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I
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LA VOCE DELLA
MISERICORDIA
«Vi esorto dunque, fratelli, per la
misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo,
gradito a Dio: questo è il vostro culto
spirituale».
Romani 12:1
T^CCO la voce della misericordia che
esorta! Sturiamo le nostre orecchie
e ascoltiamo. Ecco la voce della compassione di Dio. Certo siamo tutti un
po’ preoccupati, perché se la voce della
misericordia ci esorta, vuol dire che sta
per chiederci qualche cosa. Siamo impauriti per quel che potrà volere da
noi. Ma non ci intimoriamo prima del
necessario: «L’esortazione non è mai
pura esigenza, l’esortazione è l’affermazione della grazia come esigenza»
(Karl Barth). Questa esortazione prima ancora di essere una richiesta, è
una consolazione. Questa voce che
esorta, la misericordia è una voce che
ci chiama all’esistenza, una voce ostetrica, levatrice, che ci dà la vita.
Quando ancora non avevamo
udito il suono melodioso di questa
voce la nostra situazione era disperata. Eravamo nella stessa posizione del
pittore romantico Gaspar David Friedrich, che nel suo quadro «Donna alla
finestra», dipinge una donna di spalle,
affacciata a una finestra socchiusa da
cui si intravedono frammenti sfocati
di un paesaggio marino. Non può vedere il volto della donna perché è di
spalle, ma non può nemmeno vedere il
paesaggio perché è sbarrato dal corpo
anonimo di questa donna. Prima della
misericordia anche noi non vediamo
nulla, non siamo nulla. Solo dopo la
misericordia ha inizio la nostra vita.
La voce della misericordia che esorta,
prima di esortare è la voce compassionevole di Dio, è la grazia, la resurrezione, il perdono, lo Spirito che elegge
e crea la fede e la libertà
y.TL luogo dal quale questa esortassi zione viene pronunziata non può
[...] essere in nessun caso una di quelle
alture umane, da cui bene intenzionati pedagoghi sogliono moraleggiare,
profeti con e senza vocazione fulminare con lo sguardo, martiri immaginari
o reali gridare la loro maledizione
sull’umanità» (Karl Barth). Il luogo
dal quale questa esortazione viene
pronunziata può solo essere il Calva
rio, il luogo maledetto. Chi esorta può
essere solo il Crocifisso che ha offerto il
suo corpo in sacrificio vivente per ciascuno di noi. E poiché questo è il luogo
della voce della misericordia, possiamo esser certi che questa voce prima di
volere qualcosa ci dà ogni cosa. La vo
ce della misericordia prima di tutto
chiama, e quindi può anche richiamare. Prima di tutto invita e quindi può
anche comandare. Prima di tutto in
coraggio e quindi può anche scongiu
rare. Prima di tutto conforta e quindi
può anche esortare. Prima di tutto li
bera e quindi può anche esigere.
Ma che cosa vuole la misericordia
da noi? Vorrà forse soltanto
un’ubbidienza interiore? Vorrà forse
ogni tanto un piccolo sacrificio? Che
cosa vuole questo Dio che ci ha dato
tutto? Tutto, ovviamente! «Il vero sacrificio - dice Lutero - non è fuori di noi,
non è qualcosa che non ci appartiene,
né è limitato a una certa ora del giorno, siamo noi stessi ad essere il vero sacrificio». Dio reclama il nostro corpo, le
nostre membra, ma non per un culto
da rivolgere a lui, ma per celebrare nel
mondo la sua misericordia e .quindi la
nostra libertà. Scrive Lutero: «Il cristiano che aderisce a Cristo per fede, qualunque cosa faccia, dica: "O Cristo io
sono creatura tua, servo tuo, e sono
preparato ad essere qualunque cosa tu
voglia”. Questa è la vita cristiana».
Raffaele Volpe
SETTIMANAI.E DEi.LE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
Intervista al prof. Eberhard Jungel, docente di teologia sistematica a Tubinga
Non c'è consenso sulla «giustificazione»
Il noto teologo tedesco contesta metodo e contenuti della Dichiarazione luterano-cattolica
sulla «giustificazione per fede» che è ora alio studio in tutte le chiese luterane del mondo
EMANUELE FIUME
IL prof. Eberhard Jungel è ordinario di Teologia sistematica alla
Facoltà di teologia evangelica dell’università di Tubinga. Alle sue numerose pubblicazioni teologiche
ha sempre associato un’intensa e
appassionata attività ecumenica. È
uno dei maggiori teologi protestanti viventi. L’intervista è stata realizzata a Tubinga il 17 gennaio 1998.
- Prof. Jungel, la Federazione luterana mondiale ha recentemente
proposto alle chiese luterane una
dichiarazione comune sulla giustificazione con la Chiesa cattolica romana. Ci può riassumere le sue perplessità su questa dichiarazione?
«Prima di tutto non sono d’accordo con il procedimento adottato. Innanzitutto la Federazione ha
elaborato questo documento senza
rendere le chiese partecipi della
preparazione e della stesura. A
tutt’oggi non si conoscono i nomi
dei teologi che hanno elaborato la
Dichiarazione. Tutto ciò è in netto
contrasto con la tradizione della
Riforma».
- Tuttavia negli ultimi anni cattolici ed evangelici avevano lavorato assieme anche sui punti controversi...
«Dopo una visita del papa in Germania era stata formata una commissione mista con l’incarico di
elaborare alcune proposte per il superamento delle condanne dottrinali che dividono le chiese, tra cui
quelle sulla giustificazione. Ne facevano parte tra gli altri il card. Lehmann e il prof. Pannenberg. 1 Sinodi delle chiese luterane hanno approvato queste proposte, mentre il
Vaticano a tutt’oggi non le ha ancora prese in considerazione. Allora
perché la Federazione ha preparato
un altro documento? Com’è che si
giunge a questa Dichiarazione?».
- La Dichiarazione è comunque
ricca di citazioni bibliche...
«Il testo è superficiale dal punto
di vista esegetico e debole da quello ermeneutico. Inaccettabile!».
- Quali riserve esprime sul contenuto della Dichiarazione?
A
«La Dichiarazione pretende di
autovalutarsi per il solo fatto di
aver comunque raggiunto un consenso. Ma è un’autovalutazione errata e irreale. Prima di tutto la Dichiarazione non esprime alcun
consenso sui punti più importanti.
Non c’è consenso sulla comprensione del peccato. Ma la giustificazione, nella Bibbia come nella dottrina della Riforma, è sempre e solo
la giustificazione del peccatore davanti a Dio. Non esiste una giustificazione campata per aria, senza un
reale peccato e soprattutto senza
un reale peccatore che deve essere
giustificato. Se non c’è consenso su
che cos’è il peccato non può esservi consenso sulla giustificazione.
La comprensione del peccato tra
cattolici ed evangelici è ancora
molto diversa. Inoltre la Dichiarazione è piena di doppi sensi. Che
cosa vuol dire che la dottrina della
giustificazione è un “criterio irrinunciabile” che vuole orientare incessantemente verso Cristo l’intero
insegnamento e prassi della chie
sa? Per gli evangelici la giustificazione non può che essere il solo
criterio. I cattolici ne hanno evidentemente degli altri, quali ad
esempio la dottrina del magistero
ecclesiastico e della sua infallibilità, che nella Dichiarazione non
vengono nominati. Non si dice
nulla sul sacerdozio universale di
tutti i credenti anche se questo articolo è fondamentalmente connesso con la giustificazione».
- Vi sono altri elementi che lei
considera inaccettabili?
«La dottrina, esplicitamente accettata nella Dichiarazione, secondo cui la giustizia possa essere conservata dalle buone opere, le quali
possono rendere la comunione
con Cristo più profonda, è esplicitamente rifiutata dalla Formula di
Concordia (scritto confessionale
luterano del 1577, ndt), nella Solida Declarado IV, 3».
- Ha trovato qualche cosa di positivo nella Dichiarazione?
«Sì, il fatto che le formulazioni
più felici del Concilio di Trento so
no state citate. La fede quale “fondamento e radice” è una frase molto profonda. Però manca il “sola
fede”, manca il “solo verbo”, manca il fatto che la parola della giustificazione ci viene data come “verbum externum”. Il vero contenuto
della Dicharazione è la dottrina del
Concilio di Trento, e i cattolici sono certamente stupiti nel vedere
che il Tridentino è stato da noi così
ben recepito!».
- Che influenza potrà avere questa dichiarazione sull’ecumenismo
della base?
«Le chiese hanno altri problemi.
Il fatto che le chiese evangeliche
non sono ancora ufficialmente riconosciute tali dalla Chiesa cattolica,
il fatto che non sia permessa l’ospitalità eucaristica toccano le chiese
nella vita di tutti i giorni».
- La discussione nelle chiese e
nelle facoltà di teologia sembra comunque vivace...
