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■EDITORIALE!
%a riforma dei cidi scofastíd
di MARCO ARMAND-HUGON
lECUMENISM
Dopo la «Dominus Jesus»
di FEDERICA TOURN e PAOLO NASO
La misàone cmtana oggi
documenti della Consuttazione metodista
■ECO DELLE VALLII
Risorse idriche di montagna
di DAVIDE ROSSO
BIBBIA E ATTUALITÀ« 1 11 9 novembre è l'anniversario del pogrom nazista della «notte dei cristalli»
IL DESERTO
E LA CROCE
«...questi quarant’anni nel deserto. .. scegli la vita... »
Deut. 8,2 e 30,19
IL deserto, come realtà e come immagine, è presente nella Bibbia,
dalla Genesi alLApocalisse. Esso è
luogo di vita dura e di tentazioni ma
anche di esperienza con Dio, di ritiro
ascetico e di rifugio. Lì Israele riceve
la Legge; lì Gesù, dopo il battesimo
d’acqua, viene trasportato per ricevere il «battesimo» della prova. Nel
deserto si rifugerà la donna (la chiesa) per sfuggire al dragone. Al deserto pensano i profeti e i salmisti
quando predicono punizioni, ma
quello è anche il luogo in cui si manifesterà l’opera redentrice di Dio,
quando il «deserto... fiorirà». Il deserto è dunque un’immagine completa e complessa; riassume l’esperienza della liberazione e dell’idolatria, della difiicoltà della vita senza
conforto e immagine del momento
esaltante in cui si sperimenta un
evento unico e irripetibile.
UNA realtà e un’immagine biblica altrettanto pregnante è quella
della croce. Essa, come il deserto, è
luogo di prova, di sofferenza e di
morte. La croce è anche luogo e immagine di liberazione, di riscatto, di
vita. È il ponte tra la morte e la vita,
tra la fine biologica dell’esistenza e la
vita eterna. La croce è la croce di Gesù, il luogo in cui la vita di Gesù è
stata data, in un orribile martirio,
perché noi avessimo la vita. Lì, così
come nel deserto, si incontra sia
l’umanità condannata alla morte e
alla schiavitù sia Dio che chiama alla
vita nuova, chiama alla libertà. Anche nella croce viene stipulato il patto, il nuovo patto nel sangue di Gesù. La croce è dunque a un tempo
realtà triste e dolorosa ma è anche
una realtà che vale la pena di ricordare, perché da essa dipende la nostra salvezza. Deserto e croce sono
immagini bifocali, perché ci richiamano alla mente realtà di dolore e di
gioia, di morte e di vita, di estraniazione e di comunione con Dio.
Anche la società odierna è una
realtà complessa. Essa pure conosce momenti di dolore e di gioia,
di schiavitù e di liberazione. Come
non vedere oggi il dolore in Palestina-Israele e la speranza nei Balcani?
Tuttavia questa complessità ci appare sbilanciata, ruota attorno a sim
boli di morte e non lascia intravedere una vita nuova: nell’agenda dei
potenti non ci sembra di leggere la
liberazione dei poveri, bensì il consolidamento del potere nelle mani di
r^hi già lo detiene. L’ottimismo di al
cuni politici e i miraggi predicati dai
sostenitori della new economy fanno
3 pugni con la constatazione delle
nuove povertà, con la crescente disoccupazione e con l’allargamento
della forbice tra poveri e ricchi. Qui
vi è dunque una complessità che lascia presagire caos e sofferenza, non
già benessere e vita. In questa complessità ci si può smarrire, disperare,
si può perdere di vista l’obiettivo
della chiamata di Dio. Vigilare, è la
proposta dell’Evangelo, scegliere la
vita, fare di tutto perché nell’esperienza del deserto e della croce venga
individuata quella via che ha come
nteta la vita piena e completa.
Salvatore Rapisarda
Il giorno del coraggio civile
L'antisemitismo e il razzismo, il disprezzo per i «diversi» minacciano non solo la
Germania ma anche l'Europa; non solo con la violenza, ma anche con le parole
DANIELE GARRONE
NELLA notte tra il 9 e il 10 novembre 1938 si scatenò in Germania un «pogrom» che portò alla
distruzione delle vetrine di 7.500 negozi di ebrei e di centinaia di sinagoghe e lasciò una scia di sangue (oltre
100 morti e 30.000 deportati), sinistro presagio dell’orrore a venire. Fu
quella che i nazisti chiamarono la
«notte dei cristalli».
Pochissime le voci che si levarono
pubblicamente, per esempio nei culti domenicali delle chiese cristiane, a
denunciare la violenza. L’amico e
biografo di Bonhoeffer, Eberhard
Bethge, riferisce che persino nei seminari clandestini della Chiesa confessante, dunque in ambienti di opposizione al nazismo, ci fu chi lesse
L'Enea e la Madonna
Polemica
per una statua
Il vertice dell’Enea (l’ente pubblico
di ricerca), su iniziativa di alcuni dipendenti, ha approvato il «Progetto
Sedes Sapientiae» che consiste
nelTerigere una stàtua della Madonna di fronte all’ingresso del Centro
ricerche della Gasacela (su terreno
dell’Enea) per porre il pensiero e
l’attività scientifica «sotto la tutela
della Madonna, considerata la sede
della sapienza». Tra gli oppositori
del progetto, che intendono salvaguardare «il principio della separazione tra la cultura laica dello stato e
la cultura religiosa che riguarda la
coscienza dei credenti», c’è anche la
nota scienziata Margherita Hack che
definisce il progetto una «medioevale iniziativa» che si accompagna ad
altri episodi di «integralismo religioso» proposti dalla Chiesa cattolica.
la «notte dei cristalli» nel quadro del
classico schema antigiudaico della
maledizione che dalla croce di Gesù
graverebbe sul popolo ebraico, suscitando la severa reazione di Bonhoeffer il quale, proprio in quei giorni, vergò a matita sulla sua Bibbia
personale, cosa che non gli era affatto consueta, un appunto accanto al
verso 8 del Salmo 74 che recita, nella
traduzióne di Lutero: «Incendiano
tutte le case di Dio nel paese». L’appunto era una data: 9.11.38!
Soprattutto a partire dal 1978,
l’anniversario della «notte dei cristalli» è divenuto in Germania un
momento di riflessione collettiva,
nelle chiese e nella società civile. Ero
studente ad Heidelberg il 9 novembre 1978 e fui testimone del profondo impatto che la rievocazione ebbe
Luterani in India
Le prime tre
donne pastore
Il 27 ottobre scorso tre donne, tutte
di origine tribale, sono state ordinate
pastore nella chiesa di Ranchi, in India, a oltre 1000 km a sud-est di Nuova Delhi. 4000 fedeli entusiasti hanno
assistito alla cerimonia. La chiesa di
Ranchi fa capo alla Chiesa evangelica
luterana Gossner di Chotangpur
(Gelc), nell’Est dell’India. «Diverse altre chiese luterane hanno già ordinato donne, oggi le abbiamo raggiunte»
ha dichiarato il vescovo Topno, presidente della chiesa che conta 400.000
membri e cinque vescovi. Il vescovo,
ancb’egli di origine tribale, ha detto
che, nonostante una certa opposizione aH’interno della chiesa, le donne che hanno una formazione teologica «avranno sicuramente maggiori
opportunità» di accedere all’ordinazione nei prossimi anni. (eni)
sulla coscienza tedesca, a cominciare dalle università: fu uno dei momenti alti della memoria tedesca.
Il 9 novembre 2000 si tiene a Berlino, a partire dalla sinagoga della Oranienburgerstrasse, luogo «simbolo»
dell’ebraismo berlinese, una grande
manifestazione dal titolo «Noi ci leviamo per l’umanità e la tolleranza».
Vi aderiscono partiti e sindacati, il
Consiglio ebraico e le chiese, intellettuali e sportivi, artisti e funzionari
statali. Essa vuole essere un segno
della Germania democratica che dice
no aH’antisemitismo e alla xenofobia,
al razzismo e all’estremismo di destra, alla violenza e all’intolleranza.
Proprio il 3 ottobre, anniversario
dell’unificazione tedesca, la sinagoga
Valli valdesi
Adozioni
internazionali
Anche nel Pinerolese sono molte le
famiglie che hanno scelto di praticare
l’adozione di un bambino o di una
bambina proveniente da un altro
paese. Si tratta di un impegno coraggioso, che tende ad assicurare a un
minore ormai senza famiglia un avvenire più agevole. L’iter per l’adozione
è tuttavia complesso e se da un lato
sono più che giustificati gli accertamenti preventivi nei confronti delle
coppie che chiedono l’idoneità,
dall’altro una nuova normativa regolamenta in maniera più rigorosa il
ruolo delle associazioni private che
svolgono intermediazione tra l’Italia
e i paesi di provenienza: il tutto a garanzia di una maggior tutela del bambino e di prevenire le speculazioni.
IL TERZO POLO
CE GIÀ
Nella politica italiana, l’area del centro è sempre stata molto affollata, prima, per decenni, daUa Democrazia cristiana dei mille capi corrente, poi da
un numero crescente di pretendenti,
soprattutto di area cattolica. Da qualche tempo, l’impresa di «conquistare
il centro», costituendo un «terzo polo»
fi-a quello di centro-sinistra e quello di
centro-destra, è diventata sempre più
disperata. Si, perché, ormai, un «terzo
polo» nella politica italiana c’è già:
non occupa poltrone (direttamente),
non aspira a governare (direttamente), non intende partecipare (direttamente) alla lottizzazione di ciò che in
Italia è ancora lottizzabile, eppure
nessuno osa prenderlo sottogamba e
tutti scattano quando parla. Questo
«terzo polo» è attivo da tempo, ma recentemente ha raggiunto risultati inaspettati, come dimostra il successo del
raduno in Vaticano di politici di tutto
il mondo, soprattutto italiani.
No, non sto parlando del papa, non
è lui il «terzo polo della politica italiana», considerarlo tale significherebbe
immiserirne il ruolo e, soprattutto, gli
obiettivi che ha personalmente, obiettivi principalmente di ordine spirituale, anche se questi, nella tradizione
cattolico-romana, non sono certo disgiunti da quelli politici. Il papa, per il
«terzo polo», è semmai un grande
«opinion maker», forse non del tutto
consapevole di questo ruolo specifico,
anche quando si occupa del dettaglio
di faccende italiane di cui, in quanto
capo di uno stato estero, farebbe bene
a non occuparsi affatto. No, chi guida
il «terzo polo» italiano è semmai una
cordata di prelati e di laici di alto rango che trovano di volta in volta il loro
portavoce. Tra questi c’è il cardinale
Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei): le sue
relazioni introduttive alle riunione del
Consiglio della Cei sono più ascoltate e
commentate di quelle del presidente
del Consiglio italiano e certamente più
di quelle dei vari segretari dei partiti
politici italiani. I suoi numerosi interventi, 0 quelli di altri esponenti del
suo «polo», non passano mai inosservati, anzi scatenano accesi dibattiti, a
volte marce indietro dei partiti di governo e opposizione.
Qual è il programma di questo «terzo polo»? Non quello di governare direttamente, dicevamo, ma certamente
è quello di ottenere dagli altri due poli,
i soprattutto grazie alla sua capacità di
I scompaginarli, il massimo dei risultati
sui temi della sua agenda politica, che
sono: no alla pillola del giorno dopo e
a tutta la contraccezione fisica e chimica; no all’aborto; no alla fecondazione eterologa; no alla clonazione; no
alle unioni di fatto, in particolare no a
quelle omosessuali; no al divorzio; no
all’eutanasia; no alla pena di morte; no
alle leggi del mercato selvaggio e della
globalizzazione che perdono di vista
l’uomo; no all’egoismo che causa o fa
dimenticare il debito internazionale
dei paesi poveri, le guerre lontane, i
carcerati; no alla discriminazione religiosa (ma senza rinunciare ai privilegi
cattolici); no a Un sistema educativo
che non «parifichi» pubblico e privato
(cattolico), e così via.
Come si vede, c’è di che mettere in
imbarazzo destra e sinistra, perché
ognuno può condividere almeno una
parte di questi obiettivi. Pensate che
stiamo facendo della «fantapolitica»?
Forse, ma come darci torto?
Apgg II I Eugenio Bernardini
Segue a pag. 15
2
PAG. 2 RIFORMA
All’AvSCOLTO Della
VENERDÌ 10 NOVEMBRfv VENERDÌ
<^Se ubbidite
davvero alla mia
voce e osservate
il mio patto,
sarete fra tutti
i popoli
il mio tesoro
particolare;
poiché tutta la
terra è mia;
mi sarete
un regno di
sacerdoti, una
nazione santa»
(Esodo 19, 5-6)
«^II Signore disse
ancora a Mosè:
sparla a tutta la
comunità dei
figli d’Israele,
e di’loro: “Siate
santi, perché io,
il Signore vostro
Dio, sono santo.
^Rispetti
ciascuno sua
madre e suo
padre, e
osservate i miei
sabati. Io sono
il Signore
vostro Dio.
‘'Non vi rivolgete
agli idoli, e non
vi fate degli dei
di metallo fuso.
Io sono il Signore
vostro Dio”»
(Levitìco 19,1-4)
«'‘'Come figli
ubbidienti, non
conformatevi
alle passioni del
tempo passato,
quando eravate
nell’ignoranza;
'^ma come colui
che vi ha
chiamati è santo,
anche voi siate
santi in tutta la
vostra condotta,
"'poiché sta
scritto: “Siate
santi, perché
io sono santo”»
(I Pietro 1,14-16)
«'^Santificali
nella verità: la
tua parola è
verità. '"Come
tu hai mandato
me nel mondo,
anch’io ho
mandato loro nel
mondo.
'"Per loro io
santifico me
stesso, affinché
anch’essi siano
santificati
nella verità»
(Giovanni 17,17-19)
CREDIAMO NELLA CHIESA SANTA
La santità di Israele come quella della chiesa è innanzitutto santità passiva. Pensare
alla santità come a una santità attiva non permette di credere «nella chiesa»
CLAUDIO TRON
IL secondo carattere della
chiesa enunciato dal Simbolo
niceno-costantinopolitano fa
tremare le vene ai polsi. Secondo il concetto corrente di santità
la chiesa non è più santa delle
altre aggregazioni umane. Nella
sua stessa storia si potrebbe dire
che alcuni aspetti molto vistosi
sono la negazione della santità:
compromissioni col potere costituito, magari oppressivo e
violento, roghi, intrallazzi volti a
ottenere benefici economici,
oscuri cedimenti alle «passioni
della carne» pur condannate
con veemenza nelle affermazioni di facciata. Tutto, fuorché santità, a cominciare dai quadri, dai
ministri, dalle gerarchie.
terra. Il Signore si è affezionato a
voi e vi ha scelti, non perché foste più numerosi di tutti gli altri
popoli, anzi siete meno numerosi di ogni altro popolo, ma perché il Signore vi ama» (Deuteronomio 7, 6-8). La santità di Israele come quella della chiesa è innanzitutto santità passiva. Pensare alla santità come a una santità attiva è un errore gravissimo
e non permette, evidentemente,
di credere «nella chiesa». Se devo
credere che la chiesa è santa in
modo attivo, allora tutto mi induce a non crederci.
Santa?
SAPPIAMO bene che «santi»
nel linguaggio del Nuovo Testamento equivale a «credenti».
Non c’è alcuna presunzione di
particolari virtù in questa qualifica. Questo perché la santità della
chiesa non sta nelle sue virtù ma,
come per il popolo di Israele, nel
fatto di essere stata messa da
parte, eletta come tesoro particolare, da parte di Dio. Questo è
avvenuto non in un contesto di
separazione dal resto della terra,
ma nell’ambito dell’affermazione del possesso di quest’ultima.
«Tutta la terra è mia, è la mia ricchezza, il mio tesoro; ma voi siete mio tesoro particolare; non
necessariamente migliore». «Tu
sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio. 11 Signore, il tuo
Dio, ti ha scelto per essere il suo
tesoro particolare fra tutti i popoli che sono sulla faccia della
Dimmi in che modo
Dimmi in che modo, o tu che incontro,
posso conservarti il mio amore?
Se Io annodo in un angolo della mia tunica,
temo che il filo si rompa e che lo perda.
Se lo tengo stretto nel palmo della mano, temo
di sudare e che si dissolva come acqua.
Devo metterlo allora nel mio cuore!
Ma allora potrebbe farmi morire.
Vero che ti amo?
preghiera del Madagascar
(da Spalanca la finestra - Testi della chiesa universale,
Cevaa, 2000)
Meglio santa che una
oppure meglio una che santa?
Tuttavia la santità passiva,
per grazia, della chiesa non
può lasciare le cose come stanno. «Siate santi perché io sono
santo». Le divisioni della chiesa
si possono ricondurre in ultima
analisi alla diversità dei modi
con cui è stato percepito questo
messaggio. Al tempo della Riforma si può ben dire che Lutero
ha accettato la scomunica da
parte di Roma, e quindi la conseguente divisione della chiesa,
perché ha scelto prioritariamente la «santità nella verità». A chi
gli diceva; «Non è lecito provocare divisioni nella chiesa» egli
rispondeva sostanzialmente;
«Non è lecito svendere la santità
della chiesa (per i soldi delle indulgenze e per tutto il sistema
ad essi collegato)». Possiamo dire che il dilemma su quale delle
due caratteristiche della chiesa
(unità o santità) privilegiare si è
posto per la prima volta con la
scomunica di Lutero. Non si
può essere santificati se non
nella verità. Una predicazione
che annuncia qualcosa di diverso dalla parola di Dio, anche se
avviene nella chiesa istituzionale, non rispetta la santità che è
data da Dio alla chiesa stessa.
ni malvagie; sarebbe troppo evidente una separazione che emerga dalle malefatte; i criminali sono separati dalla società civile automaticamente; non c’è
nemmeno bisogno di aspettare i
verdetti dei giudici. C’è una separazione spontanea che deriva
dal controllo sociale. Il diavolo
vuol separare Gesù dal Padre inducendolo semplicemente a sfamarsi, a spettacolarizzare il suo
potere con un tuffo nel vuoto
dalla sommità del tempio o con
un gesto nascosto di omaggio.
La santità cammina sul filo del
rasoio. Per questo come c’è una
fuga nell’unità attraverso l’accentramento (tentazione prevalentemente cattolico-romana)
così c’è una fuga nella santità attraverso il settarismo (tentazione prevalentemente protestante). Non per niente il protestantesimo è stato di fatto genitore
di un numero di separazioni
maggiore rispetto al cattolicesimo romano.
Anche II diavolo è separatore
La tragedia della santità è che
è scimmiottata dal diavolo.
Anche lui mette a modo suo da
parte, separa; io sono santo, non
come il pubblicano; fra noi due
c’è una linea di confine nettissima. lo sono il tesoro particolare
di Dio. 11 resto della terra è deserto, tabula rasa, non è di Dio.
Quando tenta Gesù, il diavolo
non gli chiede di compiere azio
Eoggi?
OGGI la chiesa cammina sullo stesso filo di rasoio su
cui ha camminato lungo tutta la
sua storia. È cosciente di essere
santa passivamente. Il protestantesimo ha resistito fino ad
oggi alla tentazione di «santificare» alcuni suoi rappresentanti
che lo rendano credibile e popolare presso gli uomini e le
donne del nostro tempo, anche
se non mancano nella sua storia
figure esemplari di cui sarebbe
stupido nascondere i comportamenti imitabili. Ma il problema di come rendere evidente
nella storia il fatto di essere stati
scelti come «nazione santa» sta
davanti a ebrei e cristiani oggi
come sempre. In questa prospettiva ci sono alcuni pericoli
piuttosto grossi.
1) Santi, cioè messi da parte,
rispetto a chi e a che cosa? Va
sottolineato il fatto che la santità
del Signore non si esprime principalmente nel separarsi dalla
feccia della società del suo tempo. 11 grande scandalo a cui va
incontro è la sua familiarità coi
peccatori, con i pubblicani ladri,
con le prostitute. Gli specialisti
della nozione di santità sono costernati di fronte ai comportamenti di Gesù. Per loro le separazioni consolidate tra buoni e
cattivi coincidono con quella tra
santi e non santi. Gesù pretende, invece, di essere santo mettendosi dalla parte dei cattivi;
separato, sì, ma stando dalla
parte sbagliata. Santo, giustificato, è il pubblicano e non il fariseo. Oggi sappiamo che il discredito che affiora quà e là negli Evangeli a carico dei farisei è
probabilmente legato a una tensione tra ebrei e cristiani successiva al tempo del Gesù storico;
ma intanto questa scelta di campo narrata quando si parla di
Gesù deve essere stata un trauma reale. Santo non è chi osserva il sabato, ma chi lo trasgredisce a favore dell’uomo (e ovviamente della donna). La santità è
reale quando è paradossale.
2) La santità passiva non significa solo essere messi da parte ad opera di Dio, in vista della
salvezza e del suo annunzio al
mondo. C’è una santità passiva,
cioè una messa da parte, che si
esprime come emarginazione,
come soffocamento, che avviene ad opera dei detentori del
potere nella società. Negli stati
democratici è in genere oggi
possibile una collaborazione abbastanza ampia tra le chiese e i
governi. Ma fin dove? Concordati e Intese, come si esprime la
Costituzione italiana, fin dove
possono arrivare? E considerando che il potere, anche in uno
stato democratico, non è detenuto soltanto dalle strutture di
governo ma lo è forse anche di
più da chi ha in mano le leve
dell’economia, come possono le
chiese essere «sante», cioè in ultima analisi preservate delle tentazioni di Mammona?
Questi problemi stanno oggi
davanti a tutte le chiese e di
fronte ad essi impallidisce persino la controversia che ci divide
dal cattolicesimo romano sulla
questione della canonizzazione
dei santi. Questa è chiaramente
una distorsione e addolora il rilievo dato anche dalle alte gerarchie alle forme più pagane di superstizione (padre Pio, san Gennaro...). Ma il problema che resta davanti a tutto il cristianesimo non è quello dei santi ma
quello di rendere chiara al mondo la santità data da Dio alla sua
chiesa.
(Seconda di una serie
di cinque meditazioni)
Note
omiletiche
La santità nelle ScriK
di Israele e soprattj
una.qualità di Dio-,
___1. fllì[
Dio è tre volte santi
6, 3). Questo suo
è così al di sopra d¡,
realtà uma^na che lo r¿j¡
inavvicinabile e i
Mosè non può
'nvisiljl
al pruno ardente
avvicini,
Perchi
luogo su cui posa i p¡y¡
santo (Esodo 3, 5j
perdona al suo
Popoi
l'infedeltà legata al vitet
d'oro, ma poi dice uqni
mente a Mosè: «Tu '
puoi vedere il mio voi
perché l'uomo nonp,
vedermi e vivere...
passerà la mia gloria, io
metterò in una bucai
masso [sul quale stai] (
coprirò con la mia trij,
finché io sia passato;!
ritirerò la mano e min
drai da dietro; ma 11^
volto non si può veden
(Esodo 33, 20-23).
Alcuni brani evangeli
presentano Gesù come
«Santo di Dio» (Marco!
24; Giovanni 5, 59).p,
tanto la prospettiva«
muta: la santità nonpij
essere una caratteristit
umana, nemmeno del
chiesa, nemmeno deicii
denti più autentici, se«
è un dono gratuito di Di
L'esortazione che tori
spesso come un ritornei
nel libro del Levitico «S
te santi perché io so#
santo» non può, quini
essere intesa come«
esortazione di tipo mori
puro e semplice, ma pii
tosto come un invitai
non disperdere un don
che è dato in partenza;!
come se si dicesse a chili
ereditato un ricco patii
monio che non ha guaè
gnato lui dì non dilapidi
lo, di non sciuparlo.
La santità umana sii
sprime soprattutto, pari
dossalmente, nel riconos
mento da parte delta
di non essere santo. Ioa
no santo quando capisti
che non lo sono. Sono sai
to quando capisco che sol
Dio è santo. Sono santi
quando esprimo anchera
gesti e con scelte cheti
una realtà che sta al iliì
di me e che non posso»
care: anche spazi e temf
G'è il luogo santissimo»
Tempio che è un po'co»
la terra del pruno ardenti
Fisicamente è cometiil
gli altri spazi, ma ilP<
israelita che non vi accd
esprime in questo rrioi
che c'è una frontiera in#
licabile fra lui e Dio.l
stesso c'è un tempo sani
il sabato. Cronologicati»
te è come tutti gli
giorni, ma quando l'isf»
ta lo santifica esprime®
la sua non appropriazW
del tempo di Dio.
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abboname"^
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sostenitore
Se non avete ancof®
novato il vostro a
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Oltre ai testi citati nf
meditazione della sco#
settimana si possono
dere i commentari ai P»
citati in apertura:
- S. Chiids, L'esodo,
sale Monferrato, Pie'"'
edizioni, 1995;
- M. Noth, Levitìco,”
deia, Brescia, 1989;
- E. Kàsemann, l'e™
ma del quarto Van9‘
Torino, Claudiana, 19''
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Il Forum interreligioso promosso a Roma da «Confronti»
Dopo la «Dominus Jesus»
l\lell'attuole dibattito ecumenico è necessario focalizzare i punti
nodali su cui si addensa e a volte si imbroglia la discussione
FEDERICA TOURN
■r\OPO la Dominus Jesus, un momento di
IJconfronto interreligioso e interconfessiofiale appariva indispensabile: non soltanto per
fare il punto della situazione dopo la Dichiarazione del cardinale Ratzinger, ma anche e soorattutto per focalizzare i punti nodali su cui si
^addensa e a volte si imbroglia il dibattito ecumenico e tentare, se non proprio di scioglierli,
almeno di ribadire la ferma volontà di affron
L'identità nel rapporto tra le religioni
tarli senza desistere dal cammino comune.
Questo mi è sembrato l'intento del forum
internazionale proposto da Confronti sul tema «I sentieri del dialogo dopo la Dichiarazione Dominus Jesus. Ostacoli, scorciatoie,
progetti», a cui hanno partecipato evangelici,
cattolici, ebrei, musulmani, ortodossi e buddisti, e che si è tenuto a Roma, nell’aula magna della Facoltà valdese di teologia, il 27 e 28
ottobre, in collaborazione con la Facoltà, la
Feci e le rrnisie Jesus eQol e Sefer.
Nell’affrontare il discorso
della convivenza fra religioni
in Europa, subito è emersa la
questione dell’identità, che
ha attraversato come un filo
rosso tutte le discussioni del
convegno. L’identità di un
popolo, di una nazione non è
statica, è stato ribadito da più
voci, ma è una realtà storica,
e quindi dinamica, che presuppone sempre nuovi cambiamenti culturali: «Di quale
Europa vogliamo parlare? ha detto il giornalista di Repubblica Magdi Allam a proposito dell’immigrazione dai
paesi arabi Attualmente in
Europa abitano già dai 12 ai
15 milioni di musulmani, di
cui la metà sono cittadini a
tutti gli effetti e la maggior
parte non desidera altro che
integrarsi nella società».
La convivenza fra culture e
religioni diverse è un fatto attuale, che cambia anche la
prospettiva del dialogo interreligioso in Italia: «La priorità
di oggi non è più data soltanto dai rapporti fra cristiani ed
ebrei - Ira detto il presidente
dell’Unione delle Comunità
ebraiche, Amos Luzzatto - ma
dalla presenza dei musulmani
nel nostro paese». Il razzismo
culturale di cui spesso sono
oggetto gli islamici infatti ri
guarda tutte le minoranze:
«Se il venerdì musulmano è
un problema, perché non dovrebbe esserlo il sabato ebraico?», ha aggiunto Luzzatto, ricordando l’importanza di vigilare e di reagire subito ai segnali di intolleranza. «11 dramma è la mediocrità del dibattito sulla questione dell’immigrazione in Italia, che paralizza la percezione comune dell’Islam in una serie di stereotipi e di icone immutabili - ha
sottolineato Fouad Khaled Allam, dell’Università di Trieste
- e l’ignoranza è pericolosa,
perché dalle discussioni teoriche si passa ad applicarla alle
comunità umane».
Ben presto, inoltre, sarà
sorpassata l’identificazione
fra musulmano e immigrato:
«L’Islam in Europa è destinato a diventare una religione
di minoranza e in questa posizione dovrà trovare il suo
posto nei rapporti con le altre
religioni», ha concluso Allam.
Data per certa questa Europa
multiculturale, quale dev’essere la sostanza del dialogo
tra religioni? «Dio non fa differenza fra le persone, ce lo
insegna la conversione di
Cornelio in cui entrambi,
Pietro e Cornelio, lasciano la
loro casa per incontrarsi in
uno spazio nuovo, dove agisce lo Spirito di Dio - ha detto a questo proposito monsignor Piero Coda, della Pontificia Università lateranense Questo racconto evangelico
potrebbe essere un paradigma per la comunità cristiana,
che ci insegni a prendere sul
serio il pluralismo delle religioni e a immergerci nelTalterità dell’altro per arrivare a
comprenderlo». Un dialogo
che non è «un mezzo tattico,
ma il luogo della percezione
comune di Dio», ha spiegato
mons. Coda, ricordando come il Concilio Vaticano II abbia aperto in questa direzione una strada inesplorata,
«aperta alla sperimentazione
dei credenti».
