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Anno 116 - N. 9
29 febbraio 1980 - L. 300
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ARCHIVIO TAVOLA VALDESE
10066 TORRE PELLICS
delie valli valdesi
SETTIMANALE DEI I F CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Tra i fiumi di parole che giornalmente scorrono dai giornali
e dalla TV a proposito di terrorismo — in un monotono e perenne scontro tra fautori di una
lotta indiscriminata al terrorismo e difensori dei diritti dei
terroristi — è balzata in questi
giorni in primo piano una parola inaudita, nuova e vittoriosa:
« ...Preghiamo anche per quelli
che hanno colpito il mio papà,
non per fermare il corso della
giustizia, ma perché dobbiamo
avere sempre parole di perdono
e perché la vita deve trionfare
sulla morte ». Come è noto, è la
preghiera di Giovanni Bachelet
durante i funerali del padre, una
preghiera che non dobbiamo assolutamente lasciar dileguare
ma di cui dobbiamo esplicitamente cogliere la lezione.
Anzitutto si tratta di una parola inaudita perché, letteralmente, non la si sente mai nella
vita pubblica del paese: non solo per la sua forma (una preghiera) ma soprattutto per il suo
contenuto: il perdono per chi
ha colpito. Siamo in un paese
tra i più ricchi di tradizioni cristiane e una preghiera di questo
genere dovrebbe essere se non
la regola neppure però l’eccezione unica che getta nello stupore
attonito gli ascoltatori. Invece è
parola inaudita e questo è un
duro e severo richiamo per tutti
noi, per tutti i credenti che si
riconoscono nella preghiera di
Giovanni Bachelet.
In secondo luogo si tratta di
una parola nuova, che ha cioè
un timbro sostanzialmente diverso rispetto al già udito, risaputo. Paradossalmente, ciò che è
veramente nuovo non è l’ultima
cosa apparsa in ordine di tempo, ma ciò che da tanto tempo
rappresenta una vera e sostanziale alternativa per la nostra
umanità: non la forza che impone l’ordine, né la giustizia che
si difende dalla prevaricazione,
ma il ribaltamento di una umanità senza shocco nella comunione col Cristo, il capostipite
della nuova umanità che sulla
croce ha pregato per i suoi carnefici. La preghiera di Giovanni
Bachelet è per ogni credente l’appello a diventare, tra falchi e
colombe, uomini nuovi.
QUELLI I CUI SGUARDI IMPLORANO
Come in uno specchio
Gli affamati, gli oppressi, i reclusi, sono il grido di quelli che sono
al mondo senza speranza e insieme l’immagine del nostro egoismo
Proponiamo ai nostri lettori questa riflessione del direttore
del settimanale riformato francese «Christianisme au XXème
siècle ».
Le grida degli uomini si moltiplicano. Si può sempre argomentare che son già risuonate
in un passato prossimo o remoto; si può anche affermare che
domani ci saranno ancora grida
d'uomini sulla terra. Ciò non toglie che in determinati momenti queste grida facciano molto
male. Sono appelli che vengono
da tutti gli orizzonti, da popoli
molto diversi, da esseri che spesso non hanno altro in comtme
se non il fatto di lanciare degli
SOS ai loro fratelli più fortunati o meno sfortunati. Ma sono
grida che vengono dal profondo
della sofferenza. Non sentirle sarebbe ignorare la serietà del tempo in cui viviamo.
In effetti è la nostra stessa immagine che spesso ci rimandano
quelli che gridano, quelli i cui
sguardi implorano.
meno percebile. Ma il rimescolìo dei popoli, la potenza dei
mass media, la pesante informazione quotidiana, sono come
specchi ingrandenti che mettono in rilievo la minima verruca.
I bambini scheletrici, i condannati ql silenzio, gli oppressi di
tutti i paesi, i campi della morte, le distruzioni di massa, sono
allo stesso tempo il grido d'angoscia di quelli che sono al mondo senza speranza e l’immagine
del nostro egoismo.
La pagliuzza
e la trave
L’immagine
Spesso ci guardiamo con occhi
compiaciuti: ci piace che lo
specchio ci rimandi qualcosa di
gradevole, o per lo meno di appena sopportabile.
Ma ecco, qualche volta rincontro con gli altri è insopportabile, come un’immagine che
non si vuole, o non si può, guardare.
Un tempo questo era forse
Che tristezza, questi datori di
lezioni che denunciano gli altri
senza interrogarsi mai sulle loro responsabilità!
Che dramma, questa buona
coscienza di una parte dell’umanità che vede la pagliuzza nell’occhio defraltro e che (fimentica la trave che le impedisce
ogni visione corretta!
Quando un bimbo affamato alza gli occhi disperato sapendo
che ha tutte le probabilità domani di essere ancora un bimbo affamato, quale problema per
i cristiani, questo quarto scarso
dell’umanità che detiene più dei
due terzi delle risorse del globo
e in gran parte sfrutta anche il terzo che rimane.
Quando un oppresso arriva a farsi udire al di là
dei reticolati o delle sbarre delle prigioni, quale problema per i cristiani che
hanno il temibile privilegio di conoscere l’interrogativo fondamentale: « Chi
non ama il fratello che ha
veduto, come potrà amare
Dio che non ha veduto? »
(1 Giov. 4: 20).
La carestia e l’oppressione hanno sempre due
facce (lo stesso beninteso
si può dire di molte altre
miserie umane). Quelli che
hanno fame e quelli che
sono in catene sono disumanizzati; ma lo sono anche quelli che non condividono il loro pane e quelli che non lottano fino allo stremo delle loro forze
per liberare l’oppresso.
La teologia della liberazione, di cui si è molto parlato in questi ultimi anni,
non può essere solo una
risposta al grido (e che
grido!) di quelli che sono
schiacciati dai totalitarismi; è anche esigenza della nostra propria liberazione, della mia propria liberazione. Quando un umano è schiacciato a causa del
colore della sua pelle, a
causa delle sue opinioni o
del suo impegno politico,
perché quell’umano è una
GIUDICI 7: 1-2
Il compito di una minoranza
E infine si tratta di una parola vittoriosa. Se nella vicenda
del terrorismo c dell’antiterrorismo c’è una possibilità di vittoria, essa non appartiene né agli
adoratori della violenza né ai
cultori della repressione, ma soltanto a questa parola della fede. Ad essa è data la promessa:
«questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede » (1
Giov. 5: 4). Certo è una vittoria
che, come la croce di Cristo, somiglia molto di più ad una sconfitta, ma ad essa credono i credenti che ricevono la parola del
Cristo: « Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi animo, io
ho vinto il mondo ». Certo un
popolo non può semplicemente
sostituire questa parola alla
giustizia umana come se si trattasse di una « terza via » strategica. Ma un popolo che non sìa
disposto a prendere std serio
questa parola del perdono — tanto nella vita pubblica e nelle
grandi occasioni, quanto nelle
piccole occasioni di tutti i giorni alla portata di tutti — e il
suo corrispettivo, la possibilità
del ravvedimento di coloro sui
quali si invoca il perdono, è un
popolo che ha davanti a sé soltanto la sconfitta.
Franco Giampiccoli
Gedeone, prescelto dal Signore quale liberatore di Israele,
chiama a raccolta il popolo e si
accampa vicino alla sorgente di
Harod; Harod è una parola dal
significato incerto, sembra che
voglia dire “tremolante" e può
ben rappresentare la situazione
di questo condottiero e del suo
esercito. Come avviene in tutti
i racconti biblici dove sono narrate imprese militari di Israele,
l’esito finale della battaglia non
dipende da capacità militari e
strategiche, ma dal fatto che il
vero comandante e liberatore
nella guerra è solamente e unicamente il Signore.
Lo schieramento che Giudici
7,1 illustra è all'incirca identico
a quello descritto in I Sam. 28:4:
Saul nella sua battaglia finale
era accampato sul Gelboe (leggermente più a Sud della sorgente di Harod) e i Filistei occupavano le posizioni dei Madianiti. I risultati delle due battaglie
sono differenti; perché il “vero
avversario” di Saul e del suo
esercito era l’Eterno (/ Sant. 28:
16).
Il Signore dice a Gedeone qualcosa di importante, non solo per
quel frangente storico:
« La gente che è con te è troppo numerosa perché io dia Madian nelle sue ntani; Israele potrebbe vantarsi di fronte a me,
e dire: - La mia mano è quella
che mi ha.salvato » (v. 2).
Il possibile vanto militare di
Gedeone e della sua gente è il
pericolo dal quale il Signore vuo-i
le salvare il suo popolo nell’imminenza della battaglia.
Per questo motivo il Signore
opera una “decimazione". E tuttavia il successo militare non deriverà dall’abilità di questi pochi audaci; gli uomini di Gedeone non sono dei “marines", sono
solamente degli strumenti del
Signore nell’opera che Egli intende portare a termine.
Anche noi viviamo in una realtà di « cristianesimo decimato »;
in modo particolare la nostra
esiguità di evangelici italiani, ci
stimola ad impegnarci come chiese denominazionali e quindi anche come comunità locali di credenti, nell'elaborazione di una
« strategia evangelistica ». Si preparano documenti, si studiano i
modi migliori per testimoniare
ai nostri connazionali l'Evangelo di Gesù Cristo; come Israele
si difendeva dall’oppressione dei
popoli circonvicini, noi diciamo
di lottare per rimuovere gli ostacoli che impediscono agli uomini di realizzare una salvezza piena e completa in Cristo Gesù.
Ma siamo proprio sicuri che
l’opera di evangelizzazione che
vogliamo compiere non sia un'opera delle “nostre mani"?
Nella recente assemblea della
Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, una scritta campeggiava nella grande sala del
Convitto Valdese di Torre Pellice: « Gli Evangelici in Italia, una
proposta alternativa »; una frase
estremamente pericolosa, perché
costituisce un vanto di una pre
sunta fedeltà al Signore. Ricordiamoci sempre dell'Evangelo:
«Quand’avrete fatto tutto ciò
che vi è comandato, dite: Noi
siamo servi inutili; abbiam fatto
quello che eravamo in obbligo
di fare » (Luca 17: 10).
Qual è dunque il compito di
una minoranza come la nostra?
Non è certamente quello di formare dei “super-cristiani”; la
chiesa protestante agisce in questa società ■— come ricordava
il prof. Rostagno a Torre Pellice — e l’Evangelo lo si testimonia là dove il Signore ci ha posti, nel nostro quartiere, nella
militanza politica o sindacale e
anche dove forse è più difficile
annunziare la Buona Novella, e
cioè nel nostro ambiente di lavoro.
È assieme agli uomini del nostro tempo, che dobbiamo vivere con umiltà, affrontando i problemi concreti che il quotidiano
ci offre, la fede che diciamo di
avere nel Cristo Risorto.
Infatti l’annunzio dell’Evangelo non dipende da nostre «presunte fedeltà », ma dal fatto che
Dio ha operato potentemente,
donandoci il Suo Figliuolo affinché, come dice Giovanni: « Chiunque crede in Lui non perisca, ma
abbia vita eterna » (Giov. 3: 16).
Con questa certezza, che non
ci appartiene, ma ci è data « extra nos» (Lutero), possiamo vivere, giorno dopo giorno, l'evangelo di Gesù Cristo.
donna in un mondo in cui domina il maschile, o perché la sua
religione non è quella del Potere costituito, non c’è véra liberazione senza che l’oppressore
sia anch’egli liberato dal male
(o dal Maligno); è anche in questa prospettiva che si può dire
« Liberaci dal male (o dal Maligno) ».
Non si tratta né di masochismi
né di cattiva coscienza, ma di
una presa di coscienza della nostra responsabilità per un vero
« ravvedimento », o « conversione ». per una teologia della liberazione che riguardi me tanto
quanto gli altri.
Le radici
del male
Denunciare il razzismo, la dominazione maschile, il marxismo, il capitalismo, resta spesso
una cosa molto superficiale se
non si ricercano le' radici del
male. In un tempo in cui si ha
paura di certe parole (perché?),
c’è chi propone di non parlare
più di peccato; come se la collera e il giudizio di Dio non esistessero più (molta gente, tra
cui dei teologi, non tengono in
alcun conto Romani 1; 18-32),
come se l’ultima parola di Dio
non fosse amore, grazia, risurrezione.
Togliere oggi la dimensione
spirituale ai drammi di questa
umanità 1980, vuol dire rifiutare
di vedere una soluzione spirituale per questi stessi drammi; Con
tutto il lato disperante di un tale
rifiuto.
Il dramma di
una castrazione
Ciò che colpisce, quando si osserva il mondo attuale, non sono
F. Delforge
Eugenio Stretti
(continua a pag. IO)
2
29 febbraio 1980
DIBATTITO SULL’EVANGELIZZAZIONE
Un contributo della FGEI
Il Consiglio Nazionale della
FGEI ha elaborato un documento di riflessione sul tema della
evangelizzazione, come contributo al dibattito che si è aperto
sul documento della Tavola « L’evangelizzazione: ipotesi di un
programma operativo» (1).
Abbiamo avuto così l’occasione, estremamente positiva, di affrontare, nella prospettiva di
una iniziativa comune, alcuni
problemi centralissimi. Di tutti
quelli indicati nel documento
FGEI, ne ricordo tre (tralasciando in questa sede gli altri che
pure dovranno essere ripresi,
come evangelizzazione e ingiustizia sociale, evangelizzazioneecumenismo, evangelizzazione-opere della chiesa, strumenti stessi della eveuigelizzazione oggi);
le questioni che vorrei affrontare sono: chi predica, a chi e in
quale situazione si rivolge il nostro annuncio, cosa predichiamo.
1) La prima questione ci pone davanti alla realtà delle nostre chiese, ai processi di secolarizzazione in atto, alla nuova
dimensione di chiesa unita valdo-metodista, ai rapporti con
l’evangelismo non federato, alle
ipotesi di riforma fin qui tentate dalla parte più accorta del
protestantesimo italiano. È necessario non sfuggire al confronto con tutto questo, se non vogliamo apparire, nell’entusiasmo
delle nuove iniziative che andremo a prendere, una chiesa che,
scontrandosi con la propria debolezza interna, esprime un bisogno forzato di proiezione all’estemo per non disgregarsi al
proprio interno.
L’esigenza dunque di legare la
spinta all’evangelizzazione con
la rimessa in discussione della
situazione esistente all’interno
delle chiese ai accompagna ad
una seconda indicazione che la
Fgei fornisce, prima ancora che
alle chiese, al proprio lavoro:
non liquidare frettolosamente
tutto il patrimonio di esperienze e di elaborazione che le chiese valdo-metodiste hanno espresso negli ultimi 20 anni. Sembra
paradossale: dopo anni di in
comprensioni e critiche reciproche, la Fgei sembra chiedere alle chiese di non liquidare come
improduttivo o perdente^ tutto
quel che di qualificato si è messo in piedi; una generazione
estremamente qualificata di pastori e laici impegnati ha lavorato su una ipotesi congiunta e
inseparabile di predicazione e
riforma della chiesa. Oggi si
tratta di rilanciare, intensificandolo e approfondendolo, proprio
questo programma di lavoro: da
Agape ad Ecumene, da Villa San
Sebastiano a Cinisello, dal lavoro della editrice Claudiana a
quello della Facoltà ecc. Il soggetto della evangelizzazione sono proprio, nel bene e nel male,
le chiese che hanno fatto queste
cose, il richiamo a una continuità qualificata con il passato non
è amore di se stessi, ma volontà di non disperdersi.
2) Ci chiediamo in secondo
luogo: a chi rivolgeremo la nostra predicazione. La risposta
che spesso ci sentiamo dare «ma
è evidente, a tutti » ci pare generica e dunque pericolosa. Predicare a tutti, fare un discorso
che vada bene per tutti, può trasformarsi in un parlare a nessuno, o, peggio, in un parlarsi addosso. L’annuncio evangelico è
ima parola che a ciascuno (nella
sua specifica situazione) fa bene
perché dona speranza e nello
stesso tempo a ciascuno fa male, perché mette in crisi e chiede cambiamenti radicali.
Perché il messaggio evangelico risulti incisivo deve essere
svolto nella chiarezza, da parte
di chi predica, sulla situazione
in cui vive, lavora, e soffre colui
che ascolta, e anche sulla propria situazione. Non si tratta
dunque (ma era poi questo anche in passato?) di una mania
della FGEI di partire dalle analisi socio-politiche della realtà
che ci circonda: ma solo la consapevolezza che il mondo e il
nostro paese e il modo di vivere, sentire e pensare della gente sta cambiando con ima velocità vertiginosa e verso sbocchi
imprevedibili e che spesso non
capiamo (cito per tutti il fenomeno del terrorismo politico). La
consapevolezza dunque che per
poter parlare bisoja capire in
profondità dove siamo e come
vive chi ci ascolta.
3) Il terzo problema è forse
ancora più complesso: cosa predichiamo. Anche qui la risposta
appare semplice e lineare: « evidente, revangelo di Gesù Cristo ».
Eppure (e qui è un discorso del
tutto personale) mai come in
questi tempi ogni volta che devo
rispondere alla domanda — così
frequente! — sul senso della fede
e della speranza che è in me, ho
provato tante difficoltà. Debolezza di fede? possibile, ma credo
che comunque si tratti di un problema che come chiesa abbiamo
in comune. « Se è vero — leggiamo nel documento FGEI — che
”il fondamento posto non può essere smosso”, se cioè il contenuto del nostro evangelizzare
non può cambiare, è anche vero
che analizzare seriamente la condizione in cui vive la gente... la
nostra stessa condizione, il rapporto fra queste, può far variare significativamente le cose che
poi concretamente saremo chiamati a dire e a fare. Il « ravvedetevi » di Gesù è stato uno solo, ma significava cose diverse
per il pescatore Pietro, per il
giovane ricco o per la donna adultera».
Il nostro non è tempo di scorciatoie o di semplificazioni operative, « meno chiacchiere e più
fatti »: è invece il tempo di una
serrata riflessione teologica, ricomprendere il contenuto che
—I cambia mai alla luce di
ciò che nella nostra umanità sta
cambiando. Mi viene da pensare
che nella storia della chiesa, là
dove c’è stata fedeltà alla propria vocazione di annunciatori
del Vangelo, due sono state le
costanti comprensioni della realtà del proprio tempo e delle trasformazioni in corso e riformulazione in termini teologici nuovi della eredità di messaggio ricevuto: penso a Geremia e alla
riforma in atto al suo tempo, a
Paolo a Corinto, al Calvino del
la nuova Ginevra e al Barth della cittadina operaia di Safenwill.
Cosa vuol dire in fondo evangelizzare? trasmettere la fede
ricevuta, raccontandola, e provare a renderla manifesta attraverso le cose che si fanno. Trasmetterla ricordando sempre che
la gente a cui l’annunciamo è
diversa dai fratelli che ce l’hanno annunciata e che dunque le
parole nostre e le indicazioni
che daremo saranno diverse, perché diversa è la realtà e le domande che noi stessi ci poniamo. E questo, badate, non per
amore della « novità ad ogni costo » ma per amore della concretezza, non per manìa di « ammodernare » il Vangelo, ma proprio
perché il Vangelo non è un discorso da aggiornare ma un fatto che trasforma la vita quotidiana della gente.
« Rispetto alla estemporaneità
di una parola ’’detta” a tutti ci
pare più concreto, più incisivo.
più ’’protestante” in definitiva
puntare sulla continuità faticosa
di piccoli ma significativi interventi nel contesto della quotidianità della vita, della crisi e della
speranza di gruppi singoli e collettività » — interventi che tanto
più saranno significativi, quanto
più vissuti in un « contesto di
relazione umana, di esistenza
condivisa, di solidarietà praticata quotidianamente ».
Più che di indicazioni si tratta
di d.cmande che la Fgei pone,
non dalla posizione comoda di
chi preferisce criticare che impegnarsi, ma dalla esperienza,
sofferta, di chi si scontra ogni
giorno contro la propria pochezza. Sono domande su cui vale,
crediamo, la pena di confrontarci tutti.
Francesca Spano
(1) Il testo integrale del documento
sarà pubblicato sul prossimo numero di
Gioventù Evangelica.
SCOMPARSA DI UN AMICO
Emil Blaser
Dalle notizie che ci aveva fatto
avere ancora recentemente, sapevamo che era gravemente infermo, e ora ha concluso la sua
vita terrena all’età di 73 anni, lasciando un gran vuoto fra gli
amici della Chiesa Valdese e nel
nostro cuore.
L’amore per la Chiesa Valdese
sorse in lui quando, ancora studente, venne a Roma per un semestre alla nostra Facoltà di
Teologia.
