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ECO
DELLE mm VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TORRE FELL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 109 - Num. 22 ABBONAMENTI | L. 3.500 per l’interno Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 TORRE PELLICE - 2 Giugno 1972
Una copia Lire 90 L. 4.500 per l’estero Cambio di indirizzo Lire 100 Amm.: Via Cavour, 1 bis ■ 1ÜU66 Torre Pellìce - c.c.p. 2/33Ü94
Tempo di Pentecoste
Da Dpsala 1868
aH'attuale
recessione spirituale
È diventato di prammatica paragonare gli anni 1968 e 1972. Lo si fa nel
cosiddetto mondo e lo si fa nelle chiese ufficiali e non ufficiali. Il messaggio della quarta assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese riunita ad
Upsala dal 4 al 22 luglio 1968 cominciava con queste parole: « Le speranze suscitate dalle scoperte scientifiche,
la contestazione delle rivolte studentesce, l’emozione suscitata dagli assassini politici, il rumore delle guerre:
questi i fatti essenziali del 1968. In
questo clima si è riunita l'Assemblea
di Upsala. Anzitutto per ascoltare.
« Abbiamo insieme udito il grido di
quelli che domandano la pace, degli
affamati e degli sfruttati, che reclamano il pane e la giustizia, delle vittime della discriminazione che rivendicano la loro dignità umana, e delle
masse, che ricercano il senso della
vita.
« Anche Dio ascolta quelle grida e
ci giudica. Egli traccia altresì la via
liberatrice. Egli ci dicetio vado davanti a voi. Cristo ci libera dalle colpe
passate. Lo Spirito ci dona la libertà
di vivere per gli altri. Entrate dunque
nel futuro del mio regno e traducete
la vostra lieta adorazione in atti audaci ».
L’assemblea indicava quattro vie di
meditazione:
— la chiesa di Cristo è chiamata a
prefigurare, in mezzo alle divisioni
umane, una comunità umana rinnovata;
— nel fare ogni cosa nuova. Iddio indica nell’uomo il gestore della creazione ed in Cristo « l’uomo nuovo »
richiede la nostra decisione;
— nell’attuale situazione di fossato
sempre più profondo fra ricchi e
poveri, aggravato dalla corsa agli
armamenti, vogliamo, insieme a
uomini di ogni convinzione, combattere per i diritti dell’uomo in
una comunità mondiale giusta;
— le nostre chiese devono adorare,
disciplinarsi e richiamarsi reciprocamente al pentimento in una comunità universale.
Non abbiamo saputo mantenere il
clima carismatico, che forse è passato
accanto a noi senza che ne abbiamo
avvertito il richiamo. La chiesa non
ha prefigurato il Regno di Dio, 1'« uomo nuovo » è stato travolto dal « vecchio uomo » con le sue paure e la sua
falsa saggezza, le divisioni sono rimaste e le mura di separazione sono state credute provvidenziali e la nostra
esortazione comune è stata pavida, diplomatica.
Ma dove lo Spirito, nella sua sconvolgente dinamica, sembra ritirarsi,
resta il tempio vuoto; dove l’uomo
non cammina avanti subentra il ricupero del saggio passato; la chiesa diventa istituzione e cessa di essere il
popolo in marcia.
Le Pentecoste del 1972 ci ritrova
con una chiesa più timida, con un
mondo più ingiusto, in un clima da
palude o da marasma o da disperati.
Ma, come nel 1968, così non dobbiamo prestare nel 1972 fede ai « fatahsmi », né affondare nella palude, né
contentarci della superficialità. Dobbiamo rialzare il capo, perché la salvezza di Dio ,è in atto e dove questo
avviene, anche l’antica parola « Io fo
ogni cosa nuova » si riflette nella storia, sia pure fra le sempre esistenti
contraddizioni. Come alla prima Pentecoste, lo Spirito di Dio riprenda in
noi il sopravvento sulla sfiducia e sull’immobilismo.
Carlo Gay
MlllllimillllllllllllllillllllllllllllllllllilllKIIXIIIIIll""»'!
Edito dalla Claudiana
Annuario Evangelico 72-73
Dopo un lungo e accurato lavoro di
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5 domande a un uomo del Terzo Mondo
Le Chiese e lo sviluppo vero
La formula spesso utilizzata negli ultimi anni, « lo sviluppo è il nome
nuovo della pace » è messa sempre
più in discussione. Infatti gli uomini che accedono a un certo livello di vita vedono pure più chiaramente l’ingiustizia che regna nel
''•mondo, e questo provoca talvolta
agitazioni sociali. Quella formula
non è dunque veritiera? O lo è soltanto a lunga scadenza?
Tutto dipende da quello che s’intende con « sviluppo » e con « pace ». Infatti se lo sviluppo è la promozione
della giustizia sociale, politica, economica e culturale in vista e valendosi
dell’autonomia e della crescita economica; e se la pace non è un dato statico e paradisiaco che presuppone l’assenza di qualsiasi conflitto, allora lo
sviluppo è un altro modo per parlare
della pace.
Il primo decennio di sviluppo delle
Nazioni Unite è partito dall’idea che
lo sviluppo era la crescita economica
colta attraverso strumenti statistici
fondati sul primato degli interessi di
un cittadino medio, che è sociologicamente inesistente. Sicché in molte nazioni dette del terzo mondo si è potuto notare una certa « crescita economica » del cittadino medio, che camuffava, in realtà, l’ingiustizia e la diseguaglianza della suddivisione del reddito nazionale. Lo scarto fra le possibilità di autonomia e di realizzazione
materiale e culturale fra la classe dirigente e la massa, nelle nazioni del
terzo mondo, è aumentata almeno altrettanto quanto lo scarto che separa
le nazioni dette ricche da quelle dette povere. Non è quindi strano che un
certo tipo di « sviluppo » abbia provocato l’accrescersi di agitazioni sociali.
Si è conclusa a Santiago del Cile, dopo cinque settimane di lavori, la terza sessione
deirUNCTAD, la Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo, di cut
avevamo parlato al suo aprirsi. Nell'insieme essa non risulta aver portato i rapporti fra
nazioni industrializzate e terzo mondo fuori dal vicolo cieco cui avevamo accennato:
le nazioni povere o in fase di sviluppo s’impoveriscono proporzionalmente e s'indebitano sempre di più nei confronti delle nazioni ricche e sviluppate, né sembrano trovare in
organismi come l’UNCTAD una effettiva difesa e un appoggio efficace. Il solo risultato
sostanzioso sinora ottenuto, settoriale, è costituito dall’accordo di Teheran, recentemente imposto dai paesi produttori di petrolio. Su questo problema e sulla responsabilità delle Chiese « La vie protestante» ha intervistato Aaron Tolen, segretario per
l’Africa della Federazione universale associazioni cristiane studenti, il quale vive a
Yaoundé, nel Cameroun. Riprendiamo quest’intervista.
(red.)
La formula « lo sviluppo è il nome
nuovo della pace » è vera soltanto se
sviluppo significa liberazione, giustizia
sociale, autonomia e se la pace è una
situazione nella quale sono rimessi in
valore i diritti degli oppressi.
I « Nuovi obiettivi » della Dichiaratone di Berna affermano che il dettaglio e la portata degli accordi commerciali firmati in nome di una data nazione « sfuggono per lo più al
cittadino » e che questi, tuttavia,
deve diventare « responsabile e critico quanto a questo aspetto essenziale » delle relazioni estere di una
nazione. Concorda con tale formula? Se sì, come rendere il cittadino
« responsabile e critico » al riguardo?
È vero che il dettaglio e la portata
dei rapporti commerciali firmati a nome di questa o quella nazione sfuggono per lo più ai cittadini e si vorrebbe
che questi potessero influire su questo
aspetto più che essenziale delle relazioni estere della loro nazione.
Come far sì che i cittadini diventino, al riguardo, res,ponsabili e critici?
E tutto il problema della pedagogia
dello sviluppo. Infatti, un accordo
commerciale, anche quand’è globale,
ha sempre ripercussioni dirette sulla
vita di tutti i cittadini. Non è a livello
di questa globalità, che ne fa una decisione « lontana » per il cittadino,
che bisogna attaccarlo o analizzarlo.
Bisogna farlo nella sua relazione diretta, nei dettagli, là dove il cittadino
lo risente: là bisogna parlargliene.
Facciamo un esempio: l’importazione della carne in una nazione che ne
produce e che non ha un circuito di
commercializzazione organizzato. Per
la regione della nazione consumatrice
della carne e che ne manca a causa
della difettosità del circuito, quel che
interessa i cittadini è avere la carne al
mercato. Per gli interessi commerciali e stranieri che vogliono portare la
carne sul mercato, ciò che conta è il
beneficio che potranno trarre sfruttando un mercato molto rigido. Spesso
per il governo della nazione in questione è, in apparenza, meno caro lasciare
che un’impresa privata venda la sua
carne utilizzando i propri mezzi, piuttosto che investire somme spesso rilevanti nelTinfrastruttura necessaria a
istituire un circuito di commercializzazione adeguato.
iiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiniMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiMiiimiiiniiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Il Servizio di Azione Sociale della F.C.E.l.
Un nuovo campo di testimonianza
Già abbiarno dato notizia, se pur brevemente, del Convegno indetto recentemente a Villa S. Sebastiano (L’Aquila) dal
Servizio di Azione sociale della Federazione. Il nev, bollettino del servizio stampa della FCEI, riporta nell’ultimo numero un’intervista al past. S. Aquilante, segretario del Servizio, del quale sono membri con lui il prof. M. Miegge, il
past. J. Ross del Team ecumenico, il dr. T. Santi direttore dell’Ospedale interdenominazionale di Napoli, i past. G. Fuligno e F. Sommani, V. Spini. Pubblichiamo quest’intervista con il testo della mozione conclusiva del Convegno
Past. Aquilante, quali sono le finalità specifiche del Servizio di cui lei è
segretario?
Trovare una risposta a questa domanda, tutto sommato, è stata la prima parte del nostro lavoro. Infatti,
appena formato il Servizio, la prima
cosa che ci siamo domandati, naturalmente, è stata proprio ’che facciamo?’
Una domanda cui non era facile rispondere, soprattutto in considerazione del fatto che alla parola ’sociale’
si danno molti significati. Poi c’era un
secondo problema da considerare. Il
fatto cioè che le opere evangeliche
sono autonome e comunque gestite
dalle diverse chiese. Ed allora — questo è stato il nostro problema — ci
siamo dovuti domandare anche come
era possibile per noi intervenire ’dall’esterno’. Insomma, noi ci preoccupavamo di valutare il problema delle
opere sociali per eventualmente trovare una piattaforma di azione di testimonianza: ma per chi la trovavamo? Alla fine il Servizio ha deciso di
operare su due direttrici: da una parte cercare di coordinare, là dove è
possibile, il lavoro sociale delle chiese e dall’altra parte fare una scelta,
nell’arco delle diverse espressioni di
questo esempio di testimonianza, restringendo così i margini della parola ’sociale’. Lavorando su questa direttrice, abbiamo dunque indirizzato
la nostra attenzione verso quelle opere che non hanno una finalità propriamente assistenziale. Quelle opere che
svolgono il loro servizio all’esterno
dell’ambiente « parrocchiale », che lavorano cioè nel vivo dell’ambiente sociale con la prospettiva di mutare
daH’interno la sua struttura. Il nostro
terzo compito lo abbiamo individuato
nella necessità di produrre delle indicazioni per queste opere. Dunque,
da una parte lavoriamo al coordinamento dell’attività di queste opere,
ma dall’altra studiarno anche prospettive nuove di servizio.
