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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
PHKXXO l»MWW0CI.4X10.\'K
(.4 domieilio)
L.7,00
.. i,50
Torino, per un anno L. 0,00
[ler sei mesi u 4,00
Per le provincie e l’estero franco sino
ai conlìni, un anno . . L. 7,20
per sei raesi, » 5,20
A).r,05'jovTi( ¿é iv iyanti
Seguendo la verità nella carit«
Efes. IV. 15.
L’Ufficio delia BUONA NOVELLA è in
Torino, presso la libreria Evangelica
di GIACOMO BIAVA, via Ctrio Alberto,
dirimpetto al Caffè Dilei.
Le associazioni si ricevono in Torino allo
stesso Ufficio.
fili Associali delie Provincie f/iilrantio provvedersi di un raglia postale,
inviandolo franco alla libreria Biava.
I Confessori di G. C. in Italia nel secolo XVI. Gioffredo Varaglia I. — Lettere
intorno allo spirito religioso in Italia. Lettera XVIII, Mamiani. — Esposizione
evangelica. I^Hbti apocrifi. V. — Bel tratto dì emulazione cristiana. — Notizie religiose. — Cronachetta politica.
( CONFESSO»! m (ì. C. IN ITALIA MI SECOLO XVl
liiofTrptlo Varatila
II.
Un diligente biogriifo as.siciiva die
l’ulliino viaggio di Varaglia ebbe uno
scopo atfatto religioso. E per vero,
dal primo esame, cui venne sottoposto, risulta che Gioffredo era stato
invitato a tìronero da persone rhe
bramavano consultarlo sulla dottrina
della giustideazione. Forse cotesto
invito fu tutto un inganno allontanarlo da’ suoi fedeli {¿rroi^l^qni,
pd il convegno a Dronerrt+m «ig^uaia
tesogli da’ suoi nemici. Checché ne
sia, gli è certo che passando per la
città di Barge, fu arrestato e messo
in prigione; è certo del pari che Varaglia avrebbe potuto evadere dal
carcere; ma troppo leale, per non
mancar di fede e gratitudine a’ suoi
indulgenti custodi, preferì di affrontare il rigor delle leggi ed il fanatismo de’ magistrati, da’ quali non poteva apettarsi che sciagura. Infatti
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poco dopo fu tradotto a Torino, per
esservi quale eretico giudicato.
Somma fu la gioia dei clericali,
allorché seppero prigioniero l’abborrito pastore, cui tanto avean vituperato siccome apostata e disertore del
cattolico vessillo. Allora, sitibondi
com’erano di sangue, usando tulto il
credito di cui godevano in Corte, e
v’aggiungendo le pratiche e gli intrighi, in cui furono sempre maestri,
sollecitarono i magistrati ad istruir
subito il processo ed affrettarne il
giudizio; non senza ricordare il bisogno di far omaggio alla religione e
satisfare al pio desiderio della Sanla
Sede, con un esempio terribile; il
qual voto, comechè vagamente significato, in ultima analisi racchiudeva una sentenza di morte.
Il prigioniero, interrogato per qual
motivo, abiurando le dottrine cattoliche, propugnasse quella fede ch’egli
stesso un tempo avea condannato;
rispose francamente : Avere dopo
lunghi anni di studio e di seria meditazione riconosciuto, essere la Chiesa romana circondala dall’errore e
dalla corruzione, e la Chiesa Evangelica invece, abbenchè tanto calunniata, vivere nella verità e secondo
giustizia, perchè ad essa la divina
parola è, nella fede e negli usi del
cullo, sola ed unica guida.
Invitato a dichiarare qual fede,
qual vita e quali costumi soleva inculcare ne’ suoi evangelici sermoni,
rispose di avere pubblicamente predicato la giustiflcazione per la fede nei
meriti di G. Cristo, e non per le buone opere ; non potendo queste esser
causa di nostra salvazione, ma frutto
soltanto e prova della giustizia e della
fede; soggiunse di avere impugnato
la dottrina del libero arbitrio, citando
in appoggio le massime di s. Agostino e di s. Ambrogio; di aver confutato le assurdità degli scolastici
su tale argomento, assurdità che
molto si accostano agli errori di Pelagio condannati dal Concilio di Gerusalemme e da parecchi dottori cattolici; insomma di aver messo ognora
a capo di nostra salute , siccome
condizione essenziale , la grazia di
Dio. Inoltre, dietro facoltà che glie ne
venne accordata, scrisse un lungo e
ragionato discorso contro la dottrina
introdotta come articolo di fede, dal
Concilio lateranese del 1215, ed espressa col barbaro vocabolo di transustansiazione. Parlando della messa
chiamolla orribile idolatria e profanazione della Sacra Cena; imperciocché nella messa il pane è adorate
in luogo del Cristo; adorazione nor
conosciuta dagli antichi Padri dei
cristianesimo, i quali limitavansi ad
esortare i fedeli di levare il cuore ir
alto e adorare direttamente il corpi
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— ^.C7
di G. Cristo che è nei cieli, ma non
arrestarsi al simbolo, nè credere che
in esso sia realmente e carnalmente la
divina sostanza, moltiplicantesi nelle
migliaia di oslie che ogni giorno, secondo la doltrina romana, si consacrano. Nella messa essendo offerta
l’ostia e per essa il corpo di G. Cristo in sagrifizio espiatorio, come rilevasi dalla preghiera; Suscipe sánete
Pater lianc hosliam qnam. afferò tibí
pro innumerabilibus peccatis meis,
si distrugge la dottrina della Sacra
Scrittura, la quale ci assicura che G.
Cristo coll’immolarsi una volta sola
ha annullato il peccato e quindi
non c’è bisogno di ulteriori sacrifizii,
i quali sono inutili e non hanno la
virtù-di giustificare gli uomini (s.
Paolo epist. ad Heb.).
Finalmente Gioffredo dichiarò di
avere, intorno a’ costumi, consigliato
a’suoi uditori di attenersi unicamente
alla Parola di Dio, vivere rettamente
e puramente, mortificare la carne, ed
obbedire alle autorità legittime io tutto ciò che alla loro fede non s’opponesse.
Allorquando gli presentarono l’edilto regio che sottoponevalo a giudizio d’eresia, Varaglia volle dimostrare non aver punto disobbedito
alle leggi del re, non avendo egli
falto altro che predicare puramente e
semplicemente il Vangelo di G. Cri
sto, senza dimostrare, nè interpretare
a capriccio la parola di Dio e degli
apostoli, imitando quei primi padri i
quali lo propagarono col rischio della
loro vita e non ostante gli editti sanguinosi degli Imperatori, che a’ presenti editti mollo assomigliavano.
