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Anno 113 — N. 33
27 agosto 1976 — L. 150
Spedizione in abbonamento postale
I Gruppo /70
BIBLIOTECA VALDÉSE
10066 TORRE PEIL ICE
ddk valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
CONFERENZA METODISTA E SINODO VALDESE 1976
La sfida della Parola contro
la rassegnazione delle chiese
Pubblichiamo, qui appresso come ogni
anno, il testo del sermone d'apertura della sessione sinodale, tenuto quest'anno
dal pastore Sergio Carile.
« Avendo questo ministero in
virtù della misericordia che ci
è siala falta^ noi non veniamo
meno nell’animo ».
(II Cor. 4: 1-6 - Matt. 5: 13-16)
Viviamo in un tempo nel qua•j siamo appesantiti dalla visioe del presente, preoccupati per
-ispctio che potrà prendere il
'.ULiro, incerti nella valutazione
ud passato.
Uomini, come ci sentiamo e
ci mostriamo, non riusciamo a
scui-gcre che molto vagamente
ciò che siamo chiamati ad essere. Tuttavia in noi, proprio così
come siamo, succede qualcosa;
ci agitiamo a salute, non veniamo meno nell’animo.
I! medesimo fermento che è
in noi e che viviamo nella vita
associata, lo trasferiamo nelle
istituzioni ecclesiastiche. Una benedetta vendemmia ha riempito
di vino nuovo i validissimi otri
vecchi, c minaccia di farli scoppiare.
Comunque si valuti il passato,
qualunque sia la preoccupazione per il futuro, è in questo tempo che tutti noi viviamo i tentativi di incernierare su una
realtà esistente la realtà dell’avvenire.
Tra i tentativi di ricerca in
questo senso c’è anche il nostro: quello delle nostre due
chiese che con il programma in
atto della loro integrazione vogliono, o vorrebbero, non so, in
ogni caso potrebbero se lo volessero, essere il piccolo seme
emblematico della realtà futura
dell’evangelismo in Italia.
Naturalmente un concerto di
consensi si è udito dalTuna e
dall’altra parte di via Beckwith,
e in questo concerto hanno suonato a tutto fiato le trombe della storia, più timidamente i violini della convenienza pratica.
Unirci tra noi ci è sembrato e
ci sembra, dunque, un’ottima cosa; pensiamo anzi che sia un segno dei tempi.
Ma è questo il problema?
Mi metterò in una posizione
disincantata di fronte ai fatti.
Ci siamo accontentati, fino a ieri,
di badare a noi stessi; guardando di non perdere qualche piccolo privilegio, custodi gelosi delle nostre numericamente insignificanti comunità, delle nostre
preziose tradizioni, talvolta delle nostre caratteristiche etniche.
Abbiamo soddisfatto esigenze
religiose private. Abbiamo voluto formare delle piccole oasi riformate. Così abbiamo voluto
ospedali, asili, rifugi, scuole, circoli culturali nostri. Li abbiamo
voluti anche quando non ce n’era
più bisogno, quando servivano
solo ad affermare noi stessi,
quando costavano sproporzionatamente troppo e quando non
sapevamo gestirli convenientemente. Fortunatamente già sentiamo un po’ aria di ghetto in
tutto questo, e ci rendiamo conto che Tesserci chiusi in questo
ghetto non solo ci ha isolati tra
noi, metodisti e valdesi, per lungo tempo, ma ci ha anche isolati
dalle altre chiese evangeliche
che con noi operano in Italia.
Nessuna scusa il fatto che anch’esse siano incorse nei medesimi errori.
Vivendo ed operando immersi in una cultura cattolica romana della quale non condividia
mo né i principi né gli sviluppi,
abbiamo diretto il nostro zelo
missionario piuttosto al rimpinguamento delle nostre proprie
fila anziché intendere l’evangelizzazione come un dovetoso apporto alla vita sociale del paese,
mediante la proclamazione di
quella libertà in Cristo che fa
l’uomo adulto e responsabile;
libertà di cui abbiamo sempre
accusato la chiesa cattolica di
privare i suoi fedeli.
Ci è importato soprattutto restare dei buoni valdesi o dei mediocri metodisti. Per questo abbiamo saputo trovare forza materiale e spirituale sufficiente,
ma il nostro aumento numerico
è stato assai poco superiore all’aumento demografico delle famiglie evangeliche.
C’è da domandarsi se nel nostro paese le chiese storiche come le nostre abbiano mai rappresentato davvero una valida
alternativa alla chiesa cattolica,
o anche semplicemente un reale
pericolo per lei.
Infatti, quale è stato il nostro
mordente, o soltanto la nostra
influenza, sulla vita pubblica?
In che modo ci siamo inseriti
nella storia del nostro popolo
onde portarvi quel messaggio
che non è nostro ma di cui pensiamo e crediamo di essere veicoli?
La nostra mancata integrazione nella società come elemento
di stimolo e di insaporimento ci
ha certamente preservati da molti mali e fastidi, ma ha reso la
nostra presenza sempre più insignificante; e se oggi lo siamo
meno è perché la chiesa cattolica ci ha riscoperti.
Uno dei giudizi più frequenti
che su di noi si trova nei catechismi cattolici è questo: « i protestanti sono di ieri ». Questo
tentativo di discredito vuol significare che si§imo troppo nuovi per essere accettati o che siamo ormai troppo invecchiati
perché ci si possa ancora prestare credito?
Vorrei che nei catechismi cattolici dei prossimi dieci anni potesse figurare un altro giudizio
su di noi, questo: « i protestanti sono di oggi ».
Vorrei cioè che non la nostra
conservazione ma la nostra continua presenza ed attualità fossero il programma della nostra
evangelizzazione.
Due chiese storiche si integrano non confrontando sul piano
dogmatico le loro teologie, non
tracciando un programma di
unificato impegno, e nemmeno
fondendo sul piano pratico le loro amministrazioni; ma soltanto, finora, unificando le loro discipline, accomodando i loro re
golamenti, indorando le loro istituzioni.
Eppure, se non vogliamo che
l’integrazione sia lo stanco, insipido frutto di un misero accordo, se non vogliamo che sia la
forzata unione di due malcompensati complessi di inferiorità
— sia pur diversi tra loro — se
non vogliamo che sia una gelida
aspirazione o una morta formula, occorrerà che al di fuori e
al di sopra di ogni schema essa
si misuri con la realtà di quel
Regno con la quale Cristo si misurò per primo, e che subito
renda perciò ragione, sulla vecchiezza degli uomini e delle loro istituzioni, della perenne giovinezza di Dio.
Possono sembrare duri questi
giudizi, e forse lo sono, ma non
sono ingiustificati. In ogni caso
è meglio esagerare in questo
senso che nel senso di un assai
meno giustificato trionfalismo;
perché se è antipatico in sé ogni
culto della personalità, ANTIPATICISSIMO è il culto della propria.
Nonostante tutto quello che
abbiamo detto, comunque, consci di avere un « ministero in
virtù della misericordia che ci è
stata fatta, noi non veniamo meno nelTanimo ». Non ne abbiamo il diritto.
(continua a pag. 4)
Dal pulpito gl microfono
Convegno organizzato dalla Federazione sul tema: la predicazione come evangelizzazione attraverso la radio e la televisione
Come annunciato sul numero
precedente del nostro giornale,
si è riunito a Torre Pellice, il
18-19 agosto, promosso dalla Federazione Evangelica Italiana, il
convegno di studi sul tema; la
predicazione come evangelizzazione attraverso la radio e la televisione.
Tema di grande attualità. Mai
come in questi ultimi mesi il
culto radiotrasmesso è stato valutato in modo cos'j contrastante. C’è chi dice: finalmente, una
predicazione concreta; altri, invece: basta, si sta superando
ogni misura.
Benvenuta, dunque, l’occasione di discuterne insieme. Già
nella giornata (piovosa) del 15
agosto, a S. Secondo di Pinerolo, se n’era parlato in un dibattito. Qui era emerso il desiderio
di chiudere subito con le novità
e di tornare a sentire i culti radio di una volta. Quelli sì, erano
culti evangelici! con gli inni e la
preghiera, senza la politica!
adatti agli isolati, agli ammalati,
alle persone anziane!
Nel convegno di Torre Pellice
si è avuto molto tempo di più
per allargare e approfondire la
discussione. Ci sono state meno
nostalgie per i toni e i contenuti del passato, ma eguale premura di venire incontro a ogni tipo
di ascoltatore. Nello stesso tempo si è studiato come rendere
valida ed efficace la predicazione radiofonica, dopo che è chiaro a tutti, ormai, come sia impossibile trasferire semplicemente un sermone dal pulpito al microfono. Occorrono ben altri accorgimenti, oltre la brevità.
In apertura di convegno. Neri
Giampiccoli ha detto che per
predicazione, nel Nuovo Testamento, si intende la dichiarazio
ne che il regno di Dio è tra gli
uomini, come atto compiuto della sua grazia. Questo hanno predicato Cristo e gli apostoli. Non
si vede come possano, oggi, i
credenti intendere diversamente
la predicazione, compresa quella
radiofonica. Mentre affermiamo
che la piena realizzazione di questo regno sarà attuata quando il
Cristo ritornerà, nello stesso
tempo diciamo che l’obbedienza
nella fede ci porta già oggi a vivere la «parabola del regno di
Dio », cioè a vivere in modo che
le nostre scelte di vita siano altrettanti « segni » di questo regno, che è giustizia, amore, libertà, perdono.
E cosi la nostra predicazione
radiotrasmessa? Nei suoi contenuti essa non sfugge alle tensioni che coinvolgono qualsiasi predicazione evangelica. Compromessa con la « politica »? Neutrale e spirituale? È ovvio che
se queste diversificazioni avvengono nelle nostre chiese, non si
capisce perché ci si aspetta che
le nostre prediche alla radio siano su una sola linea.
E gli inni? E la preghiera? Siamo sicuri che quanti ci ascoltano, a quell’ora, sfaccendando per
la casa, si sentono in comunioGiulio Vicentini
(continua a pag. 2)
La composizione del Sinodo
e della Conferenza
SINODO
L’assemblea sinodale ha eletto quale presidente del Sinodo
il pastore Alberto Taccia di Luserna S. Giovanni; vicepresidente il sig. Gustavo Ribet di San
Germano Chisone. Il lavoro di
segreteria è svolto dai pastori
Giuseppe Platone e Paolo Ribet e dal sig. Gianni Long ; Giorgio Montesanto e Giovanni Magnifico assessori.
I membri del sinodo con voce
deliberativa sono 137, con voce
consultiva 26. Per la prima volta, eccedendo il numero dei pastori rispetto ai laici, si è dovuto estrarre a sorte il nome di
10 pastori a cui è stato tolto, a
norma di regolamenti, il diritto
di voto.
CONFERENZA METODISTA
Il Seggio della Conferenza è
COS.I composto: Pastore Sergio
Aquilante, Presidente; sig. Giordano Senesi, Vicepresidente; Pastore Aurelio Sbaffi, Segretario.
Verbalisti; Letizia Sbaffì e Leda Rocca.
Segretario agli atti; Gian Maria Grimaldi.
Segretario alla corrispondenza: Giuseppe Anziani.
Assessori; Sergio De Ambrosi, Lando Mannucci, Tullio Di
Muro.
I membri della Conferenza
con voce deliberativa sono 58
(24 pastori e 34 laici), con voce
consultiva 7.
Quando
Vassenza
è crimine
Ormai non si spagina un giornale senza apprendere nuove atrocità in ogni parte del mondo.
Non solo quelle delle torture
nuovo sistema di inquisizione
dall’Oriente all'Occidente, rna veri e propri genocidi come in Rodesia e in Sud Africa.
Per mesi e mesi siamo stati
messi al corrente di quanto avviene nel Libano e delle centinaia di morti giornalieri. L’assedio del campo di Teli al Zataar è
stato simile, se pur in proporzioni minori, a quello del ghetto di
Varsavia. 1 giornali di tutte _ le
tendenze ne hanno riferito: bimbi, donne, uomini, morti dilaniati dalle bombe, o negli atroci
spasimi della cancrena, o per sete o per fame.
Senza acqua, cibo, medicine,
senza bende per fasciare le ferite finirono esanguati.
La resa ha ancora dato luogo
a scene terrificanti di atrocità.
Infine i buldozer ammassarono i
cadaveri (2-3000?) come i rifiuti
di una città lasciata troppo a
lungo senza i servizi della nettezza urbana.
Sconcertante è stato il silenzio
della Chiesa. Come può questa,
che è il popolo di Colui che ha
dato la vita affinché gli uomini
vivano, gingillarsi nella sua attività interna, nei suoi regolamenti, nelle sue dissertazioni teoriche
e astratte, mentre il sangue di
Abele grida dalla terra vendetta
a Dio?
Quando la tragedia spaventosa
di Teli al Zataar era ai suoi ultimi giorni un giornalista non credente, mi gridò disperato al telefono: "Almeno voi cristiani fate
qualcosa!’’.
"Almeno voi cristiani...’’. Poi
scettici noi diciamo che il mondo
è sordo alla nostra testimonianza! No, il mondo non è sordo; il
fatto è che noi non la diamo. La
gente non si interessa alle nostre
piccole storie interne e alla nostra religione. Ma pure attende
da chi si dice di Cristo qualcosa.
E noi abbiamo privato di Cristo
il mondo.
"Almeno voi cristiani...".
Forse ci commuoviamo e interveniamo di fronte ad un sipgolo
caso che ci è vicino. Dinanzi alla
tragedia immane del mondo di
oggi siamo o assenti o paralizzati come di fronte a cosa che ci
sorpassa.
Però è vero o non è vero che se
ci diciamo chiesa siamo una vasta assemblea che può prendere
impegni concreti?
È vero o non è vero che non
siamo soli se confessiamo che
Cristo è risorto e vivente e possiamo contare non nelle nostre
forze ma nell’utilizzo da parte
sua . degli strumenti che possiamo essere malgrado tutte le nostre incapacità? E vero o non è
vero che siamo piante sterili incapaci di portar frutto e che proprio per questo la scure del Signore è alzata per abbatterci?
Anche se questo articolo mi è
stato richiesto non lo scrivo per
aggiungere chiacchiere a chiacchiere. Basta. Voglio dire solo,
"tout court”, che chi vuole intervenire coerentemente nella tragedia del Libano, che è ancora
ben lontana dalla sua soluzione,
e non solo per dirmi che ho ragione o torto, si faccia vivo sia
per dichiararsi pronto ad una azione o per provvedere i mezzi
Tullio Vinay
(continua a pag. 8)
2
Dal pulpito al microfono
Il tema della fede e politica
ha occupato in modo preponderante la mente degli evangelici
(in particolare valdesi) nel corso dell'estate se dobbiamo giudicare dalla fitta corrispondenza ricevuta su quel tema. Molto
probabilmente quando il giornale uscirà il problema sarà superato dal dibattito avutosi in
Sinodo ed Assemblea ma ci sembra egualmente importante dare
voce ai fratelli che ci hanno
scritto.
Elio Rinaldi da Napoli ci invia
uno scritto da cui riportiamo la
parte centrale. Inizia cornil riferimento biblico ai salmi 103: 6,
146: 7 e 141: 5 e prosegue...
Annunziare l’evangelo
in tutta la sua
pienezza
...se abbiamo creduto, crediamo e crederemo nell’assoluta ed unica sovranità del Cristo che quale « duee e perfetto esempio di fede » è il solo ad
avere per tutti i credenti parole di vita
eterna » come è possibile confidare
nello stesso tempo in uomini o gruppi
o in partiti politici con ideologie la cui
etica materialista è in funzione « orizzontale » e non certo in funzione «verticale » verso quelle realizzazioni spirituali che ci porteranno ai « nuovi cieli e nuova terra? ». Se Cristo, come è
stato detto, non è individuabile o meglio ravvisabile in alcun partito umano (quasi che fosse possibile una sorta
di equazione tra la Parola e le parole
degli uomini) è logico poi che dei pastori che della loro consacrazione hanno fatto Vinsostituibile scelta {cioè la
loro elezione) posta unicamente al servizio di Cristo, possano battersi per
un altra elezione ? perché ricorrere a
delle ideologie che, pur interessate alla vita sociale della comunità umana,
non hanno certo come fine il problema dell’anima nell’attesa del ritorno
glorioso del nostro Redentore? forse
che« il braccio dell’Eterno » si è raccorciato? Che la Chiesa di Cristo non
venga mai « degradata a strumento di
partito ». Facciamo nostro pertanto
quanto scrive Roland De Pury a tal
proposito : « L’azione politica e sociale
della Chiesa è di annunciare l’Evangelo in tutta la sua ampiezza... la Chiesa non ha da fare di più che predicare
Gesù Cristo, perché se la predicazione
è veramente apostolica... fornisce agli
uomini tutte le armi di Dio... »; e con
Barth diremo che il criterio della scelta della Chiesa è : « la santa città che
scende giù dal cielo » (Apoc. 21), « i
nuovi cieli e la nuova terra nei quali
abiti la giustizia » (li Pie. 3: 13).
Elio Rinaldi
Tempo di riflessioni
per tutti
Gentile Direttore,
Tre sono le novità emerse nel protestantesimo italiano negli ultimi anni : la progressiva e costante politicizzazione della vita delle comunità, la
crescente ed assidua consuetudine di
rapporti col cattolicesimo del dissenso,
rincalzante processo, critico ed autocritico, di demolizione della tradizione
spirituale e culturale del protestantesimo.
