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Anno 120 - n. 11
16 marzo 1984
L. 500
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE VALDESI E METODISTE
Punti
di vista
AL DI LA’ DEGLI SCHIERAMENTI
C’è chi si è scandalizzato in
questi giorni per la presa di posizione fortemente critica del capo del governo sull’affare Carrà.
Si è parlato di interferenza indebita e di pressione del potere
politico sul diritto della XV di
Stato di mandare nelle case degli italiani, sull’onda di un contratto dì alcuni miliardi, la showgirl Raffaella Carrà. Ma via. Diciamo semmai che la perplessità, anzi la contrarietà dell’onorevole Craxi arrivano tardi, troppo
tardi. Ci voleva questo particolare incrocio degli astri, costituito dal decreto antinfiazione e
dalla maxi-paga ad una attrice
televisiva, perché finalmente ci
si accorgesse pubblicamente del
declino su cui la Rai, a livello
di contenuti e di amministrazione, è da tempo avviata.
Per cinque lunghi anni remittenza privata, in assenza di una
legge che regoli le vie dell’etere,
si è gonfiata a dismisura grazie
agli introiti pubblicitari, alle aste e vari altri affari. Il potente
Berlusconi copre con le sue antenne il territorio italiano e molti pensano che lo faccia molto
meglio della Rai. Il rapido proliferare delle emittenti private ha
finii 3 con l’imporre un nuovo
modello cultural-televisivo che
abbraccia tutti: telenovelas, quiz,
varietà, interviste a sfondo pubblicitario, film americani o giapponesi, cartoons, il tutto condito
da frequenti spot pubblicitari.
Quando accendi la TV sai già cosa ti aspetta. Siamo arrivati ad
un punto in cui è praticamente
impossibile riconoscere un programma Rai da uno di emittente
privata se non ci fosse il marchietto d’antenna che t’informa
chi stai guardando. Il che dimostra — mi pare — l’assoluto piattume e uniformità in cui versa il
piccolo schermo. Se la Rai continua con i soldi dei nostri canoni a correre dietro alla lepre
delle show-girls e affini c’è solo
da augurarsi che il governo, attraverso i canali adatti, interrompa questa corsa e riconduca nell’alveo del buon senso la gestione Rai.
Credo che l’italiano medio che
paga il canone non soffrirebbe
nel sapere che la Rai non riesce
a catturare i più alti indici di
gradimento, né soffrirebbe di sapere che proprio per questa ragione alcune fonti di pubblicità
si riverserebbero altrove.
Credo che l’italiano medio si
accontenterebbe di vedere più
valorizzato il proprio cano'ne attraverso programmi realmente
giornalistici e culturali. Ho sempre trovatq che uno dei momenti più seri, che sflof^ il drammatico, della TV di Stato — Telegiornali a parte — è il momento
in cui l’annunciatrice ti ricorda
di pagare il canone. Giusto. Paghiamolo pure. Ma saremmo lieti, a livello di contenuto, di poter
'distinguere tra ciò che costa e
ciò che non costa e di poter vedere riflessa nel piccolo schermo
l’immagine seria e propositiva
di un servizio pubblico. Altrimenti anche Tappello a pagare il canone diventa un numero di varietà che fa ridere 1 teleutenti.
Giuseppe Platone
Per una parola arrischiata
La ricerca di coerenza evangelica non è grigia equidistanza né facile allineamento ma tentativo di riflettere la parola della vita che non ci appartiene — Non è possibile il silenzio
L'articolo che riprendiamo dal settimanale francese « Réforme » ci sembra utile per il dibattito sulla pace e sulla responsabilità pubblica della chiesa non solo nel contesto francese ma anche nel nostro.
Leggendo le lettere inviate a
Réforme e ascoltando certe opinioni, ci si potrebbe domandare
se la chiesa faccia ancora bene
ad esprimersi. Non apnena un’.assemblea ecclesiastica o un « uomo di chiesa » affrontano una
questione di ordine politico o sociale, cadono sotto le censure di
coloro che sono convinti che la
chiesa non deve occuparsi di
queste cose.
Ne faccio continuamente l’esperienza e i miei interlocutori
sono talmente convinti del loro
punto di vista che solo molto
raramente ho l’impressione che
siano pronti ad ascoltare quello che dico, semplicemente ascoltare, dal momento che non
domando loro di condividere necessariamente il mio punto di
vista.
Spesso le stesse persone che
lamentano la « chiesa del silenzio » nei paesi dell’Est sono
quelle che vorrebbero condannarci al silenzio. Parlate all’interno delle mura ecclesiastiche
di ciò che riguarda l’interiorità
dell’uomo, ma non occupatevi di
ciò che sta fuori di quelle mura,
di ciò che costituisce la vita quotidiana della gente, di ciò che
è materia politica o sociale! Il
messaggio biblico, l’evangelo,
non avrebbero dunque nulla a
che vedere con la vita comune
degli uomini e delle donne di
ogni tempo? Bisogna davvero dire e ripetere che Dio ama il
mondo e ci chiede di comunicare « tutto revangelo ad ogni uomo »?
Nessun uomo politico è infallibile e sia egli di destra o di
sinistra noi ammettiamo che si
esprima sapendo bene che può
sbagliarsi. Nessun uomo e nessuna assemblea ecclesiastica è
infallibile: è questa una ragione
sufficiente per condannarli al silenzio? E pensate davvero che la
parola di un predicatore o la
presa di posizione di un’assemblea avranno più peso e saranno
più vicine alla verità quando riflettono l’unanimità? C’è da aspettare a lungo per vedere una
tale unanimità e se essa dovesse
effettivamente diventare possibile, sarebbe il frutto di un compromesso che in quanto tale dubito fortemente sarebbe ancora
il riflesso dell’ispirazione evangelica.
Come predicatore non cerco
mai di dire quello che gli ascoltatori si aspettano e quello che
farebbe loro piacere, ma mi la
scio coinvolgere e interpellare
da un testo biblico cercando di
comunicare nel modo più autentico possibile il suo appello
o il messaggio che contiene.
Perchè allora le nostre prese di
posizione pubbliche dovrebbero
far piacere a tutti e accontentare gli uni e gli altri? Mi sembra
che proprio la consapevolezza di
questa impossibilità sìa il motivo ohe induce alcuni a volere
che noi taciamo, che la chiesa
faccia silenzio.
Rifiuto del silenzio
Ebbene no, non ho alcuna intenzione di tacere su certi problemi, la mia lettura deH’evangelo mi spinge ad esprimermi,
non in modo incompetente e improvvisato, non per amore di
politica partigiana, ma perchè
sono convinto che il tono dell’evangelo debba mescolarsi alla
melodia di tutti quelli che cercano degli atteggiamenti possibili, delle risposte plausibili, delle proposte accettabili di fronte
ad un determinato problema o
neH’ambito di una determinata
situazione.
Non abbiamo un potere da ricercare, non abbiamo lezioni da
dare, ma fa parte del nostro
dovere — di fronte alle ingiustizie, ai problemi posti dalla
guerra e dal superarmamento, alle lacerazioni stridenti del nostro
MATTEO 25: 14-27
Cercasi titolo per parabola
Le parabole, diversamente dalle allegorie, volevano essenzialmente chiarire uno o due motivi centrali di una storia: cerchiamo dunque un titolo per questa
parabola che li sintetizzi, li riassuma in una frase.
Etica della Utilità
Un talento valeva circa 6.000
denari, una cifra enorme se si
considera che un denaro era la
paga di un giorno di lavoro per
un agricoltore del tempo.
Dare questo titolo alla storia
può implicare il sottolineare l'aspetto economico: il padrone loda chi ha saputo in maniera più
spregiudicata investire una grossa cifra con lo scopo di poter
ricevere il più alto profitto possibile.
Tempo fa, in occasione di un
incontro del Papa con rappresentanti della Confindustria, questa parabola fu ricordata dagli
imprenditori proprio per puntualizzare l'importanza e l’utilità
dei capitalisti per una politica
progressista degli investimenti.
Il diverso numero di talenti
assegnati dal padrone ai suoi
servi, convaliderebbe la disponibilità di Gesù verso chi è più
spregiudicato e pronto a trarre
maggiori guadagni.
Non so quanto diffusa una simile lettura della, parabola sia,
ma credo di sapere chi ne sarebbe più attratto.
Serpeggia nel nostro mezzo,
specie in questi momenti di crisi di partecipazione alla vita della chiesa, il desiderio di rilanciare un attivismo evangelistìco
di tipo empirico e pragmatico.
I movimenti di “church growth”
sono spesso orientati più alla
quantificazione delle conversioni che al cambiamento del mondo, ci propongono a riguardo,
una politica secondo l'etica dell'utilità: è bene tutto ciò che risulta utile alla crescita delle
chiese. Non si tratta con questo
di criticare il bisogno di organizzare e pianificare la vita ecclesiastica, ma di divenire consapevoli che qui è in gioco un
vero e proprio apparato ideologico, che dietro l'efficientismo
di stampo anglosassone, tende a
sostituire al ’servizio' il trionfalismo, alla 'testimonianza' la crescita della chiesa, alla 'presenza'
una mera coscientizzazione di tipo introspettivo.
Questa interpretazione però
non fa i conti col fatto che ai
“talenti" di Matteo corrispondo
no nel racconto parallelo di Luca (19: 11 ss.) le “mine", di valore ben più modesto (100 denari) e che queste sembrano richiamare un tratto più antico
della storia. Inoltre alla diversa
distribuzione dei beni in Matteo, corrisponde in Luca una
eguale suddivisione.
Questi due aspetti dovrebbero
essere sufficienti per farci capire che questo primo titolo non
coglie nel segno: i talenti e la
loro moltiplicazione non sono
l'elemento chiave della storia originale, nessuna etica utilitaristica trova in questa storia la sua
giustificazione.
Etica delle Opere
Questa seconda lettura della
storia è senz'altro molto più diffusa. L'accento viene posto sul
fatto che il padrone premia in
misura maggiore chi ha operato
meglio. Il premio e la riprovazione sono relativi, secondo questa interpretazione, alla vita futura, così come il v. 30, aggiunto
da Matteo, sembra indicare. A
riprova di questa interpretazio
Masstano Aprile
(continua a pag. 6)
mondo — situarci in rapporto
ai valori dell’evangelo e dire,
condividere, proclamare le convinzioni che sorgono dal nostro
contatto con la Scrittura. Nessuno possiede la verità, nè i politici, nè gli ecclesiastici; non
possiamo che avvicinarla attraverso il dialogo, l’ascolto reciproco, senza temere il confronto. Impegnati in questa ricerca
che a vcffte asstune l'aspetto di
una lotta, i cristiani non possono rinchiudersi nel silenzio.
Troppo numerosi sono quelli che
tacciono, che lasciano fare. Troppo numerosi sono anche quelli
che fanno della politica partigiana di destra o di sinistra. Ma
dicendo questo non auspico un
centrismo neutrale, senza gusto
nè sapore: domando la libertà
di potermi fare eco dell’evangelo, domando il diritto di parola
nell’ambito di una società che
cerca se stessa, che soffre, per
manifestare una reale preoccupazione di giustizia, di pace, di
solidarietà e per vivere in essa
della speranza che mi viene dal
Cristo.
Voi che volete condannarmi al
silenzio, accettate che io mi esprima, che noi ci esprimiamo,
e se succede che ci sbagliamo
questo non significa obbligatoriamente che siamo nell’errore.
La verità si cerca, e si cerca insieme! Perchè allora eliminare
una narte che, a motivo della
sua fede, vuole portare la sua
pietra alla costruzione della vita comune?
L'importante è che le nostre
prese di posizione e le nostre
dichiarazioni non abbiano come
scopo primo quello di portare
in modo partigiano una copertura politica, ma che si facciano
eco della parola della vita e che
èsprimano l'esigenza di Dio e
l'offerta delt'evangelo. Per questo sono semnrè e malgrado tutto a favore di una parola arrischiata noichè a forza di lasciarci rinchiudere nel dibattito destra-sinistra, rischiamo di perdere di vista il basso e l’alto, e
cioè l’indisnensabile radicamento
nelle realtà terrestri e la necessaria apertura verso l’alto. In
mezzo alle questioni politiche
che snesso suscitano chiacchiere
e in CU’ enrtiini auspìcano il silenzio delle chiese, c’è sempre
costo ner una parola che venga
in risuosta all'appello pressante
dell’Evangelo.
Michel Hoeffel
SOMMARIO
Q Un riformatore italiano del *500, p. 2
□ Inaugurata la chiesa
di Imperia, p. 5
Q Dibattito: fede e rapporti interpersonali,
P. 7
□ La « Dichiarazione dei
diritti del bambino »
ha 60 anni, p. 12
2
2 fede e cultura
16 marzo 1984
DIBATTITO A VERCELLI
LE CHIESE E LA PACE
Medicina, diritto, fede di fronte Abbattere le barriere
alla trasfusione di sangue
« Trasfusione del sangue tra
deontologia medica, libertà costituzionale e libertà religiosa » è
il titolo della conferenza organizsata il 27 gennaio scorso dal Centro ’’Maggi” di Vercelli. Ha esordito la dottoressa Cavallini, primario del Centro trasfusionale
dell’ospedale S. Andrea di Vercelli, la quale dopo aver introdotto l’argomento ha ripercorso la
storia della terapia trasfusionale
dalle prime utilizzazioni sino a
quella "mirata” dei nostri giorni,
« sicuro e valido supporto terapeutico » che consente di « passare al paziente solo quella parte di sangue di cui ha effettiva
mente biseco » evitando gli
sprechi e i rischi del passato. Lo
intervento si è concluso ricordando la reale efBcacia della trasfusione di sangue nella lotta
contro cavissime malattie.
Per gli aspetti legali della questione ha parlato il procuratore
Greppi che dopo aver chiarita
che la libertà religiosa in. Italia,
sancita dalla Costituziòriè, è fruibile non al di là dell’ordinamento giuridico e del buon costume
ha approfondito l’art. 32 della
Costituzione nella sua complessità. Intanto — ha detto Greppi
— è necessaria ima prima distinzione tra intervento medico a
fine sociale (per esempio le vaccinazioni) e intervento curativo
che il medico può esercitare anche senza richiesta del parere
del malato. E’ ovvio che in caso
di omissione di cure e di conseguente morte del paziente il
medico può essere incriminato.
Per il caso dei pazienti minorenni né il tutore — ha continuato
Greppi — né il genitore, pur apI^llandosi al diritto della libertà religiosa, possono disporre a
piacimento del diritto fondamentale di ogni cittadino alla salute
I>erciò sia sul piano costituzionale che su quello giuridico si comprende la liceità dell’intervento
dell’autorità giudiziaria nei citati
casi di Cagliari e di Roma. Esistono certamente delle contraddizioni tra esigenze che derivano da una fede religiosa e l’ordinamento ^uridico complessivo in cui viviamo, ma è necessario — ha concluso Greppi — portare avanti il confronto sviluppando dialetticamente le diverse
posizioni senza prevaricare i
principi generali che regolano la
nostra convivenza civile.
Il terzo intervento, che doveva
essere teologico e religioso, ha
invece solo in minima parte risposto al problema. Il relatore
ha inizialmente tentato una ricerca dei fondamenti biblici del
rifiuto dei Testimoni di Geova
alla trasfusione del sangue, citando alcuni passi del Vecchio Testamento in cui si invita a « non
prendere sangue» e di Giovanni 15: 28-29: « ...vi asteniate dal
sangue e da ciò che è strangolato... State sani », per poi passare
velocemente ad altre testimonianze, tra cui i primi cristiani,
Tertulliano, Lutero, e concludere
« Non possiamo mangiare sangue per via orale, quindi neanche
per via endovenosa». Nel contempo però il relatore ha contestato quanto detto dai precedenti esperti, affidando il proprio discorso a « prove » disparate, dal
Notiziario INAM alle Riviste
scientifiche e religiose, agli articoli di quotidiani e di periodici,
per evidenziare le controindicazioni della trasfusione e le diverse terapie, cui si sono sottoposti
i Testimoni di Geova, le quali
forse potranno in futuro tornare
utili a tutti.
scienza delle persone, sono giunte precise e puntuali le contestazioni dell’organizzatore dell’incontro sul comportamento dell’ultimo relatore, ohe anziché esporre semplicemente la sua posizione, come era stato concordato, ha preferito polemizzare con
gli altri esperti.
Il pastore Di Lorenzo inoltre
ha poi spostato l’attenzione su
alcune questioni più importanti,
quali la supposta « scientificità »
della Bibbia, la necessità di una
lettura storica delle opere degli
autori, l’importanza di cogliere
lo spirito del Vangelo. « L’amore
rompe ogni legge, anche la legge del sangue, ammesso che esista ».
Così nella massa di informazioni si sovrapfranevano di continuo la professione di fede e la
propaganda spicciola, la polemica inutile e la sollecitazione seria a battere strade nuove e a ricercare mezzi alternativi quali ad
es. il sangue artificiale e tali che
rispettino anche le scelte religiose dei singoli. Perciò nonostante la conclusione del relatore sull’ottimistica situazione vercellese di collaborazione delle strutture statali e di rispetto della co
L’impressione che si viveva
dietro le quinte era quella di
trovarsi di fronte ad una professione di fede che cercava nella Bibbia solo conferme idei propri comportamenti, non veri fondamenti ; per cui il discorso non
è diventato dialogo, ma è rimasto un monologo che correva via
parallelo e quasi indifferente alle richieste di precisazioni o alle letture diverse dei passi citati.
Abbiamo così vissuto di nuovo
l’incomunicabilità.
L. C.
Siamo solo agli inizi di una ricerca seria e approfondita sul
tema della pace. Eppure è già
arduo prendere la parola su questo tema ed evitare di ricadere
nello scontato, nel déjà vu. Ma
bisogna in ogni caso dare atto
a Giorgio Girardet che nella conferenza che ha tenuto sabato
18.2.’84 in occasione del XVII Febbraio nell’Aula Magna della Fa^
coltà Valdese di Teologia a Roma, ha saputo, se non dare la risposta risolutiva, quanto meno
inquadrare nei giusti termini il
discorso. Il titolo della conferenza, tenuta davanti a un centinaio
di persone era: « Le Chiese e la
Pace: abbattere le barriere ingiuste ».
Il punto fondamentale sul quale si è sviluppato il discorso di
Girardet è che la pace non è un
fenomeno marginale del messaggio cristiano, quasi un corollario, ma nasce dal centro, dall’essenza stessa della fede. « La
novità delTannuncio cristiano —
ha affermato l’oratore — rispetto a tutti gli altri annunci non è
solo che Dio si è fatto uomo, ma
che Dio ha accettato di morire
come uomo; ed è li che Dio non
si è separato dal mondo, e che
la fede non può essere separata
dalla politica ».
Ormai è un dato quasi scontato dire che Cristo è morto e risorto. Invece questo fatto essen
UNO SPECCHIO DELLA CULTURA ITALIANA DEL ’500
Antonio Brucioli
Antonio Brucioli (Firenze 1487
- Venezia 1566) pubbhcò la sua
traduzione della Bibbia in lingua
italiana a Venezia nel 1532, due
anni prima della traduzione tedesca di Lutero. Anche se non
del tutto fondata sui testi originali, ma dipendente per gran parte dalla traduzione latina dell’ebraista Sante Pagnini (Lione
1527), essa ebbe un’enorme importanza nella diffusione in Ita.lia della conoscenza della sacra
Scrittura e della fede evangelica. Il traduttore era conscio del
significato della lettura della Parola di Dio, come scriveva nella dedica alla principessa Anna
d’Este, la figlia di Renata di Francia, la duchessa di Ferrara, discepola di Calvino, di ima nuova
edizione del Nuovo Testamento:
« Ricevmo adunque i popoli la
dolce e cara visitazione di Giesù
Cristo nel celeste lume dell’Evangelio, il quale è la vera regala
dei Cristiani, regola de la vita,
regola de la salute... ».
La traduzione del Brucioli (otto edizioni cinquecentesche) fu
la Bibbia degli evangelici italiani
in Italia e all’estero per quasi
un secolo fino alla bella tradu
DALLA LITURGIA DI POMEYROL
Una parola per te
zione di Giovanni Diodati.
In questi ultimi anni l’interesse per questo « giornalista della
cultura», come lo definì Giorgio
Spini nel suo fondamentale lavoro del 1940, si è ravvivato per
l’opera più propriamente letteraria: i Dialogì. Il primo libro
dei Dialogì apparve nel 1526, seguito da altre edizioni e altri volumi fino all’edizione definitiva
del 1544-45, comprendente cinque
libri. Nell’edizione definitiva, al
posto dei nomi fittizi, gl’interlocutori sono personaggi conosciuti dallo scrittore a Firenze, alla
corte di Urbino, a Venezia, a Padova, a Ferrara: da Niccolò Machiavelli a Luigi Alamanni, dalla
duchessa Eleonora Gonzaga al
card. Fregoso e così via. Una
grande galleria di personaggi
che suscitano la curiosità dello
storico desideroso di conoscerli
più da vicino attraverso le parole di un contemporaneo. Ma da
questo punto di vista i Dialogò
sono deludenti e lo sono anche
per la mancanza di originalità.
Il fiorentino mette in bocca ai
suoi oersonaggi concetti correnti nella cultura del tempo su argomenti allora molto dibattuti:
il matrimonio, l’educazione dei
figli, la repubblica, il giusto principe, la bellezza e la grazia, l’amicizia ecc. E pur nondimeno
la loro importanza resta notevolissima in quanto vi si rispecchiano gl’interessi culturali e morali
del secolo.
L O Signore, dà il tuo pane a
quelli che hanno fame, e dai fame di te a quelli che hanno pane,
perché tu solo puoi saziare il
nostro desiderio. Dai la forza a
quelli che sono deboli, e dai l’umiltà a quelli che si credono forti, perché tu solo sei la nostra
forza. Dai la fede a quelli che
dubitano e dai il dubbio a quelli
che credono di possederti, perché tu solo sei la verità.
Dai fiducia a quelli che hanno
paura, dai il timore a quelli che
hanno troppa fiducia in sé perché tu solo, o Signore, sostieni
la nostra speranza.
Dai luce a quelli che ti cercano e custodisci nel tuo amore
quelli che ti hanno trovato.
2. O Signore, inchina il tuo
sguardo pietoso verso tutti i
tuoi figli sofferenti nel corpo o
nell'anima. Tu che conosci le segrete angosce della nostra natura, fortifica la loro fede e rendi salda la loro speranza affinché non si scoraggino. Rimani
presso di loro nede ore di maggior ansietà e concedi loro di
realizzare che nulla potrà separarli dal tuo amore.