«Un bel gruppo di dirigenti ecclesiastici luterani è affascinato
dall’espiscopato cattolico. Partendo dal fatto che la maggior resistenza all’accettazione della Dichiarazione viene dalle facoltà di
teologia, si accusa queste ultime di
essere lontane dai problemi delle
chiese e si rinfaccia ai professori di
teologia di elaborare una “teologia
dei professori”. Invece la vera teologia accademica deve essere pratica, deve porre i problemi nella vita pratica. Certo, ci sono delle differenze: una cattedra non è un pulpito. Un teologo non deve scendere a compromessi, un dirigente ecclesiastico forse sì. Ma questa Dichiarazione è una teologia dei
tmcchi e un brutto compromesso».
- Quali prospettive vede per il
cammino ecumenico?
«Vedo possibile un consenso
nello spirito aperto dal Concilio
Vaticano IL Questa Dichiarazione
è forse un passo, ma certamente
non è il passo decisivo. La continuazione del dialogo ecumenico
resta un compito fondamentale
per le chiese evangeliche, senza
creare un nuovo confessionalismo
o una mentalità da bunker».
NOI E GABRIELE
Ora che si è conclusa la breve vita del piccolo Gabriele, il bimbo nato a Torino privo di
cervello, vogliamo dire una parola anche noi.
Non sappiamo di chi sia stata la responsabilità
di aver dato in pasto ai mass media una vicenda così privata e così segnata dalla sofferenza.
Infatti, la scelta, lecita, che i genitori di Gabriele hanno fatto, quella di portare avanti la
gravidanza di un bimbo la cui menomazione
non gli avrebbe permesso di vivere, avrebbe
meritato il raccoglimento che solo il silenzio
consente, esattamente come se avessero scelto, lecitamente, di interrompere quella gravidanza. La decisione della donazione degli organi del piccolo è venuta dopo e ne è stata la
logica e legittima conseguenza. In tutta questa vicenda, ripetiamo, segnata dal dolore, sono stati sostenuti pastoralmente dalla chiesa a
cui fanno riferimento. Ne avranno ricevuto
certamente conforto.
Basta. Non c'è altro da dire, né c'è da condividere o non condividere. Soprattutto non c è
niente da strumentalizzare per sostenere una
tesi (continuare la gravidanza a ogni costo) o
il suo contrario (interrompere la gravidanza).
Perché questa è una di quelle vicende umane
in cui la sola cosa necessaria è il rispetto. E il
silenzio partecipe, a prescindere da quelio che
avremmo fatto noi neiìa loro situazione, (e.b.)
La Dichiarazione
luterano-cattolica
La Dichiarazione luterano-cattolica intitolata
«Chiesa e giustificazione.
La comprensione della
Chiesa alla luce della
dottrina della giustificazione», è stata firmata
rii settembre 1993 a
Wurzburg (Germania) e
resa pubblica nel settembre 1994 nella sua versione tedesca e in novembre 1994 nella traduzione
italiana. È stata elaborata da una commissione
mista nominata dalla
Federazione luterana
mondiale (Firn) e dal
Pontificio Consiglio per
la promozione dell’unità
dei cristiani. È frutto del
dialogo teologico bilaterale iniziato sin dal 1972.
Le due fasi precedenti
del dialogo avevano af
frontato i seguenti temi:
«L’eucarestia» (1978), «Il
ministero pastorale nella
chiesa» (1981), «Vie verso
la comunione» (1980) e
«L’unità davanti a noi»
(1984), Il testo della Dichiarazione è stato presentato all’ultima Assemblea della Firn a Hong
Kong e inviato a tutte le
chiese luterane per essere discusso a livello locale. Tutte le chiese, compresa la Chiesa cattolica
romana tramite il Vaticano, devono rispondere entro maggio prossimo. Se sarà raggiunto un
accordo finale, cadranno le reciproche condanne del XVI secolo
iscritte nella Confessione augustana e nel testo
del Concilio di Trento.
IL POPOLO CURDO TRA FUGA E REPRESSIONE. La lunga battaglia condotta con
l'obiettivo di recuperare l'indipendenza di
un tempo si scontra con l'atteggiamento di
chiusura dei vari stati. Abbiamo incontrato
alcuni profughi ospitati al Centro evangelico di Monteforte. (pag. 3)
I 25 ANNI DELLA RUBRICA DI RAI 2 «PROTESTANTESIMO». Sono stati ricordati a Roma con una tavola rotonda dal titolo «Dai
recinti all'agorà: religioni nella televisione
che cambia». È stata un'ottima occasione
per riflettere sul futuro della comunicazione protestante nel nostro paese. (pag. 6)
IL DIBATTITO SULLE RESPONSABILITÀ DEL
COMUNISMO. C'è una dimensione anche
personale, non soltanto storica e politica,
nel «fare i conti col comuniSmo». Infatti i
cristiani che hanno sostenuto quell'ideale
pur conoscendone i tragici risvolti, non possono evitare un riesame doloroso, (pag. 6)
A QUALE DIO CREDONO GLI IMMIGRATI IN
ITALIA? Secondo i dati di una ricerca della
Fondazione Migrantes e della Caritas di Roma la maggioranza degli immigrati regolari
è di fede cristiana: cattolici, protestanti e
ortodossi. Un terzo appartiene al variegato
mondo musulmano. (pag. 8)
2
PAG. 2 RIFORMA
All’A:
Della
VENERDÌ 6 FEBBRAIO
l^VENEF
«Mentre egli
parlava così, molti
credettero in lui.
Gesù allora disse a
quei Giudei che
avevano creduto
in lui: “Se
perseverate nella
mia parola, siete
veramente miei
discepoli;
conoscerete la
verità e la verità vi
farà liberi”. Essigli
risposero: “Noi
siamo discendenti
diAbraamo, e non
siamo mai stati
schiavi di nessuno;
come puoi tu dire:
‘Voi diverrete
liberi’?”. Gesù
rispose loro:
“In verità,
in verità vi dico
che chi commette
peccato è schiavo
del peccato.
Or lo schiavo non
dimora per sempre
nella casa: il figlio
vi dimora per
sempre. Se dunque
il Figlio vi farà
liberi, sarete
veramente liberi.
So che siete
discendenti
d’Abraamo;
ma cercate di
uccidermi, perché
la mia parola non
penetra in voi. Io
dico quel che ho
visto presso il
Padre mio; e voi
pure fate le cose
che avete udite dal
padre vostro”.
Essi gli risposero:
“Nostro padre
èAbraamo”. Gesù
disse loro: “Se foste
figli diAbraamo,
fareste le opere
diAbraamo;
ma ora cercate di
uccidermi, perché
vi ho detto la
verità che ho udita
da Dio'.Abraamo
non fece così. Voi
fate le opere del
padre vostro”. (...)
Essi gli dissero: "...
Noi abbiamo un
solo Padre: Dio”.
Gesù disse loro:
“Se Dio fosse
vostro Padre, mi
amereste, perché
io sono proceduto
e vengo da Dio”»
(Giovanni 8, 30-42)
LA PASSIONE PER LA VERITÀ
La verità non è un dogma, un documento teologico, un'idea, un concetto
ma la persona di Gesù Cristo. Questo è il messaggio del Nuovo Testamento
GIUSEPPE PLATONE
SCHIACCIATO dal giudaismo
più intransigente (è il caso
del partito dei farisei in forte
ascesa al tempo di Gesù), confuso con le varie correnti filosòfiche del bacino del Mediterraneo, il cristianesimo rischiava di
scomparire prima ancora di
presentarsi pubblicamente sulla
scena della storia. Sono gli anni
in cui si giocava tutto. Le degenerazioni del giudaismo (quando esso scade a pura tradizione,
letteralismo, casistica, arroganza, esibizionismo) servono al
nascente cristianesimo a definire la propria identità. Anche oggi alcuni credono, come i giudei,
di avere in mano la verità e di
conoscere la libertà semplicemente per il fatto di appartenere
per discendenza alla tradizione
protestante. Siamo figli di Lutero e di Calvino, quindi siamo liberi, liberati dalla verità. Ma
quando il protestantesimo diventa uniformismo, tradizione,
culto di identità che si nutre soltanto di un passato (magari mitizzato), anche noi non siamo
diversi da quei giudei irritati
dalla parola di Cristo.
La fonte della nostra identità
PER questo è importante sempre e di nuovo ritornare alla
fonte vera della nostra identità
evangelica che è la parola di Cristo. Certo, direte voi, ma questa
stessa parola è interpretata in
modi diversi. In effetti nella variegata famiglia evangelica, mol
Preghiamo
Io t’invoco,
Dio di verità,
nel quale, dal quale e
per mezzo del quale
è ogni cosa.
Dio sapienza,
nel quale, dal quale e
per mezzo del quale
sanno tutti i sapienti.