1 consiglieri della Corte gli domandarono quali uomini lo avean favorito, consigliato, e soccorso nell’empia propaganda ; quanti e quali erano
i ministri suoi compagni; e Gioffredo
con imperturbabile calma rispose: Il
numero dei veri credenti essere sì
grande e crescere così rapidamente,
che, ove la Corte volesse ordinare di
abbruciarli tutti, mancherebbero piuttosto le legna, anziché i propagatori
del Vangelo.
Le sue confessioni, la franchezza
del linguaggio, l’entusiasmo ond’era
animalo, il disprezz.o che mostrava
della vila, tutto insomma concorreva
ad aggravare innanzi a’ magistrati la
sua condizione, ed affrettarne la rovina.
Invano l’arciviescovo che l’avea conosciuto in tempi migliori, indarno il
presidente di S. Giuliano ed altri
membri del P8irla.mento con cui si
era famigliarniente incontrato all’epoca di sua missicne in Francia, lo’
sollecitarono iteraci volte e con ogni
sorta di argomenti la ritrattarsi ; Gioffredo Varafi'lia rimase inflesfiibile, dì-
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cendo; «Non voler credere che quanto
è conlenuto nelle Scritture del vecchio
e nuovo Testamento », e stimandosi
« fortunato di suggellare col sangue
le verilà che il Signore gli avea falto
conoscere ».
Tanta fermezza, neiralto che colmava d’indegnazione gli inesorabili
inquisitori, commovea di maraviglia
ogni anima che al pari di Gioffredo
nutriva credenze evangeliche. Sino a
Ginevra ne corse il grido, e Giovanni
Calvino indirizzava al viriuoso prigioniero una lettera piena d’ammirazione e salutari consigli, che giunsero
al martire di non lieve conforto. —
Ciò nel 17 dicembre 1557.
Pochi giorni appresso i consiglieri
lo condannavano al patibolo, ed il suo
cadavere alle fiamme.
Sorgeva l’alba del 25 marzo, e
gran moltiludine di cittadini, come in
giorno di gran festa, affluiva nelle vie
di questa metropoli, e specialmente a
Piazza Castello , che in breve lempo
ne era gremita. jFanciulli e vecchi,
donne, popolani, e nobili e borghesi,
da tutte-parti accorrevano; alle finestre, ai balconi, sui terrazzi, e sino
sui tetti delle case, ovunque aveasi
potuto metter piede, non allro vedevansi che innumerevoli teste di spettatori ansiosi tutti di mirare in volto
codesto uomo, se/jno un tempo di gran
lode, e poi di orrende accuse j figlio 1
\
di esperto capitano; nella sua giovanezza fido seguace della Chiesa romana, e contro gli erelici facondo e
celebralo oratore; nella virilità, divenuto anch’egli apostolo di abbominevole eresia; prima angelo, e dai fedeli
ricercato come un santo; poscia demonio e condannato al supplizio. Le
favole sparse in quel giorno, in parte
frutto della malignità pretesca, e in
parte effetto della riscaldata fantasia
di un volgo ignorante e superstizioso,
avean del romanzesco.
Rimpetto alla porta orientale del
castello vedeasi confitto in terra un
grosso palo, e intorno a questo gran
legna ammonticchiate. Alquanto più
lungi alcuni sedili disposti ad anfiteatro eran destinali alle autorità ecclesiastiche e civili che dovean presiedere al terribile spettacolo.
Verso le undici si udì un lugubre
suono di campane, e poco dopo videsi a diifilare, dalla via che dalla cattedrale sbocca sulla piazza, una grande comitiva preceduta da una croce
ed un ricco stendardo su cui era dipinta l’immagine di s. Vittorio, prime
vescovo di Torino. — Era l’arcive
scovo col suo clero e molti frali i qual
venivano lentamente a prender poste
sui gradini superiori dell’ anfiteatro
Poscia fu abbassato il ponte levatoi«
del castello, e apparve un’altra schieri
d’uomini in toga nera; erano i mem
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bri del parlamento di Torino che vi
amministravano la giustizia a nome
di Enrico II, re di Francia. A questa
duplice apparizione l’impazienza degli
spettatori vieppiii cresceva , e il cupido sguardo volgevano verso il ponte
per dove giunger dovea la viitima ;
la cui apparizione fu tra non molto
salutala da un generale bisbiglio, che
a poco a poco crescendo, divenoe infine alto clamore misto di mille voci e
diverse in cui gli accenti dì compianto
eran vinti dalle grida d’imprecazione
e di sdegno.
Gioffredo Varaglia era avvolto in
una lunga tunica di colore sulfureo,
avea il capo ignudo e, attorniato da
parecchi frali i quali salmodiavano a
voce dimessa le litanie degli agonizzanti, procedeva in mezzo alla moltitudine placido e tranquillo, come chi
si avvia a trionfo.
Giunto a piè del rogo, e legato dal
carnefice al palo, fu interrogato s’era
disposto ad abiurare le sue religiose
credenze. GiolTredo rispose, esser
pronto a farlo quante volte col Vangelo alla mano di errore il convincessero; non conoscendo egli altro
fondamento della religione ed altra
guida per un buon cristiano che il
santo Evangelo. Queste parole grande
stupore suscitarono nella foila, il cui
giudizio era stalo pervertito con ac
cuse maligne ed assurde, che dipingevano il povero GioB'redo co’ più
neri colori e qual nemico a un tempo
degli uomini e di Dio.
Allora fu letta in pubblico la sentenza che lo dannava ad essere strangolato ed arso. Il carnefice sì fece a
chiedergli perdono del penoso ufficio
cui era destinato; e « non solo li
perdono, rispose Varaglia, ma perdono anche a coloro che mi hanno
fatto prigioniero in Barge, a coloro
che mi hanno qui tradotto, e a coloro che mi hanno condannalo a
questa morte ; — fatti animo, adempisci al tuo ufficio ; la mia morte
non sarà inutile ».
Poco dopo la salma dell’ estinto
bruciava tra le fiamme, e l’anima
virtuosa riposava in seno a Dio. —
Ma il sangue deU’innocente ravvivava
nei credenti la fede, e ricadea sul
capo di quelli che ingiustamente lo
versarono; l’umanità inorridita mise
un grido di reprovazione; le armi del
fanatismo religioso finalmente spezzaronsi, ed ecco surlo il giorno della
luce e della libertà, quel giorno vaticinato nelle estreme parole del
martire.
