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Anno 124 - n. 39
14 ottobre 1988
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
IL CILE A UNA SETTIMANA DAL VOTO REFERENDARIO
Accolta con tiepidezza dagli
ambienti laici, e. con entusiasmo
da quelli cattolici (ma non da
tutti!), la nuova «Lettera apostolica » del pontefice romano
sulla donna, la Mulieris Dignitatem, è interessante per almeno
due motivi.
Anzitutto perché ci si attendeva un pronunciamento vaticano
sulla questione del sacerdozio
femminile. Era scontato il no, soprattutto dopo il dolore manifestato dal Vaticano per l’esito
della conferenza di Lambeth,
dove gli anglicani hanno praticamente aperto la strada al sacerdozio femminile. Ma poteva
essere interessante vedere con
quale motivazione esso sarebbe
stato giustificato. Ebbene, se v’erano dei dubbi, il papa non poteva essere più chiaro di così.
Questo è il filo dei suo ragionamento: il titolo cristologico «Figlio dell’uomo » significa che Cristo è vero uomo, cioè «maschio»;
i Dodici coi quali celebra la Cena sono maschi; il sacerdote che
celebra oggi l’eucaristia lo fa
« in persona Christi », dunque
non può essere altro che maschio.
Non so cosa diranno le femministe cattoliche o protestanti
riguardo a questa posizione così
sfacciatamente maschilista, per
altro già scontata, ma espressa
in toni molto netti che preoccupano, perché sigpiificano una
chiusura dell’argomento. Sarà
molto difficile, in futuro, riapririo senza operare una rottura
col pa.ssaitt.
Il secondo motivo d’interesse
è dato dal metodo di lettura biblica. La maggior parte della lettera è costituita da una accurata rivisitazione (oggi si dice così) dei passi biblici riguardanti
la donna. S’inizia con i due racconti della creazione, e si va
avanti fino all’Apocalisse. Una
lettura non particolarmente interessante, anche se tiene conto
di dati esegetici recenti. Ma non
si può chiedere al papa di avanzare nuove, suggestive ipotesi di lettura. Altri sono gli apripista; i papi vengono dopo. Però
c’è modo e modo di leggere la
Bibbia.
Il papa ha scelto quello della « analogia entis », cioè quello
che nella Bibbia è un’immagine,
una metafora, per lui è invece
una realtà. In tal modo ógni cosa acquista dei contorni e delle
dimensioni superiori alle intenzioni dell’autore biblico. Per esempio la verginità di Maria
(vedi Luca 1: 34) diventa il valore essenziale, « l’ideale evangelico della verginità in cui si realizzano in una forma speciale sia
la dignità che la vocazione della donna ».
Le conseguenze di questo metodo sono tali, per cui ci si troya alla fine in una serie di contraddizioni insolubili. Ed allora
hon c’è da stupirsi se alla fine
la vince la solita visione tradizionale (per non dire maschilità) che vede la donna Sposa,
Madre, ma sempre Vergine e
sottomessa.
Luciano Deodato
Un giorno lungo un anno
La ricerca cJi una legittimazione democratica non è riuscita al regime militare guidato dal
generale Pinochet: fra un anno le presidenziali saranno un altro passo verso la democrazia
Il 5 ottobre scorso sarà ricordato come una data decisiva per
il Cile e l’America latina: 7 milioni di cileni si sono recati alle
urne ed hanno trasformato il
« plebiscito » in una sconfitta per
il regime militare che da 15 anni guida ima delle dittature più
sanguinose e violente del mondo.'"
Se avessero vinto i « sì » al
referendum, il generale Augusto
Pinochet avrebbe potuto mantenersi al potere, con una « legittimazione democratica », per altri
otto anni a partire dall’11 marzo 1989.
Poiché il 54% degli elettori ha
detto « no », grazie alla Costituzione, voluta dal regime militare ed approvata nel 1980, Pinochet resterà in carica ancora per
un anno e poi si dovranno indire nuove elezioni presidenziali.
Non sono bastati a Pinochet
i 10 mila attivisti, le centinaia
di migliaia di bustine di thè paracadutate dagli elicotteri militari sulle bidonvilles e sui quartieri poveri, l’economia che ha
ripreso a tirare grazie al rialzo
del prezzo del rame sul mercato
intemazionale, per vincere il referendum.
Le condizioni sociali (il 30%
dei cileni è disoccupato ed ogni
cileno ha un debito con l’estero
di 1.800 dollari) e, soprattutto,
la ferocia della dittatura (la
Commissione cilena per i diritti
umani, un organismo che raggmppa tra gli altri tutte le chiese cristiane, ha calcolato che dall’entrata in vigore della Costituzione, ci sono stati in Cile 1.741
omicidi politici, 1.588 casi di tortura, 3.000 desaparecidos, 37.000
detenzioni illegali) e l’unità dell’opposizione hanno fatto sì che
il popolo cileno manifestasse la
sua volontà di democrazia dicendo « no » a Pinochet.
Cronaca di un
’’adiós” rimandato
Allora « adiós Pinochet »? Il
dittatore ha fatto sapere che il
43% dei « sì » e la « sua » Costituzione non solo gli permettono
di continuare a presiedere il Cile per un anno, ma che rappresentano un grande consenso alla
sua politica. Il dittatore in ogni
caso rimarrà comandante in capo dell’esercito e, anche se abbandonasse la « presidenza », rimarrebbe il garante dell’ordine.
I « carabineros », reprimendo duramente le centinaia di manifestazioni di giubilo per la vittoria « popolar », hanno fatto conoscere qual è l’ordine che vuole Pinochet.
Il futuro del Cile, nonostante
la vittoria dei « no », resta dunque saldamente in mano ai militari. Cosa faranno?
I dissensi nelle
forze armate
Alcuni militari si dicono disposti a rientrare nella legalità democratica ed hanno annunciato
di voler prendere accordi, in vista di una « nuova candidatura »
alle presidenziali, con l’opposizione. Intermediario della trattativa dovrebbe essere il cardinale
Juan Francisco Fresno.
E’ iniziato « il giorno più lungo » del Cile.
I militari possibilisti sembrano disposti a trattare, ma vogliono escludere dal nuovo Cile il par
INTERROGATIVI DEL SALMISTA
Dio non è un computer
O Dio, noi abbiamo udito coi nostri orecchi, i nostri padri
ci hanno raccontato l’opera da te compiuta ai loro giorni, nei tempi antichi...
Ma ora ci hai respinti e coperti di vergogna e non marci più
alia testa dei nostri eserciti...
Risvegliati! Perché dormi. Signore? Destati, non respingerci
per sempre!... (dal Salmo 44).
La Bibbia ci racconta la storia
dell’azione di Dio in favore del
suo popolo: l’ha liberato quando
era schiavo in Egitto e gli ha dato la tetra promessa, l’ha difeso,
l’ha guidato, l’ha consolato ogniqualvolta ne ha avuto bisogno.
Eppure ci sono dei momenti in
cui aspettiamo la liberazione e
non arriva, confidiamo nella promessa e non si adempie. Cosa fa
Dio in questi momenti? Perché ci
lascia nelle difficoltà? Queste sono le domande angosciate dell'autore del Salmo 44. E spesso sono anche le nostre domande. La
storia dell’azione di Dio nel passato ci insegna che Dio si comporta in un certo modo e la nostra esperienza ci dice che invece
si comporta in un altro. Dov’è
l’errore? In Dio o in noi? E’ Dio
che è incoerente, che ha aiutato i
nostri padri e non aiuta più noi,
o siamo noi che non ci meritiamo
il suo intervento in nostro favore?
Forse nessuno dei due; forse
semplicemente ci aspettiamo le
cose sbagliate da Dio. Ma non
nel senso che non ci meritiamo
un suo intervento in nostro favore; più semplicemente, abbiamo
capito male: ci aspettiamo da Dio
delle cose che lui non si è mai
sognato di prometterci. Il nostro
errore sta proprio nel pensare
che siccome conosciamo la storia
dell’azione passata di Dio, siamo
in grado di conoscere la sua azione presente. Si tratta di un grave
errore per due motivi.
Innanzitutto, noi crediamo di
conoscere la storia dell’azione di
Dio, ma in realtà sappiamo solo
quello che altri credenti come
noi hanno capito e ci hanno tramandato di questa azione, e l’azione di Dio è sempre più grande
e più complessa di quello che gli
esseri umani, anche i credenti,
anche gli autori biblici, arrivano
a capire.
In secondo luogo, la situazione
in cui noi viviamo è una situazione nuova, non è la ripetizione di
una situazione che si è già verificata ( benché possano esserci degli elementi che ritornano), e Dio
non è un "computer” che reagisce sempre nello stesso modo:
Dio è libero, è creativo. Se anche
noi conoscessimo veramente tutto quello che Dio ha fatto nel
passato, non saremmo ugualmente in grado di prevedere la sua
azione nel presente.
In sintesi, il nostro errore è di
pensare di poter conoscere il progetto di Dio, di poter comprendere la sua azione all’interno dei
nostri schemi. E’ una forma del
nostro peccato: il tentativo di
mettere Dio sotto il nostro controllo.
E’ l’errore che commettiamo
ogni volta che pensiamo di sapere come Dio si comporterà, o come si dovrebbe comportare. I
credenti che hanno vissuto prima
di noi ci hanno tramandato tanti racconti sull’azione di Dio,
ognuno dal suo punto di vista.
Questi testi, i più importanti dei
quali sono raccolti nella Bibbia,
sono diversi tra loro, in alcuni
casi molto diversi, ed è naturale
che sia così, dato che Dio agisce
in molti modi diversi e che gli uomini comprendono la sua azione
in tanti modi diversi. Il confronto con questi testi per noi è vitale, ma non può portarci a credere di avere la chiave per capire —
né tanto meno per prevedere —
l’azione di Dio. Quello che sappiamo con certezza è soltanto
che il Dio alla cui azione la Bibbia rende testimonianza è all’opera ancora oggi e che, allora
come oggi, la sua azione è rivolta
verso di noi. Tutto il resto dobbiamo accontentarci di vederlo
come in uno specchio, in attesa
del giorno in cui lo vedremo faccia a faccia.
Daniele Bouchard
tito comunista (PCC), la sinistra
rivoluzionaria (MIR), il fronte della lotta armata (Flnmr),
e lo stesso partito socialista
(PSC). La nuova democrazia cilena dovrebbe essere una « democrazia protetta » capace di far
argine contro il « totalitarismo ».
Quale posto
per le sinistre?
Per questa esclusione, che ovviamente va bene alle forze moderate e di centro, si ricorda
l’art. 8 della Costituzione cilena
e il fatto che il partito comunista Sarebbe agli ordini di Mosca,
E’ però possibile escludere dalla democrazia forze come il P(X,
il MIR, il PSC? Il radicamento
sociale di queste forze è indubbio. Soprattutto il partito socialista, il cui leader Clodomiro
Almeyda è ancora in carcere,
sembra essere la forza che più
è in • grado di capire le possibilità di transizione verso la democrazia: è il trait d’union con
la rinata centrale sindacale (ex
Cut), ed i suoi giovani dirigenti
si sono dimostrati capaci in questo periodo di gestire una poli
tica unitaria con tutte le forze
di opposizione.
Il PCC, diretto cincora dal vecchio Luis Corvalan, è ancora
molto dogmatico ed il MIR è
diviso tra un’ala militarista (capeggiata dal segretario Pascal
Allende) e un’ala più possibilista che ritiene che gli scontri
armati siano ormai senza speranza.
Un ruolo importante per il
processo di pacificazione nazionale sarà poi anche giocato dagli Stati Uniti d’America, che
hanno iniziato da tempo un duro contenzioso con la dittatura
proprio sul terreno dei diritti
umani e della democrazia ed
hanno manifestato il loro appoggio alla Democrazia cristiana
(DC), che ha manifestato il desiderio di una democrazia aperta anche a radicali e a quella
parte dei socialisti che ripudia
la violenza.
La mediazione
della chiesa
In questa situazione la Chiesa cattolica, col suo cardinale,
appare l’organizzazione sociale
che, al di sopra dei partiti, potrà mediare. Per le piccole
chiese evangeliche si apre una
fase di mobilitazione per la « riconciliazione » nazionale, che
sappia far valere l’esperienza acquisita nelle gestioni delle « ollas popular» (le pentole popolari) di assistenza unitaria ed ecumenica nei quartieri popolari.
I presupposti della transizione
alla democrazia ci sono tutti,
ma dall’altra c’è anche la possibilità di un autogolpe della dittatura. Sarà il discorso del prossimo anno.
Giorgio Gardiol
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commenti e dibattiti
14 ottobre 1988
DIACONIA
Lo Stile
del servizio fraterno
Quale rapporto deve esserci tra predicazione e diaconia, e questa
come si pone di fronte al Regno? - Cristo s’identifica col bisognoso
Riprendendo un termine del bell’articolo di
Andrea Ribet sul numero del 23 settembre, vorrei
provare a vedere se il Nuovo Testamento ci permette di arrivare a qualche conclusione sullo
« stile » del servizio fraterno che si attua anche
(ma non soltanto) attraverso la diaconia organizzata.
1. Partendo dai più antichi scritti del N.T.,
cioè dtiUe epistole di Paolo, mi pare che si possa
trovare rma prima indicazione di « stile » nel fatto che predictizione e servizio d’amore sono quasi sempre argomenti tenuti separati. Di solito
Paolo parla della predicazione delTevangelo nei
primi capitoli delle sue lettere, e dell’amore e
del servizio in quelli conclusivi. Così nella lettera ai Calati troviamo le esortazioni a « portare
i pesi gli uni degli altri » (6: 2), « servire gli uni
gli altri nell’amore » (5; 13), « fare del bene a
tutti, e specialmente a quelli della famiglia della fede » (6: 10). Ma accade lo stesso nelle altre
lettere.
Invece quando parla della predicazione delTevangelo Paolo non vuole metterci nulla accanto; a Corinto non ha voluto sapere nulla alTinfuori di Cristo e lui crocifisso (I Cor. 2: 2), affinché la fede della sua comunità fosse fondata non
sulla sapienza degli uomini, ma sulla potenza di
Dio (v. 5): perciò, mentre gli uni chiedevano sapienza e gli altri cercavano miracoli, lui ha predicato soltanto Cristo crocifisso, sapienza di Dio
e potenza di Dio (I Cor. 1: 22-23).
Da qui mi pare si possa ricavare una prima
lezione di stile: la predicazione delTevangelo
non ha bisogno di segni apologetici che attirino
e convincano la gente (apparizioni sovrannaturali, statue piangenti, ecc.). E’ solo la potenza
delTevangelo che deve persuadere alla fede. Il
servizio delTamor fraterno ci deve essere, ma
deve seguire l’annunzio, non precederlo a scopo
propagandistico.
2. Un’altra indicazione viene da Gesù e dai
suoi primi discepoli. Gesù ha predicato e guarito,
e ai suoi discepoli ha affidàto contemporaneamente la missione di annunziare il Regno di Dio, di
guarire gli ammalati e di scacciare i demoni
(Marco 6: 7; Matteo 10: 7; Luca 9; 2). Ma né
in Gesù né in quei primi discepoli si trattava
solo di compassione e di solidarietà: si trattava
invece del Regno di Dio che si avvicinava agli
uomini attraverso la parola e l’azione potente
del Signore e dei suoi discepoli. Le loro guarigioni erano un segno di vittoria nella lotta contro le potenze scatenate per la conquista del
mondo.
3. Questo collegamento tra il servizio d’amo
re e la venuta del Regno trova conferma anche
in certi passi delle epistole, forse con un linguaggio diverso: per esempio, quando Paolo parla
dell’amore, della solidarietà, delle opere di misericordia e dell’ospitalità, nei cap. 12-13 di Romani,
conclude: « E ciò dovete fare tanto più che vi
rendete conto del tempo in cui viviamo. E’ ora
ormai che vi svegliate dal sonno... La notte è
avanzata, il giorno è vicino... »; si tratta naturalmente del giorno del Regno. E in Galati 5 e
6 l’amore, il servizio reciproco, il « fare il bene »
senza stancarsi sono descritti come frutti della
vita cristiana guidata dallo Spirito (5: 25) che
è la potenza data da Dio ai suoi nei giorni ultimi.
4. Tutti i segni d’amore di cui parlano Gesù nei vangeli e Paolo (e gli altri autori) nelle
lettere non sono da confondere con una borghese « beneficenza » ma sono sempre, nel N.T.,
dei segni della potenza del Regno di Dio che
erompe dalla crosta di questa vecchia società e
di questi vecchi esseri umani che noi siamo, quando la potenza del Regno (o lo Spirito, come la
chiama Paolo) prende fuoco dentro e esplode
come un vulcano che si risveglia dal suo letargo.
Perciò Paolo può anche parlare di « condurre i
pagani all’obbedienza, con parole e opere, con la
potenza di segni e prodigi, con la ipotenza dello
Spirito Santo » (Romani 15; 18 ss.; cfr. I Tessal.
1: 5). Segni del Regno, però; non prodigi propa
gandistici.
5. Un’ultima indicazione di stile viene da
Matteo 25: 3146 — la carta costituzionale del
servizio del prossimo. Il suo insegnamento è
duplice: anzitutto risulta che quelli che hanno
fatto del bene non ne erano consapevoli, cioè
non l’hanno fatto con secondi fini (per esempio
per ottenere un premio, neppure spirituale. Cfr.
i vv. 37 e 38). E il secondo insegnamento, più
profondo ancora: in questo discorso Gesù non
si identifica con i socconitori ma con quelli che
hanno bisogno di aiuto, con gli affamati, gli ignudi, i carcerati, gli infermi, i rifugiati senza abitazione. Contro ogni tentazione di presentarsi a
fare del bene « al posto di Cristo », i credenti
sono invitati da questa pagina di Matteo a vedere Cristo in quelli che hanno bisogno di soccorso
e di fraternità: chi Tavrà data a loro, Tavrà data
indirettamente al Signore stesso.
Forse queste sono alcune indicazioni di « stile» che potrebbero guidare l’azione delle comunità, degli istituti e dei singoli membri di chiesa verso coloro che soffrono di malattia, di vecchiaia, di povertà e di isolamento sociale. E’ il
Regno di Dio che deve avvicinarsi a loro.
Bruno Corsanì
IL PERDONO
Caro Direttore,
le scrivo questa mia perché sono
rimasto molto colpito dalle parole che
il nostro moderatore ha detto nel suo
recente discorso: • Ma prima viene
Il morire ».
Il mio desiderio sarebbe quello
che tutti I nostri fratelli in Cristo
mettessero in atto ciò che amorevolmente ha sottolineato il nroderatore,
quando dice che molte nostre chiese
sono malate, e che malgrado I molti
sermoni sul perdono, noi non sappiamo perdonare. Questo costituisce, secondo la mia esperienza personale,
una riprensione fraterna rivolta a tutti
noi.