Questo è un compito molto delicato,
soprattutto perché si rischia di invadere il campo denominazionale. Ma
probabilmente la scelta che è stata
fatta tra le opere ha anch’essa un suo
significato, nel senso che avrete inù
ziato a collaborare con quei gruppi
che si riconoscono nella vostra ricerca. Come siete arrivati ad operare questo « campionamento », e come intendete continuare la vostra azione, una
volta risolto il problema della scelta
del campo sociale di intervento?
Abbiamo lavorato molto per prendere contatti con numerose opere, per
studiare insieme a loro una prospettiva di intervento, per valutare le diverse situazioni. É da questi contatti
che si è intensificata la collaborazione con numerosi gruppi. Quindi abbiamo organizzato il Convegno di
Azione Sociale a Villa S. Sebastiano,
attraverso il quale abbiamo inteso favorire un primo contatto di lavoro
tra le diverse iniziative, ma al quale
abbiamo chiesto anche un contributo
per la nostra ricerca. Infine, il Servizio sta portando a termine il documento sulla situazione socio-economica dell’Italia, secondo l'incarico rice
vuto dalla Assemblea di Firenze. Il documento si sviluppa su due linee: la
prima parte è propriamente analitica,
è uno studio della situazione socioeconomica del paese, la seconda invece tende a proporre prospettive concrete di intervento e di collegamento
tra le opere, naturalmente nella prospettiva e sulle indicazioni della prima parte del documento.
Il Convegno è stato utile per completare questa analisi?
Senz’altro. Noi contiamo di ricevere
proprio da questo Convegno indicazioni precise per sviluppare ulteriormente la parte finale del documento. Ed
ancora, da esso vogliamo trarre delle
indicazioni nuove sullo scopo che il
Servizio si propone: quello cioè di sviluppare un collegamento maggiore tra
le opere che vogliono incidere sulla
realtà sociale del nostro paese e del
nostro evangelismo.
Sergio Aquilante
La mozione del Convegne di Villa San Sebastiano
Dal confronto delle esperienze diversificate in vari campi di intervento socio-politico, il
Convegno Nazionale di Azione Sociale, organizzato dal Servizio Sociale della Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia (Villa San Sebastiano 10-12/5/1972), ha tratto le seguenti conclusioni :
1. - Esiste oggi uno spazio per il Servizio Sociale delle Chiese Evangeliche nel quale
compiere un’azione che miri alla produzione consapevole di nuove forme di convivenza e di
vita associata. Questo spazio pensiamo non sia completamente coperto dagli organismi poli-,
tici tradizionali (ci riferiamo ad esempio al campo della educazione, alla vita di quartiere
ed ai crescenti problemi degli emarginati). Infatti anche le forze organizzate del movimento
operaio italiano, in cui molti membri dei gruppi di servizio sono impegnati, dovendo rispondere alla programmazione capitalistica, stentano ad elaborare alternative di immediata realizzazione (a questo proposito non va sottovalutata la difficoltà derivante dalla frammentazione
interna della sinistra). D’altra parte le stesse capacità creative delle masse sono bloccate dal
tipo di divisione del lavoro che prevale nella nostra società (squilibrio tra popolazione attiva e
inattiva, sviluppo abnorme del settore terziario).
2. - Dalla relazione risulta che i gruppi e comunità operanti tendano a proiettare la loro
azione sul terreno delle contraddizioni e dei conflitti sociali. In questo quadro si precisano le
responsabilità nei settori della emigrazione, della casa, del lavoro nelle zone sottosviluppate,
nel vasto campo della formazione professionale e della educazione e in generale della crescita
del livello di responsabilità politica.
3. - Il Convegno ha constatato che proprio là dove si approfondisce l’impegno socio-politico,
viene sentita in modo sempre più acuto da parte di molti credenti l’esigenza di un chiarimento teologico alla luce del messaggio evangelico.
Se ci si accontenta di condannare
l’accordo commerciale in vigore, dicendo che è contro natura perché la
nazione produce molta carne, ci si
farà capire dalle regioni che producono la carne e che si trovano nella
impossibilità di venderla; ma coloro
che mancano di carne approveranno
l’accordo, perché esso permette di rifornire il mercato.
Per rendere il cittadino responsabile e critico nei confronti di questo accordo, occorrerà in un primo tempo
prenderlo regione per regione e in seguito fare risultare, a livello nazionale, la perdita che questa importazione rappresenta per la bilancia commerciale. Per il consumatore che
manca di carne, ciò che lo farà agire
e reagire sarà il fatto che a causa dell’importazione e degli incerti di questo rifornimento del mercato, è impossibile giocare sull’abbondanza della carne per ottenere un calo del prezzo; mentre è di norma organizzare la
penuria per ottenere l’aumento dei
prezzi.
Si potrà allora proporre un’alternativa nazionale che non soltanto permetterebbe di rifornire abbondantemente il mercato e di migliorare la
situazione economica dei produttori
di carne, ma anche di diminuire i
prezzi e di alleggerire la bilancia commerciale. È un lavoro lungo, ingrato
e continuamente da rifare. E però il
solo mezzo per lavorare effettivamente con la gente partendo dai problemi che la concernono e che fanno
parte della sua esperienza quotidiana.
Nel rapporto della Conferenza mondiale sull’aiuto ecumenico ai progetti di sviluppo, Montreux gennaio
1970, si legge : « L’immagine di quelle nazioni che consacrano dal 30 al
40% del loro bilancio, e anche più,
alle spese militari, mentre i programmi destinati ad alleviare la
miseria delle popolazioni urbane
serrate nelle bidonvUles e nei ghetti
sono finanziati in modo insufficiente, dovrebbe incombere costantemente su tutti i cristiani ». Che
pensa in proposito?
Il problema del commercio delle armi è uno scandalo mondiale. Il rapporto di Montreux non ha fatto che
segnalare una verità lapalissiana. Non
basta indignarsi di fronte a questa situazione. Bisognerebbe adottare una
strategia che abbia i mezzi di opporsi a questa tendenza e poi rovesciarla. Ma con chi?
I dirigenti delle nazioni deboli e povere hanno bisogno delle loro forze
armate, spesso non tanto per difendersi contro un invasore ipotetico
quanto per proteggersi contro le popolazioni di cui passano per essere ì
portavoce. Senza i loro eserciti di mestiere, bene equipaggiati, non si sentirebbero affatto sicuri. E poi bisogna pur dare dei giocattoli ai loro
quadri militari bene addestrati nelle
scuole più rinomate.
Le nazioni dette sviluppate, di fronte alla concorrenza implacabile sul
piano dei prodotti di consumo corrente e alla rigidità del rapporto offerta-domanda, conservano gelosamente i loro mercati di cannoni. È un
commercio che rende. Rende tanto
maggiormente in quanto il cannone
venduto oggi può essere dichiarato
invecchiato prima ancora che la nazione acquirente l’abbia utilizzato. È
un mercato che non conosce il linguaggio della morale e della coscienza: si vende a chi può pagare, chiudendo pudicamente gli occhi sulle
conseguenze di questi acquisti d’armi
sullo sviluppo delle nazioni acquirenti
o sull’utilizzazione che queste fanno
delle armi.
La grande difficoltà sta, in fondo,
nel fatto che l’industria degli armamenti utilizza un numero apprezzabile di operai e alleggerisce assai spesso
la bilancia dei pagamenti delle nazioni industrializzate. Provatevi a convincere gli operai di una nazione che
fabbrichi armi ad accettare la chiusura della loro fabbrica. Provate solo a
(continua a pag. 4)
2
pag. 2
N. 22 — 2 giugno 1972
PAROLE DELL'UOMO ♦
TttHI ùdOOJ. .
Il messaggio della creazione : Dio ha scelto la vita - Gesù fu interpretato alia luce di testi dell'Antico Testamento - Il
commento biblico: la sentinello, nella notte della storia - La speranza cristiana è anticonformista - Credo la Chiesa
Capire rAntIco Testamento: Ncl principio Iddio CrOO
Due volte ci siamo ormai soffermati
per compiere prima un tentativo di
sintesi, poi uno di classificazione, ed è
tempo che continuiamo il cammino.
Il Pentateuco, la prima unità nella
quale si divide la Bibbia ebraica, contiene, come il nome esplicitamente afferma, cinque libri, o meglio, cinque
rotoli, rotoli che anticamente venivano
conservati arrotolati e posti in teche
rotonde. I cinque libri che lo compongono, abbiamo visto, sono considerati
i più autorevoli in seno ài Giudaesimo,
probabilmente perché sonò stati i primi ai quali è staio riconosciuto il carattere di Sacra Scrittura. L’ebraico tòràh
è stato tradotto in greco con « legge »,
ma le parti strettamente giuridiche sono sì un elemento che si nota immediatamente, ma anche parte di un contesto narrativo, quello della rivelazione al
Sinai. In ogni modo la traduzione con
« legge » è errata; quella esatta è « insegnamento »; ed è proprio come insegnamento che vanno intesi i passi giuridici: Iddio ha fondato una comunità
liberandola dall’Egitto, dalla condizione
servile (traduzione a senso dell’ebraico « casa di servitù », Es. 20,1 ), e non
desidera che essa si autodistrugga ed
a questo fine le dà una serie di leggi
che devono salvaguardare l’esistenza
della comunità. Anche queste leggi hanno dunque uno scopo altamente evangelico e non hanno niente a che fare,
come abbiamo visto, con la critica alla
« legge » effettuata dall’apostolo Paolo.
Per il resto il Pentateuco è un’opera
essenzialmente narrativa: nella Genesi
abbiamo due sezioni: cap. 1-11, la preistoria del mondo in senso assoluto;
cap. 11-50 le tradizioni sui patriarchi.
Dalla prima sezione alla seconda si passa mediante il cap. 11, la cui prima
metà ci narra ancora della torre di Babele, la cui seconda metà invece comincia a parlarci del mondo Patriarcale e degli antenati d’Israele: da una
prospettiva mondiale, si giunge così a
quella dell’elezione del popolo di Dio,
elezione resasi necessaria a causa del
fallimento della umanità nella missione
da Dio affidatale.
Nella preistoria in senso assoluto, abbiamo anzitutto le due narrazioni della
creazione, Gen. 1,1 - 2, 4a e Gen. 2, 4b-25,
narrazioni la cui diversità è difficile da
negare. La prima ha il seguente ordine:
luce, volta celeste, terra, piante, anima
iiiiiiiiiiimiiiiiiiititiiiimimmmiimmmi.iiimiimimii
li, uomo, sabato; la seconda un ordine
sostanzialmente diverso: piante, uomo,
animali, donna. In alcuni elementi di
fondo però le due narrazioni coincidòno: ambedue hanno per es. la tesi che
è stato Iddio a creare l’universo, ambedue sottolineano l’ineguagliabile dignità dell’uomo, ambedue sottolineano che
la natura è stata creata al servizio dell’uomo.
Nel secolo passato, in seguito ad ima
serie di scoperte fondamentali nel campo della zoologia primitiva, nell’astronomia e nelle scienze naturali in generale, era diventato facile deridere il
racconto biblico, mostrando il suo carattere primitivo e mettendo m dubbio
anche la testimonianza che gli antichi
autori d’Israele ci hanno voluto trasmettere attraverso questi racconti.
Oggi la scienza è più cauta: sa anzitutto che una verità, anche scientifica, è
sempre provvisoria e quindi non si stupisce se nell’antico Israele l’astronomia, la biologia e l’antropologia sono
state primitive e non riproducono i risultati delle scienze moderne; perché,
se così fosse stato (ammettiamo per un
momento l’assurdo}, il loro messaggio
sarebbe superato entro pochi anni, dati i rapidi progressi delle scienze in
questione. I teologi hanno visto invece che in quei dati inadeguati secondo le scienze naturali moderne, la Pa
rola di Dio ha potuto esprimersi in maniera valida anche per il giorno d’oggi.