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LETTERE
ISTORI Alio SPIRITO RELIGIOSO
in ITALIA.
LETTERA XVIIL
Mamiani.
Sluilianclo gli aspetti diversi e gli svolgimenti del pensiero italiano, non si potrebbe con sicuro giudizio affermare a
quale religiosa convinzione obbedisca,
tanto lo si trova avviluppato nella contraddizione di termini che si combattono
c distruggono, e da cui n’esce la religiosa e la civile ruina. È singoiar cosa
l’udir minacciare di prossima ed irreparabile caduta il papato, ove non riformi
ed emendi il proprio spirito, da quelli
che continuano ad esaltarne rinfaliibilità,
e riconoscerne la supremazia.
Non vi è forse alcuno, il quale rappresenti più fedelmente del Mamiani, questa
italiana contraddizione, che fa velo agli
intelletti più robusti ed illuminati.
Quando il Mamiani esamina lo stato
attuale del ponlificato romano, egli non
si fa inganno e ne ritrae con triste e desolate parole, la misera situazione.
<1 Nè solo la maggioranza civile dei
papi, egli dice, è venuta al niente, ma
la morale autorità eziandio si perde, consuma ogni dì, non ostante che sulla cattedra di s. Pietro seggano, da poi la riforma germanica, nomini per l’ordinario
di santa vila, e d’incolpabili costumi, e
specchiatissima religione. Ma il chiudersi
intorno ad essi e l’immiserirsi vieppiù
sempre degli inteiletli e dei cuorii e l’avere il Vaticano aderito imprudentemente
allo spirito gretto e muliebre di pielà e
di devozione, che alcuni mistici, c i Ce
suiti segnatamente affettano e inculcano,
ha menata di passo in passo la cosa a
questo infelice risuUamento che il mondo
stima esservi due morali e due divozioni i>.
Dall’osservare il profondo corrompimento spirituale che è negli ordini della
Chiesa, egli piglia argomento a far sentire l’urgenza di pronte e reali riforme.
Il Non l’amore ordinario del bene o
del meglio, non quelle purgazioni ed
emendazioni che a tempo a tempo fa mestieri di compiere in tutte le cose umane,
ma sì veramente la Cera necessità costringe e sforza a portar mutazione in
qualche ordine costitutivo del sommo
pontificato. Ogni altro partito, qual che
si fosse, non ne fermerebbe il gran rovinìo ; nè cesserebbe Roma d’esser cagione, 0 trista occasione almeno di scandalo e setta nella famiglia cattolica ».
Le riforme che egli chiede non si rivolgono già al temporale potere, ma vuole
che ad esser vere, sincere ed utili, comincino dallo spirituale. — «Nonbastare
le riforme ed emendazioni del temporale;
dovendo elle piuttosto succedere come
effetto, che antecedere come causa; o,
per lo men male, avvenire contemporanee con le spirituali emende e riforme ».
Falla sentire quesla non dubbia neuessilà, è curioso venir osservando qual rimedio egli giudichi sulìicienle ed opportuno a risanare male sì grave e poco men
che insanabile. Infatti dopo confessione
sì aperta, non è ad aspettarsi cbe egli
tragga in campo tale partilo che tenda a
tagliare il male nella sua radice? — Invece il Mamiani in mezzo ad una ricca
pompa di frasi e d’erudizioae, egli cho
riassume l’cquivoco iialiauo, propone per
lo men male, che in niuua provincia ila-
7
liana o straniera si sveglino per al presente le gelosie di Stato ; epperò prosiegua II pontefice, prosieguano i principi
a scerre, come per io addietro, i pastori
spirituali de’ popoli.
<t Taixio similmente di Sinodo universale, infino a tanto che i popoli e i principi con ardore e concordia non lo richiedano : il che sarà molto tardi. Ma
voglio che dai suffragi del clero appostatamente adunato in ciascuna provincia,
escano tutti coloro a cui spetta il nome
e 1’ ufficio assai profanato , ma solenne
pur nondimeno e magnifico, di cardinale
di S. Chiesa; e voglio quindi, che il capo
e giudice di tutta la cristiana repubblica,
venga da tutta essa eletto, mediante quei
suoi deputali nel novello concistoro raccolti.
Vediamo in iscorcio i modi piìi pratici
e insiememente legali, ordinati e pacifici,
per conseguire si grande effetto.
«Roma per troppa vecchiezza, ormai
non ha nè lingua, nè moto, e soltanto la
paura le rompe alcuna fiata quel sonno
a cui torna cosi volentieri, e che già piglia sembianza di letargia. Mestieri è,
pertanto, che le chiese provinciali e si
nazionali, risvenglinsi e parlino, e quanta
vena d’acque pure e vitali va diseccandosi In Valifcano, altrettanta ne sgorghi
e zampilli per ogni dove nel bel giardino
cattolico. Concedo cbe congregare nel
loro Concilio nazionale i vescovi delle
('.allic, 0 quelli delle Spagne nel loro, e
cosi d’altri popoli, riesca oggi difficilissimo ; e forse ai governi rispettivi non
gradirebbe il disegno, ed alcuni dei più
sospettosi ne iinpedirelihcro l’attuazione.
Ciò non oslanlo, la cosa è da reputarsi
per buona e fatlibile in eè; o gli esempi
nelle storie ne abbondano, e la necessitù
persuade azioni incomparabilmente più
malagevoli. Nè mi sgomento a pensare
che i Consigli nazionali fa condurli con
ogni piena e scrupolosa legalità) ricercano l’assenso di Roma. Perchè mal potrebbe esso lungamente e ostinatamente
venir negato u un numero grande e concorde di vescovi , ciascuno de’ quali è
uguale e compagno nell’ordine, e venerabile nella dignità.
«Ma io stimo e son fermo di credere che
radunanze molto più anguste e men nuraerose sieno bastevoli all’uopo. E veramente, per i sinodi diocesani ed annuali
de’ preti, e per i provinciali e triennali
de’ vescovi ( i quali^ultimi cominciano
appena a farsi vedere oltr’Alpe ed oltre
Reno) il convocarli ed aprirli non solo va
esente dalle concessioni di Roma ; ma
l’astenersi dal porli in effetlo e dar loro
favore ed incremento, conlraddice ad una
delle più salutevoli disposizioni della Sinodo Tridentina.....In tali adunanze, dunque, prescritte nonché lecite, da
nessuno impedite, agevoli e pronte ad
effettuarsi, io scorgo il punto dove consistere, ed il germe fecondo d’infinita fruttificazione V.
