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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Si?.^ FEVROT Arturo
]l?pir- Caboiu gg/5
GENOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 107 - Niim. 48 .ABBONAMENTI | L. 3.000 per rinterno Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 1 TORRE PELLICE - 4 Dicembre 1970
Una copia Lire 70 L. 4.000 per l’estero Cambio di indirizzo Lire 100 1 Amm.; Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2,^33094
L’ATTESA
Un ciclo televisivo
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiii
È tempo d’avvento, tempo di attesa.
L’attesa è un tema importante per l’uomo come ben ha scritto in questi giorni Raniero La Valle: « Sempre l'uomo
attende qualcosa, c’è sempre un domani pensato e sperato come un risarcimento delle angustie dell’oggi. Si
aspetta la ricchezza, o almeno il benessere. Si aspetta un figlio. Si aspetta un
lavoro. Il malato aspetta di guarire.
L’emigrante, l’esule, il soldato di tornare, il carcerato di uscire. La prostituta aspetta di poter smettere il suo
mestiere; lo schiavo, lo sfruttato, l’oppresso di essere liberato.
« Quando ogni attesa è delusa, quando non c’è più niente da aspettarsi
dalla vita, è la fine. Quando non ci si
può più aspettare un dono, un sollievo,
una liberazione, un soccorso, è la
morte ».
Ma l’attesa, così importante nella
vita dell’uomo , è centrale anche nel
messaggio della Bibbia. Non solo l’Antico ma anche il Nuovo Testamento è
tutto percorso e ravvivato da una robusta e fervida attesa, che la venuta
di Gesù da un lato appaga e dall’altro
intensifica. Attende il popolo dell’antico patto — Israele — ma attende anche la Chiesa, popolo del nuovo patto.
È significativo che il Nuovo Testamento si chiuda con l’invocazione « Vieni,
Signor Gesù' » (Apocalisse 22, 20), che
meglio di ogni altra esprime l’intensità
dell’attesa delle prime generazioni cristiane.
Questa attesa, vivissima nella Chiesa
del 1° secolo, langue nella cristianità di
oggi e anche di ieri. Stiamo assistendo
all’agonia dell’attesa cristiana, che non
è iniziata nel nostro secolo ma nel nostro secolo ha compiuto ulteriori prc>
gressi. Non si tratta di un piccolo difetto ma di una lacuna di fondo, che
ha numerose ripercussioni negative sull’intera vita della Chiesa: la più evidente e la più grave è l’imborghesimento del cristianesimo, che comincia
quando la fede non sa più cosa vuol
dire attendere in senso cristiano.
Perché l’attesa è venuta meno in
seno alla cristianità? Probabilmente
perché è venuta meno la fede nelle promesse di Dio, e allora l’attesa è stata
separata dalle promesse e collegata
con le capacità e iniziative dell’uomo o
con le potenzialità della storia. Ma nella Bibbia l’attesa è figlia della prome.ssa. E là dove le promesse di Dio, che
la fede cristiana originaria considerava « preziose e grandissime » (2 Pietro 1, 4), sono come decadute e per la
nostra poca fede perdono consistenza
e quasi sfumano nell’irreale, là non c’è
più attesa ma solo attendismo, possibilismo, calcolo di probabilità. L’attesa agonizza quando la fede perde di
vista la promessa di Dio.
La promessa è che il Signore viene.
Qualunque altra promessa particolare,
anche biblica, è racchiusa in questa
che le comprende tutte. Di conseguenza, l’attesa cristiana è attesa del Signore. Noi non attendiamo qualcosa ma il
Signore.
Non sappiamo quando il Signore verrà, non sappiamo cioè quanto lunga
sarà la nostra attesa. Siamo però stati
avvertiti di tenerci pronti, « perche
nell’ora che non pensate, il Figltuol
dell’uomo verrà » (Matteo 24 , 44).
Sappiamo invece come verrà il Signore. Verrà « sulle nuvole del cielo »
(Matteo 24, 30). Questa è un’immagine,
che non deve farci sorridere ma deve
farci capire che il Signore non verrà
dalla terra, cioè non verrà dal nostro
piano, ma dal suo, dal piano di Dio. Se
egli viene «sulle nuvole del cielo », vuol
dire che non siamo noi che lo facciamo venire, perché non possiarno comandare alle nuvole. La venuta di Gesù
è indipendente dalle nostre realizzazioni come pure dai nostri fallimenti,
è indipendente dal cor.so della nostra
storia, non ne è il coronamento ma ne
è semplicemente la fine. La venuta di
Gesù taglia la storia degli uomini, non
Li suggella.
Per questo è difficile aspettare il Signore, perché significa dipendere totalmente da lui e nello stesso tempo rico
imiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiii
Natale e poste
La festività natalizia è da tempo, .soprattutto in alcune nazioni, un soggetto as.sai
sfruttato per emissioni particolari di francobolli. In tutti gli uffici postali britannici, in
questo periixio .sono in vendita i nuovi aerogrammi (l)iglietti po.stali aerei) a soggetto natalizio disegnati da Peter Gauld; le illustrazioni sono tratte da antiche vetrate di chiese
inglesi. Intanto è stata emessa la consueta serie natalizia — l’ultima in valore non decimale —; i tre valori riportano tre miniature
del XIII secolo raffiguranti 1 annuncio ai pastori, il presepe e l'adorazione dei magi.
noscere che non disponiamo in alcun
modo di lui, siamo davanti a lui a
mani vuote. Ma chi vuol vivere perennemente a mani vuote? Chi vuole sempre e solo attendere, e non anche, infine, possedere? Chi non preferisce possedere piuttosto che attendere? Ecco
qual’è la Chiesa che non aspetta: è la
Chiesa possidente, come ha spiegato
Paul Tillich in una sua pagina divenuta giustamente celebre: « Penso al
teologo che non aspetta Dio, perché lo
possiede, rinchiuso in un edificio dottrinale. Penso allo studente in teologia,
che non aspetta Dio, perché lo possiede, rinchiuso in un libro. Penso all’uomo di chiesa, che non aspetta Dio,
perché lo possiede rinchiuso in un’istituzione. Penso al credente, che non
aspetta Dio, perché lo possiede rinchiuso nella sua propria esperienza. Non è
facile sopportare questo non avere Dio,
questo aspettare Dio. Non è facile predicare domenica dopo domenica, senza
pretendere di possedere Dio e senza disporre di lui. Non è facile predicare
Dio a fanciulli e pagani, a scettici e
atei e nello stesso tempo far loro chiaramente comprendere che noi stessi
non possediamo Dio, che anche noi
lo aspettiamo... ».
Paolo Ricca
Come si attendeva allora,
come si attende oggi,
il Cristo?
Gesù Cristo è nato in un contesto storico
nel quale vi era un diffuso senso di attesa.
Che cosa si attendeva’? Ve n'erano che attendevano ”la rivoluzione”, in uno stretto intreccio di speranze religiose e politiche. Come
si è presentato e com’è stato accolto, il Cristo'? Era un rivoluzionario? E quale significat.i può avere oggi fattesa di Lui, fra le molte
attese — o non attese — degli uomini? A
questi interrogativi la TV italiana dedica una
serie di trasmissioni, L'attesa del Cristo, il
giovedì alle 22,15 sul II programma. Si tratterà di una serie di dibattiti e d’interviste
con teologi, sociologi, psicologi, scrittori. Fra
i teologi cattolici e protestanti, sono segnalati Congar, Cullmann. Daniélou, Diez Alegría, Girardi, Metz e sappiamo che anche
qualcuno dei nostri è stato intervistato. L’iniziativa è rallegrante. Buona visione.
« L’Osservatore Romano » del 25 novembre c. a. pubblica una « Nota » del
Segretariato per i non credenti, con la
quale si sollecitano le Conferenze Episcopali e gli Organi cattolici preposti
alla programmazione degli studi nei
Seminari e nelle Università cattoliche
a sviluppare in modo adeguato Io studio della cultura moderna che si professa atea, con particolare riferimento
al marxisrno classico e attuale, indicando esplicitamente anche il Maoismo.
Durante il Concilio Vaticano secondo si era resa chiara alla Chiesa cattolica l’esigenza di rompere le barriere
del suo isolamento spirituale ed entrare in rapporto di dialogo col mondo
moderno. A tale scopo era stato costituito, accanto al Segretariato per l’unità dei cristiani, un organismo speciale per indagare sulle condizioni e i metodi del dialogo con i non credenti: il
Segretariato per t non credenti. Mentre il Segretariato per l’unità dei cristiani curava il dialogo con i protestanti e gli ortodossi, favorendo nei Seminari e nelle Università cattoliche lo
studio delle teologie protestanti ed
ortodossa, il Segretariato per i non
credenti, dopo un periodo di lavoro a
livello di specialisti, esce ora con questa Nota per inquadrare per tutta la
Chiesa cattolica il problema e indicare
gli strumenti necessari per affrontarlo
in concreto.
La Nota ha anzitutto il pregio di
prendere sul serio la realtà della « secolarizzazione » e dell’ateismo. Non si
tratta più di fenomeni isolati, ma di
un processo culturale che « va progressivamente affermandosi non soltanto
a livello di un’élite intellettuale, ma
in vasti strati delle masse popolari ».
E questa una constatazione coraggiosa che tende a liberare la chiesa dalla
illusione di una cristianità di massa,
entro la quale si verificherebbero episodi isolati di incredulità: il fatto reale è che le grandi masse non sono più
cristiane e che la cultura moderna,
quando non è dichiaratamente atea, è
a-cristiana .
A questa coraggiosa constatazione
segue una reazione altrettanto coraggiosa. Non ci si deve chiudere nell’isolamento o nella deplorazione della
« perversità dei tempi », ma bisogna
affrontare la situazione con gli strumenti adeguati, il che significa anzitutto conoscere il pensiero degli altri e
studiarne le motivazioni profonde in
modo da essere pronti a stabilire un
dialogo effettivo. La Nota non esita a
constatare l’inadeguatezza degli studi
nei Seminari cattolici: «Il divario tra
la ricchezza d’informazione storica che
le Università laiche forniscono agli
studenti e la povertà che nei Seminari
talvolta caratterizza, in proposito, la
cultura degli aspiranti al sacerdozio,
è motivo di una certa mortificazione
per quest’ultimi». Bisogna correre ai
ripari, cioè mettersi a studiare.
La Nota indica un ampio raggio di
interessi che devono essere fatti oggetto di studio e dà particolare spazio
allo studio del marxismo, indicando
nominalmente non solo Mar.x et Engels, ma anche il Maoisrno e il CastriQ gli autori marxisti più moderni
come Garaudy, Lukacs, Marcuse, ecc.
Non si tratta esclusivamente ai uno
studio « manualistico », ma di un contatto più vitale e concreto: « Questa
L’AVVENTO
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiii:iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiim =
Mao Tse -Tung nei seminari canolici I
"forma mentis" (cioè del dialogo con i
non credenti) non si può comunicare
agli alunni con un'informazione esclusivamente dottrinale e teoretica... Essa è particolarmente frutto di un’esperienza continua e vissuta ».
Abbiamo detto c’ne in complesso si
tratta di un documento coraggioso e
non possiamo che rallegrarci per questa nuova svolta che si profila nella
chiesa cattolica. T» : ci sembra significativa anche per le chiese protestanti, specialmente per quelle italiane,
spesso chiuse nei confronti del mondo
moderno e non troppo sensibili all’esigenza di guardare in faccia la realtà e
di mettersi in condizione di parlare
agli uomini di oggi e non ad ombre
del passato. È mortificante anche per
noi che la nostra Facoltà di teologia
non includa nei suoi programmi una
adeguata informazione filosofico-storica e che le ricerche compiute all’estero
siano talvolta sospettate come « eretiche » piuttosto che criticamente approfondite. Impressiona anche che nelle
nostre comunità talvolta persone, assai accurate nella loro preparazione
professionale, si dicano convinte che
alla propria fede si possa dare soltanil nutrimento di una lettura individualistica della Bibbia a scopo « consolatorio », quasi che il credente non dovesse affrontare la testimonianza della
sua fede col mondo in cui vive. È sperabile che in Italia a dei cattolici preparati al dialogo con i non credenti
non corrispondano soltanto dei protestanti chiusi in un fondamentalismo
biblico che è il non-senso della Bibbia,
o — quel che è peggio —, nutriti soltanto di un vago deismo.
La Nota vaticana suscita un giudizio
positivo di massima. Tutttavia una cosa ci lascia perplessi. Il documento si
oppone ad una presunta tendenza a
« ridurre la formazione filosofica dei
candidati al sacerdozio allo scopo di
avere più tempo e più spazio per lo
studio della teologia e per i lavori di
ricerca scientifica personale». Gli effetti
negativi di questa tendenza sarebbero
che « i futuri sacerdoti saranno capaci
di dialogare con i credenti dissidenti,
soprattutto protestanti, ma che essi
si troveranno disarmati nel dialogo
con l’uomo moderno non credente ».
Questo timore francamente non ci convince, tanto più che l’interessamento
cattolico per la teologia protestante si
risolve quasi sempre nell’apertura ai
problemi moderni, dato che la teologia protestante da tempo è a contatto
con la cultura secolarizzata e atea. La
impressione — vorremmo sperare non
fondata — è che ci sia chi tenti di distogliere l’attenzione del teologo cattolico dal confronto con la teologia protestante, onde lasciarlo solo nel confronto con l’ateismo. Si potrebbe profilare il tentativo tradizionale cattolico
di un sincretismo cattolico-marxista,
al posto di quello aritotelico-tomista
ormai privo di 'efficacia, oppure — ed
è peggio — il riaffiorare inconscio della tendenza pre-conciliare: « meglio
ateo che protestante ». In fondo l’ateismo lascia ancora alla gerarchia l’illusione di essere ciò che si definisce,
mentre il protestantesimo è la chiara
opposizione deH’autorità della sola
Scrittura a qualsiasi presunta autorità
di magistero infallibile o indefettibile.
Alfredo Sonelli
Due anni fa il nostro confratello romando, « La vie protestante », impostava in modo originale e vivo la riflessione delle settimane d’Avvento.
Si era neH’immediato dopo-Uppsala (un tempo che, sia detto fra parentesi, ha avuto finora un’incidenza quasi nulla nelle nostre chiese italiane)
e il direttore Jean-Marc Chappuis impegnava con il prof. Hans-Ruedi Weber, condirettore dell’Istituto Ecumenico di Bossey, uno scambio di lettere su come vivere l’Avvento nella prospettiva della ’anticipazione’ del
Regno di Dio richiesta alle Chiese dal messaggio di Uppsala. Sappiamo
bene come questo concetto sia rischioso, abituati a rifiutare le ’anticipazioni’ ecclesiastiche cattoliche e a segnare nel modo più netto, secondo
la nostra eredità riformata, il taglio fra la Chiesa e il Regno, rifiutando
ogni confusione fra l’indice puntato e la realtà indicata. Ma questo scambio di lettere — che riprendiamo con riconoscenza, convinti del loro vivo
valore — mostrerà che il rischio è stato coscientemente e positivamente
affrontato; e ci aiuterà, lo speriamo, a vivere queste settimane in modo
più riflessivo, più teso e più gioioso; più operante, anche.
Hans Ruedi Weber,
come vivere in anticipo sulla propria epoca ?
Natale si avvicina. Presto si accenderanno gli abeti e
si scambieranno i regali di stagione. Presto, nei nostri templi, ristioneranno i canti della Natività e
l'annuncio di Gesù Cristo.
Già le liturgie e le predicazioni
d’Avvento preparano i membri di
chiesa a commemerare l’evento. Un
contrappeso più che necessario, vero?, alla ’commercializzazione’ di
Natale deplorata da tutte le anime
belle.
Quanto a me, mi guarderò bene
dal denunciare le festività che si
preparano quasi fossero una ’paganizzazione’ della fede cristiana. Mi
piace, lo confesso, che Natale sia
una festa popolare; che ci si riunisca per festeggiare insieme agli amici. Tut fai più bisognerebbe fare attenzione a non moltiplicare all’infinito le feste particolari, perché è
proprio stupido arrivare estenuati
alla fine dell’anno perché si è celebato Natale troppe volle. Il Figlio
di Dio non è venuto al mondo per
portarci dispersione e stanchezza,
ma per raccoglierci e per rinvigorirci. Ma lasciamo stare.
Bisogna infatti che ci poniamo
un altro problema, più importante.
Gesù non è venuto a inaugurare un
ciclo annuale di feste cristiane. Non
è venuto perché a data fissa si accendessero degli abeti. E nemmeno
è venuto perché durante alcune domeniche di seguito, in novembre e
in - dicembre, tentiamo con l’immaginazione di fare come se non fosse
ancora venuto e di rimetterci artificialmente nelle disposizioni interiori che furono quelle dei contemporanei di Isaia, di Geremia o di
Amos.
Non è venuto né a inaugurare un
ciclo di festività, né a obbligarci a
guardare indietro. È venuto per
inaugurare il Regno di Dio e per
rinnovare il nostro modo di vivere.
Mi domando come possiamo far sì
che ciò sia vero, oggi, per noi. Mi
pare che l’assemblea di Uppsala
cercava di rispondere a questa domanda esortandoci, nel suo ’messaggio’, non a organizzare delle retrospettive o dei cicli, ma ad ’anticipare’: « Convinti della potenza di
rinnovamento che è in Cristo, anticipiamo insieme il Regno di Dio,
rendendo fin d’ora visibile qualcosa
delle cose nuove che egli compirà ».
Questa risposta mi piace. Perché
ci trascina avanti, verso il compimento del Regno e non indietro,
verso la sua preparazione; e poi
perché non tiene conto dei cicli annuali che ci piacciono tanto e dei
quali abbiamo senza dubbio bisogno per non diventare gente senza
memoria, ma che in sé non hanno
che un’importanza del tutto secondaria.
La risposta di Uppsala è una buona risposta. Ma bisognerebbe scavarne un po’ il significato e la portata. Come ’anticipare’? Come far
vedere, fin d’ora, che il rinnovamento di tutte le cose è già iniziato, che si va operando in mezzo a
noi e che costituisce la nostra vera
speranza?
