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ECO
DELLE VALU VALDESI
Sig. PEYROT Arturo
10062 LU3ERNA S.GIOVANNI
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 107 - Nnm. 37 .ABBONAMENTI | L. 3.000 per Tinlerno Sped, in abb. postale - I Gruppo bis/70 1 TONDE PELLICE - 18 Settembre 1970
Una copia Lire 70 L. 4.000 per Testerò Cambio di indirizzo Lire 50 1 Amm.: Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice • c.c.p. 2/33t#94
Roma capitale
100 anni
“0 ROMA 0 MORTE!,,
Guardo con una certa malinconia
disincantata le medaglie-ricordo di
mio nonno garibaldino: — Ma chi glie
10 ha fatto fare! — E un commento
amaro, che tanti italiani condividono,
convinti di assistere, con questo centenario, alla stupefacente conclusione
di un beffardo dramma all'italiana. E
le nuove generazioni, così spietate nelle loro analisi e decise nello smascherare i miti, sembrano addirittura andare oltre: ignorano.
Un mito
per un’Italia medioevale
La nostra unità nazionale s’è fatta
un po’ tardetto, quando numerosi popoli erano passati o stavano passando
in una fase d’espansione imperialistica, coloniale. Circolava per l’800 europeo il mito della nazionalità, e l’abbiamo naturalmente fatto nostro. Ma non
ci bastava: dovevamo essere una grande nazione unita, ed ecco prendere posto negli animi quel mito di Roma che
ha fatto e fa sorridere gli stranieri (e
che purtroppo ha fatto gonfiare gli
itali petti).
Era un mito destinato a portarci
male, come tutti i miti antistorici; ma
sembrava andare bene per chi sentiva
ancora i passi delle legioni sulle famose strade romane segnalate dagli
atlanti archeologici in mezza Europa,
come per chi immaginava nella Roma
papale la Canossa degli imperatori
germanici, il trionfo della pura latinità. Era, quello di Roma, un mito ’povero’, buono per un popolo umiliato
e consapevole pressappoco di un passato che gli stranieri venivano a cul iosare con la guida alla mano. Era
pericoloso, perché aveva due sbocchi:
o ricacciarci in un medioevo perduto
e frenare l’avvento di uno Stato moderno, o strumentalizzare questo ’sentimento’ indefinibile per gli usi più di\ersi. Noi italiani abbiamo preso tutte
e due le strade, parallele, e col clericotascismo siamo arrivati a toccare
fondo.
«Roma doma»
Inutile rivangare le aspirazioni, i
motivi ideali che spinsero le generazioni che fecero il Risorgimento a volere decisamente Roma per capitale:
quelle aspirazioni, quei motivi, restano inappagati nel fondo dell’animo italiano; il mutare delle situazioni non
ne altera la validità, proprio perché si
trattava di ’istanze ideali’ piuttosto
che di proposte per una situazione
particolare.
Ma in Roma ci entrarono — per la
porta di servizio, nonostante la rettorica di ’Porta Pia’ — non i garibaldini
che volevano « O Roma o morte », ma
le truppe regie che davano la capitale
alla monarchia sabauda. E la monarchia sfruttò con estrema abilità il mito di Roma, costruendo uno Stato accentrato al massimo, distruggendo autonomie regionali e facendo della capitale il colossale motore immobile di
una entità politica — il Regno d’Italia
— nella quale gran parte degli ex-staterelli della penisola si trovarono a
perderci.
Il Nord in fase di espansione industriale trovò subito i suoi mercati, come la monarchia trovava la sua colonia: il Meridione d’Italia. A sua volta
11 Sud scontento fu tacitato con la repressione più accanita per il popolo e
l’apertura di ogni sorta d’impiego di
Stato per la piccola borghesia: Roma,
l’impiego nel ministero, divennero la
meta ideale d’una massa di gente che,
alla fine, trovò un utile personale proprio nel favorire quella formazione di
uno Stato accentratore che distruggeva il progresso della sua terra d’origine. Roma capitale ha significato una
crescita sempre più accelerata di popolazione parassitarla, l’inizio di speculazioni edilizie e scandali bancari
ben peggiori di quelli lamentati oggi,
un intervento sempre più sfacciato per
reprimere o convogliare sulla capitale
la direzione e il controllo di qualsiasi
iniziativa.
Poi è venuto il fascismo, con tutto
il suo falso scintillìo; nel 1929 la Roma dei Cesari e la Roma dei Papi hanno suggellato un patto che rispolverava tutte le sfaccettature del mito di
Roma. Al trionfalismo di Mussolini si
accompagnava (talvolta si contrapponeva) quello di Pio XII, e la nostra capitale ’sembrava’ la Mecca dell’Occidente; quasi quasi si credeva davvero
che tutto il mondo tenesse il fiato
quando qualcuno da Roma parlava.
Ora c’erano anche tante colonie, e i
miti imperialistici davano altro falso
splendore a una città inadatta a vivere per risorse proprie.
Roma dopo
Mentre tutto crollava, restava papa
Pacelli a benedire le macerie d’Italia,
unico (?) corresponsabile capace di
uscir fuori dal redde rationem senza
rimetterci nulla, anzi, con una apparente crescita di potere. Tutto sarebbe
andato nel migliore dei modi se proprio i cattolici non avessero cominciato a voler essere sempre meno ’romani’. La contestazione in atto — che annovera teologi titolati e correnti popolari — è destinata a ridurre progressivamente l’imjxjrtanza di Roma
capitale del cattolicesimo, sia per una
spinta potente verso le autonomie nazionali, sia per la riscoperta (o il riconoscimento) di non poche prevaricazioni ed errori che si annidano nella
stessa idea di un primato di Roma centro della cristianità.
Intanto Roma cresce, è la capitale
pletorica e assorbente di una nazione
povera, qualcuno l’ha detta « capitale
corrotta di una nazione infetta »; e
non sa essere amata. La stessa invadenza della religione, che per finire
ha ridotto l’Italia a un grande Stato
Pontificio, nuoce a Roma, perché dà
agli italiani la percezione di una situazione abnorme, anacronistica: la nostra politica interna, la politica estera, sono continuamente minacciate
dalle interferenze clericali; il Vaticano
è incapace di non esercitare una pressione socio-economica sul paese, e si
avvale largamente del centralismo statale per operare su una nazione che
ritiene alle sue dirette dipendenze.
Una vecchia proposta
Quei protestanti che portavano in
Roma nel 1849 la Bibbia, gli altri che
per la breccia di Porta Pia entravano
nell’ex-capitale papalina e iniziavano
la predicazione del Vangelo, avevano
una loro idea precisa: Ravvediti, o Roma! Questa proposta non ci deve stupire, ci deve stupire invece il fatto che
il vescovo di Roma non abbia, in questo ultimo secolo almeno, mai una
sola volta osato dire questo, ma abbia
collaborato alla crescita della città
com’è. Oggi, quando noi protestanti diciamo ’Roma’, non intendiamo solo
quella ’papale’, ma insieme ad essa
quella ’italiana’: sono una realtà sola,
una realtà che — smitizzata — appare
come il vecchio male d’Italia mai curato, sempre sopportato.
Eppure, non è giusto che s’abbandoni la certezza evangelica che solo nel
ravvedimento ’anche una capitale’ possa trovare la giusta via, non è giusto
pensare che bastino la riforma della
amministrazione dello Stato e qualche
altro palliativo per dare una mentalità nuova a chi da sempre è abituato
a ritenere l’Italia al proprio servizio
e utile, piuttosto che sapersi al servizio del paese. « Fare gli italiani », è
'mtKmiiiiiiiiiMmiiiiiiiiHiiiiiimiiiii
iiiiimiiimiiiMiiiimiiiiiiii
stato il grave compito mancato del
Risorgimento; sarebbe una resa senza
speranza, dirci che è troppo tardi, che
ormai ’siamo fatti così e basta’. Roma
è la nostra Ninive, dove occorre dare
le risposte di Giovanni il Battista a
chi chieda « cosa dobbiamo fare ».
Città demitizzata, Roma capitale della Repubblica Italiana non è destinata a morire, travolta dagli stessi mali
che afflissero la Roma della decadenza
imperiale, e neppure è chiamata a rifabbricare delle false Donazioni o Decretali pier stabilire un suo diritto sulla penisola; è sospinta dai fatti a ricercare una dimensione giusta, nella
misura di una nazione povera, che ha
bisogno di giustizia e lavoro. Una nazione composita come la postra non
sopporta la guida — il dirigismo amministrativo e le indicazioni culturali
e di costume — di una capitale che
non sappia offrire un esempio, dei fatti, nella vita civile. Nonostante le pregiudiziali e gli interventi che sembrano voler negare all’Italia una capitale
degna della responsabilità che per sbaglio le è stata affidata, crediamo e speriamo per Roma un avvenire non diverso da quello delle cento città d’Italia: possibilità di lavoro non parassitario per la sua popolazione, probità
amministrativa a tutta prova, capacità di sprovincializzarsi per divenire
’moderna’ nel senso più autentico.
Luigi Santini
Il Consiglio Ecumeiico delle Chiese poteezia
la lotta eooire il raoìsnio
Francoforte (soepi) - Applicando la
decisione del Comitato Centrale del
CEC presa nell’agosto 1969 a Canterbury in Gran Bretagna, il Comitato esecutivo riunito a Francoforte ai primi
di settembre ha deciso di destinare
200 mila dollari (n.d.r.: oltre 120 milioni di lire) alle organizzazioni dei
gruppi vittime dell’oppressione razzista ed alle organizzazioni di soccorso
verso le vittime di questa oppressione.
Le 19 organizzazioni che hanno testé
ricevuto questi doni che vanno per ciascuna dai 2500 ai 20 mila dollari, sono
le prime a beneficiare di un Fondo
speciale contro il razzismo.
Fra esse citiamo:
— il Consiglio federale per l’innalzamento degli aborigeni e degli abitanti delle isole Torres Straight
(Australia);
— la Conferenza permanente delle Antille (Regno Unito);
— l’Ufficio africano (Regno Unito);
— il Movimento anti-apartheid (Regno
Unito);
— il Fondo di difesa'e di aiuto internaz. (Regno Unito);
— il Comitato dell’Angola e la fondaz.
E. Mondiane (Qlanda);
— il Comitato internaz. contro il decreto d’immigrazione (Giappone);
— il Comitato di difesa degli Indiani
(Colombia);
— il Progetto « Africa 2000 » (Zambia);
— l’organizzazione Frelimo (Mozambico);
— il movim. popolare di liberazione
dell’Angola (Angola);
— il governo rivoluzionario in esilio
(Angola);
— l’Unione nazionale per la totale indipendenza (Angola);
— il Partito africano per l’indipendenza della Guinea e del Capo Verde
(Guinea-Bissau);
___ il Congresso nazionale africano
(Sudafrica);
— l’Organizzazione dei popoli del sudovest africano;
___ l’Unione naz. africana dello Zimbabwe (Rodesia);
— l’Unione del popolo africano dello
Zimbabwe (Rodesia).
B. Sjollema, direttore del programma del CEC per la lotta contro il razzismo, ha precisato che il Fondo speciale per questa lotta, costituito dalle
contribuzioni delle Chiese-membro del
Cec e dal fondo di riserva, non rappresenta che una minima parte del programma globale. Sono previste altre
attività a livello di informazione, dello studio della causa e degli effetti del
razzismo bianco, dei progetti di ricerca per un’azione orientata sulla presa
di coscienza della gente interessata, e
infine, dei programmi a carattere di
urgenza per tutte le popolazioni vittime del razzismo. Mentre i comitati regionali si assicureranno sull’attuazione dei vari punti del programma globale, l’impegno delle Chiese e del Cec
saranno anche l’oggetto di una analisi.
Sjollema ha sottolineato che l’offerta di quei fondi dovrebbe consentire
ai popoli vittime dell’oppressione razzista di meglio realizzare la propria
situazione e di rafforzare di conseguenza i loro mezzi d’azione.
Il Comitato esecutivo ha accettato
le suddette osservazioni all’unanimità
dei voti. Esso ha preso atto con soddisfazione che le varie organizzazioni
beneficiarie si sono impegnate a non
usare quei doni a fini militari, ma a
delle attività in armonia cogli scopi
fissati dal Cec.
Il Comitato ha pure preso atto della nomina nel Cec del giurista senegalese N. Dawood, attualmente a Londra, quale incaricato della ricerca per
il programma di lotta contro il razzismo.
imillllHlltIMIIIMII
Relazione
fra l’unità della Chiesa
e l’unità deH’umanità
Ginevra (bip) - Dopo aver partecipato alle
cerimonie del cinquantesimo anniversario del
loro movimento, i membri del comitato di lavoro di « Fede e Costituzione » si sono riuniti
a Crél-Bérard. presso Losanna, sotto la presidenza del professor J. R. Nelson (Stati Uniti).
Le loro deliberazioni si .sono soprattutto
orientate sulla relazione fra Funità della chiesa e runità del umanità.
Chiarire il significato di una unità umana
presa nel suo insieme, è stato il compito principale dei venti membri presenti. Lo studio
approfondito di questo problema sarà continualo durante la sessione plenaria della Commissione di Fede e Costituzione che si terrà a
Ixìvanio (Belgio), nell'agosto del 1971. Facendo seguito alla riunione del 196, a Bristol (Inghilterra), questo avvenimento sarà
l'unico in tutta la storia del movimento, dal
momento che esso avrà come ba.se una istituzione cattolica romana. Tuttavia gli ortodossi,
i protestanti ed i cattolici del Belgio saranno
tutti rappresentati fra i 150 rappresentanti previsti.
Gli altri argomenti all'ordine del giorno
della riunione di Crét-Berard si imperniavano sui vari settori del dialogo internazionale ed interconfessionale in vista della unità
dei cristiani : il culto, i sacramenti, i ministeri, i concili, l'autorità della Scrittura e la data
della Pasqua.
Mirando alla prospettiva dell’unità della
Chiesa, il Comitato di lavoro ha deciso di pro
seguire, sotto gli auspici di Fede e Costituzione, una analisi dei numerosi incontri bilaterali
fra le diverse Chiese.
I riformati dell’America
Latina contrari all’inserimento dei libri apocrifi
nelle nuove traduzioni
della Bibbia
I delegati latino-americani all’Assemblea Riformata di Nairobi hanno diffuso una dichiarazione in cui hanno preso nettamente posizione contro
il progetto di alcune società bibliche
di inserire i libri apocrifi (o deuterocanonici, secondo la dizione cattolica)
nelle nuove traduzioni ecumeniche della Bibbia.
« Questa decisione — afferma il documento —, che ci sembra nociva alla pietà, alla dottrina e alla vita della
Chiesa, viene a riaprire una breccia
attraverso la quale si possono introdurre dei documenti che, per preziosi
che siano, non sono che parole umane,
e così la Bibbia cesserebbe di essere
"Sola Bibbia”, la Parola di Dio ».
Dopo aver osservato che la questione degli apocrifi è connessa con il problema del valore della Bibbia e della
tradizione, su cui esistono profonde
divergenze tra la Chiesa evangelica e
la Chiesa cattolica-romana, il documento chiede che il progetto venga definitivamente abbandonato.
Siamo tutti
coinvolti
Mentre scriviamo queste righe, la
situazione relativa agli ostaggi catturati mediante dirottamento aereo dai
fedayn del fronte popolare di liberazione palestinese è ancora confusa e
non possiamo che formulare l’augurio
che il fatto si risolva senza sacrifici di
vite umane.
Questi ultimi spettacolari dirottamenti, la dura e quanto mai incerta
sorte dei passeggeri, la distruzione degli aerei hanno sollevato dappertutto
la generale indignazione, basata essenzialmente su due punti: l’incolpevolezza dei « dirottati » e il fatto che que> sti atti terroristici non giovano certamente alla causa palestinese.
Analoghe espressioni di deplorazione — sia pure più limitate — (forse
per il fatto meno « vistoso »?) si sono
avute allorché i tupamaros uruguayani hanno ucciso uno degli ostaggi a loro mani e precisamente il tecnico americano Dan Mitrione.
Certamente anche noi ci rattristiamo per simili atti di violenza e li deprechiamo, pierò non vorremmo solo
limitarci a pronunciare tanto generiche quanto inutili parole di deplorazione.
Vorrernmo invece pensare un momento ai motivi che hanno generato
questi atti di violenza: vedremo allora che una violenza ben maggiore e
criminosa — in quanto calcolata e
quindi freddamente responsabile — è
a monte dei suddetti fatti.
Crediamo sia inutile, ad esempio,
sottolineare la situazione politica dell’Uruguay, dove, parallelamente ad un
aspetto esterno fra i più « moderati »
dell America Latina, viene esercitata
da una classe dirigente, in modo indisturbato, ogni forma di corruzione,
mentre la pressione dell’imperialismo
americano si fa sempre più forte. I nostri giornali « indipendenti » stranamente non ci hanno detto molto della
personalità del defunto Mitrione, salvo che presentarlo come un buon padre di nove figli che stava aiutando il
popolo uruguayano ad innalzarsi socialmente. Non ci hanno detto che
aveva seguito un corso di addestramento presso il FBI, che era stato
sceriffo a Richmond ai tempi della caccia al negro e che si era specializzato
come addestratore della repressione
antirivoluzionaria in America Latina.
