vita
artistica sovietica, più ho anche constatato quanti talenti e quante utili
iniziative venivano compromessi, talvolta, da certe forre negative, spesso
assurde e non sempre controllabili.
Il primo sintomo, che io stesso ebbi
ad osservare, di un tal genere di oppressione, fu il divieto di eseguire la
“Creazione" di Haydn, tradotta in russo per l'occasione e che il Coro accademico di Svetchnikov si disponeva a
preparare. Il pretesto, per quel divieto, fu colto nel fatto che io, poco ternpo prima, avevo diretto la “Sinfonia
dei Salmi” di Stravinsky. "Troppa musica religiosa”, mi disse uno dei Suoi
colleglli, incaricato dal dipartimento
musicale. In tal modo il pubblico venne privato della scoperta d'un capolavoro di musica (da lui ancora non conosciuto), a causa di alcuni burocrati
i quali valutarono, in modo bestiale,
certe opere che non avevano nulla in
comune. Un simile zelo, degno del custode d'un museo antireligioso, farebbe ridere se non nascondesse una realtà che sembra togliere ogni possibilità
di speranza.
Infatti cosa c’è dietro un simile zelo? La paura. Sì, la paura di tutto (persino di Haydn! ), ed è proprio di questa paura assurda che Rostropoyitch
si augura che il suo paese si liberi. (...)
Eccoci al cuore del problema. Io so,
Caterina Alexeievna, avendoLa vista al
lavoro, quale stimata ambizione Lei ha
per la diffusione dell'arte nell'URSS.
So quanto amore per il Suo paese,
esprima il Suo sforzo. Ma il desiderio
d'un progresso reale è debole in Lei.
V’è un modo d’amare la patria che Lei
sembra ignorare: un modo nel quale
un Rostropovitch e un Solfenitzin superano Lei, e quelli che detengono il
potere intorno a Lei. Qual’è la superiorità di quest’amore? Essa consiste nella fiducia che Solfenitzin e Rostropovitch pongono, in tal misura, nell’URSS, da non temere né libertà né
verità per il loro popolo: anzi in tal
misura da credere che nulla sarebbe
più stimolante e più sano per TURSS,
che darle appunto libertà e verità.
Voi e le vostre autorità siete ossessionati da un’idea fissa. Voi sperate
risolvere il problema posto da un Soljenitzin, riducendo quell’uomo al silenzio. Ma proprio per questo, Rostropovitch ha avuto la temerarietà di dire
e di scrivere quel che molti pensano
nel segreto. Ed è proprio per questo,
che voi oggi tentate d’immobilizzar e
Rostropovitch. Così Libertà e Verità
divengono presso di voi inseparabili,
in questo senso: che voi sopprimete la
prima, per impedire la seconda.
Vera sì un dominio, nel quale sembrava salvaguardata una certa libertà:
era quello dei vostri grandi interpreti.
Fino a ieri, malgrado delle meschinerie
e dei fastidi burocratici frequenti (del
genere della "Creazione” di Haydn),
un Rostropovitch suonava più o meno
ciò che voleva e quando voleva. (...)
Ma come è stato allora possibile che
fra voi non vi sia stato alcuno che si
sia reso conto che, impedendo a Rostropovitch di partire, voi avreste privato Dutilleux d’esser suonato, portando così lontano le conseguenze cattive
della costrizione, ed aggiungendo questo grande musicista (...) all’elenco
delle vostre vittime? Lo stesso per
Ohana (...).
Lei, Caterina Alexeievna, non può
più continuare a tener nascosto il tormento inflitto ai vostri uomini di alta
cultura. La scongiuro di cessare di
partecipare ad una simile indegnità e
di comprendere che, sanzionando questo... costante attentato all’espressione
umana, Lei assume su di sé una responsabilità immensa: ogni volta che
Lei priva un uomo del diritto di espressione, Lei ferisce l’umanità intera. Inversamente, ogni volta che Lei e le Sue
autorità aprono finalmente gli occhi e
lasciano l’inesauribile creatività che
Le circonda espandersi liberamente,
TURSS sarà ciò che dev’essere. Allora
voi avrete il mondo intero con voi. Spero che voi non avrete la reazione, diventata banale (quella che avete verso
Rostropovitch), di vedere nell’iniziativa indipendente d’un uomo di buona
volontà, una specie di delitto di lesa
disciplina. Le scrivo con tanta simpatia, quanta disperazione: spero che
Lei ne vorrà avere rispetto ».
