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Anno 115 - N. 42
19 ottobre 1979 - L. 300
Spedizione in abbonamento postale
1° Gruppo bis/70
ARCHIVIO TAVOLA VALDSSB
10066 TORRE FELLICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
I RIFUGIATI NEL MONDO SONO PIU’ DI 10 MILIONI
Il nostro prossimo
chiomato profugo
Le statistiche ci spingono ad ’’accostarci” ad un prossimo che si
aspetta senza dubbio molto da coloro che si dicono discepoli di Cristo
Si conclude con un servizio sui profughi vietnamiti (p. 8) l’informazione suirappello urgente per aiuti lanciato dalla Federazione. Per inquadrare tuttavia quest’ultimo problema nel suo contesto
mondiale, pubblichiamo questo articolo di carattere generale del
direttore di Christianisme au XXème siede.
Le cifre sono difficili da precisare, perché se c’è un campo in
cui è arduo fissare delle cifre
esatte, questo è proprio il campo
dei profughi. Ma fonti diverse di
informazione permettono di arrivare a cifre che varino dai 10
ai 13 milioni di rifugiati nel mondo intero. L’Alto Cominissariato
delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha riconosciuto 25 milioni di
persone dalla sua creazione nel
1951. Attualmente l’Alto Commissariato si occupa di quasi 5 milioni di rifugiati; ma bisogna ag;
giungere 1.700.000 di palestinesi
che dipendono da un altro organismo e tutta una serie di persone « spostate » che si possono
situare nella, categoria dei rifugiati.
La metà hanno
meno dì 16 anni
Quando vengono enunciate queste cifre bisogna subito fare una
precisazione: quasi la metà di
questi profughi hanno meno di
16 anni. Per ciò che concerne gli
adulti ci sono donne in inisura
molto maggiore che uomini. Ciò
si spiega abbastanza facilmente
dal momento che la maggior parte dei rifugiati vengono da regioni che sono in stato di conflitto;
gli uomini adulti partecipano
spesso in modo difetto al conflitto (guerra, guerriglia, rivoluzione). D’altra parte se ci sono molti bambini o adolescenti è anche
perché molti rifugiati vengono
spesso da paesi a forte tasso di
natalità.
Squilibrio tra ì
d’origine
Un altro fatto si impone quando si esaminano le cifre: lo squilibrio tra i luoghi di provenienza
e di accoglienza dei rifugiati.
Quanto alla provenienza, è in
Africa e nel Sud Est asiatico che
si trova il maggior numero di rifugiati; vengono in seguito l’America Latina e l’Europa.
Quanto all’accoglienza, l’Africa
è nettamente in testa e i paesi
africani compiono uno sforzo
enorme per accogliere questi rifugiati. Non si può dimenticare
che lo Zaire e la Somalia ospitano ciascuno un mezzo milione di
profughi, il Sudan 250.000. Tutto
il Terzo Mondo del resto si trova largamente in testa per ciò
che riguarda l’accoglienza.
Sullo stesso
continente
La maggior parte dei rifugiati raggiungono dei paesi che si
trovano nello stesso continente
(la gran maggioranza degli africani ha trovato e trova rifugio in
Africa). Il numero dei profughi
che lasciano il loro continente
■per trovar rifugio in un altro
(per esempio quelli che partono
dal Vietnam per andare negli
Stati Uniti o in Europa) resta
relativamente basso. Il problema
dei rifugiati non è quindi di primaria importanza nei paesi industrializzati; se gli Stati Uniti
accolgono più di 700.000 rifugiati, non ce ne sono che 120.000 nella Germania federale, 120.000 in
Gran Bretagna, 145.000 in Francia, 30.000 in Svizzera. Senza dimenticare che determinati paesi
fissano dei criteri precisi per ciò
che riguarda l’accoglienza; certi
rifugiati trovano facilmente una
terra d’asilo, altri più spesso
porte chiuse che hostess acco-^
glienti.
Le cause del dramma dei rifugiati variano beninteso con i
tempi e i luoghi: la seconda guerra mondiale e la « cortina di ferro » hanno fatto sì che l’Europa
conoscesse in determinate epoche un alto numero di profughi;
oggi è in Africa e nell’Asia sudorientale che il dramma è spesso
vicino alla catastrofe. Anche il
Medio Qriente non è lontano da
questa prospettiva.
Il nostro prossimo
lontano e vicino
Noi apparteniamo ai paesi industrializzati che si interessano
a questa quantità di profughi
nel mondo. I mass-media ci rendono vicini questi drammi lontani che raggiungono spesso una
intensità intollerabile. In questo
come in altri campi la realtà del
prossimo non è più legata ad
una nozione di prossimità geografica. Il fratello rifugiato del
Sud - Est asiatico, del Medio
Oriente, dell’Africa, mi è prossimo e io ne sono responsabile.
Le statistiche possono sembrare fredde in tutto ciò. E tuttavia
esse hanno il merito di situare i
nostri sforzi nella giusta prospettiva.
Esse ci richiamano anche alla
memoria tanti dramrni troppo
rapidamente usciti dal campo
dell’attualità.
Esse ci interrogano sul modo
in cui noi abbiamo cura di questo fratello che si trova senza
patria, senza casa, senza radici,
spesso senza famiglia o con una
parte soltanto della sua famiglia, senza mezzi finanziari.
Esse ci costringono a porci
delle domande sulle cause del
dramma, affinché gli errori di
ieri non si ripetano domani.
Esse ci incitano ad « accostarci » veramente a questo prossimo (Luca 10: 34) che è un prossimo ferito e bisognoso di aiuto,
un essere umano che si aspetta
senza dubbio molto da coloro
che dichiarano di essere su questo piccolo pianeta i testimoni di
Gesù Cristo.
F. DeKorge
Il vero no
al giuramento
Matteo 5: 33-37
E’ stata accolta come una curiosità la notizia che la Corte Costituzionale ha giudicato illegittimi gli articoli del Codice di procedura civile e di quello di procedura penale che impongono ai
non credenti il giuramento « davanti a Dio ». Con un artificio che
Giovanni Conso su La Stampa
non ha esitato a definire geniale,
la formula del giuramento (ritoccata con la semplice aggiunta
« se credente ») resta una sola e
automaticamente applica la menzione di Dio e degli uomini a chi
è credente e la sola menzione degli uomini a chi non è credente:
«consapevole della responsabilità
che con il giuramento assumete
davanti a Dio, se credente, e agli
uomini, giurate di dire la verità,
null’altro che la verità...».
Perché una curiosità? Perché
nessuno oggi si sognerebbe di rivendicare il mantenimento di un
riferimento a Dio applicato a chi
in Dio non crede. E poiché le ri
A CRETA E A TORRE PELLICE
Due assemblee di chiese
luoghi
Due assemblee di chiese terranno i loro lavori durante le
prossime settimane.
La prima è l’Assemblea della
Conferenza delle Chiese EuroI>ee (KEK) che si svolge a Creta
dal 18 al 25 ottobre. Si tratta
dell'VIII assemblea (la precedente si tenne in Svizzera nel
1974) di questa organizzazione
creata più di vent’anni fa che
raggruppa oggi 112 chiese dell’Europa tanto dell’ovest che dell’est, appartenenti a tutte le confessioni eccettuata quella cattolico-romana. Più di 300 delegati
sono attesi a Creta per questa
che sarà la prima assemblea
della KEK in un paese a maggioranza ortodossa. Tema dell’Assemblea; «Lo Spirito Santo,
potenza di libertà ». Intervistato
dall’agenzia di stampa SOEPI a
proposito di questo tema, il pastore battista Glcn Garfield Williams (Galles), dal 1968 segretario della KEK, ha risposto:
« Ci sono diversi motivi per
questa scelta. Scorrendo la lista
dei temi scelti a partire dalla
prima assemblea del 1959 abbiamo fatto una constatazione sorprendente. La KEK ha affrontato ogni sorta di temi e di questioni ma nessuno in relazione
allo Spirito Santo. Ci è sembrato che un’organizzazione come
la nostra avesse il dovere di sceverare con le sue chiese membro
il senso dell’esistenza, della pre
senza e dell’azione dello Spirito
Santo.
Ma c’è un’altra ragione — ha
aggiunto il pastore Williams —
per questa scelta: sempre più
le chiese dell’ovest come dell’est
sono toccate dal rinnovamento
carismatico, un movimento dagli
impulsi a volte mal conosciuti,
mal compresi e soprattutto molto diversi da quelli che animano o dovrebbero animare la vita delle nostre chiese. La nostra
assemblea cercherà quindi di rispondere a qualcuna delle domande sullo Spirito Santo che
molti cristiani portano in loro.
Infine bisogna ricordare che le
nostre chiese per la maggior parte hanno una storia e una tradizione plurisecolare e alcune millenaria. Segnate dalla storia e
dalle loro tradizioni, come possono, sotto l’ispirazione dello
Spirito Santo, rispondere oggi
più efficacemente alle sfide del
nostro tempo, della nostra situazione europea e mondiale?
Ecco alcuni punti che questo tema permetterà di affrontare a
Creta.
All’assemblea parteciperanno,
in rappresentanza delle Chiese
valdesi e metodiste, i pastori
Sergio AqUilante, Aldo Sbaffi
(anche in qualità di presidente
della Conferenza delle Chiese
Evangeliche dei Paesi Latini) e
Gianna Sciclone.
L’altra assemblea ha una portata molto meno vasta ma concerne molto da vicino le nostre
chiese. Si tratta della V Assemblea della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia che si
terrà a Torre Pellice dall’l” al
4 novembre. La EGEI, che è stata costituita a Milano nel 1967
in seguito al Congresso di Roma
del 1965, è composta attualmente da battisti, valdesi, metodisti,
luterani e dalla comunità internazionale di Ispra. L’assemblea
tocca quest’anno l’estremo nord
dopo aver toccato, nel 1976, il
sud a Bari. Essa inizierà i propri lavori giovedì 1° novembre
alle 10 con un culto presieduto
dal pastore Paolo Spanu e li
concluderà domenica 4 con il
culto insieme alla chiesa di Torre Pellice. Per lo svolgimento
dei lavori sono previsti i rapporti del Consiglio, dei vari servizi e dei revisori; la discussione (a gruppi e in plenaria) sulla
situazione italiana, sul nuovo assetto della Federazione e sui
servizi; mozioni finali su questi
e altri temi. Giovedì 1° novembre la serata sarà dedicata ad
una tavola rotonda pubblica sul
tema: « Gli evangelici in Italia:
una proposta alternativa ». Sede
dell’Assemblea è l’Aula magna
Collegio vaidese di Torre
del
Pellice.
F. G.
forme che non incontrano opposizione non fanno molta notizia,
ai giornali non è restato che segnalare la cosa nello spazio di
un giorno, un pezzo di colore sull’incredibile ritardo con cui questa imposizione è stata tolta, una
monotona rassegna di opinioni
di giuristi, preti e anche pastori,
tutti concordi, o una ghiotta disquisizione giuridica sull’enunciato dei problema e la soluzione
adottata.
Confesso che questa notizia e
il modo con cui è stata presentata mi ha lasciato un senso di
insoddisfazione e di vuoto. Ancora una volta infatti non si è rninimamente tenuto conto di ciii
crede in Dio ma proprio per questo ritiene il giuramento stesso
contrario alla volontà di Dio. Migliaia di evangelici nell’apprendere questa notizia avranno ricordato la parola di Gesù; « Sapete che è stato detto ai nostri
padri: non giurare il falso... Ma
io vi dico: non giurate mai... » E
avranno sentito di essere coartati nella propria coscienza né più
né meno di prima. La soluzione
adottata non è quindi quell’esempio di rispetto della coscienza di
ciascuno che si è voluto far apparire, anche se indubbiamente
è un passo avanti in questa direzione.
Avanti dunque con una nuova
battaglia laica verso la meta
dell’abolizione del giuramento in
tribunale? Certo, per questa come per tutte le altre espressioni
di una effettiva libertà di coscienza per tutti. Eppure è importante per noi evangelici andare al
di là di un discorso laico. Perché
quand’anche domani fossimo di
fronte alla vittoria totale in questa battaglia, alla abolizione del
giuramento, questa vittoria —
come avviene per tante battaglie
laiche, giuste e sacrosante, di oggi — si limiterebbe ad un valore
negativo, a rimuovere una discriminazione, a eliminare una proibizione o un’imposizione, senza
che per questo emerga una controparte positiva. Oggi in tribunale siamo costretti a giurare
contro coscienza. Domani^ forse
ci sarà riconosciuto il diritto di
non dover giurare. Ma è evidente che per noi questo diritto a
non fare non esaurisce neppure
lontanamente la questione. E’
per questo che il nostro discorso
deve andare al di là dell’aspetto
negativo, laico, della questione, e
deve trovare nell’Evangelo di Gesù Cristo l’indicazione in positivo del cammino da percorrere.
Nel discorso sul monte Gesù
dice « non giurate mai », ma la
ragione di questa direttiva non è
la salvaguardia della coscienza
di chi non crede in Dio. E’ inveFranco Giampiccoli
(continua a pag. 8)
2
19 ottobre 1979
ECHI DAL SINODO
Cosa cambia
nei regolamenti?
INTERVISTA AL PASTORE F. BECCHINO
Quando il datore di
lavoro è la chiesa
Alcuni membri del Sinodo (e
forse anche membri di chiesa)
hanno avvertito un senso di
noia e di disagio a sentir parlare tanto di regolamenti nella
Chiesa. Vorrei qui ricordare
quel buon assunto che soggiaceva alle meditazioni sul decalogo
fatto da Sergio Ribet al culto
radio quest'estate: la legge (o,
meglio, alcune regole di condotta) è lo strumento offerto da
Dio per impedire di cadere nella schiavitù dei più impensati
ed impensabili precetti, dela
idolatria e dell’anarchia. Senza
la legge non si intende la grazia così come, senza la grazia,
la legge diventa legalismo.
Tre sono le fonti legislative
della nostra chiesa: la Disciplina generale valdese (DV) i vari
regolamenti organici (RROO)
ed il patto di integrazione con i
metodisti (PI). Il PI, però, si sta
gradualmente trasfondendo nei
regolamenti, man mano che è
reso operante, cioè man mano
che rintegrazione diventa una
realtà anche a livello legislativo con l’approvazione, da parte
del Sinodo dei vari articoli dei
RROO.
Perciò occorre rendersi conto
che il lavoro di redazione ed
approvazione dei vari regolamenti che la Tavola presenta al Sinodo è indispensabile onde ci
sia ordine nelle cose del Sinodo. Ed occorre rendersi conto
che si tratta di un lavoro necessario per adeguare opportunamente le discipline dei vari istituti alla DV (che, rispetto a loro è sovraordinata) e per coordinare le singole norme anche
al Patto di integrazione.
Proseguendo in questo lavoro,
il Sinodo, quest'anno, ha approvato il regolamento sui ministeri (R03) ed il regolamento sulle amministrazioni ecclesiastiche (RO 8) in esecuzione, rispettivamente, del capitolo 3 e del
capitolo 8 della DV. I due regolamenti approvati non sono ancora del tutto completi in quanto alcune norme sono state rinviate per l’esame al prossimo
Sinodo, trattandosi di materia
che richiedeva ulteriore approfondimento.
Il Sinodo ha approvato il
« congedo per maternità » degli
iscritti a ruolo della Tavola, che
è un istituto nuovo per il nostro ordinamento; ha però rinviato la approvazione della disciplina del trattamento in caso
di licenziamento e dimissioni.
Ui^emendamento teso a riconoscere pure il « congedo per paternità » o « per gravi motivi di
famiglia » è pure stato rinviato.
In questa disciplina dei congedi
e dimissioni saranno predisposti
articoli che tengano conto sia
delle esigenze deH’Amministrazione della Chiesa sia della regolamentazione statale, in modo
che gli iscritti a ruolo abbiano
un trattamento proporzionalmente non peggiore di quello
previsto dalle leggi statali.
Nel RO 3 è stata confermata
la composizione della Tavola in
7 membri dei quali 4 pastori.
Nota di cronaca: tra i quattro
pastori è stato nominato (quale
pastore metodista) il fratello
Franco Becchino, pastore locale
a Savona dove ha una attività,
come laico, che lo rende autosufficiente. Gli altri tre membri
sono laici (dei quali uno metodista). Così si è data completa
attuazione al patto d’integrazione. A seguito della approvazione
del RO 3 è stata anche varata la
norma sulla composizione del
Concistoro che era rimasta in
sospeso (vedi Eco-Luce 38/21.9
1979), mentre per quel che riguarda il R 8 è stato approvato,
tra l’altro, l’art. 15 suH’OPCEMI
(vedi Eco-Luce 40/5.10.’79). Da
notare che il Comitato Permanente che amministra l’OPCEMI
è stato, come già precisato nel
PI, configurato come una Comrnissione Sinodale Amministrativa alla stregua della Tavola,
della CIOV e della Facoltà di
Teologia.