La vicenda elettorale ci ha fornito
l'occasione per una prima, parziale e
limitata verifica; purtroppo con esito
deludente.
Mentre assistiamo alla crisi irreversibile dell’unità politica dei cattolici,
ecco annunciarsi l’unità politica dei
protestanti. Si tratta per ora di una
tendenza, tuttavia abbastanza pronunciata ed evidente.
La candidatura di Marco Rostan è
definita di « rappresentanza evangelica ». Si invocano, per giustificarla,
« ragioni di tipo ecumenico ». Un ecumenismo per imitazione, potremmo definirlo, dovendo consistere nella « re.sponsabilità di sostenere la scelta dei
cattolici nel PCI con una nostra analoga presenza ». Viene pure affermata
« l’esigenza di ri.spondere con i fatti all’odiosa campagna anti-comunista di
Poletti, di Poma, dello ste.sso Paolo VI
tanto più violenta proprio a Roma... ».
Questa logica conduce, inevitabilmente: alla individuazione del PCI come
partito preferito dei protestanti, oltre
che di certi settori del di.ssenso cattolico.
In ,\bruzzo, regione nella quale vivo. rii evangelici esistono in dimensione (ti precaria .sopravvivenza. Gianna
Sciclone ha dato alla sua presenza nella lista comunista il significato di preci.sa identificazione tra partito e comunità.
Un pastore evangelico (i giornali di
qui hanno scritto « vescovo protestan
te ») che si presenta candidato alle elezioni politiche si pone nella condizione migliore per far conoscere agli altri
la comunità che gli è stata affidata,
costretta nella morsa dell’isolamento?
I dubbi al riguardo risultano doverosi.
Ci troviamo di fronte ad un pretestanlesimo a rimorchio, privo di vitalità, incapace di trovare in se stesso
chiari punti di riferimento.
Come non vedere che la confessione
di fede per Cristo è cosi coinvolta totalmente nella opinabilità delle scelte
partitiche?
Il pastorato evangelico, lo sappiamo
tutti, attraversa una drammatica crisi
di identità. Mi domando se non si stia
tentando di uscirne con un espediente : proclamando di volersi disperdere
quale lievito nella pasta della dirigenza politica.
Le reazioni scandalizzate aU’annuncio 'della costituzione del gruppo pro*
testanti socialisti, se confrontate con
l’appello lanciato a Roma in favore
della candidatura Rostan, rivelano la
esistenza di una doppia morale e di
un pericoloso settarismo integralista.
Per alcuni evangelici sarebbe dìsdi*
cevole, addirittura « aberrante », il
solo cercare momenti di collegamento
sulla base di una comune opzione politica. Altri, invece, non meriterebbero
disapprovazione ma ammirazione per
aver promosso e organizzato il consenso elettorale attorno ad una lista.
Ci si indigna, isomma, di iniziative
individuali o di gruppo ma non si ha
nulla da obiettare se si coinvolgono in
operazioni elettorali intere comunità.
E’ tempo di riflessioni e di meditazioni, per tutti.
Egidio Marinaro
Eresia?
Egregio Signor Direttore,
Il recente intervento all’Assemblea
del 1° Distretto ha avuto il merito di
sollevare il problema che da tempo
era nell’aria.
Personalmente, sia chiaro che ho il
massimo rispetto per le opinioni politiche di ognuno, purché non contrabbandate in sede inadatta, ma, e qui sta il
nocciolo di tutta la questione, è stato
un errore gravissimo di voler determinatamente politicizzare la vita della
Chiesa.
L’insistenza, la diligenza e la provocatoria reiterazione con cui fu proposta e poi promossa la necessità che la
Chiesa assumesse una sua veste politica, dimostrano il preordinato disegno
di volere a tutti i costti portare la
Chiesa Valdese su posizioni oltranziste
che ne hanno alterato la fisionomia in
modo tale che ne sono stati sovvertiti
i principi.
E’ quasi certo che in partenza gli
intendimenti di questi progressisti fossero buoni; un progresso, una vivacizzazione della Chiesa Valdese era desiderabile e sentito (Ekjclesia semper reformanda!), ma l’eccesso di entusiasmo
ha portato questi neo-convertiti a perder di vista i principi informativi della Riforma evangelica, per trovarsi invece travolti in una situazione che di
cristiano ha soltanto le origini e neppure l’apparenza. Si è venuta imbastendo una nuova concezione di puro ed
inequivocabile sapore politico, che, con
il concorso di assemblee preordinate,
vorrebbe continuare ad imporsi su tutti i membri della Chiesa. Siamo di
fronte ad una vera e propria ERESIA,
che ha snaturato i principi informatori della Riforma Evangelica per finire
a servire l’idolo marxista materialista
ed ateo.
Con i migliori saluti, ringraziando
Roberto Ginoulhiac
Ascoltare
l’interessato
Quando ho saputo che il pastore Vinay aveva votato comunista non sono
stata sconvolta, bensì sorpresa. Però
mi sono detta: «Forse potrà essere
una garanzia ». In seguito ho comunicato la grande notizia ad un'amica.
« Che orrore!!! » ha esploso quella « E’
impossibile ».
E’ logico e comprensibile che si rimanesse perplessi e titubanti. I discorsi e le dichiarazioni di Berlinguer
a Berlino e alla tele non erano valse
per tranquillizzare il nostro spirito,
non ci si fidava. Il Comunismo si pensava c pur sempre una incarnazione di
quello Russo, e gli esempi non sono
certo incoraggianti. Ragione per cui
gran parte degli Italiani votò per la
decrepita Democrazìa, così della Cristiana.
Ma giorni fa mi è giunto il solito giornaletto mensile da Riesi : Servizio Cristiano e ho cambiato idea.
Questo numero non si prolunga sul
lavoro svolto in paese. Ma è lutto dedicato al « caso » Vinay.
E‘ lui ebe parla: una dichiarazione
personale che espone e giustìfica il motivo della sua adesione al P.C.
Seguendo da anni la sua attività
laggiù a Riesi, le sue iniziative, le
sue fatiche, le sue tribolazioni e delusioni dovute proprio alla politica disastrosa che intralciava il suo lavoro, è
più che comprensibile che giunto il
buon momento abbia deciso di far parte di un Partito che gli ispirava più
fiducia e che certo prima avrà studiato
a fondo. Finita quella lettura mi è
venuto spontaneo il pensiero « Bravo
Pastore Vinay - hai fatto bene!
Credo che sarebbe cosa ben fatta se
La Luce pubblicasse gran parte di
quanto ha scritto Vinay su quel giornaletto. Molti ne trarrebbero profitto.
Tilla Blumer
La donna lavoratrice
e madre
Gentilissimo Direttore,
che la donna non sia la serva schiava è giustissimo, ma non deve neppure essere la madre snaturata che per
correre alla moda del perfetto egoismo,
riduce la famiglia a dei robot messi
sulla catena di montaggio. Come riescono i figli dei genitori, che per dar
loro il benessere materiale, non hanno
più tempo di occuparsene?
Abbiamo tutti i giorni davanti agli
occhi questi essermi con tanta infelicità negli occhi, che poi diventa cinismo e peggio talvolta.
Una donna può anche senza un proprio stipendio, colla sua laboriosità ed
intelligenza, quale massaia, risparmiare assai più di quello che guadagnerebbe lavorando a tempo pieno.
E’ difficilissimo che una donna sia
buona madre e buona lavoratrice.
Solo in oasi eccezionali una madre
di famiglia dovrebbe lavorare a tempo
pieno.
I figli non chiedono di venire al
mondo ed hanno il diritti sacrosanto
di essere educati, curati ed amati. Chi
mette al mondo dei figli ne deve sentire la grande responsabilità davanti a
Dio.
La ricchezza del regno di Dio è in
noi. I mali del mondo sono i nostri
difetti morali : quelli dobbiamo combattere.
Cordialità
Margherita Nelli Maurin
(segue da pag. 1)
ne di preghiera?,© non sono indotti, piuttosto, a considerare la
preghiera del predicatore radiofonico come qualche cosa di rituale per cui la partecipazione
non è necessaria? Sono, gli evangelici isolati, in numero tale, in
tutta Italia, da giustificare una
forma di culto radiofonico che
solo essi comprendono?
Non meno importanti sono le
questioni che riguardano la forma e la tecnica del parlare al
microfono a persone che non si
vedono e non si conoscono. Probabilmente esse ascoltano distratte e non hanno mai sentito
certe parole, per noi usuali.
La competenza e l’esperienza
di Fulvio Rocco ha intrattenuto
i partecipanti, su queste cose,
per tutto un pomeriggio. Ha parlato del linguaggio che muta, ha
spiegato come bisogna usare la
radiofonia affinché il discorso
diventi efficace e ha delineato le
prospettive per il futuro dei programmi televisivi. È stata, questa, la parte tecnica del convegno, di cui non è possibile riferirne nei particolari. Quando noi
ascoltiamo il « culto radio », ha
detto Rocco, non possiamo non
tener presente che lo strumento
radiofonico obbliga colui che
parla a mettere in atto accorgimenti particolari per raggiungere le persone alle quali si rivolge, soprattutto se vuole convincerle, se desidera che l’ascoltatore distingua la « predica » dai
sottofondi musicali e reclamistici. I toni da cattedrale non li
può usare e noi che ascoltiamo
non dobbiamo aspettarceli. La
forma ideale è il colloquio, con
il massimo della credibilità e dell’autenticità.
Si è passati, poi, a valutare
alcune trasmissioni degli ultimi
mesi. Per i tre culti-radio della
PGEI napoletana, mandati in
onda in occasione del Natale ’75,
ha dato un prezioso contributo
Umberto Delle Donne, pastore
battista a Pozzuoli, con una relazione sulla specifica situazione
sociale e politica di Napoli, dall’interno della quale quei culti
sono scaturiti. Paolo Spanu, organizzatore del convegno, ha
parlato a nome di Piero Bensì,
sull’impostazione che questi ha
dato a diversi culti. Ne è risultata una tavola rotonda molto
ricca e vivace. Infine, Paolo Castellina ha fatto ascoltare la registrazione di una trasmissione
evangelica, dal titolo vita nuova,
che la comunità di Cuneo manda in onda, per mezz’ora, ogni
settimana, da Radio Telemondo
( Mondov)) e da Radio Nuova
Informazione (Saluzzo).
La panoramica delle esperienze è sempre significativa. Limiti
e difetti non mancano né a noi
né agli altri. Come andare
avanti?
Non si vede bene come uscire
dalla nostra situazione attuale
nella quale non tutti gli evangelici si riconoscono. Il pluralismo
che vede avvicendarsi tipi diversi e contrapposti di predicazione rischia di disorientare gli
ascoltatori. Viceversa, se si dovesse privilegiare un tipo di predicazione invece di un altro, sarebbe compromessa la rappresentatività di tutto l’evangelismo
italiano. La proposta di affidare
la gestione del culto radio a un
ristretto gruppo di lavoro, come
già avviene per le trasmissioni
televisive di « Protestantesimo »,
porterebbe a soluzioni costose e
di non facile attuazione.
La prossima assemblea della
Federazione farà bene ad esprimere indicazioni e orientamenti
significativi. Per il momento, ha
concluso Aldo Comba, resta valida l’esigenza, più volte espressa in passato, che nelle nostre
comunità si parli delle trasmissioni, che se ne discuta, che si
entri nel merito dei contenuti,
che ci si renda conto dei problemi e delle difficoltà. Il discorso radiofonico non è mai neutrale: o dice qualche cosa, oppure, se non dice nulla, è rifiutato. Nulla di peggio che la squalifica: i protestanti non hanno
nulla da dire!
Non è solo un problema di
tecnica radiofonica, cioè di come adattare la nostra predicazione attuale allo strumento che
abbiamo a disposizione. Il problema vero, più ampio e profondo, è come ripensare la nostra predicazione, per noi e per
tutti.
Giulio Vicentini
È morto Rudolf Bultmonn
il più grande esegeta del nostro secolo
All’età di 92 anni è morto Rudolf Bultmann, dell’università di
Marburgo, uno dei massimi studiosi del Nuovo Testamento in
questo secolo. Chi era il Bultmann? Sembra che K. Barth abbia detto che Bultmann, Brunner, Gogarten e lui stesso, all’inizio della loro attività come teologi, erano come pulcini che sono tutti uguali fra loro ma poi
sviluppandosi diventano diversi
ciascuno con caratteristiche proprie. C’era dunque qualcosa in
comune fra quei teologi, cioè il
riconoscimento deH’autorità della Parola di Dio, il rifiuto del libera’ismo teologico che riduceva Dio e il suo Regno a un fenomeno naturale e rifiutava i concetti di peccato, di grazia, di re
Pastori
dove eravate?
Torre Pellice, 21 agosto 1976
Egregio Direttore
alcuni giorni fà si è svolta la riunione proposta dalla Federazione delle
Chiese Evangeliche per esaminare e
discutere il problema dei mezzi dì
evangelizzazione di massa (radio e tv)
che raggiungono mediamente più di
500.000 ascoltatori ogni settimana (cifre date dalla RAI-TV).
Questa settimana sì radunano il Sinodo Valdese e la Conferenza Metodista nelle cui chiese penso che non più
di 30.000 ascoltatori siano presenti
ogni settimana.
,41la prima riunione hanno preso
parte (se ho visto bene) circa dieci pastori, alla seconda presenzieranno un
centinaio. Saprebbe qualcuno dire da
che cosa dipende questa proporzione
inversa?
quidam
denzione, di rigenerazione e di
sovranità di Dio. Però da questo
punto ognuno di loro ha preso la
sua strada, e Bultmann ha imboccato quella della ricerca sulle
origini e l'interpretazione del
Nuovo Testamento.
Insieme a Martin Dibelius è
stato uno dei fondatori del metodo dell’analisi delle forme:
partendo dalle varie « forme »
letterarie che compongono il N.
T. e i vangeli sinottici in particolare, B. ha cercato di ricostruirne la storia nel grosso volume
tradotto anche in francese con il
titolo Histoire de la tradition synoptique (una brevissima sintesi
è stata tradotta anche in italiano: Storia dei vangeli sinottici,
1970). I vangeli ci danno la fotografia dello stadio raggiunto da
quelle « forme » verso l’anno 70
(Marco) e oltre (Matteo, Luca).
Quindi i vangeli sono in larga
misura un documento della vita
e del pensiero delle comunità
cristiane neH’ultimo terzo del U
secolo, e solo indirettamente —
com’è ovvio — dei fatti che riferiscono (e questo spiega, fra l’altro, come mai fatti e insegnamenti siano riferiti spesso in maniera diversa dai vari evangelisti).
Su queste basi B. si è poi dedicato allo studio della teologia
del N.T.: i vari scritti del N.T.
sono testimoni dell’evento di Cristo per il loro ambiente e la loro epoca, e nella loro testimonianza Dio rivolge anche a noi
un appello a deciderci, a prendere posizione nei riguardi di Gesù
e del suo messaggio. La fede è
essenzialmente riconoscere e accettare Cristo come colui che ha
fatto conoscere i doni di Dio e
la sua volontà di salvezza e di
rinnovamento per gli uomini.
Molto scalpore aveva suscita
to, durante la guerra, un opuscolo di B. in cui egli analizzava gli
aspetti « mitici » del messaggio
biblico. Da allora (ma anche prima!) i termini «mito» e «mitico » sono centrali nel linguaggio
tecnico degli studi biblici per indicare tutto ciò che la Bibbia esprime in forme non controllabili con i criteri della scienza naturale e della ragione — cioè rincontro del mondo sovrannaturale
con la storia (tutti gli interventi
di Dio nella vita degli uomini e
specialmente nella persona di
di Gesù). L’invito a « smitizzare »
(o « demitologizzare » come dicono alcuni con un brutto calco del
verbo tedesco) vuol essere semp'icemente un tentativo di cercare di scoprire il significato religioso profondo di quei passi biblici per l’uomo moderno.
Purtroppo quello scritto fece
di B. il bersaglio di molte crociate di pretesi difensori della fede,,
i quali non si rendevano conto
che proprio B. — come Barth e
Brunner — aveva riaffermato la
indispensabilità della fede nel
rapporto fra Dio e l’uomo contro
le tendenze razionalizzatrici del
liberalismo teologico del secolo
scorso! Proprio per questo, l’Evangelo a lui più congeniale è
stato quello di Giovanni, con il
suo richiamo radicale alla decisione di fede, e il suo commento
al IV Vangelo rimane una suggestiva fonte di ispirazione nonostante il radicalismo critico.
Perché Bultmann in ogni sua
opera ha sempre portato alle estreme conseguenze le sue posizioni teologiche ed esegetiche, in
cerca di una coerenza e di un anti-tradizionalismo che hanno fatto di lui « il più protestante di
tutti i teologi moderni ».
B. C.
3
27 agosto 1976
POLONIA
TRE DOMANDE A: FERNANDA COMBA
Verso il dialogo confessionale Ricerca e impegno
Alla ricerca di una presenza autenticamente evangelica nel confronto
con lo stato socialista e la chiesa cattolica
La Polonia, paese a forte maggioranza cattolica, ha tuttavia
una minoranza protestante di
circa il 3 per cento.
