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Spett. ‘ ^ ^
BIBLIOTECA VALDESE
TORRE PBLLICB
(Torino)
QJìMJÌÀ
I)ELLE»VALLI VALDISI
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno XCI — Wum. 51
Una Fopia llr(
3 0
ABBONAMENTI
Eco: L. 1.300 per rintemo
L. 1.800 per Teatero
Eco e Presenza Evangelica: per l’in-temo L. 2.000; jrer l’eslero L. 2.800
Spedia. abh. postale ■ 1 Grappo
Cambio d’indirtaao llro SO.
TORRE PELLICF, 29 Dicembre 1961
Ammin. Claudiana Torre Pellice • C.C.P. 2-17557
NELL’ETERIVn FLUIRE E RIFLUIRE RI OGNI COSA
Il Primo e rUltimo
„n fino a quando sempre le stes"D se cose? Sempre svegliarsi,
dormire, mangiare, aver fame, aver
freddo, aver caldo, e di niuna co^ si
vede la fine, ma tutte sono strette in
circolo, e fuggono e s’inseguono. La
notte caccia il giorno, il giorno caccia
la notte. Testate finisce nell’auturmo,
all’autunno sovrasta l’inverno, che è
contenuto in strettì limiti dalla primavera; tutte le cose non passano
che per ritornare; nulla di nuovo io
vedo, nulla di nuovo io faccio... ed ecco perchè molti giudicano non doloroso, ma superfluo il vivere ».
Queste smagate parole scriveva nel
L secolo dopo Cristo il filosofo Seneca, tutto imbevuto di quella visione
greca della vita che alcuni anni or
sono Adriano Tilgher mise in luce in
uno studio breve quanto magistrale.
Sappiamo che quelle parole non sono
senza eco anche in Israele, anche nel
la Sacra Scrittura; la savia parola
delTEcclesiaste basterebbe a provarlo.
cercò deludenti connubi con la visione greca.
E poi, questo ha costituito la trama
della predica.zione di Gesù e della testimonianza apostolica; la storia ha
un centro: Cristo («Il tempo è compiuto»; «la pienezza dei tempi»), ed
un fine: la manifestazione lùena e definitiva, universale, della signoria di
Cristo, il Regno di Dio, la nuova crear
zione. Con audacia sconvolgeinte la
Bibbia proclama oggi ancora, nel fluire dei secoli, nel sorgere e cadere delle civiltà e delle culture, che tutto
questo grandioso, cosmico processo
ha senso solo perchè Gesù è lì al centro, apparentemente insignificante;
in realtà colui per mezzo del quale e
in vista del quale ogni cosa esiste e
vive.
L’annuo ritorno del finire e del ricominciare, che a Capodanno si
fa particolarmente sensibile, ma che
sembra evidente in ogni attimo del
tempo, ci forza a ripensare al senso
della vita.
Siamo figli o pronipoti di una civiltà che fu essenzialmente greca; può
darsi che con Taffacciarsi alla ribalta
di altre grandi civiltà, come quella indiana, ad esempio, altre visioni della
vita si impongano, si facciano familiari; ma per noi, qui, ora, l’eredità
greca è evidente nel modo corrente di
considerare la vita, pur nel mutare
degli atteggiamenti di ogni tempo;
passata l’ondata «progressista» di
messianica fiducia nel futuro, il nostro tempo, e la nostra, generazione
in modo tutto particolare è ricadut;a
in un atteggiamento di stanco scetticismo, considerando Tetemo — e assurdo — ritorno di ogni cosa, incapaci di scorgere un senso a quest’epstenza singola e collettiva che gira in
tondo. Questo, senza che però abbiamo quasi mai il senso della fiera, tragica grandezza dell’uomo in lotta con
il destino, che costituisce il fondo così nobile ed appassionante delTantica
anima greca.
Soltanto una minoranza non troppo forte crede in un senso della storia ; coloro che attendono l’imporsi m
pieno meriggio del sole dell’avvenire,
spuntato ad oriente : i marxisti credenti sono i soli pagani di oggi che
sfuggono in qualche modo allo scettico senso delTeterno ritorno di tutte
le cose (eppure, le «purghe» cominciano a ripetersi, i «regimi» ad avvicendarsi, e ancora la violenza tracina violenza — e c’è inquietudine e m
certezza anche fra quelle fUe, poiché
la Storia segue vie così misteriose e
sconcertanti...). C’è, per loro, un futuro cui tendere, e verso cui va la
storia e l’universo; è il mito del Pr<>
gresso, edizione XX» secolo, forte delTimmensa carica umana dei miseri e
dei diseredati che vogliono un futuro
perchè non hanno avuto un passato
e a volte non hanno ancora un presente umano.
In un certo senso, quindi, la Parola di Dio non respinge affatto la
disillusa e triste visione greca della
vita; TEcclesiaste è parte integrante
del canone biblico! — e non cerca di
dimostrarci che gli eventi della esistenza p>ersonale e della storia de!
mondo haimo un loro significato interiore. Tutto è veramente senza senso e assurdo, in sè. La vita dell’uomo,
di ogni singolo uomo non è che un
susseguirsi e ripetersi di vicende ora
comiche ora tragiche, su cui non si
può porre — nel caso migliore — che
un punto interrogativo. E così è pure
per la storia dei popoli; si dice che
«la storia è maestra di vita», ma quale saggezza essa insegna?
La Bibbia dà ragione a Seneca e a
quanti come lui, considerando l’uomo
solo con sè stesso e nel suo mondo
chiuso — anche se ne allarga enormemente i confini — giudicano il vivere doloroso o, almeno, superfluo (il
che forse è più triste ancora), Aiiche
Paolo conosceva «il vano modo di vivere tramandatoci dai padri».
pace e di atti di guerra, di nobili ideali e di nauseanti bassezze — di infiniti e conturbanti «perchè?», comunque, a cui non troveremo, è bene saperlo subito, logiche spiegazioni. I
pensieri di Dio non sono i nostri pensieri. Per questo, nella misura in cui
l’Evangelo risuonerà genuino, in noi,
sentiremo fratelli, carne e sangue come noi, quanti con fierezza o con viltà, in modo angoscioso o illusorianiente superficiale vivono avvertendo
la «vanità» dell’esistenza; e ci lasce
remo dare da quanti credono nel progresso delTuomo ei lottano per esso
una buona lezione) di coraggio e di
impegno, noi che idovremmo testimoniare con ben altrimenti lieto vigore
dell’Aurora che dall’alto ci ha vietato, annnunciatrice di un Giorno finalmente davvero nuovo!
Agli uni e agli altri dobbiamo trasmettere la certezz.a apostolica : _« La
nostra fatica non è vana nel Signore », che è il Vivente, il Primo e l’Ultimo, che sprezza il circolo chiuso della nostra esistenza e la tende verso il
Suo scopo, tenendoixe i due capi nelle
Sue mani onnipotenti e pietose.
' Gino Conte
Presenza Evangelica
Un nuovo mensile per Vanno nuovo
Com'è già stato ripetutamente annunciato, ricordiamo che nel mese di
gennaio sarà lanciato un nuovo mensile protestante italiano : PRESENZA
EVANGELICA. Frutto della volontà di
collaborazione delle Chiese Metodista e Valdese, chiaramente espressa
dai rispettivi Sinodi, tale mensile sarà diretto dal Pastore Sergio Carile,
della comunità metodista di Firenze,
con un comitato di redazione paritetico metodista-valdese, i cui membri
si divideranno la più diretta responsabilità delle varie rubriche ; biblica,
di attualità ecclesiastica, politica e sociale, culturale e di spettacoli. « Presenza evangelica » uscirà mensilmente ( per ora ), a 8 pagine. Il canone
d'abbonamento è stato fissato in lire
900 per l'interno e 1.500 per l'estero. Vi sarà una possibilità di abbonamenti cumulativi ECO DELLE VALLI
- PRESENZA EVANGELICA e LUCE
PRESENZA EVANGELICA ( L. 2.000
per l'interno e L. 2.800 per l'estero).
A questo proposito, poiché parecchi ci hanno già inviato e continuano
a inviarci l'abbonamento cumulativo
ECO - LUCE, ripetiamo che attendiamo al più presto che quei lettori ci
scrivano se desiderano la restituzione
della differenza, o se li possiamo considerare abbonati al nuovo mensile,
come ci auguriamo vivamente. In caso di mancata comunicazione, considereremo accettata la seconda eventualità.
A tutti, comunque, raccomandiamo
vivamente questo nuovo mensile, da
cui ci attendiamo molto per le nostre
chiese e per l'evangelizzazione nel
nostro paese : è evidente che l'intensità dei lancio dipenderà in larga misura dalla risposta dei lettori, e il
loro entusiasmo sosterrà quello dei
redattori.
Ma nel fluire ininterrotto e ricorrente di ogni cosa, un evento
non si è ripetuto — gomena lanciata
ad ancorare alla radice della vita la
barca umana: la nascita, la morte e
la risurrezione delTuomo Gesù, figlio
di Dio. E una cosa avverrà, che non è
ancora mai avvenuta: ii rinnovarsi
della creazione intera, quando il Regno di Dio sarà venuto nella sua pienezza gloriosa: quando ogni uomo
comprenderà finalmente che il senso
della vita è in Colui che la dà, nel
servirLo, nel rallegrarsi in Lui, nei
conoscere in presenza Sua cos’è vera
comunione.
Cosi noi. Chiesa del Signor Gesù
Cristo, testimoni del suo Regno che
viene e che è già segretamente in
mezzo a noi, siamo chiamati ad incamminarci nell’anno nuovo, che si
annuncia vecchio quanto mai, ricco
come sempre di qualche vaga speranza e di molte inquietudini, di dolcezze,
certo, ma di molti dolori, di parole di
Non impareranno più la guerra
P . -ai __ 1^
Così annuncia Isiia il profeta. Noi
invece sappiamo clte dieci tonnellate
di tritolo è la poteiiza di esplosivo di
cui ogni abitante della terra potrebbe disporre, se la distribuzione fosse
fatta equamente (D. Comunque è
quanto egli ha paga^, con le sue tas-_
se, il suo lavoro, iS ¿ua fame; GOSf
ogni uomo che vive sulla terra: tu
che leggi, come ciascuno dei bimbi
che ogni mattina dagli Indiritti scendono a Ghigo a scuola, gli uomini
che si affollano su una piazza del Cairo o in un mercato di Lima o in una
via di Irkutsk, la gente che fa la coda davanti alla fermata di un autobus a Londra... per ciascuno di loro è
a disposizione una forza esplosiva di
10 tonnellate di tritolo. 10 tonnellate
a persona: per me e la mia famiglia
son già 50 tonnellate: una quantità
rispettabile! Ogni bambino che nasce
riceve alla nascita un nome, una nazionalità e una dotazione di 10 tonneiate di esplosivo, anche se non tutti
nati riceveranno poi abbastanza da
mangiare e molti morranno nel primo
anno di vita; anche se per la grande
(1) « Si è calcolato clic gli Stali Uniti .