In poco tempo era riuscito non
solo a impadronirsi della nostra
lingua, ma anche a rendersi conto della importanza dell’opera
svolta dalla nostra Chiesa nella
vasta diaspora italiana, dalle Alpi
alla Sicilia. Da qual momento, il
suo interesse per la nostra Chiesa andò facendosi sempre più vivo e sempre più ricco di interventi. Gli premeva di comunicare agli amici e colleghi quel suo
interesse, diventato primario, in
maniera da allargare quella rete
di sostenitori che, con impegno
e perseveranza, aveva cominciato
a tessere nel Cantone di Berna.
Lo abbiamo visto di rado ai nostri Sinodi, perché egli preferiva avere informazioni dirette che
DALLE CHIESE
Il Moderatore visita ie chiese sudamericane
Il pastore Giorgio Bouchard,
moderatore della Tavola valdese
è partito il 12 scorso per un soggiorno di tre settimane in Uruguay e Argentina, dove visiterà
le chiese valdesi di quella regione, che formano il « sinodo rioplatense ». Al momento della partenza lo ha intervistato il « nev ».
— Perché questo viaggio in una
regione cosi lontana?
— Le chiese valdesi dell’Italia
e del Rio de la Piata sono una
sola chiesa; e mai come ora è
importante esprimere la nostra
solidarietà reciproca. È vero che
le affinità etniche vanno scomparendo: i figli degli antichi emigranti delle Valli valdesi sono
ormai in tutti i sensi, pienamente cittadini di quei paesi, ai quali l’immigrazione italiana in genere ha dato un forte contributo. Però restano tra noi delle
forti analogie, fra chiese protestanti di minoranza in paesi di
cultura affine. E vi è poi, come
dicevo, la necessità di essere in
tutto solidali. Nell’arco degli ultimi cinquant’anni abbiamo avuto fasi alterne, dalle due parti
dell’oceano, nella questione della
libertà; e in fasi storiche diverse, abbiamo conosciuto o conosciamo gli stessi problemi. Questo contribuisce a farci capire.
In questo momento siamo senza
dubbio noi italiani a vivere in
una situazione migliore, per quel
che riguarda diversi aspetti della vita: nonostante tutto, abbiamo cibo e libro in misura maggiore. Magari qui ci consideriamo poveri; poi scopriamo chi è
più novero di noi, in tutti i sensi. Dobbiamo dire chiaramente
ai nostri fratelli che se va male
a loro, va male anche a noi.
— Così si tratta di una missione di fraternità e di amicizia.
— Lo scopo principale del viag
gio è la partecipazione al sinodo rioplatense, dal 17 al 21 febbraio, a Dolores (Uruguay), poi
vi saranno visite in diverse comunità. Difatti, nella misura del
possibile, cerchiamo di essere
reciprocamente presenti. È anche frequente il caso che il « Moderador » rioplatense partecipi al
nostro sinodo. Questo è uno dei
modi di esprimere concretamente quello che è scritto nell’art. 1
della nostra Disciplina generale,
cioè che le chiese delle Valli vaidesi e quelle « sorte poi per la
predicazione evangelica in vari
paesi dove Dio ha condotto la
popolazione valdese » formano,
per dirla nel testo castigliano
« en su totalidad un unico cuerpo, que vive en la sola grada
del Señor ». Del resto abbiamo,
dalle due parti dell’oceano, lo
stesso problema di vivere come
minoranza significativa.
— Se le due chiese sono « un
sol corpo » come si manifesta la
solidarietà e la collahorazione
fra i valdesi d’Italia e quelli dell’Uruguay e dell’Argentina?
— Le distanze sono grandi e i
viaggi costosi. Tuttavia riusciamo a realizzare degli scambi, soprattutto inviando dall’Italia dei
pastori che collaborino per la
formazione dei laici. Esiste un
loro « programma de capacitación de laicos » al quale a due riprese abbiamo mandato un pastore per sei mesi: Bruno Rostagno e poi Thomas Soggin. In
Italia abbiamo più pastori e sono
loro che in qualche modo prendono la rappresentanza della
chiesa. Là invece si insiste molto di più sull’attività dei laici,
che devono perciò essere preparati. Comunque è importante rilevare che dal Sudamerica non ci
chiedono aiuti materiali, soldi;
ma ci chiedono uomini.
EcumenSsmo
SANREMO — Martedì, 22 gennaio, c’è stata la annuale riunione di preghiera per l’unità
cristiana, nella chiesa di S. Siro.
Vi hanno preso parte oltre a
molti cattolici alcuni membri
della nostra comunità col Pastore che ha commentato la parabola del seminatore (Matteo 13:
3-9, 16-23). Il Regno di Dio (tema di quest’anno) è ben lontano dall’essere venuto... Esso viene — dice Gesù — nell’ascolto
serio della sua Parola. Purtroppo ci sono, anche tra i cristiani,
dei distratti, degli smemorati,
dei superficiali, degli entusiasti
che poi presto si stancano, ci
sono quelli che si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni o
dagli inganni della vita, quelli
che non capiscono (o capiscono
fin troppo bene, ma non vogliono cambiare la loro mentalità
e la loro vita), ci sono quelli che
lasciano portare via dal maligno
ciò che è stato seminato nel loro cuore. Quante difficoltà e ostacoli l’Evangelo incontra ancora oggi non solo nel mondo
ma anche nella chiesa cristiana.
Un altro commento è stato fatto
dal parroco di Bussana, don
Giorgio Curio, sul testo: Colossesi 1: 11-23; un terzo commento, dal Rev. George Kenneth
Giggal, vescovo anglicano e Cappellano dela chiesa inglese di
Sanremo, sul testo: Giovanni 17:
1-11, 20-21. Nella parte «liturgica »
erano stati inseriti tre inni del
nostro Innario. Certo questa riunione « annuale » non ha in sé
molto senso e molta rilevanza.
Dà l’impressione che sia un po’
un « flore alTocchiello » per dire
che l’ecumenismo c’é anche a
Sanremo... Per fortuna ci sono
le riunioni settimanali di studio
biblico (quelle s-, che hanno un
senso!): si tengono il lunedì sera alternativamente un mese
presso i nostri locali e l’altro
presso la parrocchia di S. Rocco.
Quest’anno si leggono e commentano alcune lettere di Paolo (Pilippesi, Colossesi, Tessalonicesi).
Vi partecipano una quindicina di
persone delle due confessioni.
Telesanremo continua a trasmettere, quindicinalmente il
sabato alle ore 18, una conversazione del Pastore della durata di
15-20 minuti, nella rubrica « La
Parola del Signore ». Telesanremo copre tutta la provincia
di Imperia e forse può essere
captata anche da Alassio. Crediamo che sia un efficace mezzo
di evangelizzazione.
Ugo Tommasone
Conduttore delle
Comunità del
sud-Piemonte
Domenica 27 gennaio con un
culto presieduto da Giorgio Castelli di Savona, si è insediato
quale conduttore delle chiese
evangeliche del sud-Piemonte facenti capo a San Marzano Oliveto il fratello Ugo Tommasone.
La meditazione è stata centrata sul testo di Atti 11; 19-26 osservando l’importanza della comunità nell’opera di evangelizzazione.
Le comunità metodiste di Canelli e San Marzano, che fino a
poco tempo fa erano state curate da predicatori provenienti
dalla Liguria, avranno un loro
conduttore, il fratello valdese
Ugo Tommasone che ha accettato questo incarico e la chiamata del Signore a svolgere questo servizio. Una decisione questa importante, che fa vedere in
concreto le possibilità che sono
aperte dall’integrazione valdometodista.
• L’indirizzo di Ugo Tommasone è: Chiesa Evangelica - via
dei Caduti - 14050 San Marzano
Oliveto (AT).
raccoglieva nel corso delle sue
numerose visite in Italia in occasione delle sue vacanze. Leggeva però sempre accuratamente
il rapporto della Tavola al Sinodo, traendone ispirazione per la
sua azione. Il suo intento era
sempre quello di rispondere ai
bisogni più urgenti e reali.
Quando si delineò in modo grave la crisi finanziaria per il Collegio Valdese e per la Scuola Latina, fu il primo a passare ad
una azione concreta. Indisse una
riunione di Pastori nel Cantone
di Berna e mi invitò ad esporre
la situazione. 11 risultato fu la
creazione di quel benemerito Comitato di Berna, di cui egli fu
il nrimo Presidente, avendo tra
i suoi collaboratori più diretti
il Pastore della Cattedrale di
Berna, Dr. Walter Liithi (anche
lui da studente alla nostra Facoltà di Teoin,eia), e il Pastore
Losli, ora deceduto.
Dopo qualche anno di sostanziali contributi per l’istruzione,
il Pastore Blaser mi comunicò
una sua perplessità: aveva il timore che continuando a concentrare solo sull’istruzione gli appelli agli amici, i doni con Tandar del tempo potessero diminuire. Invece con sua grande meraviglia essi andarono aumentando di anno in anno, anche quando il Comitato estese il suo interesse ad altre opere.
Sotto la presidenza del Pastore
Blaser possiamo dire che in tutto
il periodo del dopoguerra e
quindi della ricostruzione, non ci
fu iniziativa della nostra Chiesa
che non ebbe a beneficiare del
contributo del Comitato di Berna.
Dalla ricostruzione dell’ospedale di Pomarett o, alla Scuola
Latina e al Collegio, dalla Biblioteca e dall’archivio di Torre Pellice alla Foresteria e a Villa Olanda, dal Convitto di Pinerolo alla
Facoltà di Teologia, e poi ancora, dalla nuova sala di culto di
Bari, al Centro Diaconale di Palermo e al Servizio Cristiano di
Riesi, dappertutto ci fu il segno
dell’amore del Comitato di Berna.
La fiducia che ispirava il Pastore Blaser e la sua azione dinamica gli procurarono un altro
grande peso da portare oltre le
fatiche del suo ministerio pastorale prima a Büren e poi, fino all’emeritazione, nella grande parrocchia di Burgdorf, presso ¡Berna: fu nominato infatti anche
Presidente del Comitato per la
raccolta di fondi per la fame nel
mondo.
Ritiratosi nelle vicinanze di Losanna, affaticato e in non buone
condizioni di salute, ebbe per
poco tempo ancora il conforto
della dolce e encomiabile compagna della sua vita, Anna Siegenthaler, e della musica di Mozart
che prediligeva.
Si è spento a Thun, dove aveva
desiderato ultimamente di trasferirsi, il 17 febbraio.
Lo ricordiamo nel contrasto
del suo fisico: di statura imponente, oltre il normale, ma con
un viso dolce che esprimeva una
grande bontà e una grande generosità.
Ringraziamo il Signore che
per tanto tempo gli ha rivolto
l’animo e diretto l'azione in favore della nostra Chiesa, ed
esprimiamo alla vedova ed ai figlioli la nostra profonda simpatia.
A. Deodato
3
29 febbraio 1980
TRA LE RIVISTE
CONGRESSO FDEI
Jesus avanti Cristo
Nuova iniziativa editoriale del
dinamico gruppo Periodici Paolini per il suo mensile di cultura ed attualità religiosa « JESUS ». Si tratta di un inserto
biblico che avrà la durata di due
anni e che parte con una tiratura di 160.000 copie di cui 100.000
inserite nella rivista ed il resto
diffuso con altri mezzi. L’inserto
vuole offrire una rilettura dell’Antico Testamento per cui « JESUS » ha mobilitato specialisti
non solo di esegesi e teologia,
ma anche astronomi, antropologi, sociologi, giornalisti, scrittori.
« Sono — come hanno detto
Vittorio Messori ed Italo Alighiero Chiusane nel corso della presentazione fatta presso la libreria Croce — personalità scelte
tra credenti e non credenti, ebrei,
musulmani e cristiani di ogni
chiesa che aiuteranno in questa
ricerca delle origini, delle radici
ebraico-semitiche di Cristo e del
Cristianesimo ». (ADISTA)
Bollettino
europeo delle
Comunità di Base
« Per essere veramente solidali le une con le altre, nel massimo rispetto dell’autonomia e del
pluralismo delle loro esperienze, le comunità sentono il bisogno di trovare strumenti sempre
nuovi per uscire dal settorialismo e per acquistare una visione più ampia dei problemi attraverso il confronto, la verifica e
l’arricchimento reciproci ».
A questo fine, come è dichiarato nell’editoriale, risponde il
« Bollettino Europeo » delle comunità cristiane di base, del quale è uscito il numero 1 (gennaio
1980). Il Bollettino avrà una periodicità di tre numeri l’anno e
« la caratteristica di una documentazione che resta valida nel
tempo: esperienze concrete, testimonianze, elaborazioni, riflessioni... ». Sarà ogni volta dedicato ad una singola nazione e dovrebbe contenere una scheda
sintetica di informazione sul
movimento delle comunità o
gruppi di quella nazione e la descrizione particolareggiata di una
sola comunità per « permettere
alle comunità delle altre nazioni di capire a fondo il dinamismo, la collocazione, i problemi,
le prospettive delle realtà locali ».
Il programma di quest’anno
prevede, oltre al numero I che
è redatto dalle comunità olandesi, l’uscita di un secondo numero (aprile-maggio) a cura delle comunità italiane, del terzo,
numero (settembre-ottobre) redatto dalle comunità portoghesi.
Il gruppo redazionale italiano,
composto da rappresentanti del
Coordinamento comunità fiorentine, dal Coordinamento comunità milanesi, di COM-NT e di
NTC-News, comunica, per l’invio
di materiale ed eventuali suggerimenti, il seguente indirizzo:
« CdB Bollettino Europeo - Grazia Tasselli, V.le Mazzini 52,
50132 Firenze » (ADISTA)
Lo Scuola
Domenicale
« Che vuol dire essere protestanti oggi in Italia » di Paolo
Ricca; una riflessione a conclusione dell’anno internazionale
del bambino di Bruno Rostagno
dal titolo: « Conduciamo con noi
% i nostri Agli »; « La Bibbia e la
‘5 crescita del piccoli », una propoiSta di come presentare la Bib'ibia ai 4/6 anni, di Ezio Ponzo;
l i« La nascita delle scuole domeni
7-,cali 200 anni fa», ecco i pnnci
Si
■
idoc
[¿»I
Sull’ultimo numero di Idoc-Internazionale (9-10) che arriva in
questi giorni agli abbonati si affronta un tema attuale e difficile ”La crisi istituzionale e il
dissenso nel cattolicesimo italiane”. Tra i numerosi interventi
che analizzano il dissenso da diversi angoli visuali (da quello
protestante a quello cattolico
nell’intreccio tra sociale e politice) se.gnaliamo uno stimolante
contributo di Paolo Ricca che
scaturisce dall’interrogativo: ”il
silenzio-stampa sul dissenso riflette davvero un silenzio del
dissenso?”. Secondo Ricca, nonostante le apparenze, non si è
ancora di fronte al ’’crepuscolo
dei dissenso”. Anzi, ”11 dissenso,
sostiene Ricca, ha sollevato e
solleva problemi di fondo che
riguardano tutta la chiesa. Per
questo il dissenso è vivo, malgrado la crisi generale dell’area
in cui si colloca: perché i problemi che ne stanno alla base
sono reali e vitali: ogni cristiano se li pone e, grazie al dissenso, con una radicalità che altrimenti sarebbe stata impensabile”. Tra i valori sneciflci che il
dissenso (”un modo più autenticamente evangelico di essere
chiesa”) ha messo in luce. Ricca
segnala la ’’nuova consapevolezza
politica” da cui discende una
’’riformulazione del messaggio
cristiano, ripensata dal punto di
vista dei poveri” e una nuova
forma ecclesiologica di ’’tipo
congregazionalista”. Sul permanere del dissenso nel quadro istituzionale cattolico Ricca non dà
una valutazione necessariamente
negativa. Al contrario, nella misura in cui il dissenso non si lascierà né riassorbire né marginalizzare dalla chiesa ufficiale
esse può costituire un ’’polo
permanente di riforma”. Come
ogni diaspora, conclude Ricca,
anche il dissenso deve organizzarsi e resistere. g- P
/j’tpali articoli contenuti nel n. 3/4
L* della rivista « La Scuola dome'[■ nicale » apparso in questi giorni.
' Essa contiene inoltre un inseri j to, intitolato « Sono evangelico »
in cui, dopo la storia di Lutero
I) e una breve esposizione su cosa
credono i protestanti, vengono
' : proposte 15 schede sulle difleI renze tra cattolici e protestanti. L’opuscolo di 48 pagine, presentato sulla Rivista da Salvatore Ricciardi, è indirizzato ai
' genitori che hanno figli che frequentino le elementari e le medie inferiori. I bambini evangelici vengono talvolta interrogati
sulle differenze da compagni e
insegnanti: di rado sanno rispondere in modo soddisfacente e si
rivolgono ai genitori per avere
: spiegazioni. L’opuscolo si propone di aiutare quest’ultimi.
Il numero della Rivista si conclude, come al solito, con numerose recensioni di libri per adulti e ragazzi e con due schede per
il canto.
Per maggiori dettagli o per
abbonarsi, rivolgersi a una delle
librerie «Claudiana » di Milano,
Torino e Torre Pellice o direttamente presso il Servizio Istruzione Educazione, Via della Signora 6. 20122 Milano.
Dibattiamo
lo statuto
In vista del Congresso della
FDEI che si terrà ad Ariccia il
27-28 aprile e che dovrà deliberare sulla bozza di statuto già
inviata alle Unioni femminili,
pensiamo sia utile che il nostro
giornale ospiti un’informazione
e un dibattito che nOn sia ristretto all’ambito femminile.
Prendiamo quindi lo spunto dall’intervento che pubblichiamo
qui sotto per invitare singoli, organismi, responsabili, a interve
A titolo personale, espongo
quanto segue:
Ho letto la bozza di Statuto
che sarà presentato al Congresso di Ariccia.
Ho trovato la seguente frase:
« Nel perseguimento dei suoi
scopi la Federazione è indipendente da particolari organizzazioni ecclesiastiche e non interferisce nell’attività propria dei
singoli gruppi o unioni e con altri movimenti o associazioni
femminili in Italia e all’estero ».
La frase non mi sembra chiara e, per esprimere il mio pensiero, mi valgo deH’esempio pratico del mio caso.
Io appartengo ad una organizzazione ecclesiastica: la Chiesa
Valdese. In quanto tale, riconosco un Moderatore, una Tavola,
un Sinodo e un Corpo pastorale.
Inoltre faccio parte dell’Unione
Femminile della mia comunità
che è appunto una attività della
comunità stessa.
Qualora la frase suddetta venisse approvata al Congresso di
Ariccia, ho l’impressione che mi
troverei in una posizione di compromesso. Difatti, da una parte
io apparterrei ad una organizzazione ecclesiastica e daH’altra
parte (a motivo del mio inserimento nell’Unione Femminile che
versa una quota alla FDEI) io
apparterrei ad una Federazione
che è indippndente./da^articolari
organizzazioni ecclesiàstiche e
che — quindi — non si riterrà
impegnata né di fronte ad un
Moderatore, né di fronte ad una
Tavola, né di fronte ad un Sinodo, né di fronte ad un Corpo
pastorale.
La FDEI aggiunge che non interferirà nell’attività propria
delle singole unioni. Tuttavia, dal
momento che — come dice la
bozza di Statuto — il finanziamento della Federazione è assicurato anche dal contributo delle singole unioni, questa è già
una interferenza.
Non so Se interpreto bene il
tutto. Ecco perché ritengo necessario che sia data una chiarificazione. Lo ritengo necessario
anche a nome di quelle tante sorelle delle nostre Unioni Femminili che, forse, come me, si sono
poste il problema.
Ringrazio.
echi dal mondo cristianol
a cura di BRUNO BELLION
I teologi
del terzo mondo
a S. Paolo
Roma (nev) - Il quarto incontro dei teologi del terzo mondo
si svolge a San Paolo in Brasile
dal 20 febbraio al 20 marzo, sul
tema: « L’ecclesiologia nel contesto latino-americano ». Vi partecipano teologi cattolici e protestanti dell’America latina, con
numerosi delegati dall’Africa,
Asia e dalle minoranze nere e
indiane degli USA.
L’associazione ecumenica dei
teologi del terzo mondo è stata
fondata a Dar-es-Salaam (Tanzania) nel 1976; essa si propone di
promuovere un approccio teologico globale della situazione dei
diversi continenti, partendo da
un’analisi sociale, da una riflessione biblica e da un impegno
coraggioso « a essere con i nostri
popoli nei loro tentativi di costruire una società migliore ».
Una riunione del continente africano si è svolta ad Accra nel
Ghana nel 1977, gettando le basi
di una teologia più flessibile e più
vicina alla realtà, diversa perciò
dalle teologie che dominano in
occidente. La base della teologia
africana va infatti cercata nella
vita stessa delle chiese di questo
continente che esce oggi da un
lungo periodo di dipendenza politica e culturale.