La maggiore delle chiese uscite dalla Riforma è la luterana
con circa 100.000 membri; essa è
sorta ai tempi della Riforma ed
ha fortemente sofferto nel periodo della Controriforma, finché,
nel 1768, venne riconosciuta una
forma di tolleranza per gli evangelici e per gli ortodossi.
AI momento dell’occupazione
nazista, dei 120 pastori che si riconobbero polacchi, 56 vennero
arrestati (35 conobbero il campo
di concentramento). Dopo l’entrata in vigore della nuova costituzione i rapporti tra lo stato e
le chiese sono totalmente mutati: lo stato è totalmente secolarizzato ed esige giustamente che
le chiese non abbiano la pretesa
di sacralizzare la vita dei cittadini.
Da parte cattolica vi è stato,
almeno inizialmente, una forte
resistenza ad ogni forma di rinnovamento. Oggi è chiaro allo
Stato che la chiesa non sparisce
dalla vita dei cittadini ed è chiaro alle chiese che la forma sociale dello stato non è transitoria,
ma destinata a durare nel tempo.
In modo particolare le chiese
protestanti capiscono la loro
missione come la necessità di riflettere teologicamente sulle contraddizioni che vi sono tra le forme di fede ricevute dalla tradizione e la realtà quotidiana secolarizzata. Importante è evitare
che la fede divenga una faccenda privata.
Uno degli aspetti significativi,
in un paese di diaspora, è il momento del culto: lì i credenti
della dispersione possono sperimentare la comunione fraterna.
È degno di nota che i laici abbiano assunto una sempre maggiore responsabilità nel campo
della predicazione e nella istruzione catechetica.
Un altro aspetto importante
della vita delle chiese protestan
ti è rapresentato dalla diaconia,
che, sia pure con mezzi finanziari
limitati, non ha esaurito la sua
funzione nemmeno nella società
socialista.
Esiste, a datare da’la fine della seconda guerra mondiale, un
consiglio ecumenico delle chiese
polacche non-cattoliche, che raggruppa i vari rami del protestantesimo e gli ortodossi. Esso ha
assunto una chiara fisionomia di
rappresentanza di fronte alla
chiesa cattolica e di fronte alla
società.
Nel momento attuale questo
consiglio è fortemente impegnato in una riflessione teologica che
tenga conto non solo delle differenti posizioni delle chiese, ma
della possibilità e necessità di
una testimonianza nella situazione concreta in cui le chiese operano. Anche i programmi propo
sti dal CEC vengono qui esaminati insieme, da parte di chiese
che, proprio per la situazione
particolare in cui esse vivono,
sono in grado di esprimere un
contributo costruttivo e dinamico.
I rapporti con la chiesa cattolica sono piuttosto difficili: il cattolicesimo non ha rinunciato volentieri a secoli di privilegi ed ha
più volte cercato, forte della sua
predominanza numerica, di farsi
affidare dallo stato edifici di culto che erano appartenuti ad altre confessioni religiose prima
della guerra.
Pare tuttavia che negli ultimi
tempi qualcosa si stia muovendo
anche in questo campo e sussiste
la speranza che da un dialogo
aperto tra le varie confessioni
emerga una testimonianza valida per la società polacca.
Fernanda Comba, valdese, neo eletta nel Comitato Centrale
del Consiglio ecumenico delle Chiese ha partecipato dal 10
al 18 agosto a Ginevra alla prima riunione del Comitato dopo l’assemblea di Nairobi.
— Che impressione ha avuto
come valdese italiana di chiesa
minoritaria nel mondo ecumenico? Che cosa l’ha maggiormente colpita?
— La prima e più profonda
impressione è quella della universalità della Chiesa. La presenza di gente che proviene da
tutti i continenti, dalle più diverse tradizioni ecclesiastiche, e
che partecipa ai vari problemi
con uno spirito fraterno ne è la
tangibile realizzazione.
Mi ha colpito il dover constatare come la piccola Chiesa valdese sia conosciuta ed amata,
soprattutto dalle chiese europee ed americane. Nel comitato
centrale si nota una massiccia
presenza di « dignitari » ecclesiastici; ho però constatato co
GINEVRA 10-18 AGOSTO
Le ultime dichiarazioni del C.E.C.
La sofferta partecipazione ai problemi del nostro tempo: dal Sud-Africa
al Libano, dai profughi alle centrali nucleari
Durante la sua ultima sessione, il comitato centrale del CEC
ha adottato fra l’altro diverse
dichiarazioni ufficiali che ricordiamo qui appresso:
Per quanto concerne l'Africa
australe mentre si constata che
la lotta per la liberazione è entrata in una fase decisiva, si deplora la icooperazione militare
ed economica di certe grandi potenze occidentali che costituiscono una pesante minaccia per la
pace. Il CEC invita il governo
del Sudafrica a por termine alla
violenza esercitata contro la
maggioranza oppressa, e prega
No alla donna prete
Il papa ha inviato due lettere all’arcivescovo di Canterbury F. D. Coggan (a quanto informa il quotidiano La Repubblica) ribadendo la posizione
della Chiesa cattolica, secondo
la quale non è ammissibile l’ordinazione di donne al sacerdozio « per ragioni veramente fondamentali ».
Nel luglio dello scorso anno
l’arcivescovo di Canterbury aveva informato Paolo VI che la
Chiesa anglicana non trovava
più obiezioni fondamentali per
ammettere le donne al sacerdozio. Nelle sue risposte il papa
enumera le obiezioni di parte
cattolica: l’esempio delle Scritture, la pratica costante della
Chiesa, il magistero.
Il papa ha fatto presente al
suo interlocutore che « il nuovo
corso preso dalla Comunione
anglicana nell’ammettere le donne al sacerdozio » introduce nel
dialogo fra le due Chiese « un
elemento di grave difficoltà ». La
risposta anglicana è stata cortese ma ferma : « Noi crediamo
che l’unità si manifesterà in una
diversità di legittime tradizioni,
perché lo Spirito Santo non ha
mai cessato di essere attivo nelle chiese locali di tutto il mondo ».
Accuso il Vaticano
tutte le Chiese — in particolare
quelle locali — di contrastare la
violenza repressiva e di dimostrare coi fatti la propria solidarietà cogli oppressi.
Il C.C. ricorda anche la situazione nello Zimbabwe (Rhodesia) dove le linee di azione del
regime attuale hanno portato nel
paese leggi e contenuti ispirati
alla politica di apartheid vigenti
nel vicino Sudafrica.
Per quanto riguarda la Namibia, la dichiarazione sottolinea
che « lungi dal rispettare il disposto delle Nazioni unite il governo sudafricano... ha scatenato nel paese, da lui occupato illegalmente, un regime di terrore
e segue una politica di discriminazione mirante a dividere i namibiani che sono alla ricerca
della propria unità ».
In un’altra dichiarazione, il
CEC contrasta vigorosamente il
progetto del governo sudafricano di dichiarare il Transkei indipendente il 26 ottobre prossimo.
Questa regione è stato il primo
dei territori sudafricani ad assumere il nome di « bantustan »
(riserva negra) ed ora il Sudafrica, con questa proclamazione,
vorrebbe farlo diventare il « focolare nazionale » degli africani
di estrazione xosa. Viene pure
denunciata l’ulteriore creazione
di nove altri « bantustans ». Viene rivolto un appello alle Chiese
affinché venga ricordato che le
leggi razziali sono contrarie all’Evangelo, nonché il carattere
malefico dei « bantustans » che
fanno degli africani degli stranieri nelle loro proprie terre.
Per quanto concerne il Libano
il CEC precisa che si tratta di
un conflitto prima di tutto politico e non religioso {n.d.r.: la
cosa è opinabile). La risoluzione
prosegue affermando che il ristabilimento di una società giusta
ed unificata è strettamente legato al diritto dei palestinesi alla
autodeterminazione.
La situazione dei profughi nel
mondo è vieppiù drammatica:
si valuta il loro numero a circa
4 milioni. Il CEC si propone di
intervenire il più efficacemente
possibile al riguardo, ed in modo particolare presso le chiese
dei paesi d’origine dei profughi,
nonché presso i relativi governi,
perché facilitino il loro rimpatrio.
Circa la questione dei diritti
dell’uomo, mentre si è convenuto che questo principio ha consentito un ravvicinamento dei
punti di vista ed una miglior reciproca comprensione, dopo le
tensioni che si erano verificate a
Nairobi, il c. c. del CEC ha deciso di creare un gruppo di lavoro
a carattere consultivo che avrà
lo scopo di coordinare e di stimolare l'azione delle chiese in
questo campo.
Circa il problema dell’energia
elettronucleare, il CEC sottolinea la necessità di un pubblico
dibattito, largamente aperto: « il
paradosso delLenergia nucleare
che offre la prospettiva di un immenso potenziale da un lato e
dall’altro un rischio immenso »
deve suscitare un approfondito dialogo fra i teologi e tutti
gli ambienti interessati.
Il c. c. ha deciso di mantenere
in attività l’istituto ecumenico di
Bossey, sia pure con una adeguata revisione dei suoi metodi di
lavoro. II pastore Potter è stato
confermato segretario generale
fino alla prossima assemblea
del CEC.
Nella rubrica « Tribuna aperta» del Risveglio popolare, il
settimanale cattolico della diocesi di Ivrea, è apparsa, nel numero del 20 agosto, una lettera
che un sacerdote della parrocchia del Sacro Cuore di Ivrea
— che si firma Severino Prete
— ha indirizzato al cardinale
Poletti. Nel suo scritto egli attacca con durezza il Vaticano,
riferendosi alla riduzione allo
stato laicale di Giovanni Franzoni,l ’ex abate di san Paolo. Il
sacerdote polemizza per i lussi
eccessivi del Vaticano: «Quando un servitore vede troppo imbandita la tavola dei padroni
non rompe la comunione con
nessuno se ne denuncia l’abuso,
anzi il fatto può tornare a beneficio anche di quei signori che
nella grande abbuffata si sono
dimenticati dei piccoli fuori della loro porta. Già! Lo Stato del
Vaticano però non conosce la
povertà. Tra di loro non ci sono poveri : la vostra coscienza
non può stare tranquilla».
Riferendosi alle parole del de
creto di sospensione, il sacerdote canavesano prosegue : « Ti
chiedo di adoprarti con lo stesso zelo a far si che questo Stato del Vaticano, da non confondersi colla Chiesa, sia ridotto allo stato laicale perché attualmente è uno Stato che contraddice la natura e la dignità della
Chiesa universale. Mentre la
Chiesa vende ciò che ha e lo dà
ai poveri, questo Stato compra
tutto ciò che può... La Chiesa ha
sempre la stessa gerarchia che
le ha dato il Signore: i piccoli,
i poveri, i costruttori di pace e
di giustizia, gli affamati. Lo Stato del Vaticano si è creata una
gerarchia mondana: i grandi, i
ricchi, i privilegiati, i costruttori di tranquillanti... Mi sembrano più che sufficienti questi motivi perché ci adopriamo a ridurre a stato laico questo Vaticano che fregiandosi del titolo
di Chiesa genera confusione e
turbamento fra i semplici del
popolo di Dio e scandalo fra i
pili piccoli ».
Solidarietà con Winnie Mandela
Le Sorelle della « Evangelische
Frauenhilfe» (Unione donne
evangeliche) del Hessen e Nassau, ci chiedono di unirci a loro, per una azione di protesta,
contro l’imprigionamento di 80
donne Sudafricane di colore, tra
cui si trova anche "Winnie Mandela, moglie di Nelson Mandela,
già in prigione da alcuni anni.
Nelson Mandela è un noto leader della resistenza africana.
La signora Mandela è una persona fortemente impegnata nelle attività delle donne del Sudafrica.
Trascriviamo qui il testo della petizione, come ci è giunto
dalla « Evangelische Frauenhilfe » per le Comunità che vorranno prendere l’iniziativa di
raccogliere le firme e di inviare
i fogli a:
Sua Eccellenza
Primo Ministro della Repubblica Sudafricana
Dott. B. J. Vorster
Pretoria - Sudafrica
Il testo:
Honorable Sir,
News agencies reported that
Mrs. Winnie Mandela and
eighty women were taken into
police-custody in the last week.
We are deeply disturbed at this
step, knowing about the indispensable valuable work of peace
of Mrs. Mandela and other
women are performing. We ask
you to release these prisoners
immediately.
Trasmettiamo questo invito
ben sapendo che ognuno comprenderà il significato anche di
questa iniziativa, che esprime la
nostra comune esigenza di solidarietà umana. F. S.
me venga fatto un notevole
sforzo per dare uno spazio sempre maggiore ai laici. La presenza del 23 per cento di donne, quasi mai pastore o « ecclesiastico » ne è una prova evidente.
— Quali sono stati i temi più
importanti dibattuti in questa
riunione?
— Occorrerebbe assai più spazio per poter parlare adeguatamente dei vari temi trattati e
varrà la pena che il nostro settimanale lo faccià, sulla scorta
dei documenti stilati. Ad ogni
modo si tratta di temi collocati
nelle linee direttrici del CEC.
Posso qui ricordare la continua
ricerca teologica volta sulla comunità di uomini e donne, sulla ricerca di una società più
giusta cui tutti possano partecipare, ed a modi alternativi di
vita. Altro tema, la questione
della libertà religiosa nei paesi
firmatari dell’accordo di Helsinki. È stato approvato un documento, ma è ovvio che questo
problema è appena all’avvio e
dovrà essere ampiamente dibattuto nei prossimi anni. Tutte le
chiese-membro sono invitate a
promuovere incontri e dibattiti
su una questione così, importante, specie in riferimento ai
rapporti fra le chiese dell’est e
dell’ovest.
Altre prese di posizione sono
state assunte per quanto attiene la situazione in Africa australe, con particolare riferimento al Transkei (il territorio
« bantustan » che sarà indipendente il 26 ottobre prossimo),
alla Namibia (illegalmente ’’amministrata” dal Sudafrica), al
Sudafrica stesso ed alla Rhodesia.
— Quali di queste tematiche
ritiene maggiormente significative per noi e per la nostra attività futura?
— Ritengo particolarmente interessante la ricerca teologica
sui rapporti uomo-donna nella
Chiesa: il CEC cerca in ogni
modo di coinvolgere le chiesemembro in questo ed altri dibattiti. Ho l’impressione che le
nostre comunità se ne siano tenute un po’ troppo fuori. Dovremmo partecipare in misura
maggiore ai vari problemi. Che
la cosa sia possibile, lo dimostra l’interesse ed il dibattito
relativi ai documenti di Accra.
Secondo il mio punto di vista
personale, ritengo che una delle
questioni più gravi ed urgenti
sia quella relativa alla violazione dei diritti umani, che al momento è praticamente affidata
aH'iniziativa di pochi: essa è di
una tale importanza da non poter essere ignorata o trascurata
più a lungo.
Per la donna
nella Chiesa
Con questo titolo, il teologo
cattolico Hans Kiing ha pubblicato 16 tesi in cui prende posizione sul problema dell’ordinazione delle donne al sacerdozio.
L’autore del best-seller teologico « Essere cristiani » sostiene
che l’ammissione delle donne al
diaconato, secondo l’uso ben documentato della Chiesa antica,
è auspicabile, ma non può assolutamente essere considerato come sufficiente. Se è considerato
possibile l’accesso al diaconato,
dev’essere anche possibile l’accesso al sacerdozio. Non vi sono
infatti dei motivi teologici di
fondo che si oppongano all’ammissione della donna al sacerdozio: il fatto che il gruppo dei
discepoli fosse costituito soltanto da uomini va compreso a
partire dalla situazione socioculturale del tempo.
Un ulteriore rinvio dell’ordinazione sacerdotale delle donne
sarebbe sbagliato anche dal punto di vista ecumenico. Secondo
Kiing, la Chiesa cattolica deve
smettere di servirsi come alibi
della posizione delle Chiese più
conservatrici, e comprendere la
attuale situazione ecumenica come una spinta alla riforma.
4
La sfida della Parola contro la rassegnazione delle chiese
Le chiese e i credenti sentono
che Dio ha loro affidato il compito di servire Timianità nel modo che si conviene oggi. Sarebbe
tuttavia un pessimo ascolto della vocazione divina quello di interpretarla come un semplice invito ad unirci tra noi per servire.
Non è per servire assieme che
dobbiamo unirci, ma è il senso
della nostra sostanziale fratellanza che deve indurci a servire
insieme. Non è il servizio che ci
rende fratelli, è il senso della
fratellanza che ci induce a servire; come non è il sentirci fratelli che ci fa essere figli di Dio,
ina è la coscienza della paternità di Dio che ci convince ad essere fratelli.
Questo perché il primato è dovuto a Dio anche nei rapporti
tra gli uomini; e gli è dovuto
proprio perché l’uomo deve avere una ragione non umana per
amare l’uomo.
Le ragioni umane portano gli
uomini alla collaborazione ed al
commensalismo, non alla comunione e all’amore. Invertire i termini, anteporre il servizio all’arnore, o anche solo confonderli,
significa perciò eliminare quella
tensione vitale che rende conto,
istante dopo istante, del perché
delle nostre azioni, che le qualifica, le equilibra e ne rappresenta contemporaneamente il vaglio critico.
