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ECO
DELLE min VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
TORRE PHiLICB
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno XCVII-N. 5
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TORRE PELLICE — 3 Febbraio 1967
•Ammin. Claudiana Torre Pellice - C.CJ. 2-17557
L’EVANGELO
e la buona volontà
Giorgio Peyrot e Mario Gardella,
in questo stesso numero, discutono
il discorso del pontefice romano al
tribunale della Sacra Rota, che ha
suscitato tante reazioni nei giorni
scorsi. Ma c’è un aspetto che essi
non toccano, e che vorrei invece sottolineare.
Non aggiungerò alle molte, anche
cattoliche, la mia ironia: ma certo
c’è da chiedersi in che cosa consista,
per Paolo VI, la « fortuna » di paesi come l’Italia, la Spagna, l’Irlanda, il Paraguay e pochi altri, che
non hanno ancora inserito la regolamentazione del divorzio fra le loro norme giuridiche. Come tutti ben
sanno, non c’è paese pari all’Italia
in fatto di felici, serene relazioni fra
j sessi... Forse l’avv. Mario Berutti
potrebbe inviare in omaggio al pontefice una copia del suo eloquente
volume su « Il divorzio in Italia »,
edito un paio d’anni fa da Comunità; per documentazione.
^ ^ ^
Quando a Gesù Cristo posero la
questione del divorzio, egli non si
rivolse affatto al Sinedrio, chiedendo che abolisse il divorzio riconosciuto e regolato dalla legge mosaica cc per la durezza dei vostri cuori »; alla cerchia dei suoi discepoli
ricordò che esso contraddiceva all’intenzione originaria di Dio, quando creò l’uomo e la donna l’uno per
l’altro; e domandò alla sua comunità messianica, alle soglie del Regno, di vivere secondo questa intenzione originaria del Signore; ogni
diverso atteggiamento, anche giuridicamente valido (ed era una legislazione religiosa!), significava rinnegamento di quella volontà, contraddizione al fatto che a il regno
di Dio si è avvicinato ».
Ma significherebbe proprio non
avere sensibilità alcuna per la tensione soggiacente al messaggio di
Gesù Cristo — e per la reale situazione umana! — pensare che il Signore abbia inteso fornire in tal modo una formula di buona vita, una
specie di elisir della felicità. Come
in tanti altri aspetti della vita umana, anche qui viene alla luce il contrasto tremendo, lacerante fra il regno di Dio e quello dell’uomo (anche ecclesiastico), fra le norme dell’uno e deU’altro, fra due « felicità ».
Paolo VI insiste — e date le sue
posizioni teologiche ed ecclesiologiche forse non può fare altrimenti
sul diritto, per la Chiesa, di premere sulla società non con la forza della sua testimonianza vissuta, ma con
il peso istituzionale di santa romana sede. In tal modo una volta ancora il « vicario » segue una via diversa da quella seguita da Cristo.
Ma soprattutto. Paolo VI immiserisce a regola di buon vivere, cui
ogni persona di « buona volontà »
non può non acquiescere, un messaggio, un ordine, un appello che
sulle labbra del Signore vibravano
della tensione drammatica verso il
mondo nuovo di Dio, che viene, ma
che ancora non è presente fra noi
se non nella persona del Cristo, in
lui soltanto; un mondo nuovo visibile — e non senza ombre e contrad<Hzioni — solo alla fede, senza comune misura con il mondo ragionevole della buona volontà umana. Parole di parroco, non di profeta,
quelle che abbiamo udito dall’aulico soglio.
^
Più volte negli anni scorsi ho insistito sulla necessità che meditassimo
e discutessimo a livello biblico e
teologico la questione del divorzio,
che si « sentiva » venire, infine, an
Quest'Italia,,
PRESENTATA ALLA SOBBONA
U brontolio do! tuono
E non è ancora accaduto nulla!
La stampa vaticana e quella cattolica italiana han dato luogo ad una
vivace polemica sul voto con cui la
Commissione affari costituzionali della Camera ha dichiarata la piena legittimità costituzionale di una proposta di legge ordinarla tendente ad
introdurre nelTordinamento italiano
qualche altro caso particolarissimo di
scioglimento di matrimonio oltre quell’unico previsto dal codice civile; la
morte di uno dei coniugi.
Non il merito della proposta di legge — il cui iter parlamentare è ancora lungo ed incerto — è stato posto
in discussione, ma, come se Annibaie
fosse alle porte, sono stati risollevati
in mcdo allarmistico i temi delTindissolubilità del matrimonio, delTintangibilità del Concordato, e financo
quello del turbamento della « pace religiosa». L’aspetto più grave però di
questa polemica sta nelTappre^amento che il papa ha creduto di dover fare sul voto emesso da un orgar
no del parlamento italiano; mentre è
risaputo che l'interpretazione delle
norme della costituzione italiana è
materia del tutto estranea alla competenza degli organi di una qualsiasi
confessione religiosa. Pertanto anche
il pontefice romano non ha nulla da
dire in una questione del genere,
qualsiasi sia la norma costituzionale
che venga sul tappeto, sia pur Taxticolo 7 o solo il 29 riguardante il matrimonio. La competenza in tal caso
rimane esclusiva dei cittadini italiani e degli organi dello Stato; ogni altro intervento costituisce un’indebita
interferenza irrispettosa per la sovranità italiana.
Il matrimonio poi non è un reservatum ecclesiasticxim, ma un istituto
giuridico soggetto a diversa .disciplina da parte dello Stato e delle Chiese.
Ed era ben noto ad entrambi le parti,
ancor prima della stipulazione dei
Patti lateranensi, ohe, se per la Chiesa romana Tindissolubilità del vincolo è proprietà essenziale del matrimonio celebrato secondo il diritto canonico, per il diritto dello Stato, stabilito dai codici del 1865 e del 1942, la
norma che recita; «il matrimonio
non si scioglie che con la morte di
uno dei comniugl», attiene non già
alla natura del contratto matrimoniale, ma agli effetti civili del medesimo. Ed in tale materia lo Stato si
è riservato un insindacabile giudizio
unilaterale.
Non sembra quindi ohe il recente
voto parlamentare possa valutarsi come un’interpretazione unilaterale delTart. 43 del Concordato che legittimi
l’altra parte a sbracciarsi in un’opposta interpretazione. Tale questione
presenta due aspetti diversi. L’imo è
di natura religiosa ed è stato precisato in modo egregio da un giornale
cattolico olandese («De Volfcskrante»,
24 genn.) nel senso che «se il Vaticano tenta di ostacolare l’introduzione
di leggi che permettono il divorzio
sventolando disposiziani concordatarie, esso si serve di uno strumento
politico per imporre la propria convinzione non solo ai seguaci della fede, ma anche agli altri. Ci sembra che
ciò è contrario a quella libertà di religione e di coscienza òhe il Concilio
Vaticano II, con tanti consensi e con
tanta solennità, ha elevato a principio ispiratore delTintiera Chiesa cattolica». L’altro è di natura politica e
pertanto va valutata a tempo debito
e non prima ohe sia accaduto alcmichè. Ove con legge ordinaria venissero introdotti nuovi casi di scio^imento nell’ordinamento matrimoniale italiano, la S. Sede potrebbe anche
considerare Teventualità di denunciare unilateralmente ü .Concordato.
Nessuno potrebbe impedirglielo. Richiamandosi al fatto òhe i concordati
si reggono sul fondamento enunciato
dal principio « retails sic stantibus»,
potrebbesi eccepir't'chè tale legge muti la situazione preesistente, asserendo che in sede concordataria la Chiesa romana in tanto consentì che al
sacramento dei matrimonio seguissero in Italia gli effetti propri del matrimonio civile, in quanto per Tappimto tra questi era compreso quelTindissolubilltà ohe per la Chiesa romana ha tuttavia diverso significato
e valore.
Ma dato che una legge sui possibili
casi di divorzio in Italia non c’è ancora, ogni allarme, ogni « riserva »,
suona attualmente solo come minaccia tendente a montare l’agitazione
degli ambienti cattolici integristi per
« riproporre in primo piano questioni
di principio vitalissime e non rinunciabili », a proposito delle quali giova
ripetere con lo Jemolo (« La Stampa»,
6-5-1966) ; « E^x)ca giovannea continuata dal successore; fine dell’era co
stantiniana; apertura; rifiuto da parte della Chiesa del potere politico; si
può parlare di tutto; discutere di
tutto; colloquio tra cattolici e protestanti; tra credenti e laici; si cerca
onestamente di vedere ciò òhe può esserci di buono, di sano, nel sentire
deU’awersario. Ma poi si prospetti un
disegno di legge sul divorzio (od altro)... ed ecco si sente subito il brontolio del tuono. Altro che epoca giovannea; torniamo indietro di centosedici anni».
Se si vuole ristabilire un clima pesante nei rapporti tra la Chiesa romana e lo Stato, se al tuono dovesse
seguire il fulmine e denunciarsi il
Concordata, biso^erebbe allora considerare òhe Tinsieme dei Patti lateranensi verrebbe a cadere, jjoichè, secondo quanto lo stesso magistero romano ha sempre insegnato, il Concordato è «inscindibilmente congiunto al Trattato... come a condizione di
essere e di vita» È. vero òhe con un
tal gesto si minaccia financo di riaprire la famosa « questione romana »,
ma basta dare un’ocdhiata ai Patti in
questione per vedere quale sia la mole
di privilegi per la Chiesa romana e di
oneri per lo Stato òhe verrebbero a
cadere; e ciascuno potrà farsi il suo
conto al momento dovuto.
Nel frattempo il clima minatorio
ed allarmistico insito in questa polemica clerimle ed oltrantista, non sembra giovare al cattolicesimo, poiché
già risolleva per naturale contraccolpo i risentimenti dei non sopiti ambienti anticlericali italiani. Comunque
è già chiaro qual è la parte che sta
agitandosi per risoUevare gli «storici
steccati». Di fronte ad una tale evenienza noi evangelici i^r certo non
monteremmo la guardia su questi
steccati come se fossero le barricate
della hbertà, ma non possiamo non
rilevare che è fin d’ora assurdo sollevare su di un problema matrimoniale la questione della « pace reli.giosa» che non c’entra; sarebbe un
atteggiamento ipocrita e ridicolo.
Nessuno viola, nè intende turbare la
pace o la libertà religiosa in Italia,
poiché essa è - resterebbe assicurata
in modo integrale per tutti dal dettato della Costituzione, anche nel caso
che ex parte eoclesiae dovessero denunciarsi i Patti del 1929.
Giorgio Peyrot
La “Bible «ecuméDÌi|ue„
Il 17 u, s., nelVaula magna della Sorbona^
è stato presentato il primo fascicolo della
^’Bible oecuménique^’f costituito dalla nuova
traduzione concordata deWEpistola ai Romani. Uopera di traduzione di tutta la Bibbia
dovrebbe essere completata entro cinque anni: vi lavora un’équipe di studiosi cattolici^
ortodossi e protestanti. Contiamo ritornare
ampiamente su questo avvenimento che si
può ben definire storico, ma di fronte ài
quale non possiamo nascondere varie perplessità.
Il pastore
e la bomba
Abbiamo già parlato del pastore riformato francese René Cruse, 44 anni, della comunità di, Nevers (Nièvre), il quale si presenterà alle elezioni legislative francesi per
lottare contro l’arma atomica : questo è stato
il suo unico tema nel corso della campagna
elettorale. Le autorità della sua Chiesa
(E.R.F.), che a varie riprese hanno protestato — come quelle delle altre Chiese unite
nella Federazione Protestante di Francia —
contro le esperienze nucleari, gli hanno accordato un congedo. Ha temporaneamente lasciato il suo ministero e la sua comunità,
e ultimamente ha fatto a. « L’IBustré Protestant » delle dichiarazioni in cui ha detto,
fra l’altro : « Evidentemente, nel gioco politico sono un po’ un guastafeste. Uu uomo
politico molto noto da queste parti me l’ha
detto: ’Lei squilibra il rapporto di forze’.