TU.R.S.S. possiedono insieme materiale
esplosivo che corrisponde a circa 30 miliardi di tonnellate di tritolo: cioè circa
dieci tonnellate per ogni abitante del mondo ». Community of Fear, Santa Barbara,
California, 1960, pag. 12.
Non ho parlato della Chiesa, perchè... è difficile affermare che la
Chiesa abbia sempre un suo atteggiamento particolare. Molti, nelle chiese. sono coloro che intimamente, confusamente aderiscono allo stanco
scetticismo degli uni, e alcuni alle
messianiche speranze degli altri. Ma
è difficile dire in che misura la Ghie
sa del Signor Gesù Cristo, oggi, net
suo insieme, sappia rendere testimonianza a Colui che si presenta come
il Signore del mondo e della storia,
giudice del passato e padrone del futuro, che è futuro Suo soltanto.
E’ quindi più giusto dire, oggi, di
fronte alTeterno fluire e rifluire di
ogni cosa, alla saggezza smagata degli uni (che assai spesso non ha alcuna grandezzza ma è unicamente
ignavia e viltà) e alle un po’ ingenue
speranze degli altri — che TEvangelo
dell’Iddio vivente e redentore afferma che la storia ed U mondo hanno
un senso, una direzione, uno scopo,
dati dal dì fuori, dall’alto. Questo ha
già caratterizzato la rivelazione ad
Israele; e se talvolta Israele faceva,
a paragone con la cultura greca, figura di popolo un po’ zotico, che condivideva con altre genti incolte una
visione del mondo piuttosto priimtiva, quale forza ineguagliabile nelTannuncio profetico di Jahveh signore
della storia e dei popoli, del presente
e del futuro, Dio vivente che si fa
conoscere e non è inventato dalla
fantasia religiosa delTuomo! Solo
quando la fede d’Israele s’imbastardì.
Goa - Oamào - Diu
]\ie volfìiiano farn
un’altra Stalingrado
maggioranza di loro non vi saranno
scuole e vi sarà soltanto miseria e fame per tutta la vita. Ma nei depositi
segreti delle grandi potenze vi sono
già pronte dieci tonnellate di esplosivo a persona, per tutelare beninteso
11 loro diritto alla vita, la loro libertà
■'é l’onore dei' loro paesi. *■
Ora dobbiamo addirittura abituarci
all’idea che una guerra in cui vengano impiegati più o meno contemporaneamente 30 miliardi di tonnellate
li tritolo (30.000 megaton, avvertono
i tecnici) sia una guerra che è possibile combattere e alla quale è possibile sopravvivere. Bisogna fare delle
esercitazioni di « difesa » antinuclea:<-e Si costruiscono rifugi, si impartiscono istruzioni. I cittadini di paesi
per altro evoluti e intelligenti come
gli Stati Uniti, la Svezia, TOlanda,
presumibilmente TURSS, si dispongono come scolaretti ubbidienti ad eseguire a puntino le istruzioni, preparano i loro bagagli, si avvolgono in
vecchie coperte e si stendono sotto il
tavolo (in mancanza di meglio), mettono pane e cacio in sacchetti anti
radioattivi e soprattutto si preparano, quando le loro città saranno un
go, i loro congiunti saranno disintegrati, il loro mondo sarà un cumulo
di rovine e di ceneri radioattive che
che nessuno potrà mai ricostruire, se
avranno la ventura di sopravvivere e
se non correranno inutilmente in cerca di medicamenti e cure che non
- potranno ottenere, se non avranno
perduta la ragione... soprattutto si
preparano a « continuare a combattere », come avvertono senza l’ombra di
humour i manuali militari. Continua3 a combattere contro un nemico ridotto nelle medesime condizioni, che
ha più o meno i medesimi motivi per
combattere; la difesa della giustizia,
della pace, della libertà, del diritto alla vita.
distruggere di nuovo la terra, anche
se la distruzione fosse voluta e creata
dall’uomo suicida. Noi crediamo ohe
Gesù Cristo è il Signore di questo
mondo e che questo mondo perciò non
sarà distrutto, ma sarà comunque
preservato da lui che ha dato la sua
vita pei il mondo.
E’ una dichiarazione di fede. Sappiamo ohe non è fatale che una guerra nucleare distrugga la terra; non
perchè siamo convinti che il buon
senso trionferà, perchè non crediamo
affatto nel buon senso delTuomo. Ma
sappiamo che la guerra non è fatale,
perchè Cristo ha liberato il mondo
dalla potenza del fato e Tha sostituita con la potenza del suo amore. Il
mondo non sarà distrutto, perchè il
sacrificio di Cristo non può essere reso vano. E per questo e nonostante
tutto continuiamo a vivere la vita di
ogni giorno con le famiglie che il Signore ci ha dato, (...) a manifestare
la nostra volontà di servizio nel mondo, guardando al domani con fiducia
come se questa grande minaccia non
pendesse sulla terra.
Giorgio Girardet
(continua in 4.a pag.)
.Aid asrt-ollare Salazar, Goa, Dainào e Diu
avrebbero dovuto riduirsi in altrettante Stalingrado. Infatti veniva da ricordare la
roca voce di Hitler ordinare: « Resa esdu.
sa. Resistere fino alTultima carturda e alTnllimo uomo » (la si può riiudtire nolla
introduzione alle « Lettere da Stalingra
do », registrate BU disco), leggendo che il
dittatore portngheise aveva ordinato resistenza ad oltranza nei territori d’oltremare che il PortoigaUo conservava sulla costa occiidentale deU’India, per difendere il
prestigio nazionale.
Fortunatamente, non c’è stata una nuova
SlaJinignado; i portoghesi più direttamente
intereiisati, non abbastanza confortali dal
fatto che nella cattedrale di Lisbona e
nelle principali chiese della patria si dicessero messe per loro, quando hanno visto che gl’indiani, iPer terra e per mare e
dal cielo, facevano .sul iserio, non hanno
insistito in una resistenza che sarebbe stata so.l'tanto un assurdo suicidio. Tuttavia,
vi sono state alcune centinaia di morti,
« morti per niente, presto dimenticati »:
a loro si addicono più che mai le paro-le
dell’Arciere dii Vittorio Calvino.
Ora la bandiera indiana eventola su questi che furono tre ricchi anche se relativamente piccoli possedimenti portoghesi,
e ohe oggi — è bene 'chiarirlo — erano
non solo delle ingiuste e assurde enolaves
straniere in 'terra indiana, ma potenziali
basi della NATO in avanzata zona asia
tica, presenza quanto mai compromettente per dii cerca, come l’India di Nehni, un
difficile equilibrio fra Oriente e Occidente. Perciò è vera, ma interessatamente virtuosa la prolcsla di alcune nazioni occidentali, elle proclamano crollalo il mito
della non-violenza di Neliru. D’altra parda quanto tempo era stato diieslo al
Portogalìo di mettersi a lavulino e trat
L’oira dei conli — sagacemente prevenuta dagli inglesi e già giunta per francesi e
belgi — isla suonando anche per le colonie
portoghesi. Ed è triste e rivolunle che
dovunque indigeni e umili coloni e soldati
(per i mercenari, è un’altra cosa) debbano
pagare, cosi spesso con la vita, 'gli errori,
{’ottusa cocciutaggine, il caparbio interesse di .pad'roni del vapore thè a tavolino
lanciano proclami 'Sul prestigio nazionale.
Comunque, la ■oliiesa del Buon Gesù, a
Goa, dove sono conservale le reliquie di
San Francesco Xavier — Taposlo'lo dell’India — è stala preservata. Morti, riposate in pace.
— In vent’anni il numero delle chiese
) cappelle evangeliche nell’America latina
passato da 3.000 a 26.000 (dalla rivista
cattolica Lfi Igle.sia); nel frattempo il numero dei pastori sarebbe salilo da 1.700 a
.100.
Ci SÌ domanda come si possa resta
re indifferenti. Come ci si possa preparare realmente a « combattere » un
conflitto nucleare. « Certo — dicono e
sperano molti — i responsabili della
politica, i capi delle grandi nazioni
sono uomini responsabili e di sangue
freddo». Non ne dubitiamo, ma sono
uomini e se hanno costruito queste
armi è perchè pensano comunque all’eventualità di fame uso e in ogni
modo sono pronti a farlo. E l’eventualità potrebbe venire più facilmente di
quel che ci illudiamo, soprattutto se
i popoli sì abituano all’idea che una
^erra nucleare è inevitabile e che
in qualche modo sarà possibile sopravvivere, come sta avvenendo ora!
La guerra potrebbe scoppiare per false informazioni, per un colpo di testa
di generali (pensate se Salan avesse
avuto la possibilità di disporre di una
bomba H); per estensione fatale di
una guerra «locale», per errori di
strumenti o di valutazione, magari
contro la volontà dei capi politici responsabili.
* * *
Noi ricordiamo qui la promessa che
Dio ha fatto a Noè dopo il diluvio :
« Finché la terra diurerà, semente e
raccolto, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno
mai». Un nuovo diluvio non verrà a
Legge scolastica
e unità nazionale
Anche in Francia, come in Italia
— se pure in condizioni molto diverse — si sta combattendo una lotta
serrata per la scuola. Interesserà
quindi anche in Italia, in un modo
particolare, questa recente dichiarazione della Federazione Protestante
del l’Insegnamento :
« LA FEDERAZIONE PROTESTANTE DELL’INSEGNAMENTO constata che la legge scolastica del 31 dicembre 1959, contrariamente alla speranza espressa dai suoi più eminenti
promotori, in meno di due anni ha
già aggravato le tensioni esistenti, sta
creandone di nuove in seno a numevose Associazioni di genitori di alun.ii, e rende difficile il comipito di quanti si consacrano ad un’opera di riconciliazione negli istituti di pubblica
istruzione.
« Mette in guardia l’opinione pubblica contro un progetto, complementare di questa legge, di sovvenzione
statale all’insegnamento superiore cattolico, primo passo verso la concessione della parincazione di questo inse
giiamento. Nel momento in cui il sen
so della signoria di Cristo e io sean
aalo delle divisioni cristiane ispiri
tante iniziative nuove e rallegranti
augura ardentemente che nessuna a
.j ueste sia controbattuta o riscni u
essere annullata dalla ricerca di pn
viiegi temporali, altrettanto nefasti
per il credito della stessa fede cristia
na quanto per l’unità della nazione >:
Sono parole che possiamo, dobbis
mo ripetere alla lettera, al di qua de:
le Alpi, pesandole una ad una e chi«
dendo che una ad una siano ascolti
te e meditate seriamente, da quant
cattolici desiderano sinceramente cì
pi rei.