Il messaggio cristiano pone
appunto questi limiti alla fantasia umana di servire e indica al
fedele, come alla chiesa, quale
sia la realtà essenziale del servizio, quella che libera il servizio dalla peccaminosità. Questa:
qualcosa che io rendo al mio
prossimo per Dio.
Non dovrebbe essere difficile
a noi, come evangelici, per i quali il momento etico è un mornento teologico, prendere posizione in campo etico non in nome nostro di persone o di chiese, ma in nome di Dio; proclamare cioè l’obbedienza attuale
alla fede, incarnare i momenti
etici della liberazione.
Non dovrebbe essere difficile
Se smettessimo di proclamare la
necessità della liberazione dell’uomo, che è una categoria
astratta, e ci preoccupassimo
della attuazione della liberazione degli uomini, che sono la
realtà dinamica') materialmente
concreta se volete — e continuamente in attesa per la quale
Dio ha osato esporsi fino alla
incarnazione e fino alla morte
del suo Figlio.
Prendere parte al processo di
liberazione integrale degli uomini ha perciò la sconcertante pretesa di obbligare ad una scelta
sul piano pratico; ed è proprio
sul piano pratico che si addensano le nostre maggiori incertezze, i nostri più fondati dubbi,
i nostri più grossolani errori, i
nostri facili entusiasmi sulle
scelte. E si rende palese l’inadeguatezza di ogni nostro giudizio
assiomatico.
LUCE E TENEBRE
La teologia degli Esseni divide gli uomini in due categorie:
i figli della luce che, animati da
uno spirito di verità, procedono
con cuore illuminato nella giustizia e nella verità; i figli delle
tenebre, che lo spirito di menzogna sospinge verso ogni sorta
di empietà, ingiustizia, orgoglio
e presunzione. Anche le grandi
antitesi dell’Evangeto di Giovanni ci parlano di chi « opera la
verità » e « viene alla luce », e di
coloro che sono nelle tenebre e
hanno il diavolo per padre.
Usi di questo metro chi vuole, ma sia pronto a soggiacere
egli stesso a questo metro quando altri lo usi verso di lui, per
ché questo metro è il metro di
Dio, non dell’uomo; e all’uomo
non è lecito usarlo.
Io non mi sento di dire, fuori
dalla valutazione strettamente
personale, questi hanno fatto bene, questi hanno fatto male.
Uomini ed istituzioni devono
potersi senù'r liberi di testimoniare su] piano pratico secondo
gli indeclinabili imperativi della
propria personalità, purché non
venga ad allentarsi — ma anzi
tenga robustamente — l’aggancio con la trascendenza del messaggio che il loro agire vuole da
una parte trasmettere e dall’altra testimoniare. Purché il modo scelto non ostacoli il loro
farsi, seguendo l’esortazione pao
lina, « ogni cosa a tutti per salvare ad ogni modo alcuni »; purché tutto sia fatto « a motivo
dell’Evangelo ». Purché siano capaci di decantare i valori definitivi, escatologici, nei quali siamo chiamati a vivere per fede,
dai valori presenti e mutevoli
nei quali, socialmente ed ecclesialmente, scomodamente viviamo; purché siano oculatamente
intenti, uomini ed istituzioni, ad
innestare sull’arida pianta della
decadente fiducia il germoglio
fruttifero della nuova certezza;
a frenare, a costo della vita e
del successo, sulla china dell’irreparabile, l’attuale tragica entropia dell’amore.
Un predicatore laico della
chiesa metodista, il senatore
arnericano Harold Hughes, tre
volte governatore dello Stato
dello lowa, ha deciso già da due
anni di non ripresentare più la
propria candidatura politica per
potersi dedicare, secondo le sue
stesse parole, « ad un nuovo genere di sfida e di opportunità
spirituale in questo mondo tormentato ». Si è così dedicato alla predicazione in un apostolato
laico e senza stipendio.
UN RISCHIO
PER LE CHIESE
Se non mi sento di dire, fuori
dalla valutazione strettamente
personale, questi hanno fatto
bene, questi hanno fatto male,
mi sento tuttavia di domandarmi, e di domandarvi, se il fallimento dell’opera degli uomini
nelle chiese non stia forse nel
privatizzare l’evangelizzazione in
un modello religioso comune,
nel trasferirne la proprietà e la
gestione alla istituzione, qualunque essa sia, nel vincolarne i
modi agli schemi della pietà personale o di gruppo, nel sottrarla
al confronto ed allo scontro con
le tentazioni che dominano la
vita degli uomini ai quali è rivolta, e con le strutture del mondo che essa deve rodere alla
base.
Nel privare la libertà di Dio
dell’impatto con la schiavitù
dell’uomo.
Le chiese, organismi presenti,
come i singoli credenti, non possono accontentarsi di risolvere
la questione del futuro, anche
immediato, dell’uomo, partecipando alla gara delle componenti che questo futuro debbono
strutturare, semplicemente con
astrazioni ad alto livello.
Il loro valore e la loro utilità
consistono invece nelFinsuflare
la propria coscienza escatologica nel magma fluido e fluente,
composto dalle possibilità tecnologiche, culturali e morali, e dalle legittime aspirazioni politico
sociali che l’umanità offre loro.
Questo permetterà che i fini di
quelle possibilità, e soprattutto
di quelle aspirazioni, vengano
depurati continuamente dalle
grossolane scorie della nostra inferma umanità e che, liberata
dai pericoli che in ogni altro
modo la sovrastano e la incep
pano, la realtà della liberazione
e della pace si attui.
È evidente che con questo le
chiese non sono impegnate a
fare del mondo il Regno di Dio
— anche se alcuni lo vorrebbero — ma semplicemente a costituirsi creatrici e condensatrici
di amore; a porsi deliberatamente al servizio della dilatazione
dell’amore nel mondo; nel mondo da convertire, o da sostituire dopo averlo distrutto, se volete, comunque mai da riabilitare o sublimare.
In ogni caso, un qualsiasi modo comporterà, per le chiese, un
rischio: quello che consiste nell’inserirsi nella storia attuale,
pronte ad adottare sempre nuove forme, anche sgradevoli, di
responsabilità; ed accettare la
sfida che questa loro scelta comporta.
Da Gesù e da Paolo abbiamo
imparato che dobbiamo presentarci spalla a spalla con tutti
gli uomini nella loro lotta; forti
di una dottrina che non è nostra
— come invece è degli uomini
quella che loro professano —
ma che è di Dio.
Ed è per questa ragione, ancora una volta, che noi non veniamo meno nell’animo.
Dopo esserci guardati con
spregiudicata onestà, dopo aver
ravvisato debolezze e responsabilità che ci permeano e ci incitano, possiamo chiederci come
si configurerà la speranza per
l’avvenire del nostro unificato or
ganismo ecclesiastico. A che può
servire questo essere uno tra
noi. Quale è, o potrà essere, il
suo valore.
Già all’inizio, affermando che
Punirci tra noi ci è sembrato e
ci sembra ottima cosa, che pensiamo sia un segno dei tempi,
ponevo la domanda se questo
fosse il problema.
Se cioè il fare di due chiese
sorelle una sola chiesa fosse davvero l’unico problema che eravamo chiamati a risolvere nel
nostro tempo e nel nostro spazio vitale. Se fosse fine a se stesso e rappresentasse lo scopo ultimo e definitivo verso il quale
tendere con le nostre migliori
energie; l’ideale al quale sorridenti guardare.
La domanda retorica era intesa soltanto a preannunciare
che ben triste e misera cosa sarebbe se non vedessimo oltre
questa meta, se la nostra reciproca fiducia e i nostri concordi sforzi si esaurissero in un
vincolante ma impopolare compromesso dottrinale, amministrativo e disciplinare che i vertici
stipulano ed i fedeli equivocano.
Non siamo giovani chiese che
si uniscono fondendo i loro entusiasmi e le loro imperizie; non
siamo neppure esausti organismi al limite delle loro capacità
vitali, pronti a qualsiasi imbellettamento, a qualsiasi manipolazione che simuli un sia pure
apparente stato di saluto. Siamo,
certo, vecchie e provate e viventi comunità, logorate da una
continua lotta per la sopravvivenza, tuttavia — anche se le
statistiche genetiche ne danno
un alto indice di probabilità —
non è detto che dall’integrazione delle nostre vecchiezze debba
necessariamente nascere una
chiesa mongoloide.
UNITI CON DIO
IN CRISTO
Il problema è un altro. Tentiamo ai unirci tra noi; ma siamo
uniti con Dio in Cristo? Possiamo certo diminuire la distanza
tradizionale tra le nostre denominazioni, potremo forse anche,
col tempo, diminuire la distanza
tra le nostre teologie e stimare
che sia giunto il momento storico per una nuova comune confessione di fede; ma ci porterà
questo a diminuire la distanza
tra noi tutti e Dio?
Q non è questo ciò verso cui
dobbiamo tendere?
Una tentazione è davanti a
noi; quella di fare una chiesa
più grande ma sostanzialmente
uguale a quello che siamo ora;
senza cioè intuire il valore vocazionale del momento nel quale stiamo integrandoci.
La domanda che dovremmo
porci è se crediamo di aver scelto noi il momento storico e la
ragione della nostra integrazione o se siamo convinti che il
momento e la ragione sono stati scelti da Dio.
Sapremo essere insieme vocativamente? Guardando alla chiesa integrata, vediamo che sta
per esserci qualcosa di nuovo
sotto il sole, o no?
Forse dovremmo sentire in
noi un più vibrante e prepotente impulso verso il tormentato
presente degli uomini, forse dovremmo chinarci sotto una più
forte preoccupazione per il loro
incerto futuro, forse dovremmo
avere in noi una più massiccia
do.se di escatologia per essere
oggi e domani qualcosa di diverso da quello che siamo stati finora; per essere qualcosa di
continuamente nuovo che agisca
nella rinnovantesi compagine
della nostra società italiana.
Non ci sarà di aiuto accontentarci di manifestazioni di giubilo e di commemorazioni di noi
stessi che si esauriscano nella
esaltazione affettuosa, anche se
sernpre un po’ ridicola, di una
intima personale gloriola.
Accetteremo invece, con temeraria elasticità, la possibilità di
morire a ciò che siamo o intendiamo essere perché il nostro
umano sacrificio stabilisca senza
possibilità di equivoco che la
ragione basilare del nostro incontro e del nostro operare è
unicamente « affinché il mondo
creda »; poiché ogni altra ragione non è ragione della chiesa?
Riferiamoci pure ai nostri padri, poiché il fatto stesso della
nostra esistenza oggi dimostra,
a distanza, la loro efficienza.
I valdesi, nel medioevo, si sen
tivano un fermento, un correttivo nella chiesa ufficiale e nella
società. I metodisti, nel XVIII
secolo, si sentivano ugualmente
un fermento, un correttivo nella chiesa ufficiale e nella società. La tenacia indomabile della
resistenza del popolo valdese di
fronte ad ogni sorta di persecuzione, il miracolo della sua stessa sopravvivenza nel corso della
sua lunga storia; d’altra parte la
vasta diffusione nel mondo e
l’impegno sociale concreto del
popolo metodista nel corso della sua relativamente breve storia, possono giustificare, negli
uni e negli altri, una moderata
fierezza, non accompagnata per
altro da azioni che in questo secolo rivaleggino con quelle dei
nostri padri. Le vittorie di Cesare illustrano il passato, non
assolvono davvero le sconfitte
del presente.
Relativamente noi stessi, poiché siamo noi i primi a dover
essere evangelizzati, potremo
identificare l’integrazione come
un dono di Dio perché si sommino due umiltà e non due vanità, perché nella realizzazione
di un nostro maggiore spogliamento e di un sempre minore
trionfalismo, egli trovi spazio
per insinuare la sua esauriente
risposta alla sete di misericordia
che sale dalla aridità del mondo. Quel mondo che dichiariamo
immerso nel peccato.
Perché noi continuiamo a parlare in termini di peccato; ma
la carenza di cultura teologica
ha talmente travisato questo termine, che risulta quasi assolutamente inutile usarlo' anche se,
rettamente inteso e usato, esso
è l’unico che copra interamente
la triste scena del nostro vivere
umano non sottoposto alla grazia.
Parleremo dunque invece di
complessi processi politici, sociali ed economici come cause
dalle quali dipendono la povertà e l’oppressione: le due condizioni nelle quali sentiamo incarnarsi, in questa particolare temperie storica nella quale viviamo, la sofferenza dell’uomo.
Moralizzare intorno ad esse
vuol dire rinunciare al contatto
con la loro totalità: con la totalità delle espressioni della povertà e la totalità delle espres
sioni delToppressione.
Può darsi che un compito della chiesa integrata sia proprio
quello di consacrare tempo e
sforzi nell’intento non certo, di
risolvere, ma di comprendere e
far comprendere la complessità
del problema.
Forse impareremo così a mobilitare le nostre risorse al servizio di una azione coordinata e
appropriata, in luogo dei certamente generosi ma sicuramente
arbitrari ed incoerenti tentativi
attuali ai quali gli uni con troppa faciloneria plaudono e che
gli altri con altrettanta troppa
facilità condannano.
PER UN’AZIONE
COORDINATA
Evitando di essere o troppo
moralizzatori o troppo semplicisti potremo forse impostare una
lotta contro l’ingiustizia esattamente in termini cristiani e cioè
compromettendoci certo inevitabilmente, ma anche fruttuosamente, nei contrasti con i poteri e l’uso del potere; compromettendoci inevitabilmente, ma
luminosamente, nella testimonianza di una dimensione non
ancora recepita e forse non recepibile ancora: la dimensione
del trascendente, che non esclude — come scioccamente è creduto — ma comprende invece le
varie esperienze ■ umane, e nella
quale soltanto perciò i problemi che ne derivano possono essere avviati a soluzione.
Dimensione del .trascendente
che desumiamo dalle Sacre Scritture e che nella duplice natura
del Cristo si pa’esa. Dimensione
rhe come credenti abbiamo l’obblifro e la fierezza di dichiarare
al mondo non esserci stata proposta « da carne e sangue » ma
rivf'lata dallo .Snirito.
Volenti o nolenti ci troviamo
a dover affrontare una realtà velocemente diversa dalla lenta
evoluzione alla quale forse alcuni di noi erano abituati. Una
realtà diversa, innanzi tutto, nei
confronti delle altre chiese evangeliche: alcune delle quali con
noi associate nella Federazione,
altre, statisticamente più numerose, che non ne fanno parte.
Mi domando se il dialogo con
tutte queste chiese possa continuare nella forma di una sorridente fraterna simpatia o non
debba stringersi ed imporsi come un preciso impegnativo dovere, pronto a vincere, in una
più ampia comprensione, anche
un eventuale iniziale spiacevole
irrigidimento.
Una realtà diversa anche nei
confronti della chiesa cattolica
che a livello delle alte sfere ritiene l’ecumenismo un diplomatico dialogo tra sordi e che a
livello del popolo lo ignora o lo
fraintende.
Mi domando se un sano, chiaro ed inequivocato impegno a
farci conoscere, così come per i
reciproci complessi di maggioranza e di minoranza non abbiamo mai potuto essere conosciuti, eliminando ogni strumentalizzazione, non possa concorrere
a chiarire la nostra identità, a
rafforzare le nostre individualità
altrimenti destinate alla inauspicabile conservazione segregata o
alla dispersione in atto.
Una realtà diversa, infine, nei
confronti della società nella quale viviamo, che è permeata appunto di cultura cattolica e di
politica egemonica al punto di
non accorgersi che vi sono altri
sbocchi sociali possibili, e la cui
atavica errata coscienza del peccato impedisce una libera ed
obiettiva valutazione della realtà
dei rapporti tra concezioni diverse.
UNA REALTA’
IN EVOLUZIONE
Mi domando se un positivo,
pertinace intervento nella cosa
pubblica a tutti i livelli, soprattutto ai più bassi, non possa disturbare la salute ed insinuare
nell’orecchio del nostro dormiente la pulce del dubbio sulla propria incolumità.
La maggiore realtà diversa,
tuttavia, nei confronti della quale la chiesa integrata si troverà
di fronte, sarà soprattutto la
propria realtà. La realtà della
universalità della Chiesa. La
realtà dell’ecumene che non ha
ormai più soltanto due dimensioni, quelle che determinano il
piano della sua espansione sulla superficie della terra, ma che
ne ha una ter.za, normale a quelle, e cioè la dimensione della
profondità della vita umana spirituale e m.ateriale, politica e sociale, culturale e lavorativa, chiesastica (se volete) e mondana,
morale ed immorale.
■'riviamo in un tempo nel quale siamo appesantiti dalla visione del presente, preoccupati per
l’aspetto che potrà prendere il
futuro, incerti nella valutazione
del passato; ma in questo tempo succede qualcosa.
La realtà visibile delle cose,
del comportamento degli uomini, della evoluzione della società è disfacimento e morte; ma in
questa realtà succede qualcosa.
Ecco il nostro messaggio, ecco il messaggio che affidiamo a
voi, candidati ad un ministero
al quale siete stati chiamati ma
che non conoscete: qualcosaltro
di quello che tu vedi, o uomo, è
presente.
Non è un’utopia, una proposta
di evasione dalla tua vita quotidiana e dal tuo impegno spirituale e sociale. E l’annuncio che
la croce del Cristo e la sua resurrezione sono la svolta permanente presente tra due momenti, tra due mondi, tra due comi, tra due ere: quella che viviamo e quella che vivremo.