Lo faccio volutamente; pongo un’esigenza ai
partiti scuoto i cristiani (...). Un pastore
sarà giudicato dagli uni troppo, dagli altri
troppo poco ecumenico, sociale, autoritario,
liturgico... Così è pure quando si pone l’accento su una data posizione assunta dalla
Chiesa. Ma non posso credere che questo
sia un fattore di divisione più grave del fatto di essere discusso perchè si tiene a mettere delle candele sulla tavola della comunione ».
Nel numero del 18 gennaio, il quotidiano
parigino « Le Monde » pubblicava, in proposito la lettera di una lettrice, la sig.a
M. Schaepelynk : « Esprimo l’auspicio che
da questo nuovo pulpito vuoto — quello del
pastore Cruse — giunga un messaggio, anzitutto a noi cristiani. Che sappiamo comprendere che la Chiesa non ha ’’perduto” un
pastore nella persona di René Cruse, ma che,
grazie a lui, ha un mezzo di più per farsi
udire ».
niimiiiiinmimimim’iiiiiiiiit'mMiMii
.iiiiiuminiuniiMimimiiiiiniiimiimiimiii«ii
niTiiiitioiiMiiMMiiiiMMimmmmiimiimiiiimiiimiimmiiiimmitiiuii
iiiiiiiiiinmiiMmmiiiiiiiiiiii
IN UNA COMUNITÀ’ DELLE VALLI
Sotto inchiesta il 17 Febbraio
STUDENTI INQUIRENTI
Siamo in clima di XVII febbraio;
Scuola Domenicale, ^tecumeni, alunni della scuola Media si tuffano per
qualche settimana nella vita passata
del nostro popolo per scoprire l’ùmiltà, la fedeltà, lo zelo evangelistico
dei padri, le loro debolezze, per
non farne dei miti, eroi troppo staccati da noi. Si avverte però, nel
corso del dialogo con i nostri ragazzi,
un certo disagio, quando si parla degli adulti che esaltano i Padri e la
festa del 17; perchè non vedono
ne^un rapporto tra la condotta degli
« eroi » della fede e il disinteresse per
i problemi vivi del tempo da parte dei
loro padri di oggi. Per qu^to gli alun
Mmiiliiiiiinmimiiuii'ii'iiiiimmitmtiiiiii
......................... I
che da noi. Non si può dire che si
sia fatto molto. A parte una ormai
lontana settimana teologica ad Agape, solo ora è uscito un breve studiò di Aldo Comba su « Il divorzio »
(Claudiana): sarà forse discusso, ma
deve esserlo; intanto una commissione sinodale sta studiando tutto il
complesso dei problemi matrimoniali, come si pongono oggi. Sia
questo studio condotto a livello delle comunità, com’è avvenuto di recente nel presbiterio lombardo, in
una maturazione della fede —^ vissuta — di tutta la chiesa. g. c.
ni della sfonda media della Scuola
di X... hanno accettato di interrogare,
a mezzo d*un questionario, un gruppo
di persone appartenenti a cat^orie
sociali diverse per scoprire l’intimo
del loro pensiero intorno alla storia
passata in riferimento al tempo presente. Gli alunni hanno svolto la loro
inchiesta in un gruppo di parrocchie
di tipo diverso, ecco le domande e le
risposte più disparate:
1) Mai letto la storia valdese? Una
certa percentuale dichiara di si, mentre un gruppo risponde negativamente ed altri precisano: in parte, molto
tempo fa, un po’, un pezzo, non a fondo, non profondamente, non m’interessa, non mi ricordo più.
2) La seconda: in òhe secolo è vissuto Valdo? Anche a questa domanda
un gruppo indica il secolo Xn, altri il
XVIII, XIII ed alcuni si trincerano
dietro « un non ricordo », o « non mi
interessa ».
3) qual’era lo scopo della missione
di Valdo?
Le risposte sono prevalentemente
vaghe ed imprecise ; eexone alcune più
vicine allo scopo: evangelizzare, far
conoscere la Bibbia, evangelizzare i
poveri, convertirsi alTideale di povertà
cristiana e virtù evangeliche, tornare
alla purezza dell’Evangelo, liberandosi
dal dogmatismo, ideale di povertà ed
ubbidienza a Dio, dimostrare la caducità dei beni terreni.
Altre invece suonano cosi: riconciliare i Valdesi ( òhe non c’erano ancora), perdere il denaro e salvare l’anima, che tutti diventassero Protestanti
per evitare diversità di religione ; una
grossa percentuale risponde invece:
non ho tempo, non saprei, non ho
tempo per rifiettere, e così, via.
4) (3he scopo ha per te il 17 febbraio?
Risposte : alcuni : essere liberi di fare il culto, ringraziare Dio per la libertà di coscienza, diffondere il Vangelo,
professare liberamente la fede, libertà
di pensiero e culto, significato più storico ohe religioso, esprime Tamor di
Dio verso il nostro popolo ; altre risposte piuttosto imprecise: ricordo
del rientro alle Valli dei Valdesi; e
poi affermazioni che non dicono assolutamente nulla.
5) Ohe senso hanno i falò, il corteo, la presenza delle autorità civili e
l’agape?
Vi sono dichiarazioni di entusiasmo
come queste ; un valore ohe non tutti
sanno apprezzare ; le autorità ci ricordano casa Savoia ed il magnanimo
Carlo Alberto; il pranzo esprime la
comunione fraterna: i fuochi indicano la gioia, un modo di ringraziare il
Signore; è una lesta tutta nostra.
Tunica che abbiamo ; piace il costume.
F. F. ■ Primo Distretto
La giornata mondiale di preghiera
avrà luogo venerdì 10 febbraio 1967
alle ore 15 nel Tempio di SAN GERMANO OHISONE.
Tutte le sorelle sono cordialmente
invitate.
anche se altri pensano che sia un carnevale; le autorità, indicano la nostra
riconoscenza a coloro òhe nel 1848 e
di idee liberali concessero la libertà;
accanto a queste affermazioni non
mancano numerose dichiarazioni specialmente dei più giovani ohe dicono :
è pura tradizione, non serve a niente,
è come un carnevale, una volta aveva
un senso mentre oggi è un rito che si
ripete per pura abitudine, il pranzo è
in fondo una buona mangiata, c'è soltanto un aspetto esteriore; e poi dei
« non m’interessa », « non ha nessun
valore » e cori via.
6) domanda: che cosa hanno realizzato i Valdesi nel 1848 e noi oggi
cosa potremmo fare di simile?
FEDE NEL DIO DENARO
Risposte : Dopo il 1848 i Valdesi diffusero la loro fede mentre oggi discutiamo problemi òhe reputiamo più importanti e trascuriamo la fede! I vecchi hanno fatto ed ora tocca ai giovani (sic); impegnarsi oggi a cercare
l’unione coi fratelli separati; i Valdesi non fanno nulla; oggi si è troppo
attaccati al denaro ed alla vita mondana ; manca la fede ; un interpellante
preferisce addossare la colpa ai Pasto,
ri e liberarsi candidamente della sua
responsabilità! (mah, fino a quando
ci saranno ancora Pastori da criticare
per giustificarsi, almeno delle Valli?).
Oggi non c’è inù nulla da fare, i^ròhè
abbiamo raggiunto la libertà di celebrare il nostro culto tranquillamente!
CONTINUA
IN QUARTA PAGINA
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pag. 2
3 febbraio 1967 — N. 5
IL DITO NELLA PIAGA
..; ,, f r- - —
' V / ■' 1 -.
Paolo VI, lo Stato,
al divorzio
^Caccia e pesca
A scanso d’i^uivoci diciamo subito
^9 noi evangisfUci siamo, in linea di
prind{>ip per rindisisolubilità del matfjtopnio, CTonsideriai^ il divorzio
come mancanza d’aniore, peccato
dun^^, la cui responsabilità .può essere in misura madore o minore di
questo o di quest’altro coniuge, o di
entrambi. Senza delucidare Targomento con motivazioni teologiche, fiduciesi del buon senso dei lettori, diciamo
semplicemente: due persone ohe, per
ragioni di peoòato e incapacità di ravvedimento, pon hanno più nulla da
dirsi è, vivono una vita grama, perciò
generatrice d’altri peccati, riteniamo
giusto ohe si dividano offrendo loro
nuove possibilità di vita che la separazione legale ottusamente esclude.
Riteniamo il divorzio una forma di
carità per scongiurare mali peggiori,
un mezzo legale attraverso il quale
la carità cristiana può manifestarsi.
Non è un gioco di parole: la fortuna del progetto Portixna, detto del
« .xxiocoio divorzio » è, come altre cose,
legato aU’unità delle sinistre. Sul filo
di questo discorso è delucidante il fatto ohe il divorzio non esiste nel Portogallo di Salazar i>ersecutore dei patrioti angolosi, nella Spagna di Pran00 dove gli oppositori come Grimau
vengono fucilati o strozzati con il filo
di ferro della « garrota ». Per la cronaca: il divorzio era stato introdotto
in Spagna nel 1932, con la proclaipazipne della repubblica, e soppresso
dopo la vittoria fascista. Due esempi
che dovrebbero essere sufficenti per
dimostrare come il divorzio, — che
poi ò iin àiàì>ettp della riforma delristìtùtb fàmlliare insidiato da una
legislazione superata — non sia grar
dito ài governi reazionari i quali trovanp ragione di esistenza <mà anche
motivo di crisi!) mortificando ogni istànza di vita nuova negatrice del
cotìservatorismo politico e sociale.
Ih casa nòstra il problema del divorzio venne posto sin dal sorgere
dello stato unitario. Negli anni che
vatinò dal 1876 al 19M vennero pr^
sentati ,é regolarmente bocciati diversi prediti di divorzio. Dopo vi
fu il fascismo, dai gagliardetti intrisi
d’acqua santa, 11 quale aveva altre
cose dà pensare <die il divorzio: stabilire utili e saldi legami con il Vaticar
no che, a sua volta, non trovava a
ridire se battaglioni di preti sfilavano
per le strade a braccio teso salutando
come i pagani nelle arene, bagnate di
sangue cristiano, salutavano l’imperatore.
Ora si ritorna a parlare di divorzio
(da diversi anni, in verità), e pare
con successo. « L’Osservatore Romano » dovrebbe sapere che sono passati
quattro secoli dal Concilio di Trento
nel corso del quale venne ribadito il
principio della indissolubilità del matrimonio. D’aUora molte cose sono
cambiate: e i>er il cattolicesimo (che
non è solo la curia romana) e per
il potere delle classi dominanti esercitato ieri con « tranquilla » prepotenza, perchè non ostacolato da una
qualificata opposizione di sinistra. Vi
è stata, per parlare di latti prossimi
a noi, la Resistenza, anche se la D. C.
è di memoria corta. Oggi, nonostante
il sanfedisno democristiano, vi è in
Italia, se la dignità civile ci sostiene,
possibilità di porre e risolvere problemi secolari e contemporanei come
l^umiiiazione inflitta, nel ’60, alla vocazione fascista del governo Tambroni. Argomenti che non dovrebbero essere estranei aH’acume politico di im
Paolo VI il quale pare si ostini ^
ignorarli, se consideriamo il suo intervento, non certo corretto verso lo
Stato italiano, alla Sacra Rota.
La storia del progetto Fortuna è
la storia d’ogni faticosa affermazione
di principi! democratici. Cinque mesi
or sono il d. c. Riccio, in sede di
Comm. di Oiustizia, sostenne l’incostituzionalità del « piccolo divorzio »
e chiese, e la votazione gli fu favorevole, che la questione fosse devoluta
per il parere alla Comm. Affari Costituzionali, dove il progetto stette
più del previsto causa le manovre ritardatrici dei d. c. impegnati in lunghi discorsi. Finalmente il 19 gennaio
0. a. la Comm. Aff. Cost. espresse con
25 voti contro 20 parere favorevole
circa il progetto Fortuna, dimostrando che l’art. 7 non è in opposizione
al divorzio per due ragioni: a) essendo lo Stato italiano e la Santa Sede
due poteri distinti; b) dal momento
che la Costituzione non parla di divorzio, ne lascia automaticamente aperte le possibilità di istituzione. I d.