Ho alcune idee tn proposito, naturalmente. Ma Lei, all’Istituto Ecumenico di Bossey nel quale vengono
studenti e professori, laici ed ecclesiastici di tutto il mondo, deve avere
in proposito vedute che non abbiamo, esempi che non conosciamo e
anche alcune riflessioni da comunicarci. La interpello quindi sull’anticipazione che Uppsala ci raccomanda. La domanda che Le faccio
e la risposta che mi darà, sarà il
contributo del giornale a questo
Avvento che comincia.
Jean-Marc Chappuis
La risposta è nella sfida di Uppsala: anticipare la festa del Regno di Dio ancor prima
che esso sia pienamente costituito sulla terra
Grazie per la Sua lettera che solleva questioni così importanti. Come festeggiare il tempo delTAvvento, oggi? Ecco in fondo il nostro
problema.
« Gesù non è venuto a inaugurare un ciclo annuale di feste cristiane », mi scrive. In effetti il rischio
c’è, e grande. Ho vissuto per vari
anni nella foresta indonesiana, senza orologio e quasi senza calendario. Ho avvertito in quegli anni il
fascino e il pericolo di una vita
semplicemente segnata dai cicli naturali: nascita e morte, giorno e
notte, stagione delle piogge e stagione secca, lavoro e danza... Questi
cicli danno una specie di sicurezza,
ma al tempo stesso relativizzano
tutto, rammolliscono la nostra volontà, ci rendono passivi e al limite
ci fanno cadere in un fatalismo paralizzante. Se tutto si ripete secondo un ciclo naturale — che si esprime sia nelle danze delle feste induiste a Bali sia nei simboli religiosi
buddisti — perché lavorare a un
rinnovamento, perché impegnarsi in
una rivoluzione? Perché non lasciarsi vivere? Lei teme che il ciclo annuo delle feste cristiane porti i credenti a una paralisi similq: un po’
di attesa durante il periodo d’Avvento, un po’ di gioia a Natale, un
po’ di tristezza durante la Passione, poi di nuovo un po’ di gioia la
mattina di Pasqua e un po’ di slancio spirituale a Pentecoste... e tutto
ricomincia. Allora la Chiesa sembra
vivere secondo un ciclo ben fissato,
si direbbe senza orologio, senza
prestare attenzione all’ora del mondo: dimentica le ore decisive vissute dall’umanità quando il Cristo
venne, morì e risuscitò per noi; ed
è cieca ai giudizi e alle grazie dell’anno in corso, sorda ai gemiti e ai
canti che già annunciano la crisi e
il rinnovamento ultimi del nostro
mondo.
_ Non penso che si debba abolire
l’anno ecclesiastico, ma neppure bisogna viverlo come un ciclo soporífico. Ci chiama a vivere la nostra
fede cristiana in tutte le sue dimensioni. Il tempo dell’Avvento accentua la dimensione dell’attesa
nella nostra vita cristiana e ci ricorda la nostra solidarietà con tutti coloro che vivono nell’attesa: la
coppia vicina che aspetta un bimbo; o quell’ebreo, quel marxista,
quell’umanista che, aspettando ’altro’, rifiuta l’imborghesimento; i
giovani che la corrente reazionaria
della nostra epoca non ha ancora
reso cinici, e che sperano. Il tempo
della Passione accentua l’elemento
di sofferenza per gli altri che deve
contrassegnare ogni esistenza cristiana e ci chiama al tempo stesso
alla solidarietà con tutti coloro che
soffrono: il nostro vicino malato,
coloro che saranno soli durante le
feste di Natale, il popolo vietnamita. Natale e Pasqua cantano la gioia
accordata ai credenti nella loro at(continua a pag 2)
2
pag. 2
L’ATTUALITÀ’ TEOLOGICA
N. 48 — 4 dicembre 1970
La nascita di una eresia FRA LE RIVISTE
L’opera di un marxista polacco sulle eresie medioevali ripropone, con riferimento particolaie
al movimento valdese, d problema della povertà cristiana - Chiesa povera? Chiesa dei poveri?
Se il concetto « Chiesa povera » continua ad essere approfondito da quanti si interessano alla vita della Chiesa
del nostro tempo, quello di « Chiesa
dei poveri » è al centro dei dibattiti e
della ricerca degli studiosi e di quanti
si interessano alla storia della Chiesa,
particolarmente nel Medio Evo.
L’ultima parola nel campo delle eresie medievali non è ancora stata detta; nuovi documenti vengono alla luce, e sembrerebbero dover consigliare
prudenza ai tentativi di sintesi o alle
interpretazioni ispirate da presupposti ideologici che sembrano talora un
brutale tentativo di violenza ai danni
dei fatti così come ora li conosciamo.
Le origini del movimento valdese
non si sottraggono a queste contrastanti e divergenti interpretazioni.
Ci offre lo spunto a riparlare di questo argomento il libro di Tadeusz ManTEÜFFEL; Naissance d’une hérésie (Sottotitolo: Les Adeptes de la pauvreté
volontaire au Moyen Age).
Questo volume di 114 pagine fa parte di una Collana (Civilisations et Sociétés) pubblicata dalla Ecole pratique
des Hautes Etudes - Sorbonne (Parigi). E una traduzione dal polacco di
uno studioso, il Manteiiffel, che non ci
è altrimenti noto. Non è recentissimo,
perché l’edizione polacca è del 1963;
ciò nonostante, dopo 7 anni ne viene
curata la traduzione da uno dei più
autorevoli Istituti di alta cultura in
Francia. Confessiamo la nostra delusione. Siamo in presenza di un saggio
che non presenta risultati di indagine
specifica del problema delle eresie, ma
è piuttosto un volume di divulgazione,
a livello scientifico fin che si vuole, ma
divulgazione soltanto. Delusione, abbiamo detto; ma forse siamo stati inesatti, perché il libro è interessante per
i presupposti ideologici e filosofici che
ispirano il suo tentativo di sintesi delle eresie medievali.
Il Manteuffel parte dal concetto non
precisamente nuovo né originale che
la preoccupazione di migliorare la propria sorte è peculiare dell’uomo, sia
sul piano delle condizioni materiali
che di quelle spirituali. Dai tentativi
di dare corpo a queste aspirazioni nasce un terreno fertile per il sorgere
d’innumerevoli concezioni ideologiche.
Il Manteuffel inquadra in questa veduta d’assieme il cristianesimo, il quale è « issa d’une secte juive égalitaire,
dans line atmosphère messianique; [e]
il a forgé sa conception du monde à
partir des Livres saints du peuple
élu ».
L’anno del giubileo e l’anno sabbatico hanno, ovviamente, un posto d’onore nell’analisi del Nostro; l’uomo non
è proprietario della terra, è soltanto
amministratore, con tutta la casistica
che ne deriva e sulla quale « sono fondati i concetti di proprietà e di ric
chezza o di povertà nel cristianesimo
primitivo ».
E così con perfetta serenità, il Manteuffel può affermare che per il Cristianesimo primitivo la rinunzia volontaria al possesso di beni temporali e
ad accumulare dei tesori su questa terra costituiva « l’unica via che conduce
alla perfezione »; una perfezione, « per
altro, che si poteva conseguire solo nel
Regno di Dio ».
Il « comunismo primitivo », a cui
sembrano far riferimento gli Atti degli
Apostoli, fu di breve durata, e cede il
passo finalmente all’interpretazione ufficiale per cui la povertà non costituisce più la via unica della perfezione.
La Chiesa è riconosciuta dallo Stato e
riconosce, per parte sua. l’ordine sociale con le sue disuguaglianze: « Dite:
"Dio non avrebbe dovuto creare i poveri; tutti avrebbero dovuto esser ricchi, e solo essi vivere; perché è stato
creato il povero? perché vive?...’’ Dio
ha creato il povero per metter alla pro
NOVITA CLAUDIANA
PHILIPPE MENOUD
Dopo la morte:
immortalità
o resurrezione?
(P.C.M., 19), pp. 72, L. 600
FRANCIS ANDRIEUX
Crisi dei culto
e riscoperta
delia comunità
(A.P., 34), pp. 36, L. 100
Via S. Pio V, 18 bis
c.c.p. 2/21641
10125 Torino
va l’uomo; e Dio ha creato il ricco per
metterlo alla prova col povero. E tutto quel che Dio ha fatto lo ha fatto
rettamente ». Su queste parole di Agostino (Commento al Salmo CXXIV) il
Manteuffel fonda la sua analisi dell’eresia pauperistica medievale e del monacheSimo.
Tralasciando l’aspetto monastico, ci
soffermeremo brevemente sulla interpretazione che il Nostro dà delle origini del movimento valdese.
Anche su questo punto l’esposizione
dei fatti segue i dati comunemente ammessi e riconosciuti validi fino al 1963.
Che questa traduzione del 1970 non abbia ritenuto opportuna un’appendice a
guisa di complemento o chiarimento è
molto significativo: quello che conta è
l’interpretazione. E per il Nostro che
ama spesso procedere per affermazioni dogmatiche una cosa è indiscutibile: « Valdo devint un ardent propaga
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiimiiimiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiimi
L’avvento
(segue da pag. 1 )
tesa e nella loro sofferenza; queste
feste ci fanno partecipare a ogni
gioia pura: si manifesti negli occhi
dei bimbi intenti al gioco, nel lavoro creativo dell’artista o nello
sguardo di coloro che ammirano un
bel balletto. Pentecoste pone l’accento sullo stile dinamico della vita
cristiana e ci mostra la nostra parentela con i non-conformisti: quel
vicino che non finisce di stupirci
perché non si comporta mai secondo le norme tradizionali, o quel movimento di uomini impegnati.
Ogni vita, quella dei credenti,
quella di ogni essere umano e di
ogni creatura è dunque un Avvento. Nella Sua lettera, dice che non
dobbiamo « rimetterci artificialmente nelle disposizioni interiori che
furono quelle dei contemporanei di
Isaia, di Geremia o di Amos ». Certo. Ma anche dopo la venuta di Cristo viviamo nel tempo dell’attesa.
Conosce questo aneddoto di un
rabbino ebreo? Un giorno un giovane corre da un vecchio rabbino
esclamando: « 11 Messia ,è venuto! »
Il rabbino si alza tranquillo, apre
finestra e tende fuori la mano; poi
si volta verso il giovane eccitato e
gli dice: « No, non sento nulla. La
èra messianica non è ancora giunta ». Quel vecchio rabbino conosce
la speranza biblica più che la maggioranza dei cristiani. Il Messia è
venuto in Gesù di Nazareth; su questo punto la nostra confessione di
fede differi.sce da quella degli ebrei.
Ma con loro e con tutta l’umanità
attendiamo ancora la piena manifestazione dell’èra messianica. In
quei tempi i deserti fioriranno; non
vi sarà più guerra, né nel Medio
Oriente né nei Vietnam; i lavoratori stranieri avranno gli stessi diritti
che gli Svizzeri c non ci sarà più
polluzione dell’atmosfera. Non abbiamo che da aprire il nostro quotidiano di oggi per sapere che quest’èra messianica non è ancora pienamente manifestata. In questo
senso siamo dunque totalmente solidali con i contemporanci di Isaia,
di Geremia o di Amos. Il tempo dell’Avvento sottolinea che siamo uniti al popolo ebraico nella medesima
speranza.
Ma con tutto ciò non ho ancora
risposto alla Sua domanda. Come
vivere concretamente questo tempo
d’Avvento? Mi cita il messaggio dell’Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese a Uppsala. Come a
Lei, anche a me piace molto la parola-chiave di questo messaggio:
’anticipare’. Certo, questo termine
potrebbe urtare, perché in molte
lingue esso designa l’atto dei giovani fidanzati che vivono insieme prima della celebrazione del loro matrimonio. Eppure è proprio questo
atto choquant che noi cristiani siamo oggi chiamati a compiere: anticipare la festa del Regno di Dio
ancor prima che questo Regno sia
pienamente costituito sulla terra. Il
messaggio di Uppsala vede il mini
stero di Cristo essenzialmente come un ministero di anticipazione.
E molti di coloro che erano riuniti
a Uppsala hanno udito l’appello del
nostro Signore a seguirlo in questo
ministero di anticipazione. Come
vivere questa vocazione? 11 messaggio di Uppsala pone anzitutto l’accento sul culto, sul fatto che i cristiani possono « in una adorazione
comune anticipare già il giorno nel
quale in noi, per tutti gli uomini c
nell’intero universo Dio farà ogni
cosa nuova ». Questo culto deve tradursi immediatamente nella vita:
« traducete la vostra gioiosa adorazione in atti audaci ».
So benissimo che con queste poche citazioni del messaggio di Uppsala non Le dico nulla di nuovo;
tutto ciò rimane ancora troppo
astratto e Lei mi chiedeva esempi
concreti. Mi dice del resto di avere
alcune idee in proposito. Prima di
dirLe le mie — del resto non ancora molto chiare — mi piacerebbe
che mi dicesse le Sue. Intanto i lettori rifletteranno e vedranno come
questo ministero di anticipazione
può essere vissuto oggi e come potremo vivere in modo autentico
questo tempo d’Avvento.
Molto cordialmente
Haxs-Ruf.dt Wf.bf.r
teur de l’idée de la pauvreté volontaire, comprise camme l’unique vaie menant à la perfection évangélique »; la
traduzione della Bibbia viene quindi
vista in funzione dell’apologià della
povertà volontaria, mentre l’opposizione della gerarchia ecclesiastica troverebbe la sua vera motivazione non
nel ministero di una predicazione itinerante, in sé, ma nella predicaz’one
della povertà volontaria che urtava
contro l’ordine costituito, sul piano
politico, sociale, ecclesiastico.
Questa interpretazione, secondo il
Manteuffel, permette di rendersi conto con maggiore sicurezza della realtà
dei fatti; non si può parlare della « nascita di una eresia » in generale, e di
quella valdese in particolare; « i confini tra ortodossia e eresia erano fluttuanti»; e la sua formulazione dottrinale è il risultato di una lunga evoluzione: « il momento cruciale di ogni
eresia è quello del confronto e del rifiuto di obbedire all’autorità ecclesiastica »; il movimento ereticale, avulso
dal tronco romano, deve creare il suo
insegnamento specifico per il quale ricorre in larga misura sia « al fondo comime di correnti filosofiche conosciute che ad altre eresie ».
E così, al termine della esposizione
dei presupposti ideologici dello studioso polacco, siamo ricondotti ad esaminare il punto di partenza: quale fu la
posizione iniziale di Valdo (o Valdes
o ’desio che dir si voglia) in merito
al problema della povertà volontaria?
Fu quella per lui veramente la « via
unica » della perfezione evangelica?
Ma prima di dare una risposta a
questi interrogativi, non sarà inutile
che noi diamo uno sguardo d’assieme
alla condizione dei « poveri » nella
Francia meridionale nel periodo che
c’interessa.
Verso il 1200, nella Linguadoca per
esempio, l’economia è in prevalenza
rurale: « Ni l’itsage de la charrue ni
l’emploi du chevai n’étaient venus renforcer leurs téchniques »; il reddito era
molto basso. La carestia, le epidemie,
la fame erano fenomeni che potremmo
considerare istituzionalizzati; la miseria faceva parte dell’ordine costituito,
dalla Spagna alla Germania. Nel 1155 i
contadini della regione renana si nutrono di erba; l’aumento dei prezzi
non conosce sosta ¡ de madri abbandonano i neonati alla porta dei conventi, perché non possono allattarli; le
cronache del tempo denunziano una
« crescente moltitudine di poveri ».
Il fenomeno è così grave che il ricorso alla « carità » dell’assistenza tradizionale non è più sufficiente; i contadini lasciano i campi, vanno erranti
in bande; costituiscono un grosso problema per i conventi e le parrocchie.
A Cluny, la domenica delle Palme, vengono uccisi 250 maiali per sfamare
1600 poveri; a Va! Saint-Pierre, nel
1197 sono presenti ogni giorno 1500
poveri per l’elemosina.
Lo sviluppo dei centri urbani conosce pure la sua miseria e lo sfruttamento della miseria. A Qrléans le cronache parlano di un macellaio che con
l’usura controlla i due terzi della città.
L’industria tessile si sviluppa a Lione
ed altrove, ma la condizione della tessitrice non è molto dissimile da quella
del servo della gleba. E noto il tragico
lamento delle tessitrici: « Saremo sempre povere, avremo sempre fame e sete... Si arricchisce col nostro lavoro
colui per il quale lavoriamo » (cfr.
M. Mollat e Ch. Higounnet in Cahiers
de Fanjeaux n. 2).
Come è noto taluno ha voluto collegare la conversione di Valdo con le
carestie e l’usura di quel tempo. Il
Manteuffel è esplicito. Dopo aver analizzato l’evoluzione sociale, economica,
politica in Europa nel periodo precedente a Valdo, egli scrive: « Cet état
de choses tette line lumière bien curieuse sur les condiiions dans lesquelles appartit en France une nouvelle variante du mouvement des pauvres. Il
s'agit des Vaudois ».
In un prossimo articolo, rispondendo agli interrogativi formulati qui sopra, cercheremo di vedere se si possa
ridurre il movimento di Valdo ad una
« variante del movimento dei poveri ».
L. A. Vai MAI,
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10125 Torino
Protestantesimo, 3/1970
In apertura un artìcolo di J. A. SoeciN.
Iddio e la storia nel pensiero biblico, studio
])resentato al Convegno su « Dio e la storia »
tenutosi nel febbraio 1970 al Centro Andreelti di S. Fedele Intelvi : « Alla confessione delIj propria fede in un Dio che agisce nella storia e non nei luoghi consueti, Israele non ha
saputo far seguire prestazioni in campo storiografico che stessero in una qualche proporzione col carattere aÌFallo unico e quindi
straordinario di questa sua fede. Le con.seguenzc ili questo fatto sono gravi: creando quello che potremmo chiamare una "discontinuità” nei propri rapporti con la storia. Israele,
e Chiesa primitiva hanno aperto la finestra a
quegli elementi mitico-sacrali che avevano
espulsi dalla porta n. Segue un'ampia rassegna crìtica, di Bruno Cor.sani. Recenti studi
suU'Uilerpretuzione ed esegesi del Vangelo secondo Marco e uno studio critico di Sii.vio
Cetekoni su La libertà come problema di
Dio in G. Ebeling. Di particolare interesse,
nella rubrica « documenti ». una .serie di
Proposizioni sul sionismo e interrogativi a
proposito deiranlisioiiismo. di F. W. Marquardt. introdotte e tradotte da J. A. Soggin.
