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Anno 125 > n. 6
10 febbraio 1989
L. 900
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a : casella postale - 10066 Torre Pellice
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Punti
di vista
PREOCCUPANTI INTERROGATIVI PER IL FUTURO DELL’AFGHANISTAN
Ma Kabul non è Saigon
Le nostre chiese, quest’anno,
sono chiamate ancora una volta a ricordare un remoto episodio della storia europea del Seicento: il ritorno dei valdesi, nel
1689, alle terre dalle quali erano
stati cacciati tre anni prima ed
U loro confronto con l’esercito
dello stato allora più potente ed
aggressivo, la Francia di Luigi
XIV.
E’ stato questo, anche, uno degli ultimi atti delle guerre di religione. Al di fuori della logica
e della ragione prevalente —
per cui soltanto con la forza di
eserciti ben organizzati e ben
addestrati si mutavano le sorti
degli stati europei — un pugno
di valligiani, certo con qualche
aiuto da parte dell’Europa protestante, ma anche con la convinzione incroUabile di aver diritto alla libera professione della propria fede e alle proprie terte, cioè all’eredità dei propri padri (« les héritages que nos pères nous laissent de tout temps»),
riuscì a tener in scacco eserciti
agguerriti. Contrapponendo alla
perfetta e gerarchicamente ben
organizzata macchina bellica
delle milizie del maresciallo di
Francia Catinai un piccolo manipolo che eleggeva democraticamente i propri capitani e che
prima di andare a combattere
. si raccoglieva in assemblea e pregava « il Signore degli eserciti »,
i valdesi del « glorioso rimpatrio » hanno dato a questo episodio un valore simbolico.
Le nostre chiese si trovano
oggi a discutere che cosa significhi per noi, dopo trecento anni,
questo episodio.
Nella discussione si sono delineate due posizioni: l’una sostiene che ricordare è bene, ma
senza fare apologie e glorificazioni, soprattutto nella convinzione che la nostra identità cristiana può fare a meno della
storia, perché «la nostra identità è Cristo e non l’appartenenza ad una comunità storica»;
l’altra invece dice che, se il nostro passato ci appartiene, « noi
siamo il nostro passato, non ne
possiamo prescindere » e, dunque, studiare e ripensare il nostro passato è un modo per riflettere su noi stessi. La dimensione storica della nostra identità è dunque quella che ci può
dare uno spessore anche teologico, per non cadere dal «sola
Scriptura » nel fondamentalismo
o nell’apologetica cristiana.
Questo centenario non vorrebbe dunque essere né una celebrazione delle glorie patrie, né
tanto meno la glorificazione di
una storia di uomini identificata con il ’’piano di Dio”.
Vorrebbe invece essere, almeno per molti di noi, una riflessione storica in cui si ricerchi
che cosa oggi possono ancora
dirci quei contadini e soldati
che, pur figli violenti e sanguinari di un’epoca violenta e sanguinaria (ma certo non più della nostra), sapevano tuttavia dire, come Henri Amaud: «Qui
abbiamo visto che Dio ha fatto
tutta l’impresa. A lui solo sia per
sempre tutta la gloria. E questo ci insegna che Dio fa sempre grandi cose per mezzo di
minimi strumenti».
Susanna Peyronel Rambaldl
La latitanza (della diplomazia internazionale di fronte
che - Quali i veri motivi alla base dell’invasione?
alla partenza delle truppe sovietiUna società che resterà dilaniata
Un anno fa, l’8 febbraio 1988,
Gorbaciov proclamava, in un appello rivolto al popolo sovietico
a Tashkent, la volontà dell’URSS
di ritirare le proprie truppe dall’Afghanistan. In aprile seguiva
poi la firma dell’accordo di Ginevra tra Afghanistan e Pakistan, con il concorso di Stati
Uniti e Unione Sovietica. L’accordo poneva le basi per la fine dell’invasione sovietica e per
favorire un « accordo tra .afghani » (ma a Ginevra non c’erano
i moujahedin). Inoltre impegnava i contraenti a rispettare la
tregua militare e gli Stati Uniti
e l'Unione Sovietica a non rifornire più di armi i belligeranti.
Tutto questo naturalmente sotto l’egida deirONU, al quale la
diplomazia estera sovietica ha
spesso fatto ricorso, e che Gorbaciov vuol portare a svolgere
un ruolo primario sulla scena
politica mondiale.
Nell’agosto dello scorso anno
i primi reparti dell’Armata Rossa cominciarono* ad abbandonare l’Afghanistan. Ma già nell’ottobre ’88 il ministro degli esteri
sovietico, E. Shevardnaze, minacciò di bloccare il ritiro delle
truppe e di rinviare il termine
dato a Ginevra per il ritiro definitivo dell’Armata Rossa, se
l’ONU non avesse inviato i suoi
osservatori in Afghanistan. Di
fronte alle ripetute offensive dei
moujahedin TONU doveva garantire il ritiro sovietico e avviare
le trattative.
La data fissata a Ginevra per
il ritiro definitivo era quella del
prossimo 15 febbraio, ma le truppe sovietiche hanno iniziato già
10 scorso 31 gennaio ad abbandonare l’Afghanistan. La tregua
prevista dagli accordi non è stata rispettata e i combattimenti
tra le truppe so-vietico*afghane
e i moujahedin, sulla strada di
Salang, si susseguono, provocando vittime anche tra la popolazione civile, come ha confermato un portavoce governativo sovietico.
Da più parti si rileva ormai
la completa mancanza delTintervento della diplomazia internazionale che, anzi, con l’abbandono delle ambasciate non fa che
sottolineare le proprie dimissioni di fronte al dramma afghano.
11 Washington Post, lamentando
come gli Stati Uniti, con la nuova amministrazione Bush, rimangano « senza una linea sull’Afghanistan », rafforza Timpressione che TUnione Sovietica sia ormai lasciata sola, con l’appoggio
però deirONU che non abbandona Kabul, a fronteggiare le conseguenze della decisione di invadere TAfghanistan, nel 1979.
L’invasione dell’Afghanistan
rappresentò per l’Unione Sovietica la prima guerra dopo il secondo conflitto mondiale. I motivi che spinsero Mosca a questo passo furono evidentemente
molteplici, e sono difficili da individuare, ma non si trattò certo dell’applicazione della teoria
degli strateghi del Pentagono,
secondo i quali l’Unione Sovietica tenderebbe al dominio della
fascia settentrionale del Medio
Oriente, per guadagnare l’accesso all’Oceano Indiano e ai giacimenti di petrolio. Attraversare l’Iran, per raggiungere il Gol
fo Persico, comporterebbe un
prezzo troppo alto in rapporto
ai risultati. Inoltre TURSS non
è dipendente dal petrolio, né dal
gas mediorientali e non lo sarà
né a breve, né a medio termine.
Poco probabile anche che la larga presenza di comunità musulmane nelle repubbliche meridionali delTUnione Sovietica sia stata la molla che ha lanciato l’Armata Rossa verso il sud, a contrastare il fanatismo dei movimenti islamici iraniani che avrebbe potuto contagiare la popolazione musulmana sovietica.
Sono vari i motivi per cui si
ritiene improbabile che la rivoluzione iraniana possa essere seguita da fatti analoghi nelle repubbliche meridionali dell’URSS,
fra questi il fatto che non ci sono state proteste da parte dei
musulmani sovietici all’invasione dell’Afghanistan.
Probabilmente la decisione di
dare il via all'invasione fu presa essqpzialmente per difendere
il partito filo-sovietico al potere,
minacciato dall’opposizione interna. Le modalità dell’intervento furono quelle ereditate dall’espansionismo zarista, tendenti
comunque a privilegiare la soluzione di forza per risolvere una
questione ritenuta importante
per il contenimento dei conflitti nazionali. Alcuni esperti ritengono che l’invasione sarebbe
stata inoltre favorita da un clima internazionale già abbondantemente deteriorato in seguito
alla doppia decisione della NATO
del dicembre 1979 e alla mancata ratifica del trattato Salt 2 da
parte del Congresso statrmitense.
IL CIECO DI GERICO
lo lo curavo, Dio lo guariva
« ...gli fecero sapere che passava Gesù il Nazareno. Allora egli gridò: Gesù, flgliol di Davide,
abbi pietà di me! » (Luca 18: 37-38).
Quando pensiamo a Gerico, pensiamo ad una
cittadina piena di sole, di palme, ulivi, fichi. Città
di passaggio di carovane e di commercio, è piena
di gente che va e viene. E, come tutti i luoghi
di passaggio, passano anche le notizie. L’Evange
10 di Luca riferisce la notizia del giorno: il Figliuol dell'uomo sta salendo verso Gerusalemme,
accompagnato dai .suoi discepoli. Gesù passa con
11 suo destino: va alla città santa per esservi umiliato e distrutto dalla malvagità umana. A rigor
di logica, egli non ha tempo di fermarsi né di essere fermato. Ma la strada che egli sta percorrendo non è vuota: vi è un cieco. E anche lui
viene a sapere che Gesù di Nazareth sta passando.
Sono inutili i tentativi d’impedire che Gesù sia
disturbato e fermato. Ancora una volta Gesù non
è soltanto una voce. E’ un uomo, che ascolta la
voce di altri uomini. Non conosceremo la storia,
le sofferenze, le solitudini del cieco: è un uomo
segnato dal dolore. Un uomo che « gridava sempre più forte: Figliuol di Davide, abbi pietà di me ».
E’ un grido di angoscia, ma ancora di più: è grido di speranza. E' predicazione valida per lui,
per la gente: è proclamazione di colui che Israele
aspettava e che Israele aspetta ancora.
Così si attua l'incontro, il dialogo, non un fatto taumaturgico. Breve, ma decisivo è il colloquio:
Kabul, come Saigon: il parallelo ricorre più volte sulla stampa italiana di questi giorni. In
realtà, il respiro dei due avvenimenti ci appare assai diverso.
Con gli elicotteri di « Apocalypse Now » se ne andava dall’Estremo Oriente Tinterventismo
statunitense nel Terzo Mondo,
sotto la spinta di un'opinione
pubblica non tanto pacifiista
quanto isolazionista. Nella storica altalena tra orgoglio nazionale e volontà di non rimanere
coinvolti nei guai altrui, prevaleva allora la seconda tendenza.
Ma già verso la fine degli anm
’70, in coincidenza col venir meno del principale alleato degli
USA in una regione d’importanza
18 FEBBRAIO
ROMA
Tempio di piazza Cavour
ore 16
Le chiese evangeUche manifestano la loro protesta contro la recrudescenza dello spirito confessionale e costantiniano per quanto riguarda
l’insegnamento della religione
cattolica nella scuola pubblica.
La redazione di questo giornale si associa alla protesta.
« Che vuoi che io ti faccia? » e libera è la risposta:
« Signore, che io ricuperi la vista. E Gesù gli disse:
Ricupera la vista; la tua fede ti ha salvato». Il colloquio rivela una realtà profonda. Non siamo davanti al « miracolo », se non collegato alla fede. Vi
è miracolo, inteso come una novità, che discende
dall’alto; ma è risposta alla problematica non intellettualistica ma esistenziale. Gesù non passa accanto, come il sacerdote della parabola del samaritano. Egli è il Buon Samaritano.
Nessuno di noi potrà con indifferenza pensare
al medico, all’infermiere, all’amico che si ferma
con te, parla con te, ti scruta, ti diagnostica, ti
guarisce. Per gli uni e per gli altri vale la parola
del medico Ambroise Paré: « Io lo curavo, Dio lo
guariva ».
L’evangelista Luca racconta e commenta: « E
in quell’istante ricuperò la vista e lo seguiva glorificando Iddio; e tutto il popolo, veduto ciò, diede lode a Dio ». La guarigione, la salvezza non
sono fatti individuali. Nel cieco di Gerico noi vediamo la caduta di una barriera, la fine di una
angoscia, l’inizio di una vita nuova: è una tappa
sul percorso che mena alla pienezza, della liberazione. Vale la ¡pena che un popolo riconosca il suo
Signore e trasformi la sua ricerca nella confessione della sua gloria.
« Gioiscano e si rallegrino in te tutti quelli
che ti cercano; e quelli che amano la tua salvezza
dicano del continuo: Dio sia magnificato! ».
Carlo Gay
economica e strategica per l’Occidente, come quella mediorientale, l’Iran di Reza Pahlevi, l’altalena riprendeva ad oscillare
verso Tinterventismo.
Forse è soltanto il frutto del
nostro desiderio, ma ci piace
pensare che l’uscita delTUnione
Sovietica dall'Afghanistan rappresenti un mutainento ben più
profondo nella politica estera e
nella politica militare della seconda potenza del mondo, politiche che, come già abbiamo accennato, non subivano mutamenti sostanziali fin dai tempi della
Russia zarista.
D’altra parte, TAfghanistan
« orfano » delle truppe d’occupazione sovietiche si prefigura come una società umana ancora
più dilaniata e conflittuale, ancor più lontana da ogni tipo di
« pace », quanto non fosse il
Vietnam al l'indomani del giugno
1975. Cosa sarà dell’Afghanistan?
Quale delle componenti religiose, sociali, ideologiche del paese, finora represse dalla potenza
militare sovietica, finirà per prevalere? E a quale prezzo?
La nostra speranza è che il
nuovo corso inaugurato da Gorbaciov contribuisca nel futuro a
risparmiare ai popoli della terra
domande terribili come queste.
Bruno Gabrielli
Paolo Tognina
2
commenti e dibattiti
10 febbraio 1989
I PASTORI
EMERITI
Caro direttore,
rispondo alla lettera di Guido Pasquet di Torre Peilice « i pastori emeriti » (n. dei 27.1.’89) in quanto presidente del corpo pastorale.
Di esso fanno parte con voto de-.
liberativo tutti i pastori, tanto in attività di servizio, quanto emeriti.
Del Sinodo fanno parte tutti i pastori emeriti con voce consultiva. E’
quindi in quelie sedi che l'apporto della loro esperienza sui vari problemi
in discussione, spesso altamente significativo, ha ia possibilità di essere
offerto anche se, ho l'impressione,
spesso gli emeriti si trattengono dall'intervenire sentendosi ormai • fuori
gioco >.
Così non è, e sta alla chiesa tutta
— corpo pastorale e Sinodo compresi
— far loro sentire che il loto apporto
non è solo previsto daii'ordinamento
ma atteso daiia chiesa. Uno spazio a
parte, prima del Sinodo, previsto per
udire ii parere degli emeriti sui problemi deiia chiesa sarebbe invece fuori dai nostro ordinamento e contribuirebbe in fondo a chiuderli in un ghetto. E' tuttavia una buona idea quella
di avere una riunione presinodale degli
emeriti per un incontro fraterno e un
dialogo sullo status dell'emerito.
Per questo sono pienamente disponibile.
Un cordiale saluto.
Franco Giiunpiccoli,
moderatore della Tavola valdese
BATTESIMO
AUTOGESTITO:
PERCHE’?
Spettabile redazione,
ho letto ieri sera, sui n. 4 del giornale, ia notizia del battesimo • autogestito » da una coppia interconfessionale.
Sono rimasta fortemente perpiessa
e un po' sbalordita.
Possibile che ai due battezzatori non
sia balenata l'opportunità di una soluzione tanto più semplice e forse
molto più seria?
Non potevano i due coniugi • limitarsi • a testimoniare le proprie convinzioni al bambino, a parole e con i
i fatti, intercedendo nella preghiera
presso il Signore perché gli conceda
il dono della fede?
Non potevano lasciare al figlio
giunto In età adulta la possibilità di
chiedere il battesimo, vivendo consapevolmente la propria scelta?
Uliveto
L'Uliveto, in vista di
eventuali assunzioni, comunica che, chi fosse interessato a lavorare con
portatori di handicap,
può presentare domanda
entro, e non oltre, il
28.2.1989 purché abbia i
seguenti requisiti:
— Diploma di scuola media superiore;
— sei mesi d’esperienza
nel settore socio assistenziale,
oppure:
— Diploma di educatore
specializzato;
— età 18/40 anni.
Domanda in carta libera
corredata da curriculum
vitae.
Per informazioni rivolgersi a: « Uliveto » Istituto medico pedagogico 10062 Luserna S. Giovanni
(To) - Strada Vecchia di S.
Giovanni, 93 - Tel. 0121/
900253.
Poi mi chiedo; ,« D'accordo, l'hanno
battezzato in proprio, tra la gioia di
parenti ed amici, ma adesso cosa succede? Quale comunità può riconoscere questa pratica?
Patrizia Mathieu, Torino
UNA BREVE
REPLICA
Gentilissimo Direttore,
mi consenta una replica brevissima.
Ammettiamo pure che il sig. Gorbaciov, in fondo al suo cuore, sia ispirato alla pace dalla grazia di Dio. Vorrei però che qualcuno mi spiegasse
perché costui, cosi trasformato, non
abbia sentito il bisogno di ringraziare
l'Eterno per l'Ispirazione datagli e,
soprattutto, perché noi che ci diciamo credenti non dobbiamo esprimere
la nostra riconoscenza prima di tutti
a Dio, per il suo intervento.
Non dubito che il Signore sia nel
cuore dei redattori e dei lettori del
giornale, ma se è veto, come è vero e come II Sinodo ha ribadito, che
è urgente un ritorno alla evangelizzazione, a me non sembra possibile attuarla parlando, sulle piazze o nei giornali, di quanto gli uomini riescono a
realizzare, in maniera più o meno perfetta, lasciando che il pubblico comprenda da solo che... si Intendeva
esaltare la potenza ispiratrice divina.
Che evangelisti saremmo se non sappiamo gridare ben forte il nome del
Signore quale fautore o Ispiratore
di quanto di buono si compie nel
mondo!
Che il nostro Iddio ci perdoni.
Reto Bonifazi, Terni
ELVIRA
COLUCCI
« ...Eccoci dunque posti di fronte a
questa grande folla di testimoni. Anche noi quindi liberiamoci da ogni peso, liberiamoci dal peccato che cf trattiene e corriamo decisamente la corsa che Dio ci propone... » (Ebrei 12; 1).
Elvira Chilosi ved. Coliicci. Figlia,
moglie, madre di pastori evangelici.
Cosi la vogliamo ricordare; testimone
dell'Evangelo.
Quale nostra amica, anche se più
anziana, conoscevamo molto della sua
vita, particolarmente ciò che vi era
stato di positivo. Elvira era un'entusiasta, con interessi innumerevoli, felice ed orgogliosa di aver avuto un
padre fiorentino (pastore) ed una madre svizzera.
Fino a qualche anno addietro si interessava di arte, di musica, di tutto ciò
che faceva cultura e recitava a memoria poesie, brani, inni, versetti imparati nella sua giovinezza, partecipando
profondamente a tutto ciò che la circondava. Le piaceva viaggiare, osservare, leggeva avidamente.
Ma la cosa più importante della sua
vita era il; « lo so in chi ho creduto ».
E questo era sempre il suo punto di
riferimento in tutto ciò che pensava, faceva, nella sua vita personale e nel
rapporto con gli altri; disponibile all'aiuto. alla comprensione, alla testimonianza del suo Salvatore.
E questa sua fede è stata la carica
che Tha spinta in tutto il suo ministerio, accanto al suo compagno il pastore
Seiffredo Colucci, anche nel periodo
difficile della sua presenza in Sicilia,
quale giovane sposa, dove non era
facile essere donna, evangelica e moglie di pastore.
Dolce, serena e nello stesso tempo forte di carattere, sorridente, anche avanti negli anni era aperta
ai problemi della sua Chiesa che
amava tanto, dei giovani, degli avvenimenti del momento e nelle nostre
lunghe conversazioni amava riflettere
sul significato deila vita e della morte, sui problemi della fede in uno
scambio di esperienze, sempre pronta per la grande chiamata.
ii suo ultimo periodo di vita sembrava, a parte qualche scintilla, aver
spento tutta quella luce della sua personalità. Lei cosi attiva nel pensiero e nell'azione, che non riusciva ad
immaginarsi inattiva neanche nel « Regno dei cieli » (lo esprimeva spesso),
ha dovuto sperimentare la Parola;
« La mia grazia ti basta, la mia forza
si rivela nella debolezza ». La sua vita intera sta a testimoniare l'amore
di Dio per le sue creature. Grazie
Elvira! Anche a nome di tutti quelli
che ti hanno conosciuta, ma soprattutto grazie al Signore per ciò che
hai saputo donare. Ci fa piacere ricordarti nella pienezza delia tua vita
così arricchita dal dare e dal ricevere.