0. che nel 1953 imposero rincostituzionale « legge-truffa » ohe il voto popolare respinse, si sono presentati in
occasione del progetto Fortuna —
elasticità del trasformismo! — come
strenui custodi e difensori della Costituzione intesa, però, quale ancella
del Diritto canonico. Ma sono stati
battuti, e la loro sconfitta — alla
quale pensiamo possa far eco il voto
favorevole del Parlamento al « piccolo divorzio » — è veramente una affermazione costituzionale, in virtù della
quale viene denunciata l’infondatezza delle argomentazioni di coloro che
ritengono il divorzio contrario agli
articoli 7 e 29 della Costituzione nonché all’art. 34 del Concordato. Viene
cosi; a cadere, tanto per prendere una
voce ite! poro jdegU opMSitori, fi giudizio dèi Prcwuratoì*, gei^rale <iel aistretto, ,gi|idlzia^ò di „(Stìnova, dòtt.
Carmelo Spaghuolo, sécohdo.. il. quale
ogni progetto di divorzio sarebbe prematuro e, nel caso una legge del genere venisse approvata, metterebbe
in crisi l’intero istituto concordatario,
e perciò quella parte della Costituzioné che in via rigidamente condizionata lo contempla.
Ohe il divorzio non è in contrasto
con la Costituzione è stato dimostrar
to da giuristi cattolici come il prof.
Germani e il prof. Galante Garrone e
da Arturo Carlo Jemolo premuroso,
fra l’altrp, ,di smentire il d. c. on.
I^lcpìo S^ndo il qh^q, lo Jemolo avrèbbe espresso pareri di incostituzionalità circa il divorzio. Ma vi è di
più: «La Stampa» di Torino, non
certo giornale di sinistra, il 23 gennaio ha dedicato un lungo articolo ài
divorzio, do-ve leggiamo : « Non troviamo nulla che indirettamente ponga
ij presupposto della indissolubilità
del matrimonio » (...) « Si tira sempre
ih ballo l’art. 7 ohe rimanda ai Patti
lateranensi. Mà anche questo è un
argomento superabile».
Non pretendiamo ohe Paolo VI sappia delle preocc^azionì familiari, morali ed economiche di im mio compagno di fabbrica, un giovanq padre di
una bambina avuta da una donna
aniata ma « separata » dai marito (un
fannullone che la picchiava e la tradiva). Non pretendiamo ohe Paolo VI — talvolta impegnato, con un
certo merito, in cose ciii plaudiamo,
dal momento che la « concorrenza ecclesiastica» non deve essere costrime
cristiano — conosca di persona le
preoccupazioni di ì. L- che non elenco perchè intuibili anche a Paolo VI
il quale, come pastore, è tenuto particolarmente a ,con<fficere, almeno in
sintesi, determinati aspetti del vivere
degli uommi; per esattezza, nel caso
nostro : di un « coatto convivere »,
non più sostenuto dall’amore, cPnvivehza disastrosa ostinatamentè difesa dà un sacramento ohe Cristo non
ha istituito e che Ìa Chiesa di Roma — lumi teologici! — ha pensato
di ricavare dall’Évangelo.
Bppurè , Paolo Vi, il quale conósce
IL,^ramina del «separati,» e,,ne sono
p^nvintò, ne soffre òomè ogni uomo
per bene, è Intervenuto II giorno 23 ultimo scorso, contro il «piccolo divorzio » con un discorso in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario
della Sacra Rota. In qualità di cittadini ravvisiamo nel comportamento
di Paolo VI gli effetti dell’antica vocazione ten^rale della Chiesa di
Roma, una ingerenza negli affari interni dello Stato italiano che sono, a
rigore, materia costituzionale e non
di diritto canonico. Come credenti
ravvisiamo nell’intervento di Paolo Vi upa concezione legalistica della
grazia data da Dio agli Uomini tratìilte CJnSto, individùiSho nel ipensiero del papa una interpretazione fondamentalistica di Mt. 5: 32.
“ santa „
Alcuni lettori romani ci hanno inviato copia de « Il Tempo » del 21-l-’67, su cui era
pubblicato, con qualche rilievo questo delizioso trafiletto ecumenico, comparso pure su
altri quotidiani romani. E una lettrice l’ha
pure commentato... red.
Tramite la Bibbia, sappiamo che
Dtp, fivelàtosi a Mosè,, cpncesqe U divòrzio per la « durezza del cuore degli uomini ». Ora non vediamo perchè Gesù, ohe in verità è morto per
la « durezza dei nostri cuori », non potrebbe assecondare il divorzio, proprio per la « durezza dei riostri cuori». Ma dal ihomerito che Gesù è
morto per 1 nostri peccati e non per
legittimare la nostra viltà spirituale,
dobbiamo fare ogni sforzo — tramite
l’amore reciproco fra marito e moglie
(I Cor. 7: 3-4) — per non giungere al
divorzio, perchè il divorzio è sempre
motivo di imperfezione di un rapportò umano. Su questo puntò non vi
devono essere dubbi, come del resto
non dobbiamo esitare a dichiararci
favorevoli a un divÒi^ « equilibrato
e rettamente sindacàto», tramite il
quale possiamo portare la pace dove
manca e offrire nuove prospettive di
vita a degli esseri umani.
Riteniamo ancora che il divorzio,
preso a sè, non può risolvere tutti i
prPbleini della vita fMniliare e che
questi dipendono dà cause varie che
vanno eliminate sili piàiio sociale,
educativo e giuridico e, per quanto
come credenti ci riguarda, con l’ausilio della fede in Dio, radice e ispiratore d’ogni autentica giustizia.
La Congregazione per la Dottrina della Fede ha prorogato per un anno ancora l’antica
disposizione, valida solo per la città di Roma, con la quale si stabilisce che i cattolici
non devono pregare nelle chiese protestanti
della Capitale.
Alcuni gruppi protestanti di lingua inglese e tedesca avevano proposto la recita di
preghiere in comune con i cattolici nei loro
templi. Il Segretariato dell’Unione dei Cristiani, trattarulosi della città di Roma, vincolata da aritiche leggi, ha girato la richiesta
al Vicariato, il quale a sua volta ha sottoposto la domanda alla Congregazione della Dottrina della Fede la quale ha risposto che non
sembrava opportuno accedere alla richiesta
per almeno un anno. E’ permesso invece ai
protestanti di pregare liberamente insieme
ai cattolici nelle chiese cattoliche.
Monsignor Vallarne, capo dell’ufficio stampo della Santa Sede, Ita chiarito che la disposizione è da intendersi valida per la sola
diocesi di Roma e non lega gli altri Presuli
i quali, ciascuno nella propria diocesi, po
tranne prendere le disposizioni che vogliono
Sf non l’flvessero pubblicato alcuni auto
reyoli quotidiani della capitale, in data 21-1
1967, stenteremmo davvero a credere che
l’articoletto, qui sopra riportato, possa ri
spendere a. realtà. Involontariamente il pen
siero toma ai versi citati dal Voltaire, « Die
tionnaire Philosophique », Capitolo « Convul
sions », che commentavano il divieto di ac
cesso al cimitero di St. Médard, a Parigi,
dove si riteneva che avvenissero miracoli.
« De la part le roi, défense à Dieu
De plus fréquenter en ce lieu ».
Mario Gardella
Oggi, non ci potrà capitare di trovare af
II
nuovo
in un
Mancano due mési al primo numero di «Nuovi Tempi»; alcuni pensano che tanto valeva aspettare l’Assemblea Costituente delle chiese evangeliche italiane, che avrà luogo questo autunno, considerando le complicazioni organizzative e finanziarle che
presenta la creazione di un foglio che
sia letto nelle nostre chiese e fuori.
Complicazioni di questo genere ve
ne saranno però sempre; e sempre
sono state superate dalla volontà di
compiere un’opera quand’essa è sentita e voluta da tutti.
La difficoltà del momento è invece
un’altra, od è quella di predicare IHvangelo di Gesù Cristo agli uomini
del nostro tempo.
Per i nostri padri « Predicare l’Evangelo» significava richiamare alla
fede quelli ohe se ne erano dimenticati e risvegliarli perchè vivessero
come buoni cristiani. Si cercava soprattutto la pecora perduta. Oggi
tutto il gregge è diverso e ci si domanda se è possibile raccoglierlo e
come e dove.
La difficoltà del nostro tempo è
quella della dispersione della chiesa.
V’è una dispersione esteriore di popoj
Iasioni in movimento : negli ultim
venti anni un quarto della popolazione delle Valli Valdesi è emigrata e si
è dispersa. Una buona parte dei membri adulti delle nostre chiese del Sud
sono emigrati e sono sparpagliati in
mezza Europa. C^ì è per tutti: milioni di uomini hanno lasciato il loro
paese d’origine, dove in genere frequentavano i culti, e si trovano in aim
bienti stranieri dove quasi sempre si
allontanano dalla vita della chiesa, e
spesso anche dalla fede.
V’è anche una dispersione interiore,
più .grave ; cioè l’allontanamento dalla fede. Questo è il carattere più evidente del nostro tempo. Vediamo che
si può fare benissimo a meno della
fede: niente e nesstmo costringe gli
uomini a credere e a frequentare la
chiesa; non c'è neppure bisogno di
fingere. Il conformismo di questo tem.
Po è piuttosto un conformismo non
religioso. Specialmente nella popolar
zione delle città e fra i giovani è molto più facile dichiararsi indifferenti o
assumere verso la fede cristiana un
atteggiamento di critica piuttosto che
professarsi cristiani. A questo si aggiungono poi le difficoltà di un nuovo
linguaggio e di problemi nuovi riguardo alla Bibbia e alla sua interpretazione, ohe costituiscono un’altra causa di dispersione interiore.
A questo le chiese evangeliche reagiscono poco e male. Le comunità
continuano alla meno peggio nel loro
quadro di vita tradizionale, diviso fra
i culti e le diverse unioni e associar
zioni, che spesso vivacchiano malamente. Gli organi centrali. Sinodi, Assemblee e amministrazioni sono presi da problemi di organizzazione, affrontando questioni che sembrano
lontane o astratte, delle quali soltanto i pastori e un numero molto limitato di laici vede l’importanza. Come
se quésta grande dispersione, esteriore e interiore, non fosse proprio essa
il problema di fondo, da affrontare
con ogni mezzo! ^
<Ui sono anche tentativi di reagire
alla dispersione in modo nuovo e originale. Questo spiega l’interesse ohe
suscitano nomi come Agape e Riesi.
Ma sono oasi isolati. Tempo fa ’Tullio
Vinay osservava a questo proposito:
« siamo quindici anni indietro su quello che si fa in altri paesi. È stata quasi una generazione di tentativi e sforzi nuovi, e noi non ne abbiamo sar
puto niente! ». Purtroppo è vero;
questa è una difficoltà ohe si aggiunge alle altre. « Sganciare un uomo »
nell’elegante gergo pastorale significa
togliere un pastore dal lavoro di una
chiesa per affidargli un incarico diverso, che tuttavia richieda una formazione teologica. Ora, da noi sganciare un uomo è ancora im problema
insolubile, mentre altre chiese hanno
ABBONAMENTI
A «NUOVI TEMPI»
Estero
4.000
Italia
anno.................3.000
9 mesi (da aprile a dicembre 1967) . . . 2.500 3.350
Abbonamento di saggio a prezzo ridotto per i primi tre mesi (aprile-giugno a L. 600 (estero L. 1.000).
Gli abbonamenti vanno versati sul
c.cp. 1/50731 intestato a: Giorgio Girardet - Via Marianna Dionigi, 57 .
Roma.
fisso alla porta dei nostri templi di Roma,
il seguente cartello, parafrasando i notissimi
« De part le Vatican, défense à Dieu
D’écouter les prières en commun en ce
lieu ».
Ma dall'uno all’altro divieto sono passati
circa 242 anni...
L. Pennington de Jongh
Paolo VI
ëdntro Òttaviani?
Mentre « L’Osservatore Romano » lui taciuto tutta la questione, su a La Stampa »
del 27 gennaio è stata pubblicata questa corrispondenza. Senza commenti.