Pare inoltre avesse insegnato tecniche
di tortura alla polizia brasiliana, e stava facendo lo stesso in Uruguay.
E i fedayn palestinesi non sono forse vittime di una politica che ha fatto della loro gente un popolo di profughi attendati? Non si sono visti una
volta ancora atrocemente delusi dalle
ultime proposte del piano americano,
che non tiene conto delle loro legittime aspirazioni?
Con questo non intendiamo giustificarli, ma comprenderli, sì: cosa che
in genere non si è fatto. Non solo, ma
si è parlato di manifestazioni della
più nera barbarie, e di gesti intollerabili, al di fuori di ogni regola. Eppure, quando questi gesti vengono
compiuti da piccole minoranze, essi
sono sempre originati da situazioni
gravissirne, quando non addirittura insostenibili. Si possono meglio comprendere — lo diciamo a titolo personale — dei massacri americani nel
'Vietnam, della repressione negra nenegli USA, di quella sovietica contro
gli intellettuali, delle bombe israeliane
sulle fabbriche e sulle scuole arabe.
Infine, il fatto di deplorare che persone « innocenti » vengano coinvolte in
questi atti di violenza ci pare privo di
fondamento. E la logica stessa della
violenza a dircelo: forse che le ultime
guerre — e quelle in corso — non hanno comportato — e comportano — un
altissimo numero di « civili innocenti »? E non è forse vero che le prossime guerre saranno sempre più « totali » e cioè investiranno tutti quanti?
E quello che sta già accadendo.
Desideriamo a questo proposito —
concludendo — ricordare quanto ha
scritto in uno degli ultimi numeri di
questo giornale il direttore Gino Conte, in risposta ad un lettore che gli
poneva analoghi quesiti: « ...ormai viviamo su scala planetaria; siamo interdipendenti e legati tutti da corresponsabilità prossime e remote di carattere politico, economico e sociale.
E la tragedia della situazione odierna
e al tempo stesso la sfida che essa ci
lancia affinché non la subiamo ma la
affrontiamo... Nella trama sempre più
stretta dei rapporti umani e in una
situazione così spesso esplosiva, ogni
ricerca di interessi comporta la sua
dose di rischi. Siamo — e non possiamo non essere — coinvolti ».
Roberto Pfyrot
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pag. 2
N. 37 — 18 settembre 1970
ECHI SINODALI
ECHI SINODALI
Verso una ristrutturazione degii studi Alta uìgtlìa dntrAssambiea della Federaz.
presso la Facoltà di Teologia
Rappiesentanti degli studenti inseriti nel Consiglio di ForrUà
Piano di studi più articolato - Resta graue la carenza di studenti
delle Chiese evangeliche in Italia
Il Sinodo non si è soffermato a lungo, nei suoi lavori, sull'operato della
Facoltà di Teologia. Ha tuttavia stabilito una novità significativa nella vita
del nostro centro di formazione teologica, sanzionando quanto, dopo un anno di esperimento, era richiesto dal
Consiglio di Facoltà, e cioè l'inserimento nel medesimo di alcuni rappresentanti degli studenti. In seguito al voto
in pioposito del Sinodo 1969, nell’autunno scorso, alla ripresa dell’anno accademico, gli studenti avevano designato
quattro loro rappresentanti che hanno
partecipato alle sedute del Consiglio
di Facoltà e ne hanno firmato la relazione al Sinodo. Il Consiglio stesso domandava al Sinodo, in questa relazione, di sanzionare la cosa dopo l’espesimento riuscito; e il Sinodo lo ha fatto volentieri votando questo ordine del
giorno:
Il Sinodo decide che sia inserito
il seguente articolo nel Regolamento della Facoltà di Teologia: «Gli
studenti, riuniti in assemblea all’inizio delTanno accademico, delegano quattro loro rappresentanti
al Consiglio di Facoltà, scelti fra
coloro che siano almeno al secondo anno di frequenza della Facoltà
Valdese di Roma ». A titolo di disposizione transitoria, uno dei predetti studenti è membro del Sinodo con voce consultiva.
Ma se questa novità strutturale è già
di per sé significativa, anche più rilevante risulta il progetto di ristrutturazione degli studi, presentato dal nastore Paolo Ricca, membro del Consiglio;
tale progetto ha occupato il Consiglio
neH’ultima parte dell’anno accademico
e dovrà essere ulteriormente studiato,
con il caldo incoraggiamento del Sinodo, al quale la Commissione d’esame
ne aveva così presentato le grandi linee:
« I. - Considerando:
che la Facoltà non è tanto un’.accademia in funzione della scienza teologica, quanto piuttosto una scuola t3er
la preparazione di pastori;
che tuttavia questa preparazione deve essere adeguata e completa per
quanto possibile;
che d’altra parte l’insegnamento e la
ricerca (entrambi necessaril sono fra
l’altro diffìcilmente compatibili, se gravanti sulle stesse persone, per esigenze materiali e di tempo;
ci si chiede se appunto le attività di
insegnamento e di ricerca debbano entrambe far carico alle medesime persone (quelle dei professori) o non possano da questi essere semplicemente
distribuite e controllate.
« II. ■ Le attuali cattedre dovrebbero essere sostituite da dipartimenti,
con la conseguente trasformazione dei
titolari di cattedra in responsabili di
dipartimento, organizzatori degli studi, ricercatori di collaboratori e di assistenti, in vista di un sistema di studio
più ampio, arioso e proficuo.
« III. - I corsi generali attualmente
in vigore andrebbero puramente e semplicemente soppressi, dal momento che
oggi sono rimpiazzabili senza eccesive
difficoltà con buoni manuali di livello
universitario. Il tempo che si risparmierebbe andrebbe a vantaggio di un
lavoro di ricerca bibliografica più intenso, di corsi monografici più numerosi, di corsi nuovi che finora forse non
si è trovato il tempo di preparare e di
presentare.
« IV. - Il piano di studi dovrebbe
essere elaborato in modo tale da consentire la preparazione al ministero a
tutti quelli che vi si sentono chiamati
"e di cui le Chiese riconoscano la vocazione”, pur se "non dispongono di un
titolo di scuola media superiore ” e
"fornendo loro la preparazione massima per intraprendere e portare avanti
gli studi teologici" ».
Il numero degli studenti, comunque
di quelli italiani, e valdesi in particolare permane assai basso, né si prevedono forti apporti per l’avvenire immediato. Le difficoltà crescenti in cui
le chiese si troveranno — e la Tavola
i'i modo particolare — neH'.assicurare
la pi'edicazione e soprattutto la cura
pastorale ovunque necessario e richiesto, porrà forse le comunità di fronte al
duro, non schivabile problema: desiderano ancora chi predichi? considerano la predicazione e la cura pastorale
un elemento essenziale della vita della
chiesa? sono capaci di vivere e soffrire
questa carenz¿i di vocazioni al pastoiato (e non solo al pasturalo, s intende)
i:i modo tale che i giovani che crescono
fra noi l’avvertano? sanno pregare non
soltanto perché maturino delle vociizioni pastorali, ma perché maturino
nella loro casa, se così vorrà il Signore?
gliele chiedono, queste vocazioni, con
passione ardente? sanno essere cosi
vive e volte al domani in cui Dio .sempre ci precede, da dare ai giovani il .senso che l’impegno della vita in questa
direzione è veramente il più bello e il
più grande che sia dato a creatura
umana?
Sdoppiamento del Consiglio in due rami: teologico-accademico e amministrativo; miglioramento della situazione finanziaria, che però rimane deficitaria;
buona attività della Biblioteca; utilità
dei corsi per laici e di aggiornamento
teologico per pastori, con indicazioni
per renderli più funzionali e di più .urhpio irraggiamento; i 25 anni della rivista « Protestantesimo » e il posto che
ha acquistato fra le riviste -culturali
italiane e più ampiamente in campo
teologico: questi i temi su cui si è scorso nell’urgere delle ore sinodali, concludendo con un voto di gratitudine a
quanti hanno operato in questo centro
eli ricerca e di formazione teologica, in
vista del ministero della Parola nella
Chiesa.
Il Sinodo si è svolto, quest’anno, a
breve scadenza dalla convocazione della
Assemblea della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, che com’è noto
si terrà a Firenze dal 1" al 4 :novembre p. V.
L’assemblea sinodale si è però trovata priva di indicazioni precise sul
contenuto dell’assemblea federale, alla
quale era chiamata a inviare i propri
deputati (42). La Commissione d’esame
ha lamentato che non solo non fosse
pervenuto alle Chiese un ordine del
giorno preciso (in contrasto con quanto dispone un articolo dello Statuto
della FCEI), ma che anche nell’archivio della Tavola Valdese mancasse una
documentazione che permettesse di
prevedere con una certa precisione quali sarebbero stati i temi sui quali le deputazioni delle Chiese e Opere membri
della FCEI avrebbero dovuto poi discutere e deliberare, a Firenze. E stato fatto notare, in Sinodo, che, come
per il Sinodo, cosi per l’Assemblea vi
è un ordine del giorno obbligato, che
consiste nell’esame dell’ attività del
Consiglio e dei vari Servizi federali. Il
che è verissimo: non si tratta più di
un Congresso straordinario o costituente, ma di un’Assemblea ordinaria. Tuttavia, appunto, i nostri Sinodi sono preparati da tutta una documentazione,
che sarebbe bene fosse fornita alle
Chiese, in modo da poterne discutere
prima in sede locale e sinodale, presentandosi quindi all’assemblea federale con un orientamento di massima, se
non con mandati vincolanti.
Non si vuole, in tal modo, ostacolare
il lavoro della Federazione, e si ricorda bene che in sede di costituente era
stato chiaramente affermato ■— e statuito — il diritto decisionale diretto dell’Assemblea federale, senza dover sottostare a convalida da parte delle assemblee generali (sinodi, conferenze,
assemblee) delle Chiese e Opere membri. Ma proprio affinché questo diritto
decisionale sia effettivo e vincolante, è
luiminiiimimii
Gli istituti d’istruzione secondaria
Non ecc«ttato (rinviato?) l’affidamento della gestione della Scuola Latina al Comitato
del Collegio Valdese - Apprezzata l'attività di quest'ultimo, con la raccomandazione
di riconoscere pienamente al Corpo insegnante il diritto d’intervento in questioni
pedagogiche e didattiche - Inserire meglio luffe le opere nel nostro organico
Il Sinodo 1969 aveva dedicato molto
tempo a questo problema, che aveva
polarizzato la sua attenzione e i suoi
lavori; in modo eccessivo, in sé, ma
bisogna considerare che intorno a questo aspetto particolare della nostra vita ecclesiastica si era accentrato tutto
il ben più ampio confronto e scontro
di posizioni diverse coesistenti fra noi.
Era logico che quest’anno i lavori
sinodali si concentrassero su altri temi. Tuttavia un’oretta di dibattiti è
stata dedicata ai nostri istituti d'istruzione secondaria, sia perché si è trattato del primo anno di un’impostazione parzialmente nuova, votata dal Sinodo ’69 e in fase di rodaggio, sia per
la proposta della Tavola che anche la
Scuola Latina di Pomaretto fosse affidata al Comitato del Collegio Valdese
(CeV), proposta cui si è associata la
Commissione d'esame che la allargava
considerando « opportuno e naturale
andare verso la fusione organica di
tutta la nostra attività d’istruzione etile Valli (scuole, doposcuola e convitti),
giungendo alla costituzione di una
commissione sinodale — che qualcuno
già ha battezzato la CIV! —, parallela
a ciò che è la CIOV in campo assistenziale. Questo non per delegare — come
però di fatto spesso avviene — la nostra responsabilità, ma per lavorare
attraverso strumenti efficienti e coordinati. E neppure, sia ben chiaro, per
creare una differenza di valore fra l'istruzione e l'assistenza nelle Valli rispetto al resto d'Italia, ma per la semplice constatazione di fatto che qui abbiamo una notevole concentrazione di
istituti dei due tipi. D'altra parte ci
permettiamo di riprendere e far nostro il suggerimento di altre Commissioni d'esame, che richiedevano anche
per il resto d'Italia un ordinamento
organico delle nostre varie opere di
istruzione e di assistenza attraverso
comitati locali che riferiscano alle rispettive Commissioni Distrettuali ».
La proposta di abbinamento dei
due istituti secondari non è stata accettata dal Sinodo, nella fase attuale
di riflessione e ristrutturazione, in
quanto nei due centri ci si muoverebbe su linee diverse; inoltre non vi è
ancora nullla di fatto quanto all’integrazione scuole-convitti; sicché la Ta
vola dovrà ancora provvedere alla
Scuola Latina, mentre aveva progettato di scorporare dal suo preventivo di
spese la voce ’istruzione’.
L’asprezza dei contrasti dello scorso anno si è senz’altro sopita, ma ha
lasciato qualche strascico; e quanto
alle divergenze di pareri, esse sono
ovviamente rimaste, com’è risultato
nel dibattito sinodale.
In ogni caso l’attività svolta dal Comitato è stata considerevole: riunioni
settimanali durante buona parte dell’anno gli hanno permesso di seguire
con cura la vita dell’istituto; gli incontri con i professori e con gli alunni
e le loro famiglie, avviati quest’anno,
sono stati limitati dall’assillo delle responsabilità finanziarie e dell’impostazione del lavoro, che nel periodo iniziale hanno gravato in modo determinante sulle spalle dei membri del CCV;
tali incontri sono comunque essenziali, e per quel che riguarda il rapporto
con le presidenze e con i professori è
stato giustamente richiesto in sede di
discussione sinodale che uno statuto,
sia pure provvisorio (data la situazione in evoluzione di tutti questi nostri
istituti) chiarifichi questi rapporti, riconoscendo al Comitato le sue responsabilità amministrative, ma riconoscendo pure al corpo insegnante il diritto di far udire il proprio parere di
intervento sulle questioni prettamente
didattiche e pedagogiche. In parole
povere, occorre che tutti coloro che
lavorano, con serietà e con passione,
per la vita del Collegio abbiano corcienza di costituire insieme una comunità di lavoro, con tutte le difficoltà e i contrasti ma anche con le feconde possibilità che questa può comportare. La convinzione appassionata del
valore dell’opera comune deve portare
a un più profondo riconoscimento reciproco dell’impegno vocazionale indubbio degli uni e degli altri; e devono affiorare i veri problemi d’impostazione e di programmazione, da affrontarsi serenamente in spirito di collaborazione.
I contatti con le comunità sono stati
curati e sono stati buoni, là dove sono
stati desiderati, nelle Valli ma anche
in varie chiese al di fuori di esse. Grazie pure alla leale e volenterosa colla
La Chiesa romana entrerà
nel Consiglio ecnmenico deiie Chiese?
Le chiese valdesi invitate a studiare la questione: anche le
piccole minoranze hanno diritto (e responsahitiiciì di parola
Com’è noto a molti, procede a livello
ecumenico (gruppo misto del Consiglio ecumenico delle Chiese c della
Chiesa cattolica romana) il lavoro preparatorio in vista deH’ingresso della
Chiesa romana nel CEC, un problema
che si presenta irto di difficoltà, ma che
pare indirizzato su un piano inclinalo
obbligato. Inoltre alcuni mesi fa ha
fatto rumore la "fuga” di un documento privato, redatto dal past. Lukas Vischer, direttore del Dipartimento Fede
e Costituzione del CEC e membro del
Gruppo misto, documento pubblicato
dalla rivista IDOC internazionale. Tutto ciò ha sollecitato il Corpo pasto
rale prima, il Sinodo poi a invitare le
chiese allo studio della questione, con
questo ordine del giorno:
Il Sinodo,
preso atto della diffusione di uno
studio sul problema dell’eventuale
ingresso della Chiesa Cattolica
Romana nel Consiglio Ecumenico,
propone alle Chiese di farne oggetto di studio e di dibattito.
borazione della Tavola, la rete di generosi sostenitori esteri è stata ancora
interessata alTattività dell’istituto e
nuovi amici sono stati trovati, il che
ha permesso di supplire alle offerte
che varie chiese valdesi non hanno inviato o hanno inviato in misura inferiore a quanto proposto dall’invito sinodale. A proposito delle finanze, il
raffronto fra entrate e uscite presenta
aspetti positivi e rallegranti: sono infatti stati possibili degli accantonamenti notevoli per vari fondi: liquidazione, pensioni, ampliamento del corpo docente (in vista dello sdoppiamento di classi, almeno per la scuola
media, e di corsi integrativi), stabili,
servizi di mensa, doposcuola e scuolabus; non si giustificherebbe però una
eccessiva euforia, dato che il CCV ha
avuto quest’anno la responsabilità finanziaria soltanto per 8 mesi su 12.
Comunque i frutti del lavoro serio e
appassionato del Comitato sono evidenti, com’è pure evidente che questa
opera è considerata ancora valida da
molti, anche se ha dovuto attraversare un momento di crisi e necessita di
un vigoroso rilancio.