2
pag. î
L’ECO DEU£ VAU.I VALDESI
N. 51 — 29 «ttoemÜM'e 1%1
Fai srienzio davanti
all’Elerno e aspettalo”
Salmo 37: 7
Nel nostro linguaggio comune, uno
che aspetta è un uomo passivo,
uno che si annoia senza far niente di
interessante: quanto tempo passiamo
ad aspettare, e come ci secchiamo di
perdere tempo: l’autobus che non arriva, il meccanico che non ha riparato la macchina, il pranzo che non è
pronto... H tempo, di solito così breve, ci sembra insopportabilmente lungo in questi casi: non ci piace aspettare.
Anche nella Bibbia la parola
« aspettare » compare molte volte, ma
non ha un senso peggiorativo: anzi
essa sembra una parola piena di forza e di serenità. Infatti nella Bibbia
« aspettare » significa « attendere ».
cioè « tendere verso », aspirare a qualcosa : perciò nella Scrittura siamo
continuamente esortati ad aspettare il
Signore, o ad attendere il Suo Regno
e un’attesa di tal genere non è una
cosa noiosa o passiva, ma un continuo
stimolo all’azione: chi attende il Regno di Dio è inevitabilmente spinto
ad operare in vista della Sua venuta.
Anzi, possiamo dire che solo chi attende il Regno di Dio riceve il coraggio e la costanza necessari per operare sempre, senza scoraggiarsi mai:
se siamo certi che il Regno viene, allora ogni azione fatta nello spirito di
questo Regno sarà necessariamente
un’azione utile e duratura.
Nella storia passata molti grandi
credenti hanno realizzato di più
che gli increduli non perchè fossero
moralmente superiori (anche se forse
lo erano), ma semplicemente perchè
erano così sicuri di operare in vista
dell’avanzamento del Regno di Dio,
che nessun ostacolo e nessuna sconfitta poteva fermarli: per il credente
che attende la manifestozione del Regno di Cristo, ogni sconfitta è comunione alla croce del Signore, ed ogni
vittoria è comunione alla Sua risurrezione: vittorie e sconfitte conducono dunque ineluttabilmente verso il
totale adempimento della volontà di
Dio.
Molti grandi uomini hanno rovinato l’opera di tutta la loro vita perchè
si sono lasciati prendere dalla fretta
di realizzare, di concludere qualcosa
di importante prima che fosse troppo
tardi: il credente non conosce questa
fretta pagana, perchè sa che Isacco
fu dato alla vecchiaia di Abramo, e
non alla sua giovinezza fisica e psicologica; perchè sa che la vittoria del
Signore è avvenuta il mattino di Pasqua, quando ormai tutti — amici e
nemici — credevano che fosse troppo
tardi, che non ci fosse più niente da
aspettare.
Quando siamo certi che il Regno
viene e che Dio ci ha chiamati a collaborare a questo Regno, noi passiamo aspettare con tranquilla fiducia che
Dio scelga il momento buono per farci compiere l’opera della nostra vita,
quell’opera da cui si vedrà che la nostra vita è salvata, cioè non è stata
inutile, ma ha servito a Dio come materiale da costruzione per il Suo Regno.
In questo stato d’animo noi dobbiamo avviarci nell’anno nuovo: molte cose ci aspettano, molte cose confusamente spariamo: la soluzione di un
problema affettivo o familiare, o d’un
problema di lavoro, o d’un problema
spirituale, o la guarigione d’una malattia. Ebbene, noi possiamo essere
certi che tutte queste cose ci saranno
date se sapremo concentrare tutta la
nostra attesa nella prospettiva del Regno di Dio, ed ameremo questo Regno al di sopra di ogni cosa nostra.
Il giornale « Riforme » ha intervistato, per la scorsa fine d’anno, varie
persone, più o meno credenti, domandando loro : « Che cosa vi aspettate? », Riassumiamo due rispx)ste opposte e significative:
— Una giovane signora, elegante e
benestante : « Non credo abbastanza
per attendere che Cristo intervenga
nella mia vita. Lo desidero, ma lo temo anche. Ho paura che mi chieda
di abbandonare tropp« cose, come la
mia vita facile, per esempio. Ma in
fondo questo aspetto: di avere abbastanza coraggio per voltare la schiena al mio egoismo e cessare di dire
no ».
— Uno scienziato, professore di fisica, 40 anni: « A vent’anni aspettavo molte cose e avevo molti problemi: molti li ho risolti, altri li ho lasciati da parte. Posso dire di essere
un uomo fortunato: ho una moglie
che mi aiuta, dei figli che mi danno
delle soddisfazioni, dei buoni amici,
delle respxmsabilità nella chiesa. Amo
il mio mestiere: è quello che ho sempre desiderato di fare: ma non me ne
attendo gran che nell’immediato; contrariamente alla maggior parte dei
miei confratelli, non credo di ’servire
l’umanità’ ; mi limito a partecipare
allo studio del mondo che ci circonda. Ma umanamente p>arlando, non
attendo nulla, se non il ritorno glorioso di Cristo, il giorno in cui Egli
vorrà ».
A quale di questi due tipi d’uomo
apparteniamo? Siamo credenti
infantili, ancora prigionieri di noi stessi e della nostra pigrizia spirituale e
morale? O siamo, come il nostro
scienziato, dei credenti giunti ad un
sorprendente grado di maturità, con
i piedi ben piantati in terra, ma pure
con la rigorosa certezza che c’è una
cosa sola che vale, ed è il Regno di
Dio?
Questa non è una domanda retorica, e non è neanche una domanda teorica, a cui si possa dare una teorica
risposta; è un problema a cui dobbiamo dare una risposta pratica durante questo 1962, A.D.
Giorgio Bouchard
ÜD commcDto
a Nuova Delhi
Le Chiese cecoslovacehe hanno pubblicato un primo commento dedicato alla re.
cente Assemblea ecumenica. In particolare
esse rilevano con gioia che « il tema generale non solo garantisce un giusto fondamento cristologico al lavoro dell’Assemblea, ma è anche un reale passo avanti
verso una reale unità, indicando Gesù Cristo quale definitivo punto d’arrivo teologico e pratico dell’unità. Sulla base della
loro esperienza nel lavoro ecumenico in
patria, le Chiese membre in Cecoslovacchia appoggiano caldamente la tendenza
sempre più chiaramente prevalente nello
sforzo ecumenico di vedere in un comune
orientamento criistologico la più reaMstica strada per divenire una vera e reale
Chiesa» (iPCC).
Operazione Oran) Bharati:
pieno snccesso
Si ricorderà che le offerte raccolte dalle
Ciñese protestanti dei Cantoni elvetici di
¡Neuchâtel, Vaud e Fribourg — in occasione del Jeûne Fédéral -—. erano state in buona parte dedicate ad un centro rurale e
sociale a Gram JBharati, in una regione fra
le più depresse, in ogni senso, dell’India.
Giungono le notizie più rallegranti —
come lifeniace rS.P.P. — itramite M. Sìchellmann, uno dei Seigietari dell’Aiuto svizzero all’estero, che è rientrato da un viaggio di studio in India. E’ in costruzione
una centrale del latte, una stalla e un deposito per il fieno. Stanno per arrivare delle macchine agricolej con trattore e rimorchio, e sta per iniziare la costruzione di
un edificio scolastico (di grado secondario),
comprendente sei classi, un laboratorio e
altri locali.
Si compie un lavoro intenso. Quella piccola e attiva comunità indiana sarà fra poco autonoma, e potfà irraggiare beneficamente anche su tutti i villaggi circostanti.
Una volta ancora «i realizza che se l’aiu) ai paesi in sviluppo vuol essere efficace,
deve consistere in un appoggio temporaneo
i adeguato a permettere alle forze autoctoe di esplicarsi. A Gram Bharati questo
scopo sta per essere raggiunto nel modo
più felice.
« La parila è stata fatta carne
ed ha abitato in mezzo a noi ».
Possedere la propria aoima
Non è vero che Dio non ti parli.
Sei tu che non ti fermi ad ascoltare
perchè hai fretta di correre
lungo il torrente dei tuoi desideri e dei tuoi timori.
Anima mutevole
senza unità, dispersa neU’affanno
senza vita intima, senza alcun reale possesso
foglia portata dai mille venti delle passioni
anima morta: risvegliati
Possiedi te stesso
Possiedi il tuo Dio.
Lo spirito di verità e di vita.
L’anima vivente è un atto di pace e di pietà:
di pace con Dio e di pietà verso gli uomini.
Fermati, ascolta, ubbidisci e conoscerai.
Conoscerai il sommo bene che governa l’universo
sostanza vitale dell’anima.
La tua vita
scorrerà limpida e calma in unità
quando si possiederà intimamente
camminando costantemente raccolta
in un’intima verità eterna, assoluta.
Gli eventi mutano
nascono e tramontano civiltà
nell’incessante correre del fiume della vita.
Tu costruisci la civiltà dell’anima tua
nel possesso della verità che permane
anima del mondo, luce della terra.
Volgi la tua mente alle cose che non si vedono
poiché esse solo sono eterne.
Poni il tuo cuore nel tesoro che non muta per mutar di eventi.
____________ Carlo Lupo
Siamo lieti di annunciare che è in preparazione la pubblicazione di un volume
w di poesie del Pastore Carlo Lupo, che nella sua prova sa trovare un’occasione di
J porsi in ascolto della Parola, e di testimoniare. Gli rivolgiamo il nostro pensiero
J ed augurio fraterno. (iN. d. r.)
;
Sono uscite
Meditazioni ßiblietie
E’ uscito il volumetto delle
MEDITAZIONI BIBLICHE che
anche quest’anno un gruppo di
pastori ha preparato per accompagnare la lettura quotidiana,
sulla traccia del Lezionario Bihlicoi 1962, curato — come la
precedente pubblicazione — dalla Commissione Biblica della
Chiesa Valdese.
Parecchi fratelli e diverse
chiese ci hanno già fatto pervenire la loro prenotazione. Raccomandiamo vivamente agli altri di non trascurare questo
umile ma importante servizio.
Le Meditazioni sono in vendita
a L. 250 la copia, il Lezionario
a L. 25: richiedeteli alla Claudiana, per Ite Valli Valdesi a
Torre Pellice, per le altre regioni a Torino, Via Principe Tommaso 1.
KATANGA
Mensonges et vérité
Le problème kaiLngais est loin d’être résolu, malheureusement. Nous pensons qUe
nos lecteurs seront ^ intéressés à connaître
cet article paru dahs l’hebdomadaire protestant belge, dont he pasteur A. Mascaux
est le directeur. (IN. d. 1. r.)
Un éminent chef d’Eglise a prononcé, paraît-il, un jour, ces paroles: «Dans noire
position, il vaut mieux se taire que de parler ». Sans que nous occupions, et de très
loin, la situation particulièrement élevée de
cet homme, nous éprouvons parfois la même tentation. Toutefois, ce ne sont pas des
raisons politiques — et une certaine politique ecdésdaistique est des plus mauvaises
— qui nous poussent au silence. Deux obstacles difficiles à franchir barrent le chemin
de celui qui ne voudrait émettre, sur des
événements graves et troublants, que des
jugements droits.