Per lo meno, nonostante il sacrilego verso,
la proibizione tendeva, almeno in parte, a
non tramutare la religione in mera ciarlataneria.
svlliippàto ampiamente i loro ministeri non parrocchiali. Per Paul Keller, alTasseroblea del protestantesimo
francese dèll’autonno 1966, il problema era quello non di creare ma di
coordinare questi ministeri nuovi.
Questa è la difficoltà del momento
ili cui « Nuovi Tempi » nasce. L’interèsse che molti dimostrano non ci
deve far dimenticare quanto sia difficile, con un’impresa giornalistica, cogliere al centro la realtà della chiesa
dispersa del nostro tempo per annunciare in esso il nuovo temjxt del Signore che viene. Dipende soprattutto
dalla chiarezza con cui sapremo noi
stessi vivere, intendere e comunicare
la nostra fede.
Giorgio Girardet
Città del Vaticano, 26 gennaio.
Paolo VI ha revocato d’autorità una decisione del cardinale Òttaviani che giorni
or sono aveva vietato ai cattolici di partecipare a una riunione comune di preghiere
ecumeniche nelle Chiese episcopaliana ed anglicana di Roma. In Vaticano si parla oggi
di « incidente » e in realtà l’episodio ha rivelato una netta diversità di vedute in fatto
d’ecumenismo fra Paolo VI che, per diritto,
è prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e, il card. Òttaviani, che ne è
pro-prefetto. Come già da tempo i cattolici
Hanno invitato nelle loro chiese per preghiere comuni in favore dell’unità gli appartenenti alle altre confessioni cristiane, potevano quest’anno i cattolici partecipare^ a cerimonie analoghe indette nelle chiese dei « fratèlli separati »? Su questo punto si è avuta
l’aperta, divergenza tra il Papa e Òttaviani.
Il quesito è sorto in occasione della recente « Ottava di preghiere per l’unità della
Chiesa », celebrata in tutto il mondo cristiano dal 18 al 25 gennaio. Il segretariato per
l’uiiità dei cristiani, presieduto dal cardinale
Bea, aveva inoltrato, con parere favorevole,
al Vicariato di Roma la richiesta del gruppo
cattolico del « Foyer Unitas » che era stato
invitato ad un rito in programma nella Chiesa anglicana di « Tutti i Santi » in via del
Babuino. Il Vicariato, malgrado fosse competente a decidere, giudicando troppo delicata la questione, si rivolse alla Congregazione per la dottrina della fede. La conclusione del dicastero, e per esso del card. Ottayiani, fu che per quest’anno ancora, limitatamente a Roma, non si giudicava opportuno
che i cattolici partecipassero a riunioni di
preghiera nelle Chiese dei « cristiani separati ».
Naturalmente il divieto sollevò, specie all’estero, immediate proteste. A questo punto
Paolo VI decise di intervenire personalmente. Proprio nella mattina di venerdì scorso,
mentre veniva comunicata ai giornalisti la
decisione della Congregazione per la dottrina della fede, il Papa avrebbe dovuto ricevere in udienza il cardinale Òttaviani. Ma
ne fu impedito dal sopraggiungere dell’influenza, che determinò la sospensione delle
udienze papali per tre giorni consecutivi. Comunque la mattina di lunedì scorso la segreteria di Stato, per ordine del Papa, inviò
al gruppo romano del « Foyer Unitas » il
permesso per partecipare alia riunione interconfessionale nella Chiesa anglicana di via
del Babuino. Tuttavia il consenso di Paolo VI
giunse quando ormai l’Ottavario di preghiere per l’unità stava per finire : di conseguenza nessun cattolico ha parter^pato, almeno in
veste ufficiale, alla cerimonia promossa dagli
anglicani. p.
A Pinerolo
CORSO MUSICALE CORALE
POLIFONICO
n Provveditorato agli Studi di Torino ha
istituito a Pinerolo un « Corso di orientamento musicale polifonico corale », per la formazione di Un Complesso Corale, per l’esecuzione di canti popolari e cori polifonici in
vista di incontri, raduni e concorsi.
Il corso è completamente gratuito ed è
aperto a tutti^ purché di età superiore ai 14
anni. Informazioni ed iscrizioni presso la
Scuola Fenulli, Via Marro 4.
Le lezioni sono previste tutte le sere, dal
lunedi al venerdì, dalle ore 18 alle ore 20,30
e comprenderanno teoria e solfeggio, accanto
all’esercizio corale. Sono previsti turni diversi a seconda delle possibilità degli allievi.
iiii'litiiillliiimiiimiuii
iiiiiMiiiimiiiitimii
Associazione insegnanti Cristiani EvanOeliel
Preparazione al Concorso magistrale
Concluso felicemente il corso per la preparazione aUa prova scritta del Concorso Magistrale 1967, con un ciclo di venti conversazioni e di correzioni di temi, PA.I.C.E. ha
pensato di proseguire l’opera intrapresa con
un corso per la preparazione alla prova
orale. Si consiglia a tutti di iniziare al più
presto Io studio, senza aspettare Tesilo dello
-scritto, per non trovarsi sprovveduti al momento della comunicazione della data d'esame. Diversi insegnanti cureranno le varie
materie in programma, nell’intento anche di
evitare forti spese per l’acquisto di commenti o di profili utili solo in quest’occasione. Il programma definito con i partecipanti è cosi concepito:
Italiano: L. Pirandello (a scelta, una novella, o una 0 più opere di teatro);
Pedagogia: E. Claparède («L’educazione
funzionale » e sintesi delle altre opere psicopedagogiche);
Metodologia: 1) C. Freinet e TEcole Moderne (compresa una visita ad una scuola
organizzata con le tecniche Freinet); 2) L.
Baden-Powell e lo scautìsmo.
Letteratura infantile: 1) Mario Lodi e i
suoi ragazzi compongono il testo « Cipi »
(testo in via di esaurimento, di cui esiste
una piccola scorta presso di noi); 2) G. Rodar! : « Favole al telefono » o altre recenti
opere.
La partecipazione alle lezioni è libera e,
anche chi non ha frequentato il corso precedente, può iscriversi. Le lezioni — all’inizio con periodicità settimanale, ma potranno
anche avere maggiore frequenza — avranno
inizio giovedì 9 febbraio alle ore 14,30, a Pinerolo presso la Chiesa Valdese. E’ possibile richiedere una bibliografia completa e
particolareggiata (testi e commenti) relativa
al corso, presso il doti. Roberto Eynard —
via Provinciale 27 - Torre Pellice (tei. 91622)
— e fare pervenire il proprio nominativo
presso lo stesso indirizzo, al fine di ricevere
ogni informazione utile al caso ed eventuali
forniture o prenotazioni di libri con sconto.
Ricordiamo che il non lieve impegno assunto quest anno dall’A.I.C.E. per rispondere alle numerose richieste nei confronti dei
Candidati al Concorso Magistrale deve essere
interpretato come un concreto contributo offerto agli Insegnanti ed alle Scuole delle
Valli Valdesi, assumendo un indirizzo educativo pratico ed operativo. La preparazione
del maestro d’oggi non può essere solo teorica; essa richiede una costante revisione alla
luce di nuovi indirizzi sperimentali e pratici,
al fine di essere sempre più aderenti al piano di sviluppo dclTallievo. Dal contatto umano, dal dialogo e dalla collaborazione possono concretarsi efficaci piani di lavoro e di
ricerca educativa^ in un clima di rinnoiiamento pedagogico e di serietà didattica, di
cui le nostre Scuole devono divenire le infaticabili propugnatrici.
Il C.N. dell’A.I.C.E.
l
3
N. 5 — 3 febbraio 1967
P*«.T
Viste i#al Centro eaumenioo di Mlndalo, ne! étibre deWAfí*ñm
.. t
Le vie aitidane del
—■ Che cosa pensa del socialismo afri
eanó? e, secondo Lei, quale atteggiamento devono assumere i cristiani di fronte
a questo socialismo?
Abbiamo posto questa duplice domanda al
piof. Wilfrid Grenville-Grey, di recente suc«eiliito al dr. Donald M’Timkulu come prinicifial dèlia. Mindolo Foundation. Egli ha appunto diretto, in questi ultimi anni, il programma di sviluppo nazionale.
Socialismo contadino
è rivoluzione industrialo
— Sotto molti aspetti, il socialismo africano è assai diverso dal socialismo che generalmente s’incontra negli altri paesi indurstrializzati. Il socialismo africano, occorre ricordarlo, aifonda le sue radici in una società
agricola.
In Europa il movimento socialista è stato
anzitutto una reazione, la protesta vigorosa
del proletariato contro la rivoluzione industriale, che già aveva causato molta miseria
e ingiustizia. In Africa i socialisti vogliono
cooperare a promuovere una rivoluzione industriale che per lo più non si è ancora attuata : intendono controllarla.
Si comprende quindi perchè i sindacati —
■che sono essenzialmente il prodotto di una
società industriale — non possono avere in
Africa, com’è stato ad esempio in Inghilterra, la funzione di promotori principali del
socialismo.
In linea generale, ai può dire che oggi i
capi sindacalisti africani seguono le direttive dei leaders politici, anziché il contrario.
Nelle vecchie società industriali occidentali, i socialisti si sono sforzati di creare nuoàte norme di eguaglianza e di fraternità. In
Africa i dirigenti socialisti affermano che
queste norme esistono già di fatto nella società tradizionale.
Il presidente della Tanzania, Julius Nyerere, ha notato che il concetto di ujamaa
^spirito comunitario familiare esteso a tutto
il clan, all’intera tribù) riassume perfettamente i migliori ideali dei socialisti democratici.
Questa notazione mi pare assai giusta. I
socialisti africani non hanno alcun bisogno
di modelli presi a prestito da tradizioni straniere. Basta loro preservare, o riscoprire, gli
antichi ideali di uguaglianza e di cooperazione fraterna che hanno costituito, durante
tante generazioni, la forma abituale di vita.
Ma devono ancora imparare ad analizzarli
come conviene, e ad adattarli alle nostre condizioni attuali, alle esigenze nuove di un’Africa in piena evoluzione.
E’ evidente che la società africana tradizionale, che non conosce divisione di classi, offre a tutti i suoi membri un’eguaglianza
molto reale. E’ superfluo ricordare, d’altro
lato, la notevole fraternità generata dal sistema tribale. Ma è pure giusto aggiungere che
questo sistema dipende, nella sua esistenza
stessa, da due fattori imperativi : l’unità e
l’ubbidienza. E c’è da domandarsi se la, libertà individuale, nel senso in cui l’intendono
oggi i socialisti democratici di tutte le razze,
è stata abbastanza sviluppata nell’Africa precoloniale.
In ogni caso, e sebbene le radici del socialismo in Africa non siano affatto le stesse
di quelle del socialismo in Europa, si può
pretendere che i socialisti democratici di tutto il mondo si accordino nell’auspicare l’avvento di una società in cui fiorisca la libertà,
nell’uguaglianza e nella fraternità.
— Questo, per ciò che riguarda gli
ideali dei socialisti africani. Che cosa pub
dirci dei loro metodi? in che misura questi metodi differiscono da quelli degli altri socialisti nel resto del mondo?
Come i loro colleghi in ogni altro paese, i
socialisti africani credono alla necessità di
un piano d’insieme, di un’autorità fortemente centralizzata, se si vuol riuscire a
creare rapidamente e nella pace sociale una società industriale moderna. Ma mentre
i socialisti occidentali sono in primo luogo
preoccupati di operare una giusta ripartizione delle ricchezze nazionali, i socialisti africani si preoccupano anzitutto di creare questa ricchezza nazionale.