Dal punto di vista religioso lo
scrittore fiorentino fu un nicodemita. Senza manifestarsi apertamente seguace della Riforma,
con una straordinaria capacità
di manipolazione, di traduzione
e d’intarsio cercò di far penetrare attraverso i Dialogi e i
commenti alla sacra Scrittura i
tre capisaldi della riforma luterana: la superiorità della sacra
Scrittura; la giustificazione, per
la sola fede; il sacerdozio universale. Non fu una testimonianza
aperta e coraggiosa. Ne aveva afferrato l’impossibilità senza una
vocazione al martirio. Nonostante la pratica nicodemitica e la
debolezza del carattere tanto da
passare con disinvoltura dal cam
po repubblicano e antimediceo a
mendicare un servizio di « informatore » presso Cosimo I, certo
sospinto dalle misere condizioni
della famiglia, la sua strategia
propagandistica durò per circa
q.uarant’anni e fu uno dei maggiori veicoli della penetrazione
del messaggio della Riforma in
Italia.
Subì quattro processi per eresia. Nel terzo veneziano del 1555
sottoscrisse un’abiura, ma alcuni anni dopo tentava ancora di
difendere alcuni principi riformati senza tuttavia persuadere
i giudici sulla sua ortodossia. Nel
1558 fu condannato come luterano al carcere, commutato poi negli arresti domiciliari. Morirà il
5 dicembre del 1566 dopo anni di
miseria e di malattia.
Questa edizione critica del primo volume dei Dialogi (Dialogi
della moral filosofia) ', che fa
parte del Corpus reformatonim
itaiicorum, curata con intelligenza ed estrema accuratezza da Aldo Landi, servirà a dare allo sfortunato poligrafo il posticino che
gli spetta nella nostra storia letteraria, dove spesso non è neppure menzionato, come di recente riconosceva autorevolmente
Carlo Dionisotti. Inoltre riaprirà
il discorso sulla portata e il successo della sua strategia propagandistica nel movimento della
Riforma in Italia. Nella Nota
critica (pp. 553-588) spicca la sobria ma limpida biografia del
Brucioli, frutto dei precedenti
studi e delle nuove recenti acquisizioni, anche per merito dello
stesso Landi, a cominciare dalla
scoperta archivistica della data
di nascita (31 luglio 1487) finora
ignorata. Veramente ammirevole
l’improbo lavoro della ricerca
delle innumerevoli fonti di un
autore che tradusse Aristotele,
Cicerone, Plinio, fu editore di
Petrarca, Boccaccio e Savonarola. Di tutti i personaggi dei dialoghi viene data una breve, chiara e precisa annotazione biografica. Aggiornatissima e di grande
utilità per ulteriori ricerche la
bibliografia delle opere e della
critica.
Salvatore Caponetto
‘ ANTONIO BRUCIOLI, Dialogi, a cura di Aldo Landi. Napoli, Prlsmi-Chicago, The Newberry Library 1982 (« Corpus reformatorum italicoirum »), pp. 606.
ziale ed unico della fede cristiana che continuamente deve essere rimeditato e ricompreso porta all’unione indissolubile di Dio
con l’uomo. « In ogni fatto umano è presente la totalità di Dio,
ogni promessa divina riguarda
la totalità dell’uomo: egli ha abbattuto il muro di separazione
(Efesini 2: 13-22): non è più possibile separare Dio e il mondo,
la chiesa e la società, la fede e la
politica; è la stessa realtà che
viene vista da due angoli visuali
diversi, come impotenza e ribellione dell’uomo e come riconciliazione di Dio ».
Quindi: con la venuta di Cristo vengono abolite tutte le barriere, non c’è bisogno di un nopolo eletto che rappresenti Dio
(adesso tutta l’umanità è popolo
di Dio!).
Ma in questa visuale, come si
collocano i credenti? Che senso
ha il nostro essere cristiani nelTimpegno nella politica, per la
pace, per l’abbattimento delle
barriere ingiuste?
Secondo Girardet noi siamo « i
complici » di Dio, cioè coloro che
sono ■ stati tnessi al corrente dei
suoi piani e come tali possiamo
avere una migliore capacità interpretativa dei problemi reali.
« Abbattere le barriere! » potrebbe essere lo slogan a cui rifarsi. Senza pretendere di imbastire una linea politica complessiva, ma solo indicando le direzioni in cui procedere come chiesa. Ed ovviamente, evitare anche
i facili messianismi, le « politiche
cristiane » volte a darci sicurezza
e benessere. Ma se c’è una politica dei cristiani anche, e soprattutto sul tema della pace
« essa si manifesta — ner concludere con Girardet — in una particolare sensibilità ner i dislivelli
di potere: fra gruppi sociali e
classi, fra razze, fra nazioni, fra
continenti. E tutto il suo sforzo
dovrebbe andare verso una redistribuzione del potere, un abbattimento dei dislivelli, un livellamento delle posizioni ».
Vincenzo Ribet
Società
di Studi
Valdesi
Convocazione
I soci della Società sono convocati per una seduta di informazione e di lavoro domenica 8
aprile alle ore 15 presso la Casa
Unionista di Torre PeUìce.
Due parole di chiarimento al
riguardo : la Società di Studi
Valdesi ha sin dalle origini avuto la sua seduta annua nel periodo sinodale per discutere la
Relazione del Seggio e provvedere alle elezioni ed a tutte le
incombenze amministrative di
una Società. Nel corso di questa seduta si è anche avuto un
momento più specificamente
culturale con una conversazione
di carattere storico.
II Seggio ritiene che pur dovendosi mantenere questa prassi sia giunto il momento di ripristinare una delle caratteristiche che ebbe la Società ai
suoi inizi, ed ha ogni Società di
questo tipo, ed avere cioè anche
durante l’anno delle sedute in
cui si possano dibattere i problemi del sodalizio ed udire il
lavoro dei Soci. Questo allo scopo di allargare la cerchia di coloro che si interessano di storia ed incoraggiare i giovani studiosi. E’ stato costituito a questo scopo un gruppo di lavoro
di cui fanno parte Bruna Peyrot,
Clara Bounous e Daniele Tron.
A loro è stata affidata l’organizzazione della giornata. Ci auguriamo di essere numerosi. La
seduta ha naturalménte carattere pubblico, aperta a tutti.
n Seggio
'I'.
1
à:
3
16 marzo 1984
fede e cultura 3
IL DITO NELLA PIAGA
ACCADDE AD ARS
t/ ■’
«I
I «notabili» nella chiesa n parroco idiota
I
In occasione del centenario
della erezione del tempio valdese di via IV Novembre in Roma, M. Cignoni ha redatto un
opuscolo commemorativo ed ha
provocato gli interventi di E. Nitti e C. Vicari (cfr. La Luce, 2.2.
1984). Dispiace che al fratello
M. Cignoni sia capitato questo
incidente di strada, tanto più
che era una occasione per rendere testimonianza a una comunità che è parte viva della
Chiesa del Signore. Ha scelto un
titolo troppo impegnativo — I
Valdesi a Roma —, e poi è scivolato in una piccola cronaca
familiare.
Mi dispiace di dovere condividere la critica rivolta alla impostazione dell’opuscolo, e mi
spiace che il discorso non sia
andato oltre.
I valdesi a Roma
Non è un argomento da buttar via! Non importa granché
certificare « chi per primo entrò in Roma nel 1870 », ma il fatto stesso che questo abbia sollevato una controversia ci avverte della difficoltà — o della
non possibilità — di fare storia
« dei valdesi » senza tracciare
contemporaneamente quella delle altre componenti l’evangelismo, e non solo allora. Interessa la collocazione della comunità romana in rapporto allo Stato, al cattolicesimo; interessano
la sua stratificazione sociale, la
sua evoluzione sociologica, i suoi
rapporti con Tamministrazione
valdese, con le altre chiese italiane e estere.
La Roma protestante ha avuto un peso crescente per le nostre chiese, in concomitanza con
l’accentramento, non solo amministrativo, dello Stato. Il trasferimento nella capitale dei nostri organismi culturali e amministrativi ha privilegiato la comunità romana. Oggi ancora è
« più importante », ha risonanza e incisività ben maggiore
quello che succede a Roma che
quanto, per esempio, si vive nelle Valli Valdesi, a Napoli o a
Milano.
Questo tipo di accentramentopreminenza « di fatto » ha un
suo passato storico che sarebbe
utile rilevare; ed ha un suo presente. A titolo di provocazione,
ricordo che un «primato romano » s’è già dato una volta, e da
comunità che espressero i loro
« notabili ». Certo, né per fede
né per strutture noi corriamo
certi rischi; ma in questo universo burocratico all’insegna dell’unanimismo non è forse male
stare sull’avviso.
Il dito nella piaga
Nelle comunità locali c’erano
e ci sono « i notabili ». Ritenere
che non vi debbano essere, che
l’eguaglianza di creature egualmente amate da Dio in Cristo
possa e/o debba tradursi nel rifiuto dei doni particolari, è del
tutto fuori luogo. Non sono l’uso
e il riconoscimento dei doni che
impancano « i notabili ». L’uso
dei doni porta con sé l’umiltà e
talvolta l’umiliazione, sempre il
servizio che di per se stesso è
gratificante.
I «notabili» sono forniti dal
fatto che si riportano all’interno delle chiese schemi classisti
e sovrastrutture ideologiche di
questo mondo che passa, e che
anche noi adoriamo il potere,
pur piccolino piccolino.
I notabili dell’altro ieri
Al principio degli anni ’20 una
nostra comunità popolare era
alla fame, cioè a stomaco vuoto, ed i fratelli della chiesa di
via IV Novembre decisero di
mandare mensilmente un soccor.so per una mensa aperta ai
bambini e alle donne. Ma quando si seppe che si trattava di famiglie di operai licenziati e in
sciopero, il Consiglio (dei notabili) di Chiesa interruppe ogni
aiuto ai sovversivi. Era ima reazione classista e ideologica.
M. Cignoni ha reso testimonianza a questi «notabili», per
altro schietti credenti, degni di
stima per la loro fede capace di
resistere alle pressioni dell’ambiente sociale loro proprio, devoti alla causa evangelica.
Il protestante vive nella storia: anche quei notabili — borghesi e piccolo-borghesi imbevuti di cultura liberal-protestante e
di antisocialismo — respiravano
l’aria del loro tempo; senz’avvedersene imposero un tipo di comunità. M. Cignoni ha scritto
di loro e, forse per simpatia
elettiva, li ha estrapolati dalla
comunità, ha fatto storia di
classe.
I nuovissimi notabili
Niente paura: il protestante
continua a vivere nella storia.
Purtroppo la eredità sociologica
lasciataci dal liberal-protestantesimo ha ridotto di tanto l’elemento popolare nelle nostre chiese; comunque, borghesi e/o piccolo-borghesi che siamo, armati
di teologia politica, abbiamo fatto la nostra scelta ideologica e
di classe. Pensate che oggi non
vi siano i « notabili », gli aspiranti notabili?
E’ naturale, certo che ci sono,
e se ne fabbricano con metodo.
Non si scandalizzino i «puri credenti », e si chiedano se ogni comunità, di qualsiasi denominazione, non abbia avutò e non
esponga i suoi notabili. Fra noi
valdo-metodisti il fenomeno è
più vistoso (e rischioso), perché
allo spontaneismo si è sostituita
l’applicazione delle tecniche sperimentate da gruppi di potere
nel mondo intero. Il fatto risulta fin troppo evidente dall’allineamento degli strumenti di informazione e di cultura, che ormai sono gestiti con un orecchio alla Bibbia e un occhio a
l’Unità. La necessità di stabilire
nuovissimi notabili porta l’inconveniente di mettere in cattedra anche autori di scritti e discorsi che fanno pensare a quella « malattia infantile » di cui
parlava un padre del comunismo; un inconveniente per due
ragioni : il travestimento « religioso » di opzioni politiche, e l’assenza di un senso critico che dia
la misura della libertà del cristiano di fronte a tutti gli schemi valutativi proposti da tutti i
partiti politici.
E i notabili di ieri?
Certo che vi sono stati, ed
anche essi hanno dato vita a un
gruppo di potere nella Chiesa.
Venivano dagli anni bui del clerico-fascismo, dei piccoli compromessi per sopravvivere. Erano assetati di libertà, nella Chiesa come nella società italiana;
di una libertà che andava ben
oltre gli schemi liberali, per affermare una teologia politica di
liberazione dell’uomo, dei popoli. /
Più nutriti di teologia che di
ideologia, alle prese con resistenze interne e nostalgie, essi
hanno avuto le debolezze e i
meriti d’una borghesia intellettuale post-fascista e credente:
quei notabili hanno difeso, garantito, aU’interno della Chiesa
il maggiore spazio di libertà alle
nuove generazioni ; hanno riaperto un discorso ecumenico. E’
mancata loro la volontà di «fare
opinione », di costruire « una
classe » di notabili ; e, dato impressionante, per primi non hanno valutato a fondo le reazioni
delle comunità agli sperimentar
lismi della teologia politica. Credevano nella continuità cementata dalla fede comune, ma essi
stessi erano coinvolti in un confronto di opinioni che portava
a dilacerazioni e fughe. E’ la sorte delle generazioni intermedie.
Ma « ieri » e « oggi » sono troppo vicini. E’ ovvio che vi siano
notabili di ieri che si sentano
corresponsabili della situazione
di oggi. Ma sembra importante
che non si sentano sempre giovani, e che non assomiglino a
quegli anziani che cambiano vestito e acconciatura illudendosi
di ingannare il tempo. Nella vita
della Chiesa, come oltre, ogni
stagione umana ha la sua dignità e la sua funzione. E lo stesso
sia detto anche dei notabili, con
buona pace di tutti.
Luigi Santini
AGAPE
Impariamo a giocare
L’interesse per il gioco all’interno dei nostri campi estivi e
la ricerca di nuovi giochi non
solo per ragazzi ma per persone
di tutte le età, sono molto cresciuti in questi anni.
Abbiamo avuto la póssibilità
di invitare qui ad Agape imo
dei fondatori di una associazione americana « Giochi nuovi »
che si occupa di inventare nuovi
giochi, riscoprire e modificare
vecchi giochi. Non sono giochi
in cui si gioca per vincere ma
sono giochi, alle volte anche
competitivi, per stare insieme e
per divertirsi. Giochi da giocare
in pochi e in tanti, al chiuso e
all’aperto. Abbiamo quindi organizzato un convegno con Dale
Lefevre che ci farà giocare con
questi nuovi giochi e vi invitiamo cordialmente a partecipare.
Il convegno si terrà ad Agape
da giovedì 19 aprile (arrivo in
serata) a sabato 21 aprile (partenza prima o dopo cena), cioè
giocheremo due intere giornate
(venerdì e sabato).
Il costo dell’incontro sarà di
L. 25.000 (15.000 per il soggiorno
ad Agape e 10.000 per il rimborso dell’animatore). Chiediamo
all’iscrizione una caparra di lire
5.000.
Dato che il numero dei posti
è limitato a 25 accetteremo le
iscrizioni che ci perverranno per
prime.
Per le iscrizioni scrivere o telefonare alla Segreteria di Agape, 10060 Frali, tei. 0121/841514.
Campo Pasqua
Come ogni anno il Campo Pasqua (19-25 aprile) intende offrire a gruppi, famìglie, singoli individui, la possibilità di trascorrere un periodo di ossigenazione
in montagna, con un programma di studio leggero e su proposte che nascono dai campisti. La
neve arrivata quest’anno con
forte ritardo assicura la possibilità di sciare anche durante le
vacanze pasquali, il che ci invita a prevedere una buona presenza di persone interessate a
praticare lo sci (discesa e fondo). Invitiamo pertanto tutti gli
interessati a prendere contatto
con la segreteria di Agape, 10060
Frali (TO), tei. 0121/^ISH.
Fu forse la prima volta che
successe un caso come quello del
parroco di Ars? Oppure era uno
di tanti prima e dopo di lui, che,
nei modi e nelle circostanze più
vari, soffrivano, soffrono e soffriranno di un male estremamente spiacevole soprattutto per
chi desidera servire e pascere
un gregge comunitario? In altre
parole: il futuro parroco di Ars,
quando cominciò a studiare la
teologia, fu scoperto stupido. No,
non era soltanto un po’ lento dovendo faticare per comprendere.
Possiamo affermare senza offenderlo (perché egli stesso lo ripeteva a chiunque lo volesse o non
lo volesse sentire, fino alla sua
morte) che era completamente
negato per la scienza.
Immaginiamoci le reazioni da
parte del corpo insegnante! Erano identiche a quelle di oggi davanti a uno studente stupido. Con
la differenza che non lo si mandava dall’università alla scuola
liceale per recuperare in un breve periodo le evidenti mancanze,
ma ci si sforzava neH’istituto
stesso di estirpare gli inconvenienti che portava con sé il povero studente. Dopo di che alcuni di quei professori cambiarono
color di capelli, e non si sa con
precisione chi diventava più
bianco e chi più nero. Quel che
sappiamo con certezza, però, è
che al futuro parroco, poveretto,
non era giovata alcuna di quelle
gocce di sudore prodotte da chi
si era affaticato a insegnargli ciò
che egli, con sempre maggior disperazione, non pareva ricevere.
E quando fu giunto il giorno
decisivo in cui i rappresentanti
ecclesiastici e quelli deH’intelligenza si domandarono uno per
uno che fare con uno che era stato talmente rifiutato dalla scienza che nemmeno i tentativi più
inesausti erano stati in grado di
aiutarlo, quando fu giunto questo giorno, i capi gravi imo per
uno aggrottarono gravemente le
ciglia dicendo nel loro linguaggio
corrente: Quod nescio facere.
Alla fine decisero aH’unanimità
di tener lontano quell’individuo
dalla gente civile e di spedirlo in
un posto squallido, la mala fama
del quale era nota, con tutta quella gente che passava le giornate
nelle osterie, e che non s’interessava minimamente di quanto accadeva o non accadeva nella vecchia chiesa mezza rovinata. Questo paesino isolato, sporco e depravato era Ars.
Arrivato là, il nuovo parroco
pare non avesse niente di meglio
da fare che condurre una vita assai scomoda alzandosi di notte
per andare a pregare, mangiando
poco più di un uovo al giorno,
rinunciando perfino alla comodità di avere un letto per dormire
e sacrificando in questo modo
tutto se stesso a favore di quel
paesino perduto. Infatti, col tempo riusciva a far chiudere le taverne dove la gente si ubriacava,
e a creare una comunità viva. Le
persone intorno a lui pare avessero inteso che c’era un qualcosa di particolare in lui. Era
l’estrema sincerità con cui agiva,
oppure era il semplice fatto che
egli rinunciava a se stesso rendendosi responsabile di ciò che
accadeva in quel paesino, chi lo
sa mai?
Si sa, però, che col passar degli anni il posto una volta così
squallido cominciava a fiorire e
la gente cominciava a cambiare,
come se le fosse stata tolta una
brutta malattia. In modo che i
capi ecclesiastici, udita la notizia, si meravigliarono e mandarono a controllare ciò che accadeva, perché erano, francamente
detto, preoccupati per i fatti —
e quante di quelle ne poteva combinare quel tonto!
Il parroco di Ars, malgrado
queste preoccupazioni e con lo
stupore di quegli osservatori, poco a poco nus^va a risanare ciò
che aveva trovato così malaménte trascurato, sicché la fama di
quello strano cambiamento oltrepassava i confini di quella zona
giungendo persino a tutte le regioni della Francia e oltre. Correva, infatti, la voce che il parroco
di Ars era un uomo santo e che
faceva delle cose miracolose.
Poco dopo il nostro povero parroco non riusciva più a mettersi in salvo dalle migliaia di persone che, arrivate da ogni parte,
formavano grandi cortei davanti
alla sua chiesa per poi trasformarsi in lunghe code d’attesa
davanti al confessionale.
Egli, incastrato in questo spazio stretto e buio, si rammentava
allora spesso del tempo in cui si
era trovato in una simile situazione, tra le braccia della scienza.
Ora invece ascoltava confessioni
fino a sedici ore al giorno, dando
consigli semplici alla gente, che
li riceveva con gratitudine, poiché ciò che egli pronunciava
era profondamente caratterizzato
dall’Evangelo e basato su esso ed
accompagnato da una grande capacità umana.
Durante tanti anni ci passavano molte persone — chi le avrebbe potute contare! Bisogna, però,
menzionare il fatto che egli tentava ripetute volte la fuga. Due o
tre volte riusciva ad allontanarsi
inosservato, a notte profonda, e
rimaneva nascosto per un po’ di
tempo. Ma ritornava sempre, perché si sentiva come costretto da
qualcuno a riprendere il suo posto.
Erano moltissime le persone
che gli chiedevano consigli e che
si rivolgevano a lui con piena fiducia e con la speranza di trova;
re tramite un colloquio con lui
una soluzione riguardo ai vari
problemi che ognuno aveva.
Ma a chi gli faceva una domanda riguardo a questioni puramente dottrinarie o scientifiche egli rispondeva sempre —
con la stessa franchezza con la
quale rispondeva a domande personali — che Dio non lo aveva,
degnato del dono dell’intelligenza e che egli, pur essendosi sforzato molto, era « semplicemente
stupido ».
M. Grube
Indicazione bibliografica :
Ravier, André und H. Loose:
Der Pfarrer von Ars. Herder
1982.
A colloquio
con I lettori
« LA GINA »
Ringrazio C. G. per aver scritto parole così vere e così commoventi su
« La Gina » (Slg.ra Maria Silvestri). Mia
moglie ed io ben spesso la ricordavamo con ammirazione ed affetto. Proprio
in questi giorni dicevamo di volerla
visitare. Troppo tardi. Essa vive però
nel ricordo. L'apostolo scriver « L’amore caccia via la paura ».
Veramente « La Gina » era una donna
senza paura perché amava tutti. Non
conosceva né frontiere né divisioni.
Soprattutto era sempre pronta a dare
se stessa per gli altri. Quanti ricorderanno le belle gite giovanili fatte neila
sua proprietà di Frossignoni, dove ci
accoglieva mettendoci tutto a disposizione? E quanti ebrei devono a lei di
aver salva la vita! Quando ci dettero
la medaglia per averli nascosti e salvati, tanto mia moglie che io abbiamo
pensato che prima-di noi, avrebbe dovuto esser dato a lei questo riconoscimento.
La chiesa ha avuto -in lei una testimone fedele e, per dirla con Paoio
Ricca, « era perché amava ». Quel che
si possiede passa, ma chi ha potuto,
per mezzo dì Cristo, essere, da Cristo
ha la vita vera.
Tullio Vinay, Roma
4
4 vita delle chiese
16 marzo 1984
E’ SCOMPARSO UN TESTIMONE DELL’EVANGELO
Ricordando il pastore Ermanno Rostan
L’ho rivisto, Ermanno, l’ultima volta, neppure un mese fa,
la sera del 17 febbraio. Sapevo
che per il freddo, e per la poco
buona salute, non aveva potuto
vivere quella giornata con la
Comunità di Pinerolo, cosi come,
anche per altre ragioni, era accaduto a me.
Gli telefonai per dirgli che sarei andato volentieri, come sovente facevo, a trovarlo, per festeggiare con lui, e con la sua
Elsa, il 17.