Le premier c’est l’inextricable embroussaillement de l’information. Information
manifestement dirigée et inspirée par des
politiques dont les intérêts, nationaux, internationaux et financiers, sont aussi divergents que considérables. Au surplus, a
moins d’avoir la possibilité de s’avancer,
en cheval de Troie, dans la place elle-même, il est presque impossible de fixer les
positions antagoniisle», tant elles sont liabi
tuellement camouflées derrière les rideaux
dr fumée puant le mensonge.
Le deuxième c’est la passion partisane,
et souvent tout aussi intéressée que celle
des informateurs, du peuple qui ne devrait
réclamer que la vérité. Or, il se laisse, avec
tant d’inconsciente bonne volonté, intoxiquer par les affirmations massives de son
unique journal, qu’il devient incapable de
libre réflexion. A un point tel qu’oser affirmer, chez nous, que les méthodes d’intoxication psychologiques sont presque autant utilisées à l’Ouest qu’à l’Est, peut nous
rendre suspects.
Tout ce long et prudent préambule pour
expliquer notre embarras de prendre position en l’affaire katangaise. Déjà ce simple
aveau d’impuissance peut susciter les réactions violentes de ceux pour lesquels,
passionnément, la chose est claire. Certains s’exclament; « Vous ne voulez donc
pas voir ce qui est pourtant clair: l’inqualifiable attitude de FOIN U, fondée pourtant
pour maintenir la paix là où la violence
risque de faire éclater la guerre, qui prend
parti dans un lonflit interne, tire des coups
de canon ou lâche des bombes sur un hôpital et des ambulances de la Croix-Rouge
sans respect des civils, essaye de détruire
les organes essentiels de l’industrie minière...? ».
Certes, chacun peut constater que l’action
de l’ONU, telle qu’elle est conduite au Katanga, n’est pas pure et qu’elle fait courir
à la plus haute autorité internationale —
In margine alla conclusione del processo
EICHMANN
Come è noto il processo Eichmann
si è concluso con la condanna a morte dell’imputato. La sentenza è una
comune sentenza, non ha la grandiosità del delitto nè l’imponenza del processo e della documentazione che ne
; venuta fuori. Lascia quasi delusi
per il suo carattere comune; ci si sarebbe quasi aspettati una sentenza
eccezionale come eccezionale era l’uo
mo che era da giudicare e come eccezionali erano il delitto e il processo.
Non ci si poteva aspettare, logicamente, una sentenza eccezionale; ma
in fondo lo si desiderava, se ne intuiva l’opportunità.
Questa sentenza cosi comune, anche se tragica, inserita nel contesto
in cui è inserita, non è, però, priva di
interesse per noi e fa nascere spontanee alcune riflessioni. Innanzitutto
brilla di una luce tutta particolare il
contrasto fra questa sentenza e quella emessa in im caso altrettanto anzi, molto più — eccezionale quasi
venti secoli fa in quello Stesso Stato
d’Israele. Per quest’ultima, un solo
uomo — il Cristo — si caricava della
remissione totale di una quantità inverosimile di peccato di tutta l’umanità; per la prima, l’umanità — poiché dell’intera umanità si tratta, e
non solo dei giudici materiali che
hanno formulato la sentenza — rifiuta di incaricarsi dell’assoluzione meramente giuridica dalla quantità sia
pure inverosimile di peccato di un
solo uomo — Adolfo Eichmann.
E spicca ancora di più il contrasto
se si pensa che questa umanità, che
pure non difetta di male, quando si
tratta di fare la sua giustizia rendendo male per male, si trova in questo
caso imbrigliata. Di solito è più facile punire troppo che non punire abbastanza; questa volta è imix>ssibile
punire abbastanza. Molti reclamano
per Eichmann una pena superiore ala semplice impiccagione, pur rendendosi conto che, per barbara che essa
la, non riuscirà mai a fare giustizia.
Per ima volta che si vorrebbe fare
giustizia non si riesce, neppure con
quello che è il nostro forte: la violen.a. Di solito è molto difScile perdonare; questa volta, anche punendo
coi mezzi più brutali, si finisce per
perdonare la maggior parte dell’offesa. Non che Eichmann sia il solo responsabile del delitto per il quale è
giudicato, ma queste riflessioni sono
valide anche senza sopravalutare la
sua responsabilità.
Il Cristo aveva i mezzi per far sì
che la sentenza pronunciata contro di
Lui avesse valore, anche se non il
valore auspicato da chi l’aveva emessa Oggi gli uomini non hanno i mezzi per adeguarsi a quanto richiederebje il delitto.
Significativo è anche il contrasto
fra le varie opinioni emesse. Oltre a
quelli che reclamano una pena barbara quanto più possibile ci sono quelli che dicono che ad Eichmann non
si può far niente. Accanto a quelli
che pensano sia mancanza di sensibilità morale il parlare di perdono in
un caso come questo, ci sono quelli
che pensano sia che si può ancora
parlare di perdono, sia che l’infliggere
ad Eichmann una pena qualunque sia
una pagliacciata — simile ai casi in
cui si infligge la multa simbolica di
una lira — ma in un caso in cui c’è
troppa serietà pierchè ci si possano
permettere pagliacciate. Un contrasto
j.ra due sensibilità morali che forse
sono altrettanto valide.
Perciò, proprio mentre cerchiamo
ancora una volta invano di capire
Eichmann, egli ci chiede se abbiamo
capito noi stessi e quei principi morali in base ai quali ci sentiamo in
diritto di processarlo e condannarlo.
c. t.
intérieurement déchirée — le danger de
se déconsidérer aux yeux de ceux qui
avaient mis leur confiance en elle. Mais
pourquoi des peuples puissants ou des blocs
de puissances veulent-ils faire de FONU
l’instrument de leur propre politique au
lieu de ^sauvegarder jalorasement son indépendance, garantie d’une plus sûre justice internationale?
D’autres nous diront : « Vous ne voyez
donc pas que le Katanga ne représente pas
un peuple — d’ailleurs il n’y a pas d’unité
do race dans cette province — mais union
d’intérêts financiers dont sont évidemment
solidaires les Européens, et en particulier
les Belges, dont le souci n’est pas le bienêtre du Congo tout entier mai celui de la
contrée qui les fait vivre. S’ils se disent
Katangais et payent des mercenaires <-ompétents c’est dans leur propre intérêt et
Moïse Tshombé n’est entre leurs mains
qu’un pantin grassement huilé ».
Ceux qui parlent ainsi ont sans doute raison de leur point de vue. Mais comment
expliquer honnêtement les successifs revirements de la politique belge qui n’a pour
peu contribué à compliquer une situation
déjà fort difficile, tant pour nos compatriotes du Katanga que pour Faction de FONU ?
Notre gouvernement d’abord favorable au
gouvernement central — contre Lumumba
— prit ensuite parti pour le séparatisme
katangais avant d’opérer, il n’y a pas longtemps, un spectaculaire revirement en fa
venir de l’unité congolaiise. Comment s’étonner encore que le prestige de la Belgique
s’amenui,se sans cesse sur le plan internaticnal et que ne souffrent pas injustement
sur le sol afric.ain ceux de nos i-oncîtoyens
qui veulent soit y gagner honnêtement leur
vie soit même mettre leur savoir au service fraternel des Congolais?
Comment discerner encore une voie juste
et droite au milieu de tant de discordantes
injustices? Il reste, pour les chrétiens, l’appel à la repentance et le retour obéissant
à Celui que la Conférence de New Delhi a
célébré par des fldts de discours comme
étant la lumière du monde — y compris la
Belgique et le Congo. A. Mascaux
La Lbìesa Riformata di Francia
riconosce nuove forme di ministeri
PAlRlS. — All’inizio delil’a-ulunno 1961
il ministero di Roger Barraud, capo dei
«Compagnons du Jourdain» è stato riconosciuto ed assunto dàlia Commissione nazionale d’evangelizzazisne della Chiesa Riformata di Francia. In tal modo quella Chiesa mostrava di ammettere nel suo seno altri ministeri oltre a quelli tradizionali.
D’altra parte nel corso del Sinodo della
regione parigina della medesima Chiesa
(24-26 novembre), è stato annunciato il confluire del Centro di Villemétrie nella Commissione regionale (d’evangelizzazione. La
Chiesa riformata diiFrancia riconosce dunque non solo dei anovi ministeri, ma anche nuove forme di strutture per l’edificazione della Chiesa e per l’evangelizzazione
del mondo. (B.I.P.)
3
29 dicemlwe 1961 — N. 51
L’ECO DELLE VALU VALDESI
Lasciamoli essere pastori
e siamo laici veri
In una comunità delle Valli Vaidesi è morto qualche tempo fa un ragazzo che era stato al centro di una
commovente vicenda; costretto all’immobilità dalla malattia, per l’affettuoso interessamento di un maestro elementare aveva ottenuto da un giornale torinese un televisore che lo distraeva e lo rallegrava. In occasione
della sua dipartenza ci è stato possibile riflettere su alcuni aspetti della
missione pastorale e dell’opera della
chiesa che qui sottoponiamo ai lettori.
Si è assistito infatti al caso di una
giovane anima, con tutta probabilità
predisposta dalla malattia e dall’inazione a nutrire sentimenti di invidia
e di disperazione, di risentimento e di
paura, condotta invece alla serena fiducia ed all’accettazione, dall’affetto
di chi costantemente la seguiva. Ed il
giorno prima del trapasso si è visto il
pastore che sempre aveva assistito il
ragazzo parlargli un’ultima volta e
prepararlo letteralmente al trapasso,
con l’esposizione semplice ma approfondita della dottrina biblica e con la
preghiera, suscitando in lui la serenità, nei presenti una commozione intensa, quasi incredula, come dinanzi
ad un fatto inverosimile. Ecco, mi sono permesso di esporre una vicenda
« deamicisiana », che a molti parrà
sentimentalismo puro; ma, riflettiamo,
quanti discorsi vani e quanti problemi, sbandierati spesso e volentieri, si
dileguano davanti a questo fatto!
Ecco una famiglia per la quale le
parole « carità di Cristo » e « amatevi gli uni gli altri » ed altre ancora,
non sono inutili; ecco un cattolico che
in modo concreto si è reso conto di
quello che è la fede protestante riguardo all’al di là; ecco una dimostrazione di quello che può fare la cura
d’anime, complemento indispensabile
deila predicazione; ben diversa — non
è vero? — dalla cosiddetta « visita
del pastore » che si risolve talvolta in
una lazza di tè e in due chiacchiere
sul tempo che fa oggi.