Dovremmo tutti quanti riflettere su
queste cose accantonando per II nostro bene tutta la nostra malvagità
interiore per aprire II nostro cuore al
perdono che Cristo ci ha insegnato,
e far così posto al perdono, amandoci
gli uni gli altri.
Antonio Russo, Latiano
LA PACE, MA
NON AD OGNI COSTO
La sorella Paola Ghirardelli di Trieste ama la pace e la tranquillità ed
è preoccupata del fatto che alcune
madri evangeliche prelevano dalla scuola I loro bimbi per sottrarli all’inse
gnamento religioso del pretei Tutti
amiamo la pace e la tranquillità! Ma
non ad ogni costo! Che questo allontanamento dalla scuola per il bimbo
sia uno choc, sono d’accordoi Perché non ne comprende lo scopo; gli
sembra un sopruso sottrarlo alla compagnia dei suoi coetanei! Ma lo capirà benissimo all'età della ragione.
Gesù avrebbe potuto accettare la religione del tempo e vivere tranquillo!
Invece preferì le sofferenze della croce, per poter fare la volontà del
Padre Suo! Non credo che la chiesa
dominante, proprio oggi... tema il nostro razzismo! Praticamente non è stata mai tanto potente quanto In questo momento. L’abblamo visto praticamente com'è finita la storia finanziaria dello lOR! Mi sembra che tanto le
destre quanto le sinistre siano entrambe d'accordo nel disinteressarsi
del problema scolastico!
Gugliehno Sellar!, Torino
IL CONNUBIO TRA
CHIESA E POLITICA
Caro Direttore,
dopo la • vergognosa sentenza » del
Consiglio di Stato che assecondando In
pieno le richieste clericali e dichiarando che l'interpretazione vera del
Concordato, voluto ed affrettatamente
sottoscritto dall'on. Craxi, è quella di
riportare lo Stato Italiano In condizioni
PROTESTANTESIMO IN TV
« Cento anni a Palermo: presenza e testimonianza evangelica in città » era il titolo della
trasmissione di domenica 2 ottobre, a cura di M. Davite. In
un periodo come questo in cui
Palermo è giornalmente e tristemente alla ribalta della cronaca, l’argomento rivestiva
senz’altro un particolare interesse.
Veniamo così a sapere che
il primo pastore evangelico arriva a Palermo nel 1861 e che
si tratta del valdese Giorgio
Appia, mandato a curare una
comunità creata dalla precedente azione di alcuni colpor
monianza è stata offerta da un
giovane ex tossicomane ed ex
carcerato). Nella stessa linea
si muovono i mennoniti (che
gestiscono « radio Agape ») e
risultano rappresentati anche
gli apostolici. Per tornare nell’ambito FCEI, ascoltiamo i
pastori G. La Torre e S. Aquilante.
Il primo ci parla della chiesa valdese, di cui è conduttore, come di una comunità
compatta ma un po’ ripiegata
su se stessa. Una sensibilità
nuova sta però manifestandosi di fronte ai problemi degli
immigrati. Il secondo, direi
100 anni a Palermo
tori. Appia comprende subito
che la parola predicata deve
essere ’’incarnata” nel vivere
quotidiano e si adopera fattivamente per la crescita culturale ed economico-sociale della gente in mezzo a cui esercita il proprio ministero. Fonda
infatti una scuola ed aiuta il
costituirsi di una società operaia.
La comunità si espande e
passa da 27 a 60 membri. Nel
1880 sono all’opera anche due
chiese metodiste con una
scuola diurna e serale. Un
grosso incremento alla presenza protestante è dato, alla fine
della prima guerra mondiale,
da un certo numero di emigranti tornati dall’America
(dove si sono convertiti all’Evangelo nell’ambito del movimento pentecostale) che
svolgono una vivace azione di
proselitismo. Il fascismo prenderà particolarmente di mira
queste comunità dichiarando
il loro credo « nocivo all’integrità fìsica e psichica della
razza ». Solo nel 1959 esse otterranno riconoscimento giuridico. Oggi la situazione dell’evangelismo palermitano è
più che mai variegata. Accanto alla presenza valdese e metodista, sono tuttora all’opera
i pentecostali con più di una
comunità e con un centro giovanile. L’accento è da loro fortemente posto sul ravvedimento individuale (una bella testi
tore del Centro diaconale « La
Noce », ce ne illustra l’attività: una scuola che accoglie
424 alunni, dalla scuola materna alla terza media, e un centro di incontro pomeridiano
per ragazzi con attività sportive, musicali e varie (e l’apporto di psicologi, logopedisti
ed altri) con lo scopo di « produrre cultura ed offrire una
visione critica della realtà »,
creando uno spazio di aggregazione alternativo ai richiami della droga e della malavita. Una lotta indiretta ma fondamentale alla mentalità ed al
potere mafioso condotta con
mezzi « poveri », nella latitanza dello Stato. Il pastore Aquilante così riassume lo scopo
di questo lavoro: « Una diaconia che guardi oltre il servizio per puntare alla predicazione; una predicazione che
tenda a produrre cambiamento ».
Alla fine del filmato mi sorge spontanea una riflessione:
le diverse realtà evangeliche
che ci sono state presentate
sono, a Palermo come altrove, delle parallele destinale^
come tali a non incontrarsi
mai? Sarebbe impensabile avviare dei confronti, sul terreno teorico come su quello pratico, in vista di una riflessione comune sulla testimonianza da dare?
Mirella Argentieri Bein
di antica sudditanza rispetto al Vaticano, vorrei chiedere, umilmente, se
c'è aiicora tra noi qualcuno che auspica un più stretto connubio tra
chiesa e politica.
La risposta può anche essere: • sì,
certamente », se si auspica un ritorno
alle guerre di religione per tentare
di contrapporre un • potere evangelico » ad un potere cattolico e cominciare a combattere come nell'lrlanda
settentrionale. Ma non credo che questo sarebbe nello spirito deirEvangelo.
Sul plano pratico, per tentare di
opporsi a questa ipocrita decisione, mi
sembra che non ci sia da fare altro
che appellarsi al mondo: sia al Parlamento Europeo, sia ai firmatari del
trattato di pace. Ho l'impressione
che l’articolo 15 dì tale trattato, che
assicurava in Italia la piena libertà
religiosa, senza discriminazioni, debba
considerarsi tuttora operante.
Fraterni, cordiali saluti.
Reto Bonlfazi, Terni
Al LETTORI
In questa rubrica pubblichiamo brevi lettere dei nostri lettori. Per evitare tagli redazionali i lettori sono pregati di contenere all’essenziale i loro
scritti ( massimo 1 cartella dattiloscritta a spazio 2). E’ inoltre opportuno segnalare, oltre alla firma, anche l’indirizzo e il numero di telefono.
g. g
reco
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio Gardiol
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Roberto Giacone, Adriano
Longo, Plervaldo Rostan
Comitato di redazione: Mirella Argentieri Bein, Valdo BenecchI, Alberto
Bragaglla, Rosanna Ciappa Nini, Gino Conte, Piera Egidl, Paolo Fiorio, Claudio Martelli, Roberto Peyrot, Sergio Ribet, Massimo Romeo, Mirella Scorsonelll, Liliana VIgllelmo
Segreteria: Angelo ActIs
Amministrazione: MItzl Menusan
Correzione bozze: Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò
Spedizione: Loris Bertot
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Longo (vicepresidente). Paolo Gay, Giorgio GardioI, Franco Rlvolra (membri)
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi. 10 foglio 481
Il n. 38/'88 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino e a quelli decentrati delle valli valdesi II 6 ottobre 1988.
Hanno collaborato a questo numero: Archimede Bertolino, Valter Cesan,
Dino GardioI, Nino Gullotta, Antonio Kovacs, Giuseppe La Torre, Luigi Marchetti, Paola Martinelli, Ivana Natali, Paolo Ribet, Alberto Taccia.
3
r
14 ottobre 1988
religione a scuola 3
La proposta del pastore valdese Giorgio Girardet (su « il manifesto » del 2 settembre, ripresa
sul nostro giornale nel n. 37) di
accettare l’offerta di un insegnamento cristiano evangelico ufficiale nella scuola pubblica nella revisione dell’intesa fra Stato
e Chiese valdesi-metodiste, che
sarà fatta nel 1994, ci sorprende non poco e ci allarma.
A una prima lettura la proposta di Girardet sembra avere il
pregio del realismo politico e
sociale.
Noi, insegnanti e membri della chiesa valdese di Sampierdarena, ne vogliamo invece dimostrare la completa infondatezza dal punto di vista culturale,
politico e teologico.
La motivazione culturale di
Girardet rivela stanchezza e rassegnazione. Nella società italiana secolarizzata tutto lo spazio
religioso effettivamente disponibile — egli dice in sostanza —
è occupato dal cattolicesimo:
gli altri non contano, non si vedono, non esistono.
Non ci sembra che in altri momenti della storia dell’Italia unita, per non andare troppo indietro nel tempo, per le chiese
e le missioni evangeliche le cose siano state molto più facili.
Comprendiamo come la lotta di
tutta una vita possa col tempo stancare, dopo tante speranze deluse, ma noi credenti dobbiamo sempre ricordarci che il
futuro appartiene a Dio.
Troppo presto, alcuni dirigenti
delle nostre chiese si erano illusi che l’intesa con lo Stato
DIBATTITO
No all’ora
di religione protestante
avesse garantito davvero spazi
istituzionali alla nostra esistenza e alla nostra azione, che sono invece minacciate di soffocamento. Spazi non garantiti per
la nostra testimonianza protestante in realtà non mancano
neppure in Italia, ma quanta fatica ci costano! Anche se il messaggio cristiano riformato non è
il più rispondente alla cultura
italiana prevalente oggi, le nostre chiese continuano comunque a ricevere convertiti.
Queste conversioni non fanno notizia, ma ci sono. Poca cosa, si dirà, di fronte al numero e ai nomi di altre « conversioni ». Ma questi nuovi fratelli
che riceviamo sono il segno per
noj che il Signore non dimentica le sue chiese, a dispetto di
tutte le piccole furberie concordatarie di Wojtyla e dei suoi.
Indubbiamente il pastore Girardet, profondo conoscitore di
comunicazione sociale e di giornalismo, ha davanti a sé una
vista desolante. Il conformismo
e la piattezza dei mezzi di massa italiani in questi ultimi anni si sono diffusi in ogni setto
re, compreso quello religioso. La
traduzione in lessico cattolico
di tutti i fatti religiosi ne è appunto un segno non secondario. I potenti della terra in Italia, fra cui la chiesa cattolica,
controllano fra le altre cose anche l’informazione e orientano
il linguaggio. Ce ne dobbiamo
stupire?
In un senso più strettamente
e attualmente politico, è comune constatazione che buona parte della sinistra storica ha abdicato a molti dei suoi antichi
principi di laicitài, di giustizia
sociale, di onesta amministrazione pubblica. Dal decisionismo,
dalTidea della politica come spettacolo e come mercato, dall’ossequio alle presunte leggi del
mercato, dalla ricerca del potere a tutti i costi sono venuti
molti dei guai che oggi lamentiamo anche in campo religioso:
gli altri gruppi della sinistra e
i laici saranno stati inetti o
disattenti, ma il partito socialista, dal concordato del 1984 in
poi, ha fatto e minaccia di fare
davvero troppe concessioni alla
chiesa cattolica e alle sue com
Obiezione di coscienza
Due sentenze antitetiche a causa di diverse valutazioni politiche Fin dal 1946 il discorso non è stato impostato su basi giuridiche
La sentenza del Consiglio di
Stato sull’ora di religione (numero 1006 del 17 giugno 1988)
ha lasciato piuttosto perplessi
tutti coloro che avevano piaudito alle conclusioni del Tribunale amministrativo del Lazio del
giugno 1987, allorché si salutò
una decisione che affennava con
chiarezza il principio della laicità dello Stato, e poneva l’ora di
religione al suo posto, nel pieno
rispetto sia del Concordato tra
la Chiesa cattolica romana e lo
Stato italiano, sia dell’Intesa tra
lo Stato stesso e le chiese rappresentate dalla Tavola Valdese.
La perplessità maggiore sta
nel fatto che le due sentenze sono antitetiche non per motivi di
diritto, di interpretazione giuridica della circolare impugnata
ed oggetto delle decisioni (circ.
min. P.I. n. 302 del 29.10.1986),
ma per una valutazione politica
essenzialmente diversa delle norme concordatarie.
Il Consiglio di Stato dà una
sorta di interpretazione autentica (senza averne il potere) dello
spirito del Concordato e della
legge 11 agosto 1984 n. 449 (di
attuazione dell’intesa), interpretazione ben diversa da quella
che si diede quattro anni fa, allorché i testi pattizi furono firmati, e che costituisce assolutamente una novità che mi pare
vada ben al di là delle intenzioni dei negoziatori, dei firmatari
c del legislatore (quando addirittura non le travisa grossolanamente).
E’ ben vero che il Concordato
e stato aggiornato, ma relativamente all’ora di religione si era
sempre sottinteso che quella era
c quella doveva rimanere: con
l’ariicolo 7 della Costituzione nel
1947 e con il « nuovo » Concordato nel 1984, la Repubblica italiana aveva garantito alla Chieda cattolica romana quella gran
Conquista, ottenuta nel 1929, di
avere un catechista presente nelle scuole di ogni ordine e grado
(escluse, chissà perché, le Università: perché infatti, già che
Cerano, non prevedere un esame obbligatorio di dottrina cattolica almeno nei corsi di lauma ad indirizzo umanistico?).
Il Consiglio di Stato ha sancito che « completamente diversa
(rispetto al 1929) è la motivazione dell’insegnamento, nelle scuole pubbliche, della religione cat'tolica, adottata dal Concordato
revisionato ».
Infatti, « l’insegnamento della
religione cattolica non è più considerato come estraneo alla scuola pubblica; non è più ima mera concessione fatta alla Chiesa
cattolica (romana), rientrando,
bensì, a titolo proprio, nelle finalità dello Stato in ordine alla
elevazione della cultura e della
coscienza del singolo cittadino ».
E’ evidente che il gioco tra la
Chiesa cattolica romana e lo Stato italiano è mutato, e viene da
pensare che la decisione di mutare il gioco avvenne già nel corso delle trattative per il « nuovo » Concordato: perché però si
è dovuta aspettare una decisione
del Consiglio di Stato per rendere esplicito il gioco? Non lo si poteva già dire chiaramente allorché il « nuovo » Concordato venne alla luce?
Quest’ultima è chiaramente
una domanda ingenua se non retorica.
Se già si pensava, a livello governativo, o di trattativa per il
Concordato, quanto poi affermato dal Consiglio di Stato, possiamo a buon diritto affermare di
essere stati solennemente presi
in giro, e che siamo cascati come
allocchi nella trappola che ci si
stava tendendo.
Oggi allora non possiamo che
ribadire quanto già venne detto
quarant’anni fa su queste stesse
colonne (1): la questione della
libertà in materia di religione in
Italia è stata impostata male fino dal 1946, ponendo il discorso
sul piano politico, e non su quello giuridico, di tutela dei diritti:
ancora oggi questo è il vizio di
chi governa in Italia (e non solo
in questa materia), di cui paghiamo le conseguenze.
Se però non siamo d’accordo
con le valutazioni politiche di chi
ci governa, di chi esercita il potere e l’autorità dello Stato nel quale viviamo come credenti, perché
ponenti più retrive.
L’inserimehto nell’intesa valdese-metodista delTora ufficiale di
insegnamento religioso protestante andrebbe proprio nella
stessa direzione, come sarebbe
andata l’accettazione dello 0,8%,
respinta al nostro ultimo Sinodo.
Le nostre chiese diverrebbero
veramente il sale che non sala
più e non si comprenderebbe più
la ragione della loro presenza.
Ciò che manca nell’articolo di
Girardet è una qualsiasi motivazione d’ordine teologico e ciò
non può stupire il lettore. Infatti
la preoccupazione culturale e
politica, interna a una logica secolarizzata, riduce la religione
a un semplice valore d’uso da
porre sul mercato, a ima sorta
di servizio sociale che lo Stato
garantisce ai cittadini. Ma se allo Stato o, meglio, al potere politico questa riduzione può far
comodo, essa è snaturamento
del « religioso » in quanto tale.
Il « bisogno » religioso non può
essere soddisfatto da nessuna umana istituzione, né dalla chiesa, né dallo Stato. Il « bisogno »
religioso trova la sua soddisfa
zicne solo per opera dello Spirito Santo, attraverso la Parola.
All’istituzione umana chiesa spetta la testimonianza della Parola: e la testimonianza vera non
è mai imposizione, ma proposta
della Parola. Nessuna chiesa può
imporre direttamente c indirettamente — tramite lo Stato —
la Parola, pena lo snaturamento
della Parola stessa, la sua trasformazione in un fatto puramente umano e secolarizzato, ideologico. Per questo l’insegnamento della religione a scuola
non rientra nell’opera di testimonianza della chiesa evangelica. Ciò non esime naturalmente
la chiesa dal rispondere alla domanda umana e culturale su ciò
che è il suo fondamento, la Parola. E’ quanto più volte noi vaidesi e metodisti ci siamo dichiarati pronti a fare e che di fronte
alle richieste delle scuole abbiamo fatto. Ma questo limite non
possiamo valicarlo, pena il cadere in facili illusioni di scorciatoie per un’opera — quella della conversione — che è di Dio e
non di uomini. Dalla pace di Augusta in poi la storia delle chiese nate dalla Riforma sta a dimostrare che le scorciatoie escogitate dagli uomini sono destinate a fallire: i loro disegni istituzional-religiosi vengono costantemente mandati all’aria dall’opera dello Spirito che continua ad
agire liberamente, « soffiando dove vuole », al di là dei calcoli
che uomini pii e uomini religiosi fanno.
Giancarlo Giovine
Giacomo Quartino
ORA DI RELIGIONE CATTOLICA
RASSEGNA STAMPA
le riteniamo confliggenti con le
ragioni della nostra coscienza, la
risposta può essere una sola, presa in piena responsabilità: obiezione di coscienza.
Se la coscienza ci impedisce di
« sottometterci alle autorità superiori » (Rom. 13: 1), dobbiamo
seguire l’imperativo della coscienza, e non il dettame dell’autorità.
Già in altre occasioni si sono
messe le ragioni di coscienza davanti alle indicazioni dell’autorità
dello Stato: questa può aggiungersi alle altre.
A distanza di tempo, lo Stato
stesso ha poi riconosciuto che
quelle ragioni di coscienza erano
meritevoli di tutela: pensiamo
all’obiezione di coscienza al servizio militare.