Certo, per poter dialogare
con l’altro, bisogna essere fedeli alla propria identità, ha
puntualizzato mons. Coda.
Ma fedeli fino a che punto?
«Io credo alla contaminazione, al meticciato, perché è
chiaro che in un corifronto
con l’altro bisogna essere disposti a perdere qualcosa di
sé - ha reagito il pastore Platone - facciamo attenzione a
non far diventare la nostra
identità un idolo: io sono convinto che si debba essere fedeli solo al proprio Signore».
Il dialogo come medicina preventiva
Sulla questione dell’identità
è ritornato anche il pastore
Shafique Keshavjee, animatore della «Casa del dialogo
dell’Arzillier», a Losanna, e
autore di diversi libri, fra cui il
recente II re, il saggio, il buffone, uscito per Einaudi nel
1998. A Losanna, il pastore
Keshavjee porta avanti un
esperimento di confronto e
convivenza quotidiana fra appartenenti a religioni e spiritualità diverse, in cui si cerca
di valorizzare la ricchezza di
ciascuna fede: «Nel sincretismo non si perde ma si approfondisce la propria identità - ha affermato Keshavjee
'• E ili questo incontro fra religioni che si impara a ricono^
scere che cosa è essenziale e
che cosa no. In ogni caso rimettere in questione la propria identità è inevitabile; siamo a un punto di non ritorno,
perché ci sono sempre più
persone che hanno voglia di
confrontarsi e reinterpretare
nell’incontro la propria tradizione». In particolare, per
quanto riguarda i rapporti tra
cristiani e musulmani in Europa, Keshavjee ha sottolineato l’importanza di assumere
un atteggiamento «sinfonico»,
di costruzione in comune e
soprattutto di riconoscimento
reciproco delle ragioni e dei
torti: «Fino a quando le parti
non si sentiranno in condizioni di uguaglianza, il dialogo
interreligioso sarà bloccato».
Infatti non si può ignorare
che il rapporto fra l’Islam e
l’Europa continua ad essere
teso, per usare le parole di
Fouad Khaled Allam: si pensi
anche soltanto alle ultime
iniziative contro la moschea
della Lega Italia, a Lodi, o alle
parole del cardinale Biffi
sull’immigrazione «selettiva»
nel nostro paese. «Ci troviamo a esagerare il ruolo dei
conflitti dopo averli ignorati
per tanti anni - ha avvertito
Tariq Mitri, del Consiglio e
cumenico delle chiese - i
rapporti interreligiosi qui in
Europa sono sovente pervertiti da conflitti in atto in altre
parti del mondo».
«È anche vero - ha aggiunto Tariq Mitri - che se le religioni si dichiarano innocenti
di ciò che viene perpetrato
nel proprio nome, è necessario comunque condannare il
cattivo uso che in molti casi
si fa della religione». E allora
la sfida è; come immunizzare
le nostre religioni dal diventare strumento di violenza e
oppressione dell’altro? «Il
cammino in questo senso
non può che essere quello del
dialogo interreligioso, una
sorta di “medicina preventiva” esercitata con pazienza»,
ha concluso Mitri.
Alberto Abiondi, Anna Maria Madia, Nilos Vatopedinòs, Ermanno Genre e James Puglisi
Per una vera riconciliazione
A proposito dei rapporti fra
cristiani ed ebrei, il discorso
ha toccato molto più da vicino la Dichiarazione di Ratzinger e, prima ancora, le recenti iniziative della Chiesa
cattolica, in particolare la
beatificazione di Pio IX, la
controversa figura di Pio XII,
e in generale la solennità
spettacolare del giubileo romano. «Per il dialogo è stato
un anno penoso - ha detto
Amos Luzzatto basti pensare all’interpretazione del dialogo come strumento di evangelizzazione dato dalla Dominus Jesus: è un invito pesante
ai fedeli, mai fatto in questi
termini. Però sono convinto
che anche se nel 2001 dovremo attrezzarci per nuove battaglie e continuare a combattere il razzismo, non dobbiamo comunque smettere di
cercare il confronto vero».
Lea Sestieri, docente e studiosa di ebraismo, ha parole
più dure: «Con la Dominus
Jesus la gerarchia cattolica
sembra voler ritornare al
Concilio di Trento, dimenticando tutta la storia dell’ecumenismo cristiano, in un
quadro in cui noi ebrei esistiamo solo per farci convertire». La Sestieri, dopo aver
ripercorso le tappe del dialogo ebraico-cristiano, ha sottolineato come il nostro secolo risenta degli avvenimenti e delle prese di posizione
antigiudaiche dei 2.000 anni
passati: «Negli ultimi 50 anni
abbiamo tentato di capovolgere i rapporti, alla luce della
Shoah, che ha svegliato un
movimento quasi affannoso
nel tentativo di riconoscere le
sofferenze apportate nel nome di Dio», ha detto.
E a livello teologico, che
cosa è cambiato? «Mentre per
secoli come cristiano per definire la mia identità avevo il
bisogno di distruggere Israele, oggi al contrario non posso prescindere dal ricordare
l’alleanza stabilita da Dio con
il popolo eletto», ha spiegato
il pastore Daniele Garrone,
docente di Antico Testamento alla Facoltà valdese. La fase attuale di dialogo che stiamo vivendo è effettivamente
brevissima, ha aggiunto Garrone, e noi dobbiamo lavorare perché continui in modo
proficuo e perché i «mea culpa» di questi ultimi tempi
non chiudano la partita, come vorrebbero in molti: «I
percorsi di dialogo sono oggi
ancora così fragili, indecisi e
ambigui che richiedono tutti
i nostri sforzi per arrivare a
una vera riconciliazione», ha
concluso Lea Sestieri.
Dov’è la vera chiesa di Gesù Cristo? Ed ecco, infine, il
nodo, su cui si impiglia il dialogo fra la Chiesa cattolica e
le «chiese sorelle» nella Dominus Jesus: il concetto di
chiesa. Su questo argomento
già molto è stato detto, anche
su Riforma, e quindi mi limiterò a ripetere soltanto l’essenziale del discorso chiaro
tenuto a questo proposito dal
pastore Ermanno Genre: «Se
c’è il legame con la Parola e
la presenza dello Spirito, che
cosa manca? - ha detto il decano della Facoltà - Ogni
chiesa cristiana è tale là dove
si confessa il Signore». Le
chiese evangeliche non sono
dunque «comunità ecclesiali»
o «casualità storiche», come
vorrebbe Ratzinger, ma chiese a tutti gli effetti; «Il vero inciampo sul cammino ecumenico - ha aggiunto il pastore
Genre - è solo Tautoreferenzialità della Chiesa cattolica,
che è un ostacolo alla diversità riconciliata».
Mons. Alberto Abiondi, vescovo di Livorno, ha messo
invece l’accenno sulla necessità di muoversi verso un
ecumenismo «della verità ma
soprattutto della carità» e ha
lamentato la mancanza di un
organo di consultazione che
favorisca i gesti e le occasioni
di dialogo: «Bisogna incontrare l’ecumenismo di base ha detto Abiondi - perché si
tratta di una base esigente
che deve essere educata a
camminare nella verità». E se
l’archimandrita Nilos Vatopedinòs, della sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia, ha
parlato di «clima prevaticano
II» a proposito della Dominus
Jesus, mons. Luigi Bettazzi,
vescovo emerito di Ivrea ha
voluto sottolineare la fede
che unisce, quella che si è vista all’opera a Graz o a Basilea: «Dobbiamo lavoràre per
la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato, riconoscendo innanzitutto il valore
di ogni essere umano - ha affermato mons. Bettazzi a
proposito dei rapporti fra le
religioni - perché la solidarietà non è un optional ma
un dovere di giustizia».
E se durante il forum si è
fatta l’esperienza di un confronto paziente e attento alle
ragioni dell’altro, nel rapporto fra fedi diverse rimangono
inevitabilmente domande e
contraddizioni, espresse e affrontate solo in parte. Ne dirò
una, che è ritornata più volte,
e non poteva essere diversamente: il cristoccntrismo,
l’«Io sono la via, la verità e la
vita» (Giov. 14, 6), a cui la
stessa Dominus Jesus fa riferimento è sovente, è stato detto, un problema nell’impostare il dialogo con i musulmani o gli ebrei: «Un grosso
ostacolo, perché Gesù Cristo
non può mai essere messo da
parte», ha detto monsignor
Abiondi. La verità cristiana è
esclusiva? Che cosa saremo
chiamati a confessare? La
conclusione del convegno
non poteva che essere interlocutoria, e forse la si potrebbe riassumere nelle parole di
Tariq Mitri: «C’è sempre una
tensione irrisolta tra dialogo
e testimonianza».
lamenti
tSii
L.
sul cc
3», via
Roma.
^ Nonostante gli ostacoli, nel rispetto delle identità, continua il cannmino comune
L'incontro, il confronto e il dialogo: scelta irreversibile
PAOLO NASO
Mitri, Luigi Bettazzi e Giulio H. Soravia
T> ASSA marea del dialogo», «autun
JJ no dell'ecumenismo», «si rialzano
i vecchi steccati»: sono molte le rnetafore
di questi giorni che descrivono le difficoltà intervenute nelle relazioni tra la
Chiesa cattolica e le altre comunità di fede. Se ne è avuta ampia eco anche nel
Forum promosso dalla rivista Confronti:
al centro della riflessione, gli scenari del
dialogo «dopo» la Dichiarazione Dominus Jesus, a sottolineare che quel documento costituisce un ostacolo all’incontro tra le diverse confessioni. La critica
più grave e ripetuta: rinchiudere la Verità
aH’interno di una gabbia dogmatica
mentre lo stesso Concilio Vaticano II aveva lasciato uno spazio ben maggiore alla
libertà dell’azione salvifica dello Spirito.
Eppure, dopo due giorni di intenso
confronto tra decine di relatori, l’im
pressione è che quelle metafore descrivano solo in parte la situazione: nonostante la Domin us Jesus, infatti, il Forum
ha dato la netta impressione che il dialogo proseguirà e non solo alla «base». In
molti hanno parlato di risultati «irreversibili» e hanno sottolineato che non vi è
alternativa alla strategia dell’incontro,
del confronto e del dialogo: certo, senza
rinunce alla propria identità teologica e
spirituale e anzi nella consapevolezza di
distanze non riducibili con altre visioni
teologiche. Ma tutto questo non impedisce che credenti di diverse tradizioni
possano lavorare insieme sui temi centrali come quelli della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato.
Il Forum si svolgeva nei giorni della
escalation della violenza in Medio
Oriente ed era naturale pensare al ritardo con cui le comunità di fede (tutte)
fanno i conti con le pulsioni violente che
resistono al loro interno. Nel tempo dello «scontro tra culture», il dialogo interreligioso resta una via alla pace così come l’ecumenismo, insistenti i riferimenti alle assemblee di Basilea e Graz, si
propone come strumento di servizio alla
riconciliazione. Ma c’è qualcosa che
possiamo e dobbiamo fare anche nel
nostro contesto specifico: in molti, anche di parte cattolica, hanno rilevato che
il contesto italiano è sempre più «plurale», sempre più segnato dalla convivenza
di etnie, culture e fedi diverse. Eppure il
pluralismo italiano è ancora incompiuto
e parziale; in alcuni ambiti come quello
scolastico, ancora privo di consistenza.
C’è molto da fare, insieme.
La Dominus Jesus, ancor più nel contesto di questi mesi, costituisce un ostacolo ecumenico ma chi in questi anni ha
camminato insieme, trova ragioni forti
per proseguire.
4
PAG. 4 RIFORMA
Ecumene
venerdì 10 NOVEMBREV6NERDH'
Appunti di un viaggio negli Usa, dal Wisconsin a Chicago, da Chicago a Valdese
Come nasce una chiesa negli Stati Uniti
/4 Wounakee, nella perifeiia dello capitole dello stato del Wisconsin, è nata una nuova chiesa,
affidata a uno pastora italiana. Negli Usa di oggi la secolarizzazione c è ma colpisce poco
CLAUDIO PASQUET
WAUNAKEE, periferia di
I ■■ .....
Madison, capitale del
climaticamente freddo stato
del Wisconsin. Alle 8,30 della
domenica mattina sono già
in chiesa per partecipare al
primo culto della locale Chiesa metodista. Ci si riunisce in
un capannone, anche se molto hen arredato, perché questa è una «starting church»,
una chiesa agli inizi, prima
non era presente in questa
cittadina. Qui si notano soprattutto le grandi denominazioni del Wisconsin: luterani e cattolici, poi battisti,
presbiteriani, pentecostali. Ci
sono due grandi chiese metodiste, ma nei paesi limitrofi.
Si è deciso di partire con
l’esperimento, si è cercato un
pàstore che accettasse la sfida, l’hanno trovato, anzi trovata perché si tratta di una
donna. Poi via: pubblicità,
contatti, assunzione di una
segretaria (qui ogni chiesa
anche piccola ne ha una per
l’amministrazione, l’ufficio,
le lettere, prenotare le visite
della pastora, ecc.) e la chiesa
cresce. C’è già il progetto di
costruire un tempio, anzi una
sala comunitaria che funzionerà da tempio (sanctuary,
come si dice qui), finché la
chiesa non crescerà ancora e
a questa sala si aggiungerà
un tempio ancora più grosso.
I lavori inizieranno in primavera, intanto bisogna far crescere la comunità: serve più
gente e più gente che contribuisca. Qui non ci sono i falsi
pudori di noi italiani, che vogliamo sempre che la chiesa
ce la paghino gli altri.
Intanto è iniziato il culto,
una quarantina di persone,
pochi quelli sopra i 50 anni,
per lo più famiglie giovani.
Mi danno la parola per un
breve saluto a nome delle nostre chiese. Al termine del
La pastora Paola Benecchi
culto iniziano le scuole domenicali, i bambini, i ragazzi
e (sorpresa) qui in America
c’è la scuola domenicale anche per gli adulti: ho 40 minuti di tempo per parlare della storia e della vita delle nostre chiese, mi seguono circa
35 persone, interessate e partecipi. Alle 10,45 inizia l’altro
culto, un’altra cinquantina di
persone, altri saluti da parte
mia. La pastora, toga bianca
e stola verde, predica con entusiasmo sulla lettera ai Romani: non conformatevi al
presente mondo. Si rivolge
soprattutto a famiglie giovani, quelle che compongono
l’80% dell’uditorio, dei loro
problemi: far quadrare lavoro, figli, quotidianità, fatica. È
un messaggio di speranza
forte, deciso... e la chiesa
cresce; alla fine dei culti si
chiacchiera intorno a una
tazza di caffè, una persona
mi dice: «Con questa pastora
abbiamo ricevuto una benedizione dal Signore».
Questa è l’America, anzi
questi sono gli Stati Uniti,
dove la secolarizzazione c’è
ma colpisce poco, dove le famiglie giovani si alzano alle 8
la domenica mattina per andare al culto e potere poi, dopo la scuola domenicale, an
dare a spasso; il resto della
settimana si sono alzati alle
6, perché alle sette già passa
il pullmino della scuola. Questa è l’America, dove in un
paesino anche piccolo puoi
trovare anche 10 chiese protestanti, ognuna con almeno
un pastore/a, pagato a prezzi
di mercato (e non sottopagato), e ognuna con uno staff,
sempre pagato dalla chiesa
locale, o almeno una segretaria. Questa è TAmerica dove
ognuno che diventa membro
di una chiesa, sa che questo
gli costerà e non se ne lamenta... le cose buone costano.
Alcune di queste cose mi
accompagneranno in tutto il
mio giro negli Stati Uniti: impegno per la chiesa locale, uffici in ogni comunità, scuola
domenicale per gli adulti,
chiese che crescono partendo
da zero. Ne parlo con la pastora, che è anche membro
del consiglio della American
Waldensian Society, il quale
ha voluto che vedessi l’esperienza di come nasce una
chiesa da queste parti. Certo,
ci diciamo, la situazione è
completamente diversa da
quella italiana, qui c’è una base protestante, una mentalità
diversa... però non abbiamo
proprio nulla da imparare da
loro, noi evangelici in Italia?
Intanto è già ora di partire,
la pastora mi accompagna
all’autobus che in tre ore mi
porterà a Chicago, da lì un
aereo mi porterà a Charlotte,
dove il pastore di Valdese mi
aspetta. Qui avrò molti incontri, molte sorprese, molta
fraternità e domenica mi toccherà anche predicare, ma di
questo vi parlerò nelle prossime puntate. Infine permettetemi di salutare la pastora e
farle i nostri auguri per la
missione che sta svolgendo
con tanta passione. È italiana, si chiama Paola Benecchi.
(1 - continua)
La Federazione femminile protestante svizzera ne ha festeggiato Lanniversario
Cinquanfanni di campi «Equinoxe» a Vaumarcus
WILMA GAY*
Le sorelle della Federazione femminile protestante
svizzera hanno festeggiato a
fine settembre il 50“ anniversario dei loro campi «Equinoxe», con un week-end dedicato alle dolci note del
«Flauto magico» di Mozart. È
stata dunque la musica e non
un tema biblico complicato o
un’interessante e ponderosa
questione etico-sociale a segnare la festa di compleanno.
Un giovane musicista, pianista di professione (di nuovo
una presenza maschile dopo
molti anni al campo!) ha introdotto le presenti all’opera
mozartiana, illustrandone i
molteplici misteri sia musicali che psicologici; infatti Mozart, da un uomo complicato
qual era, non solo scriveva le
sue opere lasciandosi trasportare dai suoi differenti
stati d’animo, ma nel «Flauto
magico», come ha spiegato il
maestro, ha lasciato anche
tracce evidenti della sua appartenenza alla massoneria,
usando tutta la simbologia
massonica in forme musicali.
Nel corso delle due giornate le partecipanti hanno ricordato i cinquant’anni di incontri con la testimonianza
delle più anziane campiste.
Erano presenti infatti alcune
sorelle ottantenni che avevano partecipato ai primi campi del 1951-52, che hanno
raccontato quali erano stati i
temi trattati in quei primi an
ni e hanno fatto rivivere a
tutte, anche a quelle sorelle
che per la prima volta venivano a Vaumarcus, l’entusiasmo di quegli anni.
È proprio a Vaumarcus, nel
Centro protestante di formazione situato su una collina
che domina il lago di Neuchâtel, che nel 1950 un gruppo di donne coraggiose realizzò l’idea di creare un luogo
e un momento dove le donne
credenti potessero ritrovarsi
per discutere insieme degli
argomenti che più stavano
loro a cuore. I campi nacquero infatti proprio perché le
donne potessero parlare sia
delle loro difficoltà che, come
esse stesse raccontano, erano
rappresentate dall’isolamen
to e dalla mancanza di stima
di se stesse, sia della viva speranza di poter entrare in
quella terra promessa fatta di
ascolto, di sicurezza, di serena fiducia nel progetto che
Dio prepara, anche se a volte
rimane incomprensibile.
Se quei momenti di condivisione sono stati nel corso
degli anni molto importanti
per due generazioni di donne
protestanti, e anche le sorelle
valdesi e metodiste italiane ne
hanno beneficiato, tuttavia
ora stanno attraversando un
periodo di difficoltà e di ripensamento. La scarsa partecipazione degli ultimi anni
(da alcune centinaia di partecipanti si è ormai scesi a poche decine), ma anche la ca
Conferenza delle chiese europee (Kek)
Lettonia: Consiglio della Federazione battista europea
Approvata la «Dichiarazione di Riga»
Il nuovo segretario per
le comunicazioni è italiano
La
renza di ricambi tra le responsabili, richiedono delle soluzioni a breve termine tanto
che forse già l’anno prossimo
ci saranno delle novità.
Le donne protestanti italiane, che per molti anni hanno
potuto formarsi in quei campi, sono solidali con le loro
sorelle svizzere in questo momento particolarmente problematico e desiderano accompagnarle con la preghiera. Sarebbe un vero peccato
che tutto il patrimonio di
esperienze e di formazione
accumulato in questi 50 anni
di lavoro tra donne e per le
donne si esaurisse e finisse
per essere dimenticato.
* delegata della Ffevm
all'incontro di Vaumarcus
«Con Gesù Cristo nel nuovo secolo» era il
tema dell’annuale incontro del Consiglio della
Federazione battista europea (Fbe), svoltosi a
Riga, in Lettonia, dal 21 al 24 settembre scorso
con la partecipazione di più di 120 persone. Il
Consiglio ha approvato una risoluzione sulla
Dominus Jesus e una «Dichiarazione di Riga»,
sulle prospettive della testimonianza della
Fbe nei prossimi anni. La risoluzione sulla
Dominus Jesus approva la parte della Dichiarazione vaticana che richiama all’unicità della
figura salvifica di Gesù Cristo, ma esprime
«profondo disappunto» per il paragrafo in cui
si parla delle tradizioni non cattoliche come
«chiese deficitarie». Il documento verrà presto
«Gesù Cristo guarisce e riconcilia: la nostra testimonianza in Europa» sarà il tema della prossima Assemblea
generale della Conferenza
delle chiese europee (Kek),
che si svolgerà dal 3 al 9 settembre 2003 a Trondheim, in
Norvegia. Lo ha deciso il Comitato centrale della Kek,
riunito a lasi (Romania) dal
18 al 22 ottobre scorso, accogliendo l’invito della Chiesa
luterana della Norvegia che,
nel 2003, celebrerà l’850“ anniversario della creazione
dell’arcidiocesi di Trondheim
(anticamente Nidaros), decisa
nel 1153 dal cardinale inglese
Nicholas Breakspear, che diverrà papa col nome di Adriano IV. La chiesa norvegese
aderì alla Riforma luterana
nel XVI secolo, e mantenne
Trondheim come sede vescovile; la cattedrale della città è
la più antica e bella cattedrale
di tutta la Norvegia.
L’Assemblea di Trondheim
sarà la dodicesima dalla fondazione della Kek, avvenuta
nel 1959; la precedente Assemblea si è svolta a Graz
(Austria) nel 1997, in concomitanza con la seconda As
semblea ecumenica
europe,
sulla riconciliazione, pt„
mossa dalla Kek e dal Consi
glio delle conferenze episco:
pali europee (Ccee).
Il Comitato centrale hi
inoltre nominato un nuovo
Segretario per le comunica,
zioni della Kek, che entrerà ¡j
servizio alla fine del 2001 n
sostituzione dell’inglese Rq.
bin Gurney, che sta per ra».
giungere l’età della pensici«’
Si tratta di un italiano; il na!
Illing
sentii
Dopo 2^.
sul lingua
un atteggi
cerca dell
una ricen
tico eflloi
terem». f'
conduttoi
pi, motivi
questo ini
store Luca Maria Negro, 4)
anni, attualmente segretario
esecutivo della Federazioni
delle chiese evangeliche«
Italia (Fcei), direttore della
agenzia stampa Nev e pasto,
re della Comunità evangeli,
ca ecumenica (membro del.
l’Unione battista) di Albano
Laziale (Roma). LaConferen
za delle chiese europee .è m
organismo ecumenico cot
sede centrale a Ginevra (nd
Centro ecumenico che ospita
il Consiglio ecumenico deli
chiese e altri organismi cristiani) e sedi distaccate!
Bruxelles e Strasburgo. Nt
fanno parte 127 chiese protostanti, anglicane, ortodosse!
vecchio-cattoliche. (mj
La pai
lingu
Visita di una équipe Cevaa in Franda
Alsazia: come contrastare
boom dell'estrema destra?
ELISABEnARIBET
Dalle miniere ci siamo
spostati verso la campa
inviato al Vaticano. La «Dichiarazione di Riga»
individua cinque aree tematiche che interrogano le chiese della Fbe: i cambiamenti politici;
la rivoluzione dei mezzi tecnologici e dell’informazione; i cambiamenti sociali, soprattutto quelli che minano l’unità del nucleo familiare; il progresso scientifico, in particolare
sotto il profilo della ricerca sulla genetica; la libertà religiosa e i diritti umani. Il Consiglio ha
accolto come nuovo membro della Fbe la
Chiesa battista della Bosnia-Erzegoyina. Era
presente all’incontro il pastore Tomislav Dobutovic, della Chiesa battista di Sarajevo. 11
prossimo incontro del Consiglio si terrà a Praga dal 26 al 30 settembre 2001. (nev)
gna. Strasburgo è vicina, vicinissima, la sera ne vediamo
le luci riflettersi sulle nuvole,
ma qui è un altro mondo. I
colori dell’autunno iniziano
ad esplodere, le nebbie danno all’insieme un tocco da
fiaba, tra boschi centenari
(anche loro con i segni della
tempesta del 26 dicemlrre
scorso) e fihestre decorate di
zucche fantasmi e pipistrelli
per festeggiare una Halloween di importazione.
Le chiese che incontriamo
sono su un’area di una ventina di chilometri di raggio,
nelle quali operano pastori
piuttosto giovani, tra i trenta
e i quarant’anni. Ogni tanto,
nei villaggi, in cui molti parlano ancora quasi esclusivamente l’alsaziano, tra le antiche cascine oggi proprietà di
cittadini che hanno voluto
tornare alla vita di campagna, passa rombando una
mietitrebbia enorme. Si raccoglie il mais, in gran parte
coltivato per gli allevamenti
della zona; abbiamo visitato
una stalla modello, ex allevamento di polli in batteria, e ci
siamo confrontati sulle grandi questioni di bioetica del
settore. Qualità o quantità?
Produzione o sfruttamento?
Tutto questo è sano? È giusto? Come vivere il contrasto
terribilmente reale tra un
pollo cresciuto in sei settimane con 24 ore di luce al
giorno e chili di mangimi
grassi ingollati a forza e persone che in Africa non hanno
cibo per sopravvivere?
La realtà socio-politica della regione ci ha offerto un altro grande spunto per la riflessione. Nell’ultimo decennio il Nord dell’Alsazia (come altre regioni di Francia)
ha visto un importante incremento di voti per i partiti di
estrema destra, passati da
una percentuale piuttosto
bassa a un 35% e oltre, anche
nei comuni a maggioranza
protestante. La cosa è stata
notata da alcune persone,
laici e pastori, che si sono
domandate se il protestantesimo, o più generalmente il
messaggio cristiano, possi
avere un orientamento poi
tico estremista e razzisti
senza risultare contraddittorio e incoerente, a maggioi
ragione in una regione chi
ha vissuto direttamente l’occupazione nazista e il molo
ambiguo della chiesa protestante all’epoca.
Nel 1995 è dunque nati
«Comprendre et s’engagen
capire e impegnarsi, un n»
vimento dichiaratamenti
apolitico e cristiano, peili
più protestante, che riflett
e invita a riflettere sul dia!
go, sull’antirazzismo, suH’opertura all’altro a partiredii
l’Evangelo. In primo luoji
si è chiesto scusa: perchét
chiesa è stata lontanatili
problemi quotidiani deli
persone, perché si è parli*
più che ascoltare. A flancoi
questo, la proposta diati
vità e incontri, conferenti
anche nei più piccoli cen#
della regione, preghierii
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Una riflessione sulla ricerca poetica in una recente antologia di poesie e saggi
La parola che precede il linguaggio logico
Il linguaggio ordinario non riesce od esprimere completamente ciò che noi siamo, i nostri
sentimenti, lo nostra realtà più complessa. Anche la Bibbia riconosce II limite della parola
^ul Ungu^BB''' - 7---- - ----p: o;--------.
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“ _ parola che precede il linguaggio logico-sintattico,
^ Yjcerca che rappresenta il filo conduttore del percorso poetico e filosoflco fatto dal gruppo che sta attorno alla rivista «Antorem»- Forse proprio la coesione insistita attorno a questo filo
/induttore, straordinariamente ricco di implicazioni e svilupi motiva la longevità, unica nel panorama poetico italiano, di
Questo insieme di poeti e critici.
PAOLO FABBRI
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La parola che precede il
linguaggio, non ancora
assemblata dal concetto, 1’
embrione da cui sboccia la
poesia non è forse un’ininiagine dai contorni indefiniti,
che viene in qualche modo
percepita da chi è dotato
della necessaria sensibilità?
Su questa linea si colloca
Gillo Dorfles, critico d’arte,
ponendosi il quesito: «Fino a
che punto l’immagine può
esistere indipendentemente
dal concetto; fino a che punto il pensiero per irnmagini
può attivarsi al di là d’ogni
sua formulazione logica e razionale?» [Corriere della sera,
2 aprile).
Proprio questa domanda fa
nascere dei dubbi su alcune
tesi del filosofo Paul Ricoeur
e dello storico dell’arte Ernst
Gombrich. Partendo dal Visual Thinking, cioè dal «pensiero per immagini», si può
«ammettere la presenza di
una capacità immaginativa
anche senza che questa sia
già identificabile nella parola
(...). Solo mantenendo ben
distinto il pensiero per immagini da quello razionalizzato si riesce a circoscrivere
quell’elemento evanescente.
ancora a uno stadio che è ancora prevalentemente simbolico, e che costituisce la vera
essenza di un’entità così inafferrabile come l’immagine
(...). In altre parole (...) quello
che conta è resistenza di un
quid non ancora concettualizzato (...) entro cui verrà a
incarnarsi il relativo medium
(...) poetico (...) e che potrà
spesso coincidere con quel
tipo di pensiero simbolico che
sta alla base di molte creazioni artistiche (...) e sociali
dell’umanità». Aggiungerei
anche religiose: si pensi a
esempio alle potenti immagini dei profeti biblici. Risuona
qui il pensiero di Martin Heidegger, che considerava l’essere esprimibile soltanto attraverso un linguaggio poetico. Dall’immagine alla parola
e dalla parola all’immagine,
si tratta di un percorso nei
due sensi ancora in gran parte da esplorare.