Da ciò derivano'le seguenti osservazioni: a) Non trascurino i pastori
una attività « pastorale », cioè di cura
del gregge nelle sue case e nei vari
momenti lieti e tristi della vita: ma
si mostrino presenti e vivi in essa non
con la redingote ufliciale nè con discorsi che (per voler essere alla buona) finiscono col non essere del Pastore, della Bibbia. Alla buona devono essere le parole, gli atteggiamenti,
gli eventuali scherzi o le pacche sulla
schiena ai giovanotti, ma il messaggio deve essere quello che ci si aspetta dal Pastore e non da un amico
qualsiasi, affettuoso e fraterno finché
si vuole, ma non necessariamente credente.
b) Imparare a trattare col prossimo
da amico e da pastore insieme non è
facile: diremmo che sia più che altro
un dono. Ma non dovrebbe essere impossibile a chi forma ed istruisce i futuri pastori di richiamarli a questo
aspetto decisivo del loro ministerio.
Non è questione di farne degli attori
che pesino le parole ed i gesti; ma di
incoraggiare le loro tendenze alla cura
d’anime attraverso il contatto umano,
la simpatia (quella vera: soffrire insieme! - non quella dei biglietti da
visita) o cercare di suscitarle in essi al
massimo.
c) C’è anche un ammonimento per
la chiesa nel suo insieme e per le singole comunità: diamo una buona volta ai nostri Pastori la possibilità ed
il tempo di fare i Pastori, invece di
costringerli a fare: i segretari, i cassieri, gli amministratori, i correttori
di bozze, i fattorini (!), gli incisori di
nastri di magnetofono ad uso recite
deirUnione giovanile, i ciclostilatori
di foglietti vari, i distributori di formaggio e farina gialla, i costruttori
di case ecc.l
E’ vero che qualche volta sono essi
stessi che desiderano occuparsi di tali
cose, ognuno secondo i suoi doni; ma
non è forse vero che sono pochi i giovani dell’Unione, i membri di società
maschili e femminili, i fratelli di chiep non troppo impegnatj in cose loro
(e dotati di qualche capacità), i quali
* La Chiesa di Scozia ha ota il suo prhno
cappellano di fabbrica a pìfac tempo, ohe
lavorerà con l’approvaziont dei propirie'
lari e dei sindacali o>perai. H designato ha
già lavoralo parzialmente, negli ultimi
unni, in un’impresa industriale.
mettono a disposizione un pochino del
loro tempo per alleviare il pastore da
incombenze varie, e permettergli di
fare il Pastore?
Non è forse vero che molti trovano
da ridire a che il pastore abbia un’automobile (per lo più piccola e spesso
vecchia) come se fosse un lusso (?!)
mentre tutti sanno che oggi nessun
lavoratore, costretto dal suo mestiere
a spostarsi spesso, rimane privo di
una macchina anche modesta? Rinfacciare l’utilitaria al pastore non è
lo stesso che dirgli ; « lavora di meno »? Non muovere un dito per aiutarlo nei lavori sopra elencati non è
lo stesso che dire: « non è necessario
leggere, studiare, preparare i sermoni,
fare molte visite »? E’ mai possibile
che noi pretendiamo dai pastori una
preparazione universitaria per poi farli lavorare come commessi, tipografi,
muratori, spalatori, ecc.? Quando si
parla di finanze e di contribuzioni, si
cita volentieri l’esempio di quei pochi
che danno alla Chiesa l’equivalente
di una settimana o di un mese di stipendio. Pensate un po’ che succederebbe se tutti ! indistintamente i membri della nastra chiesa le regalassero
(oltre alla contribuzione!) un’ora alla
settimana di lavoro concreto, produttivo, serio, giudizioso; non fatto per
forza o con la testa nel sacco, in una
parola falso come le monete che qualche volta si trovano nelle collette...
Ferruccio Corsami
Sotto il sole ardente o sotto una coltre di neve
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aiiDiiaiiD m
NATALE 1960
Un piccolo villaggio, sulla sponda
del torrentello Nasansu, affluente dello ZambesL
Su uno piazzo in mezzo alle capanne tre misaonari valdesi si sono seduti sotto runico albero che offra un
po’ d’ombra, circondati da una trentina di neo-convertiti e di simpatizzanti della Parola.
Alcuni giovani lavoratori, impiegati
presso coloni sud-africani, approfittando otella loro giornata di libertà
si sono uniti a noi. Simone, uno di loro, è già battezzato, e dirige con foga
i canti di circostanza che ha insegna
to ai compag^ii e alle ragazze che studiano nelle scuole di Livingstone. Peter — l’evangelista — e due laici cristiani portano anche loro il messaggio di Natale.
Lydia, che per una quindicina d’anni è stata Tunica cristiana, in quel
villaggio, oggi è felice, e dal aro viso
emana la gioia di vedersi circondata
da donne e da giovani che hanno fatto anch’essi il passo decisivo.
Metà di quei vinario pittoresco
rimane tuttavia schiavo della terribile birra di grano turco, che logora
tante vite e indebolisce tanti cervelli.
Oggi, però, tutti sanno che a Natale
il bimbo Gesù è nato a Bethleem, ed
anche i pagani nei loro vistosi costumi vengono ad ascoltare il culto!
Un Natale esuberante di colori, sotto il sole ardente! Un Natale d’allegrezza condivisa da tutti! Natale all’aperto, in cui c’è posto per donne
e bambini, uomini e giovanetti. Cantati da tutti, i vecchi canti di Natale
che molti Malozi hanno imparato a
scuola paiono cami>ane che ripetono
il coro degli angeli: « Gloria a Dio nei
luoghi altissimi, pace in terra agli
uomini che Egli gradisce! ».
NATALE 1961
A Coazze, nella sala ben riscaldata
da una stufa rovente che ronfa, ima
trentina di fedeli su seggiole di paglia ascoltano il messaggio natalizio
portato loro dal pastore: «Benedetto
sia il Signore Iddìo d’Israele, perchè
ha visitato e riscattato il suo popolo,
e ci ha suscitato un potente Salvatore... ».
Lieti cantici si levano dal cuore dei
presenti, che la Santa Cena fa sentire
legati gli uni agli altri dall’amore del
Padre che ha fatto dono del Salvatore.
Fuori, la neve cade silenziosa, e tutto il paesaggio è ricoperto e avvolto
dalla sua luminosità.
Natale sotto il sole ardente...
Natale sotto ima coltre di neve...
..jna dovunque, nei cuori, Natale di
pace. S- 3
Conferenza dì Nicola Jaeger
sul processo di Gesù
Il 16 dicembre al Teatro Carignaiw di
Torino il giudice della Corte Costituzionale Nicola Jaeger ha tenuto una pubblica conferenza sul processo di Gesù. La
letteratura in merito è vastissima, e — considerando pure il fatto che le norme procedurali del diritto indigeno e del diritto
romano allora vigenti in Palestina non
sono esattamente note — l’oratore si è soffermato in particolare sulla psicologia dei
personaggi del processo, che fu tutta una
serie di viltà, da cui solo l’imputato si erge sereno e forte, ammirevole. Evidentemente, le ricostruzioni psicologiche sona
sempre un po’ ipotetiche (e assai discutibile è sembrata quella di Giuda, traditore
per paura di essere coinvolto nell’imminente prevedibile rovina del Maestro), ma
possono talvolta aiutare nella comprensione degli eventi. E’ comunque escluso che
il processo di Gesù sancisca la responsabilità deicida di tutto Israele; attraverso la
sentenza di Pilato e il potere ro-mano, i
’’gentili” hanno dato la mano ai giudei
nell’iniqua condanna del Cristo; che gli
uni e gli altri ’’non sapessero quel che
facevano”, è una riprova che la Parola si
si era fatta carne, che il Figlio di Dio aveva totalmente assunto la condizione umana, preso su di se l’ingiustizia e la sofferenza dell’uomo.
Natale in stazione
LAUSANNE. — Grazie all’appoggio della direzione del l.er arrondissement del! F. F. S., l’abate J. Band e ü pastore A.
Bnrnand hanno presieduto insieme la mattina di Natale, alle 7.15 e alle 10.30, due
servizi natalizi interconfessionali, nella sala d’aspetto di l.a classe della stazione ferroviaria di Lausanne. Qu^ti servizi, che
erano annunziali dagli altoparlanti della
stazione, erano destinati ai viaggiatori a cui
l’orario di viaggio non permetteva di partecipare ad un servizio tradizionale. (S.P.P.)
LAUSANNE. — Un gruppo di giovani
della regione losannese ha lanciato un « ouération parvis », che ha consistito, ogni
sera dal 18 al 23 dicembre, a proclamare
Vaiale davanti all’ingresso di una chiesa,
presentando un coro parlato inframmezzato da canti. (g.P.P.)
DEICIDIO?!
Il quotidiano torinese « LA STAMPA »,
nel suo n. 293, pag. 9, in data 10 corr.,
dà contezza d’uno strano processo, svoltosi il giorno precedente a Genova, contro
il doti. Giovanni Durando, di 46 anni, magistrato al Tribunale di Asti ma dimorante
a Torino, su querela per diffamazione del
doti. Guido Fubini, in quanto l’accusato
aveva pubblicato, in data 6 maggio u. s. e
sul settimanale da lui diretto « LA VOCE
DELLA GIUSTIZIA » — che si propone
« la restaurazione dei principi dell’ordine
morale in Italia » — un articolo in cui si
proclamava che gli Ebrei ” sono da considerare deicidi in atto, incoscienti e permanenti autori della crocefissione di Cristo
privati della possibilità di essere giudici di
nessuno che alla loro progenie non appartenga... Gli Ebrei sono carenti di ogni e
qualsiasi moralità che possa avere valutazione qualsiasi”. Se questo tremendo giudizio fosse stato espresso da uno di quei
bassi polemisti da strapazzo, che ancora
imperversano in tutte le sacrestie, nessuno
se ne sarebbe meravigliato nè certamente
il querelante si sarebbe sognato di querelarsi; ma il lato gravissimo della cosa è
che esse furono pubblicate da una persona
coltissima, adusata a tutte le sottigliezze
delle leggi e della giustizia, e assolutamente iucapace di fare male, come Tobia, ad
una mosca. Gli è bensì vero che l’accusato,
comparso davanti alla I Sezione Penale,
riconobbe che l’articolo incriminato non
era stato scritto materialmente da lui, ma
è pur vero che egli subito dopo aggiunse:
’’L’autore è persona anziana e coltissima
in campo religioso, ma non intendo nominarla. Mi assumo la piena responsabilità
dell’articolo, perchè l’ho letto ed approvato prima di pubblicarlo... ”.
Mutatis mutandis — in quanto che l’accusato, nel corso della stessa udienza ebbe
a dichiarare: ”In altri articoli ho precisato
di non aver nulla contro gli Ebrei singolarmente presi, i quali amo come fratelli.