Nella discussione sono ancora emersi i seguenti motivi: qualcuno ha ripetuto essere rischioso puntare sulla
carta ’liceo classico’, mentre la chance
di utilità e successo starebbe nel tentativo di fare una scuola-pilota; il presidente del CCV ha risposto che non
vi è alcuna preclusione nei confronti
di altre possibilità, che anzi sono prese in considerazione accanto alla linea
fondamentale seguita attualmente (non
si dimentichi che questo è stato un
anno di sopravvivenza’). Si è ribadita
la necessità che i professori partecipino più intensamente alla vita delle
chiese e ai dibattiti che vi si svolgono,
facendovi sentire nei fatti il lavoro di
questo centro di riflessione culturale
in prospettiva evangelica. È stato notato che lo Statuto del CCV, richiesto
dall’ordine del giorno del Sinodo 1969,
non era stato predisposto d,alla Tavola e dal Comitato, ma si è fatta notare la difficoltà di stendere tale Statuto
ventilandosi la ipotesi di una più ampia commissione sinodale per l’istruzione secondaria. Si è ribadita l’opportunità e la logicità dell’integrazione scuole-convitti a Pomaretto e a
Torre Pellice, qui inclusa la trasformazione dell’Orfanotrofio femminile in
Convitto femminile, che possa fruire
anche di taluni servizi di quello maschile.
Il dibattito si è chiuso con la votazione di questo ordine del giorno:
Il Sinodo,
preso atto del lavoro svolto con
capacità e con amore dal Comitato del Collegio Valdese,
lo ringrazia e
Io incoraggia a proseguire lo
sforzo per rivalutare la nostra testimonianza e il nostro servizio
nel campo dell’istruzione secondaria, tenendo presenti con vigile attenzione le nuove prospettive che
possano presentarsi con il procedere della riforma scolastica italiana, e a perseverare nel perseguire l’obiettivo di un irraggiamento
culturale nelle Valli, anche in con
nessione con il progettato Centro
culturale di Torre Pellice;
delibera di affidare a una Commissione la ricerca dei mezzi più
adeguati per inserire in modo organico nella vita della Chiesa tutte le attività di istruzione e di assistenza.
sano — e, secondo la nostra tradizione
presbiteriano-sinodale, essenziale — che
la consultazione delle chiese preceda
effettivamente le decisioni generali.
Questo perché, come ricordava la Commissione d’esame, anche le Chiese hanno dimostrato di avere imparato e di
saper usare l’arte del boicottaggio.
Questa la ragione per cui è stato proposto e votato il seguente ordine del
giorno:
Il Sinodo,
considerata l’opportunità che i
dibattiti e le decisioni in sede di
assemblea federale su temi di particolare rilevanza siano preceduti
da discussioni e decisioni in seno
alle Chiese, Unioni di Chiese e
Opere che costituiscono la FUEI,
dà mandato alla Tavola e alla
propria delegazione alla prossima
Assemblea della FCEI di farsi interpreti presso l’Assemblea e gli
organi federali dell’esigenza che
su temi di particolare rilevanza
sia presentata opportuna documentazione ai membri della FCEI, con
un ragionevole anticipo sulla data
di convocazione dell’Assemblea.
Altro problema, secondario ma :non
senza significato: la procedura per la
designazione della deputazione valdese
alTAssemblea federale. Dopo dibattito,
è stato votato questo ordine del giorno:
Il Sinodo,
considerata l’opportunità che la
propria delegazione all’Assemblea
della FCEI sia designata a livello
distrettuale,
decide che in avvenire le Conferenze Distrettuali procedano direttamente alla designazione dei
delegati del loro Distretto, la cui
nomina rimane di competenza sinodale.
In via transitoria, l’elezione dei deputati della Chiesa Valdese la prossima Assemblea del FCEI, che si terrà a
Firenze ai primi di novembre è avvenuta secondo la prassi seguita in passato: le Commissioni distrettuali, udito il parere dei deputati dei rispettivi
Distretti sedenti in Sinodo, hanno presentato una rosa di candidati per Distretto fra i quali il Sinodo ha scelto.
Sono risultati eletti:
I Distretto: Giorgio Toiirn. Franco Davile,
Pierluigi falla. Franco Giampiccoli; Marcella
Gay. Claudio Tron. Marco Gay. Ermanno
Armand Ugon. Supplenli ; Alfredo Sonelli.
Bruno Bellion, Gustavo Bouchard. Bruno Rostagno. Franca Coisson, Loris Bein. Edgardo
Paschetto. Valdo Fornerone.
II Distretto: Paolo Ricca, Gino Conte, Carli Gay; Franco Schenone, Carlo Monaya. Ugo
Tomas.sone. Supplenti : Ernesto Ayassot, Ermanno Rostan. Roberto Nisbet; Carlo Boiardi. M. Vittoria Revelli. Angelo Arca.
Ili Distretto: Aldo Sbaffi, Sergio Rostagno.
Umberto Bert; Gianfranco Cerrina. Giuliana
Micol, Angelo Ltizzani. Supplenti: Thomas
Soggin. Salvatore Briante, Eugenio Rivoir,
M- Steiner. Sergio Uberti, Valdo Natali.
IV Distretto: Guido Colucci. Luigi Santini;
Giorgio Peyrot. Marco Rostan. Supplenti:
Franco .Sommani. Alberto Ribet; Sergio Bianconi e Franco .Dupré.
V Distretto: Salvatore Ricciardi. Enrico Corsani: Franco Monaco. Elisa Fiorio. Supplenti:
Ernesto Naso. Ennio Del Priore; Armando
Russo. Emilio Nitti.
VI Distretto: Archimede Bertolino. Mario
Berutti: Ernesto Puzzanghera. Irene Wigley.
Supplenti: Odoardo Lupi. Enrico Trobia: Stefano Aloisi. Vincenzo Paraci.
Altri dieci deputati sono affidati alla designazione della Tavola Valdese. La deputazione
valdese all Assemblea della FGEI .sara di 42
membri.
..IH.ut..
Una nuova Facoltà
latino-amerìcrna
di teologìa riformata
Mexico (spr) - Ì)opo anni di conversazioni
e Irallativo. Chiese riformale e (iresliiteriane in
’\inerica Lat'na lianno fondalo a Città del
Messico una EacuUad latinoamericana de Teologia reformala, che lavorerà in stretta collaborazione con la fondazione ecumenica Theological Communily. fondazione che ricomprende
i seminari teologici di varie Chiese messicane.
La Tracolla latinoamericana di leologia riformala è slata creata con il concor.-so di Chiese della Colombia, del Venezuela, del Guatemala e del Messico.
Il presidente tli i|uesla facoltà, che aprirà
uiricialmente le proprie porle il prossimo srllembre. c il past. Allonso Lloreda. Si sono
iscritti per il Irime.elre (raulunno studenti colombiani. venezuelani e mesSiCani.
in una ilichiarazionc sulla futura politica
della facoltà, si c espressa la sjieranza clic
sa formerà adeguatamente i pastori per il loro
compito di conduttori spirituali nelle strutture in rapido mutamento :clla società lalinonmericana.
3
18 settembre 1970 — N. 37
pag. 3
ECHI SINODALI
La chiesa dei migranti
1) L’emigrazione è la conseguenza di
uno squilibrio economico, politico e
sociale; essa è un fatto sostanzialmente negativo per tutte le parti interessate (si veda a tal proposito, il Bollettino dell’Istituto Internazionale di Studi
Sociali, maggio 1970, e quanto ebbi a
scrivere in alcuni opuscoli).
2) Il peso di questo squilibrio ricade
essenzialmente sugli emigranti, verso i
quali deve quindi essere diretta la solidarietà della Chiesa.
3) Lo squilibrio, appunto come rottura di un equilibrio, presenta però la
possibilità di identificare in anticipo
delle linee di azione nuove, anche per
la Chiesa.
4) Il compito della Chiesa, nella particolare situazione dei migranti, è
quello dell’annuncio dell’Evangelo. Tale annuncio non differisce nella sostanza, ma nella forma da quello che la
Chiesa deve portare in altre situazioni.
5) La Chiesa annuncerà dunque ai migranti la liberazione e l’unità, la riconciliazione e la speranza in (¿risto; indicherà loro come conseguenza di questo annuncio di Cristo, e non inversamente, che saranno valutati, giudicati
e affrontati i fattori sociali, economici
e politici della emigrazione.
6) Ma, mentre la Chiesa costituita
resta una organizzazione sostanzialmente statica formata da membri battezzati e iscritti, sulla base dei quali è
stata elaborata una struttura definita
in regolamenti, la Chiesa dei migranti
non può essere altro che una diaspora
in movimento nella quale la realtà lontana del battesimo deve essere rivissuta in una nuova presa di coscienza,
la iscrizione regolamentare è sovente
pi oblematica e la struttura delle Chiese costituite è inadatta alla situazione.
7) La Chiesa dei migranti dovrà essere costituita dai migranti stessi, resi
responsabili e capaci di farsi rappresentare. Ciò permetterà tra l’altro, di
superare la dispersione tra diverse linee
di azione. Mentre era infatti necessario, nella situazione inizialmente esistente, essere presenti in settori differenti e spesso, senza contatti fra loro,
si può ora richiedere che i comitati e
altre organizzazioni per i migranti siano costituiti dai migranti stessi e prevedere una non lontana trasformazione della Chiesa costituita in diaspora
in movimento.
8) Pertanto le relazioni tra Chiesa dei
migranti e Chiesa costituita, italiana
od estera, non potranno essere quelle
della sudditanza della prima e della
tutela su di essa da parte della seconda. Sarà invece necessaria una collaborazione reciproca nel senso che la
Chiesa costituita aiuti quella dei migranti con la sua rifiessione teologica,
con il suo personale come con i mezzi
materiali, e quella dei migranti aiuti
l’altra a non considerare questi mezzi
come più importanti dell’annuncio dell’Evangelo, ma a ricercare in esso il
superamento della sua crisi. Pertanto,
tali relazioni dovranno, nella fase attuale, essere le più elastiche possibili,
non regolamentate né regolamentabili,
ma aperte a continui cambiamenti.
9) Come l’annuncio dell’Evangelo, così i ministeri nella Chiesa dei migranti
saranno uguali nella sostanza evangelica, ma diversi nel modo di operare.
10) Essi saranno quello del pastoredottore, anziano-predicatore, diaconoassistente sociale, venendo affidato al
primo prevalentemente la formazione
itinerante, teologica e pratica, degli
altri, al secondo (anche se non a pieno
tempo) la predicazione locale, al terzo
11 multiforme necessaria assistenza..
Tali ministeri non rappresenteranno la
Chiesa dei migranti, ma saranno per essa un servizio necessario.
11) Anche in questo la Chiesa dei migranti- prefigurerà la Chiesa futura e le
esperienze che vi vengono fatte potranno servire ad orientarne il cammino,
pur tenendo presente che sarà invece
possibile una involuzione in senso statico e strutturale della Chiesa dei migranti. Tale involuzione porterà però,
come vediamo da esempi concreti, alla
sua fine.
12) La Chiesa dei migranti non nasce, né procede infatti da sé stessa.
L’ambiente nel quale opera è il più
decristianizzato possibile, ma proprio
perché ha abbandonato anche le forme
e le appartenze religiose, è aperto alla
possibilità di un nuovo inizio, come a
quello di una sterile imitazione di forme in via di superamento. Esso è una
sfida e insieme una possibilità offerta
alla Chiesa nella sua crisi.
Resta da vedere se la Chiesa ha la
possibilità e la volontà di seguire questa via.
PlHRLUU'.T .IALLA
La Chiesa Valdese si è preoccupata
spesso, in passato, del problema delle
migrazioni, che fra l’altro la toccava (e
la tocca!) direttamente; ma forse in
epoca più recente quest’interesse è calato d’intensitcì. Bisogna qidndi rallegrarsi che quest’anno il problema abbia
occupato un certo spazio, nel corso dei
lavori sinodali, e che anzitutto sia stato votato un ordine del giorno programmatico, che invita le chiese a tenerlo
ben presente:
Il Sinodo,
riconoscendo nella testimonianza e nel servizio reso ai migranti
una espressione di obbedienza a
Colui che « prendendo forma di
servo abbassò se stesso », e
consapevole della vastità e gravità del fenomeno dell’emigrazione, che riduce gli uomini a servi
privi di personalità e di libertà di
decisione,
a) invita le Chiese in Italia a
La lezione Schwarzenbach
L’articolo che segue, scritto da un
responsabile ecumenico, è apparso
su « La vie protestante ».
Il progetto Schwarzenbach è stato
fortunatamente respinto. Un punto
importante, ma insufficiente. Il vero
problema che dobbiamo porci è sapere se non potremmo fare di questa pericolosa iniziativa qualcosa di
positivo che possa contribuire a dare Hit orientamento nuovo alla « politica della migrazione nel contesto
dello sviluppo ». Questo problema
riguarda la Svizzera come pure molti altri paesi europei.
Nelle nostre società, la migrazione
internazionale è generalmente in
relazione con l’assenza di giustizia
economica nella politica internaziozionale del commercio, degli investimenti e dell'aiuto. La presenza di
lavoratori migranti frena l’evoluzione dei salari e degli investimenti nei
paesi d'immigrazione. I paesi
grazione perdono buona parte della
loro mano d'opera meglio qualificata e la partenza di queste persone
non contribuisce a risolvere il problema delle loro strutture economiche deficienti. Infine, e la cosa ha
grande importanza, i lavoratori migranti sono essi stessi strumenti
nelle mani dei dirigenti di un sistema economico che li manipolano iti
modo arbitrario. In generale i migranti sono coloro che vengono
sfruttati nella società. Non possono
difendersi, benché lo sciopero recente degli operai spagnoli a Ginevra
abbia mostrato chiaramente che essi sono sempre meno pronti ad accettare le loro condizioni di vita e
di lavoro come un destino ineluttabile.
Oggi siamo chiusi in questo circolo vizioso: migrazione ► rafforzamento dell’industria dell'Europa occidentale ^ concorrenza sleale ^
insuccesso dell' industrializzazione
nei paesi sottosviluppati ^ disoccupazione permanente ^ migrazione.
Che cosa si deve intendere per po
litica della migrazione nel contesto
dello sviluppo? Non possiamo trattare dettagliatamente questo problema in questa sede.
Lo scopo centrale dello sviluppo
include tre obiettivi interdipendenti:
la crescita e l’indipendenza economica e la giustizia sociale. Per realizzare questo scopo s’impongono
mutamenti rivoluzionari sia nei paesi d’emigrazione (sfavoriti) sia in
quelli d’immigrazione (ricchi). Lei
politica sociale e la giustizia distributiva non basteranno, da sole, a
instaurare tale sviluppo. « Il concetto di giustizia sociale non si basa
sull’interesse bene inteso del gruppo
dominante, ma sul diritto fondamentale di tutti aH’uguaglianza e alla
dignità umana », ha detto recentemente il professor Pannar.
Non è cosa che si realizzi in un
giorno. In pratica, e come politica a
breve termine, bisognerebbe da un
lato limitare e pianificare la migrazione umana, e d’altro lato organizzare la migrazione dei capitali privati e pubblici. Si tratta di trovare
una politica che tenga conto degli
interessi dei paesi d’emigrazione.
Perciò gli esperti in fatto di sviluppo dovrebbero essere associati ai
preparativi di questa nuova politica.
A livello nazionale (in Francia la
CI MADE, in Olanda il gruppo DAR)
ed europeo (il Comitato delle Chiese
presso i Lavoratori migranti nella
Europa occidentale) organizzazioni
e gruppi già lavorano in questa direzione. Queste organizzazioni e
molte altre meritano che le si prenda sul serio. Tuttavia in qualsiasi
discussione e decisione la voce dei
lavoratori migranti sarà indispensabile. Dobbiamo cominciare a mettere
in pratica l’idea che non lavoriamo
per loro ma con loro.
Occorrerà dunque limitare le migrazioni, ma per ragioni diverse da
quelle avanzate da Schwarzenbach.
B. CH. S.TOLLEMA
esprimere una rinnovata testimonianza anche con la ricerca di vocazioni particolari a questo servizio e a studiare attentamente le
cause, gli sviluppi e le conseguenze dell’emigrazione;
chiede agli organi di stampa
evangelici di dare adeguato spazio
a tali questioni, e alle Commissioni distrettuali di promuovere il
suddetto studio, raccogliendone i
risultati in appositi documenti da
presentare al Sinodo;
b) invita la Tavola a sostenere l’opera tra i migranti anche facilitando l’impiego del suo personale in questo settore, favorendo
la formazione dì gruppi di servizio che vivano con i migranti e assicurando il collegamento tra questi ultimi e le Chiese nei Distretti
di provenienza;
c) invita i pastori e le Chiese
valdesi all’estero a indirizzare la
loro attività prevalentemente verso i migranti, elaborando forme
proprie e originali di ministero e
di vita della Chiesa;
d) decide che alle questioni sopra menzionate sia riservato un
ampio dibattito nel Sinodo 1971.
Bisogna riconoscere che una percentuale non indifferente del nostro esiguo corpo pastorale lavora all’estero,
in rapporto più o meno immediato con
i migranti o in ftmz.ione di loro. È dunque necessario che anche e soprattutto
nella prospettiva di coloro che spesso
sono definiti i “minimi” di oggi, si moltiplichino le vocaz.ioni, quelle pastorali
come ogni altra di testimonianza e di
servizio. Qualche risposta giovanile
apre l’animo alla speranza che tale esigenza sia avvertita.