Come può manifestarsi l’obiezione di coscienza all’ora di religione e all’ora « alternativa »
che ne costituisce il puntello?
(Dev’essere chiaro che l’obiezione di coscienza è al sistema nella
sua globalità).
Per i maggiori di 18 anni, rifiutandosi di seguire ora di religione o alternativa, giustificando
l’assenza esplicitamente « per
obiezione di coscienza ».
Per i minori, i genitori dovrebbero giustificare analogamente i
figli.
Certo si deve sapere che l’obiezione di coscienza non si fa senza
conseguenze personali (es. minore valutazione nella condotta), e
pagando anche di persona.
Sarà importante però che gli
atti di obiezione di coscienza non
rimangano gesti isolati e privati,
ma occorre che diventino atti di
carattere nubblico, di denuncia
politica del sistema.
Utili indicazioni potranno essere reperite presso i Comitati per
la laicità della scuola che stanno
nian piano sorgendo (o risorgendo). o presso i Comitati « Scuola
e Costituzione » già presenti in
molte città.
Paolo Gay
Il ministro Galloni:
vale la mia||circolare
Per i non avvalentisi sono tuttora previste le
attività alternative o lo studio individuale
(1) G. Peyrot, « Non turbate la pace religiosa in Italia! », in La Luce, 30
dicembre 1946.
L’anno scolastico inizia all’insegna delle polemiche sull’ora
di religione dopo che il Consiglio
di Stato ha affermato Tohhligatorietà dell’insegnamento alternativo.
Per la verità è una polemica
che investe soprattutto questioni di principio e di interpretazione del Concordato e che quindi, a mio avviso, è molto più
sentita tra le forze politiche che
nella scuola e nelle famiglie.
C’è tuttavia il rischio che
si crei una situazione di incertezza su ciò che si deve inten
dere per materia alternativa
su ciò che dovranno fare gl
studenti che non intendono par
tecipare alla lezione di religione
Non c’è alcuna situazione di
incertezza visto che vale la cir
colare che io stesso ho emana
to il 28 ottobre dello scorso anno sulla base delle conclusioni
di un dibattito parlamentare
concluso dalTallora presidente
del Consiglio, Giovanni Goria.
Che cosa prevede la circolare?
Prevede che, in attesa della
sentenza del Consiglio di Stato,
che ora c’è stata, e della legge
sull’attività alternativa, che dovrà essere varata dal Parlamento, l’ora di religione sia inserita nella programmazione degli
orari scolastici secondo le scelte dei capi d’istituto, naturalmente d’intesa con i docenti.
E cosa dovranno fare gli studenti che non intendono avvalersi delTora di religione?
La circolare prevede che per
questi studenti la scuola debba
provvedere ad organizzare attività alternative e anche ore di
studio individuale sotto la vigilanza di Un docente.
Insomma, basta che ci sia la
sorveglianza del docente, perché uno studente possa studiare
ciò che gli pare?
Non è esatto: materie alterhative e ore di studio individuali devono comunque rientrare
nelle finalità generali della scuola.
All’inizio dell’anno scolastico
invierà una nuova circolare per
confermare e magari precisare
i contenuti della precedente?
Non ne vedo proprio il motivo.
La circolare dell’ottobre ’87 è
pienamente valida e io non ho
alcuna intenzione di revocarla.
Occorre, comunque, una legge per risolvere definitivamente il problema delle materie alternative. Quando la presenterà?
Per la verità io ho già presentato al Consiglio dei ministri, per
una necessaria valutazione collegiale, un disegno di legge il
1° dicembre dello scorso anno.
Già, ma allora c’era un altro
Governo. Ora il disegno di legge
andrà rlpresentato al nuovo Consiglio perché lo approvi. A che
punto siamo?
Il disegno di legge è già pronto e lo presenterò al prossimo
Consiglio dei ministri. Intanto
ho scritto al presidente del Consiglio perché sull’argomento occorre sentire prima la Tavola
valdese, secondo quanto prevede
la legge che disciplina appunto
l’intesa.
Sull’argomento lei è comunque
impegnato a servirsi di un disegno di legge oppure di un decreto?
Su questa materia è bene che
sia il Parlamento a decidere. E
comunque non penso che ci sia
il requisito dell’urgenza per poter ricorrere al decreto legge,
visto che la situazione è già ora
regolata dalla circolare ministeriale.
Intervista a cura di Guido
Compagna, da « Il Sole - 24 ore »
del 12 settembre 1988.
4
4 ecumenismo
14 ottobre 1988
UN PROGETTO DI UNIONE
L’unità dei riformati
neH'Europa dei 1992
Roland Revet, membro dell’esecutivo dell’Alleanza riformata mondiale, Illustra la sua strategia - Un’idea che farà senz’altro discutere
« Noi diciamo: la chiesa di Gesù Cristo è ima. Ma si tratta di
un’affermazione soltanto teorica,
in realtà le chiese non sono solo
divise tra loro. Lo sono anche al
loro interno. Spesso le divisioni
derivano da situazioni storiche
anteriori e riflettono conflitti antichi che si prolungano nel presente. Inoltre i processi di unificazione, quando ci sono, in genere sono molto lenti e sovente
avvengono all’interno di frontiere
politiche. Perché non dovremmo prendere l’iniziativa e tentare
un progetto d’unione delle chiese
riformate d'Eurapa? ».
Chi parla è Roland Revet, 53
anni, membro del Comitato esecutivo dell' Alleanza Riformata
Mondiale (ARM) e dal 1982 presidente del « Dipartimento cooperazione e testimonianza » della
stessa ARM. Un’idea la sua che
fa discutere e per la quale abbiamo sollecitato questa intervista.
Giocare d’anticipo?
— L’idea insomma è quella di
anticipare il grande avvenimento
politico dell’Europa unita del
1992 e promuovere una maggiore
unità tra le chiese riformate dei
dodici Paesi del MEC. Ma perché
solo i dodici?
— Limitarsi ai Paesi della Comunità Europea — risponde Revet — avrebbe il vantaggio di lavorare nel quadro di regimi politici praticamente simili pur presentando l’inconveniente di lasciare da parte chiese importanti come quelle della Svizzera o
dell’Austria. Una chiesa riformata unita in Europa, anche se risultante dall’accostamento di chiese
minoritarie, avrebbe un peso rilevante nel quadro della Comunità Europea sia ner l’opinione
pubblica (penso soprattutto ai
mass media) sia per i vari governi. Se, come sono profondamente persuaso, Quello che hanno da
dire i cristiano-riformati è quasi
sempre molto diverso da ciò che
afferma la chiesa cattolico-romana questa unione europea dei riformati permetterebbe di rendere più incisiva ed udibile la nostra Voce.
— Ma ci sono pur delle differenze tra le varie chiese riformate?
— Ovvio — dice Revet — ma si
tratta pur sempre di differenze
minime all’intemo di comuni radici teologiche. Tutte le nostre
chiese hanno all’incirca lo stesso
sistema di governo e le differenze
più rilevanti riguardano i rapporti con lo Stato. Credo che sarebbe facilmente praticabile l’ipotesi di creare una federazione europea occidentale delle chiese riformate.
Strasburgo: l’aula del Consiglio d Europa.
re il problema di cui stiamo parlando. L’ARM nacque nel 1875. All’inizio vi aderirono soprattutto
chiese presbiteriane di tradizione anglosassone e successivamente altre chiese riformate del Sud
del mondo. Nel 1948, al momento
della fondazione del Consiglio
Ecumenico delle Chiese (CEC),la
sede dell’ARM fu anch’essa spostata a Ginevra per sottolineare
la possibile cooperazione tra i
due organismi. Delle 21 chiese
membro nel 1875 si è passati oggi
a 164, ripartite in 80 diversi Paesi in rappresentanza di 70 milioni
di cristiani riformati.
L’ARM si presenta come una
struttura leggera il cui "staff” si
compone a malapena di uria dozzina di persone a tempo pieno (a
titolo di paragone si pensi che la
Federazione luterana mondiale
impiega 150 persone). Dal 1982 il
pastore sudafricano Allan Boesak è presidente dell’ARM. La
sua spinta a far st che l’Alleanza
si occupi maggiormente della difesa dei diritti dell’uomo è indubbia. A differenza del CEC, l’ARM
è una struttura molto più agile
che si fonda sulla comune tradizione teologica ed ecclesiologica dei suoi membri. Ma noti
mancano problemi d identità
(per esempio: cosa significa essere protestanti oggi?), problemi
economici (una larga fetta delle
chiese dell’ARM sono nel Terzo
Mondo) ed infine problemi ecumenici (si pensi al rapporto con
il CEC e al rapporto con il cattolicesimo).
mo oggi la nostra testimonianza
nella situazione in cui viviamo?
Ovvero: qual è il contesto in cui
cerchiamo di condividere con i
nostri contemporanei la speranza deH’E vangelo?
La nostra speranza è quella che le chiese membro delFARM inviino a Seoul uomini e
donne che abbiano profondamente riflettuto sui problemi e sappiano tracciare nuove linee di
azione per il futuro. L Assemblea
di Seoul rivestirà una grande importanza ma ancora più importante è il lavoro che si sta avviando nelle chiese locali in vista di
questo confronto internazionale.
L’identità dei
riformati
— Potremmo tentare di anticipare una risposta all’interrogativo: in cosa consiste la specificità
della testimonianza dei riformati?
— Non si rischierebbe in qualche modo di scavalcare la stessa Alleanza riformata mondiale?
Ad Ottawa, nel 1982, l’ARM lanciò l’idea di un Patto per la pace
e per la giustizia, ma occorse attendere l’assemblea del CEC di
Vancouver nel 1983 perché quest’ idea acquistasse risonanza
mondiale nella parole d’ordine:
« pace, giustizia e salvaguardia
della creazione».
— No — continua Revet — si
tratterebbe di creare una chiesa
riformata dell’Alleanza nella comunità europea. L’ARM ne verrebbe arricchita anziché impoverita.
L’assemblea del
prossimo anno a Seoul
Nell’agosto del 1989 a Seoul
si svolgerà l’assemblea generale
dell’ARM. Chiedo a Revet:
Identikit dell’Alleanza
riformata mondiale
— Quale sarà il tema e quali le
aspettative di questo prossimo
importante appuntamento?
— Per prima cosa — continua
Revet — noi siamo quasi ovunque una minoranza che deve trovare il coraggio di parlare ed evitare i compromessi con il potere.
Questo già avviene ma se sapremo unirci più profondamente, anche e soprattutto a livello europeo, la nostra azione sarà più incisiva. Una delle nostre priorità è
la lotta per la giustizia, dal risnetto dei diritti umani (e non
solo in Sud Africa) alla solidarietà con le minoranze oppresse.
Inoltre, in quanto riformati, occorre approfondire la nostra specificità ecclesiologica. Le nostre,
ormai vecchie di qualche anno,
reazioni al documento ecumenico
su « Battesimo, Eucarestia, Ministeri » (BEM) dimostrano che
non aderiamo facilmente a tendenze che privilegiano gli aspetti
clericali escludendo sottilmente i
laici e le donne. Aggiungo che
l’idea stessa di democrazia, il sistema di governo per elezione,
affonda le proprie radici nella
esperienzà riformata. Da qui deriva una nostra precisa responsabilità. In un mondo come il nostro,
che è schiacciato sotto il peso di
decisioni prese altrove, come può
la chiesa, nel nome dell’Evangelo
liberatore, diventare veramente
luogo di libertà e di partecipazione?
A questo punto occorrono due
parole sull’ Alleanza riformata
mondiale tanto per meglio situa
— Il tema di Seoul tratto dall’interrogativo di Gesù « Ohi dite
voi che io sia? » (Me. 8: 29). Per
noi significherà: come esprimia
Una domanda da girare a tutte
le chiese riformate. Anche fuori
d’Europa.
Giuseppe Platone
BEATI I COSTRUTTORI DI PACE
Il tempo stringe
Per il quarto anno consecutivo si terrà anche in Italia la
« Settimana Ecumenica per la Pace » (S.E.P.) promossa da movimenti, organizzazioni e centri di ispirazione religiosa impegnati in vario modo per la pace. Il termine « ecumenica » indica
il desiderio di abbracciare tutte le religioni.
Ricordando le passate animosità tra le varie religioni, è importante che oggi, in una stagione che potrebbe essere l’ultima
dell’umanità, esse diano una comune testimonianza di impegno
per la pace. Ad incoraggiare queste iniziative ecumeniche per
la pace c’è da un lato il ricordo dell’incontro di preghiera di
Assisi il 27 ottobre 1986, dall’altro il cammino verso quella « assemblea mondiale per la giustizia, la pace e la salvaguardia del
creato » che è stata prevista dal consiglio mondiale delle Chiese
a Vancouver (1983) per il 1990 e che ha come sue tappe il recente incontro ecumenico di Assisi (6-12 agosto 1988) e l’Assemblea su «Pace nella giustizia» (15-21 maggio 1989 a Basilea)
promossa dal Consiglio delle Chiese e delle Conferenze episcopali cattoliche europee. La SEP si pone come occasione per creare una partecipazione di base nelle chiese a questo « processo
conciliare ».
Perché dal 16 al 24 ottobre
In Italia è stato scelto il periodo dal 16 al 24 ottobre perché
queste date ricordano avvenimenti importanti per tutti. Il 16 ottobre è l’anniversario della deportazione degli Ebrei dal ghetto
di Roma ed è la Giornata dell’ONU per l’alimentazione; il 24
ottobre è l’anniversario della fondazione delle stesse Nazioni
Unite e Giornata mondiale per il disarmo. In altre nazioni si
scelgono altri periodi: anche in Italia ciascuna realtà locale è
libera di scegliere date e programmi che le situazioni e le forze
consentono.
Le iniziative in
Piemonte e Vaiie d'Aosta
DOMENICA 16 OTTOBRE:
mattino (ore 10-14): allestimento «Tenda della pace» in piazza Solferino. Raccolta e sistemazione della documentazione di tutti i gruppi partecipanti alla Settimana;
sera (ore 20.30-22): animazione sulla pace, momento di festa
con canti e balli (presso la tenda).
LUNEDI’ 17 OTTOBRE:
pomeriggio (ore 15-17.30): «Ogni bimbo ha diritto al suo
cibo ». Inaugurazione dell’attività annuale di educazione
allo sviluppo per le scuole, promossa da: AGLI, AGRA,
APS, Glub Unesco, GISV, GISCIAST, MSP, in occasione
della Giornata Mondiale dell’Alimentazione (Sala Polizza
da Volpedo, via XX settembre, 88).
GIOVEDÌ’ 20 OTTOBRE:
sera (ore 20.30): il Gomitato Oscar Remerò propone un incontro: « Solidarietà è il nuovo nome dello sviluppo ». Testimonianze e confronto tra credenti impegnati nei punti caldi del mondo (presso la tenda).
VENERDÌ’ 21 O’TTOBRE:
pomeriggio (ore 18): a cura del « Filo diretto con il Parlamento », le AGLI organizzano un incontro con i parlamentari
che avevano sottoscritto l’appello di « Beati... » nel maggio ’87, per verificare i loro impegni sui temi dell’obiezione di coscienza, della difesa popolare nonviolenta e
del commercio delle armi;
sera (ore 20.30): canti per la pace, a cura del Gentro Cultura
Popolare delTENARS-ACLI, presso la tenda;
(ore 21): canti e riflessioni su due temi: «Oggi nel Sud
Africa » e « Da Assisi a Basilea », nella chiesa valdese di
corso Vittorio, 23. Partecipano un gruppo musicale olandese, il gruppo musicale della FGEI con canti sul Sud
Africa. Interviene un rappresentante del Comitato di preparazione di Basilea ’89.
SABATO 22 OTTOBRE:
sera (ore 19/20): serata di preghiera, di riflessione, di ascolto, di confronto e di documentazione sull’incontro ecumenico Assisi ’88, presso la « Tenda della pace ».
DOMENICA 23 OTTOBRE:
sera (ore 19/22): Momento ecumenico conclusivo di digiuno
e di preghiera nella chiesa di san Filippo, a Torino, in
via Maria Vittoria, n. 5: ascolto della Parola, testimonianze, canti, silenzio. Interventi di: Paolo Ricca (pastore valdese), Umberto Vivarelli (francescano), Adriana Zarri
(teologa), Sergio Ribet, Alvise Alba, Roberto Granchi Bellone (francescano).
Il momento liturgico conclusivo sarà guidato da: padre
Giorgio Vasilescu (chiesa ortodossa), Eugenio Rivoir
(chiesa valdese), monsignor Luigi Bettazzi (chiesa cattolica). Nel corso della serata sarà promossa una raccolta
di fondi destinata a sostenere il diffìcile impegno delle
chiese del Sud Africa, a seguito del loro drammatico appello dello scorso mese di maggio.
Fiaccolata di pace, dalla chiesa di san Filippo fino alla
« Tenda della pace », con il seguente percorso: via Maria
Vittoria, via Roma, piazza Gastello, via Pietro Micca, piazza Solferino.
Saranno distribuite delle candele prodotte dalla cooperativa Ukukhanya (accendi un lume), fondata nel 1977
nei locali di una chiesa aglicana del ghetto nero di Soweto. Anche questo è un gesto di solidarietà concreta con
le vittime deiTapartheid.
il
5
w
14 ottobre 1988
prospettive bibliche
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA,
CON I NOSTRI RAGAZZI
COME CI PARLA, DIO?
« L’Eterno disse ad Abramo... »
Non è davvero il caso di "bruciare”, qui, oggi, e magari malamente,
tutto quello che scoprirete nei vostri
gruppi, le prossime domeniche. Vi
propongo solo di ascoltare tutti insieme proprio l’inizio della storia di
Abramo, così come ce la racconta la
Bib bia. Dopo averci fatto la genealogia del patriarca — per la gente della Bibbia è sempre molto importante sapere da dove, da chi veniamo —
la Genesi ci dice: « L’Eterno disse ad
Abramo... ». Questo Abramo è uno
di quegli uomini della Bibbia con i
quali Dio parla. Non per fare quattro
chiacchiere, ma dire delle cose importanti, vitali.
Proprio così: Dio parla agli uomini e alle donne che ci parlano nella
Bibbia; e attraverso quello che essi
ci dicono, Dio parla a noi, sì, anche a
noi. Per questo diciamo che la Bibbia è, o ci comunica, la Parola di Dio.
Ma come?
Forse però vi domandate, ci domandiamo tutti: ma come parla,
Dio? Voi ragazzi siete pieni di perché, volete sapere ben preciso come
succedono le cose.
Beh, è chiaro che Dio — che è una
persona incomparabile e vivissima,
ma non è come uno di noi — non
parla come noi, aprendo la bocca,
muovendo le labbra e dicendo delle
parole che il cervello sta pensando.