Per es. noi non crediamo più in volte
celesti, poste da Dio a protezione del
cosmo, ma possiamo accettare perfettamente il messaggio di questo testo: che
Iddio non vuole la distruzione del cosmo da parte delle acque (come avviene una sola volta, durante il diluvio),
ma vuole la vita, l’ordine, lo sviluppo
armonico della sua creazione. E come
l’antico, guardando in alto e vedendo
la volta, si consolava pensando a quella che era la volontà di Dio. anche noi,
che non vediamo più nessuna volta celeste, ci sentianzo ricordare quel primo
annuncio evangelico: che Iddio ha scelto la vita e non la morte. Sarà un messaggio che in altre forme ritroveremo
presso i Profeti: proprio perché Iddio
ha scelto la vita e non la morte, proprio
perché Iddio ha dato alla propria comunità una legge perché i suoi membri vivessero armoniosamente, le ingiustizie che essi flagellano non sono ammissibili, non solo all’interno della comunità, ma anche al difuori, perché egli è
il Signore dell’universo. Sappiamo da
questi passi anche che tutti gli uomini
sono stati creati uguali; sappiamo, in
altre parole, che l’umanità è una, proprio perché Iddio ha voluto così, e che
ha voluto, ancora, ch’essa vivesse in :m
mondo ordinato secondo le sue leggi e
non in un caos, non in una giungla
umana.
Alberto Soggin
Una proposta: la teologia della speranza - 3
Uomini e comunità della speranza
Con questo articolo terminiamo la
nostra breve riflessione sulla teologia
della speranza, dopo aver fermato la
attenzione su alcuni aspetti fondamentali della fede cristiana e sulla interpretazione che ne viene data da questa corxente, teologica.
I problemi più interessanti evidenziati nelle settimane passate si possono
riassumere in tre punti:
1. - la teologia della speranza non
è una teológia alla moda che vuole
adattare la fede cristiana allo spirito
dei tempi; essa si propone di evidenziare l’aspetto biblico della speranza
che si fonda sulla promessa che Dio
ha fatto agli uomini, prima ad Àbramo, poi al popolo di Israele ed infine
alla sua chiesa;
2. - la teologia della speranza si
basa esclusivamente sulla rivelazione
biblica e parla in special modo della
azione di Dio, cioè non di un dio immobile « ente supremo » ma di quel
dio che entra a far parte dalla storia
degli uomini e che assai spesso nella
Bibbia ha l’appellativo di Dio dei viventi, La speranza scaturisce dalla sua
promessa della venuta del regno dei
cieli; questo nuovo avvenire è già incominciato con la resurrezione di Ge
La lettera e lo Spirito: Isaia 21: 11
di Renzo Turineffo
Sentinella, a che punto è la notte?
Quando c'è una sentinella, significa che
siamo in tempo di guerra, non in tempo di pace. Ci sono sentinelle anche
in tempo di pace, ma sono in servizio proprio per esercitarsi a una possibile guerra. E dei resto, c'è mai vera pace
o non il pericolo sempre incombente d'una
guerra? ìt tempo di pace è in realtà il tempo delia vigilanza, e in molti casi purtroppo è il tempo in cut s'atiénde o si prepara
una guerra. Stiamo vivendo la notte dèlia
minaccia, non il giorno della sicurezza.
La sentinella è chiamata a sapere a che
punto è questa notte. Deve saperlo onde vigilare con gran cura su di sé, non distrarsi o
addormentarsi ma stare all'erta, fiutare il
pericolò e scongiurarlo. Ma oltre che per sé,
anche per i! suo prossimo la sentinella deve sapere à che punto è la notte: dalla sua
guardia fedele dipende la vita altrui. Qualcuno può svegliarsi di soprassalto e chiederle airimprossivo a che punto è la notte:
saprà la sentinella rispondere? Oppure è
troppo stanca e dornié, trÒpjso distratta e
non sa neppure dove vive, troppo immersa
nei suoi pensieri e ha perso di vista il
compito?
Se il mondo chiede a che punto stiamo
della notte — la fonda notte della storia
che stiarho vivendo — i credenti, la chie
sa, sanno cosa dire? Oppure siamo troppo
sfiduciati e cerchiamo noi una risposta da!
mondo ; ò troppo vuoti da non poter rispondere nulla; o troppo concentrati sulle
nostre cose personali (o sulle povere piccole chiese} da aver perso di vista questa
morido che Dio ha salvato in Cristo?
« Perché dormite? Alzatevi e pregate, affinché non cadiate in tentazione » ( Luca 22 :
46). La tentazione di essere fuori posto, di
non essere sentinella.
« Sentinella, a che punto è la notte? » —
« La notte dipende dal nostro modo di vigilare » (Primo Mazzolar!).
Capire II lilnovo Testamento: Il PUOlO ìIbIIB SCPittUrB
Chiunque abbia qualche familiarità
con il Nuovo Testamento sa quanto
siano frequenti le citazioni o le allusioni all’Antico Testamento. Esse hanno una grande importanza per lo storico da due punti di vista; per la considerazione attribuita agli scritti sacri
d’Israele e per il modo di citarli.
Se al centro di tutti gli scritti del
Nuovo Testamento c’è la venuta di Gesù Cristo, la sua attività terrena, la sua
morte e la sua resurrezione; se la comunità dei suoi discepoli vive e testimonia per la fede in lui e nella speranza del Suo ritorno, il significato di questi avvenimenti è quasi sempre indicato con il riferimento all’Àntico Testamento. Le citazioni sono particolarmente frequenti nel vangelo secondo
Matteo e nell’epistola agli Ebrei, ma
anche Paolo collega in modo evidente
e diretto il fatto di Cristo e la vita della chiesa all’Antico Testamento. Tutte
le promesse di Dio, scrive ai Corinzi,
hanno in Cristo il loro « sì », cioè il
loro adempimento (II Cor. 1: 20). In un
altro passo, dopo aver ricordato alcuni episodi deH’esodo dichiara: «Queste cose avvennero loro per servire
d’esempio, e .sono state scritte per ammonizione di noi» (I Cor. 10; 11). Per
il vangelo di Matteo, si veda in modo
speciale 1: 23; 2: 6; 2: 18; 2: 23;
4: 1346; 8: 17; 12: 17-21; 13: 35; 21: 44.
Gli autori del Nuovo Testamento trovano perfettamente ovvio il diritto di
richiamarsi continuamente all’Antico
Testamento; la chiesa è il popolo di
Dio, il vero Israele, per il quale le promesse délTaniico patto sono avvenute;
esso non era che l’ombra e la prefigurazione del nuovo patto di Dio con gli
uomini, compiuto mediante il suo fi-gliuolo.
E soprattutto il modo di citare gli
scritti dell’Antico Testamento che è significativo per noi che in questa serie
di brevi articoli siamo andati in cerca
delle più antiche testimonianze su
Gesù.
La prima predicazione cristiana è
avvenuta — come è evidente — fra i
giudei e doveva essere simile a quella
di Apollo, il quale dimostrava mediante le Scritture che Gesù è il Cristo (Atti 18: 28). A questo tema si aggiungeva
l’invito alla conversione e alla fede. La
descrizione della predicazione primitiva fatta dagli Atti degli apostoli nei
primi capitoli ha appunto questa struttura, e la « prova biblica », cioè il richiamo all’Antico Testamento, non
manca mai.
È probabile che prima ancora di fare delle raccolte di insegnamenti di Gesù le prime comunità abbiano fatto
delle piccole antologie di passi profetici dell’Antico Testamento da usare
nella predicazione rivolta agli ebrei; .gli
studiosi le hanno chiamate Testimonia,
cioè, in latino, « testimonianze ». Una
delle prove che hanno suggerito quest’ipotesi è questa: si trovano spesso,
in scritti diversi del Nuovo Testamento
(e anche dei primi scrittori cristiani
non-biblici), le medesime combinazioni
di passi e le medesime differenze rispetto al testo dei « Settanta », cioè della traduzione greca deH’Antico Testamento, che era corrente fra gli ebrei all’epoca apostolica.
Una delle combinazioni più caratteristiche è quella di Isaia 28; 16 e 8: 14,
più Salmo 118; 22. I due passi di
Isaia sono citati in I Pietro 2: 6
e 8, separati (al v. 7) dalla _ citazione del salmo. I passi di Isaia sono
citati anche in Rom. 9: 32-33. La combinazione dei due passi di Isaia e la
forma della citazione coincidono, anche quando differiscono dai « Settanta ». L’ipotesi più probabile è che i due
autori cristiani si siano serviti di tma
medesima raccolta di passi dell’.Antico
Testamento interpretati messianicamente come riferimento a Gesù Cristo.
Gli stessi passi saranno poi usati am
cosa da Barnaba, Cipriano, Gregorio di
Nissa nella medesima combinazione.
Dalla ricostituzione di queste raccolte di testimonianze profetiche su Gesù
ricavata dai testi più frequentemente
citati nel Nuovo Testamento, emergono
i punti fondamentali della predicazione
e dall’insegnamento apostolico ancora
prima che si cominciassero a scrivere i
libri del Nuovo Testamento: Gesù è il
compitore delle promesse fatte a Israele; la sua morte ha un valore redentore; la sua figura ha un precedente in
quella del servo sofferente del cap. 53
di Isaia. Questo capitolo, secondo l’elenco delle citazioni che si trova in appendice al Nuovo Testaniento Greco
delle Società Bibliche Unite, è citato
quasi 40 volte nel Nuovo Testamento,
nei diversi tipi di scritti che lo compongono. Questo rende probabile che
ci troviamo davanti a una tradizione
delle più antiche. La comunità dei discepoli si è dunque identificata col nuovo popolo di Dio annunziato dai profeti, e si è presentata pubblicamente facendo riferimento alla loro predicazione per dare la sua testimonianza di
Gesù.
Bruno Corsani_
iiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiltitiiiiiM'iiiiiiiinli
Una nuova Introduzione
al Nuovo Testamento
È quella scritta dal prof. Bruno Corsami e
di cui la Claudiana ha pubblicato ora il primo
volume, consacrato, dopo che alle questioni generali, agli Evangeli e al Libro degli Atti. I
problemi del lesto del N. T.. la formazione
della tradizione evangelica, la « questione sinottica », la formazione del canone, in una
sintesi piana e criticamente aggiornata.
Ricerca della Chiesa; la comunità cristiana
bisogna crederla, non basta viverla
Vi .sono, anche fra i Cristian’, molte
idee sbagliate sulla chiesa. Due in particolare devono essere segnalate.
La prima è quella che Bonhoeffer
chiama « la tesi socialista » secondo
cui la religione o piuttosto la chiesa
« è un affare personale ». Questa tesi,
che a dire il vero non è solo socialista
ma anche liberale, vede nella chiesa
un insieme di individui. Prima viene
l'individuo, poi la chiesa. La chiesa
è fatta dagli individui che la costituiscono. L’individuo è la realtà originaria e fondamentale, la chiesa è secondaria e derivata. La tesi biblica, però,
è diversa: qui la chiesa è fatta da Dio,
non dagli uomini; è il volere di D o,
non quello dell’uomo, che la crea; essa esiste nella chiamata di Dio prima
che nella risposta dell’uomo e il suo
fondamento non è la decisione e l’adesione dei suoi membri ma l’effus'one
dello Spirito santo. Dio chiama un popolo, lo Spirito scende su un gruppo
di uomini, perciò la chiesa^ prima di
essere un affare personale è un fatto
comunitario: « dove due o tre sono
riuniti nel mio nome... » dice Gesù.