Alba e Antonio Kovacs, Torre Peilice
MIMI BERNOULLI
L'età l'aveva un po' incurvata, ma
non aveva domato il suo spirito.
Estroversa, con una grande carica
di vitalità, si interessava a tutto ed
a tutti. Sguardo penetrante, espressione mobilissima, sorriso dolce ed accattivante; ecco Mimi, una personalità
davvero interessante. Modesta, anzi timida, non parlava mai di sé né delle
sue numerose attività. Non l'abbiamo mai vista di' cattivo umore; non
J'abbiamo mai sentita lamentarsi dei
suoi acciacchi. Noi l'amavamo cosi;
dinamica, dolce, ingenua, irrequieta.
Quando la malattia l'aveva ormai
prostrata, riusciva ancora a mormorare; « En haut », e quando non poteva più parlare, alzava un dito verso
il cielo.
Abbiamo perso una buona amica.
Alcune amiche. Torre Peilice
NON SONO
STATO CAPITO
Caro Direttore.
leggo, sul numero 2, una garbata reprimenda, firmata dal Comitato pace
Val Chisone Germanasca, nei confronti di un mio scritto, pubblicato sul numero 45 dello scorso anno.
Ho avuto una simpatica telefonata
con un amico, fisico, protestante, bolognese e giramondo, per lavoro e
studi, come me. Ci separa solo il
fatto che egli riceve la busta paga
dall'ENEA ed io daH'INFN (Istituto Nazionale Fisica Nucleare), che ha qualche modesto gallone in più. Mi diceva, questo caro collega, che il mio
BAUME & MERCIER
GENEVE
GioieUería LAZZERO
Pia2za Cavour, 18
PINEROLO
Tel. 0121-793775
scritto non è stato letto nella corretta
luce dai fratelli del citato Comitato
pace.
Il mio intervento era di natura squisitamente scientifica e, se vogliamo,
attenta alTavvenire energetico del nostro paese.
I miei interlocutori hanno travisato il
tutto, tirando in ballo problemi seri
come la pace e la disoccupazione,
che mi trovano coinvolto, come credente e militante marxista.
Sulla mia pluridecennale fiducia pacifista, può testimoniare il mio amico
degli anni verdi, Luci Deodato; anche
il materiale che raccolgo, ogni 4 anni,
a Bossey (Vaud), ove il CEC organizza dei meeting sulla pace e, se non
bastasse, le botte che presi non tanto dalla polizia di stato, ma da una
statuaria fanciulla — oggi pentita —
perché, nella centrale piazza Re Enzo
di Bologna, mi alternavo tra sit-in e volantinaggio di protesta verso un pastore luterano, amico di Pinochet e
difensore a oltranza degli americani
in Vietnam; si chiama Richard Wurmbrand, rumeno di Tomisoara, ove non
metterà piede per il resto dei suoi
giorni, anche perché ben foraggiato
dalla < missione uomini nuovi » di
Marohirolo (Varese).
Augurandoti un buon lavoro, ti saluto cordialmente, sia pur non del
tutto in sintonia con il titolo; • Attenzione agli esperti ». Forse lo sono,
ma con scrupolosa autocritica.
Danilo Venturi, Bologna
PER LA CONFERENZA
INTERNAZIONALE
Da Agape, centro ecumenico, aderiamo alla manifestazione dell'11 febbraio per una pace con giustizia in
Palestina.
Con speranza e spirito di solidarietà appoggiamo ogni iniziativa per una
conferenza internazionale con la partecipazione dei legittimi rappresentanti dei due popoli, israeliano e palestinese, che vogliamo sentire e cNamare entrambi fratelli, e chiediamo l'Impegno responsabile del nostro paese e
della comunità internazionale perché
la sostengano e sanciscano con tutto
il loro peso.
(Seguono 11 firme)
DISCUTERE LO
’’STATO SPIRITUALE”
L'Assemblea del Movimento di Testimonianza Evangelica Valdese ha preso conoscenza di una circolare in data 14 ottobre 1988 in cui la Tavola
Valdese richiama l'attenzione sullo stato spirituale della nostra Chiesa.
L'Assemblea si rammarica perché un
avvertimento di così grave importanza
sia passato del tutto inosservato dalla
nostra stampa, in quasi tutte le assemblee di chiesa, in tutti gli organi responsabili e quindi ignorato dalla maggioranza dei membri di chiesa.
L'Assemblea auspica che tutti coloro
che amano la Chiesa sentano l'urgenza che questo argomento venga
portato all'attenzione delle assemblee
di chiesa.
L'Assemblea esprime inoltre la speranza che le prossime celebrazioni
per il Glorioso Rimpatrio, insieme al
ricordo delle sofferenze subite dai
valdesi per la loro fedeltà alTEvangelo, rendano attenti tutti I membri di
chiesa al richiamo della Tavola sulla
necessità di un ravvedimento che comprenda un cambiamento di mentalità,
una inversione di marcia e di tendenza.
L’Assemblea di
Testimonianza Evangelica Valdese
Torre Peilice, 29 gennaio 1989.
Pubblico volentieri quest’appello della TEV. Mi permetto solo di osservare
che il giudizio di completo disinteresse
della ’’nostra stampa” circa lo ’’stalo
spirituale” delle chiese e inesatto. Non
serve solo allarmarsi, ma tutti insieme
ricercare, nell’obbedienza alla Parola
del Signore, la vita nuova. E non è
detto che le forme siano necessaiiamente quelle che noi proponiamo, sia
che aderiamo alla TEV o no. Il giornale cerca di dar conto di questa ricerca. g.g.
Nuovi indirizzi
Questi i nuovi indirizzi dei pastori;
Giovanni Anziani, via dei Moscani,
P.co Giovanni XXIII, 1/a - 84100 SALERNO.
Emidio Campi, Rotluhstr., 75 - CH - 870P
ZOLLIKON (Zurich). Svizzera.
reco
delle valli valdesi
settimanale delle cblese valdesi e metodiste
Direttore; Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Adriano Longo, Piervaldo
Rostan
Comitato di redazione; Mirella Argentieri Bein, Valdo Benecchi, Claudio
Bo, Alberto Bragaglia, Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino
Conte, Piera Egidi, Claudio Martelli, Emmanuele Paschetto, Roberto
Peyrot, Mirella Scorsonelli
Segreteria; Angelo Actis
Amministrazione: Mitzi Menusan
Revisione editoriale: Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò
Spedizione: Loris Bertot
via Arnaud, 23
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Peilice - telefono 0121/91334
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ABBONAMENTI 1989
Italia Estero
Ordinario annuale L. 38.000 Ordinario annuale L. 70.000
Ordinario semestrale L. 20.000 Ordinario (via aerea) L. 100.000
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Consiglio di amministrazione; Costante Costantino (presidente), Adriano
Longo (vicepresidente), Paoio Gay, Giorgio GardioI, Franco Rivoira (membri)
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi, 10 foglio 481
Il n, 5/89 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino il 1“ febbraio
e a quelli delle valli valdesi il 2 febbraio 1989.
A questo numero hanno collaborato; Archimede BertolinoT Dino GardioI,
Vito GardioI, Klaus Langeneck, Vera Long, Luigi Marchetti, Massimo
Miegge, Tom Noffke, Claudio Pasquet, Lucilla Peyrot, Gregorio Plescan,
Teofilo Pons, Paolo Ribet, Bruno Rostagno, Vittoria Stecchetti, Franco
Taglierò, Erica Tomassone, Claudio Tron.
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chiese e stato
10 febbraio 1989
SCUOLA
ENTI RELIGIOSI STRANIERI
Attenzione
al “precetto pasquale"!
In passato molte volte sono stati disattesi i diritti degli alunni che
non si avvalgono dell’IRC - Una circolare opportunamente diffusa
Con la fine del carnevale, sono iniziate in molte scuole d'Italia le iniziative volte a permettere agli allievi e agli insegnanti l’adempimento del cosiddetto
« precetto pasquale ».
Gli anni scorsi tali pratiche religiose si erano svolte in molti
casi nella più completa disapplicazione dei diritti di coloro che
non si avvalgono deH’insegnamento della religione cattolica.
Molti insegnanti avevano considerato il « precetto ptisquale »
come una attività integrativa ed
avevano fatto assistere alla messa anche gli allievi evangelici o
atei. In altri casi gli alunni non
avvalentisi erano stati costretti
a scuola, mentre i loro colleghi,
terminata la funzione, erano stati messi in libertà.
Giunge perciò opportuna la circolare del Provveditore agli studi di Roma, che riproduciamo
qui a fianco. Precetti pasquali
sì, nell’ora di religione per chi
la sceglie, ma non in occasione
dell’insegnamento di altre materie, come recitano le leggi di approvazione delle intese con i vaidesi e metodisti, con gli avventisti e con i pentecostali.
G. G.
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PROVVEDITORATO AGU STUDI
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Scuola Statali di ogni ordini
e grado della Provincia di Roma
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In relazione alla diffusa consuetudine d1 curare, specie In
occasione di parclcolarl ricorrenze, l'organizzazione d:1 celebrazioni rel^
giose nella scuola e fuori, e In risposca a speclfidi ques’ltl In maceria,
ricengo di dover precisare cne le iniziative d1 cui cractasi non possono
in alcun modo modificare nè ridurre l'orarlo della lezioni.
MILANO: PROMEMORIA PER GLI EVANGELICI
In difesa dei
i di tutti
Il Consiglio di Stato, in data 31
agosto 1988, si è pronunziato in
merito alla facoltatività dell’insegnamento della religione cattolica e delle attività alternative nella scuola pubblica, affermando
in modo categorico (in contrasto
con la sentenza del TAB del Lazio del luglio 1987), l’obbligo per i
ragazzi di frequentare o l’ora di
religione o l’ora alternativa.
Denunciamo la gravità di questa sentenza che non tiene in alcun conto la legge 449/84 di approvazione dell’Intesa tra lo Stato e la Tavola valdese, perché
mentre afferma che l’insegnamento confessionale della religione cattolica è materia curricolare da collocarsi nel quadro orario delle lezioni, subordina l’esercizio di un diritto di libertà —
quale quello di non avvalersi dell’insegnamento della religione
cattolica — alla condizione di frequentare obbligatoriamente una
attività alternativa.
Con questa sentenza, dunque,
che smentisce clamorosamente
l’affermazione concordataria che
la religione cattolica non è più
religione di Stato, si puntella un
sistema meno rispettoso della libertà religiosa e di coscienza di
quanto non facesse la legislazione fascista del 1928/29, imponendo ai non avvalentisi 11 carico di
un’ora che ha unicamente la funzione di giustiffcare la centralità
dell’insegnamento della religione
cattolica, e si pretende di imporre la logica concordataria
anche a confessioni religiose che
hanno espresso posizioni diverse
in merito ai rapporti tra Stato
e Chiesa.
Contro questa confessionalizzazione dello Stato, perché l’Italia
possa diventare un paese in cui
le coscienze dei singoli, credenti
e non credenti, vengano davvero
rispettate, invitiamo tutte le famiglie evangeliche a seguire una
linea di comportamento coerente
e responsabile, senza timori di
emarginazioni o ritorsioni, senza
compromessi di comodo.
Ai nostri figli dobbiamo insegnare la coerenza!
Che cosa fare oggi
Premessa: per l’anno scolastico in corso, in attesa che il Parlamento approvi ima legge per
l’istituzione di un vero e proprio
insegnamento alternativo riguardante « lo studio dei diritti umani e dell’etica naturale» (?!), il
Ministro della P.I. Galloni ha dichiarato che rimane valida la sua
circolare n. 316 dell’ottobre 1987,
che prevede per ogni ordine e
grado di scuola la possibilità di
scegliere tra insegnamento della
religione cattolica o attività alternativa o studio individuale.
Una linea di coerenza per noi
evangelici può essere cosi sintetizzata ;
a) rifiutare l’insegnamento
della religione cattolica («non
avvalersi ») ;
b) rifiutare qualsiasi attività
alternativa, se davvero vogliamo
uscire dalla logica concordataria
e se davvero siamo convinti che
l’insegnamento facoltativo della
religione cattolica debba avere la
sua collocazione al di fuori del
normale orario scolastico ;
c) scegliere lo studio individuale ;
d) nel caso in cui l’ora di religione cattolica coincida con
l’inizio o il termine delle lezioni,
dichiarare per iscritto, in base alla legge 449/84, che nostro figlio
non resterà a scuola ma entrerà
un’ora più tardi o uscirà un’ora
prima, sotto la nostra totale responsabilità ;
e) pretendere che non venga
assegnato alcun compito a carattere confessionale all’interno delle materie curricolari;
f) vigilare affinché nessuna
Iniziativa a carattere religioso
(messa, preghiere, celebrazioni)
abbia luogo nell’ambito del normale orario scolastico;
g) qualora dalle autorità sco
Niente piu
agevolazioni
lastiche venisse negata la possibilità dello studio individuale e
imposta un’attività alternativa,
protestare recisamente richiamandosi alla circolare Galloni n.
316 dell’ottobre 1987, ancora in
vigore quest’anno scolastico;
h) nel caso, invece, in cui im
genitore (o uno studente delle superiori) scegliesse volontariamente l’attività alternativa, pretendere una programmazione
precisa e concordata, un’aula, un
insegnante fisso per tutto l’anno,
e denunciare ogni discriminazione o inadempienza da parte della
scuola ( assenza di programmazione; ragazzi lasciati in corridoio
o obbligati a restare in classe
durante l’ora di religione o a presenziare ad altre lezioni; attività
alternative effettuate da un insegnante di religione, ecc.);
i) gli insegnanti evangelici
possono rivendicare il diritto di
non partecipare alla gestione di
attività alternative.
Che cosa fare
domani
Qualora diventasse operante la
sentenza del Consiglio di Stato,
di fronte all’obbligo di partecipare alle attività alternative
noi evangelici dovremo :
a) denunciare con chiarezza
in ogni occasione (facendo riferimento tanto alla legge 449/84
quanto al « nuovo » Concordato)
che l’obbligatorietà dell’ora alternativa è un sopruso;
b) denunciare la non pari dignità dell’insegnamento alternativo rispetto all’insegnamento della religione cattolica, a motivo
dell’assenza di finanziamenti e di
docenti specifici;
c) mantenere le posizioni di
cui ai punti a, d, e, f, h, i, del paragrafo precedente.
La Commissione scuola
delle Chiese evangeliche
battiste, metodiste e valdese
di Milano
ROMA — In queste ultime
settimane, gli uffici fiscali periferici sono impegnati nel recupero coattivo delle imposte e tasse nei confronti degli enti di
culto acattolici stranieri, in esecuzione delle disposizioni ministeriali dettate con la circolare n.
45 del 6 agosto dello scorso anno,
che ha decretato l’abolizione di
tutte le agevolazioni fiscali a favore degli enti di culto stranieri operanti in Italia. La circolare autorizza gli uffici periferici
ad avviare le pratiche necessarie per l’eventuale recupero delle imposte e delle tasse arretra;
te. La maggor parte degli enti
sono statunitensi, tra questi alcuni operano in Italia da oltre
80 anni. I rapporti tra lo Stato
italiano e le « missioni » straniere statunitensi erano regolati
sulla base del Trattato di amicizia del 2 febbraio 1948.
Tra questi enti vi sono alcune missioni pentecostali, l’Esercito della Salvezza, la Missione
battista del Sud, i Testimoni di
Geova, la Missione metodista inglese, la Chiesa del Nazareno.
In totale si tratta di 27 enti,
ma l’elenco « non è tassativo ».
Sui provvedimenti governativi in danno degli enti di culto
acattolici stranieri abbiamo rivolto alcune domande ad Antonino Ramirez, esperto tributario.
— Quale il .motivo di questo
improvviso attacco governativo?
— Rispondo brevemente, ma la
questione meriterebbe una trattazione molto più completa. Il
primo motivo, quello che c’è ma
non si vede, è d'ordine politico.
Da una parte l’ala conservatrice ed integralista cattolica (GL,
Opus Dei, estrema destra DC,
ecc., tanto per intenderci) proclama il pluralismo, anche per
bocca di illustri professori di
diritto ecclesiastico, daU’altra
fornisce al burocrate del ministero deirintemo pretesti e cavilli giuridici per « disturbare »
l’attività delle confessioni non
cattoliche, specie di quegli enti
di culto che non hanno chipto
il miniconcordato di cui all’art.
8 della Costituzione (le cosiddet
te « intese »). Il gioco perverso
di colpire gli enti di culto stranieri, specie se non europei, sembra far parte di una vera e propria strategia. Credo che l’ex mh
ni.stro delle Finanze Visentinì
non avrebbe mai firmato una
circolare come la 45 del 6 agosto 1988, scopertamente persecutoria nei confronti degli enti di
culto stranieri.
— E quali pensa siano le conseguenze più. immediate di questa « persecuziòne »?
— Le conseguenze sono di due
ordini, uno giuridico e l’altro fiscale, ma entrambe sono convergenti nel proposito di danneggiare l'ente colpito. Negare
ex officio la qualifica di « ente
morale » a istituzioni che da quasi un secolo si sono rese benemerite nel campo dell'educazione e dell’assistenza ai minimi e
ai bisognosi costituisce una bravata di tutta rilevanza. Non è
stato difficile fabbricare il caso:
è bastato commissionare al docile Consiglio di Stato — in sede consultiva — una decisione
che, cavillo dopio cavillo, esclu;
desse tali enti dal novero degli
« enti morali ». A tale balzana
interpretazione (p)er gli enti statunitensi), il Consiglio di Stato
è giunto dopo aver praticamente disapplicato il 'Trattato dì
amicizia stipulato con gli USA
nel 1948. Inoltre, poiché il R.D.
28.2.1930 n. 289 non sarebbe più
applicabile agli enti stranieri, per
conseguenza verrebbero meno
alcune consistenti agevolazioni
fiscali di cui tali enti hanno sempre goduto (esenzione per atti
di donazione e lasciti, riduzione
dell’IRPEG, ecc.).
— Quali possono essere i rimedi?
— Mi risulta che già qualche
ente « perseguitato » ha dato
mandato al legale e si accinge
a resistere alle pretese dei ministeri dell’Interno e delle Finanze. Vedremo se la magistratura
ordinaria e le Commissioni tributarie saranno dello stesso avviso del Consiglio di Stato. Non
tutte le istituzioni sono inquinate. (SCO
AVVENTISTI
Giornata per
la libertà religiosa
Il sabato 21 gennaio 1989, nei
195 paesi in cui la Chiesa Cristiana Avventista è già presente con
molteplici attività, da quelle prettamente spirituali (26.984 chiese),
a quelle mediche e assistenziali
(150 ospedali, 337 cliniche e dispensari, 66 case di riposo, 47.638
tra medici e personale paramedico), a quelle educative (4.166
scuole elementari, 834 scuole secondarie, 86 scuole superiori e
università, circa 33.000 insegnanti), è stata ima giornata dedicata
alla libertà religiosa e ai diritti
dell’uomo.
La Chiesa avventista è impegnata a livello internazionale e
nazionale nella difesa di tale diritto e, affinché esso venga tutelato, ha dato vita ad una Associazione internazionale per la
difesa della libertà religiosa
(AIDLR), che è riconosciuta con
statuto consultivo come ONG
((Organizzazione non governativa) presso l’ONU, l’UNESCO e il
Consiglio d’Europa.
La Chiesa avventista, durante
la giornata della libertà religiosa,
ha messo l’accento sul risultato
positivo, raggiunto grazie alle au
torità italiane, della trasformazione in legge delle intese previste dall’art. 8 della Costituzione
che erano state firmate il 29-12-86
fra il presidente del Consiglio,
onorevole Bettino Craxi, e il presidente della Chiesa Avventista
Italiana, pastore Enrico Long.
Infatti, sul supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n.
283 del 2-12-88 è apparsa la legge
n. 516 del 22-11-88 recante norme
per la regolazione dei rapporti
fra lo Stato e l’Unione italiana
delle Chiese Cristiane Avventiate
del T Giorno.