Nel capitolo III del RO 8 sono
state rinviate alcune normative
— Quest’anno, nella discussione dcidìcata all’approvazione dei
nuovi regolamenti, si è trattata
anche la materia dei rapporti di
lavoro con dipendenti della Tavola e di altri enti, non iscritti
nei ruoli della Tavola. Si tratta
di una novità?
— Si tratta di una novità nel
senso che non vi era precedentemente una articolazione specifica
nei regolamenti ecclesiastici su
questa materia. Una novità assoluta, naturalmente, non si può
chiamare, perché vi erano altre
norme, di altro tipo: provvedimenti presi dalla Tavola, regolamenti, statuti di singoli enti,
che affrontavano questa questione. La novità consiste nel fatto
che nel regolamento sull’amministrazione, che reca la sigla R.
O. 8 viene inserito un capitolo
Non essendo possibile riferire in forma dettagliata sulle
decisioni sinodali in questo settore, abbiamo chiesto a Roberto Jouvenal, membro della Commissione delle Discipline, un
inquadramento generale, e abbiamo intervistato il pastore F.
Becchino su un aspetto particolare che ci è sembrato di
notevole importanza.
concernenti istituti ed opere in
generale, mentre sono state approvate quelle parti essenziali
che possono essere utilizzate
per le intese che la nostra Chiesa conduce con , lo Stato italiano sulla base del diritto nascente dall’art. 8 della nostra Costituzione, intese che speriamo
possano essere presto ratificate
dai competenti organi senza assistere oltre a quegli insabbiamenti che sembrano essere congeniti e congeniali alla politica
del nostro governo.
Roberto Jouvenal
apposito in cui vengono regolati questi problemi.
— Quale è stata l’ìmpostazione che la Commissione per le
discipline ha dato a questa regolamentazione unificata?
— L’impostazione che la Commissione delle di,scipline aveva
ritenuto di dare attraverso il
progetto che era stato presentato, era nel senso che il regolamento prevedeva in via autonoma, diciamo così, la regolazione
del rapporto tra la Tavola e i
dipendenti non iscritti a ruolo e
gli altri enti che operano nel
NELLA MARSICA E A VERCELLI
Devozione mariana e proteste evangeiiche
Abruzzo. Avezzano, capoluogo
della Morsica. Centro agricolo di
primaria importanza per l’economia locale e nazionale. Centro
della Diocesi dei Morsi la quale
è legata ai settori più conservatori del cattolicesimo (sintomatico il fatto che nella Diocesi non
esista alcun gruppo del « dissenso » cattolico!).
Ricordando i vent'anni della
consacrazione dell'Italia a Maria
e su indicazioni dell'attuale Pontefice, la Diocesi con l’iniziativa
dei G.A.M. (Gioventù Ardente
Mariana) ha organizzato varie
manifestazioni mariane nel periodo estivo, manifestazioni conclusesi la Domenica 14 ottobre
di quest’anno con una solenne
celebrazione eucaristica in piazza Risorgimento ad Avezzano
consacrando al « cuore immacolato di Maria tutta la Diocesi ».
Come protestanti di Villa San
Sebastiano non potevamo rimanere silenziosi e semplici spettatori di questo avvenimento il
quale, al di là del suo significato
religioso, costituisce un nuovo
tentativo di mantenere il potere
sulle coscienze di queste popolazioni.
Si è così pensato di fare un
manifesto pubblico per esprimere la nostra protesta e per dichiarare che l’uomo oggi non ha
bisogno di particolari consacrazioni religiose, piuttosto di una
reale liberazione da oppressioni,
schiavitù le quali sono anche di
natura religiosa.
Nuovamente i temi fondamentali della Riforma (Sola Gratia,
Sola Scriptura, Solus Christus)
sono stati ripresi nella situazione particolare in cui vivono dei
fratelli evangelici. Essi hanno
creduto importante e urgente testimoniare la loro fedeltà al Signore della chiesa e del mondo
contro il sussistere di forme religiose che di fatto sono strumenti per opprimere l’uomo impedendo « il libero dispiegarsi
della fede come possibilità di
rapporto diretto con Dio » (come
si dice in un opuscolo di evangelizzazione preparato dal XII Circuito).
La comunità di Villa certamente non vorrà fermarsi a questa
sola e semplice azione (affissione
di un manifesto), ma cercherà
in comunione con le altre chiese
del Circuito di proseguire sulla
via della predicazione evangelica
rivolgendosi a questo popolo legato al potere di una religione
oppressiva e annunziare la liberazione del Signore.
Giovanni Anziani
« In Cristo Gesù e in nessun
altro e la salvezza: poiché non
ve sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uoinim, per il quale noi abbiamo
ad essere salvati ».
(Libro degli Atti).
XT^-Ìi* Co^umtà Evangelica di
\dlla San Sebastiano, appreso
che in Avezzano domenica 14
ottobre 1979 la Diocesi dei Marsi sarà solennemente consacrata
a Maria, esprime la sua decisa
e chiara protesta contro tale manifestazione religiosa.
Essa crede che il popolo della Marsica, come tutta Tumanita, non ha bisogno di particolari consacrazioni, bensì di una
profonda e vera liberazione da
ogni oppressione e «schiavitù »
non ultima quella a carattere religioso.
Afferma che secondo l’insegnamento biblico tale liberazione è
donata all’uomo dalla grazia di
Dio e non attraverso particolari riti religiosi o mediazioni di
persone ritenute ecezionali.
« Poiché v’è un solo Dio ed anche un solo Mediatore fra Dio e
gli uomini. Cristo Gesù uomo,
il quale diede se stesso qual’
prezzo di riscatto per tutti».
(1* lettera di Paolo a Timoteo)
La comunità evangelica
di Villa San Sebastiano
Anche a Vercelli, protesta
evangelica per iniziative mariane. La chiesa metodista ha indirizzato una lettera aperta al vescovo facendo riferimento al bollettino parrocchiale della cattedrale-duomo di Vercelli in cui è
detto tra l’altro: « La Visita Pastorale, per felice coincidenza,
continuerà nella settimana mariana, quando l’Effigie della Madonna Nera sarà l’eccelsa ospite
della nostra Chiesa Cattedrale.
La venerata statua della Madonna d’Oropa giungerà a Vercelli
(Chiesa di S. Cristoforo) domenica 7 ottobre, ore 14,30, e sarà
intronizzata in Cattedrale dopo
una solenne processione di popolo, con inizio alle ore 16. (...). Venite! Non si deve resistere all’invito della Madonna. E’ il più sincero, il più santo, è il più efficace di tutti ».
Lettera aperta
ad Albino Mensa
Vescovo di VERCELLI
Grazia e pace da Cristo Gesù!
Noi, membri della Chiesa
Evangelica Metodista, riuniti per
l’Assemblea annuale, sentiamo
urgente la necessità di scrivere a
te che sei preposto alla guida di
quanti in Vercelli sono cattolici
romani.
Questo urgente bisogno nasce
da quanto — nel pomeriggio di
oggi e per tutta una settimana
— tu e la tua chiesa ti accingerai a compiere: rendere culto
con processione ed altri riti ad
una statua di Maria, detta: «Madonna di Oropa ».
Mentre si invita la popolazione cattolica-romana di codesta
città ad essere nella gioia, noi —
credenti nell’Evangelo di Cristo
Gesù — siamo nella tristezza e
nell’amarezza. Tristezza ed amarezza procurata dall’offesa che
si reca a Dio ed al suo Piglio con
questa « settimana mariana ».
Ti chiediamo se tutto ciò è
conforme alla Parola di Dio, se
tutto ciò è secondo il volere di
Dio, nel Quale tu e la tua chiesa
e noi crediamo.
Noi sappiamo che l’Eterno Iddio ha proibito ogni forma di
idolatria (Esodo 20: 5ss) e per
di più ha affermato di essere
«un Dio geloso », che non permette che venga dato, a nessuna
creatura, il culto a Lui dovuto.
È fuor di luogo ogni sottile
distinzione tra « venerazione » ed
« adorazione »!
Tutti i riti che si compiono
oggi e nei prossimi giorni sono
in tutto uguali ai riti che si rendono a Dio!
Ci si può inginocchiare dinnanzi ad una creatura? Pregarla? Ma
cosa significa « intronizzare » Maria (meglio: una statua di legno
o di gesso!) se non metterla sul
trono e quindi riconoscerle regalità, cioè: signoria sugli altri?
Ma noi non abbiamo un unico Signore? E non abbiamo un
unico Mediatore?
Noi pure guardiamo a Maria
come madre di Gesù, come colei che è beata fra le donne e
il cui frutto del seno è benedetto, ma troviamo inutile e dannoso e contrario alla Parola di
Dio ciò che è parto di fantasia,
pur se da buone intenzioni animato.
Siamo accorati perché tutto
ciò ci allontana ancor più da te
e dai tuoi fedeli rendendo l’ecumenismo un lucignolo più che
fumigante.
Ci spiace non poter essere con
te e la tua chiesa in questa occasione, il nostro Signore e Salvatore ce lo vieta: « Adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi culto » (Matteo 4: 10).
A Dio per mezzo di Gesù Cristo, sia la gloria per sempre.
Amen.
L’Assemblea della
Chiesa Evang. Metodista
■ Hanno collaborato a questo
numero: Bruno Bellion, Ivana Costabel, Franco Davite
Dino Gardiol, Luigi Marchetti Assunta Menna, Bruno Rostagno. Franco Taglierò, Cipriano Tourn.
l’ambito dell’ordinamento valdese e i propri dipendenti. Tranne
che per ciò che riguarda la previdenza e l’assistenza obbligatorie per le quali rinviavano invece alle leggi dello stato.
— La decisione sinodale invece
è risultata piuttosto diversa. Vorresti illustrarla?
— Possiamo dire che partendo proprio dal fatto che per la
previdenza e l’assistenza obbligatorie la Commissione per le
discipline aveva ritenuto di far
riferimento alle leggi dello stato
in materia, attraverso una riflessione dell’assemblea sinodale,
sulla quale per altro la Commissione per le discipline ha
concordato pienamente (gli emendamenti infatti sono stati accettati senza necessità di votarli), ci si è orientati in un’altra direzione. Si è ritenuto che fosse
più corretto per questo aspetto
che possiamo senz’altro definire
come un rapporto di lavoro subordinato, perché tale è (in quanto l’ente o la Tavola si presenta
in questo caso come datore di
lavoro e i dipendenti si presentano come dei lavoratori) fosse
opportuno fare un puro e semplice rinvio alle leggi dello stato
che regolano questa materia e
accanto a questa ai contratti collettivi di lavoro.
— Quale significato ritiene che
abbia questa nuova impostazione dal punto di vista evangelico?
— Il significato — io mi permetterei di dire anche di testimonianza evangelica che viene
data in questa materia — non
risiede tanto in questa scelta regolamentare, ma risiede nel fatto
che essendo questo principio affermato in un regolamento ecclesiastico, ciò non significa soltanto la scelta del modo con il
quale questo rapporto di lavoro
viene ad essere regolato, ma significa che il regolamento fa obbligo ai propri organismi. Tavola e altri enti, di rispettare nel
rapporto di lavoro le leggi dello
stato (e qui naturalmente noi
dobbiamo pensare alle norme del
codice civile che regolano il rapporto di lavoro, allo statuto dei
lavoratori, norma molto importante perché dà appunto garanzia del rispetto della dignità e
della libertà del lavoratore nel
luogo di lavoro) e li rinvia anche a contratti di lavoro collettivi. Ciò che viene per i vari settori stabilito, dal punto di vista
normativo sia dal punto di vista
salariale attraverso la contrattazione colletiva, attraverso le lotte sindacali dei lavoratori, in poche parole, viene ad essere obbligo della Tavola e degli enti di rispetto. Mi sembra, come dicevo
prima, che in questo vi sia un
contenuto di testimonianza evangelica perché possiamo dire che
in Italia non sempre il datore di
lavoro è così ben disposto e si
fissa come regola di rispettare
non solo le leggi ma anche i contratti collettivi; anzi molto spesso c’è tutto un contenzioso davanti al magistrato del lavoro
proprio in materia di applicazione di contratti di lavoro e
rapporti di lavoro individuale.
— Quindi, giustizia più che
dono, diritti più che diaconia?
— Non direi. Io penso che
questa regolamentazione, così
precisa, così puntuale, con questi
caratteri che mi sembrano positivi non escluda che in molti
casi (e certo noi auspichiamo in
tutti i casi), questo rapporto sia
sostanziato anche da un aspetto
di servizio, di diaconalità e che
questa sia la caratteristica qualificante (in parte possiamo dire
che già è così) del rapporto tra
i non iscritti a luolo e la Tavola e gli enti ecclesiastici. Ma
poiché in questi casi non vi è
stata l’opzione por il trattamento pastorale e quindi non vi è
stata l’iscrizione nel ruolo della
Tavola, il Sinodo ha ritenuto che
allora questo rapporto debba essere regolato da parte del datore
di lavoro secondo questi criteri,
il rinvio alla legislazione in materia e alla contrattazione collettiva.
Intervista a cura di
Franco Giampiccoli
3
19 ottobre 1979
RIUNIONE DEL COMITATO ESECUTIVO DEL CEC
ATENE
Prospettive '80 del CEC
Situazione
finanziaria
Il Comitato esecutivo del Consiglio Ecumenico delle Chiese si
è riunito dal 10 al 14 settembre
1979 presso l’Istituto ecumenico
di Bossey, vicino a Ginevra. Riprendiamo dal bollettino SOEPI
l’informazione sui principali temi all’ordine del giorno tralasciando la discussione su Zimbabwe - Rhodesia di cui abbiamo
già dato notizia (Eco-Luce n. 39
del 28.9).
Prima di tutto, ha preso in esame la situazione finanziaria del
CEC la quale, da diversi anni, è
precaria. Malgrado un aumento
delle contribuzioni di molte Chiese. la svalutazione della moneta
e l’aumento del costo della vita
continuano a porre seri problemi al finanziamento delle, attività essenziali del CEC. Il bilancio
’78 si è chiuso con un deficit di
540.000 franchi svizzeri su un bilancio totale di 30 milioni. Per il
’79, è previsto un deficit che dovrebbe aggirarsi su 2,5 milioni.
Nel bilancio di previsione del
1980, il Comitato esecutivo ha dovuto decidere una riorganizzazione di alcune attività e una riduzione di bilancio di alcuni dipartimenti, in modo da ridurre
da 3,7 milioni a 2.2 milioni il deficit globale del bilancio limitato a 25,5 milioni di franchi svizzeri. Tali decisioni rientrano in
un piano finanziario triennale
che dovrebbe permettere al CEC
a partire dal 1982, di registrare
un attivo che andrebbe a colmare i deficit degli anni precedenti.
Libertà
religiosa
Il Comitato esecutivo si è mostrato particolarmente preoccupato dei casi di non-rispetto della libertà religiosa che « durante
i due ultimi anni si sono verificati con una frequenza allarmante ». Fin dal 1948, anno della sua
creazione, il CEC ha fatto 27 dichiarazioni su questo tema; ora,
il movimento ecumenico prende
sempre più coscienza che « la libertà religiosa non può essere
separata da tutti gli altri aspetti
dei diritti dell’uomo ». « La Chiesa non è credibile se lotta soltanto per i propri diritti senza
preoccuparsi dell’insieme dei diritti degli altri ».
Secondo il Comitato, esistono
"Anche Olii Dio
interviene ni
meniente eiipertnne"
Sul prossimo numero — che
uscirà per la domenica della Riforma — presentiamo una pagina sulla settimana di evangelizzazione condotta a Torino dalla
Chiesa battista con la collaborazione di valdesi e « fratelli ».
Articolo di Michele Foligno e
interviste.
oggi, grosso modo, quattro tipi
di situazioni in cui le Chiese cristiane e altre comunità religiose
incontrano difficoltà; quella dei
paesi e società « interamente secolarizzate » dove la legislazione
che regola i rapporti tra Chiesa
e Stato è in piena mutazione;
quella dei paesi dove l’aiuto ricevuto da Chiese estere è considerato contrario alle aspirazioni e
agli interessi nazionali; quella
dei paesi dove l’impegno delle
Chiese per la giustizia e per i
diritti dell’uomo viene tacciato
di attivismo politico; infine,
quella dei paesi dove le aspirazioni nazionali di tipo religioso
creano un rinnovamento che è
causa di difficoltà per le minoranze religiose.