A San Paolo si studierà la situazione latino-americana e lo
stato della teologia; seguirà la
riunione annuale dell’Associazione ecumenica dei teologi del terzo mondo. Si dovrà anche fissare la data il luogo e il programma dell’incontro del 1981, al quale parteciperanno insieme teologi del terzo mondo e teologi europei e americani.
La famiglia
non ha esaurito
il suo compito
La Conferenza del Consiglio
Ecumenico delle Chiese (CEO
sull’educazione familiare si è
conclusa con la riaffermazione
del ruolo primario della famiglia nella partecipazione attiva
alla costruzione di una società
più giusta. Si tratta sostanzialmente di un voto di fiducia nei
confronti della famiglia, esposta
oggi da più parti a forti e non
sempre ingiustificate critiche.
« Occorre continuare nel lavoro
— ha ribadito la conferenza —
in favore della crescita dell’indi
Nelly Rostan CAMPANIA
Riunito il
Consiglio
della FCEI
Si è svolto a Ecumene (Velietri), il 23 e 24 febbraio, la riunione del Consiglio della Federazione delle Chiese. Obiettivo
della riunione era quello di fare
il punto su alcune iniziative da
prendere dopo l’assemblea di
Torre Pellice.
Circa i servizi, ampia discussione c’è stata sul servizio studi.
Si dovrà occupare di fornire documentazione, studi, note omiletiche, ricerche ai laici impegnati nel lavoro della chiesa.
Per questo, il servizio si avvarrà di una pubblicazione, Diakonia, che — oltre il tradizionale
ruolo di archivio del materiale
prodotto dalle chiese — a partire dal primo numero ’80 fornirà questo materiale per i laici.
Segretario del servizio studi sarà il past. Paolo Spanu. Apprez'V rial Consiglio è stato il lavoro svolto dal servizio stampaRai-TV, di cui è segretario il dr.
Fulvio Rocco, (e soprattutto la
novità dell’agenzia stampa men«no''!>). e dal servizio istruzione ed educazione di cui se
gretario è il past. D. Tommasetto. Circa il servizio migranti,
il consiglio — recependo le critiche mosse dall’assemblea a
Torre Pellice — ha deciso di iniziare uno studio per un progetto di organizzazione di questo
servizio che tenga conto dei tre
aspetti della migrazione ; all’es'^ero, rientro, e lavoro straniero in Italia. Discussa l’opportunità di creare un servizio legale.
TI Ccnsigilo ha poi deciso di
organizzare, affidandone la gestione al servizio studi d’intesa
col servizio stampa Rai-TV, un
convegno in giugno ad Ecumene
sul tema « Evangelizzazione e
mezzi di comunicazione di massa ».
Allo studio del Consiglio è stata inoltre portata una proposta
di modifica dello statuto per tenere conto delle posizioni espresse dalla Egei, che non si considera organismo settoriale della
federazione, e per meglio adeguare la funzione delle federazioni regionali nel quadro delle
attività Fcei.
Convegno FDEI
NAPOLI. - Rappresentanti :oumerose delle chiese valdesi e battiste di Napoli, metodista di Salerno, battista di Pozzuoli ed
Esercito della Salvezza, hanno
animato il convegno campano
della Federazione femminile che
si è svolto nei locali di via dei
Cimbri il 3 febbraio.
Dopo un breve culto le varie
unioni hanno presentato le loro
relazioni: partendo da un bilancio dell’Anno internazionale del
fanciullo, le relazioni hanno trattato del bambino nella chiesa,
nella Bibbia, nella società, e hanno analizzato problemi come la
socializzazione del bambino e la
crisi della famiglia.
L’assemblea ha partecipato con
un ampio e vivace dibattito e ha
approfondito i temi proposti evidenziando nuove problematiche
sulTargomento.
Dopo la lettura della relazione
della FDEI 1979 si sono tenute
le elezioni per il rinnovo delle
cariche annuali.
Il convegno, rallegrato anche
da una festosa agape fraterna, si
è concluso con l’augurio di un
buon lavoro nel nome del Sivn-ore. E- P•
viduo e del nucleo familiare, anche se è necessario orientarsi
verso un cambiamento della società ».
L’assemblea, informa ancora
11 servizio ecumenico di stampa
e informazioni del CEC, si è tenuta a Oaxtepec (Messico) dal
12 al 17 gennaio scorsi, significativamente all’inizio di un anno in
cui governi, organizzazioni internazionali e il Sinodo dei vescovi
della Chiesa Romana si interesseranno in modo particolare
della « crisi della famiglia ».
Dei 145 delegati provenienti da
46 paesi, oltre la metà erano donne, 18% erano cattolici-romani e
un certo numero di loro non era
direttamente legato ad alcuna
chiesa. Si trattava di educatori,
consiglieri familiari, e alcuni pastori.
La conferenza era stata preparata da un lungo lavoro durato
più di tre anni, nei quali era stato possibile fare un largo giro
di orizzonti, nei diversi continenti, dei problemi molto diversi che la famiglia incontra. In
modo particolare i partecipanti
hanno potuto confrontarsi sui
temi dell’educazione degli adolescenti, dei rapporti tra uomini
e donne e delle conseguenze che
ha sulla famiglia l’oppressione
politica che in molti paesi distrugge la cellula familiare.
I problemi di una società industrializzata, della politica delle società multinazionali, dello
sfruttamento dei paesi del terzo
mondo, sono naturalmente stati
tenuti presenti. Un gruppo di 18
delegati, provenienti da paesi del
terzo mondo, hanno lanciato un
appello che merita di essere riportato ed ascoltato : « Sappiamo che le famiglie sono confrontate con molti problemi. Genitori sono senza casa, bambini
sono abbandonati, madri sono
costrette a guadagnarsi da viy^
re per sé e per i figli tarando i
panni di altri. Tali problemi esulano abbondantemente il quadro
familiare ! ».
YMCA e
Santo Sede
Dal « Notiziario dell’Y.M.C.A.A.C.D.G. d'Italia », sempre ricco
di cronache sulle attività delle
Associazioni di Roma, Catania,
Siderno ecc. — con la segnalazione del prossimo ritorno di
una settantina di giovani ad un
Campo giovanile di Agape — rileviamo la notizia di un recente
cordiale incontro fra papa Giovanni Paolo II ed una delegazione dell’esecutivo mondiale YMCA
che comprendeva il Presidente
Walter Arnold, il Segretario generale Jector Caselli, Henry F.
Davis Presidente dell’Y.M.C.A.
Canadese, Alexjandro Wassilaqui
Presidente della Confederazione
Latino-Americana, il dott. G. Terranova del Comitato Esecutivo
Mondiale e del Comitato Esecutivo italiano col Segretario nazionale dott. Olindo Parachini.
L’incontro ha proseguito un dialogo già avviato da tempo.
Al termine dei colloqui pmpa
Giovanni Paolo II ha detto di
apprezzare l’opera che svolge
l’Y.M.C.A. che egli « benediva
con tutto il cuore » intrattenendosi ancora con la folta delegazione mostrando una buona conoscenza delle attività delle Associazioni.
Rileviamo inoltre dal detto Notiziario il vasto lavoro che l’Associazione italiana svolge in varie località sotto la guida del
Presidente Nazionale P. M. Piacentini soprattutto in occasione
del periodo natalizio e della settimana di preghiera. Quest’anno
l’Y.M.C.A. celebrerà il 125° anniversario della Alleanza Mondiale
col motto: « Non per noi stessi ».
Lo storico avvenimento impegna
tutto il movimento a raccogliere
Fr. Sv. 1.500.000 (pari a circa Ut.
750 milioni) destinati all’opera
di aiuto in favore dei profughi.
aedo
4
29 febbraio iggn
1
A CURA DELLA
UNIONE FEMMINILE
VALDESE DI GENOVA
PRESENZA EVANGELICA
■ ■ difficile parlare delle visite ai malati
- senza ca^re in luoghi comuni. '
P
Ma il richiamo di Gesù in Matt. 25: 36
« fui infermo e mi visitaste » ci pone davanti
a un impegno preciso.
Nell’epoca biblica il malato non aveva cure mediche,
si trovava veramente nella distretta e
nell’abbandono. Per guarire non gli rimaneva
che rivolgersi al Signore e sperare che Egli
perdonasse^ il peccato, causa del male. Perciò gli
amici di Giobbe lo visitano e lo richiamano
al pentimento. Ma il prologo del Libro di Giobbe
vede la malattia come un tormento causato
da Satana: non è Dio che tormenta la sua creatura
e l’abbandona a se stessa.
Anche al tempo di Gesù la malattia era vista
come un fatto innaturale ed esisteva un rapporto
tra malattia e peccato. Cìesù, con le sue guarigioni
liberatrici e la vittoria sulla morte, ha dato tutto
un altro senso alla sofferenza mnana.
Osgi, grazie al perfezionamento dei mezzi medici
e sanitari, riusciamo spesso a capire la causa
della malattia e quindi a curarla. Ma, moralmente,
il malato reste pur sempre una creatura
in stato di bisogno, esiliato dal mondo dei sani.
Vorremmo richiamare l’attenzione delle comunità
su un rapporto umano che ci riguarda come fratelli
— quello tra mondo dei sani e mondo dei malati —
ricordando la parola che continua ad essere attuale:
« fui infermo e mi visitaste ».
Anita Simeoni
Umanizzare l’ospedale
Mi sembra utile, in questa sede, dare qualche informazione sull’Associazione che si riconosce con la sigla A.V.O. (Associazione Volontari Ospedalieri), un volontariato che è
sorto con uno scopo preciso: umanizzare gli
ospedali. Prima di esporre brevemente il
programma elaborato dagli ispiratori della
Associazione, credo necessario spendere qualche parola sulla sua origine.
Circa 5 anni fa un gruppo di amici residenti a Milano, tra cui alcuni medici, consapevoli della situazione di disagio in cui si
vive negli ospedali, decise di costituire una
associazione di volontari allo scop>o di mi;
gliorare le relazioni interpersonali nei luoghi
di cura, mediante una partecipazione diretta
della comunità.
NeH’aprile del ’78 alcune persone, avuta
notizia dell’iniziativa di Milano, hanno formato un primo gruppo a Genova, avendo
constatato lo spirito umano e sociale della
Associazione. Poiché anche nella nostra città
il numero delle adesioni è stato assai rilevante, si è organizzato nel 1978 il 1° corso di
formazione dei Volontari, della durata di 3
mesi, aU’interno dell’Ospedale di S. Martino. Nel marzo dello stesso anno il gruppo,
ammesso nelle corsie, ha già fatto le prime
esperienze che si sono dimostrate rispondenti allo scopo. Nell’ottobre scorso è iniziato il 2° corso a cui la .sottoscritta e altre
due sorelle della comunità di Genova si sono
iscritte. Al termine di ogni corso tra i partecipanti e i responsabili dell’organizzazione
viene tenuto un colloquio per approfondire
i rapporti umani e indirizzare l’attività dei
volontari verso le necessità dei malati.
In che senso s’intende l’espressione: urna;
nizzare gli ospedali? Anzitutto gli sforzi dei
volontari devono tendere a evitare l’emargi
• A Genova l’Ospedale Evangelico Internazionale ha l’appoggio di tutte le chiese
evangeliche della città.
• Da tempo la Corale dei Fratelli trascorre una domenica mattina al mese all’Ospedale, cantando ai vari piani, dando un breve
messaggio biblico e passando per le stanze
a salutare, conversare quando la cosa pare
desiderata, offrire porzioni della Scrittura e
stampa evangelica.
• Nel quadro della ristrutturazione dell’Ospedale è in progetto un impianto di trasmissione interna, con ricezione a cuffie, che
permetta a chi lo desidera di avere anche
su settimana qualche trasmissione: canti,
breve messaggio, notizie. Mettere su un programma di questo genere implicherà un
forte impegno di molti, ma ne varrà la pena.
Il pastore di fronte
Intervista ai pastori Gustavo Bouchard
(chiesa valdese di Sampierdarena), Gino
Conte (chiesa valdese di Genova), Emidio
Santini (chiesa battista di Genova).
— Pensa che la chiesa dovrebbe prepararci di più alla morte?
— Nelle sue visite pastorali agli ammalati
quale considera il suo compito principale?
— Pastore Bouchard: Nella mia esperienza
pastorale, di fronte ai casi disperati, mi sono preoccupato di stabilire una comunione
spirituale del malato con Cristo, nella fede
che egli conosce il nostro stato e vuole intervenire per la guarigione, qualunque sia
la gravità del male. Nel clima della comunione si sperimenta allora insieme che qualunque sia il futuro « Dio ci prende per la
mano », ora per guarire, ora per sostenere,
ora per restituire la serenità nella lede.
— Ha constatato fra i malati un desiderio
di conoscere la verità sul loro stato di salute?
— Pastore Conte: Penso che innumerevoli
sono infatti i derubati della loro morte. Da j
chi: dalla natura? dai farmaci? dalla nostra
viltà? dal nostro affetto? Si, penso che si dovrebbe parlare di più fra noi, di malattia e
morte, fin da ragazzi, rifletterci quando si
è sani, per affrontarle in modo più cosciente. In chiave secolarizzata questo è l’intento
di libri come Cambiamo la morte. Come
credenti si tratta soprattutto di riflettere
cosa significa che Cristo si è caricato delle
nostre malattie ed è risorto dai morti. Anche
se clinicamente appare l’esito mortale, la verità di un uomo, di una donna non può mai
essere semplicemente: sei finito. Nella fede
la verità è: sei una creatura che Dio ama,
per cui Cristo ha sofferto, è morto, è risorto. Da lui ti viene la vita.
— Qual è il momento più difficile dell
visita pastorale?
nazione del malato, aiutandolo a vivere la
sua degenza come una esperienza positiva
e a non uscire dal luogo di cura incattivito,
ricordando solo l’angoscia della sua malattia.
II volontario perciò dovrà saper ascoltare, portare serenità, fiducia, stabilendo un
rapporto di amicizia attento, sensibile, ma
non invadente. Fornire informazioni di tipo
generico, astenendosi da ogni consiglio circa
medicamenti o generi di cura. I più giovani
potranno dedicare alcune notti ai malati
gravi per alleviare la stanchezza dei parenti.
Si dovrà essere capaci di creare intorno al
malato calore umano, comprensione, distrazione per sollevarlo dalla sofferenza e dalla
noia; si dovrà, in attesa di un intervento chirurgico, aiutare il paziente ad affrontarlo
con coraggio, senza perdere la speranza. Sulla base della fiducia il volontario potrà anche creare un collegamento tra pazienti e
sanitari. E la fiducia che darà al malato la
consapevolezza che quello che il volontario
offre è un dono assolutamente gratuito senza alcuna contropartita, per cui è più facile
che il malato gli apra il suo mondo interiore. Se poi è inserito nel reparto « accettazione » il volontario saprà accogliere con
-simpatia malato e parenti, rendendo loro
più sopportabile il tempo dell’attesa, senza
in alcun modo sostituirsi al personale né intraprendere attività assistenziali.
E importante anche stabilire buoni rapporti col personale infermieristico e con i
parenti del degente spesso delusi o male informati.
L’Associazione si definisce apolitica e aconfessionale. La sua attività è una delle componenti della riforma sanitaria.
— Pastore Conte: Difficile dare una risposta netta. In genere al pastore, come al visitatore, il ma,lato non domanda notizie sul
proprio stato, ma ha piuttosto voglia e bisogno di dame, di parlare dei sintomi, del
decorso, delle cure. Soltanto in casi più gravi vi è una domanda precisa: guarirò? Bisogna anche dire che spesso il malato arriva
al ’’momento della verità” estremamente indebolito. Porse è anche per questo che al
momento buono, anzi cattivo, il desiderio
che si può avere da sani di voler sapere la
verità, in caso di malattia, non è più così
chiaro e stringente. In ogni caso, in 25 anni
di pastorato, non sono molti i casi nei quali
io ricordi un colloquio aperto sulla fine possibile o imminente.
— Secondo la sua esperienza che effetto
produce sul malato conoscere una verità
negativa?
— Pastore Santillì: Ho constatato in generale nell’ammalato il desiderio di conoscere
la verità sulla propria salute. Certo: molte
volte avverto che egli teme la verità, ma desidera conoscerla. In casi gravi l’ammalato
clinicamente irrecuperabile, quando conosce
le condizioni della sua salute, si abbandona
allo sconforto e si deprime spiritualmente.
Allora la cura pastorale, se riesce a dargli
fiducia nel Signore e speranza nel suo intervento, gli è di grande aiuto.
— Pastore Conte: Come pastore, come credente, mi scontro con due grandi difficoltà
quando visito i malati clinicamente senza
speranza. La prima è: come pregare in modo vero se non sono pienamente veritiero
con lui? Come rivolgermi, con lui, a Dio
senza riserve, se ho delle riserve interiori
verso di lui? Allora parlo in fondo a lui,
per rincuorarlo, non a Dio. È vera preghiera
questa? La seconda è ancora più drammatica: pregare di fronte alla malattia è anzitutto lotta, invocazione di guarigione. Gesù
ha combattuto la malattia. Di fronte ai casi
’’disperati” sento la mia impotenza, la mia
incertezza: quale è la volontà di Dio per questa creatura? Lottare o cedere? Invitare
alla lotta o all’accettazione? Come aiutarlo,
come essergli fratello? Con^ attestargli l’amore di Dio in modo che sia fiducioso e non
rassegnato, in cammino verso la vita e non
verso la morte? Non ci sono ricette. E purtroppo si sbaglia, si fallisce spesso, non si
è all’altezza. Grazie a Dio ci sono anche momenti in cui lo Spirito ci viene in aiuto.
Il malato desidera il culto?
— Pastore Bouchard: Nella certezza di
essere nelle mani del Padre, pastore e malato sono uniti in una comunione di preghiera che si alterna con la lettura della Parola
di Dio. Recano anche conforto pensieri e
scritti di uomini e donne che hanno sofferto.
Vittoria Stecchetti
• Dal mese di ottobre anche la Corale battista e quella pentecostale sono entrate nel
turno e i Pastori della città affiancano questo
servizio. Se, come si spera, rinascerà la Corale valdese, ogni domenica potrà avere
il suo momento di predicazione per i malati e, in qualche misura per il personale.
• In una domenica di novembre la predicazione è stata fatta dai giovani valdesi e
metodisti di Genova, Sampierdarena e Sestri, insieme ai giovani della Corale pentecostale e l’intenzione è di ripetere ogni tanto,
questo servizio.
SCHEDA BIBLICA
Malattia e guarigione
In Israele la medicina interna e la chirurgia erano ignote. Il termine più frequente per indicare il medico significa:
«ricucitore», «ricompositore», colui che
ricuce le ferite e ricompone, bene o male, una frattura ossea. Per tutta una serie
di malattie — della pelle, specie la lebbra — è competente il sacerdote, non come guaritore, ma come ufficiale sanitario.
Questa situazione è caratteristica di
Israele. E differente da quella della Mesopotamia dove si conoscono chirurghi e
erboristi, dell’Egitto dove la « casa della
vita » annessa ai templi era anche scuola
di medicina e da quella della Grecia, culla della medicina classica. Studi medici
comparati hanno avanzato l'ipotesi che
la medicina interna non si sia sviluppata in Israele perché 1) si evitava la dissezione dato che i cadaveri procuravano impurità e 2) data la preminenza dell’uomo
sul mondo animale non si traevano le
conseguenze delle analogie con la fisiologia e la patologia animale.
Si spiega così l’assenza del medico nell’A.T. e si capisce la portata della proclamazione « Io, Jahve, sono il tuo medico »
(Es. 15, 26). Il malato era praticamente
privo di cure mediche oltre l’unzione con
oli piu o meno balsamici. Un villaggio,
una citta israelita era un ambiente umano nel quale la malattia era varia frequente e pubblica. La malattia è essenzialmente indebolimento, attenuazione
della vitalità, graduata fino al caso estremo, la morte. Drammaticamente ricca è
la gamma di malattie che troviamo nella
Bibbia: tutti i mali della vecchiaia -— che
iniziava presto essendo la vita media sui
Il ^ sterilità, sempre attribuita
alla donna, essendo ignoto il meccanismo
genetico, l’aborto, frequenti le epidemie,
si parla di attacchi cardiaci, di colpi apoplettici, di insolazioni anche fatali, di febbri, di malattie nervose e mentali, interpretate con possessioni demoniache. Frequenti muti, sordi, zoppi, paralitici, ciechi. Le malattìe più diffuse erano degli
occhi e della pelle. Ciò che chiamiamo
« lebbra » era tutta una gamma di malat
tie, alcune guaribili e il sacerdote doveva
certificarlo. E indicativo che gli ebiei
chiamassero la lebbra « il colpo »: la malattia peggiore, perché tagliava dal consorzio umano.