E’ un’occasione storica, ha dichiarato il pastore Ignazio Barbuscia, direttore del Dipartimento degli affari pubblici e della libertà religiosa della Chiesa Avventista Italiana, per noi perché
si pone la nostra Chiesa su quel
piano di uguaglianza e di libertà
previsto dalla Costituzione. Sarà,
inoltre, un’occasione e una sfida
per l’awentismo italiano per rendere un servizio migliore tramite
la predicazione dell’Evangelo e le
attività di carattere sociale, educativo ed umanitario alla popolazione italiana.
4
4 Tita delle chiese
10 febbraio 1989
1
FGEI - SERVIZIO MIGRANTI
L’Italia, l'Europa del '92 e la
immigrazione: quali scelte
Necessaria l’elaborazione di una politica dell'accoglienza - Definire diritti e doveri e favorire l’inserimento senza discriminazioni
Mercoledì 22 febbraio, presso la Facoltà valdese di teologia a Ro
li scelte politiche? »: è il tema scelto dal Servizio Migranti
derazione delle chiese evangeliche su cui confrontarsi con uomini
politici, governo italiano. Parteciperanno all’inconfro l'on. Valdo Spini, sottosegretario agli Interni, il dr. Domenico Sica, alto commissario per la lotta contro la mafia, deputati e senatori del Parlamento italiano e di quello europeo, Maria De Lourdes Jesus, conduttrice
della trasmissione « Nonsolonero » (RAI 2), Peter Muller in rappresentanza del CETMI, e Paolo Naso del Consiglio della FCEI.
Chi fosse interessato a partecipare può ottenere le informazioni
telefonando al 0614755120 chiedendo del Servizio Migranti.
Pubblichiamo qui di seguito il documento preparatorio aH'incon
tro.
Il fenomeno migratorio specific.} di questi anni si colloca nel
quadro più generale del sistema
economico mondiale, nel quale si
accentuano i divari tra i paesi
ricchi ed i paesi poveri e si fanno più forti e gravi i legami della dipendenza economica e tecnologica delle aree in via di sviluppo. Povertà, guerre, la distruzione dissennata delle risorse naturali costituiscono insomma
cause prime di « espulsione » e
quindi di emigrazione.
Le nuove immigrazioni, pertanto, non possono considerarsi
contingenti ma, come ormai avviene p>er vari paesi eurojjei e
per gli USA, esse costituiscono
una cruciale questione culturale
e politica che investe le società
tecnologicamente più avanzate, a
reddito più alto, capaci di offrire opportunità formative od anche la pura e semplice sussistenza.
L’emigrazione, pur non costituendo una soluzione ai problemi della dipendenza e del sottosviluppo, ha fornito una valvola
di sfogo alla pressione demografica e alle crisi economiche ed
in qualche caso ha avuto ricadute che hanno influenzato positivamente i processi di sviluppo.
L’attuazione di una politica delle migrazioni tesa all’accoglienza si configura, pertanto, come
parziale misura di riequilibrio di
un sistema economico mondiale
fortemente sbilanciato in favore
dei paesi a sviluppo avanzato;
come restituzione nei confronti
dei paesi che hanno subito la
colonizzazione, lo sfruttamento
delle materie prime e della propria manodopera.
In un sistema fortemente interconnesso quale l’attuale, nel
medio periodo questa politica
può produrre risultati positivi
nell’interesse globale della giustizia, della difesa della pace e
della salvaguardia della creazione.
Linea di chiusura
In questo quadro l’Europa, impegnata nella ridefinizione del
proprio ruolo in riferimento al
contesto mondiale, sembra scegliere una linea di chiusura; raccordo di Trevi, ad esempio, tratta la questione esclusivamente
sotto l’aspetto della sicurezza
pubblica, cioè della lotta contro
la criminalità organizzata, la droga, il terrorismo; abbinamenti
pericolosi e discriminanti. Analogamente l’accordo di Schengen
sulla liberalizzazione anticipata
della circolazione nell’ambito dei
paesi che vi aderiscono, prevede una serie di restrizioni nelle
varie norme in materia di immigrazione.
La chiusura delle frontiere risulta storicamente e tecnicamente impossibile: si consideri al riguardo la difficoltà degli USA a
bloccare le immigrazioni clandestine dal Messico. D’altra parte
una tale politica « degli stop »
all’immigrazione aggraverebbe il
problema dello squilibrio Nord/
Sud ed aumenterebbe così il rischio di instabilità militare, sociale ed economica. Spingere gli
immigrati ad una condizione irregolare, infine, significa esporli
alle pressioni ed al ricatto della
criminalità organizzata.
La storia dello sviluppo italiano sembra chiamare il nostro
paese a promuovere una politica di segno diverso; si 'i)ensi alle dimensioni deH’emigrazione
del nostro paese verso l’Europa,
le Americhe, l’Australia; alla difficile ricerca di un modello economico che integri le aree dipendenti o marginali del Mezzogiorno; alla stessa collocazione geografica in un’area fortemente segnata da scambi commerciali e
culturali con vari paesi in via di
sviluppo.
iniziativa non potrà che inserirsi
ne] quadro di norme più generali che mirino al superamento di
quelle contraddizioni e di quei
ritardi che gravano sulle nostre
strutture sociali e che penalizzano, oltre che l’immigrato, anche
il cittadino italiano. S’impone,
d’altra parte, una normativa organica che precisi e definisca i
diritti ed i doveri degli immigrati derivanti dalla permanenza
nel nostro jjaese, nonché i modi del loro inserimento sociale
senza discriminazioni di sorta;
che collochi ogni programmazione dei flussi migratori nel quadro generale della cooperazione
internazionale per lo sviluppo e
la pace.
CORRISPONDENZE
Incontro ecumenico
Priorità
Sulla base di queste considerazioni, ci pare urgente che il
Parlamento elabori una politica
nella direzione dell’accoglienza
degli immigrati qualificata dalla
piena tutela dei loro diritti, primo tra tutti quello alla permanenz.a nel paese di arrivo. 'Taie
GENOVA — Il 21 gennaio è
stato organizzato un incontro eciunenico di preghiera presso la
Comunità anglicana di Genova.
Tema dell’inoontro; costruire la
Comunità; un solo corpo in Cristo.
Erano presenti, oltre ai cattolici accorsi in gran niunero, rappresentanti di altre confessioni
cristiane della città.
Nella vasta e bella Chiesa anglicana, gremita fino all’inverosimile, di fronte a una folla di
credenti di cui gran parte è stata costretta a rimanere in piedi
per quasi 2 ore in profondo silenzio, ha condotto rincontro il
pastore battista Michele Foligno.
Quindi, dopo il canto dell’inno
14 - « Lode alfAltissimo... » della nostra raccolta, il dott. Sanderson, cappellano della Comunità anglicana, ha rivolto parole
di accoglienza a tutti i presenti.
Segue ima breve ed efficace
meditazione del pastore luterano
Rudolf Thummler su Es. 4; 1017.
Si alternano poi, sul pulpito,
l’archimandrita della Chiesa ortodossa greca P. Eftimios Kulumbis che commenta T Corinzi
3: 4-11.
In ultimo, mons. Adamini, presidente della Commissione diocesana per l’ecumenismo, dopo
aver portato il saluto augurale
del cardinale Canestri, c’intrattiene su Matteo 25: 14-30.
Dopo il canto del Salmo « Com’è bello, come dà gioia che i
fratelli dimorino insieme... », seguono momenti di preghiera silenziosa. L’incontro si conclude
con spontanee preghiere da parte di molti, specie dei giovani,
col Padre nostro e col 1^1 can
sul tema della Riforma (il 24
aprile e l’8 maggio).
Fine anno
to « Laudato si, o mi Signore!
RIESI Padre Nostro
Comitato generale
Si è svolta, durante il fine settimana di metà gennaio, la prima riunione del Comitato Generale (CG) del Servizio cristiano di Riesi. Si tratta di parte
di una nuova struttura che TAssemblea degli amici del Servizio cristiano ha varato, su mandato del Sinodo, allo scopo di
fornire alTop)era un sostegno
maggiore di quello già assicurato fin qui dall’Assemblea annuale. Il CG, che nomina un Comitato esecutivo, si riunisce almeno due volte all’anno ed è
composto da due membri ex officio (il delegato della Tavola,
presidente, e il direttore del Servizio cristiano, segretario) e da
altri 11 rappresentanti, del Gruppo di servizio (4), dei Comitati
esteri (4), deH’Assemblea amici
(2) e della chiesa di Riesi (1).
Tra i problemi affrontati nella prima riunione del CG si segnalano la definizione del regolamento interno del Servizio cristiano e l’esame della situazione
dell’opera nei suoi vari settori.
A questo proposito, il CG ha
preso atto di una prospettiva
globale di ricambio nel gruppo
residente ed in particolare di
due importanti sostituzioni a bre
ve termine. Il Servizio cristiano
cerca un responsabile per la manutenzione ed uno per il Centro
agricolo.
Il primo potrebbe essere un
volontario che abbia qualche pratica di manutenzione e che si
impegni per uno o due anni. Il
secondo è previsto sia invece
una persona assunta in forma
molto più stabile. Deve avere esperienza nell’agricoltura, in modo da organizzare e gestire la
piccola azienda agricola del Servizio cristiano che sostiene l’opera con l’orto, l’uliveto, il vigneto e un limitato allevamento di
jjollame e suini. Ancor meglio
di un singolo sarebbe una coppia, che potrebbe occuparsi sia
del Centro agricolo che della organizzazione della casa.
Il CG si dispone a svolgere
ora delle ricerche per coprire
questi posti in importanti e delicati settori del lavoro del Servizio cristiano. Chi avesse da
presentare segnalazioni o offerte
è pregato di rivolgersi al direttore Jean-Jacques Peyronel, Servizio cristiano, via 1” Maggio 89 93016 Riesi (Cl).
Franco Glampiccoli
OMEGNA — Domenica 18 dicembre i nostri ragazzi hanno
tenuto il culto. La riflessione corale si è centrata sul Padre nostro e tutti hanno potuto apprezzare l’impegno dimostrato nella
parola e nel canto: dai più piccoli ai più grandi, ognuno si è
sentito responsabile della predicazione. La colletta, destinata ai
bambini neri del Sud Africa, ha
fruttato lire 200.000.
• Durante il culto di Natale,
Daniela Villa ha confermato il
suo battesimo, entrando a far
narte della Chiesa a tutti gli effetti.
• II 14 dicembre scorso si sono svolti nella nostra Chiesa e
al cimitero di Pettenasco i funerali di Hubert Armin Maurer, originario della Germania, ma stabilitosi qui ormai già da diversi
anni.
• Un grave lutto ha colpito la
famiglia di Mery Zenoni: il figlio di una sua cugina. Luca Pella, di 6 anni, è morto neH’incendio che ha .semidistrutto la casa in cui abitava. In occasioni
come queste è difficile riuscire
ad esprimere con delle parole il
senso del nostro sgomento e della nostra tristezza. Nel nostro
silenzio, Dio parla e annuncia
che la vita è più forte della
morte, al di là dell’apparenza.
• Il pastore terrà due lezioni
alla Università della terza età
SAN REMO — [15 dicembre
il pastore, accompagnato da qualche membro di chiesa, ha partecipato con un suo intervento
alla conferenza del prof. Gianni
Cereti (di Roma) sulle « religioni per la difesa del creato e rincontro fra gli uomini » nella
chiesa anglicana locale.
• Buona la partecipazione di
membri di chiesa e altri amici
al bazar-buffet-lotteria benefico
di domenica 11. Ancora una volta riconosciaijio che questi incontri sono occasione di comunione fraterna. Quest’anno siamo stati particolarmente rallegrati da una bella poesia declamata dal fratello Renda e da
pezzi di musica eseguiti dalla sorella Fresa al pianoforte. Il ricavato andrà a favore di nostri
istituti.
• Il giorno 17 il pastore ha
partecipato con un intervento
al convegno presso la Casa comunale di Taggia sul tema « Dalla parte degli ultimi ». Ai vari
rappresentanti di associazioni ed
enti intervenuti ha ricordato, tra
l’altro, che non è moltiplicando
i « pati'onati » vari che si difendono i cittadini, ma dando loro la dovuta informazione e formazione sui propri doveri e diritti fin dalla loro più tenera età
e rendendoli così liberi, co.scienti e responsabili verso se stessi
e gli altri (la società), e non lasciandoli sempre « sotto tutela ».
Incontri [
BOLOGNA — Martedì 14 febbraio,
alle ore 21, nella Sala della Chiesa metodista, (via Venezian, 3) si svolgerà
un dibattito organizzato dal Gruppo
biblico interconfessionale su « Scrittura
e tradizione ».
Interverranno: il past. Daniele Garrone, professore di Antico Testamento alla Facoltà valdese di teologia di
Roma; il prof. Paolo Serra Zanetti,
docente presso l'Università di Bologna e Alberto Somekh, rabbino di Bologna.
5
10 febbraio 1989
vita delle chiese
MIGRANTI
La Cina in casa nostra
Un costruttivo rapporto con un gruppo di evangelici residenti in
Toscana - A Natale ha luogo anche un incontro ’’nazionale” fra cinesi
Se anni fa si poteva dire « la
Cina è vicina » (per alcuni come
auspicio, per altri come pericolo), per la chiesa valdese di Pisa da tempo è possibile dire: « La
Cina è in casa nostra ». Si tratta di un’esperienza forse unica
tra le comunità evangeliche italiane, dato che a Pisa, da più di
un decennio (sebbene la cosa abbia una corposità più marcata
solo da un quinquennio), un gruppo di cinesi fa parte viva della
comunità, con diritti e doveri pari a quelli degli altri membri di
chiesa.
Emigrati dall’ampia provincia
di Shanghai, dove alcuni di loro
avevano avuto serie e gravi difficoltà nella pubblica professione della fede cristiana, a piccoli gruppi sono venuti a Pisa, dove hanno subito intrapreso attività nel campo della ristorazione e della pelletteria, ma nello
stesso tempo hanno cercato una
comunità evangelica dove potersi sentire a loro agio. I loro pro
genitori (70-80 anni or sono) erano stati evangelizzati da missionari inglesi e americani wesleyani, per cui inserirsi in una comunità valdese-metodista non
ha presentato alcuna difficoltà.
Ora, da alcuni anni, una sorella
cinese fa parte del Consiglio di
chiesa in qualità di diacona.
Possiamo dire serenamente che
la convivenza è assai felice: i
fratelli cinesi hanno una pietà
non finta, sono dotati di una viva intelligenza e di ima ferrea
volontà; sono generosi e laboriosi.
Poiché i gruppi sono cresciuti
di numero e si sono sparsi in
varie città italiane (Grosseto, Roma, Pisa, Firenze, Bologna, Genova, Milano, Pescara, Trieste,
ecc.), si è presentato il problema della cura d’anime, della catechesi e della predicazione. A
Pisa i ragazzi frequentano la nostra scuola domenicale e il catechismo; gli adulti partecipano
con qualche difficoltà ai culti do
menicali, ma non ci risulta che
altrove ci sia questo tipo di aggregazione. Comunque, due volte al mese i cinesi pisani ( a cui
si aggiungono quelli di Viareggio, Massa, Livorno) si raccolgono nei nostri locali guidati da
due cinesi (una sorella ed un
fratello) della nostra comunità;
ogni due mesi al gruppo si aggiungono gli altri cinesi che vivono in Toscana e nelle regioni
vicine. Per Natale c’è un raduno generale; verso la metà di
agosto ha luogo un raduno nazionale (di almeno 150 persone)
della durata di tre giorni; in
questi casi i culti e la catechesi
sono presieduti da qualche missionario cinese inviato dalla missione inglese.
Rimangono tuttavia da risolvere vari problemi, soprattutto nel
campo dei rapporti sociali e della formazione linguistica e professionale.
Salvatore Briante
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Animazione giovanile
I DISTRETTO — Ha avuto
esito soddisfacente il primo, sperimentale, incontro di formazione per animatori di gruppi giovanili. Vi hanno partecipato venti
Calendario
Ciouedì 9 febbraio
□ COLLETTIVO
BIBLICO ECUMENICO
PINEROLO — Presso la comunità di
San Domenico, alle ore 20.45, si riunisce il collettivo per esaminare e discutere il documento preparatorio dell'assemblea di Basilea su « Pace nella
giustizia ».
□ COLLETTIVO
BIBLICO ECUMENICO
TORRE PELLICE — Nel corso della
riunione, presso la sede del centro
d'incontro, alle ore 21, prosegue l’esame del documento preparatorio dell'assemblea di Basilea su « Pace nella
giustizia ».
Domenica 12 febbraio
□ GIORNATA
DEI COMITATI
PINEROLO — Presso i locali della
cbiesa valdese di via dei Mille si
svolge la giornata dei comitati, organizzata dal dipartimento diaconale del
1” Distretto secondo un programma
che prevede il culto con la comunità
ospitante alle ore 10, Il pranzo alle
ore 12.30 con il primo piatto offerto
dalla comunità di Plnerolo, l'inizio dei
lavori alle ore 14 con un intervento del
pastore Paolo Ribet che introduce il
tema • Predicazione e diaconia ».
Lunedì 13 febbraio
□ INCONTRO PASTORALE
1“ DISTRETTO
LUSERNA SAN GIOVANNI — Con
Inizio alle ore 9.15, presso I locali della chiesa valdese, sì svolge il secondo incontro del 1989, Dopo la meditazione curata dal past. B. Bellion, prosegue la riflessione sulle concezioni
di Dio: il past. E. Bernardini parla
sulle teologie della liberazione. Nel pomeriggio discussione sulla questione
dei rapporti chiesa/stato.
giovani, provenienti dai tre circuiti del 1° Distretto, animati da
E. Tomassone, F. Taglierò e D.
Tron.
Organizzata dalla CED su mandato della Conferenza Distrettuale, questa iniziativa si inserisce
nel quadro generale della formazione come tentativo di attrezzare i gruppi giovanili in vista dell’autogestione, per rendere
più efficace il lavoro e per coinvolgere proficuamente tutti i partecipanti alle attività di gruppi e
unioni.
Il primo approccio alla materia è consistito nell’esame dei
diversi modi di animare una riunione (animatori autoritari o
che lasciano andare le cose come
vanno o che presiedono in modo
democratico e attivo) per mezzo
di una tecnica di animazione vivace e stimolante, che ha interessato tutti.
I partecipanti hanno scritto su
schede apposite, al termine dell’incontro, le loro valutazioni e le
loro proposte, che sono ora al vaglio del gruppo di formatori :
permetteranno di elaborare una
proposta di programma per il futuro, che verrà inviata ai gruppi
tramite il Coordinamento del Distretto,
Assemblea di chiesa
PINEROLO — Domenica 19
febbraio avrà luogo una assemblea di chiesa per Tapprovazione della relazione finanziaria
1988.
• E’ mancata all’affetto della
sua famiglia, alla quale rinnoviamo la nostra simpatia cristiana, la sorella Frida Jahier vedova "Vinçon in età di 78 anni.
Finanze
FRALI — Domenica 29 gennaio la comunità si è riunita in
assemblea di chiesa per discutere la relazione finanziaria dell’anno 1988. Dato che si è notato
come le contribuzioni hanno superato di circa due milioni l’impegno della nostra comunità,
l’assemblea ha deciso di inviare
questo sovrappiù alla Tavola,
pensando così di interpretare i
desideri delle persone che hanno contribuito più del richiesto.
Ringraziamo il Signore per averci permesso di essere così
generosi — e preghiamo Dio di
darci sempre la capacità di essere disponibili!
• L’assemblea ha altresì eletto i fratelli Mauro Garrou e Italo Rostan quali suoi rappresentanti al Circuito nella commissione che preparerà le celebrazioni del Glorioso Rimpatrio
per quanto riguarda la nostra
valle.
• Sabato 11 febbraio, alle ore 20.30, il gruppo giovani della
vai Germanasca presenterà lo
spettacolo « Faccia da turco »
con scenette e canti sul problema dell’emigrazione.
Lutti
BOBBIO PELLICE — Si sono
svolti i funerali delle sorelle
Elena Geymonat e Louise Baridon e del fratello Stefano Negrin. Alle famiglie in lutto rinnoviamo l’espressione della cristiana simpatia della chiesa.
Provvista pastorale
"VILLAR PEROSA — L’assemblea di chiesa ha accettato di
rimettersi alla Tavola e quindi
anche la proposta di nomina di
Tom Noffke quale pastore della comunità a partire dall’autunno 1989.