Non viene prima l’individuo e poi la
chiesa ma prima la chiesa e poi l’individuo. Nelle nostre comunità è ancora l’individualismo che domina: la
chiesa vi è proprio un affare personale per cui è raro trovare qualcuno che
abbia capito che nella comunità cristiana il « tu » e il « noi » vengono prima del mio « io ».
Una seconda idea sbagliata, anche
Se molto diffusa, è quella per cui il
nostro rapporto con la chiesa e il nostro giudizio su di essa, avvengono in
base alle esperienze fatte nella comunità, senza mai porsi su un piano di
fede. Eppure nel Simbolo apostolico
ripetiamo: « Credo., la santa Chiesa
universale »: così dicendo affermiamo
che la chiesa dev’essere creduta. Perché? Perché ciò che costituisce la chiesa è l’azione di Dio, e l’azione di Dio
può solo essere creduta, non v'sta e
meno ancora dimostrata. Ma là dove
non è creduta, la chiesa diventa una
semplice associazione umana in cui si
crede .solo ciò che si vede o si prova:
la fede è sostituita dall’esperienza. Un
esempio: oggi sentiamo molto, nella
chiesa. Ir, varie divisioni presenti nel
mondo. Ci stiamo rendendo sempre
più chiaramente conto che tutto quello che divide l’umanità divide anche
la chiesa. La domanda è allora questa: Gesù Cristo può creare una vera
comunione tra uomini divisi sul piano
politico, sociale, razziale, ecc.? Rispondere affermativamente equivale a credere la chiesa. Rispondere negativamente .significa non crederla. « La
chiesa non può essere percepita dalla
esperienza. Quel che vediamo son solo le opere, non le persone che sono
in Dio » osserva Bonhoeffer. Noi facciaino l’esperienza della nostra diversità e divisione, e crediamo la nostra
comunione in Gesù Cristo. Sperimentiamo una comunione umana infranta,
crediamo una comunione nuova creata da Cristo. Questa comunione si manifesta, in molti modi, ad esempio
nella comune celebrazione della Cena,
ma solo la fede è in grado di intenderla. « Forse la Chiesa si manifesta
nel modo più convincente quando, in
una grande città, una comunità si riunisce intorno al tavolo della Santa
Cena. I legami naturali quasi non hanno peso. Il militarista e il pacifista
sono uno accanto all’altro, così come
il padrone e l’operaio, e ahri che si
oppongono l’uno all’altro in antagonismi irriducibili. È una unità estremamente paradossale che Dio ha qui
fondato in Gesù Cristo, un’unità che
la nozione di comunità religiosa istituita per iniziativa umana non può abbracciare. Con le nostre esperienze religiose restiamo nell’ambito della vecchia umanità. La povertà di fede non
può essere compensata da esperienze
ricche ». Pensieri di questo genere potranno a qualcuno sembrare molto
discutibili perché si prestano a essere '
utilizzati come copertura religiosa di
divisioni ingiuste e di atteggiamenti
contrari all’Evangelo. Ma non è così
che bisogna intenderli: Bonhoeffer
non vuol certo riconoscere una qualche legittimità evangelica al mi'itarismo né sanzionare la divisione tra padroni e operai ammantandola con un
manto religioso; egli vuole invece mettere in luce il carattere « estremamente paradossale » dell’unità che Cristo
introduce tra gli uomini, già irriducibilmente divisi e ora indissolubilmente uniti: « Qui non c’è più né
giudeo né greco, né schiavo né libero,
né maschio né femmina, poiché siete
uno in Cristo Gesù» (Calati 3: 28).
La chiesa è questa unità estremamente paradossale di uomini diversi e divisi intorno a Cristo che li tiene insieme e li induce a mettere in questione
le loro divisioni. Nella chiesa le divisioni non sono coperte ma scoperte,
non sono legittimate ma giudicate. Gli
uomini divisi uniti in Cristo esprimeranno la loro unità non solo spezzando il pane della santa Cena ma anche
spezzando il pane di una fraternità
reale, legata alla vita di ogni giorno,
in modi che la nostra generazione deve in larga misura ancora scoprire.
Paolo Ricca
(continua a pag. 3)
sù e la realizzazione del suo compirnento dipende dalle possibilità creatrici di Dio stesso;
3. - Gesù è il Messia della speranza: Egli predica la venuta del regno
e Invita al ravvedimento; annuncia il
regno come grazia incondizionata offerta a tutti e non come giudizio che
separa i giusti dagli ingiusti. La sua
resurrezione infine rivela il fatto che
il regno di Dio è vicino ed è il segno
della potenza dell’amore divino, di co.che ci ha amati per primo senza
limiti né condizioni.
* * *
Sarebbe bello, a conclusione di questa riflessione, parlare della « comunità della speranza ». Ma, indipendenternente dal fatto che dare delle indicazioni precise sarebbe un voler limitare la speranza che proviene solo dalla promessa di Dio, è molto difficile
poterlo fare in modo esauriente.
Nella Bibbia noi ritroviamo in alcuni brani atteggiamenti di speranza:
Abramo abbandona casa sua e diventa un uomo libero per l’amore della
promessa divina; Israele lascia la
schiavitù dell’Egitto e si mette in viaggio per cercare il paese della libertà e
della giustizia; la cristianità segue
l’uomo di Nazaret, crocifisso dai preti e dagli uomini politici del suo popolo con l’aiuto della potente Roma; essa non si conforma al presente secolo
ma si lascia trasformare dal rinnovamento dello Spirito. Nel mondo di oggi, però, sorretto dall’establishement
religioso e politico, sembra che ci sia
poco posto per la speranza. Ecco perché è difficile dare delle indicazioni.
Mentre per il popolo di Israele era
chiaro che còsa doveva fare — raggiungere la terra promessa da Dio —,
per la comunità cristiana di oggi si
tratta di seguire una nuova strada,
ricercare un modo nuovo per essere
fedele alla parola di Dio.
La speranza cristiana in effetti indica una nuova possibilità alla chiesa
per essere una comunità di speranza:
essa non deve vagare da un luogo ad
un altro per cercare il paese della giustizia è della libertà, ma deve stare lì
dove è, nella speranza e nell’impegno
di conformarsi al regno di Dio per
mezzo del rinnovamento degli uomini
e per mezzo della trasformazione pratica delle loro condizioni di vita. Nella misura in cui la chiesa attua queste
cose, essa cammina attraverso la storia, lasciando il passato alle sue spalle e guardando verso l’avvenire.
« Lasciare il passato » in questo caso vuol dire che la chiesa si deve
sforzare a liberarsi da quegli impicci che non le permettono di vivere in
vista della venuta del regno. Un esempio di passato da cui le chiese si devono liberare è rappresentato dalle
cosiddette « religioni civili », quelle religioni in cui Dio è necessario per rendere stabile il potere di alcuni su una
nazione. Molti ancora si ricordano di
quando i soldati tedeschi portavano
l’elmo con la scritta « Per Dio, il re
e la patria »; ancora oggi si legge sui
monumenti ai caduti in guerra che
essi sono morti per noi, come se fossero Cristo stesso; e in alcuni paesi
lo stato si serve delle promesse del
paradiso e delle pene dell’inferno per
mantenere il proprio prestigio e reprimere certe manifestazioni di vita.
Ma di che Dio si tratta? I cristiani si
devono ricordare che Gesù, secondo
la religione civile del suo popolo e
quella di Roma, è stato crocifisso. Se,
dunque, la speranza cristiana si fonda sulla croce di Cristo e se ricerca
l’avvenire di Dio per tutti gli uomini,
le chiese cristiane hanno il campito
di denunciare l’idolatria delle religioni civili e di allontanarsi da esse.
L’esperienza della « Chiesa confessante » durante il nazismo in Germania ci viene in aiuto per farci comprendere meglio quanto è stato detto.
Al prezzo di gravi sacrifici, essa si è
opposta ai cristiano-tedeschi, alla più
grande idolatria del momento.
Non è che un esempio, da cui però
possiamo apprendere la grande libertà del cristiano che può giudicare e
contrapporsi alla sua stessa gente
quando ce n’è bisogno. Questo non ha
nulla a che vedere con il disprezzo degli altri; ciò è la libertà di cui parla
l’Apostolo Paolo, secondo la quale si
è liberi di prendere posizione su ogni
cosa. Paolo poggia questa grande libertà su due fatti: « Voi siete stati riscattati a gran prezzo; non dovete diventare schiavi degli uomini »; « Il
tempo è ormai breve ».
La teologia della speranza è debitrice dello spirito nuovo che appare
da queste affermazioni dell’Apostolo e
si augura di diventare una « teologia
della liberazione » affinché i cristiani
aiutino l’umanità a riscoprire ciò che
le è proprio.
Nel contesto di ciascuna situazione
storica e di ciascuna epoca è necessario che la speranza prenda forma concreta nella azione: questa è la speranza di Cristo. Per comprenderla dunque non è sufficiente conoscere il contesto di ciascuna situazione, ma è necessario conoscere anche il testo, cioè la
promessa di Dio. Andrea Ribet
3
2 giuiíno 1972 — N. 22
pag. 3
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
Feste di canto delle Scuole Domenicali
Luserna San Giovanni
Per la Val Chisone,
a San Secondo
Domenica 21 maggio, dopo tanti
giorni di pioggia e di maltempo, il sole si è fatto finalmente intravedere,
permettendo il normale svolgimento
della Festa di canto.
I bambini, particolarmente numerosi, hanno ben presto riempito il piazzale del tempio. Il pubblico che gremiva la galleria ha seguito con molta
attenzione e vero interesse l’esecuzione del vari canti.
Erano presenti le Scuole Domenicali di Pramollo (direttrice Sig.ra Pons),
Villar Perosa (Past. Geymet), San Germano (sig.na Lanfranco), Prarostino
(Past. Ayassot), Pinerolo (sig,na Bessone) e San Secondo (sig.ra Genre).
Nel volgere di un’ora e mezza è stato svolto un ricco programma comprendente sedici pezzi. La signorina
Elda Tiirck membro della Commissione di Canto Sacro ha egregiamente diretto gl’inni d’insieme.
Alle ore 15 precise, una massa di
oltre 200 canterini ha fatto il suo ingresso nel tempio. Dopo la lettura del
racconto della Pentecoste e la preghiera, il pastore Genre ha rivolto un
saluto di benvenuto ai presenti, facendo rilevare quali sono state le
conseguenze e le reazioni prodotte
dall’effusione dello Spirito Santo sui
discepoli. Volesse il Signore — egli ha
concluso — che anche i membri delle
nostre comunità venissero accusati
dal mondo di essere « pieni di vin
dolce »!
Come di consueto, il programma
era articolato in due parti. Nell’intervallo « parlato » la signorina Tiirck,
dopo avere portato il saluto della
Commissione di Canto Sacro, ha invitato i giovani cantori a diventare i
membri delle future Corali delle nostre Chiese.
Tutti sono stati consenzienti nell’affermare che nell’insieme i nostri bimbi hanno cantato bene e, soprattutto,
con slancio ed entusiasmo. Anche le
pause, contrariamente a quanto di solito succede, sono state rispettate. Di
questo dobbiamo ringraziare i direttori, i monitori e le monitrici, che durante molti mesi, hanno lavorato con
paziente impegno. Come per gli adulti delle Corali, anche per i bimbi, i
canti d’insieme sono stati scelti fra
gli inni del nuovo Innario. Ecco l’ordine delle varie esecuzioni:
Inno d’insieme (N. 153 - I. C.).