Infine è stato votato un ordine del
giorno riguardo a un problema particolare, quello dello statuto degli “stagionali” nella vicina Confederazione elvetica:
Il Sinodo
esprime la sua protesta per le
condizioni di squilibrio economico
e di disinteresse politico che conducono ogni anno centinaia di migliaia di italiani ad abbandonare
il loro paese per sopravvivere, il
più delle volte ih'condizioni di totale impreparazione;
considerando che gli emigranti
italiani in Europa vivono come
forze produttrici senza diritto di
esprimersi politicamente sul processo economico che li coinvolge,
si augura che venga loro riconosciuto ovunque il pieno diritto di
partecipazione alle decisioni che
interessano la loro vita e quella
delle loro famiglie; inoltre,
informato dell’infelice permanere dello statuto degli « stagionali »
in Svizzera,
chiede al Governo italiano di
adoperarsi presso il Governo della
Confederazione elvetica per la sua
abolizione.
Questo medesimo ordine del giorno
è stato votato in una seconda versione,
e indirizzato, sostituendo l’ultimo comma, alla Federazione delle Chiese protestanti nella Svizzera:
(...)
chiede alla Federazione delle
Chiese protestanti nella Svizzera
di adoperarsi presso il Governo
della Confederazione elvetica per
l’abolizione di detto statuto.
Coinvolgere le chiese
nelle ultime “prove”
prima deila consacrazione
pastorale
La "procedura” o meglio le ultime
tappe della "procedura” che porta alla
consacrazione al ministero pastorale —
esame di tede, sermone di prova — è
stala oggetto di vivaci discussioni, durante le ultime "prove” dell’allora candidato Luciano Deodato. Sicché il pastore Giorgio Bouchard era stato incaricato di riflettere sulla questione e di
presentare il frutto di tali riflessioni al
Corpo pastorale, nel corso della sua
seduta sinodale, il mercoledì sera. Il
che ha fatto, suscitando una proposta,
che il Sinodo ha poi accolto, votando
questo ordine del giorno:
Il Sinodo,
vista la proposta del Corpo Pastorale,
delibera che in deroga a quanto
disposto dalTart. 127 dei Regolamenti Organici, l’esame di fede e il
sermone di prova dei candidati
vengano tenuti, in via sperimentale, una settimana prima dell’inizio
del Sinodo, possibilmente la domenica pomeriggio, e siano seguiti da
una discussione aperta a tutti.
NOTERELLE DI STORIA VALDESE
Trenfannl di vita parrocchiale
e di passione pastorale
1
Coum Diou veul !
Rorà: 1874.
La parrocchia è in grande agitazione. Il pastore se ne va! Count Diou
veul, dicono i malvagi; e qualcuno ce
n’è in questa parrocchia, travagliata
da lunghi anni di dissensi, di risentimenti e di contrasti. C’è stato uno
scontro piuttosto aspro tra l’autorità
religiosa (concistoro) e autorità civile
(consiglio comunale) in merito al rispetto di tradizioni, con conseguente
conflitto di competenza. In conclusione il pastore Charbonnier, volente, nolente, deve andarsene.
Ora arriva il nuovo pastore, Giovanni Daniele Armand Ugon, da Lucca. È
stato eletto con 28 voti su 46 votanti.
1 membri di Chiesa sono 400; gli elettori 91, i comunicanti 80. Comincia il
suo lavoro nel gennaio 1875. Fa molto
freddo; non c’è riscaldamento nel tempio; il presbiterio è in condizioni disastrose (« délabrement »).
Il nuovo arrivato si mette all’opera
per conoscere la sua parrocchia. La
frequenza ai culti varia da 50 a 200 al
culto principale; una trentina al secondo. Ci sono 127 ragazzi che frequentano le scuole elementari; c’è una
biblioteca con 180 volumi e 100 opuscoli, e 8 lettori.
Il nuovo pastore affronta il primo
problema: le relazioni col potere civile, e ristabilisce la pace col signor sindaco; concistoro e consiglio comunale
possono collaborare. Ma, se si è ristabilita la pace col sindaco, che ne è della « paix avec Dieu », della pace con
Dio?
Nel suo primo rapporto al Sinodo
del 1874-75, il Nostro traccia un quadro e delinea un programma che non
sono privi d’interesse per capire tante
cose della nostra Chiesa. Si può sorridere della sua terminologia e scomunicare la sua teologia, ma non si può
mettere in dubbio il fuoco che lo divora e che lo spingerà a soluzioni che
ci lasciano pensosi c lascieranno tracce profonde, discusse c discutibili, nella sua parrocchia.
Un programma d’azione.
Possiamo considerare questo primo
rapporto come una presa di posizione
sufficientemente chiara e logicamente
esposta. L’espressione « pace con Dio »
afferma il pastore Ugon, è priva di significato se non ha una manifestazione esteriore nella nostra vita. Non si
può parlare di vita spirituale se non
c’è una vita morale conforme ai principi del Vangelo. E la prima manifestazione è la santificazione del giorno
del riposo. E qui il Nostro denunzia
il lavoro che non rispetta la domenica, ed i giuochi: danze, bocce, « dindon
et coq ». E denunzia pure la « corruption »; per ora si limita al problema
in generale, ma sono le prime avvisaglie di un combattimento che condurrà, senza cedimenti, anche se il terreno è duro. Infatti ci sono state riunioni ben frequentate, appelli, sante emozioni, ma, osserva candidamente il pastore: « il n’en est resulté — que nous
sachions — aucune conversion »: nessuna conversione.
Pertanto occorre lavorare con i giovani, con i catecunieni: questi bravi
ragazzi che « prendono la prima comunione e poi non si vedono più ».
Il ministero del pastore Hugon (aveva perso ì’h a Lucca, la ritrova a Rorà)
durerà 30 anni neH’alpcstre parrocchia.
E se lo ricordiamo, è perché propone
soluzioni a problemi che non sono del
tutto privi di interesse — così almeno
ci sembra — oggi ancora.
Un decennio di preparazione.
Il suo primo decennio è un decennio di preparazione. Il Nostro procede
con una certa cautela, ma non nasconde il suo pensiero; è coerente ed affronta i vari problemi, senza transigere su quelli che reputa fondamentali, E in questo periodo il problema
fondamentale è quello della parteei
pazione alla S. Cena. In tutte le relazioni, fino al 1884, ritorna sempre, con
dolore ed amarezza, lo stesso rilievo:
la S. Cena è scarsamente frequentata;
quando s’inizia la « celebrazione » della S. Cena, quasi tutta l’assemblea
esce; rimangono alcune donne, pochi
uomini; il Nostro è preciso: i 2/3 dell’assemblea se ne vanno.
Pastore e concistoro studiano il problema per individuare le cause, trovare i rimedi. E non vi è alcun dubbio:
le mancanze di una solida preparazione catechetica è alla base di questo
disinteresse. Anche quando, nel 1884,
egli riesce a convincere i suoi parrocchiani a rimaner presenti in chiesa durante la « celebrazione » della S. Cena,
che fa parte del culto, il pastore non
si fa illusioni, anzi! Il problema è sempre più aperto!
Sono dieci anni di tentativi, di espeifimenti, di preghiera, di scarse illusioni, di rinnovate delusioni. Egli pone
tutte le sue speranze nei giovani, si dà
senza misurare le sue forze. E una
cronaca questa che commuove, anche
quando lascia perplessi.
Una via nuova.
Comincia col dare un tono di serietà inconsueta all’insegnamento, e si
trova a dover affrontare un ostacolo
imprevisto: ci sono degli analfabeti;
nel 1880 sono 5 i ragazzi che non sanno né leggere né scrivere su 35 eatecumeni a Roràl Per una ragione o per
l’altra la frequenza dei maschi è assai
irregolare, ed il pastore deve affrontare il problema di fondo, che sarà il
tormento di tutto il suo ministero pastorale: il catechismo è insufficiente,
come preparazione tecnica e spirituale. Cosa fare? Egli scrive: « Si prospettano due conclusioni assai diverse: la
prima consiste nel non fare più esami
e trascurare il battesimo, l’ammissione in Chiesa e la S. Cena; è la via più
facile. Per l’altra non si deve lasciarla gente nella indifferenza, ma illuminarla e, per quanto dipende da noi,
metterla in condizione di agire .sotto
la propria responsabilità ». Non si può
agire alla « légère », e il Nostro comincia col rimandare ad una sessione di
esami autunnale i candidati che non
hanno studiato, né dimostrato interesse; ma questi non seguono il corso
estivo, e se li ritrova l’anno seguente!
Che fare? Se li respinge, teme di renderli « toujours plus inabordahles ».
Deve cedere alla tradizione, («Nosti
pare an sarnpe fait parai »), anche se
la metà dei 32 candidali (anno 1879),
ben sedici, sono stati assenti i 3/4 delle lezioni.
Il pastore tenta una via nuova; li
ammette, ma prolunga l’istruzione religiosa con riunioni che si affermano
lentamente, e non riescono a trovare
una forma definitiva che nel 1894: riunioni di ex-catecumeni, a carattere familiare: lettura di passi biblici e commento, conversazioni su argomenti vari e « torchets avec un peti de vin ».
Una via vecchia che il pastore non
abbandona è quella della disciplina
morale. Esige la dimissione di un anziano (che è anche sindaco) reo di
aver assistito ad un ballo in piazza organizzato dai coscritti, e di aver permesso alla figlia (pur zelante monitrice) di parteciparvi. Annunzia dall’alto
del pulpito la condanna concistoriale
di due casi di adulterio.
Un fatto nuovo: accanto alla emigrazione, la immigrazione; mentre si
accenna alla possibilità di una emigrazione in Toscana, arrivano, nel 1882, a
Rorà ben 73 operai cattolici.
(segue)
Gino Costabei.
18 ollofirc 1970
Domenica dell'emigrante
La Federazione delle Chiese evang;eliche in
Italia, indice una « domenica deiremij;ranU‘ »
invitando le chiese alla riilessionc c airimpegno. Materiale informativo presso il Comitato
per le Migrazioni. Via Firenze 38. 001B4 Koma.
NOTIZIARIO METODISTA
— Anche le Comunità metodiste, particolarmente quelle dei centri cittadini, hanno l’abitudine di rallentare le
attività ecclesiastiche durante i mesi
estivi a causa dell’esodo di parecchie
famiglie verso luoghi di cura o di villeggiatura.
L’estate è il periodo, però, in cui, se
sono in stasi le attività cultuali, si intensificano d’altra parte i « Campi di
studio » o simili presso il villaggio di
« Ecumene » (Velletri); ed ha luogo con
crescente successo il periodo di vacanze
per famiglie presso il « Centro evangelico» di S. Marzano (Asti).
Ecumene, infatti, è tuttora in piena
funzione e non è stata ancora fissata la
data del termine delle sue attività annuali. Pure il « Centro » di S. Marzano
non ha ancora concluso le sue attività
annuali. Finito il periodo di vacanze, è
ora allo studio il programma autunna
le comprendente Campi di studio giovanili per il mese di ottobre prossimo.
Con ottobre saranno in piena ripresa
tutte le consuete attività delle Comunità grandi e piccole sparse in tutta
Italia. Fin d’ora stanno per essere convocati i Consigli e le Assemblee di
Chiesa per stabilire i programmi pei
prossimi mesi.
— La delegazione Metodista, composta dal Presidente Past. Mario Sbaffi,
dal Vice-presidente Dr. Niso De Michelis, dal past. Giuseppe Anziani e dal Rag.
France.sco Stefanini, che ha seguito con
vivo interesse i lavori del Sinodo Valdese a Torre Pellice, è stata felice ed
onorata di sedere in queirimportante
consesso ed è vivamente grata alla Tavola — ed a tutta la Chiesa Valdese —
per la cordiale e fraterna accoglienza
ricevuta. g.
4
pag. 4
N. 37 — 18 settembre 1970
Libri
per i nostri ragazzi
a cura di Berta Subilia
Triremi contro Serse — Le falangi di
Alessandro — Con le legioni di Scipione — Cesare in Britannia — Ed.
Giunti (Bemporad Marzocco), Lire
1.600 cad.
Uno storico dell’Università di Firenze, il prof. Piero Treves, tre scrittori.
Renato Caporali, Lucio Soldán, Domenico Volpi e un documentarista. Marco Toscano, hanno collaborato alla
creazione di quattro appassionanti volumi a cui l’editore Giunti ha dato una
splendida, curatissima veste tipografica. Si tratta di un’opera molto originale, in cui la storia — intessuta con
una leggera trama narrativa — è tramandata da Erodoto, Plutarco, Tito
Livio, Cicerone, Giulio Cesare, ecc. Le
citazioni dei loro scritti sono infatti
inserite in margine, dando al ragazzo
il piacere di documentarsi sui testi e
insegnandogli la lettura diretta, cosa
altamente educativa. Tutto il complesso illustrativo, fatto di disegni e di
bellissime fotografie a colore, ha grande parte nella riuscita dell’opera ed è
ottimo aiuto alla comprensione del
testo.
Il quale testo, scevro di sentimentalismi, di nazionalismi, di esaltazioni
retoriche, come invece spesso accade
in questo genere di letteratura, presenta fatti e figure che riproducono vivacemente il loro tempo, dal quale però
il nostro non è avulso, ma ne è la lenta, secolare trasformazione. Questo
rapporto e lo studio della trasformazione dei secoli non è forse il compito
della storia e ciò che la rende viva?
Libri onesti che piace raccomandare.
Per
■
I
piccoli
Angela Galli Dossena - La settimana
di Annalisa - A.M.Z. Editore, L. 1.500.
Angela Galli Dossena ha il dono di
saper raccontare ai bambini di oggi. In
questo suo libro in prosa dedicato « a
tutte le bambine del mondo (se hanno
trecce o nocchini occhi azzurri o dorati o marrone e, per cortesia, una spruzzatina di lentiggini) » il suo raccontare,
così personale e originale, è pieno di
fantasia, ma è un fantasticare nuovo,
che calza perfettamente sulla realtà
scanzonata dei bimbi di oggi. Però,
nell’arguzia affettuosa, del tutto priva
di ipocrisia dei racconti delle giornate
di Annalisa, s’insinua ad ogni pagina un
pensiero costante, che ha la finezza
della bontà.
Mario Lodi - Il Permesso, L. 850.
Alfredo Baiocchi - La montagna nera,
Ed. Giunti (Bemporad Marzocco) Collana azzurra, L. 750.
Due libri per i meno grandi, il primo
per 6-8 anni, il secondo per 8-10. Affiorano in essi i primi problemi della vita.
Il permesso è il permesso di uccidere
gli animali e i protagonisti; figli di un
cacciatore e di un pescatore, arrivano
da soli, pian piano, a ribellarsi alla mania di uccidere, senza ragione, come
hobby, per riempire ore di distensione
e di svago. È un libro scritto bene, delicato e umano, molto vicino al modo
di esprimersi dei piccoli.
La montagna nera è la storia di un
bambino di città che vive un periodo
in campagna e « parla — come dice la
dedica — con le cose che sono intorno ». Anche qui il discorso è umano,
sereno, intelligente e i piccoli lo possono seguire bene, legato com’è da una
storia piacevole.
Pina Ballario - Fiabe e leggende delle
Dolomiti - Ed. Giunti (Bemporad
Marzocco), L. 750.
È una bella raccolta di fiabe, ambientate nelle Dolomiti. Reucci e principesse, inquadrati dalle belle cime di Sorapis, Marmolada, Cristallo, Sassolungo c
Tofane, compiono affascinanti imprese,
raccontate col bel garbo e il noto brio
dell’autrice. Penso che i bimbi di oggi
sgranano ancora volentieri gli occhi,
quando qualcuno ha voglia di sedersi
e leggerle loro ad alta voce.
Ultracentenario
Mary Mapes Dodge - I pattini d'argento
- Ed. Mursia, L. 1.900.
Questo romanzo per ragazzi ha più
di un secolo di vita, essendo stato scritto nel 1865 da un'autrice americana. È
entrato a far parte dei « classici » per
i ragazzi e rimane affascinante per la
sua trama, per l’ambientazione in una
simpatica Olanda del principio deH'88,
per la carica di fede serena e di esigenza morale, di cui i ragazzi di ogni
tempo sentono la validità. Mursia lo ripresenta al pubblico infantile italiano
in una bella edizione integrale con tavole fuori testo.
La Mapes Dodge, nel 1873, aveva fondato in America una rivista mensile per
ragazzi « St. Nicholas » che dura tutt’ora e a cui hanno collaborato London,
Twain, la Alcott, Kipling, ecc. Non è
dunque solo il nostro « Amico dei fanciulli » ad avere raggiunto il secolo!
i[iiniMiiiiiiiiimii
L’attività dei teams
ecumenici in Italia
Da alcuni anni opera nel nostro paese un
« team ecumenico » i cui membri, lutti provenienti da chiese evangeliche deirestero. haniiG collahorato, o collaborano tuttora, con istituzioni sociali delle nostre Chiese. Purtroppo,
tranne le località dove questi nostri fratelli
e queste nostre sorelle prestano il loro servizio, le nostre chiese sembrano non accorgersi
neppure della loro presenza. Desideriamo quindi iniziare sulle nostre colonne una serie di
l>revi articoli perche non solo l'opera che viene svolta dal team ecumenico in Italia sia
meglio conosciuta ma anche perché giovani
delle nostre cinese possano trovare, in questa
forma di servizio, una possibilità dì concreta
testimonianza della loro fede.