Solidarietà
SAN GERMANO — Mercoledì 25 gennaio ha avuto luogo il funerale del nostro fratello Alfredo Gallian, scomparso improvvisamente all’età di 60 anni
nella sua abitazione dei Chiabrandi, ed il giorno seguente l’Evangelo della resurrezione è stato
annunziato in occasione della
dipartita di Luigia Bouchard ved.
Reflo, deceduta a Torino ove
risiedono alcuni suoi familiari.
A coloro che piangono i loro
scomparsi vada l’espressione
della cristiana simpatia della comunità.
Il XVII febbraio alle valli
Pubblichiamo gli appuntamenti delle chiese delle valli, ricordando inoltre che le collette dei culti del 11 saranno devolute a favore delle chiese valdesi dell’area rioplatense.
PERRERO-MANIGLIA — Culto unico ore 10 nel tempio di Maniglia;
alle ore 12.30 pranzo nei locali della scuola comunale della Baissa.
Costo del pranzo, per persona, L. 15.000 (prenotarsi entro il 12 febbraio
presso gli anziani o il pastore).
POMARETTO —•' Accensione dei falò: ore 20. A seguire, alle ore 21,
incontro col pastore Bony Edzavé alla sala Lombardinl.
Venerdì 17, ore 8.30: partenza dei cortei da Pomaretto (Eicolo grande) e Inverso Rinasca (Fleccìa) con le bande musicali.
Ore 10 culto nel tempio con partecipazione della corale; alle ore
12.30, al convitto, avrà luogo il pranzo comunitario: ospiti della giornata
due curdi iraniani che avranno modo di portare la loro testimonianza
sul dramma del loro popolo.
Alle ore 20.30, al teatro, la filodrammatica presenterà la commedia
di Emilio Caglieri « Legittima difesa »; la recita sarà replicata il 18/2.
FRALI — L’accensione dei falò è prevista per le ore 20.
Venerdì 17, alle ore 10 ritrovo al ponte di Ghigo per la partenza del
corteo; alle ore 10.30 culto con predicazione del pastore Bony Edzavé.
Alle ore 12.30 àgape comunitaria (prenotazioni presso il pastore)
e, a seguire, conversazione col past. Edzavé, sulla CEVAA a Roma.
PRAMOLLO — Accensione dei falò: ore 20.
Venerdì 17, ore 10, culto evangelico con predicazione del pastore
Gianni Genre e la presenza di un gruppo di fratelli e sorelle delle chiese di Ivrea e Biella.
Il pranzo avrà luogo alle ore 12.30 presso il ristorante Gran Truc.
Alle ore 20.30 la filodrammatica, nella sala delle attività di Ruata,
presenterà il dramma « Sangue valdese » (replica il 18 febbraio).
VILLASECCA — Accensione dei falò alle ore 20.
Il culto del 17, alle ore 10, vedrà la partecipazione della corale e
la Santa Cena.
L'àgape comunitaria avrà luogo alle ore 12.30 ai Chiotti (i biglietti possono essere ritirati unicamente presso Laura Massel.
Durante l’àgape Bruna Peyrot presenterà alcune riflessioni sul
rimpatrio dei valdesi e sulle manifestazioni previste per l'89
SAN GERMANO — Accensione dei falò: ore 20.
Alle ore 9.15 del 17, corteo con partecipazione della banda cittadina;
alle ore 10.30 il culto ed alle ore 12.30 l’àgape (prenotazioni presso la
farmacìa Tron oppure la salumeria Bounous).
Nel pomeriggio Renzo Bounous e Massimo Lecchi presenteranno un
programma di diapositive sui templi delle valli valdesi.
VILLAR PEROSA — Il culto avrà luogo alle ore 10.30; alle ore 12.30,
presso il convitto, il pranzo comunitario (prenotazioni presso il pastore).
La serata, curata dalla filodrammatica, avrà luogo nel salone sotto
il tempio.
PINEROLO — Alle ore 20 accensione dei falò all'Abbadia e al Besucco seguiti da riunione. Alle ore 10 del 17, culto con Santa Cena.
Alle ore 19.30, cena comunitaria con la partecipazione di Albert de
Lange, che presenterà una serie di diapositive sul Rimpatrio.
PIOSSASCO — Alle ore 19 di venerdì 17 avrà luogo il culto cui
farà seguito una cena comunitaria (al sacco). Parteciperanno il past.
Alberto Pool e dei fratelli della chiesa di Coazze.
PRAROSTINO — Accensione dei falò: ore 20; fiaccolata dei giovani dal
Roc a San Bartolomeo cui farà seguito un incontro comunitario presso II
presbiterio. Venerdì 17, alle ore 10.30, il culto con Santa Cena e partecipazione della corale; a seguire il pranzo presso il ristorante Tarin
(prenotarsi direttamente). Nel pomeriggio incontro col past. Bruno Tron
che parlerà sul Servìzio Migranti della FCEI.
SAN SECONDO — Venerdì 17, alle ore 10, si terrà il culto; a seguire il pranzo comunitario nella sala delle attività alle ore 12.30 (le
prenotazioni, presso anziani a pastore, si ricevono fino al 12.2).
ANGROGNA — Accensione dei falò; ore 20.
Venerdì 17, dopo il corteo dei bambini dal Serre al Vangie, alle 10.30
il culto vedrà la predicazione del past. Maria Bonafede.
Alle 12.15 avrà luogo l'àgape presso la sala di S. Lorenzo (prenotazioni presso gii anziani) ed in serata, alle 20.45, la corale presenterà al Serre <• Il cammino della libertà », immagini e canti del Glorioso Rimpatrio..
BOBBIO PELLICE — Accensione dei falò: ore 20. Il falò comunitario
sarà come di consueto a Sibaud.
17 febbraio: ore 10.30, culto con la partecipazione dei bambini della
scuola domenicale.
Ore 12.30: àgape comunitaria nella sala rimessa a nuovo; 1 biglietti
sono in vendita dal pastore oppure presso la tabaccheria Pontet.
Alle ore 21, i giovani presenteranno il dramma storico « La contessina di Luserna ».
LUSERNA SAN GIOVANNI — Il gruppo cadetti organizza la tradizionale fiaccolata, con partenza alle ore 19 dal piazzale antistante al tempio
di San Gtovanni, in direzione del falò di Ciò 'd Mai.
Venerdì 17, alle ore 10 il culto con partecipazione della corale e
Santa Cena; a seguire, presso la sala Albarin, àgape comunitaria con
partecipazione del prof. Giorgio Peyronel. (Per le prenotazioni rivolgersi
presso l'Asilo per anziani o l'edicola Malanot degli Airali).
Alle ore 20.30, sempre presso la sala Albarin, avrà luogo una serata dal titolo « Tiens bon » in collaborazione fra gruppo cadetti e corale.
BORA' — Accensione dei falò: ore 20.30.
Il culto del 17, alle ore 10.30, prevede la partecipazione della corale
e la Santa Cena. Seguirà II pranzo comunitario (prenotazioni presso il
pastore entro il 14 febbraio, tei. 93801).
Nel pomeriggio avrà luogo la proiezione dì una videocassetta sui
valdesi, a, cura di Piero Boér.
TORRE PELLICE — L’accensione dei falò è prevista per le ore 20; al
Coppieri, oltre al tradizionale fuoco di gioia, si svolgerà una serata comunitaria.
Venerdì 17, alle ore 10 culto e alle ore 12 àgape fraterna presso
la foresteria (i biglietti sono in vendita presso il negozio Pellegrin in
piazza Libertà).
Alle 20.30 serata nel tempio con la partecipazione della filodrammatica, del coretto e della corale.
VILLAR PELLICE — Accensione dei falò alle ore 20.30; intorno al tradizionale falò del ponte delle rovine, insieme si membri della chiesa locale sì riuniranno anche dei fratelli e sorelle dì Torino.
Il culto del 17, ore 10, vedrà la partecipazione attiva dei bambini
della scuola domenicale con canti e recita.
Alle ore 12.30 àgape fraterna (prenotazioni presso commestibili
Gönnet, macelleria Geymonat, coop. Vernet, tabaccheria Marletto).
In serata, alle ore 20.30 nella saletta dì piazza Jervis, il gruppo
giovanile della Piantà presenterà il dramma di Edina Ribet Rostain « La
campana suonerà ancora ».
6
é
ecumenismo
10 febbraio 1989
UNITA’ DEI CRISTIANI - 3 - ROBERT RUNCIE
La questione del primato
Identità cristiana e identità confessionale - Il pluralismo del Nuovo Testamento - La natura del primato di Canterbury - Il campo ecumenico dall’indipendenza all’interdipendenza
Nell'agosto del 1988 nel corso
della Conferenza di Lambeth, appuntamento decennale della « Comunione anglicana », l’arcivescovo di Canterbury, Robert Runde, massima autorità terrena
(dopo la Regina!) della Chiesa
d'Inghilterra, fece il punto sulla situazione del cammino ecumenico. Nel suo discorso, di cui
riprendiamo alcuni passaggi significativi, nella versione italiana comparsa su «Mondo e Missione » del gennaio '89, Runde fece affermazioni importanti, che
d danno da pensare. Le proponiamo all'attenzione dei lettori
(che avranno così modo di accostarsi anche in parte al mondo anglicano), insieme ad alcune riflessioni di Carlo Gay.
C’è in giro la sensazione che
il movimento ecumenico è insabbiato e che le discussioni sull'unità sono condotte con rilassatezza e apatia api>ena velate.
Proprio la discussione ecumenica fa sorgere il problema di
ciò in cui ogni Chiesa crede: il
tema dell’identità delle singole
Chiese viene alla ribalta. Penso conosciate la storia di quel
vecchio scozzese che qualche
anno fa, al tempo delle discussioni per l’unità fra anglicani e
presbiteriani, era in continua agltazione: non voleva ammettere
vescovi nella Chiesa di Scozia.
La sua famiglia non lo capiva.
« Ma papà, — gli disse un figlio
— perché te la prendi? Tu sei
ateo ». « Sì, — rispose il padre
— io sono ateo, ma un ateo presbiteriano, non anglicano! ».
La mia risposta all’apatia e
all’ostilità per l’ecumenismo è
che esso è un rischio. Rischiamo di perdere la nostra identità confessionale, ricercando l’identità cristiana, quella che C.
S. Lewis definisce « la pura cristianità ». Infatti l’ecumenismo
non è una minaccia alla nostra
identità, ma un ampliamento
della stessa. Una conseguenza di
questa angoscia circa la propria
identità è la tentazione di ritenersi soddisfatti di un « federalismo confessionale », invece di
costruire ima «diversità cattolica » nella grande Chiesa che
deve venire; l’unità nella fede,
si dice, è impossibile da ottenere, né il Nuovo Testamento dà
garanzie che possiamo raggiungerla. Allora dobbiamo costruire una comunione di fede non
mirando ad ima unità organica
visibile, ma puntando su obiettivi più modesti, lavorando per
un « ecumenismo federativo »,
cioè una coesistenza di stili di
fede e di vita ecclesiale anche radicalmente diversi.
mente fondata, che c’è « un solo Signore e una sola fede ».
Questa è una critica costruttiva
alla posizione di coloro che vogliono semplicemente accontentarsi del « pluralismo ». Dalla
convinzione di un solo Signore
e di un’unica fede è facile giungere alla conseguenza che, allora, c’è un solo battesimo; ecco
l’unità visibile della Chiesa.
L’unità che esiste
Ma il pluralismo del Nuovo
Testamento ci permette di accontentarci della coesistenza? Un
simile punto di vista ignora lo
sviluppo di strutture «cattoliche»
all’interno dello stesso Nuovo
Testamento. Non siamo chiamati a scegliere fra U cristianesimo giovanneo o il cristianesimo
paolino, ma ad essere arricchiti
da am^due.
Occorre prestare maggiore attenzione al contributo del Vangelo all’ecumenismo. Nonostante
i dubbi degli « evangelici » circa le strutture e i ministeri per
l’unità, io auspico un loro maggior contributo fondato sulla loro convinzione, ferma e biblica
Mentre riaffermo fortemente
la mia visione di « una sola Chiesa », mi auguro non sia necessari© sottolineare che unità non è
sinonimo di uniformità. Caratteristica particolare dell’anglicanesimo è stata quella di riaffermare la diversità: senza diversità il corpo non può prosperare
né crescere; se la diversità non
è favorita, germogliano scismi.
La presenza tra noi di Chiese
orientali e ortodosse ricorda a
tutti i cristiani occidentali che
la pienezza deU’unità cristiana
non può essere intesa come blanda omogeneità. Il corpo di Cristo è un organismo con molte
cellule di tipo diverso, il cui fondamento per l'unità è la comune confessione di Gesù come
Signore.
Uno di questi strumenti di unità è l’episcopato storico. Io spero che le discussioni fra anglicani e luterani e il testo del
BEM (Battesimo, eucarestia, ministero) possano rappresentare
il contesto per una nuova affermazione del valore dell’episcopato, come segno dell’apostolicità di tutta la Chiesa e di conti
nuità della comunità cristiana
nel tempo e nello spazio.
Un altro strumento di unità è
il concilio o il sinodo. Fin dall’inizio della Chiesa è stato necessario incontrarsi per discutere e decidere.
Se abbiamo ancora qualcosa
da imparare circa il governo sinodale, penso che abbiamo anche qualcosa da dare alla Chiesa
di Roma. La maggior critica che
io faccio aH”’Arcic” (Anglìcain
Roman Catholic International
Commission) è che non mette
l’accento sul ruolo del laicato nel
processo decisionale nella Chiesa.
Sullo stesso autobus
Ai vescovi e ai concili vorrei
anche aggiungere il primato.
L’”Arcic” pone agli anglicani il
problema di un primato episcopale nella Chiesa universale: uno
strumento di unità di cui manchiamo sin dalla rottura giuridica con Roma di Enrico Vili
nel XVI secolo.
La nostra esperienza anglicana di appartenere ad una comunione mondiale mette in risalto il bisogno di una persona
che rappresenti l’appartenenza e
l’unità. Naturalmente, il primato
di Canterbury è ben diverso
dalla sovranità esercitata dai
papi per molto tempo. Ma non
debbono forse i cristiani giungere a riconsiderare il tipo di
primato esercitato nella Chiesa
primitiva, una «presidenza nell’amore » per la salvaguardia dell’unità delle Chiese?
Nel servire il Vangelo e quindi
l’unità della Chiesa i vescovi, i
UNA REALTA’ COMPLESSA
Gli anglicani e il movimento ecumenico
Il rischio del « federalismo confessionale » - L’episodio storico, il
Considerare il primato come era esercitato nella Chiesa primitiva
Concilio, il Sinodo Il rifiuto del « blocco »
Molti anni or sono Visser’t
Hooft pubblicava, sui quaderni di Poi et vie, un saggio sul
« cattolicesimo non romano » che
era una reliizione sulla realtà di
quella vasta zona di cristianesimo comprendente l’anglicanesimo, le chiese orientali e il vecchio cattolicesimo. Molta acqua
è passata sotto i ponti e tutte
quelle chiese conoscono, accettano e muovono il movimento ecumenico, che vive la ricerca e la
speranza del (Consiglio ecumenico delle chiese e che ha la sua
tenda, da molti considerata troppo massiccia e da altri troppo
leggera, in Ginevra, 150 Route
de Ferney.
Robert Runcie parte da una
premessa che è condivisa, in
vario modo, da tutti i cristiani: egli constata una perdita di
entusiasmo, o addirittura una apatia e, al limite, una ostilità
all’idea dell’unità cristiana. E’
vero che l’ecumenismo è oggi
in ribasso? Runcie non è vissuto
in tutti questi anni al margine
di Ginevra, ma porta avanti l’ansia ecumenica dell’anglicanesimo
come « chiesa ponte » fra le chiese evangeliche (da quelle storiche alle carismatiche), le chiese
ortodosse e la chiesa di Roma.
La comunione anglicana è una
realtà estremamente complessa,
variegata, interessante e non è
un complesso facilmente descrivibile, continuamente pencolante fra protestantesimo e cattolicesimo; è un insieme di diocesi
indipendenti ed unite, diversifi
cate nella ricerca teologica, nella missione a largo raggio, presente in tutti i continenti. E’
una chiesa fortemente unita a
realtà storicamente diverse: presbiteriani, metodisti, anglicani
costituiscono oggi chiese unite
come le chiese dell’India del
Sud e del Canada. E’ una chiesa che guarda avanti e non sempre indietro.
Runcie definisce l'ecumenismo
un rischio. E’ il rischio di fronte alla paura tipicamente ecclesiastica di perdere la propria
identità, anziché di allargarla; è
il rischio che consiste nel fermarsi ad un « federalismo confessionale », soddisfatto di se
stesso. L’ecumenismo è domanda alle chiese per un rinnovamento profondo e autentico. Il
pluralismo del Nuovo Testamento (utilità di vincoli di unità, secondo le lettere pastorali, o la
grande antitesi o sintesi fra cristianesimo paolino e cristianesimo giovanneo) è un invito ad
una unità fra orientamenti in
opposizione.
Egli sostiene inoltre che la
chiesa istituzionale, accompagnata dalla visione di « una sola
chiesa », è chiamata al servizio
delI’Evangelo nel mondo. Vi è
una unità che già esiste. Runcie
elenca i numerosi segni visibili
di comunione fra le chiese cristiane: la confessione dell’unica
fede apostolica, la pratica dell’unico battesimo nell’acqua e
nel nome della Trinità, la comu
ne attenzione al povero ed al
debole, la convinzione che l’umanità è creata ad immagine di
Dio, il comune impregno nella
missione apostolica, che Cristo
ha affidato alla sua chiesa.
Fra gli strumenti che dovranno servire sia all’unità che alla
diversità della chiesa, Runcie elenca l’episcopato storico, come
si delinea nelle consultazioni fra
anglicani e luterani, il concilio
o sinodo, sulla traccia di quanto avviene nell’Ortodossia, e il
ruolo del laicato nel processo deciuSionale della chiesa.
Ai vescovi ed ai concili Runcie vorrebbe anche aggiungere il
primato. Non la restaurazione,
ma la riforma del primato episcopale nella chiesa universale
come ministero dell’unità.
Ed è qui che il primate anglicano sembra dimenticare tutto
quello che là sedimentazione di
un passato medioevale ha accumulato in senso negativo. Non è
un’invenzione astorica la potenza di una istituzione ecclesiastica medioevale e tridentina; non
si può non prendere atto della
dogmatizzazione del potere papale nella luce del Concilio Vaticano I; di una marianizzazione
resa dogma. Non è casuale che
la tentazione del potere attribuito ad un uomo solo o ad una
organizzazione gerarchizzata come il Vaticano hanno giocato
e giocano, nel vasto mondo ortodosso ed evangelico, per una
decisa opzione a favore delle
formule conciliari.
sinodi e il primato sono strutture che abbisognano di radicale
riforma e rinnovamento. Ma dobbiamo guardarci da un idealismo ecumenico che preferisce
aspettare finché l’episcop>ato, i
sinodi o i papi saranno esattamente come li vogliamo. Il rinnovamento diventerebbe, in questo caso, una scusa p)er l’inazione, un tirarci indietro dalTimp)egnarci l’uno verso l’altro così
come siamo.
Sarebbe come un perpetuo fidanzamento in cui il matrimonio
è continuamente rimandato finché i promessi sposi saranno
pjerfetti. No! Il modo per rendere il proprio compagno perfetto è quello di entrare in relazione più intima e nuova, cosicché il mutuo cambiamento venga da un’esigenza intrinseca, più
che da una richiesta estrinse
ca.
Quel che vale per la comunione anglicana vale anche per
tutto il campo ecumenico: noi
dobbiamo andare dall’indipendenza verso l’inter-dipendenza.
Ecco allora che si pone lo stesso
interrogativo: vogliamo noi l’unità? Io la voglio, perché nostro
Signore pregò per essa alla vigilia della sua passione. La voglio perché nostro Signore pregò
per Tunità nel contesto della
missione; «Che siano una cosa
sola... perché il mondo creda ».
La voglio perché né Chiese conflittuali, né Chiese competitive,
né Chiese coesistenti saranno in
grado di incarnare efficacemente
il Vangelo di riconciliazione,
mentre le Chiese stesse restano
sostanzialmente irriconciliate.