Ricordo con commozione la
bella serata trascorsa, a parlar
di altri 17 febbraio, delle nostre
valli, di tanti comuni amici; lo
ricordo cosi sereno, sorridente
nonostante il peso della infermità che da tempo lo affliggeva,
come sempre capace di parole
di conforto, di speranza, di incoraggiamento, lui, fisicamente
già colà provato, anche verso
chi di certo non soffriva come
lui.
Nel pomeriggio di sabato 10,
verso sera, la notizia, che lascia
li per li increduli, attoniti, sin
che, divenuta certezza, si traduce in profonda tristezza: Ermanno, l’amico caro di tanti anni,
or bui o più sereni, aveva compiuto il suo terreno cammino.
So che Egli, se potesse dirlo,
ci chiederebbe di reagire al dolore, di non piangerlo: perché
ora riposa nell’abbraccio del Signore, ch’egli ha servito con
semplice, ferma, esemplare per
tutti, fedeltà in tanti anni.
Ho ritrovato, in un cassetto
colmo di documenti, lettere, memorie di un tempo ormai lontano, quando il nostro Paese era
in guerra, molti ricordi di Lui:
era il nostro Cappellano, in divisa di alpino, come noi, però
con una croce di panno rosso
cucita sul grigioverde, la Bibbia
in saccoccia...
Cari vecchi (ormai) alpini del
Battaglione Pinerolo, ricordiamolo oggi assieme. Anno 1942:
mandati lontan dalle nostre case, dalle nostre valli, a vivere la
tragedia di una guerra cosi assurda (se mai, e non lo credo,
ve ne siano cui non si attagli
questa definizione); in Balcania,
tra la neve di lablaniza o nelle
sferzate di vento gelido di Mostar, nelle desolate piane di
Gazco, e poi, più avanti nel tempo, nelle pietraie riarse dell’entroterra dalmata, egli era con
noi, il nostro Pastore; ed in lui
riconoscevamo il volto, i gesti,
la voce degli altri Pastori, che
erano rimasti presso le comunità di ognuno di noi, ed egli impersonava la presenza viva di
tutti i nostri fratelli in fede, della nostra Chiesa. Ho dinanzi agli
occhi una fotografia: noi tutti
(voi, tutti, alpini, per l’esattezza, perché la fotografia la scattai
io) seduti in semicerchio, su di
un leggero pendio di sassi e arbusti (si era nella zona di Gracac, nei monti Velebit), come se
si fosse ad una delle nostre riunioni all’aperto qui alle valli, al
centro lui, il nostro « cappellano », le braccia aperte, alzate,
forse, in quel momento, invocante la benedizione del Signore.
Nello sfondo, le brulle montagne sulle quali s’era per giorni
camminato e combattuto, e dalle quali dei nostri compagni non
eran più ridiscesi.
Certo, caro Ermanno, finita la
guerra, abbiamo avuto tanti altri momenti di vita e di lavoro
comune: mi viene in mente il
giorno (nel 1958) in cui il Sinodo Ti chiamò ad essere il Moderatore della Tavola Valdese,
le ore, trascorse con Te, che precedettero la votazione, e la Tua
così onesta perplessità sull’accettazione, tant’era nobile la Tua
modèstia montanara, e la Tua
richiesta di restare io al Tuo
fianco, come poi il Sinodo volle, designandomi quale membro
laico... Ma di quanto Tu desti
alla Chiesa negli anni della Tua
Moderatura altri più e meglio dfl
me diranno...
Certo, ricordo quegli anni di
comune lavoro ed impegno; e
cosi non posso dimenticare che
fosti Tu a unirmi in matrimonio con la compagna della mia
vita, a battezzare, e a seguire i
miei figlioli; e quanti, quanti altri a Pinerolo e nelle altre Chiese ove esercitasti il Tuo ministero rivivranno oggi analoghi ricordi...
Ma lascia, Ermanno, che Ti
riveda soprattutto, e con me Ti
rivedano tanti alpini Valdesi,
cosi: in un paese così diverso
dalle nostre valli, nelle ore buie
e angosciose di quel tempo, vicino a noi, come un fratello
maggiore, a sostenerci con la
preghiera, le braccia aperte a
invocare la grazia del Signore
su di noi, la voce ferma e forte
e persuasiva a dirci parole di
speranza, di certezza nella pace
che in Lui, anche se attorno era
la furia della guerra, potevamo
trovare.
Al ricordo di Te volendo ac
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Unione femminile: studi di storia valdese
PINEROLO — Nel mese di febbraio l’Unione Femminile ha dedicato due incontri alla storia
valdese. Nel primo Elsa Rostan,
continuando lo studio degli anni
passati, ha parlato del periodo
che va dal Trattato di Cavour
(1551) a quella che è chiamata
adesso « Primavera di sangue »
(1655). Quasi im secolo di storia
puntualizzando gli episodi più salienti di quell’intricato periodo.
Nel secondo il pastore Ruben
Artus, dopo essersi soffermato
sul versetto di Zaccaria (8: 16)
«Dite la verità ciascuno al suo
prossimo, fate giustizia alle vostre porte secondo verità e pace » ci ha parlato, nel quadro delia situazione attuale dell’Uruguay
e dell’Argentina, di un lavoro che
alcuni nostri fratelli in fede compiono nelle « bidonville » che sorgono attorno ai centri urbani
(Paysandu per citarne uno).
Abbiamo quindi cercato assieme quale via pratica potevamo
seguire per venire incontro al
loro lavoro.
Sono forse piccole cose ma
anche la nostra storia passata
non è sempre fatta di grandi gesti. L’importante è continuare
ad essere fedeli anche oggi.
• Un buon ricordo è rimasto
in tutti i partecipanti alle due
agapi programmate in questi ultimi giorni: la cena del 17 febbraio e il pranzo di domenica
26 U.S. alla Foresteria di Torre
Penice. Ci hanno fatto piacere i
commenti entusiasti di alcuni
che, ner la prima volta, venivsr
no a fraternizzare con noi e
ringraziamo tutti quelli che
hanno collaborato alla buona
riuscita delle due riunioni.
La sera del 17 era presente il
pastore Gianna Sciclone che ci
ha esnosto il progetto S. Salvo.
In quella sera sono state raccolte
L. 300.000 e due giorni dopo l’assemblea di chiesa ha deciso di
aggiungere un milione per quello scopo.
• Il culto del 4 marzo, in occasione della domenica della gioventù, è stato presieduto dal
gruppo FGEI locale.
• Con grande tristezza abbiamo appreso la notizia della morte di Mariaccia Balmas di 53 anni.
• E’ pure deceduto AttUio Revei, di 82 anni, ospite della Casa
di Riposo Jacopo Bernardi.
Alle famiglie in lutto giunga
la solidarietà cristiana della comunità.
messaggio di speranza che esse
ci hanno portato nel corso del
culto e deH’incontro informale
che è seguito ad esso.
Risposta al REM
BOBBIO PELUCE — Lunedì
20 febbraio il nostro Concistoro
ha, tra le altre cose, votato la risposta definitiva al documento
BEM, quale parere richiesto alla
nostra comunità su questo argomento. Il documento era stato
discusso dal Concistoro stesso e
da due serie di sei riunioni quartierali. Tema senz’altro difficile
da studiare ma che ha destato
Tinteresse di molti che lo hanno
colto come una occasione di
chiarire al nostro interno i problemi connessi ai temi del battesimo, della S. Cena e dei Ministeri.
Nuovi membri
del concistoro
• Nelle riunioni quartierali
degli ultimi 15 giorni abbiamo
affrontato il problema del razzismo partendo da un bel montaggio di 80 diapositive illustranti
la vita e l’opera del pastore Martin Luther King. Un tema come
quello del razzismo è purtroppo
sempre attuale.
• Sabato 3 Marzo, nel tempio
di Villar Pellice il nostro gruppo di fiautiste, unitamente ad altri flautisti di Torre Pellice, ha
presentato vari brani musicali
del 1500-1600. Oltre a pezzi musicali sono state presentate anche
alcune danze dello stesso periodo storico. Alla coordinatrice del
gruppo Flauti Gisela Lazier, al
coordinatore del gruppo di danza Paolo Lavini e al gruppo di
suonatori-danzatori giungano i
complimenti 'per l’ottimo livello
del loro lavoro.
• Sabato 3 Marzo la comunità ha dato Testremo saluto al
fratello Giuseppe Rostagnol deceduto all’età di 86 anni; ai familiari esprimiamo il nostro affetto e la nostra cristiana simpatia.
• Domenica 4 Marzo abbiamo
avuto il piacere di ospitare nella nostra comunità la giornata
mondiale di preghiera delle donne, alle trecento sorelle convenute da tutte le chiese del primo
distretto vada il ringraziamento
di tutta la chiesa di Bobbio per
l’atmosfera di fraternità e per il
TORRE PELLICE — Alice Jouve, Mirella Chiavia in Crespo e
Daniele Gönnet sono stati eletti
dall’Assemblea di chiesa come
nuovi membri del Concistoro. A
questi fratelli che assumono l’importante incarico nella chiesa esprimiamo l’augurio di un lavoro benedetto dal Signore.
Sabato 17 marzo si terrà una
Assemblea di chiesa straordinaria che discuterà la questione
della denuclearizzazione del territorio. La convocazione è per
le ore 20,30 alla Casa Unionista.
Ferdinando Ribet è deceduto improvvisamente aU’età di 64 anni,
nella sua casa ai Bocchiardi e
Roberto Bertalot, delle Case
Nuove dei Pellenchi, è deceduto
presso l’ospedale di Pomaretto
dove era ricoverato da circa tre
settimane; aveva 65 anni.
Alle famiglie provate esprimiamo la solidarietà cristiana della
comunità, nella certezza che Dio
è l'unico consolatore e asciugherà le loro lacrime.
Visita del moderatore
• L’Unione della Piantà è stata ospite del gruppo dei Coppieri sabato 3 marzo. La bella serata ha visto la partecipazione di
un discreto numero di spettatori. La preannunciata visita del
Gruppo Giovanile di Bobbio Pellice non ha potuto aver luogo
per impegni sopravvenuti ad alcuni membri bobbiesi. L’incontro
è rimandato a sabato 24 prossimo.
RODORETTO — Nel corso del
suo consueto giro alle Valli, il
Moderatore si è fermato, quest’anno, anche nella Chiesa di
Rodoretto. Certo, questa parte
dell’anno non è la migliore per
incontrare la gente nelle alte
valli; ma anche se le nersone non
erano molte, alla riunione che
si è tenuta a Fontane, rincontro
è stato simpatico ed istruttivo.
La nostra Chiesa non è grande,
per questo rincontro personale
è fondamentale e momenti come
quello che abbiamo vissuto insieme al Moderatore sono certamente edificanti, in tutti i sensi.
Famiglie nel dolore
• La comunità esprime tutta
la sua simpatia fraterna alla famiglia Abate, colpita dal lutto
per la dipartenza di Elsa Revel
in Abate.
Domenica
della gioventù
PRAMOLLO — Il 4 marzo, domenica della gioventù, sono venuti Enrica, Paolo e Mauro a tenere il culto nella nostra comunità. Abbiamo apprezzato molto
il loro messaggio che ci ha forse
messi in crisi, ma che ci ha aiutati
a riflettere sul nostro perbenismo
e sulla nostra presunta sicurezza nei confronti di coloro che
giudichiamo « diversi e lontani
da Dio ». Li ringraziamo di cuore.
• Due fratelli ci hanno lasciati
nel breve arco di una settimana:
MASSELLO — Nello spazio
di pochi giorni due fratelli di
Massello sono mancati improvvisamente. Dapprima si è spento Pons Alessandro, di 73 anni.
Da alcuni anni, malato, non poteva recarsi nella sua amata
Massello. Una folla notevole si
è stretta attorno alla famiglia,
il giorno del funerale, il 21 febbraio. Tre settimane dopo era
la volta di Pons Cesare, che da
solo abitava ancora tutto l’anno
nella borgata del Ciaberso: è
stato trovato morto in casa sua
dal parroco di Salza e Massello, don Canal Brunet. Alla famiglia, colpita così duramente nei
suoi affetti, noi vogliamo far
giungere i sensi della nostra partecipazione, nella fede in Cristo
e nella certezza della sua grazia.
• Domenica 4 marzo si è tenuta la domenica della Gioventù.
Il culto, presieduto da Darlo
Tron e Furio Rutigliano, è stato
seguito da un’ampia partecipazione.
costare quello di chi a un certo
momento Ti sostituì in Balcania
come Cappellano al 3” Alpini, il
Pastore Alfredo Rostain, che da
quella terra lontana non potè,
purtroppo, fare ritorno.
In quest’ora di separazione ripetendo con Te le parole del Salmo che prediligevi : « L’Eterno è
il mio Pastore, nulla mi mancherà... ».
Ettore Serafino
Giovedì 15 marzo
a RIUNIONE
COLLABORATORI
ECO DELLE VALLI
La riunione dei coiiaboratori avrà
iuogo a casa Gay via Cittadeiia 8 Pineroio. con inizio aile ore 20.30.
Sabato 17 marzo
□ TELEPINEROLO
CANALE 56-36
Aiie ore 19 va in onda ia trasmissione ■■ Confrontiamoci con l’Evangeio »
(a cura di Marco Ayassot, Attilio Fornerone e Paolo Ribet).
Domenica 18 marzo
n INCONTRO MATRIMONI
INTERCONFESSIONALI
PINEROLO — Alle ore 15 presso la
Casa della giovane (Via Silvio Pellico,
40) si terrà il secondo incontro sul tema dei matrimoni interconfessionali, organizzato dal 1“ Distretto valdese e dalla Diocesi cattolica.
Il tema deH’incontro è il seguente:
« Rapporto tra le coppie interconfessionali e le chiese locali ».
— Relazione del past. Bruno Rostagno,
« Chiesa indivisa e chiese divise »;
— Relazione di Myriam e Gianni iMaroheselli, « Esperienze e riflessioni
sulla 'doppia appartenenza’ o 'doppia fedeltà' ».
Mercoledì 21 marzo
□ SOLIDARIETÀ’ COI
LAVORATORI
fìat di VILLAR PEROSA — Alle ore
17 presso il garage prefabbricato si
tiene la riunione della Commissione
lavoro della CED del 1” distretto e della Pastorale del lavoro della chiesa
cattolica.
La riunione è aperta a tutti quanti
vogliano esprimere solidarietà col lavoratori minacciati dalla chiusura della fabbrica.
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5
16 marzo 1984
Vita delle xhiese $
VERSO IL CONVEGNO EGEI - Il DISTRETTO
IMPERIA
giovani oggi
Inaugurata la chiesa
Il 24 e 25 marzo 1984 si terrà
a Milano (presso la chiesa metodista, via Porro Lambertenghi 28), un convegno distrettuale sul tema « Condizione giovanile e predicazione evangelica »,
organizzato dalla C.E.D. del 2°
distretto con la collaborazione
della F.G.E.I. Ma come siamo
arrivati a questo importante appuntamento? E quale ricerca,
quale riflessione ci sta dietro?
Per rispondere a queste domande non è inutile ripercorrere la
parabola di quella pluriennale
esperienza di collaborazione tra
F. G.E.I. e chiese che si è chiamata « Progetto Lombardia »,
durata dal 1977 al 1983.
Tutto comincia nel 1976. Sono
gli anni in cui la crisi economica e l’esito delle elezioni del 20
giugno (che anziché al governo
delle sinistre portano al « governo delle astensioni ») conducono
all’esplosione della questione
giovanile, nelle sue manifestazioni strutturali (disoccupazione), e soggettive (senso di sconfitta e frustrazione). Nelle chiese la questione giovanile si manifesta come ’fuga dei giovani’,
specialmente dopo il catechismo.
Nell’ottobre ’76 Eugenio Bernardini presenta a una seduta straordinaria del Consiglio di chiesa
congiunto valdo-metodista di
Milano i risultati di una piccola
inchiesta sulla situazione giovanile milanese. In questo documento la questione giovanile viene ricondotta alla più generale
« questione della chiesa ». Cioè :
se i giovani ’scompaiono’, è perché le nostre chiese non sono
credibili ai loro occhi (e non solo ai loro). Perché non sono credibili? Perché: i) il nostro modo di vivere la fede e la chiesa
è perfettamente inserito nel quadro del consumismo (i credenti
come « utenti » del culto, del
sermone, ecc.); 2) siamo incapaci di essere una comunità che
realmente sta insieme e insieme
vive e confessa la propria fede
(il documento è pubblicato su
G. E. n. 43).
Di fronte alla « sparizione »
dei giovani, specialmente nelle
grandi comunità, la C.E.D. del
2" Distretto lancia (nella sua Relazione Annua, primavera 1977)
una proposta precisa: istituiamo, per Milano e Torino, la figura del « pastore per giovani »,
che avrebbe il compito di: 1) fare cura pastorale e formazione
biblica ai giovani; 2) formare i
«quadri» giovanili; 3) tenere
presente la linea FGEI. A queste proposte la EGEI Lombardia risponde con il documento
« Siamo macinati dalla crisi »,
sostenendo che il problema dei
giovani non si può risolvere in
modo « efficientista », mandando
quaicuno (sia esso pastore o
animatore laico), a «coprire» il
settore scoperto. La questione
giovanile non è settoriale, ma è
la spia di problemi più grossi,
di identità e credibilità delle nostre chiese, di fragilità della
pratica comunitaria, di inadeguatezza di forme e contenuti del
catechismo. Lo speciflco della
FGEI non è « occuparsi dei giovani » come lo farebbe l’organizzazione giovanile di un partito, ma è lo sforzo di legare i
problemi ecclesiastici a ciò che
accade nella società, la testimonianza di fede alla militanza politica. E infatti la prima parte
del documento è un’analisi politico-sociologica in cui la realtà
giovanile è descritta attraverso
le categorie della precarietà, della disgregazione, delTindividualismo. Ed è per combattere disgregazione e individualismo
(non con discorsi moralistici,
ma sperimentando alternative
concrete) che la FGEI propone
la creazione di « gruppi di lavoro coordinati da una persona »
(sia per Milano che per Torino).
La Conferenza Distrettuale del
1977 accoglie questa proposta;
per Milano, coordinatore è designato Paolo Naso. l « gruppi di
lavoro » si definiscono e si aggregano in ottobre, con il convegno regionale FGEI di S. Fedele. L’attività dei gruppi si articola in 4 Aloni: inchieste (sui
giovani «dispersi» della metropoli e della diaspora cittadina);
visite (a questi stessi giovani;
ai gruppi di catechismo e alle
realtà_ giovanili del distretto);
riflessione (si organizzano convegni e incontri — con varie forniule — su temi biblici, etici, politici); aggregazione (significa
formare gruppi di lavoro in cui
persone di provenienza ed estrazione diverse lavorino continuativamente stando bene insieme:
l’esempio più macroscopico è il
Bollettino di collegamento regionale). Insomma, sotto l’etichetta « Progetto Lombardia », si
può facilmente riunire pressoché tutto quello che la FGEI
Lombardia ha fatto dopo il 1977,
compresi gli intensi rapporti
con le altre regioni del distretto. Nel 1979 diventa coordinatore del Progetto Corrado Liotta.
Nel 1982 gli succede un gruppo
di lavoro formato da tre persone (Denise Briante, Andrea Cipriani, Giorgio Guelmani). Pian
piano, appare sempre più chiaro che i presupposti del vecchio
« Progetto » vanno erodendosi.
Grazie anche al Progetto stesso, la situazione giovanile del
Distretto è cambiata : se nel
1977 c’erano una EGEI Lombardia mingherlina e poi il deserto
o quasi (e questo giustificava
benissimo un «Progetto» d’emergenza), all’alba del 1983 ci
si trova di fronte a ben 4 FGEI
regionali (Lombardia, Triveneto, Emilia-Romagna, Liguria).
La stessa attività della FGEI
Lombardia si è articolata e diversificata, a tal punto che si
parlava di Progetto Lombardia
non più come « cornice » generale dell’attività regionale, ma
come attività, gruppo di lavoro
a sé stante. Questo portava al
rischio che, all’interno della
EGEI stessa, la questione « giovani/chiese » diventasse poco
più che un settore da coprire,
da affidare a qualche esperto
autorizzando gli altri a disinteressarsene. Un rischio che la
FGEI Lombardia non ha voluto correre, ritenendo giustamente che la riflessione sul rapporto giovani/chiese dovesse essere ripresa in mano collettivamente e non diventare mera at
tività di routine. Questo specialmente per 2 motivi: 1) perché, di fronte alle trasformazioni (anche traumatiche) della società italiana in questi anni, non
ci si può accontentare di ripetere le vecchie analisi sulla questione giovanile, ma occorre
elaborarne di nuove; 2) perché
si è avuta la sensazione che, al
di là del fecondo e avanzatissimo rapporto tra FGEI e CED,
le singole comunità non abbiano recepito molto del discorso
sul rapporto « giovani/chiese »
fatto a più riprese dalla FGEI.
Ecco perché la FGEI arriva alla Conferenza Distrettuale del
1983 con la proposta di chiudere
il Progetto. Come abbiamo visto, non si tratta di una rottura
improvvisa: si tratta di prendere atto che un ciclo di lavoro si
è chiuso, e occorre che se ne
apra imo nuovo in cui siano le
comunità a svolgere in prima
persona un lavoro di riflessione
(sul loro ruolo, sul contenuto
della predicazione ecc.), di analisi (di situazioni concrete), di
sperimentazione (di cose da fare). Tenendo conto che non si
comincia da zero : varie esperienze sono state fatte (non solo i 6 anni di Progetto Lombardia : pensiamo alla ricerca e
sperimentazione sul catechismo
che si sta facendo nel I Distretto). Ed ecco il perché del Convegno di marzo, proposto dalla
EGEI, che la CED si è impegnata ad organizzare.
Quali sono i tratti dominanti
della questione giovanile oggi?
Come si muovono e si sono
mosse le comunità rispetto ai
giovani? Attraverso quali forme
e quale linguaggio arriva la predicazione deiravangelo ai giovani? E come vengono recepiti i
contenuti della predicazione? Al
Convegno ci porremo seriamente queste domande tentando di
abbozzare delle prime risposte
che aiutino le comunità nella
loro ricerca. Ricordando ancora
una volta quello che la FGEI
Lombardia non si è mai stancata di ripetere: che la questione
giovanile non è un affare « settoriale», e non si può delegare
agli « esperti ». Ancora una volta, riflettere sui giovani significa riflettere sulla chiesa, e sulla
capacità della sua predicazione
e della sua vita comunitaria di
essere fedeli al Signore, e significative per gli uomini e le donne che incontriamo ogni giorno.
Giorgio Guelmani
« Arrivano i valdesi, questi sconosciuti », così titolava giovedì
23 febbraio « Il Secolo XIX », il
maggior quotidiano della Liguria, quasi si trattasse dell’assalto di un’ignota tribù di indiani.
In effetti la quarta settimana
dello scorso mese è stata veramente « di fuoco » per gli evangelici imperiesi.