E quindi non è con le nostre orecchie, attraverso le vibrazioni dei nostri timpani e gli impulsi nervosi che
arrivano al nostro cervello, che noi
10 sentiamo parlare. Anche se sapevano tante cose meno di noi (ma anche tante di più, chissà), questo lo
sapevano perfettamente, gli uomini
della Bibbia, e quelli che l'hanno
scritta.
Però erano anche ben certi che Dio
si fa conoscere da noi; lo avevano incontrato. Anche qui, non come noi ci
incontriamo per strada o a scuola ■—
« oh, ciao, come va? » — ma pure sapevano di averlo incontrato, tanto da
cambiare spesso il modo di pensare,
11 modo di vivere; tanto da partire da
Casa e dalla patria, come fa Abramo,
^ica son cose che si fanno, così, se
non sei ben sicuro. Ecco, loro erano
sicuri che Dio avesse "detto" loro
qualcosa, avesse dato loro delle indicazioni da prendere sul serio. Insom^a, erano certi che Dio si fa conoscere da noi, si "rivela" cioè si "scopre”, ci dice quello che pensa e progetta, quello che si aspetta da noi; ci
promette delle cose, e ce ne chiede.
In queste settimane si sono riaperte le nostre scuole domenicali e hanno avviato il loro lavoro; spesso la ’’ripresa” avviene nel quadro di un
culto con la parte adulta della comunità. Per la prima parte di quest’anno, i nostri ragazzi, le loro monitrici e monitori (loro, e nostri, perché
esercitano questo ministero fra noi e anche per noi) hanno un programma ohe parte con una sequenza affascinante: le saghe dei patriarchi, e in
particolare quella, ’’fondante”, di Àbramo. Lasciandogli il tono discorsivo nello sforzo di parlare ai ragazzi, pubblichiamo il messaggio rivolto
in uno di questi culti di piccoli e grandi.
a cura di GINO CONTE
A tu per tu con Dio
Per esempio, gli uomini della Bibbia erano sicuri che i comandamenti
che Mosé aveva dato al popolo, una
volta liberato, per insegnargli a vivere fiducioso e ubbidiente, Mosé li
aveva ricevuti da Dio; Mosé, con il
quale — ci riferisce l’Esodo — « Dio
parlava come un uomo parla al suo
amico », « faccia a faccia », a tu per
tu, diremmo noi (Es. 33: 11^ Come
li aveva ricevuti, quei comandamenti? Come li aveva "ascoltati" e capiti,
come li aveva pensati, o meglio come
Dio glieli aveva fatti pensare, non
sappiamo. Ma la Bibbia è un mondo,
riflette un mondo in cui una cosa è
certa: attraverso Mosé quei comandamenti ce li ha dati Dio. Ecco perché
in molte cose sono simili alle leggi di
altri popoli, ma in tante altre sono
del tutto diversi, unici nel loro genere. Non li ha fatti un legislatore o
un parlamento, li ha pensati e dati
Dio, anche se poi si serve delle nostre parole umane.
E poi, vi ricordate quei profeti che
quando parlano osano dire, spesso:
« Il Signore nn ha detto... »; e anche
quando non lo dicono chiaro, parlano e si comportano con questa certezza: che non sono loro a parlare, a
dire le loro idee, ma che danno o prestano "voce” a Dio, sono letteralmente i suoi "portavoce”; « Cosi parla
l’Eterno... ».
Ma il « Pierino » che c’è in voi e
in tutti noi, insiste: sì, sì, ma insomma, come parla Dio, se non ha bocca
come noi? Come facciamo a essere
sicuri che quella che ci dicono o che
noi diciamo essere parola di Dio, sia
proprio la sua? E’ una grossa questione, una domanda seria: non va
zittita né presa sottogamba; e non vi
aspettate una dimostrazione che tappi la bocca ai Pierini. Alcune cose però possiamo subito dirle, e di altre
parlerete nei vostri gruppi.
Ci sono molti modi
di ’’parlare”
Lo sapete bene anche voi, ci sono
vari modi di « parlare », di comuni
care con altri. Non c’è solo la bocca.
Gli animali, per esempio, non « parlano », cioè non dicono parole come
noi, ma sappiamo benissimo che comunicano fra loro, dai fischi delle
marmotte, al cinguettare degli uccelli, agli ultrasuoni con cui comunicano
anche a grande distanza i cetacei, le
orche marine, o ancora alla coda del
pavone, allo svolazzare multicolore
delle farfalle, al palpitare notturno
dei lumini delle lucciole. In questi e
in mille altri modi, quante cose si
dicono gli animali! Del resto, chiunque ha un animale sa benissimo come questo si fa capire, ci « parla » e
come, quando vuol dirci che ha fame,
che vuole essere portato a spasso,
che ci è affezionato — o che gli facciamo paura, o rabbia! E, scusate il
confronto: non capita anche a voi, a
volte, di dire il bene che volete a papà e alla mamma, o ai nonni, la fiducia, il senso di sicurezza, o magari la
voglia di consolarli, se li vedete tristi
e preoccupati, sì, di « dire » tutto
questo senza parole, magari strusciandovi a loro, abbracciandoli
stretti? E loro capiscono benissimo!
Così come capiscono benissimo
quando fate gli scontrosi, imbronciati. Pure papà e mamma vi dicono
tante cose, anche senza parlare,
quando sono allegri e affettuosi, o invece severi, e si vede che sono scontenti. Quante cose si dicono senza parole, con un atteggiamento, un gesto.
I modi di Dio
Naturalmente, Dio non è come uno
di noi, e come non lo udiamo parlare, così non lo vediamo agire (per
ora, solo per ora! ci ha promesso Gesù). Dio agisce, fa: continuamente,
infinite cose, per noi e per tutti; ma
è come nascosto, velato; ci si passa
accanto senza accorgerci, se non ci
"dice”: « Sta’ attento! Guarda bene
quel che sto facendo, anche per te! »
— o se qualcuno non ce lo dice da
parte sua.
Ecco, leggendo con attenzione la
Bibbia, possiamo dire che Dio ha
via via scelto degli uomini e delle
donne e in un modo che è il suo se
greto si è "svelato” a loro, o meglio
ha svelato la sua opera, il suo amore,
ha fatto capire le sue promesse, i
suoi inviti, i suoi ordini, affinché
a loro volta essi parlassero di
lui e per lui, a tutti — anche
a noi, oggi. Abramo e Sara, Isacco e Rebecca, Giacobbe ed Esaù e
Lea e Rachele, Mosé e Miriam, Elia
e Ruth, Isaia, Geremia e tanti e tanti,
più grandi e famosi, più semplici e
umili. Lo hanno incontrato nella loro
vita: al momento di emigrare (Àbramo), o di rimpatriare (Giacobbe), andando verso la libertà (Mosé e quelli
dell’Esodo) o verso la prigionia (Geremia e quelli della deportazione);
oppure vedendo un muratore che tirava su un muro col filo a piombo
(Amos), andando al culto (Isaia), osservando come un artigiano, cui era
riuscito male un vaso di argilla, lo
disfava e riplasmava (Geremia): in
tutte queste occasioni, Dio ha fatto
capire loro qualcosa di sé e della nostra vita con lui. A volte Dio ha parlato attraverso dei sogni (il faraone,
il re di Babilonia, e soprattutto pensate a Giuseppe, il papà di Gesù).
Molti di loro sono persone che, diremmo oggi, leggono i giornali, guardano il telegiornale, osservano la storia del loro popolo e degli altri popoli, e "dietro” o "dentro” i fatti di
cronaca "vedono” Dio che interviene,
agisce, giudica, libera; lo vedono perché lui si fa sentire.
E tutti questi uomini e queste
donne, poi, dicono con parole nostre la « Parola » di Dio, quel che Dio
ha fatto loro capire, e che vuol fare
capire anche a noi, oggi. Perciò leggiamo, leggete la Bibbia.
Dio parla in un uomo vivo
Però tutto questo non bastava,
mai; e a un certo punto Dio ha mandato il suo Figlio, Gesù. Un tipo singolare; ma anche, per molti, un uomo qualunque. Eppure, per chi gli
ha creduto e gli crede è stato e rimane « la Parola fatta uomo », la Parola di Dio in persona. Chi lo ascolta e lo "vede”, vede e ascolta Dio che
dice e fa le sue cose grandi, meravigliose.
Ma tutto questo è cominciato un
giorno, tantissimi anni fa, con Àbramo: « Dio disse ad Àbramo... ». E
Abramo ha drizzato le orecchie, ci ha
creduto, ha fatto quel che Dio gli diceva ed è andato avanti sicuro che
prima o poi Dio avrebbe mantenuto
le sue promesse, che valgono anche
per noi. E noi, le drizziamo, le orecchie? g- c.
6
fgei
BILANCIO
Donne nella FGEI
Un intervento di una delegata. Importante al congresso
la partecipazione femminile.
In un congresso Fgei che
certo non è stato particolarmente prodigo di forti emozioni, un momento da non
trascurare è stato rincontro
delle donne.
La storia del lavoro delle
donne nella Fgei è abbastanza conosciuta: fino a qualche
anno fa esistevano vari gruppi di donne legati alla Fgei
che hanno lavorato abbastanza regolarmente per periodi
più o meno lunghi. Oltre a
questo va ricordato l’incontro
nazionale del 1983 a S. Severa, e soprattutto il fatto che
dalle donne sono stati individuati ed elaborati per la
prima volta temi e metodologie che sono poi divenuti importanti i>er la Fgei in generale: il campo studi del 1985 sul
tema della soggettività ne è
l’esempio più visibile.
Negli ultimi anni c’è stato
invece un certo declino: i
gruppi locali di donne avevano più o meno smesso di incontrarsi ad eccezione, se
non erro, del gruppo donne
delle Valli, ed anche i campi donne nei centri erano
passati attraverso un periodo
di crisi e di riassestamento.
Proprio per queste ragioni
è stata una gradevole sorpresa vedere che la proposta di
incontrarsi come donne durante il congresso è stata accolta piuttosto positivamente, nonostante rincontro sia
stato strizzato in uno dei quasi inesistenti momenti liberi.
Dato il tempo ridottissimo
non si è potuto fare grandi
cose; però si sono potuti compiere alcuni passi molto utili.
La prima cosa da fare è
stata presentarsi: questo è
molto meno banale di quanto
possa sembrare, visto che
questo è stato uno dei congressi più « giovani » e più
« nuovi ».
In seguito abbiamo semplicemente risposto a queste domande: hai mai fatto parte
di un gruppo donne? Nel tuo
gruppo/regione Fgei esiste
un qualche lavoro di donne?
In generale ti interesserebbe
fare qualcosa in questo senso?
Alle prime due domande
quasi tutte, specie le più giovani, hanno risposto di no; all’ultima, invece, la grande
maggioranza ha risposto che
« sì, in generale sarebbe interessata ».
Sempre per ragioni di tempo è stato umanamente impossibile andare molto oltre. Ad un certo punto era
stata sollevata l’idea di organizzare un incontro nazionale di donne della Fgei, ma
vista l’impossibilità pratica
di prendere qualsiasi tipo di
decisione, si è scelto alla fine
di dirottare la partecipazione
al prossimo campo donne di
Agape.
In breve questo è ciò che
è stato fatto. Ad un primo
sguardo può sembrare niente,
ma personalmente credo che
questo incontro sia stato utile, specialmente tenendo
conto di vari fattori.
Intanto questo era un congresso giovane e nuovo: molte donne presenti erano entrate nella Fgei quando il lavoro delle donne al suo interno e i campi nei centri erano ormai in crisi; e il movimento femminista in Italia non aveva più la forza di
un tempo. Per molte l’unica
esperienza di incontri era stata la partecipazione a delegazioni all’estero.
La partecipazione a questo
momento è stata dunque una
sorpresa, un segno di un certo rinnovato interesse, voglia
di fare qualcosa. Resta da vedere se l’interesse manifestato sia solo generale o non sia
anche generico; e poi, se qualche tipo di lavoro delle donne verrà di nuovo avviato nella Fgei, alcuni nodi dovranno
essere affrontati. Ad esempio
su come realizzare la fusione tra una necessaria trasmissione di « memoria storica » e la necessità ancora
più forte di scoprire un percorso nuovo e originale: e
tutto ciò non è certo facilitato dalla situazione generale
del movimento delle donne.
Nell’immediato è importante far sì che l’indicazione emersa dall’incontro delle donne al congresso di rafforzare
la partecipazione Fgei al
campo donne di Agape non
resti una pia intenzione; e
in un futuro meno vicino c’è
anche il campo studi che avrà
come tema la « g » di Fgei,
cioè l’analisi della condizione giovanile in Italia. Quella
potrebbe essere un’ottima occasione per riprendere il discorso sulle e delle donne, cercando di capire quali sono le
specificità e i problemi di
quella fetta di giovani che sono anche donne. Cose da dire
ce ne sono di sicuro: a noi di
saperle individuare.
Debora Spini
PER RISPONDER!
Pace, disarmo, giustizia e ambiente: un impegno che continua - Massicainteni
costante riferimento - Come viviamo la condizione giovanile? - Un lavoro la disc
La necessità di consolidare la
struttura e il funzionamento della
Federazione e l’esigenza di rispondere alle richieste dei più giovani
hanno caratterizzato il IX congresso Fgei.
Il Consiglio nazionale aveva
presentato una prima, ampia relazione ai gruppi: molto analitica e
dettagliata, essa ripercorreva le
tappe del lavoro degli ultimi anni:
dall’impegno su pace, disarmo,
giustizia e ambiente, al funzionamento della Federazione e ai rapporti con i movimenti giovanili internazionali. Il testo conteneva poi
una riflessione sulla realtà giovanile (in particolare veniva evidenziato il senso opprimente di « incertezza per il futuro ») e indicava alcuni settori di impegno senza
tralasciare i rapporti, che spesso si
instaurano proprio « sul campo »,
con il cattolicesimo, o meglio, con
i cattolicesimi.
Ma, a giudizio di molti partecipanti (il 50% di delegati e osservatori era al suo primo congresso)
è stato più stimolante il « quarto
capitolo », la seconda relazione,
letta dal segretario uscente Paolo
Ferrerò in apertura dei lavori. Nella consapevolezza di dover andare
oltre le situazioni contingenti, e tenendo presente che le contraddizioni presenti nella società vent’anni fa sono tuttora d’attualità,
la relazione invitava alla riflessione sull’impegno (sociale, politico,
ma forse basta chiamarlo: impegno): esso, dice il testo, « può
esprimere la nostra vocazione, ma
non racchiuderla ». Deve essere
ben chiaro che il carattere costitutivo di ogni discorso che la Federazione possa sviluppare è la vocazione: e il punto di riferimento, la
« bussola » è costituita dalla riflessione teologica. Senza di essa qualunque forma di impegno, per
quanto importante, perderebbe la
propria sostanza originaria; e, significativamente, la relazione parla di un discorso teologico che « ci
spinga a fare delle scelte, anche
radicali, senza alcuna glorificazione o giustificazione delle stesse ».
Ma come è stato recepito questo
discorso dai più giovani? Nonostante i tempi fossero limitati, e
l’assemblea generale incontri sempre meno favore come formula di
discussione, le idee espresse, soprattutto nei gruppi, sono state
molte e dense di indicazioni per il
lavoro futuro. Il problema era, in
termini più evidenti, quello di
sempre: cercare di conciliare la
espressione di una certa « linea »
della Fgei con le esigenze di aggregazione e di partecipazione. Ma
a ben vedere queste istante non
sono antitetiche.
I più giovani, ben consci della
centralità della fede, hanno espresso un « vissuto » che contiene le
indicazioni «problematizzate» anche dalla relazione del Consiglio:
come comunichiamo agli altri (a
scuola, sul lavoro) le motivazioni che ci spingono ad un certo impegno? E’ facile lavorare insieme,
ma quando si tratta di discutere le
basi profonde di questo lavoro?
Siamo giovani in Italia, come altri
giovani in Italia, ma ci sono discorsi che possiamo fare solo in
un certo ambito: allora questo deve essere il compito fondamentale di una federazione giovanile.
Così è stato importante votare la
mozione sul campo studi da dedicare alla condizione giovanile.
«E voi, da
Triveneto
Facce un po’ stanche su di un
treno affollatissimo: i giovani del
Friuli Venezia Giulia e del Veneto, la mia regione, ritornano
a casa da S. Severa. Per sei di
loro, siamo otto in tutto, giovanissimi tra i 17 e i 20 anni, si
tratta del primo congresso Fgei
a cui abbiano partecipato. Sembrano abbastanza soddisfatti,
pur non nascondendo qualche
perplessità (« ma secondo te, è
stato veramente utile votare tutte quelle mozioni così in fretta? »).
Il passaggio di consegne tra
più anziani e più giovani ha presentato qualche problema e al
congresso si è deciso che il Triveneto, assieme a Toscana e
Campania, dovrà essere una delle regioni da seguire con maggior attenzione da parte del Consiglio nazionale.
« Abbiamo bisogno di aiuto soprattutto per imparare ad organizzarci, a mettere in pratica le
indicazioni del congresso o an
che le altre idee che ci vengono
in mente » mi dice Sarah, udinese. « Ma purtroppo siamo pochi
e sparpagliati » ricorda Denise,
di Vicenza, « e mantenere i contatti non è così facile ». Partecipare ad un congresso, però, rinnova entusiasmi ed energie: « Negli ultimi due anni abbiamo realizzato dei convegni ben riusciti » sostiene Davide, di Venezia;
« questo congresso ci offre degli
spunti per molti altri incontri ».
Andrea, triestino, ha partecipato al congresso come osservatore: « Il mio gruppo dovrebbe
decidere se aderire alla Fgei adesso. Per conto mio non avrei
grossi problemi, ma ritengo che
bisognerebbe mettere di più l’accento sulla necessità che i gruppi facciano il possibile per tenersi collegati alle comunità locali. Per quanto riguarda le attività regionali, noi siamo già
inseriti, sia partecipando agli incontri, sia preparando il bollettino di collegamento regionale ».
Il Centro di Tramonti di Sopra, in provincia di Pordenone,
è un altro punto di riferimento.
Nell’opinione di tutti i presenti, il futuro di questa periferia
un po’ appartata e un po’ depressa si presenta interessante.
« Peccato » conclude uno di noi
« che proprio adesso mi tocca
partire militare. Ma forse mi
mandano a Udine, così, se ci
riesco, rimango in contatto. Almeno spero... ».
Puglia
Il gruppo musicale degli « Età Beta » ha animato i momenti assembleati.: anche il canto può costituire un’occasione di testimonianza,
in particolare se tutti possono esserne coinvolti.