Corre tanta disianza fra la realtà dei
fatti e le presenti conclusioni, cbe professando le dottrine ed abbracciando le opinioni dello scrittore, si potrebbe tuttavia
ben difficilmente ravvisare in quelle un
rapporto cbe le congiunga od avvicini. E
a lamentarsi come coH'aiuto di tanti lumi
egli trovi che solo oggi siasi rivelata quella discrepanza fra la morale romana e la
morale evangelica e naturale, da far al
inondo stimare esservi due rnoruli e duu
divozioni. Ma forse che gli scrittori non se
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ue Iraniaudaroiiu di sevulu In secolo l'accusa? nè avversi erano, ma difensori nonché ligii deirautorità de’ Pontefici e delr integrità della Chiesa. Ad esser giusti
e veridici conveniva ripeterle quelle accuse, affinchè niuno, reso scorto della antichità del male, entrasse in lusinga di poter ridare salute ud un corpo logorato da
mortale cangrena.
Nè egli nè alcuno, cbe non sia aiTatIo
digiuno di vivile coltura, ignora come da
secoli si riproduca e si senta il bisogno
di purgazioni ; come non da oggi soltanto
si debba incominciare ad aver tema di un
prossimo rovinìo, ma che da tempi ornai
remoti duri la rovina per cui cadono a
squarci gli estremi lembi deiredificio cattolico ; e mentre le nuove conquiste non
s’assodarono, le antiche provincie staccaronsi con subita e violenla scissura, o
per lo spirilo almeno lasciaronla in abbandono.
Vanissimi poi sono a riputarsi i proposti rimedii, poiché nou le adunanze diocesane ed i concilii provinciali, maneanco
le Sinodi universali io cui fu la cattolicità
riunita , valsero a sanare il malore oggi
pure lamentalo , che momentaneamente
calmato per opera di palliativi, più grave
ed irainedicabile indi ricomparve. Forse
cbe alle nuove adunanze, tenute sotto la
compressione simultanea della gelosia di
Roma e del sospetto de’ governi, sarebbe
dalo operare quella radicale riforma che
non introdussero le Sinodi di Costanza e
di Trento? E sì, che allora ferveva la divisione, ed erano minacciose le forze; ma
la Chiesa si credette aver salvato il siio
diritto e la tede accendendo i roghi di
Hiiss c dei seguaci, c sop|iorlanilo nel
secondo caso il distacco di mezza Europa
dalla sua obbedienza.
Il popolo consentirà a cadere, poiché
potenza interna di cose ve lo trascina ,
non mai ad emendarsi e purgarsi. Non
conviene attendere dai corpi morti che
essi agiscano per quelle funzioni chesono
proprie della vita; ned è a sperare che
per grandezza disforzi questa rifluisca in
un organismo da cui siasi una volta dipartita. Il clero non più che i vescovi è
impotente a far sì che il giardino di Roma
si rinverdisca. Il clero è devoto ulla S.
Sede per convinzione, per tema, per interesse, e lo tiene stretto nell’antica cerchia la doppia luce del Vangelo e della
Filosofia ; se cedesse sopra un solo punto , e transigesse con quelle verilà, egli
sarebbe perduto, perchè gli sarebbe mancato il fondamento della sua autorità c
quindi del suo dominio.
L’elezione de’ cardinali fatta dal concilii delle provincie è proposta inutile e
vana, poiché questi nuovi eletti accetteranno e sosterranno tutti gli interessi, le
tendenze ed i visii dell’antica Curia. Ma
non l>asta l’avvertire alla sua inutilità, è
necessario respingerla come inopportuna
e dannosa. Essa è tale da potere ancor
prolungare fra gli Italiani l’equivoco per
cui credono in quelbi diialilà pontificia
che fa loro separare il Pontefice dal prin
cipe, il vicario del Cristo dairuomo, l’autorità spirituale ed imperitura, dalla temporale e caduca. Questo equivoco deve
cessare onde la religione piii a lungo non
serva a velare le perfidie della politica,
nè la politica a velare l’adulterazione dello
spirito religioso. Del resto più di dieci secoli di Storia stanno contro la ristorazione
de! principia elettivo negli erdini della
9
- hló —
Chiesa romana ; e Ire secoli di durissima
esperienza si anno contro ogni speranza
che si concepisse di poter condurre in meglio il papato. Egli non può protrarne la
vita che alla sola condizione di conservare
il suo logoro ordioamenlo; il bisogno gli
addila questa via, ed egli sa in che conio
debba tenere i solìsmi ed i solisli che si
usurpano la strana licenza di recar ad
esso un soccorso di così improvvidenti
consigli.
ESPOSIZIOMjìVA^GEllCA
I Libri Apocrili.
V.
Se volessimo notare tutti gli errori che
sono nei libri apocrili, non mai saremmo
per linirla: perciò ci contenteremo di fare
due sole osservazioni sul libro di 'fobia,
cbe noi citeremo secondo la Volgata dichiarala autentica dagli slessi 55 che dichiararono canonico il libro di Tobia. Nel
capo 111, vers. 7, sì dice che Sara al)itava
in Raghi di Media, ove ancora abitava
Gabelo debitore di Tobia (vedi cap. IV,
v. 21): ma l’autore di quel libro dimenticando quello che aveva già detto, narra
(cap. IX) che giunto presso di Sara il lìglio di Tobia, pregò l’angelo che andasse
lino a Raghi in cerca di Gabelo. Ma se
Sara era a Rughi nel capo 111, e Gabelo
era a Raghi nel capo IV, come va che nel
capo IX nou sono più nella slessa cillà?
L’allra osservazione sul libro di Tobia
è una solennissima menzogna cbe l’autore di quel libro fu dire niente meno che
ad un angelo. L’angelo Rafaele richiesto
del suo nome risponde: «io sono Azaria
figliuolo del grande Anuniu « (Tob. V, 18j.
Ora noi domandiamo ai o3 revercndissimi
di Trculo chi rispetta più Dio, coloro che
lo fanno maestro di menzognu, o quelli
che dicono la parola di Dio uon poter
essere che verilà? Chi ultera la parola
di Dio, coloro che vi aggiungono le mciizogue, e le mettono iu bocca agli angeli
slessi, forse per giustificare le loro, o chi
non vuol credere che una menzogna
possa essere parola di Dio?