In questo avvenire presente
ogni uomo è già responsabile di
ogni altro uomo e gli deve la
sua intera partecipazione. Basta
dunque con 1’affermare i diritti
dell’uomo e cominciamo a proclamare i diritti dei figli di Dio,
ché tali tutti siamo, e la nostra
realizzazione è contemporaneamente nelle dimensioni dello
spazio e del tempo e dello spirito, cioè nella realtà della storia come nella storia è stata la
croce, e nella realtà dello spirito come nello spirito è stata la
resurrezione.
La risposta del cristiano al
momento in cui viviamo è questa: Qualunque cosa tu faccia,
o uomo fratello, io ti sarò accanto per il meglio e per il peggio, perché ho un ministero verso di te: l’annuncio delTEvangelo, che ti è velato e ti è odore
di morte, ma che ti salva e ti
consente di non venir meno nell’animo qualunque cosa tu faccia, mai.
5
27 agosto 1976
CHIESA METODISTA
w
Dalla relazione del Comitato Permanente
alia Conferenza Metodista
PALERMO
Il Comitato Permanente, nelle
sue riunioni — di cui tre in comune con la TV — ha affrontato
i vari problemi riguardanti la vita della nostra chiesa. In modo
particolare la sua attenzione è
stata dedicata alla risposta che
dalle nostre comunità è venuta
alTO.d.G. della Conferenza 1975,
all’evolversi del processo di integrazione, nonché alla situazione immobiliare e finanziaria.
CAMPO DI LAVORO
Il C.P. ha seguito la vita delle
nostre chiese sia attraverso alcune visite del Presidente, sia attraverso l'esame di problemi particolari che alcune di esse hanno
posto. Inoltre quest'anno, in seguito alla costituzione dei circuiti e distretti integrati, ha ricevuto direttamente i rapporti
delle comunità.
Dall'esame di tali rapporti emergono innanzitutto alcune difficoltà in cui si muovono 'e nostre chiese, in relazione sia allo
svolgimento delle loro normali
attività, sia all'assunzione di nuovi impegni e responsabilità nel
campo della testimonianza. Queste difficoltà vengono generalmente ravvisate:
a) nella situazione stazionaria in cui si trovano da anni la
maggior parte dele nostre chiese. Scarsissime sono infatti quelle che registrano l'aggregarsi di
nuovi membri: la conversione,
de l’alternativa e del senso di
rottura che storicamente hanno
costituito la loro ragion d’essere.
b) altra difficoltà, che emerge da alcuni rapporti, è la mancanza del pastore in loco. Non si
può negare che la carenza di operai a pieno tempo è andata, da
parecchi anni a questa parte, via
via accentuandosi, non solo per
l’entrata in emeritazione, il decesso c l’abbandono d7 alcuni operai, ma anche per Va mancanintesa come rottura con la chiesa cattolica romana, è oggi un
fatto sproradico ed eccezionale,
almeno per quanto riguarda le
nostre chiese storiche.
Il C.P. ritiene che non ci si debba limitare a rilevare questo dato di fatto quasi fosse insuperabile, ma che le nostre comunità
debbano chiedersi seriamente se
la loro vita e la loro predicazione rendano chiaramente ragione
za di giovani che abbiano scelto
di servire a pieno tempo nella
chiesa.
Né per il momento si intravedono so uzioni a breve termine
a questo problema. D’altra parte
il C.P., pur consapevole della indispensabilità del servizio pastorale intesa come strumento di
aggregazione e di stimolo, richiama l’attenzione delle comunità
sulla necessità di ricercare al loro interno nuove forme di ministero e di rivalutare quell già esistenti, come ad es. i predicatori laici, il pastore locale, il capogruppo, i consiglieri di chiesa
con specifiche mansioni, ecc.
c) altro elemento che influisce in modo negativo sulla vita
di alcune chiese, è la situazione
di dispersione in cui vivono molti dei loro membri, situazione
che rende difficile la realizzazione
di una vita comunitaria articolata e continuativa.
E’ chiaro che questa dispersione non è facilmente sanabile attraverso una cura saltuaria o
centralizzata, che tenda a calare
nella realtà di diaspora i modelli
delle chiese tradizionali. A parere
del C.P. non soltanto vanno tenuti in debito conto i normali
momenti di aggregazione a più
ampio respiro e a vari livelli, come il circuito, i distretti, i convegni a carattere regionale o nazionale, ecc., ma debbono essere
elaborati nuovi modelli di vita
comunitaria, quali potranno essere suggeriti dalle situazioni
reali, in cui la diaspora evangelica viene a trovarsi. L'importante
non è ricalcare pedissequamente
alcune forme di vita comunitaria, ma di rivalutare e riorganizzare in modo adeguato tanto le
comunità quanto i piccoli gruppi e quindi di individuare mo
menti di aggregazione che rispondano realisticamente alle esigenze di tutti coloro che si trovano in situazione di diaspora (ad
es. giornate comunitarie, centri
di evangelizzazione, ristrutturazione del lavoro e delle attività
ad esse connesse).
Il C.P. d'altra parte, ha potuto
constatare con gioia che le suddette difficoltà non costituiscono
quasi mai per le nostre comunità un motivo di scoraggiamento
o peggio di rassegnazione. Dalle
relazioni appare infatti che in
molte comunità è comunque avvertita profondamente la tensione tra l’essere « ben poca cosa »
e l’esigenza di continuare ad essere chiesa di Gesù Cristo nel nostro Paese.
Il C.P. valuta salutare questa
tensione perché essa non conduce ad una situazione di stasi da
subire passivamente, ma è di
stimolo alla ricerca ed alla sperimentazione di nuove espressioni
di vita comunitaria e di testimonianza dell’Evangelo.
A questo proposito il C.P. rileva che è sempre più avvertita la
necessità di non limitare la vita
delle chiese alle sue attività ed ai
suoi problemi interni, ma di essere sempre più inserite nella
realtà sociale in cui si muovono,
e questo, ad esempio, attraverso
la presenza o il collegamento con
gli organismi quartierali, la promozione e partecipazione di dibattiti pubblici, la partecinazione diretta ad alcuni momenti
particolarmente importanti della
vita del Paese. Infine non si può
dimenticare che varie Comunità
sono impegnate nella « azione
sociale »...
Tutto ciò mostra che le nostre
Comunità non tendono soltanto
ad elaborare delle soluzioni teoriche, ma a cogliere, pur nella
modestia delle loro forze, tutte
quelle occasioni in cui è dato di
esprimere una testimonianza che
sia in raporto con la realtà concreta in cui si opera.
In questo quadro, il C.P. ricorda in modo particolare l’impegno
che narecchie Comunità hanno
posto nel proseguire il discorso
sollecitato dalai Conferenza dell’agosto scorso, attraverso il documento sulle <dinee di lavoro ».
Dopo una prima riflessione avutasi ad Ecumene su tale argomento, risulta che molte Comunità, attraverso assemblee, predicazioni, cicli di studi, ed anche
confronti con gruppi cattolici,
hanno affrontato e dibattuto la
questione della « cultura cattolica » nei vari aspetti in cui tanto
rO.d.G. della Conferenza che il
documento di Ecumene erano articolati: il culto, il ruolo del pastore, il sacerdozio universale dei
credenti, l’influenza che la « cultura cattolica » ha sulla società
italiana, la lotta ad essa che le
nostre Comunità sono chiamate
a condurre, e, in riferimento a
tutto questo, la ricerca sulle origini delle nostre Comunità.
Da tale ampio dibattito non sono scaturiti o.d.g. o documenti
(tranne un primo o.d.g. della Comunità di Milano) in quanto si
riconosce che la portata di questo discorso è tale che richiede
un’ampia e prolungata ricerca.
Tuttavia, dalle relazioni e dagli
echi che sono pervenuti del dibattito in corso, come da alcuni
interventi pubblicati sulla circolare del’ufficio di presidenza, il
C.P. ha potuto rilevare come la
proposta elaborata dalla scorsa
Conferenza abbia individuato lo
spazio reale in cui le nostre Comunità possono dare un loro
« contributo originale nel processo di costruzione dell’uomo nuovo, essenziale ed urgente per un
rinnovamento profondo della nostra società ».
Il C.P. pertanto ribadisce la necessità che tale riflessione in atto vada ulteriormente approfondita a tutti quei livelli organizzativi che attualmente caratterizzano la vita della chiesa, in un confronto costante sia con la realtà
delle nostre Comunità che con
l’evolversi della realtà politica
sociale e religiosa del nostro
Paese.
È stato richiamato dal Signore Damiano Scianna. Aveva accettato l’Evangelo divenendo
membro fervente della comunità valdese di Palermo all’inizio
degli anni ’40. Ben presto la comunità scoprì in lui i doni che
il Signore gli aveva dato, e venne eletto membro del Consiglio
di Chiesa, e rieletto diverse volte finché le forze fisiche glielo
permisero. Fu anche apprezzato predicatore laico.
Lo ricordiamo con affetto e
restiamo solidali con la moglie,
la cognata e i familiari.
• Quest’anno ben sei giovani si
sono presentati per sostenere
l’esame di maturità o di abilitazione, e tutti e sei l’hanno ben
superato. Essi sono : Simonetta
Cesare ; Mariella Roccamatisi ;
Irene Säusele; Davide Bertolino; Giovanni Panascia e Carlo
Pinzello.
Rallegrandoci con loro auguriamo un buon proseguimento.
Sui temi centrali della fede
L’esame (di fede di Mirella Abate Leibbrandt e Giuseppe Platone
Sono questi i due candidati che
sabato 21 agosto si sono presentati al Corpo Pastorale per l’esame di fede, prima della loro consacrazione a Pastore nella Chiesa
Valdese. Oltre alla domanda di
rito sulla propria vocazione sono
state loro poste queste altre due:
« La risurrezione di Cristo e la
nostra personale » e « Gesù Cristo è il Signore »: chiedendo poi
ad un candidato: « che cosa significa questa confessione neotestamentaria per la vita e la
predicazione della chiesa e per
il suo rapporto con il mondo? »
e all’altro candidato: « che cosa
significa questa confessione neotestamentaria per il mondo e per
il suo rapporto con la Chiesa ».
I due candidati hanno risposto
bene, dimostrando un’ottima
preparazione biblica e una buona
conoscenza della teologia.
Vengono citati numerosi passi
biblici e i nomi dei teologi Barth,
Bultmann, Pannenberg..., ma
sempre in modo pertinente e
senza alcun sfoggio di erudizione. L’esposizione di quel che i
candidati pensano e credono non
scade ' neppure per un istante a
prova scolastica o meramente
culturale. Ecco, ad es., a proposito della risurrezione, un candidato afferma: « L’evento del 3°
giorno, la risurrezione di Cristo
mette in questione la storia stessa... » « la risurrezione è la conclusione d una costellazione di
segni di liberazione operati da
Cristo »... Credere neffa risurrezione è molto più che una supina
accettazione intellettuale di una
verità affermata dalla Chiesa:
« Credere nella risurrezione —
afferma infatti un candidato —
implica più una ricerca che una
adesione a un dogma, anche se è
una certezza! ». La realtà della
risurrezione si identifica con la
Signoria di Cristo, sostiene l’al
tro candidato. Credere la risurrezione, confessare la signoria di
Cristo significa essere convinti
che la realtà del mondo in cui viviamo, piena di ingiustizia e di
peccato, può essere cambiata. E
queste non sono affermazioni vaghe o astratte elucubrazioni perché implicano per il credente una
lotta continua e precisa contro
tutti gli idoli e i falsi «ignori
che vogliono mascherare, ostacolare e annientare la signoria di
Cristo. Coinvolgono il credente e
la Chiesa in una lotta, che sempre si rinnova, contro le superstizioni del mondo che si ripresentano sempre sotto nuove forme,
e contro il fatalismo che paralizza molti rendendoli incapaci di
reazioni al male e alle ingiustizie.
Anche quando si tratta di spiegare il perché desiderano esercitare il ministero pastorale le risposte dei candidati sono chiare
e precise. Platone, in passato, ha
avuto dubbi suH’opportunità di
esercitare il ministero pastorale
a « pieno tempo », ma poi si è
convinto che per ora almeno questa forma di ministero è ancora
pienamente valida. La signora
Abate Leibbrand, che ha sempre
avuto inclinazione e passione per
la teologia, ha maturato la sua
vocazione al pastorato in campi
di studio ad Agape dove è sempre stata spinta a chiedersi che
cosa significa concretamente confessare la signoria di Cristo e a
contatto con ambienti estranei
alla fede evangelica dove le si
chiedeva continuamente conto,
appunto, della sua fede.
Nel pomeriggio sermoni di prova su Mt. 9: 35; 10: 4 e Le. 19: ì-10.
Sorridente e misurata nei gesti e nelle parole Mirella ha svolto il suo sermone procedendo
con ragionamenti precisi invitando gli uditori a « vedere con gli
occhi di Gesù » la povertà e le
QUI AGAPE
Cosa significa seguire Gesù oggi
Sul tema « Seguire Gesù » si è
svolto, daini al 21 agosto, il
campo biblico, un campo in cui
si evita ogni discussione specialistica e si cerca di fare un discorso a cui tutti possano partecipare. L'introduzione al tema, per
esempio, è stata affidata a tre
partecipanti, i quali hanno risposto semplicemente alla domanda: cosa significa per me seguire
Gesù. Si è così ascoltata Paola
Campagnolo, una giovane della
comunità metodista di Genova
Sestri, che ha parlato delle esperienze di insegnamento nella
scuola domenicale e delle possibilità di testimonianza nella
scuola; Anita Gay, che ha parlato
della propria esperienza missionaria in Gabon, Camerún e Madagascar; Franco Mazzarello, che
ha parlato della comunità di Oregina e dei problemi di organizzazione e di confessione di fede che
si pongono alle comunità di ba
se e più in generale ai cattolici
del dissenso.
Nella seconda giornata Gustavo Bouchard ha riferito su alcune esperienze di evangelizzazione
in Liguria e in Sardegna; vi è poi
stata la presentazione dell’inchiesta dellaTGEI nella comunità di
Luserna San Giovanni fatta da
Eugenio Rivoir. Infine Maria Teresa Andriani e Luigi Panaroni,
due cattolici del dissenso toscani, hanno parlato della situazione del movimento in questa regione.
Queste testimonianze hanno
fatto sì che i partecipanti si sentissero immediatamente coinvolti nella discussione, e per tutto
il campo vi è stato un ricchissimo scambio di esperienze. Anche
la riflessione sui testi biblici ne
ha guadagnato in concretezza.
La composizione del campo era
abbastanza equilibrata, con una
forte presenza ligure, fattore di
vivacità e di coesione membri
delle varie denominazioni evangeliche, e, come si è detto, una
interessante partecipazione di
cattolici del dissenso. La partecipazione dalle chiese pentecostali e dei fratelli era invece ridotta al minimo, segno questo
della obbiettiva difficoltà ad allacciare un dialogo con questa
ala del protestantesimo italiano.
Come parlare di Gesù all’uomo contemporaneo? Su questo
tema Claudio Tron ha introdotto
la riflessione conclusiva. Si potrebbe centrare la nostra testimonianza sulla presentazione di
Gesù come liberatore: è una nozione biblica, che è molto significativa anche per gli uomini di
oggi. Ma in fondo la testimonianza a Gesù Cristo è data secondo
le circostanze concrete in cui il
nostro impegno cristiano ci porta a vivere.
angosce dei miseri e degli emarginati de quali il Signore ha
compassione e cura.
Più aggressivo e volutamente
privo di ogni « patois di canaan »
il sermone di Platone che sottolinea come Gesù Cristo liberi uomini e luoghi dalle maledizioni e
dalle condanne a cui anche noi
sottoponiamo spesso uomini e
cose, e come Egli ci strappi col
suo intervento dalla realtà della
perdizione in cui viviamo.
La discussione pubblica dei
sermoni è stata animata e talvolta com’è logico, anche contradditoria: quel che piace agli
uni non piace ad altri.
Ma questa discussione-critica,
voluta dai regolamenti per i sermoni di prova non ha affatto significato una benché minima
squalifica dei sermoni dei candidati. È stata piuttosto un tentativo di sviscerare, con un impegno comune di tutti, i vari aspetti dei testi assegnati ai candidati
e da essi meditati e studiati in
profondità com’è apparso chiaro
dalle loro prediche, per le quali
sono stati ringraziati sinceramente da qualcuno che ha anche
sottolineato come attraverso al
loro esame omiletico sia apparso
il lavoro costante e positivo svolto dalla Facoltà Valdese di teologia di Roma che prepara gli
studenti al pastorato.
Bruno Costabel
* * *
Nel culto di apertura di domenica 22
è stato consacrato al ministero pastorale
anche Francesco Carri delia chiesa metodista. Il suo esame di fede ha avuto
luogo nel quadro della Conferenza. Come dei due candidati valdesi diamo un
breve curriculum del suo ministero.
Francesco Carri
Nato a Chieti il 20 giugno 1948
da famiglia cattolica (figlio di
padre marxisticamente ateo e
madre religiosamente cattolica).
In seguito a un nuovo e inaspettato atteggiamento e riflessione del padre e poi per esperienza sua personale, sul problema marxismo e religione,
prende contatto con la piccola
comunità metodista di Pescara
e col circuito abruzzese.