In ambito Fgei, la regione che
in questi ultimi anni ha registrato un sensibile incremento
di aderenti, superando tutte le
altre, è la Puglia. Anche al congresso la delegazione è stata
piuttosto consistente. Negli ultimi due anni i pugliesi si sono
impegnati efficacemente sul Sud
Africa, elaborando e mettendo in
opera un progetto esteso: dalla
realizzazione di un fumetto sull’apartheid, a manifestazioni di
sensibilizzazione in giro per la
regione, a iniziative per finanziare una colonia dell’ANC in
Tanzania. Oltre a questo, si è
avuto anche un impegno concreto nell’ambito pacifista e antimilitarista pugliese.
Qual è la ragione di questa vivacità? Secondo Marisa, segretaria regionale Fgei, « la realtà
Fgei in Puglia e Lucania è un
po' diversa dal resto d’Italia,
perché i gruppi sono per la maggior parte battisti. La loro vivacità si fa sentire nella vita della
Fgei regionale ».
Massimo Aprile, pastore battista a Gioia del Colle e Conversano, suggerisce un’interessante chiave di lettura: « Non
voglio giudicare troppo frettolosamente una regione debole o
forte » afferma, « Io credo che
in Puglia un elemento molto positivo sia il particolare e felice
rapporto esistente tra i gruppi
e le comunità. I gruppi che aderiscono alla Federazione .sono
anche molto inseriti nella comunità, organicamente collegati ad
essa. Un tale inserimento per
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SANTA SEVERA, 23-25 SETTEMBRE: IX CONGRESSO EGEI
LLA VOCAZIONE
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II congresso ha votato anche
una serie di mozioni, tutte di stretta attualità (dall’ora di religione
all'impegno a favore degli immigrati, dal processo conciliare del
CEC all’obiezione fiscale, dalla
lotta all’apartheid al rapporto con
i centri di formazione in Italia,
dalla solidarietà a Com/Nuovi
Tempi all’impostazione del Notiziario e al funzionamento interno).
E’ da notare che, pur nei limiti
relazione. A fianco U seggio composto da
. ao.a Benecchi, Luca Negro e Sara Comparetti (da destra).
di una breve discussione, il senso
delle mozioni stava anche nel considerarsi non solo « realtà giovanile », ma parte effettiva delle chiese di appartenenza.
« State parlando non di cose ’’di
giovani”, ma di questioni che valgono per la chiesa tutta », ha detto
il vicemoderatore Bellion al congresso, e la relazione del Consiglio
precisava che la Egei deve riuscire,
« oltre ad esprìmere un’esperienza
generazionalmente significativa »,
anche a « porre il problema della
fede in termini di conversione, di
scelta di vita ».
Il fatto stesso che ragazzi di diciassette anni avvertano nella vita
di tutti i giorni quelle esigenze che
. i più esperti riconoscono nelle loro analisi dimostra che ciò che
conta è appunto questa continua
conversione, questa ricerca di una
risposta da dare alla vocazione.
Al termine dei lavori il congresso ha eletto il Consiglio nazionale
nelle persone di Daniele Bouchard
(segretario). Maria Bonafede, Massimo Aprile, Paolo Ferrerò, Monica Becchino, Lello Volpe, Michele Rostan. Alberto Corsani
die venite...?»
mette di costruire dei progetti
comuni in modo molto più articolato e coinvolgente ».
Vivacità, entusiasmo, stretto
collegamento con le comunità
locali; queste le caratteristiche
salienti dei gruppi Egei pugliesi.
E il futuro? « Ci stiamo impegnando contro l’assegnazione
degli F-16 a Gioia del Colle e
COI lira l'installazione di otto o
nove poligoni militari sulla Murgia, anche cercando di stimolare il movimento pacifista della
zona » dice Nunzio. Ma la cosa
più immediata probabilmente
sarà un’altra. « Abbiamo deciso
di (are una manifestazione di
boicottaggio delV'Oro del Levante” », interviene Marisa, « una
specie di Fiera del Levante che
tratta soltanto oro, la maggior
parte del quale proviene dal Sud
Africa. I tempi sono stretti, ma
speriamo di riuscirci ».
Cagliari
Cosa si prova a far parte di
quello che, a buon diritto, può
essere considerato il gruppo Egei
più isolato di tutti? Ne parlano
i giovani di Cagliari, unico gruppo in Sardegna, legato alla locale comunità battista, anch’essa soia e isolata, mancando altre chiese battiste, metodiste o
valdesi nel resto dell'isola.
« Noi non viviamo la Federazione nel senso letterale della parola » sostengono gli fgeini cagliaritani, soprattutto i più giovani, « perché non abbiamo praticamente mai la possibilità di
confrontarci con altri gruppi che
svolgano attività simili alla nostra ». Per Michela « auesto è
wn handicap grave »; Massimiliano non lo sentiva come un
grosso peso prima di questo congresso, il primo cui ha partecipato, come molti altri del suo
gruppo. « Ma adesso, dopo questo congresso, sarà più difficile
continuare il nostro lavoro, senza contatti con gli altri, con le
toro idee... ». Tutti concordano
sul fatto che un vero confronto
può avvenire solo trovandosi
tutti insieme, tra gruppi diversi. « Per noi spostarci per trovare altri gruppi è un grosso sacrificio, ma una volta all’anno
lo possiamo anche fare. Però non
basta... ».
Eppure i giovani cagliaritani
dimostrano molta vitalità. Divisi in due gruppi a seconda dell’età, non accettano passivamente la loro condizione di isolamento nei confronti del resto
della Egei. Infatti si occupano
della redazione e della spedizione del Notiziario nazionale della
Eederazione e uno di loro ha fatto parte, fino al congresso appena conclusosi, del Consiglio
nazionale della Egei.
A livello locale collaborano attivamente con la comunità; organizzano annualmente, d’estate,
un campo di studio e vacanza;
si riuniscono volentieri per discutere e per confrontarsi, anche se con qualche problema
generazionale. E quando decidono che è giunto il momento di
muoversi, non scherzano: la loro delegazione al congresso, con
i suoi tredici elementi, era una
delle più numerose!
Età-Beta
La voce del basso è l’ultima
a spegnersi, calda e suggestiva.
L’applauso scoppia spontaneo,
l’apprezzamento è tangibile.
Quest’anno l’animazione musicale del congresso Egei è stata
affidata ad un gruppo di sei giovani credenti, quasi tutti napoletani, gli Eta-Beta. Un modo di
presentarsi molto semplice, pochi strumenti tutti acustici (una
chitarra, un’armonica, dei bonghi), voci e tecnica invidiabili,
grande carica ed entusiasmo, un
genere musicale, lo spiritual, molto coinvolgente: queste sicuramente le caratteristiche del gruppo maggiormente apprezzate dai
presenti.
« Siamo nati quasi per gioco »
dice Elisa, unica donna e unica
romana del gruppo. « Un giorno
ci siamo trovati per cantare una
cosa e poi per caso io e Carlo,
il chitarrista, siamo stati invitati ad animare un’assemblea di
evangelizzazione a Pozzuoli. Lì
si sono aggregati Sergio con le
sue armoniche e Stefano. In seguito, pochi mesi fa, abbiamo inciso una cassetta e in quel caso
si sono aggiunti Agostino con i
bonghi e Luigi, il più giovane
fra noi ». Tre battisti, due valdesi ( « per Ora solo simpatizzante »,
precisa imo di loro), un cattolico: « Beh, noi facciamo ecumenismo con la musica, come vedi », rileva Elisa.
Ogni elemento degli Eta-Beta
ha un’opinione diversa sul tipo
di testimonianza che danno, ma
di fatto sono stati invitati e si
sono esibiti fino ad ora solo nel
corso di iniziative contro il razzismo o di evangelizzazione. Non
ci sono particolari preclusioni
ecumeniche, se vengono rispettati alcuni principi di base. Invitati dall’Azione Cattolica per
esibirsi ad un raduno allo Stadio
dei Marmi, il gruppo si è rifiutato di andare perché non era
stata concessa la possibilità ‘di
dare pubblicamente un messaggio di critica sulla recente sentenza circa l’ora di religione.
« Volevamo riflettere con i presenti sul fatto che viene tolta
una libertà non solo a noi, minoranza religiosa, ma a tutto lo
Stato italiano. Il tema del raduno era proprio la libertà, ma i
responsabili non hanno accettalo la nostra proposta. Quindi
noi non siamo andati ».
Esigenze di fede, spinte culturali, semplice voglia di stare insieme; « E’ bello », conclude Agostino, « perché malgrado le opinioni diverse, o forse a causa
loro, stiamo tutti insieme e cerchiamo di dialogare e di migliorarci ».
E questa è certamente una
forma di testimonianza.
Alberto Bragaglia
Eoto di Paolo Velluto
Vivati
INTERVISTA
Verso l’incontro
Daniele Bouchard, 28 anni, pastore valdese, è stato eletto
segretario riaztonde della Egei nel corso dell’ultimo congresi
so. Lo abbiamo intervistato mentre era prossimo a trasferirsi da P ornar etto alla diaspora abruzzese dove presterà il suo
ministero.
— Questo è stato un congresso molto « giovane »: che
impressione ne hai tratto?
— « Questo è un dato significativo: in altri congressi Si
lamentava proprio la scarsa
partecipazione dei più giovani. Inoltre è importante che
i più giovani si siano fatti sentire; erano curiosi, molti hanno detto di essere venuti soprattutto per capire che cosa fosse la Egei; ma sono anche intervenuti, esprimendo
magari un po' di disagio per
il modo in cui i più vecchi
impostavano i problemi. Forse avrebbero preferito un
congresso con meno discussioni ”di fondo” e più interventi liberi, che partissero
dalle esperienze personali ».
— In che misura il ricambio generazionale può incidere sull’attività locale e nazionale della Eederazione?
— Il prossimo campo studi che sarà organizzato dalla
Egei sarà dedicato allo studio della condizione giovanile: che cosa significa, forse
che dopo un’attenzione rivolta ai più svariati temi d’attualità i giovani avvertono
l’esigenza di parlare innanzitutto di se stessi?
— « Senz’altro ci sono gruppi che possiamo qualificare
come ’’vecchi” (anche se magari si tratta di persone sui
25 anni), e altri più giovani,
per non parlare di quelli di
recentissima formazione, i
cui componenti sono intorno
ai 17 anni: in questo caso i
problemi sono diversi; una
difficoltà a livello nazionale
sarà quella di riuscire a rappresentare tutti. Ma d'altra
parte è stato detto più volte
nel congresso che se non riusciamo ad ascoltarci e a dialogare tra generazioni diver
se ».
— Vocazione, centralità della teologia, organizzazione della Eederazione: come si esiprimeranno nel futuro questi concetti ricorrenti nella
relazione del Consiglio uscente?
— « Su questa proposta credo che convergano varie esigerize: da parte dei più vecchi sembra necessario ripensare il senso di un’organizzazione giovanile, c’è la consapevolezza che per essere un’organizzazione di questo genere occorre avere ben presente la condizione giovanile quale si manifesta nel nostro paese, e quindi anche nelle nostre chiese. Da parte dei più
giovani c’è forse un certo rifiuto verso un approccio "analitico”, verso un campo fatte "per studiare”. C’è la richiesta non tanto di parlare
di se stessi, ma di essere al
centro della riflessione, non
tanto per ascoltare delle dotte relazioni, quanto per verificare insieme che cosa ci sia
di comune tra la propria condizione e quella degli altri
giovani ».
— « Un fatto significativo è
proprio che nella diversità di
generazioni e di impostazione del lavoro, c’era invece
una certa unità nel richiamare l’attenzione sui problemi
della vocazione e più in generale della fede. Su questo
c’è stato un accordo tra giovani e meno giovani. E’ percepita da tutti l’esigenza di
considerarci dei credenti: credenti che poi fanno certe cose piuttosto che altre, ma sarà importante riflettere più
che nel passato sul motivo
per cui esiste una Federazione giovanile evangelica. Questo motivo è la nostra fede in
Gesù Cristo: tutto il resto riguarda il modo della nostro
esistenza, non la sua ragio
— Per finire, quale potrebbe essere una tua valutazione
sul lavoro prodotto da questo congresso?
ne ».
«Non si è potuti giungere ad un dibattito approfondito, i temi discussi nei
vari gruppi non hanno potuto essere messi in comune
nell’assemblea generale e non
si sono potuti sviluppare adeguatamente i rapporti umani,
l’incontro fra le persone; e
questo dovrebbe invece essere importante per un congresso. Tanto più diventa allora fondamentale, per me e
per gli altri membri del Consiglio, dedicare gran parte
del lavoro al viaggiare, per
incontrare i gruppi e conoscere le realtà locali, che poi
sono le basi della nostra Federazione ».
A. C.
JÜV
8
8 vita delle chiese
14 ottobre 1988
FIRENZE, 29 OTTOBRE - 1 NOVEMBRE: Vili ASSEMBLEA FCEI
UN MOMENTO DI ECUMENISMO
Protestanti in itaiia:
Laura e Claudio
un cammino di fede
Le chiese rifletteranno sul comune itinerario per la testimonianza All’esame dei delegati sono anche i servizi attivati dalla federazione
Aurelio Sbaffi,
presidente
della Federazione
delle Chiese
Evangeliche
in ItMa.
« Protestanti in Italia: un cammino di fede ». E’ questo il motto dell’VIII Assemblea della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) che si svolgerà a Firenze dal 29 ottobre al
lo novembre. La scelta del tema
vuole indicare da un lato l’inserimento del protestantesimo ita
liano nel cammino ecumenico di
cui è espressione il Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), che
quest’anno celebra i 40 anni della sua esistenza; dall’altro, il
cammino di testimonianza delle
chiese che si riconoscono nella
FCEI, nella loro capacità di far
fronte alle esigenze che man ma
TORINO
Riprendono
le attività
Domenica 2 ottobre la chiesa
evangelica di lingua inglese ha
dato il benvenuto al past. Bruno ’Tron e a sua moglie Paola,
che si occuperanno di questa comunità fino all’arrivo del nuovo
pastore proveniente dagli Stati
Uniti e atteso per i primi mesi
del 1989. Intanto Elisabetta e
Donald Fox, dopo tre anni di
apprezzato servizio che ha contribuito largamente al rafforzamento della comunità, tornano
negli USA per assumere la conduzione di una chiesa presbiteriana americana. A chi arriva e
a chi parte il nostro saluto affettuoso nel Signore.
• La chiesa valdese aveva già
salutato nel mese di settembre
Teodora Tosatti, che è rientrata
a Roma dopo alcuni anni di servizio a Torino. Anche a lei un vivo ringraziamento per il lavoro
compiuto tra noi e un pensiero
fraterno e augurale nel Signore.
• La domenica 2 ottobre è
stata dedicata alla apertura delle numerose e molteplici attività
della chiesa di Torino, con buone assemblee nei vari luoghi di
culto. Nel tempio di corso Vittorio è confluito, per l’occasione, il gruF>po che si riunisce al
Lingotto. Una bella testimonianza di presenza che speriamo porti i suoi frutti per il lavoro dell’anno.
• L’Associazione ebraico-cristiana, costituita a Torino già da
tre anni, oltre ad impostare il
suo programma di incontri, stu
di e conferenze, ha organizzato
una gita alle valli valdesi (vai
d’Angrogna e Torre Pellice) per
domenica 16 ottobre. Informazioni e iscrizioni presso la segreteria (tei. 011/669.28.38).
• Il tempio è stato messo a
disposizione per una serie di concerti organizzati dalla CAMT (iniziativa di cultura, arte, musica, turismo) sotto gli auspici
della Vili Circoscrizione. Lunedì
17 ottobre alle ore 21 avrà luogo
un concerto. L’ingresso è gratuito.
• La comunità valdese di Torino è impegnata con altri gruppi
cittadini nell’organizzazione della
SEPP (settimana ecumenica per
la pace) dal 17 al 23 ottobre, in
particolare in vista di due manifestazioni specifiche. La prima
avrà luogo nel tempio venerdì
21 ottobre, alle 21, con la presentazione di un concerto a cui
prenderanno parte il gruppo corale femminile olandese « La medusa » e il gruppo di canto della PGEI di Torino con canti sudafricani. Interverrà pure un rappresentante del CEC con un messaggio specifico. La seconda manifestazione (conclusiva della
settimana) avrà luogo nella chiesa di San Filippo, domenica 23
ottobre iniziando alle ore 19.
Sarà una serata di digiuno con
messaggi, canti, preghiere e testimonianze dei gruppi più diversi. Per parte nostra parleranno il prof. Paolo Ricca e il past.
Sergio Ribet.
no SI pongono per una presenza
significativa del protestantesimo
in Italia.
FORANO — Da oltre otto anni
Laura e Claudio si volevano bene ma, pur non avendo — per
loro fortuna — nessuno di quei
problemi « pratici » (mancanza
di un lavoro o di una casa) che
normalmente sono alla base del
prolungarsi di tanti fidanzamenti,
non si decidevano a sposarsi
per motivi « confessionali ».
Laura infatti è cattolica e Claudio valdese.
All’Assemblea prenderanno parte 124 delegati con diritto di voto, suddivisi fra le chiese membro della FCEI: valdesi, metodisti, battisti; lutei ani. Esercito della Salvezza, Comunità ecumenica di Ispra-Varese, Chiesa apostolica italiana, alcune chiese « libere ». Sarà presente inoltre una
quarantina di osservatori e invitati di chiese non federate e di
organismi italiani ed esteri.
Tra i temi che verranno affrontati: la vocazione ecumenica della FCEI, i problemi del
giornale ecumenico « Com-Nuovi Tempi » (di cui la FCEI
è socio), il Decennio di solidarietà delle chiese con le donne,
promosso dal CEC; e inoltre, i
rapporti della FCEI con le chiese membro e l’esame dell’attività dei vari Servizi della FCEI
(Servizio stampa-radio-televisione, Servizio di azione sociale.
Servizio migranti, Servizio istruzione ed educazione).
Il programma delTAssemblea
prevede un culto-manifestazione
per domenica 30 ottobre, al quale parteciperanno esponenti del
Consiglio ecumenico e di altre
chiese evangeliche. La sera del
31 ottobre sarà dedicata a una
manifestazione organizzata dalle
chiese evangeliche fiorentine.
(nev)
Non è che questo fosse l’unico fidanzamento « misto » qui
da noi: da parecchi aimi a questa parte, anzi, pressoché tutti
i giovani valdesi si fidanzano e
si sposano con dei partner di
origine cattolica. Ma in genere
i ragazzi e le ragazze che si fidanzano con i nostri giovani
non sono dei cattolici praticanti e non hanno perciò alcuna
difficoltà a sposarsi nella nostra
chiesa o in municipio.
Il caso di Claudio e Laura è
diverso perché Laura ha sempre tenuto alla sua fede cattolica e — si sa — per chi tiene
al suo cattolicesimo un matrimonio non cattolico crea gravi
problemi di coscienza.