Diil libro di Tobia passiamo a quello
di Giuditla. Per ammettere il libro di
Giuditta come canonico e divino, bisognerebbe nulladimeno che tacciare di
falso tutti gli allri autori e sacri e profani
senza averne alcuna buona ragione. La
storia di Giuditla si dice avvenuta poco
dopo il ritorno dalla schiavitù di Buliilunia; così si deduce chiarissimamenle dai
vers. Ì2:2, 23 del capo V del libro di Giuditta. Ma nel capo primo di quel libro si
dice che Nabucadnetzar re degli Assiri,
quegli che nell'anno 13 del suo regno
fece la spedizione contro Betulia comandata da Oloferne, l’anno innanzi aveva
debellato Arfaxat re de’ Medii, « il quale
aveva edificato Ecbatana«. Ora questi
fatti souo in aperta contraddizione fra
loro. Ognuno che nou sia affallo novizio
nella storia sa che quando il popolo Ebreo
ritornò dalla schiavitù di Babilonia, lu
monarchia degli Assiri era stata distrutta
ed era stata riunita a quella de’ Persiani,
e Ciro, ovvero , come allri lo chiamano ,
Dario, non già Nabucadnetzar reggeva le
monarchie de’ Persiani, .Medii ed Assiri
riunite in una. Vi è dunque in queslo libro una menzogna; e siccome Dio non
può esserne autore, così avremo ragione
di ricusare un libro che contiene una
menzogna manifesta, e di non volerlo ricevere per libro divino.
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Per sciogliere quesla difficollà i teologi
non SODO stati nome suol dirsi colle mani
alla cintola; ma non sodo di accordo neppure fra di loro. Il Lirano nel capo I dei
libro di Giuditta, e Giovanni Driedo uel
libro degli scrittori ecclesiastici, dicono
che la storia di Giuditta accadde è vero
dopo il ritorno dalla schiavitù, ma quello
che è chiamato Nabucadnetzar non era
che Gambise. Ma con buona licenza di
questi reverendi, essi non hanno riflettuto
che ai tempi di Cambise il tempio non
esisteva; e nel capo IV del libro di Giuditla al vers. 2, si dice che gli Ebrei « erano presi dal tremore e daH'orrore n nel
pensare che il nemico avrebbe distrutto
il tempio del Signore. Inoltre nello stesso
c.lVsi dice che gli Ebrei fecero circondare
in quella occasione di forti mura tutte le
ciuà e tulli i villaggi della Samaria fino
a Gerico: ma olire alla iuverosimiglianza
che gli Ebrei tornati allora miserabili dalla
schiavitù avessero potuto in pochissimo
tempo e sotto gli occhi di una potentissima armata nemica fare lavorazioni cosi
gigantesche; quei signori teologi potranno
trovare una smentita ad una tale asserzione in un libro canonico. Se i Giude
ai tempi di Cambise fecero circondare di
mura la Samaria, è una prova che la Simaria apparteneva a loro: ma nel capo IV
dui libro d’Esdra è detto che ai tempi di
Cambise la Samaria era ancora abitata
pacificamente dai Gentili. Di più quell’Arfaxat che pugnò con Nabucadnetzar che
si vuole essere stato Gambise, era quello
ehe aveva edificato Ecbatana (Giud. 1,1):
ma Erodoto ci assicura che Ecbatana fu
edificata da Diocle V re de'Medii, che visse
incito tempo prima di Cambise; dunque
quel Nabucadnetzar non era Cambise.
Aggiungasi che il uome di Nabucadnetzar
non si è mai dato ai re di Persia, ma solo
ai monarchi babilonesi. Finalmente quel
Nabucadnetzar regnava in Ninive, e Ninive ai tempi di Cambise era già distrutta.
Finalmente Cambise era amico degli
Ebrei; gli permise di riedificare il tempio;
non è dunque lui che gli Ebrei temevano.
Perciò altri teologi han detto che la
storia di Giuditta accadde prima della
schiavitù, af tempi di Sedeeia o di Giosia: ma in quesla supposizione come conciliare quello che si dice nel capo V del
ritorno degli Ebrei dalla schiavitù? Gli
editori della Volgata per sostenere il decreto dei 33 sono ricorsi ad una così detta
pia frode, ed al cap. V, v. 22 hanno aggiunto una parolina: et plurimi eoruin, e
nwUi di loro ; mentre il testo dice yli
Ebrei furono menati in eaiiività ecc.:
• poscia hanno tolto una frase forse in
compenso di quella che avevano aggiunta:
la frase tolta è questa : e il tempio dell’iddio loro fu spianato. Ora il tempio
non fu spianato che nel tempo della schiavitù. Però la loro industria è riuscita vana, imperciocché con tutta la loro furberia han lasciato intero il v. 23 che dimostra parlarsi della schiavitù di Babilonia:
dunque non si può dire che la sloria di
Giuditta accadesse avanli la schiavitù.
Per non essere soverchiamente prolissi
tralascieremo tutte le altre falsità isteriche che si Irovano in questo libro, bastando quelle che abbiamo notato per
farci conchiudere che la sola osservazione
critica basterebbe per escludere un tal
lil>ro dal canone delle s. Scritture.
Ma e che diremo dei due libri dei Maccabei dichiarati caiiooici dal decreto dei
ì)3i' Parliamo un poco nel senso dei teo-
11
logi romani, e vediamo di usare un argomento di loro piacere. Se quei libri
SODO canonici, sono anche divini ; sono iu
conseguenza dettali dallo Spirilo Sanlo:
quello che in essi è scritlo è parola di
Dio. Ebbene, ecco come finisce il secondo
di quei libri : noi riportiamo le stesse sue
parole, e senza farvi il più piccolo commento lasciamo giudicare ai nostri lettori
se Dio possa essere l’autore di quei libri,
«Anch’io finirò qui 11 mio ragionamento:
e se pure ho scrilto beoe, e decevolmente
alla storia, tale certo è stato il mio desiderio: ma se ho fatto scarsamente e
mediocremenle, questo è quanto bo potuto, e mi si può ben perdonare. Perciocché siccome il bere vin da parte, ed altresì acqua da parte è cosa spiacevole :
ma il vino temperato con acqua fa la
grazia del bere soave : così anche lo stile
temperato dà diletto agli orecchi di quelli
che si avvengono a leggere la storia ».
Può Iddio parlare iu lai guisa? Ma esaminiamo in quei libri qualche cosa di più
curioso.