Culto del capo
8 partito unico
Nella Zambia, numerosi economisti e politici conoscono la^ strada del
Centrò ecumènico di MÌndolo, quasi alla frontiera katanghese. Una déllè ttette
spziqni si occupa dello sviluppo nazionale ; uomini politici, uoniini^d'affari,
alti funzionari, sindacalisti e teologi vengono a discutervi in liberti i problemi
spesso ardui che pone l'edificazione di un nuovo Stato, nella nóftra epoca
di rapida trasformazione economica. L'intervista che segue, Jpubblicatè su
«La Vie protestante» del 20.1 .'67, è stata concessa dal direttóre del Centro
al past. oiivier Dubuis, ex redattore del « Semeur Vaudois », ora in servizio
presso il Centro stesso. Questa valutazione, da parte di un uomo, un fratello
che conosce la situazione dal di dentro, ci interessa oggettivarnente, e aiuta
a inquadrare rettamente l'atmosfera degli incóntri AfriCa^EurÓpa, ad Agape,
o l'auspicàbile incontro con studenti africani del BIT, a Torino.
inevitabilmente a sovrapporsi ai vari gruppi etnici, perpetuando rivalità e diffidenza
fra le tribù. Del resto i cittadini stessi acquistano rapidamente coscienza di questo
rischio: dopo alcuni anni, cessano di votare
per i membri dei partiti dell’opposizione;
cosi, mentre Topposizione deperisce e muore di morte naturale, il partito di maggioranza diventa sempre più potente e presto unico.
— Che cosa pensano i socialisti africani del panafricanismo?
Nazionalismo
0 panafricanismo
I due principali ispiratori del socialismo
africano, W. E. B. Dubois e G. Padmore,
hanno sempre . pensato che l’indipendenza
nazionale non dev’essere phe una prima, indispensabile tappa. Secondo loro, urge pensare in termini più generali, che abbraccino
tutto il continente. Hanno entrambi riconosciuto che gli obiettivi della libertà e della
eguaglianza non possono essere pienamente
raggiunti, in Africa, in un contesto strettamente nazionale.
Oggi, a dispetto di formidabili difficoltà
d’ordine pratico, i capi socialisti degli Stati
indipendenti ^ non perdono di vista questo fine ultimo. .L’esistenza stessa dell’Organizzazione per l’Unità africana (ÒUA) prova che
leaders come i presidenti Julius Nyerere e
Sékou Touré, ad esempio, toando riflettono
sull’avvenire dell’Africa guardano oltre le
frontiere del loro paese.
Ma prima che diventi possibile creare una sorta di Commonwealth socialista africano, è necessario sbarazzarsi degli ultimi postumi del colonialismo. Da. alcuni anni questo compito è perseguito attivamente ovunque, ad eccezione di quattro paesi all’estremità meridionale del continente : la Repubblica sudafricana, la Rhodesia, l’Angela e il
Mozambico. Dovunque, altrove, degli Africani sono ora formati per occupare tutti i
principali posti di responsabilità, non solo
nella sfera governativa, ma anche nell industria e nel commercio.
I capi degli Stati africani sono convinti
che devono fare di tutto, inoltre, per piazzare e mantenere l’Africa in una. posizione
di stretta neutralità fra i due grandi blocchi dell’est e dell’ovest. L’aiuto economico
delle potenze straniere, pietra angolare di
ogni sviluppo economico, ha delle implicanze politiche. I dirigenti socialisti africani
ne sono perfettamente coscienti. Sanno vegliare a che la loro giovane nazione, dopo
tMiniiMiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiimiiiiiiiiNiiiiii'iiiiiiimi'iimiimiitiiimiimnimiimiiiiimii
essersi liberata dal vecchio potere coloniale,
non si lasci molto rapidamente assoggettare
da una nuova specie di imperialismo economico.
Permettendo di raggruppare i loro sforzi,
il panafricanismo può aiutarli a raggiungere questo fine.
Cristiani e sentinelle
____Secondo Lei, come devono considerare questo socialismo africano, i cristiani?
1 cristiani non possono d^olidajizzarsi dagli affari di questo mondoy Devono ^ adempiere al loro compito di sentinelle. Orliene, ^^alvo in Ètiopia e nella Costa d’Avorio, tutti
i governi degli Stati africani indipendenti
sono oggi di tendenza spcialis^a (si.
non comunista). Í cristi^^ dovrà*
bero quindi, mi pare, int^èssarsi al socialismo africano come a tutti ^li aspetti dèlia
politica locale e nazionale.
La loro reazione, in genere, dovrebbe essere favorevole. L'ideale socialista moderno
di fraternità, il desiderio di mantenere nella realtà concreta un giusto equilibrio fra
la libertà e Tuguaglianza trovano in larga
misura la loro origine nella fede cristiana,.
L'attenzione rivolta ai più deboli, la volontà di aiutare i membri meno ricchi della
comunità sono pure, senza il minimo dubbio, di ispirazione evangelica. Infine rapporto più impórtente del socialismo democratico è indubbiamente, dal punto di vista cristiano, Taffermazione che ogni uomo è una
creatura libera e responsabile. Per sviluppare pienamente la sua umanità, ha bisogno
di poter partecipare alle decisioni polìtiche
che impegnano la sua nazione.
Ma i socialisti non sono perfetti. E governare è opera di esseri umani, non di sùperuomini. I cristisnì non dovrebbero temere
di criticare i governi socialisti, quando questi commettono errori o ^abusi di potere,
quando sprezzano ogni individuale.
^ cristiani devono soprattutto vegliare a che
Cesare non s'immagini mai di essere Dio.
Nella nostra, valutazione, si ricordino due
cose. In primo luogo: Palternativa di un governo socialista in Africa non sarebbe, come
ad esempio in Inghilterra, un altro governo
democratico conservatore, bensì una dittatura militare di tipo sudamericano. In secondo
luogo: preoccuparsi dei pareri espressi dalle
minoranze è un atteggiamento assolutamente rivoluzionario nella vita africana. Uno
specialista in scienze politiche dell’Uganda,
B. K. Bakaringaya, Tha, notato: «Noi Africani dobbiamo anche sbarazzarci da questa
falsa concezione della democrazie chp ^ fa
credere che la oiaggioranza ha aepipre règioné. Lo studio della storia — pensiamo alla
abolizione della schiavitù —r dimostra cKe
più d'una volta sono state le minoranze a
veder giusto ». .
Il socialismo africano non è ancora una
dottrina politica rigorosamente definita coine
il comunismo marxista. Persino su questi<ài
fondamentali come la nazionalizzazione delle
imprese, o il ruolo dei partiti d’ojjpòsiziòùe
o dei sindacati, i socialisti africani amméttono più d’una opinione. Cercando ancora
la loro via, reagiscono con elasticità a situazioni assai mutevoli.
In queste condizioni, ne sono convìnto, i
cristiani possono rendere servizi eminenti.
A tale scopo, essi devono serbare uno spirito
aperto, essere disposti a studiare con cura
ogni sorta di esperienze originali e imprevedute, prima di tentare una critica costruttiva al socialismo africano in atto. Oggi, in
Africa, c'è urgente bisogno dì cristiani che
siano pronti ad avere una parte positiva nella vita politica del loro paese.
«iitiimiimituiiiiiiiimiiiiiiMMiiiiii
In Grecia
Evìiiìgelici iflriesMsraii
ATENE {hip) . Un’agenala stamf^a del
proteetantesiimo evaiigelieo conservatore, ge.
neralmente bene infomtata, rende noto che
l’azione dei iaiiasionári evangelici è malvista
da certi ambienti ortodossi jsreci. Questi
avrebbero impegnato una vera campagna
tendente a screditare il protestantesimo e a
presénitarlo come un’eresia diabolica. Si assiciira dhe sacerdoti ortodossi fanno distribuire volantini o lanciano slegane, alla pó,rta
dei cinema e dei teatri, di questo genere:
« Giuda ha tradito Cristo per 30 denari, i
Protestanti e i Testimoni di Geova lo fanno
per qualièhe dollaro. Gli evangelici sono
come la lebbra e il colera. Ñon riceveteli
nelle vòstre case ».
(Notìama che questa notizia non è stata
diffusa dal servizio d’informazione del Consiglio écumènico; per non urtare certe suscettibilità ortodosse? n.d.r.).
niniHiiimiiriiiiiHiitHitHMi
Per giungere a questo, e lenendo conto
del compito formidabile che incombe al loro governo, consistente nell’edificare una
nazione moderna partendo da numerose tribù sottosviluppate, i socialisti africani non
esitano a insistere sulla necessità di utilizzare due mezzi che non hanno nulla a che
vedere con la dottrina socialista democratica ufficialmente riconosciuta nei paesi occidentali, che già hanno compiuto la loro
rivoluzione industriale. Questi due mezzi,
giudicati indispensabili per costruire in africa una nazione di tipo socialista, sono il
culto del capo e il partito politico unico.
Il capo e il partito sono d’altronde strettamente uniti. Il partito da al capo una
quantità enorme di potere esecutivo e di
Butorità ultima. Nei momenti di crisi, può
prendere tutte le decisioni senza consultare
il suo Parlamento. Si conta su di lui per
riflettere la volontà popolare, galvanizzare
le energie e incarnare l’unità nazionale.
Egli ispira i nuovi programmi politici. Quasi sempre, non è il capo che si conforma alle direttive del partito, ma è il partito che
ubbidisce al capo.
I socialisti africani non cercano sempre
di imporre con la forza il sistema del partito unico. Ma la maggior parte di loro è
persuasa che attualmente parecchie organizzazioni politiche antagoniste tenderebbero
Nel numero scorso abbiamo pubblicato le
risposte dei pastori Roberto Coisson e Roland De Pury ad alcune domande che avevamo poste loro sul tema « missione e colonizzazione »; le stesse domande avevamo pure rivolte al pastore Bruno e Paola Tron,
che per conto della Missione luterana svedese sono da alcuni anni all opera nella Chiesa Evangelica di Asmara e nella Scuola pastorale di Beilesa (Etiopia); le loro risposte
non sono giunte in tempo per essere inserite
nel numero scorso, le pubblichiamo comunque con molto interesse. red.
D. - Associare missione e colonizzazione è divenuto un luogo comune e
uno slogan iwlemico: in che misura
è giustificato e, soprattutto, sotto quali aspetti?
R. - Se per colonizzazione intendi il
« colonialte^o » nella sua migliore accezione, cioè quel sentimento di illuminata superiorità, quella coscienza
del « saperci fare » della civiltà europea e quel buon paternalismo, allora
pensiamo ohe non sia solo imo slo^n, ma una realtà di fatto, die però
non va generalizzata. Nè d’altra parte
bisogna credere ohe roccddentalizzazlone dell'Afrloa <d limitiamo solo a
questo continente) sia dovuta solo e
principalmente all’opera missionaria.
In idiverse zone l’opera missionaria ha
cercato di evitare lo scombussolamento dela cultura indigena, andando
però incontro all’accusa, da parte degli stesisi africani, di voler impedire il
progresso delle genti indigene.
D. -1 missionari partiti fino all’altro
ieri hannoi avuto coscienza di portare,
con la predicazione dell’Evangelo,' la
« civiltà cristiana »? e non soltanto
come un inevitabile « accidente », ma
come una realtà unitaria?
B. . Indubbiamente il missionario
può difficilmente spogliarsi dell’idea
di portare anche la «civiltà cristiana » e non senza una piccola punta di
orgoglio (non di rado si sentono ancora oggi missionari dire: «Però da
noi...», parlando di vita eodesiastica eoe.). In generale, però, il missio
nario oggi alla « civiltà cristiana » delroccidente non ci crede più. Tuttavia
vi ha sostituito la coscienza della superiorità della civiltà tecnologica occidentale. Nei campi missionari si richiedono sempre più dei tecnici: insegnanti, medici e costruttori, e nota
che questa richiesta parte direttamente o indirettamente dai governi
africani. Un missionario che intenda
soltanto evangelizzare difficilmente
otterrà il suo visto (ne abbiamo avuto recentemente un paio di casi qui)
mentre tutto sì appiana i»r un missionario qualificato. Il pericolo per il
lavoro d€fila missione è che proprio
questa « civiltà tecnologica » diventi
l’unico interesse.
D. - Questo « occidentalismo » della
predicazioine missionaria tradizionale,
nella sua forma corrente e moderata,
è stato un bene o un male? Quando
oggi si reclama un Evangelo « africano » o « asiatico », ecc., non si rischia
di ripetere, in altro modo, U medesimo
errore che si lamenta e biasima? Il
problema di fondo è infatti queUo del
rapporto fra Evangelo e civiltà e cultura.