Come dice il filosofo Aldo
Giorgio Gargani nel saggio La
nascita attraverso la scrittura
(inserito nell’antologia), il
linguaggio ordinario è impotente a restituire la paradossalità della situazione che ci
deriva dal confronto fra ciò
che noi effettivamente siamo
e ciò che non siamo, dal fatto
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Filippo Melantone (1497-1560)
Catalogo delia Mostra itinerante internazionale
«Melantone - Lettere per l’Europa»
pp. 96, L 15 000 Euro 7,74, cod. 364
La Mostra sarà in Italia dai 31 ottobre
2000 e toccherà le sesuenti città;
- Roma: chiesa valdese di piazza Cavour
31.10-28.11.2000
- Genova: Palazzo ducale 2-25.2.2001
- Venezia: Chiesa di San Vidal 2-18.3.2001
- Milano: chiesa valdese di via F. Sforza
24.3-22.4.2001
- Torino: 27.4-26.5.2001.
Salvatore Caponetto
Melantone e l’Italia
■asset«]
¡0. A
iole
»Q4 pp., L. 19.000, euro 9,81, cod. 362
L’opera principale di Melantone fu tradotta
in italiano nel 1534 e insieme alla fitta corrispondenza intercorsa tra il riformatore e
ntolti italiani simpatizzanti o sesuaci della
Riforma, dimostra lo stretto rapporto che
1 Italia intrecciò con il Praeceptor Germatiiae. L'autore esplora sistematicamente
ciuesti rapporti e traccia un profilo delle
Principali fÌ3ure italiane deirepistolario.
Heinz Scheible
: - f--
Filippo Melantone
288 pp., L. 38.000, euro 19,63, cod. 363
Questa biosrafia illustra la vita e le opere
del 3rande umanista, studioso enciclopedico e riformatore (è stato il massior collaboratore di Lutero) che influenzò decisivamente la teolosia, l’ecclesiolo3Ìa e il sistema scolastico europeo.
m mmeditrice
Claudiana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL. 011/668.98.04 - FAX 011/650.43.94 - C.C.P. 20780102
http://www.claudlana.it
che ci siamo lasciati dietro
migliaia di cicli di esperienze
che corrispondevano alla nostra irrealtà di cui dovevamo
impadronirci, e che tuttavia
non ne siamo rimasti separati nemmeno per un istante.
Un’impotenza, questa, dovuta al fatto che il linguaggio
ordinario «non riesce a farsi
carico della nostra realtà mai
accaduta, che è ineffabile, indicibile e che si manifesta attraverso i buchi (...) che si
aprono nel corpo del testo
(...). È questa condizione indivisa di essere e non essere,
di sogno e di veglia, di zone
illuminate e di recessi oscuri
della nostra coscienza che va
al di là del linguaggio ordinario (...). Ed è questo sogno
oscuro lo scenario possibile
ed eventuale di quella trasformazione di noi stessi che
può culminare in una nuova
nascita...». E ancora: «Noi
raccontiamo nella nostra
scrittura le vicissitudini di
una passione etica che richiede il coraggio di una
nuova via e il sacrificio di
quello che eravamo stati».
Questa tensione dialettica
che si scioglie nella scrittura
non è forse la stessa che ha
caratterizzato gli estensori
della Bibbia, e in particolare
coloro che si sono posti l’arduo compito di raccogliere le
tante tradizioni del popolo
d’Israele per farne un’opera
scritta che fosse, nella sua essenza, una confessione di fede? E quando l’immagine,
ma anche le emozioni, i sentimenti, il dialogo con Dio
non riescono a farsi parola,
ne deriva una situazione
drammatica simile a quella di
una partoriente che non riesce a partorire. Gome non ricordare le parole di Giobbe:
«Oh, se le mie parole fossero
scritte! Se fossero consegnate
in un libro! Se con lo scalpello di ferro e col piombo fossero incise nella roccia per
sempre!» (19, 23)?
Una volta partorite nella
nuova nascita, le parole devono però essere di nuovo
scritte, ancora lette, ancora
interpretate, perché nel luogo mentale dove nascono,
dove nasce la poesia, si può
risiedere solo come nomadi.
E dunque nuove forme, nuovi testi, nuove confessioni di
fede, nuova predicazione,
che non si sostituiscono al
discorso logico-sintattico
prodotto da un approccio
storico-critico, ma si pongono con questo in un rapporto
dialettico profondamente
ricco, profondamente necessario. Gome dice Gio Ferri nel
suo saggio di chiusura all’antologia: non poesia della crisi
né poesia in crisi, ma «poesia
come crisi», in cui predominano, oltre ad altri elementi,
«l’incantamento cosciente
della nascita, tra segno, voce,
traccia e scrittura».
(*) Aaw: Verso l’inizio. Percorsi della ricerca poetica oltre il Novecento. Milano, Anterem, 2000.
La parola come luogo del limite
Sostiene Andrea Gortellessa, nel proprio contributo
all’antologia Per una parola
liminare, che «quella poetica
è una parola alla frontiera del
linguaggio». Una frontiera
che, come ribadisce Piero
Zanni, non è semplicemente
un bordo, ma uno spazio essa stessa, un luogo dell’incontro, ma anche del contrasto. Uno spazio, riprende ancora Gortellessa, che è un
luogo mentale: per la precisione, «il luogo del moderno se è vero, almeno, che pensare il moderno è pensare il limite: è pensiero liminare (...)
[dove] non è possibile risiedervi-se non nella condizione di nomadi». Un luogo dove è di casa il delirio inteso
nel suo etimo, che significa
«uscire dal solco».Tutto ciò
emerge anche nella prassi
poetica. Si veda a esempio
Giorgio Bonacini: «È l’innocente consistenza/ dell’enorme
gigantesca massa d’acqua/ a
galleggiare sui linguaggi/ indemoniata dall’insistere di
forme stravaganti/ dette frasi
di parole/ onde vaghe e modulate/ e sovrastanti ondate rigide e contorte/ così aride e rinsecchite/ da cadere e strapiombare», oppure Flavio Ermini:
«Non la sola mano che cancella mostra i/ beni indivisi dell’aria/ A metà del vuoto, in
molti modi appare il primo
nome». Dietro la parola scritta
appare il luogo mentale, il
luogo originario che il poeta,
per misteriosi percorsi, esprime in linguaggio poetico.
Chiesa battista di Mottola
Come gestire i conflitti
dopo la fine delle guerre
VIRGINIA MARIANI
PER mezzo di uria curata
presentazione di diapositive al computer e con la sua
coinvolgente comunicativa
come sempre accompagnata
dal sano spirito partenopeo,
il pastore Massimo Aprile ha
condotto sabato 14, nella
chiesa battista di Mottola,
una conferenza il cui tema,
quanto mai attuale, è stato
«La gestione dei conflitti».
Entrato subito nel vivo della questione, il pastore ha
condotto l’intero uditorio attraverso un fluido argomentare nell’analisi dei conflitti
esistenti a tutti i livelli, da
quelli mondiali a quelli più
intimi e personali, paragonando le varie situazioni alle
mine antipersona e quindi a
un campo minato. Gome la
mina anche il conflitto, di
qualsiasi natura esso sia, si
trasmette di generazione in
generazione perché, anche
quando la guerra finisce, il
campo minato resta, è attivo
e coinvolgerà con la sua devastante violenza esplosiva
chi magari non sa neanche il
perché dell’inizio della guerra. E succede spesso che più
il tempo passa e più si sedimentano le ostilità. Gì vogliono perciò pazienza, energia e
volontà di superare il conflitto, anche perché il pastore
Aprile ha dimostrato chiara
Storia
LIBRI
La Grande Guerra
mente come qualsiasi risoluzione esterna, parziale o fondata sulla forza è vana se non
più dannosa.
Immancabili e nello stesso
tempo indispensabili gli esempi che ci offre la Bibbia di
risoluzione dei conflitti, da
Gaino e Abele a Giuseppe e i
suoi fratelli, per giungere a
Gesù che, figlio di Dio, è «saltato» sulla mina del peccato
umano. Ed ecco la conclusione un po’ amara che ha suscitato qualche intervento pessimista poiché sembrerebbe
impossibile ravvisare alcuna
speranza. Il sacrificio di Gesù
prima di tutto, e poi quello di
ciascuno di noi che con la
propria vita deve testimoniare quell’amore immenso,
senza la pretesa però di risolvere da sé il conflitto: la nostra azione risulterà tanto più
efficace quanto più farà intervenire Dio nella propria vita e
si renderà suo strumento.
In effetti, ha concluso il pastore, da un conflitto o si esce
infinitamente fortificati o,
purtroppo, avvelenati. Noi da
questa conferenza, alla quale
ha fatto seguito la predicazione domenicale, siamo sicuramente usciti più arricchiti,
pieni di speranza e riconoscenti al Signore per la possibilità che ci ha dato di vivere
questo momento di aggregazione, incontro, riflessione e
condivisione.
L’ultima opera uscita in materia di prima guerra mondiale
[La Grande Guerra. 1914-1918. Firenze, La Nuova Italia, 2000,
pp. 562, £ 55.000) porta la firma di Mario Isnenghi, contemporaneista, e di Giorgio Rochat, docente di
Storia delle istituzioni militari. Particolarità
dell’opera è quella di non limitarsi all’aspetto politico e militare del conflitto, allargando invece il proprio orizzonte anche agli
aspetti sociali e culturali dell’epoca in cui
esso si è prodotto. Attenzione viene rivolta
alle posizioni assunte dalle chiese rispetto
alla guerra, e un capitolo è dedicato anche
al ruolo dei cappellani militari.
RADIO
Culto radio
Ogni domenica mattina alle 7,27 sul primo canale
radio Rai, predicazione e notizie dal mondo evangelico italiano e estero, appuntamenti e commenti di attualità.
TELEVISIONE wmmmmm
Protestantesimo
Rubrica televisiva di Raidue, a cura della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmesse
a domeniche alterne e, in replica, il lunedì seguente alle ore
24 circa e alle ore 9,30 del lunedì successivo. Domenica 12
novembre, ore 23,50 circa, andrà in onda: «Chiaroscuro: un
commento sulle elezioni in Usa»; «Predicare la giustizia,
combattere la povertà - L’impegno dei cristiani nel Salvador»; «Assemblea Fcei». La replica sarà trasmessa lunedì 13
novembre alle ore 24 e lunedì 20 novembre alle 9,30 circa.
Per la pubblicità su
tei. 011-655278
fax 011-657542
6
PÄG. 6 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 10
NOVEMBREj^
Un'esperienza ecumenica di base a Taranto e Grottaglie
Il cammino della nonviolenza
L'arrivo di un gruppo itinerante della congregazione «Piccole sorelle
di Cesò» è diventato occasione di un «pellegrinaggio» nelle due città
HIANCESCO CARRI
La collaborazione tra la
chiesa evangelica valdese
di Taranto, Pax Christi, l’associazione Peace-Link e Legambiente si è attivata con
l’arrivo di un gruppo itinerante della congregazione religiosa «Piccole sorelle di Gesù» che animano un movimento di nonviolenza. La
presenza di queste sorelle in
pellegrinaggio nella terra di
Puglia al motto «cammino
della nonviolenza tra il già e il
non ancora», ha interessato
le città di Taranto e Grottaglie nella giornata di mercoledì 27 settembre.
Nella città «dei due mari» è
stato organizzato un cammino che si è snodato tra le vie e
piazze: in quattro diverse tappe cittadine il sindacalista
della Fim-Cisl Piero Berrettini, l’obiettore di coscienza alle spese militari Pino Bongiovanni, il coordinatore di Pax
Christi don Tonio dell’Olio,
l’ecologista Giovanni Guerino
di Legambiente, la prof. Anna
Fiore di Peace Link e chi scrive queste note haimo animato il pellegrinaggio come unica voce sui problemi e prospettive che riguardano il
presente e futuro della città di
Taranto che «tra il già e il non
ancora» attendono celeri risoluzioni. U gruppo, una sessantina di militanti, si è poi
recato nell’interland di Taranto, nella parrocchia di Regina Pacis di Lama, dove nel
pomeriggio si è avuto un incontro dibattito con le sorelle
e fratelli cattolici che con la
Chiesa valdese da tempo condividono un cammino ecumenico di base insieme ai
missionari Saveriani di Lama.
In serata la città di Grottaglie
ha ospitato e accolto il gruppo delle sorelle di Gesù in arrivo da Taranto-Lama. Erano
presenti quattro folte delegazioni delle parrocchie cattoliche, quella della locale Chiesa
valdese e il gruppo della «Casa della pace» animato dalla
instancabile Etta Ragusa.
Dopo il saluto si è snodato
un corteo che ha raggiunto il
convento di San Francesco di
Paola, costruzione del 1500
con un caratteristico chiostro. Quivi le diverse realtà
comunitarie con canti, preghiere, letture bibliche, testimonianze, con l’effetto piacevole di un’eco che percorreva l’intero porticato, hanno
creato un tempo e spazio veramente ecumenici. Emozionante è stato il canto corale
dell’inno di Graz «Insieme».
Di ritorno da Grottaglie, in
tarda serata abbiamo salutato alla stazione di Taranto
due sorelle che dovevano
raggiungere Roma e Catania
per altri incontri ecumenici.
Chiesa battista del Sulcis
Iniziative contro il debito
La Chiesa battista del Sulcis
Iglesiente, in Sardegna, è promotrice insieme ad altre associazioni aderenti al «Comitato territoriale per la cancellazione del debito estero dei
paesi poveri» di una serie di
iniziative che coinvolgerarmo
nei prossimi mesi il mondo
giovanile e studentesco, lavoratori, pensionati, persone di
cultura e gmppi locali. Costituito formalmente il 5 aprile
2000 con il fine di «generare
nel proprio contesto territoriale una maggiore sensibilizzazione e accrescere il grado
di coscienza collettiva rispetto al problema del debito
estero che soffoca l’economia
e lo sviluppo dei paesi del
Sud del mondo», il comitato
ha in programma oltre al corso di aggiornamento sulla
globalizzazione ed economia
alternativa tenutosi il 25 e 26
scorsi al Liceo Scientifico
Asproni Loc. Su Pardu a Iglesias, ben quattro marce cittadine, la prima il 10 novembre
con il coinvolgimento di studenti e docenti a Carbonia,
Portoscuso, S. Antioco e Iglesias, la seconda il 17 novembre con la partecipazione dei
lavoratori del polo industriale
di Portovesme, la terza la sera
del 24 novembre con una
fiaccolata a Iglesias, la quarta
a Sant’Anna Arresi portando
il movimento di sensibilizzazione nel Basso Sulcis.
m
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Le opere del prof. Vittorio Subilia vengono offerte eccezionalmente
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Esperienze di scambi per la Chiesa valdese di Siena
Vivere neM'internazionale protestante
La Chiesa valdese di Siena
ha vissuto due momenti particolarmente belli di comunione fraterna. Domenica 8
ottobre hanno partecipato al
culto e al rinfresco successivo
un gruppo di fratelli e sorelle
della Chiesa evangelica di
Wetzlar, cittadina medievale
a 50 km a Nord di Francoforte, gemellata con Siena. Il
gruppo era guidato dal diacono Hencke, che periodicamente guida gmppi di Wetzlar in Toscana, e siamo riconoscenti per l’attenzione dimostrata verso un piccolo
gruppo evangelico come il
nostro, aperto da sempre a
contatti multietnici. In primavera speriamo di poter
contraccambiare la visita.
Domenica 22 ottobre è stato amministrato il battesimo
alla piccola Francesca Bechi,
di Roberto e di Patricia Robinson. Erano presenti i nonni e gli zìi materni, attivi nella
United Presbiterian Church e
conoscitori della realtà valdese in quanto residenti nelle
vicinanze di Valdese (North
Carolina). Nell’agape che è
seguita vi è stata anche la
possibilità di illustrare l’attività dell’American Waldensian Society e ricordare gli
amici comuni Frank Gibson,
Felix Canal e Ed Grâce.
Una caratteristica, da sempre spiccata nella nostra comunità, la partecipazione ai
culti di sorelle e fratelli evangelici africani, coreani e provenienti dall’Europa protestante, in genere giovani studenti alTUniversità per stranieri; il loro contributo al coro e alle attività della chiesa è
di stimolo per la pietà evangelica comunitaria. La comunità si rallegra anche per la
guarigione di Margherita
Vinçon Caporali, per lunghi
anni presente alla riunioni a
Montalcino e tuttora vicina
nelle preghiere di molte sorelle e fratelli, (e.s.)
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Gli operai
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Il nuovi
Foto di gruppo di fronte alla chiesa valdese di Siena
Chiesa battista di Pordenone
Antonietta e Silvano
75 anni di matrimonio
ELENA DE MATTIA
SONO passati 75 anni da
, ■ ■ ■ ■
quel 4 ottobre del 1925 e i
ricordi sono un po’ sfumati:
la cerimonia, svoltasi in municipio perché il pastore a
quei tempi non poteva celebrare matrimoni con valore
civile; poi il pranzo, nel ristorante sulla piazza e il lusso di
un viaggio di nozze, ospiti
presso dei parenti a San Giovanni in Valdarno.
Ma per zia Antonietta e zio
Silvano Goral, che oltre a essere genitori e nonni hanno
appunto ricevuto il titolo affettuoso di zii da parte della
comunità battista di Pordenone, i ricordi più nitidi sono
quelli legati ai gesti di benevolenza che accompagnarono
l’inizio della loro vita insieme:
sposare un protestante era
motivo di scandalo per le zie
di lei ma il parroco di San Foca, dove abitavano, le rassicurò: «Fossero tutti così, an
COMITATOPROMOTORE PERLA RISTRUnURAZlONE
DELL’OSPEDALE EVANGELICO VALDESE DI TORINO
INn-RPHFTATI DAI.. COlUCA
GIAN CARLO BOVE!TI
POEm DI GUIDO GOZZANO
STIìUMENn t VOCI DI
ALBERTO BOVETTI
GIANFRANCO BRUNO
RENZO CONIGLIO
ERMANO DARDANELLI
ATTILIO EERRUA
SANDRO lAVAGNA
MARIO MANFREDI
ANNA E FRANCA PEIRONE
ADAPRUCCA
Teatro
20 Novembre 2000 oi«2iÆi
Posto Unico £25.000
Prevendita
C.S.A. in-Tel. 011 5622253
Crai Italgas ■ Tel. 011678366
Sgelala C.I.O.V. • Tel. Oli 6540267
S^eteria del Comitato - Tel. 0114502063
feSk» Veronica one - Tel. 0116690382/3
L’incasso sarà interamente devoluto
dal Comitato Promotore
all'Ospedale Evangelico Valdese di Torino
per la ristrutturazione e l’amptiamento.
CON II, i»Ämoc»ao deua neaioMS Piemonte
che i nostri ragazzi». Anche!
padre dì lei accolse il generoj
braccia aperte: che fosse m
evangelico non costituiva m
problema per lui che cono- ¿e
sceva bene gli evangelici, cono inte
avendo lavorato in Germania,
Episodi tanto più significativi
per chi, come Silvano Coiai,
nato e cresciuto in una famiglia evangelica, nella vita sii
trovato di fronte anche ad atteggiamenti di segno opposto:
come un pomeriggio a scuola
quando la maestra lo mise
bruzzese ]
glia, la pri
ton, presi'
zione San
queste nt
tanza del
Fcepl, do
gnifico. G
no sottoli
punizione per due ore senza ¿amental
che avesse fatto nulla e lui, autorità
nonostante i suoi sei anni, fu ¿alle asso
costretto a rendersi conto ^¡3(0 nel
dell’intolleranza che si celava sCone del
dietro a quel gesto. ganze pr
Ma certo non era tipo da dandestii
farsi mettere i piedi in testa gjaijg gu¡j,
zio Silvano, come quando de- sottolinei
cise di lasciare la f abbrica pei coglienza
seguire la sua vera passione,! zione puj
commercio: prese la biciclet- dramma
ta, andò a Maniago ad acqui- ghi; si ^ n
stare un po’ di merce da una gn immi;
coltelleria e allestì il suo pii- una rison
mo banchetto in corso Vitto- ma, ma pi
rio; né valsero le offerte di un dispieghi
aumento da parte del suo ex inà deve
datore di lavoro: da quel rao- governate
mento abbracciò la professio- n modell
ne del commercio ambulante essere un
e la esercitò con passione pei vernare il
quarant’anni, coinvolgendo Da pari
anche zia Antonietta, che si della Fedi
sentiva in verità meno porta- to sul fat
ta, vista la sua timidezza. delle asse
Dopo aver viaggiato inie- riato è d
tro nel tempo attraverso i n- parte» dt
cordi di zia Antonietta e fio momentc
Silvano, i loro 75 anni insie- sia lavora
me ci fanno forse ancora pii}
impressione: ma non è 1
per chi questa unione l'h^
costruita giorno per giorn®
su solide basi: «Ci vuole tanta
pazienza!» spiega zia AntO’
nietta, accompagnandoci f
la porta. Ma c’è molto di
e, se ce ne fosse bisogiio, ^
lo ricorda a suo modo zio Silvano, che ci saluta intonando le note di un vecchio inn®
che ricorda a memoria: «So®
straniero in questa terra, sta
la patria mia nel ciel. La iwa
patria è col Signore, sta la P®'
tria mia nel ciel».
7
yfMFRPnO NOVEMBRE 2000
.. ■,—5^ Vita Delle Chiese
L’attività delle chiese evangeliche si collega con le istituzioni pubbliche regionali
L'accoglienza degli stranieri in Puglia
Dal primo giugno, lo sportello di informazione e orientamento per richiedenti asilo e rifugiati
è diventato un progetto finanziato dagli stanziamenti regionali per le politiche nnigratorie
PAG. 7 RIFORMA
MAWIN IBARRA
'■’Í'
DALL’APRILE del 1999 la
Federazione delle chiece evangeliche di Puglia e Lurania (FcepD e l’associazione Saro-Wiva hanno attivato
a Bari, con fondi dell’Unione europea e del Comune di
vrea, uno sportello di informazione e orientamento per
richiedenti asilo e rifugiati, in
uno dei locali sussidiari della
chiesa battista di Bari. Questa
iniziativa è stata seguita, sostenuta e guidata sin dai primi incerti passi, dal Servizio
rifugiati e migranti della Fcei.
Gli operatori sono tutti volontari dell’associazione Saro-Wiva e delle chiese evangeliche federate della zona,
Ordinati dal fratello Tommaso Gelao. Dal primo giugno 2000 lo sportello è un
progetto finanziato nelTambito degli stanziamenti per le
pohtiche migratorie spettanti
alla Regione Puglia (con deliberan. 1834 del 27-12-1999).
11 nuovo progetto è stato
presentato il 20 ottobre nel
salone della chiesa battista.
Sono intervenuti il dott. Abbruzzese per la Regione Puglia, la prof. Monica McBritton, presidente dell’associazione Saro-Wiva e chi scrive
i». Anche!
il generoa
e fosse IH
stituiva m
che conovangelici,
Germania,
iigniflcativi
ano Goral
una fami
queste note, in rappresenicheadat tariza del presidente della
IO opposto: pcepl, dottor Giovanni Maio a scuola gnifico. Gli intervenuti han
10 mise ta jjq sottolineato il ruolo fon
• damentale di sostegno alle
rulla e lui, autorità pubbliche svolto
sei anni, fu ¿alle associazioni di volontaersi conto nell'accoglienza e gele si celava g^gue delle successive emergenze profughi e arrivo di
ra tipo da clandestini in condizioni tradi in testa gjgjjg suUe coste pugliesi; si è
quando de- sottolineata la generosa acìbbrica pei coglienza data dalla popolapasslone,n ^gug pugliese in risposta al
la biciclet- dramma umano dei profu3 ad acqui- gbi; si è insistito sul fatto che
ree da una gn immigrati costituiscono
11 suo pn- una risorsa e non un probleorso Virio- ma, ma perché questa risorsa
fferte di un dispieghi tutte le sue possibidel suo ex Htà deve essere controllata e
a quel mo- governata in maniera giusta;
1 professio- q modello delle quote può
arnbulante essere un modo valido di gorssionepei vernare il processo,
nvolgendo pg parte della Saro-Wava e
;tta, che si della Federazione si è insistieno porta- to sul fatto che lo specifico
lezza. delle associazioni di volonta;iato indie- riato è di collocarsi «dalla
averso ili' parte» degli immigrati. Dal
netta e ao momento che uno straniero,
anni insie- sia lavoratore sia richiedente
ancora piu ^____________________________
non è coà
ninne l’l>s
oer giorno
vuole tanta
zia Antolandoci à
olto di p®’
lisogno, ci
ado zio Siia intonanechio inno
noria: «So®
a terra, sta
iel. La r0
3, sta laP®'
asilo, giunge in Italia deve
iniziare un processo di accoglienza che deve risultare
nell’Integrazione effettiva nel
nostro paese. Questo è il dovere di civiltà che spetta a
noi tutti. L’integrazione creerà una società multiculturale dove ciascuno, senza perdere le proprie radici e iden
tità, darà il proprio contributo per il progresso e la crescita civile dell’intero paese. Ci
sono molti modelli o forme
per attuare l’integrazione. Lo
specifico dello sportello sarà
quello di orientare, informare, seguire tutti gli stranieri,
lavoratori che cercano di regolarizzare la propria situa
zione, richiedenti asilo, profughi o rifugiati, aiutare nel
disbrigo di pratiche amministrative: regolarizzazione, assunzione di immigrati, ricongiungimento familiare, conversione dei permessi di soggiorno, assistenza sanitaria, e
altro ancora.
Lo sportello è aperto al
pubblico per 27 ore settimanali dal lunedì al sabato, e
lavora in rete, per cui i problemi che affronta vengono sempre affidati a volontari di distinte associazioni
che hanno le competenze richieste. Si attiverà a sua volta
per formare o cercare sempre, per i casi più complessi, l’aiuto di mediatori culturali. Alla presentazione erano
presenti una quarantina di
persone rappresentanti di diverse associazioni, enti di accoglienza, volontari della
provincia di Bari e alcuni
membri e pastori delle chiese
federate. Un intervento dell’assessore Occhiofino della
Provincia di Bari ha concluso
Tatto di presentazione.
L'operazione di rilancio del Villaggio evangelico
Continuare la testimonianza a Monteforte
GIOVANNI SARUBBI
A Monteforte ci siamo
venuti subito dopo il
terremoto deU'80 in Irpinia e
vogliamo continuare ad esserci, per continuare a dare
la nostra testimonianza di fede cristiana dalla parte degli
ultimi e dei diseredati». Si
può sintetizzare così il senso
della giornata di discussione
e preghiera che ha visto impegnate il 22 ottobre scorso,
a Monteforte Irpino, un centinaio di persone provenienti
dalle varie chiese evangeliche della Campania. Battisti,
metodisti, valdesi, pentecostali, avventisti, che si sono
confrontati su un documento in 10 punti preparato dal
Comitato del Villaggio e inviato preventivamente a tutte le chiese. Un documento
che parte dalla constattizlone
che è volontà maggioritaria
delle chiese che hanno partecipato al primo incontro
nel giugno scorso di continuare a far vivere a Monteforte sia la sua dimensione
diaconale di servizio agli ulti
mi, sia la sua funzione di
centro di formazione per giovani e adulti.
Premessa per la concretizzazione di questa volontà di
fondo dichiarata dall’assemblea è la creazione di una comunità residente stabile, formata da famiglie provenienti
dal mondo delle chiese evangeliche desiderose di fare
un’esperienza comunitaria
che si può paragonare a quelle di tipo «missionario». Comunità residente, quindi, come «prima dimensione terapeutica del Villaggio offerta a
quei marginali (senzatetto,
rifugiati, tossicodipendenti,
ecc.) che vi chiederanno asilo». Comunità residente che
va costruita sia attraverso il
dibattito nelle singole chiese,
per verificare la presenza di
vocazioni in tal senso, sia attraverso un percorso di confronto con l’esperienza di altre comunità simili da invitare in appositi incontri di studio. Alcuni interventi hanno
sottolineato sia la possibilità
di realizzare alcuni fine settimana di studio con quanti
Per gcxlersi i privilegi della terza età
Vivere bene la vita fa
stare meglio 99
Quando i miei pazienti mi chiedono consigli
vivere la loro terza età in modo indipendente, io
suggerisco sempre una soluzione residenzi^e.
Una villa in una località tranquilla con un ampio
parco dove fare belle passeggiate.
Una residenza dove si mantengono le proprie
simona M. abitudini ma, si può contare su assistenza e servizi;
medico dove ci sono spazi per la vita in comune, dove si
possono ricevere visite, con la massima libertà.