Alla consueta, ricca serie di recensioni si aggiunge una rubrica che si spera possa essere
regolare. «Rivista delle riviste»: questa volta è curata da Sergio Rostagno, che analizza e presenta criticamente un'annata della
« Zeitschrift für Theologie und Kirche ».
Diäkor?ia, 4/1970
II fa.scicolo della rivista — che. lo ricordiamo. è ora organo del Servizio Studi della
FCEI — è interamente dedicalo a L'Epistola
agli Efesini. « frutto di un primo tentativo di
lettura comune della Bibbia sul piano della
collaborazione interdenom inazionale nelPambito della FCEI ». come nota Alberto Taccia
nella « presentazione ». In parte il contenuto
è costituito da studi presentali air"incontro
biblico” di Ecumene, nel maggio .scorso :
Gianna Sciclone. L'unità dello Spirito: Bri no Bellion. La vita nello Spirito, e dal documento conclusivo delFincontro, stilato da
Bruno Rostagno. Nella seconda parte troviamo dodici « note omiletiche » che costituiscono un commento a tutta Tepistola. Si tratta
di uno sforzo di lettura "storica”, ricco di
spunti vivaci e fecondi, anche se andrebbe
precisala — perché così si presta ad ambiguità — la tesi di fondo che « l’aifermazione
centrale deU'epistoIa è che in Cristo è finita
la separazione fra giudei e pagani, ma questo
significa che non esiste più una comunità
santa, luogo privilegiato dell’incontro con il
Dio vìvente, ma lutto il mondo è chiamalo a
vivere, a lottare, a rischiare in un continuo
confronto con il Dio vìvente ». Se rifiutiamo
la "consacrazione del mondo” cattolica che
perde di vista la tensione e Tabisso esistente
fra la chiesa e il Regno, non per questo si
dissolve la tensione fra chiesa e mondo e
Fappello al mondo a credere, cioè a diventare
chiesa. Comunque, un buon esempio di coordinamento e di efficace messa a frutto per tulli
del lavoro di un gruppo.
Ricerche bibliche e religiose, 3/1970
Questa valida rivista curala dalla Chiesa di
Cristo, al suo (juinto anno, reca in questo
quaderno due studi, l’uno di Thomas
ScHULZ. Charis (grazia) nel J\uovo Testamento, Faltro di Donato Demetrio. Il concetto
di mistica in Paolo e in Teilliard de Chardin.
Segue un vi> ace « osservatorio », a cura di
A. Berlendis e un’ampia rubrìca di recensioni a cura di Fausto Sai.voni.
La rivista è trimestrale ed è publilicata dalla Editrice Lanterna: Labbonamento annuo è
di L. 2.000 (sostenitore 5.000. estero 5 <Iollarì): versamenti sul c.c.p. 4/1015 intestato
a Editrice Lanterna, (airso Buenos Aires 18/1.
16129 (Ìenova.
'4^ Il fascicolo di ottobre del « Bulletin du
Centre Rrotestant d'Etudes » di Ginevra reca
il testo dì una conferenza che André Dumas
ha presentato al 6“ incontro romando di universitari protestanti. Pour une apologétiqiie
sans religion. Così scrìve M. Faessler nella
presentazione : « La fede non trae il proprio
contenuto dalla cultura, ma la frequentazione
dei grandi momenti culturali le permette dì
individuare quali sono i nodi dei problemi riguardo a» quali essa deve affermare le pro]>rie
pretese (ad es., che Fuomo è giustificalo, o
creato, o chiamato). Essa sfugge così alla sacralità religiosa, ma evita d'altro lato di diluirsi in un totale incognito. Osa essere iconoclasta. cioè vogare sulla propria barca, senza prendere sempre l'ultimo battello degli
altri... ».
iiiiiiiiniiiiimiiiiitmiiiiiimiiiiiiiiiiiiiitmmtiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiimiiii
Lettera aperta di un uomo della strada
La crisi odierna della fede
È lecito all'uomo modesto della strada di
prendere la parola in risposta ai messaftgi che
gli vengono quotidianamente rivolti dai pulpiti dei maestri e dei pensatori?
La logica sembrerebbe rispondere di no e
noi Valdesi, in particolare, seguiamo la regola di rinchiuderci in un dignitoso silenzio quando ai nostri orecchi risuonano predicazioni che ci urtano e deludono la nostra
fede. Non credo sia una regola buona, perché
poi siamo noi, umile gente della strada, a portare le conseguenze delle dottrina che vengono propinate alla no.stra generazione : esempio tipico quello di un austriaco, cattolico,
nato circa ottant'anni or sono, che si presentò
al mondo predicando dottrine ad un tempo
politiche, filosofiche e religiose, con una potenza fascinatrice straordinaria e, poiché coloro che avevano scorto il pericolo del suo
messaggio, non seppero parlare in tempo, vennero. dopo pochi anni, travolti, col mondo
intero, in una crisi spaventosa.
.Altri uomini dal pensiero e dalla parola
fascinatori sono nati circa nello stesso tempo
— qualcuno vive ancora e qualche altro no —
ed il loro verbo continua la sua opera di conquista orientato deliberatamente verso una
« crisi » futura. L'uomo della strada sta a
guardare e ad aspettare, capace solo di aflerinare la propria impotenza, ina non di dare
anche un « suo » me.ssaggio.
Vorrei, come « uomo della strada ». cercare di richiamare rattenziose dei miei compagni sopra un a.spello di questa crisi che
mi sembra rivestire importanza essenziale per
noi : La crisi odierna della fede.
Per me. essa affonda una delle sue radici
impartanti in un uomo nato pure in quel tempo. lìrotcstante, che il Prof. Cantone di Roma
chiamava tempo fa in un suo scritto su « La
Stampa »: « ¡1 padre di tulle le rivolle ». pròfes.sore di filosofia e maestro degli esponenti
principali di varie tendenze (Klierne come Sartre. Kosik. Tillieh. Marcuse, Bultmann. ecc.
Il profes.sore Martin Heidegger.
Questo filosofo è alPorigine della filo,sofia
esistenzialista contemporanea per cui (lucllo
ohe importa è soprattutto la nostra vita attuale : vita che è grama c fonte di illusioni c di
delusioni. L'uomo, nascendo -— dice Heidegger — è (t scagliato » nel mondo, iniiner.so in
un nulla che gli dà una vertigine ango.seio.sa,
certo soltanto della propria finitezza, della j)ropria temporalità, del carattere precario, angoscioso e perituro della (>ropria esistenza.
Mi sembra molto intere.s.sante l'accostamento tra quel maestro e i suoi discepoli :
Sartre, il filosofo e scrittore che un pò
tutti conoscono e clic è uno specialista nel
mettere in risalto le tremende delusioni a cui
Puoroo va incontro in ipiesta sua vita terrena
e divulga ed c.scmplifica. bone o male, non .so.
il pensiero del maestro;
Marcuse, definito n 11 padre dei contestatori ». c che mi sendira esprimere il bisogno
istintivo della natura umana di ribellarsi contro le delusioni e le ingiustizie che la circondano.
Consenliaino pure...
Fin (jui. mi sembra, tutto bene. Son pronto a far tanto di cappello a tutti questi signori
i quali, malgrado i progressi vcrtigino.si della
tecnologia moderna, non si la.sciano illudere
e riscoprono, forse meglio di quanto la filosofia
non abbia saputo mai. tutto il vuoto e la realtà di perdizione che sono nella vita umana.
Possiamo affiancare le loro affermazioni con
innumerevoli passi della Sacra Scrittura.
Ma non è per questo motivo che ho scritto,
bensì perché tra i discepoli di Heidegger è
pure il nostro teologo di Marburgo, prof. Bultmann. considerato da molti come il padre della teologia moderna o della crisi, teologia
esistenzialista o della contestazione, ecc.
In cerca di un idioma moderno...
Questa teologia moderna desidera parlare
alFuomo con un idioma moderno e si studia
perciò di portare il proprio messaggio al livello della cultura moderna seguendone i metodi, i concetti e persino il vocabolario.
Essa va predicando con in.sistenza : Se i
templi si vuotano e la fede è in crisi e l'opera di evangelizzazione si arresta, è perché non
si è capaci di parlare all'uomo moderno un
linguaggio che egli capi-sca: bisogna ristudiare
la Sacra Scrittura con un metodo critico storico e capire che tanti racconti in essa contenuti hanno un valore simbolico, sono leggende o miti... La tempesta .sedata non c'è mai
stata, la moltiplicazione dei pani neppure...
La resurrezione ancor meno... Gesù stesso,
afferma qualche avanguardista, non è che un
mito!
A forza di ragionare e di dialogare s; va
lontano: anche l'avvenire è chiamato in caus.i. le profezie si devono riferire al divenire
quotidiano... Il Regno di Dio non s'ha i>iù
da attendere nel futuro, ma deve trovare attuazione qui ed ora... Come.^ Qualche teologo
ha risposto: «Per mezzo della rivoluzione».
E .se la parola "rivoluzione” può essere intesa in senso evangelico, v'ò anche chi la intende nel ,sen.so deteriore.
Dimenticanza imperdonabile
Ed è a ipiesto punto allora, che sento lo
stupore e lo sdegno ribollire in me e che
accuso taluni teologi modernisti di aver torto
(juando affermano di voler parlare all uomo
con un vocaliolario fatto su misura i>er lui.
La sapienza di Dio non ha nulla da imparare ila quella del mondo. L’una verso 1 .altra
furono e restano reciprocamente « pazzia ».
L'Evnngelo è pazzia!
La croce di Cristo, la sua resurrezione, la
venuta del Regno di Dio erano già pazzia per
l'uomo di duemila anni or sono e tali restano
per quello del no.stro tempo e lo diventano
sempre più. mentre, come giustamente dicono
i filosofi e.sislcnzialisti. il mondo corre verso
le sue delusioni perenni c fatali o. come <liciamo noi credenti, verso la perdizione.
Lo sapevano e lo sappiano sempre : ogni
volta che ci rechiamo a iin culto o a una riunione religiosa con dei fratelli, possiamo dire:
« Oggi me ne vado ad udire dei discorsi che
per il mondo sono pazzia e non desidero che
essi divengano .savi. Ho fatto la mia scelta a
ragion veduta e non intendo cambiare né
adesso, né mai. Io sono per la pazzia dell'Evangeln! ».
Essa, per nie. come per una immensa
folla
di altri umili credenti « della strada ». vale
di più di ogni sapienza del pre,sentc .secolo.
Emhico Gevmet
3
4 dicembre 1970 — N. 48
pag. 3
LA CHIESA NEL MONDO
A tu per tu con remiurante a Ginevra
A cura della Chiesa
di Hessen e Nassau
Per una educazione cristiana africana
Sessantadue anni, vagabondaggi di
lavoro in Germania, in Francia ed ora
in Isvizzera, in attesa della pensione
che aspetta da due anni; questo il profilo dell’uomo che mi sta dinnanzi,
mentre scrive una lettera alla sua famiglia. Sono nelle case del « Centre social Protestant » di Ginevra, nel salone
che serve da sala da pranzo. Attorno
ad un tavolo dei giovanissimi, intenti a
giocare, apparentemente spensierati.
Un gruppo, che sta pure giocando a
carte ad un altro tavolo, racconta le
sue vicende familiari, la profonda arnarezza della separazione dalla famiglia:
sono lavoratori del Veneto, siciliani,
pugliesi, abruzzesi; ciascuno annunzia
con la sua parlata la sua origine; moglie, bambini lontani e un padre condannato a vivere per lunghi mesi prima d’un incontro e per lunghi anni in
una terra comunque straniera dove la
legge Schwarzenbach, anche se non
approvata, ha lasciato un segno di sfiducia, di profondo sconforto.
Le case sono state create come segno di solidarietà delle chiese evangeliehe ginevrine per i lavoratori stranieri. Ormai sono vecchiotte, prive di
doccie e di altri elementi indispensabili per una convivenza così penosa.
C’è stata una protesta e una lettera indirizzata « au Centre » con la risposta
in cui si esprime la speranza e l’interessamento nei riguardi delle richieste. Speriamo che la mano tesa delle
comunità ginevrine, come è stata preziosa all’inizio, possa ancora rivelarsi
benefica per fratelii di altra fede, dato
che le autorità italiane e consolari non
sembra abbiano fatto molto per questi infelici.
L’emigrante che mi sta dinnanzi scrive lentamente e ogni tanto si ferma
per raccontarmi le sue peripezie, la
sua lotta per un pezzo di pane. Qualche lacrima scende furtiva, mentre
l’uomo si sfoga ed è contento che qualcuno lo ascolti, gli dica una parola di
conforto che soltanto l’Evangelo può
dire in quelle circostanze.
Nella chiesa italiana vedo altri emigranti, in maggioranza dal Sud; ci sono pugliesi, lucani di Mottola di denominazioni diverse; i Valdesi brillano
per la loro assenza. Piccola pattuglia
di creature che si ritrovano insieme
per gustare la Parola e che sono una
testimonianza concreta per coloro che
non conoscono il Vincitore.
In un’altra chiesa ginevrina si parla
di baraccati in Italia, di incomprensione per chi emigra nel Nord della
penisola e della responsabilità che abbiamo lutti verso un mondo disperato
di creature che muoiono spiritualmente perché abbandonate dai credenti.
Qualcuno comprende, ringrazia per
aver posto il problema anche per i
credenti di Ginevra. Un Pastore dice:
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiii =
IL SINODO GENERALE DELLA
CHIESA EVANGELICA LUTERANA
UNITA DI GERMANIA (VELKD), in
una dichiarazione relativa al programma di lotta contro il razzismo varato
dal CEC, si è così, espresso: è il cristiano singolo, non la Chiesa, ad essere abilitato a difendere i diritti del
prossimo giungendo fino al ricorso alla violenza, « quando questi diritti sono costantemente calpestati dalla repressione politica, sociale, economica ». Ma se la Chiesa utilizzasse la violenza, andrebbe contro la sua testimonianza e renderebbe poco degni di fede i suoi tentativi di pace e di riconciliazione. Quando essa mette a disposizione di altri dei mezzi che favoriscono direttamente o indirettamente
l’uso della violenza, la Chiesa manca
alla propria missione (soepi).
LE CHIESE CRISTIANE NED
LA REPUBBLICA ARABA UNITA
(RAU) hanno deciso di creare un
centro d’informazione sulla crisi del
Vicino Oriente e sui problemi dei cristiani che vivono nelle nazioni arabe.
Questo centro manterrà contatti con
le istituzioni e con gli ambienti cristiani di tutto il mondo, per « guadagnare l’opinione pubblica cristiana alla causa araba e opporsi alla propaganda sionista». Il direttore del centro è il vescovo ortodosso copto Samuele; il comitato direttivo si compone di un delegato per ciascuna delle 14 Chiese rappresentate nella RAU.
TRECENTO EDUCATORI CRI
STIANI, originari di 90 nazioni (fra
cui l’Italia, n.d.r.), si riuniranno per
una settimana a Lima (Perù) nel luglio prossimo, in occasione della prima Assemblea del Consiglio Mondiale
delTEducazione Cristiana (CMEP). Il
prof. Charles Malik, presidente del
CMEP, sarà uno degli oratori principali dell’Assemblea che avrà per tema : « Nuove prospettive dell’educazione cristiana ». Prima di essa, nelle
Antille e in tutta l’America latina si
terranno 16 incontri sull’educazione
cristiana, i quali avranno il compito
di esaminare per ogni regione la situazione in fatto di educazione, le realizzazioni delle Chiese e le possibilità
che potranno essere sfruttate. Si spe
ra che le conclusioni di tali incontri
apriranno nuove prospettive in questo campo. All’Assemblea sarà presentato un piano d’integrazione del
CMEP nel CEC. Ad essa parteciperam
no pure, quali delegati fraterni, 20
educatori cattolici romani (soepi).
Signor Pastore, gli italiani sono tutti
cattolici, non dobbiamo occuparcene.
La risposta è rapida: No, gli italiani
che emigrano non credono a niente e a
nessuno. Cristo è rimasto alla frontiera. Quel Cristo predicato nelle terre
riarse del Foggiano o nella piana di
Catania è un Cristo ingiusto, inaccettabile e perciò non deve varcare il confine. Perciò essi hanno rifiutato il Cristo dell’Italia e sperano di trovare un
Cristo diverso nella terra elvetica, dove la statua d’una donna, nel cuore di
Ginevra, accoglie con braccia enormi
dei bambini, per significare, come dice
la scritta, l’amore e l’ospitalità di Ginevra per gli stranieri.
Un emigrante delle valli, che ci ospita, racconta i suoi diciott’anni di soggiorno: la conoscenza della lingua, una
mentalità più vicina a quella elvetica
gli hanno consentito di superare gli anni più amari dell’inizio; inoltre la sua
fede protestante ha facilitato l’inserimento in una comunità e il formarsi
d’una rete di amici. Ma per chi giunge per la prima volta, avendo come
unico bagaglio una vecchia valigia e il
proprio dialetto, con un cuore gonfio
di amarezza e di delusione per il mondo che lascia, l’ingresso in una terra
straniera è duro; esso può segnare l’inizio d’una vita nuova, d’una scoperta
gioiosa del Cristo, oppure una pesante delusione. Cristo va perciò annunziato.
Difatti i pentecostali, gli avventisti, i
testimoni di Geova che vanno di baracca in baracca scoprono che quelle
creature non hanno mai saputo nulla
del Salvatore. E fra queste creature ve
ne sono che a loro volta scoprono il
Salvatore: tanto più quando all’annunzio si associa una mano tesa di
amore disinteressato.
Gustavo Bouciiard
iiMiiiMiMiiiiiiiiiiiiwmiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Il Comitato missionario della Chiesa presbiteriana degli USA ha votato il mantenimento per il 1971 di 400 missionari (contro
gli attuali 380) all’opera oltremare, anche se
tale decisione comporta un deficit di bilancio.