E d’altra parte, Claudio non intendeva assolutamente piegarsi
al fatto di dover dare un’educazione cattolica agli eventuali figli
suoi e di Laura, così come è richiesto dal diritto canonico in
caso di matrimonio cattolico.
La situazione, allora, era bloccata e così è rimasta per molti
anni.
Poi, alcuni mesi fa, è cambiato il vescovo della diocesi di
Sabina e Poggio Mirteto (la diocesi di cui fa parte Forano), e il
nuovo vescovo ha accettato che
Claudio e Laura celebrassero il
loro matrimonio secondo il rito cattolico senza doversi impe
gnare in nessun modo per quel
che riguarda l’educazione religiosa dei figli.
Così, i nostri due giovani hanno potuto attuare un accordo
che da tempo avevano preso tra
di loro e che — se a molti potrà sembrare strano — è stato
però la chiave per sbloccare la
condizione di stallo in cui si trovavano ormai da troppo tempo: il matrimonio sarebbe stato
quello cattolico per rispettare la
coscienza di Laura, mentre Laura stessa si impegnava davanti
a Claudio (e anche davanti alla
nostra comunità) a consentire
l’educazione alla fede degli eventuali figli nella nostra chiesa.
E così, dopo mille contatti tra
il parroco e il pastore, dopo molti problemi e qualche compromesso, domenica 11 settembre
Claudio e Laura hanno finalmente celebrato il loro matrimonio.
Si è trattato, per tutta Forano,
di un evento particolare, seguito con curiosità, partecipazione
e anche apprensione da tutti —
cattolici ed evangelici —. E anche la celebrazione del matrimonio è stata particolare; la
predicazione nella chiesa cattolica è stata infatti tenuta dal pastore Paolo Ricca, invitato dagli sposi e dal parroco di i'orano, e poi al termine tutti sono venuti nella nostra chiesa e
qui abbiamo consegnato la Bibbia a Laura e Claudio e abbiamo pregato con loro e per loro.
Tutti hanno vissuto questo avvenimento in qualche modo
« storico » per Forano — dopo
un'secolo di assoluta separazi one — come un vero momento di
ecumenismo e di svolta nei rapporti tra le due chiese locali.
Ruggero Marchetti
CORRISPONDENZE
Colloquio pastorale in Sicilia
RIESI — Lunedì 3 ottobre sono ripresi i colloqui pastorali
del XVI circuito. Due cose abbiamo subito notato guardandoci in faccia; la prima cosa
era che c’eravamo tutti (a memoria dei più anziani non era
mai avvenuto), la seconda era
il fatto che il gruppo dei pastori del nostro circuito si è molto rinnovato in questi ultimi anni. CJueste due cose fanno sperare in un lavoro pensato insieme, portatore di novità e sostenuto da nuove energie.
Dopo il benvenuto a John Hobbins che quest’anno inizia il suo
ministero pastorale in Sicilia, a
Scicli e Pachino, la mattinata è
stata dedicata allo studio dell’analisi strutturale di Atti 1: 15 2: 47, studio condotto da Mauro
Pons. Dopo il pranzo abbiamo
affrontato questioni organizzative e di collaborazione nel lavoro pastorale del circuito. Si
sta cercando infatti di mandare
avanti anche quest’anno gli incontri di formazione per i predicatori locali. Ad Ermanno
Genre e Lello Volpe (che Tanno scorso hanno curato questo
settore) quest’anno si sono aggiunti Jolm Hobbins e Giuseppe
La Torre, che si suddivideranno
i 5 incontri previsti per i predicatori locali (3 nella zona orientale e 2 in quella occidentale).
Da Sergio Aquilante è stata anche sollevata la questione dei nostri rapporti con il cattolicesimo
siciliano, proponendo di intravedere una possibilità di studio
comune e di incontri su « giustizia, pace e integrità del creato », dato che anche la (Ihiesa
cattolica parteciperà all’incontro di Basilea del 15-21 maggio
del 1989.
Altra questione sollevata e discussa è stata quella della qualità delle nostre « opere legge
re », che diversi pastori si trovano a dover dirigere senza alcuna preparazione di base iniziale e soprattutto senza che ci
sia un qualche orientamento comune sul senso, le proposte e la
qualità del laverò di queste opere La questione sarà comunque
sollevata anche in sede di CED
del IV distretto. Questi momenti di incontro e di confronto
sono quanto mai necessari
in una regione in cui le distanze e l’isolamento rendono il
lavoro pastorale più pesante ed
i pastori e le loro famiglie più
soli, ma più che altro ci siamo
sempre più resi conto che se
non si lavora insieme, sarà sempre più difficile che la testimonianza delle nostre chiese in Sicilia possa incidere in qualche
modo.
I giovani hanno cantato qualche inno, hanno pronunziato dei
versi fatti per l’occasione e
hanno inventato un’allegra canzone dedicata al pastore.
II pastore Pietro Valdo Panasela, che viene spesso a Pachino e viene considerato ’’dei nostri”, ha rilevato, tra l’altro, tre
doti di Arrigo che Thanno contraddistinto:
a) l’impegno con cui porta
avanti il suo lavoro;
b) la preparazione biblica e
il dono della predicazione;
c) la disponibilità verso i fratelli e le sorelle in difficoltà.
Un caro saluto è stato rivolto anche alla moglie Lidia e alla figlia Debora, che è nata 14
anni fa proprio a Pachino.
Saluto al pastore
Arrigo Bonnes
Alla sagra
PACHINO — Ck>n un simpatico momento comunitario la chiesa di Pachino ha salutato, domenica 18 settembre, il pastore
Arrigo Bonnes, che ci lascia dopo ben 14 anni.
Con la sala più che mai gremita, ha predicato sul testo di
Ecclesiaste 3, ricordando gli anni
passati con i loro avvenimenti
lieti e tristi, talvolta anche con
una nota umoristica.
Ha concluso la predicazione
proiettandosi verso il futuro
e mettendo la comunità davanti alle sue responsabilità verso
la città.
Dopo il culto, la signora Giardina, la più anziana delle signore, ha voluto sottolineare con
commozione come il pastore sia
stato in questi anni un amico,
un fratello e un aiuto nella comprensione della Parola.
FELONICA — In occasione
della tradizionale sagra d’agosto a Felónica, la chiesa valdese
ha partecipato alle mostre organizzate dalla Biblioteca comunale con un’esposizione di libri
editi dalla Claudiana. L’iniziativa, che ha avuto luogo quest’anno per la prima volta, ha
riscosso un certo interesse da
parte dei visitatori e ha dato
loro modo di venire a contatto
con una cultura diversa e alternativa.
• Domenica 25 settembre, dopo il culto, la comunità di Felónica ha ringraziato Ursel Koenigsmann per i due anni di servizio resi presso la nostra chiesa; Ursel infatti ci lascia per
ricoprire un nuovo incarico
presso la chiesa di Milano a
partire dal mese di ottobre. Durante il rinfresco le abbiamo
rinnovato i nostri saluti, augurandole buona fortuna per il suo
nuovo lavoro.
9
14 ottobre 1988
vita delle chiese 9
SOCIETÀ’ Dt STUDI VALDESI - SECONDO VIAGGIO IN OLANDA CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Appuntamento con la storia
e le chiese olandesi
\\ Rimpatrio e le sue implicazioni con le vicende politiche europee Sentirsi a casa propria, pronti a diventare dei « cittadini d’Europa »
Amsterdam: Giorgio Tourn presenta il suo volume di storia
valdese, ora anche in edizione
olandese.
Un secondo viaggio in Olanda
ha fatto seguito a quello del quale ha così ben scritto Elsa Rostan
sul numero scorso di questo giornale: sempre sotto l’egida della
Società di studi valdesi, con qualche lieve variante di itinerario,
ma nella stessa ottica di un incontro con la storia e con le
chiese di questo paese.
Con la storia
Negli anni passati l’epopea valdese ed in particolare la « Glorieuse Rentrée » ci venivano raccontate come una pagina di storia che aveva visto premiate la
fede e ia tenacia di un piccolo popolo di montanari, i quali erano
stati, sì, aiutati da altre chiese
europee, ma avevano più o meno
preso le loro decisioni in modo
autonomo.
Da alcuni anni veniamo invece
scoprendo che, senza nulla togliere a coloro che ne sono stati protagonisti, le vicende della storia
valdese sono strettamente legate
a quelle deH’Europa non solo sotto il profilo religioso, ma anche
sotto quello politico; ciò ci è
stato brillantemente illustrato da
COMUNITÀ’ ALLOGGIO
(ex Convitto Femminile)
Via Angrogna 18
TORRE PELLICE
Cercasi 1 volontaria/o
maggiorenne
per l’anno scolastico
1988-89
Si offre vitto e alloggio
Gli interessati
possono rivolgersi
in via Angrogna, 18
(tei. 0121-91237)
oppure all’Associazione
Evangelica
di Volontariato,
presso Adriano Longo
(tei. 0121-91801)
Albert de Lange che ci ha guidati
con grande competenza nel nostro viaggio in Olanda dal 16 al
25 settembre.
Determinante è stata l’opera di
Guglielmo III d’Orange, al quale
Amaud, con sottile intuito, si rivolse per ottenere aiuto politico
e materiale; infatti il grande nemico del cattolicissimo Luigi XIV,
il potente Re Sole, doveva essere
più che interessato a porre una
sia pur piccola spina nel fianco
della _Francia e del suo alleato
Vittorio Amedeo II di Savoia.
E’ stato pure rilevato come il
Rimpatrio sia stato possibile anche per l’omogeneità sociale dei
valdesi, i quali erano montanari
vissuti sulla terra e della terra;
invece fra i rifugiati che in Olanda hanno dato origine alla Chiesa
Vallone quelli della seconda e più
numerosa ondata erano ugonotti,
fuggiti dalla Francia dopo la revoca dell’editto di Nantes, appartenenti ad una attiva borghesia
che ha potuto facilmente inserirsi
nei paesi dell’esilio diventandone
ben presto l’asse portante, in
Olanda non meno che in Germania e negli altri ¡Paesi d’Europa.
I fraterni contatti della Chiesa
Vallone con la Chiesa Valdese datano dal 1728 quando, in seguito
ad una violenta alluvione alle
valli, venne offerto un nrimo aiuto concreto; nel 1735, poi, venne
istituito un Comitato, da noi
chiamato Vallone e da loro Valdese, che continua a tutt’oggi il suo
generoso aiuto finalizzato in particolare all’istruzione.
Per noi, minoranza di un popolo che ha conosciuto solamente la
Controriforma, tuttora largamente presente nella sua cultura, questo viaggio è stato una specie di
rimpatriata culturale per cui in
Olanda ci siamo sentiti come a
casa nostra e pronti ad essere, a
buon diritto, cittadini d’Europa.
Con le chiese
Anche il secondo gruppo ha ovviamente privilegiato rincontro
con le chiese valloni, sia per la
maggior possibilità di colloquio
dovuta all’uso della lingua francese, sia per alcune analogie di
vicende storiche, sia per gli aiuti
che queste chiese continuano a
dare alla nostra chiesa. L’affettuosità e la generosità dell’accoglienza delle chiese valloni di
AUGURI
Erika e Klaus
I grandi giornali non l’hanno
saputo, altrimenti avremmo potuto leggere reportages dal titolo « sacerdoti protestanti oggi sposi ».
Scherzi a parte, non capita
spesso che due pastori si sposino, anche se la cosa non è
poi così rara nelle chiese protestanti italiane. L’ultimo matrimonio in ordine di tempo è stato quello di Erika Tomassone,
fino al settembre scorso pastore della chiesa valdese di Frali,
e di Klaus Langeneck pastore
della chiesa valdese di Prarostino.
Sabato 8 ottobre Erika e
Klaus hanno pronunciato il loro « sì » al matrimonio davanti
all’ufficiale di stato civile del
comune di Prarostino poi, la
domenica, dopo aver partecipato al culto nella chiesa di Prarostino, hanno invitato tutti gli
amici e colleghi ad un grande
festeggiamento che si è svolto
negli ospitali locali della sala
valdese di San Seconde. Forse
oltre trecento persone provenienti da numerose chiese delle valli hanno partecipato alla
loro gioia.
La nuova coppia pastorale si
stabilirà a Prarostino dove
Klaus continuerà ad essere pastore della chiesa, mentre Erika
collaborerà con la chiesa di Pinerolo dove curerà anche la sperimentazione di nuove schede per
il catechismo. G. G.
Ogni attività
diventi predicazione
Zwolle, Delft, Rotterdam ed
Amsterdam, l’aver potuto lodare
il Signore ed innalzargli cantici
di lode e riconoscenza nella stessa lingua rimarranno, più ancora
che un bel ricordo, punti di riferimento non cancellabili. Ma ci si
è anche potuti rendere conto che
queste chiese costituiscono una
minoranza nel panorama estremamente vario e differenziato del
protestantesimo olandese, caratterizzato da una accentuata autonomia delle chiese locali, dalla
presenza, accanto alla chiesa riformata ’’ufficiale” di consistenti chiese così dette ri-riformate,
tutte di impronta calvinista ma
con diverse accentuazioni, e tutte
con grossi problemi, non dissimili dai no.stri, connessi ad una progressiva secolarizzazione. Meno
forte la presenza di chiese luterane. Particolarmente interessante
la partecipazione ad un culto (in
olandese) nella chiesa ri-riformata di Wezep, presieduto da una
pastoressa in toga bianca e stola
verde (al mattino, nella chiesa
vallone di Zwolle, avevamo visto
sul pulpito un pastore in toga nera e stola verde: la stola è di diverso colore a seconda dei periodi dell’anno liturgico, la toga
bianca vuol significare gioia e
chiarezza) e l’incontro dopo il
ctilto; per oltre un’ora vi è stato
un vivace scambio di domande
ed informazioni. Ci è stato così
spiegato il significato della stola
e della toga bianca, così come
quello della stretta di mano da
parte del presidente del Concistoro al predicatore, prima ed al termine della predicazione: è il Concistoro che ha la responsabilità
della predicazione che affida di
volta in volta al predicatore, al
quale esprime il proprio consenso per il messaggio dato con la
stretta di mano finale da parte
del presidente. Può anche accadere che tale stretta di mano non
vi sia...
Vivissimo, nelle comunità che
avevano già ospitato il primo
gruppo, il ricordo di questo passaggio e molti i propositi di visitare o, per alcuni, di rivisitare le
valli nel prossimo anno: prepariamoci ad accogliere quanti verranno tra i nostri monti con la
stessa gioiosa e spontanea fraternità che abbiamo — veri privilegiati — sperimentato noi nelle loro pianeggianti lande.
Eugenio Tron e Aldo Ribet
&AN GERMANO — Oltre duecento persone erano presenti al
culto di aijertura delle attività
ecclesiastiche, domenica 2 ottobre, a San Germano.
’Tutto ciò che si organizza nella Chiesa, ha detto il past. Bibet salutando gli intervenuti, è,
e deve essere, predicazione. Non
esistono, infatti, attività di puro intrattenimento: tutto, dal
canto allo studio, dall’animazione aH’alléstimento di feste e
bazar ha come scopo la glorificazione di Dio e l’annuncio del
suo amore che ci salva. E con
questo spirito si è voluto vivere il culto del 2 ottobre.
• Ricordiamo che la Scuola
domenicale, dopo alcuni anni in
cui si è tenuta il sabato pomeriggio, ha ritrovato la sua collocazione alla domenica mattina,
in contemporanea con il culto,
dalle ore 9.30 alle ore 11.
'• Domenica 16 ottobre, con
inizio alle ore 10, si terrà il culto con assemblea di chiesa. All’ordine del giorno l’elezione del
presidente dell’Assemblea per il
corrente anno e la relazione delle due deputate al Sinodo.
Inizio attività
BOBBIO PELLICE — Domeni
ca 16 ottobre, alle ore 10.30, ha
luogo il culto di ripresa delle
attività.
I catecumeni e precatecumeni
sono convocati per le ore 9.15
per fissare gli orari dei corsi.
Durante il culto saranno distribuite le Bibbie ai catecumeni del
primo anno.
• La corale avrà il suo primo
incontro giovedì 13 ottobre alle ore 20.45.
• Per impostare l’attività di
quest’anno (si pensa ad una rappresentazione sul Rimpatrio), il
gruppo filodrammatico si ritroverà limedi 17, alle ore 20.45,
presso il presbiterio.
ROBA’ — Comunichiamo il calendario di inizio delle attività
ecclesiastiche nel mese di ottobre:
Domenica 16: culto di apertura con l’insediamento dell’anziano Olga Tourn e del diacono
Anna Tourn Boncoeur. Alle ore
12.30 pranzo comunitario e nel
pomeriggio bazar.
Lunedì 17 e giovedì 20: inizio
scuola domenicale Centro e Fucine.
Assemblee di chiesa
LUSERNA S. GIOVANNI —
L’assemblea di chiesa è convocata per domenica prossima 16 ottobre, dopo il culto, per deliberare sull’eventuale spostamento
del pulpito dalla parete ovest
alla parete nord e relativa sistemazione dei banchi.
II culto sarà presieduto dal pastore Achille Deodato che ringraziamo per la sua disponibilità.
TORRE PELLICE — Domenica
16 ottobre, alle ore 10, è convocata l’assemblea di chiesa per
decidere se approvare o meno
la proposta della Tavola sulla
'sistemazione pastorale, all’indomani del trasferimento del pastore G. Tourn (ott. 1989); nell’occasione i culti ai Coppieri ed agli
Appiotti sono sospesi.
SAN SECONDO — Domenica
23 ottobre, dopo il culto che per
l’occasione inizierà alle ore 10,
avremo l’Assemblea di chiesa che
esaminerà la relazione dei deputati al Sinodo e alla Conferenza
distrettuale, finanze e varie.
• Riunioni quartierali in ottobre: il 19 a Miradolo; il 20 a
Combe ; il 26 al Centro ; il 27 alla Grotta; il 31 ai Brusiti. Inizio
ore 20,30.
Monitori
ANGROGNA -- Sabato 15 alle
15 incontro dei monitori al Presbiterio e domenica 16, alle 14,30,
incontro dell’Unione Femminile
sempre al Presbiterio.
Battesimi
POMARETTO — Nel culto del
9 ottobre sono stati battezzati
Cristian Bernard di Oscar Martinasso e Margherita Bernard,
Stefano Malatesta di Luca e Lucia Bounous e Cinzia RefOum di
Dante e Marisa Sanmartino.
L’annuncio dell’amore di Dio e la
necessità di « crescere nella fe
de» sono stati posti all’attenzione della numerosa assemblea,
con l’augurio che questi bimbi
possano trovare in Cristo il vero
senso della loro vita.