È all’interno di questa comunità, nel contesto delle tematiche della predicazione dell’Evangelo a confronto con i reali problemi tipici di una regione del
meridione, maturò la sua decisione di iscriversi alla facoltà di
teologia in cui entrò nel 1970 dopo essersi diplomato (perito radiotelecomunicazioni ) all’Istituto Tecnico Industriale « Luigi di
Savoia» di Chieti.
Durante i 4 anni di studio a
Roma, nei mesi estivi prende
contatto con situazioni d’oltralpe.
Il soggiorno più lungo lo trascorre a Gottinga a contatto con
piccoli gruppi di italiani e presso la comunità luterana (St. Albani) e riformata.
Ultimato il periodo di studi
inizia i suoi due anni di prova
presso la comunità di Savona
per concluderli presso quelle di
Vercelli - Novara - Vintebbio.
6
27 agosto 1976
cronaca delle valli
SOCIETÀ’ DI STUDI VALDESI
I Valdesi in Piemonte
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE
Incontri di formazione
prima e dopo Chanforan sull'alimentazione
La Comunità Montami Val Pellice Pellice ha collaborato sostanzialmente
L’annuale serata sinodale della
Società di studi valdesi è stata
dedicata quest’anno ad una presentazione di alcuni nuovi elementi e prospettive intorno alla
questione del sinodo di Chanforan del 1532, cioè a quel momento a cui si fa tradizionalmente
risalire l’adesione del valdismo
alla Riforma e la conseguente
trasformazione del valdismo da
« movimento » a « chiesa ». Il
problema era stato più volte sollevato in questi ultimi anni in
articoli specializzati e in comunicazióni alle « Giornate di studi
storici ».
Il tema della serata era «Il valdismo piemontese subito prima
e subito dopo Chanforan ». La
prima comunicazione, presentata
dal prof. Grado Merlo, docente di
sociologia all’Università di Torino, ha illustrato, con ampiezza
di riferimenti storici e sociologici, alcuni dei motivi determinanti nelTaffermarsi dei moti eterodossi fra le popolazioni valligiano. In particolare, egli ha detto,
si può notare un progressivo disgregarsi della struttura ecclesiastica in questa zona, caratterizzata dalla presenza di monasteri
ben inseriti nella struttura feudale. Nel vuoto religioso venutosi a creare ha trovato spazio
l’eresia valdese la quale, divenuta movimento di massa fra le popolazioni valligiano, ha prodotto
quel particolare « va'dismo alpino » caratterizzato da un certo
razionalismo, che si arricchirà
poi di più vasti orizzonti spirituali nell’incontro con l’hussitismo.
Un secondo aspetto del problema, assai interessante, è quello
secondo il quale il diffondersi dei
moti ereticali è un accedere delle masse al'a cultura e la fede
eterodossa diviene per i montanari piemontesi un importante
elemento di identità proprio in
un momento in cui queste popolazioni — affrancantesi progressivamente da vincoli di servitù
feudale —, andavano assumendo
nuove connotazioni anche sociologiche e una certa carica rivoluzionaria (come prova la rivolta
del 1483 in Val Pellice contro i
signori locali).
All’alba della Riforma i montanari valdesi non sono più « plebe misera e timorosa », ma popolo che ha raggiunto un notevole livello di maturazione sociale
e religiosa e che può entrare in
colloquio con i movimenti culturali europei senza complessi di
inferiorità.
Il secondo relatore, i’ Prof, Augusto Armand-Hugon, nella linea
delle ricerche che da anni egli
persegue, parlando del Sinodo di
Chanforan e dei momenti successivi ad esso, pone in rilievo come sia storicamente inesatto far
risalire a questo unico avvenimento l’adesione del valdismo
alla Riforma. Egli ricorda che
già in sinodi precedenti (1528-3031) il problema era stato dibattuto e — d’altra parte •— anche
In sinodi successivi risulta evidente che non si è ancora raggiunta una sufficiente unità dottrinale. « Chanforan — afferma
Armand-Hugon — può essere definito solo uno dei momenti della
lunga strada dell’incontro dei
valdesi con la Riforma ». A sostegno di questa affermazione egli
cita deliberazioni di sinodi successivi al 1532, dalle quali si può
ri’evare che soltanto lentamente
le « chiese » valdesi assunsero la
struttura ecclesiastica. Altro segno, per esempio, è il fatto che
per 25 anni i riformatori non si
sono più occupati dei valdesi e
non hanno avuto praticamente
alcun contatto con essi. Anche i
riformati italiani sembrano non
essersi accorti della presenza di
gruppi « riformati » nelle valli
piemontesi e, quando li menzionano, non manca l’accusa di nicodemismo (accusa in un certo
senso convalidata da documenti
valdesi, come quell’accenno del
Gilles che dice... « fu necessario
finalmente mettersi allo scoperto... senza più temporeggiare... »),
sebbene la maggior parte dei governatori dell’epoca fossero favorevoli allo sviluppo del'a riforma. A riprova, cita il fatto che
solo nel 1555 si costruiscono i
primi templi (23 anni dopo Chanforan!), in concomitanza con la
campagna di evangelizzazione
lanciata da Calvino in tutta Europa e con l’arrivo di predicatori ginevrini.
Nel dibattito seguito alle due
comunicazioni, altri elementi sono stati messi in luce, in particolare dagli interventi dei proff.
Gönnet e Spini, il primo proponendo una rivalutazione di Chanforan, il secondo ponendo in una
luce diversa alcune indicazioni di
Armand-Hugon (per esempio, an
che i classici italiani non conoscono il Piemonte occidentale,
considerato allora semplicemente terra francese).
In conclusione, la numerosa e
attenta assemblea ha dimostrato
di aver fortemente apprezzato
questa serata di storia valdese.
Come al solito, si è anche tenuta l’assemblea annuale della
Società di Studi valdesi. Assai interessante la relazione del Presidente sulle attività programmate
e realizzate (pubblicazioni, convegni, museo, biblioteca, ecc.). Il
Comitato è stato ringraziato per
il lavoro svolto e rieletto nella
sua totalità per il nuovo anno sociale.
Gianni Bogo
organizza, neU’ambito del programma
di attività per la tutela della salute in
età evolutiva : Incontri di formazione
sui problemi delValimentazione nell’età evolutiva per gli operatori cbe
nell’ambito della scuola o delle istituzioni, a vari livelli e con diverse mansioni, seguono i ragazzi durante la
mensa (cuoche delle mense scolasticbe,
personale delle istituzioni educative,
assistenti della scuola materna, maestre
della seuola materna).
Gli incontri si terranno dal 1“ al 4
settembre. Gli argomenti in discussione saranno affrontati, con approfondimenti teorici, con esercitazioni pratiche e seguendo il metodo del « lavoro
di gruppo », con la collaborazione delrEquipé pluridisciplinare della Comunità Montana e della Dietista messa a
disposizione dall’AAI, ente che insieme alla Direzione Didattica di Torre
CASA DE FER N EX
La tentazione è di chiudere
ma continuiamo il nostro lavoro
Quando si ode che il Convitto
Valdese di Pinerolo viene chiuso, che il convitto di Torre Pellice appare chiuso come un edificio medioevale che va in rovina, che il convitto di Pomaretto
è in piena ristrutturazione e cerca la sua formula nella linea dell’afBdamento familiare, vi è per
noi, responsabli della Casa de
Fernex, la tentazione di chiudere anche noi questa casa, che
nella sua formula antica è più
che centenaria e, nella ardua ricerca di una nuova formula, si
dibatte in difficoltà organizzative ed economiche. Siamo in fase
di liquidazione di un patrimonio
di ospitalità, che caratterizzò in
tutti i tempi la nostra chiesa.
Dobbiamo anche noi allinearci?
Penso, non solo sentimentalmente, ma concretamente al lavoro di Achille e Lillina Deodato compiuto con tanto amore,
intelligenza verso i nostri ragazzi e ragazze, scesi da Massello,
Prali ecc. e non dubito che essi
riscuotano la riconoscenza delle
nostre comunità. Ma, mi domando, dopo qualche mese di chiusura di queste opere, come saranno sostituite? Non sono pessimista per natura e credo che
sia doveroso considerare le nuove vie che si aprono con gruppi
familiari, mense aperte e cosi
via. Penso anche che poche altre persone sono oggi disposte
ad assumersi le preoccupazioni
collegate con la responsabilità
di adolescenti, che la gente ti
affida senza poi collaborare in
modo costante con chi se ne assume il carico. Penso anche che
l’andirivieni di pullman scolastici, che scorrazzano lungo le nostre valli, renda più facile il raggiungimento della sede scolastica da parte degli studenti.
Valgono questi ragionamenti
anche per il rapporto Valli-Torino? Personalmente non posso
non pensare alle due o tre ore
giornaliere, dedicate a viaggi
inutili e costosi, come pure al
continuo armeggio di gente, che
finisce per non avere una base
stabile per leggere, pensare, lavorare con dispersione di forze
fisiche ed intellettuali nei tempi
più favorevoli al loro sviluppo.
Non posso non pensare ad un
pendolarismo, che, se è pressoché obbligatorio per i padri, è
solo dispersivo per i figli, che,
certamente stanno meglio alle
Valli, ma che anche, non lavorandovi, finiscono per non vivere le Valli e finiscono per essere
degli sradicati a Torino, accumulando motivi di scontento e
di tristezza, quando, volendo
mettere su casa, si accorgono
che la loro fiuttuabilità li ha resi ovunque. Valli comprese, degli apolidi.
In questo clima vale la pena
che noi manteniamo una delle
ultime case di ospitalità, che non
ha ancora chiuso, nonostante le
pressioni di competenti economici, specialisti in sociologia?
Naturalmente noi avremmo
mille motivi per evitarci dei
guai, grattacapi, delusioni, illusioni, difficoltà finanziarie e dedicarci ai mille interrogativi moderni, che ci vengono rivolti, lasciando « le minime cose » per
darci alle « maggiori ». Ma i guai
si affrontano, se si devono affrontare e se si crede che ne valga la pena.
A settembre, comunque, ripartiremo. Le persone più efficienti
nella conduzione della casa ci
hanno riassicurati sul loro impegno. Speriamo che un giovane
pastore sostituisca Zizzi Platone nel suo dialogo affettuoso e
intelligente con i residenti e col
personale. Avremo alcuni posti
disponibili. Non si aspetti che
tutto sia pieno per decidersi
troppo tardi e per ricevere uno
spiacevole rifiuto di ospitalità.
Durante agosto chi vuole venire si metta in contatto con il
direttore Bruno Jourdan e Signora - tei. 6505287 Torino.
In attesa fiduciosa.
Pastore Carlo Gay
_______Ricordando Suor Susanna Coisson
Una vita di servizio
Una grande folla si è riunita il
9 corr. ad Angrogna, nel tempio
del capoluogo per dare l’ultimo
saluto a Suor Susanna Coisson
e per testimoniare la propria
simpatia alla famiglia. Il pastore Renato Coisson ha espresso
questi sentimenti prima di partire dalla casa della defunta. Il
direttore della Casa delle diaconesse ha presieduto il culto ispirandosi alle parole dell’apostolo :
« La mia grazia ti basta perché
la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza » ( 2 Cor.
12: 9). Il Moderatore ha portato
il saluto della Tavola, ricordando il fedele servizio di questa
diaconessa, e il pastore emerito
Achille Deodato ha concluso la
funzione sulla tomba.
Suor Susanna era nata 62 anni or sono ad Angrogna, ricevendo da sua madre l’esempio
di un’aroma profondamente spirituale. Prim-a ancora di aver
compiuto i 18 anni regolamentari aveva fatto domanda per
essere ricevuta nella Casa delle
diaconesse, che allora aveva la
sua sede nel Convitto di Pomaretto. Dopo un anno e mezzo di
preparazione al ministero, venne per alcuni mesi al Rifugio e
all’Asilo dei vecchi di San Giovanni; poi prestò servizio per
due anni all’ospedale di Torino,
un anno a Milano, e finalmente
nel 1938 chiese di indossare l’abito della diaconessa. Fu all’ospedale protestante di Genova
per un anno, quindi alcuni mesi
a Bergamo, per tornare a Genova quando già le prime bombe cominciavano a cadere sulla
città. Il 24 agosto 1941 una grande folla riempi il tempio di Torre Pellice per assistere alla con
sacrazione di questa suora, insieme ad altre due compagne. Il
culto venne ispirato dall’esortazione dell’apostolo : « Chi fa opere pietose, le faccia con allegrezza» (Rom. 12: 8).
Alla fine del 1942, resosi inabitabile l’ospedale di Genova,
venne al Rifugio per alcuni mesi, quindi al reparto maternità
di Torre Pellice, dove rimase
per sette anni. Verso la fine del
1950 fu inviata al Rifugio di San
Giovanni, dove per ben 24 anni
darà il meglio di se stessa. Due
anni or sono, stanca, forse già
avvertendo i primi sintomi del
male che doveva portarla alla
tomba, chiese di ritirarsi dal
servizio attivo, e nella sua casa
natale si spense serenamente dopo aver più volte ripetuto il nome della mamma. Pino alla fine
era stata curata con amore dal
Dr, De Bettini, dalla sorella Maria e dalla nipote Vera.
In questi 42 anni di diaconato
Suor Susanna ha servito il suo
Signore, assistendo gli ammalati, le gestanti, i vecchi, i moribondi. Lo ha fatto per amore,
ispirandosi a una promessa che
aveva particolarmente cara, scritta su un quadretto collocato sul
suo letto : « Io l’Eterno, il tuo
Dio, son quegli che ti prende
per la man destra e ti dico : Non
temere, io t’aiuto» (Is. 43:13).
Molti e molti ricorderanno
Suor Susanna con riconoscenza,
ma il tributo migliore alla sua
memoria è che essa ci ha aiutato a glorificare il Signore, che
si compiace di manifestare la
sua potenza nella debolezza dello strumento umano.
Roberto Nisbet
all’iniziativa.
Nell’ambito di detti incontri, anche
per rispondere alle richieste degli organi colleggiali della scuola e di alcuni genitori, saranno tenuti due dibattiti pubblici aperti a tutti su
PROBLEMI DELL’ALIMENTAZIONE
NELL’ETÀ’ EVOLUTIVA
che si terranno a :
Bibiana - giovedì 2 settembre alle ore
20.45 presso il Centro di incontro:
Torre Pellice - venerdì 3 settembre alle
ore 20.45 presso la Sala Consigliare
del Comune.
L’iniziativa muove da alcune considerazioni di principio che la C.M. ha
da tempo fatto proprie ed in coerenza
alle quali cerca di operare :
1) « la salute non è l’assenza della
malattia ma il completo benessere psicofisico-sociale », ciò significa, ad esempio, che è salute : vivere in una
famiglia serena, compiere un lavoro
che piace, trascorrere il tempo libero
nel modo desiderato, nutrirsi in modo
sano e regolare, non avere disturbi o
malattie, soddisfare i propri interessi
culturali e ricreativi, non avere gravi
problemi economici, vivere una serena
vita di relazione, ecc.;
2) occorre più che altro prevenire, eliminando le cause che determinano malattie nel senso globale su indicato per cui :
— il discorso sanitario ed educativo è
sempre presente; quindi ogni occasione per una seria educazione igienico-sanitaria costituisce un momento prioritario di intervento e
una ff occasione » da non perdere:
— non solo gli insegnanti ma ogni
operatore non docente, nella scuola,
e ogni famiglia ha e deve avere
una grossa funzione educativa, cioè
pedagogica;
— la scuola materna può e deve essere un momento formativo fondamentale;
— il collegamento scuola-famiglia è
fondamentale per compiere una azione educativa efficace (per quanto riguarda il problema alimentazione, ad esempio, si pensi a quanto migliori potranno essere i risultati se a una corretta educazione
impartita a scuola e ad una adatta
alimentazione offerta dalle mense
scolastiche corrisponderà, nella famiglia, un criterio di alimentazione altrettanto studiato per le necessità di ogni individuo);
— la formazione permanente degli educatori, come il « collegamento »
già detto, è altrettanto importante
e quindi da ricercare e da poten•ziare.
Obiettivi dell’iniziativa sono dunque :
— creare la consapevolezza del ruolo
educativo di chiunque intervenga
nel rapporto con i ragazzi;
— dare alcune informazioni di base
che operatori e genitori potranno
utilizzare per sempre meglio adempiere alle proprie funzioni.
Per tutto quanto sopra detto si auspica quindi la massima partecipazione.
Il Presidente
Arch. Piercarlo Longo
SAN SECONDO
• Nonostante la pioggia battente ed il tempo autunnale l’incontro del XV Agosto nel tempio e nella sala è stato superiore alle aspettative. Il tempio, al
mattino, era gremito ed anche
al pomeriggio ha registrato buone presenze come pure il «bazar » allestito nella sala. Ringraziamo i collaboratori che si sono prodigati nella preparazione,
inutile a causa del tempo, ai
Brusiti e in quella affrettata del
tempio, le sorelle e le famiglie
che hanno collaborato alla buona riuscita del bazar ed agli
amici che, sebbene in numero
inferiore al previsto, hanno letteralmente vuotato i vari banchi con un atto di autentica fraternità verso le sorelle di S. Secondo.
• Ci rallegriamo con Giuliana
Paschetto e Guido Destefanis
per la nascita del loro primogenito Daniele e formuliamo loro
auguri fraterni.