Lo chiedo ancora: noi anglicani vogliamo davvero l’unità?
Dobbiamo volerla se vogliamo
essere strumenti di unità e di comunione per un mondo diviso.
Robert Runcie
Runcie domanda ai cristiani di
riconsiderare il tipo di primato
esercitato nella chiesa primitiva
« come presidenza dell’amore »
per la salvaguardia dell’unità delle chiese. Non vi è il rischio di
una sacralizzazione di una « carica », in cui Tinfallibilismo di
tendenza autoritaria si traduce
in pretesa obbedienza assoluta
da parte del popolo cristiano?
Non vediamo perché « l’esperienza anglicana metta in risalto particolare il bisogno di una
persona che rappresenti l’appartenenza e l’unità ». Senza lasciarci prendere da una mitizzazione
del metodo conciliare, non ci
sembra utopico pensare che l’unità può trovare la conferma nella realtà di comunità dove la
promessa di Cristo si avvera dove due o tre si radunano nel
suo nome.
Quello che condividiamo, nell’appello di Runcie, è il rifiuto
di un arresto della passione ecumenica, è il senso dell’urgenza
di una coscienza deH’unità del
corpo di Cristo, è il senso di
ringraziamento verso il Signore,
che non ci chiede di vivere soli
la fede, la speranza e la carità,
ma ci concede di viverle in una
chiesa che, già oggi, nonostante
le sue negatività, è segno di speranza per una umanità riconciliata, in attesa della libertà dei
figli di Dio in una terra che dovremo riconsegnare al suo vero
ed unico Signore.
Carlo Gay
La chiesa
anglicana
La Chiesa anglicana ha origine dallo scisma di Enrico
Vili del 1531. Oggi forma, insieme alle chiese nate dalla
missione, una vasta «Comunione anglicana», nella quale
si ritrovano più di 40 chiese
nazionali, per un totale di 365
diocesi, che si estende dall’Europa all’Asia, daU’Africa alle
Americhe. Si caratterizza per
una grande apertura e capacità di dialogo, tanto da dare
vita a chiese unite (con la partecipazione di chiese presbiteriane) come nell’India del
Sud.
Ogni 10 anni si riunisce la
« Conferenza di Lambeth », alla quale partecipano i delegati delle chiese facenti parte
della « Comunione ». L’ultima di queste conferenze ha
avuto luogo l’agosto deU’anno
scorso. Fra le varie decisioni
quella, passata a larga maggioranza, di concedere l’accesso al sacerdozio anche alle
donne.
La Chiesa anglicana ha una
struttura gerarchica, i laici
però contano molto: il Sinodo è formato in parti uguali
da laici e sacerdoti e il suo
segretario è un laico. L’arcivescovo di Canterbury ha un
ruolo preminente, ma non
giurisdizionale.
Alla base della teologia anglicana v’è il « Prayer Book »
(libro di preghiera); in questo scritto del XVI sec. si rintracciano molte linee della
Riforma protestante.
Gli anglicani sono, in tutto il mondo, circa 30 milioni.
7
f
10 febbraio 1989
IL VERO E LA MENZOGNA
fede e cultura
CENTENARI
Il castello di Sciascia Alessandro Gavazzi
« Il cavaliere e la morte », ultimo libro dello scrittore siciliano, Un predicatore nel clima dell Italia risorgipropone inquietanti interrogativi - Una Verità che ci fa rinascere mentale - Fu chiamato il « patriota cristiano »
Tempo, spazio, competenza ci
fanno difetto per ripercorrere a ritroso il cammino dell’ultima stagione letteraria italiana, dell’autunno ’88 per intenderci, e scoprire lungo i gironi infernal-purgatoriali il cammino della nostra coscienza moderna. Chi, dotato più
di noi e disponendo dei delicati
strumenti della critica letteraria,
risalga dalle luminose e cupe ambientazioni sciasciane attraverso i
torbidi anfratti della Roma moraviana fin nelle labirintiche e borrominiane strutture di Umberto
Eco, lo faccia ed avrà la nostra
riconoscenza perché ci aiuterà a
comprendere meglio l’animo, o
Tanimus, di questa nazione di cui
siamo cittadini.
Mi limiterò invece a segnalare
ai lettori due citazioni dell’ultimo
libro di Leonardo Sciascia, « Il cavaliere e la morte », al cui fascino
non ho saputo sottrarmi.
Ecco la prima:
« Io invece, ebrei o no, non ho
simpatia per i convertiti: ci si converte sempre al peggio anche
quando sembra il meglio. Il peggio, in chi è capace di convertirsi,
diventa sempre il peggio del peggio ».
L’argomento della discussione è
futile, di più non potrebbe esserlo,
si tratta del fumo: il Capo ha smesso, il Vice non intende smettere e
non intende convertirsi alla nuova
idea (potrebbe dirsi addirittura
fede) del superiore. Scelta legittima, che egli motiva però con questa istintiva avversione per ogni
tipo di conversione, ed a giustificare la quale si sente in dovere di
fare riferimento alla vicenda dei
marrani spagnoli, ministri ed inventori, a suo dire, dell’Inquisizione. Il convertito è sempre fanatico, più fanatico del praticante
stesso, porta in sé i germi dell’intolleranza, ma c’è di più, sembra
dire Sciascia: non sei solo tu che
diventi peggiore; è il tuo mondo
di riferimenti che è peggiore, è la
tua condizione oggettiva che si
è mutata in peggio. Approccio
squisitamente siculo alla storia;
o, per meglio dire, approccio alla
storia della classe dirigente sicula,
della intellighenzia dell’isola?
Forse, ma approccio ormai generale di tutta la cultura italiana
al fenomeno della conversione, del
mutamento, del rinnovamento; il
dopo è sempre peggio del prima,
la Repubblica del fascismo, il liberalismo del feudalesimo, i piemontesi dei Borboni. E trasferito
nelle realtà di casa nostra, in quella che a noi sta più a cuore di
tutte: l’evangelizzazione, la predicazione dell'Evangelo? La stoica,
rassegnata, irridente sapienza di
Sciascia e della sua isola, ormai
ombelico (nel senso greco del1’« ónphalon », centro di conver
genza e di significati del reale) dell’Italia post-moderna, conduce ad
una sola conclusione: inutile, ridicolo, assurdo convertirsi quando sai che dopo non sarà meglio
di prima, ma peggio di prima. Per
ritrovarsi con le stesse frustrazioni
e gli stessi irrisolti problemi, gli
stessi conflitti e le stesse compromissioni, perché mutare? Affonda
senza rimorso nel fumo mortale
della sudditanza e della dipendenza.
Donde trae però questa convinzione il Vice di Sciascia ed il nostro paese con lui? Egli guarda
dinanzi a sé, appesa al muro, la
stampa del Dürer che raffigura il
cavaliere, la morte ed il diavolo
nella selva. Grande capolavoro del
pittore tedesco, poi seguace di Lutero, enigmatica e inquietante; chi
sia il diavolo si sa, chi sia la morte
si pensa di saperlo, ma chi sia il cavaliere resta difficile dire. E il Vice li guarda e pensa (ed è la seconda nostra citazione):
« Sarebbe mai arrivato alla
chiusa cittadella, in alto, la cittadella della suprema verità, della
suprema menzogna? ».
Il castello è là, punto geometrico appena percettibile sull’orizzonte, ma il diavolo non lo vede,
troppo preoccupato ad inseguire
il cavaliere, né lo vede la morte
che gli volta le spalle, e neppure
10 vede il cavaliere che incede rigido e ferrigno nella sua armatura.
E quand’anche lo vedesse e per
ventura vi si dirigesse mutando il
suo cammino, che accadrebbe?
Nulla; che mutamento ne deriverebbe? Alcuno, perché là sul colle
si congiungono e si coniugano indissolubilmente la suprema verità
e la suprema menzogna. Come nel
castello padronale che si erge sul
monte e che i servi vedono masso
pietrificato della tragica realtà
della loro condizione umana aureolata della irrealtà della luce nel
baluginare del meriggio.
Ma forse i padri di Sciascia non
erano là nei campi a misurarsi con
11 dramma lacerante della verità-menzogna. Forse ciò che egli intende dirci per bocca del Vice è
questo: l’inverarsi dell’essere si
realizza nel totale immenzognirsi
della condizione umana, sei veramente te stesso solo allorquando
tutto si è dissolto nelTimpalpabile
luminosità del non essere.
Quanto diverso, ci vien subito
da pensare, quelTaltro castello,
quell’altro sguardo (e sono quelli
da cui trae vita la nostra coscienza
moderna), quello che dalla collina innevata domina, ossessiona,
affascina l’agrimensore K.: l’irraggiungibile luogo del vero. Quello è
il castello del romanzo di Franz
Kafka e l'agrimensore, cioè noi, lo
guardiamo come il piccolo Franz
guardava dal suo ghetto Timmen
so, inspiegabile mondo di torri, finestre, cupole nella luce del tramonto lassù sulla collina oltre la
Moldava.
L’agrimensore non raggiungerà
il castello, non troverà la verità
perché chi può trovarla nei cortili
silenziosi, nelle viuzze morte, nei
cortili deserti del Castello di Praga? Ma forse nelle stanze più remote, forse nella soffitta illuminata, lassù sul tetto del palazzo
della Cancelleria, c’è chi la conosce, la verità.
Nel castello di Sciascia (altro da
quello di K. ed anche altro da
quello di Dürer) non c’è più, anzi
non è mai stata.
La verità, sia quella assoluta, di
Dio e del Vero, sia quella contingente, la tua, del tuo vivere cotidiano, non esiste, è solo un risvolto della Menzogna (con la maiuscola!). Non c’è verità né menzogna, vero 0 falso, reale o illusorio, tutto è egualmente vero e illusorio e tutto si capovolge e stravolge in un universo di insignificanza.
L’unica realtà che esista e sia
carica dell’assoluto, in quanto sta
oltre il vero ed il falso e ne è la
sintesi perfetta e definitiva, è la
morte. Chissà, pensa il Vice, che
non sia proprio lei a cavalcare sotto le spoglie del cavaliere solitario
chiuso in sé ed indifferente al
mondo?
Ma forse Sciascia si inganna,
come i pagani mediterranei divorati ed ossessionati dalla luce e dal
sole in cerca perenne dell’ombra;
inseguendo l’ombra assoluta o la
luce assoluta non si accorge che
anche il dubbio si insinua a corrodere la morte: il suo Vice muore
della morte-menzogna del killer e
non di quella vera del cancro; la
sua morte stessa si dissolve nell’insignificante e nel non falso. Q
forse proprio in questo sta la sublime sua perfezione?
E noi, figli della conversione,
lettori instancabili della lotta fra
Vero e Menzogna, che andiamo
facendo in siffatta boscaglia? Che
andiamo cercando e predicando?
Che crediamo fare e proporre ad
un popolo che filosofeggia come il
Vice? Nulla, ridicole divagazioni
pie, ingenui proclami infantili sono i nostri discorsi. A meno che si
trovi una contadina siciliana, una
cugina del Vice, per raccontare a
Sciascia come ha trovato la Verità
e come questa Verità l’abbia fatta
rinascere. E questa donna esiste, è
reale, concreta, presente in molte
nostre comunità ed è la sua esistenza che costituisce il miracolo
preannunziato da Gesù; il castello
sul colle non può essere nascosto, anzi non il castello, la città,
quella di Dio.
Giorgio Toum
Fra i vari centenari che cadranno quest’anno, non si può
dimenticare quello della morte
di Alessandro Gavazzi, avvenuta
il 9 gennaio 1889.
Era giunto alla soglia degli ottant’anni — essendo nato a Bologna il 21 marzo 1809 — e al
momento della morte era il predicatore più conosciuto e il suo
nome continuava a correre su
tutte le labbra (oggi ne avrebbero diffuso la notizia il giornale
radio e la TV), tanto che in un
volume stampato a Venezia vennero raccolti i necrologi pubblicati da 20 quotidiani e riviste
italiani (di tutte le correnti) e
da dieci periodici editi all’estero.
Del Gavazzi si sono occupati
molti biografi cercando di mettere in luce, come di ogni creatura umana, valori e difetti, risultati conseguiti e speranze deluse.
Per capire oggi questa poliedrica figura giova forse ricordare la domanda con la quale lo
Spini concludeva nel 1971 il suo
L’Evangelo e il berretto frigio,
rivolgendosi ai liquidatori americani e inglesi, se ci fosse cioè
qualcosa che valesse la pena di
essere conservato della travagliata esperienza delTevangelismo libero in Italia. E, infatti,
solo rivivendo le ansie e le difficoltà di quei gruppi di credenti
che operarono con i mezzi a loro
disposizione nel clima risorgimentale e poi nell’Italia che lentamente si apriva alla libertà di
predicazione e di discussione, si
può comprendere quali fossero
le aspirazioni e le attività svolte
dal Gavazzi e dai suoi collaboratori.
Gavazzi recava il contributo
della sua esperienza personale
maturata sui campi di battaglia.
negli ospedali, nelle piazze, nell’esilio e poneva a disposizione
quella eloquenza che nessun critico ha mai potuto negargli.
E non fu soltanto l’uomo del
momento; vide i compiti che attendevano revangelismo italiano,
che molti ancora non avevano
intuito.
'Il professor Ltizzi, in un suo
indimenticabile articolo, così descriveva le generose aspettative
del Gavazzi; « Nella sua grand'anima, semplice e cara come
quella di un bimbo, so^ò una
Italia spiritualmente rinnovata
dalle aure purificatrici del Vangelo di Cristo; sognò le Chiese
evangeliche d'Italia raccolte in
un fascio e formanti una Chiesa
evangelica d'Italia che si imponesse all'attenzione delle autorità e del pubblico per la sua
compattezza, per la sua spiritualità, per la sua influenza morale ».
Parole che, alla luce dello sviluppo di avvenimenti che si profilano davanti ai nostri occhi,
non hanno bisogno di commento,
A distanza di 100 anni comprendiamo altresì quello che
Giorgio Bouchard ha potuto scrivere recentemente nel suo I vaidesi e l'Italia, accennando ad
una ipotesi di lavoro sostenuta
nel lontano 1865; « Bella e generosa l'ipote,si dei Liberi in una
nuova chiesa nazionale nel turbine del Risorgimento » e perciò oggi, ricordando Tentusiasmo e la fedeltà di evangelizzatori non sempre compresi, rechiamo anche un fiore di riconoscenza alla memoria di colui
che i contemporanei chiamarono « il patriota cristiano ».
Giovanni Conti
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8
8 srlorìoso rimpatrio
10 febbraio 1989
A partire da questo numero, con scadenza mensile, cercheremo in questa pagina del giornale di informare i lettori sugli sviluppi organizzativi
e di contenuto collegati alle celebrazioni del terzo centenario del Glorioso Rimpatrio dei valdesi. Questa pagina del giornale è dunque una
nuova area in cui la redazione e la Società di studi valdesi si confronteranno e collaboreranno per offrire un’informazione puntuale e
aggiornata su questo importante avvenimento. Tutto, in questa pagina, non si potrà dire. Faremo, di volta in volta, delle scelte. Ricorderemo
gli incontri, proporremo delle valutazioni, segnaleremo delle pubblicazioni, ripercorreremo alcune vicende del triennio 1686-1689
e cercheremo cosi di mettere a fuoco il senso di una delle più coinvolgenti operazioni culturali di questi anni sorte nel protestantesimo
storico italiano e, segnatamente, nel valdismo. Un’operazione alia quale, già da tempo, alcuni fratelli e sorelle stanno lavorando con
passione e con ngore e la cui portata — nel ’600 come oggi ancora — travalica i confini delle valli valdesi. Si tratta infatti di una vicenda tutta
europea. Anche quest’ultimo aspetto cercheremo di scoprirlo insieme ai lettori nel corso di questi mesi (C.P.)
UN’INTRODUZIONE AL TEMA DELL’ANNO
L’OPUSCOLO DEL XVII FEBBRAIO
Cinque voci sul Rimpatrio 1689: n ritorno
li quadro delle vicende politiche europee, la
fatti, i secoli più recenti, le celebrazioni e
Sì, il volume edito dalla Claudiana su « Il Glorioso Rimpatrio » 1 merita d’essere letto proprio per entrare nell’atmosfera
storica della nota vicenda. E letto
soprattutto dai nostri membri di
chiesa che hanno ora a portata
di mano una sintesi magistrale
del fatto storico che stieimo andando a celebrare. Proprio per
evitare i toni eccessivamente celebrativi e retorici, è bene cercare
'• di capire cosa sia effettivamente
successo, e perché e per come, in
quel lontano 1689. Il libro è a cinque voci, leggibilissimo, e ci offre il quadro storico complessivo
del rimpatrio dei valdesi riferendosi ad im’informazione storica aggiornata. Esce in questi
giorni l’edizione francese con im
saggio aggiuntivo dello svizzero
Paul Vouga (Editions Cabédita,
Morges, CH).
In sostanza si tratta di im’ottima introduzione a tutto il problema storico della « Rentrée »
che, via via, negli anni ha acquistato una rilevanza sempre crescente e non soltanto in ambito
valdese.
Una lezione di
storia europea
Giorgio Spini ci propone im’eccellente lezione di storia europea.
E direi che la novità del libro
sta proprio nel tentativo, pienamente centrato, di leggere quel
fatto di storia locale che coinvolse poche migliaia di persone in
un’ottica europea. « ...I valdesi
rientrano nel quadro della grande coalizione antifrancese guidata da Guglielmo III d’Orange;
lungi dall’essere la marcia eroica
di cavalieri solitari sfidanti la
Storia e come tali vittoriosi, perché la fortuna sorride agli audaci, sono con lucida e responsabile
consapevolezza strumenti della
causa protestante, pedine nel
grande gioco della politica angloolandese, nella certezza che la vittoria degli eserciti di Luigi XIV
significherebbe la fine, non solo
della loro professione di fede, ma
della libertà in Europa »
Giorgio 'Toum, in questo volume, compie un lavoro diligente di
lettura teologica dei fatti storici
con interrogativi, spunti interessanti, sempre con un linguaggio
avvincente che affonda le proprie
radici in una profonda conoscenza storica dei fatti. E nella foga
del discorso più di una volta
Toum diventa praticamente im
contemporaneo degli uomini e
delle azioni del famoso triennio
del XVII secolo fotografando e
annotando, con lucida passione,
quello che vede : « ...a guardarli
in faccia non parevano più quelli
di prima, profughi attaccabrighe,
ed insoddisfatti; era gente quadrata, decisa; non più una turba
di sbandati velleitari ma im esercito moderno, risoluto. Quando
11 ministro Amaud recitò, in piedi sulla riva, la preghiera della
sera, aggiungendo un’invocazione
all’Altissimo per la riuscita dell’impresa, si capi, che la piccola
flottiglia aveva delle ’’chances”
di riuscita non inferiori a quelle
della flottiglia di Guglielmo sulla Manica
Giorgio Bouchard, con rinimitabile « taglio » consacrato nel
suo recente volumetto «Il valdesi e l’Italia », ripercorre tre secoli
di storia del mondo valdese intrecciandola con la storia del nostro paese e con la rinnovata
tensione vocazionale della chiesa.
Un compito difficile quello di
Bouchard, dal quale scaturisce un
grande affresco, in cui compaiono nomi, circostanze, aneddoti,
giudizi e in cui tutto si collega e,
per certi versi, si spiega. H saggio
di Bouchard ha il merito di farci
capire perché sia necessario riflettere sulla storia di ieri correndo il rischio di attualizzarla ed
interpretarla alla ricerca del senso della presenza protestante,
oggi, in Italia. Bello e provocatorio, questo capitolo merita di essere discusso, ma già lo si sta
facendo.
Bruna Peyrot rievoca le precedenti commemorazioni del Glorioso Rimpatrio (del 1889 e
1939); c’informa sulle iniziative
(alcime molto coraggiose, come
quella di costruire la "Casa Valdese”, un nuovo contenitore della
cultura e della lede protestante...
e questo avveniva cento anni fa)
che presero i nostri predecessori,
sulle riflessioni storico-culturali e
le prospettive. Si tratta anche qui
di im saggio ricco di informazioni che ci aiuta a comprendere al
meglio gli intenti celebrativi di
cento e cinquant’anni fa nell’ambiente valdese intorno al rimpatrio.