R. - Visto che il lavoro missionario non è stato impostato come ministero itinerante di predicazione (è
stato un bene o un male?) ma ha
comportato con se l’istituzione (di
scuole e ospedali, è stato impossibile
non darvi una certa impronta occidentale. Il male è invece da ricercarsi
là dove si è voluto dare un’impronta
occidentale alle strutture ecclesiastiche per esempio. Ma sorge la domanda se era mai possibile separare completamente e rendere impenetrabili
l’uno all’altro i due aspetti del lavoro
missionario.
Per quanto ritarda il reclamare un
evangelo « africano » o « asiatico »,
crediamo personalmente ohe sia altrettanto errato quanto parlare di im
evangelo « europeo ». Tuttavia è innegabile che l’Evangelo non può non incarnarsi ; il ohe significa per il missionario ohe egli non potrà mai total
Madni lerti
Missióne e coloniztózione
Basii Davidson è forse l’autore al quale
^etta il maggior merito della progressiva caduta (anebé fra un pubblico più vasto di
qiiéllo, ristretto, de^ studiosi professionali^
d) |in mito assai radicato: gujello secondo cui
l’ÀIrica sarebbe un continente privo di sto
Il 111111111111111111:111111111111111111111111 >1 (ovili
NOTIZIE
Qui c’è un inconveniente che mi ha già
procurato un bello spavento, e sono le chiamate notturne che si susseguono nelle ore
di solito dedicate al sonrio! La gente infatti,
sapendo che con me abita una infermiera,
accorre per le cure più urgenti. Fu così che
ieri, nel cuore della notte fui bruscamente
svegliata da un potente martellare atta porta.
Mi affrettai a rispondere e le ultime nebbie
del sonno, scomparvero alla vista di un essere
giacente per terra,, che si contorcía con alti
lamenti. Era una donna in procinto di partorire. Non so come avesse potuto trascitutrsi
in quelle coiüiziáni. Le dico: M.lle Juge a
ne Bitam, me ne yerle (M.lle Juge è a Bitam, io sono un’insegnante). Ma quella mi
spiega che non sa dove andare. Li per li ho
imiioioomiuoiiiioii’oiiiiiiuiomiiiiimoi oiiMiiii'iiMiiioimmiiiiimiiio ■Illuni iiiiMioiiiiiiiiii
iimiiimiiMoiino'iiinimiiiuiimiiiHiiiHHiiimuuioiiimimiiMiiiiniiiiiiimiiiiiniiiuiiiiiMiiiim
Giornalista e scrittore, Davidson non si
piiò definire, a rigore, uno « speciaUsta accademico » di storia africana. Ciò non toglie
che a lui si debbano (per riconosciménto unanime, fra l’altro, di molti « specialisti acesdeiñici ») alcuni fra i più affascinanti e piacevoli libri di storia dell’Africa. Sono libri
nei quali il carattere di alta divulgazione ñon
va mai a detrimento della serietà scioitifica,
ma che hanno semmai un unico difetto, e
cioè ùn certo « pregiudizio favorevole » nei
ritardi del passato africano: un difetto,
peraltro, più che giustificabile, nella misura
in cui rappresenta un opportuno colpo di
barra a úna tendenza opposta tanto più lontana dalla verità. Old Africa Rediscovered è
stato tradotto anche in itaUano (da Feltrinelli nel 1963) con U titolo La riscoperta
dell’Africa. E’ la migliore introduzione al
passato del continente africano prima dell’arrivo degli Eurqpei. Altre opere di Davidson sono dedicate al periodo coloniale e
al recente risveglio politico delle popolazioni africane. Questo ilfqdre Nera, che nella
traduzione italiana (ottimamente curata da
Laura Felici) ha come sottotitolo L’Africa
nera e il commercio degli schiavi, uscì in
Inghilterra nel 1961. E’ dedicato ai rapporti
tra l’Europa e l’Africa a partirle dall’arrivo
dei Portoghesi, alla fine del Quatteocento:
la tratta degli schiavi ne è protagonista.
Davidson yi descrive l’arrivo degU Europi. fa la storia della tratta e deUe sue caratteristiche, si sofferma particolarmente, per
i secoli dal XVI 4, XlX, su tre zone dell’Africà a sud del Saliàra; l’antico regno del
Congo (la parte settentrionale dell’odierna
Angola), la costa orientale, i regni forestali
4ella Guineà. il librò s) conclude a metà
àeli’Ottocento, 41e soglie deUa colonizzazionc yera e propria. Ì1 titolo del libro (che in
it4iano suona forse un po’ strano) è tratto
da una lirica del poeta angolano Agostinho
Neto, che Davidson riporta a mo’ di dedica
del capitolo conclusivo. G. S.
B DAVIDSbÑ : Madre Nera - JEinaudi, Tòrino 1966, pp. 332, L. 1,200.
iiiiuimtiiiiniHHiiiiiiii
mente spogliarsi della sua civiltà occidentale e per gli africani che sarà
impossibile non dare un sapore africatoo alla loro fede. Il pericolo però
sta nel fatto che invece di un’incarnazione ne risulti un dannoso sincretismo che ha le forme di cristianesimo, ma l’anima pagana. Chi potrà dimostrarci però ohe questo sincretismo non si sia manifestato anche e
prima di tutto in Europa?
D. - Che cosa pensate di iniziative
come l’Action Apostolique Commune?
Avremo, un giorno, missionari deUe
«giovani» Chiese in Europa?
4) Siamo troppo poco informati
della Action Apostolique Commune
per esprimere il nostro parere. Per
quanto riguarda la domanda su missionari ddle giovani chiese in Europa
pensiamo ohe sia desiderabile che ciò
avvenga.
D. - Avete predicato e insegnato in
Europa e in Africa : vi sentite più
« missionari » qua o là? Che ne pensate deUa « secolarizzazione » occidentale? È un problema ohe incombe pure
nei giovani paesi africani e asiatici?
R. - Se per « missionario » intèndi
il testtaione dell-’Bvangelo, allora non
credo che si debba fare una distinzione fra qui e li
Per quello che riguarda la secolarizzazione occidentale pensiamo che
sia venuta alla luce del sole una realtà che è sempre esistita e che fino a
ieri si è voluto ignorare mettendovi
sopra l’etichetta «civiltà cristiana»,
si che oggi non si può dire che l’Europa sia meno cristiana di ieri. Diremo che è un fenomeno estremamente
salutare per la Chiesa, sempre che
essa voglia saper cogliere il segno dei
tempi, anziché piangere sui « bei tempi passati ». Lo stesso discorso vale
per le chiese di qui, che hanno cominciato ad adagiarsi su certe posizio.
ni acquisite, e parliamo soprattutto
dell’Etiopia, il paese considerato cristiano per eccellenza.
Bruno e Paola Tron
avuto i sudori freddi, non riuscendo a immaginarmi come una levatrice! Poi, infilatami una vestaglia, spn corsa verso la casa del
Pastore. Costui doveva dormire sodo perche
a nqUa valsero le mie ^rìda e il mio bussare. Stavo già battendo in ritirata con il cuore
in gola, quando eepo accorrere Samuel Nang,
che in, un, batter d’occhio ha caricato là donna sulla sua Citroen, e se Tè portata all’ospedale di Oyem.
Un altro inconveniènte sono i topi. Questa
casa pullula di queste bestie che pare ospitino le 9 di sera per darsi alla pazza paia
sulle mensole della dispensa, saltando dalla
tavola della cucina al fornello dèi gas, capovolgendo i vari recipienti e divorando tutto
quello che di commestibile possono trovare
sul loro passaggio. A niente serve la trappola ornata di bocconcini prelibati, l’indomani il salame o il formaggio messi come
esca son spariti senza lasciar traccia di topo.
Così le mie notti sono un po’ movimentate, ma non posso lamentarmi troppo quando
penso che fino ad ora non ho ancora avuto
visite di serpenti o scorpioni. Indubbiamente
i primi missionari che costruivano le loro
abitazioni su palafitte non avevano tutti i
torti. Questa infatti è una delle rare abitazioni sopra elevate e comincio a realizzarne
i vantaggi. Il tetto di paglia è anche molto
piacevole, sei ben riparato dal caldo, e quando piove, non ti pare di assistere alla fine del
mondo come quando si è sotto un tetto in
lamiera.
Il lavoro prosegue bene e i rapporti con i
colleghi africani sono amichevoli. Dall’inizio
dell’anno scolastico abbiamo avuto solo un
caso di una alunna che è fuggita dal collegio. Nessuno sa dove sia. Abbiamo scoperto
che era sposata con un maestro e quest’ultimo la sta ancora cercando.
Ieri, approfittando della vacanza, abbiamo
organizzato una gita per le alunne. Il prefetto ci ha gentilmente offerto un camion
dove abbiam caricato le 63 ragazze e le abbiamo portate a visitare il lebbrosario di
Ebeigne. Qui abbiamo riunito i malati e le
ragazze han cantato un salmo che avevo insegnato la settimana scorsa: « L’Etemel seni
est mon berger ». Quella povera gente senza
mani o senza piedi aveva le lacrime agli occhi.
Abbiamo cominciato due settimane fa la
Scuola domenicale. Me ne occupo con Nna.
uno dei professori del Collegio. Ci sono vari
monitori, ed abbiamo diviso i bambini in
una decina di gruppi di dieci bambini l’uno.
Son tutti bambini della scuola elementare,
ma alcuni non sanno neppure la loro età.
Naturalmente, in fatto di materiale didattico siamo di nuovo a zero. Ci vorrebbero dei
quaderni, delle penne, delle matite, dei pennelli, dei colori. Sabato prossimo inaugurerò
pure un’Unione giovanile. I villaggi pullu
lano di giovani che stan seduti davanti alle
loro capanne con le mani in mano, incapaci
di organizzare il loro tempo libero.
Quando considero tutto il lavoro che c è
da fare qui, sono riconoscente di essere tornata e di poter servire a qualcosa. Qui mi
pare davvero che la vita valga la pena di
essere vissuta e non si può fare a meno di
essere felice.
Laura Nisbet
4
pag. 4
3 febbraio 1967 — N. 5
Sotto inchiesta il 17 Febbraio
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
Potremmo fare come Valdo ma non
vogliamo. I valdesi nel 1848 hanno formato i primi nuclei, hanno colonizzato l’Italia (sic)! Siamo Valdesi soltanto di nome e non rechiamo più la
perla di valore ; predicare la Bibbia nei
paesi incivili (quali?); viviamo putroppo una vita piena di vizi e di divertimenti! Molti altri poi si trincerano
dietro frasi come queste: non so cosa
dire; è molto difflcile, non lo so, non
ho capito la domanda (? beata ignoranza); non m’interessa, ecc.
Tra gli intervistati ci sono stati anche alcuni cattolici ai quali si è domandato loro cosa ne pensavano della
nostra festa; le risposte sono state
piuttosto deludenti per noi: facciamo
vacanza!, tutto lì!
Dalle risposte possiamo dedurre alcune riflessioni: c’è ancora \m buon
gruppo che dice di conoscere la storia valdese anche se quando debbono
precisare la missione di Valdo si nota
una certa generalizzazione e insufficiente chiarezza nelle risposte.
I GIOVANI ACCUSANO
In riferimento al significato del ”17”
si avverte Timportanza di poter celebrare il culto senza essere molestati,
mentre la nota evangelistica, la nota
della testimonianza, quale frutto della
libertà conseguita è pressoché assente, tantoché un intervistato dichiara
giustamente che la festa del 17 ha un
significato più storico che religioso.