Dio vita vera e piena,
nel quale, da quale e
per mezzo del quale
vivono veramente
e in pienezza
tutti i viventi.
Dio beatitudine,
nel quale, dal quale e
per mezzo del quale
trovano beatitudine
tutti i beati.
Agostino d’Ippona
Soliloquia 1.1.3
te divisioni sono nate proprio dal
modo diverso di leggere la Scrittura. Tra chi legge la Bibbia con il
metodo storico-critico e chi in
modo letteralista non è facile intendersi. Ma là dove si è realmente provato a lavorare insieme, tra protestanti ed evangelici,
spesso si sono registrate esperienze di arricchimento reciproco. Anche con il mondo cattolico
romano, sulla base dello studio
della Parola biblica si sono fatte,
in questi anni, esperienze importanti. Certo di fronte alle degenerazioni cattoliche (dal sangue di
San Gennaro al culto di padre
Pio per non dire del peso che
giocano i santi, le immagini e la
madonna) noi ci irrigidiamo e
troviamo, in questa contrapposizione, conferma al nostro essere
protestanti. Ma il problema che
pone Gesù Cristo va al di là di
questi schieramenti. La verità
non è un dogma, un documento
teologico. La verità non può neppure essere incapsulata da quella
«gerarchia delle verità» che il magistero di santa romana chiesa
deve farci ancora conoscere
mentre regna la verità della gerarchia. La verità non è un’idea,
un concetto, ma la persona di
Gesù Cristo. Questo è il messaggio del Nuovo Testamento. Insomma la questione vera rimane
il nostro rapporto con Dio. Ecco
quello che realmente conta. Non
c’è nulla di più importante, di essenziale, se non riuscire a stabilire una relazione con chi ci ha
creato. Incontrare Cristo significa non possedere la verità, né gestire la libertà, ma lasciarsi afferrare dalla sua verità e praticare la
sua libertà. Tutte le volte che noi
ci sentiamo, in qualche misura,
possessori della verità definitiva
sulla nostra vita, sul mondo, noi
illudiamo noi stessi e chi ci sta
intorno.
Diventare amici di Gesù
IL rapporto che Gesù vuole stabilire con noi è di tipo amichevole. L’immagine della schiavo,
un riferimento socialmente comprensibile a tutti in quel tempo,
tende a sottolineare il carattere
di provvisorietà. Quando lo
schiavo non serve più lo si vende. È poco più di un oggetto. Ma
appunto Gesù non vuole intorno
a sé dei cortigiani, degli «yesman» ma dei «figli di Dio» che si
muovano con quell’autonomia
che deriva dal sapersi amati, accettati anche se di parere diverso. Proprio come succede, in genere, tra amici e in famiglia.
Lo scontro con i giudei
Ma in concreto come occorre comportarsi? Ai giudei
che lo condannavano Gesù presenta la contraddizione in cui
vivono: «Dite di essere discendenti di Abramo? E allora fate le
opere di Abramo!». Ovvero abbiate una fiducia totale in quel
Dio che ad Abramo ha tolto tutte le sue sicurezze e ricchezze e
gli ha indicato soltanto il cammino di una fede fiduciosa (e
avventurosa). Anziché pensare a
come eliminarmi sul-piano fisico, sembra dire Gesù ai suoi avversari, ponetevi il problema di
vivere la vostra discendenza da
Abramo non solo sul piano della
parentela ma su quello comportamentale.
Poveri patriarchi stiracchiati a
seconda delle esigenze del momento! Del resto anche noi leggiamo la storia in funzione del
nostro presente. Duemila anni
di cristianesimo hanno costituito un’immensa galleria di martiri, di santi, di grandi testimoni
della fede cristiana che vengono
utilizzati, sovente, come necessario puntello alle proprie posizioni. Ma anche qui, la sana
prudenza protestante ci ricorda
che l’espediente di far parlare
chi non c’è più per sostenere le
proprie posizioni non deve prevalere, nel campo della fede,
sull’insegnamento maestro. Ciò
che conta realmente non è tanto
rincontro con i testimoni del
passato quanto lo stabilire una
relazione quotidiana con Cristo.
E qui ogni generazione deve fare
questa particolare esperienza
perché la fede è un fare prima
ancora che un dire.
Lo scontro di Gesù con i giudei nel tempio ci insegna anche
a confrontare la verità-Cristo
con le verità che ci stanno intorno. 11 confronto può anche essere duro. L’importante è che la
passione non soffochi il dato biblico. La discussione su Abramo
condotta da Gesù è un esempio
di come si possa argomentare
sino a delegittimare, da un punto di vista biblico, gli avversari.
Quando emerge la volontà distruttiva («cercate di uccidermi») il discorso è chiuso perché
gli avversari in realtà si collegano non al padre Abramo ma ad
una sua diabolica caricatura.
Il protestantesimo ha coltivato, nei secoli, la propria identità
attraverso lo studio e la comprensione contestualizzata della
Scrittura. Che cosa sono per noi
verità e libertà? La verità è la
persona di Cristo che riconosce
e discute le diversità degli altri
pur affermando con forza la
propria. La libertà è vivere intensamente la dipendenza da
Dio in Cristo, nell’obbedienza
alla sua Parola, in una grande
apertura verso gli altri. Dialogo
dunque con tutti.
A quest’ultimo proposito vedo
con preoccupazione emergere
in questi mesi una tendenza - lo
dico pochi giorni dopo la conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani a concepire l’ecumenismo, il
dialogo come una tranquilla
passeggiata nel bosco, tra il cinguettio degli uccellini e il gorgogliare dei ruscelli. Una specie di
«New Age» cristiana. Di fronte
allo stress della vita la chiesa ti
cura con il palliativo di un’unità
già, in qualche modo, raggiunta.
Se i cristiani si sono messi d’accordo tra loro vuoi non metterti
anche tu d’accordo con te stesso
e con la società? Spero di sbagliarmi, ma mi sono accorto
che, nel dialogo ecumenico, appena sollevi un problema reale
sei visto, sovente, come un provocatore, un distruttore di delicati equilibri.
La verità di Cristo
Lf E’VANGELO inaugura il noI stro incontro con Cristo e
inaugura anche una stagione di
grande passione per la verità e
la libertà. Come posso vivere
autenticamente, nello spirito
dei profeti e dei testimoni che
mi hanno preceduto, la mia fede cristiana? Diventare amici di
Cristo non significa dare ragione al più forte di turno ma cercare nella Parola il fondamento
del nostro dire e del nostro agire. La politica del sorriso, del limare gli spigoli, dell’essere uniti
a tutti i costi rischia di farci dimenticare che conta più la fedeltà alla verità che l’unità nell’ipocrisia. L’unità tra i cristiani
la può realizzare soltanto lo Spirito di Dio, a noi spetta di vivere
fino in fondo la verità cristiana,
disponibili a modificare, correggere, le posizioni là dove si contraddice l’insegnamento di Cristo. Applicarsi ad un simile esercizio una vita intera non basta.
Figuriamoci se abbiamo ancora
il tempo da dedicare ad altri
maestri. La verità di Cristo riempie fino al’orlo la nostra giornata terrena.
(Seconda di una serie di tre
meditazioni sulla libertà]
Note
omiletiche
Nel nostro capitolo q
un indubbio crescendi
quasi si voglia andare al|(
scontro attraverso una %
rie di cerchi concentrici.!
primo di essi è rappreseti
tato dal brano 12-20, l'ay
totestimonianza che ri
prende Giov. 7, 37. Il sj
condo cerchio va dal v. j|
al V. 29: energica presa j
distanza dall'ambiente fj
risaico. Infine il terzo cet
chio è costituito dalla se
zione che va dal v. 30 al»
59 che rappresenta il me
mento forte di questa pe
lemica. Il testo che esami
niamo si inserisce in que
sto ultimo crescendo dit
registra uno scontro coni
giudei.
Vv. 31-32: «Perseverati
nella parola», non si tratta di un'esperienza misti
ca (sullo sfondo c'è l'immagine della vite e i tralo
di 15, 1-7) ma di una stretta relazione tra il credente e il suo Signore- In tutto il brano cogliamo tutti
una serie di contrapposi
zioni: a) liberati/schiavi; b|
schiavo/figlio; c) il dimorare temporaneo nella casi
del padre (schiavo)/il di
morare per sempre (tìglio); d) la verità che reiv
de liberi/ il peccato chi
rende schiavi.
Libertà: l'universo concettuale del tempo di Giovanni interpreta la verità
come la conoscenza del
logos. In un ottica cristologica qui si precisa che la
vera libertà la si ottiene
attraverso il logos di Dio,
il «figlio» donato al mon
do, e si concretizza non
davanti a desideri irrealizzabili ma di fronte al po
tere mortale del peccatoVerità: ha qui un chiaro
valore liberatorio, non si
tratta di conoscere verità
nascoste ma piuttosto di
lasciare spazio alla llbwzione di Dio nella vitató
credente che troverà una
nuova ragion d'essere nel
rapporto con Cristo=verità sulla nostra umanità
(vedi 15, 9-10, 12-13).