Ai responsabili è stato chiesto di preparare
un bilancio maggiorato per la prossima sessione del Comitato, in gennaio.
Giornata
del concittadino straniero
L’on. Michele Pantaleone, Danilo
Dolci, Padre Corso, i Pastori Pietro
Valdo Panasela e Tullio Vinay sono
stati invitati dal « Diakonisches Werk »
della Chiesa nell’Hessen e Nassau, in
Germania per la « Giornata del Concittadino Straniero » e per l’apertura della campagna « Pane per il mondo ». Si
tratteranno nell’Hessen-Nassau dal 29
novembre al 7 dicembre, visitando 12
città di quella regione.
La diversità di composizione di questo gruppo è indice che nell’aiutare il
prossimo in situazione difficile si può
essere tutti insieme, laddove si guarda
con fiducia al futuro e si è liberi dai
vincoli delle tradizioni e delle posizioni passate. T.
MiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiMimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiii
le esenzioni fiscali
del Valicano in Italia
discusse nel MEC
Bruxelles. - Un deputato belga, il socialista
Glinne, ha presentato un’interrogazione alla
commissione economica europea sulle esenzioni fi.scali di cui il Vaticano gode in Italia per
i suoi investimenti azionari. La tesi sostenuta
da Glinne è che le partecipazioni azionarie
del Vaticano ncll’eiatnomia italiana sono cospicue e che. essendo fiscalmente facilitate
]jer quanto riguarda i trapassi di proprietà, di
esse si avvantaggiano anche i gruppi che dal
Vaticano acquistano pacchi azionari di controllo di società italiane. Quando tali gruppi
sono americani, i privilegi fiscali concessi dall’Italia alla Santa Sc-de si trasformano automaticamente in facilitazioni per l'industria
americana nelle sue iniziative di penetrazione
sul mercato italiano e quindi nell’area della
Comunità europea. Glinne ha chiesto alla
commissione economica di stabilire se i privilegi fiscali del Vaticano siano compatibili col
trattato del MEC.
Porto Novo, Dahomey (soepi) — Senza trascurare Teducazione tradizionale, praticare una educazione moderna,
integrata in una educazione cristiana: a
questa elaborazione di una educazione
cristiana africana sono pervenuti i responsabili nazionali dell’educazione
cristiana riuniti in seminario a Porto
Novo dal 28 ottobre al 12 novembre
del 1970.
Intorno al tema « L'Evangelo e il
ragazzo », questi scambi hanno avuto
come punto di partenza le seguenti
considerazioni: mancanza di responsabili nazionali nella maggior parte delle Chiese, lavoro lasciato spesso a dei
principianti (nella maggior parte dei
casi, da missionari stranieri); infine
mancanza di coordinazione in tutti i
settori dell’educazione cristiana: in famiglia, culti per ragazzi ed adulti, catechismo, scuole, circoli per ragazzi ed
adulti.
Le conclusioni pratiche di questo seminario hanno indotto ogni Chiesa a
istituire un dipartimento di educazione
cristiana inteso come permanente e
polivalente; « non essendo limitata allo studio della Bibbia, ma dovendo
preparare ad un impegno efficace nel
mondo... l'educazione cristiana è veramente la più umana ».
È stato anche deciso di nominare
un responsabile nazionale, e la Conferenza delle Chiese di tutta l’Africa do
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIilllllllIMmilllllllllMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIOIIIIIIKIIIIIIIKIIIIhllllllllllllllIbbllll'llll
La Chiesa svedese per lo sviluppo
vrà organizzare su piano regionale dei
quadri di formazione nei riguardi dei
responsabili dei diversi rami dell’educazione cristiana.
A questo seminario hanno partecipato quindici delegati delle Chiese di
lingua francese del Cameroun, CongoBrazzaville, Congo-Kinshasa, Dahomey,
Gabon, Madagascar e Togo.
È anche stato rilevato quanto sia
importante per gli Africani rifiutare
poco a poco i programmi di educazione importati da altri continenti per
preservare, attraverso una visione
evangelica rinnovata, la loro identità
di fondo.
llllllMlllllllllllllllllllllllllllillllllillllllllillllllllllllhllllli
Cattolici in Svezia
Stoccolma (Relazioni Religiose) - Il Vescovo di Stoccolma ha iìidirizzato al governo svedese una petizione per ottenere un sovvenzionamento per il clero cattolico. La Chiesa cattolica svedese ha un solo Vescovo e ottanta
preti, « il cui tenore di vita è il più basso rispetto al resto della popolazione » ha ribadito
il Vescovo. Il 90Vo dei cattolici svedesi sono
stranieri venuti a lavorare e sarebbe ingiusto,
dice il Vescovo, chiedere a loro di mantenere
il clero e la Chiesa. La Chiesa cattolica svedese non riceve aiuti dallo Stato che sovvenziona solo la Chiesa luterana che è ufficiale.
Stoccolma (soepi). - La Chiesa Svedese intende chiedere una modifica alle disposizioni
giuridiche riguardo alla destinazione dei fondi della Chiesa affinché le parrocchie della
Svezia possano apportare il loro contributo
a? progetti dello sviluppo. Questa decisione è
stata presa durante una recente riunione generale della Chiesa, in seguito ad una proposta firmata da 24 membri, fra i quali 5 vescovi.
La Chiesa svedese non possiede centrali da
destinarsi allo sviluppo.
Le parrocchie ricevono il risultalo dell’imposta ecclesiastica, ma per il momento, ques!i fondi non possono essere utilizzali su dì un
piano internazionale.
,,,,,,.,,,,,,,,,,11111111)111111111111111111111 ....................................................................................... ....................................
I In margine alla Assemblea Generale della Socìeià delle Missioni di Parigi |
L'Azione Aposiolica Comune
Il pastore Charles Bonzon, direttore della Società dal 1950, ha lasciato il suo posto subito dopo l’Assemblea Generale. Tre fatti caratteri^
= zano i 20 anni della sua attività.
E Grazie ad un intenso e continuo
= sforzo di informazione e una severa
= disciplina delle spese, tutti i 20 eserE cizi finanziari sono terminati senza
= deficit, creando così fra i donatori
= un senso di profonda fiducia verso
E la Società delle Missioni e la sua
= amministrazione. Durante questo
E periodo, trattative alle volte difficili
E hanno portato Luna dopo l’altra tutE te le Chiese indigene fondate dalla
i Società all’autonomia amministratiE va e in gran parte anche finanziaria.
E Al tempo stesso, le Chiese della
E Francia sono state preparate alla
E completa integrazione della Missio= ne nella Chiesa, che sarà un fatto
= compiuto l’anno prossimo con la
E creazione del Dipartimento EvangeE fico Francese per l’Azione ApostoE fica.
= Durante tutti questi cambiamenti,
S che si possono qualificare rivoluzioE nari, il pastore Bonzon ha guidato
= le sorti della Società con una chiara visione della evoluzione dell opera
di Dio nel mondo, in atto e in prospettiva, mantenendo allo stesso
tempo ferme le linee fondamentali
che hanno guidato l’attività della
Società fin dalla sua fondazione. Dal
suo ultimo messaggio alla Assemblea Generale, stralciamo alcuni passi che ci sembrano particolarmente
significativi.
A proposito della integrazione della Missione nella Chiesa.
« Molto prima che diventi un atamministrativo, la integrazione
essere una realtà spirituale.
Quella realtà esiste, di fatto, dal
a 1822, quando fu fondata la Società
’ delle Missioni Evangeliche di Parigi, organicamente indipendente dalle
chiese della Francia, ma ciononostante radicata nella loro sostanza
più profonda ».
« Perché l'integrazione non rimanga senza efficacia, occorre non solo
che le autorità ecclesiastiche acqui= stino chiara coscienza della loro
nuova responsabilità, e l'introducano al centro delle loro preoccupazioni, ma ancora che tutti coloro che
portano la Missione nella loro preghiera raddoppino di intelligenza e
di zelo per farla conoscere e amare
loro parrocchie e fuori di
Dopo aver ricordato le vane tappe che hanno portato alla formazione della equipe della Azione Aposto
Sarà l’opera comune di Chiese appartenenti a nazioni,
continenti, razze, culture diuerse, e ciò nondimeno unite da una medesima passione: annunciare l’Euangelo
ai loro popoli e fino alle
estremità della terra
E che
to
deve
E ni,
= nelle
fica Comune, all’opera nel Dahomey
e nel Poitou (Francia); il pastore
Bonzon conclude: « L'organismo internazionale che vi è proposto ora
non è una creazione a nihilo (dal
nulla). È basato su una esperienza
precisa e riuscita bene. Noi possiamo sperare da questo organismo un
impulso decisivo per una azione missionaria, che, anche sotto forma di
aiuto reciproco, deve diventare nettamente multilaterale, non essendo
più l'opera di una data Chiesa nazionale, ma l'opera comune di Chiese appartenenti a nazioni, continenti, razze, culture diverse, e ciò nondimeno unite da una medesima passione: annunciare l'Evangelo del Signor Gesù Cristo ai loro propri popoli e fino alle estremità della ter
Del resoconto del Vice Direttore
(ora Direttore), pastore Pont, sulla
attività dell’anno 1969-70, ci sembra
particolarmente interessante il paragrafo dedicato ai missionari attualmente all’opera.
« Alcuni di essi sono entusiasti e
felici, altri sono stanchi. Alcuni hanno profonde perplessità a proposito
dell'azione della Chiesa nel paese
dove si svolge il loro servizio, e alle
volte soffrono coi loro fratelli di
quella Chiesa. Altri sono perplessi,
ma non possono — o non sanno —
esserlo in una fraterna collaborazione. E vorrei sottolineare quanto
spesso si sbaglia nelle nostre Chiese
europee immaginando, più o meno
coscientemente, che basta arrivare
laggiù con la etichetta “missionario", perché tutto sia facile. Come
se bastasse attingere dalle proprie
ricchezze interiori e dire che cosa
dovrebbe essere fatto, quel che sarebbe saggio, quel che sarebbe vero. Mentre, piuttosto, essere missionario impone il dovere di sapere
ascoltare e comprendere. Non è una
virtù comune: solo la Grazia del Signore può darla ed essa sola può
far sì che questo ascolto e questa
comprensione, questa attenta pazienza diventi poi una energia viva
e una collaborazione costruttiva.
Quella Grazia noi dobbiamo domandarla senza tregua per coloro che
abbiamo mandati. E veramente il Signore la dà. La prova sono tutti coloro, uomini e donne, che, forse
stanchi o gravemente preoccupati,
continuano ad operare con la certezza di essere al loro posto e utili ».
Poi il Signor Pont si fa l’interprete di certe perplessità espresse dai
dirigenti delle Chiese del Terzo Mondo. « Parecchi sono stati stupiti da
certi missionari protestanti venuti
dall'Europa. Hanno percepito in loro un senso accentuato di solidarietà umana, una certa vocazione filantropica (nel miglior senso della parola), e non una vocazione veramente missonaria, non una coscienza
ferma di essere ovunque dei messaggeri dell'Evangelo ».
« So quanto sarebbe facile fare la
caricatura tanto di colui che vuole
soltanto aiutare i suoi simili, senza
riferimento a Gesù Cristo, quanto
di colui che desidera soltanto parlare del suo Signore. In realtà queste due attitudini non sono così nettamente distinte, e penso con stima
e amicizia, tanto a molti che vogliono essere dei servi silenziosi, quanto
ad altri che vogliono essere piuttosto dei messaggeri della Parola. Ma
è necessario che si sappia qui chiaramente che i nostri amici di oltremare desiderano che i fratelli che
verranno ad aiutarli non vengano
soltanto nel nome della fraternità e
della solidarietà umana, ma nel nome di Gesù Cristo e per compiere
l'opera della Chiesa, che è, mediante attività varie, una opera di liberazione e di formazione dell'uomo
per opera di Gesù Cristo. Questo
non significa che queste Chiese si
preoccupino unicamente degli individui, e ignorino la loro responsabilità nei riguardi della società nel
suo insieme. Parecchie di esse hanno
già costituito con dei laici competenti delle commissioni incaricate di
studiare i problemi relativi allo sviluppo del loro paese ».
* * *
Come conclusione al suo messaggio il pastore Bonzon ha detto al
suo succe.ssore; «Ti ricordo la parola dell'apostolo a Timoteo: “Fortificati nella grazia che è in Cristo
Gesù", e quella dell'angelo a Gedeone: “L'Eterno sarà con te" ».
R. C.
Illllllllllllllllllllillllllllllllllllllllllllllll■l<>■>">l69"90"""llllllllllllllllllllllllllllllll»lllllll«>l>ll>lllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Se il governo accettasse questa domanda, i
contributi delle parrocchie sarebbero destinati ad un fondo ecclesiastico per l'aiuto internazionale.
Questi capitali potrebbero in seguito essere
trasferiti nel Fondo ecumenico per lo sviluppo ecumenico delle Chiese, al Servizio mondiale della Federazione luterana mondiale e
ad altre organizzazioni.
Illlllllllllllllllllll llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll
Tre Chiese Riformate
si fondono
neH’Africa australe
Johannesburg (hip). - L'assemblea generale
della Chiesa presbiteriana sud-africana ha deE ciso aU’unanimità la fusione di tre Chiese riE formate dell’Africa Meridionale : la Chiesa
= sud-africa, che annovera un terzo di Afri= cani, la Chiesa dei Bantus e la Chiesa dei
E Tsonga. La Chiesa sud-africana è interrazziale.
E Nel frattempo la nuova unione sarà coinE posta in maggioranza da membri di colore.
= Ciò è un fatto di importanza capitale per il
= Sudafrica.
E La decisione delFassemblea è stala già coE municata ora. Sarà poi ratificata al mese di
E maggio 1971.
E Oltre al progetto di unione della Chiesa RiE formata, di cui rimplicazione razziale è inE negabile, si è pure presa in considerazione una
E grande unione interconfessionale protestante
E di sei Chiese distinte.
I iniiiiiMiiiiMiiiiiiiMiiiiiKiiiiiiMiiiiiiimiiiiniiiiiiiiiiiMiii
I Thomas Müntzer alla TV
= No, non alla tv italiana! Per quanto
E questa si conceda talvolta qualche im
E pennata anticonformista, non è per og
E gi né per domani uno sceneggiato tele
i visivo sulla figura di Thomas Müntzer,
= il teologo rivoluzionario del XVI secolo
E (ricordiamo che «Gioventù Evangelica»
E gli ha dedicato, scritto da Emidio Cam
E pi, il suo più recente fascicolo). Si ca
E pisce invece benissimo che la tv della
E Repubblica Democratica Tedesca (la
E DFF, Deutsche Fernsehfunk) abbia de
E dicato a questa figura, un film televisi
E vo: E vidi una nuova terra — secondo
E quanto riferisce un servizio dell’Union
E Pressedienst, il servizio informazioni
E stampa tedesco-orientale. È evidente
E l’interpretazione marxista del fenome
E no storico, così presentato dal regista:
= « Se si è pronti a seguire la storia, un
E ordine naturale risulta dalle concate
E nazioni causali storiche. L'ordine natu
E rale dell'oggetto di cui ci occupiamo ci
= determina a non vedere in Müntzer sol
E tanto la guida dei contadini, bensì
E l'ideologo di questa rivoluzione proto
E borghese, le cui tappe sono costituite
E dalla Riforma e dalla guerra dei conta
E dini ». Tuttavia lo stesso UPD ricono
E sce che, per ciò che riguarda Martin
E Lutero, « non si è rilasciti a dare una
= prescntaz.ione valida del Riformatore ».
E Alla redazione di questa pagina han
E no collaborato Roberto Coisson e
= Claudia Pevrot.
I Doni Eco-Luce
E /)« Torino: G. e D. Qmira .iOO; Ida llandoE ne 500; Albina Peyroncl 500; Margherita
E Fiori 500.
= Da Torre Pellire: .Arturo Vola 500: Laura
E Jervis 1.000; Tullio IJeux 1.000: Beniamino
E Peyronel 7.000; N.N. 1.600.
E Marcella Gay, Pinerolo 2.000; Emilia MoE ret. Svizzera 2.000: Liliana Bert. Francia
E 1.000; Liline Beux. Luserna S. Giovanni 500;
E .Madeleine Cairus, Villar Pclliee 500.
E Da S. Germano Chìsone: Davide Jahier 500;
1 Arturo Meytrc 500; Oreste Meytre 500; VirE ginia Soulier ved. Rostan 600.
Grazie! (continua)
4
pag. 4
N. 48 — 4 dicembre 1970
Intervista deH’avv. Ettore Bert dopo le elezioni comunali a Torre Pellice
Per un'ampia parieeípazione alla casa paUiliGa
Colloquio pastorale delle Vaili
Il 22 novembre in diversi Comuni italiani si sono svolte le elezioni amministrative; fra gli altri.
Torre Pellice. Abbiamo posto alcune domande a un
rappresentante della Lista n. 2 la quale ha ottenuto la maggioranza dei suffragi. L’avv. Ettore Bert,
che in passato è già stato sindaco di Torre Pellice
e che da parecchi anni è presidente del Consiglio
della Val Pellice, era qualificato a situare i problemi della cittadina, che riveste per noi un'importanza particolare, nel quadro più ampio della Val
Pellice e delle sue prospettive di sviluppo economico ma soprattutto sociale.
Quali sono i punti più importanti del programma della nuova amministrazione di Torre
Pellice?