Pramollo: N. 65 - I. C.
Villar Perosa: Su marciam.
San Germano: Al mio Dio io m’affido (melodia buddista).
Inno d’insieme (N. 117 - I. C.).
Prarostino: Salmo 23.
Pinerolo: N. 6 - I. C.
San Secondo: N. 215 - I. C.
Inno d’insieme (N. 102 - Ps. et C.).
Pramollo: N. 149 - I. C.
Villar Perosa: Sicura in man di Cristo - N. 98.
San Germano: N. 226 - I. C. con parole natalizie.
Inno d’insieme (N. 264 - I. C.).
Prarostino: Va, dillo sopra i monti.
San Secondo: In cammino, da « Vieni e canta con noi ».
Tutti insieme: Grazie.
All’uscita sono stati distribuiti i gelati ai bambini, mentre i più grandi
si riunivano attorno ad una tazza di
thè, nella sala, dove continuavano i
conversari ed i canti.
A. G.
Per la Val Pellice,
a Bobbio Pellice
Domenica 21 maggio, favorita dal
bel tempo, ha avuto luogo a Bobbio
Pellice la Festa di Canto delle Scuole
Domenicali della Val Pellice e Valli
limitrofe.
Le Scuole Domenicali presenti erano: Torre Pellice (Appiotti, Coppieri e
Chabriols, Asilo); Villar Pellice; Rorà,
Bobbio Pellice. Le Scuole Domenicali
di Torre Pellice Centro, Luserna San
Giovanni ed Angrogna erano in visita
alla Comunità di Angrogna.
Dopo la prova d’insieme, le Scuole
Domenicali facevano il loro ingresso
nel Tempio dove il Pastore Bruno Bellion leggeva e commentava un salmo
e rivolgeva appropriate parole di benvenuto.
Veniva svolto in seguito il programma: Inni d’insieme: Innario Cristiano: N. 117 (1, 2, 3, 4); 154 (1, 2, 3, 4);
264 (1, 2, 3); Psaumes et Cantiques
N. 102 (1, 2, 3, 4); e l’inno italiano
« Grazie! ».
Con rammarico la Commissione, vista la sempre più scarsa conoscenza
della lingua francese da parte dei bambini, ha assegnato soltanto più un inno francese per l’esecuzione d’insieme.
Il Pastore Aime ha diretto gli inni
d’insieme dando spiegazioni sul loro
contenuto e comunicando l’esperimento in corso nel tentativo di strutturare in modo diverso le feste di canto;
dal canto suo la Commissione del
Canto Sacro ha espresso il pensiero
/ lettori ci scrivono
Le poste in gioco
Lìi letlore. da Genova:
Caro direllore.
La risposta del collega Aldo Coinba non
c esauriente né convincente.
.\nzitiitlo io non mi sono mai lamentato che il « Notiziario Radio » non abbia
mandato in onda la notizia del Corso Biblico tenuto a Genova, in aprile. Ho soltanto fatto notare che il Notiziario non
aveva pubblicato l'annunzio della Campagna di Evangelizzazione dell’Alta Irpinia,
tenuto dal 12 al 19 marzo.
Sono convinto che il mio « espresso m
invialo al Notiziario Radio da Bisaccia il
martefli sera, sia arrivato a Roma entro il
giovedì e immediatamente consegnato;
quindi nel venerdì aveva il tempo di essere incluso nelle notizie.
Ammesso pure che sia arrivato in ritardo. perché non pubblicare la notizia la domenica successiva, quando la campagna di
evangelizzazione era terminata soltanto la
sera della domenica stessa? Non fu fatto
così anche per l'apertura del nuovo locale
di Rapallo?
E poi anche nell’anno precedente, nel
'71, informati in tempo, la notizia non fu
comunicata.
Comunque questo scambio di pensieri
spero sia servito a chiarire che l’attività
principale delle nostre Chiese, alla quale
bisogna dare la massima diffusione, è
quella relativa alla evangelizzazione.
E con ciò, chiedo scusa e salutò.
Pastore E. Santilli
Nomi e cognomi
Un lettore, da Torre Pellice:
Signor direttore,
la ringrazio per la precisazione pubblicata sul settimanale da lei diretto.
Credo di essere nel mio buon diritto
pretendendo che il coraggioso estensore del
trafiletto « Concimi e propaganda elettorale » dia una ulteriore prova del suo coraggio e della veridicità delle sue fonti di
informazione precisando con nome e cognome i Pastori, i grossi dirigenti industriali ed i grossi dirigenti bancari che mi
avrebbero appoggiato durante la recente
campagna elettorale.
Desidero inoltre che venga specificato
in che cosa è consistito tale appoggio.
Se lo farà, bene. Se non lo farà, vorrà
dire che l’estensore ha mentito propalando attraverso la stampa notizie false e tendenziose. In tal caso tutelerò i miei interessi servendomi dei mezzi previsti dalla
legge.
Distìnti saluti.
Loris Bein
I fatti e gli aggettivi
Un lettore, da Castellanionte :
Signor .iireltore,
ho letto la Sua nota « Due parole ai lettori » pubblicata sul n. 20. Mi consenta
qualche breve osservazione.
Le critiche alle quali vien sottoposto hai
lettori il lavoro redazionale Le paiono crescenti. Non potrebbe essere altrimenti dati
il tono astioso e virulento delle rubriche
« Uomini, fatti, situazioni » e « Echi della
settimana », vere e proprie stabili palestre
di politica fazio.5Ìtà e di cattivo gusto.
Lei chiede ai lettori « di ascoltare seriamente e con fraternità onesta » anche gli
scritti dei redattori coi quali non si concorda. Le rispondo, a titolo personale, che
mi ritengo per lunga consuetudine acquisita fin dalla scuola sufficientemente inaturo per questo. Tuttavia mi urta, per farLe un esempio, vedere sul Suo giornale
Tullio Viola che si affanna a definire la
discussa signora Cederne « valorosa giornalista e distinta scrittrice » oppure il salottiero senatore Antonicelli « valente uomo politico italiano ».
Volete riportare tutte le notizie? Fatelo. Ma sfrondate 1 pezzi da tutti quegli aggettivi e quegli attributi che invece abbondano e richiamano aH’orecchio dei lettori più sensibili l’eco disturbatore di una
sgradita propaganda.
Infine, Lei accuratamente sottolinea che
l’investitura del Comitato di Redazione
proviene dalla Tavola Valdese e che la responsabilità del medesimo deve intendersi
solo verso gli organi responsabili della
Chiesa. Perche mai questa ovvia precisazione? Forse che il Comitato rifugge dalla ben maggiore responsabilità verso tutti
i lettori, primo canone del giornalismo a
tutti i livelli, per rifugiarsi sotto le ali
della gerarchica dipendenza? Non posso e
non voglio crederlo! Vediamo dunque di
fugare gli equivoci e di contenere gli inutili estremismi.
Molto cordialmente,
Maurizio Quaglino
Aon mi sono riferito alla Tavola per
cautelarci con copertura gerarchica, ma al
Sinodo — e alla Tavola che ne è Tasecuti
DO __perché è quello il luogo d’incontro e
di decisione della nostra Chiesa nel suo insieme e lì il nostro lavoro redazionale viene
vaglialo. Quanto al senso di responsabilità
nei confronti dei lettori, credo di poter dire
che non ne rifuggiamo; lo avvertiamo anzi seriamente, e lo spazio che diamo al colloquio con loro — in una misura rara, ritengo, in periodici di ogni tipo e livello —
pub anche esserne un segno.
Gino Conte
che le visite delle Scuole Domenicali
alle Comunità partecipando col canto
al culto sono da incoraggiare, ma non
possono né potranno sostituire le attuali feste di canto che hanno caratteristiche e connotati ben precisi ed
insostituibili.
Le singole Scuole Domenicali eseguivano in seguito: Torre Pellice Appiotti: Innario N. 60; Villar Pellice:
Innario N. 20 e Psaumes et Cantiques
N. 255; Torre Pellice Chabriols e Coppieri: Innario N. 116; Torre Pellice
Asilo: Innario N. 227; Bobbio Pellice:
Innario N. 102.
Una sola osservazione che non vuol
essere critica, ma soltanto una esortazione: benché le Scuole Domenicali
siano assai impegnate durante l’anno,
curino al massimo l’esecuzione degli
inni d’insieme e particolari: un buon
progresso si può realizzare al riguardo; tanto è vero che certe Scuole Domenicali lo stanno già realizzando.
Abbiamo rivolto un pensiero ed un
augurio affettuoso alla Signora Lina
Varese-Bert che, per causa di malattia non ha potuto, come ogni anno sinora, dirigere la sua Scuola Domenicale dell’Asilo; le auguriamo di cuore
un pronto ristabilimento in salute.
Il fatto che le Scuole Domenicali
hanno eseguito ciascuna ùn solo inno
e non più due, ha snellito assai la festa di canto ed eliminato sintomi di
stanchezza.
La Comunità di Bobbio ha offerto
a tutti i bambini, monitori e monitrici un rinfresco. La ringraziamo di
cuore per la buona accoglienza riservata alla nostra festa di canto.
itiiiliiimiiiiiiiiiMiiimiiiiMiiiiiiimiiiiiMiliiiiiiiiiimiiiii
Salvadanai nelle Scuòle
Domenicali delle Valli
Una Bibbia
per i bambini cecoslovacchi
Per interessamento della direzione
la Società biblica ha fatto pervenire
alle Scuole domenicali di Pramollo,
Perrero, Massello, Ròdoretto, Riclaretto, Villar Pellice, Torte Pellice, Luserna S. Giovanni, Susa, Prarostino, Angrogna, Rorà un certo numero di salvadanai dove i bambini mettono le loro offerte per inviare gratuitamente
una Bibbia ai bambini della Cecoslovacchia. Sappiamo che è molto difficile per quelle scuole domenicali avere delle Bibbie dall’estero, perciò l’iniziativa è stata lanciata nel segno della solidarietà in Cristo e a beneficio
di credenti che soffrono.
Vorrei pregare i pastori, monitori e
monitrici di compiere uno sforzo perché le offerte siano generose. Non appena le Scuole domenicali avranno
concluso il lavoro dell’anno, mi metterò in contatto con loro per avere
le offerte e inviarle al Pastore Bertalot.
Gustavo Bouchard
Approvato il ouovo pgetto dell'Asilo dei Vecchi
Il nuovo progetto della ristrutturazione dell’Asilo dei Vecchi, affidato allo
studio degli Architetti Mesturino e Mattia di Torino, è stato presentato ed illustrato dagli stessi all’Assemblea di
Chiesa che lo ha approvato all’unanimità con particolare interesse e lodevole
sensibilità verso i fratelli che, carichi
di anni e di solitudine, hanno più che
mai bisogno di non essere emarginati
dalla vita hanno più che mai bisogno
degli altri per trascorrere sereni ed in
piena libertà quel periodo che ancora
Iddio concede loro di vivere quaggiù.