V. 33: Gli oppositori colgono del discorso di Gesù
soprattutto l'aspetto legato alla libertà.
Vv. 34-36: «In verità, in
verità» formula introduttiva tesa a sottolineare l'importanza della dichiarazione che seguirà. Non si può
interrompere, con le proprie forze, la dipendenza
dal peccato; deve intervenire Dio stesso in Cristo (i
Figlio). Il Figlio «ha vintoli
mondo» (16,33).
Vv. 37-40: L'immagine
dello schiavo ha colpito
nel segno. La reazione dei
farisei è rencorosa perdiéj
sono stati messi in crisi dal,
fatto che pur dichiarando-!
si liberi in realtà sono:
schiavi di una particolare j
1 rflO' I
Ui
Ti
concezione del loro rapporto con Dio che presenta palesi contradciizioniEmerge intanto la contrapposizione «mio Padre» (v. 38) e «vostro Pa- !
dre» (v. 38), sullo sfondo
si coglie la stretta relazione, intima, del Padre con
il Figlio (v. 26, 38, 40).
La contrapposizione verità/vita e menzogna/omicidio prosegue ancora pai
alcuni versetti e trova la
sua punta nel v. 44 anche
se il V. 41 potrebbe essere
un punto comune per trovare una conciliazione:
«Abbiamo un solo Padre:
Dio»; vedi anche Is. 63, 16Non si dimentichi che Gesù si colloca in linea con
Mosè (5, 46) e con Àbramo (8, 56).
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- Henri van der Bussche, t
Giovanni, Assisi, 1971. |
- H. Strathmann, il |
gelo di Giovanni, Brescia,
1973.
- Claude F. Molla, I® *
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Üj9Un:,ÆRDÎ 6 FEBBRAIO 1998
PAG. 3 RIFORMA
m A colloquio con alcuni profughi ospitati al Centro di Monteforte Irpino
Il popolo curdo tra fuga e repressione
nt"ic* Una lunga battaglia condotta con l'obiettivo dell'indipendenza si scontra con
l'atteggiamento di chiusura delle autorità. I rischi dei «traghettatori» criminali
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ANNA MAFFEI
Mentre Nahlda Shwany
racconta dell’estenuante viaggio che dal Kurdistan
iracheno Tha condotta in Italia e mi spiega le ragioni che
hanno spinto lei e tanti altri
con lei ad affrontare rischi
inimmaginahili per allontanarsi dalla sua casa di Erbil,
mi colpisce una notizia. Nahida e suo marito Mejid sono
riusciti a portare con sé tre
dei loro figli, Yunes, Mohamed e Ariana di 11, 6 e 9 anni, ma lì è rimasto il loro primogenito Arkan. Per cause
sconosciute, nei concitati
momenti della fuga, Arkan si
era allontanato per andare a
casa a prendere delle cose
ma poi non ha fatto ritorno al
gmppo dei fuggiaschi. Gli organizzatori della fuga hanno
concesso di aspettarlo due
giorni, ma poi sono dovuti
partire e da allora, era il 20
luglio dell’anno scorso, Nahida e suo marito Mejid non ne
hanno più avuto notizie. La
cosa per me più sconvolgente
è che sarà quasi impossibile
per loro anche per il futuro
riuscire ad avere notizie del
loro figlio diciassettenne perché lui, anche se è ancora vivo, non sa e non può sapere
dov’è il resto della sua famiglia e i suoi genitori non possono comunicare con il loro
paese perché metterebbero
in quel caso a rischio di vita i
parenti o i vicini a cui potrebbero rivolgersi.
Questo è solo uno squarcio
della tragedia che sconvolge
ormai da anni la popolazione
curda. Nahida e Mejid, ospitati con i loro figli, insieme
ad altre due famiglie curde,
dal 20 novembre presso il
Centro evangelico di Monteforte Irpino, hanno alle
spalle esperienze limite. Prima del viaggio Nahida faceva
I Chiesa evangelica della Renania
Accoglienza a chi fogge
«
Nabila, una delle donne ospitate a Monteforte
l’insegnante e Mejid gestiva
una piccola fabbrica meccanica. Erano una famiglia agiata, quindi, ma avevano il
torto di appoggiare uno dei
partiti che in Iraq combattono per l’indipendenza del
popolo curdo e così, quando
nel luglio scorso la zona è
stata sconvolta da episodi di
guerra civile e la loro attività
«sovversiva» è stata scoperta
dai militari che, per volere di
Saddam, hanno nel Kurdidstan mano libera per commettere qualsiasi nefandezza
nei confronti degli oppositori
politici del regime, per loro
non c’è stata altra alternativa
che la fuga. Già qualche tempo prima qualcuno aveva
piazzato nel loro giardino
una bomba, che per fortuna
non era esplosa.
Anche le altre due donne
del gruppo ospite del Centro
hanno da raccontare. Una di
loro Mekkia Alibol, proveniente dal Kurdistan turco, ha
solo 22 anni e tre figli di 3, 2
anni e di 5 mesi. Non so come
abbiano fatto lei e il marito
Orphan con i loro piccolissimi bambini a portare a termine il viaggio che è durato tre
mesi e mezzo e si è svolto nella prima parte a piedi attraverso le montagne. «Di giorno
stavamo nascosti - raccontano - e di notte camminavamo. Non potevamo fermarci,
anche se qualcuno di noi stava male. Non sapevamo dove
eravamo e chi erano le nostre
guide. Avevamo pagato 3.000
dollari a persona e l’organizzazione a cui avevamo affidato la nostra sorte non ci aveva
dato nessuna garanzia, né sapevamo in quale parte d’Europa saremmo forse approdati. A un certo punto del nostro
cammino siamo stati nascosti
in una galleria sotterranea
per molti giorni. Poi siamo
stati portati di nascosto con
un furgone fino alle coste della Turchia. Qui con piccole
imbarcazioni siamo stati trasferiti ancora in altri posti,
finché siamo giunti ad una
nave grande dove insieme ad
altre 700 persone siamo stati
nascosti nelle stive per circa
otto giorni. Giunti vicino alle
coste italiane ci hanno fatto
fare il trasbordo in imbarcazioni più piccole e siamo finalmente arrivati in Italia.
Qui siamo stati ospitati nel
campo profughi di Santa Foca, dove ci hanno trattato con
molta umanità è gentilezza».
Badiha Hikmet, 26 anni, è
arrivata a Monteforte agli ultimi mesi di gravidanza. «Il
bimbo non aveva quasi speranze - racconta -. Qui a
Monteforte sono stati meravigliosi. Hanno fatto davvero
di tutto per salvare il bimbo e
anche me». Dopo 15 giorni di
traversie il 4 dicembre con
parto cesareo è nato Issa, che
in arabo significa Gesù. E nato sotto peso, ma probabilmente ce la farà a sopravvivere senza danni.
Qui a Monteforte, dove i
profughi sono ormai ospitati
da più di due mesi, non è arrivato ancora alcun aiuto istituziontde. Tutto è a totale carico del Centro. Il direttore,
pastore Squitieri, presta generosamente la sua opera e,
con gli altri volontari, fa di
tutto perché agli ospiti curdi
non manchi il necessario.
Particolarmente precarie erano nei primi mesi le loro condizioni di salute e, pur senza
assistenza sanitaria, si è provveduto a tutte le necessità.
Solo qualche giorno fa sono
stati ascoltati dalle autorità
alle quali hanno fatto domanda di asilo politico.
Quanto ancora dovranno
aspettare perché venga loro
riconosciuto dal nostro paese
il diritto di vivere finalmente
in pace, tutelati e protetti, secondo il dettato della convenzione di Ginevra? Se non
fosse stato per il nostro Centro come avrebbero potuto
sopravvivere finora?
Documento della Commissione delle chiese per i migranti in Europa
Giudìzio positivo sull'accoglienza italiana ai profughi
Van
iscisi
5enè
I
Il comitato esecutivo della
Commissione delle chiese per i
migranti in Europa (Cerne) attraverso il proprio segretario
generale Jan Niessen ha diffuso
il 14 gennaio scorso da Bruxelles una dichiarazione sulla
questione dei rifugiati curdi.
Per quanto riguarda la sua diffusione in Italia essa è stata allegata ad una lettera che la Cerne ha inviato al presidente del
Consiglio, Romano Prodi, e al
alcuni altri esponenti del governo. Riportiamo in questa
pagina stralci della lettera e del
documento.