Il Comitato esecutivo ha sottolineato che « la libertà religiosa deve includere il diritto e il
dovere degli organismi religiosi
di criticare, sulla base delle loro
convinzioni religiose, le autorità
al potere laddove è ritenuto necessario ».
Profughi
Il Comitato si è preoccupato
della situazione dei profughi indocinesi e ha espresso alle Chiese e ai loro organismi la sua gratitudine per gli sforzi finora
compiuti a favore dei profughi.
Razzismo
Verrà indetta, dal 16 al 21 giugno 1980, nei Paesi-Bassi, una
consultazione internazionale sul
razzismo. 120 delegati di Chiese
e di gruppi di oppressi razziali
studieranno come le Chiese possono portare avanti la lotta contro le multiple forme di razzi
smo negli anni ’80. Durante l’ultimo Comitato centrale del CEC,
nel gennaio scorso, il segretario
generale Philip Potter aveva suggerito la creazione di un « processo di consultazione » nelle e
tra le Chiese aderenti al CEC, in
modo da trarre gli insegnamenti
dall’esperienza acquisita finora
dalle Chiese nel loro particolare
contesto e di discutere i problemi e le critiche espresse durante
i dieci anni di esistenza del Programma di lotta contro il razzismo.
Prossime conferenze
Nel maggio 1980 si terrà a Melbourne la Conferenza missionaria mondiale; nel 1981, la consultazione internazionale su « la
Comunità degli uomini e delle
donne nella Chiesa »; nel 1980, la
Conferenza internazionale del
Movimento delle Scuole Domenicali.
Chiesa cattolica
Il Comitato ha dato il suo accordo ai tre temi proposti dal
Gruppo misto di lavoro per una
azione comune immediata: l’Anno internazionale degli handicappati, la difesa dei diritti dell’uomo e della libertà religiosa,
una presa di posizione comune
sul problema degli armamenti.
La prossima sessione del Comitato esecutivo è fissata dall’il al 14 febbraio 1980 a Liebfrauenberg (Strasburgo). Il Comitato centrale del CEC si riunirà dal 14 al 22 agosto 1980 a
Ginevra.
J. J. P.
“In Cristo, una
nuova creazione”
Terza consultazione internazionale della Federazione Mondiale Studenti Cristiani
La terza Consultazione Internazionale della Federazione Mondiale Studenti Cristiani sulla
Gioventù Ortodossa e Studentesca, s’è tenuta ad Atene dal 21
al 26 settembre, in un centro
«laico » per conferenze, poco lontano dal centro cittadino. Tema
principale della Consultazione era: « In Cristo, una nuova creazione »; come sottotemi due argomenti impegnativi che sono
stati l’oggetto di due accese tavole rotonde: « Il Carisma Profetico della Chiesa» e «Per la
vita del mondo ».
All’incontro arano presenti
giovani greco-ortodossi, che rappresentavano alcuni movirnentì
giovanili e studenteschi, ed inoltre delegati della Chiesa Ortodossa Orientale, delle Chiese
Evangeliche e della Chiesa Cattolica, che rappresentavano:
Egitto, Francia, Gran Bretagna,
Grecia, Giordania, Italia, Libano,
Romania, Svezia, Siria ed USA.
la sua dimostrata buona volontà verso il dialogo.
Altro motivo dominante della
Consultazione era il 1600° anniversario della morte di San Basilio, che è stato ricordato, dapprima dal Dr. Bebawi, che ne ha
sottolineato la personalità ferma
e decisa, la figura di « ribelle
ortodosso », che lotta contro il
suo tempo, contro le classi al
potere, i cui aspetti rigetta sopratutto nelle sue oltre 200 lettere. Di lui si ricorda la distinzione tra il comune ed il particolare della natura divina (Dio,
una essenza e tre ipostasi: Padre, Figlio e Spirito Santo). La
dottrina della trinità, dice Bebawi, può essere compresa se
paragonata alla vita della chiesa
cristiana; Unità nella distinzione, non nella fusione. Dio esiste
nell’unità della diversità e noi
non possiamo conoscere Dio se
non attraverso il Figlio e lo Spirito Santo che ci purifica e ci
Romania, Svezia, Siria ed USA. possibilità di comprendere
Erano rappresentati anche la stesso. Dopo l’introduzione
Conferenza delle Chiese Euro- sono -stati letti estrat
pee, il Consiglio delle Chiese
Mediorientali.
Ospite della seduta d’apertura
il Vescovo Eftimios, che si occupa dei problemi della chiesa
in generale, e quindi anche di
quello dell’emigrazione di forti
masse di giovani ortodossi dalla
chiesa «ufficiale »: cosa che, a
ben vedere, deve preoccuparlo
fortemente, data la sua insistenza nell’interrogarsi sulle cause
(senza trovarle, naturalmente), e
ASSEMBLEA DEL XIV CIRCUITO - PUGLIA LUCANIA
"Evangelizzazione"
L’Assemblea del XIV Circuito
sì è tenuta a Venosa il 29 settembre u.s. ed è stata centrata sul
tema dell’ evangelizzazione. Un
gruppo di ciò incaricato ha stilato un documento che è stato discusso e approvato daH’assemblea e che riportiamo più sotto.
L’assemblea ha discusso anche
sulla possibilità di costituire un
collettivo teologico e ha espresso
la gioia per Farrivo dello studente in teol. Mauro Pons che lavorerà nel circuito. 11 Consiglio di
circuito eletto è composto da
Franco Carri sovrintendente. Assunta Menna e Enzo Nigro membri.
Il documento
approvato
dairAssemblea
Citiamo il documento;
In primo luogo occorre una
I riappropriazione » del contenu
NOVITÀ’
a cura di John Francis e Paul Abrecht
L’energia nucleare:
un dilemma che coinvolge tutti
Prefazione all’ed. italiana di Franco Duprè
pp. 144, L. 4.900 («Nostro tempo» 28)
__Per un’informazione obiettiva e completa dei non « tecnici » un volume curato dal fisico nucleare scozzese J. Francis e dal docente di etica sociale P. Abrecht, che raccoglie
i contributi di vari specialisti partecipanti al Convegno di
Sigtuna (Svezia) del Consiglio Ecumenico delle Chiese.
- Quale società prepariamo alle future generaziom? Lumanità deve sapere a quali rischi va incontro accettando il
« patto di Faust » proposto dai tecnici nucleari.
CLAUDIANA EDITRICE
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to biblico e teologico del messaggio che presentiamo come « La
Buona Notizia ». Questo implica
un serrato confronto con le testimonianze bibliche dalle quali deve scaturire, con più forza ,il
compito che Cristo ci ha affidato. Da ciò emerge che evangelizzare non comporta soltanto una
proposta di « liberazione spirituale» ma anche un’esigenza di
trasformazione di vecchie strutture nell’ambito delle quali è inserita la società.
Nell’annuncio liberante delTEvangelo di Gesù Cristo, occorre una precisa conoscenza dei
tempi in cui questo messaggio
deve essere concretizzato affinché il messaggio di Cristo sia
compreso nella sua concreta pienezza e non classificato come
uno dei tanti discorsi religiosi.
Da ciò scaturisce la necessità di
sapersi dare strumenti idonei
che mettano in discussione il nostro modo di essere Chiesa inserita in un contesto sociale caratterizzato da una profonda crisi
non solo spirituale.
Fra gli strumenti a nostra disposizione riteniamo indispensabili:
a) La ricostruzione della storia dell’evangelizzazione nelle varie comunità del sud per comprenderne l’origine e da cui poter
iniziare un’analisi sulla situazione odierna.
b) Una rilettura biblica comunitaria portatrice di una « teologia » che non sia d’importazione o ricevuta dall'alto ma che
scaturisca dalla stessa comunità
e che sia un efficace punto di riferimento per una evangelizzazione non estranea alle problematiche quotidiane.
c) Una riconsiderazione sull’essere « comunità cristiana »
per acquistare una credibilità
che oggi è messa in discussione.
d) Confronto con la cultura
cattolica dominante intorno alla
quale viene organizzato un certo
modello di vita. Questo compor
ta un riesame dei nostri rapporti con il cattolicesimo.
e) Una riflessione sui rapporti ecumenici tra le varie chiese e
denominazioni.
Sullo scopo e sulle finalizzazioni dell’evangelizzazione, l’asseniblea non è giunta ad una posizione unitaria ed articolata. Le
varie posizioni si possono ricondurre a due: la prima afferma e
sostiene l’assoluta necessità di
una evangelizzazione che ha come obiettivo ultimo il «proselitismo »; la seconda si pone, in
modo più problematico, il rapporto tra la fede cristiana e la
vita di tutti giorni, ritenendo che
« evangelizzare » significa entrare nel vivo delle contraddizioni
e delle lotte che gli uomini vivono non solo con un messaggio di
salvezza e di speranza ma anche
con una prassi di vita alternativa.
Questo è il nodo su cui le nostre comunità sono chiamate ed
invitate ad esprimersi.
Nel dibattito sull’evangelizzazione alcuni interventi hanno
presentato, in connessione al problema deirevangelizzazione, una
dele più grosse preoccupazioni
attuali delle nostre chiese; l’assenza di giovani nelle nostre attività comunitarie. Ci sembra importante ribadire che la questione giovanile si pone in termini
assai differenti dal problema dell'evangelizzazione. Non si può
continuare a pensare che con
una corretta opera di evangelizzazione si offra ai giovani delle
motivazioni valide per ritornare
a frequentare le nostre comunità I problemi dei nostri giovani
sono primariamente generalizzabili a tutta la condizione giovanile e a questo livello richiedono
una soluzione concreta e reale.
Un rapporto costruttivo e proficuo con i giovani potrà esisere
recuperato o creato solamente
nel momento in cui le nostre comunità si porranno a lavorare
nel senso di una reale riforma
della vita comunitaria e di fede
delle nostre chiese.
ti dall’Omelia contro la ricchezza, dall’Operazione dello Spirito
Santo, e dall’Omelia sull’ascetismo.
Altro ospite dell’incontro è
stato il professor Panagopoulos
(docente di Nuovo Testamento
ad Atene), che ha parlato della
salvezza come partecipazione
alla natura divina, ed il suo discorso è stato seguito dagli interventi d’un rappresentante della Chiesa Copta, e di un protestante.
Dopo le tavole rotonde, i partecipanti si sono riuniti nei gruppi di lavoro per discutere più
approfonditamente sulla presenza e sull’eventuale azione del
carisma profetico nel mondo.
Ne è sortita una relazione finale che parte da una sorta di definizione del carisma profetico
e dei profeti stessi: « i profeti
del vecchio Testamento erano
persone che, per mezzo dello
Spirito di Dio e della loro stessa
devozione alla vcrtontà di Dio, avevano la possibilità di parlare
a nome di Dio stesso. Il carisma
profetico li rendeva capaci di
opporsi alle deviazioni dalla volontà di Dio, e di chiamare il
popolo di Dio al pentimento ».
Dopo l’avvertimento che il carisma profetico è per eccellenza in
Cristo, il documento prosegue
affermando che il carisma è visibile nelle comunità del NuovO'
Testamento come uno dei molti,
doni dello Spirito Santo, ed
inoltre che, «benché non sembri
riconoscibile nella vita attuale
della Chiesa, siamo convinti che
esso continui ad operare, ed affermiamo il bisogno d’avere delle voci profetiche che ci aiutino’
ad indicare la volontà di Dio
oggi. Ma, allo stesso tempo, riconosciamo la difficoltà di discernerle ».
Il documento prosegue sottolineando la continuità del messaggio profetico che « è un sintomo importante di autenticità
del carisma. Il carisma non è
fine a se stesso, ma è indirizzato alla Chiesa nel mondo, ed esige una risposta in termini di segni ed azione. Esige l’Ortopraxia
dell’amore, della giustizia, e della liberazione. La Chiesa in quanto corpo di Cristo, ha lo scopo
di aiutare il mondo a ra.ggiung;ere la perfetta vita in Cristo. Ciò
facendo, la Chiesa deve denunciare l’idolatria nelle sue manifestazioni religiose, sociali, economiche e politiche». Il documento
termina con la constatazione
della necessità che il messaggio
profetico della Chiesa-comunità
sia indirizzato al mondo stesso
a favore della pace, giustizia, libertà e sviluppo.
Nel corso dei lavori, è stata
anche approvata una mozione a
favore di tutti i libanesi che
muoiono e soffrono per la guerra
civile che ha letteralmente diviso quel paese. Alla seduta conclusiva era presente anche il presidente del Partito Cristiano Democratico greco, Psaroudaki.
Daniele Baglio
4
19 ottobre 1979
PUBBLICATI GLI ATTI DEL CONGRESSO SINDONOLOGICO DELL’OTTOBRE SCORSO
Sindone: la brutta fine del metodo storico
Ai sindonologi basta trovare una testa con un naso, due occhi, la barba e i capelli lunghi per
esclamare: ecco la Sindone! Pollini, particolari morbosi, sedute spiritiche, confusioni varie
Ad un anno dal Congresso di Sindonologia che ha concluso l’ostensione della Sindone di cui il nostro giornale si
è ripetutamente occupato, pubblichiamo questo articolo che
ci risulta esser stato rifiutato da diversi periodici cattolici di
Torino.
Il suo autore, un esperto in materia e docente di patrologia al Seminario MetropoUtano di Torino, ha pubblicato l’anno scorso « L’uomo della Sindone non è Giesù Cristo » presso
la Claudiana.
Sui giornali cattolici diocesani
è stato trionfalmente lanciato il
volume La Sindone e la Scienza,
Torino 1979 con gli Atti del II
Congresso internazionale di Sindonologia, svoltosi a Torino il 7-8
ottobre 1978. Il Presidente del
Centro Internazionale di Sindonologia Angelo Leverà di Maria
e il Presidente del Congresso
Giorgio Cavallo lo presentano
come opera altamente scientificà.
Mi permetto alcune verifiche
di ordine storico. Il Dott. Jan
Wilson, La Storia della Sindone
di Torino (pp. 17-23) assicura che
la Sindone già nel sec. I era piegata in modo che soltanto la faccia fosse visibile ed era applicata su un asse in modo che per
vederla tutta si sarebbe dovuto
attuare un complicato smontaggio; sarebbe stata piegata cosi
per nascondere la sua natura di
lino funebre, perché per gli
Ebrei era ripugnante conservare
un panno funerario; il lenzuolo
però si salvò perché la tela fu
presentata come un ritratto di
Gesù; 'fu portata nella Siria
orientale e altro non sarebbe che
il Mandylion di Edessa trasferito poi a Costantinopoli nel 944.
Commento tale ipotesi con
quanto scrivono Luigi Fossati e
Giovanni Donna D’Oldenico, Rassegna della celebrazione del IV
Centenario del trasferimento della Sindone da Chambéry a Torino e Guida bibliografica in -«Studi Piemontesi, marzo 1978, 8/1,
p. 221: « J. Wilson sembra preso
dal desiderio di dire del nuovo
a tutti i costi, perché considera
la Sindone come un’unica cosa
con l'immagine leggendaria di
Edessa, impostando la sua congettura su artificiosi accorgimenti di piegatura del sacro lenzuolo atti a presentare soltanto il
volto di Cristo... Sono tutte congetture che non hanno precise
prove indiziarie e che tanto meno possono essere presentate coinè ipotesi perché, per essere tali, mancano di una dimensione
scientifica, che non può essere
suffragata dalle diverse edizioni
in più lingue, jierché gli interessi
deH’industria editoriale sono ben
diversi da quelli che sollecitano
la verità storica ». Se tale è la serietà scientifica della tesi di J.
Wilson, lascio al lettore giudicare il valore scientifico degli altri
due studi, se e in quanto collegano appunto alla Sindone la immagine di Edessa, quello di G.
Ghmib, La festa del Santo Mandylion nella Chiesa bizantina Inn.
31-50) e quello di P. Cazzola. Il
volto santo e il sudario di Cristo
nell'arte sacra russa (pp. 51-57).
Secondo J. Wilson inoltre
(p. 21) una tradizione direbbe
che il ritratto si sarebbe impresso sulla tela quando Cristo si
asciugò la faccia dopo il battesisimo (after baptism). Nessun testo bizantino e tanto meno la
Narratio de imagine edessena,
pubblicata in PG 113.424453, parla di qualche bagno battesimale;
se l’è inventato J. Wilson per allutìgare l’asciugamano e farlo diventare un lenzuolo asciugatoio
da usare come dopobagno!