Anche se circondato d’affetto, il malato
era praticamente abbandonato al male,
vittima della lontananza dal Dio che fa
vivere. Anche se non c’è una corrispondenza aritmetica fra peccato e malattia
(Giobbe, Salmi), la malattia è vista spesso come punizione o richiamo di Dio, come anche guarigione e perdono sono due
facce della stessa realtà. Le promesse
rnessianiche includono sempre la guarigione delle malattie e culminano nell’annuncio che il Servo dell’Eterno se ne caricherà egli stesso (Is. 53/4-5, anche qui
in parallelo con i peccati).
A partire dal commento programmatico alla profezia di Isaia fatto da Gesù nella sinagoga di Nazareth (Le. 4/16; cfr. Mtt.
11/4 ss.) tutte le sue guarigioni vanno viste nel senso di segni e annunci del Regno
di Dio. La presenza dei malati intorno a
lui è segno messianico, particolarmente
impressivo nelle guarigioni di lebbrosi e
indemoniati (lo Spirito di Dio travolge
tutti gli spiriti). Ma è un ’medico’ singolare, che rifiuta di curare se stesso (Le.
4/23, cfr. v. 3), che si identifica con i malati (Mtt. 25/36), si carica le malattie e
piaghe altrui, fino alla croce. Anche per
lui « Jahve solo è il medico »: il mattino
di Pasqua.
Gesù investe i suoi discepoli del mandato messianico di guarire; esso si attenua via via che ci si allontana dal ministero di Gesù: si attenua la fede o era anche cronologicamente legato alla persona
di Gesù, almeno in modo prevalente? Annunciare Cristo vuol dire, comunque, annunciare — anche con i .segni che lo Spirito può suscitare — la sua lotta radicale
contro la malattia e la morte. Quest’annuncio deve essere fiducios.amente e audacemente affiancato dall’intercessione
per i malati (Mtt. 17/19-21; 21/22).
Gino Conte
5
9ft itebbraio 1980
NEI LUOGHI DI GURA
al malato
L’ospedale evangelico
___Oltre la simpatia fraterna cosa desidera il malato dalla visita pastorale?
— Pastore Conte: Dipende da malato a
malato. Però spesso è chiesta la preghiera
e mi colpisce che nella maggior parte dei
casi si chieda la preghiera anziché la lettura hibjica. Perché? Io comunque stento a
pregare se non in risposta alla Parola. Allora è in gioco la scelta del testo da leggere:
che tocchi il malato, ora facendogli sentire
come la Bibbia risponde alla sua esperienza
dolorosa, ora per strapparlo all’« universo
della malattia », per dirgli che è sempre
membro vivo della comunità e, in ogni caso
l'amore, la <( sim-patia » di Dio di cui devo
essergli testimone.
— Pastore Bouchard: I malati hanno normalmente la precedenza nelle mie visite pastorali. Si tratta di una vera missione verso
di loro che non riguarda soltanto il malato
che visito quando è in ospedale, ma anche
il vicino di letto e tutti i malati della corsia
i quali spesso sono colpiti dal messaggio
che li raggiunge sia attraverso la preghiera
che la lettura biblica.
— Non ha incontrato fra i malati crisi di
ribellione?
.— Come vede, nel quadro del suo lavoro
di cura d’anime, la visita agli ammalati?
—Pastore Santini: Posso affermare senza
alcun dubbio che di tutto il lavoro pastoràle la cura d’anime degli ammalati deve occupare il 50% del nostro tempo. È un ministero benedetto, necessario per gli ammalati e molto utile anche per i familiari non
credenti. Ho fra i membri della chiesa persone che si sono convertite dopo aver assistito alle visite in ospedale o in famiglia.
Inoltre l’assistenza spirituale fatta in ospedale ai nostri ammalati può servire anche
agli altri degenti e a volte le visite pastorali
si trasformano in vere e proprie riunioni di
evangelizzazione.
— Per lei la visita al malato ha una importanza particolare?
M®
— Pastore Conte: Ci sono uomini e donne che proprio battendosi contro la malattia e la morte, lottando, chiedendone conto
a Dio, lo hanno riscoperto e incontrato.
Vero è che noi pastori viviamo per lo più
questa esperienza fra credenti. Crisi di ribellione se nè verificano certo, d’altra parte
per credenti e non credenti il tunnel della
malattia è un duro momento in cui spesso
si riflette sul senso della vita, sulla nostra
esistenziale fragilità. L’Evangelo, la nostra
testimonianza possono illuminare una eventuale crisi innestandovi l’annuncio del Regno
che viene. Come forse pochi altri, noi pastori ci rendiamo conto quanto sia diffusa e
pesante l’esperienza della malattia anche in
una chiesa numericamente modesta. Non
dev’essere comunque un settore separato: i
nostri malati sono parte integrante della comunità. Con l’aiuto di molti bisognà farlo
sentire loro e bisogna coinvolgere la comunità nella loro esperienza: « se un membro
soffre... ».
A Genova l’Ospedale Evangelico Internazionale rappresenta un porto per i nostri
ammalati, a cui approdare nella distretta
della malattia, certi di incontrare fratelli in
fede. Due parole sull’origine di questo ospedale.
Fu fondato nel 1857 da un Comitato Promotore formato da membri delle Chiese
evangeliche allora esistenti a Genova: la
Chiesa Riformata Svizzera, la Chiesa Anglicana, la Chiesa Scozzese, la Chiesa Valdese,
cui più tardi si aggiunse la Chiesa Luterana,
in sostituzione della Chiesa Libera che aveva partecipato ai primi momenti della fondazione.
Da principio, col consenso delle autorità
cittadine, l’ospedale operò in appartamenti
all’uopo affittati, poi acquistò la sede in cui
ancora oggi si trova. È opportuno dire che
subito dopo lo Statuto Albertino, la popolazione protestante di Genova sentiva la necessità di un’opera ospedaliera da mettere
a disposizione anche della popolazione evangelica fluttuante, turisti, uomini di affari e
marinai, per evitare loro il ricovero in ambiente cattolico, sempre pronto a entrare
pesantemente nelle convinzioni religiose altrui.
Anche l’autorità politica e amministrativa
vedeva volentieri un’iniziativa del genere per
ingraziarsi quelle potenze straniere che tanto dovevano giovare ai Regni di Sardegna
nell’edificare l’unità d’Italia. Ed è singolare
notare che le potenze di prevalente confessione protestante o comunque non cattolica
(Prussia, Gran Bretagna, Svizzera) erano di
Gli ospedali, le visite, i malati e noi
Fiorenza Corsanego — Una volta si era
molto restii ad andare o a mandare un parénte all’ospedale. Ora, per difficoltà di assiistenza in casa, ci si ricorre più facilmente.
C’è da aggiungere che l’insoddisfazione dei
medici mutualistici per il trattamento ecoimmico loro riservato, li spinge ad ospedalizzare anche malati che potrebbero essere
curati a casa. Di qui risulta un sovraffollamento degli ospedali, con conseguente deficienza di assistenza al malato. Ecco che
nasce l’urgenza di sopperire dall’esterno.
C’è sempre più bisogno di parenti ed amici volonterosi che aiutino il degente nelle
sue necessità più umili. Può succedere che
il malato, con la paura di non essere autonomo, viva in uno stato di ansia che non lo
aiuta a superare la malattia. Può anche capitare a un infermo bloccato in un letto di
Pronto Soccorso ospedaliero di spasiinare
invano per avere una padella. L’umiliazione
e lo sconforto per queste mancanze così elementari, si aggiungono alle sofferenze che
già deve sopportare.
Eunice Biglione — Andando al capezzale
di un infermo ci si accorge che il compito
è assai delicato. Ognuno secondo la propria
sofferenza, il proprio carattere, la fede, ha
úna diversa rispondenza nel ricevere le visite. C’è l’ammalato che ne ha bisogno per
poter parlare, raccontare, sfogare l’intimo
del suo cuore e dunque bisogna saperlo ascoltare. L’atteggiamento è diverso con l’ammalato che desidera avere una conversazione, apprendere qualche cosa dall’esterno dell’ambiente in cui è costretto a vivere separato dai suoi. C’è poi l’infermo che ha tanta
forza spirituale da saper non solo accettare
la sofferenza, ma da saper dare una testimonianza di fede a quanti lo avvicinano, a
chi gli rende visita; da questo fratello o sorella si riceve più di quanto non si dia. La
sofferenza degli altri diventa allora una
scuola di esperienza per ognuno dì noi.
È necessario chiedere l’aiuto del Signore
prima di mettersi in contatto con chi soffre
per poter essere saggiamente operanti nel
campo della sofferenza altrui.
Fiorenza Corsanego — C’è la tentazione
di tirarci indietro quando si è davanti al
dolore, ma io penso che pregando si possa
trovare la forza e la strada giusta per aiutare almeno un poco. Credo che poche gioie
siano più grandi di quella di aiutare qualcuho a ritrovare la serenità e la certezza di
non essere più solo. È come ricomporre un
equilibrio che era stato sconvolto.
Dio non ci ha creati per soffrire e credo
che quando la sofferenza arriva, noi dobbiamo aiutarci gli uni gli altri a superarla,
forse a trarre qualche insegnamento da
essa.
a capire quelli che erano stati operati perché non conoscevo il tipo di sofferenza attraverso cui erano passati, anche perché in loro c’era un impegno tacito a non descrivere,
a coloro che dovevano essere operati, quello
che conoscevano.
Appena ho potuto camminare ho preso
l’ataitucfine di fare il giro di ogni staima in
cui era ricoverato un italiano. Molti di loro
non conoscevano il francese e mi accoglievano come un fratello, Ho scoperto che non
occorre parlare molto ma che, invece occorre ascoltare molto. Era sufficiente presentarsi, chiedere come avevano dormito, sedersi
ai piedi del letto e ascoltare. Per esprimere
simpatia, partecipazione, non servivano parole... spesso bastava una leggera pressione
della mano sul piede dell’amico (sovente
mani e braccia erano intoccabili).
gran lunga non disposte ad aiutare l’Italia
cattolica a Confronto delle potenze europee
prevalentemente cattoliche (Francia in prima linea). Tanto che, nel 1872, l’Ospedale,
ebbe, in un’epoca in cui non erano viste di
buon occhio le istituzioni ecclesiastiche dal
regnante Vittorio Emanuele II, l’erezione in
Ente Morale e il consenso all’acquisto della
definitiva sede ospedaliera.
Nella nuova sede, il cui numero di letti
era destinato ad aumentare in modo irrilevante fino al 1969, l’Ospedale diede buona
prova, in confronto ad altri Istituti cittadini
e divenne punto di riferimento anche per
moltissimi cattolici che si trovavano a loro
perfetto agio in un ambiente in cui ciascimo
poteva esprimersi in piena libertà. Le statistiche dicono infatti che l’Ospedale era assai frequentato e che in esso affluivano malati di diverse nazionalità e religioni, nonché
di diversissima estrazione sociale.
Il Consiglio di Amministrazione e l’Assemblea, suoi massimi organi, erano sempre formati da cittadini italiani e stranieri e l’afflusso di infermiere straniere dava un tono
di alta qualificazione anche all’assistenza sanitaria, guidata da medici esperti e competenti. Tranne un breve periodo chiusura
durante la seconda guerra mondiale, l’Ospedale giunse alla prima riforma ospedaliera
voluta dal ministro Mariotti nel 1968, senza
eccessive preoccupazioni, se non quelle della
buona assistenza e della buona ammnistrazione. Da quel momento nacquero i problemi a causa dell’incerta natura giuridica dell’Ospedale che, se fosse stato riconosciuto
Opera Pia, avrebbe dovuto diventare proprietà dello Stato.
Una paziente e tenace opera dei diligenti
evitò questa evenienza e l’Ospedale potè continuare secondo le tradizioni, procedendo
per adeguarsi alle nuove leggi e alle direttive
dell'Autorità locale, all’ampliamento che permise di impostare l’entrata in funzione di
ben 165 letti a fronte dei 54 esistenti.
A tutt’oggi per varie ragioni, la costruzione non è ancora ultimata, ma l’Ospedale
continua nella sua testimonianza, in attesa
dell’entrata in vigore della riforma sanitaria. L’Amministrazione, formata sefnpre da
evangelici italiani e stranieri appartenenti
alle 5 chiese fondatrici, se^ie, con estema
attenzione leggi e regolamenti ancora in ^
stazione da parte dello Stato e della Remone e si prepara a sostenere ancora una volta
dignitosamente il suo ruolo.
Emilio Verardi
Sapendo che ero valdese alctmi mi chiedevano di pregare per loro, non con loro...
non mi sono mai stupito di questo, perché
ho provato sulla mia pelle, fin dal rnio secondo giorno di ricovero, cosa sia l’intolleranza religiosa in Francia.
Non so quanto dì questa esperienza si
possa travasare nella situazione dei nostri
ospedali, ma certamente una cosa è possibile perché molto semplice: ascoltare l’altro
il più possibile, con simpatia e solidarietà:
spesso è tutto ciò che si può fare.
Letture
Malattia
Vocabulaire biblique (Delachaux&Niestlé).
Trad. ital. Ed. AVE, ritirato dal commercio.
La voce « malattia ».
H. W. WoLFF, Antropologia dell'A.T. (Queriniana), specip il cap. 16.
I COMMENTI AI SALMI
G. Bornkamm Gesù di Nazareth (Claudiana), specie p. 61 ss.; 125 ss.
G. Crespy, La guérison par la foi (Delachaux & Niestlé).
Riflessioni profane su malattia e medicina
in; Protestantesimo 3/1978.
La giornata del malato
Malati'
La Svizzera celebra « la giornata del maialo ». Ci chiediamo se accanto alle
varie « giornate » che cospargono il nostro anno ecclesiastico, una giornata di riflessione che vada verso malato e malattia, non avrebbe un significato utile anche
per noi valdesi e metodisti.
nul vuLut^:>i rnfiujuiòii.
Riportiamo un brano del discorso fatto in quel giorno, 4 marzo 1979, dal presidente della Croce Rossa svizzera.
M. Prender, Les malades parmi nous (Bergers & Mages). Un pastore riformato vive
l’esperienza di cappellano d’ospedale.
R. A. Lambourne, Le Christ et la santé (Labor & Fides). Un'medico riflette sulla missione della chiesa verso i malati.
E. Rostan, Il tempo della prova (Claudiana). Meditazioni bibliche.
A. Greiner, Visiteurs pour Christ (Bergers
& Mages).
Eutanasia, un invito alla discussione.
« Fui malato e mi visitaste ». È il tema
della giornata del malato, sorta con lo scopo di stabilire un rapporto tra malati e sani. La parola di Gesù in Matteo 25 prende il
suo profondo significato dall’altra parola « in
quanto l’avete fatto a uno di questi piccoli
l'avete fatto a me ».
Dgo Tomassone — Fui infermo... E devo
premettere che non ho mai avuto il dono di
« consolare » e che, in precedenza, le poche
^olte che sono stato a trovare un malato,
bon sono mai riuscito a stabilire un contatto con lui.
Quando sono stato ricoverato a Lione, ho
^vuto solo sette giorni di tempo per instaurare un rapporto di amicizia con gli altri
ricoverati, soprattutto italiani; non riuscivo
Cosa significa la visita agli ammalati? È
più che compiacersi di aver adempiuto a un
dovere gravoso. È prendere parte al destino
del prossimo, è desiderio di un incontro che
è sempre un reciproco dare e ricevere.
Le visite ai malati possono turbare o pesare: possono anche incoraggiare, illuminare. Il malato ha bisogno dell’attenzione e
dell’amore dei sani, il sano può imparare dal
malato cosa sia la pazienza e il coraggio, forse l’umiltà, cioè la vera grandezza umana.
Chi sono i malati che dobbiamo visitare?
Chi è il prossimo cui devo dare aiuto e amore? La parola di Gesù ci spinge oltre la cerchia della famiglia, degli amici, dei compa
gni di lavoro. Il rapporto sani-malati, e in
genere con chi soffre, deve superare ogni
confine e ogni discriminazione, raggiungere
i più piccoli fratelli. La solidarietà a cui nello Stato moderno è provveduto con servizi
sociali, necessita anche dell’azione umanitaria privata. La prestazione dello Stato e dell’opera privata sono indispensabili per la
cura dei malati, ma lo è altrettanto l’aiuto e
la partecipazione del singolo.
Il pensiero scientifico; accurato rapporto
di una commissione di studio anglicana.
D. SÔLLE, Sofferenza (Queriniana).
E. Kübler - Ross, La morte e il morire (Cittadella). Un’inchiesta in USA.
Le opere del medico riformato P. Tournier
(edite in Italia da Boria).
Problema sanitario
Nel ricordare oggi il legame che stringe
malati e sani e nel promuovere la solidarietà
attiva, vogliamo ricordare anche quei _ popoli che vivono ancora nell’ombra, afflitti da
malattie che necessitano provvedimenti medici. Nel senso del dott. Schweitzer dobbiamo non pensare solo ai nostri malati, ma
anche a quelli rimasti indietro, nel 3” Mondo.
Hans Hang
Pres, della Croce Rossa Svizzera
(Riassunto))
AA. VV., / diritti del malato (Feltrinelli).
Guida critica alla conoscenza e all’uso dell'ospedale civile.
I. Illich, Nemesi medica - L'espropriazione della salute (Mondadori). Un vivace e grave namphlet contro l’organizzazione sanitaria.
L. SCHWARTZENBERG - P. VlANSSON PONTÉ,
Cambiamo la morte (Mondadori).
S. SoNTAG, Malattia come metafora (Einaudi). Un viaggio polemico attraverso la
malattia: « Non c’è niente di più punitivo
che attribuire a una malattia un significato,
poiché tale significato è invariabilmente moralistico ».
6
29 febbraio 1980
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
CONSIGLIO COMUNALE DI PERRERO Q00rtlÌn3ni6nt0
Una sola Piano regolatore e viabilità
diaspora
In almeno tre chiese delle Valli, il messaggio del 17 febbraio è
stato portalo da altrettanti fratelli metodisti. Nulla di strano
anzi, conferma il fatto che il patto di integrazione tra le due chiese vive e si rafforza anche con
questi incontri.
C'è però una nota, non nuova,
ma sempre più marcata (che i
lettori stessi avranno già notato
leggendo le cronache delle chiese), che vorrei qui segnalare: un
appello che i fratelli metodisti
ci rivolgono insistentemente.
Che cosa ci dicono di particolare? In sostanza mi pare ci dicano questo: « Voi valdesi delle
Valli siete, per noi che viviamo
in una situazione di diaspora, un
punto di riferimento essenziale;
da voi può venire ancora una
volta uno slancio decisivo per
l’evangelizzazione del paese. Rimboccatevi le maniche, assumete
le vostre responsabilità e noi
siamo con voi ».
Sono parole belle ma al tempo
stesso anche pericolose. Belle,
perché ci mettono di fronte alla
nostra vocazione in questo particolare angolo d’Italia; perché
chi le pronuncia ha delle attese
nei nostri confronti. Pericolose, perché possono inorgoglirci e coprire una volta di più
le nostre mancanze e infedeltà,
creare l’illusione di un popolo-chiesa che non esiste.
Per questo confesso che, pur
esserido tutt’altro che un autolesionista, queste parole mi mettono un po’ in imbarazzo. Non già
che non le capisca, che le reputi
follìa, a priori speranza mal riposta. No. Il mio imbarazzo nasce
da un discorso analogo, da una
stessa speranza, da una stessa
attesa che io nutro verso le chiese della diaspora evangelica italiana (battista, metodista e valdese). Mi si dirà allora che la
mia è una super-valutazione delle possibilità reali di questi piccoli gruppi di credenti dispersi
nelle città e nelle campagne del
Sud: può darsi. Ma nasce anche
da constatazioni reali dei lati positivi e di quelli negativi (non
così evidenti per chi vive in diaspora) della vita delle chiese alle valli. Allora: dove dobbiamo
puntare le carte vincenti? Nelle
valli o nella diaspora evangelica
italiana?