La mostra dedicata al libro
« L'uomo di Wittenberg » di Umberto Stagnaro su Lutero, svoltasi nella galleria comunale e
visitata da 300 persone, la conferenza di Paolo Ricca, organizzata dalla Società operaia di mutuo
soccorso e dedicata al tema:
« Una Chiesa, un Pana... una Chiesa senza Papa? », il culto inaugurale dei locali comunitari: è parso che i protestanti avessero egemonizzato la vita cittadina, facendo risuonare vecchi echi risorgimentali.
S’intende che cosi non è stato,
ma i manifesti sui muri, le locandine sugli autobus, le interviste
radiotelevisive, i dibattiti, l'uso
di spazi civici, hanno suscitato
domande, curiosità, interesse.
Perché dunque una nuova chiesa
ad Imperia, città dall’apnarenza
refrattaria ai fermenti ecclesiali?
Certo non si trattava di ricollegarsi ai lontani tentativi del
Ferretti nella seconda metà dell'800 e neppure a quelli condotti
da Ugo Janni all’inizio del ’900,
timidi e destinati a non mettere radici. Si deve invece alla
caparbietà evangelizzatrice, dai
tratti un po’ scozzesi, del pastore
Roberto Nisbet il lavoro di pre
CONVEGNO MIR
Nonviolenza
Dal 23 al 25 aprile si terrà ad
Ivrea un convegno del MIR sul
tema « Crescere dal pacifismo
alla nonviolenza». Sono previsti
interventi di Norberto Bobbio,
Theodor Ebert, Tonino Drago,
'Tullio yinay. Luigi Bettazzi, Sirio Politi, Famiano Crucianelli,
Edo Ronchi, Alberto L’Abate.
Raniero La Valle.
Il convegno si propone di confrontare le posizioni del movimento pacifista con la proposta
nonviolenta. Per informazioni
scrivere a MIRrMN - Via San
Lorenzo 31 - KK115 Ivrea - tei.
0125/45518.
CORRISPONDENZE
Incontri e dibattiti
IVREA — Nel quadro delle
conferenze - dibattito organizzate
dal Centro evangelico di cultura
di Ivrea, venerdì 24 febbraio il
past. Ermanno Genre ha parlato
di Ulrico Zwingli. Egli ha illustrato molto chiaramente la personalità di questo riformatore poco
conosciuto, sottolineandone gli
aspetti di teologo, umanista, uomo politico e pastore. I circa 60
presenti hanno seguito con attenzione ed interesse la conferenza
e un buon numero di essi ha posto interessanti domande che
hanno contribuito alla riuscita
della serata.
• La parrocchia cattolica del
Sacro Cluore è a poca distanza
dalla chiesa valdese. Su richiesta
del vice-parroco abbiamo convenuto insieme un incontro delle
due comunità di quartiere (possiamo dire) proprio la sera del
17 febbraio nei nostri locali. Quasi 40 i presenti; tema: la pace;
testo: la riconciliazione in II Corinzi 5 letto sulla traduzione ecu
menica Tilc e commentato dal
parroco cattolico Piero Agrano e
per noi da Renzo Turinetto. C’è
poi stata una riunione di preghiera per la pace con espressioni
brevi e precise. Una seconda serata è in preparazione per il periodo pre-pasquale, stavolta presso la chiesa cattolica. Intanto
Pax Christi ci ha invitato ad articolare insieme una manifestazione pubblica di un’intera serata a giugno, ancora sulla pace,
con programma vario (musiche
e canti, letture bibliche e testimonianze, cartelloni e audiovisivi).
• A seguito di un invito da
parte di Tele Ivrea Canavese, il
past. Ennio Del Priore, Angelo
Arca e Cinzia Vitali Carugati
hanno partecipato ad una trasmissione televisiva che è andata
in onda giovedì 1° marzo alle ore
20. In un’intervista durata circa
un'ora gli intervenuti hanno risposto a domande sul movimento valdese medioevale fino al
1532, sui principi fondamentali
del protestantesimo e sulla Chiesa valdese dal 1848 in poi, con
particolare riferimento all’evangelizzazione e alla presenza valdese ad Ivrea e nel Canavese.
Ida Pons
COLONIA VALDENSE (Uru
guay) — Nella Casa per Anziani si è spenta il 13 febbraio Maria Ida Pons, figlia del pastore
Beniamino Pons, proveniente da
Rodoretto. Nata in Sudamerica,
partecipò alle vicende della seconda generazione dei Valdesi
latino-americarff, conseguì a Montevideo la làurea in chimica ed
esercitò l’insegnamento per vari
anni, dedicati in modo speciale
alla formazione dei farmacisti.
Sposò nel 1942 il pastore Giovanni Tron, gitmto nel 1934, lasciando, anche lui, la parrocchia
di Rodoretto. Essa gli fu compagna fedele nel ministero pastorale nelle comunità di Dolores, Montevideo e Colonia Vaidense. Il ricordo della sua persona e delle sue attività rimane
per molti un motivo di incoraggiamento e di fiducia nel Signore.
dicazione valdese in questa zona.
A S. Remo dalla metà degli anni
60, in attesa di emeritazione, egli
ha saputo raccogliere quei modesti, ma duraturi frutti dai
quali è sorta la pianticella della
chiesa di Imperia.
Dopo essersi raccolti per anni
nelle case, gli evangelici hanno
deciso che era il momento di
uscire in strada per celebrare un
culto che non fosse soltanto fatto privato e liturgico, ma viva
testimonianza di fede. La piccola
pattuglia, passata dai quattro,
cinque componenti di allora ai 20
membri di chiesa, molti dei quali fra i 30 ed i 40 anni, ai 15 simpatizzanti, ai 10 bambini della
scuola domenicale di oggi ha deciso di chiedere alla Commissione del II Distretto di essere riconosciuta « chiesa in formazione ». Così è stato ed il suo avvio
ufficiale è avvenuto con l’inaugurazione dei locali tenutasi sabato 25 febbraio nella sala di proprietà comunale abitualmente
impiegata per le manifestazioni.
Singolari sono infatti due elementi che marcano questo atto
di nascita: l’aver trovato locali
poco ecclesiastici e molto laici,
in un condominio; Taver collocato il momento cultuale « extra
muros », nel bel mezzo della città.
Ben scelto dunque il testo della
predicazione, forte e commovente, del pastore Ricca: « Non sapete voi che siete il tempio di
Dio? » (I Cor. 3: 16), perché tocca il cuore di questo tentativo:
essere testimoni di Gesù Cristo
non come setta che si separa dal
mondo, ma come chiesa che riunisce fratelli impegnati, uguali
agli altri uomini, con i quali si
condividono i drammi e le gioie
della vita quotidiana, cercando
di essere come il sale che condisce, come ha sottolineato il pastore di S. Remo Giovanni Peyrot, che ha presieduto il culto.
La grande festa è stata ravvivata dai numerosi rappresentanti delle chiese del Circuito, da
una delegazione della locale chiesa dei “Fratelli", da un gruppo
di cattolici fra i quali il parroco
di Cristo Re, un punto di riferimento innovatore nella Diocesi.
Hanno portato il loro saluto
Giorgio Castelli a nome del Circuito, Sauro Gottardi della chiesa di Savona, Giacomo Quartino per la Federazione ligure.
Comunità che confessa nei luoghi e nei tempi per i quali è stata chiamata dalla Parola di Dio,
che vive la diaspora non come
una disgrazia in un mondo secolarizzato o egemonizzato dai cattolici, che rappresenta emblematicamente un pezzo del protestantesimo italiano, che valorizza le diversità di provenienza denominazionale, geografica, confessionale e politica: tutto questo si sforza di essere Tembrione
che ha cominciato a vagire ad
Imperia. Dal valligiano all’immigrato dal Sud già convertito al
pentecostalismo, al battista, al luterano sino al neofita che proviene dal cattolicesimo ed al ’’Fratello’’, ognuno con culture, tradizioni, scelte diverse, tutti si raccolgono nella piccola comunità.
Una comunità che ricerca forme autentiche di annuncio evangelico, e rifiuta la religione come
alienazione e pratica dell’ubbidienza, che concepisce le differenze interne non come trincee personali da difendere ad ogni costo, ma come ricchezze che irrobustiscono, ogni cosa nelTascolto
della Parola di Dio che sola libera ed unisce gli uomini (Gal.
5: 13).
Questa scommessa è nelle mani del Signore che conosce dove
sono e dove vanno i templi di
pietre viventi che Egli si è scelto (I Pietro 2: 5).
M. L.
6
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1.1
6 pi^spettive bibliche
1
16 marzo 1984
NUOVO MEZZO DI FORMAZIONE BIBLICA
L’informatutto
Cercasi titolo per parabola
(segue da pag. 1)
Non so se circolino ancora come quando ero studente i riassuntini di storia, geografia, letteratura eco. di un certo prof. Ernesto Bignami. Erano un triste
sottoprodotto di una cultura libresca e mnemonica destinata
agli studenti pigri, che non di
rado li utilizzavano addirittura
in sostituzione del libro di testo,
perché più agili, condensati, più
facili anche nel linguaggio. Avevano tutti i difetti dei libri di testo, per il conformismo a cui si
ispiravano, per la selezione spesso faziosa delle scelte storiche,
pei la mancanza di stimoli alla
ricerca e all’elaborazione personale; non ne avevano, d’altra
parte, le qualità, perché tutto
era ridotto a schemi rapidi e a
giudizi sommari più o meno
gratmti, mentre almeno i testi
uflìciali rendevano in qualche modo ragione delle loro posizioni.
Una proposta
di lavoro
La Claudiana pubblica „ora im
« Informatutto biblico e storico » destinato in particolare ai
monitori e ai catechisti. Sono
circa trecento pagine distribuite,
arrotondando, cento all’Antico
Testamento, cento al Nuovo e
cento alla storia del cristianesimo. Il libro esce in collaborazione col Servizio Istruzione-Educazione della Federazione delle
Chiese. Diciamo subito che non
è un « Bignami ». Vi si trovano
certamente riassunti molti dati
che si possono rintracciare in libri di introduzione biblica, di
storia di Israele o di storia ecclesiastica. Per questi dati il libro si presenta come vm « prontuario », che, come tutti i pron
tuari non sostituisce uno studio
più approfondito, ma serve come richiamo a chi questo studio
ha già fatto su testi più dettagliati. Ma mi sembra che non si
tratti neanche solo di un « prontuario » riepilogativo, ma di un
testo che propone schemi nuovi,
soprattutto per quello che riguarda lo studio biblico. Le introduzioni ai singoli libri, infatti,
seguono l’itinerario storico della
loro composizione e non vanno,
quindi, dalla Genesi all’Apocalisse, ma partono dalle parti più
antiche del pentateuco per finire
col libro di Daniele per l’Antico
Testamento, mentre per il Nuovo partono dalle epistole di Paolo, per finire con la II Pietro. E’
la prima volta, a mia conoscenza,
che questo schema storico indispensabile per capire la Bibbia
viene offerto in un libro divulgativo. Era ora. Peccato che questo giunga solo al livello di monitori e catechisti e non sia stata
la scelta adottata anche nel —
peraltro belMssimo — testo per
catecumeni e ragazzi di G. HÜGES e S. TRAVIS: Introduzione
alla Bibbia, pubblicato lo scorso
armo dalla Claudiana.
Oltre alla materia condensata
nei tre filoni che abbiamo menzionato, il libro contiene informazioni integrative e tavole riassimtive, appendici su temi vari
che lo caratterizzano non solo
come « prontuario » ma anche
come raccolta di stimoli alla ricerca ed alla riflessione; proprio
quello che mancava ai Bignami
per gli studenti pigri. In altre
parole il libro è una proposta
di lavoro.
Claudio Tron
ne si richiama la versione del
Vangelo dei Nazareni, che racconta di un ultimo servitore che
va a sperperare la ricchezza affidatagli in dissolutezze con donne di malaffare.
Di qui a giustificare una teologia e un'etica delle opere il passo è breve.
vestiti di nuove responsabilità
sulle ricchezze del padrone, in
questo consiste la loro retribuzione!
Al momento attuale, questa
lettura si presenta come una
tentazione soprattutto per delle
“piccole” Chiese Protestanti, quali sono le nostre. A causa di frustrazioni derivate da un impegno nella società non sempre approdato a cambiamenti tangibili,
infatti, alcuni pensano che si
debba restringere il nostro orizzonte di attività e di testimonianza alle nostre comunità ed enfatizzare la ’santificazione’ dei singoli credenti. Al ’riflusso nel privato’ a cui si assiste nell'ambiente circostante corrisponde sempre di più nelle chiese un sia pur
inespresso interesse verso la salvezza del singolo mediante un
comportamento etico adeguato.
Insamma si assiste a queUa 'incurvatio’ del credente su se stesso da cui il messaggio della Riforma sembrava averci definitivamente liberati.
Ma quello che più di ogni altra cosa rende illecita questa lettura è la tendenza alla allegorizzazione, che farebbe del padrone Dio stesso, e questo deve essere escluso categoricamente, sia
nella redazione di Matteo che in
quella Lucana, dove addirittura
è implicita un'allusione al vendicativo Archelao.
Etica della
Responsabilità
AA.VV.: Informatutto biblico storico - Claudiana/Scuola domenicale - pagg. 311 - L. 9.500.
Ma a rifletterci bene neppure
questa chiave di lettura sembra
essere soddisfacente. Qui non si
tratta di aver operato bene o
male, e quindi di ricevere corrispondentemente la retribuzione:
il servo che aveva sotterrato il
talento, infatti, aveva fatto un
atto che non era per niente riprovato dalla tradizione popolare giudaica, anzi, nascondendo
la somma egli si era messo al sicuro dalla possibilità di essere
derubato o di perdere la ricchezza affidatagli. Inoltre nella
economia della storia ogni riferimento alla vita futura è da
scartarsi: i servi lodati, sono in
L’affidamento dei beni da parte del padrone, credo che fin da
quando Gesù raccontò la storia,
non poteva essere capito se non
in termini di dono, di grazia del
tutto immeritata da parte dei
servi.
D’altra parte l’aggiunta di Matteo al V. 15 « diede a ciascuno
secondo le sue capacità », sembra corrispondere al riferimento alla diversa distribuzione dei
carismi che Paolo fa in Rom. 12
e 1 Cor. 14.
Nella storia dunque si voleva
sottolineare l’attività intraprendente, laboriosa, ma anche rischiosa di chi è oggetto della
grazia di Dio. Non si può parlare di Grazia rimanendo nell’immobilismo: questo è il primo
fuoco della parabola.
Ma c’è un secondo aspetto non
meno importante: la grazia di
Dio non solo mette in moto gli
uomini ma li rende anche responsabili del loro comportamento. Il padrone redarguì il
servo che aveva seppellito il talento, non tanto per quello che
aveva fatto, che come detto era
legittimo, ma per quello che non
aveva fatto. Nel suo atteggiamento egli aveva riscontrato un
rifiuto della responsabilità e del
rischio che l’affidamento comportava (investire del denaro si
sa, infatti, essere anche cosa rischiosa). Il servo disutile aveva
preferito fare il minimo indispensabile per salvare se stesso
ed aveva preferito una etica di
certezze a una di rischio. Se proprio, quindi un riferimento ad
una teologia delle opere si vuole
vedere in questa parabola esso
è nel senso di una condanna e
non certo di approvazione.
Permettetemi in ultimo di for
re un riferimento breve al momento attuale per il quale la parabola ha degli insegnamenti da
rivolgerci.
Molto è stato detto e scritto
e molto, relativamente alle nostre forze, è stato anche fatto,
per testimoniare della pace. Investiti dalla grazia divina, molti
nelle chiese hanno sentito il bisogno di lavorare e preparare
una pace meno precaria della
attuale. Sulla base dell’evento
della salvezza di Gesù Cristo, si
è fondato un appello al disarmo
unilaterale, di un primo significativo passo per la distensione.
Insomma gli evangelici in Italia
non hanno alcuna intenzione di
sotterrare il talento della Parola di Dio per lasciare in tema
di guerra e di pace la decisione
ad altri. Tuttavia non possiamo
non sentire la responsabilità, il
peso, il rischio di tale scelta:
c’è chi ci accusa di essere degli
utopisti e quindi impedimenti
proprio per la costruzione politica di una pace realistica. Insorrima tutti gli argomenti teologici, razionali, politici e provenienti dal nostro “buon senso" non devono farci dimenticare che la nostra scelta non è
priva di rischi. Dobbiamo “osare la pace per fede” per dirla
con Bonhoeffer, sperando che
quel talento che ci siamo rifiutati di sotterrare non vada perduto, ma produca molto frutto.
Massimo Aprile
GIOBBE - 2
E IL MOVENTE?
Il libro di Giobbe, sia nella sua cornice
i^rrativa, sia nel vasto poema centrale,
ha di fatto i caratteri molto marcati di
un dibattito giudiziario, nel quale però i
^rsonaggi variano continuamente, sembrano scambiarsi le parti dell’accusa, della difesa, del giudice, deH’accusato. Anche
se lo vedremo — non tutti sono e restano sullo stesso piano, tuttavia Dio stesso e il Satana, Giobbe e i suoi vari amici, sono di volta in volta accusatori e accusati. Eppure — anche questo, soprattutto, vedremo — il grande problema dibattuto, a ferite aperte, al vivo, non è
tanto quello della « giustizia », della giustizia dell’uomo e della giustizia di Dio
(teodicea), bensì quello della fede, una
fede che è im rapporto tormentato di
amore.
Roland de Pury apre così il suo bel libretto: « Il Libro di Giobbe è forse la più
straordinaria descrizione del dramma della Rivelazione, è il Libro che, comunque,
pone nel modo più drammatico il problema fondamentale della fede, che si può
esprimere così: Dio è riuscito a ritrovare
l’amore della sua creatura perduta? E’
riuscito a cattivarsi un uomo, a farsi
amare da Giobbe? ».
a cura di Gino Conte
Continuiamo la nostra riflessione sul Libro di Giobbe. Osservata la tensione violenta che c’è fra la cornice narrativa ed edificante e l’ampio poema che costituisce
il corpo del libro,^ avevamo notato che in questo poema Giobbe è il più impaziente
degli uomini, il più rivoltato dei credenti. Proprio in questa tensione sta il fascino
letterario, ma soprattutto esistenziale, e teologico, di questo libro singolarissimo.
No, si direbbe che qui l’Accusatore, lo voglia o no, sia in realtà al servizio della
verità; non è un sadico pubblico ministero che vuole soltanto schiacciare sotto
prove irrefutabili l’accusato, è per così
dire la levatrice della fede (o deiramore)
di Giobbe, deve portarla alla luce in tutta la sua nudità, gemente, ma viva! Dobbiamo misurarci con la ’’verità” di quest’accusa, di questa domanda.
La sfida raccolta
Una situazione processuale
Molti hanno notato quanto sono evidenti e marcati i riferimenti a situazioni giudiziarie e il linguaggio giuridico; anzi proprio da questo Libro certi studiosi della
vita ebraica hanno tratto modte indicazioni per ricostruirla nei suoi aspetti
giuridici e giudiziari.
La causa intentata e discussa, il dibattimento giudiziario, il pronunciamento
della sentenza sono temi tutt’altro che infrequenti nell’A.T., In particolare nella loro applicazione teologica ai rapporti fra
il popolo (o il singolo) e il Signore Iddio: un esempio fra moltissimi, Isaia 1:
18; lo stesso vale per il N.T. Ma questi
temi costituiscono per oosl dire la trama
stessa del Libro di Giobbe. Anzitutto nel
Prologo (e nell’Epilogo), dove la « scena
in cielo » si svolge in un tribunale, ovvia
mente nel quadro di una gran corte del
tempo, raccolta intorno al Sovrano, (ricordiamo, allora i -poteri — legislativo,
esecutivo, giudiziario — erano assommati
nell’unico Potere; ed è -per questo che i
primi capi carismatici d’Israele erano
chiamati i « Giudici ») non in quello di
un’odierna aula giudiziaria; qui « il satana » ( = l’Accusatore) è il pubblico ministero, colui che sulla base di un’istruttoria ha il compito di evidenziare i pimti
deboli di una persona in discussione. Ma
anche, e forse più a fondo nel coipo del
poema, l’atmosfera giudiziaria domina il
lungo, spesso violento dibattito che s’instaura fra Giobbe e i suoi amici che si
trasformano gradatamente da consolatori in accusatori, mentre Giobbe stesso
ritorce l’accusa contro di loro, e contro
Dio stesso.
Il dibattito ha una posta in gioco: « la
lotta fra Dio e Satana per il possesso del
cuore dell’uomo. Prima che si alzi il sipario sulla storia di Giobbe, appaiono sul
proscenio due personaggi che ci forniscono gli elementi del processo che si svolgerà e si -presentano l’uno come il Difensore, l’altro come l’Accusatore dell’uomo
che sta per comparire» (R. de Pury).
Qual è il movente?
Per giudicare un atto, un atteggiamento di vita, è essenziale conoscere i moventi, e in particolare il movente di fondo, essenziale. La ricerca di questo movente percorre tutto questo dibattito, che
comincia quasi scherzoso come una favola e che sfocia in im confronto di una
drammaticità senza -pari.
L’Accusatore è di una lucidità e di una
penetrazione terribili: si direbbe che mettono a tacere persino il Signore (o, più
esattamente, questi lascia la parola all’accusato, al « mio servo Giobbe », l’incomparabile). Non lo accusa di crimini e
peccati segreti, di ipocrisia, sarebbe fatica sprecata: lo accusa di avere un secondo
fine, ponendo la domanda più insidiosa e
velenosa: « E’ forse per nulla che Giobbe ti serve? ». Ama te, oppure il denaro
che gli hai dato, la bella famiglia unita
che gli hai dato, la potenza e i benefici di
cui hai arricchito con tale larghezza la
sua vita? Vorrei vedere che non ti amasse e servisse, un Patrono simile! Ma se
tutto questo sparisse, se Io abbandonassi
alla povertà, alla solitudine, all’ingiustizia,
alla malattia e alla morte, beh, allora dove finirebbero la sua pietà, la sua fiducia,
il suo servizio, il suo amore? Come puoi
pensare. Signore Iddio, che ti si ami per
nulla?
Molti psicologi, psicanalisti pongono
oggi la stessa domanda alla religione, anche alla nostra religione, al nostro modo
religioso di vivere la nostra fede nel Dio
vivente. E, anche se ci è posta a volte con
scherno, anche se ci è rivolta, spesso, da
non credenti, non è detto che questa domanda sia più « demoniaca » e orrenda di
come appaia in bocca al lucido Accusatore, nel Libro di Giobbe. O, almeno, nel
Libro di Giobbe non è tanto sottolineato
il carattere demoniaco di quest’interrogativo di fondo — « è forse -per nulla? » —,
che certo tende a separarci da Dio mettendo in luce il carattere interessato e
dimque non -genuino, non « puro », non
tutto d’un pezzo del nostro rapporto con
Dio, la nostra tendenziale incapacità di
amare Dio con tutto l’essere nostro, dunque con cuore « puro », integro, indiviso.