Attualmente i membri del team, in Italia,
sono 10, provenienti da 6 diversi paesi e per
quanto riguarda la Chiesa metodista 2 dì essi
collaborano con Casa Materna e 2 con il nostro Centro sociale di Villa San Sebastiano.
Cappellano e direttore del team è il pastore
John Ro.ss ed alPazione del team sovrainlendc
un Comitato italiano dì cui è presidente il
moderatore Neri Giampiccoli, segretario il
doli. Teotìlo Santi, e di cui fanno parte anche. ]>er la Chiesa melodista, i pastori Mario
Sbaili e Alan Keighley. Da una relazione
svolta dal doli. Santi in occasione del recente
seminario di studio del team svoltosi ad Ischia
sul tema « Team ecumenico in Italia e sviluppo economico e sociale ». stralciamo alcune
notìzie e considerazioni che riteniamo dovrebbero interessare i nostri lellori.
I TEAMS ECUMENICI
E LA LORO STORIA
Prima in Grecia, poi in Italia. })oi ancora
nei Paesi del Terzo Mondo, que.sti leams nacquero, subito dopo la fine della seconda guerra
mondiale, come risultato di una doppia vocazione: al servizio di Dio ed al .servizio del
f rateilo.
Essi furono motivati dal bi.sogno della « riconciliazione » e della « compartecipazione »
fra Itilli i figliuoli di Dio. Si tratta quindi dì
un aiuto tutto particolare per il solo fatto dì
essere un « aiuto cristiano ». Non è la stessa
cosa deiraiuto che le varie organizzazioni .sociali possono dare nelle zone sottosviluppate.
E' un aiuto che viene offerto nel nome del
Signore.
NATURA DEL TEAM ECUMENICO
Il team ecumenico non sostituisce la Chiesa
come la Chie.sa non può essere sostituita da
nessun grupjK) di servizio comunitario. Il
team ecumenico diventa esso stesso una comunità quando, nella comunione con i fratelli
hi mezzo ai quali opera, confessa e proclama
il suo Salvatore, Cristo Gesù.
Raggiungere il miglioramento delle condizioni di una determinata società non significa aver realizzato il regno di Dio. Le Chiese,
e quindi i cristiani, sono interessali a vincere
lì tragedia del sotto-sviluppo, ma non esauriscono la loro missione nel raggiungimento dei
beni materiali. Il Regno di Dìo è nei cuori
di quelli che accettano il Signore in libertà,
in giustizia, in sincerità, in santificazione e
per ogni giorno (Luca 1: 74-75).
IL TEAM ECUMENICO IN ITALIA
ED 1 SUOI RAPPORTI CON LE
CHIESE EVANGELICHE
DEL NOSTRO PAESE
fan
Il team ecumenico in Italia è allopera
presso vari progetti di servizio che le Chiese
evangeliche conducono avanti nel nostro paese
attraverso grandi sacrifìci e difficoltà ma anche con gioiosa speranza. Altri progetti attendono con ansia questo aiuto e questa presenza. L'incisività di questi progetti non è in
rapporto con l'entità dei mezzi impiegati ma
con gli ideali che li motivano e con gli uomini che ne sono stati attratti. Essi ci sembra
debl)ano muoversi lungo queste tre linee principali :
a) collaborazione : con la segnalazione e
con lo studio di particolari condizioni sociologiche;
b) stimolo: attraverso opere di alta qualificazione professionale e di profonda vocazione cristiana;
c) surroga : là dove lo Stato non è ancora
pre.sente con le istituzioni secolari, molle delle
quali .sono certamente valide ed efficienti.
La presenza del team ecumenico non può
essere soltanto un aiuto per l'attuazione del
Servizio Sociale nel quale le Chiese evangeliche italiane sono impegnate... Questa presenza reca una testimonianza dell'ecumene della Chie.sa del mondo, contribuisce ad abbattere
H barriere delle denominazioni, incoraggia
Lanelito delle nuove generazioni evangeliche
italiane per una Chiesa libera da complessi di
minoranza e di persecuzione, aperta al dialogo
ed alla collaborazione di tutti i cristiani, unita
pur con la diversità delle vocazioni, dei doni
e dei nomi, nella testimonianza e nel servizio
cristiano.
Mario Sbafki
(da ft Uoce metodista»)
L’apatia
non è neutrale
Com’è verde questa parte d'Italia, mi
vieti fatto di pensare, gettando un’occhiata fuori dalla finestra. Vietnam, dove sei con la tua terra satura di sostanze chimiche e che ne è delle tue risaie
e dei tuoi contadini? Vietnam, dove sei
con il tuo 60% deU'infanzia mutilata
— infanzia che un giorno dovrà prendere le redini degli affari del proprio Paese? I tuoi traumatizzati, Vietnam, dove e quando sono curati? Che
ne è dei tuoi lebbrosari bombardati 38
volte di seguito? Dove sono i tuoi chirurghi, i tuoi studenti in medicina?
Molti di essi nella giungla, nei ricoveri
antiaerei dove si nasce, si muore, s'impara a leggere, a scrivere e a contare.
Molti chirurghi non sono più al loro
posto perché l'odio li ha spazzati via.
Parte dell'infanzia ha bisogna di vitamine « A » e « D » (a causa di mancanza di luce e di sole) e di chinino (« Quinine ethylcarbonate ») contro la malaria. Vi è richiesta di barbiturici per
anestesia intravenosa («sodium thiopentone 5%), di elettrocardiogrammi
(modello svedese « Menograph »). Con
quale tipo di luce si studia e si legge
sottoterra? Non ne ho la più pallida
idea, ma oltre ad una continua richiesta di plasma, vi è quella di riviste e
periodici. Titoli? Eccone alcuni: « La
Presse Médicale », « La Revue du Practicien », « Practique chirurgicale illustrée ». Qualsiasi documentazione sulla
malaria, sull'immunologia e sull’epidemia. Estratti, trattati, monografie su
tecniche di laboratorio, sulla batteriologia, parassitologica, oftalmologia e
chirurgia orecchi-naso-gola; la chirurgia
plastica, specie quella facciale, non viene omessa dalla lunga lista giunta nel
marzo di quest'anno dal Vietnam alla
sede del Comitato Aiuti Medici di Londra.
Vietnam, dove è la recluta americana macellata a fianco di tante altre in
parte a causa degli interessi bellici?
Mi vieti fatto di pensare a Martin Luther King quando parlava del Venerdì
Santo. Quando finirà la crocifissione
del Vietnam? (Può darsi nella misura
nella quale l'individuo è pronto ad agire per far sorgere l'aurora).
Alcuni anni fa, durante una marcia
alla quale presi parte, a Londra, lessi
la scritta seguente, su di un cartello:
« L'apatia non è neutrale: le vostre
azioni, i vostri pensieri preparano il
mondo o per la pace o per la distruzione totale ». Liliana Munzi
Dalla FUV alla FQEI
Il Sinodo Valdese ha preso atto dello scioglimento
della FUV - Le Unioni giovanili invitate a confluire nella Federazione Giovanile Evangelica Italiana
iiiimmiiimmiiiim
Un Inno al Museo
Valdese di Torre Penice
Un grave furto è stalo compiuto durante le
notti dal 5 al 7 corrente mese, ai danni del
Museo Storico Valdese dì Torre Pellice. Con
scasso di finestra ed armadi sono state rubate
una dozzina di armi antiche (pistole e fucili a
pietra e a capsula dei sec. XVII e XVIII). un
gruppo di medaglie commemorative, delle monete antiche, 11 calice d'argento donato dalla
Tavola Valdese al suo benefattore Carlo
Beckwilh ed infine, oggetto di speciale valore
storico ed affettivo, un sottile anello d’oro,
con castone a scatola, che la tradizione attribuisce a Giovanni Calvino. In considerazione
dell'alto interesse storico e specialmente affettivo posto negli oggetti rubati, malgrado il
loro scarso valore venale e commerciale, la popolazione Valdese è stata profondamente colpita ed amareggiata da questo atto che considera una offesa al sentimento di cui si circondano questi oggetti, testimoni di uno storico. eroico passato.
Il 16 agosto si è tenuto ad Agape Vultimo
Congresso della F.U.V., il quale ha deciso
10 scioglimento della Federazione delle Unioni Valdesi e ha sollecitato i nostri gruppi giovanili a confluire, come già diversi hanno fatto, nella Federazione Giovanile Evangelica
(FGEI). Ecco l'ordine del giorno programmatico votato dal Congresso di Agape:
Il Congresso della FUV, tenutosi ad Agape
11 16 agosto 1970,
visto che la maggioranza delle unioni che
attualmente svolgono un'attività giovanile e
che hanno risposto al censimento della FGEI
ha optalo per una adesione delle singole unioni alla FGEI manifestando in tal modo il proprio parere favorevole riguardo allo scioglimento della FUV predisposto dal congresso
FUV 1969 di Ecumene,
visto che da alcuni gruppi, altri e unioni
che svolgono attività giovanile non è pervenuto durante l'anno alcun parere o alcuna risposta al censimento FGEI,
visto che tra tutte le risposte ricevute una
sola era esplicitamente contraria al confluire
della FUV nella FGEI,
approvando la relazione del C.N. uscente
relativa alLaiialisi delle strutture della FUV
e alla linea di lavoro nella ({uale i gruppi vaidesi intendono impegnarsi alLinterno della
FGEI,
vista Lapprovazione da parte del Sinodo
1969 delle decisioni del Congresso FUV 1969
(art. 9 — A.S. 1969/a)
delibera lo scioglimento della Federazione
Unioni Valdesi; approvando l'adesione alla
FGEI da parte delle singole U.V. secondo gli
orientamenti espressi dagli ultimi congressi
FUV,
invila le unioni che ancora non si sono federate alla FGEI a farlo esplicitamente al più
presto in modo che la comunione tra le unioni valdesi non sia rotta e l'apporto dei giovani
valdesi in seno alla FGEI non sia frammentario:
fa appello ai gruppi giovanili metodisti o
battisti e ai rispettivi movimenti GEM e MGB
perché nel minor tempo possibile giungano
anch’essi ad una adesione dei singoli gruppi
alla FGEI secondo i deliberati dei rispettivi
organi competenti, in modo da giungere al
più presto ad una federazione equilibrata di
gruppi giovanili evangelici superando i movimenti giovanili denominazionali;
invita le singole unioni valdesi a sostenere
finanziariamente la FGEI secondo la prassi
già instaurata durante Fanno 1969-70 ed esprìme la speranza che le chiese valdesi vogliano
continuare a sostenere il lavoro giovanile evangelico mediante la colletta della domenica
della gioventù che già quest'anno è stata devoluta alla FGEI:
chiede alla Tavola di voler continuare a
seguire con cura il lavoro giovanile con i mezzi e gli uomini necessari stabilendo i necessari contatti con il consiglio della FGEI nel
quadro di una responsabilità comune anche
alle altre chiese della Federazione delle Chiese
Evangeliche,
rivolge al Sinodo la richiesta d’invitare un
rappresentante del Consiglio della FGEI che
sieda in Sinodo al posto del segretario della
FUV come membro con voce consultiva.
esprime al Signore la preghiera che questo
cambiamento nel lavoro giovanile possa costituire un'occasione di impegno chiaro e fedele
nella testimonianza, nel servizio e nella comunione della sua chiesa.
ha preso atto in questi termini della decisione giovanile, del resto incoraggiata da un
voto sinodale dello scorso anno:
Il Sinodo,
visti gli ordini del giorno del Congre.sso
FUV 1970,
prende atto dello scioglimento della FUV
e augura alla FGEI un lavoro fecondo e benedetto:
d(i mandato alla Tavola di esaminare con il
Consiglio della Gioventù (FGEI) le conseguenze amministrative dello scioglimento della
FUV.
I lettori scrivono
Per l'Uliveto
Una lettrice, da Roma:
Caro direttore.
Le accludo un assegno di L. 30.000
per r« Uliveto » di Lu.serna S. Giovanni, sempre sperando che altri collaborino a quest'opera, che dovrebbe
interessare lutti quelli che abitano o
soggiornano alle Valli. Strano che le
vicende ])iù lontane suscitano, spesso,
più simpatia di quelle che ci stanno
vicino.
La ringrazio, salutandola con molta
cordialità.
Lilian Pennington de Jongh
RINGRAZIAMENTO
La famiglia del compianto
Giovanni Bouchard
esprime il suo vivo ringraziamento a
tutti coloro che le sono stati vicini
nell’ora triste della separazione ed in
particolare ai Pastori A. Deedato e
T. Pons e al personale dell’Ospedale
Civile di Pinerolo.
« E la testimonianza è questa : Dio
ci ha dato la vita eterna, e questa vita è nel suo Figliuolo »
(1 Giovanni 5: 11)
La famiglia del compianto
Gilberto Tron
di anni 46
ringrazia sentitamente tutti coloro
che hanno partecipato al suo grande
dolore. In particolare medici, suore e
personale (reparto medicina dell’Ospedale E. Agnelli di Pinerolo) per le cure prestate al loro caro congiunto.
« Io ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa,
ho serbato la fede » (2 Tim. 4; 7)
Nella
sua sessione
1970. il Sinodo Valdese Rodoretto 2 settembre 1970.
iiimiiiiiimmmii
iiiiiiuiMiuiMiiiMiiiiiiiimiiKimiiiiiiiiniMiiiiitniiiiiiiiiiiii
L'incontro biennale degli "amici di Agape,,
Nei giorni 5 e 6 coir, ha avuto luogo ad
Agape un convegno degli « amici di Agape ».
come ormai di consuetudine ad anni alterni.
Si sono così ritrovati una quarantina di « amici », fra i quali abbiamo notato il prof. Alberto Cahella e signora, il pastore Aldo Comha e signora, la sig.mi Fiorella Comba, il sig.
Adriano Longo, il Dr. Fulvio Rocco, il pastore George Taylor e .signora, il prof. Claudio Tron e signora, la sig. na Elena Vigliano,
oltre al sottoscritto. Inoltre erano naturalmente ])resenli i residenti insieme col direttore del
campo pastore Franco Giam])iccoli.
Il Giampiccoli ha fatto una lunga e interessante relazione sulla situazione attuale di
Agape. Si è così avuto notizia delle difficoltà
insorte negli ultimi anni, che sono sia economiche, sia morali. Le eeonomiebe affiorarono
in modo un po' allarmante nel 1969, causa un
forte calo dei partecipaiili ai campi. È. stalo
tuttavia possibile migliorare la .situazione economica durante il 1970. .sia intensificando la
propaganda, sia facendo forti ri.sparmì.
Le difficoltà morali .sono più gravi, dipendendo e.sse, a quanto seml)ra. da quello che j)oIrebbe chiainar.si il « logorio » del gruppo residente. L'alternarsi di periodi d'attività tanto
intensa <la rendere quasi impossibile la partecipazione ai lavori, dei campi, ad altri periodi
lunghi nei quali Fattività tende al ristagno,
ha prodotto, dopo tanti anni, una certa stanchezza c. quasi si direl)he. un dLsorientamenlo.
accentuatosi forse per la mancanza effettiva
d'omogeneità del gruppo.
Quali i rimedi? Agape non è Taizé, né intende diventarlo. I componenti del gruppo
sentono imperiosa la vocazione del servizio alfa Chiesa, non quella della contemplazione
mista. Essi, principalmente per bocca del
Giampiccoli. della sig.na Sciclone (pastore aggiunto) c del sig. Renalo Majocehi, hanno
chiesto consigli in proposito. Un possiÌ)ile rimedio. a lungo discusso, potrebbe forse consistere nel trasferire, nei mesi invernali, buona parte del gruppo in un centro abitato più
a valle, allo scopo d'intervenire nelle questioni
sociali più impellenti che travagliano tanto,
oggi, le popolazioni contadine.
Gli amici hanno espresso, su tale possibile
rimedio, pareri prevalentemente negativi, nel
timore che un'assenza del genere potrebbe causare un più grave, addirittura irrimediabile
ristagno dcll'attivìlà di Agape. Sì sono allora
prospettati altri possibili rimedi, per es. una
partecipazione a qualche attività sociale nelle
immediate vicinanze di Agape (forse nella
stessa Frali), opure un appoggio accentuato da
parte di lutto il protestantesimo italiano,
quindi da parte della Federazione, ecc.
Tali possibili rimedi verranno discussi in
sede autorevole e più competente, cioè nella
prossima riunione del Comitato Generale. Ivi
si faranno interpreti dei ])areri degli amici,
gli eletti di que.sta troppo piccola e troppo affrettala riunione, cioè i signori Adriano Long
c Renato Majocehi.
Tuli.IO Viola
Pomaretto
La nostra viva simpatia alla famiglia di
Vinçon Giulio, deceduto ai Hivoira (Pinasca)
dopo lunghi anni di sofferenza.