7
LHUNALA UcLLt VALLI
SAN SECONDO
La giornata del XV Agosto
Il tempo veramente inclemente
non ha impedito a molti amici
del tradizionale incontro del XV
agosto di rendersi aH’appuntamento.
Inutile dire che la manifestazione non si è svolta airaperto,
ma neiraccogliente tempio di S.
Secondo, per roccasione troppo
piccolo. Dopo il culto, in cui la
predicazione è stata data dal
pastore Gustavo Bouchard, si è
avuta una interessante tavola rotonda, in cui è stato discusso il
lavoro del servizio Radio-televisione della Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia, con
particolare riferimento alla trasmissione del « culto radio ». È
stata una opportunità per dibattere insieme sulla linea seguita
del servizio, per esprimere apprezzamenti e riserve, in vista di
una sempre maggiore efficacia di
questo strumento di predicazione
e testimonianza.
Nel pomeriggio, dopo un interesante intervento del moderatore della Tavola Valdese, il pastore Gianna Sciclone ha esposto,
rispondendo ad alcune domande, il lavoro che ella compie insieme alle comunità valdesi in
Abruzzo. Dalle sue parole è emersa una realtà in continua evoluzione, dove accanto a comunità
a occhio umano in via di estinzione, anche quando hanno un
passato glorioso di presenza e
di vita, sempre nuove possibilità
sembrano aprirsi per Tannuncio
evangelico.
Bruno Corsani, professore della Facoltà di Teologia e Bruno
Costabel, pastore di Felónica Po,
hanno poi presentato il lavoro
che essi, in collaborazione con
molti altri, hanno portato a termine: una nuova traduzione del
Nuovo Testamento in lingua
comprensibile alTuomo di oggi.
E stata sottolineata l’importanza
LUSERNA
SAN GIOVANNI
• Il bazar, organizzato dalla Società di Cucito, ha avuto un esito molto lusinghiero il cui merito va in modo particolare alle
sorelle di questa attività che due
volte al mese si riuniscono per
preparare questa mostra-vendita di lavori femminili, alternando lo spazio di tempo allo studio biblico.
Il provento è stato di un milione e mezzo, buona parte del
quale devoluto alla Commissione Stabili per i lavori urgenti e
necessari in programma di tempo.
• Esprimiamo la nostra solidarietà nel lutto ai familiari delle
sorelle Veronica Costantino, deceduta all’Asilo dei vecchi alla
età di 88 anni e Maria Friedl,
ospite del Rifugio da oltre 30
anni.
di una tale opera per la quale
tutte le chiese dovrebbero sentirsi impegnate e ogni membro di
chiesa dovrebbe diffondere intorno a sé.
Sia permesso, da queste colonne, esprimere un sentito ringraziamento alla chiesa di San Secondo per la organizzazione perfetta della giornata.
TORRE RELUCE
Sabato 21, dopo un lungo periodo di silenzio, è stato inaugurato l’organo di Torre Penice, radicalmente rinnovato. Il
tempio era gremito di un attento pubblico che ha in più occasioni espresso la sua approvazione con calorosi applausi. Il
concerto di musica sacra, tenuto dal maestro Ferruccio Corsani, si divideva in due parti e
comprendeva musiche di Bach,
Frescobaldi, Pachebbel, Walther,
Claude D’Aquin, Marshall, Mendelsson e altri, ed alcuni corali,
fra cui « Forte rocca è il nostro
Dio ».
Abbiamo potuto apprezzare,
in quest’occasione, oltre alla già
nota bravura del Maestro Corsani, le modifiche ed i miglioramenti che nel corso di circa 3
mesi sono stati apportati a questo organo.
Sono infatti state cambiate le
ormai superate trasmissioni
pneumatiche tubolari con le più
moderne e sensibili trasmissioni
elettriche, grazie a cui i comandi vengono trasmessi dalle tastiere alle canne con rapidità
istantanea.
Anche la Consolle, che datava
del 1920, è stata sostituita con
una più moderna, totalmente
elettrica, dotata di particolari
strumenti che permettono di
programmare in precedenza registrazioni diverse e di inserirle
al momento voluto senza staccare le mani dalla tastiera. Sono stati cambiati anche i somie
ri, ovvero i canali per portare
l’aria compressa alle canne e
tutto il complesso è stato revisionato a fondo.
Sono invece state rim.ontate le
vecchie canne con raggiunta di
nuovi elementi per un totale di
1500 canne circa.
Dopo il concerto il M.o Corsani ha invitato tutti gli interessati a recarsi con lui in galleria per poter vedere più da vicino il nuovo strumento e chiedere tutte le informazioni desiderate.
Ci rallegriamo con la chiesa
di Torre ÌPellice per questa sua
iniziativa e ci auguriamo che essa possa dai"e un buon contributo al culto domenicale e speriamo veramente che questo concerto non resti un fatto isolato
ma rappresenti l’inizio di una
lunga serie di manifestazioni.
M. O.
BOBBIO RELUCE
• Presso l’ospedale di Torre
Penice è deceduto il nostro fratello Giovanni Meyron di Via
Boschetti, all’età di 66 anni. I
funerali hanno avuto luogo nel
tempio di Bobbio il 17 agosto.
Lo stesso giorno alcuni bobbiesi si sono recati a Luserna San
Giovanni per accompagnare al
cimitero le spoglie mortali di
Giovanni Bouchard di 97 anni,
da qualche tempo ospite dell’asilo dei vecchi di quella chiesa.
Il 24 agosto, presso la sua abitazione al Parau, si sono svolti
i funerali della nostra sorella
Elena Bertinat coniugata Bertinat, di 70 anni. Ai familiari di
questi nostri fratelli e sorella la
chiesa ha espresso e riafferma
qui la sua solidarietà nella comune fede nella resurrezione e
nella vita eterna in Cristo Gesù.
• Prima di lasciare Bobbio al
termine delle loro ferie estive,
un gruppo di simpatici giovani
villeggianti (qualcuno è in verità « oriundo » ! ) hanno voluto
offrire, venerdì 20 agosto, una
serata di musica di chitarre, batteria, organo. Essi hanno anche
voluto fare una offerta per le
chiese cattolica e valdese. Per
parte valdese abbiamo pensato
di offrire questo dono al Rifugio Carlo Alberto.
Quinta edizione
Trofeo Tre Rifugi
Domenica 29 agosto avrà luogo
nella Conca del Prà la V edizione
del « Trofeo tre Rifugi ». La gara che si svolge su di un percorso di 30 chilometri toccando i
tre rifugi — Willy Jervis, Barbara Lowrie, Battaglione Alpini
Monte Granerò — ha registrato
d ianno in anno un costante aumento di partecipanti sia italiani che stranieri.
La strada dal Barbara al Ba29 c.m. dalle ore 7 del mattino.
ROR A’
• Riconoscenti, ringraziamo cordialmente i pastori sigg. Giorgio Tourn, Presidente della
Commissione Distrettuale, e Gustavo Bouchard di Sampierdarena di avere presieduto dei
Culti domenicali e tutti coloro
che hanno collaborato alla riuscita del bazar che ha avuto un
buon esito.
• Voglia il Signore benedire con
i loro genitori e far crescere secondo la sua Parola questi figliuoli che sono stati battezzati
ultimamente : Malan Paolo di
Giulio e di Silvia Bonnet; Bonnet Willy, Fabio e Miriam di
Dante e di Dorcas Gaydou ;
Boiero Davide di Renato e di
Vellida Bodoni, tutti nati a Luserna S. Giovanni.
ORARI SERVIZI AUTOLINEE ESTATE '76
TORRE RELUCE - BOBBIO RELUCE
Feriale Gior. Fest. ' Vener. Festiv. Vener. Ferale Gior. Feriale Gior. Fest. i
Torre Pellice 6.15 7.20 9.00 10.30 10.40 12.00 12.45 14.00 17.05 19.00 19.55
Villar Penice 6.30 7.35 9.35 10.45 10.55 12.15 13.00 14.15 17.20 19.15 20.10
Bobbio Pellice 6.40 7.40 9.45 10.50 11.05 12.25 13.10 14.25 17.30 19.25 20.20
BOBBIO PELLICE - TORRE PELLICE
Bobbio Pellice
Villar Pellice
Torre Pellice
Feriale Fest.
5.45 6.45
5.55 6.55
6.10 7.10
Gior.
7.40
7.45
8.10
Sab.
8.00
8.10
8.25
Fest. 1 Ven. Ven.
8.55 9.30 11.00
9.05 9.40 11.10
9.20 9.55 11.25
Gior.
13.15
12.25
13.40
Gior. Fest. J
16.25 20.00
16.35 20.10
16.50 20.25
Dal 1“ luglio al 31 agosto
Bobbio-Torino
PEROSA - PERRERO
PRALI
PEROSA
PERRERO
PRALI
Giorn. Fer. Fer.
8.50 17.15 19.50
9.10 17.32 20.08
9.40
PRALI
P.ERRERO - PEROSA
PRALI
PERRERO
PEROSA
Giorn. Fer. Gior.
17.45
7.20 13.10 18.15
7.35 13.30 18.30
TORRE PELLICE
ANGROGNA
Ven. Festivo Ven. Festivo
Torre P. 8.20 8.20 11.00 17.40
Angrogna 8.35 8.35 11.15 17.55
ANGROGNA
TORRE PELLICE
Ven. Festivo Ven. Festivo
Angrogna 8.35 8.35 11.15 17.55
Torre P. 8.45 8.45 11.25 18.05
Sabato Festivo
Bobbio P. 8.00 20.00
Villar P. 8.10 20.10
Torre P. 8.25 20.25
Pinerolo 8.55 20.45
Torino 9.45 21.30
Torino-Bobbio
Festivo Ferriale
Torino 7.15 11.00
Pinerolo 8.00 11.45
Torre P. 8.25 12.45
Villar P. 8.40 13.00
Bobbio P. 8.50 13.10
TORRE PELLICE
LUSERNA - RORA’
Ricordando
il prof. Bellion
Domenica 15 agosto il prof.
Bartolomeo Bellion era richiamato dal Signore all’età di 60
anni. Laureato in medicina e chirurgia presso TUniversità di Torino, aveva continuato il suo aggiornamento professionale presso la Clinica Medica della stessa
Università. Specializzato in radiologia, fu promotore del rinnovamento del Reparto di Radiologia della Clinica Medica Torinese. Nominato primario del
reparto di radiobiologia e medicina nucleare dell’Ospedale San
Giovanni di Torino, venne a contatto con centinaia di pazienti
affetti da neoplasia, seguendoli
nelle loro lunghe ed alterne vicende. In questo continuo contatto con la sofferenza umana,
Bellion, uomo di poche parole,
ma di grande sensibilità d’animo, manifestò la dimensione
umana del medico. Nel rispetto
verso il suo malato, non lo abbandonò nel limbo dell’ignoranza del suo male, ma lo assistette
con amore vigilante.
Membro della Chiesa Valdese
di Torino, per molti anni egli fu
membro della C.I.O.V. ed espresse in vari modi la sua solidarietà verso il popolo valdese e
verso tutti i Valligiani, che accorrevano a lui per un aiuto o
un consiglio.
Una delle sue ultime frasi fu:
« portatemi a Torino, perché i
miei malati mi aspettano ». Non
fu solo una frase, ma l’espressione del suo attaccamento di
amore al suo lavoro ed ai suoi
fratelli.
e il dott. Decker
Ai primi di luglio in modo improvviso il dott. Ermanno Decker ci lasciava in seguito ad
infarto nella sua casa di Torino,
all’età di 76 anni. Alla Signora
Bianca Meynier, ai figli, alle loro compagne e ai nipotini esprimiamo il nostro affetto e cordoglio.
Ermanno Decker ha sempre
fatto parte della famiglia valdese. Aveva molti amici nella nostra cerchia e in tutta Torino.
Gioviale e fedele nelTamicizia,
conosceva la relatività di molte
cose terrene e affrontava la vita
con coraggio, con fede e con fine umorismo; primo ad arrivare ed ultimo a partire dalla sua
fabbrica, era stimato ed amato
dai suoi collaboratori, operai ed
impiegati.
Membro della chiesa valdese
di Torino, ne sentiva una viva
responsabilità, partecipando ai
culti ed alle assemblee. Per molti anni egli fu vice-presidente
dell’Istituto Artigianelli Valdesi.
Egli ebbe il raro privilegio di
vivere le vicende del suo lavoro
con i due figli, che trovarono ir.
lui un esperto conoscitore e un
maestro di vita.
PRAMOLLO
• La comunità ringrazia i pastori Silvio Long e Giovanni
Scuderi e il dott. Ugo Zeni per
i messaggi rivoltici durante i
culti del mese di agosto.
I culti del 29 agosto e 5 settembre saranno presieduti rispettivamente dai pastori Paolo
Ricca e Alfredo Janavel.
• Ci rallegriamo con i fratelli
Vanda e Armando Long (Pellenchi) per la nascita della secondogenita Cinzia e formuliamo loro i migliori auguri affinché la possano allevare nelle vie
del Signore.
Ven. Festivo Ven. Festivo
Torre P. 8.45 8.45 12.00 18.30
Lus. S. S. 8.50 8.50 12.05 18.35
Rorà 9.15 9.15 12.30 19.00
RORA’ - LUSERNA
TORRE PELLICE
Veti. Festivo Ven. Festivo
Rorà 9.15 9.15 12.30 19.00
Lus. S. G. 9.25 9.25 12.40 19.10
Torre P. 9.45 9.45 13.00 19.30
SERVIZIO MEDICO
festivo e notturno
Comuni di ANGROGNA - TORRE
PELLICE - LUSERNA S. GIOVANNI
- LUSERNETTA - RORA'
Dal 28 agosto al 3 settembre
Dott. PRAVATA' SALVATORE
Via Bellonatti, 2 - Tel.90182
Luserna S. Giovanni
FARMACIE DI TURNO
Domenica 29 agosto 1976
FARMACIA INTERNAZIONALE
(Dr. Imberti)
Via Arnaud, 5 - Tel. 91.374
Martedì 31 agosto 1976
FARMACIA MUSTON
(Dr. Manassero)
Via della Repubblica, 25 - 91.328
Domenica 29 agosto 1976
FARMACIA VASARIO
(Dott.ssa Gaietto)
Vìa Roma, 7 - Tel. 90.031
AUTOAMBULANZA
Torre Pellice : Tel. 90118 - 91.273
VIGILI DEL FUOCO
Torre Pellice : Tel. 91.365 - 91.300
Luserna S.G. Tel. 90.884-90.205
PIEDICAVALLO
Domenica 5 settembre il culto
nella chiesa di Piedicavallo sarà
tenuto in piemontese e in piemontese saranno pure letti i brani delTevangelo e cantati gli inni.
Già Tanno scorso, nella prima
domenica di settembre il culto,
presieduto dal pastore Ayassot,
era stato tenuto in tale lingua
e il lusinghiero successo di questo esperimento è stato il motivo per ripeterlo anche quest’anno.
Sempre nel Biellese, la domenica seguente, 12 settembre, avrà
luogo la ormai tradizionale festa
popolare sul Monte Rubello a
ricordo della strenua resistenza
e del sacrificio di Pra Dolcino e
degli Apostolici nel XIV secolo.
Cambio di indirizzo
Il pastore Pierluigi Jalla ci
prega comunicare che a partire
dal 1° settembre 1976 si trasferisce in Italia al seguente indidirizzo ; Condominio Gianavello
A 1 - Via Gianavello 21 - 10062
Luserna S. Giovanni (Torino).
PERSONALIA
Presso la Pacoltà di Magistero dell’Università di Torino, si
è recentemente laureato in lingue e letterature straniere, il
dott. Ezio Giorgio Cambellotti,
già segretario del Concistoro
Valdese di Torino. Al neo laureato, le più vive felicitazioni ed
auguri. ,
P. S. - Il dott. Cambellotti è
cognato del pastore A. Taccia.
« La mia grazia ti basta perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza »
(2 Corinzi 12 ; 9)
Profondamente commossi per le testimonianze di affetto e di simpatia ricevute per il lutto che li ha colpiti e
nelPimpossibilità di farlo singolarmente, i familiari di
Suor Susanna Coisson
ringraziano tutte le persone che hanno preso parte al loro dolore ed esprimono in modo particolare le loro riconoscenze al dott. G. De Bettini.
Angrogna, 20 agosto 1976
« Io so in chi ho creduto »
(2 Timoteo 1: 12)
RINGRAZIAMENTO
La famiglia di
Andrea Gay
ringrazia quanti hanno partecipato al
suo dolore.
Un ringraziamento particolare ai Boecorritori di Andrea al momento del
tragico incidente.
E’ mancata improvvisamente, il
agosto in Australia
Aldina Comba nata Danna
lasciando nel dolore il marito Alberto,
le figlie Luciana. Denise, generi e nipoti.
Ne danno il triste annuncio le sorelle Renata e Mery, i fratelli Bruno,
Valdo e Albino, cognati, nipoti e parenti tutti.
« Vegliate e pregate perché non
sapete né il giorno, né l'ora ».
(Marco 13 : 33).
Luserna San Giovanni, agosto ’76.