I lineamenti
di Cristo nell’arte
Infine secondo il dottore inglese nell’ambito dei lineamenti di
Cristo nell’arte vi è una versione
rigidamente frontale con capelli,
barba e alcuni tratti che indicherebbero canoni estetici risalenti
fino al sec. VI; a prova di ciò egli
cita un ritratto-medaglione di
Emesa del sec. VI (p. 313) assicurando che l’autore del ritratto
avrebbe visto la Sindone ad
Edessa e che tale tipo di ritratto
non esisterebbe prima del sec.
VI (essendo la Sindone, secondo
J. Wilson, rimasta nascosta nelle
mura di Edessa e scoperta solo
all’inizio del sec. VI); siccome
poi il Mandylion bizantino era
colorato con immagini monocrome-'seppia su tela bianca-avorio
(p. 20), esso non poteva essere
che una copia della Sindone di
Edessa.
In tutte queste ipotesi ci sono
altre falsità storiche; il volto di
Emesa è allungato, porta folti
capelli molto lunghi con spaccatura centrale senza nessun ricciolo a forma di 3 sulla fronte,
ha una barba riccioluta che termina con due leggere punte; inoltre tale tipicità ritrattistica si
trova già prima del sec. VI e in
regioni asisai lontane dalla Siria.
Basti citare U. Fasola, Le recenti scoperte agiografiche nel Coemeterium maius in « Rendiconti
della Pontificia Accademia Romana di Archeologia » 28 (1955-1956),
Roma 1956, pp. 80-81, il <^uale ha
scoperto un Cristo barbato databile alla metà del sec. Ili, e A.
Ferrua, Scoperta di una nuova
regione della catacomba di Commodilla in «Rivista di Archeologia cristiana» 34 (1958), pp. 17-19
che ha trovato un altro Cristo
barbato databile al 375-380.
Anche in questi due volti ci sono alcuni dei cosiddetti « segni
sindonici » di cui parlava il Vignon; chis'sà allora che i sindonologi non vengano a dirci fra
poco che la Sindone era già a
Roma verso il 250 e poi è scappata a nascondersi nelle mura di
Edessa fino al sec. VI!
Le pretesa di rapportare iconograficamente i volti di Cristo
barbato alla Sindone è priva di
ogni serietà scientifica per quanto concerne l’arte paleocristiana.
Inoltre, date le scoperte archeologiche di U. Fasola e di A Ferrua, si dimostra falsa la tesi del
prof. Gerard Egger, L'icona del
Pantocrator e la Sindone (pp.
91-94) che afferma: «Oggi possiamo dire con sicurezza che l’immagine rappresentata nel sec. IV
corrisponde ai tratti della Sindone e non deriva dalla tradizione dell'arte romana. Questa è la
prova che nel sec. IV la Santa
Sindone doveva essere nota »
(pp. 92-93). A parte il fatto che G.
Egger pare non conoscere addirittura i dati archeologici scoperti proprio a Roma e citati più
sopra, i lineamenti dei sarcofagi
romani del 370 e del 390 (fronte
bassa, capelli romani a riccioli),
del sarcofago di Arles del 400 e
del sarcofago di Sant’Ambrogio
a Milano del 380-390, non hanno
molto di più sindonico di tanti
altri volti. Ai sindonologi basta
trovare una testa con un naso,
due occhi, la barba e i capelli
lunghi per esclamare: Ecco la
Sindone!
E veniamo al prof. G. Tamburelli e all’ing. G, Garibotto, Nuovi sviluppi nell'elaborazióne dell’immagine sindonica (pp. 173184). Si sono permessi il lusso,
aggiustando un baffo, accomodando le ciglia, dando una pettinata al volto sindonico, onde abolire, come dicono loro, i disturbi
dell’immagine, di assicurare che
quel volto è Gesù in persona, che
aveva 33 anni e che certamente
sul corpo di Gesù fu messa una
monetina per tenere la palpebra
destra chiusa dopo la deposizione dalla croce; la monetina
avrebbe schiacciato un velo di
sahgue non del tutto coagulato e
sarebbe poi stata tolta dopo l’irrigidimento del c^avere e prima della chiusura del sepolcro.
Siamo ai limiti della presa in giro della 'Scienza storica. Gli' autori infatti sostengono che l’uso
delle monetine si sarebbe perduto nel sec. II e perciò essi « concludono » che la Sindone è davvero Gesù Cristo (p. 181). Non ci
resta che invitare i due eminenti
studiosi a comunicare a noi, pubblico non scientifico, i testi storici che documenterebbero per
il tempo di Gesù in Palestina
l’uso di monetine sugli occhi dei
cadaveri.
I pollini
di Max Frei
Per Max Frei, Il passato della
Sindone alla luce della palinologia (pp. 191-200), l’identificazione tramite il microscopio ottico
e il microscopio elettronico a
scansione di 49 specie di niante
il cui polline era contenuto nella
polvere della Sindone e la presenza di 29 piante del vicino
Oriente (specialmente di 21 piante che crescono nel deserto o
nella steppa) conduce direttamente all’ipotesi che la Sindone
di Torino sìa stata esposta a Gerusalemme, nella Palestina biblica (13 specie sono caratteristiche ed esclusive del Neghev e
della zona del Mar Morto) e in
Turchia (20 specie sono abbondanti in Anatolia). L’ipotesi di
Max Frei non è tuttavia più
scientifica su altri punti; ad
esempio l’analisi del polline non
dice nulla sulla antichità del reperto, inoltre la sua identificazione della Sindone con il Mandylion di Edessa è storicamente
insostenibile. Infatti negli ultimi
due millenni la vegetazione in
Israele non ha subito alterazioni
fondamentali; molte specie di
piante il cui polline è sulla Sindone sono presenti in Palestina
anche nei secoli successivi a Cristo (ciò è confermato dagli studi di A. Horowitz, Recent Pollen
Sedimentation in Lake Kinneret,
e di M. Rossignol, Sedimentation
palynologique récente dans la
Mer Morte, usciti nel 1969, sui sedimenti alluvionali di Tiberiade
e del Mar Morto). I risultati della Ricerca di M. Frei dunque lasciano del tutto aperta e possibile l’origine della Sindone in Palestina o comunque nel Medio
Orienta per tutto il millennio
successivo a Cristo.
R. Sorgia, La Sindone prova
della morte e teste della risurrezione del Cristo (pp. 217-225) dimostra con sillogismi aristotelici
e con citazioni dì Tommaso
d'Aquino che la Sindone di Torino ha davvero avvolto il cadavere di Cristo ed ha assistito alla
Il « Settembre musica », organizzato dalla giunta comunale di
Torino per avvicinare alla musica colta grandi masse popolari, ha avuto una. ielicissima conclusione con due serate di musica religiosa sinfonico-corale: le
volte della più grande chiesa
barocca di Torino, S. Filippo, tipica chiesa della Controriforma,
hanno riecheggiato dei più splendidi corali della Riforma, grazie
alla maestria davvero eccezionale del Bachchor di Wiirzburg,
diretto dal giovane direttore
Christian Kabitz.
La serata di sabato 22 settembre era imperniata sull’accostamento-contrasto tra la spiritualità riformata e quella cattolica
di fronte al mistero della morte.
Comprendeva la splendida Cantata n. 78: Jesu der du meine
Seele (Gesù che hai strappato
l’anima mia...), tutta soffusa della preziosa certezza della salvezza e della vittoria di Cristo sulla morte, e il famoso « Requiem
in re minore » di Mozart, l’ultima opera incompiuta del grande
salisburghese, scritta realmente
nell’imminenza della morte, testimonianza sincera di un’anima
sola dinanzi al mistero, che ondeggia dal timore alla speranza.
Un concerto che sembrava pensato apposta per far scaturire
profonde riflessioni anche in chi
non è particolarmente competente nel campo musicale.
La serata seguente 23 settembre è stata interamente dedicata
ad una delle migliori esecuzioni della Passione secondo San
Matteo di Bach che Torino abbia mai ascoltato. Solo una par
te della folla strabocchevole ha
potuto trovar posto nella grande chiesa. Una vera ovazione ha
accolto alla fine la lunga fatica
dei concertisti. Degna conclu-^
sione di un lungo ciclo di concerti' giornalieri che hanno dimostrato come sia possibile, grazie all’impegno e all’inventiva
dell’Assessorato alla cultura (anche senza il pretesto dell’ostensione della Sindone con cui è stato lanciato « Settembre musica »
Tanno scorso!), accostare le
masse popolari alla vera musica.
Un plauso anche per il non
lieve impegno consistente nel
distribuire al pubblico (gratuitamente) il testo originale con
traduzione italiana a fronte di
tutti i testi cantati delle opere
in programma. In generale le
traduzioni ci sono parse impeccabili, con una :-ola vistosa eccezione che non possiamo tacere.
Com’è noto il « Requiem » di
Mozart comprende il famoso
« Dies irae », l’antico inno medievale che descrive con toni
impressionanti il giorno del giudizio finale. Testo e musica sono attribuiti ad un discepolo di
Francesco d’Assisi, Tommaso da
Celano, il quale però li avrebbe
tratti da un responsorio Libera
me Domine, risalente addirittura
al sec. IX. La forma attuale dell’inno sembra comunque che risalga al XIV secolo o, secondo
alcuni, agli inizi del XV. Nonostante il tono terrificante e le
oscure visioni che evoca (si pensi al film di Th. Dreyer), il « Dies
irae » racchiude una perla preziosa: un’affermazione chiara,
decisa e indiscutibile, in pieno
sua risurrezione; è ima documentazione incomparabile della degradazione alla quale è stato ridotto il metodo storico in una
certa teologia scolastica.
P. CÓME, Il dettaglio più atroce della passione di Cristo (np.
426-427) è la prova della degradazione alla quale è giunta la
teologia che, dopo aver scientificamente dimostrato che Cristo
morendo ha avuto il membro
eretto con perdita di sperma (il
che può anche essere verosimile),
ne trova però una analogia nelle
perdite dei frammenti durante
Teucaristia!
Che dire poi di D. Vaughan, La
Sindone e la Risurrezione (pp.
468-474) che dimostra la risurrezione con le sedute spiritistiche?
Infine E. Garello, Di quale fascia e cintura lombare fosse avvolto l’uomo della Sindone (np.
525-533) ci comunica che nella
tomba con la Sindone c'erano
anche le mutande di Cristo e lo
dimostra con inenarrabili confusioni linguistiche dei termini greci e siriaci (a prescindere dal fatto che le mutande le avesse invece l’uomo della Sindone).
In questa arrogante fiera della
Scienza al metodo storico è toccata davvero una brutta fine.
Pier Angelo Gramaglia
a colloquio
con I lettori
LA FAME
CONCLUSO IL SECONDO ’’SETTEMBRE MUSICA”
Bach e Mozart a Torino
Medioevo, della salvezza per
grazia. Affermazione che il Delumeau nel suo Naissance et affirmation de la Réforme considera
un preannunzio del clima spirituale che condurrà alla Riforma
del XVI secolo, o — se si preferisce — una prova della vitalità
della tradizione teologica paolino-agostiniana durante i « secoli bui ».
Ecco i famosi versi nel testo
originale latino e in traduzione letterale italiana:
Rex tremendae majestatis
Qui salvandos salvas gratis,
Salva me, fons pietatis.
(O Re dalla tremenda maestà,
che salvi gratuitamente (o: per
grazia) quelli che devono essere salvati, salvami, o fonte di
pietà).
Ecco invece come vengono
tradotti questi versi nella pubblicazione curata dal Comune ed
offerta ad ogni partecipante:
« Re di terribile maestà, che conduci alla salvezza coloro che lo
meritano, salvami, fonte di carità ».
Ogni commento guasterebbe!
Il significato è capovolto per ricondurlo nel solco dell’ortodossia cattolica post-tridentina. Come non pensare ad un piccolo
colpo di mano clericale insinuatosi abilmente nel quadro di
una manifestazione tipicamente
laica?
Ci permettiamo di suggerire
al solerte Assessore alla cultura
del Comune di Torino una maggiore sorveglianza sui traduttori « di fiducia »!
Carlo Papini
Il 16 settembre, con la moglie ed I
nostri quattro figli, siamo stati a Milano con l'Esercito della Salvezza.
Abbiamo conosciuto nuovi fratelli e
nuove sorelle, e, parecchie persone
che da poco si sono avvicinate all'Evangelo, frutto del lavoro di evangelizzazione della coppia lannarone che
sentono fortemente le parole del Signore: « Va’ fuori per le strade e lungo
le siepi... ».
Dopo il pranzo abbiamo parlato sulle possibilità di aiutare a Milano quegli uomini, donne e bambini —■ europei
0 di colore — che soffrono una gran
fame, ma una fame come quella del
dopoguerra. Fame di un pezzo di pane o di un piatto di minestra. Fame
arretrata di giorni e giorni, aggravata
da anni di malnutrizione. Fio sentito in
questa coppia di servitori del Signore
il dolore di non poter fare di più di
quello che fanno, per mancanza di collaboratori e di fondi. Così, Il locale
che un tempo era ristorante per i poveri viene raramente utilizzato.
L'Apostolo Paolo avrebbe certamente ordinato una colletta per i poveri
di Milano; e noi?? Mi chiedo quanti
evangelici che hanno predicato un
evangelo sociale sarebbero disposti a
fare un lavoro veramente sociale, di
servizio per questi fratelli che soffrono. Se questi sinceri credenti ritornano alla predicazione dell’Evangelo di
Cristo, accompagnando le parole ai
fatti: dando pane a chi ha fame e da
bere a chi ha sete, come Cristo lo
ha ordinato, chissà che non si riesca
a fare qualche cosa di concreto per
il nostro prossimo.
Forse qualcuno dirà che un'opera
di tipo assistenziale non è la soluzione del male, ma io penso che è meglio fare poco che niente. Certo che
è più facile dire osile parole di libertà e di uguaglianza o fare delle promesse di una « età d'oro », stando seduti comodamente in poltrona o dal
pulpito di una chiesa ben riscaldata
piuttosto che entrare in un'umida stanza dove dieci o più persone « vivono ■
nella più profonda miseria con una
grande fame dipinta sul volto; oppure cercare nell'albergo popolare gente
da sfamare.
i'Evangelo di Cristo va vissuto più
che studiato. Questo lo dico a me stesso per primo perché riconosco di non
essere veramente fedele al mandato
del Maestro.
Con ciò non dico che dobbiamo perdere di vista i grandi problemi che
travagliano l'Italia ed il mondo intero.
Ma, facciamo quello che possiamo nella città in cui Dio ci ha posti, per il
bene della città, certo, (Geremia 29:
7), ma soprattutto per il bene di tanti abitanti che muoiono di fame senza
possedere il certificato di residenza
nella città. Degli uomini, delle donne
e dei bambini che oer le vane giunte
comunali non esistono, ma che pure
sono una cruda e dura realtà.
Fio sentito di dover sottomettere questo grave problema ai fratelli ed alle
sorelle che leggono la Luce, affinché
si possano trovare nella preghiera, nella meditazione e con l'azione, quelle
necessarie soluzioni.
Salvatore Cornisi, Savona
5
19 ottobre 1979
Una battaglia umanitaria in cui gli evangelici sono stati impegnati assertori (ma anche interessati opposito^
La lotta contro la schiavitù
Un "serial” televisivo inglese, di buona fattura, ci ha dato una valida informazione sul
fenomeno storico della schiavitù - Un invito a lottare contro le ingiustizie i oggi
Abbiamo visto più di una volta in televisione telefilms storici
prodotti dalla televisione inglese; si tratta per lo più di prodotti dignitosi, di buona fattura, ben
ambientati e piuttosto attendibili storicamente; un’opera di divulgazione che ben si adatta alla
patria del romanzo storico. Qualcuno forse può arricciare il naso
davanti alla Storia sceneggiata;
ma indubbiamente è un mezzo
che la rende molto più facile,
più accessibile al profano, e, per
così dire, più appetibile; l’importante è che la sceneggiatura
chiarisca e non modifichi i fatti
storici.
L’ultimo esempio del genere è
stato «La lotta contro la schiavitù », serie di sei episodi trasmessi tutti i sabati fra agosto e
settembre, di cui è autore il giamaicano Evan Jones, che presentava brevemente ogni puntata.