Dio dunque raccoglie la sfida; fino a
permettere che Giobbe sia colpito « senza
alcun motivo » (2: 3), per nulla. « A questo punto incontriamo la pietra d’inciampo -del Libro, che d’altronde è la pietra
d’inciampo di ogni vita umana » (de Pury).
Era in una situazione ambigua, Giobbe: non era chiaro -per gli altri, e anzitutto per lui stesso, se amava e serviva Dio
senza m-ovente, o meglio senza secondi
fini, « gratuitamente », per amore; i motivi di riconoscenza, e d’interesse, erano
tanti. Ora, -gradatamente, come per una
frana, tutti questi secondi fini gli sono
tolti, è strappato alla sua situazione fortunata ma ambigua, e deve apparire —
e solo così lo può — se l’unico movente
del suo rapporto con Dio, della sua fedeltà e del suo amore, è l’amore, appunto,
o meglio Dio stesso: non i suoi benefici,
ma Lui, anche senza benefici.
La risposta a questo interrogativo ultimo 1-a può dare soltanto Giobbe, la può
dare soltanto ciascuno di noi. Certo, Dio
potrebbe chiudere la bocca all’Accusatore, ma in questo caso la fede, l’amore di
Giobbe — di ciascuno di noi — resterebbero ambigui, il dubbio su di essi resterebbe valido. E’ l’antica, inevitabile « prova » che ha accompagnato fin dal principio, in tante forme, la nostra esistenza
di creature umane al cospetto del nostro
Signore Iddio.
In questa « prova » uno degli aspetti
più penosi è il dibattito con gli amici che
vengono a consolarlo ma che non sono
disposti a veder sovvertire la loro visione religiosa della vita; e così Giobbe deve misurarsi con un surplus di « prova » e
sperimentare dolorando « i coruorti [si
fa per direi] della religione».
Gino Conte
i(i‘
Í
7
16 marzo 1984
oMéttìvo aperto 7
SINTESI E VALUTAZIONE DEL DIBATTITO AL « LOMBARDINI » DI CINISELLO BALSAMO
FEDE E RAPPORTI INTERPERSONALI
'A
E 9 possibile una lettura non
individuale del nostro settimanale? O meglio, è possibile, riguardo a certi temi affrontati sul giornale e che stimolano un dibattito, non limitarsi ad una lettura personale, in seguito alla quale capita di
trovarsi d’accordo con le cose
dette in un articolo o di non condividere le posizioni sostenute in
un altro, e se uno ha tempo e ne
è capace magari scrive la sua, ma
tutto sommato la cosa finisce lì?
Intendiamoci, non voglio assolutamente dire che i dibattiti sull'Eco-Luce siano inutili: ma mi
pongo il problema di come riuscire a ragionare suH’insieme delle cose che si scrivono, e di come si possa arrivare, non dico a
delle conclusioni, ma almeno a
qualche punto fermo, che serva
di orientamento.
.4 Cinisello abbiamo fatto un
tentativo, con un ciclo di incontri
su ’’fede evangelica e rapporti
interpersonali”. Come si ricorderà sotto questo titolo, il, nostro
settimanale ha pubblicato una
serie di predicazioni in luglio e
agosto, cui hanno fatto seguito
numerosi interventi che presentavano posizioni assai diverse
fra loro. Al "Lombardini" questo
ciclo di incontri è stato organizzato in autunno dal gruppo biblico, che si ritrova normalmente il sabato, ogni quindici giorni.
Si tratta di un gruppo modesto,
che raggruppa i credenti che fanno parte della "comune" e alcuni altri amici. In genere si discute un testo biblico, dopo averlo spiegato insieme. Per questa
serie abbiamo invece rivolto gli
inviti ad una cerchia più vasta
di persone, pubblicando anche il
programma sul mensile di Cinisello, con un breve articolo che,
dopo aver messo in evidenza i
problemi e le crisi che investono
oggi la sfera dei rapporti interpersonali, invitava credenti e non
credenti a discutere quale potesse essere il rapporto tra queste
cose^ e la "religione”.
L interesse è stato notevole e
anche la partecipazione agli incontri. Abbiamo raccolto in un
dossier ciclostilato tutti i contributi apparsi su La Luce e questa
piccola antologia è servita di base per quattro discussioni intitolate: amore, sessualità e matrimotiio; il problema della fedeltà;
omosessualità e coscienza cristiana: etica a pezzi o pezzi di etica.
Ogni incontro è partito con la
lettura in comune di uno o due
brani; in questa stessa pagina
cerchiamo di raccogliere alcune
delle cose che sono emerse, anche se il risultato niù importante
è consistito nel fatto di avere un
confronto di una certa durata
fra persone assai diverse e fra
evangelici, cattolici, atei.
.Alla fine del auarto incontro
c'era ancora voglia di continuare,
anche con un esame più diretto
di testi biblici non facili: e così
abbiamo letto la lettera a Filemone, il sacrificio di Isacco e il brano dell'evangelo di Marco dove
Gesù dice ai discepoli: "chi vuol
essere il primo, dovrà essere l’ultimo e il servitore di tutti"
(Marco 8: 34-38),
Una ricerca
di coerenza
Vorrei tentare di riferire, ovviamente in modo personale, su
alcune delle riflessioni che abbiamo fatto durante i nostri incontri al Lombardini e che, in
qualche modo, sono anche un
commento alla serie di articoli
apparsi nei mesi scorsi su La Luce, sotto il titolo "fede evangelica e rapporti interpersonali".
Una prima cosa che ci siamo
detti è questa: un conto è scrivere un articolo o fare un sermone su questo tema, un altro
è la realtà. Non ci è sembrato,
cioè, che la relazione fra i "rapporti interpersonali” e la fede
fosse scontata: non basta dire
come dovrebbe essere — diversa
dalla morale tradizionale o da
quella corrente — perché poi ci
sia qualcuno che la viva veramente. Non ci sembra facile, né
frequente — anche per dei credenti — poter dire che in quella
particolare decisione, nella crisi
di un matrimonio, nel modo di
vivere la nostra sessualità, nelrimpostare un rapporto, abbiamo cercato di pensare soprattutto all’Evangelo e a quello che
l'Evangelo ci chiede. L’impressione è che molte altre cose siano
più determinanti, dai nostri desideri concreti, alle opportunità,
alla situazione, ecc.
E’ sbagliato questo atteggiamento? Non sappiamo bene come
rispondere. Ci sembra però che,
se è normale che oggi si parli,
assai più di una volta, di problemi personali, non è però detto che essi rappresentino una
sfera privilegiata per la nostra
ricerca di fede. Essi sono un momento, un aspetto della vita, sia
pure particolarmente sentito. Ma
non diversi, come importanza, da
altri, tipo il lavoro, l’uso del denaro e del tempo, la politica, ecc.
In questi asipetti, tutti, ci sembra che ci debba essere una ricerca di coerenza: l’Evangelo ci indica delle linee di riferimento essenziali per l’impostazione globale della nostra esistenza che
non possiamo limitarci a cono
scere, ma dobbiamo cercare di
vivere. Tuttavia, per il momento
in cui è stato scritto e perché i
suoi autori avevano preoccupazioni assai diverse, non ci sembra che sia possibile ricavare dal
Nuovo Testamento specifiche indicazioni etiche su molte questioni oggi così sentite, dalla sessualità, alla soggettività ecc.
In altre parole: non è detto
che riflettere sui rapporti tra fede e questioni personali aiuti a
risolvere positivamente queste
ultime. Chi vive male la sua
sessualità difficilmente troverà
nelTEvangelo indicazioni che
lo aiutino. E’ ben vero che in
quella morale che spesso impedisce di affrontare in modo chiaro i problemi vi è una cospicua
parte di ’’religione”, e dunque
una riflessione cristiana si impone, per combattere i pregiudizi e
le ipocrisie, per imparare a capire, ad ascoltare, prima che a
giudicare. Ma, pensando ad
esempio all’omosessualità, se è
importante che, come credenti e
come persone, cerchiamo di superare gli schemi della ’’normalità” e della "diversità” e di praticare sul serio una fraterna accettazione. siamo sicuri di poter andare oltre?
Non c’è il rischio di fare dei
corto-circuiti, di prendere delle
scorciatoie, mettendo subito insieme omosessualità e fede cristiana? Forse vale la pena rifletterci, come anni fa abbiamo giustamente rifiutato le scorciatoie
che mettevano troppo rapidarnente insieme la rivoluzione, la
liberazione politica e l’annuncio
di liberazione delTEvangelo.
Molte esperienze,
poca passione
Tra gli articoli più discussi, al
Lombardini, ci sono stati quelli
che toccavano il tema dell’amore, del matrimonio, delle sue crisi. A molti di noi è sembrato che
oggi, per riprendere i termini del
dibattito sul giornale, non c’è tanto una contrapposizione tra eros
(la passione, nel senso più completo, non solo quella sessuale)
e agape (l’amore per l’amore,
l'essere per gli altri, il riconoscere l’altro come persona e non come parte di noi stessi). Non è
tanto l’eccesso di passione che
impedisce l’agape: piuttosto c’è
poca passione in generale. Poca
passione per le persone e fra le
persone, ma poca passione anche
per le cose, gli ideali, la vita. Ci
sono tante esperienze, si consumano molte esperienze, questo
sì, ma con poca passione. Anche
l’aspetto positivo deH’erotismo,
cioè il sano desiderio dell’altro o
dell’altra, non gode di eccessiva
considerazione oppure è male inteso. Quindi, quando si propone
— come faceva un articolo — di
vivere l’eros con in vista l’agape,
si tratta certo di superare l’egoismo dell’eros, ma soprattutto si
tratta di saper vivere con passione vepo gli altri e verso il mondo, vincendo l’indifferenza e lo
scarso coinvolgimento che oggi
caratterizzano molti rapporti.
Queste considerazioni valgono
in parte anche per la coppia, per
il matrimonio. La crisi crescente
di questo rapporto è un fatto:
fra l’altro si è modificato il linguassio con cui ne parliamo, ieri
si diceva adulterio, si parlava di
amanti, oggi si parla di partner...
E’ vero quello che sosteneva un
articolo, e cioè che, nella morale
corrente, la passione viene accolta come riustificazione pienamente lemttima di una crisi, e la
si contrappone al grigio tran-tran
di molti matrimoni. Si intende la
passione per un terzo. Ma il terzo
è la causa o la cartina di torfiasole che mette in luce la crisi di
un rapporto?
L’uno e l’altro, si dirà, e probabilmente è vero. Resta il fatto
che molti rapporti sono già grigi e in crisi anche senza la passione per un altro: forse perché,
anche qui, non siamo stati capaci di investire sufficienti energie mentali, sessuali, affettive in
quel rapporto. L’abbiamo vissuto così, come una cosa che va
avanti da sola, e se finisce, pazienza.
Nel nostro gruppo c’erano persone sposate da anni, persone che
convivono, persone separate: abbiamo confrontato le nostre esperienze, la convivenza con il matrimonio. Difficile arrivare a
qualche conclusione: la convivenza ad esempio, può far soffrire di meno, può essere meno
oppressiva di un legame matrirnoniale; ma, ci siamo detti, è
giusto decidere di mettere insieme solo i momenti positivi, solo
ciò che dell’uno piace all’altro, e
non tutto? E’ un rapporto che ci
fa crescere, ci aiuta ad affrontare
la vita?
La fedeltà
E, d’altra parte, che cosa c’è
di positivo nella fedeltà, sia essa
vissuta come convivenza o come
matrimonio? Cioè, perché si sta
insieme anche quando la passione, l’innamoramento cede il posto ad un amore più tranquillo,
all’affetto, qualche volta alTabitudine? Interrogativo difficile:
abbiamo dentro di noi — quelli
che vivono questa fedeltà da parecchio tempo — tanti pezzi di
risposta, dal progetto comune,
alla famiglia, alTandare d’accordo, ecc. Ci sembra comunque che
valga la ipena pensarci di più, per
esprimere, ed alimentare, quello
che c'è di positivo in un rapporto capace di durare, nella fedeltà
reciproca.
Tutto questo, però, resta ancora molto teorico. E’ poi la situazione concreta che conta, ed è
difficile trovare due situazioni
uguali, nei rapporti fra le persone.
Nel dibattito su La Luce c’è
chi ha sostenuto che, per questo
motivo, non solo non abbiamo
alcun diritto di giudicare e prescrivere soluzioni o comportamenti più o meno ” evangelici”
ma possiamo al massimo cercare
di ascoltare e di comprendere le
ragioni che portano a determinate decisioni; e c’è chi ha detto
che questo è solo un mezzo discorso, che non si tratta di imporre regole o modelli, ma di
dire quello che pensiamo, anche
in riferimento alla nostra fede,
nelle situazioni concrete.
Entrambe le intenzioni ci sono
sembrate giuste. Cioè è verissimo
che su queste cose non si teorizza. Non solo perché non siamo
santa madre chiesa, ma per non
essere ipocriti. Quante volte, magari fra gente che si dice ”aper
ta” abbiamo sentito, da parte di
una coppia, uno dei due che teorizzava la positività dell’amore,
libero, della pluralità dei rappor- ’
ti, ecc.; poi, magari, capitava che
Taltro <o Taltra) la metteva in
pratica e le belle teorie andavano miseramente a rotoli! Qppure: si sente teorizzare il matrimonio come progetto globale, impegno di vita, addirittura testimonianza e noi capita che quel
matrimonio finisca per il semplice, ma essenziale motivo, che i
rapporti sessuali non funzionano.
Quindi niente teorie. Ma neanche l’ascolto indifferente, dove
tutto equivale a tutto, ogni libertà è di per se stessa positiva.
Nel colloquio concreto con gli
amici, con le persone coinvolte,
va bene ascoltare e capire. Ma
perché non si dovrebbe parlare,
e dunque dire cosa pensiamo,
aiutare e criticare? E in questo,
se non viviamo la fede solo alla
domenica, in qualche modo potrà
entrare quello che leggiamo nella
Bibbia.
Etica a pezzi o pezzi di etica?
L’ultimo incontro, al Lombardini, lo abbiamo intitolato: etica
a pezzi o vezzi di etica? Era un
po’ il dilemma presente nelle discussioni e, credo, anche nel dibattito sul giornale. Cosa rispondere?
Effettivamente molti dati spingono a parlare di un’etica a pezzi, non solo come crollo di una
morale più o meno tradizionale,
ma perché un quadro di riferimento generale in base al quale
impostare le proprie scelte non
è più avvertito come necessario
dai più. Ma questo quadro è
l’etica? Elena Bein ha giustamente ricordato su La Luce che nella
impostazione protestante riformata non esiste un’etica, una morale autonoma: non è l’etica che
sta alla base della fede, ma è la
fede che produce dei comportamenti. Dunque se diciamo che
la nostra etica è a pezzi, dovremmo forse domandarci se non è
in crisi la nostra fede, la nostra
volontà e capacità di avere nelTEvangelo il punto di riferimento centrale per la nostra vita.
In realtà, dicendo etica a pezzi, intendevamo mettere l’accento sul fatto che una morale autoritaria è comunque rifiutata
(siamo in una società senza padre, ha detto qualcuno), è rifiutata una morale totalizzante, che
pretenda dire la sua su tutto e
tutti. E’ in crisi anche la pretesa
della scienza di spiegare tutto e,
d’altro canto, la psicanalisi ha
messo in questione la pretesa di
spiegare i nostri comportamenti
solo sulla base di criteri razionali. L’inconscio non è una invenzione di Freud. Ancora: c’è
una estrema valorizzazione delTindividuo • e della soggettività
individuale. E non serve sempli! ficare la realtà, serve invece ca
pirla a fondo, nelle sue sfaccettature, nella sua contraddittorietà.
Dunque è a pezzi una morale che
rifiuti di prendere atto di queste
cose.
Ma il discorso può finire così?
Abbiamo detto che è importante vivere, ma è fondamentale
imparare a vivere. Vivere non è
un sentimento, non è qualcosa
che sorge spontaneamente dentro di noi, non è neanche la ricerca dello star bene, della felicità. E’ un mestiere, come diceva
Pavese, dunque un mestiere che
si impara. Se non si vuole che il
nonsenso prevalga, bisogna spendere parecchie energie in questo
apprendistato, molte energie nei
rapporti con gli altri; se si vuole che la vita abbia un senso bisogna metterci della passione e
della fatica, non solo delle attese. Imparare a vivere: per non
viversi addosso e per non vivere
addosso agli altri.
In questa ricostruzione di pezzi di etica, il riferimento alTEvangelo acquista concretezza. Infatti
se l’etica cristiana non viene dalla legge, ma dalla fede, è bensì
un’etica di libertà, ma un’etica in
cui la libertà non ha il suo fondamento né nella natura dell’uomo,
né in valori universali. E’ la libertà di ubbidire al Signore. Una
libertà che non è il contrario, la
fine delTobbligo, del comandamento: anzi è l’annuncio che il
comandamento è possibile in Cristo, che noi possiamo ubbidire
a Dio a causa della sua grazia.
Che noi possiamo cercare di .essere uomini e donne rinnovati —
anche nei nostri rapporti interpersonali — soltanto perché il
Signore ci precede.
Pagina a cura di
Marco Rostan
8
8 ecumenismo
16 marzo 1984
STORIA DI UNA NUOVA TRADUZIONE DELLA BIBBIA
Dio parla anche in hanga
CONVEGNO CEvAA
li
L’articolo che segue, tratto dal
settimanale riformato francese
"Christianisme au XX siède”,
racconta la storia di una traduzione del Nuovo Testamento nella lingua hanga parlata da una
tribù del Ghana in Africa. Partire dai suoni musicali di una lingua per creare da zero un alfabeto per poter diffondere il N.T.
; in quella parte dell’Africa Occidentale: tale è stata l’avventura
che hanno vissuto due britannici, Geoffrey e Rosemary Hunt,
aiutati da due autoctoni, sotto
il patrocinio dell’Associazione
Wyclif per la traduzione della
Bibbia.
Quando il popolo hanga riceverà il N.T. stampato nella sua
lingua sarà nello stesso tempo il
più bel dono dall’estero e il frutto limgamente atteso di una
lunga collaborazione tra gli stranieri venuti dall’estero che credono che ogni uomo ha il diritto di avere la Parola di Dio nella lingua che meglio comprende,
qualche autoctono impegnato e
perseverante e l’Istituto di linguistica, alfabetizzazione e tradu'zione della Bibbia del Ghana. Il
N.T. hanga sarà anche il duecentesimo N.T. tradotto dalTAssociazìone Wyclif dalTinizio della sua
esistenza.
Storia di una lingua
La storia del N.T. hanga comincia nel piccolo villaggio di
Langantere dove i traduttori britannici Geoffrey e Rosemary
Himt si stabiliscono nel 1971.
Il villaggio situato nelle praterie del nord del Ghana divenne
« l’aula » degli Hunt che voleva^
no imparare la lingua e conoscere la cultura hanga. Giorno dopo giorno, Geoffrey si mescolava
agli uomini del villaggio. Questi
gli parlavano delle cose della vita corrente, dei raccolti di mais
e di miglio. Gli raccontavano
storie di caccia all’antilope e alle scimmie... Dal canto suo Rosemary imparava a conoscere le
donne del villag^o. Le loro attività, le loro obbligazioni familiari, le loro preoccupazioni e le loro gioie, le diventavano sempre
più familiari. Fu cosi che gli
Himt impararono a vivere nella
società hanga in modo da non
scandalizzare i loro nuovi amici.
Inventare un alfabeto
Non esisteva alcun libro, alcun
lavoro scritto in lingua hanga.
Non c’era neppure un alfabeto.
Toccò a Geoffrey e Rosemary inventarne uno!
Misero in pratica le tecniche
di analisi linguistica, passarono
centinaia di ore ad ascoltare conversazioni, delle storie e delle
leggende registrate sul magnetofono. Impararono a poco a poco
a pronunciare tutti i suoni della lingua, anche quelli terribilmente difficili per la pronuncia
inglese... Arrivò infine il giorno
in cui poterono esprimersi correttamente nella lingua che ora
poteva anche essere scritta. Geoffrey e Rosemary potevano cominciare la traduzione propriamente detta.
Fin dalTinizio del lavoro una
giovane donna cieca, di nome
Sumbini si rivelò un’assistente di
traduzione molto preziosa per
Geoffrey e Rosemary. Fu col suo
aiuto che poterono essere tradotti i quattro evangeli e il libro degli Atti degli Apostoli.
Nel 1976 Issah Adjei, che cercava lavoro, incontrò Geoffrey.
Issah non era cristiano e il cristianesimo in quanto tale non lo
interessava. Malgrado questo accettò di lavorare con Geoffrey.
Man mano che Geoffrey avanzava nella traduzione, anche Issah
era messo a contatto con la Parola di Dio, il messaggio del^vangelo penetrava nel cuore di
Issah.
La Scrittura in
nastri magnetici____________
Un giorno questi domandò a
Geoffrey se poteva prendere in
prestito per il fine settimana
qualche nastro magnetico su cui
erano registrati dei passi delle
Sacre Scritture. Dando il suo
consenso, Geoffrey pensava che
Issah volesse far ascoltare la
sua voce ai suoi amici del villaggio. Qualche tempo dopo Geoffrey e Issah preparavano ima registrazione destinata a rispondere alle domande che gli abitanti
del villaggio si ponevano dopo
aver ascoltato le registrazioni
che Issah faceva loro ascoltare.
Alla domanda: «un uomo può
essere cristiano e allo stesso tempo sacrificare agli spiriti? », Geoffrey si disponeva a rispondere
citando il passo di Luca in cui
Gesù insegna che non si può servire a due padroni. Ma prima di
aver avuto il tempo di formiilar
re la risposta, Issah aveva citato
un proverbio hanga come risposta: «non si può gimrdare in
ima bottiglia con tutti e due gli
occhi insieme ». A contatto con la
Parola di Dio, la vita di Issah si
era trasformata. Aveva voluto
far sentire la registrazione di
passi biblici non per far udire
la sua voce, ma per far udire il
messaggio della salvezza! Issah
era diventato cristiano, aveva
dato la sua vita al Signore.
Nel 1979 Geoffrey, Rosemary e
Issah terminarono la prima bozza della traduzione del N.T. in
lingua hanga.
Nel 1980 David Gbaamanga si
offrì per rileggere il manoscritto
e apportarvi eventuali modifiche
per migliorare la qualità della
traduzione. Per quanto gli fosse difficile assentarsi dalla sua
bottega di sarto, decise di consacrare una parte del suo tempo al Signore in questo lavoro
di verifica. Grazie al suo aiuto,
il N.T. fu pronto per essere inserito nel calcolatore verso la
fine del 1981.
Gli anziani e i giovani
David e Issah sono diventati
ambedue responsabili di un programma di alfabetizzazione presso gli abitanti della loro regione.