8
i BERSAGLI ALLA MODA Quando l'assenza
Lo è anche... «La Luce»
Non si stupiscano i lettori se
anche questo modesto settimanale appare come « bersaglio »
in questa rubrica. Nei fatti le
frecce (almeno quelle che arrivano al Direttore e da lui al Comitato di redazione) sono relativamente poche e le loro punte
non sono neppure particolarmente aguzze, ma sono però, almeno in parte, frecce intinte
nel curaro, tale velenosa funzione essendo rappresentata dal rifiuto o dall’ingiustificato ritardo
nel rinnovo dell’abbonamento.
Ora noi membri del Comitato
di Redazione (e, credo, il Direttore con noi) siamo ben consci del
fatto che, per il solo motivo di
tentar di fare un settimanale
come questo non solo possiamo,
ma in un certo senso dobbiamo
essere il giusto bersaglio delle
frecce dei lettori. Personalmente
ritengo che se di una cosa possiamo lamentarci è che esse siano troppo poche, tale pochezza
essendo evidentemente non il segno di una quasi perfezione dell’opera, ma ben piuttosto quello
dello scarso interesse che essa
finisce col suscitare.
Ma, onestamente, e nell’interesse non nostro ma della funzione che il settimanale è chiamato a svolgere, non ci pare di
esserci meritato il veleno di cui
sopra, in cui talvolta le frecce
sono intinte.
La Direzione e il Comitato di
redazione renderanno conto del
loro operato al prossimo Sinodo congiunto, ma è ben chiaro
che il punto fondamentale è e
sarà anche in futuro il rapporto
che sarà possibile stabilire con
i lettori. Lettori i quali sono in
primo luogo i fratelli delle Comunità cui ci indirizziamo, ed
un poco dovrebbero essere anche coloro che delle comunità
non fanno parte e in mezzo ai
quali dobbiamo portare la nostra (e almeno nelle intenzioni
anche la vostra) testimonianza.
Il nostro sottotitolo è « Settimanale delle Chiese Evangeliche
dovere è quindi tentare di rap
presentare tali Chiese nella loro
complessa realtà. E chi vive la
loro vita sa come non sia facile
darne una immagine monolitica e
univalente. Il che del resto è
confermato proprio dalle motivazioni delle frecce che ci sono
dirette: vi occupate troppo di
politica su linee a me non gradite — ve ne occupate troppo
poco e non difendete quelle che
a me piacerebbero; tenete il discorso teologico ad un livello
troppo modesto e divulgativo —
dovreste occuparvi meno di teologia pura e parlare un discorso più comprensibile; dovreste
non dimenticare la componente
fondamentalista che esiste ancora in larga parte delle nostre
comunità — non siete abbastanza moderni ed indulgete troppo
a concetti superati; non date abbastanza spazio alla componente metodista — non dovreste dar
peso a documenti preparati solo
da parte metodista; e si potrebbe continuare a lungo.
Ora è ben chiaro che tutte
queste critiche, pur nella loro
apparente contradditorietà hanno un fondamento e dimostrano la reale insufficienza del nostro lavoro. Noi non le respingiamo ma cerchiamo anzi di accoglierle per dare sempre più
nel settimanale una immagine
realistica delle Chiese di cui siamo l’organo. Ma perché aggiungere a tali considerazioni anche
la ’velenosa’ conclusione della
sospensione o del ritardo più o
meno voluto dell’abbonamento?
Oltretutto ritengo si possa dare
per dimostrato che il settimanale è sempre stato aperto a tutte le collaborazioni, anche se
critiche. E allora invece di prendere la penna per scrivere che
non volete rinnovare l’abbonamento (molto pochi in verità) o
non prenderla del tutto rinunciando così anche a compilare
la brevissima cartolina vaglia di
rinnovo, usatela con maggiore
valdesi e metodiste » e nostro
ampiezza e, assieme al vaglia di
rinnovo, mandateci tutte le cri
tiche che sentite di poter fare.
Le desideriamo, queste, e solo
da esse possiamo trarre indicazioni per andare avanti in questo non facile compito.
Questo settimanale può certo
esser fatto molto meglio di quanto riescano a fare i pochi cirenei che se ne occupano, ma è solo il vostro contributo e la vostra partecipazione che possono
sperare di migliorarlo. Non fateceli mancare e più critici saranno più ci saranno graditi
(specie se accompagnati dalla
cartolina vaglia dell’abbonamento).
Niso De Michelis
è crimine
(segue da pag. 1)
finanziari che saranno necessari.
I modi e i momenti di un intervento ci saranno indicati. Il
Signore è vivente.
Quel che deve essere evitato è
l’ipocrita "alibi" che la responsabilità è degli altri, siano essi di
destra o di sinistra. Questa ricerca possiamo farla meglio essendo vicini alle vittime che nei dibattiti di salotto. La nostra assenza è partecipazione attiva all’azione dei carnefici, chiunque
essi siano.
Personalmente sono pronto ad
assumere, con chi vuole impegnarsi, quelle iniziative che dalle
situazioni concrete ci saranno indicate.
Tullio Vinay
LIBANO
Un appello del CEC
L’arcivescovo greco ortodosso
della città di Tripoli, in Libano,
ha precisato che i duri combattimenti che si svolgono in quella nazione, oltre che a provocare decine di migliaia di morti e
feriti, ha costretto circa 35 mila
persone a trovar rifugio nella
stessa città di Tripoli.
Per rispondere alla pressante
richiesta dell’arcivescovo la
Commissione aiuti reciproci fra
le Chiese del Consiglio ecumenico delle Chiese ha subito inviato 10 mila dollari. Allo stesso
tempo ha fatto sapere alle Chiese che l’appello per la situazione in Libano veniva portato a
500 mila dollari.
L’arcivescovo ha inoltre precisato che mentre in due regioni
almeno 22 villaggi sono stati distrutti, a Tripoli la situazione,
per quanto riguarda i viveri, l’acqua ed altri generi è assai critica. Vi è penuria di alimenti base
quali farina, zucchero e latte; la
maggioranza delle persone non
La settimana internazionale
LA DIFFICILE E LUNGA VIA
AL SOCIALISMO
Nel n. preced. di questo settimanale, abbiamo riportato alcuni passi salienti di un articolo
del filosofo marxista francese
Roger Garaudy, in cui è espresso il rifiuto totale del regime so,.vietico attuale quale esempio, a
nessun titolo, di « società socialista ». Ma che cos’è il socialismo
per il Garaudy? Egli, in queU’articolo, non lo dice; afferma soltanto la necessità d’una ricerca
di « conciliare il socialismo con
la libertà ».
Anche noi crediamo in questa
necessità, ma allora subito ci
chiediamo: quando e come sarà
possibile ottenere la desiderata
conciliazione? Il saper rispondere a questa domanda (il cui significato necessiterebbe di qualche precisazione, e noi cercheremo di farlo alla fine di questo articolo), ci sembra di enorme importanza. Etienne Balibar, il migiore allievo e stretto collaboratore di Louis Althusser ', filosofo
marxista non meno illustre del
Garaudy, affronta parzialmente
il problema in un libro recentemente pubblicato dall’ editore
Maspero di Parigi ’, e non v’è
dubbio che la sua opinione rifletta quella del suo grande Maestro.
Il Balibar si scaglia contro le
tesi di Georges Marcháis, il noto
segretario del Partito Comunista
Francese, giunto recentemente a
sostenere non esser più necessario realizzare la « dittatura del
proletariato », per trasformare
la società socialista, e poi possibilmente comunista (La tesi del
Marcháis è concretamente accettata da tutto il cosiddetto « Eurocomunismo », nei rispettivi
paesi, Italia compresa).
« La dittatura del oroletariato,
afferma il Balibar, non è affatto
una ’’via per passare al socialismo”, Essa è, al contrario, "il socialismo stesso, considerato come il periodo storico della RIVQ
(a cura di Tullio Viola)
LVZIQNE CONTINUA e dell’approfondimento della lotta di classe, fino alla realizzazione del comunismo". (...) Lenin insisteva
sempre sul fatto che, affinché al
potere di una classe si sostituisca
quello d’un’altra classe, è necessaria la distruzione dell’apparato
statale che costituisce il fondamento della forza del primo potere. Questo è del resto il significato profondo della dittatura del
proletariato. Per parte sua, il Balibar denuncia due tipi di ragionamenti opportunisti:
a) Quello consistente nell’ammettere la necessità di conquistare il potere statale, senza parlare della necessità di distruggere l’apparato borghese.
b) Quello che tende a far
credere che uno stesso apparato
statale possa essere utilizzato, a
piacere, dall’una o dall’altra delle classi sociali.
Ma non potrebbe il Partito Comunista Francese (si chiede' Balibar) inserirsi "come il granello
di sabbia” entro il sistema parlamentare e dei partiti? A questo
proposito, il grande timore del
Balibar è che il Partito non possa
in alcun modo sfuggire al pericolo "di diventare il prigioniero
di quello stesso apparato statale
che il Partito combatte” ».
Se non andiamo errati, è questa la stessa tesi sostenuta dagli
estremisti di sinistra italiani o
da molti di loro, per es. dal giornale « Lotta continua ».
Ed ecco la conclusione dell'analisi politica fatta dal Balibar:
« Ognuno, che soltanto apra
gli occhi sulla scena internazionale, può oggi convincersi che il
mondo vive una gravissima crisi
storica del leninismo, inteso come forma d'organizzazione e di
unità del movimento comunista,
cioè come forma di fusione della
teoria e della pratica rivoluzionarie. Una tale crisi storica indebolisce il movimento operaio in maniera drammatica, proprio nel
momento in cui anche il sistema
imperialista entra in un nuovo
periodo di crisi generale ed acuta. Questa crisi del sistema imperialista è di tale acutezza, che
non sembra possibile immaginare una sua "soluzione”, né quindi
un "ritorno" del sistema alle sue
precedenti forme d’organizzazione, alle precedenti modalità del
lavoro politico e teorico. (...)
Questa crisi apre dunque delle
possibilità rivoluzionarie ed esige delle soluzioni rivoluzionarie. (...)
Tutti sentiamo la necessità di
riflettere su quelle che • saranno
le nuove forme d’organizzazione
e le nuove modalità del lavoro.
Tutto lo sforzo e tutta l’ininterrotta pressione dell’ideologia
borghese tendono precisamente
a sfruttare questa crisi per far
apparire il leninismo come un
gigantesco "errore storico" del
movimento operaio, dunque per
liquidarlo (e con lui liquidare il
marxismo ) »
Noi non approviamo ’a sostanza profonda del l’analisi del Balibar, anche se ne riconosciamo
l’esattpzza c l’acutezza in taluni
dettagli. Accettiamo volentieri la
qualifica di « riformisti », ritenendo possibile la trasformazione della società occidentale in società socialista GRADUALMENTE, cioè senza rivoluzione.
Ignoriamo le modalità di una
tale trasformazione. Ma di una
cosa siamo certi: che la via al
socialismo sarà difficile e lunga.
' Per questa collaborazione, cfr. ad
es. I libro : L. Althusser e E. Balibr.
« Leggere I Capitale » (Feltrinelli, Milano). Sul giudizio di Althusser sulrURSS, cfr. il nostro art. su questo settimanale, n. 23 del 4.6.’76.
2 (( Sur la dieta ture du prolélariat ».
Su questo libro, Aldo Natoli ha pubbli
’ articolo il 31.7.76
(« La Repubblica »).
3 Citazioni da una recensione di T.
Pfister, su « Le Monde » del 7.7.’76.
ha lavoro e non ha più quasi
nessuna risorsa.
Il CEC inoltre, in cooperazione con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i profughi
e colla commissione internazionale per le migrazioni europee,
hanno proceduto all’evacuazione
ad Atene di circa 2700 profughi
non libanesi (principalmente armeni e siriani). Di essi, successivamente oltre 2 mila sono stati sistemati negli Stati Uniti,
mentre per gli altri si è ancora
alla ricerca di una possibilità di
sistemazione.
Come si apprende dai giornali, la situazione del Libano si va
giornalmente aggravando, e la
vittima principale è il movimento palestinese che viene ferocemente « ridimensionato » colla
ibrida alleanza fra i falangisti
cristiani e la Siria: Teli al Zaatar, la « collina dell’origano » rimarrà nel ricordo degli uomini
come il simbolo di un vero e
proprio genocidio.
Il fondo di solidarietà di questo settimanale ha deciso di accogliere l’appello del CEC, come viene precisato in altra pagina: di fronte ai falangisti cristiani di Pierre Gemayel, che
porta al collo una catenina con
la madonna, di fronte alle « tigri» di Chamoun che si comunica tutte le domeniche e di fronte alle artiglierie siriane che sparano contro i « fratelli » palestinesi cerchiamo almeno di offrire, oltre che le nostre preghiere,
un misero aiuto che dica a tutte
le vittime la nostra solidarietà
unitamente alla nostra impotenza di uomini e di cristiani infedeli.
Per i prigionieri
politici in India
Com’è noto, in India è stato
proclamato lo stato di emergenza sin dal giugno 1975. L’attuale numero di persone detenute
per ragioni politiche non è conosciuto, però secondo una stima attendibile si suppone che
esse siano circa 50 mila, se non
assai di più. Il governo indiano,
valendosi delle apposite leggi
emanate può tenere queste persone in prigione per un periodo
di tempo indefinito senza fare
loro un regolare processo.
Già a suo tempo il CEC attraverso il suo segretario generale aveva rivolto un appello al
primo ministro Indirà Gandhi
su questa situazione, appello poi
seguito da una lettera inviata
dalla Commissione Affari Internazionali delle Chiese (sempre
del CEC) alle Chiese indiane.
Ora si è formato da poco un
comitato di indiani cristiani per
assistere le famiglie dei prigionieri politici.
In oggiunta alle suddette iniziative la Commissione Affari
Internazionali del CEC ha inviato una lettera alle varie chiese
ed organizzazioni-membro pregandole di inviare ulteriodi appelli al governo indiano, per invitarlo — proprio in occasione
del 29“ anniversario dell’indipendenza dell’India — a rilasciare
al più presto i prigionieri politici detenuti senza processo.
Solidarietà
con i terremotati
del Friuli
TERZO ELENCO OFFERTE
a tutto il 18 agosto 1976
ACELIS (Associazione Chiese Evangeliche di lingua Italiana della Svizzera) L. 3.238.820.
Chiesa Americana St. lames, Firenze
L. 453.425.
Chiese Battiste: Matera L. 40.000,
Milano 423.500, S, Gregorio Magno
84.000, Torino (Via Caluso) 465.000.
Chiese Metodiste: Gragnana L. 3.500
Genova Sestri 150.000, Palermo e
Centro La Noee (2“ vers.) 25.000, Roma (3“ vers.) 45.000.
Chiese Valdesi: Bordighera-Vallecrosia (2“ vers.) L. 35.000, Felónica Po
43.000, Firenze (2° vers.) 681.000, Luserna S. Giovanni (2° vers.) 70.000.
Pinerolo (2° vers.) 41.200, Villar Perosa (2° vers.) 2.000.
Comunità Evangelica, Pozzuoli L.
10.000,
Freundeskreis der Valdenser Kirche.
Essen, 471.470.
Gruppo past. Wynne in visita, alla
Facoltà Valdese, L. 27.965.
Offerte individuali: Battistini Alber
to, Roma L. 4.500; Bevilacqua Savina,
Mortara 20.000; « Credo in Dio », .S
Germano Chisone 10.000; Di Lernia
Gio, Bari 5.000; Di Pasquale Cassell;
Lina, Torino 60.000; Dore Lorenzo.
Sassari 30.000; Falconi Francesco.
Giulianova 8.000; Gelao Franco, Bari
2.500; Gránese Mary, USA 20.500;
Lancellotti Domenico, Terni 5.000; Loropieri Giuseppe, S. Giacomo 5.000:
Menzano Marianna, Montescaglioso 5
mila; Muso Agnese. Roma 2.000:
Grasso Nunziatina, Lentini 20.000:
Palmieri Ida. Pescara 5.000; Parnigoni Orazio, Crema 10.000; Pcrrella Anna, Iglesias 10.000: Pasqui Sara, Pistoia 10.000; Pirrotta Olimpia, Palermo 10.000; Rago Damiano Pasquale.
Firenze 5.000; Rostagno Arturo, Pomaretto 5.000; Santucci Manuela, A
latri 5.000: Vedova Umberto, Padova
5.000; Vindola Armando. Villa Dor.:
20.000. Totale L. 6.592.280. ImpoTii
precedenti L. 33.574.315. Totale co\nplessivo L. 40.166.595.
Seminario della FUACE
in Africa
Codoma, Tanzania (soepi) —
I movimenti cristiani studenti in
Africa si sono impegnati a informare i loro membri sulle lotte di liberazione ebe si svolgono
attualmente sul loro continente.
Questa decisione è stata presa
durante il corso del « Seminario
sulla liberazione » che ha avuto
luogo sotto gli auspici del gruppo africano della Federazione
universale delle associazioni cristiane degli studenti (FUACE)
e con l’appoggio del programma
del CEC di lotta al razzismo.
In questa prima riunione interregionale si è dibattuto sul
tema : « La lotta in Africa australe ed i suoi rapporti colla
lotta in un’Africa indipendente ».
Oltre alla realizzazione di programmi di educazione sulla liberazione, è stato deciso di avviare delle relazioni con la SWAPO
(Organizzazione dei popoli del
Sudovest africano) ed i movimenti attivi dello Zimbabwe
(Rhodesia).
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Bellion Valdo Benecchi, Gustavo
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