L’autore di quei libri si mostra ben
poco dolio nella storia così sacra come
profana. Circa la storia sacra, egli dice
nel libro 11, capo II, v. -i-8, che il profeta
Geremia nascose l’Arca in una spelonca
insieme coll’ altare dell’incenso, e disse
chc si sarebbe ritrovata quando Dio
avesse fallo cessare la schiavitù : ma queslo falto è contradello dallo slesso Geremia, il quale al capo 111, v. 16 dice chc
l’Area del palio del Signore non sarà più
ricercala, non verrà più a mente, non ve
ne .sarà più memoria, nè più sarà rifalla:
lo che combina perfeltamenle colla Storia
Sacra.
Nel libro primo dei Maccabei al capo
XII si riporla una lettera scrina dal sommo sacerdote Gionala agli Spartani, e si
cita una lettera anteriore riportata per
inlero onde provare che gli Spartani e gli
Ebrei sono fratelli, perchè ambedue i,
popoli sono discendenti da .\brarno. iNon
ci mescoliamo di genealogie; non andiamo cercando se e come gli Spartani
avessero potuto essere discendenti da
Abramo ; osserviamo solo la data di i|uclla
lettera : il re di Sparla che scrive si
chiama .\rio, il sommo sncerdole a cui
scrive si chiama Onia; ma se confrontiamo la storia greca di Pausania, le vile
degli uomini illustri di Plutarco nella vita
di Pirro, colla sloria giudaica vedremo
che Ario ha rugualo iu Sparla oUanl’uiini
prima che Onia fosse sommo sacerdote
degli Ebrei.
Nè meno ignorante si mostra nella sloria profana l’autore di que’lihri. Egli
dice, a cagion d’esempio, nel capo Vili
del I" liliro, che i Romani, dopo che ebbero vinto Antioco, lo presero vivo, e poscia diedero le Indie al re Eumene. Tutlo
queslo è falso ; imperciocché i Uomaiii
vinsero Anliuco noa una, ma Ire volle;
però non lo ebbero mai prigioniero. I
Romani non poterono dare le Indie ad
Eumene per la ragione semplicissima che
mai non ne furono padroni : il vasto impero romano nel tempo di sua maggiore
estensione andava poco oltre l’Eufrale.
Dice l’aulore di que’ libri, che i Romani
commettevano ogni anno ad un uomo il
comando sopra loro, e la dominazione
sopra tutto il paese, e che tutti ubbidivano a quell’uomo, e che non vi era fra
loro nè invidia, nè gelosia. Un fanciullo
di scuola clemenluie sa quanto sieno vera
tuli cose.
12
Ma gli errori ìd quei libri rigurgitano
talmente, che non solo escludono la possibilità (iella ispirazione divina, ma sembra anche impossibile come tali libri possano essere stali scritti da un uomo ragionevole. La morte di Giuda, a cagion
d’esempio, è narrata al v. 18 del capo
IX del primo libro : egli fu ucciso sul
campo di battaglia nel primo mese dell’unno 15:^ : ma nel capo i del libro II,
lo stesso Giuda morto nel 152, scrive nel
188, cioè 36 anni dopo la sua morte,
unii letlera agli Ebrei dimoranti in Egitto.
Come un tale sbaglio possa conciliarsi
colla divina ispirazione lo lasciamo decidere ai teologi difensori del celebre decreto dei 33. Ma vi è anche di peggio.
Se si deve prestar fede aH’autore dei
libri de’ Maccabei , Antioco deve esser
morto tre volle, in tre diverse mauiere.
Muore la prima volta in Persia, e muore
(li tristezza nel suo letto; e la sua morte
è descritta minutamente nel I libro de>
Maccabei al capo VI dal verso 8 al 16.
La seconda volta muore in Perside nel
tempio di Nanéa, lapidalo e fatto in pezzi
da’sacerdoli di quel tempio, e la sua
morte è descritta nel libro II, capo L dal
V. 13 al 16. Muore finalmente la terza
volta nelle montagne di Ecbatuna mangialo dai vermi, appresso una caduta dal
suo carro, e questa terza morie è minutamente descritta nel libro 11, cap. IX,
V. 3 al 28. Noi preghiamo i noslri lettori
u confrontare i passi che noi indichiamo,
e vedere coi proprii ocijhi tali cose: e dopo
ciò con qual faccia ci si può venire a fare
rimprovero perchè non riceviamo per divini libri di lai sorta '
Che se seguendo la via deH’esame volessimo notare sollanto gli errori (JoUri
nali, le false massime, e le dottrine opposte alla legge di Dio chesono insegnate
in que’libri, non saremmo mai perfinire.
Due 0 tre esempi bastino per giudicare
della dottrina di essi. Nel libro di Giuditta al capo IX è lodalo l’assassinio dei
Sichemiti; ma Giacobbe moribondo, divinamente ispirato, maledice (e giustamente)
il furore di Simeone e di Levi, principali
autori di quell’opera malvagia (Genen
XLIX, 5-7). Nel libro lì de’ Maccabei al
capo XIV, V. 41-46 è lodato il suicidio,
ed è chiamato morte generosa, mentre
ne’Comandamenti di Dio è vietalo. Nel
libro di Tobia sono introdotti gl’ incantesimi e le magie. Nel libro della Sapienza
al capo VII, 19, 20 è insegnata la dottrina della metempsicosi.
Ecco in breve il perchè noi non possiamo ritenere per canonici e per divini
alcuni libri che la Chiesa romana riliene
per tali : ecco peichè quei libri non si
trovano nelle nostre Bibbie ; perchè noi
credendo che la Bibbia è parola di Dio,
vogliamo che in essa vi sia la sola, la
pura parola di Dio. Dopo una tale esposizione noi preghiamo i nostri lettori a
giudicarci sull’accusa cbe ci fanno i clericali di aver mutilato la Bibbia.
BEL TIUTTO
«
di emulazione cristiana.
Una commovente discussione avvenuta
sono ora pochi giorni nel sinodo della
chiesa libera del cantone di Vaud, dimostra lino a qual punto giunga il disinteresse dei pastori di quella chiesa, e dall’
altro lato dimostra quale sia la carità, la
stima, la venerazione che i laici hanno
13
per i loro pastori. Il fatto è il seguente
come ci venne narrato da persona che era
presente a quella discussione del sinodo.
Se qualcuno fra I nostri lettori non conoscesse la chiesa libera del cantone di
Vaud, diciamo in due parole che essa
chiesa è di recente data, non in quanto
alla dottrina, che baia pura dottrina evanf;elica ; non io quanlo alla forma ecclesiastica che ha quella del lempo della
riforma ; ma essa è recente In queslo senso
che da pochi anni si è Intieramente emancipata, come chiesa, dalla soggezione del
governo. Quando in un paese esiste una
chiesa dello Stato o la chiesa vuol dominare lo Sialo, 0 lo Sialo la chiesa : l’uno
e l’aliro di questi due casi è un disordine.