Dalla lettera
Caro signor presidente,
al suo ultimo incontro il
Comitato esecutivo della
Commissione delle chiese
per i migranti in Europa ha
discusso della situazione dei
rifugiati curdi. L’esecutivo è
stato informato dal suo membro italiano, la Federazione
delle chiese evangeliche in
Italia, sul recente arrivo di
questi rifugiati in Italia e delle
risposte governative e non
governative a questi arrivi.
Noi consideriamo le risposte iniziali da parte del governo italiano e delle organizzazioni non governative di prov'rodere accoglienza e assistenza ai rifugiati curdi essere un
®6gno molto positivo. È un
ohiaro riflesso della compas®'otie umanitaria dell’Italia e
questa risposta merita supporto politico, morale e pratino da parte di governi e orgar^zazioni non governative di
bitta Europa. (.. )
Dalla dichiarazione
sui rifugiati curdi
L’esecutivo della Cerne è
allarmato dalle risposte restrittive date all’urgente dilemma umanitario posto re-centemente dall’arrivo dei
rifugiati curdi dalla Turchia
in Italia e in tiltri luoghi. Come afferma un comunicato
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia: «Se
delle famiglie decidono di lasciare le proprie case con
donne e bambini durante
l’inverno, pagando ad organizzazioni criminali somme
enormi per un trasferimento
pericoloso, questi non sono
certamente solo migranti in
cerca di condizioni di vita
migliori, ma sono spinti dalla disperazione e dalla perdita di speranza».
Fermare le imbarcazioni,
arrestare le persone che scappano dalla Turchia e ricercare un coordinamento dei
controlli di polizia piuttosto
che aiuto umanitario non sono risposte degne di un Europa illuminata e solidale. Questi sforzi di prevenire l’arrivo
dei profughi sono una dimostrazione visibile del drammatico cambiamento di atteggiamento rispetto ai rifu-giati che ha avuto luogo negli
ultimi anni. Ricordiamo che
vent’anni fa i governi europei
richiedevano alle navi battenti le loro bandiere di fermarsi a dare soccorso ai rifugiati sulle loro imbarcazioni
di fortuna e portarli in salvo.
Ciònonostante la risposta iniziale offerta dal governo e dal
popolo italiano di provvedere
accoglienza e assistenza ai rifugiati curdi è un segno molto
positivo. (...)
Come in altre situazioni di
guerra e repressione, i rifugiati sono un’inevitabile conseguenza della violenza politica. Le imbarcazioni cariche
di rifugiati curdi che arrivano
sulle coste italiane è ancora
un’altra manifestazione della
continua disperata lotta del
popolo curdo per la sopravvivènza della loro cultura e
identità. (...)
Le imbarcazioni cariche di
curdi rappresentano solo gli
ultimi e più visibili arrivi, altri
continuano a giungere da posti come lo Sri Lanka, il Congo e l’Algeria, luoghi di devastanti conflitti e violenza.
L’Europa non può che rispondere in maniera solidale,
se vuole conservare il suo carattere democratico e umanitario. Erigere barriere, imporre restrizioni, prevenire spostamenti di popoli può solo
avvenire alle spese del rispetto per i diritti umani e di una
politica democratica (...)
È particolarmente urgente
che sia trovata una soluzione
politica al conflitto in Turchia, una soluzione che preveda il rispetto dei diritti
umani, la dignità e l’identità
del popolo curdo. (...)
La Cerne ha articolato quattro proposte: (...)
Il Sinodo territoriale ha ricevuto delle informazioni dm
suoi partner ecumenici in
Italia sulla situazione dei
profughi dai territori curdi.
La sorte individuale delle
persone coinvolte ha allarmato il Sinodo.
Per gli accordi raggiunti
sulla base del diritto internazionale a salvaguardia dei diritti umani gli stati dell’Unione europea hanno il dovere di
accogliere i profughi. E questi
hanno il diritto di veder esaminata correttamente la loro
richiesta d’asilo e garantita la
loro protezione. Con gli accordi di Schengen e il trattato
di Dublino sono stati stabiliti
la libertà di movimento nei
paesi dell’Unione europea e
una procedura precisa per la
concessione dell’asilo nel
paese in cui i profughi arrivano. Le richieste rivolte all’Italia, paese dell’Unione europea, di tenere lontani dai
confini i profughi curdi sono
in contrasto con le norme
giuridiche valide per tutti i
paesi dell’Unione europea.
Ed è contrario allo spirito della partnership europea minacciare o esercitare pressioni su stati membri dell’Unione europea per costringere
un paese a comportarsi in
modo difforme dalla propria
linea politica.
In riferimento alla situazione dei profughi dalle regioni
curde è palese in Europa la
mancanza di una politica
dell’accoglienza unitaria e
concordata. La politica europea è unitaria quando si tratta di ostacolare l’entrata della
Turchia nell’Unione europea
a causa della sua violazione
delle norme elementari dei
diritti umani, mentre contemporaneamente la Turchia, come partner della Nato riceve massicci aiuti militari. Ciò porta all’oppressione della popolazione curda
in Turchia. Una politica responsabile non può generare
paura ma deve concentrarsi
sui seguenti obiettivi:
- In Europa deve essere
1) Non siano negoziati accordi bilaterali per il ritorno
involontario di persone in
paesi dove i diritti umani sono violati. I negoziati in corso
con la Turchia devono essere
sospesi fino a quando non
siano fornite chiare e praticabili garanzie per il pieno rispetto dei diritti umani di tutti in quel paese.
2) A nessuno stato membro
dell’Unione europea deve
essere richiesto di assumere
da solo la responsabilità di
prendersi cura dell’arrivo su
larga scala di rifusati in cerca di un approdo sicuro. Vanno identificate linee guida e
risorse per la condivisione
della responsabilità fra gli
stati europei (...).
3) Nessuna risposta ai flussi di migrazione può essere
efficace senza coerenti e sostanziali contributi europei
per alleviare o risolvere le
condizioni politiche ed economiche che forzano la gente
a fuggire dai propri paesi. I
governi europei devono stabilire un processo di consultazione permanente per elaborare iniziative efficaci per
assistere altri stati a fermare
gli abusi dei diritti umani e
provvedere condizioni minime per la sopravvivenza nella
dignità di tutte le persone sul
loro territorio.
4) Le organizzazioni civili,
incluse le chiese, possono e
devono contribuire all’elaborazione e la messa in atto delle misure raccomandate. (...)
concordata una politica unitaria nei confronti dei profughi (con le conseguenze finanziarie che ciò comporta).
- Le ragioni della fuga dei
profughi dai territori curdi,
che sono note da tempo, devono essere evidenziate chiaramente ed espresse nel dialogo politico con la Turchia,
l’Iraq e l’Iran.
Fino a che nelle regioni
della Turchia in cui si verifica
lo stato di emergenza migliaia di villaggi vengono distrutti, l’esercito turco ostacola l’afflusso libero di merci
e medicinali, incarcera gli
oppositori senza che vi sia alcun procedimento giudiziario, tortura e uccide, distrugge la cultura delle minoranze,
i profughi dalle zone curde
sono chiaramente in pericolo
e necessitano di protezione.
Considerando quindi la loro
condizione questi profughi
non possono essere criminalizzati come «illegali», e fino a
che perdura questa situazione non si possono condurre
delle trattative bilaterali con
la Turchia per la «restituzione» dei profughi.
In Turchia non solo i curdi,
ma anche altre minoranze come le antichissime comunità
cristiane di Tur Abdin sono
minacciate fisicamente e si
trovano in pericolo di vita. Il
Sinodo territoriale richiama le
affermazioni del documento
del luglio 1997: «Dichiarazione comune delle chiese sulle
sfide dei migranti e dei profughi» e chiede al governo federale che nella politica di asilo
e nei rapporti con gli stranieri
sia attuata una migliore protezione dei profughi.
Il Sinodo territoriale chiede alla Chiesa evangelica in
Germania di sostenere, nella
sua collaborazione ecumenica con le chiese in Italia, i
progetti che garantiscono la
protezione dei profughi che
provengono dalla Turchia.
Nella questione dei curdi e
quando si tratta di minoranze solo le soluzioni politiche
hanno un futuro.
Mohamed e Ariana, fra I più piccoli
Nella collana «Nostro tempo» è uscito il n. 62
Sergio Aquilante, Franco Becchino
Giorgio Bouchard, Giorgio Tourn
CHIESA E STATO
Il ruolo del proteistantesimo
neiritalia che cambia
pp. 192, L 22,000
li contributo dei protestanti alla separazione tra chiesa e stato: dalla laicità
dei primi cristiani alla Riforma, alla
teoria di A. Vinet che ispirò il famoso
«Libera chiesa in libero stato» di Cavour, alle Lettere Patenti di Carlo Alberto che hanno aperto un travagliato
cammino di libertà alle chiese evangeliche, alla elaborazione del principio
delle Intese che garantiscono alle
chiese evangeliche la libertà e aprono
nuovi spazi di intervento nel sociale.