Hanno saputo presentare agli anziani questa nuova scienza senza
scandalizzarli. Nella loro cultura, infatti, solo gli anziani sono
ascoltati. Ma questa volta gli
anziani hanno accettato con
gioia che i giovani del loro popolo insegnassero la scrittura e
la lettura. Cogliendo questa occasione David e Issah testimoniano presso i loro allievi della
loro fede in Gesù Cristo il Salvatore.
Fino ad oggi è andato crescendo l’interesse per la lettura e la
scrittura e quasi 200 ^persone sanno ora leggere e scrivere. Anche
Tinteresse per TEvangelo cresce
in proporzione e in quella regione in cui non si trovava alcun
cristiano, alcuna chiesa, ci sono
oggi diversi piccoli gruppi di cristiani. Questi attendono con
grande impazienza l’arrivo del
loro libro, del libro che, per
quanto sia vero che si tratta del
200° N.T. tradotto dalTAWTBSIL, è soprattutto per loro la
prova reale che Dio parla anche
in hanga.
SU UN PIANO DI EGUAGLIANZA
Il papa in Svizzera
La visita del papa in Svizzera,
nel giugno prossimo, riveste
un’importanza significativa per
i protestanti i quali celebrano
quest’anno il 500° anniversario
della nascita di Zwingli; è quanto esprime in sostanza il pastore Bernard Reymond (Losanna),
in un editoriale del numero di
gennaio del mensile romando
« Le Protestant ».
« I rappresentanti del protestantesimo svizzero e il papa si
incontreranno su un piano di
uguaglianza protocollare senza
intenzione di ricupero o di conversione reciproci. Già questo
fatto permette di misurare il
cammino percorso da una parte
e dall’altra fin dal XVI secolo
(...). Anglicani, ortodossi e luterani condividono basi comuni
con la Chiesa cattolica in vista
del dialogo ecumenico. Con il
protestantesimo svizzero, le cose non stanno così, per cui, la
posta in gioco di questo incontro 1984 con gli eredi spirituali
di Zwingli è considerevole ». Ritiene in conclusione il pastore
Reymond: "Lo è meno per le
Chiese protestanti del nostro
Una comunità
di «partage»
paese che non hanno nulla da
temere che non per la Chiesa romana, (...) in quanto essa dovrebbe logicamente giungere, a
più o meno lunga scadenza, a
rivedere fondamentalmente alcune delle sue posizioni più irreformataili in materia di dottrina, di ecumenismo e di sacramenti” (SPP/BIP).
Si è svolto dal 12 al 18 febbraio scorso un convegno, promosso dalla CEvAA, avente per tema
le problematiche legate al rapporto donne-Chiese e giovaniChiese.
A questo colloquio hanno partecipato i delegati delle 15 chiese
aderenti alla CEvAA ohe rappresentavano i movimenti donne e
i movimenti giovani dei loro paesi.
Per l’Italia solo un rappresentante della FGEI e nessuna per
le donne. Nel messaggio di apertura, il segretario associato della CEvAA S. Akle affermava che
la volontà e l’ambizione di questo incontro erano quelle di dare voce ai « senza voce » nelle nostre chiese, e che ciò potesse avvenire alTinterno di differenti
culture, mentalità e modi di essere presenti nella società (Africa, Europa e continente Pacifico
erano le sedi di provenienza) e
nel riunire contemporaneamente
questioni come « giovani » e
« donne ».
Bisogna subito affermare che
molti obiettivi sono stati raggiunti e che il clima fraterno che
si è presto instaurato e che ha
accompagnato i lavori fino alla
fine, ha costituito Tasse portante e la base comune per lo scambio reciproco di esperienze e la
comunicazione di opinioni non
sempre (per fortuna) coincidenti e mai uniformi e piatte.
Anzi, l’intrecciarsi delle differenti vedute e l’apertura su esperienze completamente diverse è
stato il contributo più forte ed
efficace che si è potuto ricevere.
Si pensi, ad esempio, alle chiese
africane (comunque diverse tra
loro) in cui:
— i giovani sono moltissimi, organizzati e impegnati nelle
chiese;
— molte donne delle chiese vengono chiamate dallo stato per
organizzare corsi di formazione ed educazione per le donne del paese (Gabon, Mozambico);
— si affrontano problemi come
igiene, alfabetizzazione, ricerche alimentari, eredità, condizione delle vedove (spesso sottoposte a pratiche umilianti,
in alcuni paesi);
— i rapporti con lo stato sono,
spesso, dinamici e costruttivi.
La situazione europea è ben
diversa, come è noto, e molti
problemi delle chiese italiane sono analoghi a quelli delle chiese
svizzere e francesi, anche se la
condizione di forte minorità che
noi viviamo, caratterizza la presenza evangelica in Italia in modo particolare.
Dai documenti finali, frutto di
lavoro di seduta plenaria alternata a gruppi, scaturiscono una
serie di considerazioni e indicazioni in propositivo. Eccone al
cune:
— necessità di affrontare il prò
blema delTeducazione sessua
le e di fornire il massimo delTinformazione su problemi
come divorzio, aborto, prostituzione;
— questione emarginazione: pre
sa di coscienza delle concrete
situazioni di emarginazione
azioni di solidarietà efficaci;
ridefinizione di priorità e impegni da parte delle chiese;
— rafforzamento dei legami tra
chiese e luoghi di impegno
sociale, politico;
— rifiessione sui nuovi modi di
vita comunitaria e sul ruolo
della famiglia (soprattutto in
Europa);
— riscoi^rta della dimensione
gratuita, della gioia comunitaria dello stare insieme tra
fratelli;
— bisogno di formazione a tutti i livelli;
— incremento e rafforzamento
-degli scambi internazionali.
Queste sono solo alcune delle
più significative conclusioni di
una settimana ricca di spunti
e di novità (ogni sera ciascun
gruppo presentava il proprio
paese con canti e danze) e di
un’esperienza certamente da ripetere.
Nella CEvAA convivono, è vero, comprensioni, modi, culture
diverse, testimonianze fatte con
parole e linguaggi differenti, ma
è pur fortemente vero che la
scommessa più rischiosa per i
credenti, soprattutto oggi, è di
costruire un rapporto, una soli
darietà fraterna, una comunica
zione tra fratelli con doni diver
si e diverse vocazioni.
Non è forse, nel nostro piccolo, anche un problema delle nostre chiese in Italia?
Stefano Meloni
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La solita fotografia dell’Aula
Sinodale, con la quercia del Paschetto e gli scranni severi; l’articolo inizia anch’esso in modo
tradizionale: « Dal 14 al 21 settembre. nella storica cornice
delle Valli Valdesi, si è tenuto a
Torre Pellice un Seminario Internazionale sulla Crescita della
Chiesa ». Il seminario è quello
degli avventisti provenienti da
Francia, Svizzera, Jugoslavia
ed Italia. Ospite d’onore e animatore Gottfried Oosterwal, missionario, pastore e insegnante
con vaste esperienze in Nuova
Guinea, Filipnine, Europa latina,
che ha presentato una serie di
osservazioni teologiche, psicologiche e sociologiche sul tema allo studio.
Vengono esaminati, nel suppl.
al n. 11 delT83 del Messaggero
Avventista, i principi generali,
alcuni principi biblici, i risultati
di un sondaggio (USA) sulle maggiori cause di apostasia (abbandono della chiesa).
Alcune osservazioni ci sembra
a cura di Sergio Ribet
no particolarmente degne di attenzione: « La crescita della
chiesa propone una riflessione
anche sul concetto di ’conversione individuale’ che è tanto
cara al nostro ambiente, per sostituirlo con una ’teologia della
mietitura’ che tenga conto, come è avvenuto alla Pentecoste,
delle decisioni collettive » (p.
183).
« La crescita della chiesa ha
come obiettivo quello di convertire e battezzare ogni popolo,
nel rispetto della sua cultura
etnica, sociale » (p. 180). « Le attività missionarie dovrebbero
poter guidare a Cristo interi
gruppi sociali... » (p. 180).
« La crescita della chiesa si
realizza moltiplicando il numero delle comunità locali, più che
aumentando il numero dei membri di una stessa comunità, a
condizione che ogni nuova chiesa
divenga un centro di attività
missionaria » (p. 180, 182). Una
riflessione che dovrebbe incidere anche là dove vive una chiesa-popolo, o un popolo-chiesa.
A pag. 187 una interessante
tabella sulle percentuali di crescita del numero dei membri
nell’Europa occidentale (l’Italia
è al terzo posto, dopo Spagna e
Portogallo), e sui dati della chiesa in Italia.
Dal 1945 al 1980, le chiese sono passate da 37 a 74; i membri
di chiesa da 1167 a 4751. I pastori erano 21 nel 1945, 45 nel 1960,
sono scesi a 38 nel 1965, sono
oggi 50.
I membri di chiesa per pastore erano 56 nel 1945, sono 95 nel
1980. La percentuale di crescita
varia di anno in anno, ha avuto
una punta massima del 54,2%
nel 1950, la punta più bassa (8,6
per cento) nel 1970, nel 1980 è
de) 9,11%.
Sarebbe interessante condurre
uno studio analogo anche per
altre chiese, e anche interrogarsi sui motivi per cui si hanno crescite (o decrementi) nelle
statistiche ecclesiastiche.
La consapevolezza avventista
è che « la crescita della chiesa
è una dottrina teologica », che
si realizza « pianificando i momenti, i metodi, e le strategie
più efficaci » (p. 182).
9
16 marzo 1984
cronaca delleValli 9
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VAL GERMANASCA
Le spese dei piccoli comuni
Chiese
al bivio
Veramente più che un problema delle Valli è un problema
di tutta la chiesa. Ma alle Valli
è vissuto con particolare intensità perché in maniera del tutto
casuale alcune chiese autonome
riescono ad avvalersi di questa
loro caratteristica, mentre altre,
in particolare per la designazione dei loro pastori, sono costrette a rimettersi alla Tavola. Quest’anno un certo movimento nelle forze pastorali ha riproposto
in modo urgente un problema
•che in verità non si è mai del
tutto sopito e che ha creato in
passato malumori a non finire,
recriminazioni e anche qualche
■timido tentativo di soluzione.
I regolarnenti stabiliscono per
il riconoscimento dell’autonomia
delle chiese una serie di requisiti: 150 membri comunicanti,
100 membri elettori o il 20% dei
membri comunicanti, un quadro
■completo di attività, la capa■cità di provvedere a tutte le
spese locali, compresa la manutenzione degli stabili, e versamenti adeguati alla Tavola
per le necessità generali dell’opera. A fronte di questi requisiti gli stessi regolamenti prevedono un piccolo privilegio che
è quello di poter designare il
proprio pastore. Su come questo privilegio sia compatibile
con la solidarietà che dovrebbe
legare tutte le chiese e tutelare
in particolare le più deboli, non
CI soffermiamo qui. Ci interessa,
invece, riprendere il discorso
sitila possibilità e sull’opportuna à che le chiese autonome se
ne avvalgano e, diciamolo pure
con franchezza, che i pastori interpellati assecondino gli inviti
delle chiese che decidono in senso positivo.
Sei 1975 la Conferenza distrettuale di S. Giovanni — seguita
a ruota dal Sinodo dello stesso
anno — invitava « le chiese autonome a non avvalersi in modo
individualistico della loro autonomia nei problemi relativi alla
permanenza o designazione dei
pastoii, ma ad inserire il loro
problema nel contesto delle esigenze generali dell’opera, in collaborazione con la Tavola e la
Commissione Distrettuale ». Questo. invito non è stato seguito da
alcune chiese; da altre è stato
seguito per forza perché non sotto riuscite a trovare risposte
positive tra i candidati interpellati in occasione dei cambi
pastorali, da alcune è stato seguito per scelta, nel quadro di
una solidarietà che tutte dovrebbero sentire. Non vogliamo con
queste osservazioni dare attesta■ ti di merito ad alcune chiese e
■_ di biasimo ad altre — la fedeltà
di una chiesa investe ben altri
problemi oltre a quello della designazione dei pastori! —. Ma ci
sembra che l’invito delle massime assemblee del nostro ordinamento andrebbe rispolverato.
Sarebbe molto macchinoso tradurlo in una norma. Ma una
specie di autoregolamentazione
del diritto delle chiese autonome nella designazione dei pasto. t-i nel senso indicato dalla Conferenza del '75, sarebbe sicuramente fruttuosa, risparmierebbe
alla Tavola e, agli operai della
chiesa infinite amarezze e delusioni e, probabilmente, si risolverebbe a vantaggio delle stesse
;; chiese « autoregolamentate », perii ché è assai più facile avere la
. persona giusta al posto giusto
partendo da un quadro di insieV me che non cercando di risolve" te in modo isolato i problemi
- del proprio orticello.
Claudio Tron
Dopo la presentazione dei dati
più significativi dei bilanci presentati nei comuni della Val Pellice, vediamo ora alcuni dati pervenutici dai comuni della Val
Chisone e Germanasca.
Iniziamo con Perosa, il cui bilancio complessivo si aggira su
un miliardo e 700 milioni, di cui
un miliardo costituito dalle spese correnti e 448 milioni da spese di investimento, di cui 160
per viabilità, 155 per Tacquedotto di Meano, 70 per la sistemazione di due parchi comunali e 50 per l’adeguamento alle
norme di sicurezza delle strutture scolastiche. Lo stesso Comune ha già appaltato mezzo miliardo con il Comune di Pomaretto per rimpianto di raccolta
e depurazione delle acque reflue
ed 87 per la ristrutturazione del
mattatoio. In generale sono i comuni più piccoli, che, in rapporto al bilancio generale, hanno
una maggiore percentuale di disponibilità per le snese di investimento. Per i comuni maggiori, le spese per i servizi resi alla
popolazione occupano di fatto
una notevole percentuale del bi
lancio, si pensi alle scuole medie che servono un’area sovracomunale.
A Perrero il totale degli investimenti raggiimge i 438 milioni
di cui 260 per la costruzione e
le migliorie a vari acquedotti
nelle zone Chiabrano e Chiotti,
100 milioni per le fognature a
Chiotti e 43 per il secondo lotto
della strada verso Villasecca.
Un impegno consistente è dedicato alla viabilità: alcuni comuni infatti hanno un territorio che
si estende dal fondovalle fino
alla cresta spartiacque, con ima
rete viaria molto estesa se rapportata al numero degli abitanti.
L’asfaltatura o semplice consolidamento di questa rete rappresenta quindi una possibilità di
tenere in vita e presidiata la
montagna e di contenere il degrado inevitabile quando la presenza di insediamenti stabili si
riduce sotto il limite di guardia.
Oltre ai dati prima citati di Perosa e Perrero, abbiamo nel cornune di S. Germano una previsione di 80 milioni per il consolidamento della strada Turinella; altri 98 per interventi straordinari sulla rete viaria ed al
FIAT DI VILLAR PEROSA
Polizia, sindaci, chiese e operai
Cresce la tensione dovuta alla decisione di smantellare la fabbrica
Cresce la tensione tra la popolazione delle valli Chisone e Germanasca Sulla questione del futuro dello stabilimento FIAT.
Domenica scorsa le comunità
valdesi e cattoliche hanno diffuso alTuscita dalle messe e dai
culti un volantino (vedi qui sotto) di denuncia della grave situazione delle vallate.
Nel pomeriggio di domenica,
il volantinaggio delle comunità
si è spostato sulla statale 23, dove veniva rallentato il traffico.
Un operaio che stava volantinando è stato però investito (sem;
bra volontariamente) da un automobilista ed è ora ricoverato
alTospedale di Pinerolo con prognosi riservata.
Lunedì mattina — « già alle
sei » — si vedeva una fila di pulmini dei carabinieri stazionare
davanti ai cancelli. « Ci siamo —
ha detto il consiglio di fabbrica — è Za prova di forza ».
Un’ora dopo si è saputo il perchè : la Fiat aveva deciso di
cominciare a smantellare la fabbrica inviando una gru e un autocarro per cominciare a portar
via i macchinari.
Subito sono partite le telefonate. I pastori valdesi riuniti
nel loro colloquio decidevano di
inviare subito una delegazione ai
cancelli; giungevano poi, anche
gli esponenti della « pastorale
del lavoro », il vescovo Giachetti, sindaci dei vari comuni delle
valli, operai e delegati di altre
fabbriche.
Si formava così davanti ai cancelli un assembramento di qualche centinaio di persone che
non lasciava entrare la gru.
« E’ stato in quel momento
che i carabinieri hanno tentato
con la forza di sgombrare le persone, con spintoni ed identificando alcuni dei presenti compresi preti, sindaci e pastori » —
dice un testimone.
Poi gli operai hanno deciso
l’occupazione della fabbrica e la
tensione è calata. Con la fabbrica occupata la gru non può entrare e resta fuori davanti al
cancello.
La Fiat fa allora un'altra mossa; « Arrivano due camions con
una macchina da scaricare — E’
un cavallo di Troia per far entrare la gru » — è il commento
generale.
La Fiat annuncia poi di voler
trasferire sei persone.
Si susse^ono le telefonate tra
sindacalisti, sindaci, direzione
Fiat.
La situazione non muta; il
picchetto al cancello e l’occupazione della fabbrica continuano.
La Fiat rimane ferma sulla sua
posizione: chiusura della fabbrica, vendita dello stabilimento ad
una industria tedesca che garantisce 100 posti di lavoro (contro
i 380 attuali!. Per alcune forze
politiche è il massimo della mediazione possibile, mentre per
altri bisogna tener fede alle promesse fatte e quindi « constatata l’impossibilità di assicurare la
vita sociale nelle vallate i sindaci si dovrebbero dimettere »: dice il sindaco di Massello Peyran.
Una riunione per decidere onesto è prevista per mercoledì.
Giorgio Gardiol
Il documento
dei credenti
La Commissione Pastoraie dei Lavoro
delia Diocesi di Pinerolo,
I Parroci delle Valli Chisone e Germanasca
e la Commissione esecutiva distrettuale ohe rappresenta le Chiese Valdesi delle Valli,
ritengono molto preoccupante la situazione occupazionale che si è venuta
a creare nelle Valli Chisone e Germanasca.
Tale situazione è caratterizzata da
una continua perdita di posti di lavoro
nel settore industriale (di gran lunga
quello più importante) che i numeri
qui riportati ben esprimono;
1961: 8.026 occupati
1971: 5.336 occupati
1981; 3.878 occupati
Il continuo calo dei posti di lavoro
nelTindustria trova riscontro nel gran
numero di disoccupati presenti In zona,
ben 1.350 di cui il 60% giovani in cerca
di prima occupazione.
In questa situazione già gravemente
deteriorata si viene ad inserire la de
cisione della Direzione FIAT di chiudere lo stabilimento di Villar Perosa, trasferendone le produzioni a Firenze e le
maestranze a flivalta, senza dare però
garanzie sulTeffettivo mantenimento del
posto di lavoro. Con questa decisione
la FIAT priva l’economia delle Valli di
altri 391 posti di lavoro, pari al 13%
dell'occupazione globale nel settore industriale.
COME CREDENTi, vogliamo ricordare
a tutti che c’è una scala di valori che
va rispettata.
E’ il lavoro ohe deve essere a servizio dell’uomo e non viceversa. Non possiamo accettare che ancora una volta
il profitto economico vada a scapito del
bene e dei diritti delle persone.
Perciò;
CONDANNIAMO la decisione della
Direzione FIAT e ne chiediamo il ritiro.
fliTENIAMO che le soluzioni finora
prospettate siano una risposta del tutto insufficiente, che non risoive né li
problema degli operai FÌAT né il problema dell’occupazione nelle Valli.
ESPRIMilAMO la nostra solidarietà
agli operai della FIAT che con la lotta
si oppongono allo smantellamento dello
stabilimento.
APPOGGIAMO tutte le Iniziative che
le Organizzazioni Sindacali riterranno
utili Intraprendere per giungere ad una
positiva soluzione del problema.
CHIEDIAMO agli Enti locali della zona di proseguire nell’opera di sostegno
della lotta.
INVITIAMO gli esponenti politici locali ad un maggiore impegno sul problema dell’occupazione.
CI IMPEGNIAMO a seguire attentamente gli sviluppi della situazione e
ad adoperarci per un sempre maggior
coinvolgimento delle Comunità cattoliche e valdesi.
tri 79 per la realizzazione di un
collegamento tra la strada provinciale per Pramollo e le frazioni Mondoni e la Croce. Nel
Comune di Frali mentre la Provincia prosegue gli interventi di
ampliamento e la costruzione di
nuovi lotti di paravalanghe, il
comune prevede tramite fondi
regionali un intervento per la sistemazione della strada di Rodoretto per l’importo di 100 milioni. A Massello il contributo statale di 80 milioni dato ai comuni la cui capacità impositiva è
insufficiente a coprire le spese,
verrà interamente devoluto ad
asfaltatura di lotti stradali. Sempre a Frali sono previste spese
per quasi 100 milioni per ampliamenti e nuovi impianti sportivi
e 15 milioni per la Dista coperta
nel comune di Perrero. A S. Germano saranno ancora spesi 20
milioni per il potenziamento dell’acquedotto, 12,5 per interventi
sulla rete di illuminazione ed infine 25 per l’adeguamento alle
necessità degli uffici comunali
con l’acquisto di un elaboratore
elettronico.
Adriano Longo
3,4 miliardi
da spendere
SAN SECONDO — Quasi 3 miliardi e mezzo il Bilancio ipreveru
tivo approvato dal Consiglio comunale lunedì 27.2. Il Consiglio
comunale ha discusso prima e a
lungo la modifica al regolamento dei parrucchieri, la sistemar
zione di pensiline alle fermate
dei pullman, l’acquisto di alcune
panchine, la costruzione di un
muro e Tindennità di carica del
sindaco e del consiglio.
Dopo, in un’oretta, si approvava la modica spesa di 3 miliardi
e 400 milioni. Solo un consigliere ha fatto delle critiche ai Bilancio rilevando l’assenza di finanziamenti per l’agricoltura e
la troppo scarsa spiesa per le iniziative a favore dello sport per
la gioventù. Non essendo state
prese in considerazione le sue
critiche ha determinato l’unico
voto contrario.
Manifestazione
per la pace
PINEROLO — Per sabato 17
marzo, i comitati per la pace e
disarmo di Pinerolo, della Val
Penice e delle Valli Chisone e
Germanasca organizzano una catena umana per le ide della città
con i seguenti obiettivi:
— contro Tinstaliazione dei missili nimleari in Italia;
— contro l’aumento degli armamenti a livello mondiale;
— contro lo spreco di soldi in
spese militari;
— per dei rapporti tra gli stati
fondati sul rispetto reciproco;
— per l’uso delle risorse a favore del benessere di tutte le
persone e le popolazioni;
— dai pericoli di guerre nucleari non ci si salva costruendo
rifugi antinucleari sotto terra.