Domenica 6 settembre è stato battezzato
Ivan Comba di Valdo e Norina Gaydo. Partecipiamo alla gioia della famiglia nella fiducia
d ima testimonianza dei genitori verso la loro
creatura.
F stato celebrato il matrimonio di Bern<ird
Claudio e Bruna Gallio giovedì 10 settembre
in chiesa. Il messaggio e la preghiera siano
per i giovani sposi di guida c forza por la
loro vita sotto la guida del Signore.
l nostri vivi auguri anche a Bruno Pons e
Ferrier Nicole il cui matrimonio s'è celebrato a Marsiglia.
Domenica 20 settembre avremo la visita al
culto del gruppo pentecostale <li Venaría con
messaggi e cori di piccoli e grandi. Diamo
loro sin d'ora il nostro henvemilo.
I familiari della compianta
Medina Micol
neH’impossibilità di farlo individualmente ringraziano sentitamente tutti
coloro che durante la malattia e nell’ora della separazione furono di aiuto
e conforto.
Un ringraziamento particolare ai
Dottori Peyrot e Pellizzaro, ai Medici, alla Direttrice, alle Infermiere, al
Personale dell’Ospedale di Pomaretto
per le assidue e premurose cure ed ai
pastori Bouchard e Bertinatti.
« La mia grazia ti basta »
(II Cor. 12: 9)
Pomaretto, 29 agosto 1970.
« Beati i morti che muoiono nel
Signore. Si riposano dalle loro
fatiche, poiché le loro opere li
seguono» (Ap. 14: 13).
Dopo lunga operosa vita interamente dedicata alla Famiglia è mancata
all’affetto dei suoi cari
Elena Valentina Besson
ved. Tron
La piangono : i figli : Elvira, Emanuele, Eulalia, Eugenio, Esmeralda;
la nuora Lia Galletti ved. Tron; il
fratello Arturo Besson (Montevideo);
genero, nuore, nipoti, pronipoti e parenti tutti.
La salma è stata tumulata a Luserna S. Giovanni.
Vercelli, 11 settembre 1970.
5
18 settembre 1970 — N. 37
pag. 5
STA PER APRIRE I BATTENTI, A BASILEA
L’Accademia teologica
evangelica “fedele alla Bibbia,,
Un tentativo discutibile, ma significativo per vincolare la
teologia odierna alla norma scritturale - Il rischio del ghetto
ObiiaiDne di Eosclenza, proMema di tatti
Basilea (epe!) — L’Accademia teologica evangelica biblica (« bibeltreue »,
« fedele alla Bibbia ») di Basilea per
la formazione pastorale si aprirà il 4
ottobre prossimo e la celebrazione
inaugurale si terrà nel centro comunitario della chiesa Oekolampad.
Sinora si sono iscritti 20 studenti,
fra i quali una studentessa, e altri si
sono annunciati. Mentre le cattedre di
Antico e Nuovo Testamento sono già
occupate da professori ordinari, le altre saranno per ora assicurate da docenti incaricati.
In un articolo informativo uno dei
professori ordinari, il prof. Kiilling
(Antico Testamento), discute le riserve
espresse in varie riviste contro il nuovo centro di formazione teologica. Significa disconoscere la realtà — egli
scrive — affermare che gli studenti
di quest’accademia verrebbero a tro\arsi in un ghetto estraneo al mondo
e tenderebbero a costituire una « isola
dei beati ». Le forze insegnanti impegnate e i programmi garantirebbero
invece agli studenti un confronto con
la situazione teologica e mondana forse anche maggiore di quanto avvenga
nelle facoltà statali. Essi non sarebbero lasciati soli e senza risposta alle
prese con tali problemi, poiché essi
devono ricevere una formazione e un
aiuto effettivi per il servizio che saranno chiamati a rendere « fuori ». Il
tempo mostrerà che forse l’influenza
pubblica dell’accademia sarà maggiore
di quanto taluni oppositori vorrebbero. Molti teologi hanno affermato essere chiaramente impossibile collegare
un lavoro teologico scientifico rigoroso
con un atteggiamento « biblico »; nella
rivista « Reformatio » è stata avanzata
la critica secondo cui l’accadernia si
rifiuterebbe di studiare gli scritti biblici anche nel senso di indagare sulla
situazione storica e sulle intenzioni
umane e storiche dalle quali essi sono
sorti: si può però domandare da dove
questi critici abbiano tratto tanta conoscenza sull’accademia, che non ha
neppure ancora iniziato il proprio la\oro. Queste affermazioni e questi giudizi si basano esclusivamente su pregiudizi di fronte all’indagine teologica
fedele alla Bibbia. L’accademia parte
assai meno da premesse insostenibili
di quanto facciano i suoi critici e non
considera come dei fatti le ipotesi relative al formarsi della Bibbia. Non
\ i sono, infatti, teologi liberi da qualsiasi pregiudizio e presupposto, obiettivi, neutrali; tutti partono da qualche
presupposto, ciò che importa è da
quali presupposti si parte.
Infine il prof. Kiilling discute un articolo del past. Kostler, apparso in di
versi bollettini di chiese, nel quale si
ricollega l’accademia al movimento
confessante tedesco e si esprime il timore di una scissione della chiesa. In
merito il prof. Kiilling scrive: « Non
si deve dire che, grazie alla libertà di
insegnamento, questa scissione è già
una realtà a proposito di varie correnti teologiche che giungono a negare la
verità biblica essenziale (figliolanza divina di Gesù, risurrezione corporea,
suo ritorno, ecc.), o della teologia della morte di Dio o di quella della rivoluzione? » Si può naturalmente dissentire daH’orientamento dell’accademia
riguardo alla Bibbia, ma si deve esercitare verso destra la medesima tolleranza cui si indulge verso sinistra.
« Non tendiamo ad alcuna scissione
della Chiesa; non so, però, se col tempo questa non si verificherà ». Anche
A. Kuyper, dell’Università libera di
Amsterdam, non ha voluto la scissione ecclesiastica, essa gli si è imposta
perché i pastori ivi formati non sono
stati accolti nella Chiesa nazionale.
A noi pare che la richiesta di soprassedere ad ogni giudizio sia non solo ragionevole, ma s'imponga per rispetto fraterno. Sull’operato di questo centro di formazione teologica si
potranno in seguito, a ragion veduta,
esprimere pareri ed esercitare critiche, secondo la biblica esigenza del discernimento degli spiriti, che ovviamente va esercitato pure nei confronti dei centri tradizionali, per venerabili che essi siano. Pensiamo comunque
che, come per ciò che riguarda il 'movimento confessante in Germania'
(« Kein anderes Evangelium », «nessun altro Evangelo »), orientamenti
unilaterali e al limite eretici spesso
non fanno che evidenziare, per contrapposto polemico, altri orientamenti
altrettanto unilaterali e al limite eretici, che scelgono cioè arbitrariamente
nella ricchezza dialettica della verità
evangelica alcuni elementi e li evidenziano e dilatano indebitamente. Naturalmente questi movimenti e queste
contrapposizioni non hanno la linearità delle formule chimiche, ma rappresentano una trama intricata e contradditoria, nella quale il citato discernimento degli spiriti si fa estremamente arduo e implica un duro lavoro
e una costante invocazione allo Spirito di verità, che ci guidi in tutta la verità. È una responsabilità che tutta la
chiesa porta, in ogni suo membro, a
ogni livello della sua vita, del suo riflettere, del suo riunirsi, del suo operare.
(G. C.)
IMIIIIIIUIIIimilHHIHIIIi
FRA LE RIVISTE
Un fascicolo eli IDOC dedicato
interamente all’ America Latina
IDOC internazionale. N. 16,
15 settembre 1970
Queslo fascicolo della rivista di « dociiineiilazione irans-confessioiiale per il rinnovamen
10 religioso e umano » è interamente dedicato
all’America latina : « Il nostro numero speciale non pretende di esaurire 1 ampio arco
della realtà latino-americana, ma presenta il
)>ensiero di alcuni “esperti”, tutti latino-americani. che parlano “dal didentro” della situazione: essi cercano di far comprendere da un
lato le radici sociali e politiche che ne sono
ali'origine. dall’altro di rendere conto del perché di certe scelte etiche, politiche e religiose. Se vi è un fenomeno evidente in America
latina (...) è che tra le forze che si muovono
ha una forte incisività la pre.scnza dei cristiani. Non si tratta tanto del fatto che i teologi
riiletlano sul significato della fede cristiana m
relazione agli avvenimenti che sconvolgono la
vita di questi popoli, quanto del fatto che dalla teologia alla prassi, dalla fede all impegno
11 passo è lireve, anzi talora sembra precedcie
la riflessione di fede. L interesse delle pagine
che presentiamo sta precisamente nel carattere
esislcnziale della fede e della teologia ]»er Ì
cristiani latino-americani: il che non può non
jiorrc dei problemi a chi. oviimpie. cerchi la
via del “rinnovamento umano” alla luce della
fede cristiana nel nostro tempo. Ciò che talora in occidente, nei discorsi della gente imjiegnata”. apjiare astratto e teorico, viene mes.so n fuoco in modo concreto, limpido, pertinente nella situazione macroscopica ilell .\merica .latina ».
Contrilniti di jiA.io de Sa^ta Ana: .Dalla
mobililazione (Mio masse umane alla creazione di una società umana: di ViUGii.io Rafael
Beltra^: Condizione attuale degli studi di
sociologia militare in America Ialina: di Cesar
A. Agi iah: Tendenze e correnti neirodierno
cattolicesimo latino-americano: di Gu.'^tavo
Gitierhez Meruno: Ajìpunli per una teologia della liberazione: di Rubem A. Alves :
Appunti per un pntgramma di ricostruzione
della teologia.
BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ’
DI STUDI VALDESI. N. 127.
Dal sommario; B. Arpia; Une famille vaiidoise du Piémont du XIV'' au XIX siècle A. Molnar : ]an Amos Comenius e i Vaidesi - W. Utt : A small mistery from .1690
(Jaejues Gautier) - E. Peyrot ; Bibliografia degli scritti di Giovanni buzzi. - .Rassegna
bibliografica.
LA REVUE RÉFORMÉE. N. 1/1970.
Dal sommario: R. Stauffeh : Calvin, pionier de l'unité chrétienne - Jean Hoffmainn:
Purole humaine ou Parole de D.eu (uno scritto sulla crisi teologica contemporanea, con
particolare riferimento alla situazione svedese) - P. Petit: Quelques livres vatholiques.
ÉTUDES THÉOLOGIQUES
ET RELIGIEUSES. N. 3/1970.
Dal .sommario: M.-.4. Chevalieiì : La prédication de la croix: comment prêcher la
croix aujourd'hui':' - G. W. Ander.som : Récents développements dans l'étude de l'Ancien Testament en Grande-Bretagne - W. ,Z|FFEII : Le péché comme paresse - C. Payot:
lean-Baptiste censuré - M. Deflay: L'ordination contestée: accueil et questions - P. Petit:
Bibliographie catholique - Chronique bibliographique: Ancien Testament et .luddisme.
PERSONAL! A
Torre Pelliee si .sono sposati Fiorella Grill
p Roberto Rollier. I più cordiali auguri per
una vita vissuta liplamente insieme nella fede,
aperti al prossimo.
* * *
Di recente si è laureata a pieni voli, pre.sso
|■Università di Roma. Silvia Miegge Ade. diseutendo con il prof. Allierto Giordano, memliro della nostra Cliiesa. una tesi in psicologia
deii'età evolutiva: « ipotesi sulle eau.se de!
comporlaniento sessuale deviante nelle minori
prostitute ». 1 più cordiali rallegramenti c auguri.
Nell'ultimo numero di « Azione nonviolenta », il periodico del movimento
nonviolento per la pace, è apparso un
articolo di Pietro Pinna, che ne è uno
dei redattori. Col suo scritto, egli analizza qual'è la situazione in Italia a
questo proposito, situazione che non
è certo molto favorevole per coloro
che si battono con profonda convinzione al fine di ottenere uno dei più
elementari diritti dell'uomo (sanciti
dalla Costituzione) e cioè di professare e attuare liberamente le proprie
idee. Nel caso specifico, si tratta di un
rifiuto del cittadino che non intende
collaborare coll'esercito, uno strumento di potere nato (e mantenuto) per
fare guerre (giuste?!?), distruggere,
provocare milioni di morti.
Oltre a non essere favorevole a chi
professa queste idee, la situazione è
poi addirittura contraddittoria, assurda: un governo che si dice non solo
cristiano, ma anche socialista (e sia
pure impelagato in difficoltà di ogni
genere) che non ha il tempo e la volontà, dopo anni e anni, di regolamentare ex novo questo aspetto della nostra vita nazionale, è veramente inconcepibile: dov’è andata a finire la coerenza delle ideologie dei partiti che lo
compongono? Dove è andata a finire
l’etica cristiana del partito di maggioranza? Dove è andato a finire lo spiriio neutralista ed antimilitarista dei
socialisti?
Sempre su « azione nonviolenta »
leggiamo due notizie relative all’o.d.c.
negli Stati Uniti ed in Spagna (avete
letto bene: perfino in Spagna — anche
se limitativa —) che facciamo seguire
dopo lo scritto di Pinna. r. p.
L’impegno che il partito socialista
italiano (p.s.i.) si è assunto nel documento ufficiale recentemente sottoscritto col partito radicale, di contribuire ad accelerare l’iter parlamentare
del riconoscimento legale dell’obiezione di coscienza, è un altro piccolo passo in avanti della maturazione del problema. Non più che un piccolo passo...
che noi consideriamo comunque valido sul piano deU’allargamento e approfondimento della presa di coscienza del problema...
Chi è stato attento all’intenso e vario dibattito che sull’o.d.c. si è svolto
in questi anni, sa che la posizione affermatasi al riguardo in seno all’opinione pubblica più consapevole e partecipe ha acquisito con chiarezza questi due punti fondamentali: 1«) che
una legge di riconoscimento delTo.d.c.
deve lasciare libera scelta tra servizio
militare e servizio civile alternativo;
2») che il fatto dell’o.d.c. non va riguardato al mero livello individuale,
in cui cioè si dia soluzione al caso singolo di colui che aborre dall’uso delle
armi e tutto il resto: preparazione militare, blocchi, riarmo, ecc. continui
com’è ora, ma va inteso nel quadro
di una politica antimilitarista, di un
nuovo indirizzo cioè nei rapporti internazionali e di ristrutturazione sociale.
Ben indietro, rispetto a questa posizione, ci troviamo al livello di tutte
le forze politiche parlamentari — compreso il p.s.i. — che pure si sono
espresse in favore del riconoscimento
legale dell’o.d.c., accettata nulTaltro
che come uno dei tanti diritti civili,
ossia sul piano puramente individuale, in omaggio al diritto alla libertà
di coscienza. Addirittura la proposta
di legge Servadei del p.s.i. resta indietro sul punto della libera scelta, prevista invece — pur tra gravi condizioni __ in altre proposte presentate da
parlamentari democristiani.
Sicché, anche l’impegno del p.s.i. per
un’approvazione rapida dell’o.d.c. va
sostanziosamente nutrito di contenuto, sulla linea dei punti suddetti: mancando i quali quell'impegno potrebbe
riuscire addirittura nocivo alla causa,
perché farebbe il gioco delle forze
conservatrici che, preoccupate dello
spinoso problema che tanto agita la
coscienza del paese, sono pur disposte
al sollecito varo di una legge (come
fu per la legge Pedini) che serva a
mettervi una pietra sopra o comunque a sedare il movimento (n.d.r.: il
corsivo è nostro). Una legge naturalmente discriminativa e punitiva, come
tutte quelle attualmente giacenti in
Parlamento.
Indispensabile è quindi, prima della
discussione di siffatti progetti-legge,
una adeguata e vigorosa campagna
che, a sventare il pericolo detto sopra,
faccia maturare e acquisire nella più
larga opinione pubblica la esatta considerazione del problema, con i due
punti essenziali che abbiamo segnalato: della reale sovranità popolare che
verrà ad affermarsi nella libera scelta
tra servizio militare e servizio civile,
e di una autentica politica di pace che
solo può derivare dal decongestionamento delle strutture militari.
Per tutti quelli che già si muovono
su questa posizione, il passo del p.s.i.
può essere prezioso punto d’appoggio
all’allargamento di tale campagna; per
lo stesso p.s.i.... può essere fertile occasione di vivificazione della propria
base e di contatto collaborante con
minoritarie, ma pugnaci e_ sempre più
allargantisi forze progressiste che nelrantimilitarismo individuano uno dei
problemi capitali e più urgenti della
storia attuale ,e nella lotta corrispondente uno dei veicoli più dinamici di
costituzione di larghissime solidarietà.
* * *
La Corte suprema degli Stati Uniti
ha esteso, con un’importante sentenza, la base giuridica per la richiesta
di esenzione dal servizio militare per
« obiezione di coscienza ».
D’ora in poi saranno validamente
considerati « obiettori di coscienza »
negli Stati Uniti non soltanto coloro
che sono contrari alla guerra per motivi religiosi (come fino ad oggi è stato
ammesso), ma anche i cittadini che
« profondamente e sinceramente credono in princìpi di origine puramente
etica e morale, ma ciononostante tali
da far pesare sulla loro coscienza il
dovere di astenersi dal partecipare a
qualsiasi guerra, in qualsiasi circostanza ». È questa infatti la motivazione della sentenza... Il magistrato ha
tuttavia precisato che tale principio
non potrà essere applicato a coloro
che si oppongono alla guerra « solo
per motivi di politica, di pragmatismo
e di convenienza ».