Lo Stato mantiene la chiesa, ed esercita
cosi un’ influenza su di essa che il più
delle volte è dannosa alla chiesa trascinandola fuori dell’unica sua sfera, la direzione puramente spirituale delle anime.
CIÒ accadeva specialmente nel cantone di
Vaud, quando il governo protittando della
sua influenza sulla chiesa voleva costringere I pastori a mescolarsi di politica anche sulla cattedra di verilà. Allora una
quantità di pastori senza guardare per
nulla ai loro inleressi materiali, rinunciarono coraggiosamente al loro onorari che
ricevevano dallo Stato, amando meglio
vivere nella povertà assoluta piuttostochè
mescolare al Vangelo la politica. Una
porzione del gregge seguì i pastori coraggiosi, e si stabilì cosi la chiesa libera,
che è mantenuta dalle libere sovvenzioni
dei fedeli. Questa chiesa è divenuta assai
grande nel cantone, e si raduna ogni anno
In assemblea sinodale.
Nel sinodo di quest’anno, nella seduta
deirn maggio, era all’ordine del giorno
un progetto tendente a dare uua pensione
in ritiro a quei pastori cbe per età avanzata, 0 per malattia si fossero resi assolutamente inabili a prestare ulteriori servigli alla chiesa. Nulla di più giusto cbe
un tale progetto, ed ognuno crede che
non vi fosse potuta sorgere alcuna difficollà neH’ammetlerlo, o se vi fosse sorta
avrebbe potuto sorgere per parie dei laici
che debbono pagare, e non per parte dei
pastori cbe debbono ricevere. Ebbene la
bisogna andò per l’appunto al contrario.
Aperta la discussione generale, uno dei
pastori si leva per impugnare il progetto.
Le ragioni che adduceva erano che la
chiesa libera essendo tulta mantenuta
dalle oblazioni del popolo, i pastori non
potevano permettere che il popolo già abbastanza aggravalo, si caricasse di un’altra spesa per mantenere i pastori resi invalidi ; che se si volesse considerare una
tale legge dal lato della giustizia, per la
quale colui che ha consumato la sua vita
a favore di una chiesa, ha diriito d’essere
sostenuto da quella chiesa per gli ultimi
giorni che gli rimangono ; da questo lato,
egli diceva, la legge è inopportuna almeno
in questi tempi di carestia e di miseria,
ed i paslori non possono permettere che
il gregge sia ora più aggravato. Passando
poscia alle ragioni religiose, diceva che i
cristiani, e specialmente i conduttori delle
chiese, debbono non solo astenersi dal
male, raa anche da quello che non essendo
male in se stesso, ne ba però l’apparenza,
e dà occasione ai nemici del Vangelo di
sparlare. Se noi, egli diceva, passiamo un
tale progetto si dirà dai nemici che cerchiamo il nostro interesse. Dopo avere
sviluppato con una convinzione che si
manifestava in ogni parola, queste ed al-
14
Ire ragioni, l’oratore propose che la legge
fosse rigettata. Una quantità di paslori
appoggiarono il rigetto.
Ma i deputati laici dei sinodo che erano
in maggioranza e con voto deliberativo,
si opposero fortemente. Il deputato Jeanjean fra gli altri prese il primo la parola,
e fece osservare sU’asscmblea che ogni
volta che si era presentato un progetto
per migliorare la condizione dei pastori,
questi si erano sempre opposti : combattè
poscia e confutò le ragioni del preopinante
e domandò la discussione del progetto : i
deputati laici appoggiarono la proposizione, e poscia presero la parola molli di
essi nello stesso senso : I pastori uon si resero, e la discussione fu prolungata, ma
linalmenlei laici la vinsero ed il progetto fu
posto a discussione nei singoli articoli. Lo
sforzo dei laici era di far passare il progetto almeno tal quale lo aveva proposto
la commissione : lo sforzo dei pastori era
d’impedire che passasse, o che almeno la
pensione fosse ridotta al minimum.
Dopo una discussione di cinque ore
circa, il presidente propose che il progetto fosse rimandato alla commissione
per essere proposto al futuro sinodo. La
proposizione fu accettata, ed i pastori furono contenti di non aver addossato sulle
loro pecorelle un nuovo peso, sebbene
volontario, e che esse volevano assolutamente assumere.
Noi già non vogliamo fare riflessioni, e
molto meno allusioni ; ma pastori che
agiscono con tale disinteresse, laici che
questionano per pagar meglio i loro pastori ; pastori che ricusano le volontarie
ctlerte dei laici per principio di delicatezza e di carità, sono tali esempi di
emulazione cristiana che non si possono
trovare che in una chiesa veramente evangelica.
^OTIZlE RELIGIOSE
Alemagna. — Sono ora quattro anni
non esisteva in Dumerseim, neppure un
cittadino che prof^sasse il cristianesimo
evangelico; ed ora esiste in quella città
una numerosa e fiorente chiesa evangelica non composta di stranieri, ma di
cittadini che hanno abbandonato il cattolicismo. È stata la pretesa propaganda
inglese che ha prodotto un tale cangiamento? No, sono stali i preti.
Il P. Hassiacher, prete fanatico, incominciò a predicare conlro un protestantismo che non esisteva; declamava con
furia, accozzava calunnie così grossolane
che agli occhi anche dei più semplici
compariva quello che era, cioè uomo
passionato e non amante della verità :
tutte le sue diatribe, che egii chiamava
conferenze, finivano col motto obbligato :
ti Gettate al fuoco la Bibbia ». Questa maniera di predicare aprì gli occhi a molli
di quei cattolici sinceri, i quali cercano
sinceramente la verità religiosa : « fc impossibile, essi dicevano, che una religione la quale ci ordina di gettare al
fuoco la parola di Dio, sia la religione
vera ». Così lo spirito di ricerca religiosa
e di esame s’introdusse in quella popolazione non leggera e riflessiva, ed una
numerosa e vivente chiesa evangelica si
è stabilta, grazie alle declamazioni del
P. Hassiacber.
America. Togliamo dal Chrètien Belge
la seguente notizia. —v 11 dott. Brownson, il gran difensore del romanesimo
agli Stati-Uniti, essendo, poco tempo fa,
15
in visita a S. Luigi (Missouri), vi fece una
serie di discorsi. ¡1 pastore della valle
((he Shephord of thè Volley) , giornale
clericale , gettò all’istante una sfida ai
protestanti del luogo, nella quale sfida,
diceva fra le altre cose le seguenti :
(I 11 dolt. Bro\vn.‘;oD, dii alla controversia uno spirito in tutta la forza della
maturità: una cognizione personale e
profonda degli errori del suo secolo e
della sua patria, un nerbo ed un’abiliiù
nel combattimento, frutto di molli anni
di lotta continua. Cbi ba mai osato niisuiarsi corpo a corpo con queslo valoroso campione? Niuoo.... È peccato che
non vi sia in tutlo il nostro vasto continente chi abbia il coraggio, l’abilità o la
lealtà per misurarsi con lui in un combattimento onorevole, o d’incominciare
così qualche cosa che abbia almeno una
apparenza di combattimento ".