L’argomento è appunto la lotta contro la schiavitù, limitatamente all’Inghilterra e alle sue
colonie, a cavallo fra XVIII e
XIX secolo, dalle prime proteste
suscitate nell’epoca delFilluminismo dalla tratta degli africani,
fino alla legge di emancipazione
del 1833.
Condanna ferma
ma non morbosa
La stranezza del filmato, che
però ne è anche uno dei punti di
forza, è che questo programma
sulla schiavitù si svolge soprattutto a Londra: nelle aule del
Parlamento dove Wilberforce,
Pitt, Fox presentano int^rogazioni contro la tratta degli schiavi; nei salotti dove se ne parla;
nei tribunali, dove il capitano
che ha gettato in mare — vivi —
alcuni schiavi per alleggerire la
nave cerca di ottenere un indennizzo dalla società assicuratrice;
nelle taverne dei porti dove
Clarkson cerca testimonianze da
parte dei marinai. Anche quando
la scena si sposta in Africa o in
Giamaica si conosce la schiavitù
per lo più indirettamente, per
esempio attraverso gli accordi
del capitano negriero col re del
Dahomey, o la conversazione della signora Nugent, moglie del governatore della Giamaica, con la
schiava Nelly o col suo padrone.
Anche l’informazione sulle brutalità sconvolgenti usate sulle
navi che deportano gli schiavi o
nelle piantagioni è data con grande sobrietà, quasi sempre in maniera indiretta: la documentazione di Clarkson sugli strumenti di tortura, la piantina di una
nave negriera con lo schizzo dei
prigionieri accatastati nelle stive, la rimozione dello scheletro
di uno schiavo ribelle; appeso a
un albero imprigionato in una
stretta armatura di ferro. Sono
particolari agghiaccianti, resi con
fermo spirito di condanna ma
senza alcun compiacimento morboso, e senza stimolare quella
vena di sadismo nascosta in ciascuno di noi; l’emozione nasce
spontaneamente dai fatti, non
dal modo di raccontarli. Tutto
questo differenzia nettamente
questo filmato da « Radici », visto lo scorso anno, a cui si è voluto appaiarlo per la somiglian
za, almeno apparente, del tema
trattato; in realtà fra i due filmati c’è ben poco in comune;
« Radici » era uno spettacolo sulsulla schiavitù, mentre questo è
un programma di informazione
sul fenomeno storico della schiavitù.
I personaggi
Parecchi i personaggi principali, tutti storici: William Wilberforce e Charles James Fox,
deputati; il famoso primo ministro William Pitt; il pastore John
Newton, ex-ufficiale su navi negriere, poi convertitosi; Olaudah
Equiano, africano ex schiavo,
che, liberato, era diventato un
uomo colto che si batteva contro
la schiavitù; il predicatore battista Daddy Sharp, schiavo impiccato nel 1832 in Giamaica
dopo una rivolta; William Knibb,
missionario battista, espulso dalla Giamaica per l’appoggio dato
agli schiavi durante la rivolta
del '32; Thomas Clarkson, che
nel 1787 raccolse con grave rischio testimonianze sulla tratta
degli schiavi; il governatore Nugent e sua moglie.
E’ interessante notare quanta
e quale importanza la conversione all’Evangelo e la sua predicazione abbiano nella ribellione
contro le sofferenze proprie e altrui; Wilberforce inizia la sua
campagna contro la tratta degli
schiavi dopo la propria tormentata conversione; Newton è come Paolo di Tarso un persecut(>
re convertito, che dal suo pulpito non esita e confessarlo, inci
WILLIAM PITT
Tra i protagonisti
WILLIAM WILBERFORCE
Negli anni del « ministero di pace » di Pitt
cominciarono a formarsi comitati contro il
commercio degli schiavi, non più unicamente
composti di quaccheri, allo scopo di agitare la
questione politica tra il pubblico britannico.
Granville Sharp e Clarkson fondarono il primo di questi comitati nel 1787. La causa antischiavista, allo stesso tempo, si aggregò William Wilberforce, risultato della sua « conversione » all’evangelicalismo, mentre Pitt e Fox,
pur senza quell’incentivo, divennero anch’essi
fedeli aderenti. (...)
William Wilberforce non ara un uomo geniale, come Wesley; i suoi amici — Sharp, Clarkson e Zachary Macaulay — forse presero su
di sé il più del peso e delle cure del movimento che fece la sua fama. Ma lui lo rese accetto al pubblico nell’Inghilterra religiosa, politica e mondana di quei giorni. Poiché era stato,
prima della conversione, un uomo brillante,
accarezzato dalla migliore società, mantenne
la sua influenza sulla classe dirigente anche
dopo che ne era diventato il critico in nome
di un esigente codice religioso. Per la forza
delle sue attrattive personali, delle sue virtù
e dei suoi stessi limiti parve nato apposta a
lasciar l’impronta delTinfluenza evangelica sulla
vita inglese durante il mezzo secolo della sua
incessante e variata attività. (...)
Al 1“ agosto del 1834 tutti gli schiavi nell’impero britannico dovevano diventar liberi. L’ultima notte della schiavitù i negri delle Indie
occidentali salirono sulla cima delle colline
per veder levarsi il sole, che avrebbe portato
la loro libertà coi primi suoi raggi sulle acque.
Ma laggiù, lontano, nelle foreste dell’Africa centrale, nel cuore di tenebre ancora inesplorate,
nessuno capi o prese in considerazione quel
giorno. Eppure il futuro di quel continente ne
era toccato profondamente. Prima che il suo
sfruttamento da parte dell’Europa fosse avviato in pieno, il più potente dei suoi futuri
padroni aveva deciso che i rapporti fra l’uomo nero e il bianco non sarebbero stati fondati sulla schiavitù. Applicare tale decisione nello
spirito come nella lettera sarebbe stato un
compito più diffìcile di quel che s’era immaginato Wilberforce, un peso al pari che un onore
in molte terre lontane per i suoi concittadini.
Egli frattanto era morto nel luglio del 1833,
vedendo attuati tutti i suoi propositi, ed era
stato sepolto nell’abbazia di Westminster tra
i grandi uomini di Stato ai quali aveva per
tanto tempo mostrato una luce più alta di quella dell’ambizione politica.
G. M. TREVELYAN: Storia
nel secolo XIX, Einaudi 1971
62,266,267.
delTInghilterra
(5‘ ed.) pp. 61,
JOHN NEWTON
Allorché decise finalmente di denunciare il
commercio degli schiavi, John Newton non lo
fece per esprimere una sua opinione e nemeno per illuminare il comune pubblico. Nessun altro ministro «evangelico» aveva stabilito un tal record, di ascesa dalla abiezione del
pervertimento morale. In gioventù. Newton era
era stato corrotto dalla lettura di Shaftesbury
ed era diventato un libero pensatore che si faceva gioco di Dio. Il fatto di esser stato messo in catene e frustato brutalmente quand’era
marinaio, aveva inasprito il suo carattere. Era
stato, lo confessava egli stesso, lo «schiavo
compiacente» di tutti i vizi, comprese la lascivia e la dissolutezza, sulle coste dell’Africa. Ma
dopo aver letto le Notti di Young ed esser
sopravvissuto ad una spaventosa tempesta sul
mare. Newton approfondì sempre più la sua
coscienza religiosa. La malattia lo costrinse ad
abbandonare il commercio degli schiavi ed i
sermoni di Whitefleld rafforzarono la sua inclinazione al sacerdozio. Ma se Newton si servì
delle sue esperienze nel traffico della Guinea
per simboleggiare il suo originale pervertimento, la sua ascesa non fu più completa di quanto non lo sia stata quella del suo paese. Egli
continuava a pensare che il commercio degli
schiavi fosse stato « l’attività che la Divina
Provvidenza mi aveva assegnato ». Newton era
stato nei villaggi africani e sapeva come la gente fosse dappertutto umana. Sapeva come si
ottenevano gli schiavi. Aveva assistito all’imposizione dei marchi, alle fustigazioni, all’uso degli strumenti di tortura ed alla spartizione delle ragazze negre fra i marinai. Aveva visto abbastanza delle piantagiopi delle Indie Occidentali per concludere che erano peggiori delle
navi che trasportavano gli schiavi. Ma Newton
non aveva mai avuto 11 minimo scrupolo circa
la giustizia del commercio e nessun amico gli
aveva mai detto che non era un’occupazione
legittima. « La distrazione e l’utilità », egli scrisse in seguito, avevano semplicemente impedito l’identificazione del male. Nessuno si rendeva conto che nemmeno la rapina aveva « una
tendenza più spiccata a distruggere il senso
morale, a privare l’animo di ogni inclinazione
benigna ed umana e ad indurirlo, come l’acciaio, togliendogli ogni sensibilità». Ciò che
Newton diede alla protesta contro la schiavitù fu, perciò, una confessione pubblica, la determinazione di parlare sapendo che il restare
ancora in silenzio sarebbe stato «un vero delitto ». Ed il suo cammino incerto per arrivare
a questa decisione fu virtualmente un’allegoria
del progresso della Gran Bretagna.
(Da DAVID B. DAVIS, Il problema della
schiavitù nella cultura occidentale, SEI, 1966,
pp. 439-40).
1
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William Pitt
parla alla Camera
dei Comuni nel 1793.
Dipinto di
Cari Anton Hiekel.
tando a lottare contro la schiavitù; Knibb un missionario; Daddy Sharp un predicatore fra i
suoi compagni di schiavitù; la
« Società per l’abolizione della
tratta degli schiavi » è d’ispirazione cristiana.
Non per caso i piantatori della Giamaica avversavano i misy
sionari, proibivano che i negri
predicassero l’Evangelo, vietavano il matrimonio e favorivano la
promiscuità fra gli schiavi, oltre
ad abusare essi stessi delle loro
schiave, in modo da favorire
l’immoralità fra di essi, e vedevano di malocchio anche il loro
battesimo. Osserva nel telefilm,
non ricordo se la voce fuori campo o uno dei personaggi, forse
Wilberforce: « Quando i negri
sanno di avere diritto anche loro
a un posto in Paradiso, diventa
sempre più difficile negare loro
dei diritti sulla terra ».
L’ambiente
religioso
L’ambiente religioso in cui si
svolge la vicenda è d’altra parte
presentato con obiettività; se viene messa in rilievo la conversione che porta Wilberforce e Newton a iniziare la loro lotta, Sharp
a ribellarsi e il pastore e la signora Knibb a sostenerlo, senza
finzioni e senza veli sono presentati anche i pastori che davano giustificazioni bibliche alla
schiavitù, i buoni cristiani che la
scusavano con giustificazioni
pseudo-moralistiche: « È’ necessario portare i negri nelle colonie per farne dei cristiani, sono
troppo selvaggi per potersi guardare da soli ». Discorsi che hanno sempre tentato di giustificare
il colonialismo e l’oppressione.
« Duemila anni fa » dirà uno dei
personaggi in un suo discorso
« probabilmente i Romani tenevano in schiavitù i nostri antenati Britanni con queste stesse
considerazioni: che non erano
abbastanza civili da sapersi governare ».
Né d’altra parte il filmato divide nettamente i « malvagi
schiavisti » dai « buoni abolizionisti ». Mette anzi bene in chiaro
come i primi non fossero solo i
comandanti delle navi negriere,
ma anche i corrotti e impeccabibi uomini d’affari della City che
dalla tratta degli schiavi ricavavano delle fortune senza sporcarsi le mani, col sistema dei tre
viaggi: le navi partivano dall’Inghilterra con merci di poco pregio, le scambiavano in Africa con
schiavi, che vendevano nella Indie Occidentali con grande profitto, ritornando poi a Londra
con carichi di merci pregiate.
Anche la complicità di re e capi
tribù africani, i>er eseimpio il re
del Dahomey, viene messa in risalto, ma senza cadere in una fa
cile autogiustificazione: lo facevano loro, potevamo farlo anche
noi.
Debolezze e
incoerenze
E anche dei « buoni » sono
mostrate le debolezze e le incoerenze: Pitt è soprattutto l’uomo
politico, che pur conoscendo la
bontà della causa emtischiavista
si decide ad abbracciarla solo
quando non può nuocere al proprio partito; Wilberforce stesso,
pur essendo uno dei più convinti
e intransigenti assertori della
causa, appoggia in patria delle
misure restrittive delle libertà
personali senza misurarne il rischio o accorgersi della propria
incocrenza (gliela farà notare
Fox, per altri versi cinico e spregiudicato); e per tutta la prima
parte della propria battaglia, egli lotta contro la tratta degli
schiavi, senza mettere in discussione, se non in prospettiva, la
schiavitù stessa; egli stesso del
resto si rende conto di dedicarsi
a una causa che conosce solo indirettamente: « Io però » dice a
Knibb che, rimpatriato dalla
Giamaica, è andato a trovarlo
« non ho mai stretto la mano a
uno schiavo »,
Un programma coraggioso,
dunque; che ha saputo mostrare
con orgoglio come la Gran Bretagna sia stata la prima nazione
ad abolire la schiavitù, ma anche, senza paura, quanto e da
quante parti l’emancipazione sia
stata avversata, per interessi, indifferenza, pregiudizi.
Coraggioso anche abbastanza
da non fermarsi al lieto fine; dopo averci mostrato, all’annuncio
dell’emancipazione nel ’33 gli ex
schiavi esultanti nelle piantagioni, e il vecchio Wilberforce (il
« puro di cuore » che è in fondo
il protagonista ) finalmente soddisfatto, il programma sa aggiungere qualcos’altro: la riflessione di un ex-schiavo che tagliando la canna da zucchero osserva: « Una volta tagliavo la
canna come schiavo del mio padrone: ora la taglio come apprendista del mio padrone; perché apprendista, se per tutta la
vita non ho fatto altro? (Juando
lavorerò per me stesso? ».
Non un lieto fine, dunque,
adatto più a una storia che alla
Storia; ma un finale « aperto »,
che rammenta come le ingiustizie contro i negri non siano limitate a « quei tempi » e alla
schiavitù, e come l’abolizione
della schiavitù non sia stata sufficiente ad eliminarle, e che
sembra ammonirci a non considerare le ingiustizie qualcosa di
lontano nel tempo, ma a lottare
contro quelle del tempo in cui
viviamo.
Roberta Colonna Romano
6
19 ottobre 1979
cronaca delle valli
ALLE VALU OGGI
Solo
teoria ?
Prima lezione di catechismo
dell’anno: una quindicina di ragazzi studia con attenzione venata di sospetto il catechista che si
sta informando sulla situazione
di ciascuno, studi, famiglia, abitazione écc.
Il catechista pone una domanda ingenua e nello stesso tempo
traditrice: «Cosa è secondo voi,
il catechismo e perché ci venite? ». La risposta è scontata: « Ci
si viene perché c’è ed i genitori
ci mandano »; o per lo meno ci
sono 80 probabilità su 100 che
questa sia la risposta ed invece
no, l’imprevisto si verifica: « io
vengo al catechismo per imparare » dice uno ed il gruppo, come
spesso accade, lo segue. « Imparare cosa? » insinua il catechista,
silenzio, poi piano piano si modella una risposta generale: « a
conoscere meglio la Bibbia, a
credere... » ma la risposta che
raccoglie immediato consenso,
quella che si comprende subito
essere la vera risposta viene dopo: «,veniamo per prepararci alla confermazione... ». « Alla confermazione...? » prosegue il catechista... « Beh, sì, o alla comunione... ».
A questo punto non so resistere càia tentazione di porre io
una domanda, più banale, innocua, ma che so essere la domanda che solleva un dibattito che
si prolunga poi per settimane:
« chi di voi ha già visto fare la
confermazione? ». Dei 14 uno solo ha visto la cerimonia, quella
come era prevedibile, della sorella; per tutti gli altri è un rito
misterioso. E la comunione?
Idem come sopra, anche l’eccezione in questo caso viene meno,
non ricorda bene se la sorella ha
fatto questa comunione e quando, qualcuno è convinto che la
comunione si faccia sempre, in
chiesa, tutte le domeniche.
Intanto continuavo a rimuginare questa situazione assurda,
intollerabile. Imparare a conoscere meglio la Bibbia, imparare
a credere, senza però aver mai
visto vivere uno dei momenti
fondamentali della fede: la cena
del Signore, senza aver mai partecipato alla vita della propria
comunità! Come è vossibile imparare in queste condizioni? Cosa si impara?
Si sarebbe tentati di dire: meno Bibbia e più Chiesa, meno
evangelo e più vita; più che affannarsi a spiegare il dramma
dei profeti, le sconvolgenti rivelazioni di Paolo o le sublimi intuizioni di Giovanni si dovrebbe
farà vivere ai ragazzi la vita della chiesa.