In questi ultimi anni sono maturate
idee nuove intorno al modo di essere
liberi e di gestire il potere: per quanto concerne il Comune, si è fatta avanti
l'esigenza che questo sia il centro di
potere democratico dei cittadini, il che
significa superare il momento puramente amministrativo per aprire una
prospettiva sulla partecipazione effettiva di tutti ai problemi che sono, per
loro natura, di tutti. Alla luce di una
tale premessa, il programma che può
essere proposto dalla nuova amministrazione di Torre Pellice, più che una
elencazione di « cose che si faranno »
concerne il modo di come affrontare la
realtà quotidiana e la soluzione dei problemi. Mi spiego: gli amministratori
ultimamente eletti hanno evidentemente presente quali problemi saranno da
affrontare nei prossimi cinque anni e
quali dovranno essere risolti prima e
quali dopo; a titolo di esempio, si può
menzionare l'esigenza di costruire nuove aule scolastiche, la necessità di sistemare la viabilità minore ed esterna del
comune (strade di collegamento con le
borgate e le frazioni), di ampliare il
servizio delle fognature e della illuminazione pubblica, ecc. Ciò che però
conta non è tanto la previsione, in dettaglio, del piano di opere (che è in definitiva momento amministrativo della
vita comunale), quanto la impostazione
di partenza che verrà data (ed ecco il
momendo della partecipazione dei cittadini) ed i criteri di fondo da tener
costantemente presenti. Infatti, non si
direbbe nulla affermando che il Comune deve essere il centro di potere democratico, se non si pensasse a questo come il mezzo ed il principio per
10 sviluppo del comune stesso. É qui si
pone una domanda: quali sono i settori di intervento del Comune. Ne indicherei essenzialmente tre: l'assetto territoriale del paese (che importa tutto
11 discorso sulle condizioni igieniche ed
edilizie ed economiche delle costruzioni ad uso abitazione, tanto private che
pubbliche, sui programmi di viabilità,
di attrezzature urbanistiche, ecc.) —
istruzione pubblica (comprensiva non
solo della edilizia scolastica, che a
stretto rigore potrebbe rientrare nella
previsione di cui prima, ma di tutti
i servizi scolastici e parascolastici, quali il doposcuola, il trasporto allievi, la
medicina scolastica, l'intervento del Patronato, ecc.) — servizi sociali (medicina preventiva, dove il Comune può
utilmente intervenire, assistenza sociale nelle sue varie forme, ecc.). Per inciso, è da osservare che una amministrazione comunale si qualifica in senso
democratico quando gli interventi in
tali settori, e specie nell'ultimo, appaiono rilevanti ed essenziali rispetto ad altre possibilità.
La risposta che potrebbe essere data
alla prima domanda potrebbe apparire, come sopra formulata, insoddisfacente e generica al primo esame, ma se
si accentra l'attenzione sulle due indicazioni enucleate: metodo di impostazione dei programmi operativi e preminenza di interventi, si può trarre immediatamente la differenza significativa che intercorre tra la elencazione
delle opere che un'amministrazione appena eletta propone (e che altro non
è che l'avocazione agli « addetti ai lavori » della pretesa di tutto sapere e di
tutto decidere) ed un discorso nuovo
per un nuovo modo di amministrare,
basato sul presupposto di una parità
decisionale di tutti i cittadini, eletti e
non, e di una grande partecipazione
alla cosa pubblica.
Che cosa seno e che cosa si propongono i consigli di quartiere?
I Consigli di quartiere sono lo strumento che si propone per consentire la
partecipazione dei cittadini (preferisco
non usare mai la denominazione di partecipazione « popolare » per quel tanto
di populismo e di equivoco che vi è in
quel termine) alla amministrazione
pubblica. Nel proporre la costituzione
dei Consigli di Quartiere siamo stati
ben coscienti di non indicare nulla di
nuovo, né di inventato, perché da anni
si sono venuti costituendo in sempre
più numerosi Comuni. L'aspetto nuovo
nella proposta consiste invece nel voler costituire i Consigli di Quartiere in
un paese relativamente piccolo come
Torre Pellice ed in una vallata alpina.
Si potrebbe infatti obiettare che non
ricorrerebbe la esigenza funzionale di
suddividere una popolazione di poco
meno di cinquemila abitanti (ivi compresi i bambini) in organizzazioni relativamente piccole e poco necessarie
quindi per esprimere una partecipazione cittadina che potrebbe anche avvenire direttamente. Il fatto è che vi è
una innegabile situazione di borgate e
quartieri, relativamente distanti dal
contro, che già in parte giustifica la
proposta; inoltre, vi è soprattutto la necessità che i cittadini « sentano » di
avere a disposizione una organizzazio
ne per potere realmente intervenire nella vita del Comune. Sotto tale profilo,
è non soltanto giustificata, ma necessaria, la costituzione di quartieri (o borgate o frazioni) con i relativi consigli.
Che cosa siano i Consigli di quartiere
è presto detto: è l'assemblea di tutti i
cittadini di una zona, che nel loro seno
esprimono alcuni delegati con il compito di mantenere i rapporti con la amministrazione e l'incarico di promuovere e eseguire le decisioni della assemblea. Tali assemblee potranno discutere
su ogni argomento interessante il quartiere, ma, in particolare, dovranno esprimere pareri preventivi (che l'amministrazione si obbliga di richiedere) su
provvedimenti di interesse generale che
il Comune starà per adottare nei settori di maggior importanza, quali l'urbanistica, servizi scolastici, servizi sociali, ecc. Ma per poter formulare pareri
obiettivi e meditati, occorre essere informati: di qui l'esigenza che i Consigli di quartiere siano documentati sulle
reali risorse del Comune, sulle entrate
fisse e su quelle modificabili, sulle spese fisse e inevitabili e su quelle facoltative, in una parola, i Consigli di quartiere dovranno innanzi tutto conoscere e
discutere il bilancio comunale.
Per la costituzione dei Consigli Tamministrazione porrà in discussione uno
statuto, sentendo in maniera intanto informale i cittadini dei vari quartieri;
esso formerà poi oggetto di una deliberazione atta a conferire veste giuridica
al predetto statuto.
Quali prospettive si offrono nell’ambito di una collaborazione
di Torre Pellice con gli altri comuni della valle?
La collaborazione fra i Comuni della
Valle significa in realtà la politica amministrativa del Consiglio di Valle, che
è l'ente che riunisce in consorzio tutti
i Comuni del Pellice, da Bobbio a Bricherasio, da Bibiana ad Angrogna.
II Consiglio di Valle, sino ad oggi, ha
potuto operare essenzialmente in due
direzioni: bonifica montana, settore di
competenza istitutiva, ed assistenza sociale, settore scelto e potenziato liberamente dagli amministratori locali. Non
è questa la sede per fare un bilancio
di quanto ha fatto il Consiglio di Valle:
basti però ricordare che, in parte per
esiguità di finanziamenti, in parte per
carenza di leggi, non ha potuto assumere quella veste di ente promotore
dello sviluppo economico e sociale della zona che avrebbe dovuto essere il
suo scopo. Attualmente le prospettive
sono di particolare interesse, perché —
con l'avvento della Regione — il Consiglio di Valle potrà porsi come quell'ente comprensoriale chiamato a diventare l'organo locale della programma
zione. In poche parole, il decentramento amministrativo e l'articolazione dell.i nuova amministrazione regionale,
potranno passare attraverso il Consiglio di Valle potrà porsi come quello una attesa inerte non sarà certo sufficiente ad aprire effettivamente prospettive. Qccorre che il Consiglio di
Valle .si prepari ad assumere nuovi
compiti e li assuma senza esitazione là
ove oggi è già possibile. Per tale motivo
la collaborazione fra Comuni è indispensabile ed urgente. Non posso però
affermare tranquillamente che sino ad
oggi la collaborazione vi sia sempre
stata in maniera piena e fattiva: rigurgiti campanilistici, visioni particolari,
diffidenze hanno non poche volte ostacolato un discorso di seria cooperazione. In realtà, preferirei non parlare di
« collaborazione » fra Comune, quanto
invece di una confluenza di volontà
volte a costituire una maggioranza, alm«io sui problemi più essenziali. Ñon
è infatti agevole portare avanti un problema sulla accondiscendente collaborazione. È necessario essere convinti
di certe scelte e perseguirle conseguentemente.
I capipi di intervento sono numerosi e importanti: ne citerò solo tre.
L’assistenza sociale, come servizio
oggi esistente, è stato l'avvio di una
esperienza che deve svolgersi in modo compiuto e adeguato alla realtà.
Intanto, il servizio dovrebbe essere potenziato al punto di poter svolgere in
maniera adeguata i propri compiti;
dalle indicazioni generali in materia, si
trae, fra altro, che per garantire un tal
servizio occorre una assistente sociale
ogni cinquemila abitanti e, per la Valle,
ne occorrerebbero quindi almeno quattro, con la relativa dotazione di uffici e
di mezzi. Ma il discorso non è limitato
al solo potenziamento del servizio attuale (le cui benemerenze si appoggiano tutte sulla assoluta dedizione al proprio compito della persona preposta,
più che sulle possibilità effettive), deve
aprirsi per introdurre un nuovo concetto, quello deU’unità locale dei servizi. È questa oggi la risposta a tutte
le esigenze di assistenza ad ogni livello:
servizi sociali, assistenziali, scolastici,
assistenza agli anziani, assistenza sanitaria (ivi compresa quella agli insufficienti psichici). Per arrivare a garantire un servizio sufficiente in tale prospettiva, occorre che una zona adeguatamente ampia ed omogenea, abbia una
organizzazione che voluta, discussa e
controllata democraticamente dai cittadini, sia il giusto strumento per garantire l'assolvimento del dovere di corrispondere quelle prestazioni, che, nel
quadro di una democrazia effettiva,
debbono essere diritti, concreti e non
solo formali, dei cittadini.
Ettore Bert
iiiiiiiimmiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Non si vive
solo di capoluogo...
(Risposta
al prof. Puzzanghera)
Un lettore, da Catanzaro:
« La verità vi farà liberi » disse Gesù
ai discepoli, a condizione però che si perseveri nella sua Parola. L’Evangelo è la
Buona Novella che ci salva con Tamore
che Cristo ci ha portato e non possiamo
servirci di esso per fatti di violenza o per
campanilismi, per instaurare dittature neofasciste. Non sono io che giudico i fatti
di Reggio Calabria, ma è la stamjia italiana ed internazionale.
Caro professore, non è vero che « Nuovi
Tempi » in data 20 settembre in un articolo a firma L. F. abbia falsato la verità;
anzi si è limitato a descriverla in breve
perché bisogna fare piazza pulita dei doppi
giochi. La Calabria non può più continuare ad essere una terra di baratto e di
intrallazzo.
Caro fratello in Cristo Gesù, ci siamo
conosciuti ad una conferenza distrettuale
tenutasi a Ricsi. dove ho ammirato la sua
parola pronta e Timpegno evangelistieo.
ove alibiamo giMluto nelPagape cristiana e
del sorriso profetico <leiruomo di Dio che,
come Abramo, ha lascialo il prospero Piemonte per vivere in mezzo ai poveri di
Ricsi. trasformando il deserto mafioso in
un giardino di figliuoli di Dio.
Chiusa questa parentesi, voglio dire che
Reggi») prima di lutto ha bisogno della
parola deH aposlolo Paolo che 19 secoli fa
mise il suo piede di pace e di grazia che
veniva da Cristo Gesù nella vostra bella
città. La parola di Dio è quella che deve
regnare. È l'evangelo del regno che viene
che deve vincere e non la })aroIa di battaglia che incita alla violenza ed al terrore. Non quella di monsignore Ferro.
Caro fratello, la miseria viene combattuia per mezzo dei sindacati CGL, CISL,
UIL con rapporto organizzativo dei partiti
di sinistra che tanto hanno fatto e faranno
a favore della classe lavoratrice. La vostra
città è ubicala sullo stretto di Messina e
perciò mollo lontana dai paesi della provincia di Cosenza come Castrovillari, Mormanno. ecc. Il centro della Calabria è Catanzaro perché ha i requisiti dovuti, come
sede di Corte d'Appello fin dal 1816 (grazie alPonorevole avv. Antonio Greco, condannato due volte a morte in contumacia
dal governo borbonico e nel 1860 liberatore e governatore della Calabria con .sede
a Catanzaro insieme a Garibaldi).
Adesso una parola ai giovani evangelici
che ebbi il piacere di conoscere più di
una volta. Ho apprezzalo il vostro amore
per Pevangclo e per l’apertura al mondo
di fuori. Ebbene la rivolta e le liarricate di
Reggio ,'4ono state un pretesto per il capoluogo. si voleva invece dare un colpo
allo stalo democratico c repubblicano.
Cari fratelli, non si vive soltanto di capoluogo. Si vive anche lavorando nellindustria e con Taiuto del Signore e con la
buona volontà del governo, avrete presto
il quinto centro siderurgico e altre fabbriche. Quindi non più emigrazione, ma
lavoro nella propria città.
in ultimo, caro professore e fratello in
Cristo Gesù, liisogna essere rivoluzionari
neiramore a favore degli umili e non a favore della repubblica di Sliarrc che risente
ancora della repubblica <li Salò, di triste
memoria. Debbo dare ragione all articolista
F., die non ho l'onore di conoscere,
perché è stato sen.sibìle ed lia avuto pietà
per coloro che sono morti senza avere concluso nulla, c ])er le soiTereiize del popolo.
Conludendo liico che Ì « baroni rossi ))
disprezzali da voi reggini sono quelli che.
usciti dal carcere e dal confino fascista,
hanno cambialo il volto della Calabria e
cambieranno ancora meglio la nostra economia. Noi dovremo portare la Parola di
Dio. Non possiamo ilare ragione a coloro
che fanno le barricate, ma uniti insieme
ai cattolici del dissenso diremo: Il Signore
viene. Gesù il risorto fa ogni cosa nuova.
Vostro afTezionalissimo
Ehnesto Scorza
Il colloquio pastorale avutosi lunedi
9 u. s. ha esaminato con impegno i temi indicati al suo Ordine del Giorno.
La prima parte della mattinata è stata consacrata alVesame del cap. 3 della Genesi sulla base di una introduzione teologica a cura di B. Rostagno, che
ha ofterto al colleghi le linee di fondo
pei il dibattito traendole dal commentano, recentemente pubblicato in italiano, del noto teologo G. von Rad.
L esame di questo testo (il racconto
del peccato) ha oilerto però l'occasionc per uno scambio molto più esteso
di idee e di punti di vista. Non ci si è
limitati cioè alla lettura del testo ed
alla sua esegesi, ma, risultando abbastanza diverso il modo di affrontare il
testo biblico e di leggerlo da parte di
alcuni dei partecipanti, si è affrontato
anche il problema della ispirazione
della Scrittura e della sua autorità.
Per limitarci ad un esempio si è discusso ampiamente sull'interpretazione del V. 1.5 laddove si parla dell'inimicizia tra il serpente e l’uomo. Il testo
è stato interpretato quasi sempre nel
senso che qui è profetizzato il giorno
della vittoria di Cristo: si tratterebbe
di una sorta di prima profezia della
salvezza e così il versetto è stato Ietto
anche nei nostri catechismi. In realtà
il testo parla unicamente della maledizione del serpente e della lotta tra lui
e la discendenza dell’uomo, è cioè un
testo di condanna c di maledizione a
cui il sacrificio di Cristo ha posto rimedio, ma indiretmmente, senza che
fosse in questo caso preannunziato. Si
può però leggere il testo come una
profezia inconsapevole, come se lo
scrittore avesse detto cose di cui non
comprendeva appieno il significato,
ma che sarebbero state realizzate in
seguito? Ad alcuni sembrava possibile
accettare questa concezione della profezia, ad altri sembrava poco connessa
con il testo stesso. Dibattito comunque
di estremo interesse e vivacità che sarà proseguito nelle prossime sedute.
La seconda parte della mattinata e
la prima parte del pomeriggio sono
state invece consacrate aW’esame della
proposta di modifica del sinodo e dei
problemi connessi. Introdotto dal pastore F. Davite, il dibattito ha messo
in luce alcuni punti che sono importanti e che meriteranno ulteriore esame: il fatto che si deve dare una rappresentanza a tutte le comunità e non
solo a quelle autonome, che le conferenze distrettuali meritano maggiore
attenzione e devono essere potenziate,
che il nostro sinodo deve cercare una
sua strada per adempiere alla sua funzione di assemblea di una chiesa di
diaspora, che dovranno essere riformate le sue sedute di lavoro. Il pro
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiMii:ii;iii;:)
PERSONALIA
Il prof. Mario Miegge ha vinto il concorso
per la cattedra di fdosofia della religione.
Ci rallegriamo vivamente con lui per questo
significativo riconoscimento, con un augurio
tanto più cordiale in quanto sta per assumere pure il ruolo di padre!
Il nostro collaboratore Renato Raima si è
laureato, con ottimo risultato, presso la Facoltà di economia e commercio dell'Università di Torino. Rallegrandoci fraternamente
con lui. guardiamo con fiducia alla sua futura attività, sapendo che la concepisce come
servizio.
Paolo Buffa, della nostra comunità di Ivrea,
ha felicemente concluso i suoi studi di geometra: vivi rallegramenti e auguri di una
buona attività, in una linea di testimonianza
evangelica.
Il 25 novembre 1970 è mancata improvvisamente all’affetto dei suoi cari
Maria Giampiccoli
A funerale avvenuto ne danno l’annunzio la sorella Elisa col marito Roberto Coisson, il fratello Renato con
la moglie Luigina Mûris, i nipoti Ernesto con la moglie Clara Sibille e
bambini, Giorgio con la moglie Mirella Loik e bambini, e i parenti tutti.
Commossi per l’affettuosa simpatia dimostrata loro, i familiari ringraziano
tutti coloro che, con la presenza o con
scritti hanno partecipato al loro do
lore : in particolare il pastore Scnelli,
la Signora Ketty Comba, che ha ricordato con affettuose parole la cara
Estinta, il dottore Gardiol, la Direttrice e il personale dell’Ospedale Valdese.
« Io so in chi ho creduto »
(2 Timoteo 1 v. 12)
Torre Pellice, 28 novembre 1970.
M. et M.me Paul Soulier née Collet
et leurs enfants,
M. et M.me Etienne Negrin née Collet et leurs enfants,
M. et M.me Pierre Merlin née Collet
et leurs enfants,
profondément touchés des marques
de sympathie qui leur ont été témoignées lors du décès de
Monsieur
Bartolomeo Collet
remercient il sindaco, la Sezione del
P.C.I., l’Unione Musicale, TAss. Nazionale Alpini Gruppo F.lli Coisson di
Inverse Pinasca, et toutes les personnes qui se sont associées à leur douleur et les prient de trouver ici l’expression de leur gratitude émue.
blema di maggior contrasto sembra essere quello della delegazione pastorale.