Devo precisare anzi che ho fatto la guerra
e sono stato partigiano e come tale ho aiutato molti Ebrei ” — siamo dunque precipitati, in pieno anno di grazia 1961, in pieno Medio Evo, quando il Giudaesimo fu
proclamato ” secta nefaria vel sacrilegi coetus”, quando i papi esprimevano tutta o
quasi la religiosità di cui erano capaci facendo quasi a gara nel lanciare bolle tremende di sterminio contro di essi — vedi
le Constitntiones contenute in « lllius vices », « Cum si cut accf^imus », « Cum sif ut nnper », « Nuper nolentes » di Paolo
111® (1.534-49); quelle contenute in «Cum
nimis absutdum » e « Dudum postquam »
di Paolo IV® (1555-59); « Romanns pontifex », « Cum nos super » di Pio V® (156672) ; « Cum saepe accidere », « Cum Hebraeorum malitia » di Clemente Vili®
(1592-1605); e specialmente di Gregorio IX®
(1230) e Innocenzo IV® (1244)? Permane
ancora tra noi la fanatica mentalità del Medio Evo, quando i Crociati, partiti per andare in Terra Santa a liberare dagli infedeli il sepolcro di Cristo, credevano di
compiere un’opera meritoria massacrando
lutti gli Ebrei dei paesi da essi attraversali; quando a Tolosa (Francia) da tempo
immemorabile, in occasione della festa di
Pasqua, per vendicare gli oltraggi inflitti
al Cristo, ogni anno un Ebreo veniva trascinato sul sagrato della Chiesa e quivi
' schiaffeggiato dal più zelante di tutta la
parrocchia? Nell’anno 1016, uno di questi
zelatori, di cui è rimasto il nome, Ugo,
cappellano, impresse al suo schiaffo una
tale violenza da fare uscire le cervella e
gli occhi al disgraziato che gli stava da
vanti. Lo stesso re Luigi IX, detto il Santo, raccontava a Jonville che a Clugny, in
occasione d’una disputa pubblica fra polemisti cattolici e ebrei, un cavaliere, avendo chiesto al rabbino principale se egli credeva alla vergine Marfa e al fatto che era
degna di essere chiamata « Madre di Dio »,
avendo avuto naturalmente risposta negativa, d’un sol colpo di spada lo stese a terra
morto. A Dechendorf; in Baviera, essendosi sparsa la notizie' che dei Giudei avevano martirizzato l’ostia consacrata (1357)
— gemarterl, dice testualmente una cronaca locale — tutti gli Ebrei furono bruciati
vivi (darum wurden die Juden verbrennt).
Commentando questi ed altri fatti storici
da lui citati, l’eminente, anzi erudito storico DE POTTER, nella sua Histoire du
Christianisme, vol. VI, pag. 475, scriveva:
”Et quand ce système, organisé de persécution, de par Dieu et la loi, ne suffisait pas
au génie du mal, quelqu’accusation absurde
contre la nation juive, quelque conte populaire plus absurde encore, venaient ser
motivo di Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che Egli aveva riuscitalo dai morti”;
e i reali sentimenti di questa folla di Giudei erano tali che ”i capi sacerdoti deliberarono di far morire anche Lazzaro, perchè, per cagione sua, molti dei Giudei andavano e credevano in Gesù” (XII, 9-11).
Difatti quelli che alla discesa dal monte
degli Ulivi osarono dire al Signor Gesù:
’’Maestro, sgrida i tuoi discepoli!” (Luca
.XIX, 39) non erano dei semplici Giudei,
bensì dei Farisei, alleati occasionali dei capi sacerdoti, che durante lutto il triennio
del Suo ministero terreno, non si stancarono mai di lanciare contro di Lui le accuse
più strambe e micidiali, al punto che perfino Maria ed i suoi figli per un tempo
non breve ci credettero ed una volta vennero a irovarLo ’’per impadronirsi di Lui,
perchè dicevano: E’ fuori di sè” (Marco
HI, 21). Farisei e capi sacerdoti: ecco i
soli a cui premeva disfarsi del Signor Gesù soprattutto perchè Egli infallantemente,
con la sua spirituale predicazione, distrug
una corona di spine, in mano una canna
a guisa di scettro, poi Lo percossero al capo con la stessa canna che Gli avevano
tolto di mano e Gli sputarono in viso; furono essi che Lo flagellarono e noi sappiamo quanto fosse crudele questo supplizio
che sovente uccideva il paziente; furono
essi che Lo inchiodarono in croce e si spartirono le Sue vesti. Se dunque deicidi furono i membri del Sinedrio di Gerusalemme, deicidi furono altresì Ponzio Pilato e
tutti i soldati romani della corte presenti
nel Pretorio; e se deicidi in atto, incoscienti e permanenti autori della crocefissione
di Cristo, privati della possibilità di essere,
giudici di nessuno che alla loro progenie
non appartenga divennero per tal fatto tut: gli Ebrei delle susseguenti generazioni e
per lutti i secoli, a rigor di logica deicidi
sono divenuti per tutte le generazioni e per
tutti i secoli i discendenti di Ponzio Pilato e dei soldati romani del Pretorio; quindi tutti i Romani, quindi tutti noi che in
una maniera o nell’altra abbiamo nel san
E
Il secolare dibattito sulla responsabilità ebraica nella
condanna di Gesù, è stato in funzione del sempre risorgente antisemitismo - Ma qual’è il vero deicidio?
vir de prétexte à une recrudescence de
cruauté; et le fanatisme aiguisait ses poignards, la justice affilait .son glaive, les
bûchers étaient allumés, et des milliers de
prétendus déicides tombaient sous la vengeance des prétendus hommes de Dieu”.
Senza l’ombra de! minimo dubbio il doti.
Giovanni Durando sente un insuperabile ed
inesprimibile orrore per tutte le indescrivibili infamie perpetrate contro gli Ebrei durante questi 20 secoli, e come magistrato
infliggerebbe una ben meritata sentenza
contro chi si sentisse di rinnovellare tali e
tante atrocità; ma chi può a priori escludere che dei fanatici siano spinti a qualcosa di simile quando sul settimanale edito
da un alto magistrato un intero popolo
viene accusato pubblicamente (ed impunemente perchè egli fu assolto dal Tribunale
di Genova) come reo incosciente ma permanente di deicidio?
Tuttavia quale base, storica o morale o
psicologica, ha questa mostruosa accusa di
deicidio? Se appena apriamo i libri storici
del Nuovo Testamento dobbiamo subito
escludere le popolazioni della Galilea, perchè furono appunto i pellegrini provenienti dalla Galilea che nella Domenica delle
Palme improvvisarono al Signor Gesù quella trionfale discesa dal monte degli Ulivi
e la conseguente entrata altrettanto trionfale a Gerusalemme: l’unica giornata trionfale del Signor Gesù su questa terra. Quanto ai Giudei veri e propri, Marta, Maria e
Lazzaro di Betania, Simone U lebbroso che
Gli organizzò un felino la stessa sera della Domenica delle Pùlme, e la Maria di
Gerusalemme, nella cui casa ospitale alloggiava il Signor Gesù con tutti i discepoli
durante le Sue frequenti visite a Gerusalemme, e che ha dato alla Chiesa il primo
storico deüa vita terrena del Signor Gesù
(ossia Giovanni Marco, l’evangelista, suo
figlio) erano ben giudei di nascita; ma chi
oserebbe elevare contro di essi l’accusa di
aver voluto la morte del Signor Gesù? Ma
c’è di più: l’evangelista Giovanni, galileo
di nascita e quindi non sospetto di tenerezza per i Giudei, ci racconta che ”la
gran folla dei Giudei seppe dunque che
Egli era quivi; e vennero non soltanto a
geva tutta la considerazione di cui godevano e tutti i privilegi morali e materiali ad
essi connessi; essi soltanto quindi, a rigor
di logica, possono essere accusati di deicidio. E neppure lutti quanti; ce ne furono
almeno due che Lo difesero sempre strenuamente e non consentirono alla condanna di morte pronunziata dal Sinedrio di
Gerusalemme: Nicodemo, queUo che al
principio venne al Signor Gesù di notte, e
più tardi non si peritò di chiedere pubblicamente ai suoi colleglli: ”La nostra legge
giudica essa un uomo prima che sia stato
udito e che si sappia quel che ha fatto?’
(Giov. VII, 51); e che quando l’irrepara
bile era avvenuto, ’’venne anche lui por
tondo una miscela di mirra e d’aloe di cir
ca cento libbre” (Giov. XIX, 39) per im
balsamare il corpo del Signore, che ne
frattempo Giuseppe d’Arimatea aveva avu
ta l’ardire di chiedere ed ottenere da Pi
lato, per seppellirlo nella tomba che egl
s’era fatto costruire.
Adesso ricordiamo che i Romani, cos
rispettosi delle leggi e costumanze dei po
poli ad essi assoggettati, due anni prima
avevano tolto ai Giudei e quindi al Sine
drio di Gerusalemme la facoltà di pronun
ziare ed eseguire sentenze di morte; i mem
bri del Sinedrio furono quindi costretti a
rivolgersi al rappresentante deU’autorità ro
mana per ottenere il permesso di fare ese
guire la sentenza capitale da essi volata. E
il rappresentante romano allora residente
in Palestina era Ponzio Pilato. Costui si
avvide subito, sin dal principio, che il Signor Gesù era perfettamente innocente di
tutte le accuse mossegli, tanto che voleva
da principio rilasciarLo libero ; ma dinanzi alla minaccia di essere accusato presso
il sospettoso e crudele imperatore romano
Tiberio di favorire uno che si autoproclamava re dei Giudei — accusa assurda ed
infondata — contro i dettami della propria
coscienza e il consiglio ardente della moglie si piegò supinamente aUa volontà del
Sinedrio e acconsenti aUa sentenza di morte. Ma prima lo abbandonò alla discrezione dei soldati romani, che costituivano il
nerbo centrale degli armati del suo pretorio; furono essi che per ischerno Gli misero addosso un manto di porpora, in testa
gue qualche goccia di sangue romano, non
escluso naturalmente il doti. Giovanni Durando. «Tu non sapevi ch’io loico fossi! »
commenterebbe babbo Dante.
Rimane adesso il quesito fondamentale:
può un essere umano macchiarsi del delitto supremo di « deicidio »? L’argivo Capanèo, di dantesca memoria, che si vantò di
prendere Tebe, anche a dispetto di Giove
—- che ne lo ripagò colpendolo con la folgore — al confronto appare come uno scervellato ragazzino. Chi può uccidere Iddio?
Iddio è spirito, spirito increato e immortale, onnipotente ed onnipresente; è concepibile che un essere umano possa soltan■o pensare ad ucciderLo? Ciò è semplicemente un controsenso, una contraddizione
in termini, un assurdo eguale all’altro che
proclama Maria, essere umano, madre di
Dio. Maria, per divina disposizione, fu soltanto la madre in cui fu generato il corpo
materiale entro il quale apparve agli uomini il Figliuolo di Dio che noi chiamiamo il Signore Gesù; gli uomini poterono
ben uccidere questo corpo umano, ma non
poterono mai uccidere lo spirito divino
che l’animava. Difatti al terzo giorno Egli
risorse più vivo die mai ed al 40® giorno
Egli fu assunto in cielo, alla destra del
Padre Celeste.