Per quanto si riferisce ai cortei,
pranzi, presenza di autorità si avverte
una nota nostalgica di casa Savoia,
che è stata sempre coà. « buona » con
noi ; l’elemento della gioia non è sufficientemente spiegato, mentre la cosa
che maggiormente deve far riflettere
le persone anziane è il quasi totale disinteresse dei giovani intervistati nelle varie pajrrocchie, anche là dove il
Pastore non è sospettato di antitradizionalismo. Eppure ai giovani i pastori hanno insegnato regolarmente la
Storia valdese, hanno spiegato il senso lorofondo della storia dei padri, valida per il nostro tempo ; eppure si
avverte un disinteresse, rm’indifferenza notevole! Non so cosa penseranno
i lettori, ma ritengo che una ragione
ci dev’essere! Io penso che uno dei
motivi è soprattutto dovuto al fatto
che i giovani non riescono più a comprendere quelle manifestazioni che un
tempo potevano avere un senso e oggi
10 hanno molto meno, perchè scoprono che la grande festa del 17 sfocia
nei giorni successivi da parte degli
adulti in una vita uguale a tutti gli
altri, dove si bestemmia come gli altri,
non si prende sul serio la Parola di
Dio e si tradisce la fede nei matri;
moni misti, si prospetta ai propri figli
un avvenire a base di buste paghe e
non di vocazione, senza parlare poi di
vocazioni pastorali ormai scomparse
dalle Valli; in altri termini, tranne
im gruppo impegnato, affezionato alla
chiesa, c’è una vasta frangia che
scompare dalla vita della chiesa, considerata soltanto più una « cappellana» che consola quando si è malati
o nel lutto, che mette i figli sotto la
protezione del Signore quando si nasce e ohe immette nella società dei
grandi i neoconfermati.
LAMPADA SOTTO IL MOGGIO
Quanto stiamo dicendo è confermato dalle risposte che denimciano
candidamente la mondanità, l’attaccamento al denaro, i vizi e i divertimenti, la mancanza di fede, di vocazione
nel nostro lavoro, nella vita intera.
Notate la dichiarazione d’un intervistato a proposito dell’ultima domanda: «oggi non c’è più nulla da fare
perchè abbiamo raggiimto la libertà di
celebrare il nostro culto tranquillamente ». La fede è quindi im bene che
si conserva in un luogo ben ohiiiso,
riservato ad un gruppo etnico partic<>
lare. Immemori di quanto ci dice il
Signore : non mettete la lampada sotto fi moggio ma sul candeliere perchè
faccia luce a tutti quelli che sono in
casa; così risplenda la vostra luce nel
cospetto degli uomini perchè vedano
le vostre buone opere e glorifichino il
Padre vostro che è nei cieli.
Un’intervistata dice : « Per molte cose i nostri antenati rabbrividiscono
nelle loro tombe; certo stiamo declinando su tutta la linea » e poi, nel
timore di aver detto troppo aggiunge ;
« Ma qualcosa di buono in fondo c è
ancora e sempre ( Dio solo lo sa per
11 "sempre”)! Cèrchiamo di alimenta
re questa fiamma, quel poco che rimane» e implora di continuare a fe^
staggiare il 17 perché i pagani e gli
scettici possano ascoltare ancora la
Parola di Dio...
«TORNIAMO ALL’ETERNO»
Cara sorella, non sta a noi il continuare o meno a celebrare la festa del
17 poiché il Signore potrebbe anche
dire a noi come al popolo dTsraele:
« Io farò cessare tutte le tue gioie, le
tue feste, e le tue solennità perchè ti
sei dimenticato dell’Eterno » e aggiunge: «Il mio popolo perisse per
mancanza di conoscenza » e «.
dimenticato la legge del suo Dio »,
«Non tornano aU’Etemo al loro Dio
e non lo cercano ».
Sta a noi invece di « tornare all’Eterno con tutto il nostro cuore » ogni
giorno, « non abbandonando le conmni ravmanze», le riimioni di pr^hlera, perchè Dio compia il miracolo delle ossa secche, dando il Suo Spirito ai
cuori annoiati, stanchi, dubbiosi, materialisti sta a noi di ritrovarci
come comunità di credenti per approfondire la conoscenza dell’Eterno nelle riuniord degli studi biblici, neUa
meditazione in casa della parola di
Dio, nell’impegno gioioso di servire la
chiesa nelle sue varie opere spare in
Italia, nel discutere i problemi vivi del
tempo presente, neU’educare i nostri
figli a scoprire la vocazione nel loro
lavoro, nel loro impiego oppure avviandoli sin da fanciulli con spirito
di preghiera a consacrarsi al servizio
pastorale o alle missioni anziché distruggere quel poco che resta di presenza pastorale o missionaria. Se questo impegno nasce nella parte definita « ancora buona », allora la data
del 17 sarà una festa dello spirito,
sarà rincontro gioioso dei credenti
che ricordano TAmore di Dio, ohe
camminano per le strade del villaggio
in corteo festante senza più frantumarsi nei giorni successivi e che sarà
di richiamo, neUa fabbrica, a scuola,
dovunque noi siamo. Allora « verranno dei popoli ad implorare il nome
dell’Eterno ed a cercare l’Etemo ...ed
allora avverrà che... gli uomini di
tutte le lingue prenderanno ”un valdese” per il lembo della veste e diranno : noi andiamo con voi perchè
abbiamo udito che Dio è con voi ».
inquìrens
A CerÊanoÊa
Ecumeoismo a livello di comunità
Il nostro primo incontro coi Cattolici ri
sale al gennaio 1964. Ad iniziativa del Par
roco rev. Don Vito Ungaro fummo invitât
ad incontrarci durante l’Ottavario di Pre
ghiera per l’unità dei eredenti con un grup
po di laureati deirÀziòne Cattolica nel salotto di una Professoressa. Riunione quasi
clandestina. Da allora, i nostri incontri divennero più palesi. Ci si riunisce nella sala
parrocchiale di S. Gioacchino e a livello di
comunità. Inoltre si concordano temi che
vengono trattati successivamente e che, offrendo convergenze, aiutano l’uditorio ad un
sereno confronto delle tesi, senz’altro obiettivo che la gioia di un fraterno incontro.
Quest’anno, il tema concordato era « La
Chiesa come Popolo di Dio » e la riunione
ebbe luogo sabato 21 gennaio. Uditorio numeroso, attenzione sostenuta. Alla nostra
Unione Giovanile mista, che fra le due esposizioni cantò l’Inno « Lode all’Altissimo »,
furono riservate le due prime file di sedie.
La preghiera litanica, preparata sulla base
di una liturgia Presbiteriana e Luterana, e
una preghiera letta, chiusero la simpatica
riunione.
Che cosa crediamo di avere imparato in
questo fraterno incontro? Lo riassumerò in
due constatazioni :
1) Un metodo che ci sembra buono.
Non più il discorso filosofico, apologetico,
sfrecciaiite, ma mano alla Bibbia, pervaso
da uno spirito di ricerca, da un’ansia pastorale che mira alla persuasione. Lo abbiamo
ammirato nelLesposizione del Rev. Don Vito
Ungaro, che tuttavia non si lasciò sfuggire
Toccasione di ribadire il noto princìpio di
Autorità che fa della Chiesa, più che un popolo di credenti, una Istituzione e quella
Istituzione che appunto ha una pienezza da
offrire agli altri credenti.
2) Uno scontro frontale (poiché esso ebbe luogo anche quest’anno) che denota un
più approfondito aggiornamento del nostro
pensiero teologico. Saremmo ingiusti se non
lo riconoscessimo.
C’è, e anche numerosa, la solita retroguardia male informata pronta ad attaccare coi
vieti luoghi comuni per cui bisogna sempre
spiegare e spiegare... Però, questa retroguardia non aggiornata, esiste anche in seno alle
nostre comunità. Fra noi pure sono vive le
prevenzioni e scarsa la conoscenza della Parola, che è poi quella pietra di paragone, che
faciliterebbe il dialogo e non lo farebbe mai
trascendere in diatriba.
Concludendo : l’Unità farà passi avanti
mediante il rinnovamento biblico e c’è da
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
AN6R0GNA (Serre)
L’8 gennaio è deceduto ai Pian di Pradeltorno il nostro fratello Cambino Mario, di
75 anni; i funerali, che hanno avuto luogo
il 10, hanno dimostrato quanto il nostro fratello, che non aveva famìglia, fosse circondato dall’affetto di tutti.
La sottoscrizione in favore della ricostruzione della stalla e del fienile della famiglia
Rivoira dei Cacet ha raggiunto la somma di
L. 362.950, grazie anche alla risposta generosa di fratelli in fede da tutta l’Italia. Il
Concistoro ha deciso di non pubblicare l’elenco dei donatori, affinchè questo aiuto possa veramente apparire come dimostrazione
viva della solidarietà cristiana di fratelli in
fede, uniti dall’amore di Cristo. Si è provve
Culto radio
Damenica 5 febbraio
e
domenica 12 febbraio
Pastore PRAN(X) RONCHI
Zurigo
COLLEGIO VALDESE
Doni in memoria del prof. Luigi
Conte :
Emilio De Joannes (Torino) L. 5.000;
Gen. Davide Jalla, L. 15.000; Ada, Mariano
e Stefano Palmery (Milano), L. 5.000; i professori del Ginnasio-Liceo « V. Alfieri » di
Torino, L. 105.000; gli studenti del Ginnasio-Liceo « Alfieri » di Torino, L. 105.000.
ComiDÌssioDe Distrettaale • Primo Distretto
7® elenco offerte ricevute
prò alluvionati
Collegio VaiWese, Torre PeUice L. 57.350;
Chiesa di Tome Pelllice (2® vers.; L. 23.000.
Totale precedente L. 3.497.995. Totale offerte ricevute L. 5.578.345.
POMAREV
Ricordiamo la dipartenza di Pons Adele
nata Ribet, deceduta ai Pons in età avanzata; alla famiglia un pensiero di affettuosa
simpatia, manifestatasi pure in occasione del
servizio funebre.
Ricordiamo le attività prossime :
Domenica 5 febbraio con lo scambio di
pulpito predicherà a Pomaretto il Pastore
Tourn.
Mercoledì 8 febbraio riunione al Clot; tema : (c L’offerta »; ore 20,30.
Giornata del XVII: corteo ore 8; culto
al tempio ore 10; agape ore 12,30; recita
ore 20,30.
Vigilia del XVII : corale e banda musicale ore 20 accanto ai falò; raccomandiamo
il raccoglimento con preghiera di non far
scoppiare dei petardi.
— Abbiamo battezzato Bounous Franco di
Silvio e Bertocchio Alma e Barai Lorena di
Walter e Rubis Pierina. Il Signore benedica
i genitori e le creature che ha loro dato.
IVREA
duto a ringraziare direttamente a nome del
Concistoro e della famiglia Rivoira, tutti coloro che hanno risposto al nostro appello.
In questi ultimi tempi abbiamo cercato di
apportare delle piccole migliorie ai nostri
locali di culto per renderli più accoglienti.
La sala delle riunioni al Serre è stata provvista di 16 sedie pieghevoli offerte da un amico di Roma e dalla Signora Ida Ghigo di
Torre PeUice. La scuoletta dei Coisson-Ricca
è stata ripulita a cura di Coisson Stefano e di
sua, soreUa, suor Susanna, che ha così gentilmente offerto una giornata delle sue ferie.
Infine a cura del Concistoro la scuoletta di
Buonanotte e la saletta di Pradeltorno sono
state rifornite di un impianto di Uluminazione a gas, dal momento che la luce elettrica, tante volte promessa, rimane ancora un
sogno per la maggior parte del territorio della Comunità. Siamo molto riconoscenti a
quanti ci hanno aiutato a realizzare queste
migliorie, e ci auguriamo che la comunità
sappia esserne riconoscente.
Rimangono ora deUe opere molto più impegnative per restaurare i templi di Pradeltorno e del Serre. Il Concistoro sta studiando
il problema, ma è fortemente preoccupato
dal come arrivare a risolverlo, in quanto ci
troviamo di fronte ad un carico di gran lunga, superiore alle forze della nostra piccola
Comunità.
LUSERNA S. GIOVAHNl
Domenica 5 febbraio, ore 10,30 ; culto in
francese.
Unione femminile: riprende le sue riunioni mensili, domenica 5 febbraio, alle ore
14,30. Cordiale invito a tutte le sorelle a
partecipare a questa seduta.
Riunioni quartierali: agli Airali, ogni domenica, ore 16,30; al Mourcius, martedì 7,
ore 20; alla Ciaperassa, mercoledì 8, ore 20;
Fondo S. Giovanni, venerdì 10, ore 20,15.