Infine Albert De Lange propone una bibliografia ragionata sulla nota vicenda storica. Ovvero
una rassegna essenziale e non
una elencazione esaustiva della
letteratura, prodotta in tre secoli, sul rimpatrio, ma già da queste note di De Lange s’intuisce
facilmente come il panorama bibliografico sia vastissimo. Grazie
quindi a De Lange abbiamo ora
una bussola per orientarci nel
« mare magnum » degli scritti sul
rimpatrio.
Contesto e
significato
In conclusione direi che questo
libro sulla storia, il contesto e il
significato del « Glorioso Rimpatrio dei valdesi » scritto a cinque mani, costituisce un’ottima
introduzione al tema dell’anno.
Esso imposta correttamente il
problema, non più nell’ottica celebrativo - retorica-apologetica-piemontese, ma restituisce al rimpatrio il suo spessore europeo.
Aspettiamo ora il Convegno
storico di settembre, organizzato
dalla Società di studi valdesi,
Ijer sentire — dalla viva voce degli storici che vi parteciperanno
da diversi paesi del mondo —
se vi saranno nuovi possibili
orientamenti e nuove fonti sul
rimpatrio dei valdesi. A quest’ultimo proposito, dopo il libro
di cui abbiamo parlato sinora (le
cui vendite, sia detto tra parentesi, stanno andando benissimo
grazie alla sua duplice caratteristica di essere scientifico e allo
stesso tempo di facile lettura), è
lettura teologica dei
un’utile bibliografia
molto atteso im altro volume sull’argomento, che dovrebbe apparire nella collana degli « storici
valdesi» (edizioni Claudiana) curata dal professore Enea Balmas
dell’Università di Milano. Si tratta della traduzione del volume di
Vincenzo Minutoli, «Histoire du
retour des Vaudois en leur patrie
après un exil de trois ans et demi », 1690, con altre testimonianze contemporanee sul « glorioso
rimpatrio ». Dal Minutoli Henri
Arnaud, per il suo volume « Histoire de la Glorieuse Rentrée
des Vaudois» pubblicato nel 1710,
attinse a piene mani; Minutoli
fu la fonte principale di Amaud
che scrive soltanto vent’anni dopo i fatti. Ma cosa dice il Minutoli di diverso rispetto all’Arnaud? Insomma, le sorprese sul
rimpatrio sono appena cominciate.
Giuseppe Platone
Storia e interrogativi per i credenti d’oggi
- L’umiltà di sentirsi piccoli di fronte a Dio
* Giorgio Spini, Giorgio Toum, Giorgio Bouchard, Bruna Peyrot, Albert De
Lange, Il Glorioso Rimpatrio dei vaidesi, con 44 illustrazioni fuori testo, 5
nel testo e 5 cartine. Collana della Società di studi valdesi n. 10, Torino,
Claudiana, pag. 162, L. 22.000.
2 pag. 7.
2 pag. 56.
« 1689: il ritorno » è il titolo
dell’opuscolo per il XVII febbraio di quest’anno, curato dal
pastore Claudio Pasquet ed edito
dalla Società di studi valdesi.
Si tratta della storia del rientro
dei valdesi nelle loro valli, letta
e raccontata alla luce di interrogativi e valutazioni teologiche
che possono nascere nel credente che ripensa a questa pagina
del passato valdese. In realtà, come più volte si è già detto e
scritto, il « Glorioso Rimpatrio »
non è ima storia soltanto locale,
confinata nella memoria di un
gruppo di eredi valligiani, ma
un’impresa collegata alle vicende europee del XVII secolo.
Lo sfondo dell’azione di Arnaud, Turel e degli altri capitani
valdesi ed ugonotti, infatti risalta dall’incontro del protestantesimo europeo con gli ideali di
tolleranza e democrazia che la rivoluzione inglese del 1688 aveva
clamorosamente portato alla ribalta; istanze tuttavia che per
affermarsi, paradossalmente, dovevano canuninare anche con la
forza delle armi. Ciò che colpisce ancora oggi non è tanta il ricorso alla violenza — ineluttabile
strumento quotidiano di affermazione di una ipotesi sociale in
tempo di Ancien Régime —
quanto la consapevolezza, negli
uomini del Rimpatrio, di agire
essendo parte di un piano. Questo può sembrare sospetto ai nostri occhi abituati, giustamente,
a non considerare le nostre operesicuri segnali della presenza di
Dio nella storia. Tuttavia, nel
caso degli uomini del Seicento,
questo sentire fortemente collettivo non era mai disgiimto dall’umiltà e dal vedersi piccoli al
cospetto del Signore.
L’intento dell’opuscolo è di
presentare questi problemi in
forma divulgativa rimandando,
per un loro approfondimento, al
già pubblicato libro di AA.VV.,
Il Glorioso Rimpatrio dei valdesi. Storia. Contesto. Significato,
edito dalla SSV e dallEditrice
Claudiana.
Claudio Pasquet, « 1689: il ritorno », opuscolo del XVll febbraio edito dalla Società di studi valdesi.
L. 5.000.
Società
di studi
valdesi
UNA NUOVA MOSTRA L'agenda del
tricentenario
Glorioso Rimpatrio:
realtà e immagine
E’ a disposizione di quanti la
richiederanno la mostra itinerante sul « Glorioso Rimpatrio ».
Suddivisa in quindici agili pannelli di m. 0,70x1, plastificati,
riassume le tappe principali della vicenda, documentandole con
fotografie, stampe, manoscritti
inediti. In particolare, i temi
trattati sono: il contesto in cui
avviene il rientro dei valdesi (la
revoca dell’editto di Nantes, la
lega antifrancese, il rapporto
creatosi fra movimento protestante e domanda di tolleranza,
che la figura di Guglielmo III
¿’Grange simbolicamente rappresentò, la lega di Augusta); la
storia degli avvenimenti valdesi
con un feed-back sugli anni precedenti l’esilio, i tentativi di
ritorno falliti ed il ruolo strategico di Gianavello nella preparazione della spedizione armata;
una parte è naturalmente dedicata al percorso attraverso la
Savoia fino all’arrivo a Bobbio
Pellice, dove i valdesi organizzano la guerriglia ed H. Amaud
viene ormai considerato il vero
capo della spedizione; la Balsiglia occupa anche uno spazio a
sé, poiché nella memoria valdese essa è diventata simbolo di
resistenza e fedeltà.
La mostra non termina, tuttavia, come siamo di solito abituati a far finire le vicende del
Seicento, e cioè con la « vittoria » valdese, ma lancia uno
sguardo sugli anni successivi fi
no a quel 1696, anno in cui Vittorio Amedeo II conclude una
pace segreta con Luigi XIV, in
cui si stabilisce l’espulsione dal
territorio piemontese di tutti gli
ex sudditi del re Sole.
Non solo, dopo il Rimpatrio
iniziano gli anni difficili della ricostmzione della vita quotidiana alle valli. Soltanto dopo il
1700 vengono riedificati i templi
e ricompaiono le case rurali, che
ancora oggi caratterizzano il
paesaggio agreste valligiano, seppur in via di decadimento.
Questa mostra itinerante è un
« estratto » della « grande » mostra che verrà inaugurata a Luserna il 15 luglio prossimo. Ribadiamo che è di facile esposizione e di agile allestimento. Allegati alla mostra ci sono degli
stampati di 80 pagine che fungono da catalogo, sotto forma
di brevi schede (una per pannello) che il visitatore viene invitato ad integrare con la lettura del libro edito in occasione
del centenario, « Il Glorioso Rimpatrio dei valdesi. Storia. Contesto. .Significato ». Ricordiamo
che la mostra itinerante è disponibile per tutto l'anno in corso
e che, per una più efficiente
organizzazione, le richieste vanno presentate in forma scritta
presso la Società di studi vaidesi, via Roberto d’Azeglio 2,
10066 Torre Pellice (To), con un
mese di preavviso.
Il Comitato si è riunito martedì 24
gennaio nel corso delle due giornale
seminariali dedicate, ogni due mesi,
allo studio e all'organizzazione delle
iniziative, e iil particolare alla riprogrammazione del Museo.
E' stato in primo luogo > ripassato ”
Il programma delle manifestazioni, che
è stato anticipato a grandi linee
in un dépliant in corso di distribuzione. In questa sede, tuttavia, sono
rieomprese soltanto le manifestazioni
più strettamente ufficiali e non quelle,
ad esempio, più locali, comunità per
comunità, di cui daremo informazione
in seguito. Il Comitato ha deciso anche la distribuzione di una scheda da
compilarsi a cura degli eventuali collaboratori delle manifestazioni della
prossima estate, specificando competenze e date della loro disponibilità;
essa può essere ritirata presso la S.
S.V. in orario di ufficio (lunedì e
venerdì).
# Iniziative della Società di studi
valdesi: per il Convegno storico, previsto dal 3 al 7 settembre, sono aperte le iscrizioni previa compilazione di
un'apposita scheda da richiedere aila
S.S.V. , via Roberto D'Azeglio 2 10066 Torre Peliice - Tel. 0121/932179.
# Sono anche disponibili, al costo
di L. 40.000, serie di 40 diapositive,
sempre sul « Glorioso Rimpatrio ”,
accompagnate da un ciclostilato illustrativo, utili ad introdurre conversazioni sul tema nelle scuole, al catechismo, nei vari gruppi di studio, e
anche in serate di conferenze. Le richieste vanno rivolte sempre alla S.S.V.
# Errata: la data di apertura della
mostra di Nyon (Svizzera) su > La
Glorieuse Rentrée 1689-1989. Toute
l'histoire des Vaudois du Piémont», non
è il 23 maggio ma il 24 giugno (il 23
sarà inaugurata dalle autorità svizzere).
9
10 febbraio 1989
inchiesta ^
OPERAI A TORINO - 1
Il fiore
della classe operaia
Che cosa rappresentò lo sviluppo della Fiat per il capoluogo piemontese e per il movimento operaio? - Il clima del ventennio fascista
La Fiat ha 90 anni, essendo
stata fondata il 1" luglio 1899 in
una sala del primo piano di palazzo Bricherasio in via Lagrange, a
Torino. 90 anni di storia che hanno segnato la storia della città, del
Piemonte e dell’Italia. Elémire
Zolla ha scritto che a Torino
tutto è Fiat, la fabbrica, il caffè,
il ristorante, il tram, l’auto, il lavoro. C’è del vero e dell’esagerazione in quest’affermazione. Una cosa è però certa: almeno da 80 anni
la storia di Torino è strettamente intrecciata a quella della sua
fabbrica.
Alla fine dell’800, Torino è una
delle « città più positivistiche
d’Italia, certo la più positiva»
<N. Bobbio). L’università ha
in grande considerazione la
scienza, la storia, la letteratura,
ma è anche il santuario del liberalismo economico e politico.
Salvatore Cognetti, Pasquale Jannaccone, Gioele Solari, Gaetano
Mosca, Riccardo Bachi, Giuseppe
Prato, Luigi Albertini, Francesco
Ruffini e Luigi Einaudi sono alcuni dei nomi che caratterizzeranno
la ricerca liberale. In questo clima culturale nascono la Fiat, la
Michelin (1905), la Lancia (1906),
l'Olivetti (1908).
Le tre basi
deirindustria
Alla base dell’industria torinese
stanno ire fattori: il motore elettrico e l’energia a basso costo fornita dal comune, la manodopera
specializzata, la disponibilità di
capitali per gli investimenti. Sulle colonne del giornale cittadino,
La Stampa, il direttore Alfredo
Frassati, inneggiando al liberalismo dinamico e progressivo, opponeva « le classi che lavorano »
ai « gruppi che janno politica e
■amministrazione ».
In città don Bosco e i suoi si
battono (anche contro i valdesi)
per portare « gli operai nella mistica vigna del Signore», fornendo ai giovani un mestiere perché
« mediante il lavoro essi possano
rendersi benemeriti della società e
della religione ». « Labor omnia
vincit improbus » è il motto dei
salesiani.
1 "quadri” di origine
valdese
Anche il gruppo dirigente valdese era liberale e fornisce quadri
-all’industria nascente. Ma le difficili condizioni sociali di quanti
dalle valli scendono in città per
lavorarvi inducono alcuni valdesi
•all’opzione socialista. Il loro però
è un socialismo umanitario, alla
De Amicis. Nascono nel mondo
■valdese le società di mutuo soccorso e si tiene in gran conto
l’istruzione. Mentre tutto questo
avviene, la fabbrica, la Fiat, si
Tiempie di operai, generici e
specializzati, di tecnici, di disegnatori che rendono possibile la
produzione in larga scala. La Fiat
però comincia ad avere un problema: quegli operai, quei teenici, si stanno organizzando nelle
leghe, nel sindacato, diffondono
idee socialiste. La politica urbanistica del comune fa costruire i
nuovi stabilimenti e le barriere
operaie. Il tram è ormai indispensabile e le tariffe, stabilite dal comune, sono le più basse d’Italia.
Nel 1912 Torino ha 415 mila abitanti, contro i 329.000 dell’inizio
Novecento. La città è ormai un
grande centro industriale, è ormai
una delle tre capitali d’Italia.
Le tre capitali
italiane
« Si può dire che l’Italia ha tre
capitali, Roma come centro amministrativo dello stato borghese,
Milano come centro commerciale
e finanziario del paese... e infine
Torino, come centro industriale...
Col trasferimento della capitale a
Roma, da Torino emigrò tutta la
piccola e media borghesia intellettuale che fornì al nuovo stato borghese il personale amministrati
munista italiana ». Nasce qui, analizzando le caratteristiche della
classe operaia, l’idea del carattere
industriale della futura società comunista dei produttori, cara non
solo a Gramsci, ma anche a Togliatti, Terracini, Viglongo, Leonetti, ai fondatori del partito comunista italiano.
Un mito per i
comunisti italiani
Il comportamento lavorativo legato al «mestiere» e quello politico dell’operaio torinese (oceupazione delle fabbriche, consigli operai)
legittimano questa idea nel movimento comunista. Un’idea ehe costituirà il mito e la realtà quotidiana di centinaia, di migliaia di
militanti comunisti per almeno
60 anni: la elasse operaia torinese
è un modello antropologico per i
futuri assetti istituzionali.
Che l’operaio torinese fosse in
IN FABBRICA NEGLI ANNI '20
La colpa di avere
beila calligrafia
Mentre in questi giorni l’attenzione è puntata sul « caso
Fiat » (ma, in molte occasioni, non sarà da sempre stato
una regola?), il mio pensiero
corre a coloro che negli anni
si sono battuti secondo « coscienza » (intendo senza vantaggi personali o politici) per
una maggiore giustizia, democrazia e per il prossimo nei
luoghi di lavoro; a volte l’unico tornaconto era quello di
essere volontariamente « costretti » ad abbandonare il
proprio posto di lavoro.
Un pensiero particolare va
al nonno materno, in anni
ormai lontani (1922), incaricato dai colleghi di lavoro
(aveva una buona calligrafia)
di scrivere una lettera al datore di lavoro, con la richiesta di fare uno sforzo ed arrivare alla cifra tonda di lire
5 (la loro paga era di lire 4,75
centesimi). Dopo aver concesso ai dipendenti i 25 centesimi di aumento, si procedeva
all’« indagine » per arrivare a
chi aveva con tanto ardire
scritto la missiva.
Abbandonato dai colleghi, fu
l'itenuto unico responsabile ed
allontanato dal suo lavoro; a
quel tempo aveva a carico la
moglie con cinque figlie ancora ragazzine ed alle spalle gli
anni di guerra 1915-’18 al servizio della patria!
Il nonno era un umile, un
buono, uno che non aveva paura di « sporcarsi » le mani in
svariati mestieri, sempre pronto a dare il suo aiuto a chi
aveva necessità nei lavori finché la salute lo sostenne.
Aveva però alcuni « difetti »: negli anni di guerra aveva sempre portato con sé la
sua Bibbia e, malgrado tutte
le traversie passate, aveva ancora la pazienza di prendere
a turno i suoi numerosi nipoti sulle ginocchia e raccontare loro con humour le favole
e le storie vere della sua vita.
Così ti ricorda tuo nipote
Carlo
vo...; lo sviluppo della grande industria attirò invece a Torino il
fiore della classe operaia italiana »: così scriveva Antonio Gramsci nel 1920, meditando « sotto la
Mole ».
Torino è la « città industriale
per eccellenza, la città proletaria » ; «è come una sola fabbrica:
la sua popolazione lavoratrice di
uno stesso tipo... è fortemente
unificata dalla produzione industriale » : è sempre il Gramsei dell’Ordine Nuovo ehe scrive. Torino
è la « fucina della rivoluzione co
quel periodo (gli anni ’20) capace
di cose nuove. Io conferma anche
l’analisi di Piero Gobetti: « La rivoluzione si pone in tutto il suo
carattere religioso. Certo è l’ora
difficile anche per gli operai. Essi
hanno liquidato gli organizzatori
e i vecchi capi astrattisti e disonesti, e fanno da sé. Si tratta di un
vero e proprio tentativo di realizzare non il collettivismo, ma una
organizzazione del lavoro in cui
gli operai, o almeno i migliori di
loro, siano quel che sono oggi gli
industriali...; non si propongono
schemi astratti di socializzazione,
ma operano sul terreno della realtà, fabbrica per fabbrica, officina
per officina ».
L’occupazione delle fabbriche
fa paura: Giolitti e Agnelli propongono agli operai di trasformare
la Fiat in cooperativa. Ma le cose
andranno in altro modo. Finirà il
momento dei eonsigli, i lavoratori
eonquisteranno salari migliori e le
8 ore, ma dovranno pagare prezzi in termini di oceupazione, e poi
— col fascismo — anche in termini di potere di acquisto, di organizzazione. In fabbrica entrano
nuove tecniche di organizzazione
produttiva, il taylorismo, ed escono le donne.
Le nuove macehine, l’organizzazione tayloristica del lavoro, il
cambio generazionale dividono il
movimento operaio che nelle fabbriche non diventerà mai espressamente fascista e nemmeno antifascista, starà a guardare. Il mestiere persiste ma è di pochi. Il
lavoro in linea dequalifica, ma
permette anche il ritorno delle
donne in fabbrica. E proprio dal
racconto di una donna possiamo
cogliere il clima del lavorare in
Fiat nel periodo del fascismo.
« Dice il capo: ’’Tre giorni di sospensione, fateci subito il biglietto
di uscita”. Quando siamo vicino
al reparto se ne viene fuori un fascistone: ’’Che cosa è successo?’’’.
Allora io ho detto: ’’Va’ a ramengo te e il tuo duce, sono andata a
mangiare un pezzo di pane nei
gabinetti e mi avete dato tre giorni di sospensione”. Poi la prima
mattina di sospensione la guardia
Fiat viene a casa mia e dice: ’’Lei
signora, domani mattina deve venire a lavorare”. ”Ma lei scherza,
mi hanno dato tre giorni di sospensione, cosa è venuto a togliermi due giorni di ferie? Ma mi faccia ridere, ho dormito ventiquattr’ore”. Il fatto è che avevo un
lavoro particolare, facevo l’interno dell’ala... e nessuno poteva lavorare se non gli davo quello che
facevo io ». E’ il racconto di Elvira Faé, operaia alla Fiat Aeronautica durante il fascismo.
Grazie all’organizzazione aziendale, la Fiat prospera, si costruisce
ora anche la Topolino, la vettura
per gli italiani, e si apre un nuovo
stabilimento a Mirafiori, proprio
cinquant’anni fa, nel 1939, un altro anniversario.
Fuori della fabbrica il vecchio
liberalismo lascia spazio a raggruppamenti intellettuali antifascisti. Francesco Ruffini rifiuta di
giurare fedeltà al fascismo e lascia
la cattedra di diritto ecclesiastieo.
Carlo Levi, Mila, Pavese, Ginzburg, Garosci, Bobbio e Alessandro
Galante Garrone animano il dibattito culturale. Piero Gobetti stampa una collana: « Diritti di libertà ». Al liceo D’Azeglio insegna
Augusto Monti. Durante tutto il
periodo fascista non si spegne, anche se le diflieoltà sono molte,
quel filone liberale ehe era stato
la caratteristica di Torino nel primo Novecento.