(Da «Le Monde» del 17.2.1971).
Questa lettera ci trova pienamente
consenzienti, ma con un’aggiunta o
precisazione che stimiamo essenziale;
che tanto rispetto (di Libertà e Verità,
come dice il Markèvitch) coloro che
governano devono avere verso 1 ultimo
e più insignificante (o meglio; incolto)
dei cittadini, quanto verso quei cittadini che formano la élite del paese governato.
CLIMA DI REPRESSIONE
IN FRANCIA
Gilles Guiot, lo studente diciottenne dell’istituto Chaptal di Parigi,
ingiustamente accusato di aver percosso un poliziotto (la sera del 9 c.) durante una dimostrazione di « gaiichistes » a Parigi, e sommariamente condannato in prima istanza a sei mesi di
carcere, è stato assolto in appello il
18 c. Il fatto sembra sospendere, per
un momento, la crisi gravísima dell opinione pubblica di tutta la Francia,
oppressa dall’incubo dei poteri, ognor
crescenti, di cui fa uso ed abuso la
, 1 IO T71 \
Il « Journal de Geneve » (del 18.2. /l)
rileva che, « per la prima volta dopo
gli avvenimenti del maggio 1968, la
“massa silenziosa” dei giovani pancini ha parteciapto a delle manifestazioni di protesta e a degli scioperi attivi
negl’istituti scolastici. Questo fatto
nuovo, che inquieta numerosi osservatori, è stato il primo risultato diretto
deir'affare Guiot”, che ha agitato liniero paese.
Mercoledì 17, lo sciopero si estese alla totalità delle scuole di Parigi e regione circostante, e molti cortei e riunioni vennero organizzati in diversi
punti della capitale e della periferia,
domandando la liberazione di Gilles
Guiot. Alcuni incidenti scoppiarono in
occasione d’una grande manifestazione che riunì 10.000 giovani nelle strade della capitale. (...) In definitiva, sarà questa “massa silenziosa” di giovani, più della violenta minoranza "gauctiista”, che deciderà se V’affare Guiot”
è un semplice incidente senza futuro,
o invece è il detonatore e il catalizzatore d’un’agitazione studentesca generalizzata ».
Duvalier, dopo aver in.‘ilaurato la presidenza a vita, fonda ora la presidenza ereditaria.
L'idea è tale da provocare stupore, addirittura ilarità. Ma questo significherebbe dimenticare ebe dietro questo sipario grottesco si
svolge il dramma di tutto un popolo. L'ultimo
atto ebe il Caligola dei Caraibi si appresta a
compiere deve essere considerato per ciò ebe
esso è in realtà : uno scbialfo alla coscienza
democratica e alla dignità di tutti i popoli.
Il governo ebe Duvalier vuole perpetuare
passando le redini a suo figlio (pare clic il
dittatore sia gravemente ammalato) è il regime
dei massacri indiscriminati, delle esecuzioni
pubbliche e degli arresti in massa, dell’esproprio e della deportazione dei contadini, dello
.sfruttamento intensivo degli operai a favore
delle compagnie straniere, del bando di tutte
le organizzazioni sindacali e democratiche, della disoccupazione, della tassazione sfrenata,
dell’esilio di migliaia di professori, artigiani,
studenti, professionisti, preti, dell’imbavagliamento della stampa, del furto a mano armata
eretto a legge, dell’incuria e della corruzione
nell’qmmiuistrazionq, della demolizione di tutte le istituzioni del paese nel disprezzo più assoluto dei diritti dell’uomo e di tutti gli impegni internazionali sottoscritti da Haiti nel
quadro delle Nazioni Unite e delle convenzioni di Ginevra. Ciò che questo regime si propone inoltre è di peggiorare la situazione economica del paese : da tredici anni, fatto unico al mondo, il reddito prò capite di Haiti non
fa che diminuire.