Le indicazioni di massima per questo
nuovo complesso, analizzate a fondo
dall’Assemblea con espressioni unanimi di apprezzamento, si possono sintetizzare in questi cinque punti che già
precedentemente, attraverso la circolare di Chiesa, erano stati portati a conoscenza della comunità:
a) un complesso ricettivo a stanze
singole e a due o tre letti per un totale di 53 posti letto. La limitazione è imposta dalla necessità di mantenere la
dimensione farriiliare che è stata ffnora
una delle caratteristiche del nostro Istituto. Tale complesso sarà ricavato da
un’ala di nuova costruzione e dall’attuale Asilo, opportunamente ristrutturato, per il resto dei posti;
b) una serie di mini-alloggi per
Coppie anziane che desiderano vivere
per conto loro pur essendo nell’ambito
dell’Istituto e valendosi dei suoi servizi, quando necessario;
c) un centro aperto in grado di offrire a persone anziane abitanti fuori
dell’Istituto, un pasto caldo, servizio di
lavanderia, servizio di ambulatorio,
possibilità di trascorrere la giornata in
ambiente sereno, riscaldato, valendosi
delle attrezzature occupazionali del
tempo libero;
d) piccoli ateliers per attività artigianali, per anziani capaci ed in grado
di eseguire piccoli lavori di intaglio o
di intreccio, uh centro di lettura, televisione, giochi di bocce, ecc.;
e) un alloggetto completo ed indipendente per la Direzione e stanze adeguate per il pérsonale.
Il nuovo complessò non sarà dunque
un grànde edificio di vecchio stampo,
sia pure rimodernato con camere singole e servizi, ma sarà una nuova casa
nella quale l’anziano potrà continuare a
vivere la sua vita in quell’atmosfera di
' libertà che purtroppo sovente quella,
parte della vita che noi chiamiamo vecchiaia ostacola e blocca.
Non appena.saranno espletate le pratiche burocratiche, i permessi relativi,
i progetti, i capitolati, il Concistoro darà il via ai lavori che speriamo possano aver inizio con il prossimo mese di
settembre.
Alla presenza di un esiguo numero di membri del Concistoro, i catecumeni del primo
triennio hanno sostenuto l’esame a completamento del loro anno di studio biblico.
L’esito è stato abbastanza soddisfacente ed
ha dimostrato che la scarsa preparazione di
qualche elemento si deve attribuire più che
altro alle troppe assenze e non al nuovo metodo di insegnamento.
Il Pastore ha terminato in questi giorni la
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiii.iiiiiiiimniiiiiiiiiiiiiiiiMiiiitmiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiMiiiiiimiiiiiiiiiimMiiiiii
Tre scuole domenicali riunite ad Angrogna
Domenica 21 maggio un folto gruppo di ragazzi delle scuole domenicali
di Angrogna, Luserna S. Giovanni,
Torre Pellice centro, si è ritrovato a
S. Lorenzo per la festa di canto.
Alle 10.30 si è riunito nel Tempio
dove due ragazzi della scuola domenicale ospitante ci conducevano in preghiera e leggevano l’episodio della
Torre di Babele, il tutto intercalato,
sotto la direzione della Signora Rivóira, dall’esecuzione degli inni preparati, di cui uno cantato con la Comunità e gli altri dalle tre scuole domenicali soltanto. Il messaggio ci veniva rivolto dal Pastore R. Coisson,
che sviluppava un parallelo tra l’episodio della Torre di Babele e la Pentecoste. Così aveva termine la partecipazione dei ragazzi al culto, che proseguiva per il pubblico adulto, concludendosi con la Santa Cena.
Presso la sala delle attività locale,
venivano fatte le presentazioni; ci si
preoccupava , in seguito, di formare
dei gruppi di gioco in cui i ragazzi delle varie comunità fossero opportunamente mescolati, affinché potessero effettivamente conoscersi. Possiamo dire ché ciò è riuscito: ragazzi e monitori alla fine della giornata formavano una sola grande scuola domenicale.
Nel pomeriggio i ragazzi, in sette
....
Ricerca della Chiesa
(segue da pag. 2)
Ma l’unità in Cristo vissuta e sperimentata non potrà prendere il posto
delTunità in Cristo creduta: solo la
fede è in grado di comprendere e rispettare il suo carattere « estremamente paradossale», che nessuna esperienza, neanche la più completa, riesce ad esprimere pienamente. E per
quanto ricche possano essere le esperienze di unità vissuta, l’unità degli
uomini in Cristo, che è la chiesa, è
integralmente percepibile solo come
unità creduta. Paolo Ricca
gruppi, hanno fatto una specie di caccia al tesoro, in cui, accanto a prove
scherzose, dovevano svolgere una piccola inchiesta storico-sociale-reUgiosa
sulla valle d’Angrogna. Questo siinpatico gioco ha permesso loro di visitarne una parte; il percorso era il
seguente: S. Lorenzo, Bertot, Serre,
Chanforan, Gheisa della Tana, Chiesa
Cattolica.
La giòrnata si è conclusa con alcuni canti improvvisati. Alle 18 la p^r"
tehza. Possiamo constatare che l’esperimento è pienamente riuscito, in
qudnto ha visto il grande interesse
dei bambini e parecchi di loro hanno
espresso il desiderio di potersi ritrovare nuovamente.
Molto positiva l’esecuzione degli inni delle tre scùole domenicali insieme
ed insieme alla comunità presente.
A questo proposito vogliamo sottolineare che la scelta dei canti deve essere sempre più ispirata a criteri di
semplicità di parole, di contenuto e di
melodia di modo che 1 ragazzi non
incontrino eccessive difficoltà nel loro
apprendimento e siano così portati ad
amare il canto ed a considerarlo una
cosa spontanea. Per il futuro questo
momento importante della giornata
dovrà essere ulteriormente strutturato, inserendo più attivamente i ragazzi nella partecipazione al culto ed evitando di far coincidere la festa con
altre manifestazioni (celebrazione della Pentecoste, incontro ecumenico a
Pinerolo).
Decisamente buono rincontro dei
ragazzi tra di loro e con gli altri monitori. Concludendo, un esperimento
senz’altro da ripetersi ulteriormente
migliorato, attuando ogni anno un diverso turno di visite nelle comunità
delle valli o della diaspora piemontese
ed una diversa composizione delle
scuole domenicali che vi partecipano.
Per i monitori delle tre scuole
domenicali: Suscita Cocorda Paola Rostan - Mario Sibille.
visita alle famiglie di Luserna Alta. È stato
un lavoro molto impegnativo e nOn privò di
difficoltà per la mancanza quasi totale, negli
archivi del Presbiterio, dei dati anagrafici dei
membri di questo quartière da troppi anni
trascurato.
La sig.na Gonin, membro del nostro Concistoro, è stato un preziosissimo aiuto al Pastore in questa non facile ricerca di nuclei
familiari coi quali si potrà avere d’ora innanzi più facile contatto e, di conseguenza, una
utile e proficua collabòrazione.
La comunità Metodista di Bologna è stata
ospite per due giorni della nostra Corale. Sabato 20 u. s., dopo una visita ai nostri Istituti, a Pra del Torno ed al Museo Valdese, ha
fraternizzato con i nostri membri di Chiesa nei
locali della Sala Albarin dove il diacono Gabello e la sua équipe avevano preparato, con
il solito impegno che ben conosciamo, un’ottima cena.
La domenica mattina il Pastore Benecchi
ha presieduto il Culto portando alla comunità
un convincente messaggio di fede e la domenica pomeriggio gli ospiti hanno visitato il
Tempio di Angrogna e la Ghieisa dia Tana,
accompagnati dal Pastore Taccia che ha loro
illustrato la storia di questi luoghi e gli avvenimenti di cui furono protagonisti.
Dino Gahdiol
lllllinilllMlllimildll!llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll
Grazie!
Le famiglie Léger e Avondetto, dell’Inverso Roland! di Torre Pellice, che
nella notte fra il 27 e il 28 maggio hanno perduto tutto nell’incendio improvviso della loro casa, ringraziano commosse i Vigili del fuoco, i Carabinieri,
i vicini di casa e tutti coloro che con
volenterosa generosità si sono prodigati per venir loro in aiuto.
« Nessuno ha amore più grande
che quello che dà la sua vita per
chi ama». (Giovanni 15: 13).
Il 22 maggio si è addormentata nel
Signóre
Geneviève Bouviér
dopo una vita interamente dedicata
agli altri.
Lo annunciano la figlia Etiennette
con il marito Pierluigi Jalla, il nipotino Lorenzo e i parenti tutti.
Ginevra-M!ontana.
RINGRAZIAMENTO
Per una svista tipografica, nel ringraziamento della famiglia del compianto
Carlo Alberto Balmas
è stata ìnvolontariarnente omessa la
viva riconoscenza ai Pastori C. Gay,
P. Ricca, A. Taccia e R. JaJuier, alla
Direzione Generale della RIV-SKF e
alle rappresentanze della Associazione Ex-Combattenti e ANGET Val
Pellice.
Luserna S. Giovanni, 26 maggio ’72.
La moglie e
pianto
i congiunti del com
Rino Ricca
riconoscenti ringraziano per la dimostrazione di affetto ricevuta per la
repentina scomparsa del loro caro.
« Io sono la risurrezione e la
vita ; chiunque crede in me
benché sia morto vivrà »:
(S. Giovanni 11: 25)
Angrogna (Martel), 9 maggio 1972.
La famiglia della compianta
Luigia Sappé veci. Long
ringrazia sentitamente tutti coloro
che hanno preso parte al suo dolore,
in particolare il Pastore Pons e Signora.
« Io ho pazientemente aspettato l’Éterno ed Egli si è inclinato a me e ha ascoltato il
mio grido» (Salmo 40: 1).
Pramollo, Sapiattì, 16 maggio 1972.
La famiglia del compianto
Eugenio Rostan
commossa per la grande dimostrazione di stima e affetto tributata al
suo caro, nell’impossibilità di farlo
singolarmente ringrazia tutti coloro
che partecipando al funerale, con
scritti e parole di conforto sono stati
loro vicini nella triste circostanza.
Ringrazia in modo particolare il dott.
Vittorio Bertolino, i Sigg. Medici e il
personale Infermieristico di « ’Villa
Augusta », i pastori Pons e Bertinat,
le associazioni dei Carabinieri in congedo, dei Combattenti e reduci, degli Invalidi e Mutilati di guerra.
« Non ti smarrire, perché io
sono il tuo Dio ».
(Isaia 41: 10)
S. Germano Chisone, 24 maggio 1972,
4
pag. 4
N. 21 — 26 maggio 1972
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
Dal'ferak I PMin if 'lsradc deh dipi
II
Gli africani rhodesiani
hanno detto “NO,,
I rhodesiani neri hanno dichiarato
inaccettabile il progetto di accordo fra
il premier locale fan Smith e il ministro degli esteri britannico Douglas
Home. Ricordiamo brevemente gli antefatti: a seguito di un incontro fra
i rispettivi governi, il 1“ dicembre
1971 la Gran Bretagna riconobbe l’indipendenza della Rhodesia (già dichiarata unilateralmente da quest’ultima
nel 1965) indipendenza mediante la
quale veniva lasciata mano libera all’esigua minoranza di coloni bianchi
(poco più di 200 mila persone) di attuare senza più controlli la loro brutale politica razzista nei confronti della popolazione di quella regione dell’Africa australe, composta di oltre 5
milioni di africani o di « colorati ».
Ne derivarono esasperate proteste e
relativi disordini che provocarono nu
Una grave sentenza
Nei giorni scorsi, quattro giovani di
« Lotta continua » sono stati condannati, dal tribunale di Torino, a un anno e quattro mesi di reclusione, senza
condizionale, per aver distribuito-volantini in cui si esaltava l’uccisione del
commissario Calabresi. Mentre ci dissociamo nettamente da una simile posizione politica infantile e irresponsabile, che oltre a tutto dà sempre più
spazio alla destra, altrettanto ci dissociamo da una tale sentenza che ha superato le stesse richieste del pubblico
ministero, che aveva chiesto un anno,
nell’evidente intento di applicare la
condizionale.