Quando i miei pazienti mi chiedono un indirizzo,
io non ho dubbi: La Residenza di Malnate perchè
so per esperienza che è la scelta giusta.
AGENDA
10 novembre
PALERMO —Alle ore 17,30, nei locali della chiesa valdese
(via Spezio 45), Davide Dalmas e Pawel Gajewski parlano
sul tema: «Storia di una resistenza spirituale: Giuseppe Gangale e il settimanale “Conscientia”».
BERGAMO — Alle 17,30, al Centro culturale protestante (via
T. Tasso 55), il giornalista Giampiero Comolli parla sul tema:
«I nuovi movimenti spirituali: le motivazioni».
ROMA — A partire dalle 9,30, alla Facoltà valdese di teologia,
si tiene il convegno di studi su Giovanni Miegge dal titolo
«Una visione della vita e della teologia». Relazioni di Paolo
Ricca, Giuseppe Ruggeri, Enrico Rambaldi, Sergio Rostagno,
Sara Saccomani, Bmno Corsani, Claudio Tron.
SONDRIO —Alle ore 21, al Centro evangelico di cultura, il
past. Fulvio Ferrarlo parla sul tema «“Dominus Jesus”: il documento cattolico gela l’ecumenismo?».
TORINO — Alle 20,45, nel Salone valdese di corso Vittorio
Emanuele II23, Aldo Bodrato presiede un dibattito sul terna
«Dio esiste?». Partecipano Gianni Vattimo, Claudio Ciancio,
Paolo Flores d’Arcais.
11 novembre
manifestassero la volontà di
aderire all’invito del Villaggio, sia la realizzazione di alcuni dibattiti su grandi temi
di più largo respiro che facciano riprendere a Monteforte a pieno la sua funzione
culturale con particolare riferimento alle problematiche
del sud del mondo.
Significativa anche la richiesta di poter disporre delle strutture del Villaggio per
poter ospitare ex detenuti,
soprattutto extracomunitari,
curati dai pastori evangelici
nella loro attività carceraria,
per periodi brevi, prima di
una loro sistemazione più
stabile. L’assemblea, durante
la quale sono intervenuti 25
persone, ha alla fine condiviso un ordine del giorno che
approva il documento presentato alla discussione, dando mandato al comitato di
proseguire nelle varie fasi di
sviluppo dell’iniziativa proposta. Alcuni interventi hanno anche posto l’accento su
problemi ancora aperti, quali
la mancanza di uno statuto
del Villaggio, o l’elezione del
comitato da parte di un organismo assembleare da definire. Molto sentita anche l’esigenza che le varie chiese evangeliche presenti in Irpinia
riescano a ricucire i loro rapporti, e a far vivere a Monteforte un’esperienza autenticamente cristiana, superando, con il dialogo e il confronto, eventuali incomprensioni o storie passate.
La giornata comuniaria è
cominciata con il pranzo. La
discussione del documento
è iniziata in primo pomeriggio, preceduta dalla predicazione del pastore luterano
Paolo Poggioli e dall’introduzione del pastore battista
Massimo Aprile, membro del
comitato. I lavori sono stati
conclusi con la cena del Signore, presieduta dal pastore Squitieri.
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Fax 0585 50301
MILANO —A partire dalle 10, nella sala della libreria Claudiana (via Sforza 12/a), il past. Fulvio Ferrario tiene il secondo studio della serie «Vorrei imparare a credere: la teologia di
D. Bonhoeffer», parlando su: «Un’etica della responsabilità».
TORINO — A partire dalle ore 9,30, all’Istituto Cabrini (via
Montebello 28 bis), si tiene un convegno sul tema «Islam,
violenza, nonviolenza». Partecipano Enrico Peyxetti, Roberta
Aluffi, Ali F. Schutz, Adel Jabbar, Paolo Branca, Chaiwat
Satha-Anand, Gabriele Mandel.
11-12 novembre
ROVIGO — A partire dalle ore 16 del sabato, nella chiesa
battista (via E. Curiel 6), si tiene il secondo appuntamento
del corso di animazione musicale per la liturgia nelle chiese
barriste in Italia, a cura dell’animatore Carlo Leila.
13 novembre
TRIESTE — Alle ore 18 a Villa Prinz (Salita di Gretta 38), per
il Gruppo ecumenico, il prof. Giuseppe Cuscito parla sul tema «Roma negli anni della Lettera ai Romani».
CATANIA — Alle 16,30, nel Refettorio della Biblioteca del Monastero dei Benedettini (ingresso via Biblioteca), il prof. Antonio Di Grado coordina un dibattito su: «Una resistenza spirituale: “Conscientia” tra calvinismo, antifascismo e letteratura». Intervengono Davide Dalmas e Rosa Maria Monastra.
14 novembre
BOLOGNA —Alle 20,45, nella chiesa metodista (via Venezian 3), il prof. Rinaldo Fabris conduce lo studio della Lettera
di Giacomo (introduzione e cap. 1).
MILANO — Alle ore 18, nella sala della libreria Claudiana (via
Sforza 12/a), per il ciclo di studi su «La debolezza eletta», il
pastore Antonio Adamo conduce uno studio sul tema:«Cristo: la debolezza che salva (Filippesi 2,1-11)».
ROMA —Alle ore 18, nell’Aula magna della Facoltà valdese
di Teologia (v. P. Cossa 40), il prof. Alberto Merola introduce
il tema: «La tolleranza religiosa nell’Europa del 500».
16 novembre
VICENZA — Alle 20,30, nella chiesa metodista (contrà San
Faustino 10) il pastore Arrigo Bonnes parla sul tema: «Bioetica, come è cambiata la nostra vita in questi ultimi anni».
17 novembre
BERGAMO — Alle ore 17,30, al Centro culturale protestante
(via Tasso 55), a conclusione del ciclo di incontri su «La spiritualità del nostro tempo. Interrogativi protestanti», il prof.
Paolo Ricca parla sul tema «La spiritualità del nostro tempo:
quali proposte?».
UDINE — Alle ore 18, nella sala della chiesa metodista (piazzale D’Annunzio 9), il pastore Arrigo Bonnes parla sul tema
«Un problema del nostro tempo, la bioetica: come cambia il
nostro modo di pensare».
18 novembre
BOLOGNA —Alle 17,30, alla Sala «M. E. Bossi» del Conservatorio (p. Rossini 2), si tiene un concerto-conferenza su musiche di J. S. Bach elaborate dagli allievi del Conservatorio stesso, con altre di Schumann, Brahms, Mozart, Martini, Beethoven, con il titolo «DalT“Arte della fuga” al mito di Bach».
19 novembre
VICENZA — Alle ore 16, all’Istituto beata vergine Maria (via
San Marco 49/VI), il locale gruppo Sae organizza un incontro
sul tema «“Dominus Jesus”: la Dichiarazione della Congre
gazione per la dottrina della fede», a cui partecipano Leonardo De Chirico (ist. Ifed, Padova) e Luciano Bordignon, do
cente di teologia al Seminario vescovile.
MILANO — Alle ore 17,30, nella chiesa metodista (via Porro
Lambertenghi 28), si tiene il concerto del gruppo jazz «Camera con vista» con il Milano Brass, il coro metodista di Mi
lano e Elisabetta Paglia (soprano). Paolo Dorio (clarinetto),
Cristopher Howell (pianoforte). 11 programma prevede un
inteivento del pastore Giovanni Anziani.
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica deve
inviare i programmi, per lettera o fax, quindici giorni prima
del venerdì di uscita del settimanale.
CRONACHE DELLE CHIESE
VILLAR PELLICE — Si sono svolti i funerali di Consolata
Bosio Berton, Guido Monnet e Ida Gaydou ved. Rivoira; alle
famiglie nel dolore giunga la simpatia della comunità tutta.
8
RIFORMA
benefici delle nuove conoscenze e delle nuove tecnologie, invece di estendete,¡i «villagi
La missione cristiana nel tesi
In una situazione di crescente disuguaglianza e povertà, come risponde la preéi(^jstiana
Il Comitato permanente deU’Opcemì
(Opera per le chiese evangeliche metodiste
in Italia) nella sua relazione al Sinodo 2000
ha riproposto un documento che aveva offerto alla riflessione della Consultazione
metodista (Ecumene 26-28 maggio 2000) e
una relazione della commissione «valutazione e proposte» nominata all'inizio della
Consultazione stessa perché raccogliesse osservazioni, valutazioni, proposte.
Nel corso del dibattito sinodale sull’operato del Cp Opcemi, è stata manifestata la
richiesta di far conoscere questi documenti
alle chiese come contributo alla loro riflessione. Questo è il senso dell'inserto che vi
proponiamo. Vi si affrontano argomenti
nei quali stiamo muovendo i primi passi,
ma che dobbiamo prendere molto sul serio.
Il fenomeno che viene definito «globalizzazione» non può essere delegato solo agli
economisti, perché si tratta di un processo
che sta ristrutturando il nostro stesso modo
di vivere in maniera molto profonda. La
globalizzazione influenza non solo gli avvenimenti economici e politici internazionali, ma anche la vita quotidiana, e le cui
conseguenze devono essere oggetto di at
tenta informazione, o controinformazione,
e di valutazione critica.
La teoria e la prassi della «globalizzazione», come ha riassunto recentemente il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, si
dovrebbe prefiggere di utilizzare le varie
forme di sviluppo e di progresso a favore
del «villaggio globale», fatte di interscambi
planetari di informazioni, di conoscenze
scientifiche e culturali, onde permettere un
generale miglioramento delle condizioni di
vita e uno sviluppo integralmente umano
delle persone e dei popoli sulla terra a livelli finora non conosciuti è realizzati.
Dobbiamo però denunciare, sulla base
delle informazioni a nostra disposizione,
come in molte parti del mondo si sono verificati e siano attualmente in atto scenari e
situazioni che accentuano le disparità e aggravano ulteriormente le condizioni disagiate e spesso critiche della vita di moltissime popolazioni.
bifronte alle forze che stanno ridisegnando il mondo ci sentiamo come impotenti. Abbiamo l’impressione che siano altri a decidere per noi, il futuro della nostra
vita. Siamo nelle mani di alcuni il cui pro
pon al
getto non sembra in primo luogo ess»
quello di allargare i benefici della tecnok norre
già, della scienza, del mercato, della nu, l’or
va economia a favore dei paesi più
ma l’allargamento del proprio potere <
globalizzazione come nuova forma di
lonialismo. E vale ancora la pena di sogj
lineare che la globalizzazione non sian
fenomeno passeggero, non è un modem,
ma è una nuova visione del mondo ^
quale viviamo noi e in cui vivranno léjj.
ture generazioni.
Il titolo del documento che vi proponif.
mo è «Missione oggi» recuperando un t»
mine molto caro alla tradizione metodisti
L’invito è a fermarci un momento perrifia.
tere sul senso oggi della nostra predicazk
ne, per cercare di riflettere teologicarnem
sulle sfide che pervengono numerose
nostra fede. Che cosa vogliono dire oggi tu,
mini come salvezza, speranza, libertà, g®,
zia, signoria di Cristo? Il documento sì cm
elude, appunto, con una serie di domaié
che, speriamo, possano stimolare umi
flessione ed un dialogo sui temi che vi pit.
poniamo.
Valdo BeneaS
Missione oggi
La relazione alla Consultazione ha generalmente dedicato un capitolo a problematiche che contribuissero ad
avviare una comune riflessione di fede e di testimonianza
che producesse poi un’eco
nelle chiese locali.
Il tema che quest’armo proponiamo non è nuovo, ma
antico. Almeno così dovrebbe
essere per coloro che in qualche modo si sentono radicati
in quel movimento metodista
che fln dalle origini ha avuto
la propria ragion d’essere nella Missione. Missione non come tentativo di imporre in
qualche modo ad altri dei
principi teologici, dogmatici,
etici, culturali in genere ma
come impegno ad annunciare
l’Evangelo che ha la forza di
convertire, di portare nuovi
discepoli a Cristo, di rinnovare nel profondo le singole persone e la società.
Ma queste affermazioni o
rischiano di ridursi a cose
scontate o a semplici elaborazioni teoriche senza conseguenze pratiche, sia pure intelligenti, stimolanti e nuove,
se destinate solo a trovare posto in pur eccellenti e ben calibrati documenti che pubblichiamo su Riforma. Noi non
siamo degli eterni strateghi
che, al massimo, fanno delle
incursioni nella società. Siamo dei missionari, degli inviati dal Signore ad annunciare il suo Evangelo. Qui è la nostra identità.
Come missionari oggi siamo posti dinanzi a sfide nuove che molto spesso ci trovano impreparati e sgomenti. Come essere missionari
nell’attuale clima culturale?
Ma qual è l’attuale clima culturale? La nostra riflessione
comune ci può aiutare a capire una situazione estremamente complessa e difficile di
fronte alla quale rischiamo
come chiese evangeliche o di
arrivare troppo tardi cercando di rincorrere i cambiamenti con una predicazione
rivolta al passato e non al
presente, o di limitarci a difendere il già precario equilibrio della nostra vita interna,
o a resistere alla tentazione di
chiuderci in una piccola e
protetta fortezza finché anche i suoi ultimi bastioni reggono. Tutte cose importanti,
ma che con la missione hanno poco in comune.
«Non era poco che la Parola
continuasse ad essere predicata con fedeltà, in un mondo
avvelenato dall’odio e dalla
menzogna: non era poco che
la cristiana libertà delle assemblee e degli ordinamenti
ecclesiastici non venisse travolta dalla pressione inces
sante di un ambiente totalitario...». Sono parole tratte dalla conferenza / protestanti in
Italia tenuta da Giorgio Spini
in occasione del II Congresso
evangelico italiano nell’ormai
lontano 1965 e si riferiscono
ai tempi di crisi, durante il fascismo. È la stessa conferenza
in cui si afferma con forza come vocazione evangelica in
Italia l’impegno per la trasformazione delle coscienze, premessa per la trasformazione
del paese, in un intreccio indissolubile di spiritualità e
concretezza. Citiamo questi
pensieri per la loro vitalità nel
tempo. Parliamo oggi diffusamente di crisi delle nostre
chiese, in particolare delle
nostre chiese metodiste, sostenuti in questo dai numeri
esigui, dalle tante conflittualità interne, da frequenti ripiegamenti su se stessi dei
singoli e delle comunità, nella tentazione quotidiana di
cercare «altrove» i responsabili delle nostre infedeltà o
del nostro smarrimento.
È certo giusto fare un’analisi dei mali e preoccuparsi per
la nostra pochezza. Eppure
c’è motivo sempre di lode al
Signore. Vale la pena di guardare avanti con la fede che
viene daH’Evangelo; vale la
pena anche di vedere, e sostenere, ciò che è buono e che
cerca attraverso le inevitabili
cadute e contraddizioni, di
essere testimonianza, espressione della missione della
chiesa nel mondo. In questa
linea ci sembra importante
seguire ciò che accade con attenzione e speranza.
Non è poco che sia stato avviato il progetto di un Centro
sociale a Intra, progetto che
ha visto il pieno coinvolgimento delle comunità locali,
in collaborazione con gli enti
pubblici; non è poco che si lavori a Mezzano come a Palermo, a Milano come a Roma e
altrove, per la dignità di vita e
i diritti di cittadinanza degli
uomini e delle donne immigrate. Non è poco che nell’area napoletana ci sia un risveglio di impegno e di attività nell’ospedale, nelle carceri, ma soprattutto a Casa Materna, dove sono state avviate
iniziative di recupero sociale,
di formazione, di educazione
alla cooperazione. Non è poco che, dopo un periodo difficile e vicende non indolori, da
varie comunità si segnalino
disponibilità a collaborare
con il Centro di Ecumene per
favorirne il rilancio e contemporaneamente si stia definendo lo studio di un indispensabile rinnovamento delle strutture e del loro utilizzo. Nessun esito è scontato. C’è mol
to cammino da fare e non si
tratta di un cammino in discesa. Se il Comitato permanente si è speso con caparbietà e passione per risanare
il bilancio dell’Opcemi è solo
per permettere alle chiese di
vivere e di recuperare la spinta missionaria che ne costituisce l’anima più autentica. Di
questa vocazione missionaria
le opere sociali e il Centro di
formazione costituiscono i
punti di forza. Nostra responsabilità è garantire un’amministrazione chiara e ordinata
che possa favorire la progettualità e lo sviluppo.
Ma dobbiamo tornare ora
alle domande che sopra abbiamo sollevato. Come essere
missionari nell’attuale clima
culturale? Ma qual è l’attuale
clima culturale?
Abbiamo detto che oggi siamo posti dinanzi a sfide nuove che ci trovano impreparati
o sgomenti. Queste sfide ci
provengono non solo da singole situazioni, ma dalla stessa concezione del mondo che
sta mutando con una forte accelerazione e che viene definita «globalizzazione».
Questo termine sta a sottolineare che quanto avviene
nella nòstra vita, nei nostri
rapporti, nella società, nel nostro e negli altri paesi, è sempre più determinato da quanto accade lontano da noi. Un
processo che ha un carattere
prevalentemente economico,
legato agli interessi di grandi
agenzie internazionali e che
tende, per interesse di mercato, a omologare i nostri orientamenti (sociali, politici, culturali, religiosi) pilotandoci
verso una sorta di «monocultura». Un processo che sta
man mano soffocando le differenze, le specificità, la libertà di scelta, la nostra intel
ligenza. Nuovi imperi immensi e nascosti dietro marchi e
sigle. Spesso non conosciamo
i volti dei nuovi «signori», ma
solo le ammiccanti immagini
pubblicitarie dei loro prodotti
e i movimenti convulsi dei loro agenti di borsa. «Globalizzazione» non vuol dire che si
stia perseguendo uno sviluppo globale, di cui tutti i paesi
possono beneficiare, ma che
sono i paesi forti, ancora una
volta, a imporre a livello globale i loro modelli, espandendosi, loro sì senza barriere e
confini. Anzi innalzando nuove barriere contro quelle persone e quelle popolazioni che
non sono utili in questo processo e che devono essere respinti sempre più lontano rispetto ai poteri centrali. Si
scavano così dei fossati sempre più profondi e incolmabili
fra paesi ricchi e paesi poveri.
Non dobbiamo certamente
dimenticare che il mondo è
stato ed è immerso in una
realtà di peccato e che ogni
generazione si trova per questo di fronte a gravi problemi.
Siamo altresì consapevoli che
non possiamo demonizzare
né le nuove economie né la ricerca scientifica in quanto
non ci sfuggono i loro aspetti
positivi. Ma occorre procedere senza farcene soffocare impegnandoci a documentare
noi stessi e gli altri sulla situazione reale in cui viviamo.
Non va sottovalutata la capacità che riceviamo dall’
Evangelo e dalla nostra storia
di dare un contributo di critica e di pensiero e una testimonianza di comportamenti
alternativi che traggono ispirazione dalla fede in Gesù Cristo, il Signore.
Come essere missionari in
questo contesto culturale?
Dove andiamo come evange
lici? Come rispondiamo a
queste sfide?
Il «tramonto delle ideologie» sembra avere soffocato
in molti la passione per i sogni di emancipazione di milioni di persone, e ciò ha lasciato il posto allo smarrimento, all’indifferenza. Sembra che abbiamo perso il gusto di lottare per una ragione
più alta di vita.
La diffusa secolarizzazione,
intesa come il fare a meno di
ogni tutela storica o religiosa,
che contiene molti aspetti
positivi, non riesce a farsi carico fino in fondo delle domande poste all’esistenza.
Insomma ci stiamo muovendo in una situazione, che
potremmo definire di vera e
propria crisi, che ci fa sentire
esposti, smarriti, impreparati,
facili e inconsapevoli prede
del nuovo corso culturale che
monta senza trovare molti
ostacoli. Non a caso l’inserto
Affari Finanza del quotidiano
Repubblica del 25 aprile ha
pubblicato un articolo dal titolo «Il trionfo dell’uomo
qualunque». In questo articolo il giornalista, a una settimana dal voto delle regionali,
tentava una riflessione sui
sondaggi svolti fra gli elettori.
Quel titolo era molto significativo. Come lo è dopo l’ultima tornata referendaria.
Noi, oggi come ieri, siamo
impegnati a contribuire alla
ricostruzione di una società
conformemente al disegno di
salvezza e di redenzione di
Dio, nelle sue varie articolazioni e implicazioni nella vita
personale e collettiva.
Le nostre piccole chiese sono essenziali perché dall’Evangelo hanno imparato a
prendere sul serio la salvezza,
la giustizia, l’accoglienza, la
libertà, la verità, il rispetto
della vita e della creazioni
ma anche la consapevoleza
del proprio peccato.
Ecco, dunque, delineati
nel concreto la nostra voca
zione missionaria oggi. Ci
mandoci alla fede, il Signon
ci affida l’importante incan
co: «Mi sarete testimoni».!
siamo chiamati non solai
nutrire il nostro benesseii
spirituale, o confermarei
nostre certezze, ma a portati
senso nel mondo, il sensi
dell’Evangelo.
Questo vale nelTambiti
delle nostre famiglie, deli
nostre chiese, ma vale certa
mente almeno altrettanto nt
confronti di quello cheli
uno scorretto gergo ecclesia
stico chiamiamo «il mondi
esterno» che altro non è eli
il nostro quotidiano ambiei
te di lavoro, di vita, ditesi
monianza.
Ciò fa parte, o dovrebbe!
parte, della nostra esperiena
di chiese evangeliche in Iti
sorte dall’evangelizzazionei
che hanno avuto i loro innii
ri, l’insegnamento ditali
maestri e maestre, TopÈi
sempre pronta al sacrifici
dei colportori, la resistei!
spirituale di sorelle e fratti
spesso circondati dannali
biente ostile, le tante eneiP
profuse nella diffusione*
una vasta letteratura evanjf
listica. Di tutto questo sfoU
missionario rimane peròo^
una piccola diaspora di®
denti evangelici.
Ci siamo proposti aghi»
liani come un’alternativa«
ligiosa. È stato giusto c®
Ma dobbiamo sempre dip
fare i conti da una ?
l’incredulità strisciante
popolo italiano, e dall"'
con la capacità che sei
dubbio il cattolicesimo W'
essere anche oggi una w
di aggregazione religi“^
Pensiamo solo al fascino
le grandi adunate osann
di questi mesi.
Abbiamo cercato di P
. porre agli italiani an'fiv^
tiva culturale teologica^,
fondata. Abbiamo cioè,
suto il «sacerdozio univei'
le» nella vita quotidiana,
lavoro, nell’impegno so
e politico, nel confronto
problemi umani e lo
mo vissuto in modo
me proposta che si conti
on altre proposte. j
Ci siamo associati ao
pel*
forze con le quali condì’
mo molle
sempio nel campo
della scuola ecc. E j
sto così. Eravamo . gji
sapevoli di correre il i'
di confusioni e identifr'
ni. E talvolta ciò è succ®
imrse perché non
avuto molto di origm® i
offrire come contributo
battaglie comuni.
lo. Quel (
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nioltiplic
a fondar
rali, a p
opere (ti
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Santo, 5
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1) Ne
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2) Ad
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3) So
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4) At
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nuovi
9
VENERDÌ 10 NOVEMBRE 2000
«villaggio globale», si concentrano sempre di più nei paesi economicamente avanzati
el lesto della globalizzaiione
' Pi'^di^istiono alle numerose sfide che le pervengono? Quale modello di chiesa propone?
esse. Non abbiamo forse saputo
tecnoj, proporre con la forza neces' m caria l’originalità dell’EvangeP*“ Poveii lo Quel che oggi è certo è che
^ potere. „on possiamo continuare a
orma di¡^ nioltlplicare le nostre attività,
™ disoiij a fondare nuovi centri culturtonsia^ j-all, a potenziare le nostre
rt incider, opere (tutte cose sacrosante)
mondo ^ 3¿nza sentire l’urgenza di una
ranrw lèi seria riflessione teologica. In
fondo missione vuol dire «ri’i proponi] cevere per trasmettere». Gli
mdo un tu. atti potenti di Dio che sono
e metodint testimoniati nella Scrittura,
'to perrik non appartengono al passato.
predicali^ Essi sono avvenuti anche per
logicamo^ noi e per le future generazio■meroseA ni. Li dobbiamo ricevere coiireogàto. me eventi vitali e come tali
libertà, m. dobbiamo trasmetterli. Ciò
"tentosi.COI. vale per gli atti di Dio testidi domani moniati nella Scrittura, ma
lare una ri. anche per gli atti di Dio com•i che vi m P>uti nella storia, compresa la
storia di questo piccolo movilo Beneay mento evangelico.
Oggi il nostro paese ha bi
------— sogno di credenti adulti, con
creazioiif vinti della loro fede, aperti
sapevoleza sempre all’opera dello Spirito
to. Santo, sempre pronti a ren
, delineáis dere ragione a chiunque dellostra VOCI propria spei anza.
I oggi Ci Come viviamo la nostra
e, il Si™ vocazione alla missione nelante incaii l'attuale contesto culturale?
timoni» Nii P^r avviare il dibattito proponen soloi niamo alcune linee di rifles, benessen s'one e alcune domande,
tfermareli Nell’attuale sistema così
na a portan soffocante del nostro paese è
lo il sensi importante essere attenti e
critici nei confronti dell’inforleii’ambiti mazione impegnandoci per
liglie, dell “na libera controinformazioa vale'certa tte collegata con quelle «sole
frettante« di senso» che tuttora esistono
elio cheli nelpaese.
reo ecclesia Accentuare il nostro im
j «il mondi pegno per la costruzione di
0 nonèÉ tina società multirazziale e
ino ambiei multiculturale. Da und parte
ita di test appoggiando il progetto della
Fcei che va sotto il nome di
dovrebbe! «Essere chiesa insieme» e dala esperieiB l’altra appoggiando la sua
icheinlti azione contro la legge di ini‘lizzazionei ziativa popolare contro l’im
1 loro mari migrazione. Un segno preciso
nto di tañí e fermo nel nostro tempo delire l’opei l’amore per il prossimo.
al sacrifici 3) Sostenere con opportune
mia? E quale è oggi il senso
del lavoro?
8) Di fronte alle manipolazioni genetiche, transgeniche,
di fronte allo sviluppo dell’eugenetica che cosa significa
salvaguardia del creato? Che
cosa significa immagine e somiglianza di Dio?
9) Che cosa significa oggi
per noi prendere seriamente
il comandamento di Dio? Come possiamo ascoltare quelle
parole?
Se pensiamo che la nostra
vocazione missionaria sia
quella di testimoniare oggi
l’Evangelo di Gesù Cristo è necessario cercare insieme una
risposta a queste e a molte altre domande che sono ben
presenti nelle nostre chiese e
che talvolta generano crisi e
disorientamento perché non
abbiamo strumenti adeguati
per formulare delle risposte
attendibili e rassicuranti.
a reslsteni
iniziative il «Decennio del
La vocazione della Chiesa metodista
è quella di rispondere al Vangelo dell'amore
di Dio in Cristo e di vivere il discepolato
nella testimonianza e la missione.
1) La Chiesa metodista esiste per diffondere
la consapevolezza della presenza di Dio
e celebrare II suo amore.
2) La Chiesa metodista esiste per aiutare
le persone a crescere e maturare
nella fede cristiana, attraverso
l'aiuto e il sostegno reciproco.
5) La Chiesa metodista esiste per essere
un valido prossimo per le persone
nel bisogno e per sfidare l'ingiustizia.
4) La Chiesa metodista esiste per portare numerosi
discepoli a Cristo.
(sintesi della «Mission Statement»
della Conferenza metodista britannica)
Relazione della Commissione «Valutazioni e proposte» emerse nel dibattito riguardante
le prospettive delle chiese metodiste
elle e fratei Consiglio ecumenico contro la
ti da un ai violenza» intendendo la vioante eneip ^^nza in tutti i sensi.
iffusionel 4) Ampia riflessione sui tetura evan^ dal Documento «Dire
mesto sfoi* salvezza alle donne e agli
ine peròoji nomini del nostro tempo» disnora di ® scusso nelle sedute congiunte
dell'Assemblea generale dell’
losti agli it Ucebi con il Sinodo delle chieIternatìvd» valdesi e metodiste. Questo
giusto coi documento ripropone giusta^mpre di p mente al centro della rfiessiona parte 0 delle nostre chiese le antiiscianteil* parole che hanno connoe daU’iil® ta nostra testimonianza
à che seo* ^^de, grazia, salvezza, spiricesimo hai Ovalità ecc.) e che rimangono
i ynafoi* ^frinunciabili per la nostra
ìe religio®* identità evangelica, ma che
1 fasciiio'^'* rion rispecchiano più
te osannai chiaramente la nostra esperienza di fede in questo moncato di P" r:ofi rapida trasforma
li un’altdii ^ione. È importante che ci
oingicam^ r^irif diamo: come questi teruo cioè,'* ci raggiungono oggi?
zio univet* Quale impatto hanno sulle
tidiana,* riuove generazioni? Lo stesso
legno sod^ delle nostre chiese non
mfronto c“’ ^iu forse invecchiando?
li e lo abt)’’ Quali criteri ci possono
do laico, d orientare per vivere responsaj pQnfre* vilmente, cioè assumendo la
® cìuestione della giustizia in
' : ad alt una società che ha ormai i
*li condivi'® confini del villaggio globale?