Parlare quindi di deicidio è un ragionamento semplicemente infantile. Cioè, si, è
possibile una specie di deicidio ed esso
avviene ogniqualvolta noi contristiamo e
contrastiamo lo Spirito di Dio; ogniqualvolta noi soffochiamo l’ispirazione deUo
Spirito di Dio; ogniqualvolta noi deliberatamente facciamo quello che è opposto
alla Sua suprema e santa volontà. E questa specie di deicidio non c’è essere umano
che non Tahbia già commesso, non continui a commetterlo; per questa specie di
deicidio lo Spirito di Dio si è incarnato
nel Signore Gesù; per combattere e distruggere questa specie di deicidio il .Signore Gesù ci offre il Suo spirito. Respingere questo dono supremo, questa grazia
quasi inconcepibile, è vero e proprio deicidio, è il delitto supremo, il peccato che
non sarà perdonato nè in questo mondo
nè in quella avvenire.. o. y.
4
'»ag. 4
L’ECO DELIÆ VALLI VALDESI
N. 51 — 29 dicembre 1961
Non impareranno più
la guerra
{segue dolili l.a pagina)
Ma la fede genera l’azione efidcace.
Noi siamo la bocca e la mano di Dio
sulla terra. Dopo l'ascensione non vi
è altra bocca e altra mano di Dio se
non quella di coloro che Dio ha chiamato come suo popolo e ai quali ha
dato per guida la sua parola. Proprio
perchè crediamo nell’amore di Dio
che preserva il mondo, perchè crediamo che la pace è possibile, noi non
possiamo tacere, o restare inoperosi.
L’opera coraggiosa di Dio chiama le
nostre opere coraggiose. L’opera di
colui che ha fatto la pace chiama la
nostra azione di « facitori di pace »,
nel senso più ampio e vero della parola.
Per fare la pace dobbiamo conoscere il fratello — l’altro uomo per il
quale Cristo è stato uomo e per la cui
vita è morto. Cristo si è fatto uomo,
cioè cinese e russo e portoghese e
africano; si è fatto bimbo indiano affamato e algerino inseguito dalla polizia; e cosi ha distrutto e rese inutili tutte le etichette con cui noi caratterizziamo e dividiamo gli uomini,
amiamo e odiamo senza ragione. Cosi non possiamo accettare quelle etichette, ma dovunque e in ogni modo
dobbiamo cercare nell’altro l’uomo —
l’uomo senza aggettivi — colui che
Cristo ha amato e col quale si è identificato. E’ il nostro compito e soprattutto il nostro privilegio, che nessun
classismo, razzismo o nazionalismo
deve strapparci.
Per fare la pace dobbiamo manifestare la nostra volontà di pace e se
occorre anche assumerci dei rischi:
partecipare ad azioni per la pace, sostenere tutti coloro che lavorano per
la pace, adoperarci per eliminare le
barriere fra gli uomini, perchè Cristo
ha abbattutto la grande barriera che
ci separava da Dio.
Queste due azioni sono responsabi
lità di pace che il cristiano deve prendere in comune con ogni altro uomo;
ma la sua vocazione lo spinge a vedere più chiaramente il fondamento in
Cristo di un’azione che altri attuano
senza conoscere e comprendere fino
in fondo. Ma vi è un’azione di pace,
fondamentale, che costituisce il nostro compito specifico di cristiani; riportare l’unità nel popolo di Dio. Si
dice che nella Chiesa l’unità dell’umanità si realizza in quanto che in essa
non esiste differenza di razza e cultura e ricchezza, e tutti sono eguali. Ma
è proprio vero? Non esistono forse altre divisioni, che riguardano la Chiesa stessa e che costituiscono dei muri di separazione spesso assurdi? Il
comijito cristiano per la pace è anche
e soprattutto lotta per manifestare
visibilmente l’unità della Chiesa; perchè da questo — dall’unità dei discepoli — il mondo conoscerà che Cristo
li ha mandati.
Tutto questo è un atto di testimonianza — una dichiarazione di fede
resa al Signore della Chiesa; è un atto di libertà con cui noi ritroviamo il
senso vero della vita e lo facciamo
conoscere agli altri. In questo modo
gli spettri della distruzione sono ricacciati indietro e dispersi: perchè
egli è il Signore della vita e vuole la
vita. Giorgio Girardet
L’articolo che precede, lievemente abbreviato, introduce il fascicolo di dicembre
1961 delle « Informazioni di Agape », che
riferisce pure degli ultimi convegni e incontri ad Agape, dell’avvio del ’’Servizio
Cristiano” a Riesi, del programma 1962, a
cominciare dal campo invernale. Le ” Informazioni ” possono essere sempre richieste alla Segreteria di Agape - FRALI (Torino).
Abbonamenti
cumulativi
Se non vi saranno più, logicamente, abbonamenti cumulativi
all’Eco e alla LUCE (saranno
infatti il medesimo giornale con
2 testate), sarà invece possibile
l’abbonamento cumulativo ECOPRESENZA EVANGELICA (o
LUCE-PRESENZA EVANGELI
CA), a L. 2.000. Salvo indicazione in contrario degli interessati,
considereremo quanti ci hanno
inviato l’abbonamento cumulativo Eco-Luce, abbonati secondo una delle due combinazioni
precedenti.
Preghiamo vivamente quanti
iniziano o rinnovano ii loro abbonamento, di servirsi del c.cp.,
e di indicare sempre esattamente la causale del versamento, a
tergo del modulo.
Ringraziamo caldamente quanti non solo ci hanno già versato
l’importo del loro abbonamento
ma vi hanno aggiunto im’offerta
quale fraterno aiuto e incor<rggiamento. Grazie di cuore! Speriamo di pubblicare presto l’elenco di tali offerte.
eché
D! MUOVA DELHI
L’unità, dono di Dio
è sua volontà per la Chiesa
Nuova Delhi. — Per la prima volta una
Assemblea plenaria del Consiglio ecumeco delle Chiese ha deciso di sottoporre alle
Chiese-membri una formulazione descrittiva dell’unità della Chiesa, di cui ecco il
il passo centrale:
« Crediamo che l’unità, al tempo stesso
dono di Dio e sua volontà per la Chiesa, è
resa manifesta quando tutti coloro che in
un medesimo luogo sono battezzati in Gesù Cristo e lo confessano come Signore e
Salvatore, sono condotti dallo Spirito Santo ad essere una comunità piena, confessano la stessa fede apostolica, predicano lo
stesso Evangelo, partecipano allo stesso pane, si uniscono in una preghiera comune,
in vista di una vita comunitaria che irraggi
nella testimonianza e nel servizio di tutti,
e, al tempo stesso, sono in comimione con
l’insieme della comunità cristiana, in ogni
luogo e in ogni tempo, in modo che il ministero e la qualità di membro sono riconosciuti da tutti e che tutti possano agire e
parlare insieme, secondo le circostanze, affinchè i compiti a cui Dio chiama il suo
popolo siano adempiuti. Crediamo di dover pregare e operare per questa unità ».
Questa formulazione, redatta dalla Commissione ecumenica «Fede e Costituzione»,
era già stata sottoposta al Comitato centrale del C.E.C., a St. Andrews, nell’estate
1960, e poi alle Chiese. Ora l’Assemblea
l’ha ufficialmente riconosciuta e raccomandata alle Chiese membri.
Su ogni punto di essa il rapporto precisa le convergenze e le divergenze delle varie interpretazioni teologiche delle Chiesemembri. Cosi si esprime a questo punto la
speranza ecumenica : « Per il momento,
discerniamo la nostra unità solo oscuramen.
te, ma sappiamo che essa ci sarà chiaramente rivelata quando vedremo il Signore
faccia a faccia. La nostra speranza ci dà
pure il coraggio di mettere in luce le no
atre differenze e divisioni e di chiedere a
Dio che ci riveli, già ora, ciò che finora
ci è stato nascosto. Preghiamo perchè la
Chiesa sia una. Verso questa meta dobbia.
mo camminare mentre è ancora giorno ».
La seconda parte di questo documento
esamina alcune conseguenze di quanto precede. Si suggerisce alle Chiese di impegnarsi risolutamente a collaborare sul piano lo
cale in tutte le occasioni possibili : culti
10 comune, grui>pi di studio biblico, cellule di preghiera, visite in comune, testimonianza in comune. Inoltre si pone spesso
11 problema di sapere che senso conservino, nella vita quotidiana ,le nostre divisioni. Sia per « rispondere alla demoralizzazione della vita moderna » o « nel campo
così svariato dell’educazione cristiana »,
l’ampiezza dei problemi che s’impongono
alle Chiese le stimola ad agire insieme.
Per quanto concerne la dottrina cristiana, il rapporto precisa che « le formulazioni intellettuali della fede non devono essere identificate alla fede stessa » e che la
vita in comune è condizione preliminare
di una sana dottrina, piuttosto che sua
conseguenza. Tuttavia le Chiese devono
riesaminare le loro diverse basi dutirinali
« alla luce della Scrittura e del suo con.
servarsi nella Chiesa per mezzo dallo Spirito Santo ». Così si potrà fare « un passo
di più verso l’unità ».
L’intercomunione forma oggetto di una
sezione importante del rapporto. Le Chiese
sono invitate ad andare « incontro all’ondata montante d’impazienza che agita la
gioventù e molti altri cristiani », e a sforzarsi « di fare rapidi e visibili progressi
in questo campo che è al cuore stesso del
culto e della testimonianza cristiana ». Il
rapporto riconosce tuttavia che molti cristiani considerano l’intercomunione la meta finale e non il punto di partenza della
marcia verso l’unità.
11 compito del Consiglio ecumenico è
stato nuovamente così precisalo dall’Assemblea :
— 11 movimento ecumenico deve agire mediante la preghiera per Tunità.
— Deve guardarsi da attentare all’autjn*)mia delle Chiese-membri.
— Gli compete di fare di tutto « per permettere alle Chiese di discernere il significato delTunità e per realizzano più
1 orni letamente ».
La sua funzione educativa dev’essere
sviluppata, affincltè le Chiese si conoscano meglio le une le altre.
— Deve d’ora innanzi intraprendere il
nuovo compito di sollecitare il parere
delle Chiese-membri ogni volta che Ita
alcune di loro si avviano trattative per
Tunità.
Infine, è degna di nota l’insistenza sulle
due dimensioni — locale e universale —
di ogni chiesa, di ogni comunità: in ogni
luogo, la totalità della Chiesa è presente
nella comunità locale, che d’altra parte è
una cosa sola con la Chiesa universale.
PETITE REVUE DES EVENEMENTS DE L’ANNEE
-------.— ^
Les Eglises protestantes
de Suisse en 1S61
S’il n’est guère possible dans une chronique de fin d’année de passer en revue
tous les événements qui, pour le protestantisme suisse, ont marqué les douze mois
écoulés, il vaut cependant la peine d’en
relever quelques-uns parmi les plus importants ou les plus significatifs.