Come si configura l’intervento nel sociale di questa «componente» nazionale nel momento in cui l'Italia si affaccia all'Europa unita?
mudmna
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL. 011/668.98.04 - FAX 011/650.43.94 - C.C.P. 20780102
http‘y/www.arpnet.it/~valde8e/claudian.htm
4
PAG. 4 RIFORMA
Ecumene
VENERDÌ 6 FEBBRAIO 199
Gli aumenti dei prezzi hanno provocato violenti scontri e saccheggi
Zimbabwe^ appello delle chiese al governo
«In quanto cristiani, noi esprimiamo la nostra preoccupazione di fronte alle
sofferenze della popolazione... Non possiamo più stare con le mani in mano»
Le chiese dello Zimbabwe
hanno lanciato un appello al
governo affinché riveda la
sua politica economica, che
ha provocato un aumento dei
prezzi dei prodotti di base e
provocato tre giorni di scontri e di saccheggio. Gli aumenti dei prezzi sono in parte dovuti alle misure che il
governo dello Zimbabwe è
stato costretto ad adottare
per ottenere il sostegno economico delle istituzioni finanziarie intemazionali.
Secondo i giornali, quattro
persone sarebbero state uccise e molte altre, tra cui donne
e bambini, sarebbero state ferite durante gli scontri. Circa
800 persone sono state fermate nelle periferie popolari
della capitale. 11 governo ha
dichiarato che l’esercito, che
ha dato man forte alla polizia,
non aveva ricevuto l’ordine di
sparare, ma che era stata autorizzato ad utilizzare vere
pallottole. «Se è necessario, la
legge verrà applicata in tutto
il suo rigore» ha annunciato il
presidente Mugabe alla stampa locale. Blindati pattugliano le periferie popolari e l’esercito è in stato d’allerta.
«In quanto responsabili
cristiani, noi esprimiamo la
nostra preoccupazione di
fronte alla situazione attuale
del paese, al degrado dell’or
Zimbabwe: scuola rurale all’aperto
dine pubblico e alle sofferenze della popolazione causate
da una situazione economica
difficile di cui U governo deve
assumersi l’intera responsabilità. Non possiamo più restare con le mani in mano di
fronte all’autodistruzione
della nazione». Questi 1 termini della dichiarazione sottoscritta da quattro responsabili di chiesa, il canonico
Philemon Mudzvovera della
Chiesa anglicana, il vescovo
Ezekiel Cuti delle Assemblee
di Dio (Africa), Gary Strong
dei Ministeri della compassione, e Ngwiza Mnkandla,
dei Ministeri della fede, e resa nota il 21 gennaio scorso.
«Quando vediamo dispie
gare le nostre forze armate
sul territorio civile, quando
vediamo innocenti uccisi
nelle strade e quando la vita e
i beni perdono ogni carattere
sacro, siamo costretti a reagire. Sappiamo che esistono
cause gravi aU’origine di questa crisi ma il governo non
può più scaricarne la responsabilità su altri né nasconderle. Lo chiamiamo dunque ad
assumere la responsabilità di
una tale situazione», aggiungono i leader ecclesiastici.
D’altra parte, secondo la dichiarazione pubblicata dalla
Commissione cattolica «giustizia e pace» e da tre organismi di difesa dei diritti civili, i
«moti della fame» sono l’e
spressione delle conseguenze
della cattiva gestione finanziaria del governo.
La città e in particolare le
periferie popolari sono state
teatro di scene di saccheggio.
Le perdite sono valutate in
diversi milioni di dollari, e la
polizia ha dovuto intervenire
in numerosi luoghi. 1 saccheggiatori hanno svaligiato
soprattutto i depositi e i negozi di viveri. La polizia ha
già arrestato molte persone
sui luoghi dei saccheggi: quasi ogni giorno sono scoppiati
incidenti e, per riportare l’ordine, la polizia e l’esercito
hanno fatto uso di gas lacrimogeni contro la folla.
1 moti sono scoppiati il 19
gennaio scorso quando i cittadini hanno reagito all’annuncio dell’aumento del
prezzo della farina di mais,
prodotto di base nazionale: si
tratta del quarto aumento in
due mesi. I prezzi di altri prodotti essenziali, come l’olio, il
sapone e lo zucchero, avevano già subito aumenti di oltre
il 20% all’inizio di gennaio.
Gli aumenti sono in parte dovuti agli sforzi del governo
per adeguarsi alle condizioni
imposte dal Fondo monetario internazionale e dalla
Banca mondiale, che hanno
chiesto una riduzione delle
spese del governo. (eni)
Dopo le contestate elezioni politiche e presidenziali del 29 dicembre 1997
Le chiese del Kenia invitano ad accettare i risultati elettorali
Dirigenti ecclesiastici, cattolici e protestanti, del Kenia
hanno chiesto ai partiti di
opposizione di accettare il
risultato delle elezioni presidenziali e legislative del dicembre scorso vinte dal presidente uscente Daniel Arap
Moi e dcd suo partito, la Kanu (Unione nazionale africana del Kenia), nonostante i
problemi economici e sociali
ai quali Q paese si trova confrontato.
Daniel Arap Moi inizia il
suo quinto e ultimo mandato presidenziale (di cinque
anni) dopo avere ottenuto il
40% dei voti, il 10% in più
del suo avversario principale, Mwai Kibaki, del Partito
democratico. I responsabili
di chiesa hanno esortato il
governo e l’opposizione a
medicare le ferite e a superare il trauma delle elezioni,
organizzate il 29 dicembre
ma che sono state prolungate di un giorno dopo essere
iniziate in un clima di caos.
La Kanu ha ottenuto 107
s^gi contro 100 dell’insieme
dell’opposizione. 1 leader dei
principali partiti di opposizione hanno denunciato
brogli elettorali.
Ciononostante l’arcivescovo cattolico di Nairobi, Ndingi Mwana’a Nzeki, ha dichiarato nella sua omelia domenicale dell'] 1 gennaio scorso:
«Forse non siamo d’accordo
con i risultati, ma dobbiamo
accettarli. Non voglio dire
con questo che non ci sono
state irregolarità, ma non
possiamo tornare sempre indietro. Oggi ci tocca prepararci per le prossime elezioni». Da parte sua l’arcivescovo anglicano. David Gitari, ha
lamentato in una predicazione che tutti i kenioti, compresi il presidente e l’opposizione, siano stati «colpevoli
delle irregolarità e delle anomalie che hanno caratterizzato le elezioni».
Poco dopo le elezioni, alcuni responsabili di chiesa avevano dichiarato che esse «ri
specchiano la scelta della
maggioranza», scatenando
così le critiche dell’opposizione. Infatti, in una conferenza stampa svoltasi a Nairobi il 3 gennaio scorso, dopo
i risultati, Mutuwa Musyimi,
che parlava a nome del Consiglio nazionale cristiano del
Kenia, della Commissione
cattolica «Giustizia e pace», e
dell’Istituto per l’educazione
alla democrazia, un organismo laico, aveva sottolineato
che nonostante molte anomalie, «i risultati rispecchia
vano la scelta dei kenioti».
Oltre 25.000 osservatori avevano seguito le elezioni a nome di questi tre organismi.
Il leader del Partito democratico di opposizione, Mwai
Kibaki è uscito dalla sua tradizionale riserva per fare notare che «anche i membri del
clero ci chiedono di accettare i risultati. Se essi possono
accettare i risultati di una
elezione truccata, ci si può
chiedere se non siano uomini di Satana». Gli analisti politici concordano nel ricono
scere che i rapporti tra le
chiese e i partiti di opposizione sono al livello più basso e che ci vorrà tempo prima che possa essere ristabilito un rapporto di lavoro onesto. Nello stesso tempo, l’appello alla formazione di un
governo di coalizione comprendente tutti i partiti, lanciato dai vescovi cattolici al
presidente Daniel Arap Moi,
è stato ignorato. Il presidente ha nominato un governo
di 23 ministri, tutti membri
del suo partito, la Kanu. (eni)
Presenti anche i segretari dell'Eeccs e del Comece
Una delegazione ecumenica ha incontrato
il segretario britannico agli Affari esteri
Keith Jenkins, segretario
generale della Commissione ecumenica europea per
Chiesa e società (Eeccs) e
Noël Treanor, segretario generale della Commissione
delle Conferenze episcopali
nella Comunità europea (Comece) si sono uniti ad una
delegazione ecumenica di
dirigenti di chiesa britannici
che. nel dicembre scorso, ha
incontrato il segretario britannico degli Affari esteri,
Robin Cook. L’obiettivo era
di esporre le preoccupazioni
delle chiese sulle questioni
legate alla presidenza britannica dell’Unione europea. La
delegazione ha affrontato tre
temi principali: l’allargamento dell’Unione europea
(Ue), l’occupazione e le questioni collegate all’ambiente,
la rinegoziazione degli Accordi di Lomé.