Giovedì 13 ottobre
n COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
PINEROLO — Alle ore 20.45, presso la comunità di S. Domenico in viale SaVorgnan d'Osoppo 1, riprende l’attività dei collettivo biblico ecumenico; in esame l'attività passata e tempi e modi della sua prosecuzione.
Domenica 16 ottobre
n PROTESTANTESIMO
IN TV
Alle ore 23.30 circa su RAI 2 la
rubrica Protestantesimo presenta servizi su l'Assemblea UCEBI e II Congresso EGEI.
Ospedale Valdese
di Torre Pellice
BANDO DI
CONCORSO
PUBBLICO
n. 4 posti di
INFERMIERE
PROFESSIONALE
Scadenza:
ore 12 del 28.11.1988
Ospedale Valdese
di Pomaretto
BANDO DI
CONCORSO
PUBBLICO
n. 4 posti di
INFERMIERE
PROFESSIONALE
Scadenza:
ore 12 del 28.11.1988
Informazioni:
CIOV - tei. 0121-91536
10
10 valli valdesi
14 ottobre 1988
CONSIGLIO COMUNALE A LUSERNA S. GIOVANNI
Così bene educati...
Confermati i finanziamenti per le scuole materne private per coprire
le carenze dell’ente pubblico - Notevole impegno per la viabilità
Viabilità ed istruzione al centro dell’ultimo consiglio comunale a Lusema S. Giovanni; con alcune deliberazioni si sono approvati lavori alla rete stradale di
notevole entità.
Tutta la zona fra via Fonte
Blancio, strada Cacciaina-Colletto Rabbi e Castello risulta infatti assai mal servita ed il progetto approvato dovrebbe, nelle intenzioni dei consiglieri, valorizzare l’area anche dal punto di
vista turistico, in quanto in questa zona si trova anche la Gianavella; inoltre questo tragitto
potrebbe anche divenire un’alternativa alla strada provinciale: il
costo delle opere ammonta a 550
milioni di lire. Altri im'pegni di
spesa sono stati decisi per una
serie di strade della zona collinare, oggi in stato veramente
precario, ed una richiesta di mutuo è stata avanzata alla Cassa
Depositi e Prestiti, per un importo di 680 milioni, ancora per
il miglioramento della viabilità
e la creazione di nuovi parcheggi
Di pari passo è stato deciso
anche il miglioramento della rete di illumin-azione pubblica. Altri 250 milioni sono stati stanziati per lavori di miglioramento
alla rete fognaria, insufficiente e
causa di inconvenienti, nella zona di corso Matteotti (impianti
sportivi).
Molta discussione ha invece
suscitato la determinazione dei
contributi alTasilo Sacro Cuore e
all’Asilo infantile di Lusema Alta, secondo la convenzione esistente col comune.
Infatti la scuola materna pubblica è oggi in grado di garantire soltanto tre sezioni mentre
le esigenze sono almeno del doppio. Con il contributo dato alla
Scuola privata, dice la maggioranza, otteniamo un servizio uguale, se non migliore, ed a costi inferiori; replica la minoranza comunista: è lo Stato che deve occuparsi in toto della educazione e dell’istmzione. In altre parole si deve, pur nella situazione di difficoltà attuale, lavorare per arrivare alla copertura dei bisogni da parte dell’ente
pubblico.
F,’ ben vero che i contributi
vanno in pratica a coprire ima
parte delle rette che le famiglie
dovrebbero versare, ma resta il
fatto che la componente democristiana, nel dilemma se essere
più amministratori od appartenenti ad un gmppo politico, pare far pendere la bilancia su
quest’ultimo aspetto.
Perciò una scuola materna pubblica, per tutti, resta un’utopia,
al di là dei problemi che il servizio attuale presenta: costi elevati, orari non confacenti alle
esigenze delle famiglie (per esempio la scuola chiude mezz’ora
prima delle principali industrie
della zona).
Ed in fondo, mormorava qualche consigliere, cosa c’è di male a frequentare la scuola privata Sacro Cuore? Centinaia di
bambini sono usciti ben educati
e formati proprio da quelle strutture!
Piervaldo Rostan
RICLARETTO
Gran
Consortile
TORRE PELLICE
Normale amministrazione
Il consiglio comimale del 30
settembre poteva sembrare arido, senza rilievo amministrativo o politico, imperniato come
era su nozioni di bilancio consuntivo e tante, tante cifre nel
mare delle quali anche i consiglieri più esperti sembravano
smarrirsi.
Invece, dietro quelle innumerevoli cifre snocciolate dal sindaco, c’era da scoprire un complesso lavoro svolto nel corso
del 1987, iniziative prese e conseguenti decisioni.
Il consiglio doveva approvare
il conto consuntivo 1987 che
s’era chiuso con un avanzo di
128 milioni. Il sindaco ha illustrato i dati significativi dell’esercizio finanziario facendo
un’ampia relazione sulle parti
realizzate del programma previsionale e programmatico 19871989, indicando somme spese o
impegnate.
Il notevole ritardo dello Stato
nel finanziare generalmente i
comuni, le limgaggini burocratiche, ancorché talvolta utili, per
ottenere i contributi da Regione e Provincia frenano fortemente l’avvio di iniziative, anche le più urgenti.
Un’ulteriore limitazione alla
gestione è determinata dalle difficoltà di cassa, per cui anche il
comune di Torre Pellice è costretto a ricorrere alle anticipazioni bancarie per spese correnti (personale).
Il consistente avanzo di amministrazione ha consentito di
coprire numerosi articoli di spesa e di finanziare nel 1988 la ristrutturazione del centro culturale con un’ulteriore somma di
L. 30 milioni, l’acquisto di un
trattore per facilitare i lavori in
economia ed il traino della scala di cui il comune è dotato da
qualche anno, la revisione del
piano regolatore generale.
Particolare rilevanza ha la deliberazione di affidare all’arch.
Molari la predisposizione dei
progetti esecutivi per l’eliminazione delle barriere architettoniche degli edifici scolastici e
del municipio. La decisione tende
a ridurre i tempi di attuazione
degli interventi strutturali agli
edifici dalla fase del finanziamento, a totale carico dello Stato, all’affidamento dei lavori.
Da segnalare, infine, che il comime di Torre Pellice potrà
avvantaggiarsi di un altro addetto ai servizi domiciliari, avendo il comune di Bobbio Pellice
rinunciato a questo servizio della Comunità Montana Val Pellice che così lo estenderà a favore della popolazione anziana o
inabile. A. K.
Si è tornati a parlare in questi giorni del Gran Consortile
di Riclaretto, della procedura
di usucapione che coinvolge un
gran numero di persone; ma di
che cosa si tratta in particolare?
I confini del territorio consortile di Riclaretto sono chiaramente indicati su documenti datati
1810, con una « memoria » tra i
signori Thomas Poét, sindaco, ed
Antoine Vinay, ufficiale municipale da una parte e nove capifamiglia rapppresentanti la popolazione locale dall’altra, a cui i
comuni consegnavano il territorio.
Si elencano 142 termini («boina »), a partire dal Comune di
Pomaretto fino alla pietra che
divide Riclaretto da Pramollo
e, successivamente (19 agosto
1911), altri 66 termini, dall’alpe
della Patta a una grande roccia oltre la zona della Tinetta:
un’estensione di quasi 400 ettari,
con più di 150 consortisti; le decisioni più importanti venivano prese dall’assemblea di queste persone. In realtà l’ultima ripartizione un po’ significativa di
denaro, derivante da vendita di
legname, risale a parecchi anni
or sono, quando venne aperta
la strada che sale fino a Las
Arà. Da allora si è sfruttato
in alcuni casi il ceduo di faggi
oppure il pascolo del sottobosco. Restano però dei problemi:
spesso lo statuto, da aggiornare,
non consente di assumere decisioni importanti; in altri casi
l’irreperibilità dei proprietari o
la loro rinuncia ai diritti di godimento può mettere in movimento il meccanismo di ridistribuzione delle loro parti agli altri consortisti mediante usucapione: è quanto sta accadendo in
questi giorni.
Giornata ecologica
La Comunità Montana Val Pellice organizza per domenica 16
ottobre la 3* edizione della giornata ecologica.
L’articolazione della « giornata » può essere sintetizzata in
due momenti: gli interventi dì
risanamento ambientale in aree
degradate individuate dalle amministrazioni comunali, e l’attuazione della raccolta differenziata.
Quest’ultima iniziativa si attuerà invitando i cittadini a lasciare nell’androne della propria abitazione o all’esterno di
essa la carta, le lattine, il ferro, le pile scariche, che verranno successivamente raccolte dai
volontari che aderiranno alla
giornata.
Oltre al valore insito nell’iniziativa, questo intervento di
raccolta differenziata vuole essere di stimolo alla popolazione perché si utilizzino maggiormente le infrastrutture esisten
AUTUNNO IN VAL D'ANGROGNA
I paesi del Monviso
VAL PELLICE
ti (bidoni e campane per il ve-^
tro, raccolta della carta e latti-'
ne nelle scuole, raccolta dei farmaci scaduti presso i distretti
infermieristici dell’USSL) e si
individui nella raccolta differenziata una strada indispensabile per la soluzione del problema dei rifiuti.
Per ulteriori informazioni rivolgersi a:
— Comunità Montana Val Pellice - Ufficio Tecnico - tei. (0121)
91514/91836
— USSL n. 43 Val Pellice Servizio di Igiene Pubblica tei. (0121) 932222/932460
— Amministrazioni Comunali
della Val Pellice.
Va rilevato che l’organizzazione un po’ affrettata ha finito
per non convincere e coinvolgere tutti i gruppi ambientalisti al
punto che lo stesso comune di
Torre Pellice ha finito per non
aderire all’iniziativa.
Tutti i posti erano occupati
martedì 4 scorso, nel tempio di
Pradeltorno, per l’apertura delr« Autunno in vai d'Angrogna ».
In programma, la presentazione del progetto « I paesi del Monviso ».
« Un’iniziativa — ha spiegato
Franca Coisson, sindaco di Angrogna — che è nata circa un anno fa nelle valli del Cuneese e
si propone di coinvolgere tutti
i territori che fanno corona al
Monviso, partendo dalla constatazione che fra essi esiste una
omogeneità culturale ed ambientale molto marcata, tale da caratterizzarli nettamente rispetto
alle altre zone dell'arco alpino ».
Il vicepresidente della Provincia di Cuneo, Fossati, e il presidente della Comunità Montana
Valle Maira, Eressi, hanno poi
presentato nei particolari il progetto. Si tratta di formare una
« confederazione » che unisca le
valli Stura, Grana, Maira, Po,
Pellice e Chisone alle regioni
francesi del Queyras e della Haute Ubaye. I paesi del Monviso,
ovvero « Les pays du Viso »,
dovranno presentarsi al pubblico europeo (e più volte nel corso del dibattito si è fatto riferimento al 1992, anno in cui cadranno le frontiere economiche)
come un tutto unico.
Si punterà, ha precisato Fossati, sullo sviluppo equilibrato
di tutte le risorse esistenti, coordinandole e valorizzandone le
specifiche potenzialità. Uno sbocco economico importante per i
prodotti della montagna (di cui
si dovrà far risaltare l’altissima
qualità) sarà fornito da un turismo « diffuso », volto alla scoperta delle realtà umane e culturali. Il destinatario ideale (ma
non certo esclusivo) di una simile iniziativa è da identificarsi
nel pubblico tedesco, svizzero,
inglese, tradizionalmente sensibile alle suggestioni di un territorio in cui le attività umane non
entrino in conflitto violento con
l’ambiente.
E’ inutile, ha affermato a sua
volta Eressi, inseguire il modello di un turismo di massa frettoloso e distruttivo, estraneo alle pKJtenzialità delle nostre valli.
E’ certamente più produttivo rivolgersi a quel bacino di utenza
sempre più ampio che sceglie lo
sci di fondo, il trekking, la risalita in piolet-traction delle cascate di ghiaccio, gli itinerari a
piedi, a cavallo, in bicicletta da
montagna, la discesa dei torrenti in canoa. Unendosi, i Paesi del
Monviso possono presentare un
insieme di risorse naturali e culturali che non ha uguali in Europa.
« Un anno fa — ha osservato
Furio Chiaretta, redattore della
rivista Alp e animatore, insieme
agli amministratori cuneesi, dell’iniziativa — discutevamo sul
progetto "ovovia”. Oggi ci troviamo di fronte ad un progetto
di sviluppo più complesso e articolato, forse più difficile da
realizzare ma certo capace di arricchirsi nel tempo e di diffondere i suoi benefici in modo omogeneo su una vasta area ».
E’ necessario, hanno osservato
tutti i convenuti, che l’iniziativa
venga accettata e sostenuta dalle popolazioni interessate prima
di essere codificata da specifici
provvedimenti amministrativi,
inevitabilmente impastoiati dalle lentezze della burocrazia. Per
fornire il motore organizzativo
si prevede di formare due associazioni (una di comuni piemontesi ed una di comuni francesi)
da gemellare a breve scadenza.
« E' un’occasione da non per
dere — ha concluso il presidente della Comunità Montana Val
Pellice, Longo — perché può finalmente consentirci di inserirci
in un mercato più ampio per
mettere in evidenza ed esportare quello che di buono produce
la nostra terra ».
Enrico Fumerò
Fienile distrutto
BOBBIO PELLICE — Un vio
lento incendio ha distrutto il
fienile e lesionato la stalla del
presidente della cooperativa
Latteria sociale alta vai Pellic’e,
Pierclaudio Michelin Salomon,
in località Alloeri.
Le fiamme, sviluppatesi nella
serata di mercoledì 4 ottobre
scorso, presumibilmente per un
fenomeno di autocombustione
del fieno, hanno distrutto il tetto dello stabile, lasciando per
fortuna intatta la volta della
stalla soggiacente.
Le squadre di vigili del fuoco
fed i numerosi volontari accorsi
sono stati impegnati fino alla
mattina successiva nel tentativo
dì limitare i danni, che ammontano tuttavia ad alcune decine
di milioni di lire.
Pignorato lo stipendio
Il Pretore di Pinerolo, aderendo alla richiesta del Ministero
delle Finanze, ha pignorato 150
mila lire dello stipendio dell’operatore sociale del comune.
Marco Boselli.
Boselli, che è anche consigliere della lista verde al comune
di Giaveno, aveva effettuato
l’obiezione fiscale alle spese militari trattenendo il 5.5% dell’imposta da lui dovuta per
l’IRPEP, che aveva poi inviato
ad un fondo speciale per progetti di sviluppo per il Terzo
Mondo.
Scuola part-time
Una bambina spastica non
può frequentare per tutto il
tempo la scuola materna, infatti ruSSL 44 non ha provveduto ad inviare personale di
appoggio ed anche il provveditore non ha ancora nominato
l’insegnante di dotazione aggiuntiva per le classi che inseriscono
handicappati. Così la piccola sta
a scuola solo 2 ore.
In Torre Pellice (località Serverà)
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11
F
14 ottobre 1988
valli valdesi 11
E’ STATA LA PRIMA IN ITALIA
La Società
di Pinerolo
operaia
Nei primi mesi del 1844 l’idea
del mutuo soccorso, in qualche
modo già operante da alcuni anni tra i muratori, i cardatori e
i lavoranti in ferro della nostra
città, trova una sua prima organica concretizzazione nella « Società » costituita dalla « classe
dei calzolai » pinerolesi, al fine
di « assicurare i mezzi di soccorso a quelli tra gli associati che
ne abbisognassero per causa di
malattia, (...) mercé un fondo rica \'ato da un contributo individuale da pagarsi settimanalmente da ciascun socio ».
Iniziativa di notevole importanza (in un’epoca in cui al lavoratore inabile al lavoro ^per
malattia non restava che far ricorso alia carità pubblica o privata) e tuttavia ancora legata
al vecchio sistema delle corporazioni, sì da far sentire l’esigenzd di un ulteriore passo in
avanti, verso la formazione di
una società « generale », cioè aperta ai lavoratori di ogni arte
e mcstior0.
A questo traguardo si giunge,
tra la fine del 1848 e l’inizio del
'49 (la data « ufficiale » di fondazione, accreditata dalla memoria storica della Società, è il 12
ottobre del ’48; l’approvazione
del primo regolamento è avvenuta il 29 aprile del ’49) per l’iniziativa di undici artigiani, i quali, con l'aiuto di alcuni borghesi
illìiminati, danno vita alla « Società degli operai », aperta a tutti « gli operai che risiedono nella città e provincia di Pinerolo »,
considerando tali sia coloro che
« prestano la loro opera a servigio altrui » (« lavoranti » delle
botteghe artigiane, muratori, contadini/giardinieri, operai del Follone e dei filatoi) sia coloro che,
« sebbene non collocati all’altrui
servizio od esercenti in qualità
di capi di una professione, non
sono però in grado di dar lavoro a più di due persone consecutivamente ».
La Società accoglie anche come soci « onorari » proprietari,
medici, avvocati e negozianti,
ma pone come condizione che
« abbiano dato prove di simpatia ed attaccamento pel benessere e miglioramento della classe degli operai » e li esclude
■dalla direzione.
Prima associazione « generale » operaia dello Stato Sabaudo,
la Società pinerolese ha come
scopo « l’unione e fratellanza, il
mutuo soccorso e la scambievole istruzione ».
Con il versamento di una quota settimáñále di 20 centesimi,
i soci effettivi acquistano il diritto, in caso di malattia, a una
sovvenzione di una lira per ogni
giorno di inabilità al lavoro a
partire dal quarto: sovvenzione
di poco inferiore alla retribuzione media di una giornata lavorativa. Non rientra nei compiti
della Società la sovvenzione di
disoccupazione; tuttavia il presidente e la direzione sono impegnati da un articolo del rego
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Il vessillo della Società operaia è stato conservato fino ad oggi.
lamento a fare tutto quanto « da
loro dipende (...) per trovare un
conveniente allogamento » a quel
socio che « senza sua colpa venga a mancare di lavoro ».
La Società pinerolese, per i
benefici che essa assicura ai suoi
iscritti, viene tosto presa come
modello da operai e borghesi
illuminati di altre città piemontesi: valga per tutti l’esempio
di Torino, ove la direzione della
Gazzetta del popolo chiama il
« machinista » Antonio Rossi, uno dei suoi promotori, per costituirvi una società « generale ».
TI 19 ottobre 1851, aprendosi
in Torino il convegno dei rappresentanti di 33 Società dello
Stato Sabaudo, riuniti per discutere un progetto di « aggregazione generale », la presidenza
provvisoria è affidata a Antonio
Pittavino, allora presidente della
Società pinerolese, « prima fondatasi in Piemonte ».
Durante la seconda metà dell’Ottocento e nei primi vent’anni di questo secolo, la Società
Generale degli Operai, pur conoscendo anche momenti difficili, si afferma come uno dei « poli » più ricchi di iniziativa nel
contesto cittadino.