Aux quatre coins du pays romand
Sur la plan romand, il convient de rappeler par exemple: l’inauguration du Centre social protestant de Lausanne; de nombreuses dédicaces d’églises neuves ou restaurées; la création de l’office du cinéma
de l’Eglise nationale vaudoise et celle du
ministère de pres.se de l’Eglise du Jura; le
succès de l’exposition « Art et Culte » à
Sienne; l’élection d’un professeur de théologie en qualité de recteur de l’Université
de Neuchâtel; la division de la paroisse
de la Chaux-de-Fonds en quatre nouvelles
paroisses, et la célébration à Orbe du 450c
anniversaire de Pierre Viret, sans oublier
la préparation de plus en plus intensive du
futur Rassemblement protestant de 1962.
D’une façon générale, il y a lieu de mettre l’accent sur les problèmes compliqués
posés par l’augmentation de la population
urbaine qui nécessite la création de nouveaux postes pastoraux et dans certains cas
e regroupement de petites paroisses en. vue
d'une meilleure répartition des forces disponibles.
La Fédération a créé
un secrétariat permanent
Chargée elle aussi de tâches toujours plus
nombreuses, la Fédération des Eglises protestantes de la Suisse a dû créer un modeste
secrétariat permanent à Berne. 11 est à noter que plusieurs de ses préoccupations de
celte année avaient trait à des problèmes
dépassant de loin le cadre des frontières
nationales. Consultant les ‘Eglises membres an sujet du projet de construction en
Suisse d’un émetteur protestant international, elle a enregistré dix-neuf prises de position favorable et deux voix négatives, celles de l’Eglise réformée d’Argovie et de la
Diaspora de Suisse centrale. Elle s’est également préoccupée de l’aide aux pays en
voie de développement et son conseil a
adressé un message au Conseil Fédéral exprimant « les préoccupations et l’angoisse
du pays » en face des essais nucléaires.
Portes et fenêtres ouvertes sur le monde
Le protestantisme suisse voue du reste
une attention considérable à ce qui se passe dans le monde, contribuant à la création
d'une faculté de théologie au Cameroun,
créant par l’intermédiaire de l’E.P.E.R.
deux écoles secondaires au Congo et lançant, en Suisse alémanique pour commencer, l’action « Du pain pour le prochain »
pour contribuer à la lutte contre la famine
tt la misère dans le monde. Plusieurs dizaines de pasteurs, enseignants, infirmières
et spécialistes divers ont déjà répondu à
c< L’appel des 90 » et sont partis ou vont
incessamment partir sur les champs de
missions cependant qu’en Suisse romande,
les comités missionnaires envisagent une
réforme de leurs structures en vue de faire
des Missions un véritable département des
Eglises elles-mêmes.
Conférence.! internationales
La Suisse a accueilli en 1961 plusieurs
conférences importantes. En juin s’est tenue à Leysin la Conférence oecuménique
sur les migrations, suivie, du 8 au 15 août,
à Davos du Congrès de l’association mondiale pour le christianisme libéral et la liberté religieuse. En août également a eu
lieu à Zurich l’Assemblée européenne de
l’Alliance réformée mondiale, à laquelle
succéda dans la même ville, en septembre,
la rencontre annuelle des journalistes protestants européens. 3n revanche, de nom.
breux délégués, conseillers et spécialistes
suisses ont participé, du 18 novembre au
6 décembre, à la Ncuvelle Delhi, à la IIP
assemblée du Conseil oecuménique de.s
Eglises.
Les Eglises et le monde
En conclusion, on peut dire que les Eglises de Suisse ont eu en 1961 à s’adapter
sur bien des points à des situations nuovelles et ont été amenées à prendre conscience d’une manière accrue de leurs devoirs dans un monde souffrant. C’est une
constatation qui concerne les paroisses
comme les conseils et assemblées de la Fédération; c’est aussi une constatation qui,
avec la fin de l’année, ne perdra sans doute rien de son actuflité. (iS.P.P.)
Riunita a Lione l’assemblea
della ((Mission de Paris»
A Lione, nei giorni 13 e 14 dicembre, si è tenuta TAssemblea generale
dei Comitati sostenitori della Société
des Missions Evangéliques di Parigi.
Vi hanno partecipato, dalTItalia, i
Missionari Roberto Coisson e Graziella dalla; il Pastore Ernesto Ayassot,
che doveva parteciparvi quale rappresentante nel nostro paese della Mission de Paris, è stato all’ultimo momento impedito. L’Assemblea è stata
assai ricca di interesse, e vissuta nell’atmosfera dell’immediato dopo-Nuova-Delhi, in cui — si ricorderà — uno
dei momenti più importanti è stato
la decisa fusione del Consiglio ecumenico delle Chiese e del Consiglio intemazionale delle Missioni. Riferiremo più ampiamente di (juesti lavori
e di questi problemi missionari quando, fra due settimane, prepareremo
anche sulle colonne del giornale la
« domenica delle Missioni ».
per il 1
Londlio Vaticano 11
Il giorno di Natale, in S. Pietro e
noi nelle altre basiliche romane, Giovanni XXIII ha promulgato la btDllu
d'indizione, per il 1962, del Concilio
ecumenico Vaticano II; il mese e il
giorno saranno ulteriormente precisati dal pontefice.
Torneremo su questo documento
che vuoi dare un bilancio del nostro
tempo, e che fa sentire con quale fervore la Chiesa di Roma si prepara ad
affrontare un confronto serio con il
mondo di oggi. Forse viene il tempo
in cui anche la Chiesa cattolica, ovunque, si rende conto che la vera Chiesa è sempre minoranza, di fronte ad
un mondo in cui essa ha valore sole
nella misura in cui realmente testi
un bel dono ?
Valli Nostre 1962
monia del Signor Gesù Cristo, che è
stato fra gli uomini «colui che serve».
Dobbiamo soltanto aggiungere una
volta di più che il termine «ecumenico» è del tutto improprio, riferito al
prossimo Concilio, La Chiesa di Roma è «ecumenica» solo nel senso originario, geografico di questo termine
( = mondiale) : essa è infatti pienamente sopranazionale. Ma non è ecumenica nel senso che oggi, nej linguaggio teologico, è invalso per questo termine ( = interconfessionale). Il
Cattoliceisimo ufficiale non ammetta
alcun’altra Chiesa che non sia quella
di Roma. La sua effettiva universalità sopranazionale (e in questo è di
esempio ad altre Chiese!) non è dunque teologicamente «ecumenica», perchè rifiuta il principio stesso del dialogo alla pari fra le Chiese e le confessioni, tutte umilmente alla ricerca
di un’unità che nessuna ptossiede.
La nostra speranza è che Roma non
SI accontenterà sempre della sua ecumenicità geografica, ma cercherà quella teologica, spirituale, insieme a noi.
R0RÁ
— Le Ire feste dell’Albero si sono svolte
regolarmente e col coneorso di molti
membri della comunità. Esprimiamo ancora la nostra riconoscenza a quanti Iianno contriibuito «Ila buona riuscita di queste manifestazioni e in modo speciale diciamo il nostro grazie alle tre insegnanti.
— Ricordiamo a tutti che rimangono
ancora alcune migliaia di lire scoperte,
delle lapese sostenute dal Concistoro per le
feste di Natale. Qualsiasi dono di amici
vicini o lontani sarà perciò assai ben accetto. Approfittiamo di questa occasione
per ringraziare il .past. Emery e la Signora
per il dono che <i hanno fatto pervenire
a questo scopo.
— Diamo con gran piacere, notizia della
n'aisoita della piccola Olga Fourn. Ai genitori Gentile e Ada e al frateUino e sorelline i nostri raiUegramenlii ed i nostri
auguri più .sinceri per questa « natalina »
rorenga.
— Ricordiamo i culti di domenica 31
dicembre alle ore 10.30 e alle ore 20. Il
.culto del mattino sarà presieduto dall’anziano Dino Gardiol, che ringraziamo sin
d’ora. L’iindomani, 1» gennaio, ore 10.30,
avrà luogo il culto di Capodanno.
Chi desiderasse un Valli Nostre è pregato di affrettarsi a richiederlo al pastore,
le copie sono ormai poche.
Dalla Fai^oltà Valdese
di Teologia
E’ tempo di vacanze, anche per la
Facoltà Valdese di Teologia. Il periodo di lezioni che si è chiuso è stato
assai intenso : vi si sono infatti dovute concentrare lezioni in numero
superiore al normale, per approflitare (!) al massimo della gradita presenza di due docènti venuti daU’estero ad assumere interinalmente Tinsegnamento lasciato vacante dalla scomparsa del Prof. G. Miegge. Per sei
settimane sono stìati presso la nostra
Facoltà di Roma il Prof. 'Wilnelm Vischer, docente dii Antico Testamento
alla Facoltà protestante di teologia
di Montpellier, e.il Professor Robert
Kasser, docente (li copto presso TUniversità di Girtevra e studioso di
Nuovo Testamenljo. Il primo, ha dato
un corso di esegesi di Salmi ed uno
di teologia delTAntico Testam.ento (la
dottrina di Dio); il secondo ha iniziato un corso‘ di esegesi dell’Epistola
agli Efesini, ed i
ne al Nuovo Tei
corso di introduziotamento.
Gli studenti hinno potuto apprezz-are vivamente a profonda dottrina
c la preoccupazijne ecclesiastica, arin pastorale di questi docenti. Siamo
loro profondamente grati di esser venuti fra noi ad arricchirci. Il Prof.
Kasser tornerà a Roma più avanti
nell’anno accademico, mentre per Tinsegnamento delTAntico Testamento
71 si recherà il Corsani. Pastore Prof. Bruno
Tasche Da un bollettini Siro pastore è aiiq pastorali di clììesa: « ... Il vo- ie lui un pei'ualore, co
me ogni creatura [umana. Ha riievulo alia
nascita molti difetii insieme ad alcune (pochel virtù. Uno dpi suoi peggiori difetti è
;1 suo scarso senso delTordinc. specialmente per quanto riguarda il denaro. Succede
rosi die si trovi m tasca delle somme sen:i ricordarsi chi tliele ha date e per quale
scopo. Passa cos notti insonni ed angosciose. Aiutatelo [nella sua debolezza dandogli solo buste iu cui sia scritto il nome
del donatore e 1» scopo delTofferta. Gra
Dopo una vit i di sofferenze e di bontà è spirata se'enamente
Emilia Ribet
il 23 dicembre 1961.
Con profondo dolore annunciano :
la sorella Edfaa Comba, la cognata
Bianca Bigliami ved. Ribet, le niptJti
Nella Vacatellp, Luciana Driussi, Giovanna Corsi con le rispettive famiglie, i cugini Turin e Ribet, i parenti
tutti e le aflffiionate Diaconesse che
con amore l’ijanno assistita.
« Beati S puri di cuore perchè
vedranno Dio». (Matteo 5: 8)
« ...il sentiero della vita che conduce injalto».
« Sul tuo sentiero brillerà la toce ». ([proverbi ■ Giobbe 22 ; 28 )
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