. i pet' 3) Come ripensare in questo
déirci*^ contesto culturale il termine
¡Pfc „fato ^ ^dibertà», fondamentale nella
" °^^bia, centrale per il prote
i^eflA«^ '^^^vsimoj ^ ^
id*entific^ è forse vero che sia
la commissione, tenendo
conto anche della discussione
che è avvenuta al suo interno,,
ha redatto la seguente relazione sul tema in programma
all’ultima consultazione metodista e dibattuto il giorno
27 maggio.
Le chiese metodiste devono
riuscire a proporsi come «alternative» nella società. È
possibile raggiungere questo
obiettivo restituendo dignità
a una riflessione teologica
che tenga conto di una nuova
complessità sociale e morale.
È evidente quanto sia difficile
dichiararsi alternativi spinti,
come siamo, a ricercare risposte molteplici e spesso
contraddittorie alla pluralità
delle domande che salgono
dalla società. È difficile dichiararsi alternativi e immaginare di proporre modelli
etici di questo segno quando
si è nel medesimo tempo espressione più o meno consapevole di un mondo e di una
società che d’altra parte il
protestantesimo ha largamente e profondamente contribuito a formare; una cultura, una tradizione, una società, quella occidentale, dove le libertà e i diritti sono
stati lentamente affermati e
acquisiti anche a prezzi altissimi, ma che hanno prodotto
e producono a extra e a intra
modelli violenti e violenze,
che ci sono state ricordate dal
dott. P. Pagliani nel suo intervento su La bioetica nell’epoca della globalizzazione.
In un mondo in rapida e
continua trasformazione (per
ciò che riguarda l’elaborazione e l’utilizzo dei critèri di valutazione dei problemi posti,
ad esempio, dalle biotecnologie e dal loro uso «politico»
da parte della grandi multinazionali, ma pure per quanto attiene al problema di una
interculturalità di fatto esperita e che sta provocando una
diversa caratterizzazione della società occidentale) siamo
chiamati a vivere la tensione
tra il desiderio-necessità di
essere alternativi e la necessità di esserlo in una complessità che sottrae forza a
ogni pretesa di risposta certa
e incondizionata. In questa
tensione siamo posti come
singoli e come chiese, nella
consapevolezza che noi pure
partecipiamo attivamente a
tale complessità.
Quale valore ha dunque la
petizione di principio espressa in apertura? Possiamo ritenerci autori e propositori di modelli alternativi e,
se sì, non dovremmo forse
cercare di rispondere seriamente alla domanda: «Alternativi in che senso e soprattutto alternativi a che cosa?».
Noi riteniamo che un conto sia riconoscere tale difficoltà teorica e pratica e che
altro sia il modo in cui le
chiese vivono l’attuale congiuntura di mondializzazione
culturcde e politica. Non possiamo permetterci di dare risposte certe, ma ciò non vuol
dire che non possiamo fare
nulla per «rassicurare» le
chiese e spingerle a partecipare a una riflessione meno
caotica dell’attuale. Non diamo risposte a nessuno, siamo
pochi e mal coordinati ma
non è questo, riteniamo, il
segno sotto cui leggere il destino del protestantesimo italiano. Non abbiamo ricette
da proporre, eppure la forza
delle nostre chiese non è
espressa tutta in questo attuto carattere recessivo, negativo. Diverse e di grande
valore sono le «carte» che le
chiese protestanti italiane
possono ancora «giocare».
La commissione osserva
che la complessità di cui si è
discusso non nasconde, anzi
esalta e rafforza modelli morali autoritari, anche in Occidente. Ora, il nostro essere
evangelici, impedito nel dare
risposte (la storia ce lo ha insegnato e così abbiamo imparato a leggere l’Evangelo) e
sollecitato, invece, a porre
domande, a «inquietare», in
quale posizione si colloca in
questo quadro e in che modo
può realmente interrogare la
società? Per rispondere esaurientemente a questa domanda bisognerebbe avere
molto più tempo e più spazio. Pertanto ci soffermeremo, brevemente, soltanto su
un termine centrale del dibattito ecumenico e che d’altra parte, a seconda di come
viene vissuto, costituisce il
carattere più profondo dell’identità protestante: i ministeri della chiesa.
La teologia morale cattolica non nega il valore di una
certa libertà di coscienza da
parte del credente, nel valu
tare un problema di ordine
morale e nel ricercarne la soluzione. La stessa teologia
morale però rileva come, statisticamente, il cattolico romano sia sempre in attesa di
una risposta «autoritativa» e
in un certo senso normativa,
da parte del magistero ecclesiale. Noi, naturdmente, non
riconosciamo magisteri se
non quello dell’unico e solo
Signore Gesù Cristo. Dobbiamo però riconoscere che siamo in difficoltà e in ritardo su
questo piano della discussione, soprattutto nel dialogo
ecumenico. Riteniamo sia
corretto affermare che le
chiese si debbono interrogare. Riteniamo però sia altresì
giusto affermare che le visioni tradizionali del protestantesimo in materia di ecclesiologia (visioni svendute sul
mercato di una non corretta
comprensione del sacerdozio
universale, che forse dalla generazione dei nostri «padri» è
stato inteso risolutivamente
nei termini di una esautorazione di ogni figura di autorevolezza) costituiscono un riferimento in grado di restituire «carattere e peso politico» a ogni nostra legittima interrogazione.
Riteniamo che le chiese,
già interrogate e inquietate
dai processi di mondializzazione e vieppiù intimorite da
una certa dogmatica (forte
anche dei linguaggi che hanno trovato utilizzo nelle nostre chiese a partire dagli Anni 70 del Novecento) tesa ad
affermare posizioni ecclesio
logiche «sfumate», dai contorni non più ben definiti,
abbiano bisogno di osservare
con maggiore chiarezza ciò
che potrebbe caratterizzarle
come chiese protestanti riformate e di osservare qual è la
vera posta in gioco nel «dialogo», diciamo così, ecumenico: il significato e la funzione dei ministeri. Per poter osservare questo, però, crediamo che le chiese e le relative
amministrazioni debbano
promuovere un processo di
ripensamento della materia
ecclesiologica, al fine di restituire autorevolezza e dignità
ai ministeri. Con quale coscienza, se no, potremo sinceramente presentarci nel
dialogo ecumenico? Le chiese si devono interrogare . ma
devono altresì riacquisire la
consapevolezza che hanno
serie e coerenti risposte da
proporre al modello di una
«ecclesiologia» monarchica,
il cui autoritarismo viene
esercitato verticalmente in
ogni campo, nella società italiana e non soltanto. Questo
ci sembra uno dei punti del
dibattito, da proporre e riproporre nelle chiese, capace
di collegare insieme diverse
problematiche, pure discusse
durante la consultazione:
dalla «riforma» delle liturgie e
del culto, visto anche sotto
l’aspetto della multiculturalità, alla bioetica e all’ecumenismo.
La Commissione:
Mirella Caglierò, Massimo
Marottoli, Samuele Pigoni,
Fulvio Rocco
' è succ®*^ terribilmente in deficit di
° abbi^ ^^flvssione rispetto a una que'^riginal®^ ^^^vne sempre più intransi°trihuto ** ^vnte e determinante in quel
nuovo contesto cioè l’econo
Bibliografia
1) Jürgen Habermas: La costellazione postnazionale:
mercato globale, nazioni e democrazia. Feltrinelli, 1999.
2) Vandana Shiva: Monocolture della mente: biodiversità,
biotecnologia e agricoltura «scientifica». Edizioni Bollati Boringhieri, 1995.
3) Kevin Bales: / nuovi schiavi: la merce umana nell'economia globale. Feltrinelli, 1999.
4) Antony Giddens: Il mondo che cambia: come la globalizzazione ridisegna la nostra vita. Mulino, 2000.
5) Zygmunt Bauman: La solitudine del cittadino globale.
Feltrinelli 2000.
6) Richard Sennett: L’uomo flessibile: le conseguenze del
nuovo capitalismo nella vita personale. Feltrinelli, 2000.
7) José Bové-Frangois Dufour: Il mondo non è in vendita.
Feltrinelli, 2000.
8) Amartya K. Sen: La ricchezza della ragione: denaro,
valori, identità. Il Mulino, 2000.
9) Ulrich Bech: Che cosa è la globalizzazione: rischi e
prospettive della società planetaria. Carocci, 2000.
10) Joana Breidenbach-lna Zukrugi: Danza delle culture:
l’identità culturale In un mondo globalizzato. Bollati Boringhieri, 2000.
11) Lester R. Kurtz: Le ragioni nell’era della globalizzazione. Il Mulino, 2000.
II.
10
PAC. 10 RIFORMA
Commenti
venerdì ^ ° novembre }(iin venerdì 1C
LA RIFORMA DEI
CICLI SCOLASTICI
MARCO ARMANP-HUCON
È bastato rannuncio del ministro De Mauro di voler dare
attuazione alla riforma dei cicli
scolastici, votata nel febbraio
scorso dal Parlamento, per scatenare una polemica che il voto
parlamentare aveva apparentemente sopito. D’altra parte risulta evidente che in un momento fortemente caratterizzato dal precoce avvio della campagna elettorale qualsiasi proposta sarebbe stata accompagnata dalle forti critiche delle
opposizioni, che non hanno mai
fatto mistero di non avere molto
interesse per la scuola pubblica
e di puntare, invece, sulla scuola
privata. La mobilitazione, poi,
della stampa nazionale finisce
talvolta per aumentare la confusione. Le interviste a uomini politici e di
cultura che affermano, come
fa Massimo Cacciaci su La Repubblica del 31
ottobre scorso:
«Io farei un quinquennio di studi primari e una secondaria per
tutti» finiscono per creare nell’opinione pubblica e fra coloro
che non sono addetti ai lavori il
convincimento che tutto sia ancora da decidere.
La realtà è però diversa. Può
piacere o meno ma il Parlamento ha fatto una le^e che chiaramente dice che il sistema scolastico italiano è costituito da una
scuola dell’infanzia, dai tre ai
sei anni, da un ciclo primario di
sette anni e da un ciclo secondario di cinque anni articolato
nell’area umanistica, scientifica,
tecnica e tecnologica, artistica e
musicale. La legge dice anche
che entro sei mesi dall’entrata
in vigore il ministro presenta al
Parlamento un piano di progressiva attuazione. 11 ministro
lo ha predisposto, avvalendosi
dell’opera di esperti di varie
tendenze, e ha ipotizzato che
l’inizio della riforma si avvii
dall’anno scolastico 2000-2001
dalla prima e dalla seconda classe elementare.
Le forti critiche che vengono
mosse alla riforma da alcuni
media sono prevalentemente dirette al ciclo primario. Attualmente tale ciclo è composto dai
cinque anni della scuola elementare e dai tre della scuola media.
La riforma riduce di un anno tale ciclo, creando così una scuola
settennale che nell’intento del
legislatore è una scuola unica,
non più divisa come adesso fra
Oggi i tempi sono
maturi per creare,
con gradualità,
un'unica scuola di
base di qualità
zata da «un percorso educativo
lineare e unitario». In un articolo suggestivo («Non uccidete le
elementari». Corriere della sera
del 1“ novembre). Angelo Panebianco si lancia in previsioni
apocalittiche e chiama a raccolta
le opposizioni per una campagna a difesa dell’attuale scuola
elementare. Panebianco riprende in gran parte i temi già presenti nel dibattito parlamentare
e cioè: la scuola elementare è risultata, dati alla mano, una
scuola di qualità, e pertanto non
deve essere toccata nella sua
quinquennalità; non è possibile «distribuire» i professori e i
maestri nel settennio unitario; la
scuola elementare
verrebbe «secondarizzata» con la
presenza di troppi docenti sulla
stessa classe.
È curioso notare come le stesse
persone che oggi
si ergono a paladine di questa
scuola elementare negli Anni 70 e
80 hanno gridato all’uccisione
della scuola quando lentamente
e parzialmente si introdusse il
cosiddetto tempo pieno e più recentemente, negli Anni 90, hanno profetizzato la sua sicura
morte quando si introdussero i
cosiddetti moduli (più docenti
su ima stessa classe). Se la scuola elementare è oggi una scuola
di qualità è grazie alle riforme
fatte e sostenute dai docenti. La
scuola media, poi, ha dimostrato di avere una grande vitalità,
malgrado la mancanza di una
qualsiasi riforma dal 1963. Oggi
i tempi sono maturi per creare,
con gradualità, un’unica scuola
di base di qualità unendo le
competenze professionali esistenti dei maestri (molti dei
quali laureati) e dei professori.
Certamente la gestione di questo processo è da demandarsi
autonomamente a ogni scuola.
La vera scommessa riformista
della scuola italiana nel suo
complesso non si gioca comunque sul terreno di dibattiti «dietrologici» o ideologici, ma su alcuni nodi cruciali ai quali il ministro e il governo devono dare,
in attuazione della legge, pronte
e certe risposte: defìnizione degli obiettivi curriculari (quali saperi per la scuola riformata?); riqualificazione del personale docente a fronte di nuovi compiti
per i quali è chiamato; incentivazione economica forte per tutto il personale della scuola nella
consapevolezza che esso è il vero
elementare e media, e caratteriz- motore di qualsiasi riforma.
KllTORMA
\: La) i)hUi:A4Li.i
fax
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La testata Riforma è registrata dal Tribunale di Pinerolo con il numero 176/51.
Riforma-L'Eco delle valli valdesi è il nuovo titolo della testata
L'Eco delle valili valdesi registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 175/51 (modifiche registrate il 6dicembre1999).
Il numero 42 del 3 novembre 2000 è stato spedito dall'Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, martedì 30 ottobre 2000.
1998
Associato alla
Unione stampa
periodica italiana
Riflessioni a partire dalla scorsa «Assennblea degli Amici»
Le diverse fedi ad Agape
Il Centro fondato da Tullio Vinay è un luogo in cui si intrecciano
con grande libertà riflessioni, relazioni, emozioni e vita comunitaria
UVIA GAY
I partecipanti all’incontro
degli «Amici di Agape», che
dura due giorni, vengono per
decisione del tutto autonoma;
sono di solito persone che
hanno organizzato o partecipato per più volte ai campi
del Centro di Agape a Praìi;
sono interessate a un coinvolgimento attivo in Agape, anche solo su un piano di pensiero e riflessione. L’assemblea «Amici di Agape» del settembre scorso mi ha dato la
possibilità di riflettere rileggendo documenti di Agape
del passato; ho cercato un filo
che si collegasse con l’oggi, in
un percorso che cercasse anche differenze e analogie.
Dal fascicolo di documenti
e scritti dal 1947 al 1951 si
legge, da un articolo di Tullio
Vinay; «La crisi del mondo
d’oggi è una crisi sociale, una
crisi fra uomini, fra classe e
classe, una crisi di convivenza, crisi di comunità». Dalle
parole dette all’inaugurazione di Agape da Achille Deodato: «Noi destiniamo questo
villaggio al servizio di Dio,
nella comunione della chiesa
universale, per essere luogo
di incontro degli uomini riconciliati dalla Grazia».
Grazia, testimonianza dell’amore di Dio... oggi sento il
bisogno di capire meglio cosa
volevano dire: leggo ancora e
cito, dallo stesso fascicolo. Da
Leonardo Ricci, sempre nel
periodo dell’inaugurazione di
Agape: «Con te, come con pochissimi altri - dice a Tullio
Vinay - sento oggettivata e
realizzata quella fratellanza
umana che noi tentiamo invano, per nostra debolezza, di
realizzare con tutti gli uomini
che ci circondano, siano essi
magari assassini e prostitute».
Da una citazione di un articolo di Neri Giampiccoli; «Soprattutto Agape deve continuare da essere un centro di
vita comunitaria, il luogo dove uomini diversi per abitudini sociali, cultura e nazionalità, 0 per quante mai altre
differenze possano costituire
barriere tra uomo e uomo, si
ritrovano insieme per un incontro che vuole essere soltanto fraterno». Da Gioventù
evangelica del settembre 1951
leggiamo, da un articolo di
Mario Sbaffi che raccoglie
delle annotazioni di esperienze di persone che sono venute
ad Agape: «Sin dal primo momento avevo sentito Agape,
perché Agape non si conosce
attraverso fattori esteriori, ma
si sente nell’intimo».
Passiamo al 1977, da «Progetto, rinnovo, strutture di
Agape», scritto dagli agapini,
si legge: «Sull’intuizione ori
ginaria della concreta manifestazione della riconciliazione in Cristo essi, e in modo
particolare Giovanni Miegge,
riuscirono a innestare la visione di Agape come struttura
aperta al mondo, non ripiegata su se stessa o sul complesso protestante del proprio essere minoritario in Italia... La
volontà di un confronto approfondito con il mondo operaio, che si è manifestata soprattutto nei campi "politici”,
non è stata, per Agape, una
scelta scontata o facile».
Arriviamo al settembre di
quest’anno: Agape viene vista
come un luogo dove si farebbe meglio a parlare di «fedi»
piuttosto che di «fede», qui i
protagonisti sono gli intrecci,
le storie, i confronti, qui la dimensione della fede si riduce
e si esalta a seconda del campò, delle persone. Qui si dà
priorità alla dimensione dell’ascolto, credendo che nell’
incontro con l’altro e con l’altra si scopre la sua e la tua libertà. Ad Agape è bello parlare di Dio. In questo luogo viene data la possibilità di fermarsi, conoscere e ragionare
su questi argomenti ma non
è facile trovare il modo giusto
per parlare di fede; qui viene
dato spazio al legame tra il
proprio credere e il proprio
agire. Si dà importanza alla
chiarezza affinché le parole
non siano d’ostacolo alla comunicazione; la parola «culto», per esem’pio, cosa suggerisce alle persone dell’ambiente valdese, e cosa a chi
non proviene da un ambiente protestante? È finita la teologia del Dio forte: ne può
iniziare un’altra in cui si rifiuti l’arroganza di chi si autoproclama portatore di
un’unica verità.
Agape è concretezza, è relazione, dà il coraggio di dirsi, di tirare fuori la gioia: senza gioia non si può condividere un sogno. Qui ci si appassiona per la giustizia, si
parla di ridare spiritualità alla politica. Parlare di un eccesso di secolarizzazione
nella politica suscita interro
gativi e nuovi stimoli. Nell’agire politico c’è ancora la
possibilità di sognare?
Ho visto i partecipanti all’incontro «Amici di Agape»
come persone soprattutto
giovani, che vogliono con me
trovare un contesto in cui
sentirsi accolti nel profondo
della propria soggettività: come uomini e donne di fede,
come sognatori, come persone con desideri e sofferenze:
nell’intreccio della vita sociale, politica, nell’esperienza
della differenza di genere e
nella ricerca di senso. Riflettendo sulle analogie e sulle
differenze tra il passato e
l’oggi, mi viene da mettere
l’accento sul cambiamento
del contesto sociale; se ieri la
chiesa illuminava con il bisogno di comunità, oggi forse
illumina cercando basi credibili per una trascendenza,
una spiritualità. Le parole come amore, grazia, ravvedimento sembrano oggi consunte, corrose: hanno perso
un po’ i loro confini. Sappiamo oggi che cosa diciamo
quando le usiamo?
La lezione di vita comunitaria ha dato come frutto anche
l’apertura, la rottura dell’isolamento tra chiesa e comunità umana. Oggi «l’intimo»
della citazione del 1951 può
forse essere tradotto con «lo
spazio dell’interiorità», che
adesso ha più bisogno di allora di protezione, di rispetto, di
ascolto; «l’intimità» è lì dove
nasce il sogno, dove vivono la
fede e la spiritualità. Dove la
povertà è tanta da far mancare il cibo, dove il lavoro è
massacrante, dove il proprio
spazio è invaso da sogni aìtrui
e dalla pubblicità, dove c’è
violenza, dove c’è troppo silenzio, qui non c’è possibilità
di ascolto di sé, dunque non
c’è possibilità di incontro (parola oggi molto usata ad Agape). Le pietre da portare sulle
spalle, per rifondare oggi Agape, sono diverse da quelle di
ieri? Di quale predicazione
abbiamo bisogno oggi, in
questa società? Noi, di quale
cibo abbiamo bisogno?
E in vendita nelle farmacie
italiane da lunedì 30 ottobre il Nerlevo, comunemente detto «la pillola del
giorno dopo». È un farmaco
in uso da una decina d’anni
in quasi tutti gli stati europei,
inclusa la Francia, nazione di
maggioranza cattolica. Secondo studiosi e scienziati di
tutto il mondo la pillola, che
va assunta entro 72 ore da un
rapporto, non provoca un
aborto ma impedisce l’inizio
di un’eventuale gravidanza.
Non è di questo parere l’Accademia pontificia della vita
(creata da papa Wojtyla) la
quale sostiene che la gravidanza ha inizio con la fecondazione e quindi la pillola
procurerebbe un mini-aborto.
Fin qui siamo nel campo
delle opinioni tutte rispettabili e più volte da questo microfono ho sostenuto il diritto della Chiesa cattolica, così
PIERO bensì
come delle altre chiese e organismi religiosi e non, di
esprimere liberamente il proprio giudizio sulle varie scoperte che stanno trasformando la nostra vita. La commissione pontificia, però, non si
è limitata a questo, ma ha
suggerito a medici e farmacisti di non prescrivere o vendere la pillola, appellandosi
all’obiezione di coscienza. E
questo è inaccettabile. Dice il
ministro Livia Turco, una
buona cattolica; «Di fronte a
SUI GIORNAÙ^I
IL MATTINO,
Religioni e società
Sul problema del diaW
tra culture in una socie|
alimentata dall’immigrazio
ne, un commento del
dievalista Franco Cardia
(26 ottobre) dice: «L’Islam |
fa naturalmente da padra
ne, cresce anche in Italù
(...), in un’Italia che è foji
malmente ancora cattolici
nella stragrande maggioraa
za dei suoi cittadini, c’è circa mezzo milione di prote.
stanti (...), mentre gli ebrei
non dovrebbero andar tron.
po oltre i 30-50.000 al mas.
simo. Persino per loro, h
comunità più unita, proba,
burnente la più colta e la piè
cosciente fra i gruppi reli.
giosi, è difficile arrivare a i®
censimento preciso», j
quanto alle richieste che
vengono avanzate dalle comunità islamiche allo stato
«...è mai possibile che,a
proposito dei musulmani,
ci si preoccupi di concedere forme di libertà che tutte
le altre confessioni religiose
già da tempo detengono?».
Infine, a proposito di pratiche indifendibili come l’infibulazione, ascritte alla
sfera religiosa: «Se ne parla
come se essa fosse seguita
dalla maggioranza dei musulmani, mentre soltanto
quelli residenti in una porzione del continente africano seguono taie barbaro rito, condiviso anche da cristiani, ebrei e animisti che
vivono nella stessa area».
HjGìc^imo
Religioni e società - Il
Dal canto suo Massimo
Fini (28 ottobre), di fronte
alla prospettiva di comunità
etniche che vivano isolate le
une dalle altre su base religiosa, si chiede: «Siamo proprio sicuri che sia un male?». Per Fini la strategia
dell’integrazione di altre
culture nella nostra avrebbe
come risultato «non più
quella società multiculturale, multietnica e multirazziale di cui tanto si vagheggia e si vaneggia, ma al contrario una società con un’
unica cultura e un’unica etnia che sarà il prodotto
dell’incrociarsi di tutte le altre, il cosiddetto melting
pot». E precisa: «È estremamente creativo e utile che
esperienze, culture e etnie
diverse si confrontino est
interfecondino (...), ttiase
questa interfecondazione
diventa sistematica allora le
varie esperienze e culture si
riducono a una sola e non
c’è più diversità né plurali"
tà né polarità». Il rischio e
quello di avere un uomo
«omologato, pacificato, pO"
co differenziato anche dal
punto di vista religioso (e hj
questo senso va anche n
sincretismo di Wojtyla)»
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tenuti per legge a esaudire'« possibil
sua richiesta (tranne impe<" menti co
menti di natura fisica). SiaW
di fronte a una ennesimi'“ punto d:
terferenza vaticana negl' ® 1 estero,
fari interni dello stato ital' starsi fi;
no. Detto il suo pntnt®’ Italia all
chiesa non può e non de si desidi
una legge dello stato, la Chiesa non può invitare medici e
farmacisti a disattenderla, a
violare una norma che è anche europea: in questo caso è
un attacco alla laicità dello
stato». E mi permetto di aggiungere: è anche un attentato alla piena libertà di coscienza dell’individuo.
Se una cittadina italiana,
per motivi suoi che non è tenuta a rivelare, chiede al medico e al farmacista la pillola
del giorno dopo, questi sono
L.iiicaci iiuii i-juu t j.
fare altro. Le cittadine catto bambine
che praticanti, se credon< mente si
accetteranno i suggerimeo“ mretti et
vaticani; ma le altre ^ gli
milioni) devono essere ho na volt
di seguire la propria coscio n Italia,
za, senza condizionaino a «adot
«Perché la mia libertà - st: ro stat
l’apostolo Paolo - dev’ess nt
giudicata dalla coscienza ndizi
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la tutela vaticana. ® ,
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area».
Mà La viabilità nella vai Germanasca
Ritorna, lenta, la normalità |
Sta tornando lentamente alla normalità la viabilità in alta vai
Germanasca dopo che per molti giorni, a seguito del recente
alluvione, la provinciale per Frali è rimasta bloccata. Numerosi
i tratti di strada che sono stati interessati da frane verificatesi
anche dopo che l’emergenza pioggia era ormai rientrata, alcune anche di notevoli dimensioni come quella nel tratto di provinciale sopra il piazzale della miniera Gianna. Fin dalla scorsa
settimana però è stato attivato il ponte bailey prima dell’abitato di Villa di Frali e la strada è stata riaperta consentendo, anche se in alcuni tratti ancora a traffico alternato, di percorrere
nella sua interezza la provinciale e da domenica scorsa sono
ricominciate anche le visite guidate allo Scopriminiera.
___Domenica si chiude la fiera di Cavour
Tuttomele alla 2V edizione
Resterà aperta fino a domenica prossima la 21» edizione di
«Tuttomele» a Cavour, grande kermesse della mela ma anche
della frutticoltura in genere capace di coinvolgere espositori e
agricoltori da molte regioni italiane e da paesi stranieri. E una
frutticoltura che, come una parte del mondo agricolo sottolinea sempre di più, vuole rapportarsi direttamente con i cittadini consumatori, offrendo garanzia sulla qualità dei prodotti.
In questo senso si parla ormai di un vero e proprio patto fra
consumatori e contadini, con la tutela del territorio. Non è
stata una annata facile. Quattro grandinate hanno colpito la
zona nel 2000, oltre alla recente l’alluvione che per alcune
aziende è stata causa di danni ingentissimi.
RlPOMMA
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Fondato nel 1848
f- Le modalità di una scelta di solidarietà e coraggio sempre più frequente anche alle Valli
Adozione oltre le frontiere
Ormai solo più le associazioni abilitate ufficialmente possono fare da tramite con i paesi d'origine
Lo trasparenza, così come te procedure per l'idoneità, è nell'interesse del minore e delle famiglie
DANIELA GSIU
Adottare un bambino è sicuramente
un atto di coraggio, e forse lo è ancora di più se il
bambino adottato proviene da una terra straniera, con abitudini lontane dalle nostre e modo
di vivere che ci sono sovente del tutto sconosciuti. Ma cosa spinge
una famiglia ad andare a
cercare un figlio adottivo
all’estero? Per alcuni il
desiderio di dare la possibilità a un bambino,
che se restasse itel suo
paese di origine avrebbe
davanti agli occhi esempi
di povertà e disagi, di
avere una vita più agiata,
più comoda, di permettergli di condurre un’esistenza «normale».