La comunità di Ivrea è stata dolorosamente colpita dalla improvvisa dipartenza della
Signora Ines Jalla nata Giampiccoli, deceduta, il 17 Gennaio dopo poche ore di malattia.
La nostra sorella in fede risiedeva ad
Ivrea da molti anni ed era sempre attivamente presente nella vita della chiesa locale.
Mezz’ora prima, che il male la colpisse in modo irrimediabile s’intratteneva insieme con
suo marito, anziano della comunità, e con
il Pastore, di vari aspetti della vita ecclesiastica ai quali era sempre molto sensibile. In
quello stesso giorno era deceduto a, Torino
il prof. Conte, suo cognato, e si rievocava
naturalmente la figura dello scomparso. I signori Jalla erano rattristati da quella morte,
ma nessuno avrebbe mai pensato che, poco
dopo, in queUa stessa casa la morte sarebbe
passata portando via colei che l’abitava e
l’aveva sempre fraternamente aperta per accogliere parenti ed amici, in modo speciale
i Pastori di Ivrea e di altre comunità. Veramente la morte ci è vicina in questo mondo
e anche per questa ragione U messaggio dell’Evangelo ha un senso ed un’urgenza particolare per noi; perchè se la morte è una
dura realtà, è però vero che Gesù Cristo interviene in questa realtà e le impedisce d’essere definitiva e disperante, talché noi crediamo con l’apostolo che « il dono di Dio è
la vita eterna in Cristo Gesù ».
Con questi sentimenti ci siamo separati
dalla nostra sorella in fede nel pomeriggio
del 19 Gennaio, alla presenza di una vasta
assemblea di amici e di conoscenti. Trascrìviamo la testimonianza di una persona amica della defunta e sorella in Cristo : « Moglie del nostro anziano, Generale Davide Jalla, la signora Jalla è stata oltre che moglie e
madre esemplare, una grande collaboratrice
nel lavoro in favore della, comunità. Una figura indimenticabile. L’aspetto un po’ severo
metteva talvolta soggezione a chi l’avvicinava per la prima volta, ma bastava conversare
breve tempo con lei per conoscere quanto
amore racchiudeva nel suo cuore per tutta
la comunità. Sempre pronta a far visita agli
ammalati o alle famiglie colpite dal lutto, a
dire una parola di conforto, ad infondere coraggio e forza a chi era oppresso. Era lei che
si affaticava più di tutte per la preparazione
dei Bazar, che si interessava, delle agapi con
amore e precisione. Ci mancherà molto e non
ci sarà facile sostituirla nel lavoro da lei fatto per la chiesa ».
La comunità si stringe attorno all’anziano
Davide Jalla, a sua figlia ed ai congiunti
con sentimenti di affetto e di fede nelle promesse del Signore. A Lui affidiamo i nostri
cari e le nostre vite, umilmente e fiduciosamente, sapendo che « i cieli e la terra passe
ranno », ma le Sue parole « non passeranno »
PERRERO • MANIGLIA
— Abbiamo avuto le nostre feste dell’Albero, alla vigilia di Natale nel tempio di
Ferrerò e la sera stessa di Natale in quello
di Maniglia. Il tempo ci ha favoriti e le assemblee sono state assai numerose. Molto apprezzati i programmi preparati dai nostri
bambini, diretti dalla Sig.ra L. Rivoira e
dall’insegnante Sig. R. Genre, coadiuvati da
fedeli collaboratori. Li ringraziamo tutti di
cuore unitamente al comandante della locale stazione del Corpo Forestale ed al sig. Arturo Meytre.
— Ben frequentati nei due templi i culti
di Natale; sempre molto gradito a Ferrerò
l’ottimo contributo della Corale.
— Fer la ricorrenza del Natale le nostre
sorelle anziane sono state, visitate con una,
testimonianza di solidarietà e di simpatìa a
cura della Unione femminile.
Per ricordare nella gratitudine ed in modo tangibile il centenario della erezione del
tempio di Ferrerò, era stato deciso, per completarne la funzionalità, di dotarlo di un
mezzo razionale di riscaldamento. La meta
è stata raggiunta con viva soddisfazione per
Natale. Un fraterno, veramente sentito ringraziamento è rivolto a tutti coloro che vi
hanno contribuito con gioiosa generosità, sìa
in seno alla comunità e sia a quelli che assenti o lontani hanno voluto in questa occasione ricordarsi della loro chiesa d’origine,
ai membri del Comitato per la loro opera
fattiva, a quanti hanno anche offerto tempo
e lavoro — i nostri giovani in particolare ■—■
perchè fosse portata a buon termine questa
iniziativa e nel contempo fossero recate le
migliorie necessarie per il riscaldamento dei
locali delle attività e del presbiterio. A tutti
per la preziosa dimostrazione di fattiva collaborazione l’espressione della profonda, grata
riconoscenza di tutta la comunità.
— Il 28 dicembre ha avuto luogo il funerale del nostro fratello Giovanni Pietro
Micol, deceduto al Forengo, all’età dì 85 anni. Ai suoi figliuoli ed alle loro famiglie,
alla sorella ed ai parenti tutti rinnoviamo
l’espressione della nostra fraterna simpatia.
COAZZE-SÜSA
Direttore resp. : Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
______________n. 175, 8-7-1960________________
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre PeUice (To)
Dal Brasile (San Paolo) è arrivato a Coazze dove ha passato qualche settimana con la
madre sigj'a EmUia e gli altri congiunti
NeUo Boero. Da quando egli era emigrato,
trentacinque anni fa, non era più tornato
al paese mentre il fratello Arrigo, la zia e ì
figli stessi di NeUo erano tornati qualche
volta e erano venuti a Coazze. Tutta la Comunità continua a pensare riconoscente e fiduciosa a quei cari FrateUi lontani.
Dal Brasile ancora (Rio de Janeiro) ci è
giunta, purtroppo, la dolorosa notìzia della
dipartita della nostra Sorella Teresa, Croce
ved. Gagnor da Condove la quale ha sempre
ricordato generosamente la sua Comunità di
Susa. Grazie alla sua testimonianza e alle
sue preghiere, tre, ora nostri membri di Chiese, sono stati chiamati alla conoscenza dell’Evangelo. Al figlio Alessandro e famiglia a
Rio de Janeiro e agli altri parenti in Italia
rinnoviamo la nostra simpatia cristiana.
Grazie a Dio, la Festa dell’Albero di Natale è ben riuscita a Coazze e a Susa dove
è stato inaugurato un piccolo bel palco smontabile costruito gratuitamente dal nostro
Consigliere di Chiesa Armando Vindrola di
Villardora.
Gli alunni delle due Scuole domenicali
avevano recite e canti in comune e se la sono
cavata benino.
Ringraziamo cordialmente quanti, persino
da Torino, hanno collaborato con ì Consigli
di Chiesa anche in quella circostanza particolare, compreso il nostro Fratello Marcello
di Coazze.
Le due Comunità ringraziano vivamente il
sig. F. Crespi di Torino e il Fratello U. Tomassone di avere presieduto dei Culti domenicali.
augurarsi che colesti incontri lo stimolino.
Quando scopriamo tutto il valore del Verbum
rivelato, quando lo sentiamo come Persona,
come Spirito, come Cristo vivente che parla
alle Chiese, e quando le Chiese si lasciano
apostrofare... e curare col Suo collirio che
apre gli occhi, e ci vediamo in tutta la nostra insuificenza e miseria, avrà fine il contemplativo beato quanto vuoto narcisismo che
ci fa essere soddisfatti di noi stessi e delle
nostre opere : Apoc. 3: 14-22. Questo cammino verso Lui che è U Capo, ci porterà, per
l’azione dello Spirito Santo, più vicini al
fuoco purificatore e rinnovatore, e più vicini
gli uni agli altri. Cammino lungo, quello
dell’Unità, ma irreversibile anche perchè è
sostenuto dalla preghiera di Cristo al Padre:
« Essi... i discepoli che Tu mi hai dato, siano Uno come Noi siamo uno... ».
G.E.C.
DONI RICEVUTI
PER ECO-LUCE
Da Villar PeUice: Susanna Michelin Salomon L. 200; Maddalena Cairus 500; Caterina Janavel Gönnet 500.
Da Como: Giorgio Malacrida L. 1.000;
Bergna Pedraglio 200.
Da Riclaretto: Fanny Peyronel 500; Elisas
Peyronel 450.
Da Torre PeUice: Enrico Genre 500; Giulio Bellion 500; Mary Jahìer 2.500; Riccardo Pellenc 500; Mario Rivoir 500; Marianna Rivoir 500; Margherita Costabel 500; Al.
berlina Pons 200; fam. Jalla 300; Alda
Cougn 500; Elda Gay 2.500; Mario Corsani 5Ó0.
Da Luserna S. Giovanni: Elisa Jalla 500;
Pietro Grand 500; Emanuele Turri 100; Enrichetta Peyrot 300; Federico Eynard 300;
Ester Grill Bonjour 300; Adelina Dalmas
500; Placido Mondon 500; Augusto Martinat 200; Enrico Gay 500; Emilio Fattori 500.
Da Pinerolo: Evelina Gay 1.500; Urna
Gunetti Paschetto 500; Ilda Bosio 500; Renato Breuza 500; Alice Adelina Long 1.500;
Arturo Long 1.500; Enrichetla Peyronel 500..
Da Inverso Pinasca: Coisson Assely 500;
Yvonne Coucourde 500.
Emile Sappe (Francia) 265; Letizia Rönnet (Angrogna) 200; Gemma Peruggia (Arezzo) 500; Giulio Cesarò (Palermo) 2.500;
fam. Romano (Vercelli) 500; Mimi Faronato (Livorno) 500; Lino De Nicola (Sanremo) 500; Antonio Lanieri (Ceriana, Im.)>
200; fam. Mansuino (Sanremo) 500; Elvino
Buffa (Angrogna) 300; Livio Codino (Canada) 1.100; Berta Kaser (Oberägeri, CH.);
Domenico Di Toro (Frauenfeld, CH.) 500;
Federico Ribet (Canada) 2.200; SchmidtGauss (Zurigo) 6.500; Anna Metzenhin (Svizzera) 1.500; Guido Giacometti (Stampa, CH.)
500; Luigi Michelin Salomon (Angrogna)
500; Adelina Peyronel (Bobbio Peli.) 500;
Antonio Pelucciotta (Cesate) 1.500; G. Odin
(Napoli) 500; A. Moneada (Montreal) 2.245;
Arturo Meytre (Maniglia di Perrero) 500;
Ampellio Calassi (Sesto Fior.) 3.500; Giovanni Mantelli (Alessandria) 500; Irene Scatamaechia (Velletri) 450; Bruno Ispodamia
(Sampierdarena) 1.000; Luigi Costa (Erosinone) 500; Federico Micol (Pomaretto) 200;
Carla Rostain Zavaritt (Bergamo) 500; Enrico Vigliano (Bari) 500; Cinzia Tessoni
(Parma) 200; Angelo Busetto (Venezia) 500;
Virginia Scimene Panasela (Riesi) 500; Camilla Prassuit (Chiavarì) 500; Renato Pozzi
(Alba) 700; Caterina Ercone (Pomaro Moni.)
500; Barberina Mengiardi (Firenze) 500; Enrico Martinat (Pomaretto) 500; Guido Peyronel (S. Germano Chis.) 500.
Da Milano: Maria Albarin 500; Silvia
Balmas 500; Beniamino Calvi 500; Giulia
Bertolì 300.
Da Roma: Gino Giovannini 500; N. N.,.
5.000; fam. Socci Girardet 500.
Da Torino: Guido Decker 500; Elio Pellegrini 500; Alice Rostaguo 500.
Da Ivrea: Bice Bertarione 500; DavideJalla 500; Mario Rolla 500.
Gaffa Germania: Bianca Schmitz 300;
Karl Lay 275; Hans Rudolph 750; Alberta
Ebert Gönnet 500.
Da Genova: Arturo Peyrot 500; Elena
Maurin 200; Bruno Lombardi Boccia 500;
Alberto Durand 500; Renato Pampuro 1.000
Grazie. {continua)
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