Siccome non si poteva supporre che
una tale rodomontata del giornale clericale, fosse siala pubblicala all’insaputa
del dolt. Brownsoii, così un pastore protestante di S. Luigi, il rev. L. Rice raccolse il guanto, e d’ac<’ordo coi suoi
colleghi, domandò per lettera al dolt.
Brownson che scegliesse il giorno ed il
luogo ove volesse tenere una discussione
intorno ai merili respettivi del proleslaotismo, e del romanismo. Ma grande fu
la sorpresa del rev. Rice e dei suoi colleghi, quando riceverono in risposta che
egli (il dott. Brownson), non poteva accettare la discussione, e ne dava per
ragione il seguente motivo ;
" lo non potrei, permettetemi di dirlo,
accettare la lolla col campione che voi
avete scelto, e nella maniera che la proponete senza compromettere fino ad un
certo punto gl’interessi di mia religione ;
imperciocché, discutendo, io concederei
che la questione fra i cattolici ed i protestanti può essere soggetta a discussione
(/hai thè question beticeen catholics and
protestants is a debatable question) , cd
accorderei così che il caltolicismo ed il
prolestanlismo sono in qualche maniera
al medesimo livello: discutendo, riconoscerei l’eresia e l’errore, e farei ingiuria
alla verità, cosa di cui, se Dio mi aiuta,
non mi renderò giammai colpevole ».
1 Combalol souo dappertutto. Rodomontate , sfide, ingiurie , ove la legge
non accorda la liberlà di discussione, ma
se, ove i protestanti possono discutere
piibblicamenle, la discussione è accettata, allora si ritirano vergognosamente.
CROXACnETTA POLITICA
Piemonte. — Lunedi scorso 22 ebbe
luogo l’inaugurazione della Strada ferrata di Susa con intervento delle LL.
MM., del Duca e della Duchessa di Genova, del Principe Carignano e del Parlamento. Si annuncia come prossima l’apertura della Strada ferrala tra Alessandria e Mortara ; e fra qualche mese la
locomotiva percorrerà tutta la linea da
Alessandria a Novara.
— Seguita nella Camera dei Deputati
la discussione del progetto di Legge sulla
pubblica sicurezza.
Lojibardo-Veneto. — 11 luogotenente
della Lombardia annunzia con sua notificazione del 20 maggio, che a concorrere
alla leva anticipata pel 18ÌÌS di 93,000
uomini, ordinala dall’imperatore con re
scrilto del 13 corrente, al regno Lom-
16
bardo-Veneto spettano reclute 14,103,
delle quali 7,661 alla Lombardia.
Berna, 22 maggio. — Secondo la Berner-Zeitung (liberale) delle 38 nomine di
ieri, 21 sono liberali, 17 conservatrici;
quindi si hanno in complesso H6 dei
primi, HO de’secondi; secondo il Vaterland (conservatore) i conservatori sono
113, i liberali 102, i dubbi 11.
Inghilterra. — Un dispaccio di Vienna darebbe per positiva la catturazione
della fregata inglese ii Tiger presso
Odessa. Il legno sarebbe stalo incendialo,
i marinai falli prigionieri dai Russi.
Questa notizia ha dato luogo ad interpellanze alla Camera dei Comuni a Londra ; e il ministero ha dichiaralo doverla
credere inesatta. Bisognerà dunque attendere nuovi ragguagli.
Nar Nero. — Si annunzia che Seba{itopoiì è stala bombardata per quattro
giorni, ma con qual risultalo non ce lo
dicono. È probabile che il bombardamento regolare non abbia durato sì a
lungo, e che il resto del tempo, o per
dir meglio, il tempo che lo ha preceduto
.sia sialo impiegato a tirar qualche colpo
e lanciar qualche bomba per conoscere
la portata dei tiri, lo stato delle difese
della ciltà, e la posizione delle batterie.
DISPACCI ELETTRICI
Trieste, 23 maggio.
Atene, 18. — L’ultimatum spira il
giorno 20. V'è minaccia di blocco con
occupazione e amministrazione francese.
Paramizia e Margariti caddero in potere
degl’insorti.
CiNA, 12. — Gl’insorti marciano sopra
la capitale. Disordini avvenuti nei distretti
che coltivano il thè minacciano un cattivo
ricolto.
BombaV, 28.—Un trattato fu conchiuso
tra Kiva e Russia. 1 Russi occuperanno
per venti anni questo accantODamento.
Agenti del kan di Riva e dello czar si son
recati a Bokara per negoziarvi un’alleanza.
11 Giappone sta traltando col comandante americano. Due porti dell’impero
verrebbero aperti.
Vienna, 23 maggio.
La fregala Arnphion è entrata a Merael
con 8 navigli russi di presa. Il commodoro Cooper ha domandalo al comandante
di Lihau la consegna di tutti i navigli
russi, sotto minaccia di bombardamento.
Il comandante ha consegnato i navigli.
Crajowa è stata occupala da cinquemila turchi.
A Bamberg è stata tenuta giovedì una
riunione de’ rappresentanti dei piccoli
Stati alemanni.
La Baviera ba domandato alla Confederazione guarentigie per l’esistenza della
Grecia.
Trieste, 24 maggio.
Costantinopoli, IS. — Sono .«tati
emessi 80 milioni in carta. Selim pascià
ha recato 17 borse.
Parecchi battelli inglesi sono arrivali
con truppe. I francesi uon sono ancora
giunti. Gli inglesi sono pronti ad imbarcarsi in 2i ore.
1 Russi hanno abbandonato tutte le
posizioni sulla riva circassiana. 1 Circassi
sono discesi ed hanno formalo un governo
provvisorio.
I Russi si sono concentrali a Kutaia.
II Sultano ha visitato il duca di Cambridge.
Direttore P. G. MEILLE.
Grosso DohRnico gerente.
rtp. soc. m A. PONS e comp.