Per altri il caso fortuito: alcune coppie si ritrovano a vivere per alcuni
anni all’estero ed è in
questo modo che pensano all’adozione internazionale piuttosto che a
quella nazionale; per altri ancora per la speranza, purtroppo non sempre confermata, che i
tempi per le varie pratiche siano minori rispetto
a quelli del nostro paese:
® alcuni casi si ritiene
più veloce l’adozione
^l’estero che in Italia e
in passato alcune famiglie, se non desideravano
passare attraverso le associazioni che si occupano nello specifico del tema adozione, potevano
attuare il metodo del «fai
^gg le»: tramite conoscenae personali, amici, o con
,. |. Parsone che avevano la
esaudì possibilità di collega'P® i paesi lontani.
in. ottenuto un
mesinia punto di riferimento alla estero, bisognava spo
stato ital' starsi fisicamente dall’
nazione in cui
3 non d^ SI desiderava adottare il
line catt oambino, e avere direttae credonj mente sul posto i contatti
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tyla)».
alcune coppie delle nostre valli, coinvolte in
questo problema -. Bisogna preparare una quantità enorme di fogli tra
autorizzazioni e certificati da inviare al consolato in Italia del paese
straniero: ovviamente
tutto il materiale deve essere autentificato e tradotto. Una volta presentata la documentazione
si viene inseriti in una lista d’attesa e a quel punto si può essere più o
meno fortunati: alcuni
aspettano per mesi, altri
anche per anni». '
Ultimamente le leggi
sono cambiate. «Bisogna
fare due discorsi separati
- spiega Fiammetta Güilo, dei servizi sociali della
Comunità montana vai
Fenice -. Fer quanto riguarda le adozioni internazionali il grosso cambiamento è che non è più
possibile passare attraverso canali privati, ma è
obbligatorio rivolgersi a
una delle associazioni
abilitate e riconosciute
dallo stato italiano, che si
occupano di adozioni e
dei vari contatti con i
paesi stranieri». Qual è
dunque l’iter che una famiglia deve seguire per
poter adottare un bambino estero? «La coppia deve presentare domanda
al tribunale dei minori e
rivolgersi ai servizi sociali, con cui farà un primo
colloquio - spiegano gli
operatori dei servizi so
ciali di Finerolo se il tribunale dei minori ritiene
che la coppia abbia i requisiti adatti e rientri nei
parametri fissati, concede l’idoneità e si possono
iniziare le pratiche con
l’associazione scelta; la
domanda per l’idoneità è
comunque rinnovabile e
se una coppia non ottiene subito il permesso
all’adozione, può ripresentare la richiesta in futuro. Un cambiamento
importante rispetto al
passato riguarda i tempi:
se prima i servizi sociali
potevano redigere la relazione sulla coppia in sei
mesi, adesso dovranno
realizzarla in quattro:
questo permetterà una
maggiore velocità».
«La nuova legge vuol
essere anche un dare ordine giuridico a livello
europeo nel tema delle
adozioni: se prima ogni
stato aveva le sue procedure, adesso si è cercato
di uniformarle creando
una linea generale che le
comprendesse - continua la Gullo inoltre,
con più controlli e una
maggiore uniformità, si
spera di attenuare la tratta illegale di minori che
viene portata avanti senza scmpoli. Le due cose a
cui si è puntato sono
dunque una maggiore
garanzia per il bambino,
e di conseguenza per la
sua famiglia adottiva, e
una trasparenza nelle
procedure».
Dalla Regione Piemonte
Contributi per
unire i Comuni
La Regione Fiemonte
ha promesso adeguati
contributi per l’attivazione di unioni di Comuni,
consorzi e convenzioni
per l’esercizio associato
di funzioni e servizi ai cittadini (dalla polizia municipale ai servizi tecnici
o scolastici). Fochi giorni
fa le modalità di erogazione dei fondi sono state
illustrate ai sindaci della
provincia di Torino.
«La Frovincia di Torino
- ha chiarito l’assessore
Rivalla - è impegnata a
fornire un importante
supporto tecnico; noi crediamo nella dimensione
comunale, che non deve
essere cancellata perché
fa parte della storia del
nostro paese». Froprio
per questo si parla assai
poco di fusione o accorpamento di Comuni e invece molto di consorzi e
unioni di Comuni per gestire servizi che su scala
comunale sono diventati
non più gestibili.
La frammentazione comunale è ovviamente un
ostacolo a una gestione
razionale dei servizi offerti ai cittadini. Ecco gli in
ICONTRAPPUNTOI
SE IL PRODOTTO TIPICO
CREA OCCUPAZIONE
PIERVALDO ROSTAN
Dopo gli anni
dei conservanti
e della chimica
torna la voglia
di cibo genuino
terventi della Regione a
sostegno della gestione
associata: per le Comu
nità montane sono previ
sti contributi non superiori al 90% delle spese di
attivazione, con un limite
massimo di 120 milioni.
Fer i consorzi la percentuale di finanziamento
scende all’80% e per le
convenzioni si può arri
vare al massimo al 60%.
Si tratta dunque di una
buona occasione di razionalizzare alcuni servi
zi che i Comuni, presi
singolarmente, ben diffi
cilmente riuscivano a
mantenere o addirittura
ad attivare. Va per altro
aggiunto che esperienze
positive di gestione associata dei servizi sono da
tempo attive, dalla ge
stione rifiuti affidata a
un consorzio pubblico
come l’Acea, ai servizi
socio-assistenziali. Stori
camente poi i Comuni
medio-piccoli sono as
sociali per la funzione
del segretario comunale
e più di recente si sono
attivate collaborazioni
nei servizi di polizia municipale e tributi.
Il Salone del gusto del
Lingotto è stato un indubbio successo; se non altro
perché oltre 100.000 persone in cinque giorni hanno
sborsato la bellezza di
30.000 lire per entrare e altre somme per assaggiare e
per acquistare qualcuno
dei tantissimi prodotti
esposti. Ma non è soltanto
qui la novità: i
fiottoni sono
sempre esistiti
e se a^iungiamo che fra i
polli alla diossina, le mucche pazze e la
soia transgenica c’è di che
preoccuparsi è
quasi scontato
che siano ormai in tanti a cercare prodotti di qualità, garantiti,
di sapori gradevoli e, inevitabilmente, antichi.
Quello che il Salone ha
sancito, e che riguarda da
vicino anche il nostro territorio montano, è quel valore in più, anche sul piano
economico, che l’agricoltura alpina riesce a portare, e
di conseguenza, a ricevere.
Che il «sarass del fen» sia
andato esaurito l’hanno
detto anche i telegiornali;
ciò che non hanno raccontato è che il prezzo spuntato è stato quasi il doppio di
quello normalmente ottenuto dalla vendita diretta e
che, durante le lunghe serate del Salone, molti alpigiani abbiano potuto constatare, de visu, come il loro
prodotto sia stato apprezzato e cercato, fra migliaia
di altre prelibatezze, spesso
anche più rinomate. E allora si aprono nuovi scenari
possibili, per i produttori
di formaggio d’alpe come
per chi fa frutticoltura alpina, magari rincorrendo
vecchie varietà di mele o di
castagne, oppure allevando
agnelli e capretti, secondo
le normative biologiche in
grado di far spuntare al
prodotto prezzi davvero interessanti.
Se negli Anni 60 l’agricoltura montana pareva destinata al totale abbandono e
di conseguenza in disarmo
(come entrare in un mercato con dei prodotti, sicuramente più validi ma anche
più cari e dunque non in
grado di reggere un confronto fatto sulla base
esclusiva del prezzo e della
dimensione di un frutto?)
oggi, dopo che ci siamo
messi per anni la nostra
modica ma sistematica
quantità di veleno nel piatto grazie a conservanti, pe
sticidi, concimi chimici, riscopriamo la voglia di mangiare prodotti di qualità.
E infatti c’è chi nel mondo agricolo da un po’ di
tempo in qua parla di «patto» fra agricoltori e consumatori. Ma, a questo punto, si aprono nuovi scenari
possibili per l’agricoltura
montana, solo che lo si voglia e che si
perseguano
degli obiettivi chiari. Se
il sarass è andato esaurito
(e si sa che il
Salone non è
solo un mercato ma è soprattutto una
grande vetrina, da cui derivano ordinativi di negozi
e ditte del settore gastronomico) vuol dire che occorre
produrne di più. E, aggiungiamo, una maggior produzione si raggiunge in due
modi: o aumentando ancora la mole di lavoro degli
attuali operatori, di solito
già su livelli assai alti, oppure aumentando il numero degli addetti. Quindi,
scusate se è poco, si raggiungono maggiori livelli
di occupazione.
Certo alla base di queste
produzioni ci deve essere
una elevata qualità; le ricerche da tempo in atto col
contributo dell’Università
hanno proprio questo obiettivo: non perdere le peculiarità dei prodotti tipici
e non rinunciare al massimo livello possibile di igiene dell’alimentazione. Ma il
dato di un progressivo ritorno dei giovani alla produzione agricola è o^i una
realtà: poche settimane fa,
in una riuscita fiera agricola a Villar Pellice, le teste
con i capelli neri sopravanzavano di molto quelle imbiancate. Ecco un’immagine, una fotografìa reale della situazione; e anche un
segno che si vuole investire. Chi semina sa che prima
del raccolto deve passare
attraverso puntuali pratiche colturali, col rischio di
grandinate o gelate precoci. Chi investe di suo lo fa
con una previsione di lavoro negli anni. Anche questo
è il segno di un’agricoltura
che cambia, che è lontana
da quel «mondo dei vinti»
su cui abbiamo pianto fino
a dieci anni partendo dall’immediato dopoguerra. 11
censimento dell’agricoltura in atto in questi giorni fotograferà una situazione nuova, più vitale e con
maggiori prospettive.
12
PAG. 12 RIFORMA
s t Eco Delle ^lli "\àldesi
VENERDÌ 10 NOVEMBRu
------------^venerdì io
CRONACHE
LUSERNA: LA FIERA RADDOPPIA? — Gran succes
so, almeno come partecipazione di espositori e
pubblico, della Fiera dei Santi a Luserna San
Giovanni: come al solito è stato difficile trovare
un parcheggio, e la stessa circolazione ne ha ri
sentito. Anche per ovviare a questi problemi il
prossimo anno la fiera potrebbe spostarsi intera
mente nelle adiacenze del Pellice; altra proposta
dell’amministrazione di estenderne la durata
comprendendo anche il 1° novembre
PINEROLO: UN CONVEGNO SUL TURISMO —
L’Atl 2 promuove per lunedì 13 novembre un
convegno internazionale sul turismo rivolto a
tutti gli addetti; dalle 9,30, a Palazzo Vittone di
Pinerolo si confronteranno operatori ed esperti
del settore fra cui responsabili del turismo in Sa
voia. Il convegno durerà l’intera giornata e sarà
inframmezzato da un buffet proposto dal Consorzio sapori delle montagne olimpiche.
ARRESTATO IL RAPINATORE DEI COMMERCIAN
TI — Aveva messo a segno diversi «colpi» nei
confronti di commercianti che venivano derubati dopo averli aggrediti al momento della chiusu
ra del negozio; secondo i carabinieri di Pinerolo
il ladro è Roberto Cinà, 31 anni, abitante a Bri
cherasio che ora è stato portato in carcere; a tra
dirlo sarebbero stati alcuni telefonini rubati ai
commercianti e ritrovati in casa di parenti.
INCIDENTE A TORRE PELLICE — Giovedì 2 novembre, a Torre Pellice, Pier Giovanni Pissancbi,
a bordo di una Fiat Uno, ha accidentalmente in
vestito un uomo che si apprestava ad attraversare la strada in corso Matteotti, Chiaffredo Boa
glio, che è stato ricoverato all’ospedale Giovanni
Agnelli di Pinerolo in prognosi riservata. Sono
ancora in corso gli accertamenti per verificare
come si è verificato l’accaduto.
TRUFFA A DANNI DI ANZIANO — Venerdì 3 novembre, verso le 11,30, a Luserna San Giovanni,
una persona si presentava alla porta di un anziano in via de Amicis; qualificandosi come persona addetta ai controlli sul denaro; è entrato in
casa e, distraendo l’anziano, è riuscito a derubarlo di circa 500.000 lire. L’uomo è poi scappato facendo perdere le tracce.
SCIPPO A BIBIANA — Un’anziana signora di Bibiana è stata derubata della sua borsetta davanti a
casa sua, in via Ruata, sabato 4 novembre verso
le ore 10,30. Il borseggiatore, di cui non si conoscono le generalità, ha urtato e spintonato l’anziana, facendola rovinare a terra, ha rubato la
borsa ed è scappato a bordo di un’auto.
PREVENIRE I DISASTRI «NATURALI» ^ La Comunità montana Pinerolese pedemontano organizza una serie di incontri su «Rischi naturali e territorio», per conoscere, educare e prevenire. Il
primo appuntamento è per il 10 novembre, ore
16, al circondario della Provincia in via dei Rochis. Tema: Concetto di rischio e calamità.
UN SITO INTERNET ASTRONOMICO — È dedicato
a tutti gli amanti delle scienze astronomiche il
nuovo sito Web «Nemesis e dintorni» realizzato
dalla lusemese Marinella Roman. Il sito, visitabile all’indirizzo http://digilander.iol.it/nemesistar, si occupa di un argomento complesso ma
affascinante: l’impatto di comete sulla Terra e le
grandi estinzioni delle specie viventi, in particolare i dinosauri, registrate dai paleontologi nel
corso di milioni di anni.
SAPPÉ AI PICCOLI COMUNI: NO AL TERZO MANDATO PER IL SINDACO — Il sindaco di Angrogna, Jean-Louis Sappe, in vista dell’assemblea
dell’Associazione dei piccoli Comuni ha scritto
alla presidente. Franca Biglio, una nota in cui
solleva due problemi. «Non condivido la richiesta di abolire il divieto della immediata rieleggibilià di sindaci e presidenti di Provincie dopo
due legislature consecutive; semmai sarebbe
stata più opportuna una richiesta di estensione
del divieto anche ai consiglieri regionali e ai parlamentari». Sappé è poi molto critico circa l’annunciata udienza a San Pietro: «Se anche un’associazione laica come quella dei piccoli Comuni
si mette a rendere omaggio al pontefice - scrive
Sappé - ciò testimonia quanto sia ancora lontano nel nostro paese l’avvento di una cultura laica e rispettosa delle minoranze».
MARIN NELL’AGENZIA PER LE OLIMPIADI — I
rappresentanti delle località olimpiche valligiane hanno indicato i nomi dei loro due rappresentanti all’interno dell’agenzia che avrà in carico l’organizzazione dei giochi olimpici del 2006;
per il Pinerolese è stato scelto il sindaco di Pragelato, Valter Marin, e per la vai di Susa il consigliere di Chiomonte Diego Joannes.
UN «COMITATO RUTELLI» IN VAL PELUCE? — Sabato 11 novembre, alle 17 al salone della Società
operaia in via Roma 7 a Torre Pellice è stata convocata una riunione in vista della possibile formazione di un «Comitato Rutelli 2001».
Un problema annoso per le nostre chiese
Il pianeta giovani
Il tempo libero è oggi conteso da offerte concorrenziali
Sono necessari più creatività e maggior coinvolgimento
MASSIMO GNONE
UN capitolo a parte,
una realtà isolata.
Da coinvolgere, o peggio
«beccare», prima che sia
«troppo tardi», prima che
possano scappare altrove, nello spazio parallelo
del mondo esterno, così
ricco di lustrini e superficialità. Nelle chiese tutt’al
più i giovani sono un problema, oppure «non ci
sono mai»; dovrebbero
partecipare al culto, insomma. I pochi, gli eletti,
i superstiti, sono i predestinati, le vittime sacrificali da ringraziare, con le
quali complimentarsi, alle quali affidare incarichi
e responsabilità. Poiché è
così che la chiesa si vive e
si fa vivere: d’altra parte
«i numeri sono quelli che
sono» e le persone su cui
contare anche.
Sospiro di sollievo. Non
sembrano andare in questa direzione il lavoro e la
passione degli animatori
giovanili di circuito, che
abbiamo incontrato all’
inizio di quest’anno di attività. «Bisogna creare la
sintonia - dice Umberto
Poét, neoanimatore in vai
Germanasca - e soprattutto divertirsi insieme
percorrendo strade diverse: così il cosiddetto problema giovanile non esiste. Se quanto viene organizzato fuori è migliore,
forse anche più divertente, dobbiamo immaginare iniziative nuove, più
interessanti: questa è la
sfida». Cambiano le forme di aggregazione, in
particolare sembrano essere in crisi le storiche
Unioni giovanili: «Non ci
sono più gli stessi interessi - conferma Anne Pilloud, che da un anno s
occupa del 2“ circuito giovani sono impegnai
in diverse attività, hanno
altri svaghi, fanno sport
Gli scout «gruppo grandi» in
ed escono con gli amici».
Nell’organizzazione
delle attività giovanili la
priorità sembra essere la
collaborazione, a tutti i
livelli. Concistori compresi. «Vogliamo pensare
un vero e proprio percorso comune - continua
Umberto Poet - anche
con la giunta locale della
Fgei, che continuerà a
organizzare i suoi incontri». In grande crescita rimane il progetto del Casd, sigla che riunisce le
attività scoutistiche del
distretto. «Gli incontri si
tengono una volta al mese - spiega Anne Pilloud
- alternando i week-end
ai sabati pomeriggio.
Quest’anno ci sono 2
gruppi destinati ai più
piccoli: uno a Pomaretto
e l’altro a Torre Pellice.
C’è poi un gruppo per i
ragazzi delle scuole medie che si ritrova a Pinerolo». Per tutti il tema è II
libro della giungla, tratto
dal romanzo di Rudyard
Kipijng e che sarà affrontato con giochi e attività.
Particolarmente affascinanti sono stati il trekking da Nizza a Vallecrosia, che ha coinvolto il
gruppo dei grandi all’inizio di settembre, e il
campeggio all’isola d’Elba con una cinquantina
di ragazzi.
Sono già pronte le idee
per quest’anno. Nel 2°
gita da Nizza a Vallecrosia
circuito sono previsti 3
incontri settimanali, cercando di coinvolgere i
ragazzi dai 15 anni in su.
«Ci sarà un solo gruppo
giovanile per tutto il circuito - dice ancora Anne
Pilloud - che si troverà a
San Secondo; a San Germano sarà invece organizzato un gruppo teatrale, mentre a Pinerolo
continuerà l’attività del
coretto». Per la vai Germanasca l’appuntamento è a Pomaretto, con
l’eccezione di Prali dove
«si cercherà di lavorare
all’interno della comunità». A Pomaretto saranno proiettati dei film e si
pensa di iniziare un’attività teatrale e collaborare
con il coretto di Pinerolo.
Intanto domenica 12 novembre a San Secondo ci
sarà un incontro per tutto il distretto destinato ai
catecumeni del 1° e del
secondo anno sul tema:
«Il gruppo». Questo per
anticipare i consueti week-end a Agape.
Dopo il lavoro svolto
l’anno scorso da Cristina
Pretto, in vai Pellice manca la presenza di un animatore giovanile. «Cercheremo di organizzare
delle attività a livello distrettuale - dicono gli animatori - c’è anche il
progetto di una festa di
canto per le scuole domenicali di tutto il distretto».
In vista dei Giochi del 2006
Le olimpiadi
e le risorse idriche
DAVIDE ROSSO
, CCORRE mettere
_ sul tappeto fin da
subito la questione delle
infrastrutture idriche necessarie per i giochi olimpici invernali di Torino
2006». Parte da questa
considerazione il Coordinamento dei Comuni sede dei giochi olimpici del
2006 che riunitosi a fine
ottobre, sotto la spinta
della Provincia di Torino,
ha individuato una serie
di interventi di potenziamento e di migliorie ai
servizi idrici delle valli
Chisone e alta vai Susa.
«Nel periodo olimpico
ma anche nei periodi di
alta frequenza turistica,
le infrastrutture idriche
- dice l’assessore alle Risorse idriche della Provincia, Elena Ferro - riceveranno un sovraccarico
che l’attuale situazione,
o meglio quella precedente all’alluvione, non è
in grado di sopportare.
Quindi, il Coordinamento ha individuato una serie di possibili interventi
da praticare sia sugli acquedotti sia sulla rete fognaria che permettano di
assorbire senza problemi
il flusso turistico».
Le azioni previste, che
nelle intenzioni del Coordinamento dovranno essere inserite nei piani del
Comitato olimpico gesto
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Il depuratore di Pinerolo
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Seduta del Consiglio comunale
Torre e l'emergenza
Non poteva essere diversamente; il Consiglio
comunale di Torre Pellice convocato per lunedì
30 ottobre ha inevitabilmente affrontato i temi
dell’alluvione, con i danni derivati e le ipotesi di
intervento. Durante il
Consiglio è stato anche
diffusa un’edizione straordinaria del bollettino
comunale interamente
dedicata all’alluvione e
con una serie di «numeri
utili» dei principali servizi della zona, compresi
quelli comunali. Peccato
che la maggior parte di
essi risulti sbagliata e
dunque inaffidabile. Nel
merito si è parlato della
possibile ricostruzione
del palagbiaccio a monte
dell’hotel Gilly in vista
delle Olimpiadi del 2006
e della probabile riapertura della pista di via Filatoio, ovviamente scoperta, prima di Natale. I
lavori di smantellamento
del tetto distrutto dalla
piena che ha portato via
anche una tribuna sono
iniziati nei giorni scorsi.
Il Consiglio ha anche
approvato la contrazione
di un mutuo per il rifacimento del tetto deH’asllo
nido (ogni volta che piove l’acqua scende copiosa nei locali) e determi
nato di versare alla Comunità montana le somme spettanti dal Bim
(Bacino imbrifero) confermando una vecchia
decisione del 1973. È stato infine approvato un
progetto di massima per
il rifacimento della tribuna del campo di calcio, con la costruzione di
nuovi spogliatoi.
- Nuovo direttivo per lo sportello turistico di Bobbii
«PI
Pro Loco e specialità locali
Nuovo direttivo per la
Pro Loco di Bobbio Pellice. Dall’ultima assemblea
il presidente è Giuseppe
Boschi, da una decina
d’anni titolare di un esercizio nella piazza del
Comune. «Negli ultimi
anni c’è stato poco coinvolgimento - sostiene
Boschi -: da una parte la
popolazione pretende
l’organizzazione di eventi, ma dall’altra non vuole impegnarsi in prima
persona». Il problema va
affrontato puntando sul
rafforzamento delle relazioni interpersonali. «Vogliamo partire dalle tante
specificità del luogo, soprattutto per quanto riguarda la cultura e il territorio: abbiamo pensato
A colloquio con il presidente, Giancarlo Griot
Il bacino imbrifero montano
«In questi mesi abbiamo recuperato
e distribuito ai Comuni consorziati 850
milioni e altri 700 contiamo di recuperarli entro la fine dell’anno». A parlare
è il presidente del Bacino imbrifero
montano (Bim), Giancarlo Griot, che
abbiamo incontrato nel suo ufficio a
Pinerolo. «La situazione del Bim - dice
Griot - dopo la nota vicenda legata alla
conduzione amministrativa del suo
precedente segretario Cervar, per altro
ancora allo studio del magistrato, sembra andare verso una graduale normalizzazione anche se rimangono aperti,
e allo studio, alcuni interrogativi su
mandati di riscossione che portano la
firma del passato segretario e di un
passato presidente».
- Quale è stata rattività del Bim in
questi mesi?
«Dopo la riunione di marzo 2000 convocata ancora dal commissario prefetti
zio nominato a seguito del “caso Cervar’’ abbiamo provveduto a rimettere
ordine nei conti e a procedere al recupero crediti. I risultati anche dal punto
di vista economico si stanno vedendo.
Abbiamo cercato subito di capire chi
erano i nostri creditori e quindi a provvedere alla riscossione dei crediti. La
nostra speranza è di riuscire a creare un
archivio completo e aggiornato entro
l’anno mettendo anche in chiaro alcune
questioni di tipo legale legate a chi deve
pagare a noi la concessione e chi no».
- Chi è tenuto a pagare la concessione
al Bim?
«Tutti i concessionari delle centraline
che hanno una presa d’acqua posta a
650 metri sul livello del mare. Nella
prossima riunione dei soci del Bim poi
dovremmo decidere anche sulla questione degli interessi arretrati valutando
se chiedere quelli di mercato o meno».
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dolci passeggiate lacustri.
Non è uno scherzo, ma
un’idea che, gettando lo
sguardo sulle drammatiche conseguenze della recente alluvione, va anche
nella direzione di contenere le ondate di piena
caratteristiche del bizzoso torrente, così capaci di
stravolgere dimensioni e
paesaggi consueti.
Quest’ultima idea arriva dal Gruppo civico di
sinistra della vai Pellice.
«Dopo un anno caratterizzato dalla siccità spiega Davide Baridon,
capogruppo di minoranza a Bobbio Pellice - il
territorio è stato interessato da tre ondate di piena del Pellice, l’ultima
delle quali con gli esiti
catastrofici che ben conosciamo. Un bacino
può avere diversi obiettivi: il consolidamento idrogeologico del territorio, limitando, se ben gestito, le esondazioni e i
danni; la raccolta di acque utilizzabili per le ne
Centrale il ruolo del Comune
Beloit: si va avanti
con la trattativa
Ciò che resta del laghetto di Villar Pellice
cessità agricole e industriali nei periodi di particolare mancanza: l’utilizzazione turistica e
quindi la complessiva rivalutazione del territorio
che potrebbe anche avere un miglioramento climatico».
Due sono le ipotesi di
sistemazione: la prima
riguarda Torre Pellice e
la zona subito a monte
del ponte dell’Albertenga, con un possibile invaso di 20-30 ettari; la seconda di quasi 35 nel territorio di Villar Pellice,
con un bacino che potrebbe estendersi dalla
località Cros fino alla frazione San Cristoforo.
«Quella di Villar dovrebbe essere la migliore - afferma Baridon - perché
più grande e senza conseguenze sulle abitazioni». Secondo il Gruppo
civico di sinistra, il lago
sarebbe il paradiso per
gli amanti delle diverse
discipline sportive e acquatiche: «Un vero e proprio simbolo per tutti,
anche per i giovani e
senza limiti d’età». In
queste settimane la Co
munità montana sta redigendo il suo Piano di
sviluppo e «il progetto
può essere integrabile
con quasi tutte le iniziative di riqualificazione
sociale, economica, agricola e ambientale di un
territorio che per fortuna
non ha mai scelto un turismo di massa, ma soprattutto in questi ultimi
anni sta lavorando sull’escursionismo alpino e
il turismo religioso».
Continuano, dopo rincontro tenutosi a inizio
ottobre tra il sindaco di
Pinerolo e i rappresentanti della nuova proprietà della Beloit Italia,
le trattative per la definizione di una variante al
Piano regolatore di Pinerolo relativa al cambio di
destinazione dell’area ex
fonderie Beloit di via Vigono. Un nuovo incontro
tecnico sull’argomento si
è tenuto recentemente
tra l’amministrazione
della città e la nuova proprietà Beloit Italia, che
ora ha assunto il nome di
Paper Machinery Technology, per definire l’iter
e le caratteristiche della
variante di Piano relativa
all’ex fonderia.
Sul tappeto le richieste
portate nel piano aziendale della nuova proprietà che individua nel
cambio di destinazione
d’uso del vecchio stabilimento di via Vigone la
possibilità di dar vita a
«un’operazione di carattere immobiliare i cui ricavi vadano a supportare
gli investimenti previsti
dagli accordi stipulati con
le organizzazioni sindacali». È emersa anche la
richiesta di poter ampliare alcuni capannoni della
sede dell’azienda di via
Martiri del XXI.
«Abbiamo aperto il dialogo - dice Alberto Barbero, sindaco di Pinerolo con una premessa circa la
garanzia del mantenimento dei livelli occupazionali stabiliti e l’impegno a rilanciare una realtà produttiva di vitale
importanza per la città e
il territorio. E su questo ci
siamo confrontati anche
con le organizzazioni sindacali. Se i tempi tecnicoburocratici dell’operazione di variante non possono essere brevi è intenzione comunque dell’amministrazione di sottoporre al Consiglio un documento di indirizzo».
Modalità da seguire per la lavorazione casalinga
La macellazione dei suini
Quanti agricoltori hanno ancora la
vecchia abitudine di «valorizzare» i
propri avanzi di cucina allevando un
maiale che al momento buono fornirà
ottimi salumi e prosciutti alla famiglia?
Certamente tanti, anche se meno di un
tempo. La regolamentazione di questa
pratica è assai complessa e, dicono
spesso gli agricoltori, disincentiva questo allevamento. È comunque questo,
fra l’autunno e l’inverno, il momento
della macellazione a domicilio dei suini. Va ricordato che la macellazione
deve, anche per i privati, essere auto
rizzata dai veterinari delTAsl di Pinerolo che eseguiranno una visita «ante
mortem» e una «post mortem»; alla visita sull’animale ucciso segue un prelievo del campione di muscolo per successive analisi. L’allevatore che intende
macellare il proprio suino deve inoltre
effettuare un versamento alTAsl (servizio veterinario) di 10.200 lire; presso
ogni domicilio si possono effettuare al
massimo due macellazioni. In caso di
macellazioni non autorizzate la carne
eventualmente scoperta verrà posta
sotto sequestro cautelativo.
NELLE CHIESE VALDESI
CATECUMENI — Domenica 12 novembre, dalle 9 alle 17, nella chiesa di Pinerolo, incontro dei catecumeni del 1° e 2“ anno, con pranzo al sacco.
ANGROGNA — Riunione quartierale, martedì 14 novembre, alla borgata Jourdan.
BOBBIO PELLICE — Domenica 12 novembre, ripresa
delle attività: alle 10,30, culto con assemblea di
chiesa, con all’odg. l’elezione o rielezione di un
diacono/a con incarico di cassiere. Riunioni quartierali: a Payants, martedì 7 novembre, alle 20, al
Centro, martedì 14 novembre, alle 20,30.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Riunione quartierale
agli Airali, venerdì 10 novembre, alle 20. Incontro
delTUnione femminile, domenica 12 novembre,
alle 15. Studio biblico, martedì 14, alle 20,45.
MASSELLO — Mercoledì 15 novembre, alle 14, riunione quartierale al Roberso.
PERRERO-MANIGLIA — Riunione quartierale, martedì 14 novembre, alle 20,30, cilTEirassa. Incontro
dell’Unione femminile, martedì 7 alle 14.