Il regime di Duvalier ha come sola assise
il terrore esercitato dalla sua guardia pretoriana ; i famosi tonton-macoutes, reclutati tra gli
assassini e i ladri e inquadrati da qualche
grande proprietario fondiario, qualche commerciante e un pugno di arrivisti provenienti
dalle classi inedie. Per dare un’apparenza popolare al loro apparato repressivo, essi arruolano anche dei contadini affamati e terrorizzati dalle campagne.
Malgrado questa efficace organizzazione del
terrore, il solo settore sviluppato in mezzo al
sottosviluppo generalizzato, tentativi di sollevazione vedono la luce ogni anno. Ma ogni
volta sono soffocati nel sangue con metodi tali che fanno del Brasile, al confronto, un paradiso di legalità.
E tuttavia questo regime riceve l’appoggio
del governo degli Stati Uniti d’America. Duvalier. come è noto, è stato insediato al potere
nel 1957 grazie al Dipartimento di Stato. Fu
la missione militare americana ad incaricarsi
dell’addestramento delle prime orde di tontonmacoutes. Ciò nonostante, in occasione del
lancio deir Alleanza per il Progresso, alcune
difficoltà relative ai metodi sorsero tra le parti ; la politica grossolanamente repressiva di
Duvalier fu giudicata poco decorosa dall’amministrazione Kennedy. Questa posizione ebbe il suo sbocco nella politica conosciuta con
il nome di « doppio gioco » nei confronti di
Haiti : essa consisteva da una parte in un debole sostegno dato a Duvalier e dall’allra in
un appoggio all’opposizione legata all’ex dittatore Magloire. Ma gradatamente, con Johnson
e definitivamente con Nixon. Duvalier ha ritrovato il pieno accordo con il governo americano che ha ricominciato a dare il suo aiuto economico e militare al regime ormai in decadenza. Secondo un rapporto di Nelson Rockefeller
davanti ad una sotto-commissione del Senato
americano, nel novembre 1969, questa assistenza americana prejiara « il ritorno della democrazia ad Haiti ».
Oggi questo « ritorno della democrazia » si
annuncia con la successione a Duvalier da parte di suo figlio, un giovane di vent’anni. a tutti noto per la sua incapacità intellettuale e i
suoi eccessi di viveur, con l’opportunità offerta
a compagnie americane e canadesi di sfruttare
senza scrupolo una « mano <1 opera a buon
mercato », e con la possibilità data a qualche
turista americano di riposarsi, lontano dai rigori dell’inverno, nella « pace delle tombe »
che regna ad Haiti.
Nel corso degli ultimi anni, grazie all’ambasciatore americano Claude Ross, all addetto
militare americano, maggiore James Butler, e
alla collaborazione diretta del servizio segreto
americano (CIA), all’insegna della caccia ai
comunisti numerosi compatrioti son stati vilmente assassinati, altri torturati e gettati in
prigione, nell’aprile 1969, nel gennaio 1970 o
nell’aprile 1970. La legge François Duvalier
del 28 aprile 1969 contro il comuniSmo ha come sola similitudine la legge analoga proinulgata dal regime di Hitler; essa rende passibile di pena di morte « chiunque conversi o abbia corrispondenza con persone che si dedicano alla diffusione delle idee comuniste
Spinto dalla paura di una seconda Cuba nel1 America latina, il Dipartimento di Stalo non
avrà certo alcuno scrupolo nel decidere che
Jean Claude Duvalier o un altro della stessa
mafia succeda al dittatore regnante se questa
farsa può assicurare al governo americano un
mezzo per impedire che il popolo haitiano
forgi il proprio destino liberamente.
Confidando nella solidarietà deH’opinione
pubblica europea un gruppo di studenti in
Francia, Belgio, Germania, Italia, Svizzera e
Spagna, tutti haitiani, lanciano questo appello;
« Fermiamo la mano del dittatore Duvalier;
Fermiamo la mano di Nixon e di Rockefeller;
Denunciamo le loro ultime manovre ».
Europa, 20 gennaio 1971.
N.B. - Gli studenti haitiani si scusano di non
poter firmare questo appello a causa della
repressione della dittatura di Haiti.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (Torino)