Ma ciò che ritengo sia fondamentale per noi tutti è la necessità di arrivare al più presto,
adesso e non fra 10 anni, a stabilire delle priorità nel nostro
comune impegno di evangelizzazione. Non basta più parlare di
evangelizzazione, utilizzare indistintamente questo o quell’altro
strumento. Occorre trovare una
strategia di lavoro e non muoversi su 10 strade diverse pensando che vanno tutte nella stessa direzione. Soprattutto, io credo, dobbiamo sbarazzarci della
megalomania di voler gestire a
tutti i costi tutto ciò che esiste:
scuole, ospedali, case per anziani
e minori, scuole materne e chi
più ne ha più ne metta. Intendiamoci: non penso certo ad una
chiesa senza diaconia. Penso invece ad una chiesa capace di accelerare il passo, non più schiacciata sotto il peso di un fardello
troppo al di sopra delle forze
che il Signore le concede. E’ dunque soltanto all’interno di una
strategia ancora tutta da inventare che le attese dei fratelli metodisti e le nostre potranno trovare delle risposte significative.
Infatti non sono soltanto le
chiese della diaspora a sentirsi
isolate senza le chiese delle valli;
è vero in egual misura il contrario: e cioè che le chiese delle valli sarebbero un triste ghetto senza l’apporto decisivo degli evangelici della diaspora.
Ciò che conta, per le valli
come per la diaspora evangelica è, come ricordava in queste pagine Giorgio Bouchard, diventare una minoranza significativa. Ma questo, prima ancora
che dalle nostre strategie (per
quanto necessarie), ci è dato dall’unico riferimento che non può
mancare: Gesù Cristo. Oltre il
sangue e la geografia.
Ermanno Genre
Il Piano Regolatore intercomunale, dopo le riunioni con la popolazione del Comune di Perrero, è ritornato all’esame del
Consiglio.
Nella seduta di venerdì 22 febbraio, l'architetto Salvo ha fornito alcune precisazioni supplementari; il Piano non è ancora
definitivo, ma viene esposto perché la popolazione ne prenda visione. Nei primi 30 giorni si possono presentare osservazioni
scritte, indirizzate al sindaco, di
qualsiasi genere, purché di pubblico interesse. Le risposte dovranno anche essere scritte e
deliberate in Consiglio.
L’architetto ha presentato le
mappe del Comune dove sono
segnate le aree adatte alle nuove
costruzioni: il Piano prevede
240 nuovi vani nei prossimi 5
anni, anche se la popolazione è
in forte calo. Ovviamente sarà
difficile che vi siano nuovi insediamenti, ma si presume che
qualcuno edifichi per migliorare
la propria abitazione. È possibile
riadattare le vecchie costruzioni
che non sono sottoposte ad alcun vincolo su tutto il territorio
del Comune. Viene anche privilegiato il cittadino residente che
può ampliare la propria abitazione fino al 20%, senza obbligo
di possedere altro terreno.
Le osservazioni dei consiglieri
hanno ripreso la solita questione
mai risolta delle distanze che le
costruzioni devono mantenere
rispetto alle strade. L’obbligo di
tenersi lontani 20 metri può essere realistico in pianura, ma è
una norma assurda dove il terreno si trova in forte pendenza.
L’architetto ha precisato che si
può ridurre la distanza sulle strade comunali di scarso traffico,
ma che per le altre non c’è niente da fare, trattandosi di una
legge nazionale.
Sempre in tema di strade, il
Consiglio ha approvato il progetto per la costruzione del terzo tronco della strada ChiottiVillasecca inferiore. Questo permetterà di raggiungere la borgata, restringendo la sede stradale a tre metri, più che sufficienti dato lo scarso tràffico prevedibile. Si è anche deciso di
appaltare ì lavori ad un’altra
ditta se quella attuale continua
ad accampare pretesti vari per
eludere i suoi impegni.
Infatti dopo un mostruoso
scavo di attacco, la strada si è
fermata all’inizio e gli abitanti
di Villasecca sono rimasti praticamente con una slitta,e un mu
lo come soli mezzi di trasporto,
avendo perso anche la teleferica
che serviva a portare su la roba.
Ormai ci si avvia verso la stagione utile per eseguire questo
tipo di lavori e ogni giorno phe
passa danneggia sia Tammìnistrazìone che gli abitanti.
Buone notizie, invece, sulla situazione del versante franoso di
Ferrerò: in questi giorni di precoce disgelo, i controlli hanno
segnalato uno spostamento minimo della frana. La ditta SICOS
ha terminato i lavori risparmiando anche qualche milione che
serviranno per sistemare il pendio della montagna con muretti
e nuove piantagioni. Nei prossimi mesi, con le piogge stagionali, si potranno verificare meglio
le attuali previsioni che per il
momento sono abbastanza rassicuranti.
L. V.
SAN SECONDO
365 firme
l’area i
contro
A San Secondo in due giorni
si sono raccolte 365 firme per
protestare contro la scelta di destinare l’area attigua alla strada
provinciale Pinerolo-Torre Pellice a zona industriale. La protesta indirizzata alla Presidenza
TORRE PELLICE
2.003,
guardiamoci indietro
Un XVII febbraio diverso dagli altri quest’anno a Torre Pellice, e ciò grazie alla nuova filodrammatica creata di recente dal
Gruppo Giovanile. « 2003, ^ardiamoci indietro », questo il titolo dello spettacolo presentato
al folto pubblico che gremiva
l’Aula Magna del Collegio domenica sera. Di che cosa si è trattato? Della solita farsa valdese?
No, la cosa era molto più impegnativa, molto più rischiosa anche: era infatti una riflessione
critica sulla comunità e sulla
Chiesa Valdese. E questo costituisce senza dubbio uno dei meriti dell’iniziativa. Che dei giovani tra i 16 e i 20 anni riflettano
criticamente, dunque seriamente,
sulla propria chiesa e che sentano il bisogno di interpellare
la comunità tramite il mezzo
teatrale era, di fatto, una sfida,
per loro stessi e per tutta la comunità. Ci voleva coraggio, e
l’hanno avuto.
La prima parte dello spettacolo ha presentato una replica fedele, obiettiva, degli anni del
catechismo e della confermazione. Ne ha messo in evidenza gli
aspetti astratti, formali e rituali.
Il catechismo, così come viene
insegnato, non riesce a interessare e a coinvolgere i giovani
perché usa un linguaggio e dei
concetti che non trovano riscontro nella loro esperienza quotidiana. Rimane un discorso calato dall’alto. L’ammissione in
chiesa è solo una cerimonia,
tutt’al più emotiva, che, nella
maggioranza dei casi significa
uscita definitiva dalla chiesa,
vuoi perché non si è capito il
senso della chiesa, vuoi perché
non si accetta la chiesa così com’è e si preferisce l’impegno altrove oppure, semplicemente, il
disimpegno. Ma anche se questa
è la realtà di tutte le nostre comunità, il rito della confermazione si ripete ogni anno sempre uguale a se stesso, senza
che la comunità si interroghi sul
suo significato.
La seconda parte, composta di
una serie di scenette, presentava
momenti o meglio problemi della vita della chiesa: gli schieramenti tra tradizionalisti e progressisti; il dibattito-scontro su
fede e politica; il Sinodo, riservato agli addetti ai lavori con i
suoi regolamenti e la sua burocratizzazione; gli strumenti usati dalla chiesa; opere, giornali,
riviste, radio, televisione, strumenti che di solito usano un
linguaggio particolare che spesso non viene recepito dalla massa dei membri di chiesa. Esempio: il professore-teologo che, intervistato a « Protestantesimo »,
fa un discorso del tutto incomprensibile. Così, la chiesa nel suo
insieme viene gestita da poche
persone (pastori, intellettuali,
specialisti, laici impegnati) mentre la massa dei credenti vive
la sua fede (o la sua religiosità?)
ad un altro livello, arrecandosi
ai riti, alle tradizioni, alle abitudini rassicuranti. Sul piano di
ogni singola comunità, questo si
manifesta nella figura del pastore tutto-fare, del pastore-prete.
Cosa succede quando il pastore
viene a mancare? Due sono le
possibilità; o la comunità scompare perché non è più sostenuta
dal pastore-burattinaio, oppure
(ma succede più raramente) la
comunità, malgrado le sue divisioni, cerca di andare avanti da
sola, magari facendo finta di essere unita.
Come si vede, i problemi affrontati dai giovani di Torre Pellice sono reali e attuali. Non sono soltanto formali. Sono questioni fondamentali che travagliano la nostra Chiesa e che
fanno sì che le nostre chiese siano più parrocchie che comunità, specialmente alle Va'li. In un
momento in cui le chiese valdesi e metodiste si apprestano a
sperimentare un ambizioso programma di evangelizzazione, occorre riflettere seriamente su
questi problemi e avere il coraggio — dato dalla fede — di ridiventare comunità protestanti
riformate. Altrimenti l’evangelizzazione sarà, di fatto, impossibile. Ci auguriamo che il Gruppo
Giovanile di Torre Pellice possa
presentale il suo lavoro in altre
comunità in modo che queste,
poste di fronte all’immagine di
se stesse, reagiscano e inizino
un dibattito fraterno ma non superficiale su questi problemi, e
teso verso il cambiamento. Sarebbe il miglior applauso che si
potrebbe dare ai giovani di Torre Pellice.
J. J. Peyronel
del Comprensorio pinerolese e
agli organi regionali rileva che
la zciia in questione « ha un elevato grado di fertilità ed è attrezzata con un impianto irriguo
non indifferente per cui è in grado di offrire non solo una elevata produzione agricola, ma altresì di impiegare l’opera di numerosi addetti ».
La petizione corredata dalle
firme chiede che quest’area « venga mantenuta alla sua attuale
destinazione per la quaie è già
attrezzata e che l’identificazione
dell’area per insediamenti industriali ed artigianali — alla quale siamo tutti favorevoli — venga effettuata tenendo conto della
carta della fertilità dei suoli per
non contrastare con le linee programmatiche della Regione Piemonte ».
L’area che fa discutere, come
abbiamo già detto, è quella attigua alla provinciale PineroloTorre Pellice nel tratto in cui
sono già sorti capannoni attualmente in uso o in costruzione.
Il fatto poi che proprio questa
zona sia già attrezzata con un
potente impianto di illuminazione fa pensare, ad alcuni, che parte dei giochi siano già stati fatti.
Del resto in occasione di un recente incontro sindacale è emersa l’esistenza di un’altra zona industriale che coinvolgerebbe anche i comuni di Osasco, Garzigliana e Bricherasio. Ma di questo progetto non è mai stata data notizia alla popolazione.
Nella seduta del comprensorio del 23 u. s. la lettera non è
stata letta ma ne è stata data
comunicazione. In conseguenza
ogni delibera è stata rinviata ed
è stato deciso di costituire un
consorzio tra i Comuni di Pinerolo, S. Secondo e Osasco per
studiare la collocazione dell’insediamento industriale consultando a tal fine la popolazione.
Hanno collaborato a questo
numero: Domenico Abate Ruben Artus - Giorgio Castelli - Renato Coisson - Giovanni Conte - Franco Davite - Dino Gardiol - Franco
Girardet - E. Pagano - Giovanni Peyrot - Graziella Perrin - Teofilo Pons - Aldo Rutigliano - Federico Schenone - Berta Subilia.
FGEI-Valli
Al coordinamento FGEI-Valli,
svoltosi lunedì 25 presso il Centro Sociale Protestante di Pinerolo, erano presenti i delegati
dei gruppi di Angrogna, Luserna
S. Giovanni, Torre Pellice, Rorà,
S. Secondo, Pinerolo, Villar Penosa, Perrero, Villasecca, Prali.
Ragioni di tempo non hanno permesso un pieno sviluppo del dibattito che è iniziato subito dopo l’ampia rassegna sul lavoro
dei diversi gruppi. Obiettivi prioritari restano comunque il miglior collegamento tra i gruppi
e alcune ipotesi di lavoro all’interno delle comunità. Ma su questi ultimi aspetti si dovrà tornare a discutere nel prossimo incontro del 10 marzo. Nel frattempo si lavora in vista del culto per la domenica FGEI che,
anche se prevista per il 2 marzo,
in molte località si terrà domenica 9.
oggi e domani
In questa rubrica pubblichiamo gli avvisi inerenti ad iitiziative di carattere
ecumenico, culturale e civile che ci pervengono in tipografia entro le ore 9
di ogni lunedì (tei. 0121/91334).
POMARETTO — La Filodrammatica di
Pomaretto presenta: Erano tutti miei
figli, dramma in tre atti di Arthur
Miller, il 1“ marzo 1980 alle ore 2U'.30
presso II Teatro Convitto. L'incasso sarà devoluto alla Scuola Latina.
VAL GERMANASCA — In un momento di crisi economica a livello mondiale
come quello in cui viviamo, pare che
gli stati industrializzati puntino soprattutto sullo sviluppo dell'industria bellica.
Questo dato è l'indizio più chiaro
che oggi ogni discorso sulla pace, secondo i nostri governanti, passa attraverso la preparazione della guerra.
Per dibattere questo problema, il
Gruppo Pace della vai Germanasca organizza la proiezione del film: Finché
c'è guerra c’è speranza di A. Sordi,
— Giovedì 28 febbraio, ore 20.15 a
Pomaretto (Convitto Valdese)
— Sabato 1“ marzo, ore 20.30 a Chiotti
(Scuole elementari)
— Domenica 2 marzo, ore 20 a Maniglia (ex scuole elementari).
La proiezione sarà seguita da un dibattito. Ingresso libero.
PRALi — Domenica 2 marzo alle
ore 17.30 nei locali della Chiesa valdese incontro tra la popolazione e la
amministrazione provinciale sui problemi della Valle.
Interverranno il Presidente ' della
Provincia Salvetti, il Vice presid. Ardito, l'Assessore alla montagna Baridon,
il Presid. della Comunità Montana Maccari. La popolazione è vivamente invitata a partecipare.
PINEROLO — Mostra giocattolo povero. Con il patrocinio del Comune di
Pinerolo, della Provincia di Torino e
della Regione Piemonte l'Istituto Magistrale Statale « G. A. Rayneri » di
Pinerolo, organizza dal 23 febbraio al
2 marzo 1980 la Mostra del Giocattolo Povero di Giancarlo Peremprtiner.
L'orario di apertura: al mattino dalle
ore 9 alle 12 - al pomeriggio dalle
ore 15 alle 17.
La Mostra è allestita nell'Aula Magna dell'Istituto ed è guidata dal Gruppo di Animazione ,« La Tarta Volante ».
L’Istituto Magistrale » Rayneri » organizza inoltre sabato 1“ marzo alle
ore 15.30, sempre nell'Aula Magna,
un Convegno Pedagogico sul tema:
« Gioco, giocattolo, bambino, società »,
a cui interverranno alcuni esperti. A
tale Convegno sono particolarmente
invitati i genitori, gli alunni, gli insegnanti e gli operatori sociali e culturali del territorio.
COMUNICATO DELLA TAVOLA
La Tavola, preso atto dei risultati dell'Assemblea della Chiesa di Luserna San Giovanni, tenuta il 24 febbraio 1980, nomina, con la procedura
di cui alTart. 7d R0 8 (59/SI/79), il Pastore Bruno Bellion quale titolare
di quella Chiesa a partire dal 1° ottobre 1980.
La Tavola Valdese, con la procedura di cui all'art. 7 d RO 8 (59/SI/79),
proclama la vacanza della Chiesa di Bobbio Pellice, a partire dal 1° ottobre 1980. La designazione del nuovo Pastore dovrà aver luogo entro il
31 maggio 1980, in base agli artt. 12, 13, 14, 15 del RO 4/77.
per la Tavola Valdese
il Vice-Moderatore
Alberto Taccia
7
29 febbraio 1980
CRONACA DELLE VALLI
'4-’
W.
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§
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UNA CORRISPONDENZA DAI VALDESI DI GERMANIA
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Walldorf si prepara alla
giornòta dei "Valdesi”
Bisogna che oggi^' per la
prima volta, appaia un articoletto per i nostri amici italiani su Walldorf, la
più grande comunità di discendenti valdesi.’
A tal fine sono sufficienti due temi. Prima dev’essere presentata un po'
Walldorf, poi si deve accennare al Deutschen Waldensertag (giornata dei
valdesi tedeschi), che avrà
qui luogo nei giorni 27/28
settembre 1980. È previsto
un gran programma per
tale avvenimento ed è rivolto un cordiale invito
agii amici valdesi in Italia,
che si trovano nelle comunità lontane da Walldorf
e a quelli del Luberon in
Francia.
Cosa è
Walldorf
Ma che cos'è Walldorf?
È un quartiere di « Moerfelden-Walldorf », come dice il nome ufficiale della
nostra cittadina (29.000 abitanti) che, come città, esiste dal 1.1.1977. Nella stessa Walldorf abitano 16.000
persone, delle quali tra
3.500/4.000 sono discendenti valdesi che portano anche nomi valdesi come Cezanne, Jourdan, Reviol,
Pons, Vinson, Coutandin,
Bonin e Passet. Walldorf fu
fondata nel 1699 come colonia valdese da 14 famiglie di complessive 56 persone. Per lungo tempo rimase un piccolo e anche
povero villaggio. Il terreno
era costituito da pura sabbia e il rendimento agricolo era scarso. Perciò, i
valdorfesi dovettero guadagnarsi il loro pane come boscaioli e più tardi
come salariati giornalieri.
Soltanto quando nel 1879
fu costruito il collegamento ferroviario per ft-ancoforte, la situazione economica migliorò. Allora Walldorf aveva ben 800 abitanti, nel 1900 erano già 1535,
nel 1910 quasi 2.500 e nel
1939 ben 4.000.
Dopo la seconda guerra
mondiale vennero per la
prima volta, in gran numero, i cattolici a Walldorf
(che fino ad allora era per
circa il 90% evangelica),
profughi dai territori periferici della Cecoslovacchia
già popolati dai tedeschi. A
questi si aggiunsero numerosi altri « nuovi cittadini », come noi diciamo. Anzitutto, si stabilirono fuori
dalla grande città molti
abitanti di Francoforte e
persone che trovarono lavoro nel territorio dei fiumi Reno e Meno che prosperava economicamente.
Dei 16.000 abitanti, ai quali si aggiungono ancora
1000 americani degli Stati
Uniti appartenenti al personale militare, 2.500 sono
stranieri, che provengono
da 70 nazioni; il più forte
contingente è costituito da
spagnoli, turchi, italiani c
greci, ma abitano qui anche molti europei occidentali e civili americani. Dei
cittadini tedeschi circa
9.000 appartengono alla
chiesa evangelica. La comunità cattolica conta ben
3.500 membri, ma vi sono
inclusi molti spagnoli e
italiani.
La comunità
Nella comunità ecclesiastica prestano il loro servizio due pastori, Wulf
Boiler e Wilfried Hegner,
che nel 1979 erano entrambi con noi in visita nelle
Valli valdesi. La comunità
ecclesiastica dispone ancora di un gruppo di collaboratori a pieno tempo
che va dalla segretaria della comunità al sagrestano
fino al (particolarmente
importante) direttore delle corali. Vi è qui una corale della chiesa (per lo
più anziani), un coro (persone di giovane e media
età), un gruppo di trombettieri e un coro di bambini. La comunità gestisce
una scuola materna e un
centro di assistenza con tre
diaconesse, che con l’aiuto
finanziario della città è a
disposizione di tutti i cittadini, per aiutarli nella
cura a domicilio degli ammalati e degli anziani.
Sono da menzionare particolarmente, oltre ai gruppi giovanili, anche le donne della « Evangelischen
Frauenhilfe » (unione femminile), che conta 1.100
membri, quasi una «Massenorganisation » (organizzazione di massa). Essa si
occupa di molte cose: finanziamento di una responsabile dell’assistenza,
dell’auto di servizio delle
diaconesse, di una studentessa siciliana. In tal modo, l’aiuto ecumenico non
è sottovalutato.
La giornata
dei Valdesi
Vi è, inoltre, un Circolo
di amici dei valdesi. Ad
esso appartengono, per
ora, 130 membri che sono
tutti, nello stesso tempo,
membri della Associazione
valdese tedesca. L’Associazione con il pastore Boiler
si è assùnta il compito di
preparare il Waldensertag
(giornata dei Valdesi). Il
programma prevede: arrivo degli ospiti sabato mattina (27/9). Dopo il pranzo
è progettata una visita all'aeroporto di Francoforte, poi un ricevimento delle autorità cittadine in
Municipio. La sera vi sarà
un solenne concerto in
chiesa, presentato dalla corale di Friedrichsdorf sotto la direzione di Valdo
Abate e da quella di Walldorf sotto la direzione di
Friedrich Haller. Il mattino successivo alle ore 9,30
vi sarà un culto solenne.
Quindi vi sarà la possibilità di visitare una mostra
della nostra associazione
storica. Dopo il pranzo comune avrà luogo la manifestazione pomeridiana nella sala cittadina con un
programma interessante. I
valdorfesi avranno cura di
accogliere il più possibile
molti ospiti, prima di' tutti quelli dell’Italia e delle
Valli. Ciò che si è mantenuto come retaggio dei
fondatori di una volta è
uno speciale senso della
ospitalità, che è disponibile in ogni tempo.