PINEROLO — Domenica 12, alle 10, culto coir assernblea di chiesa; all’ordine del giorno la decisione in
merito alla proposta di avere a Pinerolo un secondo originale della statua ai martiri valdesi di Steiyr
(Austria); sarà ospite il pastore Giuseppe Platone.
POMARETTO — Riunioni quartierali: giovedì 9 novembre, alle 15, all’Inverso Paiola, mercoledì 15,
alle 20,30, alla Lausa. Studio biblico: giovedì 16
novembre, alle 20,30, alTEicolo Orando.
FRALI — Riunioni quartierali: martedì 14 novembre,
alle 20,30, a Ghigo, mercoledì 15 novembre, alle
20, a Malzat.
PRAMOLLO — Le prossime riunioni quartierali: giovedì 9 novembre, alle 20 riunione ai Pellenchi al
museo, venerdì 10 novembre, alle 20,30, riunione
alle Garde (fam. Balmas).
PRAROSTINO — Alle 10, nel tempio di San Bartolomeo, incontro con alcuni rappresentanti della Ciov
che illustreranno l’attività degli ospedali valdesi.
SAN SECONDO — Riunione quartierale a Cavoretto,
giovedì 16 novembre.
TORRE PELLICE — Riunioni quartierali: venerdì novembre 10 agli Appiotti, martedì 14, ai Simound,
mercoledì 15, ai Chabriols. Domenica 12, alle 10,
assemblea di chiesa nel tempio del centro. Studio
biblico lunedì 13 novembre, alle 20,45, su «La vita
ha un senso?», Ecclesiaste, 9,1-10.
VILLAR PELLICE — Domenica 12 novembre, culto
serale, alle 20,30.
VILLASECCA — Incontro delTUnione femminile, giovedì 9 novembre, alle 14,30, con la partecipazione
delTUnione di Pinerolo e di Marianne Hintermuller. Riunioni quartierali: lunedì 13, alle 20, al Serre
Giors, mercoledì 15 alle 14,30, a Bovile, alle 20, a
Trussan, giovedì 16, alle 20, a Morasso.
Iniziativa del Cai-Uget vai Pellice
Giovani e montagna
MARCO FRASCHIA
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. ERCHÉ non sali il
“Jr dilettoso monte?». La dotta citazione
dantesca potrebbe essere
il motto riassuntivo di
un’esperienza molto interessante realizzata dal
Cai-Uget vai Pellice per
fare avvicinare i giovani
alla montagna.
Nata quasi in sordina
nel giugno 1999 con Tallestimento, nel prato del
Collegio valdese, di una
struttura artificiale di arrampicata messa a disposizione dalla Comunità montana vai Penine, l’iniziativa si è arricchita man mano di nuovo proposte. Infatti, dopo un fine settimana in
cui ima quarantina di rag^i e ragazze dagli otto
ni diciatto anni nelTamoho della rassegna Alpinismo in celluloide ha
provato ad arrampicare
sulla struttura artificiale
con l’assistenza di esperu del Cai, durante Tanno
scolastico 1999-2000 alle
scuole medie inferiori e
superiori della valle è
stata offerta la possibilità
di seguire un corso di iniroduzione alTarramplcata tenuto dalla professoressa Paola Pons, diplomata Isef e istruttrice
oderale di arrampicata
don alle spalle Tesperien^ di allenatrice della na^onale femminile.
«Contrariamente alle
aspettative - spiega GiuJdppe Pividori, presidend del Cai-Uget vai Pellice
'hanno risposto ben 120
Si quantificano i danni dell'alluvione nel Pinerolese
Ora è il momento delle stime
studenti provenienti da
tre istituti della valle: il
Collegio valdese, l’Istituto
Alberti e la scuola media
di Torre Pellice. A questi
va aggiunta una trentina
di allievi della scuola media di Buriasco che, venuta a conoscenza delTiniziativa, vi ha aderito con
entusiasmo e un gruppo
di ragazzi bielorussi che,
durante il loro soggiorno
in valle nel mese di settembre, hanno sperimentato l’arrampicata».
Accanto all’intervento
nelle scuole sta partendo
in questi giorni un corso
di arrampicata su roccia
per giovani dagli otto ai
diciotto anni. «Non si
tratta di un corso vero e
proprio con lezioni teoriche e pratiche - spiega la
guida alpina Roby Boulard, al quale è stato affidato il progetto - quanto
piuttosto di una serie di
uscite in cui, attraverso
la pratica, spesso associata al gioco, i partecipanti provano, memorizzano e imparano gesti,
movimenti e tecniche».
Gli organizzatori si augurano che l’iniziativa, già
proposta lo scorso anno
con un discreto successo, raccolga quest’anno
altri consensi, per poter
organizzare altra scalate.
Il Cai-Uget vai Pellice
organizza un corso di arrampicata su roccia per
giovani dagli 8 ai 18 anni
in collaborazione con la
guida alpina Roby Foulard. Per iscrizioni e informazioni telefonare allo 0121-933193.
DAVIDE ROSSO
Lf ALLUVIONE del 14 e
I 15 ottobre scorso ha
lasciato segni profondi
nel territorio delle Valli.
Alla fine dello scorso mese i Comuni hanno provveduto a consegnare le
prime stime dei danni
causati dall’acqua e dalle
numerose frane conseguenza della calamità. Il
bilancio che ne esce è
questo: una viabilità che
se da prima è stata messa
in ginocchio dall’acqua
ora si è rialzata solo per
metà e ha bisogno di interventi sostanziali per
potersi riprendere; una
rete di depurazione fognaria, quella della vai
Chisone, completamente
da reinventare così come
quella del gas. A molti
privati non è andata meglio con danni consistenti alle attività poste lungo
il Chisone a Pinerolo e a
Inverso Pinasca ma anche alle abitazioni di alcune famiglie di Luserna
San Giovanni, Bricherasio. San Secondo, Pinerolo, San Germano. La
quantificazione dei danni dei privati per ora è
ancora incerta, in tutti i
Comuni stanno arrivando le schede compilate
dai cittadini che verranno vagliate prima di procedere; certamente si
parla di centinaia di milioni e soprattutto, per
alcune imprese, di tempi
lunghi per una ripresa
dell’attività.
Sul versante dei Comuni invece si va dagli 8
miliardi di investimenti
necessari alla risistemazione previsti da Bobbio
Pellice ai quasi 3 previsti
da Torre Pellice (senza
contare la ricostruzione
del palazzo del ghiaccio,
che impegnerà almeno 3
miliardi), dai 300 milioni
di Frali, necessari per i
primi interventi ma la
stima definitiva parla di
quasi 5 miliardi, ai 288
milioni di Porte e i 2 miliardi di San Germano e
Inverso Pinasca.
A queste cifre, che riguardano praticamente
tutte interventi sostanzialmente sulla viabilità,
sulla difesa spendale dei
torrenti, sulla pulizia dei
canali e il ripristino dei
muretti e delle sponde di
contenimento, si devono
aggiungere gli interventi
necessari alla ricostmzione dei ponti, molti di proprietà della Provincia, o
di alcune arginature di
competenza regionale.
Un caso emblematico è il
ponte Palestre, che collegava la statale 23 nel territorio di Porte alla strada
provinciale della vai Chisone a San Germano, di
proprietà della Provincia
che dovrà al più presto
decidere se rifarlo, costruendo magari provvisoriamente una passerella pedonale, visti i danni
consistenti apportati dal
Chisone o seguire il suggerimento avanzato dal
sindaco di Porte, Laura
Zoggia, di collegare la
parte sana del ponte alla
sponda tramite un ponte
bailey rendendo nuova
mente percorribile il ponte dalle auto.
Discorso a sé quello
della conduttura del gas
in vai Chisone. Se infatti
da un lato la spesa e la responsabilità del suo ripristino è a carico della
Snam dall’altro l’interruzione del servizio di fornitura del gas ha procurato una spesa aggiuntiva
alTAcea di 50 milioni al
giorno per poter rifornire
i Comuni con i carri bombola. L’Acea, a conti fatti
a fine alluvione ha dichiarato di aver stimato necessari, per quel che le
compete, interventi per
circa 20 miliardi in opere
legate sia all’emergenza,
sia alla messa in sicurezza e alla sistemazione definitiva degli impianti.
Questo è facilmente
comprensibile se si pensa
che quasi la totalità degli
impianti di depurazione
sono stati spazzati via dal
Chisone o dal Pellice e
che sono stati ingenti anche i danni alle tubature
e numerosi sono gli interventi che vanno fatti
di difesa delle condutture
del gas. Una situazione
quindi non certo rosea, e
dal computo manca ancora Pinerolo e i privati,
che viene aggravata dal
fatto che in alta vai Chisone la situazione di emergenza strade non è
ancora stata superata a
tre settimane dalTallu
vione e che con T avvici
narsi dell’inverno occorre fare in fretta per evitare che il gelo blocchi i la
vori e quindi la ripresa.
Pinerolo: lavori al ponte sul Chisone
BANDO PER L'ASSEGNAZIONE DI
BORSE DI STUDIO
PER LA FREQUENZA DEL DIPLOMA
UNIVERSITARIO DI INFERMIERE PROFESSIONALE
L'associazione Amici dell'ospedale valdese di Pomaretto e l'associazione Amici dell'ospedale valdese di Torre Pellice promuovono un bando per Tassegnazione di numero 4 borse di studio destinate
a studenti per la frequenza del diploma universitario di infermiere professionale nell'anno scolastico
2000-2001.
Requisiti richiesti:
attestato di iscrizione al corso di D.U. di infermiere professionale;
dichiarazione di non essere beneficiario di altre
forme di sostegno (borse di studio universitarie o
elargite da altri enti o associazioni).
Importo della borsa di studio: £. 5 milioni.
Il bando per l'assegnazione della borsa di studio
può essere richiesto a;
Associazione Amici dell'ospedale valdese di
retto: sig.ra Adriana Meloni, presso il servizio di
riabilitazione dell'ospedale, via Maggiore Ribet 2,
10063 Pomaretto, tei. 0121-802811;
Associazione Amici dell'ospedale valdese di Torre
Pellice: dr. Giovanni Mourglia, via W. Jervis 1,
10066 Torre Pellice, tei. 0121-91072.
Le domande devono pervenire ai suddetti indirizzi
entro le ore 12 del 30 novembre 2000. Non sàranno prese in considerazione domande pervenute
con qualsiasi mezzo dopo tale data.
Presidente Amici
Osp. di Pomaretto
G. Maritano
Presidente Amici
Osp. di Torre Pellice
G. Mourglia
14
PAG. 14 RIFORMA
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SPORT
VOLLEY
Prima sconfitta, anche abbastanza
netta, per il Body Cisco Pinerolo nella
serie B2 maschile; i pinerolesi sono stati superati per 3-1 sul campo di Volpiano dove i locali hanno mostrato maggior capacità di gioco. In classifica il
Body Cisco resta dunque fermo a 8
punti raggiunto dall’Altea Borgomanero. Nel campionato under 15 femminile, girone C il 3S Luserna ha superato il
Porte per 3-0 mentre il 3S Pinerolo è
stato battuto per 3-0 dalla Piscinese
volley. Male anche l’under 20 maschile
del 3S Pinerolo che è stata superata per
3-0 dalla Kappa Torino; successo al tie
break infine per il 3S Pinerolo che ha
battuto per 3-2 il Caluso nel girone C
del torneo under 15 maschile.
CALCIO
Il Pinerolo, sconfitto domenica scorsa dal Nizza Millefonti, nel girone B del
campionato di Eccellenza, riguadagna
alla grande la testa della classifica prima superando il Sommariva Perno e
poi, domenica, battendo per 2-1 il Trino grazie a una doppietta di Capobianco. Così i biancoblù guidano la classifica con 16 punti e quattro lunghezze di
vantaggio sulla coppia di inseguitori,
Giaveno-Coazze e Chieri. Domenica il
Pinerolo sarà sul campo del Villafranca, ultimo in classifica.
Un libro ricostruisce la storia del collettivo
Gruppo teatro Angrogna
Come leggere i trent’
anni del Gruppo teatro
Angrogna (Gta)? La conclusione di un itinerario
culturale? La crescita
progressiva di un esperienza estetica e politica?
E poi: dopo trent’anni,
queste ragazze e ragazzi
(di ormai cinquant’anni)
continueranno a calcare
le scene? Infettati dal virus del teatro non riescono a guarire, anzi nelle
Valli hanno contagiato,
in questi anni, un sacco
di gente. E molti di loro
sono accorsi all’incontro
che ha organizzato, sabato 4 novembre, il Comune di Angrogna per
presentare il nuovo libro’* di Lorenzo Tibaldo
che racconta la storia di
questa singolare esperienza. Una serata che ha
visto la sala unionista
gremita. Claudio Raimondo ha letto brani
scelti tra le opere principali del gruppo, da: Caro
padre la guerra è ingiusta
(1973) alla Maciverica a
Café Liberté. Raimondo,
attore professionista a
Milano ma nato a Torre
Pellice, più volte è stato
regista del gruppo. I pezzi recitati erano intervallati da spezzoni di video,
alcuni di questi realizzati
anni fa dalla Rai, su Ninna Nanna della guerra,
Pralafera 1920, A la Brua.
L’autore del libro che
racconta la storia del Gta
ha brevemente ripercorso la parabola del gruppo
alla luce degli episodi si
gnificativi della vita politica italiana degli ultimi
trent’anni. Giuseppe Platone, che ha scritto la
prefazione e ha visto nascere il gruppo, ha raccontato della sua amicizia e collaborazione con
un gruppo che «non cessa di stupire per la sua
acuta capacità critica».
Vittorio Morero de L'eco
del Chisone considera il
Gta un fatto culturale di
grande rilievo la cui vicenda suscita nuovi interrogativi. Quali sono
oggi i nostri nemici? I nostri nemici sono, dice
Morero, dentro di noi? La
corsa all’uniformità, al
pensiero unico sembra
ormai inarrestabile. L’esperienza di Angrogna ha
tentato di educare insegnando, attraverso il teatro, la capacità di interpretare, di leggere in proprio senza condizionamenti la vicenda italiana.
Anche Bruno Gambarotta della Stampa, attore e autore Rai, ha rilevato come il Gta costituisca
un esperienza ammirevole. Per certi versi faticosa visto che il gruppo
ha soprattutto scritto ciò
che ha poi rappresentato. Il Gta ha avuto anche
la capacità, ha aggiunto
Gambarotta, di raccontare storie vere in un mondo in cui tutto si sta appiattendo. E nel quale ci
stiamo ubriacando di
informazioni senza più
riuscire a stabilire una
scala di importanza.
Breve ma succoso anche l’intervento dell’editore Riccardo Lorenzino
che ha raccolto numerosi
applausi per questa pubblicazione ricca di immagini che rendono piacevole la lettura.
A chi chiedeva: che cosa farà il Gta? rispondeva
Fiammetta Gullo, la presidente del gruppo, rivelando che è già in cantiere una nuova pièce. E che
cosa dice Jean-Louis Sappé, leader da sempre del
gmppo? Nulla, ha lasciato che altri parlassero di
questo itinerario culturale. Ora il discorso continua in mezzo allo stupore
di alcuni che si chiedono
come abbia potuto resistere e crescere un esperienza così forte realizzata non da professionisti e
a proprie spese. La navicella del Gta continua a
veleggiare tra bonacce e
tempeste.
(*) Lorenzo Tibaldo: Un
grido di libertà: storia del
Gruppo teatro Angrogna.
Torino, Hapax, 2000.
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Partigiano in Jugoslavia, poi cittadino impegnato
Ermanno Armand Ugon
MARCO FRASCHIA
CI sono persone che
sembrano immortali. Sempre uguali, nel fisico, nelle abitudini, nei
modi di fare. Poi, all’improwiso, ti volti e non ci
sono più: spariti, tornati a
quella eternità di cui erano il sembiante terreno.
Una di queste persone
era Ermanno Armand
Ugon. Se n’è andato in
punta di piedi, con discrezione, per non disturbare: nessun annuncio sui muri del paese, un
momento di raccoglimento in chiesa e poi via
verso la cremazione. Eppure era una persona
presente; teneva il suo
posto, con umiltà e semplicità, come ha ricordato giustamente il pastore
Bruno Rostagno. Era presente: a cominciare da
INCONTRI
«GIOVANNI MIEGGE»
Incontro teologico
domenica 12 novembre, alle 17, nei locali
della chiesa di Pinerolo.
quando, colto daH’8 settembre 1943 lontano da
casa, finì la guerra a fianco dei soldati di Tito,
combattendo per una
patria che non era la sua.
Era presente: nella scuola, prima come educatore al Convitto maschile e poi come insegnante
e preside al Collegio valdese; ne! canto, come
membro per molti anni
della corale valdese di
Torre Pellice e del Coro
alpino vai Pellice; nell’impegno civile e volontario come bibliotecario
della Biblioteca valdese,
come presidente per oltre trent’anni della Associazione mutilati e invalidi di guerra e ancora come membro dell’associazione Amici del Collegio.
Molti hanno condiviso
e ricordano questa sua
umile presenza. Io l’ho
condivisa a scuola, quando Ogou (così noi studenti lo avevamo soprannominato), professore di
lettere vecchio stile, ci faceva ripetere a memoria
declinazioni, coniugazioni e paradigmi (ci sembrava noioso e inutile, ma
A Perosa
Mostra sulle
vie d'acqua
poi vivemmo di rendita per tutto il triennio);
l’ho condivisa alla corale,
quando ogni giovedì sera,
tra un canto e l’altro, rallegrava il gruppo dei bassi con una barzelletta,
sempre nuova; l’ho condivisa ancora ultimamente, quando sfogliando un
vecchio quaderno del rifugio Granerò vi riconobbi la sua grafia che descriveva, da testimone oculare, l’incidente aereo avvenuto anni fa nei pressi del
rifugio; ne nacque un piccolo articolo che gli fece
sicuramente piacere.
Condividerò ancora
questa sua presenza nel
ricordo: se non altro
quando, passato ormai
anch’io dall’altra parte
della cattedra, per ricordare agli allievi l’alternanza degli accenti nell’imperativo presente del
greco antico, mimerò,
come faceva lui, un rematore che va avanti e
indietro con le braccia
oppure quando mi torneranno in mente le sue
proverbiali espressioni,
del tipo «a due a due come i tre re magi».
L’acqua è storicamente
una fonte di sviluppo per
la valle Chisone. Soprattutto usata come fonte di
energia ma anche utilizzata nelle produzioni ha
negli anni favorito la nascita di industrie importanti nella vallata, dalla
Riv di Villar Perosa ai setifici Gutermann di Perosa Argentina.
Sabato 4 ottobre l’associazione Ecomuseo di
Perosa Argentina ha inaugurato, nella sua sede
di via Chiampo, una mostra dal titolo «Le vie
d’acqua» in cui si ripercorre la storia di una parte di questo passato di insediamenti industriali,
nel caso specifico quello
della Gutermann. All’inaugurazione è seguita
una tavola rotonda a cui
hanno partecipato, oltre
a vari rappresentanti delle amministrazioni locali,
anche l’assessore alla
Cultura della Provincia di
Torino, Valter Giuliano,
che aveva come tema
«L’archeologia industriale, una risorsa per lo sviluppo locale».
Nel corso dell’incontro
i rappresentanti dell’associazione, basandosi su
uno studio condotto dall’architetto Chiara Ronchetta del Politecnico di
Torino, hanno presentato il progetto di creare
una rete museale e ambientale di realtà industriali legate alle vie d’acqua che va da Pomaretto
fino a San Germano. L’idea è vista con favore
dalla Provincia anche
perché, ha ricordato l’assessore Giuliano, «in una
Europa della cultura non
possono essere applicati
gli stessi sistemi di omogeneizzazione che valgono per altri campi ma
occorre mettere in evidenza la multiculturalità
dei territori». «Bisogna
pensare globale e agire
localmente - ha aggiunto il direttore dei servizi
tecnici della Comunità
montana vali Chisone e
Germanasca, Gino Barai
- perché le risorse diventino valore».
APPUNTAMENTI
9 novembre, giovedì
ANGROGNA: Alle 20,45, a San Lorenzo, nella sala
delle attività culturali, dibattito sul progetto di sviluppo turistico pinerolese, intervengono il presidente
della Comunità montana vai Pellice, Claudio Bertalot,
e il sindaco di Pinerolo, Alberto Barbero.
BRICHERASIO: Alle 21, al Centro culturale Aldo
Moro, incontro col veterinario Stefano Gatto su: «Filiera del latte e dei prodotti lattiero caseari».
10 novembre, venerdì
TORRE PELLICE: Alla Bottega del possibile, alle
20,45, Alberto Corsani parlerà sul tema «Cristo al cinema», in collaborazione col gruppo studi Val Lucerna.
CAVOUR: Alle 9,30, al nuovo teatro tenda, convegno su «Riforma dell’organizzazione comune di mercato dell’ortofrutta: riflessi sulla frutticoltura piemontese»; alle 15,30, apertura stand, alle 21,30, al nuovo
teatro tenda, concerto con il gruppo Monovox, ingresso libero.
LUSERNA SAN GIOVANNI: Alle ore 21, nella saletta d’arte del municipio, incontro su «La “consulta per
la lenga piemonteisa” e i suoi rapporti con le istituzioni e con la scuola. La formazione dei docenti in
lingua piemontese, i mezzi didattici a disposizione e
l’attività nelle scuole». Intervengono Dario Lasero,
Francesco Rubat Borei, Michela Grosso, Carlo Comoli, Sergio Hertel.
11 novembre, sabato
TORRE PELLICE: Ale 21,15, al teatro del Forte, va
in scena «Ama Rosé», per la rassegna «Con gli occhi
dei vinti», ingresso lire 15.000, ridotto lire 12.000.
CAVOUR: Ale 10, apertura stand, alle 11 al nuovo
teatro tenda, presentazione del presidio «Le mele
dell’Aca», tavola rotonda. Ale 17, laboratorio del gusto, alle 19, allo stand del Comune la Pro Loco di Zevio offre assaggi di risotto. Ale 22,30 concerto di Eugenio Finardi (ingresso lire 25.000).
PRAMOLLO: L’Anpi organizza l’annuale commemorazione dei caduti del Ticiun: alle 10 ritrovo a Rue, alle
10,30 ai Pellenchi omaggio alla lapide, alle 10,40, a
Ruata omaggio ai caduti, saluti delle autorità. Pranzo
al ristorante Gran Truc, prenotando al 0121-582822.
PINEROLO: Ale 21,15, al teatro Incontro la compagnia «Lo spazio scenico», presenta «A povar Mariù»,
commedia di Pino Marcone.
TORRE PELLICE: Nell’isola pedonale, dalle 8 alle
18, mercatino mensile di prodotti naturali.
12 novembre, domenica
TORRE PELLICE: A teatro del Forte, alle 16, spettacolo per bambini «Davide e Unghia d’orso», della
compagnia «Drammatico vegetale»: lire 3.000.
CAVOUR: Ale 9,30, poule degli assi a bocce, alle 10
apertura stand e in piazza Solferino «Mele da confrontare», incontro scambio, alle 14, frittelle di mele per
tutti, alle 14,30, esibizione delle bande di Perzacco, di
Pinerolo e degli sbandieratori di Feletto. Alle 21,30
fuochi d’artificio e distribuzione della tisana alla mela.
13 novembre, lunedì
SAN GERMANO CHISONE: Sulla piazza principale,
fiera autunnale.
TORRE PELLICE: Al Centro culturale valdese, alle
20,30, presentazione dell’opera'di Mauro Corona, a
cura di Marco Fraschia.
16 novembre, giovedì
ANGROGNA: Alle 20,45, a San Lorenzo, nella sala
delle attività, incontro dibattito sul progetto di collegamento a cremagliera tra la vai Pellice e il Queyras;
intervengono l’assessore provinciale Marco Bellion,
amministratori e tecnici della Comunità montana.
A colloquio con lo scultore Domenico Musei
L'arte e il senso deirumanità
FRANCO CALVETTI
UNA conversazione
fitta fitta con un
gruppo variegato di persone attorno all’artista
Domenico Musei, che
espone alla sala Paolo Paschetto del Centro culturale valdese di Torre Pellice fino al 19 novembre
prossimo, ce lo fa apprezzare non solo come scultore della mostra «Solo il
pensiero», ma come uomo dalla sicura profondità e dalla ricca esistenza, come accanito raccoglitore di cose di uso quotidiano e lavoratore artigianale del legno, di terracotta trattata a fuoco.
Il titolo della mostra
prende le mosse da uno
scritto di Emile Zola a al
pittore Manet: «Ciò che a
me. uomo, interessa è
l’umanità»; ciò che rapisce e mi commuove nelle
creazioni umane, nelle
opere d’arte, è ritrovare
un fratello che mi presenta la natura sotto un
nuovo aspetto, con tutta
la forza o tutta la dolcezz.a della sua personalità.
Effettivamente, in Do
menico Musei, allievo di
Filippo Scroppo e di Giacomo Soffiantino, la natura è esaltata nella sua
semplicità e autenticità:
il piano di terracotta rossa e bruna è adagiato su
una tavola di legno di
frassino levigato: ogni
tanto la ceramica, che ricorda quella preromanica nella sua classicità, è
trattata con tagli, lievi incisioni, sollevata con delicatezza, impressa con
stoffa o pizzo. Le sue
sculture fanno ricordare
la terra vista dall’alto, e
l’artista ammette di essere stato suggestionato
dal terreno ammirato
dall’alto di un elicottero
(Musei abita e lavora a
Caselle Torinese), che si
presenta nella sua geometria voluta millenni fa
dalle centurie romane e
che hanno subito nel
corso degli anni pochissime variazioni.
Siamo colpiti dalle forme date alle sue terrecotte perché oltre a rivelare tagli sapienti, si fanno ammirare per i reticoli, per le sue forme primordiali, per la trovata
delle nuvolette-fumetto
che si dipanano a un certo punto nel quadro. Un
discorso a sé meritano le
sue scatole di terracotta,
misteriose, incise con
fenditure tali da far scorgere qualcosa, ma solo
quel tanto che basta per
capire di essere oggetti in
cui le idee, i buoni pensieri, si adagiano e vivono un po’ appartate dal
mondo ma ben presenti
all’artista-creatore nei
mondi di comunicazione
e di memoria.
Un insieme gradevole,
equilibrato e significativo in quella Sala Paschetto che ha già visto fino a
oggi oltre una sessantina
di operatori dell’e.spressione artistica, ricercatori della pittura, della
scultura e della fotografia
della contemporaneità.
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§ Le capacità
di Saverio
Alle molte voci che ricordano Saverio Merlo aggiungo
nuesta breve nota personale,
una volta ascoltai da lui un
culto dove ogni parte mi
sembrò così efficace da costruirmi dentro una quantità
di motivi sui quali tornare a
riflettere. Glielo dissi con poche parole e lui con pacatezza rispose che gli bastava sanere se io non avessi perduto
n mio tempo. Ecco, nel mare
di gente che ha di se stessa
un concetto sproporzionato
alle proprie capacità, quella
risposta di chi possedeva i
numeri per avere una sobria
autostima mi parve una dei
tanti aspetti di Saverio come
uomo e credente.
La sua morte mi ha colto,
come tutti, di sorpresa e mi
ha rimandato ai Salmi 116 e
33 e a Proverbi IO: quando il
Signore apre l’uscio della sua
casa per accogliere coloro
che tornano, ai suoi occhi è
una cosa preziosa, di gran
momento; chissà, forse perfino giustamente solenne; e
immagino che li riceva tutti
con il medesimo sguardo,
perché ha amato questi suoi
diletti che gli sono stati fedeli. Ma dalla sua casa il Signore guarda anche, giù sulla
terra, chi ha a\oito per Saverio affetto e stima e ora è nella tristezza e nel dolore per
non averlo più vicino e sentirlo parlare. Unico sollievo è
sapere che la memoria dei
giusti è in benedizione e continuerà a fare del bene.
Renzo Turinetto-Tonno
La sorella
Mary Corsani
Il 14 ottobre la professoressa Mary Corsani ci ha lasciati.
Il suo papà, il pastore Emilio
Corsani, aveva unito in matrimonio i miei genitori nella
chiesa valdese di Genova nel
1937, nell’ultimo anno del suo
ministero in questa città. Di
un primo periodo non ho alcun loro ricordo: ero piccola,
negli anni della guerra, dello
sfollamento... poi, solo vaghi
ricordi di fanciullezza. Ma dopo sì, li ricordo: due persone
care, affettuose, gentili.
Mary Corsani aveva insegnato nelle scuole superiori e
poi per molti anni Letteratu
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RINGRAZIAMENTO
«Fattosi sera Gesù disse toro:
Passiamo ali’aitra riva»
Marco 4, 35
I familiari di
Arturo Meytre
Ringraziano tutti coloro che in
vario modo hanno partecipato al
loro dolore, in particolare il personale dell'Ospedale civile di Pinetolo, dell’Ospedale valdese di Pontaretto, le signore dell’Ancora, il
dottore Valter Broue, I pastori Luciano Deodato e Daniela Di Carlo.