Robin Cook vede nell’allargamento dell’Ue un mezzo
per garantire che la Cortina
di ferro non è stata sostituita
da una «Cortina di velluto»
tra ricchi e poveri. Cook riconosce l’importanza di coin
volgere i cittadini nella discussione e il fatto che le
chiese hanno un ruolo importante da giocare nella
promozione del dialogo e
nella coscientizzazione sulle
questioni europee.
La delegazione ha ricordato
al segretario degli Affari esteri
il recente rapporto redatto
dalle chiese britanniche su
«L’occupazione e il futuro del
lavoro». Le chiese hanno lodato l’iniziativa emersa dal
Vertice sull’occupazione di
Lussemburgo che ha chiesto
agli stati membro di produrre
un primo rapporto sull’awio
dei loro piani di azione a favore dell’occupazione in occasione del Vertice del Consiglio europeo a Cardiff nel giugno 1998. Si sono preoccupate per il fatto che spesso le
aziende considerano le misure ambientali come una regolamentazione indesiderata.
Tutti hanno convenuto
che l’ambiente va considerato come un ampio settore di
creazione di posti di lavoro e
che il controllo dell’inquinamento può permettere ri
sparmi alle imprese. I rappresentanti delle chiese hanno chiesto a Robin Cook
quale dei due obiettivi - sradicamento della povertà o
integrazione dei paesi più
poveri nel sistema commerciale mondiale - verrebbe
privilegiato se la tensione tra
i due diventasse troppo forte.
Tutti concordano nel dire
che bisogna cercare mezzi
idonei per aiutare i paesi più
poveri a superare il loro problema di indebitamento pur
favorendo la loro integrazione nell’economia mondiale.
Il moderatore dell’Assemblea generale della Chiesa di
Scozia, rev. Sandy McDonald,
che guidava la delegazione,
ha dichiarato: «L’incontro si è
svolto in un’atmosfera estremamente positiva e accogliente. Ci rallegriamo molto
del fatto che Robin Cook abbia proposto un altro incontro delle chiese dopo la presidenza britannica, incontro
nel quale le questioni sollevate dalle chiese potranno
essere esaminate reciprocamente». (bip/eeccs)
Prima riunione della Commissione
chiesa e società della Kek
STRASBURGO — Dal 9 al 10 gennaio si è riunita per la pj
ma volta a Strasburgo (Francia) la «Commissione chiesa e so
cietà» della Conferenza delle chiese europee (Kek). Quest,
nuova commissione è frutto di un processo di integrazion
fra la Commissione ecumenica europea per chiesa e socieii
(Eeccs) e la Kek, avviato già nel 1996. L’istituzione della nuj
va commissione, che unisce rappresentanti di chiese di tun
Europa, dal Portogallo alla Russia e dalla Finlandia alla Bui
garia, accade in un momento cruciale della vita delTUnion
europea. L’Europa dei 15 infatti nel ’98 dovrà iniziare i nego
ziati per l’allargamento dell’Unione a paesi del Centro)
dell’Est europeo. La Eeccs, con sedi a Bruxelles e Strasburgo
istituita nel 1973 dalle chiese protestanti occidentali per so
guire il lavoro delle istituzioni europee, si è dunque unita al
Kek, organismo ecumenico fondato nel 1959 con sede a Gino
vra, che raccoglie le chiese protestanti, anglicane e ortodossi
deU’Europa intera. Jacques Stewart, presidente della Eeccs
ha aperto i lavori della commissione definendo il meeting co
me «storico e molto atteso». Tra i compiti della nuova con
missione quello di osservare da un punto di vista sociale «
etico i rapporti tra chiese e stato in Europa: occuparsi di paa
giustizia e integrità del creato: fare pressione sulle istituzioi
europee per quanto riguarda i temi della democratizzaziont
dei diritti umani, delle minoranze, della sicurezza e dell’an
biente. Il processo di integrazione tra la Eeccs e la Kek si coj
eluderà definitivamente entro il 1999. (na.
Protestanti cubani: ecumenismo sì
ma in termini di rispetto e fraternità
L’AVANA — Nel corso della sua visiita a Cuba, Giovanni Pac
lo II ha incontrato, il 25 gennaio alla Nunziatura apostolica!
L’Avana, trenta rappresentanti delle Chiese non cattoliche,)
ha riaffermato «l’impegno irrevocabile della Chiesa (cattolici
verso un cammino di piena unità dei discepoli di Cristo», aj
giungendo che «l’intensa dedizione alla causa dell’unità dei
cristiani è uno dei segnali di speranza di questo fine di seca
lo». Una apertura che il presidente del Consiglio cubano delli
chiese, Pablo Oden Marichal, ha valutato positivamente, co
me tentativo di «riprendere il cammino ecumenico iniziati
con il Concilio Vaticano II», auspicando che «ciò possa awt
nire in termini di rispetto e fraternità». (nevlak
Ecuador: svolta nella storia
della Chiesa cattolica romana
QUITO — Avvenimento senza precedenti nella storia della
Chiesa ecuadoriana: il cardinale Bernardino Echeverria,ia
pronunciato un sermone nella cattedrale anglicana E1 Sto
dor della capitale, Quito. Il cardinale, che ha 85 anni, ha pionunciato l’omelia il 17 gennaio scorso durante il culto di apertura della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, li
Chiesa cattolica romana ecuadoriana conta 10 milioni di
membri, ovvero circa il 90% della popolazione. La Chiesa epi
scopale (anglicana) dell’Ecuador, collegata alla Chiesa episa
pale degli Usa e diretta dal vescovo Jose Neptali Larrea More
no, conta diverse migliaia di membri. Nella sua predicazione
il cardinale Echeverría ha fatto l’elogio deH’ecumenismof
sottolineato l’importanza della collaborazione dei cristiani i
favore dell’unità. «È la prima volta che partecipo a una cele
brazione in una chiesa non cattolica e mi rendo conto di tutti
quello che abbiamo in comune» ha detto il cardinale, ricoi
dando l’accento posto sull’ecumenismo dal Concilio Vaticani
IL La celebrazione della Settimana per l’unità era stata abbai
donata negli Anni 90 ed è ripresa lo scorso anno con il soste
gno del Consiglio delle chiese deU’America Latina. (eni
■#«!
Chiapas: il conflitto è anche frutto
di divisioni tra protestanti e cattolici
CITTÀ DEL MESSICO — Il conflitto nel Chiapas non è sole
politico ma è anche frutto di secolari divisioni e sospetti tra
protestanti e cattolici. Partendo da questa constatazione Ab
dias Tovilla, direttore del dipartimento per i diritti civili dellt
Chiesa presbiteriana del Messico, ha reso noto che da tempe
leader delle chiese presbiteriane, battiste, awentiste, pentii
costali e della Chiesa cattolica hanno messo a punto un pn
getto comune per preparare pastori, sacerdoti e laici per uW
missione di pace nel martoriato stato. (nevlakì
Emilio Castro: «^ecumenismo
è un processo irreversibile»
MONTEVIDEO — L’ecumenismo non è una cosa che «con
viene» fare o che prima o poi bisognerà affrontare, ma è u®'
processo irreversibile ed essenziale per la cristianità. Cosi, ini
un articolo su «Signos de Vida», mensile del Consiglio dellt'
chiese latinoamericane (Clai), ha scritto il teologo metodis»’
uruguaiano Emilio Castro, già segretario generale del ConsK
glio ecumenico delle chiese (Cec). Castro ha anche sottolinei '
to l’importanza del ruolo deU’America Latina nel movimenti
ecumenico «con la sua impazienza e l’urgenza di trovare solu
zioni ai tanti problemi di un continente che deve anche dimO'
strare che è possibile che una religione di maggioranza e uni
di minoranza testimonino insieme l’Evangelo». (nevlew ‘
Perù: sconcerto delle chiese battiste
LIMA — Sconcerto nelle chiese battiste peruviane per la dC'
cisione della Convenzione battista del Sud (Usa) di ridimen
sionare l’impegno della Missione battista nel continente laf'
noamericano, progetto che prevede di ridurre a 14 i centri rnii'
sionari, che saranno chiamati a coordinare il lavoro in 125 na'
zioni. Il Perù sarà accorpato ad Argentina, Bolivia, Cile, Ecua;
■ battisti peruviani®
dor, ma ciò che ha maggiormente deluso i____r
la decisione di chiudere il Seminario battista di Trujillo, un® I
scuola teologica che dal 1965 ha laureato 130 pastori, per l’80^
impegnati nell’opera di evangelizzazione in Perù. (nev/d‘^1'
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INCONTRO SUL PARCO — Da qualche anno si dibatte sulla possibilità di costituire un parco naturale regionale
in vai Pellice; l’area dovrebbe confinare direttamente col
parco del Queyras in Francia. Alcune amministrazioni comunali hanno cominciato a discutere di questo progetto,
molte associazioni vi hanno aderito. Il parco è strumento di
crescita di un territorio sotto il profilo turistico e delle attività umane o solo un vincolo acl ogni intervento? Quali opportunità deriverebbero dall’istituzione di un parco? Quale
rapporto fra strumenti urbanistici ed ente parco? Intanto il
gruppo di lavoro incaricato dalla Comunità montana ha redatto i primi materiali di studio sul progetto di collegamento ferroviario con la Francia. Si discuterà di tutto questo sabato 7 febbraio, a partire dalle 14,30, al Centro vacanze
dell’Esercito della Salvezza di Bobbio Pellice.