Nello stabilire il nuovo principio
giuridico, la sentenza annulla una condanna a tre anni di reclusione inflitta
ad un obiettore di coscienza di Los
Angeles, il quale si era appunto rifiutato di prestare servizio militare per
motivi etici, ma non religiosi.
* ★ *
Dopo l’approvazione del Consiglio
dei ministri spagnolo, è stato trasmesso alk Cortes per l’approvazione un
disegno di legge riguardante gli obiettori di coscienza. Con la nuova legge,
il governo di Madrid verrà autorizzato a disciplinare mediante decreto
« in unità od in servizi speciali e per
un periodo massimo di tre anni », la
leva di coloro che « per convinzione
religiosa obiettino al normale adempimento del servizio militare ».
Il disegno di legge governativo spagnolo ha un preambolo, che comprende alcuni princìpi generali: « I criteri
che informano determinate fedi religiose e le pratiche che da esse derivano — si legge — inducono talvolta chi
professa tali fedi ad opporsi all’adempimento dei doveri inerenti al servizio
militare. Ciò crea situazioni che, per
il loro contenuto di grave conflitto tra
un obbligo soggettivo e un dovere civico generale, devono essere risolte nel
rispetto del principio di libertà religiosa riconosciuto nel nostro ordinamento giuridico ».
CMIA
E
Paolo VI
e i gendarmi pontifici
(Dai giornali). - A quanto pare i 141 gendarmi papali sono in agitazione sindacale da
circa un anno: chiedono, iin’ora inutilmente,
aumenti salariali e normativi (che il Vaticano
sia rimasto senza quattrini?!). Dopo qualche
sciopero, avevano deciso una « marcia » su
Castelgandolfo, la sede estiva papale. Il card.
Guerri. per « difendere » il papa, ha chiesto
aiuto alla polizia ed ai carabinieri italiani che
hanno sbarrato i quattro ingressi della villa.
Le forze delLordine italiane sono così intervenute come braccio secolare della chiesa cattolica. I gendarmi pontifici hanno rinunciato
alla «marcia». Peccato: sarebbe stata assai
gustosa una minuscola « Porta Pia » alla ro
La Provvidenza e I bersaglieri
Raniero La Valle, noto giornalista
cattolico, cura fra l’altro una rubrica
su «La Stampa» di Torino, a cadenza settimanale, dal titolo « uomini e
religioni ». Abbiamo già avuto occasione di riferirci varie volte a questa
rubrica, e lo facciamo anche ora in
occasione del suo articolo apparso col
titolo sopra enunciato VII corr. Egli
prende lo spunto dalla ricorrenza di
tre centenari per alcune considerazioni « evangeliche » che offriamo all'attenzione dei lettori.
Quest’anno non ricorre solo un centenario, ma ne ricorrono tre: il centenario della distruzione del tempio di
Gerusalemme, avvenuta nel 70 dopo
Cristo, il centenario del Concilio Vati- •
cano I che proclamò l’infallibilità pontificia, e il centenario della breccia di
Porta Pia.
Di questi tre centenari, il primo è
stato del tutto ignorato, sul secondo
si è sorvolato con un certo pudore, il
terzo invece, sta per essere solennemente celebrato. E non stupisce: infatti dei tre, è quello che si presta, anche per la Chiesa, alle considerazioni
più consolatorie: la Provvidenza e i
bersaglieri, infatti, hanno reso alla
Chiesa un inestimabile servizio, liberandola, suo malgrado, degli impacci
del potere temporale, e mettendola in
grado di affrontare, da posizioni di
più alto prestigio spirituale, il diffìcile
rapporto con il mondo moderno. (...)
Tuttavia questa soddisfazione postuma per i fatti compiuti non deve tradursi né in un facile trionfalismo su
una Chiesa che, comunque vadano le
cose, volge a suo profitto e alla maggior gloria di Dio qualunque avversità, né deve impedire una più matura
riflessione sul modo in cui essa ha affrontato momenti decisivi della sua
storia; se non altro per chiedersi perché ciò che ingombra la Chiesa di potere e di peccato, le debba esser portato via dagli altri, invece che essere
da lei stessa volontariamente deposto.
LA CADUTA DEL TEMPIO
Qra, questa riflessione più matura è
possibile, in una considerazione globale dei tre centenari.
La caduta del tempio di Gerusalemme, che fu un evento dolorosissimo
per la nazione ebraica, rappresentò
tuttavia quasi la conferma storica di
un trapasso che per i cristiani si era
già compiuto: il trapasso da una religione nazionale, che aveva nel tempio
di Gerusalemme la sua identificazione
materiale, ad una religione universale, che di ogni uomo faceva la dimora
dello spirito di Dio; il passaggio da un
sacerdozio teocratico, cristallizzato in
una casta privilegiata, unica mediazione valida tra Dio c gli uomini, a un
sacerdozio di tutti i fedeli, edificati in
tempio spirituale e condotti, in virtù
dell’unica mediazione di Cristo, a un
I apporto diretto col Padre e alla conoscenza dei segreti di Dio.
Il tempio che i romani distrussero
a Gerusalemme era in realtà un tempio che già i profeti avevano incessantemente demitizzato e relativizzato,
lungo tutto l’Antico Testamento, dicendo che Dio non ama abitare in case di pietra o di cedro, ma nel cuore
degli uomini; e infatti, nella nuova
economia, il nuovo tempio è Cristo
stesso, e i cristiani nc sono le pietre.
L’attuaie sacerdozio ministeriale, con
le sue chiese e le sue curie, può avere
ormai solo questo senso nuovo, non
già di un potere religioso o di un monopolio del sacro, ma di un servizio
reso alla comunità dei credenti, per
rendere operante e visibile il suo sacerdozio comune.
Ma poiché gli uomini ritornano sempre sulle vecchie strade, quel tempio
che era stato distrutto fu ricostruito,
non più a Gerusalemme, ma a Roma,
grazie a una secolare opera di canonisti, legisti, teologi e prelati. E il potere temporale degli Stati Pontifici,
nuova commistione di mediazione religiosa e di sacerdozio teocratico, di
sacralizzazione del potere e di secolarizzazione della fede, ne fu la realizzazione ed il simbolo.
Ma nel 1870 anche questo tempio, salutarmente, cadeva. Tuttavia la Chiesa
di allora non seppe leggere questo segno dei tempi, e ne cercò un risarcimento, un’altra restaurazione. Il Vaticano I, con la sua definizione dogmatica del primato e deH’infallibilità del
vescovo di Roma sopra gli altri vescovi e tutta la Chiesa, pur segnando il
culmine di un processo in corso da secoli, e in particolare a cominciare dalla riforma gregoriana centralizzatrice
deirXI secolo, fu anche la risposta alla crisi da cui, con la perdita del potere temporale, il papato si credeva investito. Gli storici della Chiesa sono
concordi nel riconoscere il rapporto
dialettico tra la pronunzia del Vaticano I e il precipitare della « questione
romana ». Il rafforzamento dell’autorità pontificia, pur nella sconfitta politica, dava così a tutta una facile apologetica la possibilità di celebrare, nella
Roma divenuta italiana ma rimasta
« sacra », la permanenza della nuova
Gerusalemme. Ancora una volta il
tempio era stato riedificato.
Per questo, per una riflessione critica ed ecclesiale sul 20 settembre,
non basta ora né un autocompiacimento provvidenzialistico, né la confessione di quanto è rimasto, in forme ammodernate, e magari concordatarie, di
potere temporale; occorre piuttosto,
con ben maggiore radicalità, riconsiderare questi eventi nella visione globale della storia salvifica, intendendo
l’invito alla conversione che essi propongono a una Chiesa sempre tentata
di ricercare contropartite e restaurazioni.
R ANI ERO La Vali .e
Collegio Valdese
INAUGURAZIONE DELL’ANNO
SCOLASTICO 197071
Si comunica che l’inaugurazione
dell’anno scolastico avrà luogo giovedì 1" ottobre p. v. alle ore 15 nell’aula
sinodale della Casa Valdese.
Il Culto sarà presieduto dal pastore
Achille Deodato, Vice Moderatore.
La prolusione sarà tenuta dalla
Prof. Anna Marullo su : « Un viaggio
nel Senegai ». La conferenza sarà illustrata da diapositive.
Il pubblico è cordialmente invitato
ed in particolare sono invitati i genitori degli allievi.
Offerte prò Collegio
In memoria di Marco Peyral. Liliali Penninglon (Ip Jongh. Roma; L. 10.000.
6
pag. 6
N. 37 — 18 settembre 1970
La Chiesa nel mondo
a cura di Claudia Peyrot
IL DISSENSO E LA REPRESSIONE NELL’UNIONE SOVIETICA
Matti da siagare
Il CEC ha bisogno di giovoni
al servìzio dello sviinppo
Ginevra (soepi) — Il Comitato dei
progetti di aiuto mondiale della gioventù riunito ultimamente a Loccum Germania, ha approvato 33 progetti
per lo sviluppo — Africa, Asia, Europa, America Latina e Vicino Oriente —per un ammontare complessivo di
69.272 dollari (n.d.r.: oltre 40 milioni
di lire). Di questi progetti, 22 sono
nuovi e figurano tutti nei programmi
della Divisione Aiuti e di Servizio delle Chiese e di Assistenza ai Profughi
(DESEAR).
Il Consiglio ecumenico delle Chiese
ha bisogno di essere appoggiato per
ravviamento di quei progetti per i
quali è necessario trovare dei segretari per la Gioventù a pieno tempo cercati in scari paesi. L’America latina
tuttavia fa eccezione, poiché è stato
deciso, nell'ultima assemblea dell’Unione della gioventù evangelica dell’America latina, che delle équipes formate
da tre o quattro volontari coordineranno il lavoro al piano regionale, sostituendo anche dei segretari ecumenici a pieno tempo.
IL PASTORE BLAKE
IN SUDAFRICA
Durban, Sudafrica (soepi). - Invitato dal
Consiglio delle Chiese del Sudafrica a recarsi
in questo paese, il pastore E. C. Blake segretario generale del CEC, ha esortato tutte le
Chiese cristiane a partecipare attivamente al
movimento ecumenico.
Il pastore Blake, fra Paltro, ha dichiarato:
« Spero che le due grandi chiese riformate
olandesi che hanno lasciato il CEC vi rientreranno un giorno. Nel frattempo continuo a
affermare molto chiaramente che né io, né il
Consiglio Ecumenico delle Chiese, non muteranno la posizione risoluta che abbiamo preso
nella lotta contro il razzismo, neanche per facilitare alle Chiese sudafricane il loro impegno nel movimento ecumenico ».
Secondo il pastore Blake, la posizione del
Consiglio ecumenico nella sua lotta contro il
razzismo s’ispira al Nuovo Testamento, dove
si trova scritto che ogni discriminazione, sia o
no legale, contro ogni persona o gruppo di
persone, a causa della razza o del colore, è
immorale.
« Il movimento ecumenieo ed il Consiglio
si pongono in una visione bìblica di una comunità mondiale estendendosi a tutti gli uomini di qualsiasi colore o razza siano, cioè nella visione del Regno di Dio ».Il CEC cerea di
identificarsi alle vittime della discriminazione
che domandano giustizia e di aiutare tutti
quelli che desiderano stabilire una comunità
mondiale fondata sull’uguaglianza razziale.
11 pastore Blake ha chiesto ai Sudafricani
di superare i loro disaceordi con i fratelli cristiani delle altre parti del mondo, e di restare
impegnati nella comunità ecumenica mondiale che è aperta a tutte le minoranze, di fare valere ugualmente la loro buona volontà e
la loro convinzione eristiana. Riguardo all'accusa di complicità comunista rivolta al
CEC, il pastore Blake ha detto : « Benché
essi siano dei cittadini leali verso la loro patria, i fedeli delle nostre Chiese membri dei
paesi comunisti, non sono comunisti. Direi
anche — e questo è un mio parere — che i
cristiani non possono adattarsi facilmente ad
una qualsiasi ideologia, poiché noi viviamo
in una epoca dove tanto il socialismo quanto
il capitalismo riflettono un materialismo esasperato ». Egli ha ancora aggiunto che il Consiglio ecumenico non vive di ideologia, ma di
una fede irraggiata dai cristiani in tutto il
mondo.
PROSPETTIVE DI STUDI COMUNI
CON TEOLOGI CATTOLICI
Ginevra (soepi). - Venticinque noti teologi
rappresentanti di una quindicina di paesi hanno raggiunto una nuova tappa di un avvicinamento ecumenico a proposito dei fondamenti dell’esistenza della Chiesa. Riuniti a
Cartigny, vieino a Ginevra, verso la metà di
agosto, hanno studiato il significato attuale degli antichi concetti di « cattolicità » e di
« apostolicìtà ».
Fra le numerose sfumature di questi termini, due sono stati l’oggetto di una attenzione particolare: la permanente identità della Chiesa malgrado dei cambiamenti inevitabili dovuti alla sua dimensione storica, e la
preminenza della Chiesa locale, espressione
della cattolicità della Chiesa di Cristo.
La discussione ha preso come punto di partenza lo studio fatto durante tre anni da una
commissione teologica nella quale erano rappresentali il Consiglio ecumenico delle Chiese
e la Chiesa Cattolica. 11 rapporto di questa commissione si presenta sotto la forma di un documento di studio composto da un testo comune che definisce i due concetti, insieme a
dei suggerimenti per uno studio ecumenico
oiù approfondito.
11 rapporto della prima sessione dell’assemblea d’Uppsala, « lo Spirito santo e la cattolicità della Chiesa ». affrontava già alcuni di
questi problemi. In questi due documenti, le
concezioni familiari e statiche della cattolicità e deH’aposlolicità sono messe in dubbio
dagli elementi dinamici del servizio, della
missione deU'apertura verso il futuro.
A Cartigny. il teologo cattolico Y. Congar
ha fatto notare che chi studia la continuità
storica con la Chiesa degli apostoli è portato
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice (To'
a constatare il sempre mutevole carattere dell'opera di Dio con e per l’uomo. Così sarà
anche per il futuro. Simili concetti sono stati espressi ,in maniera differente, dal canonico D. Jenkins, direttore anglicano degli studi del CEC sopra « l’Humanum », e da un luterano di Monaco, il professore W. Pannenberg.
Siccome la Commissione Fede e Costituzione attualmente comprende nove membri cattolici che assicurano una collaborazione costante con la Chiesa romana, non è più necessario stabilire dei gruppi speciali di studio, il
lavoro può essere fatto nel quadro della commissione. Cosi lo studio della cattolicità e dell’apostolicità sarà continuato dalla Commissione che si riunirà a Lovanio (Belgio) nell’agosto del 1971.
(Con questo numero Claudia Peyrot inizia la sua collaborazione fissa: le diamo
con gratitudine il benvenuto; Roberto Peyrot continua in altra forma la sua intensa
collaborazione). red.
Il « caso Daniel » si è apparentemente concluso in questi giorni colla sua liberazione dal carcere di Vladimir. Accusato di « attività antisovietiche » lo scrittore era stato
condannato a cinque anni di lavori coatti. Sua moglie Larissa è attualmente in esilio in Siberia per aver dimostrato a suo tempo in occasione dell'invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del patto di Varsavia.
Questo fatto ci induce ad esaminare quale sia oggi
— nella Russia di Breznev — la situazione di coloro che
dissentono dall'attuale regime sovietico. Ce ne offre l'occasione il noto settimanale di sinistra « L'Espresso », che
ha pubblicato sul numero del 6 settembre un'intervista che
il giornalista americano W. Cole è riuscito a fare a tre
leaders del dissenso a Mosca. Sono tutti militanti nel « movimento democratico », organizzazione clandestina che si
batte per il rispetto dei diritti umani ed il ripristino delle
libertà civili in URSS.
Pubblichiamo alcuni stralci di questa intervista perché
non si tratta di uno scritto « propagandistico ». Lo faccia
mo allo stesso modo con cui denunciamo le stragi americane in Vietnam ed il « falchismo » degli israeliani (per
non citare che due fra le drammatiche situazioni del nostro tempo), nell'intento di poter dare ai lettori un quadro
il più preciso ed obbiettivo possibile sulle cose che non
funzionano in questo mondo e che — proprio per la nostra libertà di credenti — non possiamo accettare.
Per sintesi — e per comodità dei lettori — faremo seguire al nome e ad un brevissimo curriculum dei tre esponenti russi, le loro risposte dalle quali si arguisce facilmente quali domande sono state loro poste.
Ancora una precisazione: i tre intervistati hanno ripetutamente affermato di non essere anticomunisti. Essi desiderano una liberalizzazione del regime sovietico ed un
ritorno alle origini umanitarie dalle quali il socialismo è
nato. Di questi tre uomini, uno è già stato arrestato ed è in
attesa di processo: che ne sarà degli altri due?
r. p.