La teologia cattolica dice che
la fede nasce e cresce assimilando la realtà ecclesiale di cui i
sacramenti sono i « momenti forti »; ma non è l’unica soluzione,
altre chiese evangeliche mantengono viva questa dimensione comunitaria nella educazione dei
giovani, situano cioè la formazione in vista della fede (secondo
la formula che andiamo ripetendo da anni) nel auadro della vita comunitaria. E’ quanto dobbiamo reimparare anche noi.
Significa forse che dobbiamo
rinunciare a formare una coscienza critica nei nostri giovani
alla scuola della Parola, che dobbiamo abbandonare la riflessione e lo studio per la vita liturgica comune, che dobbiamo spostare il centro del discorso dalla
Scrittura alla chiesa? No, significa solo che dobbiamo cominciare a far vivere ai nostri giovani la nostra vita comunitaria,
criticabile e malandata come è,
discutibile e riformabile ma farla vivere, nel culto, il canto, le
opere, il dibattito, la testimonianza ù in primo luogo l’evangelizzazione.
Il gruppetto dei miei 14 catecumeni (dico « miei » nel senso
che sono quelli da cui ho preso
spunto) non possono vivere la
loro istruzione come un lungo
viaggio nel tunnel della teoria
cristiana per sbucare poi, dopo
4 anni, sul deserto della chiesa;
devono crescere con noi, i nostri
problemi e le nostre speranze.
G. Toum
_________IL «c CAMP MISSION BIBLIQUE » A SAN GERMANO
Il coraggio di dire cose semplici
L’epoca in cui s-i è svolto questo campo di evangelizzazione
non poteva essere peggiore: dal
13 al 19 agosto. Ep>pure i giovani
svizzeri, belgi, italiani che vi
hanno partecipato non hanno
certo avuto ^impressione di perdere il loro tempo. Se mai, il loro soggiorno è stato troppo breve per svolgere un programma
che avrebbe potuto essere facilmente raddoppiato: incontri nei
quartieri, visite nelle famiglie,
volantinaggio prima e durante il
campo nella zona di San Germano, una serata sotto tenda in uno
dei giardinetti del paese, gentilmente concesso per l’occasione,
una serata nella Sala Valdese ed
un culto finale la domenica 19.
Oltre a ciò i giovani sono intervenuti alla festa del XV agosto
ed hanno cantato e rivolto la parola a quanti gremivano la piazza di Frali quello stesso giorno.
Si è sempre trattato di im modo
estremamente semplice e diretto
di rivolgersi a quanti intervenivano ai vari incontri, e sappiamo che molte volte i giovani hanno saputo seguire con un atteggiamento veramente pastorale alcune persone che hanno visto in
loro, come tutti noi, dei gioiosi
messaggeri deH’amore di Cristo.
Particolarmente rallegrante il
contatto con i giovani locali e
con molte persone relativamente
estranee alla vita attiva della comunità. Il canto e le testimonianze, sempre saldamente ancorati al messaggio biblico, anche
la danza, hanno portato come
una ventata di rinnovamento a
quanti si sono lasciati coinvolgere dalla gioia comunicativa dei
nostri ospiti. Va notato che quasi ognuno dei giovani partecipanti veniva da un’esperienza difficile, (vita di famiglia offuscata
daH’alcoolismo, rivolta, crisi, difficoltà di ogni genere) dalla qua
« Giovani e
vecchi si
rallegreranno
insieme »,
si canta
all’uscita del
culto.
(foto
Renato Ribet)
le il Signore aveva saputo trarli
chiamandoli al suo servizio.
Così, non si poteva fare a meno di sentire che ciò che dicevano e facevano, la liberazione di
Cristo di cui parlavano era per
loro cosa vissuta e reale, trasformazione della vita intera e trasformazione comunicativa. L’affetto con cui i sangermanesi li
hanno circondati, i mille modi
con cui hanno fatto loro sentire
che avevano pienamente posto in
mezzo a noi sono segno evidente
che la loro venuta non è stata
inutile.
Quel che abbiamo da imparare
da loro è molto: una vita di meditazione della Parola di Dio e di
preghiera intensa e perseverante; una preparazione dei campi
(il nostro era soltanto uno dei
molti) lunga ed accurata, tanto
sul piano organizzativo che spirituale; la generosità con cui
molti hanno partecipato alla preparazione logistica del campo
senza neppure conoscerci; il coraggio di dire cose « semplici »
(cioè di annunciare l’Evangelo
nudo e crudo) fondandosi soltan
to su di una vita che cerca concretamente di attenersi all’Evangelo.
Durante tutto l’arco del campo
i tempi di riflessione, di studio
biblico, di preghiera (mai nessu
na riunione ha avuto luogo senza
un tempo di intercessione) hanno avuto il debito spazio. Inoltre
abbiamo potuto constatare con
quale fedeltà alcuni dei giovani
campisti seguono alcuni giovani
sangermanesi. Il fatto che un
piccolo gruppo di giovani si riunisca ora settimanalmente per
continuare il discorso aperto
qualche mese fa non può che rallegrarci, nella convinzione che il
Signore può, se lo vuole, aiutarli
a portare avanti quel discorso, e
non un altro, in vista di un servizio concreto nell’ambito della
comunità e fuori.
Due possibilità stanno ora dinanzi a noi: preparare sin d’ora
il prossimo camp-mission biblique, pensare seriamente a quello
che possiamo fare nel corso dell’inverno nella ¡stessa direzione.
In modo che « l’anno dell’evangelizzazione », come la nostra chiesa sembra volerlo vivere, possa
finalmente aprirci a possibilità
di testimonianza che sembravano almeno sopite in mezzo a noi.
Un grazie al Signore per quello
che ci ha dato attraverso a questi giovani fratelli, per quello
che ha dato a molti altri come
noi. E l’impegno di non lasciare
cadere il discorso.
Giovanni Conte
COMPRENSORIO DEL PINEROLESE
Scelta una prima
<carea»
Con una decisione quasi unanime (unico astenuto il consigliere di Osasco Gilli, indipendente
di sinistra), lunedì 8 ottobre il
Comprensorio ha individuato
l’area industriale per il pinerolese. Si tratta della zona Bocciardino a Luserna S. Giovanni, della
zona tra San Germano e Villar
Peroisa, della Zona Aitali di San
Licenziati dalia FÌAT
Pinerolo. « I 61 operai sospesi
dalai FIAT, devono rientrare al
lavoro » così si sono espressi i
partecipanti ad una riunione intercategoriale sindacale svoltasi
giovedì scorso alla Camera del
Lavoro e all’assemblea pubblica
promossa sabato scorso da Democrazia Proletaria. « La violenza in fabbrica è una scorciatoia:
la usano i meno coscienti credendo di far fare passi in avanti
a tutti. Ma se non c’è coscienza
non si fanno passi in avanti. La
violenza è dentro i rapporti di
produzione nel momento in cui
vengono imposti i ritmi e le condizioni di lavoro: non tutti sono
uguali, un operaio anziano ha diritto secondo gli operai a lavorare in modo diverso da uno giovane in buona salute, ma la Fiat
pretende da tutti la stessa produzione » — è stato osservato.
« Con queste decisioni di sospendere 61 operai, senza indica
re chiare motivazioni, la Fiat si
sostituisce al magistrato e condanna una persona sulla base di
prove che non fa conoscere, questa è una violazione della Costituzione e del Codice » — ha detto un avvocato.
« E’ un attacco al sindacato, ai
diritti dei lavoratori, si vuole far
paura per non far crescere le
lotte dei lavoratori. Ma anche il
sindacato ha le sue responsabilità per l’incertezza sul modo
usato per affrontare le divisioni
interne: divisioni tra operai anziani e nuovi assunti, tra operai
del sud e quelli di qui, tra operai
comunisti, socialisti e della nuova sinistra. Divisioni che possono venire superate solo con la
discussione. La Fiat gioca su questa divisione anche in questo caso di sospensione », è stato ancora osservato.
La decisione delle due assemblee è stàta quindi quella di pro
seguire un’opera di informazione
sulla reale ¡situazione delle sospensioni operate dalla Fiat, e di
svolgere un’azione perché vengano riammessi al lavoro i 61 operai: « tutti hanno diritto al lavoro, indipendentemente dalle loro
idee politiche. Se ci sono fatti di
violenza, suffragati da prove sia
la magistratura a decidere: la
Fiat non è un tribunale. L’Italia
nata dalla resistenza non è il paese del Berufverbot ».
gg
Secondo, e della zona compresa
tra la via Carmagnola e corso
Torino a Pinerolo.
Si è trattato di una decisione,
presa in assenza di programmazione, che riconosce come industriali aree già «compromesse» e
che secondo l’intenzione del comprensorio dovrebbe permettere
nuovi ma limitati insediamenti e
dare una sistemazione all’esistente.
Una decisione, quella di lunedì
scorso, che premia la linea politica DÒ che ha ottenuto dal comprensorio una sanatoria su alcune discutibili iniziative di suoi
sindaci (vedi l’area di Airali di
S. Secondo) e di mettere in difficoltà la sinistra per l’area di
Pinerolo (infatti il quartiere di
San Lazzaro ha iniziato una raccolta firme contro l’inquinamento ambientale delle industrie già
esistenti).
Inoltre la decisione è di una
certa gravità essendo ¡stata assunta in assenza di studi tecnici
sull’assetto idrogeologico dei terreni, dell’inquinamento esistente,
dei problemi viari, degli strumenti urbanistici, della situazione dell’agricoltura.
gg
PERRERO
Piano di attuazione dei
programma di fabbricazione
PINEROLO
Protesta degli studenti
Noi Studenti dell’Istituto Magistrale Rayneri di Pinerolo stamane, 15 ottobre, abbiamo svolto regolari lezioni in Piazza Vittorio Veneto.
Tutto questo per protestare contro l’indifferenza del Sindaco e
della Giunta Comunale di fronte ai gravi problemi che da troppo
tempo pesano sull’Istituto.
Nelle nostre scuole infatti mancano delle aule, oltre a quelle
per fare lezioni normali, anche quelle ausiliarie come l’aula di musica, il laboratorio di chimica.
Come si è risposto a questo problema? Con la sistemazione di
cinque classi nei locali di Pr.lazzo Vittone, quelli che noi chiamiamo « piccionaia ».
In questo luogo incivile non arriva luce naturale né aria, i servizi igienici sono inadeguati ed inoltre a questi locali si accede mediante una scala pericolante cosparsa di veleno per topi.
Infine per gli spostamenti (in palestra o anche nella sede centrale) si perdono minuti preziosi di lezione.
Chiediamo quindi: la ristrutturazione delle « piccionaie » dal momento che è impossibile ottenere delle altre aule, la garanzia per
il prossimo anno scolastico di ottenere aule agibili.
Gli studenti dell’Istituto
Magistrale Rayneri di Pinerolo
Al consiglio comunale di Ferrerò l’architetto Alfredo Salvo
ha illustrato il, piano di attuazione del programma di fabbricazione, nel quale sono elencate le
opere da eseguire entro il triennio 1979-81. Questo piano, che ha
già preoccupato molte persone
allarmate dalle restrizioni previste dalla legge, comporta una
previsione di spese per 2.686 milioni: dei quali 1.480 destinati alle opere già in corso per i danni
alluvionali e 1.200, ripartiti in tre
anni, per tutti i lavori possibili
nel Òomune di Ferrerò. Una parte del piano è anche in comune
con Frali; si tratta di un’ipotesi
di consorzio per lO smaltimento
dei rifiuti solidi urbani.
Gli oneri di urbanizzazione pagati dai privati sono abbastanza
¡scarsi, rispetto alle previsioni di
opere pubbliche, segno che nel
Comune di Ferrerò vi saranno
poche costruzioni nuove. Saranno invece possibili rifacimenti
dell’esistente, cioè ammodernamento di vecchie case.
Un aspetto della legge che suscita molti dissensi è rappresentato dalle restrizioni per le co
struzioni agricole, escluse dal piano di attuazione. Per essere dichiarati conduttori agricoli bisogna ricavare i 2/3 del proprio
reddito dalla terra, ma soltanto
il 6% degli operatori agricoli nella Comunità Montana rientra in
questa categoria. La legge, che è
stata fatta per evitare la speculazione edilizia nelle campagne
non è assolutamente compatibile con le esigenze delTeconomia
montana, dove una famiglia svolge sovente due o anche tre lavori, compresa l’agricoltura.
Il Consiglio comunale si è anche occupato delle aree verdi attrezzate che non raggiungono la
percentuale richiesta dalla legge
per ogni abitante. Sarà necessario ingrandire l’area di Ponte Rabiour e attrezzare un nuovo spazio alle Sagne, oltre il torrente
Germanasca. Il parco giochi di
Chiotti potrà essere completato con un contributo della Comunità Montana e il lavoro volontario della popolazione. Il terreno destinato a questa piccola
area ricreativa è però privato, il
Comune si è impegnato a trattare per l’acquisto. L.V.
7
19 ottobre 1979
CRONACA DELLE VALLI
Ancora su "Ciò 'd Mai”___________________san sec_ondq
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h
Martedì 25 settembre si è tenuta nei
locali del Presbiterio di Luserna San
Giovanni una riunione aperta per discutere la rappresentazione di Cio'd
mai '79. Punto centrale della discussione sono state le critiche e le osservazioni, peraltro sempre costruttive
esposte dal pastore A. Taccia che vertevano principalmente sui programma
stesso della manifestazione che è stato ritenuto mal distribuito nell'arco
della giornata di domenica lasciando
ampi spazi vuoti che avrebbero potuto essere colmati da dibattiti con il
pubblico o con la presentazione di
qualche libro.
Altro punto messo in discussione è
stata la constatazione della scarsa affluenza del pubblico della zona al quale era principalmente destinato lo spettacolo. Si è poi parlato di problemi
tecnici più specifici tra i quali la dislocazione non ottimale della mostra dei
libri e dei dischi, e la mancanza di
dialogo con il pubblico presente, inoltre, opinione comune di tutti è stata
il riscontrare un certo distacco dal
pubblico tenuto in particolar modo dal
gruppo dei Lyonesse » che non ha
nemmeno ritenuto opportuno presentare i testi delle proprie canzoni. Discorso a parte merita invece il gruppo
dell'Astrolabio, e con la presente vorremmo rispondere, sia pur indirettamente, all'articolo apparso sul n. 38
di questo giornale avente per titolo
<• Discutiamo la rappresentazione di
"Cio'd mai" ».
Riteniamo che la scelta del gruppo
« Astrolabio » resti tuttora valida, in
quanto ha presentato uno spettacolo
che, se pur in parte, è riuscito a coinvolgere il pubblico e a creare una atmosfera festosa, il nostro intento non era
POMARETTO
Domenica 14 ottobre ha avuto
luogo la già annunciata assemblea di chiesa. È stata accettata
la proposta di tenere i culti, durante la stagione invernale 19791980 nella sala lei Teatro anziché in chiesa, con inizio la prima domenica di novembre.
Il concistoro è convocato presso la Sala Lomtaardini, sabato
27 ottobre alle ore 20.30.
Il culto all’Inverso è anticipato a domenica 21 ottobre p.v.
Presiederà il pastore Paolo Marauda. Seguirà un pranzo comunitario. Prenotarsi presso l’anziano Rene Long o Lisa Costabel.
• La domenica 28 ottobre avrà
luogo a Pomaretto il « Bazar »
tutti sono cordialmente invitati.
La sera avrà luogo una cena comunitaria. Chi vuol prendere
parte è pregato di prenotarsi
presso le responsabili dell’Unione Femminile.
oggi e domani
certo quello di fare uno spettacolo per
puristi della musica popolare, ma di
offrire un'occasione per stare insieme.
Inoltre siamo dell'opinione che la
musica popolare dev’essere un patrimonio di tutti e accessibile a tutti, e
non solo di chi ne rappresenta geograficamente l'origine. Siamo altresì concordi nell'affermare che il gruppo dell'Astrolabio ha apportato alcune variazioni ai testi originali di alcune canzoni, che possono piacere o meno, ma
di qui aH'affermazione che i loro brani
sono riproposti in versione discoteca
il salto ci sembra un tantino esagerato.
Gruppo FGEI e Gruppo Filodrammatico di Luserna San Giovanni
FRALI
Una giornata per l’Asilo di San
Germano.