Programma:
ore 14,30-15: raduno nei viali di
Via Marro (nei pressi del Cinema Primavera); formazione di
due lunghe catene tenendosi per
mano;
ore 15: partenza percorrendo due
distinti percorsi per le vie di
Pinerolo; la camminata avverrà
senza slogan. Cartelloni e un altoparlante spiegheranno i contenuti della manifestazione, con
l’invito a tutti i cittadini a parteciparvi anche solo per un tratto. Si camminerà sui marciapiedi e sui bordi delle strade rispettando la segnaletica ed i semafori. Durante la camminata verrà consegnata ai partiti ed alTamministrazione comunale una lettera con i contenuti della manifestazione;
ore 17-18: arrivo e conclusione in
Piazza Fontana (di fronte al Municipio).
Concerto
LUSERNA SAN GIOVANNI —
Domenica 18 c. m. alle ore 21, la
Corale « Stefano Tempia » terrà
un concerto nel Tempio.
A questo numero hanno collaborato: Luisa Carrara Ivana Costabel - Dino Gardiol - Vera Long - Claudio
Pasquet - Franco Taglierò Renzo Turinetto - Cinzia Vitali Carugati.
Foto BONARDO
• Matrimoni
• Battesimi
• Cerimonie e Partecipazioni
VIA SILVIO PELLICO, 3.10064 PINEROLO
tel.(0121) 75086
10
10 cronaca delleValli
16 marzo 1984
IMPORTANTE CONVEGNO IN VAL RELUCE
PROBLEMI DEGLI AGRICOLTORI
Quale scelta per l’infanzia?
Dall intervento assistenziale ad un progetto globale di servizio sociale integrato— Come operare nonostante i tagli alla spesa pubblica
Il vino e ia vigna
aile valli
Alla prima infanzia, le scienze
e la stessa esperienza concordano nel riconoscere sempre maggiore importanza per ciò che riguarda la formazione e la crescita della persona, dal pimto di
vista físico, psichico, mentale e
socio-affettivo. Si è ormai stabilito che gran parte dei successivi disturbi, ritardi o problemi
può essere ridotta o addirittura
evitata con un’efficace prevenzione, condotta appunto in questi primi anni di vita, sia sul
bambino che suirambiente umano e materiale intorno a lui. Occorre perciò da un lato sviluppare ima diffusa coscienza delrimportanza della prevenzione e,
dall’altro, garantire una funzionale rete di servizi che sollecitino la maturazione di tale presa
di coscienza e rispondano alle
richieste con interventi appropriati. Si impone cioè una scelta
politica che trasformi il territorio da puro ambiente fisico a
contesto umano in cui si può
vivere sempre più in salute, sotto tutti gli aspetti.
Fra i vari fenomeni che caratterizzano l’Italia degli ultimi anni, c’è da rilevare una diffusione
abbastanza capillare — almeno
p>er ciò che riguarda alcune Regioni — di asili-nido e scuole
materne pubbliche, nate per l’innanzi come risposta al bisogno
di affidamento a servizi idonei
dei bambini da parte dei genitori quasi sempre occupati e, poi,
come punto di riferimento sul
territorio per affrontare i problemi della salute e dell’educazione pre- e post-natale. A dire
il vero, gli asili-nido e la scuola
materna non sono una novità
nella storia italiana; è nuova invece l’attuale organizzazione, basata su nuove ipotesi politiche e
educative. Infatti, il nido e la
materna sono sorti dapprima
con finalità caritative e poi, dopo la parentesi fascista dove assunsero una fisionomia ideologica come serbatoio di militi, con
finalità assistenziali per tutelare
il figlio della donna lavoratrice.
Servizio sociaie
te, dal significativo titolo di
« Una scelta per l’infanzia-, asilo
nido, scuola materna e servizi di
territorio ». L’intento è stato
quello di verificare le ipotesi di
partenza, potenziare o attivare
possibili intesrazioni, avanzare
richieste per migliorare il servizio; l’organizzazione dei lavori,
con una introduzione politica ed
un approfondimento tecnico suddiviso in tre grandi tematiche ■—
la proposta pedagogica con una
introduzione di Franco Frabboni, un progetto per la tutèla della salute a cura di Sergio Nasso
e i vincoli amministrativi e finanziari presentati da Ezio Borgarello, — ha consentito ai partecipanti suddirisi per gruppi
(guidati da Rita Gay, Paola Palumbo e Margherita Baravalle)
di affrontare i nodi aperti delle
varie questioni e nrospettare ipotesi di sviluppo e miglioramento.
Per esempio, è stata ribadita
la necessità di una più stretta
integrazione fra gli interventi sanitari e quelli socio-educativi,
proprio per garantire quella globalità formativa che deve tener
conto, contemporaneamente, dello sviluppo umano nella sua totalità. Così il nido, pur occupandosi e preoccupandosi del benessere fisico, dell’alimentazione, deU’autonomia del bambino,
deve anche intervenire con una
sua proposta educativa più tecnica che valorizzi le potenzialità delle diverse età sul piano sociale, verbale, cognitivo. In questo senso, soprattutto, dovrebbero essere stabiliti dei rapporti
di continuità tra nido e materna perchè i bambini, nel passaggio da un contesto aU’altro, trovino continuità di esperienze e
di apprendimento: rincontro e
il confronto fra operatori, pur
appartenendo ad amministrazioni diverse, potrebbero favorire
l’integrazione dei programmi, arricchendosi vicendevolmente.
Aperture
Il nido e la materna di oggi, così come sono prefigurati nelle
leggi 444 e 1044, devono essere
un servizio sociale, aperto a tutti, un luogo di diritto per l’educazione del bambino.
Ma i problemi, le difficoltà,
gli interrogativi, anche nel tentativo di tradurre operativamente
questo progetto, non mancano e,
allo scopo di fare il punto della
situazione e prospettare soluzioni percorribili in rapporto altresì alla crisi economica che rischia di tagliare ogni iniziativa,
si è svolto a Torre Pellice, presso la Foresteria valdese nei giorni 9 e 10 marzo, un incontro di
studio organizzato da Comunità
Montana, Comuni di Luserna S.
Giovanni e Torre Pellice e patrocinato dalla Regione Piemon
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tutto da parte degli operatori del
nido per poter concretizzare le
varie ipotesi, è stata quella di
una nuova preparazione di base, di aggiornamento e di formazione permanente, non solo per
acquisire i necessari strumenti
tecnici del mestiere, ma anche
per riflettere suH’esperienza e
trame insegnamento. Il tempo a
ciò dedicato dovrebbe essere riconosciuto a tutti i fini, pur nelle restrizioni finanziarie.
Queste, alcune delle osservazioni ernerse, in un contesto di
lavoro ricco di stimolazioni, tanto più vivaci quanto più ostacolate da vincoli amministrativi ed
economici. A tale contraddizione
ha fatto più volte cenno l’assessore Marco Armand Hugon nella
sua introduzione — seguita a
quella della presidente Franca
Coìsson — al quadro politico,
sottolineando l’impegno dei Comuni democratici nel realizzare
un servizio di primaria importanza come quello dei nidi e della materna, al momento però
quasi abbandonati finanziariamente per i tagli alla spesa pubblica, gravanti principalmente
sulle voci della sanità, sicurezza
sociale ed istruzione. Non a caso, durante le due giornate, ha
più volte aleggiato lo spauracchio della chiusura di uno dei
due nidi della Val Pellice.
E alla premessa politica che
suona si come impegno ma anche come richiesta di concreto
sostegno ha fatto eco la conclusione dell’assessore regionale"
Sante Bajardi, consapevole dello stato di fatto e disponibile a
farsi carico delle richieste emerse nel convegno, tanto da volerlo trasformare in un primo momento di una serie di verifiche
politiche e istituzionali successive. Un incontro, dunque, che è
servito come momento di riflessione e che, ora, si presenta soprattutto come momento di avvio di una nuova fase, almeno
per la realtà piemontese.
Un altro contributo generale è
venuto nella direzione di una « apertura » delle strutture (in questo caso, specialmente del nido)
all’interno ed alTestemo, trasformandosi — non senza difficoltà
burocratiche — da luogo di sola
raccolta di bambini a centro di
intervento sul territorio, anche
di tipo domiciliare là dove le
necessità lo impongano. Un primo progetto in questo senso già
è stato elaborato; una sua realizzazione, contestualmente al
mantenimento del nido così come lo conosciamo, consentirebbe
di fare più salute raggiungendo
anche coloro che non sono utenti abituali della struttura e, nello stesso tempo, di ristrutturare
il servizio senza che la denatalità penalizzi gli operatori con
la sopnressione di posti di lavoro.
Roberto Eynard
Gli amici del Museo di San
Germano hanno pubblicato un
opuscolo sulla storia della vigna
e del vino nelle nostre vallate
descrivendo il sistema di coltivazione e di vinificazione oltre
alle varietà coltivate e agli attrezzi per la lavorazione (n. 4
della collana II Ponte). Hanno
fatto bene perché la coltivazione della vigna si va estinguendo
non solo nell’alta collina ma anche nella fascia collinare pedemontana. Continuando di questo passo i nostri figli dovranno ricorrere all’opuscolo per sapere a cosa serve quell’attrezzo
seminascosto sotto la tettoia che
il nonno chiama torchio. I motivi non sono solo i soliti che
conosciamo cioè troppo lavoro
che dà la vigna e scarso reddito,
scarsità di manodopera per cui
si toglie quello che dà più lavoro, il motivo per cui in questi
ultimi anni si estirpano le viti
è anche la burocratizzazione a
cui vengono sottoposti i vignaioli con la scusa di combattere la
sofisticazione.
Ma vediamo intanto cosa deve fare un agricoltore che vuole vendere il vino.
1°) Denuncia della produzione
vinicola entro il 29.11. Viene consegnato un modulo su cui registrare le vendite.
2") Anagrafe vitivinicola. Si
denuncia la superficie coltivata
a vigna, le varietà coltivate, il
numero di viti e ancora la produzione.
3“) Quando si vende il vino:
a) bisogna compilare in tre copie il mod. V.A. 1 di cui una copia serve come bolla di accompagnamento, una deve essere inviata come raccomandata alTUfficio Repressione e Frodi provinciale, la terza rimane al produttore; b) se il contenitore usato
per la vendita è inferiore a It. 61
deve essere applicato al tappo
il contrassegno IVA (tappo fiscale), questi contrassegni Iva
devono poi essere registrati sull’apposito registro di carico e
scarico; c) a questo punto il
produttore deve ancora segnare
su un altro registro denominato
di « imbottigliamento dei vini »,
da quale botte della sua cantina
Alimentazione
dei bovini
Piante di castagni
Una richiesta unanime, soprat
Martedì 20 marzo c. a. alle ore
21 si terrà presso la sala sotto
le scuole - Angrogna Capoluogo,
una riunione nel corso della
quale verrà trattato in particolare il tema;
« Razionamento nell’alimentazione dei bovini ed ovini », a cura
del Veterinario Dott. Stefano
Gatto, incaricato dalla Comunità Montana Val Pellice dell’attuazione del Piano di Assistenza
Zootecnica in Valle.
L’Ufficio Tecnico della Comunità Montana Val Pellice, informa
che è possibile prenotare piante
(astoni) di castagno innestate
con varietà locali pregiate, fornite dairistituto Piante da Legno
di Torino.
L’Ufficio Tecnico - Via Caduti
per la Libertà n. 4 . Torre Pellice
è aperto nei giorni di mercoledì
e venerdì ore 9-12 / 14,30-17,30.
Le richieste si raccolgono fino al 31 marzo 1984.
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SAN SECONDO DI PINEROLO
(tutte appositamente numerate
e segnate su una mappa) ha prelevato il vino, quanto ne aveva
prima e quanto ne rimane dopo ; naturalmente se risulta qualche litro in meno lo si può
segnare nella voce « calo di lavorazione ». Su questo registro
deve ancora essere segnato la
natura del prodotto e il colore.
4“) Il produttore deve solo più
ricordarsi di denunciare le giacenze entro il 31.8 altrimenti non
potrà più vendere il vino dopo
questa data.
Come si vede chi produce migliaia di ettolitri o chi ne produce dieci è messo sullo stesso
piano, solo che le grandi aziende hanno impiegati e l’anziano
coltivatore delle nostre colline
no ed allora si scoraggia e toglie le viti.
Intanto il vino sofisticato continua a circolare, la eccessiva
burocratizzazione non serve a
mettere in galera i sofisticatori
ma serve a mettere ancora più
nei guai i piccoli vignaioli. Nell’anno del computer come è stato definito T84 e per mezzo della telematica, parola nata dalla
fusione tra telecomunicazione e
informatica, pare che premendo
un pulsante del nostro televisore (deve essere a colori) potremo conoscere quasi tutto ciò
che succede nel mondo, dagli orari dei treni ed aerei all’andamento dei prezzi all’oroscopo, ecc.
Speriamo che presto queste
cose servano anche per aiutare
la gente, es. a non aspettare sei
mesi una visita specialistica della mutua, a fare le code meno
lunghe agli sportelli e magari
anche a vendere con meno complicazione un po’ di vino...
Mauro Gardiol
VACCERA
Centro di
ossigenazione
La Cooperativa Turistica « Mount Servin » in collaborazione con la Comunità
Montana Val Pellice e 1 Comuni di Bricheraaio, Luserna S. Giovanni, Torre
Pellice promuove un incontro-dibattito
sul tema; « Primi passi per la creazione di un centro turistico di ossigenazione al Colle della Vaccera ».
Un caldo invito è rivolto agli operatori turistici, culturali, di associazioni
e gruppi sportivi con particolare riferimento agli interessi sportivi e naturalistici per analizzare ed Illustrare il programma della neonata cooperativa.
Poiché è un'iniziativa un po' nuova
per le nostre parti ed è scaturita dall'lmpegno dei valligiani del due versanti,
sarà oltremodo gradita la partecipazione di tutti coloro che hanno interesse
alla realizzazione del programma che
verrà presentato e che si compone dei
seguenti punti:
— Sci di fondo. Sci escursionismo. Sci
alpino;
— Strutture ricettive;
— Programma verde (da maggio a novembre), Escursionismo, Giardino
botanico.
Presenteranno e parteciperanno al
dibattito: Willi e Rolando Bertin, Albino
Pons. Giovanni B. Malvicini, Valdo Benech.
Onde favorire la massima partecipazione il dibattito sarà ripetuto secondo il seguente programma:
Bricherasio: giovedì 15 marzo ore 21
Salone Coniunale (Scuole Medie);
Torre Pellice: venerdì 16 marzo ore 21
Salone Comunale (Scuole Medie);
Luserna S. Giovanni: venerdì 23 marzo
ore 21 Booclodromo Comunale.
Saranno proiettate alcune diapositive
per illustrare il territorio.
11
Wj
16 marzo 1984
cronaca delleValli li
VAL GERMANASCA
Piccoli momenti di vita nella borgata
La borgata di Villasecca Inferiore si trova a metà strada fra
Perosa Argentina e Ferrerò, proprio sopra Chiotti, in una bellissima posizione, sempre baciata
dal sole (naturalmente se non
piove) pittoresca nel suo insieme con le case una vicina all’altra, una piccola piazzetta dove
nel centro troneggia una vecchia
fontana già un po’ acciaccata
dai tanti anni che porta, ma sempre canterina e allegra come la
più anziana dei suoi abitanti,
« Magno Idà » di anni 83 ma
sempre piena di vita e di allegria e con tanti ricordi; lei ricorda ogni niccola cosa accaduta
nella piccola borgata, il nome di
tutti coloro che non sono più e
che rivivono nella sua mente, gli
avvenimenti tristi e lieti accaduti in tanti anni sembrano accaduti ieri parlandone con lei.
Ma la piccola borgata non ha
solo la piazzetta con la fontana,
su quella piazzetta si erge senza
alcuna pretesa ma con tanta storia in sè, il Tempio, un Tempio
costruito nel lontano 1556, ed è
un po’ la vita di questo Tempio
che venne costruito dai padri
come un grido di fede, contro
coloro che tentavano con ogni
mezzo di troncare il movimento
'Valdese, che desidero narrare
perchè esso è caro a tutti coloro
che sono nella valle, esso fa narte eli tutti, questo edificio dicevo, è molto malato, le intemperie e gli anni lo hanno ridotto
un po’ male, per non dire molto
male, un no’ ner le difficoltà di
portare materiale a causa della
mancanza di strada, e un no’ di
più per la mancanza di « dindi »
ossia il vii denaro.
Già in passato, narlo di qualche decennio fa nel secolare salone (ed unico) oltre alla celebrazione del culto in date particolari, quali ad esempio il 17
Febbraio o in occasioni di visite
di altre comunità provenienti da
altri distretti, si è costruito un
piccolo ma vero palco per le recile, a Natale dei piccoli della
scuola domenicale, e il 17 febbraio per i giovani della filodrammatica, che ogni anno presentano delle commedie brillanti, per la gioia degli intervenuti,
ouest’anno con la costruzione
della strada sono state molte le
USL 42 - VALLI
CHISONE-GERMANASCA
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 81000 (Croce Verde).
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 18 MARZO 1984
Villar Perosa; FARMACIA DE PAOLI
Via Nazionale, 22 - Tel. 840707
Ambulanza:
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte: tei. 201454
USL 44- PINER0LE8E
(Distretto di Pinerolo)
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedalè Civil^).
Ambulanza:
Croce Verde Pinerolo: 22664,
USL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica;
Notturna: tei. 932433 (Ospedale Valdese).
Prefeetiva-festiva: tei. 90884 (Ospedale Maurlzlaiio]
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 18 MARZO 1984
Brteherasio: FARMACIA FERRARIS Via Vittorio Emanuele 83/4 ■ Tel.
59774.
Villar Penice: FARMACIA GAY Piazza Jervis - Tel. 930705.
Ambulanza:
Croce Rossa Torre Pellica; telefono 91.996.
presenze ed i giovani artisti (e
10 sono perchè ognuno dà il meglio di se stesso, ce la mette veramente tutta) hanno gioito doppiamente, sia perchè la commedia « Adamo, ovvero il sogno di
un impiegato di 5” categoria » ha
avuto nelle due rappresentazioni del 18 e 19 febbraio un grande successo (infatti sono stati richiesti per rannresentarla il 10
marzo a Pomaretto), sia perchè
11 ricavato delle offerte costituisce un piccolo fondo per le riparazioni del Tempio più urgenti.
Dobbiamo unirci in un sincero
ringraziamento per questi giovani che dopo una giornata di lavoro hanno studiato e provato
sotto la paziente e sapiente guida
della sig.a Wanda Rutigliano, per
preservare un bene comune, il
Tempio di Villasecca. Con l’aiuto di questi giovani e della strada, c’è la speranza che in questa
piccola borgata ricominci una
vita vera, non solo fatta di ricordi; il ritrovarsi, giovani, meno giovani e non più giovani insieme, le visite di altre comunità, di altre borgate, e ritornare
a parlarsi di tutte le piccole cose che ogni giórno'si avvicendano nella vita di ogni individuo.
Dobbiamo dare ai giovani l’opportunità di parlarci, anche con
una commedia che però rappresenta problemi sempre attuali.
Oggi che ogni attività soffre di
momenti di crisi spaventosa, e
anche le borgate come Villasecca hanno crisi di spopolamen
II tempio di Villasecca costruito nel 1556 subito dopo l’adesione
valdese alla Riforma è con quello di Frali il più antico della Val
San Martino, ora Val Germanasca.
to, di esodo in nassato verso le
città industriali, e con la quasi
totale mancanza di attività agricola, è un dovere per coloro che
hanno lasciato da anni le borgate e per i figli di questi, non
(iimenticare la terra, dei padri,
come non la dimenticano coloro
che ancor oggi vi abitano e vivono, di ricordi? Sì ma anche di
piccole realtà, oggi non ci si ritrova più a fare la calza nel tepore della stalla, o sulTaia nel
periodo della battitura del grano, ma anche qui a Villasecca
come altrove si nuò trovarsi insieme con affetto e simpatia.
SEPARATI
Caro OIretrtore,
Vorrei fare alcune considerazioni sulla condizione dei separati in genere:
1) Non trovo giusto che quando ci
si rivolge a una struttura sanitaria (consultorio, ospedale) venga chiesto lo
stato civile: dietro un apparente progresso a volte serpeggia li bigottismo,
gli « irregolari » partono svantaggiati.
Gli ammalati hanno tutti gli stessi diritti, devono essere curati con sollecitudine, lindiipendentemente dalle loro
scelte personali: medici e infermieri
non dovrebbero mai trasformarsi in giudici.
2) I lavoratori che si sposano beneficiano di 15 giorni di ferie: tale diritto dovrebbe estendersi per legge anche ai neo-separati. Dividersi è sempre stressante, sorgono numerosi problemi pratici e i figli, per quanto preparati, avrebbero bisogno di maggiori
attenzioni in un momento così delicato.
3) Negli ambienti chiusi, i separati
sono spesso oggetto di critiche, discriminazionii, dispetti, soprattutto se donne. Se la separata è madre, tutti si
aspettano che viva esclusivamente in
funzione della prole per il resto del
suoi giorni, guai se coltiva amicizie,
ambizioni, o se inizia un nuovo rapporto di coppia, passa per mamma snaturata. Nessuno chiede ai padri separati
gli stessi sacrifici senza senso. Bisogna addolcire questa mentalità: parlando apertamente dell'argomento, scrivendo ai giornali locali, denunciando chi
ci molesta o ci calunnia.
4) I parenti: non è facile far loro
capire che i separati non regrediscono
allo stato infantile, restano persone autonome, in grado di gestire la propria
esistenza. Sovente i clan dei due ex
entrano in conflitto: queste guerriglie
familiari non dovrebbero mai compromettere la serenità dei bimbi, non devono sentir criticare questo o quel genitore.
5) I figli dei separati sono bambini
come gii altri. Sovente all’asilo, a
scuola, nel quartiere, si fa risalire ogni
loro mancanza alla scelta dei genitori,
si pensa a loro come a potenziali disadattati; sono convinta che se la separazione avviene senza traumi, se i
genitori restano amici e II bambino li
frequenta entrambi liberamente, egli ha
le stesse possibilità di farsi strada nella vita dei figli delle coppie legali. E'
sbagliato inoltre compatire e viziare i
bambini delle coppie divise, devono sentirsi uguali ai coetanei.
6) Le convivenze, le nuove unioni:
sono una realtà da sempre, è tempo
che questa scelta sia riconosciuta, tutelata dalla legge, rispettata come ogni
altra.
Sarebbe interessante iniziare una discussione costruttiva su questi problemi, conoscere tanti pareri. Spero che
le mie affermazioni non abbiano urtato
la sensibilità di nessuno.
Edi Morini, Pomaretto
SENSO DI COLPA?
All’Eco delle Valli,
Desidero fare un commento alla lettera intitolata ,« Povero Eco » del 2 marzo 1984.
Quello che la lettrice o il lettore vuole è la fuga dalla realtà.
Ed, inoltre secondo me è afflitta/o
da un senso di colpa.
Mi ricordo di un paziente che sentiva « le voci che io accusavano ». Un
infermiere andò a trovarlo e gli disse: « sono un operatore della Provincia » (mica del diavolo) « non dia retta alle voci ».
Grazie dell’ospitalità.