Un sentito grazie a coloro che si
sono interessati a rendere agibile
a strada per Salza e Massello.
San Germano, 20 ottobre 2000
ra inglese all’Università. Era
una persona molto colta ma
estremamente semplice e
schiva. Generosissima verso
la chiesa e le sue opere e tenace nel sostenere le cause
che riteneva giuste (ricordo il
suo impegno per il futuro di
Villa Olanda).
Più recentemente, quando
le sue condizioni di salute
non le permettevano di frequentare i culti, ho un caro
ricordo delle visite fattele con
il pastore e altri fratelli e sorelle nella sua bella casa sul
mare di Sori: la sua squisita
ospitalità, la gioia di vederci,
di pregare e cantare con noi.
Mi diceva scherzando: «Io
sono sicula», alludendo alla
sua città natale, Messina.
Poi, lentamente, il declino
di quella bella mente... Il mio
è un ricordo incompleto,
frammentario, solo dettato
dal mio grande affetto per lei.
Renata Pampuro Busani
Genova
Affermazioni
legittime
Come pastore della Chiesa
valdese impegnato nel lavoro
ecumenico, non contesto la
legittimità delle affermazioni
del prefetto Ratzinger, anzi lo
ringrazio per la sua chiarezza
e la sua correttezza. Una certa enfasi ecumenica tutta volta alla ricerca e al consolidamento delle «cose che ci uniscono» (e sono molte e di notevole peso), ha trascurato di
sottolineare «la cosa che ci
divide»: la questione ecclesiologica. La chiesa romana
ritiene di esaurire in se stessa
la pienezza della cattolicità,
della grazia e della verità
evangelica. È vero però che
tutti ripetiamo la formula degli antichi simboli ecumenici:
«Credo la Chiesa una, santa,
cattolica, apostolica». Ma il
termine «romana» non appare nel Credo. L’istituzione ecclesiastica romana ha perduto la sua unità e universalità
nel 1054 con la separazione
delle chiese orientali e nel
’500 con la divisione della cristianità occidentale. La chiesa di Roma non è più «la
Chiesa», ma «una chiesa».
Il movimento ecumenico,
costituitosi nel 1948 nel Consiglio ecumenico delle chiese, attraverso le sue periodiche assemblee, tende alla riscoperta e alla manifestazione di una nuova cattolicità in
una comunione conciliare di
tutte le chiese che si riconoscono nella confessione del
nome di Cristo. In tale comunione nessuna chiesa è superiore alle altre ma tutte, in uri
cammino di confronto e di
dialogo, di ascolto reciproco
e di preghiera, procedono
verso l’unica verità di Cristo.
Nessuno possiede la pienezza della verità, ma è la verità di Cristo che ci possiede
e ci chiama all’unità del suo
corpo. La chiesa di Roma, dopo il Concilio Vaticano 11, elitra, buona ultima, nella logica ecumenica, senza accogliere peraltro la prospettiva
di fondo, non potendo rinun
ll Sae di Verona: le reazioni al testo vaticano segnalano la crescita dell ecumenismo
La «Dominus Jesus» ha provocato disagio e sofferenza
Il gruppo Sae di Verona, che raccoglie persone provenienti dalla Chiesa
cattolica, dalla comunità ebraica e dalla
Chiesa valdese, sente di dover esprimere il disagio e la sofferenza provocati
dalla Dichiarazione Dominus Jesus della Congregazione per la dottrina della
fede. È un’esigenza che nasce dal cammino compiuto insieme in questi anni.
Nasce dal dialogo che insieme abbiamo
sperimentato, aperto alla parola di Dio,
basato sulle sue promesse e sulla sua
benedizione. Nasce dal clima di ascolto
reciproco, di grande franchezza e di
umiltà che ci ha permesso in questi anni di riconoscerci in uno stesso cammino, Ciascuno ha imparato a esprimersi
senza tradire il camminò di crescita
della propria identità, facendosi carico
aUo stesso tempo di grande rispetto per
l’altrui appartenenza. Insieme vogliamo stare gli uni nei confronti degli altri
nell’orizzonte di ima identità ecumenica che ci apre alla presenza di Dio nei
nostri diversi cammini.
La Dichiarazione Dominus Jesus è
frutto, molto probabilmente, di una
preoccupazione pastorale per espressioni teologiche cattoliche non sempre
corrette. Questa preoccupazione tuttavia è stata espressa in termini tali da
non essere rispettosa della coscienza di
fede che si esprime nelle altre chiese
cristiane e nelle grandi religioni viventi.
Ai fratelli e alle sorelle cattoliche ricordiamo che il papa si è espresso in
questi anni con altre aperture e che anche aH’interno della Chiesa cattolica
esistono posizioni diverse che sono ricchi doni dello Spirito di Dio. Si pensi
per esempio al n. 42 dell’enciclica Ut
unum siniche evoca tra le chiese cristiane «la profondità della comunione
che lo Spirito alimenta malgrado le rotture storiche e canoniche (...). Il riconoscimento della fraternità non è la conseguenza di un filantropismo liberale o
di un vago spirito di famiglia. Esso si radica nel riconoscimento deU’unico battesimo». Si pensi anche aH’affermazione del papa che, rivolgendosi a^i ebrei,
li ha chiamati «fratelli maggiori», riconoscendo nella fede ebraica la radice
stessa della fede cristiana. Ricordiamo
anche quanto è detto nella Redemptoris
Missio, che l’azione dello Spirito non
tocca solo gli individui, «ma anche la
società e la storia dei popoli, le culture
e le religioni» e che «non si deve escludere l’opera di Cristo e dello Spirito
fuori dai confini visibili della chiesa».
Nel testo della Congregazione per la
dottrina della fede, ciò che maggiormente crea sofferenza e disagio è il fatto di aver come azzerato quarant’anni
di dialogo che aveva posto al centro
non l’identità dell'uno o dell’altro ma la
parola di Dio. Inoltre, nella Dichiarazione non c’è attenzione all’evoluzione
storica, alla ricchezza delle diverse culture, e alla tradizione ecumenica degli
ultimi quarant’annl; recumenismo non
è preso in considerazione né come sviluppo teologico né come nuova ermeneutica capace di ripensare la tradizione dottrinale del passato per adeguarla
alle riuove culture. Esso è ridotto a una
modalità di rapporti amichevoli, e viene ignorata la sua vera natura di forza
che porta tutte le diverse comunità di
fede alla conversione a Dìo.
Come gruppo Sae di Verona siamo
convinti che la reazione di disagio e sofferenza espressa dalla gente comune e
anche da molti teologi in tutto il mondo
sia segno che la coscienza ecumenica è
cresciuta. Anche noi, sostenuti dalla parola di Dio, ci ripromettiamo di continuare nell’impegno e nella speranza
verso il valore religioso più alto, che è il
trattarci reciprocamente come firatelli e
sorelle. Ci sentiamo posti insieme sotto
la stessa promessa escatologica di un
tempo in cui la conoscenza di Dìo sarà
piena, neU’umanità: «Non fararmo male
né guasteramno su tutto il mio monte
santo poiché sarà piena la terra di conùscenza del Signore, come le acque
còprono il fondo del mare» (Isaia 11, 9).
ciare al primato stabilito nella sede romana e nella sua
certezza di possedere la pienezza della verità. Contro
questa «eresia romana» i protestanti continuano a protestare cercando di farlo nella
maggiore fraternità possibile.
Le affermazioni di Ratzinger non devono infatti arrestare il cammino ecumenico
con la chiesa di Roma (anche
se non potremo più chiamarla «chiesa sorella»). Il principio fondamentale dell’ecumenismo sta nella volontà di
dialogare con urla chiesa così
com’è e non come vorremmo
che fosse. Ora la chiesa di Roma è così come Ratzinger
l’ha correttamente definita.
Senza confondere dunque
l’illusione con la speranza
«seguitando verità in carità,
cresciamo in ogni cosa verso
colui che è il capo, cioè Cristo» (Efesini 4,15).
Alberto Taccia
Luserna San Giovanni
Le feste
dagli Usa
Al commentatore di «Prima
Pagina» - Radiotre
In questi giorni mi sto chiedendo come mai il popolo
italiano, che importa spesso
e volentieri usanze e costumi
dagli Stati Uniti d’America,
essendo un popolo cattolico
al 99%, ha accolto così facilmente la festa di Halloween,
che è pagana di origine e
contenuto (come si sa, proviene da superstizioni e riti
magici di antiche popolazioni celtiche pagane), mentre
non ha ancora accolto la festa americana del Thanksgiving Day, che ha un’ispirazione biblica e cristiana, in
quanto chiaramente è un’occasione particolare di ringra
ziare Dio per i beni che ci
elargisce nella sua bontà.
Non Le sembra strano che un
popolo cattolico come il nostro accolga con piacere una
festa pagana e non faccia almeno altrettanto con un’altra
festa di valore cristiano? Perché questo?
Siccome il Thanksgiving
Day è nato negli Stati Uniti
d’America in ambito pura
II giorno del
coraggio civile
di Düsseldorf è stata oggetto
di un attentato incendiario, il
secondo attacco a una sinagoga in sei mesi, ennesimo
episodio di violenza in una
lunga serie: attentati contro
immigrati, profanazione di
cimiteri e di monumenti alle
vittime del nazismo e di sùnboli ebraici, cristiani e islamici, cortei neonazisti... Dice la
convocazione della manifestazione: «Noi ci facciamo garanti per una Germania umana, aperta nei confronti del
mondo, tollerante, per la pacifica coesistenza di ogni essere umano in questo paese,
a prescindere dalla sua visione del mondo, religione, cultura o colore della pelle.
Noi condanniamo l’odio, la
violenza, il razzismo e la xenofobia. Non tolleriamo alcun antisemitismo, nessuna
profanazione di cimiteri, di
istituzioni religiose o culturali, nessuna vile aggressione a
persone nel nostro paese.
Noi siamo uniti contro il
non vedere e l’indifferenza.
Noi vogliamo un paese in
cui nessuno debba temere
persecuzione e violenza.
mente protestante, con radici
bibliche e niente affatto come
retaggio degli antenati pagani, la mia impressione è che la
nostra gente non l’ha accolto
perché è stata a lungo fortemente «vaccinata» contro tutto ciò che sa di protestantesimo, demonizzato dalla cultura cattolica controriformista,
per cui i nostri connazionali
per lo più rifuggono quasi
istintivamente da quanto può
avere un certo legame col cristianesimo riformato, in Italia
per secoli bollato e perseguitato come «eretico», mentre
accolgono con facilità anche
ciò che ha origini pagane,
perché non sono altrettanto
«vaccinati» contro le influenze di questo tipo. Che ne pensa Lei?
Agostino Garufi - Mestre
beoala qualcosa di diverso !
». le coafedosi natalizie con i prodotti del
CiiMdoEqiio e Solidale
frodati aUffiffiitaiii
. docciato
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lrodotddiaiti|ianatodal!
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BmmâMimÊ
itateö.
Noi non siamo soli. Le nostre armi più forti sono la determinazione al coraggio civile e la fermezza. Dipende da
noi, cittadine e cittadini di
questo paese».
Il 9 novembre diventa il
giorno di una rinnovata difesa della democrazia in Germania, la «notte dei cristalli»
si trasforma in giorno del coraggio civile. La preoccupazione per l’escalation di violenza e la risolutezza della volontà di battere gli atteggiamenti antisemiti e xenofobi
emerge con forza, per esempio, nel discorso tenuto dal
presidente del Consìglio della
Chiesa evangelica in Germania (Ekd), Manfred Koch, al
Sinodo dell’Ekd riunito dal 5
al 10 novembre a Braunschweig. Gli atti di violenza come quelli menzionati sopra
«rivelano anche una devastazione spirituale che si oppone a Dio (...) sono atterrito
per quanto si è assottigliato
in Germania il terreno della
tradizione umana (...). Invito
tutti i cristiani e altre persone
di buona volontà a difendere
con decisione i fondamentali
valori cristiani e umanitari
della inviolabile dignità umana». Con altri esponenti ecclesiastici, Manfred Koch si è
espresso contro «l’uso di
concetti sommari ed equivoci che rafforzano il risentimento contro persone di altra origine e che ne provoca
no l’emarginazione» e ha ricordato ai politici che «la politica dell’immigrazione non
è un tema di campagna elettorale, né a livello regionale
né a livello nazionale».
L’antisemitismo e il razzismo non minacciano solo la
Germania, sono una minaccia che attraversa tutta l’Europa, non solo con la violenza ma anche (e questo non è
meno pericoloso) con le parole e i pensieri, talora apparentemente «perbene», con
gli stereotipi e gli slogan
grossolani ed equivoci, con il
disprezzo dei «diversi». Vi sono già segnali che fanno temere che il riaccendersi del
conflitto israelo-palestinese
avrà anche una deriva, verbale e fisica, antiebraica. Per
questa preoccupazione, Israele chiede al papa una parola autorevole contro l’antisemitismo. Anche nel nostro
paese la xenofobia e l’intolleranza sembrano sempre più
capaci di mobilitare. Guai a
minimizzare e a non vedere.
Le belle parole d’ordine del 9
novembre a Berlino indicano
la strada da percorrere anche
qui da noi. La civiltà dei nostri paesi dipende da noi, cittadini europei. La memoria
impedisce di abbassare la
guardia, la responsabilità deve tradursi in coraggio civile.
Come a Berlino, in tutte le regioni d’Italia e d’Europa.
Daniele Garrone
16
PAG. 16 RIFORMA
VENERDÌ 10 NOVEMBRE 2(ift,
Intervista a Adolfo Perez Esquivel, Premio Nobel per la pace 1980
«I nostri paesi sono sempre più poveri»
Era a Roma a fine ottobre per testimoniare al processo sui desaparecidos: «Oggi dobbiamo
impegnarci per difendere i diritti umani di 2^ generazione: cibo, acquo, casa, istruzione»
MANFREDO PAVONI
SIAMO alle battute finali
del processo per gli 8 desaparecidos italiani in Argentina, dopo circa due mesi fitti
di udienze nel corso delle
quali sono stati ascoltati più
di 50 testimoni, tutti provenienti dall’Argentina. Martedì
24 ottobre, in aula, hanno testimoniato i coniugi Mazzocchi e i coniugi Guarino per il
caso di Pedro Luis Mazzocchi
sequestrato durante il suo
servizio militare presso la base aerea di Tandil.
Il 25 ottobre è toccato a un
teste che nel 1980 ha ricevuto
il Premio Nobel per la pace.
Si tratta di Adolfo Perez
Esquivel, fondatore del Servizio di «Pace e giustizia», un
movimento ecumenico che
insieme alle mamme di Piazza di Majo sfidava quotidianamente la dittatura occupandosi di diritti umani e di
teologia della liberazione.
Prima della sua deposizione
gli abbiamo rivolto qualche
domanda.
- Qual è stato il suo ruolo
durante gli anni della dittatura?
«Nel 1975 abbiamo fondato
il Servizio di Pace e giustizia,
uno dei primi movimenti
ecumenici nati in Argentina.
Pochi mesi dopo il colpo di
stato denunciammo all’opinione pubblica intemazionale e agli organismi che si occupano di diritti umani le
violenze e le repressioni per
Adolfo Perez Esquivel
petuate dalla giunta del generale Videla e anche le prime sparizioni di tanti uomini
e donne impegnati nella società civile. Durante i primi
mesi della dittatura ero stato
invitato in Europa per una
serie di conferenze e a questo
devo forse la vita. I membri
del movimento ecumenico
vengono sequestrati illegalmente e fatti scomparire. Alla
fine del ’76 sono in Ecuador
per uno dei più grandi incontri sulla teologia della liberazione, che viene interrotto
dall’esercito che arresta la
maggior parte dei teologi, alcuni dei quali nordamericani. Sono espulso dall’Ecuador
e decido di rientrare in Argentina dove vengo subito
sequestrato».
- E come ha fatto a salvarsi
dalla «desaparicion»?
«Come per altri prigionieri
in America Latina devo la
mia vita alla grande mobilitazione intemazionale che fece
pressioni sui militari. Mi ricordo che pochi giorni dopo
il mio sequestro mi portarono su un aereo militare, con
le mani legate dietro la schiena, e cominciammo a sorvolare il mar della Piata in direzione dell’Uruguay. Era proprio lì, in quel tratto di mare,
che vennero gettati vivi migliaia di desaparecidos. Dopo
tre ore di volo giunse un contrordine e mi riportarono in
carcere a La Piata».
- Che cosa pensa del processo italiano?
«Penso che sia importante
come quello che avviene in
Germania per 12 casi di desaparecidos tedeschi in Argentina. Il governo deve difendere tutti i suoi concittadini
all’estero, in quanto soggetti
di diritto. Tra le vittime del
genocidio compiuto in Argentina ci sono molti italiani
e dunque questo genocidio
diventa un problema anche
italiano che va affrontato dal
punto di vista giuridico ma
anche etico».
- Che cosa dirà nell’aula
bunker di Rebibbia?
«La mia testimonianza ha a
che vedere con quello che è
accaduto durante la dittatura.
La polizia era sotto la direzione del 1° corpo dell’esercito
comandato dal generale Suarez Masón, imputato eccellente in questo processo. Era
lui che, come un tiranno antico, decideva la vita e la morte
di tutti i prigionieri politici.
Aveva formato un vero e proprio museo della perversione
con le foto e i dati dei cosiddetti sovversivi. Era tutto
molto ben pianificato, non si
trattava di una follia dei militari, di una violenza estemporanea, ma al contrario di una
strategia pensata a tavolino e
forse costruita nelle scuole di
tortura nordamericane come
quelle di Panama. Il fine era
imporre la “dottrina della sicurezza nazionale”, ossia
quello di distruggere l’apparato culturale-produttivo annientando gli intellettuali, gli
scienziati, i sindacati, per
fendere il paese sempre più
povero e dipendente economicamente».
- C’è un filo conduttore tra
il «terrorismo di stato» degli
Anni Settanta, in America Latina, e il «terrorismo economico» di oggi?
«Nonostante il ritorno della
democrazia i nostri paesi sono sempre più poveri e dipendenti. Quello che allora si
chiamava “dottrina della sicurezza nazionale” oggi potremmo chiamarlo “piani di
aggiustamento strutturale”.
Per questo credo che oggi, oltre a lottare contro l’impunità dei militari, dobbiamo
impegnarci per difendere i
diritti umani di seconda generazione, come il diritto di
avere cibo, acqua, casa e
istruzione».
Presenti a Città del Capo oltre 600 partecipanti giunti da tutto il mondo
Sud Africa: convegno sulla sanità di alto livello scientifico
DANIELE BUSETTO
UN caloroso messaggio e
un saluto di benvenuto a
più di 600 partecipanti, provenienti da tutto il mondo, in
un convegno scientifico di
sanità pubblica («Evidence
for action in health». Vili Colloquium internazionale della
Collaborazione Cochrané da
parte del ministro della Sanità della Repubblica del Sud
Africa (donna) e del sindaco
(donna) di Città del Capo
non sono stati in questa occasione una semplice formalità. Così come non lo sono
state le parole dell’ultima frase del messaggio ai congressisti (espressamente voluto
dal Comitato organizzatore
locale del convegno) pronunciate da Desmond Tutu, arcivescovo emerito anglicano di
Città del Capo, già componente della commissione giudicante i crimini dell’apar
theid voluta dall’ex presidente del Sud Africa Nelson
Mandela (commissione «Verità e riconciliazione»).
Le parole di Tutu; «...7 wish
You a good conference. God
bless You» sono state un’ottima premessa, non parole di
circostanza in un continente,
l’Africa, spesso rimosso dalla
geografia sanitaria dei paesi
ricchi, con grandi problemi
di povertà e di malattie infettive^ 11 livello scientifico del
convegno si rivela particolarmente alto: la sintesi delle
migliori evidenze nei processi
decisionali in tema di diagnosi e terapie: si discute di economia sanitaria e di allocazione delle risorse in un mondo globalizzato, del coinvolgimento dei consumatori-pazienti nelle scelte di politica
per la salute, del giornalismo
scientifico e in generale del
ruolo dei media nel veicolare
le notizie (spesso più alla ri
cerca del sensazionalismo
che alla documentazione della realtà). E pure è presente
una sorta di premurosa amicizia, quasi una «fellowship»
che accomuna epidemiologi
ed economisti sanitari, operatori sul campo (medici, infermieri) e giornalisti scientifici, pazienti-consumatori e
amministratori della salute.
Nel tempo stesso la presenza
di alcune riviste mediche internazionali indipendenti di
eccellenza tramite loro rappresentanti editoriali (Lancet,
British Medical Journal, Journal of American Medicai Association) sembra garantire e
rafforzare la linea di «indipendenza» da possibili conflitti di interesse della Collaborazione Cochrane. La sede
del Colloquium è il «Good
Hope Centre» di Città del Capo, grande centro congressi
in cui l’organizzazione (come
confida il dr. Jimmy Volmink,
Desmond Tutu
■■ Commissione delle chiese per gli affari internazionali del Cec
Globalizzazione e movimenti contestatori
Il controvertice organizzato a Praga in occasione dell’assemblea generale della Banca
mondiale e del Fondo monetario internazionale, che ha visto coinvolti almeno 800 manifestanti italiani, ha richiamato di nuovo l’attenzione dell’opinione pubblica sulle tematiche legate alla globalizzazione e allo squilibrio
economico fra Nord e Sud.
Fra le organizzazioni non governative coinvolte che stanno ora riflettendo su come proseguire la mobilitazione c’è anche la Commissione delle chiese per gli affari internazionali
(Ccia) del Consiglio ecumenico delle chiese
(Cec) che il 5 ottobre scorso ha partecipato,
nella persona di Annemarie Dupré, a un incontro sul tema globalizzazione e movimenti.
In queU’occasione si è evidenziata una particolare fragilità del movimento che complessivamente non è riuscito a far passare attraverso i media i contenuti di fondo della protesta.
Come avviene ormai sempre più spesso gli or
ganismi di stampa hanno evidenziato disordini a cura di una minoranza dei manifestanti e
gli interventi repressivi delle forze di polizia
(con ben 900 arresti) ma sorvolato sia sui temi
in discussione sia sul carattere composito delle forze in campo.
Ora il movimento si sta organizzando per
preparare i futuri appuntamenti: la presenza
delle Organizzazioni non governative (Ong)
durante il Summit sociale dell’Unione europea a Nizza il prossimo dicembre, la presenza
italiana durante il «controsummit» delle Ong a
Portoalegre in Brasile a fine gennaio in concomitanza con il Summit del Fondo monetario
internazionale a Davos e la presenza critica
durante il Summit del G8 a Genova nel giugno
prossimo. In Brasile sarà presente una delegazione del Cec, e a Nizza e soprattutto a Genova si prevede una folta partecipazione delle
associazioni italiane alle manifestazioni e ai
momenti seminariali di approfondimento.
presidente del comitato organizzatore locale) è stata rtieticolosa. Perfino il nome del
centro congressi, «Buona speranza», sembra di positivo
auspicio perché l’atmosfera
di collaborazione e di impegno sui temi della salute non
finisca l’ultimo giorno del
convegno (il 29 ottobre per
chi scrive), ma prosegua sia
nella meravigliosa e troppo
martoriata terra del Sud Àfrica sia in tutti gli altri paesi
della terra, anche come segno
di riconciliazione tra i popoli.
(1) La Collaborazione Cochrane è un’organizzazione internazionale non profit formata
da ricercatori, operatori sanitari e consumatori sorta ad
Oxford nel 1993 che ha lo scopo di aiutare i cittadini e i tecnici a prendere decisioni ben
informate sulla propria salute
preparando, mantenendo e
promuovendo l'accesso a revisioni sistematiche (le migliori
«evidenze») degli effetti degli
interventi sanitari. II nome deriva dall’epidemiologo inglese
Archibald Cochrane che per
primo fin dalla metà del ’900
intuì l’imporfanza di rendere
accessibili a tutti gli interventi
sanitari di dimostrata efficacia
(e solo questi).
2) «Africa. Reportages» di
Pietro Veronese, 1999,1.aterza.
M Appunti di un viaggio nei paesi baltici
L'Estonia è diventata campo
di missione di molte chiese
lAN ALBERTO SOCGIN
UNO sguardo retrospettivo al dominio sovietico,
durato quasi mezzo secolo,
conduce (con il senno di poi,
ovviamente) alla constatazione, per l’Estonia alla quale
ci limiteremo, di una serie di
elementi negativi: distruzione di opere d’arte (tra le altre
la città di Narva sull’attuale
confine) e la costruzione di
edifici mostruosi, chiamati
sarcasticamente «barocco
proletario», la liquidazione di
una fiorente agricoltura: in
seguito alla collettivizzazione
i contadini fuggirono nelle
città dove, jier uno dei paradossi del socialismo reale,
venivano assunti in qualità
di operai non specializzati
per le nuove fabbriche, una
finanza in crisi e un’economia disastrata, dalle quali il
paese sta lentamente risollevandosi, ma che si nota ancora dagli stipendi e dai salari molto bassi.
Quale futuro per l'Estonia?
Il paese spera in un ingresso nella Comunità europea
nei prossimi anni. Ancora,
tra gli elementi negativi, la
chiusura di una prestigiosa
Facoltà di teologia e uno
scarso interesse verso le facoltà umanistiche: in generale spesso un’atmosfera che
all’osservatore occidentale
superficiale può sembrare
sospettosa: ancora oggi una
certa riservatezza degli estoni viene spiegata col costume invalso nel periodo sovietico, per timore di denuncie.
Per saperne di più, e in forma diretta, ci siamo rivolti al
prof. Kalle Kasemaa, pastore
della chiesa luterana e ordinario di Antico Testamento
presso la facoltà di Teologia
dell’Università di Tartu, uno
degli artefici della sua riapertura, nel 1991.
Le confessioni presenti
Il prof. Kasemaa ci ha passato una serie di materiali dai
quali possiamo trarre i seguenti dati sulla situazione
ecclesiastica dell’Estonia.
Chiesa di assoluta maggioranza è quella luterana con
un arcivescovo, ma con solo
185.000 membri circa su di
una popolazione parlante
estone di poco più di un milione di abitanti: e di questi
pagano contribuzioni da
50.000 a 80.000 unità (in parte naturalmente nuclei familiari). Vi sono poi ortodossi
russi, circa 35.000, tra i quali
anche un nucleo di «Vecchi
credenti», insediati sulla riva
occidentale del lago Peipus
da secoli (e quindi cittadini a
tutti gli effetti), battisti, circa
6.500 (dal 1884) e metodisti,
circa 2.000 (dal 1907), avventisti, circa 2.000 (dal 1895),
pentecostali, più di 3.000 (dal
1925) e circa 3.000 cattolici. I
Cronica mancanza di fondi
La Chiesa luterana soffre,
come del resto tante altre
chiese nel mondo, di una cronica mancanza di fondi: è difficile per la popolazione impoverita, con stipendi molto
bassi, contribuire adeguatamente al mantenimento della
propria chiesa, tanto più che
gran parte dei locali di culto è
stata costruita nel Medioevo
e contiene notevoli opere
d’arte, per cui richiede alte
spese di manutenzione (nel
periodo comunista era diffi- '
Cile ottenere non solo denari
ma anche materiali per questo fine). Tali spese vengono
sostenute solo in minima
parte con aiuti statali, dato
che lo stato, anch'esso, è a
corto di fondi, anche se registra diligentemente le varie
voci presso la Soyrintendenza
alle Belle arti. È anche un
problema per la chiesa, sul
piano generale e su quello lo- i
cale, mantenere decorosamente i propri dipendenti;
pastori e altri, ma anche opere diaconali, istituti, opefe
giovanili, foresterie; solo i pastori erano ammessi nel periodo comunista, per cui oltre
al denaro manca anche il personale specializzalo che deve
essere nuovamente formato.
V
battisti collaborano confa
Facoltà di teologia statale»
danno due professori; un sa.
cerdote cattolico ormai emerito dà anch’egli lezioni sal^
tuarie all’Università.
Vi sono poi decine di chiese
«libere» oltre a fedeli di rellgioni orientali. Con la liberazione dal dominio russo che
non permetteva l’operadf
gran parte degli enti religiosi
l’Estonia è divenuta campo di
missione, talvolta esercitata
in forme aggressive, per confessioni varie, tutte estranee
alla tradizione del paese, trovando spesso terreno favorevole nelle persone sconcertate dal rapido tramonto della
ideologia marxista.
Testini
di PIERA
it'
IBI
L'amore per la musica
Una spesa particolarmente
alta è destinata alla scuola di
musica, ente necessario perché nella chiesa la musica
mantenga l’alta qualità tradizionale. Gli estoni sono un
popolo amante della musica
e specialmente del canto, eia
scuola tenta di mantenere tale alto livello. La scuola prepara anche tecnici per la manutenzione di organi, in gran
parte antichi, un altro campn
necessariamente trascurato
negli ultimi cinquant’anni,
ma non meno importante del
precedente. Non ci resta che
augurare ogni bene a questi
nostri fratelli, passati per
tante esperienze negative,
nella speranza di poter fare
qualcosa di concreto per venire in loro aiuto.
(2-finti
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Estonia: un’immagine della natura tra boschi, fiumi e laghi