L’Unione Femminile ha accolto il 28 settembre, una magnifica giornata d’autunno, un gruppo di ospiti dell’Asilo per Vecchi di S. Germano. Per alcuni si
trattava di un ritorno, per altri
della prima visita all’alta Val
Germanasca. Per noi di Prali
l’incontro è stato come sempre
un’occasione lieta, anche se si
pensa con rammarico a quelli
che non hanno potuto salire, e
per i quali bisognerebbe fare di
più.
TORRE PELLICE
• Domenica 7 ottobre sono
stati battezzati ai Coppieri Cristina, Claudia e Thierry Negrin.
o La comunità è stata colpita
dal lutto per il decesso di E. Mario Corsani, per molti anni anziano e cassiere del concistoro.
Ai figli professori Bruno e Ferruccio la simpatia cristiana di
tutti.
• Ancora la settimana scorsa
è deceduta Susanna Eynard ved.
Charbonnier. la comunità è vicina alla famiglia in lutto.
• Ricordiamo che Domenica
21 ci sarà la giornata comunitaria.
• Nei giorni 1-4 novembre .avrà
luogo a Torre Pellice l’assemblea
della Federazione Evangelica; è
prevista l’affluenza di molti delegati perciò la Foresteria avrà
qualche difficoltà ad ospitarli
tutti. Chi avesse una camera da
mettere a disposizione è pregato
di farlo sapere al pastore o alla
Foresteria.
ANGROGNA
• PINEROLO. La , onferenza del prof.
D. 'Maselli annunciata per il 26
ottobre avrà luogo invece il 23 novembre.
• POMARETTO: Domenica 21 ottobre in Piazza L'bertà 1, alle ore
20.30 Incontro sul miglioramento delle
colture del castagno, organizzato dalla
Comunità Montana.
Sono invitati agricoltori e proprietàri di castagneti.
® TORRE PELLICE: Domenica 21 ottobre nei Salone comunale di viale Rimembranza (g.c.) alle ore 20.45
« Sounaires Ousitans » con ballate e
canzoni delle nostre Valli. Manifestazione a cura del locale Gruppo Evangelico Giovanile. Ingresso libero.
• ANGROGNA: « Autunno in vai
d'Angrogna » organizzato dal Comune, dalla Comunità Montana Val
Pellice, dalla Provincia di Torino e dalla Regione Piemonte.
Sabato 20 ottobre, ore 21 nel
Tempio Valdese del Serre - Coro alpino Valpellice - Concerto di canti di
montagna.
Domenica 21 ottoore, ore 21, in Municipio - dibattito sul tema « Piano regolatore intercomunale » introdotto
dall'Arch. P. Longo, Pres. Comunità
Montana Valpellice.
Martedì 23 ottobre, ore 20.30, nella
scuola comunale di Chiot di'Aiga, incontro-dibattito su « Piani zonali agricoli. Parlerà il Dott. G. Maspoli ed interverrà l'Assessore provinciale G.
Baridon,
Mercoledì 24 ottobre, ore 21, in
Municipio - il Gruppo Teatro Angrogna
presenterà proposte di lavoro per la
stagione 1979-80: 1) seminario su Bertold Brecht: 2) film dello spettacolo
« Pralafera 1920 ».
Nel corso del culto del 21 c.
m. (inizio attività e agape fraterna) verrà data la Bibbia ai
catecumeni del U anno. La colletta verrà devoluta jai profughi
vietnamiti e al Nicaragua attraverso la Federazione.
Sabato 29 si sono uniti in matrimonio nel tempio di San Secondo Paola Gallina e Francesco
Englen.
Agli sposi che si stabiliscono
a Torino, la comunità rinnova il
suo augurio sincero.
• Sono nati Federica Mancanelli di Enzo e Gemma Paschetto (Grotta); Mauro Pacchiodo di
Dario e Silvana Gaudin (Bricherasio).
Un augurio alle famiglie rallegrate da queste nascite.
• La frazione di Miradolo ha
una scuola materna. Ha iniziato
a funzionare lunedì 15 ottobre
e ne daremo ulteriori notizie.
• Da quotidiani torinesi abbiamo appreso la notizia che in occasione di una riunione del Consorzio dei Comuni pinerolesi è
stato deciso che la zona di S.
Secondo adiacente alla strada
provinciale Pinerolo-Torre Pellice diventerà zona industriale.
Non entriamo il merito alla decisione poiché non ne abbiamo
la competenza, ma essa ci preoccupa un po’ in quanto la popolazione ed i proprietari dei
terreni coltivati della zòna non
sono stati consultati e non vorremmo che la decisione fosse
presa sula testa delle persone
direttamente coinvolte.
_____________PRAMOLLO
Ringraziamo vivamente il pastore Edoardo Micol, la sorella
Maria Barbiani, gli studenti in
teologia Erminio Podestà e Vito
Gardiol e il fratello Ugo Zeni
che hanno presieduto i culti nel
corso del mese di settembre,
portandoci una parola di speranza.
• La comunità è vicina ai fratelli Levi Long, Bartolomeo Beux,
Attilio Travers e Gustavo Jahier
chejsono stati in vari modi provati dalla malattia ed in preghiera chiede a Dio di volerli guarire.
PRIMO GIRCUtTO
Gli incontri di preparazione
alla predicazione si terranno,
per il mese di ottobre, presso il
Presbiterio di Angrogna ogni
mercoledì alle 9.30. Gli incontri
sono aperti a tutti gli interessati.
Ristrutturazione
del Rifugio
Re Carlo Alberto
Sabato 20 ottobre, alle
ore 20.45, nei locali dell’Asilo Valdese di Torre
Pellice avrà luogo un incontro pu’oblico per discutere e per presentare gli
orientamenci della ristrutturazione del Rifugio e discuterne con la popolazione.
Tiitti sono cordialmente
invitati! La CIOV
PROSPETTIVE PER ANGROGNA - 5
Uscire dal silenzio
L’amministrazione comunale
sta per dare il via ad un’interessante serie di spettacoli, mostre
e dibattiti («Autunno in Val d’Angrogna») che inizieranno a partire da sabato 20 (e che non ha
precedenti) di cui daremo annuncio ai lettori, di volta in volta, nella nostra rubrica « Oggi
e Domani ». Nel calendario delle manifestazioni spiccano i nomi dello scrittore Nuto Revelli,
autore de « Il mondo dei vinti »,
del fotagrafo Guido Odìn e di
Ivan della Mea con le sue « ballate » in cui emerge la condizione proletaria della moderna civiltà.
Ma non si tratta soltanto di
spettacoli. Anzi tutte le iniziative, compresi i dibattiti pubblici
con esponenti della Regione, della Provincia e della Comunità
Montana tendono ed un unico
obiettivo: capire quali sono, oggi, le reali possibilità per Angrogna. In una situazione come la
nostra « con pochi abitanti e
molti problemi» un’iniziativa del
genere tende a organizzare e a
rivitalizzare il tessuto culturale
che ancora sopravvive. «Le risorse, pur magre, che ci sono
LUSERNA S. GIOVANNI
Sala Albarin
FESTA
DEL RACCOLTO
Domenica 21 - ore 14.30
PRAROSTINO
nel nostro territorio — così osserva il sindaco Coisson nel presentare il programma delle manifestazioni — vanno valorizzate, le forze, pur ridotte, vanno
unite e coordinate in un’azione
comune, le persone, pur poche,
vanno sostenute perché non siano costrette ad andarsene ». Non
a caso il programma ha carattere unitario. L’Amministrazione
lo ha voluto firmare insieme alla
Cooperativa agricola, al Gruppo
Teatro e allo Sport Club Angrogna. Giusto che sia cosi poiché
le iniziative coprono un ampio
ventaglio di espressioni e di interessi.
Certo l’Angrogna che vive, che
pensa, che si organizza e s’impegna non si esaurisce solo nel
qua(iro che il Comune propone.
Ma il programma più che quadro è un crocevia. Ognuno porterà in questo confronto quello
che ha o che sa. Anche per chi
è critico ci sarà qui un’occasione per parlare apertamente.
L’importante è uscire da questo
confronto più consapevoli e partecipi nel costruire il nostro domani.
G. Platone
Terra e fede
Lettera al direttore dell’Eco
del Chisone.
Caro Direttore.
Le scrivo dalle alture di Rorà, un
paesino a me, ginevrino di nascita, caro per vari motivi. Ed Ella lo sa bene,
se ricorda i nostri ■< simposi » di un
tempo, ora qui a Piamprà, ora in quel
di Mentoulies ospiti dell’ottimo Pazé.
Vedo che il mio trafiletto, « Un'occasione perduta », pubblicato su « L'Eco delle
Valli Valdesi » di qualche settimana fa,
ha suscitato la Sua reazione, ed in
fondo me ne compiaccio. Tutto ciò che
Ella scrive sulla « disgregazione delle
valli pinerolesi legittimamente chiamate valdesi », o sull'auspicio che i vaidesi stessi costituiscano « un dissenso alla nostra vita, al nostro modo di
commerciare, di possedere, di rendere testimonianza alla verità, di costruire la famiglia... », mi trova perfettamente consenziente, soprattutto dove
Ella afferma, con l'igore, ohe « si è
popolo non per via del notaio, ma della fede..., non per via di una denominazione, ma nel vincolo dell'agàpe ».
Dove sta allora II nostro dissenso?
Il discorso che facevo allora era rivolto essenzialmente ai « valdesi » di
queste valli. Facevo capire — e lo ripeto oggi — che per me non esiste un
cc popolo » valdese se insieme non è
« chiesa », non però una semplice
chiesa, ma chiesa valdese, riformata,
evangelica, cristiana. Ed è per questa
chiesa, per la sua libertà di testimonianza al solo Vangelo di Cristo, che
uomini come Janavel e Arnaud hanno
combattuto, e che intere popolazioni
sono state massacrate o disperse. Le
pare poco? Ella mi dirà che il passato
è passato, che oggi, grazie aN’ecumenismo, la situazione è ben diversa, ma
Le rispondo ohe ancor oggi vi sono
popoli che lottano per la loro libertà
di coscienza, che è — occorre ripeterlo? — alla base di tutte le libertà. Ciò
che oggi mi preoccupa non è tanto
il fatto che un prato o una casa, appartenenti ai discendenti dei valdesi
perseguitati nei secoli, passino da un
valdese ad un cattolico, quanto piuttosto che la contrattazione così effettuata sia contrassegnata solo dall'Interesse materiale, spesso male inteso
e peggio amministrato, fuori comunque
dalTagàpe e dalla grazia.
Ecco perché non accetto il Suo rimprovero di voler « identificare la fede
con una geografia », specie quando
Ella aggiunge che questo procedimento logico “ è più giudaico ohe cristiano ». Non contestiamo a Dio la Sua
libertà di essersi un giorno scelto un
popolo « eletto », né penso che il «popolo» valdese sia l'Israele delle Alpi
di mustonlana memorial Ricordo bene
ciò che l'apostolo Paolo scrisse a suo
tempo ai Romani a proposito del popolo d'Israele: « Essi sono israeliti,
Dio li ha scelti come figli... Con loro,
Dio ha concluso i suoi patti, e a loro
ha dato la legge, il culto e le promesse... », ma « non tutti i discendenti
d'Israele sono il vero popolo d'Israele, e non tutti i discendenti di Àbramo sono veri figli di Àbramo « (Rom.
9: 6-7). E neppure c'entra, nel mio
pensare e nel mio dire, il dissenso confessionale, dottrinano. Certo, l'augurio
mio e dei miei fratelli in fede è che
i nostri fratelli cattolici abbandonino
finalmente la loro troppa devozione al
Papa e a Maria, ed insieme con noi
tornino al solo Va,sgelo, « che è soprattutto — Ella scrive — il discorso
dell’agàpe e delle oeatitudini », ma che
è anche — aggiungo io — l'annunzio
della grazia e della salvezza nel solo
Gesù Cristo. Solo allora sperimenteremo insieme ciò che l'apostolo Paolo
scriveva agli Efesini: « Uno solo è il
corpo, uno solo è ¡o Spirito... Uno solo è il Signore, una sola è la fede,
uno solo è il battesimo. Uno solo è
Dio, Padre di tutti, al di sopra di tutti, che in ogni cosa è presente e
agisce» (Efes,, 4: 4-6).
Giovanni Gönnet, Rorà
Un adieu
Chers amis vous ne reverrez plus
une figure bien connue dans notre
vallèe qu’il a tant aimée et parcourue;
vous vous souviendrez de son bon sourire quand il vous approchait pour
vous server la main en passant prés de
vos cdabots. C’est de Monsieur Robert
Turin que je parie : il nous a quittès
ce 25 septembre pour venir se reposer
dans le vieux cimetière des Jalla à St.
Jean. Il empörte son bon souvenir, qui
ne Fa jamais quitte, de vos hàmeaux
parsemés sur la colline et dans la vallèe d’Angrogne, et dit adieu pour la
dernière fois à tous ceux qui Font connu et admé.
Durante l’estate abbiamo avuto un’ intensa attività cadetti;
ogni giovedì pomeriggio nella
cappella del Roc ove risiede un
numero rilevante di bambini, abbiamo avuto anche quest’anno il
coro dei cadetti con l’insegnamento di inni nuovi, seguito da
una storia biblica, il ministero
del profeta Elia, e giochi vari.
Ogni sabato a San Bartolomeo
abbiamo avuto un corso di pasticceria dove i nostri ragazzi e
ragazze hanno imparato a fare
biscotti e dolci vari. Al termine,
visita ad una famiglia in lutto o
a persone isolate che sono state
ammalate durante l’anno. E’ stato così un’occasione di stabilire
un contatto più vivo fra i giovani e gli anziani. Il corso riprenderà a Dio piacendo la prossima
estate.
Ora è arrivato l’autunno e riprendiamo le consuete attività
invernali. Ricordiamo i seguenti
appuntamenti:
I Catechismi inizieranno sabato 20 alle ore 14,30.
Domenica 21, ore 10,30 culto
con S. Cena d’inaugurazione delle
attività e la partecipazione degli
alunni della S. Domenicale e_ dei
catechismi. Ore 13,30: Concistoro allargato ai vari responsabili
delle attività settoriali. Come era
stato suggerito nell’ultima seduta gli anziani e responsabili possono pranzare al sacco nei locali del presbiterio onde facilitare
soprattutto coloro che abitano
lontano.
PERRERO-MANIGLIA
Sabato 20 ottobre, alle ore
20.30 nella sala della Chiesa di
Perrero sarà proiettato il film
delle corali. Nella stessa sera si
avrà la colletta a favore del
Vietnam. Chi vorrà donare solo
per uno o due di questi scopi
è pregato di precisarlo sulla sua
busta.
BOBBIO PELLICE
I culti del 7 e 14 ottobre sono
stati presieduti rispettivamente
dal pastore Edoardo Micol e
dall'anziano Dino Gardiol. La
comunità li ringrazia.
• Sabato 29 settembre di fronte al Sindaco Giuseppe Berton
si sono uniti in matrimonio Melli Silvano e Rochon Elide Vera.
• Domenica lì ottobre, nel
tempio di Pinerolo, si sono uniti
in matrimonio Editta Geymonat
e Silvio Gemesio.
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« L’Eterno ha dato, l’Eterno ha
tolto, sia benedetto il nome dell’Eterno » (Giobbe 1: 21)
Improvviso malore ha troncato il
28.9.’79 la vita di
Febe Corlando
togliendola all’afFetto della sorella, parenti ed amici che tanto l’amavano.
Genova Pegli, 30 settembre 1979
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8
8
19 ottobre 1979
UNA INFORMAZIONE m VISTA DELLA RISPOSTA ALL’APPELLO DELLA FCEI - 3
Sbarcati e dimenticati:
l’odissea dei profughi
L’aiuto umanitario non deve tener conto delle diversità politiche
L’esodo della « gente delle barche» (Eco-Luce n. 25/’79) è
scomparso, quasi con discrezione, daU’orizzonte dei mass-media. Non fa più notizia. Eppure
i quasi due milioni di profughi
indocinesi continuano a costituire una tragedia che, nonostante abbia messo a dura prova le
strutture deirONU per i rifugiati, non ha ancora trovato una
soluzione.
La prima massiccia ondata
dell’esodo, nell’aprile del ’75, fu
assorbita dagli americani. Ma a
partire dal 1977, l’anno che ha
coinciso con un disastroso raccolto agricolo e con la statalizzazione delle regioni meridionali
del Vietnam, l’esodo ha raggiunto proporzioni sempre più vaiste e drammatiche. Sino a raggiiingere le punte allarmanti di
qùest’estate quando la Malesia
respingendo dalle sue coste le
barche dei profughi ha drasticamente costretto i paesi occidentali a porsi Ü problema di
cosa fare.