Basta con la guerra
basta con la fame
Nelle fabbriche non c’è grande
organizzazione, ma continua quella clandestina del partito comunista e quando le condizioni economiche e lavorative si faranno insopportabili ci sarà la rivolta operaia. E’ il marzo del 1943, partono
i primi seioperi alla Fiat. « E nessuno aveva il coraggio di dire il
perché. E questi •— specialmente
il capo officina — si rivolgeva
sempre ai vecchi operai, quelli che
conosceva meglio; ma questi, così,
avevano un po’ paura, il timore e
non dicevano niente. Allora io sono salito sul tavolo e ho detto:
Glielo dico io perché facciamo lo
sciopero: facciamo sciopero perché siamo stufi della guerra, facciamo sciopero perché siamo stufi
a soffrire la fame. Perché vogliamo un cambiamento », eosì racconta Staglieno Rossi il suo sciopero del ’43.
Per molti il cambiamento sarà
l’uscire dalla fabbrica e l’aderire
alle bande partigiane. Per altri sarà il rimanere, il continuare un lavoro clandestino di organizzazione. Alla liberazione di Torino, la
classe operaia si scoprirà antifascista e democratica, voterà in
massa per la repubblica, parteciperà con entusiasmo al consiglio
di gestione della Fiat.
E’ quanto vedremo in un pros- •
simo articolo.
Giorgio Gardiol
10
10 valli valdesi
10 febbraio 1989
TORRE PELLICE: INCONTRO FRA MEDICI E PASTORI
La cura dei pazienti
e queila dei fedeli
Nelle esperienze di lavoro si riscontrano anche strani cambi di ruolo - Lavorare sul disagio, sulle tossicodipendenze, suN’eutanasia
Può capitare — ed è capitato
di recente — che un medico (non
valdese) consigli alla sua paziente di curarsi le proprie nevrosi
iscrivendosi ad una chiesa valdese e partecipando attivamente
ad una attività coinvolgente, tipo l’unione femminile. Pare che
la signora in questione abbia
tratto da questa terapia notevole beneficio.
Ora, sull'episodio in questione, è nata una vivace discussione circa la legittimità o meno
di usare la chiesa come cura antidepressiva. E’ innegabile che la
fede abbia una sua valenza terapeutica; essa ti proietta verso
l’esterno, ti offre delle certezze
di fondo insieme ad un equilibrio psichico generale. Ma la fede è un dono, non si può comperarla in farmacia.
Su questi e altri problemi si
è svolto recentemente, a Torre
Pellice, un primo incontro medico-pastorale organizzato dalla
« Commissione sul disagio psichico » nominata dalla Commissione esecutiva del primo Distretto (valli valdesi). Sei medici e sei pastori, più alcuni (pochi) laici hanno provato a mettere sul tappeto, con molta sincerità e aF>ertura, alcune diffìcili
esperienze professionali e alcune valutazioni.
Dall’insieme del discorso vengono fuori alcune singolari sensazioni: spesso il paziente racconta al medico la sua vita e
il fedele (che è il paziente di
prima) racconta al pastore dei
suoi problemi di salute. Così i
ruoli, più di una volta, s’invertono anche se pare ormai pienamente consolidata, nella cultura corrente, la prospettiva per
la quale il medico è il gestore
del problema della salute e il
pastore il gestore del problema
della morte. Si tratta qui, per
ragioni di spazio, di rapide esemplificazioni, ma sono pur sempre spunti da approfondire e che
hanno un preciso riscontro nella realtà di tutti i giorni. C’è chi
concepisce la comunità dei credenti anche come comunità che
può guarire dalla malattia, una
comunità che sa accogliere chiunque in nome di quell’amore del
prossimo che è il fondamento
morale dell’Evangelo. Altri vor
rebbero invece un’aggregazione
comunitaria più' selettiva: « La
chiesa non può diventare un ambulatorio psichiatrico ».
Se per un medico — ecco un
altro grosso problema — è difficile dire al proprio paziente
che ha un cancro, diffìcile è anche per il pastore sviluppare
una « cura d’anime » basata sull’ascolto, sul saper dire la parola giusta al momento giusto
e saper così proporre una prospettiva di speranza, biblicamente fondata. Difficile fare il medico, diffìcile fare il pastore. Tutte e due le professioni sono esposte al confronto quotidiano
con il pubblico, si lavora sempre e comunque attraverso vecchie e nuove relazioni con le
persone.
Ci sono poi problemi specifici
che trasformano completamente gli individui, come l’assunzione di droghe (l’etilismo è il grosso problema di queste vallate)
o la lucida consapevolezza —
per citare un altro fronte di problemi — di avere ima malattia
inguaribile e quindi « il tempo
contato ». Su questi e altri terreni medici e pastori possono,
anzi debbono collaborare. Il paziente e il fedele sovente sono
la stessa persona, lo stesso problema; e se è così, perché procedere a compartimenti stagni?
In altri paesi si svolgono consultazioni regolari tra medici e
pastori sui problemi della vita
e della morte, nelle quali la collaborazione contribuisce a migliorare la qualità — se così si
può dire — del servizio pastorale e di quello medico. Tra i
problemi più importanti che in
prospettiva il gruppo medici-pastori ha individuato segnaliamo:
le varie forme del disagio psichico, il tema dell’eutanasia, l’emarginazione dei « tossico », la
consapevolezza della propria
prossima morte per malattia
grave.
Su queste e altre questioni il
gruppo di lavoro medico-pastorale dovrebbe continuare ad incontrarsi per iniziativa della
Commissione sul disagio psichico nominata dalla CED. Chiaramente non si è risolto nulla, ma
il fatto stesso d’essersi incontrati intorno ad un tavolo per
socializzare alcune esperienze,
l'avere sottolineato la necessità
di collaborare per intervenire
nei confronti del nostro prossimo nel modo più corretto e approfondito possibile sono già di
per sé segnali positivi. Confrontarsi non è facile. Ma anche in
questo caso l’isolamento professionale non aiuta ad andare avanti. A meno che si viva in diaspora con un pastore e un medico ogni 200 chilometri quadrati. Ma non è il caso delle valli
valdesi.
Giuseppe Platone
ALLEVATORI AD ANGROGNA
Mutuo soccorso
ANGROGNA — Il consiglio
comunale ha discusso le nuove
manovre governative riguardo alle finanze comunali, che dovranno
basare parte delle entrate su
tasse direttamente imposte sui
cittadini da parte dei comuni.
L’istituzione di un’imposta per
l’esercizio di imprese, arti e professioni e l’adeguamento delle tariffe per lo smaltimento dei rifiuti vanno dunque in questa linea.
COMUNITÀ* MONTANA VAL PELLICE - U88L 43
Concorsi pubblici
Sono indetti pubblici concorsi per titoli ed esami, presso
l’Unità Socio Sanitaria Locale n. 43, a :
__1 posto di operatore professionale di 1^ categoria - Collaboratore ■ Terapista della riabilitazione;
— 1 posto di assistente amministrativo.
Le domande, in carta semplice, dovranno pervenire all’Ufficio Personale delTUSSL n. 43 - Corso J. Lombardini, 2 Torre Pellice - entro e non oltre le ore 12 del 13 febbraio 1989.
Per ogni altra informazione rivolgersi all'Ufficio Personale della USSL n. 43 - Corso Lombardini, 2 - Torre Pellice Tel. 0121/91514 - 91836.
Orario apertura al pubblico: tutti i giorni dalle ore 9 alle
ore 12 escluso il sabato.
IL PRBSIDEN’TE
(Piercarlo arch. Longo)
COOPERATIVA MOUNT SERVIN
Un nuovo chalet
Nel corso della medesima seduta consiliare, è stata presentata la relazione programmatica
per l’anno in corso in cui si prevedono opere in vari settori, dall’acquedotto alla rete stradale,
dal completamento della centralina idroelettrica alla Sella all’ampliamento del municipio.
Mentre avremo più spazio per
tornare su questi argomenti, va
segnalato invece rincontro che
gli allevatori della vai d’Angrogna avranno martedì 14 febbraio
alle ore 21, nel seminterrato delle
scuole di S. Lorenzo, con la partecipazione dell’assessore all’agricoltura della comunità montana, Bellion, per discutere dell’istituzione di un fondo di solidarietà per far fronte ai danni
derivanti dall’obbligo di abbattimento di animali infetti, di un
incarico professionale ad un veterinario che effettui quegli interventi oggi non previsti dai veterinari USSL ((fecondazioni, tagli, chiamate notturne, ecc.) ed
infine del piano latte e del piano
carne che la comunità montana
intende realizzare.
Conta ormai cinque anni l’attività della coop. Mount Servin,
che si propone di valorizzare
l’area della Vaccera ed il giardino botanico della Rostania sui
comuni di Angrogna e San Germano. L’assemblea dei soci, che
si è svolta lo scorso 28 gennaio,
ha ipermesso di focalizzare l’attenzione dei presenti su alcuni
aspetti. Anzitutto una buona notizia.
Sarà allestito durante l’estate
il secondo prefabbricato che la
cooperativa turistica « Mount
Servin » ha acquisito durante
lo scorso anno. Sono infatti pervenuti i pareri favorevoli delle
guardie forestali e quindi l’iter
burocratico sembra avere imboccato la dirittura d’arrivo.
Questo chalet, che si affianca al
primo già da tempo funzionante come bar ristoro, avrà la capienza di 12 posti letto e permetterà quindi il soggiorno di
singoli o gruppi che vogliano
trascorrervi i fine settimana, sia
in funzione della neve che del
turismo verde, quindi passeggiate ed escursioni molto panoramiche sulle due valli Chisone
e Pellice avendo come punto focale il giardino botanico « La Rostania ».
Durante l’assemblea presieduta da Giorgio Canonico, rappresentante del consiglio in assenza del presidente attualmente
convalescente,- è poi stato comunicato che la Regione ha ammesso il progetto dello chalet a
fruire di un contributo in base
alla legge regionale per l’incremento delle attività turistiche n.
2, del 15 maggio ’87, la cui entità non è ancora stata definita.
Riguardo al giardino botanico,
va rilevato che le 3.000 piantine
messe a dimora lo scorso anno
necessitano di parecchia cura, di
diserbo sistematico dagli infestanti che tendono a riappropriarsi della zona e, in taluni
casi, di irrigazione; ciò comporta un impegno di tempo da parte di alcune persone.
La stagione invernale priva di
precipitazioni nevose ha comunque evidenziato le preoccupazioni di tutti, così come avviene in
modo generalizzato su tutto l’arco alpino quando non vi siano
gli impianti di produzione di neve artificiale.
Gli sforzi per migliorare il collegamento viario, le piste di fondo e di discesa sono risultati
inutili di fronte alla mancanza
di neve e lo stesso punto di ristoro, attualmente affidato alla
gestione in proprio di una persona, ne ha risentito notevolmente; allo stesso modo i maestri di sci e le altre persone che
abitualmente si impegnano nel
funzionamento degli impianti sono rimasti fin qui disoccupati.
Adriano Longo
Falò con giudizio
PINEROLO — Il WWF ha inviato al moderatore ed al vicemoderatore una lettera in cui,
in vista del XVII febbraio e considerando l’usanza diffusasi di
bruciare anche gomme di automobili, si auspica un appello affinché venga evitato l’uso di questi materiali altamente inquinanti.
Una preoccupazione in più: la
siccità di questi giorni consiglia
prudenza. La festività del 17 senza falò perderebbe forse in coreografia, non in significato!
INCENDI
Alto rischio
ISO ORE
Per ottenere
la licenza
media
Anche le valli del pinerolese
non sono state esenti da incendi nel corso delle ultime settimane. La forte siccità contribuisce ad elevare il rischio derivante da mozziconi di sigarette gettati incautamente od operazioni
di pulitura dei boschi. Dopo l’incendio a Ferrerò, nella serata di
martedì 31 gennaio le squadre
di volontari hanno dovuto intervenire nei boschi di Riclaretto
e nel fine settimana sul versante
sud-est del monte Vandalino a
Torre Pellice, dove le fiamrrie sono divampate per le intere giornate di sabato e domenica, assumendo talvolta anche aspetti
spettacolari, ma senza arrecare
danni ingenti in quanto sono state interessate zone adibite unicamente al pascolo.
Nel corso della settimana un
incendio di vaste proporzioni
aveva invece interessato l’alta
vai Po, distruggendo parecchi ettari di bosco e risultando visibile anche dalla vai Pellice, specie di notte.
Un altro incendio, imputabile
questa volta più a disattenzione
che alla siccità, ha distrutto martedì scorso la struttura adibita
dalla chiesa valdese di Torre Pellice alla raccolta della carta da
macero compreso, ovviamente, il
contenuto.
Rieccoci a parlare dei corsi
delle 150 ore, corsi completamen
te gratuiti a cui possono iscri
versi tutte le persone che hanno compiuto i 16 anni e che non
siano in possesso del diploma
di y media.
Una licenza che è indispen.sabile per chiunque voglia iniziare un’attività commerciale oppure desideri partecipare ad un
concorso per un impiego statale o ancora semplicemente avere qualche strumento in più per
sostenere dialoghi con figli o
con chiunque venga a contatto.
La durata dei corsi è di 9 mesi (da ottobre a giugno), tre ore
al giorno dal lunedi al venerdì,
secondo orari che tengano in
conto le esigenze dei corsisti.
Al termine del corso si sostiene un regolare esame, superato
il quale viene rilasciata la licenza media.
I lavoratori dipendenti hanno
diritto ad utilizzare permessi retribuiti.
In vai Pellice si tengono corsi
di questo tipo presso le scuole
medie di Torre Pellice e Bricherasio; analoghe iniziative riguardano le scuole medie di Vigone,
Villar Perosa e di Pinerolo (Abbadia). Le preiscrizioni, per motivi organizzativi, si ricevono fino al 15 febbraio; ulteriori informazioni presso le segreterie
di questi istituti.
TORRE PELLICE
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i
11
F
10 febbraio 1989
valli valdesi 11
FRALI
Il turismo precario
Le attività dei pralini, ancora relativamente numerosi rispetto alla
situazione di altri comuni montani - Le vecchie e nuove professioni
l.’economia di Frali è oggi un
economia mista: agricoltura di
sussistenza, il turismo, una piccola attività artigianal-industriale, l’edilizia, le miniere di talco.
Rispetto a Rodoretto, Massello o altri paesi delle alte valli.
Frali ha tuttora una discreta popolazione residente, un tessuto
sociale ed economico e, contrariamente ad altre località turistiche, la popolazione residente
è in gran parte di origine locale.
Le varie miniere di talco in
valle, che imponevano il pendolarismo quotidiano dei minatori, hanno certamente contribuito
ad evitare l’esodo di massa, prima verso il fondo valle e poi verso la città, a cui si è assistito in
altri paesi. La presenza di una
piccola falegnameria e l'avvento
del turismo hanno poi trattenuto la popolazione quando le miniere hanno ridotto il personale.
L’agricoltura resta un polo
dell’economia del paese, sia come punto fermo di sussistenza,
sia per un piccolo smercio verso i turisti e anche per chi vierie apposta per comprare prodotti di Frali. L’idea, lanciata
nel passato anche dalla chiesa
valdese, di costituire una cooperativa che gestisca un negozietto per la vendita di prodotti agricoli e di artigianato non ha
■però avuto seguito.
La miniera di talco della Gianna occupa sempre meno minatori. Attualmente sono una dozzina i pralini che, una settimana
la mattina ed una il pomerìggio,
scendono verso la Gianna.
La falegnameria - segheria - arredo rustico impiega una dozzina
di persone. Froduce mobili che
vende in un negozio-esposizione
a Ghigo; fabbrica e posa infissi,
balconi, ringhiere, perlinature...
a Frali ma anche fuori valle.
Alcune piccole ditte di costruzioni edili si occupano, finito il
boom edilizio, di rifacimenti tetti, rattoppi vari, sgombero neve,
trasporti per la Frovincia.
II turismo occupa una cinquantina di persone. Alla seggiovia
lavorano stabilmente una dozzina di persone, e circa altrettanti
avventizi, per il funzionamento
degli impianti e la preparazione
delle piste. Attorno al ristorante
della Capannina, all’Alpet, ruota
un’altra decina di persone, soprattutto ragazze.
La gestione dei bar e degli alberghi, salvo il Miramonti, è in
mano a persone che vengono da
fuori, occupano manodopera
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 9 febbraio, ore 16.45, avrà luogo al Centro
d'incontro una riunione con il seguente o.d.g.: a) Azione urgente in favore
di Paul Liu Shuhe, vescovo cattolico
romano, detenuto in Cina senza alcuna
accusa dal novembre ’88. b) Campagna
per il rispetto dei diritti umani violati
in Turchia, c) Bilancio consuntivo, dj
L'« operazione candele » del 28 gennaio. e) Attività di primavera.
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma per il prossimo
fine settimana la visione del film
« L’orso », in orario 20-22 {sabato 11) e
dalle 16 alle 22, domenica 12.
Teatro
PINEROLO — Sabato 11 febbraio,
alle ore 21.15, presso l'auditorium di
corso Piave il gruppo teatro dell’ACIDO
presenterà lo spettacolo « Diabolico
intrigo ».
pendolare, proveniente soprattutto da Finerolo e da Ferosa, con
un rapidissimo tum-over.
I maestri di sci sono circa una
decina e, tranne uno, hanno tutti un altro lavoro. Un negozio
di articoli sportivi e due noleggiatori di sci completano il quadro dell’industria turistica. A tutto ciò bisogna aggiungere alcuni
negozi, un’agenzia immobiliare,
il municipio, scuola e asilo, la
posta, i cantonieri.
Fer concludere l’elenco, alcune attività che interessano marginalmente i pralini: la cava di
marmo di Rocca Bianca, in funzione da metà primavera ad autunno inoltrato, gestita da una
ditta della vai d’OSsola con operai òssolani; gli alpeggi, caricati
con bestiame proveniente da fuori valle. Infine Agape, che spesso rischia di ignorare Frali e di
essere ignorata.
II turismo, il mercato del lavoro, e la precarietà dei lavoratori avventizi influenzano ovviamente anche la vita della chiesa: le riunioni quartierali vengono fissate tenendo conto dei turni della miniera, se a Natale o
Fasqua c’è neve, come auspicabile, il canto della corale si affievolisce. Il turismo pK)ne però
anche dei problemi e delle possibilità di testimonianza: se all’inizio un grosso impulso al turismo è stato dato da evangelici che compravano appartamenti per passare le vacanze alle valli valdesi, il turista attuale
sembra cercare altro: non per
questo va ignorato.
Daniele Rivolr
COMUNE DI LUCERNA SAN GIOVANNI
PROVINCIA DI TORINO
UFFICIO TECNICO
LICITAZIONE PRIVATA
IL SINDACO
Visto l’art. 7 della legge 2.2.1973 n. 14, come sostituito con l’art. 7 della legge 8.10.1984 n. 687
RENDE NOTO
Questo Comune intende appaltare mediante licitazione privata il servizio di pulizia locali costituenti la
Sede Municipale.
Le Ditte interessate, che dovranno essere iscritte alla Camera di Commercio, Industria ed Artigianato, potranno chiedere di essere invitate alla gara indirizzando
la richiesta al sottoscritto Sindaco, nella Residenza Municipale, entro le ore 12 del giorno 20 febbraio 1989.
La richiesta di invito non vincolerà in alcun modo
questa Amministrazione.
Luserna San Giovanni, 23 gennaio 1989
IL SINDACO
(Badariotti ing. Claudio)
NOI E LA STORIA
Caro direttore,
leggendo l’articolo di Piervaldo Rostan « La storia siamo noi », mi è venuto spontaneo il collegamento con il
supplemento de l’Unità, «Tango», in cui
si ironizzava su fatti e personaggi della
vita quotidiana. Purtroppo, però, quanto
si legge è profondamente autentico e
vero; forse non sarebbe male allargare
l’indagine oltre gli anni di catechismo,
le sorprese non sarebbero forse da meno. Perché il rischio è spesso quello
di affidare troppa responsabilità al giovane e poca al genitore. Evidentemente si rimane sorpresi per il fatto che
chi è stato consultato vive proprio in
una realtà specifica, peculiare riguardo
alla storia valdese e anche laica della valle.