Tutti i pastori al Sinodo? Solo una
parte dei pastori? I pastori possono
essere considerati laici e perciò votati
dalle singole comunità come loro rappresentanti? La questione nasconde il
grosso quesito sulla funzione e la figura del pastore nelle nostre comunità,
quesito che non è ancora risolto.
La seconda parte del pomeriggio è
stata consacrata al dibattito di problcrni amministrativi riguardanti la prossima assemblea dei concistori in dicembre, le contribuzioni delle comunità, il riordino degli schedari.
PRQSSIMQ INCQNTRQ
A Pinerolo lunedì 14 dicembre con il
seguente ordine del giorno:
Qre 9: Studio biblico introdotto da
Gianna Sciclone sul testo Genesi
4: 1-16;
Qre 10: Dibattito sul battesimo, introdotto dalle relazioni di A. Sonetti
sul tema: « Storia del battesimo
cristiano dalle origini al XVI secolo » e di F. Davite sul tema: « Il
battesimo nel Nuovo Testamento »
(seguendo la voce corrispondente
nel dizionario di G. Kittei);
Qre 13,30: Eventuale proseguimento
della discussione, problemi amministrativi e vita del Distretto;
Qre 16: Chiusura.
Giorgio Tourn
iMiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiu
L ■ 1
b
r -1
■ 1
per i nostri ragazzi
a cura di Berta Subii.ia
Si avvicina il tempo dei doni: un buon libro è sempre un buon regalo e in queste settimane contiamo pre- sentarne alcuni alla vostra scelta; e ri- cordatevi degli ospiti delle nostre Ope- re (nonché delle nostre Librerie, per le ordinazioni)!
per 11-13 anni
Michael Peyramaure - La Valle dei
« Pieno vento» L. 1.200.
La valle dei mammut dello studioso
di preistoria Peyramaure è uscito in
italiano nella collana di Bompiani già
nel 1968. È un libro che ha avuto successo anche da noi e lo abbiamo già
sentito lodare da ll-13enni che lo han
no letto. È infatti un libro pieno di fascino e di sogno, per l’ambiente preistorico che descrive. Le caccio, gli
sbranamenti delle fiere, le lotte tra le
diverse tribù, l'odio e la vendetta, come pure l'amore fra quegli uomini primitivi sono descritti con verosimiglianza e ci piace raccogliere la tesi
del libro, racchiusa nelle parole di uno
dei suoi protagonisti, l’Uomo Giallo
che incide mammut nelle pareti delle
caverne e che pensa che «una semplice vita umana è preferibile a tutte le
false gioie della guerra ».
11-15 anni
Hans Baumann - La terra tra i due fin
mi. Vallecchi. L. 3.500.
La Mesopotamia significa appunto
« terra tra i due fiumi », il Tigri « veloce come una freccia », TEufrate « il fiume del rame ». Qggi quella terra è sottosviluppata, ma non era così al tempo dei Sumeri, di cui questo libro
parla.
Nel 1842 erano cominciate le ricerche di Ninive e oggi ancora continuano gli scavi dopo che, a cavallo dei
due secoli, sono state rinvenute Uruk
e Ur, Tello, Nippur, Mari, Eridu, Nimrud, con la loro scorta di gioielli, tombe, bassorilievi, statuette e migliaia di
tavolette che gli scienziati hanno potuto decifrare venendo a conoscenza
della vita di 3000 anni fa.
Hans Baumann è uno specialista in
questa materia e offre ai ragazzi un libro di alto valore e di grande interesse. Il periodo che tratta è quello che
va dal 3000 al 2000 circa a. C., quando
la terza dinastia di Ur, vinta dagli
Amorrei, segna la fine del periodo dei
Sumeri, così ricco di cultura (la scrittura cuneiforme incisa su tavolette di
argilla). Dopo questa dinastia appare
Abramo... e il seguito lo sappiamo dalla storia biblica.
W. F. H. VissER - Niko la staffetta. « 1
premiati del mondo ». Giunti (Bcmporad Marzocco). L. 1.500.
Il problema del libro è il problema
del non uccidere, sentito in tanti libri
oggi. Il racconto è ambientato durante l’insurrezione di Varsavia quando i
nazi deportavano ebrei e zigani. Niko,
un giovane zigano, fa amicizia con un
giovane ebreo e comprende che la sua
propria libertà ha senso solo in rap
porto alla libertà degli altri, che la sua
fame e la sua gioia sono un male e un
bene che vanno condivisi. Per questo
Niko non vuole uccidere e il suo sentimento nasce e matura attraverso tutto il racconto per giungere al desiderio acuto di una fraternità con tutti.
5
4 dicembre 1970 — N. 48
pag. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
A Torino, in collaborazione interdenominazionale
Centro di formazione cristiana
e di preparazione ai ministeri
Come è noto, una delle linee di fondo che il Sinodo indicava alle nostre
chiese era che si dedicasse « senza ulteriore indugio, la massima cura e la
massima spesa per preparare i ministeri vari, nel quadro dei quali anche
quello pastorale prende chiara figura.
Gli attuali pastori che ne abbiano la
capacità siano impiegati in questo servizio di transizione ». Tenuto lontano
daH'aula sinodale da un periodo di
convalescenza, il pastore Paolo Ricca
lo metteva però a buon frutto e, andando più in profondità di quanto facesse il documento sinodale, rifletteva
sull’esigenza che esso evocava e che si
sente crescere, in intensità e in estensione, in molte comunità. Sicché alla
’ripiesa’ d'autunno, egli ha potuto presentare al Concistoro prima e poi alTassemblca della chiesa di Torino un
rapporto meditato, con la proposta circostanziata di un centro di formazione
cristiana e di preparazione ai ministeri. Già in passato si erano tentate —
qui come altrove — serie di riunioni
di studio, anche a carattere più marcatamente teologico; ma, sia che la
formula non fosse riuscita, sia che
mancasse perseveranza in chi organizzava e in chi partecipava, sia che l’esigenza non fosse \eramente maturata,
tali iniziative hanno avuto poco seguito e sono sempre affondate a più o
meno breve scadenza. Questa volta —
e lo diciamo con gioia e riconoscenza
profonde — pare che le cose si mettano diversamente.
Quali i motivi di un « centro » di
questo genere? Sarebbero molti, ma il
documento presentato da Paolo Ricca
esponeva questi tre, essenziali:
« 1. Molti membri di chiesa avvertono in misura crescente l'esigenza di
qucdiftcare meglio la loro azione e la
loro presenza nella società odierna,
cioè di renderla più ricca di contenuti
speciflcatamente evangelici e più incisivi. Per una serie di ragioni che non
è qui il caso di esporre, l’istruzione catechistica attuale e la predicazione domenicale (anche quando sono entrambe coscienziosamente seguite) non bastano a fornire tale qualificazione. La
attività del Centro dovrà essere in grado di ofl'riria e in questo senso esso
interessa tutti i membri di chiesa che
non si accontentano di una fede approssimatira, indipendentemente dal
fatto che essi intendano o meno esercitare un ministero.
« 2. Riguardo ai ministeri nella Chiesa, si fa sempre più sentire una duplice necessità: la prima è quella della
loro moltiplicazione, in modo che la
chiesa locale diventi sempre più quello
che dev’essere secondo il Nuovo Testamento, e cioè una comunione di ministeri fraternamente collegati; la seconda è quella di una buona preparazione
dei ministeri, che nel loro insieme costituiscono, per così dire, la spina dorsale della chiesa. Va superata in maniera definitiva la situazione del tutto
anormale per cui solo il ministero pastorale riceve una preparazione adeguata: per gli altri vige — non si sa in
virtù di quale principio ecclesiologico
— un regime di approssimazione e, sovente, improvvisazione. Tutti i ministeri vanno preparati e, se possibile,
vanno preparati localmente. Il Centro
dovrà servire a questo.
« 3. In un tempo come il nostro, di
crisi e di ricerca, di discussione e sperimentazione, di tensioni interne ed
esterne, di continui cambiamenti di
situazioni e di generale ripensamento
delia fede e del comportamento dei
cristiani, di incessante produzione teologica, di pluralismo dottrinale, di una
gamma assai ampia di nuove esperienze, anche « di frontiera », etc., è molto
opportuno disporre di un luogo che sia
per l’intera comunità (non sempre un
gruppo particolare) occasione e incentivo permanente (non saltuario) all’incontro, all’informazione reciproca, allo
scambio di esperienze c di problemi,
al confronto tra fiatelli. Il Centro dovrà essere questo luogo di incontro e
di confronto ».
Si trattava di rispondere a queste
motivazioni con uno strumento abbastanza clastico da non distogliere alcuno in partenza, e abbastanza saldo
da impegnare in una disciplina efficace. I corsi programmati devono dunque « contribuire a formare dei cristiani evangelici pienamente consapevoli e il meglio equipaggiati possibile
per la testimonianza dcH’Evangelo nel
nostro tempo. Saranno perciò, nell’insieme, decisamente centrati sull’oggi,
sulla condizione attuale della Chiesa,
sui problemi connessi con la confessione della fede e l’annuncio del messaggio cristiano nel mondo odierno e,
per quanto ci concerne, in questa città. La particolare insistenza sul momento presente sarà per altro accompagnata da un forte impegno nella direzione dello studio e della conoscenza della Bibbia. Il livello sarà popolare. Richiederà però impegno e applicazione ». I corsi si organizzano intorno a quattro tematiche fondamentali:
quella biblica, quella storica, quella
dogmatica e quella specifica dei singoli ministeri.
Presentata all’assemblea di chiesa,
la proposta riscuoteva vivo interesse;
veniva allora indetta un’assemblea costituente del Centro, insistendo nell’invito a tutte le chiese evangeliche cittadine. Una prima riunione gettava le
basi del lavoro e incaricava un comitato promotore di precisarlo ulteriormente; infine una seconda assemblea
stabiliva la costituzione del Centro e
convocava per la sera di lunedì 23 novembre, nell’ospitale centro « Maràn
Athà » (un «centro cristiano» che si
vuole al di fuori delle strutture confessionali, senza per questo cedere all’aconfessionalismo privo di spina dorsale), la prima riunione. La partecipa
SOLIDARIETA
Alla lettera con la quale il Moderatore Neri Giarnpiccoli gli comunicava il voto sinodale relativo aU'impegno di solidarietà con
il Terzo Mondo, il past. E. C. Blake, segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, ha
così risposto:
Caro Amico,
in risposta alla Sua lettera, nella quale mi invia il testo del documento relativo all’impegno del
Sinodo Valdese nei confronti del
Terzo Mondo, desidero congratularmi con Lei e con il Sinodo
per l’ampiezza e la profondità
dell’azione e assicurarLe l’interesse con cui il Consiglio ecumenico delle Chiese guarda alla vostra importante iniziativa, pronto a collaborare in ogni modo
possibile. Anche se, come Lei mi
scrive, le vostre risorse economiche sono esigue, sarebbe per dei
Cristiani un grave errore supporre che Dio misuri l’ubbidienza in
base alla entità delle risorse.
Con viva cordialità
Eugene C. Blake
zione non altissima alle assemblee precedenti invitava a molta cautela nelle
previsioni. Ma tale cautela è stata
spazzata via gioiosamente dai fatti;
una buona ottantina di persone si sono riunite, fratelli di numerose chiese
evangeliche di Torino e deha ’cintura’
(soprattutto battisti e valdesi, ma non
esclusivamente) e si sentiva l’atmosfera gioiosa di una seria e viva aspettativa. Sobrio e stringato, il momento
deH’invocazione, dell’adorazione e dell’intercessione, nella lettura biblica,
nel canto e nella preghiera, ha indicato in quale spirito ci si dispone a questo lavoro, che raccoglierà per una o
due sere per settimana i 54 fratelli e
sorelle già iscritti e gli altri che, in
questo primo ciclo o in altri futuri, si
aggiungeranno.
Il pastore Ricca ha dato il saluto ed
espresso la gioia e l’augurio che era
nel cuore di tutti. Quindi il pastore
Michele Sinigaglia ha tenuto la prima
lezione su « Per una rinnovata ricerca
del messaggio dell’Antico Testamento », introduzione al corso di Antico
Testamento e al tempo stesso ’campione’ di ciò che queste lezioni saranno. Quindi gli altri insegnanti hanno
brevemente presentato il loro corso.
Alla fine, sono stati raccolti gli impegni definitivi (54, appunto, il che è
molto, se si considera gli impegni che
ciascuno ha, dentro e fuori la chiesa),
e il comitato di gestione (Carlo Papini, Emanuele Paschetto, Paolo Ricca,
Michele Sinigaglia, Luca Zarotti) ha
ancora avuto un grosso lavoro nel fare lo spoglio delle proposte per ciò
che riguarda orari, serate disponibili,
abbinamenti dei corsi: vi saranno infatti due ore in ognuna delle due sere
settimanali impegnate.
Le lezioni — che prevedono anche un tempo di discussione e di ricerca di gruppo — iniziano questa settimana, il martedì 1» e il venerdì 4 dicembre (ore 20.45 - 23). Avranno durata trimestrale, fino a fine febbraio, dopo di che sarà riconvocata l’assemblea
e presentato c discusso il programma
per il trimestre successivo. Si prevedono tre cicli trimestrali all’anno, anche
se questo primo anno, cominciato in
ritardo, potrà essere un po’ monco. La
articolazione dei corsi sarà la seguente; Antico Testamento. Le confessioni
di fede in Israele: l’Esodo (M. Sinigaglia) — Nuovo Testamento. La persona
e l'opera di Gesù Cristo secondo la testimonianza del N. T. (Enr. Paschetto)
— Storia delta Chiesa. La rivalutazione di Lutero nella teologia cattolica
contemporanea (G. Pascal Gandolfo)
DoG.MATiCA. Dio nel pensiero contemporaneo (P. Ricca). In primavera si
prevede l’inizio di corsi speciali per i
singoli ministeri, e si è ventilata la
possibilità e opportunità di retraites
di lavoro, al termine.
Sottolincamo fortemente il carattere
interdenominazionale della iniziativa e
della risposta che è venuta dalle chiese: la prima serata è stata veramente
un momento di gioia, di incontro fraterno nella ricerca c nella fiducia m
Colui che può far fruttare la nostra
Fondo di solidarietà
contro il sottosviluppo
Come i lettori avranno notato, la
consueta dicitura « contro la fame degli altri » lascia il posto ad una nuova
espressione.
Vi è evidentemente un motivo per
questo cambiamento, anche se la sostanza della nostra iniziativa non solo
permane immutata, ma ci auguriamo
che si allarghi veramente in modo totale e diventi una iniziativa della Chiesa tutta.
Il Sinodo di quest’anno ha votato la
costituzione di un « fondo di solidarietà contro il sottosviluppo », nella
certezza che le Chiese — debitamente
rese edotte sulle varie cause che permettono che ancor oggi (e domani sarà peggio, se non si porrà rimedio) i
due terzi dell’umanità vivano in condizioni di fame o di sottosviluppo —
raccolgano regolari e costanti offerte,
destinate sia a sostenere il servizio
dei missionari valdesi, sia qualche opera di elevazione sociale in un paese
del Terzo Mondo.
Noi pertanto riteniamo più che giusto che anche questa nostra iniziativa
rientri nel quadro più vasto delineato
dal voto sinodale.
Di conseguenza, della somma di lire
1.582.737 di cui disponiamo, provvediamo ad inviare L. 1 milione al Centre
Familial Evangélique del Gabon. Nel
frattempo infatti la signorina Anita
Gay è rientrata colà ed attende con viva gratitudine la suddetta somma che
consentirà di acquistare nuovo materiale didattico e di mettere al lavoro
altre educatrici gabonesi.
Parallelamente, diamo avviso alla
Tavola di questo nostro invio, onde
venga registrato anche dalla sua contabilità.
Infine, come certo i lettori ricordano, ci impegnamo ora a giungere al
più presto possibile al traguardo del
successivo milione (ci restano in cassa L. 582.737) destinato, come da precisi impegni assunti a suo tempo coll’Eper, al Centro di sviluppo comunitario del Congo Kinshasa. Raggiunto
questo scopo, segnaleremo, di comune
accordo con la commissione nominata
dal Sinodo, le successive iniziative.
Che ognuno di noi possa comprendere appieno c senza equivoci la responsalDilità che egli ha, in Cristo Gesù, nei riguardi del vero sviluppo dell’uomo e contribuisca responsabilmente secondo le proprie possibilità.
Le offerte, come di consueto, vanno
inviate al conto corr. postale n. 2/39878
intestato a: Roberto Peyrot, corso
Moncalieri, 70 - Torino.
IMPRESSIONI DI UNA VISITA AL RIO DE LA PLAT_A
Molto sta
nel paese e
Queste sono semplici note di viaggio, senza la pretesa di dire cose nuove ed originali sulla situazione dei due
paesi sudamericani che ho visitato, né
da un punto di vista sociale-economicopolitico e neppure da quello religioso.
In primo luogo desidero chiarire che
il mio viaggio non è stato quel che si
sul denominare un viaggio di piacere o
di diporto, ma neppure ho obbedito ad
una missione affidatami da qualche
organizzazione ecclesiastica o para-ecclesiastica. Le ragioni sono di ordine
familiare, senza che questo significhi
disinteresse — tutt’altro! — nei riguardi dell’opera evangelica e specialmente
di quella della Chiesa Valdese in questa regione del continente sud-americano (Uruguay ed Argentina).
In Uruguay emigrarono nel lontano
1856 le prime famiglie valdesi provenienti dalla Val Pellice; nell’ospitale Uruguay si costituì pochi anni
dopo la prima chiesa valdese fuori
d’Italia alla quale la Chiesa Valdese
inviò il primo di una lunga serie di pastori — più di una quindicina, senza
contare i pastori destinati negli ultimi
venti anni alla Facoltà Teologica di
Buenos Aires —; qui nel Rio della Piata, esistono attualmente una ventina di
comunità che, secondo le statistiche
dello scorso anno, contano nel loro
seno circa 4.000 famiglie e più di 16.000
persone, cioè più della metà della popolazione « valdese » in tutta Italia.