Ci pare che fra il reato e la pena
esista una sproporzione enorme, sproporzione che (oltre all’ingiustizia in sé)
contribuirà fatalmente ad alimentare e
ad inasprire nei giovani condannati —
ed in tanti altri giovani — la convinzione che la nostra è più che mai una
democrazia formale e che dietro la sua
facciata opera spietata la repressione
in una ben determinata direzione.
Il dissenso in URSS
Già nello scorso numero ci siamo
occupati della « questione lituana » e
della situazione delle altre repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia), a seguito dei moti di Kaunas e se ne è visto in modo particolare l’aspetto religioso. Riprendendo l’argomento anche in questa rubrica, vorremmo intanto aggiungere che pure da Mosca
è giunta conferma ufficiale, e sia pure
solo parziale, dei suddetti incidenti.
Infatti, secondo il direttore dell’ageiizia Novosti — interrogato dal corrispondente del quotidiano comunista
inglese Morning Star^ — il suicidio del
giovane lituano è dovuto ad una sua
« malattia psichica » e non ad un fatto
politico o religioso. Inoltre, sempre
secondo la suddetta agenzia, i conseguenti moti sono stati organizzati da
un piccolo gruppo di teppisti, che
hanno utilizzato l’episodio per viola
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
re l’ordine pubblico di Kaunas. Si
tratta di dichiarazioni molto generiche e vaghe, che cercano di smentire
o di sminuire le precedenti ammissioni (sempre apparse sulla Novosti) del
segretario del p. c. lituano che ha parlato di uno stato di insoddisfazione
politica.
Il dissenso dovuto alla « russificazione » di uno Stato multinazionale
come l’URSS non si manifesta solo
nelle repubbliche baltiche. Recentemente nella rep. ucraina, una delle
pubblicazioni « sotterranee » l'Araldo
ucraino ha iniziato la diffusione di «informazioni sulle violazioni alla libertà
di parola, sulle repressioni giudiziarie
ed extra giudiziarie, sulle condizioni
dei detenuti nelle carceri, nei campi di
prigionia », sempre peraltro affermando che « non si tratta di pubblicazioni
antisovietiche o anticomuniste ».
Anche la Bielorussia e la Georgia
(dove nel mese di marzo sono stati
sostituiti vari dirigenti) fanno sentire
il loro dissenso a carattere nazionalistico, richiamandosi all’articolo 17 della Costituzione sovietica, che consente a ciascuna repubblica la facoltà
(quanto reale?) di staccarsi dall’URSS.
Ma anche un altro dissenso si fa
sentire (oltre a quello, più noto, degli
intellettuali e scrittori che rivendicano libertà di pensiero e di idee) ed è
quello che proviene da « sinistra ». Un
esempio: gli scioperi « selvaggi » di
Karkov (Ucraina), sull’onda dei consigli operai cecoslovacchi del 1968:
scioperi che chiedono il ritorno ai veri « soviet » dei tempi di Lenin, col
potere al popolo, contro il carovita,
contro le disuguaglianze sociali, contro la burocrazia ,contro la tecnocrazia, contro il capitalismo di Stato.
La stampa e la libertà
merosi morti ed arresti (fra i neri) in
occasione della visita della missione
inglese Pearce, inviata per informarsi
del « punto di vista » degli africani
sulla loro nuova condizione, se possibile ancora più grave di prima.
La missione, nei giorni scorsi, ha
reso noto il suo rapporto, le cui conclusioni dicono appunto che le popolazioni locali hanno giudicato inaccettabile gli accordi di cui sopra. In esso viene testualmente detto che questi
accordi sono respinti « dal popolo della Rhodesia nel suo insieme »: non lo
vogliono la stragrande maggioranza
dei neri, lo vogliono la maggior parte
dei bianchi. Si tratta — precisa il rapporto — di una « genuina manifestazione di opinioni » dalla quale risulta
che la popolazione locale considera
l’intesa contraria « alla sua dignità ed
alla giustizia » e che il presente partito di governo è « legato alla perpetuazione della supremazia bianca ». Infatti, ai neri veniva « offerta » la prospettiva di una eventuale possibilità
di autogoverno... nel Duemila!
Il precedente governo inglese, laburista, aveva cercato di arrivare ad accordi diversi colla Rhodesia, ma inutilmente, data l’assoluta intransigenza
di Smith, ed in occasione del progetto
del 1971 accusò il governo conservatore di aver « venduto » la popolazione
di colore della Rhodesia per chiudere
ad ogni costo la vertenza.
Indubbiamente, questo documento
della missione Pearce costituisce un
duro colpo per il governo di Heath e
per Home. Quest’ultimo intanto ha
detto ai Comuni che le sanzioni economiche (votate a suo stempo) verranno mantenute « in attesa di una pausa di riflessione » da parte della popolazione rhodesiana sia bianca che
nera.
In altre parole, il tentativo verrà
rinnovato quando si sarà calmata la
eco del sensazionale risultato. Ma la
prossima volta ( visto che non lo è stato fatto ora) verrà tenuto democraticamente ed effettivamente conto del
parere della maggioranza e della sua
«genuina manifestazione di opinione»?
I giornali hanno già ampiamente
parlato della perquisizione fatta a un
quotidiano milanese e nell’abitazione
di un giornalista, unitamente all’awio,
da parte della procura della repubblica, a due procedimenti penali contro
il giornalista stesso e il direttore per
violazione del segreto istruttorio, per
omissione di controllo, e per aver ottenuto, « da uno o più pubblici ufficiali dello Stato non identificati » notizie
coperte dal segreto istruttorio in violazione dei doveri inerenti alla loro
funzione. Si tratta, come certo i lettori ricorderanno, di notizie relative alTassassinio del commissario capo Calabresi. La reazione dei giornali e delle varie associazioni dei giornalisti è
stata unanime: tutti hanno deprecato questo atteggiamento della magistratura che, avvalendosi di leggi fasciste, ha compiuto un atto di intimidazione, di vera e propria repressione
nei riguardi della libertà di informazione.
Allargando il discorso, è evidente
che nel corso di indagini, sia da parte della polizia che della magistratura, vi siano dei momenti particolarmente delicati che intempestive pubblicazioni possono disturbare, ma è
altrettanto chiaro che la continua ricerca della verità dei fatti (una ricerca che potremmo definire civile e « politica ») da parte di giornalisti ha portato — ad esempio — alle clamorose
smentite sulle responsabilità anarchiche a numerosi attentati terroristici,
alle nuove indagini sul caso Pinelli, alla questione delle bombe di Milano.
Un’altra cosa però dobbiamo rilevare e che cioè il giusto sdegno, la giusta reazione a questo atto repressivo
si è in gran parte fermato su questo
aspetto della cosa (e cioè sulla libertà
di informazione), mentre molto meno
sono coloro che hanno denunciato il
fatto che la sollecitudine di pohzia e
magistrati avrebbe dovuto appuntarsi in un’altra direzione, verso un altro obiettivo, cioè verso quei « pubblici ufficiali dello Stato non identificati », fornitori delle notizie « segrete ».
Un’altra osservazione vorremmo fare e cioè rilevare il fatto che questa
cosa sia successa proprio con un giornale come il Corriere della sera che
si può definire amico e privilegiato
nei confronti di certi ambienti statali. Non vorremmo che questo venisse
a costituire un pericoloso precedente,
cui richiamarsi in vista di nuovi interventi repressivi e censori nei riguardi di altri giornali, meno amici
e meno privilegiati.
Un tipico esempio, anzi, ci pare che
lo abbiamo già avuto nella assoluzione con formula dubitativa della giornalista Adele Cambria, già direttrice
di « Lotta continua », accusata di apologia di reato, in quanto responsabile
— anche se dissenziente — di uno
scritto in cui si parlava, a proposito
dell’assassinio Calabresi di « un atto
in cui gli sfruttati riconoscono la propria volontà di giustkia ». Assoluzione
dubitativa e non piena, in netto contrasto con una recente interpretazione della Corte Costituzionale per cui
l’apologià può esser punita quando essa è vòlta a « provocare (e quindi non
a commentare) la commissione di delitti ». Roberto Peyrot
La conoscenza di alcuni valdesi fatta nel corso del I Pellegrinaggio Ecumenico Italiano in Palestina nel settembre dello scorso anno ha fatto sorgere in alcuni sacerdoti e laici cattolici il desiderio di conoscere i luoghi,
la storia, i templi e le istituzioni dei
Valdesi, isola davvero singolare nel
quadro della popolazione italiana.
Domenica 7 maggio arrivo a Torre
Pellice. Si sono aggiunti al piccolo
gruppo pilotato dal sig. Franco Falchi
che è un po’ il « deus ex machina » di
queste iniziative, il direttore di un settimanale cattolico e presidente del
centro ecumenico di una grande città
del nord con due laici. Dopo un tè
nella accogliente Casa delle Diaconesse, visita del Museo e degli edifici di
culto e di cultura, sotto la guida cordiale e sapiente del dr. Enrico Peyrot.
Dopo cena, nel bel salone della Foresteria, proiezioni a schermo panoramico con gran luminosità e precisione di dettagli, in parte acquistate in
Palestina in parte riprese dai sacerdoti stessi, che si alternano nella illustrazione delle vedute con un pastore loro compagno di viaggio nella terra di Gesù. Il dott. Gardiol che organizza un viaggio culturale oltre che turistico e religioso in Palestina'ad iniziativa del Comitato degli Amici del
Collegio, ringrazia con calore i fraterni visitatori.
Il lunedì percorriamo la valle d’Angrogna fino al Coulège dei Barbi sopra Prà del Torno, e la Val Pellice fino a Bobbio. Nel pomeriggio S. Giovanni, S. Secondo, S. Germano, Villar
Perosa e poi la valle Germanasca fino
al museo e tempio di Prali ovunque
accolti dai pastori con i quali si stabilisce un dialogo molto interessante,
fino ad Agape dove la comunità permanente e il vice-direttore dr. Gardiol
offrono un tè quanto mai gradito e
appropriato nello scenario di neve e
di valanghe.
I nostri fratelli e amici hanno osservato tutto, ascoltato tutto con attenta simpatia, stato d’animo che permette di comprendere cose nuove e
cose diverse dai propri principii e dalla propria storia, tanto più che problemi simili agitano nella speranza e
nel timore l’uno e l’altro campo.
I nostri cari fratelli hanno portato
via tante impressioni e rapidi scorci
di panorami di altri tempi e di altra
concezione cultuale, ma hanno voluto
lasciare qualcosa di molto bello e di
molto importante per il valore in sé
e per il significato che riveste: 20 dischi a 33 giri di grande formato con
t propri
Il fatto
Coop. Tip. Subalpina • Torre Pellice (Torino)
CHE PENSANO
I SOVIETICI
DEGLI
AMERICANI?
« La crisi vietnamita è stata, crediamo, significativa
sul modo che hanno i sovietici di considerare
rapporti con gli Stati Uniti,
che la preparazione della visita m
URSS del presidente Nixon, sia stata
portata avanti attivamente mentre veniva posto il blocco ai porti nordvietnamiti, e mentre le bombe americane
piovevano su Hanoi e su Haiphong,
indica chiaramente quale sia per Mosca l’ordine delle priorità.
Si potranno per lungo tempo analizzare le ragioni diplomatiche o strategiche di questa scelta, ma è difficile
dubitare che questa sia stata anche la
conseguenza d'un particolare stato d’animo. Si può affermare che il viaggio
a Mosca del presidente americano
rappresenta la realizzazione d'un sogno troppo vecchio, troppo carico di
significato nella mentalità di milioni
di sovietici, per poter esser rimandato
senza subir danni.