Karl-Heinz Kubb
Doni CIOV
Notizie utili
Indennità comperlsativa CEE 1980
Si avvisano gli agricoltori della Valle che entro la fine
di marzo devono essere presentate le domande per la
concessione dell’indennità compensativa CEE relativa
all’anno 1980.
Chi deve quindi rinnovare le domande presentate per
gli anni 1977, 1978 e 1979 o chi volesse presentare domanda per la 1“ concessione di tale indennità, può farlo
rivolgendosi all’Ufficio Tecnico della Comunità Montana
Val Penice - Piazza Muston 3, Torre Pellice (orario: tutti
i giorni, tranne il sabato, dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle
18) entro e non oltre il 30 marzo ’80.
Ufficiale Sanitario di Perosa
PEROSA ARGENTINA — Gli orari dell’Ufficiale Sanitario Dott. Corino dal 1,/1/1980 sono i seguenti:
Lunedì dalle 14 alle 15; martedii, mercoledì e giovedì dalle 8,30 alle 9,30; venerdì, dalle 14 alle 15; sabato
chiuso.
Mese di dicembre 1979
PER ASILO DI S. GERMANO
L. 2.000: Fam. Bounous Beux.
L. 5.COO: I.B.R., in mem dei
suoi cari; Iron Giovanni Enrico; Grill Melania; Peyronel Maria;. Poèt .Marcello e famiglia;
Sappel Claudia, in mem. dello
zio Nino Peyran; R.B.J., in mem.
di tutti i suoi cari.
L. 10.000: Dalla Fontana G^.
(Rho); GardioI Irma, in mem.
dei suoi cari (S. Secondo); Giulio Coucourde; Durand Vera, in
mem. di mio Padrino; Liliana ed
Emilio Comba, ricordando lo zio
Baret Alberto {Francia) e il cognato Bogliari Attilio (Torino);
Enrico e Livia, ricordando la cara
mamma Paolina; Paschetto Gino, in mem. di Pons*Remf; Pey-’
ronel Aldo; Massel Laura e Amedeo.
L. 15.000: Long Silvio, riconoscente; Romano Alfredo, in m.
della Moglie (S. Secondo).
L. 20.000: Gustavo, Alma, Renato Menusan, ricordando i loro cari; N.N., riconoscente al
Signore; Balmas Isolina, in
mem. di Balmas Enrico; Revel
llda; Clot Giovanna e Alberto.
L. 25.000: Ethel Bonnet, in
mem. della mamma (Luserna
S. Giovanni); Tina Costabello,
in mem. del marito Dino Costabello (Novara); L. M., in
mem. di Cariuccio Frache.
L. 50.000: Ida, Giulietta, Arturo, Ester, Elsa Balma; Le Comunità Cattoliche di Prampllo e
S. Germano.
L. 60.000: Unione Femminile di
Bordighera.
L. 65.000: Doni in occasione
dei doni in natura da S. Secondo.
L. 100.000: La sorella in memoria di Ferruccio Avondetto
(Pinerolo); L’augurio affettuoso
di una mamma sola.
L. 200.000: Unione Femminile
della Chiesa Valdese di Bergamo.
PER RIFUGIO CARLO ALBERTO
L. 10.000: Fornerone Sergio
e Mirella, in mem. di Guido
Fornerone (S. Secondo); L. M.,
in mem, di Cariuccio Frache;
Giulio Coucourde; Ida e Vera
Durand, in occasione del 1“
anniversario della morte dello
zio Gian (S. Germano); Lily ed
Elsa Carstanjen.
L. 15.000: Venturi Liliana, in
mem. dei suoi cari.
L. 20.000: N.N., tramite Esercito dello Salvezza; Società di Cucito Torre Pellice, per caffè; Zecchin Nelly, contributo 1979; Passarelli Poèt Rina; N.N. (Torre
Pellice).
L. 25.000: Costabello Tina,
in mem. del marito (Novara);
Ethel Bonnet, in ricordo della
mamma (Luserna S. Giovanni).
L. 30.000: Bouchard Edvico, in
mem. della Sig.ra Nora Peyrot
Ribet; Bellion Bruno e Viviana,
in mem. di Mario Corsani (Torre Pellice).
L. 32.000: Gustavo e Ketty
Comba, in mem, di Mario Corsani.
I 60 (L. 48.000) : Marauda Evelina ed amici, in mem. di Ma
scriveteci^
vi risponderemo
a cura di GIORGIO GAROIOL
I .
In questa rubrica ospitiamo le risposte dei nostri esperti ai quesiti dei lettori.
Se avete domande sui problemi più vari, dai diritto all'economia, dai l'agricoltura all’urbanistica, ai servizi sociali, ma anche di
cucina, di giardinaggio e bricolage scrivete a Eco delle valli valdesi Rubrica «scriveteci vi risponderemo» - casella postale - 10066
Torre Pellice. Risponderemo a tutti sul giornale.
rauda Clementina, per inalatore,
L. 50.000: Rosa Maria, in memoria di Peyrot Nora.
L. 60.000: Unione Femminile
di Bordighera.
L. 100.000: Besson Malvina,
per doni di Natale.
L. 250.000: DebernardI, Bonafede, in mem. del padre Greco
Luigi, per materassino.
PER ISTITUTI OSPITALIERI V.
L. 50.000: Gualco Secondo
(Pinerolo).
L. 100.000: Pons Mario (Torre
Annunziata).
L. 200.000: Lega Femminile
Valdese (Como),
L. 250.000: Albera Felice, in
, mem. Ing. Vinçon (Parma).
' PER OSPEDALE TORRE PELLICE
L. 10.000: Coucourde Giulio;
N.N., tramite Esercito della
Salvezza.
L. 15.000: Romano Alfredo, in
mem. della Moglie (S. Secondo).
L. 20.000: Pontet Susanna
(Bobbio Pellice).
L. 25.000: Ethel Bonnet (Luserna S. Giovanni); Costabello
Tina, in mem. del marito (Novara) .
L. 30.000: Pons Anna e Charbonnier Giovanni (Torre Pellice),
PER OSPEDALE POMARETTO
L. 5.000: Tron Giovanni Enrico (Chiotti Riclaretto).
L. 10.000: N.N., tramite Esercito della Salvezza; Giulio Coucourde: Galliano Margherita (Perosa Argentina); Peyronel Aldo
(Chiotti Riclaretto); Piton Cirillo (Perosa Argentina); Garrou
Giovanna ved, Pons (Inverso
Porte); Balmas Fanny.
L. 15.000: Romano Alfredo,
in mem. della moglie (S. Secondo di Pinerolo).
L. 20.000: dot Levi e Emma
(Perosa Argentina); Badino Virginia (Riva di Pinerolo): Carstanjen Elsa (Como): dot Giovanna e Alberto (Riclaretto) ; Rostagno Amelia (Reietto) ; Jouvenal Irma (Villaretto); Griot Liliana in Comba, con infinita riconoscenza per le amorevoli
cure.
L. 25.000: Costabello Tina, in
mem. del marito (Novara); Figlie
e figli, in mem. della cara mamma Jahier Elisa fS. Germano).
L. 30.000: Giaiero Luisa (Frali) ; I fratelli e le sorelle, in
mem. di Blanc Guido (Pinerolo):
I compagni di lavoro di Silvano, in mem. di Giulio Peyronel (Chiotti Riclaretto); Balmas
Adelina (Pramollo); Franzosa Alfredo (Bricherasio).
L. 35.000: I nipoti in mem. di
Ettore e Adelina Bounous.
L. 50.000: Il figlio Piero Buggia, in mem. di Negro Teresa
(S. Pietro Val Lemina); Nughetti
Teresa ved. Ottino (Firenze); Dr.
Baschera Pierangelo (Pomaretto).
L. 100.000: Tron Ermanno
(Porte di Pinerolo).
ERRATA CORRIGE
dell’Elenco del mese scorso
Dono in mem. di Long Luigi
per Asilo di S. Germano, i nipoti di Pramollo L. 200.000.
Storia
Valdese
Nel primo quinquennio
degli anni '70 la Claudiana
mise in programma la pubblicazione di studi sulla
storia valdese in tre volumi. I primi due uscirono
nel 1974 e la Claudiana offerse questi volumi ed il
terzo, ancora da pubblicare, al prezzo globale di lire 16.000. Non so quante
persone colsero quest’occasione, indubbiamente favorevole: io fui una di queste.
Della redazione del terzo
volume era stato incaricato il Prof. Valdo Vinay. Da
fonte sicura mi risulta che
nel mese di agosto del 1978
— e non so da quanto tempo prima — la Claudiana
era già in possesso del manoscritto di Vinay.
Ora la Claudiana ha messo in vendita e si è fatta
pagare, oltre cinque anni
addietro, un volume che
doveva pubblicare; fino a
questo momento non ha
più fatto sapere nulla in
modo chiaro e ufficiale. Si
chiede troppo se si domanda alla Direzione della
Claudiana di rispondere a
questi due quesiti: perché
il ritardo della pubblicazione? a quando la pubblicazione?
Grazie dell’ospitalità e
fraterni saluti. ■
Giovanni Rostagno
— Torino
Risposta:
Al sig. Rostagno è evidentemente sfuggito il "Comunicato” pubblicato dalla Claudiana sull’Eco-Luce
l’estate scorsa, con cui si
informavano i sottoscrittori della consegna del manoscritto definitivo e dell’inizio del lungo lavoro di
composizione e stampa. La
data indicata dal sig. Rostagno è quella della consegna del primo manoscritto, non quella della stesura definitiva. Il volume è risultato di mole
più che doppia del previsto (520 pagine) e questo
non ha ovviamente facilitato il lavoro dell’editore.
Anche le ricerche iconografiche hanno richiesto un
lavoro non indifferente e
le forze della Claudiana
sono — com’è noto — molto limitate.
Possiamo ora tranquillizzare il sig. Rosta^o: il
volume del prof. 'Vinay è
in seconde bozze; l’uscita
è prevista entro il primo
semestre dell’anno in corso.
È vero, i sottoscrittori
hanno atteso a lungo e con
pazienza, ma questa attesa
sarà finalmente premiata:
riceveranno un volume
doppio del previsto che
hafino pagato una cifra irrisoria anche rispetto ai
prezzi del 1974.
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8
8
CRONACA DELLE VALLI
29 febbraio 1980
CATTOLICESIMO LOCALE
I Valdesi e l'ora di religione
A proposito deH’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica e degli inconvenienti
che provoca agli allievi il
diritto all’esonero da parte delle famiglie non cattoliche, anche a S. Germano
Chisone come a Pinerolo
(Eco-Luce I5/2/’80), si sono verificati alcuni fatti
degni di essere ricordati.
Proprio per evitare che
gli esonerati (che erano
circa il 65% degli alunni
della scuola elementare)
fossero costretti ad aspettare passivamente che i
compagni cattolici svolgessero le loro due ore e trenta settimanali di religione
(come impone rapplicazione delle varie leggi concordatarie su questo tema)
sono stati adottati due tipi di soluzione molto diversi. Nelle classi 1«, 4“ e
5“ pure i genitori cattolici
hanno chiesto l'esonero da
tale insegntimento, dopo
averne parlato sia nelle
assemblee scolastiche sia
in una riunione col prete.
Anche i genitori cattolici
della classe 3" si sono uniformati a questa decisione comune, tranne uno
che, dopo aver portato la
domanda di esonero, è poi
tornato a ritirarla. Nella
classe 2“ si è verificato un
fatto analogo, di un genitore cattolico che ha portato la- domanda per poi
ritirarla subito dopo, mentre le altre due famiglie
cattoliche non hanno ritenuto di dover esonerare i
propri figli. A questo punto per la classe 2* si poneva ovviamente il problema
analogo a quello che si era
presentato nelle altre classi: che cosa fare degli
alunni valdesi durante l’ora
di reli^one ai tre alunni
cattolici non esonerati? E
qui si può dire che sicuramente la decisione dei
genitori valdesi è stata singolare; pur avendo a suo
tempo chiesto l’esonero,
hanno accettato di lasciare
in aula i loro figli mentre
la suora (che è anche l’insegnante statale della classe), impartisce le sue lezioni.
Ad un genitore che chiedeva di poter tenere il figlio a casa per mandarlo
più tardi, veniva risposto
che la legge non lo permette, senza, però, prospettare altre possibili soluzioni.
Ci siamo informati per
conoscere meglio il motivo per cui i genitori della
classe 2* sia valdesi sia
cattolici hanno ritenuto di
dover affrontare i] problema in un modo così diverso da quello dei genitori
delle altre classi.
Ad eccezione del genitore che chiedeva di poter
tenere il figlio a casa durante l’ora di religione, i
genitori intervistati sono
stati unanimi nell’affermare il loro accordo con la
suora per' tenere i ragazzi in classe. « I bambini
valdesi sono riuniti in
gruppi, lavorano, preparano scenette, ripassano »;
« non fanno religione, fanno altre cose »; « l’esonero
è valido, i bambini non
seguono religione, lavorano a gruppi ».
L’atteggiamento della
suora, dal punto di vista
dei genitori, risulta essere
« obiettivo,, anche nella
preghiera che fa dire ogni
mattina, nella lettura dei
salmi; ogni giorno dice
qualcosa sulla Bibbia; ha
lo stesso modo di vedere
le cose dei valdesi, e quindi non c’è nulla di male
^ i bimbi partecipano ».
Del resto un genitore afferma di aver imparato
piu nell’insegnamento religioso a scuola che nella
scuola domenicale, e che al
figlio è giusto dare questa
possibilità, in quanto il
problema religioso in famiglia è trascurato, « almeno è qualcosa in più
che può avere, visto che
la Bibbia è la stessa per
tutti, e non c’è niente di
male, visto che insegna il
bene ».
Un particolare atteggiamento « difensivo » è stato rilevato in qualche genitore; « se tutti sono
d accordo, genitori cattolici e valdesi, insegnante,
perché fare tanto chiasso
su questo fatto? »; « non
vedo assolutamente niente
di negativo in questo, il
bimbo a casa non porta
nulla di cattolico e quindi va bene così »; « c’è una
prevenzione contro la suora e per questo fate nascere un problema».
' Altri genitori, al contrario, hanno sollecitato che
« finalmente qualcuno sollevasse la questione perché non è giusto che essendo valdesi permettiamo
che questo succeda, non si
parla per- paura, per ignoranza e sbagliamo; ma sono cose che bisogna dire ».
Con qualcuno il discorso
è andato « oltre », in riferimento alla ipotetica polemica con la suora, qualcuno ci ha detto « ma insegna bene ». Non avendo
posto domande di questo
tipo, ci siamo sentiti in
dovere di approfondire
questo lato del problema,
ed è emerso che questa intervista potesse sembrare
« contro » la persona del1 insegnante di 2“, e non
come un’indagine sul perché i genitori valdesi aves
sero fatto questa scelta. È
da chiarire, quindi, che
non si tratta di polemizzare sul corriportamento di
un’insegnante, né di « pole■mizzare » in assoluto. Si
tratta di riuscire a comprendere come in un paese a maggioranza valdese,
bene inserito nelle valli
valdesi, in un momento
storico in cui il concordato è in revisione, in cui si
parla di evangelizzazione,
in cui si ricercano i valori
della Riforma dati per dispersi, possiamo ancora
trovare questa situazione.
Simonetta Ribet
Cattolici
a confronto
APPELLO Al GIOVANI
Imparare la storia
Sia nell’A.T. che nel N,T.
manca un termine che assomigli o corrisponda al
ncstro quando scriviamo o
parliamo di « storia ».
Eppure la Bibbia nel suo
insieme è un testo di storia. Ugualmente nella nostra fede e nella nostra cultura la storia della protesta valdese ed evangelica,
ha pna grande importanza.
Per questo ritengo necessario oserei dire indispensabile che anche sull’EcoLuce in ogni numero non
manchi un articolo, lo studio di Uri fatto, di un avvenimento, non solo del martirologio e della realtà valdese riia di tutti quei fatti
ed episodi successi nella
grande diaspora italiana
dal settentrione al meridione, possiamo affermare in
ogni regione d’Italia, dal
XII sec. ai nostri giorni.
Scritti che dovrebbeio in ,
modo particolare impegnare i nostri giovani che rappresentano la speranza
della nostra presenza oggi
e domani, articoli che i
gruppi giovanili nelle loro
sedi come pure nei vari
Convegni da Agape (Agape
già l’ha fatto qualche anno
fa con successo, ma è bene insista!) ad Ecumene,
.Adelfla, ecc. farebbero bene a meditare.
Istruttivo che loro sappiano in quali condizioni
socio-economiche e religiose i « padri » vivevano e
professavano la loro fede.
E perciò non solo in oc
casione del XVII febbraio
dobbiamo fare storia valdese o con qualche articolo
di tanto in tanto, ma settimanalmente è augurabile
che i nostri studiosi di storia della Riforma o dei
semplici umili ricercatori
.{topi di biblioteche) lumeggino fatti, e vicende.
A questo aggiungo l’augurio che la benemerita
nostra Società di Studi
Valdesi aumenti il numero
dei suoi soci e che particolarmente dei giovani studenti entrino a far parte
viva, costante ed impegnata, della predetta Società.
Il campo è vasto (comprendente non solo le vicende valdesi ma anche
quelle dei fratelli, dei metodisti, dei battisti e di altri movimenti evangelici) e
urgono nuove sane energie,
.y Domenico Abate
Organizzato dalla Commissione Opera Gioventù
in collaborazione col Gruppo giovanile cattolico di
Lorre Pellice, venerdì 22
febbraio si è tenuto, come previsto, rincontro-dibattito sul tema: « Anni ’80:
nuovi fermenti e prospettive nella Chiesa cattolica».
Ogni occasione è utile per
discutere, proporre, e lo è
tanto più se non limitiamo
le nostre considerazioni al
presente ma le prospettiamo nel futuro. Venerdì sera una simile opportunità
è stata offèrta alla comunità cattolica di Torre Pellice che, tra l’altro, ha risposto in modo non del tutto
soddisfacente rispetto alla
importanza del tema: pochi infatti i presenti. Grazie a queU’incontro introdotto da don Franco Barbero della comunità di base di Pinerolo, don Vittorio Morero, direttore dell’Eco del Chisone, il prof.
Franco Coccolo e il giudice
Piercarlo Pazé, entrambi
membri del Consiglio pastorale della diocesi di Pinerolo, abbiamo potuto
chiarirci le idee su quali
effettivamente siano le prospettive riservate, negli anni a venire, alla Chiesa cattolica.
Mi ha particolarmente colpito il fatto che, secondo alcuni, tutti i passi
che potevano essere compiuti dalla Chiesa cattolica,
almeno come istituzione,
siano ormai stati compiuti.
In base ad una simile considerazione, il cattolicesimo starebbe attraversando un perìodo di consolidamento delle novità seguite al Concilio Vaticano
II e a tutto un periodo di
trasformazioni, occorse nel
l’ultirao decennio. Anche
se, ancora nel 1969, in occasione del giovedì Santo,
Paolo VI lamentava che
la sua (chiesa era «gravemente (porrosa dalla contestazionè e dall’oblio della
sua struttura gerarchica »,
da allora il Vaticano, o
meglio i cattolici hanno
continuato a portare avanti un discorso di rinnovamento, di graduale trasformazione delle stesse strutture della Chiesa. Grave
però, a questo punto, sarebbe il limitarsi, da parte
cattolica, a vedere consolidati certi traguardi raggiunti, dimenticando di
guardare in quale direzione la Chiesa possa andare
avanti e dove corra, poi, il
rischio di tornare indietro.
Fermarsi ed aspettarsi dalle posizioni raggiunte una
sicurezza che forse neanche c’è, rappresenterebbe,
per chi aspira ad avere una
risposta al problema della
esistenza e della fede, solo
il biglietto d’ingresso per
unirsi ad una vasta platea
di persone fruitrici passive della fede (i beati possidentes) e non partecipi di
questa fede; un ideale non
vissuto, anche se costituisce una certezza, non è credibile. Quella di venerdì comunque è stata solo la prima di una serie di riflessioni e di approfondimenti
da condurre nella comunità cattolica. Sarebbe un
un peccato perdere simili
occasioni per confrontarsi, anche tra gente di diversa confessione religiosa,
dal momento che, nelle odierne parrocchie, esìstono
forze disponibili per iniziare un discorso di questo
tipo.
Marco Boruo
PINEROLO
Contro la violenza
L’angolo di Magna Linota
Quando ho chiesto che
ci lasciassero questo angolino del giornale per parlare un po’ di tutto, credevo che molti avrebbero approfittato della occasione
per scrivere così alla buona.