La prima osservazione mi pare essere questa: accanto a quei cartelli stradali riportanti i nomi dei vari Beckwith,
Lombardini, Valdo sarebbe intelligente
porre la data di nascita e di morte ed
eventualmente chi è stato. Questo farebbe un minimo di chiarezza, non solo per i giovani catecumeni ma viceversa per quelle molte persone che
ogni anno visitano le valli. Successivamente va affrontato il rapporto della
gente locale con la sua storia.
lo non so quanta chiarezza vi fosse nei tempi passati in merito a date,
avvenimenti, personaggi, ma forse era
un tempo in cui questo poteva essere
anche concesso. Ora non è più possibile per il fatto che la nostra stessa
immagine è proiettata continuamente
all'esterno e non è certo difficile essere interrogati in proposito da una televisione. da una coppia di villeggianti, da
un ricercatore universitario. Giustamente questo avviene qualche volta fuori
da ambiti strettamente organizzati,
in maniera meno ufficiale ma altrettanto valida. • La storia siamo noi » in primo luogo se sappiamo chi siamo, altrimenti Il rischio della delega al pastore,
all'esperto, al cultore non risolverà le
varie confusioni in proposito, lo mi
auguro che il 1989 possa segnare ve
ra attenzione per la storia, che il museo
di Torre Pellice sia non solo visitato
dai turisti e villeggianti, ma anche
dalle nostre chiese, dai membri del
concistori, dai monitori, catechisti, dalla gente che va in chiesa tre volte
all’anno. Mi auguro che, rispetto alla
partecipazione alle prossime iniziative
del rimpatrio, siano coinvolte queste
persone, e la loro partecipazione sarà altrettanto valida e significativa
quanto quella di coloro provenienti da
fuori.
I catecumeni cresceranno. Proprio
per questo credo che la chiesa debba porre maggior attenzione verso
quelle molteplici realtà evangeliche
fuori dalle valli. '
Se per un protestante italiano è salutare venire a Sibaud, ad Angrogna. Massello ecc., deve essere fondamentale, da parte dei giovani delle
valli, la conoscenza in primo luogo dei
centri giovanili, dove conosci battisti,
metodisti ed altri. Può essere fondamentale nella crescita di un giovane
il conoscere da vicino una piccola
comunità del sud, un’opera fuori dalle valli. Per questo sono convinto dell’importanza della Federazione giovanile evangelica italiana, realtà che
per le nostre chiese non sempre rappresenta un punto di riferimento per
i propri giovani.
Ho personalmente più volte avuto
grosse e significative occasioni di
confronto con giovani evangelici che
hanno arricchito il mio patrimonio di
protestante. Ricordo viceversa gli sforzi deludenti di alcuni anni fa fatti
dalla FGEI-Valli per instaurare con
gruppi giovanili non federati una collaborazione su progetti e studi.
Tra alcuni mesi a Torre Peilice ricorderemo con una manifestazione in
piazza e un convegno storico la figura e l'opera di Beckwith. Ciò accadrà
poco prima delle manifestazioni per il
« glorioso rimpatrio », quasi per ricordarci ancora una volta: « O sarete
missionari o non sarete nulla ». E
questa è solo responsabilità nostra.
Italo Pons, Firenze
RINGRAZIAMENTO
« L’Eterno muta l’ombra di
morte in aurora »
(Amos 5: 8)
La moglie e i figli di
Camillo Zibellino
riconoscenti ringraziano tutti coloro ohe
con scritti, fiori, parole di conforto hanno preso parte al loro dolore.
Un particolare ringraziamento al direttore dell’Asilo valdese sig. Livio Gobello, alla sig.ra Barhiani ed a tutto il
personale dell’Istituto, alla dott.ssa
Fons, al past. BeUion ed al gruppo
ANA di Luserna San Giovanni.
Luserna S. Giovanni, 31 gennaio 1989.
Fresidente, giunta, consigheri e operatori Comunità Montana Val PeRice USSL 43, partecipano commossi al lutto del M.o Giovanni Baridon per la
perdita della mamma
Susanna Luigia Vigne
Torre Pellice, 3 febbraio 1989.
RINGRAZIAMENTO
a L’anima mia s’acqueta
in Dio solo »
(Salmo 62: 1)
I familiari di
Emma Fornerone ved. Griglio
riconoscenti per la dimostrazione di affetto tributata alla loro cara ringraziano tutti coloro che hanno partecipato
al loro dolore con scritti, parole di conforto e presenza.
S. Secondo di Finerolo, 6 febbraio 1989
RINGRAZIAMENTO
« Fattosi sera, Gesù disse:
passiamo all’altra riva... »
(Marco 4: 35)
I figli della compianta
Carolina Maddalena Rostan
ved. Cesan
di anni 94
ringraziano riconoscenti la direzione
ed il personale del Rifugio Carlo Alberto per l’assistenza prestata alla loro
mamma, il pastore Zotta per le parole
di conforto, e quanti hanno parteràpato
al loTO dolore.
Torre Pellice, 8 febbraio 1989.
RINGRAZIAMENTO
« Beati quelli che sono puri di
cuore: essi vedranno Dio »
(Matteo 5: 8)
I familiari del compianto
Alfredo Gallian
ringraziano tutti coloro che, con opere
di bene, scritti, parole di conforto e
presenza hanno partecipato al loro
grande dolore.
Un ringraziamento particolare ai vicini di casa, al pastore Paolo Ribet, ai
medici, ai vari Gruppi Alpini ed a tutti
gli amici.
Porte, 10 febbraio 1989.
RINGRAZIAMENTO
II papà e i familiari tutti di
Stefano Negrin
commossi e riconoscenti ringraziano
tutti coloro che con presenza, scritti,
parole di conforto e partecipazione sono
stati loro vicino nella triste circostanza.
Bobbio Pellice, 10 febbraio 1989.
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12
12 fatti e problemi
10 febbraio 1980
INDUSTRIA E ARMI
REPUBBLICA DEMOCRATICA TEDESCA
Convertire è possibile Giustizia segreta
In discussione un disegno di legge sulla regolamentazione del com- Un rapporto di Amnesty International denuncia
mercio delle armi - Iniziative politiche e rapporti con il Terzo mondo
diversi casi di violazione dei diritti umani
Il «made in Italy» nel settore
bellico non tira più. Sui mercati
intemazionali e specialmente su
quelli dei paesi in via di sviluppo, fortemente indebitati, la domanda di armi è crollata. L’apparato produttivo « militare », fino
a qualche tempo fa punta di diamante dell’export italiano, è in
crisi.
La riconversione dell’industria
bellica è ormai una necessità.
Sono in gioco, oltre al valori della pace e del disarmo, anche
tanti posti di lavoro. E’ in gioco
l’occupazione a cui la riconversione potrebbe aprire strade nuove. Pino ad oggi, però, pochi sembrano disponibili a raccogliere
questa sfida di civiltà e di qualità dello sviluppo. Gli imprenditori sono in « letargo ».
E’ possibile capire a che punto
siamo? E quali sono le prospettive per la riconversione? Abbiamo intervistato a questo proposito Mario Sepi, segretario nazionale dei metalmeccanici della
Cisl, i quali hanno costituito un
Coordinamento nazionale sulle
politiche di riconversione.
zioni Unite, quelli che violano
la Carta dei diritti umani o quelli attualmente in conflitto. E poi
siamo d’accordo con il Ddl sui
punti che riguardano le garanzie
sull’uso delle armi esportate, che
dovrebbero limitare le possibili
triangolazioni ».
— Quali sono invece i punti del
IMI che non soddisfano la FimCisl? E perché?
— Sepi, puoi darci il quadro
della situazione attuale?
«Il quadro complessivo è in
una fase dinamica e si muove attorno a due punti cardine : la regolamentazione del commercio
delle armi e la riconversione delrindustria bellica. Sulla regolamentazione del commercio delle
armi è attualmente in discussione im disegno di legge presentato dal gruppo ristretto della
Commissione esteri della Camera che solo in parte, devo dire,
risponde alle nostre proposte. I
punti sui quali ci troviamo d’accordo con il Ddl sono quelli che
riguardano l’abolizione del segreto militare sulle operazioni di importazione ed esportazione di
materiale bellico, il blocco delle
esportazioni di armi verso i paesi soggetti al embargo dalle Na
« La nostra proposta ha come
obiettivo la riduzione della produzione di armi e quindi la riconversione dell’industria bellica
che, in pratica, sono due aspetti
di imo stesso problema. H Ddl
invece, pur introducendo elementi positivi, nel complesso prevede
una forma di promozione della
vendita di armi all’estero a quei
paesi che non rientrano nelle categorie che ho indicato prima. Io
penso che l’idea che c’è dietro
è quella non di limitare la produzione di armi, quanto di sostituire i mercati del Terzo Mondo,
per i quali in molti casi valgono
le restrizioni previste, con altri
mercati. E non vi è dubbio che
questa idea è il frutto della mediazione col complesso militareindustriale, al quale viene offerta
questa struttura di promozione
delle vendite in cambio di ima
regolamentazione più rigida rispetto a quelle esistenti nel passato ».
— Dopo le diverse fasi di impegno del sindacato in questi
mesi — i momenti di riflessione,
quelli politici, il confronto con le
istituzioni e le aziende — quali
sono le novità e i risultati da registrare?
« L’impegno del sindacato, e
della Firn in particolare, ha continuato a svilupparsi su due linee: quella istituzionale e quella
contrattuale. Sul piano istituzionale e da parte delle forze politiche constatiamo con piacere
CONFERENZA IN OLANDA
Obiettori fiscali
Si è svolta in Olanda dal 27
al 30 ottobre scorsi la 2® Conferenza Intemazionale degli obiettori fiscali alle spese militari, con
un’ottantina di persone di 14 paesi. In alcuni paesi. Gran Bretagna, Olanda, Germania Federale
e Belgio, sono già state avanzate
proposte di legge per legalizzare
l’obiezione di coscienza alle spese militari, con la possibilità di
versare il denaro obiettato in app>ositi fondi di pace e per la soluzione nonviolenta dei conflitti.
Da più partecipanti è stata sottolineata l’importanza di insistere con rONU affinché una dichiarazione intemazionale proclami
il diritto soggettivo ad essere
« obiettore di coscienza alle spese militari ».
Dal gmppo di lavoro sulle chiese è scaturita la decisione di inviare all’Assemblea ecumenica
europea, a Basilea, una lettera
dove si chiede di includere nell’agenda l’obiezione di coscienza
alle spese e al servizio militare.
Cari fratelli e sorelle in Cristo, scriviamo a voi come cristiani che da tutte le parti del mondo, si sono radunati per la seconda Conferenza Intemazionale sull'obiezione di coscienza alle spese militari.
Le nostre convinzioni religiose
sono radicate nel messaggio di
Gesù Cristo: noi siamo chiamati
ad essere costruttori di pace e
non dobbiamo rispondere al ma
le con ulteriore male. Vi chiediamo di dare attuazione a queste convinzioni profonde, soprattutto se siete impegnati nel cammino per la giustizia, la pace e per l’integrità del creato,
tenendo in particolare considerazione la bozza del documento
per l'Assemblea ecumenica europea, che ha sede a Basilea.
Le nostre proposte sono le seguenti:
1 - che quei governi che non
riconoscono l'obiezione di coscienza al servizio militare siano
stimolati dalle chiese a rendere
effettivo questo diritto umano
fondamentale:
2 - che bisogna interpellare
tutti quei governi che, nell'adempimento del fondamentale diritto umano di non essere costretti ad uccidere altre persone, riconoscano il diritto all’obiezione
fiscale; le tasse che non vengono
usate per i propositi militari devono essere destinate all’incremento della difesa popolare nonviolenta;
3 - che le chiese stesse devono consigliare e sostenere, tramite il loro compito pastorale,
coloro che chiedono, per problemi di coscienza, di non pagare
tasse per le spese militari.
Così come noi vi chiediamo di
realizzare i propositi di Dio per
tutti i popoli, vi preghiamo di
considerare le nostre proposte.
Marie France Maurin Coìsson
ima nuova, emergente attenzione
a questi temi. Da un lato sostanziata dalle dichiarazioni del ministro delle Partecipazioni Statali Pracanzani, che ha espresso la
volontà di istituire una commissione di studio che si occupi di
riconversione industriale. Dall’altro, dalla presentazione in Parlamento da parte del PCI di una
proposta di legge in materia di
riconversione. Sul piano contrattuale, invece, si sono realizzati
diversi accordi aziendali che ci
sembrano interessanti. Alla Galileo di Firenze, ad esempio, si è
impostato un programma che
prevede la produzione di strumenti clinici al posto di stmmenti militari. Alla Aermacchi di
Varese è in fase di conclusione
un accordo che prevede la riconversione in tre anni del 15% della produzione militare al civile
(addestratori per piloti civili,
smaltimento dei rifiuti nello spazio, ecc.). Alla Oto Melara di La
Spezia, azienda leader del settore bellico nazionale, è stata costituita una commissione che verifichi la reale, positiva ricaduta
tecnologica sulla produzione civile. Questa, lo ricordo, è una delle motivazioni a cui si appellano
gli industriali per mantenere la
produzione di armi».
— La strada da fare è ancora
lunga. Quali aspetti vanno maggiormente affrontati per assicurare una politica organica del
settore?
« Oltre a quel che si è detto del
disegno di legge, che va senza
dubbio rivisto, credo che il problema più grosso rimanga quello
di reperire le risorse economiche
per accelerare questo processo di
riconversione, che ha essenzialmente bisogno di ricerca e informazione tecnologica. Ma il problema economico è strettamente
legato a quello politico. La Firn
ritiene necessaria una riduzione
della spesa militare nazionale.
Ancora quest’anno invece, pur in
presenza di tagli in altri settori
quali la sanità, i trasporti, ecc.,
la spesa militare è aumentata
del 14%, e cioè di circa 3.000 miliardi! Diciamo che una parte di questi soldi potrebbe essere
destinata alla ricerca e più in generale potrebbe essere prevista,
all’interno di una politica industriale complessiva, l’istituzione
di un fondo per le aziende che
presentino progetti di riconversione ». (V.I.N.)
« Il segreto che circonda l’amministrazione della giustizia non
porta alla luce la reale situazione dei diritti umani nella Repubblica Democratica Tedesca»,
denuncia Amnesty International.
In un nuovo rapporto dal titolo « Repubblica Democratica
Tedesca: leggi generiche, giustizia siegreta », il Movimento internazionale per i diritti umani
afferma che processi chiusi al
pubblico, direttive agli avvocati
e leggi estremamente generiche
rendono possibile la penalizzazione di qualunque attività sgradita al governo tedesco-orientale. Infatti, la legislazione che limita la libertà di espressione,
di associazione, di riunione e di
movimento è stata spesso usata
per imprigionare centinaia di
persone, spesso a seguito di processi dai quali sono stati escluesclusi anche i familiari.
Tali diritti e libertà sono contemplati dal Patto internazionale sui diritti civili e politici (che
la Repubblica Democratica Tedesca ha ratificato nel 1973) e
dalla stessa Costituzione.
La Costituzione, però, non prevede il diritto a lasciare il proprio paese. Inoltre, il commento ufficiale alla Costituzione enuncia una serie di « principi
fondamentali » che esprimono
una sorta di programma politico, in ossequio del quale, ad esempio, l’articolo 27.1 della (Costituzione, che sancisce il diritto di ogni cittadino ad esprimere liberamente e pubblicamente
le proprie opinioni, viene interpretato in modo che ne sia esclusa la libertà di esprimere
idee antisocialiste.
Una delle caratteristiche del
codice penale della Repubblica
Democratica Tedesca è il divieto di prendere contatti con organizzazioni e persone straniere e
di inviare informazioni all’estero. Gli articoli 99, 100 e 219 del
codice penale descrivono il tipo
di informazione ( « di tipo generale... vere, distorte o false » che
siano) ed 1 luoghi o le persone
a cui esse non possono essere inviate in un modo così vago ed
indefinito che chiunque sia in
contatto in qualunque modo con
l’estero rischia di violare la legge. Il solo possesso di informazioni può essere considerato un
reato. Le informazioni, inoltre,
non possono essere conservate
in alcun modo: secondo il commento ufficiale al codice penale,
fornito dal Ministero della Giustizia, il « fatto che le informazioni siano conservate sotto for
ma di appunti, oppure siano tenute a mente o possedute in
qualsiasi altra maniera, non è
importante ai fini di decidere
sul reato commesso ».
Molte delle piersone condannate in base a questi articoli avevano manifestato l’intenzione di
lasciare il paese: dopo aver inutilmente tentato di attenere l’àutorizzazione, si erano rivolte ad
organizzazioni straniere, sperando che il loro aiuto e la loro
pressione avrebbero potuto risolvere la situazione. ’Tra queste
organizzazioni, il contatto con le
quali ha determinato la condanna, figurano la Società internazionale per i diritti dell’uomo
(che ha sede nella Repubblica
Federale Tedesca), la missione
permanente tedesco-occidentale a
Berlino, la delegazione militare
americana a Potsdam, le Nazioni Unite ed Amnesty.
Amnesty International ritiene
che la segretezza che circonda
l’applicazione delle leggi renda
ardua ai cittadini tedesco-orientali la comprensione della linea
che separa le attività lecite da
quelle illegali. Un caso esemplare è quello di Mike Wolf, di Berlino Est, condannato nel giugno
’86 a 2 anni e 3 mesi di carcere
in base all’articolo 99, per aver
telefonato ad un suo amico di
Berlino Ovest comunicandogli di
aver chiesto il visto per espatriare. Durante l’interrogatorio a
proposito della telefonata, venne accusato di essere un membro della Società internazionale
per i diritti dell’uomo e di « aver passato informazioni a tradimento ».
Gli articoli 99 e 100 del Codice Penale sono stati usati per
imprigionare altre sette persone
nel gennaio '88: i sette, aderenti
all’« Iniziativa per la pace e i
diritti umani », sono stati scarcerati un mese dopo e costretti
a partire per la Repubblica Federale Tedesca.
Amnesty International segue
ogni anno un centinaio di casi
di « prigionieri per motivi di opinione », ma ritiene che vi siano molte altre situazioni che non
vengono alla luce. Il movimento
per i diritti umani chiede al governo della Repubblica Democratica Tedesca di dimostrare il
suo impegno per il rispetto dei
diritti umani, rilasciando incondizionatamente tutti i « prigionieri per motivi di opinione »
ancora in carcere e riesaminando quelle leggi e quelle procedure che ne favoriscono l’arresto
e la detenzione.
IRAN
Migliaia di esecuzioni contro
i prigionieri politici
E’ in corso in Iran la più grande ondata di esecuzioni politiche
e clandestine dall’inizio degli anni ’80: sebbene sia in possesso di
soli 300 nomi di prigionieri politici uccisi, Amnesty International teme che da luglio siano state giustiziate migliaia di persone.
Altrettanti sono i prigionieri politici detenuti in Iran, che potrebbero essere uccisi da un giorno all’altro.
La maggior parte delle persone giustiziate apparteneva all’Organizzazione dei moujahedin
del popolo, al ’Tudeh, all’Organizzazione dei fedayin del popolo ed a vari gruppi curdi di opposizione. Tra le vittime vi sono
studenti arrestati nel 1981 e 1982,
medici, accademici e mullah sospettati di sostenere l’ayatollah
Montazeri quale successore dell’ayatollah Khomeini.
mitero, chiamata « Lanatabad »
(«la fossa dei dannati»), vengono abitualmente uccisi gli oppositori politici.
Le esecuzioni, tramite impiccagione e fucilazione, avvengono
nelle prigioni di tutto il paese:
ad Evin e Gohardasht (nella capitale Teheran) ma anche a Tabriz, Mashhad e Shiraz. Nonostante le iniziali smentite ufficiali, lo stesso presidente iraniano
Khamenei ha ultimamente confermato quanto sta accadendo.
Centinaia di corpi di prigionieri giustiziati sono stati rinvenuti
dai parenti delle vittime nel cimitero « Jadeh Kharavan » di Teheran: in una zona di questo ci
Amnesty International ritiene
estremamente preoccupante la
situazione dei prigionieri ancora
detenuti in Iran, sulla sorte dei
quali è praticamente impossibile avere informazioni sicure: le
stesse visite dei familiari, sospese a luglio, sono state ufficialmente riammesse dalla fine di ottobre, ma i permessi vengono
concessi raramente. Decine di
migliaia di appelli, con la richiesta di sospendere le esecuzioni,
stanno giungendo alle autorità
iraniane.
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