Di fronte a questa tragica odissea ile possibilità di sopravvivere per chi fugge via mare
dal Vietnam sono del 50%) le
reazioni del mondo occidentale
sono state le più diverse: da chi
ha trovato, nella tragedia di un
popolo, un nuovo cavallo di battaglia per Tanticomimismo sino
ai marxisti che ieri, avendo lottato a flanco del Vietnam del
Nord, oggi si trovano spiazzati
rispetto all’evolversi della nuova
realtà indocinese. Come interpretarla?
J. P. Sartre
Rappresentative di quest’ultima posizione mi sembrano essere le dichiarazioni di Jean
Paul Sartre (le ha recentemente rilasciate a Maria Antonietta
Maciocchi: vedi ’’L’Europeo” delril/10) dopo la visita a Giscard
d’Estaing, per chiedere allo stato francese di soccorrere
il « boat people ». « Ho ritenuto
— dice Sartre — che non bisognasse lasciar morire degli uomini, anche se penso che la maggior parte di questi vietnamiti
fossero contro l'azione che noi
conducevamo per porre fine alla guerra nel Vietnam con la vittoria, che stessero dalla parte
degli americani, come prima erano stati a favore dei francesi.
Ma ora la guerra è finita. Questi
non sono prigionieri ma._ uomini, ai quali occorre assicurare
condizioni normali di esistenza.
Non si deve più tenere conto
delle scelte che fecero all’epoca
della guerra. Fermarsi a questo
significherebbe considerare che
gli eventi sono compiuti e definitivi una volta per tutte. Il mio
parere, al contrario, è che si
può cambiare. Non dico che essi abbiano cambiato, ma possono farlo, e questo è sufiiciente.
Adesso è importante che vengano soccorsi, reinseriti in condizioni umane di esistenza, e non
buttati su dei battelli fra i flutti del Pacifico ma che trovino terre che li accolgano e dove si gua
dagneranno da vivere. Allora, si
faranno altre idee... ».
Ma chi sono in realtà i profughi vietnamiti? Da fonti attendibili, comprese quelle del Sonsiglio Ecumenico delle Chiese
(CEO a cui ci riferiamo, viene
confermato che la maggioranza
della gente delle barche è costituita da vietnamiti di origine
cinese impegnati in attivtà commerciali nella parte meridionale
del Vietnam che non hanno accettato la trasformazione economica in atto. Oltre a ciò bisogna ricordare che la numerosa
colonia dei vietnamiti di origine
cinese (calcolata intorno al milione e 600.000 persone) vive, a
causa della latente conflittualità
Cina-Vietnam, in uno stato di
profonda incertezza resa ancor
più drammatica dagli anni della
guerra e dai recenti disastri naturali. Le motivazioni dell’esodo sono quindi ideologiche (rifiuto del modello socialista) e
economiche (abolizione delle
imprese private). Finita l’epoca
in cui il governo vietnamita riceveva ingenti aiuti dagli americani, la nuova svolta comunista — all’insegna del « vivere
semplicemente per essere in grado semplicemente di vivere » —
ha imposto al paese il traguardo
dell’autosufficienza che richiede
non solo drastici tagli sul consumismo ma un’ingente mano
d’opera nell’agricoltura. Inoltre
numerosi centri di rieducazione, sparsi nelle campagne, impartiscono lezioni a tutti quelli
che in un modo o nell’altro si
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola j
Est e ovest stessa crisi?
Da un articolo pubblicato
da Giorgio Bocca su « La Repubblica del 27.9.’79, sotto questo
stesso titolo, riportiamo la parte
più interessante.
« Gli economisti ’’socialisti"
dell’Est, si sono confrontati a
Milano, nel semingrio Ceses, con
gli economisti ’’capitalisti" dell’Ovest e per cominciare hanno
preso atto che la contrapposizione manichea dei due sistemi appartiene al passato e che la scienza economica ha una sua vita autonoma rispetto all’ideologia.
Detto in parole povere: c’è una
tendenza socialisteggiante e statalista nell’Occidente, e c’è una
risposta "liberista", capitalista,
nell’Est del socialismo reale.
Non si tratta di opinioni, ma
di cifre: i dati forniti dagli economisti occidentali denunciano
una restrizione progressiva del
libero mercato, mentre paesi co
Comitato di Redazione : Franco Becchino, Dino Ciesch, Roberta Colonna Romano, Niso De Michelis, Giorgio GardioI, Marcella Gav. Marco
Pasquet, Aurelio Penna, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Giuseppe Platone, Ornella SbafTI, Liliana Vigllelmo.
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intestato a « La Luce : fondo di soiidarieti », Via Pio V 15 - Torino.
€ La Luce»: Autor. Tribunale di
Pinerolo N. 176, 25 marzo 1960.
« L'Eco delle Valli Valdesi »: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960.
Coonerativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
me l’Ungheria, la Polonia, in parte la Germania dell’Est e la Romania, per non parlare della Jugoslavia, vogliono sempre più
aziende capaci di entrare nel
mercato; fa eccezione l’URSS,
dove attualmente il pendolo sta
dalla parte della Controriforma,
della paura del nuovo.
Economisti "socialisti" ed economisti "capitalisti", in altri tempi, avrebbero impiegato le ore
del seminario nello scambio delle scomuniche e dei fraintendimenti. Oggi, dentro la comune
crisi della civiltà industriale, hanno cercato di capirsi e di semplificare. E ne è venuta fuori questa comune e apparentemente
grezza definizione del mercato:
appartiene al mercato quell’attività economica che non ha bisogno di alcune protezioni da parte del "politico" o che comunque
può vivere anche senza di essa.
Diciamo l’economia che vive del
suo e che produce ricchezza.
Si è poi comunemente constatato che questo libero mercato
tende a nascondersi sia nella società capitalistica che in quella
socialista per sfuggire alle insidie e alle rapine che, in entrambi
i sistemi, provengono dal basso
come dall’alto.
In Occidente, dal basso muovono all’assalto i sindacati, auasi
mai o raramente capaci di rispettare la compatibilità delle loro
richieste. Valga l’esempio del
sindacalismo italiano che fa, da
tempo, richieste a livello europeo in un paese che non lo è, che
ha meno della metà della ricchezza francese o tedesca. Dall’alto calano sulla preda governo e
partiti, esempio classico la DC
italiana che, negli scorsi decenni,
ha saccheggiato il saccheggiabile
dell’industria e della finanza sotto il suo controllo.
I motivi del duplice assalto nei
paesi dell’Est sono diversi: i governanti, in quanto "socialisti",
vale a dire creatori di una società nuova e migliore, devono iriy
qualche modo dimostrarlo o simularlo; devono in parole povere, provvedere alle "opere del regime". E dal basso c’è una vasta
area sociale che preme per l’allargamento dei consumi, a cui
bisogna concedere subito qualcosa.
Tende a restringere il mercato
libero, che è quanto dire la libertà, sia la paura conservatrice
del potere sovietico, sia la paura
conservatrice di una borghesia
capitalista impigrita e impaurita.
E, per finire, gli economisti
"socialisti" e "capitalisti” si sono
trovati perfettamente e amaramente d’accordo nel constatare
la mediocrità o la latitanza della
cultura economica delle masse
appena giunte al benessere e dei
governanti incapaci di reggere
senza il loro crescente consenso.
La cultura economica sa molto
bene che OGGI COME OGGI, non
sono possibili né una restaurazione capitalistica manchesteriana, né una programmazione rigida da comunismo di guerra. Ha
detto l’economista Guitton: "Se
esistesse un piano perfetto, non
ci sarebbe bisogno del mercato;
e se ci fosse un mercato funzionante, non ci sarebbe alcun bisogno di un piano. Ma, in mancanza del piano e del mercato ottimi, non resta che renderli complementari, anche se sappiamo
che uno cresce sempre alle spalle dell’altro’’ ».
Ed ora un nostro breve commento: Il Bocca è un giornalista
molto brillante, molto intelligente: la sua opinione è indubbiamente interessante e perciò l’abbiamo riportata. Ma non la condividiamo appieno, perché^abbiamo forti dubbi che due sistemi economici opposti, come il liberismo e il comunismo, possano produrre la STESSA crisi.
Del resto l’articolista stesso vanifica la propria opinione con
l’esplicita riserva di riferirsi a
ciò che accade « oggi come oggi ».
La crisi economica ordierna è
solo il sintomo di un’altra crisi,
ben più profonda: e una diagnosi come quella tentata dal Bocca, potrà farsi solo in un avvenire lontano, cioè più in sede storica che in sede politica.
sono opposti o si oppongono all’attuale corso politico. Le linee
della rieducazione sono: storia
della guerra e sue motivazioni,
responsabilità sociale nella costruzione di uno stato socialista, responsabilità familiare,
specializzazione necessaria per
diventare produttivi. Chi non accetta fugge. E quasi sempre su
fragili imbarcazioni, cercando
un punto non controllato sui
3.000 Km. della frontiera vietnamita sul mare.
Il peso maggiore
Per il momento chi sopporta
maggiormente il peso di questo
esodo, pur non avendo le strutture adatte, è la zona sud-orientale dell’Asia, rhailandia (che
già ospita 172.000 dal Laos e
dalla Kampuchea), Malesia, Filippine, Indonesia e Hong-Kong
« sopportano — come ha dichiarato l’équipe per i rifugiati del
CEC — un peso impossibile di
cui la comunità internazionale
non si è ancora sufficientemente
fatta carico ». In questi paesi le
chiese, che rappresentano una
minoranza pressoché insignificante, sono coinvolte al massimo
nel lavoro di assistenza ai rifugiati. Vibul Pattarathammas, moderatore della Chiesa di Cristo
in Thailandia, ha così sintetizzato la situazione: « Abbiamo bisogno di fondi di emergenza per
risolvere i problemi immediati.
Ma più di tutto è urgente che
paesi sviluppati prendano un
maggior numero di persone sradicate ». A Hong-'Kong nei campi
gestiti dalle chiese cattolica e
protestante la gente dorme in
sei in una doppia cuccetta e ha
bisogno di tutta l’assistenza medica, l’insegnamento linguistico e
i corsi di riqualificazione che le
chiese riescono ad offrire.
« C’è l’enorme rischio — secondo il pastore Ludwig Stumpf
che dirige il servizio cristiano
di Hong-Kong — che i rifugiati,
se da ospiti temporanei diventano permanenti, si trasformino in gente distrutta fisicamente, moralmente e socialmente
dalla vita di campo ».
In attesa di una contropartita sul piano della solidarietà internazionale le chiese cristiane
dell’Asia attaccano l’ipocrisia dei
paesi che parlano di preoccupazione umanitaria per i rifugiati
e poi impongono loro severi criteri selettivi. In effetti alcuni
governi occidentali, prima di
aprire le porte, insistono perché
i rifugiati passino per una lunga
procedura d’indagine. E chi ne
fa le spese è la parte di gente malata o handicappata. Mentre i campi dell’Asia orientale
sono stracolmi e continuano a
riempirsi, i paesi occidentali discutono su quanti rifugiati prendere e su che basi.
Posizione del CEC
Dalla recente consultazione del
CEC sull’Indocina è partita una
pressante richiesta di stabilire
un ponte aereo delle Nazioni
Unite per portare via i rifugiati
dal sud-est asiatico. Svuotare i
campi è la sola risposta alle sofferenze dei rifugiati. Non esistono alternative. In questo quadro le chiese dei paesi più ricchi
possono da un lato esercitare
una pressione sui loro governi
per accettare il maggior numero di rifugiati e dall’altra lottare per il reinsediamento nel nuovo ambiente. Il CEC ha protestato contro la ventilata possibilità
della comunità economica europea di stornare gli aiuti al Vietnam per dirottarli ai rifugiati.
Infatti solo continuando ad aiutare la devastata regione indocinese a riguadagnare la sua stabilità (vedi Eco-Luce n. 25/’79)
sarà possibile aprire la strada
alla riconciliazione e fermare,
gradualmente, il flusso dei rifugiati. « Ma — come ha notato
Kathy Lowe sulle pagine di ’’One
World”, la rivista del CEC —
la gente delle barche, pur essendo attualmente i rifugiati più noti e più pubblicizzati, costituiscono solo una piccola percentuale
della popolazione rifugiata
del mondo intero che assomma a 15 milioni. Forse la più
grande sfida per le chiese è di
far sì che i bisogni di tutti siano ricordati, anche molto dopo
che i titoli dei giornali hanno
cessato di occuparsi della loro
diffìcile situazione ».
Giuseppe Platone
Il vero no
al giuramento
(segue da pag. 1)
ce il fatto che — per tutti — il
giuramento è la porta della menzogna. « Questa volta, a differenza delle altre, dirò la verità »:
questo è il giuramento. Anche
nella migliore delle ipotesi, quando non sia uno spergiuro, il giuramento è la legittimazione della menzogna che gli sta intorno
e da cui vuole distinguersi « una
tantum ». Gesù gli contrappone
un modo di agire completamente
diverso. « Semplicemente dite
”sì” e "no”; tutto il resto viene
dal diavolo ». L’esigenza che Gesù pone davanti ai suoi discepoli
è quella della verità assoluta e
costante che rende inutile e inconcepibile il giuramento come
garanzia eccezionale della verità.
Di questo lato positivo e luminoso del non giurare, di questa
verità nelle sue due espressioni
di sincerità nelle parole e di onestà negli atti, oggi c’è un bisogno
che non mi sembra esagerato definire disperato.
C’è bisogno di verità, di sincerità, e di onestà, in ogni tino
di rapporto. Nell’educazione dei
figli, dove così spesso la sincerità
cede il posto alle piccole menzogne, al silenzio, alla presentazione della propria immagine truccata; nel rapporto con la collettività, dalle transazioni interpersonali di ogni genere, all’uso dei
beni pubblici, alle questioni fiscali. in tutte le situazioni in cui la
filosofia corrente è « fregare per
non farsi fregare »; nel rapporto
di lavoro, nell’uso della mutua,
nel rispetto degli orari, nella cura dei doveri oltre che dei diritti... So bene che da più di un
decennio circola in diversi ambienti l’idea che far bene il proprio lavoro, essere onesti e sinceri nel tipo di società in cui
ci troviamo, significa fare l’interesse di chi sfrutta e non di chi
è sfruttato, essere « funzionali al
sistema » che invece si vuole
cambiare. E so che questa mentalità, ha avuto anche qualche
riflesso nel nostro ambito evangelico. Certo, ben diffìcilmente
un protestante sarà arrivato a
giustificare il furto con la copertura ideologica di un termine come « esproprio proletario »; ma
pure, in determinate situazioni
meno eclatanti, questa mentalità
ha corroso qua e là la tradizionale etica professionale senza sostituire valori positivi a quanto
di negativo in essa poteva e doveva essere criticato. Ma sarebbe ben triste la nostra sorte se
dovessimo scambiare ciò che accade per la sua norma! E’ necessario ritrovare la nostra norma
nella parola del Cristo e oggi
questo non può che significare
opporsi con chiarezza e decisione a questa mentalità e affermare una linea di intransigente dedizione alla verità, nella sincerità
delle parole e nell’onestà degli
atti.
Non importa se sorridono soddisfatti coloro che, pongono l’etica professionale al servizio della
conservazione di questa società.
Importa sapere che la sincerità
e l’onestà non sono beni futuri
da mettere in circolazione solo
quando sarà varata una società
più giusta perché senza un tirocinio faticoso e costoso, personale e di gruppo, nella pratica
della verità, nessun vero cambiamento avrà mai luogo e nessuna
nuova società potrà mai essere
fondata.
Nel Medio Evo il rifiuto del giuramento è stato per i Valdesi
un’ubbidienza letterale al comandamento biblico e indirettamente una contestazione del tipo di società gerarchica che si
fondava sul giuramento di fedeltà di ognuno al proprio superiore. Oggi che il giuramento non
ha più il minimo valore se non
di simbolo della menzogna, davanti a chi ascolta la parola di
Cristo sta il compito di un impegno positivo di sincerità e onestà come premessa e base per
contestare in modo veramente
radicale la società corrotta e disgregata in cui viviamo. Solo un
impegno che abbia questo carattere distintivo può sperare di
non essere illusorio e di portare
nella società germi di un cambiamento reale ed effettivo. «Non
giurate mai... Semplicemente dite "sì e "no"; tutto il resto viene
dal diavolo ». E’ costato allora e
non può non costare oggi: come
ogni testimonianza autentica resa a Colui che è la Verità.
Franco Gìampiccoll