Nessun paese del mondo esercita
sulla società sovietica un fascino paragonabile a quello degli USA. Voi potrete incontrare nell’URSS manifestazioni di particolare simpatia per certi
paesi europei, soprattutto per la Francia, (...) ma nulla uguaglia l'interesse,
del tutto privilegiato, che desta il più
potente degli stati capitalisti, il solo,
in definitiva, col quale l’URSS ritiene
di potersi paragonare, e di poter parlare da pari a pari. (...) Ma l’immagine dell’America, che si forma attraverso le colonne d’innumerevoli servizi di corrispondenza pubblicati dai
giornali, è evidentemente di natura
molto ambivalente nella opinione dei
sovietici: essa è nel contempo quella
del meglio e quella del peggio, perché è simultaneamente tutto quello
che il modello sovietico del socialismo
respinge, e tutto quello che tale modello spera di raggiungere.
L’immagine del peggio è la più apparente. Infatti le occasioni non mancano per denunciare quotidianamente
i crimini dell’imperialismo americano
nel mondo, le sue stragi nell’Asia sudorientale e i suoi intrighi nell’America
latina. Ogni giorno, fotografie e caricature mostrano gli aerei stellati dell’Air Force americana che massacrano donne e bambini sotto le loro
bombe, mentre i generali del Pentagono stanno a guardare cinicamente;
oppure mostrano i torvi "monopolizzatori” che spogliano gli sventurati lavoratori del terzo mondo, delle loro
magre risorse.
La novità del giorno è tuttavia questa: che i sovietici non si sentono, essi stes.si, minacciati direttamente dall’imperialismo americano sul proprio
suolo. Questo è il risultato sia d’un’accresciuta fiducia nelle proprie forze.
Echi della settimana
a cura di Tullio Vioia
sia d’una propaganda sulla coesistenza pacifica, propaganda che, nel giro
di ben quindici anni, ha finito per portare i suoi frutti. Il “programma di
pace’’, presentato l'anno scorso da
Brejnev al XXIV congresso del partito comunista dell’URSS, era, in buona parte, l’espressione di questo stato
d'aninw. (...) Quanto a Nixon, egli rappresenta precisamente (ci si perdoni
il paradosso) quel che l’America ha
di positivo per V"Establishment" sovietico. Nixon non ha nulla d’un hippy; non si può sospettarlo di “gauchisme” ( = sinistrismo): è un uomo
che parla a numeri e che ha il senso
delle realtà concrete. Le sue parole,
per definizione, hanno peso. Nixon è
insomma un interlocutore molto gradito, per aprire una nuova specie di
dialogo con quell’America che, anche
se non la si vuol prendere per modello, resta purtuttavia sempre, in definitiva, un termine di confronto per
rURSS. (...)
“EMULAZIONE": ecco la parolachiave che riassume molto bene il modo di considerare l’America nell’URSS.
A differenza, per es., del comunismo
cinese, i dirigenti sovietici (largamente seguiti, in questo, dalla popolazione) hanno scelto di misurare i propri
successi, in rapporto ai successi degli
Stati Uniti ».
Così il corrispondente da Mosca di
« Le Monde » (v. n. 8507 del 21-22.5.’72,
art. siglato A. J.). Il suo giudizio è
chiaro: gli estremi dei due materialismi, cioè di quello del capitalismo
americano e di quello del comunismo
sovietico, si toccano. Molto triste!
PRIGIONI MILITARI
ITALIANE
Su « Nuovi Tempi » del 28.5 u. s.
abbiamo letto l’interessante, breve notizia sulla recente manifestazione di
un gruppo di giovani antimilitaristi
davanti al carcere militare di Gaeta.
Più volte, e molto giustamente, N. T.
ritorna sul grave e doloroso problema della detenzione degli obiettori di
coscienza in Italia (cfr. anche l’art.:
« Meglio essere nazisti che obiettori
nelle carceri militari », ivi sul n. del
7.5 p. 7). Collegandoci con N. T, sùll’argomento, crediamo perciò opportuno riportare una pagina dal diario
dell’obiettore Mario Pizzola (in data
6.10.’71), scritto dal carcere di Peschiera e pubblicato su « La Prova Radicale » (n. 3: Primavera 1972, p. 92).
«Adelio Savasini, qui dentro da molti
mesi per insubordinazione, è stato denunciato nuovamente per un fatto accaduto il 22 luglio scorso. Il nuovo
mandato di cattura che la procura mi
tenenti tutto l’Antico Testamento presentato, spiegato, illustrato nei personaggi, nelle situazioni storiche e religiose, nelle caratteristiche e nel contenuto di ogni libro, dallo studio e dalla voce di tre giovani sacerdoti (Saldarini, Maggioni, Ghidelli) profondi e
appassionati conoscitori della Bibbia,
— testimonianza, una fra le tante, del
nuovo, recente impegno della Chiesa
Cattolica nella diffusione intelligente,
con i mezzi più moderni di cui oggi
si può disporre, della Parola di Dio.
Il dono è stato affidato in custodia
e in uso alla Biblioteca della Casa
Valdese ed è a disposizione di quanti
vorranno servirsene. I responsabili
della Biblioteca come hanno già fatto
con una lettera ufficiale, così ancora
desiderano far giungere pubblicamente ai generosi donatori l’espressione
della nostra gratitudine.
Vi sono vari modi di fare del sano
ecumenismo. L’uno non esclude l’altro. Lo studio in comune della Parola
di Dio non esclude l’incontro fraterno e la reciproca conoscenza dei figliuoli di Dio che prima si ignoravano
e ora riconoscono che hanno tante cose
da imparare gli uni dagli altri. Il confronto e la discussione a fondo sul
piano storico e dogmatico non esclu,.d.ono la mutua o concorde azione buona, il servizio fraterno vicendevole e
l’opera comune verso quelli di fuori
del nostro mondo e del mondo degli
altri continenti.
Non dimenticando mai che se dobbiamo cercarci, è perché Cristo ci ha
cercati, se dobbiamo amarci è perché
Cristo ci ha amati per il primo.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Le Chiese
e lo sviluppo vero
(segue da pag. 1)
convincere questo o quel governo, alle prese con una crisi monetaria, a
non lanciarsi nel « solo commercio
che rende valuta sicura ». Il commercio di armi è una delle manifestazioni più appariscenti dell’ipocrisia dell’aiuto allo sviluppo.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiimmiiiiiimiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiii
litare di Verona gli
ha spiccato contro
contiene ben quattro capi d’imputazione, che in base
al codice sono molto gravi: a) disobbedienza; b ) in
subordinazione con minaccia contro
superiore non ufficiale; c) disobbedienza (una seconda volta); d) insubordinazione con violenza, minacce e
ingiurie aggravate continuate. In pratica Savasini, che ha 21 anni ed è di
Vigevano, è accusato di non aver eseguito l’ordine di scendere dalla finestra della camerata dove si era aggrappato e di essersi rifiutato di entrare nella cella di punizione dove successivamente è stato portato con forza. Qui, nel reparto delle celle, è accaduto il fatto più grave, che è alla base dell’accusa d’insubordinazione e
violenza. Secondo quanto asseriscono
i carcerieri, Savasini avrebbe picchiato ben cinque persone causando loro
ferite e contusioni varie. I cinque sono: i marescialli Giuseppe Frenex, Mario Doni, Raimondo Caricato, Giovanni Amendola, e il sergente Carmine
Di Lorenzo.
In realtà, quella sera, tutti i detenuti hanno sentito le grida di Savasini che provenivano dalla cella d’isolamento. Erano urla quasi disumane.
Tutti abbiamo capito che stavano
ternpestandolo di botte. Più tardi uno
dei marescialli si recò nella camerata
di Savasini e chiese ai suoi compagni
una mutandina di ricambio “perché
(disse) Savasini si era fatto addosso
per la paura". Cosa che infatti risultò vera. Ma uno che picchia altri non
si fa addosso per la paura. Nessuno
potè vedere Savasini nei giorni successivi perché restò in cella d’isolamento per una decina di giorni. Quando uscì, confermò d’esser stato picchiato con pugni e calci, come tutti
avevano immaginato e come alcuni
erano riusciti anche a vedere da una
camerata per mezzo di uno specchio.
Ora Savasini, con quest’accusa di violenza ribaltata contro di lui, rischia
anni di carcere, oltre ai molti mesi
che gli restano ancora da fare, mentre i carcerieri passano addirittura come vittime ».
Erhard Eppler, ministro delia collaborazione economica delia Repubblica federale tedesca, diceva che
lottando per la giustizia sociale a
livello planetario «la Chiesa si farà
certamente dei nemici », ma che dovrebbe purtuttavia lavorarvi, poiché nella storia « si era fatta dei
nemici per ragioni meno importanti », adattandosi in particolare a
« molti scismi perché non voleva
cedere ai re che mancavano ai loro>
impegni matrimoniali ». Quale potrebbe essere secondo Lei, il contributo delle Chiese cristiane ire
questo campo?
Non vi è una morale, ma delle morali. Non vi è obiettività. Ma esiste
l’onestà. Il contributo delle Chiesecristiane nello sviluppo sta nella loro
ostinata volontà di vivere e di agire
quel che predicano. Anche se questa
azione è limitata, è la sola che valga
la pena di impegnarvisi, poiché tende
effettivamente a fare ciò che si ritiene il meglio. La mancanza di morale
nello sviluppo planetario consiste nel
fatto che nessuno fa, o comunque fa
fino in fondo, ciò che proclama.
Molti giovani sono oggi scettici sulla
cooperazione tecnica, perché esssa
non farà — dicono — che precipitare le nazioni del terzo mondo nella,
società dei consumi con la sua frenesia di « avere ». Che risponderebbe a questa obiezione?
La cooperazione tecnica non è negativa perché rischia di « precipitare
le nazioni del terzo mondo nella società dei consumi con la sua frenesia
di avere ». È negativa perché rafforza il dominio delle nazioni ricche su
quelle povere, perché non presuppone
mai effettivamente la necessità che
gli indigeni prendano in mano il proprio destino: perché infine si risolve
in un aiuto maggiore delle nazioni povere a quelle ricche.
Se la cooperazione tecnica avesse
lo scopo di creare condizioni tali che
permettano effettivamente alle nazioni povere di avere la loro autonomia
e di parlare effettivamente in modo
autonomo con gli altri, non ci sarebbe da avere alcun timore di vederla
male utilizzata. L’avere è necessario
all’essere. Ma non ne costituisce il
fine. In tutte le nostre nazioni, lo sviluppo è inseparabilmente unito all’avere. Non ci può essere sviluppo
.senza l’avere, ma quest’ultimo non ha
senso se non nella misura in cui è
concepito come uno degli elementi
del miglioramento.
Aaron Tolen
uiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiii""'i!!iiiiiiiiii;iimiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiim
Situazione deii'occupazione in Vai Penice
Sempre più pesante si va facendo la situazione occupazionale nella nostra valle : mentre
le industrie lessili e di confezioni continuano
a versare in pessime condizioni, con conseguenti provvedimenti di sospensioni a zero ore
e con continue mìnaccie di chiusure, è ora
anche la volta della O.P.L. Questa azienda,
moderna ed attrezzata, pare essere anch’essa
in gravi difficoltà : ha sospeso circa tre
quarti dei suoi dipendenti (81 su 117). Gli
operai e gli impiegati compatti stanno portan
do avanti una forma molto civile di protesta»
non lavorano e tengono « una assemblea permanente » con i « sospesi » alPinterno della
fabbrica in attesa che l’azienda trovi uno
sbocco meno drammatico alla crisi.
Il Consiglio della Val Pellice, a seguilo di
una richiesta presentata dai consiglieri di minoranza, si è riunito martedì 30 maggio, per
esaminare quali sbocchi possano essere trovali alla crisi in atto.
Riccardo Gay