A dire ¡1 vero le comunità sono ben
più numerose perché una buona parte
di quelle che nel nostro vocabolario ecclesiastico chiamiamo comunità sono
costituite da tre, quattro, e persino cinque gruppi che formano Un solo « pastorato » ma hanno la fisionomia di
una vera chiesa con il suo tempio, con
la sua sala per le attività, con la sua
Scuola domenicale, la sua Unione giovanile, la sua Lega femminile, la sua
Corale, ecc. Questo è dovuto principalmeilte al fatto che molte di queste comunità sono di tipo rurale, anche se negli ultimi 25-30 anni si assiste anche in
questi paesi ad una concentrazione urbana senza però che si possa parlare
di un vero esodo — almeno per quel
che riguarda la popolazione valdese
— dalla campagna verso la città.
iiiiiiimimiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiimiiiiimuiiiiiiimiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiifiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiii
In Svizzera con il Mtato del CoHegin Valdese
La comunità èvangefica di Martigny (Valais), domenica 22 novembre ha ospitato il
Comitato del Collegio Valdese e il Waldenserhilfe Bernisches Komitee che, nelFambito
de- loro periodici incontri, hanno proseguito-, i contatti per una sempre più profonda collaborazione. In questa riunione, la terza dopo
quella di Berna (febbraio 1970) e di Torre
Pellice (luglio 1970), sono stati esaminati i
problemi di fondo relativi alla vita futura del
Collegio e, ancora una volta, sono stati riaffermati i rapporti ed i vincoli di fraterna amicizia e di completa solidarietà che legano i due
Comitati.
Alla seduta, tenuta nei locali della Chiesa
evangelica di Martigny. oltre ai membri dei
due Comitati, ha preso parte il Prof. Dufour,
rettore del Collegio Protestante di Ginevra ed
una velida rappresentanza dei corpi insegnanti del Collegio Valdese e della Scuola Latina
di Pomaretto.
Dopo un ampio dibattilo sulle condizioni e
sui problemi relativi alle nostre Scuole, è stata
approvata riniziativa di un futuro scambio di
insegnanti e di studenti fra il Collegio ginevrino e quello valdese, nella ferma convinzione dell’assoluta utilità e validità di questi rapporti e contatti sia sul piano culturale sia su
quello umano. È inoltre stata esaminata lazione che viene perseguita con tenacia e fermezz.a da parte del Comitato Collegio e che si
articola su due direttrici principali, una di potenziamento organizzativo dell'Istituto, compreso il fattore numerico, e l'altra di sviluppo delle attività di cultura religio.sa delle Valli Valdesi. Il Comitato del Collegio ha voluto
sottolineare che quando si parla di potenziamento non si pensa ovviamente ad una questione di forza, ma ad una organizzazione che
riscuota la fiducia della popolazione sia valdese sia cattolica e che purtuttavia rispecchi
l'impronta protestante. Infatti il Collegio non
è opera esclusivamente valdese, ma deve e.ssere considerata come una delle punte avanzate del protestantesimo nel Sud Europa ed e
per questo che deve essere sostenuto di modo
opera se è secondo la sua volontà. Un
grazie di cuore a chi ha riflettuto in
spirito di ascolto e di servizio e ha lavorato sodo perché le basi fossero messe bene; a chi si impegna nella preparazione delle lezioni, preparazione rigorosa, che troverà riscontro in dispense ciclostilate che faciliteranno il lavero dei partecipanti, oltre a tornire
materiale di studio che potrà servire
ad altri ancora. E un augurio fiducioso per la riuscita dell’iniziativa nuova:
possa uscire da questa ricerca teologica comune, centrata sulla nostra responsabilità di testimoni di Cristo, anche la comunione fra chiese evangeliche della città e dintorni, finora piuttosto sporadica ed evanescente.
g. c.
che possa riprendere il ruolo che aveva un
tempo. Ci vorranno alcuni anni di intenso lavoro per raggiungere la meta e, più che tempo, ci vorrà Fatuto insostituibile di Dio e dei
fratelli. Occorrerà che venga eseguita opera
di persuasione presso le famiglie, in particolare, e presso la popolazione in generale, per
dimostrare che la cultura in senso lato non
può essere barattata con interessi economici
momentanei: questa soluzione dà risultati spirituali immediati deteriori e, nel futuro, anche risultati economici modesti.
Un piano del genere non è tuttavia valido
se nel contempo non vengono predisposti i
mezzi per mettere ognuno, in qualsiasi condizione economica, si trovi nella possibilità di
accedere a questi studi. È evidente pertanto la
assoluta necessità di una organizzazione di tipo
sociale che consenta la realizzazione di quanto sopra, organizzazione dal Comitato Collegio
prevista ed iniziata nei tre servizi complementari essenziali : trasporti, mensa e dopo-scuola
a livelli ed a limiti assolutamente accessibili
alle condizioni economiche familiari di tutti.
Naturalmente l’organizzazione delle linee
sopra accennate comporta la soluzione di innumerevoli e gravosi problemi di carattere logistico. finanziario e didattico, non ultimo
quello dei corsi polivalenti a carattere umanistico. scientifico e tecnico : è comunque indispensabile trovarsi pronti in modo da essere,
in futuro, all'avanguardia e non a rimorchio.
Mentre il Comitato Collegio e gli insegnanti delle Scuole secondarie valdesi erano occupati. con i fratelli svizzeri, nel dibattito dei
problemi .sopra accennati, i numerosi amici
delle Valli, che avevano voluto e.ssere presenti a Martigny. si intrattenevano fraternamente eon i membri della comunità evangelica
locale che li aveva accolti, con un gesto di
.squisità ospitalità svizzera, nelle proprie case
per il pranzo.
La Corale di Torre Pellice. presente con una
valida e qualificata rappre.sentanza. ha cantato alcuni inni nella riunione pomeridiana e
nel Culto del mattino avvenuto con la celebrazione della Santa Cena.
Agli amici svizzeri ed al loro giovane e dinamico pastore vada un caldo grazie di cuore
per le liete e serene ore trascorse insieme e
per le gentilezze e cortesie avute nei riguardi
dei rappresentanti del Collegio Valdese (membri del Comitato, insegnanti e studenti), e
ver.so i fratelli e sorelle valdesi presenti.
Un lieto ritorno attraverso il Traforo del
Gran San Bernardo ha riportato nella tarda
serata il nostro gruppo alle Valli : il viaggio
era stato abbastanza faticoso, il tempo non
troppo clemente, ma i cuori erano allegri e
riconoscenti perché fratelli avevano potuto
dimorare con altri fratelli.
Fkanco Taglierò
cambiando
nella Chiesa
Mi sono limitato in queste settimane
di soggiorno nel Rio della Piata a visitare le comunità in cui svolsi il mio
ministero dal 1929 al 1964 ma le impressioni ricevute credo non sarebbero diverse se avessi visitato tutte le
comunità anche perché esistono relazioni molto strette e legami molto frequenti, malgrado le distanze, tra le diverse chiese di quella che non è più un
semplice distretto della Chiesa Valdese
ma la Chiesa Valdese del Sud-America,
con la sua propria Tavola, il suo Moderatore, il suo Sinodo, ecc. Ed essendo stato a Buenos Aires, a Bahia Bianca e nella Pampa — a 800 km a sud
della capitale — oltre alle visite fatte
o... da farsi ad una mezza dozzina di
comunità uruguayane credo di poter
affermare che le mie impressioni, anche se soggettive, imperfette ed incomplete, partono da una base abbastanza
ampia.
In sei anni le cose sono cambiate parecchio, nei due paesi, ma con caratteristiche più acute in Uruguay, sia sotto
l’aspetto politico che sotto quello economico e sociale. Qualcuno mi diceva
testualmente: « la gente ha cambiato
mucho » in questi pochi anni; ed un
collega è arrivato a dirmi: «non ti
abitueresti più se tu tornassi a lavorare in questo paese ». Succedono infatti
« cose » inimmaginabili appena dieci o
cinque anni fa; esiste, specie nelle grandi città, una tensione, un clima di sospetto e di violenza le cui radici affondano in situazioni createsi poco a poco
abbastanza lontano nel tempo, ma che
sono scoppiate in un modo imprevisto
e, secondo molti, ingiustificato nei suoi
eccessi e nei suoi modi di espressione.
E ci si domanda a che cosa condurrà
questo clima di violenza, di oppressione, di sospetto, e quando si tornerà,
semmai si ritornerà, alla tranquillità,
alla piena libertà che è stata proverbiale in Uruguay a tal punto che questo piccolo paese, di meno di tre milioni di abitanti, è stato chiamato la
« Svizzera dell’America del Sud ». Questo stato di cose ha le sue ripercussioni nella chiesa — e non potrebbe essere altrimenti! e la chiesa ne soffre le
conseguenze: .specialmente nei centri
urbani, ma la tensione si avverte un po’
dappertutto.
Le attività di queste chiese, valdesi,
metodiste, ecc. si svolgono nei modi e
secondo le strutture tradizionali — ma
qui la tradizione ha meno peso di
quanto non abbia in paesi che definiamo « protestanti » — e devo riconoscere che queste attività sono molte, intense e contano generalmente su una
collaborazione « laica » numerosa ed
efficace. In una di queste comunità,
di cui posso parlare con conoscenza di
causa, tra membri di concistoro, direttori e maestri nelle scuole domenicali,
dirigenti delle unioni giovanili e delle
.società femminili, membri del coro, si
possono contare più di cento persone!
Su questo punto mi sembra che le nostre chiese abbiano molto da imparare!
Quella stessa comunità annovera tra
i membri delle sue cinque unioni giovanili ben 466 persone — evidentemente non sono tutti... giovanissimi! — e
le sue cinque società femminili hanno
ben 182 socie!
Bisogna dire che in queste comunità
— anche in quelle cittadine — le famiglie si conoscono da lunga data, esistono legami di diversa natura all’infuori di quello della comune fede e
comune origine religiosa, il che fa della
« Chiesa » anche un luogo di incontro,
di « sociabilità » che offre molti vantaggi perché la chiesa sia vera comunità
di fratelli e non soltanto un « uditorio »
che si riunisce una volta per settimana
e si scioglie e... scompare appena finito
il culto. Ci saranno anche alcuni inconvenienti — non lo metto in dubbio — ma sono persuaso che i vantaggi sono ben maggiori degli inconvenienti!
In un altro articolo presenterò la vita delle chiese valdesi sudamericane
nel quadro più ampio del protestantesimo rioplaten.se.
Silvio Long
A LUSERNA SAN GIOVANNI
Pomaretto
Riunioni quartierali: Mercoledì
verso: Venerdì II Paiola.
9 dot In
Corso biblico 1970-71
Sabato 5 dicembre» alle ore 18, presso il
presbiterio dì San Giovanni, inizierà una nuova serie di studi sul pensiero di Paolo, per le
comunità dì Angrogna, S. Giovanni. Torre
Pellice.
Il programma è basato sul libro di A. M.
llUNTER, L'Evangelo secondo Paolo, ed. Claudiana. Sarà diviso in sei cicli di lezioni, ciascuno completo in se stesso.
11 primo ciclo, di cinque lezioni, .‘sarà dedicato alla cristologia di Paolo I/argomento
della prima lezione sarà : « Notizie della vita
terrena di Gesù nelle epistole di Paolo )>.
Torre Pellice
Domenica 6 dicembre alle ore 20.45 nella
Sala delle Attività, avrà luogo la seduta della
E. Arnaiid cui sono invitati, oltre ai soci, tutti
gU amici, per la impostazione del programma
di attività. Verrà proiettata una filmina sulle
Colonie Valdesi in Germania.
6
pag. 6
N. 48 — 4 dicembre 1970
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
Una guerra dimenticata?
La recente azione aerea americana
contro il Nord Vietnam, oltre a provocare nuove vittime innocenti e nuove distruzioni, fra cui scuole ed ospedali — secondo la circostanziata denuncia della delegazione nordvietnamita a Parigi — ed oltre ad aver nuovamente acuito i contrasti nella classe
politica americana, ha provocato l’immediata convocazione della Conferenza mondiale per la solidarietà con i
popoli indocinesi, a Stoccolma.
La cosiddetta « stampa di informazione » parla poco o punto di questa
Conferenza, eppure ne fa parte un arco di forze molto vasto. Suo organizzatore è il socialdemocratico svedese
Bertil Svahnstrom assieme alla londinese Peggy Duff che dirige da Londra
la Conferenza del disarmo e della pace ed all’indiano Romesh Chandra, del
movimento mondiale della pace.
Sono presenti a Stoccolma (mentre
stendiamo queste note) rappresentanti di decine di organizzazioni politiche
operanti a livello nazionale o mondiale e di numerosi governi. Sono anche
presenti movimenti ed organizzazioni
religiose, quali la Conferenza Cristiana
per la Pace, il movimento Pax Christi,
il Consiglio Ecumenico delle Chiese,
ed altre ancora. Paricolarmente significativa — ed ascoltata con viva attenzione — la delegazione americana, comprendente i rappresentanti di oltre 15
organizzazioni, fra cui la « coalizzazione nazionale contro la guerra, il razzismo e la repressione » rappresentata
da un senatore democratico.
In tutto, sono presenti delegazioni
di 65 paesi. Tema centrale del dibattito era: « Quale risposta le forze democratiche del mondo devono dare alla
decisione degli USA di allargare e di
aggravare ancora il conflitto? ».
Svahnstrom ha centrato il suo intervento su un aspetto che ci pare fondamentale in questa guerra: « Quella
dell’Indocina non deve diventare una
’guerra dimenticata’, come vorrebbero
gli Stati Uniti ».
È un fatto che troppa gente — pur
se addirittura non approva l’escalation
militare nixoniana — cerca di « dimenticare » questa guerra: tanto, è lontana e non ci tocca...
La Rhodesia “va avanti,,
La Rhodesia che, com’è noto, ispirandosi alla legislazione dell’« apartheid » della vicina repubblica del SudAfrica, mantiene nella più assoluta
soggezione 5 milioni di negri o di « colorati » (contro una minoranza di 250
mila europei ) ha « in pectore » una
nuova legge fondiaria che mira a concedere molto generosamente 45,2 milioni di acri di terreno, fra i meno produttivi e più sfruttati, alla popolazione di colore, mentre l’altra metà del
terreno (cioè altrettanto) verrebbe riservata ai bianchi, però naturalmente
coltivata da mani di colore diverso.
Un altro progetto di legge, che prevede l’espulsione degli asiatici e della
gente di colore abitanti in quartieri
residenziali, è stato presentato in questi giorni alla stampa dal ministro
Patridge. Il progetto prevede l’istituzione di un tribunale davanti al quale
le persone che hanno avuto l’ordine di
vendere la loro casa e di traslocare,
potranno interporre appello. Esso prevede anche un’esenzione per i diplomatici e per le coppie miste. (A proposito di stranieri, non riteniamo sia fuori luogo ricordare che il governo rhodesiano considera i giapponesi — ottimi tecnici o generosi turisti — come
fossero bianchi).
L’associazione nazionale della gente
di colore e l’Organizzazione degli asiatici di Rhodesia hanno violentemente
attaccato il progetto: « Questa legge
accrescerà il disaccordo razziale e porterà un serio pregiudizio alle future
relazioni fra le razze », dichiara un comunicato, che prosegue dicendo: « È
evidente che il ministro ha dovuto inchinarsi di fronte al voto della minoranza estremista europea ». È stato
lanciato un nuovo appello a tutti i
« rhodesiani liberi » ed alle Chiese affinché si oppongano a questa nuova
legge definita « diabolica ».
La scuola va a rotoli
Da una parte, le giuste rivendicazioni portate innanzi dai giovani e da certi settori politici con anni di lotte per
dare un assetto veramente civile e democratico alla scuola, hanno portato
a delle pseudo-riforme che non hanno
fatto altro che accrescere il malessere
e la confusione. Dall’altra, assistiamo
ora al degenerare delle manifestazioni
a causa della violenza fomentata da
elementi neofascisti in molte città.
Gli studenti continuano a lottare, da
Firenze a Taranto, da Torino a Bari,
da Cacliari a Pisa e si trovano a dover
affrontare due forze che paiono ben
distinte, ma che in sostanza si coalizzano contro di loro: la repressione
Ci dispiace di dover rinviare parecchi articoli, fra cui un resoconto
delle lezioni del prof. Biuno Cnrsani alle Valli. red.
« legalizzata » e la violenza neofascista.
Frattanto nelle scuole le cose vanno
avanti come possono e cioè male a
tutti i livelli. Insegnanti che mancano
o che non si fanno vedere o attaccati
a concezioni di vita e pedagogiche che
potevano essere valide trent’anni fa;
'educatori’ che si basano essenzialmente sul loro potere e sulla loro influenza; libri e dispense mancanti; totale
inadeguatezza di aule.
A questo ultimo proposito, quanto
sta accadendo alla facoltà di medicina
dell’Università di Torino è altamente
’illuminante’. Pensiamo che la stessa
cosa si ripeta nelle altre città. Gli studenti sono costretti a fare code di ore
ed ore in un pigia pigia inimmaginabile, all’apertu, e colla prospettiva certa che solo una parte di loro potrà as
sistere alle lezioni, né si può pensare
che la situazione possa rapidamente
migliorare.
E noi, oltre a denunciare questi fatti, non possiamo fare nulla? Dobbiamo accontentarci di guardare e di sperare che le cose si risolvano, chissà
quando? Non potrebbero le comunità
delle nostre grandi città offrire le loro
chiese — ad esempio — alle facoltà di
medicina per i loro corsi teorici? Sarebbe uno scandalo che in un locale
destinato alla « cura d’anime » si tenessero degli ammaestramenti per la
cura del corpo? Lo scandalo, semmai,
esiste già ora in quanto il diritto allo
studio, concesso contro sacrifici in tanti casi assai gravosi, viene poi negato
per motivi inammissibili.
Roberto Peyrot
l'analfabetisino della donaa
Echi delia settimana
a cura di Tullio Viola
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice fTn’
UNA CONTESTAZIONE
CORAGGIOSA?
Alla recente conferenza di Mosca,
il sig. Enver Hodja, capo della delegazione albanese, ha pronunciato il 14.11
un lungo discorso, nel quale ha criticato violentemente la politica delrURSS verso l’Albania. « Le Monde »
del 26.11 pubblica ampi estratti del discorso, dai quali riportiamo il seguente passo.