Vittorio Scavino, Torino
NOVE BUCANEVE
Ancora era inverno / Ma già nel mio
giardino / Scoprii 1 primi fiori / Forse
nati al mattino, / E davanti al prodigio /Di questa nuova vita / Ancora
insonnolita, / Mi parve di sognare /
E domandai: « Chi siete? / Chi vi
diede un diadema / Color delia speranza? / Della neve ancora / Voi avete
l'impronta, / Ma sicuri annunziate: /
Vien primavera, viene! / Fiori dai manto bianco / Che sfidate la neve / Per
dirci qualcosa / Di bello, di nuovo, /
Diterhi chi siete, / Ditemelo pian
piano, / Come parlano 'i fiori, / Col
linguaggio del cuore / Oh, ditemi chi
siete, / Svelatemi il mistero! » / Sussurrano i fiori: / • Di Dio siamo un pensiero »1
Giulia Tron Roman, Torre Pelllcfi
fraternamente e trovare il momento per parlare, e ricordare.
Carla Bortuzzo
Pro Asilo Valdese
di Luserna San Giovanni
Doni pervenuti nel mese di febbraio '84
L. 5.000: Maiacrida Lidia (Como).
L. 10.000: Bersandi Emma; Reynaud
Lea (osp. Asilo); Abruzzese Fulvio (Roma); Del Pero Aldo, in mem. della moglie; Reynaud Lea (osp. Asilo).
L. 15.000; fiertin; Gaydou Buffa Mery, un fiore per Toscano Ines.
L. 20JI0O: Jahier Graziella; Malanot
Alliaud Anna, in mem. Sig.ra M. Gaeta;
In mem. di Gabello Elisabetta, il nipote Livio.
L. 25.000; Benech Ida e Guido, In
mem. di long Eugenio; Benech Ida e
Guido, in m. di Revel Andreon Luigia.
1. 30.000; Odin Olga Pons; Pons Edi;
Vittone Rosetta, in mem. dei suoi cari
morti; Morel Lidia, in mem. della madrina Pellegrin Lidia Silvia; Gianmarco
Salvatore, in mem, della sorella Giuseppina.
L. 50.000: Fenouil Arturo e Paulette,
in mem. dei loro genitori; In mem. del
fratello Guido e della sorella Paolina
Albarin, Paschetto Luigia col marito Enrico Margiunti; M. L. Munafè, in mem.
di Revel Clara (Volpiano) ; Bounous
Valdo, in mem. della moglie, dei genitori e dei fratelli; Hugon Rino e Bianca, ricordando la cara mamma di Valdo
e Lina; Livio e Dina, in mem, della
mamma di Lina Bertin; Paola e Malvina, in mem. del nonno; Unione Femminile di Angrogna, un piccolo segno di
solidarietà per il vostro lavoro.
L. 100.000: Unione Femminile di Vallecrosia, in mem. di Ottavia dalia e Lidia Gay; 21/2/'80, in mem, di Linette
Monastier; Leonarda e Consolo Bifano,
in mem. dei miei cari defunti; In mem.
di Gaydou Guido, la moglie e la figlia.
>L. 120.000: Le celleghe e i colieghi
di lavoro di Lina Bertin, in mem. delia
sua mamma,
L. 175.000: Lega Femminile Valdese
di Milano.
L. 200.000: Lina, in mem. della mamma.
L. 250.000: Roberto e Costanza Peyrot, in ricordo della mamma Emilia Albarin.
L. 300.000: Direzione e Maestranze
RiV-SKF di Villar Perosa porgono i loro auguri per un XVII febbraio in fraterna armonia.
L. 1.000.000: A. G. C.
L. 2.000.000: Elva e Enrico Durand
(ospiti Asilo); In mem. di Marta Ferrerò De Stefanis, la sorella Maria, con
viva riconoscenza.
L. 3.063.775: Evangetische Kirchengemeinde Buchschlag (Dreicich-Germania).
Errata Corrige: Sul n. 9 del 2 marzo
al pósto di: ■ L. 50.000, Ayassot Alilo
Emilia in memoria di Lilly, Emma ed
Emilia > leggasi: « L. 50.000, Emma ed
Emilia in memoria di Lilly ».
RINGRAZIAMENTO
cc L’Eterno è la mia luce e la
mia salvezza ».
(Salmo 27: 1)
I familiaTÌ del caro compdanto
Roberto Bertalot
di anni 65
riconoscenti ringraziano commossi tutte le gentili persone che in qualsiasi
modo hanno voluto dimostrare la loro
simpatia.
Un sentito grazie in particolare al
pastore Thomas Noffke, al medico curante dottor Bertolino e a tutta l’équipe
dell’Ospedale Valdese di Pomaretto, ai
vicini di casa, ai coscritti ed a tutte le
persone intervenute al funerale.
Pramollo, 3 marzo 1984.
« Venite a me, voi tutti che
siete travagliati ed aggravati, e
io vi darò riposo ».
(Matteo 11: 28).
I familiari del compianto
Oreste Pascal
ringraziano tutti coloro che con la partecipazione ai funerali, con scritti e
con parole di conforto, sono stati loro
vicini nella triste circostanza.
Un ringraziamento particolare ai vicini di casa per il continuo aiuto prestato.
Frali, 22 febbraio 1984.
(c Sia che viviamo, sia che
moriamo noi siamo del Signo^
re » (Romani 14: 8).
In piena fiducia nel Signore è mancato ' ‘
Ermanno Rostan
pastore valdese
Con il suo stesso amore e la sua stessa speranza lo ricordano la moglie Elsa,
i figli Paola con Ezio, Silvia ed Elena,
Marco con Roberta e Davide, Daniele
con Silvia, le sorelle Livietta, Amìlda
e Nelly e i familiari tutti.
Pinerolo, 10 marzo 1984.
La redazione delPEco-Luce e i tipografi della Subalpina esprimono a Marco Rostan, collega e amico, e alla sua
famiglia la loro solidarietà per la perdita del padre, pastore Ermanno Rostan. Si stringono affettuosamente intorno a tutti i familiari di un uomo
che ha dato moltissimo alla chiesa e
all’« Eco delle Valli Valdesi » di cui è
stato direttore.
Uccio e Mirella Cossi Jahier hanno
il conforto delle ultime ore felici passate con il caro amico
Ermanno Rostan
dì cui ammirano la testimonianza di
fede, di vita e di amore e si stringono
ad Elsa ed ai suoi con Cristina, Silvia
ed Elena.
Luserna S. Giovanni, 12 marzo 1984.
Tutte le amiche delFTWCA-UCDG
partecipano al lutto della famiglia ricordando la fede e le attività per l’Associazione della loro Vice Presidente
nazionale
Elsa ReveI Abate
RINGRAZIAMENTO
« Dio e amore ».
(1 Giovanni 4: 16)
Domenico Abate con i figli VaMo,
Sergio, Mirella e i loro figlioletti, nelTimpossibilità di farlo singolarmente,
ringraziano quanti con la loro presenza, i messaggi e le espressioni di solidarietà hanno preso cristianamente
parte al loro dolore durante il periodo
di malattia e sono stati vicini nell’estremo saluto alla loro cara
Elsa ReveI in Abate
In particolare ringraziano il Primario, Prof. Giovanni Buzzi, e tutta l’équipe della ■ divisioné chirurgica dell’Ospedale Civile di Pinerolo; i pastori Carlo Gay, . Giorgio Tourn e Severino Zotta; le visitatrici ospedaliere della Comunità Valdese di Pinerolo; le
affezionate .amiche unioniste delle UCDGYWCA e dei Foyer d’Italia; l’organista M.o Ferruccio Corsani.
Esprimono un vivo ringraziamento
alla signorina Erica Avondetto che, da
quasi quarant’anni in casa Abate, è
stata vicina alla loro congiunta, curandola e assistendola con ammirevole dedizione.
Eventuali offerte in memoria : per
rUCDG - Foyer Villa Elisa - Torre
Pellice, o per la Facoltà Valdese di Teologia - Via P. Cossa 42 - Roma. '
Torre Pellice, 12 marzo* 1984. ;
12
12 uomo e società
1
16 marzo 1984
A60_^NI dalla « DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DEL BAMBINO »
Linferno dei bambini
Sessant anni fa, il 28 febbraio 1924, l’Unione internazioverso i fanciulli ha pubblicato il testo della
« tc taraztone dei Diritti del bambino » che verrà successivamenie adoiiam — il 26 settembre dello stesso anno — dalla
fionfflJtI^1n\nn°'^^'J^ ^^SUito, l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) subentrata alla predetta Società, adotterà
un testo allargato, attualmente in vigore.
A sessant anni di distanza, come si presenta oggi la silezione dei bambini nel mondo (a prescindere dal terribile
dato di fatto, recentemente ancora ricordato nel discorso di
mLiZTdn^ quotidianamente ne
muoiono 40 mila al giorno di stenti e di fame)? Il giornale
Geneve del 29 dicembre scorso fa il punto della
Lejeune, segretario gene^^¡f^>^PZtonale per la protezione dell’infanzia, e di CUI qui sotto riportiamo ampi stralci.
r. p.
mente soddisfatta. Nella stessa
sera entrano nell’inferno con esseri immondi... Così per Dolores, portata da Asunción a New
York; così per Pedro; così per
Maria che, mentre verrà assogvìzie, di
Gianluca, sei anni, lancia un
urlo di terrore. Suo padre si sta
slacciando il cinturone. I colpì
si abbattono sul bimbo, che aveva inavvertitamente rotto il bricco del caffè. Terminata la scarica di cinghiate, il piccolo singhiozza, steso in un angolo della cucina. Il suo corpo è tutto
un fuoco. Sulla coscia, la fibbia
del cinturone ha impresso un
rnarchio rosso, vicino a quello,
già annerito, della domenica
t precedente...
^ Diana, quattro anni, ha di nuovo « sporcato » le mutandine.
Sua madre, stanca dopo una
giornata di lavoro alTufficio, l’aveva appena cambiata. Con un
gesto rabbioso, immerge il sederino dèlia bimba nell’acqua
bollente. Diana urla di dolore.
Silverio, otto anni, viene portato d’urgenza al pronto soccorso dall’assistente sociale. Ha le
labbra tumefatte, degli ematomi attorno agli occhi, un’emorragia della retina e presenta tracce di bruciature di sigaretta sulle braccia. Era rientrato un po’
in ritardo a casa. Suo padre, dopo un pranzo innaffiato da tre
aperitivi e da un litro di rosso,
ha ammesso dì averlo « fatto
ballare ».
Isabella, dodici anni, è in coma all’ospedale. Tentativo di
suicidio. Vittima di sevizie sessuali familiari e violentata diverse volte, ha deciso di por fine
alla sua vita d’inferno.
« L'Eco delle Valli Valdesi ■: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175.
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Giorgio GardioI, Marcella Gay, Adriano Longo, Claudio H. Martelli,
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rot, Giuseppe Platone, Marco Rostan, Mirella Scorsoneili, Liliana Vigllelmo.
Direttore Responsabile;
FRANCO GIAMPiCCOLI
Redazione e Amministrazione: Via
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lidarlatà». Via Pio V. 15 • Torino.
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i Subalpina - Torre Pellice (Torino)
L’inferno; è ciò che viene eonoseiuto da più del tre per cento
dei bambini nei paesi industrializzati. Migliaia di bimbi ne vengono segnati a vita. Altre migliaia ne muoiono. Non passano
dieci minuti senza che, in qualche parte del mondo, un bambino non sia torturato o picchiato a morte. E questo succede anche in paesi come la Francia, la
Germania, la Gran Bretagna. Negli Stati Uniti sono oltre diecimila i bimbi martirizzati in un
anno.
May-Lou, otto anni, è appena
stata venduta, per venti dollari
(poco più di 30 mila lire) a un
mediatore dai suoi genitori, poveri contadini del sud-est della
Tailandia. Con altre due compagne fa il viaggio in treno fino
a Bangkok. Segue un viaggio in
macchina, in mezzo ad un oceano di luci assieme ad una donna daH’aria straniera. Le tre
bimbe entrano in una casa dal
lusso inaudito. Una signora anziana le accoglie con aria viva
gettata ad indicibili sevizie, mventerà nello stesso tempo la
« protagonista » di una videocassetta che darà grossi utili.
Successivamente questo corpicino torturato verrà affidato alle
mani di un chirurgo di Miami...
Occorre fermare questi massacri, uno dei più ignobili sulla
terra. Non basta che l’ONU ed
i governi protestino quando si
impicca in Sud Africa, si fucila
a Santiago o si « giustizia » a
Kabul o a Teheran. Occorre che
si interessino al tragico destino
di un’infanzia che fornisce, ad
ogni istante del giorno e della
notte, una moltitudine di vittime agli insaziabili Baal e Moloch del nostro tempo.
C’è una prima iniziativa in
corso: l’ex ambasciatore francese a Ginevra, Laurent, ha presentato al Consiglio sociale ed
economico delle Nazioni Unite
un rapporto sulla tratta delle
donne e dei bambini. Nella parte conclusiva, questo rapporto
propone di reprimere molto severamente lo sfrattamento sessuale dei bambini ed il commercio pomografico dei minori. (Questo testo non deve rimanere lettera morta. Occorre che le Nazioni Unite, attraverso la sezione per i diritti umani, ne facciano uno stmmento d’azione permanente. Questi atroci abusi costituiscono infatti la negazione
dei più elementari diritti di questi membri più disarmati della
società.
In breve
VEROLENGO
Nella seduta consiliare del 3
febbraio, l’Amministrazione Comunale di Verolengo ha dichiarato (con 14 voti favorevoli, 2
contrari ed 1 astenuto) il proprio
territorio zona denuclearizzata.
Con questo atto di sensibilità il
Comune di Verolengo va ad ingrossare, la fila di quei centri che,
a partire dal novembre dell’Sl
con la delibera di Robassomero,
in provincia di Torino, si sono
dichiarati « nuclear free zone »,
zona libera da insediamenti nucleari. La delibera in questione
vieta infatti l’installazione di missili e di centrali atomiche su
quella porzione di territorio popolato da circa 4.(X)0 abitanti e
situato a metà strada fra Chivasso e Crescentino sulla sponda
sinistra del Po, a meno di 25 Km.
da Trino Vercellese sul cui territorio si trova una centrale termonucleare.
da questi intenti, deve essere solo il primo passo da compiere
per tentare la costruzione di una
nuova cultura della pace e del
disarmo, per una diversa qualità
della vita che veda, davanti a
tutto, la volontà di vita e di autodeterminazione dei popoli.
Il Comitato per la pace e il disarmo di Chivasso e zona 39 è a
disposizione di coloro che vogliono ricevere il testo della delibera di Verolengo denuclearizzata e
per qualsiasi altra forma di collaborazione. Per contatti: Comitato Pace e Disarmo Chivasso
c/o Chiesa Valdese, via Ivrea 8,
10034 Chivasso (To). Tel. 9187555 9187804 - 9109904 (Oli).
CHIESA DI CRISTO
Con questa decisione, infatti,
si vuole evidenziare la stretta
connessione fra nucleare militare e civile, dal momento che entrambi hanno gli stessi problemi di radiazioni e contaminazione del territorio; basti pensare
all’irrisolto problema delle scorie radioattive per almeno 24.000
3nni o, come nel caso delle centrali italiane, alla mancanza di
piani di emergenza credibili. Senza contare che, in caso di conflitto, l’insediamento di una centrale nucleare potrebbe diventare occasione di attacchi missilistici: la centrale di Trino colpita
da un missile creerebbe terra
bruciata per uno spazio paragonabile all’estensione di un quarto
della Germania Federale.
La decisione del comune di Verolengo va vista dunque in questi molteplici aspetti, con la convinzione, comunque, che una delibera di questo genere, mossa
L’« Ufficio per la Chiesa nella
Società », l’organismo della Chiesa di Cristo negli Stati Uniti che
coordina il lavoro per la pace
secondo le linee indicate dal Sinodo generale di questa chiesa
nel 1981, ha fatto conoscere una
risoluzione del proprio Comitato
direttivo intitolata «Affermazione di unità con i cristiani nel
mondo intero che sì oppongono
allo spiegamento dèi missili’ statunitensi nucleari in Europa ».
Nel documento, dopo aver fatto
riferimento all’oblDedienza a Cristo il Signore che chiama ad opporsi alle forze di distruzione
che potrebbero annientare la vita umana sulla terra e all’appello
indirizzato a suo tempo dal Sinodo della Chiesa di Cristo al
governo degli USA contro lo spiegamento dei missili Cruise e
Pershing in Europa, si esprime
unità con i cristiani che all’est
e all’ovest si oppongono alle armi nucleari e solidarietà con loro « condividendo la loro angoscia e il loro timore e unendoci
con loro nel lavoro per la pace ».
INIZIATIVE IN GIAPPONE
Un mare di pace
Su iniziativa di im gruppo di
professori universitari giapponesi raccoltisi attorno al Prof. K.
Miyamoto deH’Università di Osaka, è stato lanciato il progetto
di un simposio sui seguenti temi:
1) Gli scambi culturali nell’antichità nell’area del Mar del
Giappone;
2) I problemi deU’urbanesimo
nel settore delle scienze naturali.
L’iniziativa non avrebbe di per
sé grande interesse se non prevedesse però la partecipazione di
scienziati, uomini di cultura ed
anche politici dei Paesi affacciantisi su questo mare: Unione Sovietica, Cina, le due Coree, il
Giappone.
Appare così evidente il rilievo
e l’importanza del simposio, il
cui svolgimento è previsto per il
prossimo mese di settembre nella città giapponese di Kanazawa,
prospiciente appunto il Mar del
Giappone.
Questo mare può essere considerato lui piccolo Mediterraneo
asiatico, con il suo trascorso
storico e le attuali tensioni e
problemi. Qui passa la linea di
demarcazione asiatica fra mondo
comunista e mondo occidentale.
In quest’area si dibatte ancora
tra URSS e Giappone la questione annosa dei diritti di pesca;
qui di recente si è accentrata la
attenzione mondiale a seguito
dell’abbattimento del Jumbo delle linee aeree della Corea del
Sud; qui si sono avuti i riflessi
dell’attentato di Rangoon con un
inasprimento della tensione fra
le due Coree; questo mare inflne, secondo i piani strategici nippo-americani, dovrebbe diventare, in caso di attacco comunista,
la trappola della flotta sovietica.
Ha dichiarato il Prof. Miyamoto: « La tensione nel Mar del
Giappone non fa che aumentare. Lo studio di comuni problemi può aprire la strada a migliori rapporti. Sarebbe un ottimo risultato se comprendessimo che nelTantichità il Mar del
Giappone era un mare di pace ».
La finalità del simposio è stata infatti riassunta nel motto
« Da un mare che -divide ad un
mare che unisce ».
Tale iniziativa, va notato, è in
netto contrasto non solo con la
realtà effettiva, che vuol cercare
di superare, ma con la stessa politica del secondo governo Nakasone. Quest’ultimo, malgrado
la secca sconfìtta subita nelle
elezioni del 19 dicembre scorso,
giustificata dallo stesso per altro
con l’incomprensione degli elettori del suo giusto operato, ha
ripreso in toto la politica Ano a
quel momento seguita, soprattutto nell’aderire alle ripetute
insistenti richieste delTamministrazione americana di un massiccio riarmo. Il bilancio preventivo per l’anno fiscale ’84/’85, che
il governo presenterà al Parlamento e che verrà approvato pro
babilmente senza sostanziali modifiche, e che presenta un aumento del solo 0,5% rispetto all’anno precedente, prevede un incremento delle spese militari del
6,55%, massimo storico dal dopoguerra, per un importo pari allo 0,991% del PNL, ormai a ridosso quindi del limite dell’1%
autoimpostosi dal Giappone,
strenuamente difeso dalle opposizioni, nonché limite psicologicamente rilevante per gli elettori.
Un accelerato e continuo riarmo del Paese non porterà anche
ad accettare armi atomiche sul
proprio territorio? E’ quanto temono anche le Chiese che hanno iniziato -di recente a studiare
il problema anche per definire
una linea d’azione.
E’ nota l’allergia, il sospetto cutaneo del popolo giapponese per
l’atomo, ma sia per la rassegnazione che caratterizza l’elettorato (le -elezioni del 19 dicembre
u.s. hanno segnato il record storico del 37% di astensioni dal
voto) sia per la frattura tra potere politico e cittadini, un riarmo nucleare non è affatto improbabile. D’altronde gli USA stessi
hanno indirettamente ed involontariamente confermato che in
passato armi nucleari sono state introdotte nel Paese senza previa -consultazione con le autorità locali per ottenerne il consenso, contrariamente agli accordi
esistenti. Dal « Dictionary of American Naval Pighting Ships »
recentemente pubblicato dal dipartimento della marina militare, risulta infatti che tra il 1959
ed il 1964 due sottomarini con
arniamento nucleare, il Growler
ed il Grayback, -al termine di
« deterrent mission patrols » hanno fatto -scalo alla base navale
di Yokosuka, vicino a Tokyo. La
notizia è stata smentita -con imbarazzo e con alcuni giorni di ritardo dalle autorità dei due Paesi, ma la fiducia nei confronti degli USA ha subito indubbiamente una incrinatura. In questa situazione -di crescente tensione
sulla linea estremo-orientale -di
contatto fra i -due blocchi, una
iniziativa quale quella riportata
in apertura non può essere che
benvenuta. Ci auguriamo una
larga partecipazione da tutti i
Paesi rivieraschi ed un buon successo non solo dei lavori ma dello spirito che dovrà informare
gli stessi, per riflettersi successivamente nei rapporti fra i vari
Paesi. Uno spirito di collaborazione, di risj>etto e di riconoscimento reciproco.
Sarebbe auspicabile una analoga iniziativa nel Mediterraneo,
anche se i Paesi interessati sono
molto più numerosi, essendo questa una via senza dubbio più efficace per risolvere i problemi di
quest’area, rispetto a quella rappresentata da bombardamenti
navali ed incursioni aeree.
Carlo Vicari
Contro la fame in Eritrea
Nell’articolo: Eritrea, un paese dimenticato, apparso su
La Luce, n. 6, anno 74, del 10 febbraio 19^, Bruno Tron chiedeva che anche le nostre chiese partecipassero alla raccolta
di fondi per le popolazioni eritree colpite dalla fame.
La Redazione del giornale, in risposta a questo appello,
indice una sottoscrizione tramite il Fondo di solidarietà.
I fondi raccolti saranno avviati a destinazione tramite la
Missione Evangelica Svedese che già da tempo è impegnata
in una attività di soccorsi in Eritrea e ha osservatori il cui
rapporto sarà fatto pervenire alla nostra Redazione, che si
farà carico di renderlo noto ai lettori del giornale.
Chiediamo ai lettori di pubblicizzare al massimo questa
iniziativa anche al di fuori delle nostre comunità.
I fondi vanno inviati a : « La Luce - Pondo di solidarietà »,
via S. Pio V, n. 15, 10125 Torino, versandoli sul c.c.p. 11234101
specificando la causale.
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