Verso la fine del 1853, in un
momento di rincaro del prezzo
del pane, è deliberata l’apertura
di una panetteria sociale, con
« l'intendimento filantropico di
procurare ai soci e alle famiglie
meno agiate il pane a modicissimo prezzo, di buona qualità
e di puro frumento ». I primi
anni di gestione non danno risultati finanziari soddisfacenti,
ma nell’ottobre del ’57 si provvede a rilanciare l’iniziativa su
migliori basi organizzative.
Nel 1864 la Società dà vita a
un comitato di previdenza incaricato di acquistare aU’ingrosso
i generi di prima necessità, per
rivenderli ai soci al minor prezzo possibile: primo passo su una
strada che porterà, nel 1906, alla
trasformazione del magazzino di
previdenza in coop. di consumo.
Quasi contemporaneamente è
istituita, a lato della Cassa per
il normale mutuo soccorso, una
Cassa di riserva (regolamento
approvato neH’ottobre 1862) per
assicurare un sussidio ai soci inabili al lavoro per la vecchiaia
o per una malattia cronica.
Di non minore importanza l’azione svolta a favore dell’istruzione popolare, sia con il contributo dato al sorgere delle prime
scuole serali, sia con l’istituzione, nel 1901, di una biblioteca
circolante per i soci e le loro
famiglie, e con l’annuale distribuzione di premi, costituiti da
libretti della Cassa di Risparmio,
ai figli dei soci che si sono distinti per profitto delle scuole.
Giovanni Giolito
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Lettere ■ Oggi
all'Eco e domani
delle Valli
Comitato ferrovia
Una storia di ormai 140 anni illustrata da una mostra documentaria
che resterà aperta fino al 16 ottobre nei locali di palazzo Vittone
AMAREZZA
Nel ringraziarla per l'ospitalità già
altre volte riservataci dal suo giornale,
vorremmo con questa segnalare all'opinione pubblica una grave scorrettezza della quale siamo stati oggetto e che, a nostro avviso, offende
la libertà di opinione e di informazione.
Dopo l'apparizione sull'Eco del Chisone di una lettera a firma Charbonnier, sindaco di Bobbio Pellice, nella
quale era trattato il problema piste
forestali in contraddittorio con una nostra mostra, ci siamo sentiti in dovere
di chiarire alcune imprecisioni usando gli stessi mezzi e canali di informazione.
Il direttore dell'Eco del Chisone, però, non solo non ha pubblicato la nostra lettera, ma estrapolando concetti
secondo la sua personale visione ne ha
fatto un lungo articolo di prima pagina.
Ora noi crediamo che un direttore
dì giornale, pur nella sua facoltà di
pubblicare o no lettere a lui indirizzate, non possa non permettere la
pubblicazione di una risposta ad una
lettera già pubblicata precedentemente (non si può pubblicare solo ciò ohe
fa comodoi).
Un dibattito democratico deve dare
spazio a tutte le voci, se si vuole
che il pubblico abbia una corretta
informazione, indipendentemente dai
peso politico o dal numero di tessere (don Morero parla per sèi).
E l'esposizione di un giudizio su
una lettera o qualsiasi altro scritto ha
valore solo quando si è data la possibilità a tutti di leggerne il contenuto.
Ancor più siamo amareggiati al pensiero che questo accade su di un giornale che vuole dare lezioni di democrazia e di morale.
Lega per l'ambiente Val Pellice
UN CARO AMICO
Un caro amico ci ha lasciato e
nella tristezza della separazione, nell'angoscia degli interrogativi che essa
inevitabilmente suscita ci è presente
più che mai la sua personalità e le
multiformi doti che la contraddistinguevano. Di essa sono indicativi i
progetti di vita nei quali si era impegnato e in cui credeva.
La sua apprezzata attività professionale svolta con grande serietà si accompagnava ad un atteggiamento costante di modestia e riservatezza.
Enzo Rovara non era però prevalentemente un • tecnico »: basti pensare alla sua competenza anche in campo musicale. Ma ciò che forse più
conta era la sua grande umanità, la
sua sensibilità verso i problemi degli
altri (e non solo neH'ambito del. rapporti e delle amicizie personali) in
un mondo che sembra sempre più
dominato daH'aridità e dall'indifferenza. Ad esempio, come membro da vari
anni del Comitato deil'Uliveto, costituiva per la direttrice — che ce ne
ha dato diretta testimonianza — un
prezioso punto di riferimento e di
appoggio; aveva inoltre collaborato a
portare a termine la ristrutturazione
dell'Istituto stesso e già si stava fattivamente occuparrdo e Interessando
dell'ipotesi di un ulteriore previsto
ampliamento.
il vuoto determinato dalla sua scomparsa possa essere colmato in parte
dall'esempio di un modo di vivere
e di essere che egli lascia ai suoi
familiari, agli amici, alla comunità
civile e religiosa di cui faceva parte.
Myriam e Giancarlo Buzzi,
Torre Pellice
Caro Enzo, fratello in Cristo,
non ho avuto ii privilegio di conoscerti quando eri ancora in vita ma,
essendo venuta anch'io al cimitero
per darti l'ultimo saluto, ed avendo
assistito al rito funebre cosi sobrio
ed essenziale, voluto da te, credo
di avere capito come tu abbia vissuto
la tua esistenza di credente.
Grazie, Enzo, per ii tuo esempio
prezioso.
E. G., Luserna S. Giovanni
TORRE PELLICE — il comitato difesa
deiia ferrovia Pinerolo-Torre Pellice
avrà una sua riunione venerdì 14 ottobre alie ore 21 presso la sede della
Comunità Montana in corso Lombardini 2.
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma « Miracolo sulra* strada » di Spielberg, sabato 15 alle
ore 20 e 22; ■■ Sulle tracce dell'assassino », domenica 16 alle ore 16, 18,
20, 22.
Manifestazioni
ANGROGNA — Sabato 15 ottobre alle 20.45, presso la sala valdese di S.
Lorenzo, il gruppo Teatro Angrogna
ripresenterà » La macivèrica ».
Lunedì 17 alle 20.45 nella sala comunale avrà luogo un dibattito sul tema a Scuole di montagna, quali prospettive, ». Introduce Jean-Louis Sappè; intervengono: Bruna Peyrot, ricercatrice presso la SSV; Carlotta Bertalot, presidente del Consìglio di Circolo di Torre Pellice; Sergio Soave,
membro della Commissione Istruzione
della Camera dei Deputati; Franco
Agliodo, segretario CISL di Pinerolo.
RINGRAZIAMENTO
c( Ho pazientemente aspettato
l’Eterno, ed egli si è chinato su
di me e ha ascoltato il mio
grido »
(Salmo 40: 1)
I familiari di
Maria Negrin ved. Pontet
ringraziano sentitamente tutti coloro
che hanno preso parte ail loro dolore.
Un ringraziamento particolare esprimono alle infermiere della Comunità
Montana, a Ernestina e Celine, a Nella
Girando, Maddalena Garnier e Marina
Cardon ed ai pastori Bellion e Pasquet.
Luserna San Giovanni - Bobbio Pellice,
14 ottobre 1988.
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Croce Verde Porosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
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(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433 (Oapedale Valdese).
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Torre Pellice: FARMACIA INTERNAZIONALE - Via Arnaud 8 - Telefono
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Ambulanza :
CRI Torre Pellice; Telefono 91.996.
12
12 fatti e problemi
1!
14 ottobre 1988
FRANCESCO CALOGERO SEGRETARIO DEL "PUGWASH’
Da trentanni scienziati
contro la morte atomica
Un appello di esseri umani ad altri esseri umani: da un villaggio della Nuova Scozia giunse la prima risposta da parte di alcuni studiosi
Quando un italiano viene chiamato a dirigere un organismo internazionale il fatto viene di solito e giustamente ricordato e
commentato dalla stampa nazionale. Ma non sempre: la nomina del professor Francesco Calogero, ordinario di fisica teorica airUniversità « La Sapienza »
di Roma, a segretario generale
del movimento internazionale
Pugwash è stata riportata nella
stampa quotidiana soltanto da
« La Repubblica » (5.5.’88), seguita
da due trafiletti sulle riviste mensili di divulgazione scientifica
« Le Scienze » e « Sapere ». Ejjpure essa meriterebbe di essere
molto più conosciuta ed apprezzata anche dal vasto pubblico
italiano, per l’importanza che
questa carica ha nel complesso
e delicato processo di condurre
il mondo sulla strada del disarmo.
La poca risonanza che la notizia ha avuto è però in parte
anche dovuta alla natura stessa
del movimento Pugwash, il quale è poco noto al di fuori degli
ambienti interessati a causa del
proprio carattere riservato, del
suo modo di funzionare. Esso è
da oltre tre decenni promotore
ed al centro delle più importanti trattative intemazionali di disarmo, ma ha potuto svolgere
questa funzione in modo efficace proprio perché opera al di
fuori del fascio dei grandi riflettori internazionali.
Il movimento è nato come risposta all’iniziativa di Bertrand
Russell che, con altri dieci firmatari (tra cui Albert Einstein,
pochi giorni prima di morire),
diffuse nel 1955 un manifesto-appello sui pericoli delle armi nucleari. Essi parlarono « in questa
occasione non come membri di
una o un’altra nazione, continente o credo, ma come esseri umani ad esseri umani, ...per imparare a pensare in un modo nuovo... perché tutti, indistintamente, siamo in pericolo... e la sopravvivenza stessa della specie
uomo è posta in dubbio. Il dilemma che vi presentiamo, terrìbile ma a cui non possiamo
sfuggire è: saremo noi a porre
la parola fine alla razza umana,
oppure riuscirà l’umanità a rinunciare alla guerra? ».
Per questo essi raccomandavano « che gli scienziati si riuniscano in assemblea a valutare
i pericoli che nascono dallo sviluppo delle armi di distruzione
di massa... ».
II singolare nome del movimento è quello di un villaggetto
peschereccio della Nuova Sco^
zia, sulla costa atlantica del Canada, dove nel luglio 1957, dopo
due anni di sforzi, si riuscì a rispondere a queU'appello: su invito di Cyrus Eaton ventidue
scienziati di dieci nazioni dell’est e dell’ovest si incontrarono
nella sua villa e discussero per
quattro giorni.
Abituate dalla tradizione scientifica al dibattito aperto, queste
persone iniziarono a discutere,
con lo stesso metodo e stile con
cui facevano scienza, anche il
problema totalmente nuovo di
sopravvivenza che la bomba atomica aveva creato, nuovo tra
l’altro perché richiede contemporaneamente capacità e competenze tanto politiche che scientifiche, in un modo sino ad allora sconosciuto.
Il metodo di lavoro delle scienze esatte si rivelò proficuo anche in questa occasione, e facilitò un confrontò aperto proprio
su temi che allora (ed anche oggi) le nazioni preferiscono te
nere coperti dal segreto, per cui
fu deciso di continuare ad avere simili incontri: il movimento Pugwash era nato.
Da allora esso si è ampliato
notevolmente, gli incontri si sono diversificati nella loro forma:
ci sono conferenze annuali, scientifiche nello stile ma che a volte producono anche comunicati
pubblici, aperte a tutti gli scienziati e ricereatori interessati; in
simposi riservati vengono discussi tecnicamente temi specifici di
disarmo ed in genere del non
risolto rapporto fra scienza e
società; su scottanti problemi
attuali (quali per esempio al momento le armi chimiche, e le armi convenzionali in Europa) si
formano dei regolari gruppi di
lavoro internazionali, che li analizzano e propongono soluzioni
tecniche (sia scientifiche che giuridiche) che possano essere la
base su cui iniziare una trattativa diplomatica che abbia speranza di successo.
Questi momenti di incontro e
lavoro comune sono spesso stati l’unico luogo dove anche nei
periodi più gelidi non si è mai
interrotto il filo di dialogo e di
ricerca tra ricercatori e scienziati americani e sovietici, e dove sono nate e si sono avviate
le prime e più delicate fasi delle principali trattative di disarmo degli ultimi trent’anni, compresa quella che ha portato alla
fine della guerra del Vietnam.
Proprio lo stile riservato, ed
il fatto che ogni partecipante
non sia un delegato né rappresenti la propria nazione, ma sia
presente solo a titolo personale,
rendendo inutile qualsiasi posizione propagandistica, hanno fatto sì che il dialogo non si interromipesse mai.
Osando poi dell’autorità scientifica (ed a volte anche politica)
di cui molti « pugwashiti » dispongono nei rispettivi paesi, essi sono in grado di tessere una
paziente tela di pace, consigliando ed influenzando i loro governi.
Il movimento è strutturato in
gruppi Pugwash nazionali, presenti in trentacinque paesi dell’est e dell’ovest. Il loro compito è di mobilitare persone esperte e capaci nei rispettivi paesi,
di risvegliare interesse e formare nuove leve tramite scuole, seminari e pubblicazioni. La più
antica scuola è quella del gruppo italiano, la International
School On Disarmament And Re
search On Conflicts (ISODARCO),
in attività ormai da ventidue
anni.
I gruppi nazionali hanno anche il compito vitale di sostenere finanziariamente la segreteria
intemazionale, l’indispensabile
cuore di una simile organizzazione; è da qm che viene coordinata l’organizzazione dei tanti
incontri che si svolgono anno dopo anno, e le pubblicazioni.
In tutti questi anni il movimento è riuscito a conservare
una stmttura leggera ed agile.
Essa è indispensabile per essere efficaci in tanti momenti delicati in cui è necessario agire
rapidamente ed in modo riservato; ma essa è anche il prezzo
obbligato ed inevitabile di quella assoluta indipendenza politica di cui il movimento è geloso,
l’unica sua garanzia di successo,
ma che lo taglia fuori dai grandi canali di finanziamento. Ed
infatti l’aspetto economico è fonte di continue preoccupazioni
per il segretario generale, factotum continuamente oscillante
fra le grandi attese intemazionali e le miserie dei piccoli problemi di Sopravvivenza, aiutato
solo da una segretaria neH’ufficetto di Ginevra ed una in quello di Londra.
Dopo un decennio di presidenza del movimento la professoressa Dorothy Hodgkin, premio
Nobel 1964 per la chimica, ha
appena passato la mano al prof.
Joseph Rotblat, un fisico che partecipò alla costruzione della bomba a Los Alamos: se ne ritirò però alla fine del 1944, non appena apparve chiaro che Hitler
non avrebbe avuto in mano questa arma, e da allora ha sempre
combattuto in prima linea la
battaglia per il disarmo (quanto
è radicata nel nostro stesso linguaggio la mentalità della guerra!).
Il cambio della guardia si completerà il prossimo gennaio,
quando il professor Francesco
Calogero assumerà il compito di
segretario generale, e per la prima volta un italiano sarà chiamato a far funzionare ed avanzare questa associazione di scienziati, uomini di buona volontà
uniti dalla preoccupazione per
il futuro dell’umanità.
Auguriamo buon lavoro e buona fortuna a Francesco Calogero, e gli offriamo il nostro sostegno.
Franco Dupré
Pensiamo subito
a rinnovare
l'abbonamento
ABBONAMENTI 1989
Italia
Ordinario annuale
Ordinario sennestraie
Costo reale
Estero
L. 38.000 Ordinario annuale L. 70.000
L. 20.000 Ordinario (via aerea) L. 100.000
L. 60.000 Sostenitore (via de-
L. 75.000 rea) L. 120.000
n. 20936100 intestato a A.I.P. - via Pio V, 15
10125 Torino.
Ai nuovi abbonati *89, gratis il giornale
tìno a dicembre 1988
2 OTTOBRE: PERUGIA - ASSISI
Una marcia
per la pace
Favoriti da una giornata estiva, sostenuti da una popolazione locale aperta e sensibile (tutte le cascine lungo il percorso assolato hanno accolto i partecipanti in cerca di acqua
e di ombra), hanno sfilato in tanti, forse trentamila: erano
arrivati da tutta Italia, giovani comunisti e boy-scout, le ACLI
e, applauditissimi, i rappresentanti delle associazioni di immigrati in Italia. Erano molti gli striscioni contro l’installazione
degli F-16 a Gioia del Colle, e la richiesta per un « Mediterraneo di pace » ha riportato i più vecchi alle manifestazioni dei
primi anni ’80, quando la parola d’ordine era quella di mobilitarsi contro i missili di Comiso.
Ora la situazione è diversa: gli accordi internazionali hanno aperto una fase nuova, ma in marcia verso Assisi non si
sono dimenticate le tragiche vicende di regioni e popoli che
soffrono: la Palestina, il Sud Africa, il Cile che teneva tutti
con il fiato sospeso. Ora che sembra che il Cile democratico
abbia vinto, anche il messaggio di nonviolenza che Aldo^ Capitini (di cui ricorreva il ventennale dalla morte) lanciò da
questa regione sembra non essere un sogno, un'utopia...
La prima marcia fu quella che Capitini stesso, esponente
forse isolato, ma in compenso autorevole e coraggioso della
nonviolenza in Italia, promosse ed organizzò nel 1961: i partecipanti chiedevano, tra l’altro, la messa al bando degli esperimenti nucleari, che in quegli anni imperversavano nel mondo.
L’Associazione per la pace .si è costituita ufiicialmente
quest’anno con il congresso di Bari (era la fine di febbraio):
la Perugia-Assisi è stata dunque il primo appuntamento di rnobilitazione nazionale a cui essa partecipava, ed è significativo
il ringraziamento che ha espresso. « E’ stata — ha detto l’As.sociazione — la festa di quanti hanno lottato contro i missili
di Comiso, oggi smantellati; la protesta contro la violenza,
non solo quella delle armi, ma anche quella economica e poli
tica esercitata da chi detiene il vero potere e sta distruggendo
ogni regola democratica».
Un cartellone in ricordo di A. Capitini. In alto: solidarietà con
le « donne in nero » che in Israele contestano la politica governativa nei territori occupati.
AMNESTY INTERNATIONAL
Pubblicato il
«Rapporto annuale '87»
Il Rapporto illustra la situazione dei diritti umani in ben 135
paesi. In più di un terzo dei paesi del mondo uomini, donne e
persino bambini vengono torturati. Prigionieri per motivi d’opinione sono stati incarcerati in 80
paesi.
Per quanto riguarda la pena di
morte, nel 1987 sono state giusti
ziate 760 persone in 39 paesi. Sono citate nel Rapporto 132 esecuzioni in Cina, 158 in Iran, 184 in
Sud Africa. Altre 1.200 condanne
sono state emesse in 62 paesi. Il
più alto numero di detenuti in
attesa di esecuzione nei bracci
della morte si trova negli Stati
Uniti con 1.982, mentre nel Punjab (Pakistan) sono 1.500.