PiOTR Yakir (Ha 48 anni, 13 dei quali
trascorsi in campi di concentramento. Aveva 14 anni quando fu internato per la prima volta in un lager
Echi della settimana
AFRICA DEBOLE E DIVISA
È in corso ad Addis Abeba la settima Conferenza dell’OUA ( = Organizzazione dell’Unità Africana), un vertice
« che ogni anno, ai primi di settembre,
vede riuniti i capi di Stato africani in
quella che dovrebbe essere la suprema
assise del Continente nero; un vertice in
cui dovrebbero esser posti sul tappeto e
avviati a soluzione i problemi più urgenti, i conflitti latenti o evidenti, in
cui (almeno formalmente) dovrebbero
essere prese tutte le misure per evitare
il progressivo processo di ricolonizzazione (quando addirittura non si tratta di colonizzazione) ormai in atto da
quando la maggior parte degli Stati
africani ha conquistato l'indipendenza,
sia attraverso lotte di liberazione nazionale sia per “concessione” delle exmetropoli.
Tuttavia l'OUA ha dimostrato, dalla
sua nascita a oggi, la sua pratica impotenza a intervenire; le sue raccomandazioni (pur moderate) non sono mai
state applicate nella sostanza. E quando alcuni problemi si sono risolti o alcuni processi sono giunti a compimento, la prima ad esserne colta di sorpresa è stata proprio l'OUA ».
A monte dei comportamenti, nelrOUA, « stanno evidentemente le pressioni delle ex-metropoli, che continuano a controllare i mercati (quando non
addirittura la politica) degli Stati excolonizzati. Si comprende, così, anche
la reticenza nell'aiutare i movimenti di
liberazione dell'Angola, della Guinea
Bissau, del Mozambico, del Sudafrica,
della Rhodesia, della Namibia e a prendere una chiara posizione contro la
Nato, sulle cui spalle ricade quasi interamente la responsabilità della continuazione delle tre guerre coloniali
portoghesi. Anzi, malgrado i bombardamenti cui di fatto di tanto in tanto sono sottoposte le zone confinanti del Senegai, Léopold Sédar Senghor tratta
segretamente con Lisbona perché si
giunga a un’indipendenza addomesticata della Guinea Bissau. (...) È evidente
infatti che una Guinea libera ai confini
del moderatissimo Senegai, sarebbe un
vulcano. Senghor pensa proprio a questo quando cerca il negoziato con Gaetano.
Ci sono i problemi "off-limits”, di cui
è assolutamente vietato parlare, che anzi vengono sistematicamente ignorati
dall'OUA. Non si può certo immaginare che di fronte all'imperatore Hailè
Selassiè, proprio ad Addis Abeba, si
parli della guerriglia che ormai da parecchi anni sconvolge l’Eritrea (...); o
che di fronte all’attuale presidente dell’OUA, Ahidjio (che è anche presidente
del Cameroun) si parli della guerriglia, più o meno latente, condotta dall’“Union des Populations du Cameroun”
o dei massacri che le truppe di Ahidjio
(“consigliate” da ufficiali dell'esercito
francese) hanno compiuto e compiono
contro intere popolazioni “ribelli” nel
nord del Paese; o che ancora, di fronte a un altro santone dell'Unità africana, Joseph Mobutu, si parli della
“pacificazione” compiuta dalle truppe
congolesi “consigliate” dagli strateghi
USA nelle regioni controllate dai mulelisti ».
Dietro all’OUA sta inoltre la potente
ed infame politica inglese, particolarmente in relazione con la cosiddetta
proclamazione d’indipendenza da parte
della Rhodesia. «Tutti i Paesi africani
(ad eccezione del Malawi che è praticamente un dominion sudafricano) avevano "raccomandato” l'uso della forza
all'Inghilterra, sulla falsariga della presa di posizione dell’ONU. Ma l’Inghilterra faceva orecchie da mercante, fingendo di applicare un rigoroso embargo
nei confronti di Salisbury, mentre la
British Petroleum sbarcava migliaia di
tonnellate di carburante, nei porti mozambicani di Beira e di Laurengo Marques, destinati ai “secessionisti” rhodesiani. Alcuni Stati, come l’Algeria, la
Tanzania, lo Zambia, avevano auspicato
la creazione di una forza interafricana
da contrapporre ai razzisti di lan
Smith, ma la loro proposta era caduta
nel vuoto più assoluto in quanto le inrplicazioni internazionali di una simile
strategia erano di tale portata da sco
a cura di Tullio Viola
raggiare sia i governi africani sia (soprattutto) i loro protettori di Parigi,
Bruxelles, Washington, Londra: l’ordine bianco in Africa Australe ( malgrado le dichiarazioni di principio in contrario) fa il preciso gioco degl'interessi di questi.
Da qui anche il fallimento delle varie
misure sollecitate anche verso la Repubblica Sudafricana che non solo colonizza, in spregio a tutte le norme
del diritto internazionale, alle ingiunzioni dell’ONU e alle prese di posizione
dell’OUA, il Sud-Ovest africano (Namibia), ma “bantustanizza” il Lesotho, il
Ngwana, tiene sotto la sua tutela il .Malawi, interviene militarmente e in modo diretto (con quattro battaglioni di
“rangers”) in appoggio alle truppe colonialiste portoghesi che combattono
contro il Fronte di liberazione del Mo
zambico a Tete, dove i più grandi
trusts internazionali stanno tentando di
costruire la diga di Cabora Bassa che
dovrebbe permettere l’immigrazione di
un milione di coloni bianchi ”.
(Da un articolo di Bruno Grimi su
« L’Astrolabio » del 6-9-1970).
TRE VESCOVI EROICI
■y^ Sono Dom Helder Camara, vescovo di Recife e Olinda (autore di numerosi libri di grande interesse; premiato ad Atalanta, nell’agosto scorso,
col premio Martin Luther King), Dom
Antonio Fragoso, vescovo di Crateus
(autore di « Evangile et Révolution sociale », Parigi 1969, éditions du Ceri),
e Dom Marcos Antonio Noronha, vescovo d’Itabira, tutti e tre brasiliani.
A malgrado delle crudeli persecuzioni
da parte del tirannico governo brasiliano, essi si,sacrificano fino ai limiti
delle forze, per il bene e la difesa delle popolazioni con cui vivono.
Dom Helder, il più famoso dei tre,
ha avuto ed ha grande infiuenza sulla
chiesa cattolica e su tutto il popolo
del Brasile, particolarmente nel periodo 1951-196Á « Abita rigorosamente solo, senza governante né segretaria, nel
presbiterio d’una miserabile chiesa
chiamata simbolicamente “chiesa delle frontiere”. Quando si picchia alla
sua porta (priva di campanello), che
è preceduta da un minuscolo giardinetto, Dom Helder in persoria viene
ad aprire. Si freme al pensiero che
quella porta potrebbe un giorno dare
accesso a un criminale (...). A chi gli
raccomanda la prudenza, Dom Helder
risponde con forza: “Il presidente
Kennedy, che godeva della più grande
protezione possibile, è pur stato assassinato. Dunque, come vedete, l’unica
cosa che importa è di non aver
paura!” (...)
La preoccupazione di Doni Fragoso
è semplice: difendere i suoi diocesani
(contadini per /’82%) contro la fame,
la miseria, la siccità endemiche. Non
protestando in loro nome, ma facendo
loro prender coscienza della loro dignità di figli di Dio e facendo sorgere
delle “comunità di base”. Ne ha fatte
sorgere una cinquantina nella sua diocesi di 300.000 abitanti. 70% di questi
sono analfabeti, dispongono d’un centinaio di letti d’ospedale, i bambini
muoiono in tenera età nella misura del
40-50%, e la terra non li può nutrire
(...) Gli agricoltori ignorano l’aratro,
dissodando il terreno con una semplice zappa. Nella stessa Crateus, di 23
mila abitanti soltanto 6.000 dispongono di acqua corrente: gli altri devono
fare lunghe code per comprare l’acqua.
Dom Marcos dispone di 50 preti, 10
dei quali sono religiosi (cioè “ordinati"). 40 di questi preti sono “al lavoro”, sia nell'insegnamento, sia come
impiegati d'uffici, sia nella magistratura, sia come operai. Itabira è nello
Stato di Minas-Geras, ove sono ancora in esercizio alcune miniere d’oro:
Stato dal sottosuolo straordinariamente ricco. Sotto apparenze di dolcezza
e di fragilità, questo figlio di professore è un ostinato. Timido, taciturno,
egli non cerca gli effetti oratori, ma i
suoi propositi mirano lontano. Avendogli noi parlato dei numerosi preti
che abbandonano il sacerdozio, egli ci
ha risposto:
staliniano. Ora è il capo ufficioso del
movimento democratico).
Daniel e Siniavski (n.d.r.: quest'ultimo deve ancora scontare due anni di
carcere) avevano messo per iscritto ciò
in cui credevano, e avevano rifiutato
di dichiararsi colpevoli. Molta gente
cominciò allora a chiedersi: perché si
deve essere processati per le proprie
convinzioni? Perché un uomo deve essere arrestato solo per ciò che pensa?
Non eravamo dunque in una situazione
molto diversa dall’epoca di Stalin. Cominciarono le prime proteste; poi venne il processo di Gallanskov e di Ginzburg, e ci fu un momento di esaltazione. Per la prima volta si protestò perché il processo si svolgeva in modo illegale e a porte chiuse. Le proteste diventarono pubbliche. Durante il processo contro Siniavski e Daniel non era
possibile avvicinare i giornalisti stranieri; ma questa volta davanti al tribunale di Mosca potevamo parlare del
processo coi corrispondenti dei giornali stranieri. Non ci permettevano di entrare nell’aula, ma potevamo raccogliere notizie e comunicavamo ai giornalisti quanto avevamo appreso. Alla fine
del processo vi furono altre proteste
contro la sentenza. Alcune lettere nelle
quali si contestava il diritto di condannare i cittadini solo per le loro convinzioni, raccolsero più di duemila firme.
Anzi, mentre il processo era ancora in
corso, Larissa Daniel e Pavel Litvinov
riuscirono a consegnare agli inviati
della stampa estera un appello all’opinione pubblica mondiale. Tutto questo
era un primo ed importante fatto nuovo, una netta rottura colla tradizione.
Non si può tornare indietro; nessuno
di coloro che in Unione Sovietica ragionano col proprio cervello è disposto a
tornare indietro. Ci massacreranno di
botte e ci uccideranno. Ma non potranno impedire alla gente di continuare a
pensare.
Andrei Amalrik (Storico e scrittore di
32 anni. Autore di « Potrà l’Unione
Sovietica sopravvivere fino al 1984? »
s di « Viaggio involontario in Siberia », nel quale descrisse l’esperienza
di due anni e mezzo di confino, sua
prima condanna, motivata coll’accusa di « parassitismo » ma dovuta in
realtà all’eccessivo interesse mostrato per i pittori dell’avanguardia russa. Ora è stato di nuovo arrestato ed
è in attesa di processo).
Ho scritto « Potrà TU. S. sopravvivere fino al 1984? » e ho tentato di farlo
pubblicare per tre motivi. Il primo è
il preoccupazione per il destino della
Russia; sono convinto che essa stia andando incontro ad una catastrofe. In
secondo luogo, pensando che il mio libro sarebbe apparso e letto soprattutto
all’estero, mi posi l'obiettivo di confutare le idee inesatte che si sono diffuse nel mondo sulla situazione nel mio
paese. Molti, in Occidente, ritengono
che ci sia stata una liberalizzazione del
regime sovietico. La realtà è molto diversa. Esso non 4iv6nta più liberale:
diventa solo più senile. Il regime sta
perdendo il controllo della situazione.
Si può citare come esempio l’inattesa
popolarità della stampa clandestina.
Ciò avviene solo perché il regime non
riesce più ad impedirlo: il numero delle persone colte è aumentato in numero straordinario. I contadini e gli operai sono convinti che le cose siano sempre andate come ora e che andranno
sempre così. Vi sono allo stesso tempo
profondi indizi di insoddisfazione. .Alcuni sono insoddisfatti perché .guadagnano troppo poco; altri sono scontenti perché anche con salari relativamente alti non posson acquistare nulla. I
contadini soffrono perché mancano dei
diritti civili, cioè non possono abbando
nare i villaggi. I lavoratori dell’industria mal sopportano la totale dipendenza delle aziende dalla direzione.
Molto lentamente comincia a farsi strada l’idea che tutti questi problemi derivano dall’ imperfezione del sistema
politico.
Circa il fatto che gli oppositori del
regime vengano trasferiti in ospedali
psichiatrici, credo che sia questa la
colpa più turpe di cui il regime si sta
macchiando. Allo stesso tempo mi pare
anche un chiaro indizio della totale capitolazione ideologica del potere di
fronte all’opposizione. Quando un regime non sa fare altro che dichiarare
matti i dissidenti, vuol dire che non
ha altre risorse. (L’intervistato cita alcuni nomi di internati). Voglio qui dichiarare che si tratta di persone perfettamente normali e lucide cui è toccata la terribile sorte di vivere fra persone davvero pazze... Sono scontento di
questo governo: spero che alla fine tutto cambierà. No, non voglio abbandonare l’Unione Sovietica.
Wladimir Bukovski (Ha 27 anni, di cui
sei trascorsi in reclusione, passandoda una prigione a un manicomio a
un campo di concentramento. L’accusa è stata sempre quella di detenzione e pubbliche letture di libri proibiti. La prima volta fu rinchiuso in
un manicomio perché trovato in possesso del libro dell’« eretico » jugoslavo M. Gilas « La nuova classe »).
Immaginate un carcere nel quale vivono circa mille detenuti, più della metà dei quali ha commesso delitti orrendi e che ora è in preda alla pazzia. Gli
altri sono prigionieri politici. Per isolarli in qualche modo, il regime ha dichiarato che non sono sani di mente eli ha avviati ai manicomi criminali. 11
loro è, paradossalmente, il destinodelie persone che desiderano essere séstesse, dire ciò che pensano, agire coerentemente colle proprie convinzioni.
Centinaia di parsone sono state dichiarate pazze e ricoverate a Kazan, Leningrado, Chernikovsk, Seckyovka ed altri posti ancora. Uscirne è assai difficile. Anzitutto bisogna ammettere di
essere tarati mentali e rinnegare ciò
che si è fatto. Conosco persone che hanno rifiutato di dichiararsi pazze e criminali e che perciò hanno passato molti
anni in manicomi criminali. (Segue un
elenco di nomi e di «trattamenti» punitivi a base di farmaci e di « fasciamenti »). Sono stato dimesso dal campo nel gennaio scorso, ma non ho cambiato le mie opinioni. Prevedo di essere nuovamente arrestato. Sono pedinato ed il mio telefono è sotto controllo.
Non riesco a ottenere il lavoro che mi
piacerebbe perché sono troppo conosciuto e forse perché sulla mia carta di
identità è scritto che sono stato in manicomio. Circa le prospettive di evoluzione del mio paese è diffìcile dare una
risposta. Secondo me, l’essenziale è la
lotta contro la paura: è grazie alla patirà che questo sistema continua ad esìstere. Nella nostra lotta l’esempio individuale è della massima importanza.
"Il pericolo più immediato, per il
clero, non sta in quelli che se ne vanno, ma in quelli che, restando, non
possiedono le qualità necessarie per
comunicare la vita del Vangelo. Non
esistono uomini più SACRI di altri, ma
soltanto degli uomini più EVANGELICI. (Il vescovo pare far suo, con
questa affermazione, il concetto tipicamente protestante del sacerdozio
universale dei credenti). Ecco il vero
ministerio di domani.
Tocca alla comunità assumere le
proprie responsabilità. I futuri preti
emergeranno dai gruppi di base, e saranno scelti da questi gruppi. Questa
non è un’ipotesi, è una certezza.
Fin da oggi, se lo volessi, potrei ordinare degli uomini sposati, ma sarebbe prematuro. Bisogna attendere che
essi sorgano dalla base" ».
(Da un articolo di Henri Fesquet su
« Le Monde » dell’8.9.’70).
La “giustizia,, in Italia
Cos’è la galera? Cesare Beccaria diceva che è « la custodia di
un cittadino purché sia giudicato reo ». Le statistiche ci dicono
che dei 26 mila reclusi nei 688
istituti di pena e prevenzione esistenti in Italia, la metà è in attesa di giudizio. Tredicimila presunti innocenti che scontano, di
fatto, una pena. La mostruosità
del sistema è poi rafforzata dal
fatto che ogni anno il 50% dei
cittadini accusati di reato viene
prosciolto con formula piena.
Dunque, non solo moltissimi innocenti vengono rinviati a giudizio, ma moltissimi colpevoli sfuggono alla condanna. Chissà perché, queste cifre non vengono
mai ricordate alle inaugurazioni
degli anni giudiziari. Alle inaugurazioni, i procuratori generali, dopo aver auspicato che il problema della « lentezza della giustizia» venga avviato a soluzione,
di solito ci informano che nell’anno precedente si sono avuti
più incidenti stradali e più furti
aggravati (cioè un maggior numeso di poveracci è stato colto a
rubare una bustina di mortadella nei supermarkets; ma non dicono una parola sui fatti che hanno appassionato l’opinione pubblica (caso Riva, Vajont, ecc.).
(da L’Espresso n. 36)