Invece le lettere sono
state poche; però molta
gente mi parìa di argomenti che potrebbero interessarci tutti, ma non si
decide a scrivere quello
che pensa, perché non le
sembra abbastanza importante, o perché non è abituata a scrivere.
Così in questi giorni
qualcuno mi faceva un discorso che merita un po'
di attenzione, secondo me.
In alcune nostre chiese
è venuta fuori la proposta
di abbreviare il culto quando dopo c’è un’assemblea,
o di sostituirlo addirittura
con l’assemblea perché,
quando un gruppo di credenti si riunisce, non fa
differenza che si tratti di
un culto liturgico tradizionale o di una discussione
sulle decisioni da prendere,
purché la si faccia fraternamente e con uno spirito
di preghiera.
Qualcuno invece prote
stava: « Non sono d’accordo; anche se tutta la vita
del cristiano deve essere
una testimonianza della ■
sua fede, tanto più quando
si. trova con i suoi fratelli
in un’assemblea, in nessun
caso quello che noi diciamo o facciamo può sostituire il culto, cioè l’espressione del nostro pentimento e della nostra riconoscenza a Dio, l’ascolto e la
meditazione della sua parola; solo dopo potremo
prendere tutti insieme delle decisioni ispirate dalla
nostra fede; ma, se Dio è
così poco importante che
non possiamo dedicargli
nemmeno un’óra intera alla .settimana, anche le decisioni dell’assemblea non
potranno essere quelle giuste. Questi discorsi di accorciare il culto mi fanno
venire in mente un mio zio,
che la domenica andava a
lavorare in campagna; ai
rimproveri dell’anziano rispondeva: « Dio ci ascolta
dappertutto e non ha bisogno che noi andiamo
tutte le settimane in un
certo posto a una certa ora
per pregarlo. Io posso benissimo cantare i Salmi
rnentre sto potando le viti ». Finalmente un giorno
il pastore Guido Comba gli
fece cambiare idea dicendogli che in realtà faceva
così perché in fondo il suo
lavoro gli^ importava più di
Dio e dei suoi fratelli.
Io non saprei a chi dare
ragione: i fratelli che propongono di abbreviare il
culto, lo fanno anche perché tutti possano partecipare all’assemblea, e mi
sembra che abbiano ragione quando ci ricordano che
canti, letture bibliche e preghiere possono essere solo
un mezzo, per metterci a
posto con Dio e non pensarci più, se poi non sappiamo
continuare a stare insieme,
come assemblea di fratelli,
per decidere come tradurre in pratica la nostra testimonianza.
E mi pare giusta anche
l'idea che non si devono
dividere momenti "sacri"
dal resto della nostra vita.
D’altra parte capisco e
condivido anche il timore
degli altri, che con queste
belle teorie finiremo col
parlare soltanto noi, senza
trovare il tempo di ascoltare la parola di Dio.
Che cosa ne pensano gli
altri lettori?
Magna Linota
Giovedì 13 febbraio 1980:
ieri è stato ucciso Vittorio
Bachelet e i sindacati hanno indetto per oggi un breve sciopero di protesta.
Io ho aderito spesso sia
a scioperi economici e di
categoria, ad esempio per
questa benedetta riforma
della scuola che chiediamo
ormai da trentacinque anni, sia a scioperi politici,
come questo che vuole esprimere solidarietà con le
vittime del terrorismo e
rifiuto della violenza. Eppure stamattina sono andata a scuola, benché accettassi le motivazioni dello sciopero. Perché l’ho
fatto?
Non è facile spiegarlo,
ma direi che essenzialmente i motivi sono due.
Prima di tutto era il rifiuto di quel che ormai è
diventato un rito: gli altri
ammazzano e noi esprimiamo il nostro sdegno, e poi
il giorno successivo si ricomincia. Anche se è verissimo che condanniamo
l’ennesima uccisione come
la prima, anzi con più orrore di fronte al ripetersi
delle stragi, ogni volta che
ripetiamo le medesime frasi queste suonano sempre
più inutili.
Non mi bastava più esprimere la mia protesta;
dovevo fare qualcosa subito. E fare qualcosa contro il caos che ci si prepara può anche voler dire
lavorare, se si è convinti
che il proprio lavoro possa servire in qualche modo
a costruire un mondo migliore.
Il secondo motivo, più
particolare, è che non credo esistano assassinati di
prima e di seconda cate
goria. Non ho scioperato
oggi anche perché ero andata a scuola in tante altre
occasioni, quando a morire
erano stati sorveglianti, operai, poliziotti o carabinieri.
Certo il colpire persone
che per le loro funzioni
rappresentano ufficialmente la collettività o determinate istituzioni fondamentali dello stato indica
l’intenzione di distruggere
queste strutture, ma mi
pare che «sparare nel mucchio » abbia fondamentalmente il medesimo significato.
Così a scuola ci siamo
trovati in parecchi a decidere di andare classe per
classe a chiarire perché
eravamo lì e di mandare ai
sindacati e al provveditora
to agli studi una lettera
per comunicare la nostra
adesione alla protesta pur
senza astenerci dal lavoro
e la nostra intenzione di
inviare la somma corrispondente alle ritenute per
sciopero alle famiglie delle
vittime, non certo come
elemosina, ma per dire loro la nostra solidarietà.
Non so se la nostra sia
stata una decisione saggia:
è solo l’unica che ci siamo
sentiti di prendere. E mi
ha confortata più tardi il
leggere sui quotidiani che
alcuni compagni di lavoro
del sorvegliante ucciso a
Torino poco tempo fa avevano avuto la medesima
idea di onorare i caduti
lavorando anche per loro.
Marcella Gay
API - Onoranze
e trasporti funebri
— - Disbrigo di tutte le pratiche inerenti ai
decessi
— Prelievo salme da tutti gli ospedali
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privativa ai trasporti nei Comuni di Torre Pellice e Luserna S. Giovanni.
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9
29 febbraio 1980
CRONACA DELLE VALLI
CATTOLICESIMO LOCALE
Esiste un “caso Barbero”?
Attività della TEV
Il « caso Barbero », come lo
definiscono i giornali, torna a
far discutere i cattolici della diocesi di Pinerolo. L’occasione è
data da un articolo di Marco Cucco pubblicato sul numero di febbraio del mensile Tempi di fraternità e da una lettera di Vittorio Morero all’agenzia di stampa
Adista.
Dice Marco Cucco;
« Il problema di fondo resta
sempre un altro: centrare tutto
sull’evangelo che chiama noi e
gli altri a conversione, a vita
nuova. Non ci logoreremo certo
nella lotta antiistituzionale, anche se difenderemo fino in fondo
la nostra appartenenza alla chiesa di Gesù e il nostro inserimento nella chiesa cattolica locale.
In tutto questo cammino riteniamo di essere in crescente comunione con i fratelli della chiesa
valdese, vicinissimi a noi da anni
con il dialogo, la preghiera, la
solidarietà, il consiglio.
E il vescovo? Sta tentando di
dividere coloro che solidarizzano
con noi, ma senza risultati tangibili.
Siccome però nel settimanale
della curia don Vittorio Morero,
ruotilo di fiducia del vescovo
Giachetti, ci accusa di non volere
il confronto chiarificatore, per
rispondere a questa palese falsità pubblichianio quella parte della lettera in cui l’abbiamo chiesto al vescovo, all’inizio di dicembre; tra l’altro essa diceva:
“Le proponiamo dunque un incontro tra lei e almeno una cinquantina di membri della nostra
comunità, perché sia possibile
un dialogo sincero e un po’ approfondito. Siamo sempre molto
disponibili ad una serie di incontri pubblici su argomenti concordati insieme, con la presenza
del vescovo e di teologi". .Miche
a questa lettera il vescovo non
ha nemmeno risposto, come alle
altre quattro precedenti richieste
di incontro. Chi è che non dialoga? Non vorremmo che intanto il “caso Barbero" passasse a
qualche (Sacra?) Inquisitoriale
Congregazione Romana... ».
Dice invece don Vittorio Morero rispondendo ad una intervista di Franco Barbero pubblicata dalla stessa Agenzia Stampa:
« ...leggo su Adista l'intervista
a don Franco Barbero nella quale si fa il mio nome e cognome a
proposito di un gruppo, di cui io
sarei a capo, intento a premere
sul vescovo per misure disciplinari nei confronti dello stesso
don Barbero e a perseguire “una
politica di restaurazione ecclesiale molto abile e mascherata”. Per
quanto mi riguarda e per la stima che ho del vostro lavoro, mi
preme precisare quanto segue:
1 ) Non sono a capo di nessun
gruppo ma esercito il mio lavoro pastorale in due piccole parrocchie della diocesi di Pinerolo,
dirigo il settimanale L'Eco del
Chisone, do il mio contributo al
Consiglio Pastorale e cerco di
animare alcune iniziative diocesane fra cui l’Ufficio pastorale
TORRE PELLICE
Linette Monastier
• Giovedì, 21 corr. a 'Torre
Penice ha chiuso la sua giornata terrena la sig.na Linette Monastier, originaria di Luserna
S. Giovanni.
La sua improvvisa dipartita
ha causato profondo dolore fra
quanti la conoscevano, l’amavano e l’apprezzavano.
Come professoressa di matematica aveva insegnato per alcuni anni al Collegio Valdese di
Torre Pellice e molti la ricordano ancora con grande simpatia.
Attualmente soggiornava con
la sorella Laura a Villa Elisa.
Le amiche della U.C.D.G. Y.W.C.A. e le ospiti del Foyer
si stringono attorno alla sorella
Laura sperando col loro affetto
di colmare un poco il gran vuoto lasciatole dalla dipartita della cara Linette.
È nel salmo 68 al v. 5 che sta
scritto : « Iddio dà al solitario
una famiglia».
Alla cara Laura l’augurio di
trovare questa famiglia in mezzo a noi.
della diocesi. In una diocesi dove funzionano l’assemblea diocesana aperta, d consiglio pastorale, il consiglio presbiteriale, i
consigli di zona aperti a tutti i
credenti, non vedo come si possano costituire grupvi di pressione sul vescovo e sulla curia.
2) Né io personalmente né
che io sappia altri sacerdoti né
organismi particolari hanno chiesto al vescovo misure disciplinari
o canoniche nei confronti di don
Franco Barbero, ma tutti abbiamo preso atto della nota .scritta
e pubblicata dal vescovo tempo
fa in merito alla posizione di don
Franco Barbero, e molti ne condividiamo il tono pastorale e i
contenuti dottrinali, idonei a
provocare chiarificazione e dialogo. (...)
3) In una diocesi dove si organizzano corsi di teologia bibli
ca, colloqui a livello nazionale
sulla parrocchia con interventi
di osservatori della Chiesa valdese con cui siam.o in dialogo,
assemblee diocesane e zonali
aperte e il cui consiglio pastorale diocesano, eletto dalla base e
con la partecipazione del 60%
dei giovani, discute a lungo sul
rinnovamento delle comunità, sul
diritto-dovere della partecipazione, sui ministeri locali e sulla
credibilità della chiesa, ritengo
che in una chiesa locale siffatta
non manchino spazi di dialogo e
di confronto, né spiri vendo inquisitoriale né si viaggi con intenti di restaurazione, ma con
molta umiltà e tenacia ci si apra
al soffio dello Spirito verso .una
comunione sempre più fraterna.
Don Barbèra deve tener conto
di questa situazione e non deve
illudersi di poter diventare una
vittima... ».
LUSERNA
SAN GIOVANNI
E’ Bruno Belllon
!l nuovo pastore
A larga maggioranza l’Assemblea di chiesa, convocata domenica scorsa durante il culto, ha
designato quale titolare della nostra chiesa il pastore Bruno Bellion, da Bobbio Pellice.
Mentre ringraziamo i membri
della Commissione Distrettuale
presenti ed in modo particolare
il prof. Claudio Tron per l’impegno assunto nel presiedere i lavori delTAssemblea e per il convincente ed incisivo messaggio
rivolto ai numerosi presenti, ci
congratuliamo con il pastore
Bellion per l’ottima affermazione avuta e chiediamo al Signore
le Sue benedizioni sul ministero
che il neo eletto si accinge ad
iniziare nella nostra comunità.
• Il primo dei quattro incontri di aggiornamento biblico avrà
luogo venerdì sera. 29 c. m., al
presbiterio ed avrà come tema:
« Come si forma l’Antico Testamento ed in particolare il Pentateuco ».
Gli incontri vogliono essere un
esame approfondito dei primi
quattro capitoli della Genesi :
come leggerli? Sono una cronaca autentica di fatti accaduti?
Sono pie leggende senza fondamento scientifico e senza valore
storico? Cosa possono dire, nel
nostro tempo, storie vecchie di
circa 3000 anni?
Si studierà insieme come dare una risposta a queste domande in vista di un reciproco arricchimento ed una mutua edificazione.
L’invito è esteso a tutti i membri di chiesa che desiderano approfondire le loro cognizioni bibliche attraverso lo studio comunitario della Parola.
• Sabato sera, T marzo, alle
ore 20,30 il concistoro avrà un
incontro con i catecumeni del
IV anno e con i loro genitori. La
riunione avrà luogo nei locali
del presbiterio.
• Facendo seguito alle note di
cronaca sul XVII febbraio, pubblicate sul numero scorso, desideriamo anche sottolineare la
valida collaborazione che i bambini della Scuola Domenicale
hanno dato al culto con il canto
di due inni, insegnati e diretti
dalla signora Etiennette Jalla. È
stato un contributo veramente
apprezzato da tutti.
• Domenica prossima, 2 marzo, l’Unione Femminile sarà in
visita alla comunità battista di
Bassignana in occasione della
Giornata mondiale di preghiera.
Ricordiamo alle sorelle interessate che i pullman saranno di
passaggio agli Airali ed al braccio di S. Giovanni alle ore 7,15.
• Rinnoviamo l’espressione
della nostra solidarietà cristiana
alle famiglie che la settimana
scorsa sono state colpite dal lutto : Giulio Peyrot, di anni 69, dei
Malanot, Linette Monastier,
ospite di Villa Elisa, e Emilio Ligustro, di anni 84, degli Airali.
CHIOTTI
« Insegnaci dunque a così contare i nostri giorni, che acquistiamo un cuor savio ».
Con le parole del Salmo 90 e
con la preghiera fatta dal pastore Zotta, Testimonianza Evangelica Valdese ha iniziato la prima
Assemblea di quest’anno, il 20
gennaio, a Torre Pellice.
Circa una sessantina i partecipanti, da varie comunità delle
Valli. Un ordine del giorno abbastanza denso che il Presidente
ha snellito nella procedura sì da
contenerlo nell’orario di chiusura: le 17.
Si è stabilito di inoltrare tutti
i fondi raccolti per i profughi
vietnamiti, tramite l’Esercito della Salvezza. Si sono scambiate
opinioni e impressioni sulla bella esperienza di testimonianza
vissuta a Villar Pellice, prima di
Natale. Ci si è rallegrati per
l’opera di colportaggio che ha
dato un risultato incoraggiante.
Si è parlato di dare la nostra
collaborazione per una seconda
campagna di appello e risveglio
Il contenitore per la raccolta
dei cocci di vetro sistemato l’autunno scorso vicino alla scuola
di Chiotti è stato ritirato in questi giorni dal proprietario che
ha pagato 110.000 lire per i 55
quintali di materiale ricuperato.
Ringraziando tutte le persone
gentili che hanno contribuito a
riempire il contenitore, ricordiamo che la raccolta continua, sempre a favore dei bambini delle
scuole elementari.
Per maggiore comodità, la ditta che raccoglie questo tipo di
materiale sistemerà due contenitori più piccoli, uno a Chiotti
sempre al solito posto e l’altro
a Ferrerò.
• La Parola della Resurrezione
e della Vita è stata annunciata
in occasione della morte di Ghigo Bartolomeo.
Li’Evangelo della Resurrezione e della gioia cristiana è stato
annunciato per la morte di Emilio Peyronel.
Ci rammarichiamo fortemente per il ritardo con cui annunziamo questi due eventi a causa
di un banale disguido.
Approfittiamo tuttavia di queste occasioni per esprimere alle due famiglie nella sofferenza
tutta la nostra solidarietà anche
da parte della comunità. Ed in
modo particolare alla famiglia
Ghigo che sta attraversando un
momento molto diffìcile per la
perdita di alcuni suoi cari, nel
giro di pochi mesi.
ANGROGNA
• Chi non si reca all’incontro
di Bassignana per la giornata di
preghiera può partecipare, nella
scuoletta del Serre, alle 14,30 di
domenica 2 marzo, all’incontro
di preghiera dell’Unione Femminile.
• I giovani del Prassuit-Verné
stanno preparando il culto per
la domenica della FGEI che si
terrà il 9 marzo.
PERRERO-MANIGLIA
____________MASSELLO
• In questa settimana abbiamo perso due nostre sorelle: Ribet Mery, di anni 79, di Chiabrano, stroncata in pochi giorni
da un infarto, e Pons Maria in
Ghigo, anni 85, di Massello.
Le due comunità sono accanto ai familiari delle nostre sorelle in questi momenti tristi e
vogliono con loro testimoniare
dell’Evangelo della resurrezione
in Cristo.
POMARETTO
alla fede e un buon numero di
fratelli e sorelle si è già impegnato. Si è stabilito di perseverare nell’invio della Circolare e
l’aiuto per questo lavoro si è allargato.
Abbiamo poi udito il fratello
Negrin (uno dei nostri inviati al
Congresso giovanile di Losanna)
raccontarci, con tanto entusiasmo, le sue impressioni. Chi scrive è riandata indietro nel tempo,
ricordando l’entusiasmo giovanile dei Campi della Federazione
Giovanile Valdese che coinvolgevano tutte le comunità. Veramente, la bellezza nel lavoro giovanile, è che si può sempre ricominciare da capo.
Ci siamo uniti nel canto dell’inno francese 20 che così bene
esprime una solida fede; .Taime
mon Dieu car son divin secours,
montre qu’il a ma clam.eur entendue...
Le Assemblee e le riunioni sono aperte a chiunque- abbia desiderio di parteciparvi.
Nelly Rostan
Protestantesimo TV 2‘ rete
Lunedì 3 marzo - ore 22.40:
Significato storico e attuale del 17 febbraio.
(Filmato realizzato alle
Valli e a Torino).
• Martedì 19 febbraio si sono
svolti i funerali del nostro fratello Canal Felix morto all’età
di anni 86 nella sua abitazione
in Pomaretto.
Oriundo di San Martino di
Ferrerò, era emigrato in giovane età in America da dove era
ritornato per trascorrere il suo
periodo di pensionato, stabilendosi a Pomaretto.
Alla moglie Elena Valetti, ai
parenti tutti la simpatia cristiana della Comunità tutta.
SAN GERMA^NO
A due riprese la nostra chiesa
ha avuto l’occasione di ascoitare la predicazione di giovani fratelli. La prima volta il fratello
Mario Cignoni, di Roma, ci ha
rivolto un apprezzato messaggio
nel corso del culto del 6 gennaio.
Egli era di ritorno dalla Conferenza di Evangelizzazione per i
giovani europei «Losanna 80». In
quell’occasione Daniele Conte,
che aveva anche partecipato a
queU’incontro a Losanna, ha fatto una breve relazione su questa
ricca esperienza che 300 giovani
evangelici italiani hanno fatto
assieme ad altri settemila.
il 3 febbraio è invece stata
la volta ctel nostro piccolo ma
valido grunpo giovanile, che ha
interam-e ite nreparato il culto,
cantando anche due canti con
accompagnamento di chitarra e
di flauto. Siamo riconoscenti al
Signore per quanto essi ci hanno detto da parte sua.
O II pastore Alberto Ribet ha
presieduto un culto in occasione
del viaggio in Germania compiuto dal pastore Conte per conto
del Comitato del Collegio. Il pastore Ribet ha ricordato nella
sua predicazione il vero significato della ricerca dell’unità in
Cristo.
• Numerosi lavori sono stati
compiuti sul palco deOa Sala
Valdese, migliorando così sensibilmente l’illuminazione e la funzionalità del medesimo.
• Annunciamo sin d’ora che
avrà luogo, nella nostra comunità, una campagna di appello dalla domenica 16 alla domenica 23
marzo. Oltre ai culti vi saranno cinque incontri quartierali, un
incontro per i giovani, catecumeni e non, sabato 22, alle ore
15, un culto a Porte lo stesso
giorno alle ore 20. N.B. Tutte le
riunioni quartierali saranno alle
ore 20. Interverranno fratelli e
sorelle della nostra e di altre comunità delle Valli. Contiamo anche sull’apporto di alcuni pastori
che saremo tutti felici di ascoltare. Il tema generale della campagna sarà: « Cristo salva ».