« Gli albanesi hanno sempre amato
e sempre ameranno l'Unione Sovietica, d’un amore ardente e sincero, e
sanno bene che i bassi metodi impiegati dai funzionari dell’ambasciata sovietica a Tirana (metodi diretti a
smembrare la direzione del Partito del
Lavoro, cioè P.C. d’Albania, e a separarla dalle masse del Partito), sono
del tutto estranei all’Unione Sovietica,
nonché al P.C. dell'Unione Sovietica.
Gli albanesi sono dei figli del loro popolo, sono i figli del loro partito, sono
dei marxisti-leninisti, degli internazionalisti.
Noi ci sentiamo in obbligo d’informare questo consesso che la direzione
sovietica è effettivamente passata dalle minacce di trattare l’Albania come
la Jugoslavia titoista, ad azioni concrete. Quest’anno, il nostro paese è stato colpito da una serie di calamità naturali. Dapprima un violento terremoto, poi (in ottobre) gravi inondazioni;
ma soprattutto una terribile siccità:
per quattro mesi, neppure una goccia
di pioggia è caduta sull'Albania. La
popolazione era minacciata dalla carestia.
Le scarse riserve del paese furono
consumate. Allora il nostro governo
chiese d'urgenza all’URSS di poter
comprare da lei del grano, esponendole la gravissima situazione del paese.
Ciò avvenne dopo l’incontro di Bucarest. Noi dovemmo attendere 45 giorni per ricevere una risposta dall’URSS,
mentre non avevamo viveri che per
due settimane. Dopo 45 giorni e a seguito di nostri reiterati solleciti, il governo sovietico, invece delle 50.000 tonnellate di grano da noi richieste, ce ne
concesse soltanto 10.000: l’equivalente
del fabbisogno di 15 giorni della nostra popolazione. Per di più questo
quantitativo non ci poteva venir consegnato che in settembre-ottobre.
In quei giorni difficili, noi potemmo
constatare molte cose. Come mai
l’URSS, che vende grano al mondo intero, non poteva disporre di 50.000
tonnellate per fornirle al popolo albanese, un popolo fratello, fedele al popolo sovietico, al marxismo-leninismo
e al campo socialista, in tempi nei quali, per ragioni non imputabili al popolo albanese, questo era minacciato dalla carestia? Il compagno Khruscev ci
aveva detto un giorno: "Non preoccupatevi per il vostro pane; da noi i soli
topi mangiano tanto grano quanto voi
ne consumate".
Stalin è stato gravemente ed ingiustamente condannato dal compagno
Khruscev e dal XX congresso. Il compagno Stalin e la sua attività non appartengono soltanto al PC dell’URSS
e al popolo sovietico: essi appartengono a noi tutti. Così come il compagno
Khruscev precisò a Bucarest che le divergenze esistenti non creano un conflitto fra il PC dell’URSS e il PC cinese, bensì fra il PC cinese e il comunismo internazionale, così come egli si
compiacque di dire che le decisioni
dei congressi XX e XXI furono adottate da tutti i partiti comunisti ed
operai del mondo, analogamente egli
avrebbe dovuto comportarsi con larghezza e coerenza nel far giudicare gli
atti di Stalin coscientemente dai partiti comunisti ed operai del mondo intero.
In simili questioni non si possono
usare due pesi e due misure. Allora
perché il compagno Stalin fu condannato al XX congresso, senza che gli altri partiti comunisti ed operai del
mondo intero fossero stati preventivamente consultati? Come si spiega che,
improvvisamente, l’anatema venne gettato su Stalin davanti ai partiti comunisti ed operai del mondo intero, e che
tanti partiti fratelli vennero a conoscenza di quella denuncia solo quando
gl’imperialisti ebbero diffuso ai quattro venti il rapporto segreto del compagno Khruscev?
Sulla questione di Stalin, il Partito
del Lavoro d'Albania s’è dimostrato
realista, giusto e riconoscente verso
quel glorioso marxista che, finché era
vivo, nessuno ebbe la “bravura" di criticare, ma dopo morto lo si copre di
fango ».
C’è da chiedersi se una tale contestazione sia vciirmente coraggiosa, o
noli piuttosto petulante, o magari fatta in obbedienza a ordine di scuderia
(dato che dietro l’Albania sta la Cina),
o chissà per quali altri motivi reconditi. Certo l’Albania non confina con
rURSS né con altre nazioni del Patto
di Varsavia, come invece la Cecoslovacchia.
Comunque sia, l’attacco del pigmeo
non sembra aver irritato in alcun modo il gigante. Infatti sulle « Izvestia »
di venerdì 27.11 è apparso (v. «Le
« Le Monde » del 29-30.11) un articolo
nel quale è detto: « Il governo sovietico e il PC dell’URSS fanno tutto il possibile per eliminare le divergenze apparse. Essi si sforzano costantemente
di rinsaldare l’amicizia e la collaborazione fra i popoli albanese e sovietico...
La buona volontà può risolvere tutte
le questioni litigiose ed allontanare le
divergenze esistenti, e ciò per mezzo
di regolari conversazioni e di consultazioni ». L’articolo conclude « congratulandosi coi lavoratori albanesi, in occasione dell’anniversario della “liberazione del loro paese dal giogo fascista" ».
VERGOGNA DELI.’« APARTHEID »
« Nel. Sud-Africa non esistono, nel
senso proprio del termine, campi di
concentramento. In compenso vi si
trovano numerosi “campi di ridistribuzione" (o reinserimento: francese
"réinstallation"), nei quali vengono
trapiantate decine di migliaia di Africani cosiddetti “improduttivi", provenienti in particolare dalle città. (Alla
fine del 1968 un milione era stato così
“ridistribuito”; il numero totale delle
persóne sottoposte ad operazioni del
gènere, può essere valutato di quattro
milioni). Questo col progetto dichiarato di render la mano d’opera africana
delle città, in stretta migrazione e senza più alcun diritto.
Qra le condizioni in cui vive questa
popolazione negra nei “campi di ridistribuzione”, sono talmente miserabili
(da tutti i punti di vista), che esse sono state vigorosamente denunciate persino da taluni bianchi del Sud-Africa.
E impossibile (per evidenti ragioni)
conoscere la percentuale della mortalità infantile generale dovuta alla miseria di questi campi. Ma ciò che noi
sappiamo (siano tali campi da chiamarsi "di concentramento”, o no), è che
la mortalità infantile africana, nella
repubblica del Sud-Africa, è del 200
per 1000 nelle città, e del 300-400 per
1000 nelle zone agricole (Nel Sekhukhusland, almeno 50 per 100 dei bambini nati vivi, muoiono prima dei cinque anni d’età). Invece la mortalità infantile per i bianchi, è del 27 per 1000,
cioè una delle più basse del mondo ».
(Da una lettera del pastore Alain
Perrot, residente in Svizzera, pubblicata su «Le Monde» del 22-23.11.’70).
NOVITÀ CLAUDIANA
GUIDO FUBINI
VERA PEGNA
ALDO VISCO-GILARDI
Israele-Palestina:
una scelta diversa
Prefazione di Aldo Comba
( « Nostro tempo », 8), pp. 172,
ili., L. 1.600
Con estremo scrupolo di obiettività due ebrei ed un protestante
tentano di dipanare la matassa
mediorientale. In Palestina come altrove « solo la pace è rivoluzionaria ».
Via S. Pio V, 18 bis - 10125 Torino
c.c.p. 2/21641
Sono di questi giorni le statistiche
riportate dai nostri quotidiani sull’analfabetismo nell’Italia del sud, che
raggiunge purtroppo quote assai elevate. Se si aggiunge a questa notizia
altre statistiche che ci vengono fornite dall Unesco sull’ana labetismo mondiale delle donne, si rimane veramente depressi circa il livello d’istiuzionc
in questo nostro mondo del duemila.
L’analfabetismo, come tutti sanno, è
una delle cause principali del sottosviluppo economico e sociale dei popoli; ma l’analfabetismo femminile
porta conseguenze specifiche in queste
tre direzioni: 1) nell’ambiente familiare (difficoltà di seguire i figli nell’educazione, rischio di frattura con il coniuge che sa leggere e scrivere); 2) nell’ambito della società locale (esclusione della donna dagli affari locali, perdita di prestigio e d’influenza nel paese); 3) nel campo economico (difficoltà
di trovare o di conservare un impiego
nelle zone urbane). Tutti i paesi del
Terzo mondo ammettono ormai che
l’analfabetismo persistente della loro
popolazione femminile è un freno notevole alla loro espansione sociale ed
economica. Basta considerare queste
cifre per rendersene conto: sono analfabeti in Africa l’87% delle donne e il
69% degli uomini; in Asia il 61% delle
donne e il 41% degli uomini; negli Stati Arabi l’88% delle donne e il 75% degli uomini; in Europa il 5% delle donne e il 2% degli uomini (con grandi
squilibri da paese a paese; in particolare, in Grecia l’80% delle donne sono
illetterate).
Le cause di questo tasso elevato di
analfabetismo femminile sono diverse: difficoltà di trasporto dalle zone
rurali, molteplicità delle occupazioni
familiari e casalinghe, alle quali si aggiungono di frequente i lavori dei campi. Ma più di questi ostacoli, conta la
indifferenza e l’ostilità del gruppo familiare: in molti paesi i mariti temono ancora che la scuola sia per la donna l’occasione d’incontrare altri uomi
ni, che il saper leggere e scrivere le
dia un sentimento di superiorità tale
da rifiutare poi i lavori manuali. In
India e nel Pakistan alcuni gruppi religiosi si oppongono all’istruzione della
donna.
Per fortuna non è così dovunque:
pare che in Tunisia, in Nigeria, nel
Cile ci si avvii pian piano verso una
trasformazione graduale di questo stato di cose. Ma l'Unesco segnala pure
che, malgrado la volontà di istruire la
donna espressa da parecchi paesi, in
effetti mancano misure sociali atte a
rendere operante tale volontà, sia per
'K L'esplosione demografica è un fenomeno planetario. Al cuore del Pacifico, Parcipelago delle Samoa occidentali, indipendente da otto anni, conta
145.000 abitanti: il 51% è al di sotto
dei 16 anni. Si può immaginare quali
problemi pone, tra Taltro. l'educazione
di una gioventù cosi numerosa. Simile
la situazione della Barbada : in questa
isola di 430 km^, uno dei paesi del
mondo dov’è più forte la densità della
popolazione, il 40% dei 250.000 abitanti hanno meno di 15 anni; ma il
tasso di alfabetizzazione è particolarmente alto: 97%; il governo stanzia infatti per la pubblica istruzione il 20%
del bilancio.
penuria d’insegnanti femminili — indispensabili nelle zone più tradizionaliste —, sia perché la donna non viene
alleviata di nessuno dei suoi compiti
manuali, per darle modo di frequentare i corsi d’alfabetizzazione.
Anche una nostra specialista dello
sviluppo sociale nel Mezzogiorno italiano, Anna Lorenzetto, pensa che « i
progressi che saranno realizzati nel
campo dell'istruzione femminile avranno conseguenze determinanti per il
ruolo della donna nella società ».
E. R.
Ilillllllllllllllllllllll MIIIIIIIII!IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!IIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMMIII:IIIIIIIIIIIIIIIII|I||||ì;|||||||MIIII
Tredici tonneiiate di tritoio a testa
Mentre si riunisce a Helsinki la terza sessione del negoziato
russo-americano per la limitazione delle armi strategiche,
risulta un’ escalation quantitativa e qualitativa degli armamenti: nei depositi militari è accumulato l’equivalente di
tredici tonnellate di tritolo per ogni abitante della terra
I dati che emergono in margine alla terza
sessione del SxAiLT, il negoziato russo-americano per la limitazione delle armi strategiche,
attualmente in corso a Helsinki, sono tutt‘altro
che rallegranti. Infatti, a Stoccolma, il SIPRI,
l'istituto di ricerca per la pace internazionale
ha pubblicato un inventario sulla situazione
degli armamenti nel mondo: lo stock di esplosivo nucleare esistente è valutato a 50 mila
megaton, ossia 13 tonnellate di tritolo per
abitante della terra (60 tonnellate per abitante
nei paesi della NATO o in quelli del Patto
di Varsavia).
È rURSS ad avere realizzato, negli ultimi
anni, la più forte espansione : i suoi missili
intercontinentali sono passati dai 400 del 1967
a 1.300 (quelli americani sono rimasti, come
nel 1967, 1.054); i missili del tipo « Polaris »
sarebbero 280 (contro i 160 dello scorso anno) e entro il 1975 supererebbero i 656 americani. Tale sforzo avrebbe rappresentato, fra
il 1965 e il 1969, un aumento del 35% degli
stanziamenti militari, aumento assai superiore
a quello dei paesi atlantici, praticamente stazionario da alcuni anni.
« Più preoccupante dello stesso sviluppo
quantitativo — nota E. Ranci Ortigosa su
« Settegiorni » — sarebbe, per certi osservatori, quello qualitativo, realizzato con il missile gigante « SS9 », capace di una testata nucleare di 25 megaton. Tale missile sarebbe
alla base delle ricerche sovietiche rivolte alla
realizzazione del Fobs (la bomba orbitale, le
cui esperienze continuano dal *67), il missile
Icbm (intercontinentale) a traiettoria abbassala, il missile a te.state multiple (tre testate
da 5 megaton l'una). Questo consistente sviluppo ha messo in moto tutta una serie di
forze negli USA che denunciano non solo la
perduta superiorità, ma il rischio di inferiorità. di esposizione ad una strategia sovietica
del primo colpo. E dopo un periodo dì refrattarietà a tali pres.sioni. ramministrazione Nixon pare oggi assai più di.sponibile alla ripresa di un grosso sforzo di riarmo strategico.
Pare in certo modo di essere tornati al 1960.
con la denuncia del « gap » su cui John
Kennedy prese lo .slancio per uno sforzo riarmistico che stabilì una netta superiorità sulITiRSS durata fino alla fine del decennio.
« In occidente circola Terronea impressione che durante questi ultimi anni gli USA,
presi dal Vietnam, abbiano assistilo inerti all'erosione del loro vantaggio quantitativo. La
realtà è diversa : se gli USA non hanno aumentalo i loro Icbm è anche perche essi erano convinti che sul piano del confronto quantitativo giocato con le armi esistenti, il loro
stock era sulficiente. ed anzi non aveva senso alcuno aumentarlo. L'elemento decisivo, in
prospettiva, .sarebbe stato invece quello qualitativo. e su questo conveniva concentrare le
risorse: da qui Timpegno nel campo delle
testale multiple a guida indipendente (diver
sámenle da quelle sovietiche) e del sistema
antimissile — « Sentine! » prima, « Safeguarde » poi —. Ora si sta passando alla applica
zione delle nuove armi: 100 vecchi « Minute
man-1 » verranno entro 1 anno rimpiazzati da
« Minuleman-3 » (tre cariche Mirv). otto dei
41 sommergibili «Polaris» verranno equi
paggiati con missili « Poseidon » (dieci cari
che nucleari).
« Si vede così che l'aspetto quantitativo
non era trascurato, ma affrontato in una ottica prioritariamente qualitativa. Quanto alrAbm, esso continua ad essere sviluppato e
fra non molto la ste.ssa tesi nixoniana della
mera difesa dei sylos degli Icbm verrà superata nei fatti, per una difesa leggera che si
estenderà però ad intere regioni e poi al territorio nazionale nel suo complesso. L'argomento del carattere meramente difensivo delTAbm nixoniano (perché posto a tutela della
possibilità di reazione ad un intervento di
« first strike » dell'avversario, e non a dife.sa
delle proprie città per rendere possibile un
proprio « first-strike » riducendo gli effetti
dèlia vendetta avversaria) viene così a cadere.
« Questo risulta tanto più preoccupante
considerando che proprio in coincidenza con
la riapertura del Salt si viene a conoscenza di
un nuovo piano di armamenti americano, che
triplicando gli investimenti nel settore punterebbe alla costruzione di sommergibili nucleari dotati di 24 missili (contro i 16 attuali) con
una gittata pari a quella degli Icbm, 11.700
chilometri : il primo di tali missili sarebbe
pronto nel 1978, negli anni successivi ne entrerebbero in servizio altri 15.
« Tale iniziativa implicherebbe una variazione strategica tradizionale, basata .sulla tecnica della rappresaglia contro le città .sovietiche in caso di attacco alle basi strategiche
americane. La nuova dottrina tenderebbe ad
affermare la necessità di una replica capace
dì neutralizzare tutte le forze strategiche sovietiche rimaste dopo il primo attacco agli
Icbm ed alle basi aeree americane, prima che
possano colpire le città americane. Ai sommergibili, considerali praticamente invulnerabili per almeno 10-15 anni, verrebbe affidalo questo compito dì « contro-forza ».
« Dietro tale impostazione sta una grave
ambiguità: una volta predisposto un armamento contro-forza (cioè capace di colpire e
neutralizzare le armi strategiche avversarie)
nessuno può infatti assicurare che esso verrà
ui^alo in chiave controffensiva, e non offensiva. per un « first-strike » appunto, soprattutt » quando si può contare anclic su un Abm
diffuso a protezione deirintero territorio. Gli
stessi mezzi bellici possono servire per ambedue gli scopi.
« Come si vede il negozialo finora condotto
non ha in alcun modo bloccato la corsa agli
armamenti né sul piano quantitativo né su
quello qualitativo. Anzi in certo modo l'ha accelerata. cia.scuna potenza cercando di precostituirsi la posizione più favorevole, dì maggior forza, prima di eventuali congelamenti »r
"Mirape" al Sudafrica?
Pretoria (,\FP). - Le forze armate sudafricane sono interessate aH'acqiiisto dell ultimo
nato fra gli aerei da combattimento della ditta francese Das.saull, il Miragc-Milan. si apprende da buona fonte militare sudafricana.
I negoziali che durano da oltre un decennio
fra Dassault e le autorità di Pretoria si sono
cristallizzali da alcune .settimane sul problema deiracqiiisto, da parte della Repubblica
sudafricana, del Mirage detto « a baffi ».