Chiunque desidera dare il suo
apporto di testimonianza, di predicazione, di incoraggiamento,
sarà il benvenuto. Domandiamo
soltanto di conoscere tutti i nomi di chi conta impegnarsi per
« disporre bene le nostre forze »!
• L’opuscolo del 17 su la donna nella storia valdese ha subito destato parecchio interesse e
siamo grati al professor Augusto
Armand Hugon che l’ha scritto
e che ci ha permesso di riceverlo ben a tempo. Varrà la pena
di riprendere i dati che questo
opuscolo ci fornisce per una proficua rifiessione sul posto della
donna nella nostra chiesa.
® Continuano ad affluire offerte per i restauri dell’organo. Ringraziamo quanti hanno preso a
cuore questo lavoro.
© Abbiamo avuto la gioia di
avere in mezzo a noi il fratello
Clemente Beux giunto dall’Argentina che ha così potuto vivere un XVII febbraio alle Valli
dopo 52 anni.
PIOSSASCO
SAN SECONDO
• Esprimiamo la nostra solidarietà a Lorenzo Benech che
è stato vittima di un furto perpetrato da individui spacciatisi
come ispettori per la pensione.
Occorre diffidare al massimo di
persone che cercano di entrare
in casa con simili scuse.
• È stata battezzata Erica
Martinat, primogenita di Guido
e di Maurizia Sadone (Combe).
Alla bimba ed alla sua famiglia
il nostro augurio fraterno.
• L’Unione Femminile ricorda
alle Unioniste che non possono
partecipare alla Giornata Mondiale di Preghiera di Bassignana, l’incontro mensile nella sala
alle ore 15 di domenica 2 marzo,
incontro al quale invitiamo anche le Sorelle di Prarostino che
non andranno a Bassignana.
VILLAR PEROSA
• Abbiamo accompagnato all’ultima dimora terrena le spoglie mortali del fratello Léger
Matteo, deceduto all’Ospedale di
Pomaretto all’età di 87 anni. All’anziana compagna, al figlio ed
a tutti i familiari rinnoviamo la
nostra solidarietà fraterna.
• Il battesimo è stato amministrato a Travers Rosanna di
Vittorio e di Beux Vanda (Gamba). Il Signore accompagni con
il suo Spirito questa bambina e
la sua famiglia ed aiuti i genitori a mantenere le promesse
fatte.
AVVISI ECONOMICI
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destinazione, preventivi a richiesta:
Sala Giulio, Via Belfiore 83, Nichelino, Tel, 011/6270463, 6272322.
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• Con una partecipazione molto buona (31 persone) abbiamo
realizzato il nostro primo culto
nella nuova sala di Piossasco.
Questo ci « spinge » a continuare a realizzare questa attività
con una certa regolarità.
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10
29 febbraio 1980
AMNESTY INTERNATIONAL SI ESPANDE
Un’associazione per difendere
i diritti umani nei mondo
Sabato 16 febbraio si è svolta
a Torino una conferenza stampa
organizzata da Amnesty International alla quale erano invitati
soprattutto i rappresentanti delle radio e della stampa locale.
Non si può dire che la partecipazione sia stata eccezionale
però la riuscita o meno dell’iniziativa si avrà verificando quanto e come i mezzi di comunicazione parleranno di Amnesty.
Lo scopo dell’incontro era duplice: da un lato Amnesty vuole
raggiungere per il 1980 una forza organizzativa più adeguata al
lavoro che è chiamata a svolgere: per questo sia il Segretario
Nazionale Cesare Fogliano sia il
responsabile regionale A. Stipo
hanno parlato della ricerca del
raddoppio dei soci nella zona
piemontese. Attualmente sono
solo 3' i gruppi che operano nella circoscrizione del Piemonte e
della Valle d’Aosta, anche se sono in corso dei contatti per la
formazione di altri 3 gruppi. Ogni
gruppo è formato da almeno 10
persone che si impegnano attivamente per la liberazione dei
prigionieri di coscienza, per la
diffusione dei problemi inerenti
la tutela dei diritti dell’uomo e
per la raccolta dei fondi, poiché
l’autofinanziamento è la migliore garanda per l’indipendenza
dell’asspciazione. In questo può
essere utile propaganda il diffondere notizie sugli organi di
informazione locale, il far sapere alla gente che ci si può rendere utili in tanti modi sia sottoscrivendo delle offerte, sia partecipando alle campagne di lettere in favore dei detenuti, sìa
reclamando una maggiore pubblicizzazione delle continue violazioni dei Diritti Umani.
D’altro canto Amnesty ha bisogno della collaborazione della
stampa per aumentare l’efficacia
delle Sue campale di pressione
sui governi autori di crimini contro la dignità umana (torture,
sparizioni di persone, incarcerazione per motivi di opinione
ecc.). Più se ne parla e meno
questi governi godono della simpatia dell’opinione pubblica intemazionale che qualcosa conta
pure.
Va infatti ricordato che durante i Mondiali di calcio in Argentina il governo sospese seppure temporaneamente gli arresti delle donne che tutte le settimane manifestavano contro le
sparizioni continue di persone
colpevoli di avere un’idea propria. Un caso più recente è l’effetto che ha avuto sul regno dell’imperatore Bokassa la denuncia sulla stampa del massacro
dei cento o ppù bambini, massacro confermato dagli stessi ambienti vicini all’ex imperatore.
Qualcuno in occasione della
conferenza stampa ha espresso
il dubbio che parlare della violazione dei diritti umani nel mon
Comitato dt Redazione : Franco Becchino, Dino Ciesch, Roberta Colonna Romano, Niso De Michelis, Giorgio GardioI, Marcella Gav, Marco
Pasquet, Aurelio Penna, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Giuseppe Platone, Ornella Sbaffì, Liliana Viglielmo.
Editore: AlP, Associazione Informazione Protestante - Torino.
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intestalo a « La luce : fondo di solidarietà », Via Pio V 15 - Torino.
« La Luce »: Autor. Tribunale di
Pinerolo N. 176, 25 marzo 1960.
« L'Eco delle Valli Valdesi »: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
do sugli organi di informazione
locale sia troppo lontano da
quelli che sono i problemi quotidiani che la gente deve affrontere: la casa, il caro vita ecc.
Forse questa perplessità rientra
nella nientalità molto diffusa per
cui si è soliti trattare i grossi
problemi con grosse parole, grossi articoli e in definitiva in modo molto astratto. Amnesty è del
tutto scevra da ogni astrattezza
0 retorica, i vari gruppi infatti
si occupano di casi concreti di
persone, uomini, donne, bambini che in ogni parte del mondo vengono incarcerati, torturati
per motivi di opinione senza che
abbiano usato o anche solo istigato la violenza.
Nei comunicati di Amnesty non
si parla in astratto delle violenze commesse sui bambini nel
mondo ma si riportano i nomi e
1 cognomi, le storie, le testimonianze riguardanti i protagonisti. Non sono quindi problemi
troppo grossi per l’uomo della
strada: tutti hanno il dovere di
sapere cosa accade al proprio
prossimo possibilmente non lirmtandosi al pensionato del quartiere; tutti possono contribuire
alla liberazione di persone incarcerate ingiustamente inviando
una lettera, una firma ad im governo o ad una ambasciata.
Attualmente Amnesty si sta
occupando del Guatemala conuna campagna contro gli omici
di politici (dall’opuscolo dell’ottobre ’79 si apprende che quotidianarnente vengono o sono stati uccisi sindacalisti, studenti,
contadini, da parte dei cosiddetti squadroni della morte), dei
bambini vittime delle violazioni
dei Diritti dell’uomo (in occasione dell’anno internazionale del
fanciullo) e dell’abolizione della
pena di morte. Per questo ultimo scopo Amnesty mira a sollecitare anche il governo italiano
e vari partiti politici affinché intervengano presso il Parlamento
Europeo e presso le Nazioni
Unite.
Alle Olimpiadi
Tra le azioni previste per i
prossimi mesi sembra utile segnalare quanto Amnesty ha intenzione di fare in occasione delle Olimpiadi di Mosca. Come già
è avvenuto per i Mondiali di calcio del ’78 Amnesty, fornirà atleti
e giornalisti di materiale sulle
violazioni dei diritti umani nel
convincimento che invece del
boicottaggio sia possibile l’utilipazione del momento di notorietà per informare l’opinione
pubblica sui prigionieri di coscienza in URSS e sia possibile
raccogliere altre testimonianze.
Sarebbe dunque auspicabile
che anche da parte nostra ci
fosse un, maggior impegno. Il la
SCHEDA
Amnesty International
1961 - Nasce Amnesty International nei Paesi Anglosassoni per combattere le violazioni dei Diritti Umani formulati innanzitutto nella
Dichiarazione universale dei
Diritti dell’uomo dell’ONU
(1948) e nei vari trattati e
convenzioni internazionali.
Si chiede la liberazione di
donne e uomini detenuti a
motivo delle loro idee, opinioni, della origine etnica o
lingua parlata, del sesso,
della religione, purché non
abbiano usato o istigato la
violenza. Si chiedono processi giusti e rapidi per tutti i prigionieri. Si combatte
la pena di morte e la tortura di tutti gli esseri umani.
1973 - In occasione della campagna internazionale per la
abolizione della tortura si
costituisce la Sede Nazionale Italiana e sorgono alcuni gruppi nelle maggiori
città.
1977 - Amnesty viene insignita
del Nobel per la pace.
OGGI - 200.000 soci nel mon
do divisi in più di 2.000
gruppi in 125 paesi. In Italia esistono 34 gruppi (20
sono in formazione) con
circa 3.000 soci. Ogni gruppo
si occupa di 3 prigionieri
di aree politiche diverse a
garanzia dell’ indipendenza
di Amnesty.
L’interessamento per il prigioniero consiste nel procurargli un avvocato dove
occorra, il gruppo lavora
poi per la libertà del prigioniero sia scrivendo ai
governi locali, facendo scrivere persone influenti o inviando fotocopie di articoli
riguardanti il caso comparsi
sulla stampa internazionale.
Questo mira ad evitare la
« scomparsa » della persona
o almeno a rendere meno
dure le torture. Inoltre Amnesty interviene spesso concretamente anche con aiuti
materiali alle famiglie. Tutto questo è efficace: più
della metà dei prigionieri
« adottati » sono stati rilasciati o hanno ottenuto riduzioni della pena.
voro di Amnesty si fonda sul volontariato e chiunque ne condivida gli scopi ed i metodi può
trovare una maniera di lavorarvi indipendentemente dalla sua
fede, credo politico, opinione,
data l’assoluta indipendenza di
Amnesty. Per informazioni ci si
può rivolgere a:
Roma (Sede Nazionale), Viale
Mazzini 146, tei. 380898 - 389403,
c.c.p. n. 22340004.
Torino - Via P. Veronese 134/17
tei. 2168855.
Milano - Viale Montegrappa 8,
tei. 6572201.
Patrizia Mathieu
IN MARGINE AL CONGRESSO DC
Le attese e le impressioni
La «- Civiltà Cattolica », l’autorevole rivista dei gesuiti in. una
nota del suo prossimo fascicolo,
scritta in vista del congresso democristiano, si chiede se la DC
sia un partito di ispirazione cristiana. « Noi non intendiamo,
certo, associarci alla detrazione
pregiudiziale e sistematica a cui
è fatta segno la DC — afferma la
rivista — per motivi strumentali
che non possono essere i nostri.
Non possiamo, però — prosegue la rivista — non rilevare con
rammarico lo scontento e la delusione che hanno suscitato nell’elettorato più sensibile un certo
costume politico della DC, che
in molti casi appare più preoccupata degli interessi materiali personali e di corrente e della conquista e conservazione del potere che del bene del paese e dei
grandi valori umani da tradurre
in fatti politici concreti; rma certa mancanza di ideali e di prospettive che tende ad appiattire
la vita politica, dando forza all’accusa che la DC sia essenzialmente un partito di "occupazione del potere”; soprattutto taluni scandali e comportamenti disonesti, ai quali il partito non ha
sempre reagito con adeguati rimedi e provvedimenti disciplinari ».
« Per il fatto di celebrarsi agli
inizi degli anni Ottanta e nel
mezzo della difficile crisi che il
partito attraversa, il XIV congresso della DC — prosegue "Civiltà Cattolica” — si presenta,
dunque, come un’occasione storica da non perdere, per un rilancio ed una ripresa ideale ed
operativa della DC.
Esso è chiamato a delineare i
tratti di una DC rinnovata, capace di affrontare con idee e con
forze nuove un decennio che si
presenta travagliato e difficile
anche per il paese e per il mondo ».
(Dal « Secolo XIX » di Genova).
Forse per rovinare ancora di
più la digestione agli italiani, le
due reti nazionali televisive hanno trasmesso alle ore dei pasti in
dosi massicce le immagini del
Congresso democristiano. Avvenimento senza dubbio di rilievo,
trattandosi del più forte partito
italiano e certamente del più dinamico.
Quando lo speaker pronunciava le tradizionali parole: « ci colleghiamo con... » e immediatamente compariva l’aula del Congresso, non si vedeva altro che
gente in movimento. Per forza,
si pensava, questo è rintervallo
e i congressisti stanchi si sgran-'
chiscono un po’ le gambe.
Niente affatto, ecco il telecronista a spiegare in un sottofondo di ululati tenuti pudicamente
in sordina: « Avete udito i fischi
e gli applausi che sottolineano il
discorso di... ». Già, perché a
quanto pare nei congressi democristiani non solo non si sta seduti, ma nemmeno si ascolta chi
parla; tutti vanno, vengono,
chiacchierano tra di loro, rilasciano dichiarazioni per il telegiornale. Tutto qui? Neanche per
idea. Il vero congresso la TV non
ce lo fa vedere, bisogna leggerne
i particolari sui giornali. Qltre
ai fischi e agli urli, insulti, schiaf-'
fi, assalti al tavolo della presidenza, gesti sguaiati, accuse da
far rabbrividire. Gli amici di
Moro accusano gli avversari di
assassinio morale nei confronti
del leader, il cui ritratto triste
appeso al muro sembra ripetere
Doni Eco - Luce
DONI DI L. 1.000
San Gernnano Chisone: Bounous Giovanni; Costabel Emilia; Meytre Oreste;
Meytre Arturo; Beux Emilio; Sappè
Ugo; Bounous Giancarlo; Beux Eli; Rivoira Lidia; Bouchard Eli; Long Enzo;
Peyronel Medina; Bounous Gustavo;
Gallian Edvico; Griot Emilio; Rostan
Elio .— Perrero; Poet Osvaldo; Peyrot
Francesco; Pons Margherita; Barus Alberto — Pomaretto: Poet Lina Maria;
Baret Guido; Baret Peyrot Albertina;
Poet Elvira — Riclaretto: Clot Griglio
Irma: Ferrerò Abramo; Clot Alberto;
Perro Caterina; Griglio Carlo; Peyronel
Fanny — Bergamo: Tripi G. Battista;
Barbaglio Mariuccia; Eynard Gabriella;
Zavaritt Silvia; Tschudi Matilde: Kupfer
Vera; Steiner Mario; Capoferri Elisabetta; Von Wunster Beatrice: Varóla
Luigi; Puppi Caria; Conconi Carlo —
Torino; Piazza Amalia; Monge Serafino
Maria; Beux Clemente; Buffa Saturnino;
Borione Eugenia; Gay Frida — Milano:
Ambrosoni Cesare; Penna Aurelio: Ardizzone Paolo; Decker Luciano; Nava
Gianni: Martignani Egidio; Cosco Aldo;
Coniugi Palmery; Weber Arnoulet Roberto: Tagliabue Carlo — Venezia:
Zecchin Irma; Marini Silvio: Nordio
Giannina; Viti Vittorio; Velo Giorgio;
Falbo Luigi — Scioli: Schirò Miriam:
Attività Femminile Metodista; Scifo Giovannella; FGEi locale: Mania Teresella
— Genova: Tron Emanuele: Ratto Dina: Schellenbaum Irma; Di Dio Carmeia; Mazzarello Dante; Chiesa evang.
metodista — Pisa: Gavazza Samuele;
Cristianini Liliana: Garagunis Nicola:
Veloci Giorgio; Platania Angelo — Trieste: Cozzi Enzo; Signore Dolfi; Avv.
Sabini; illy Anna — Roma: Mandola
Francesco; Cirino Gius.: Bianconi Sergio; Castorina Luigi, Paolo — Firenze.
Verin Pietro; Rossi Roberto; Mannucci
Landò; Lorenzetti Sergio; Gambi Ornella — Bari: Introna Domenico; Mascanzoni Giuseppe; Laurora Adele —
Campobasso: Santoro Michele; Palladino Guido; Vitale Ferdinando — Villar
Porosa: Bleynat Roberto: Martinat Giulio — Rinasca: Rostan Aldo — Inverso
Porte: Armand Hugon Clelia — Perosa
Argentina: Ribet Giosuè — Bobbio
Pellice: Gönnet Stefano — Luserna S.
Giovanni: Pons Livia — Inverso Rinasca: Tron Gino — Villar Pellice: Charbonnier Alina; Bouissa Clementina —
Frali: Richard Aldo: Rostan Celina —
Coliegno: Maccarino Gioele; Credaro:
Ghirmay Josief; Azzano S. P.: Eynard
Alessandro; Mentoulles; Clapier Elsa;
Mola: Torres Vito; Casavatore: Rossi
Paolo: Redondesco: Convertito Maria;
Treviso: Bidinotto Rino; Piacenza: Pavesi Carlo; Morate; Venturi Rita; Opicina: Bertin U.; Palermo: Cesarò Giulio; Udine: Marini Nevio; Riesi: Naso
Gaetano; Albenga: Basso Giobatta;
Balma Biellese: Maciotta Alpina; Terni: Arzano Sergio; Venosa: Lovecchio
Angela: San Salvo: Chiodini Maria;
Mariglianella: Gennaro Lpcce; Sissa;
Ugolotti Adalgisa; Sondrio: Dardi Scopacasa Maria; Bologna: Mariani Margherita; Borrello: Palmieri Costantino;
Taranto: Papadia Emanuele: Terranova
B.: Priore Dante; Verbania Intra: fam.
Tamassia — Napoli: Verrillo Tommaso;
Carola'Enzo — Cogoleto: Ghelli Alfio; Conte Giovanni — Savona: Ghelli Giovanni; Mazzoli Iris — Carunchio:
Loreto Eliseo; Coli Rina — Arezzo:
Peruggia Gemma; Beni Clelia — Parma: GandinI Cesare: Castagnetti Emilia.
le dichiarazioni della prigionia:
« Non voglio pagare io per gli
errori di questo partito ».
E pensare che qualche anima
pia si è scandalizzata per la presentazione troppo irriverente di
Roberto Benigni al festival di
Sanremo.
Ma no, non bisogna essere troppo severi, c’è un fondo buono nella Democrazia cristiana. Ascoltiamo l’onorevole XY che si è impadronito del microfono: « Noi
riaffermiamo solennemente i valori cristiani che sono alla base
del nostro comportamento e del
nostro impegno politico ». E chi
potrebbe dubitarne dopo un si
mile congresso?
L. V.
Come in uno
specchio
(segue eia pag. Il
più le grida che sorgono qua e
là, è la passività delle masse, tanto nelle cose quotidiane, quanto
nei grandi problemi del mondo.
E i principi che ci governano
dosano sapientemente « il pane
e i giochi circensi » perché tutto
resti in una quiete più o meno
drogata. È da un bel po’ che la
religione non è più il solo « oppio dei popoli ».
Nel luglio del 1943, Saint-Exupéry scriveva: « Siamo sorprendentemente ben castigati. Così,
siamo liberi alfine. Ci hanno tagliato le gambe e le braccia e
poi ci hanno lasciati liberi di
camminare. Ma io odio questa
epoca in cui l’uomo diventa, sotto un totalitarismo universale,
bestiame mite, per bene e tranquillo. E questo ci viene gabellato come un progresso morale ».
Che direbbe oggi?
Nella lettera di Giacomo' c’è
un avvertimento preciso: « Se
qualcuno ascolta la parola e non
la mette in pratica, è simile a un
uomo che guarda la sua faccia
naturale (letteralmente: la sua
faccia di quand’è nato), e quando s’è guardato se ne va, e subito dimentica come era » (Ciac.
1: 23-24).
Allo stesso modo si può calare il proprio sguardo nel mondo
della violenza, dello sfruttamento, della miseria, e trovarvi materia di riflessione (nei diversi
sensi del termine) e di azione.
È anche possibile guardare tutto questo, andarsene, e dimenticare quelli che gridano, quelli il
cui sguardo implora.
F. Delforge