FI [
.Va. A Va.
venerdì 6 FEBBRAIO 1998
ANNO 134 - N. 6
LIRE 2000
Ci risiamo. Sembra che i
valdesi, nel Pinerolese,
servano quando si tratta di
vendere i formaggi, o i mondiali del Sestriere, o a fare una
bella trasmissione di «Linea
verde». Quando si tratta di dire qualcosa su di loro, ecco
che casca l’asino.
In questo caso F «asino» è
l’amministrazione di Pinerolo.
Ricevo per posta una pubblicazione promozionale del turismo intitolata «Il Pinerolese
1998», con molte pubblicità e
informazioni. Sotto il titolo
«Scoprire Pinerolo», il fascicolo viene presentato dall’amministrazione comunale: si
parla di tante cose, compreso
il 1998 anniversario, ecco* il
primo svarione storico, «della
concessione della libertà reli
L'INFORMAZIONE SUI VALDESI
CASCA L'ASINO
MARCO ROSTAN
giosa ai valdesi», e della fondazione della prima società
operaia. Ci colpiscono poi due
strane dimenticanze: nel capitolo «scuole del Pinerolese»,
corredato della pubblicità
dell’Istituto «Maria Immacolata» e del salesiano «Don
Bosco», manca inspiegabilmente la menzione del Liceo
europeo di Torre Pellice.
Andiamo al capitolo «strutture sanitarie» e nella lista de
gli ospedali cerchiamo invano
quello valdese di Pomaretto:
non c’è. Al capitolo «servizi»
sobbalziamo sulla sedia: accanto alle Comunità montane,
al municipio, agli uffici giudiziari ecc. troviamo scritto:
parrocchia. Al singolare e
senza specificazioni confessionali. Se ne deduce che per
il sindaco la parrocchia è una
specie di succursale dell’anagrafe. Difatti sotto c’è scritto
testualmente: vi si ottengono
certificati di battesimo, cresima e matrimonio. Chi si dovesse sposare altrove e non
fosse cresimato è avvertito.
Ultima perla: descrivendo i
monumenti pinerolesi, apprendiamo che il palazzo eretto nel 1740 in piazza Vittorio
Veneto era destinato a «ricovero dei catecumeni valdesi»!
Il turista sprovveduto potrebbe pensare dunque a un gesto
«ecumenico» ante litteram
della Curia, di cordiale ospitalità verso i poveri valdesi.
Chissà se qualcuno gli spiegherà mai che i «catecumeni
valdesi» erano ragazzi sottratti con la violenza alle famiglie
valdesi e tenuti dentro Palazzo
Vinone per essere cattolicizzati a forza?
Torre Pellice
In attesa
del presidente
Scalfaro
Dopo l’arrivo dell’àllora
presidente della Repubblica
Francesco Cossiga in occasione dell’anniversario del
«Glorioso Rimpatrio» nel
1989, nuovamente il capo
dello stato italiano arriverà a
Torre Pellice per sottolineare
con la sua presenza l’importanza di una data storica per i
valdesi. Nel 150° anniversario delle Lettere Patenti di
Carlo Alberto, l’on. Oscar
Luigi Scalfaro sarà ospite
della Chiesa valdese domenica 15 febbraio. E sicura la
presenza del presidente della
Repubblica al culto dal tempio di Torre Pellice (trasmesso in eurovisione) dove, dopo
la meditazione del pastore
Giorgio Tourn, rivolgerà il
suo saluto. Subito dopo il
Presidente si recherà al Centro culturale dove visiterà la
mostra «Paolo Paschetto, le
mie valli», dipinti 1917-1919
dalla collezione della Tavola
valdese. La mostra avrà un
suo vernissage in anteprima
sabato 14 alle 17. Il programma della giornata prevede ancora la visita all’ospedale
valdese di Torre Pellice e al
Rifugio Re Carlo Alberto a
Luserna San Giovanni; il
pranzo avrà luogo (ovviamente a inviti) alla Foresteria
valdese di Torre Pellice.
Oltre al Presidente sono
stati invitati anche il vescovo
di Pinerolo, Pietro Giachetti,
nonché il presidente della
Conferenza episcopale italiana, Camillo Ruini; molto probabile anche la presenza del
presidente della Camera, Luciano Violante, che dovrebbe
tra l’altro presentare la raccolta degli interventi di tutti i
parlamentari evangelici nella
storia della Repubblica. Nel
pomeriggio, al cinema Trento, vi sarà anche un incontro
sulla libertà religiosa in Italia
con la partecipazione del
prof. Domenico Maselli e del
giurista Gustavo Zagrebelsky.
Dopo le dimissioni di otto consiglieri in Comune è giunta una commissaria nominata dal Prefetto
Angrogna senza sindaco, molto resta ancora da spiegare
PIERVALDO ROSTAN
Qualcuno ha parlato di colpo di stato, di «golpe», di
pugnalata alle spalle; probabilmente, per descrivere la
crisi improvvisamente apertasi nel Comune di Angrogna si
tratta di parole un po’ forti
eppure non lontane dalla
realtà. Ci sono anche tinte
gialle nella vicenda e non è
detto che il futuro non riservi
ulteriori sorprese, ma andiamo con ordine.
Per la sera di martedì 27
gennaio è convocato il Consiglio comunale; all’ordine del
giorno la sostituzione del consigliere Davide Simond, già
assessore e vicesindaco, dimessosi due settimane prima.
Ma poco prima della chiusura
degli uffici, la sera prima, lo
stesso Simond consegnava
agli uffici tre lettere di dimissioni; da parte della zia Frida
Simond (motivazione: l’agire
da parte della giunta non in linea con gli obiettivi indicati
in campagna elettorale e presunte mancanze di ordine etico), da parte della consigliera
Carla Ricca, neomamma, e da
parte del consigliere Luigi
Gamba (per motivi personali).
Con una tempestività che ha
pochi pari, il capogruppo della minoranza. Benedetto, consegnava in municipio un manoscritto a due calligrafie con
la firma dei quattro consiglieri di opposizione in cui Michele Benedetto, Paolo Adorno, Piera Cotterchio e Romana Miegge rassegnavano le
proprie dimissioni «delusi
dall’immobilismo della giunta, dalla difficoltà di porre
proposte costruttive, dall’assenza di ogni possibile collaborazione programmatica, dal
mancato clima di serenità,
che non giova al paese di Angrogna e del suoi cittadini,
venutosi a creare all’interno
della maggioranza».
Di quanto stava accadendo
nessuno avvisava il sindaco
Jean-Louis Sappé; soltanto in
serata la consigliera Paola
Grand veniva avvisata dall'ex
consigliere Simond e a sua
volta comunicava la notizia al
primo cittadino. Ma il «pacco» era già bello e pronto:
IL FILO DEI GIORNI
Jean-Louis Sappé al Bagnòou
per rievocare l’8 settembre
con 8 consiglieri dimissionari, cioè più della metà dei
consiglieri assegnati al Comune, il Consiglio decade automaticamente e per la Prefettura non c’erano altre vie
che nominare un commissario
e indire nuove elezioni. Il
Consiglio convocato per la
PATTI LATERANENSI
CARLO ALBERTO THEILER
Nell’anno 1870, con la breccia di Porta Pia,
cadde il potere temporale dei papi e con
la legge del 13 maggio 1871 detta delle «Guarentigie», il governo cercò di regolare le gelide
relazioni tra l’Italia e la Santa Sede. Al papa si
accordavano le prerogative e gli oneri di sovrano, l’uso di un piccolo possesso territoriale
con carattere di extraterritorialità e una dotazione in denaro. Il pontefice non volle accettare le garanzie decretate dal governo italiano. Si
chiuse in Vaticano e rifiutò di riconoscere
l’unità d’Italia.
Gli accordi lateranensi stipulati 1’ 11 febbraio
1929 posero fine al conflitto tra l’Italia e il papato e regolarono i rapporti tra Mussolini e Pio
XI. Al pontefice venne assicurata la sovranità
sulla Città del Vaticano in cambio del riconoscimento della sovranità italiana su Roma. Per
effetto del Concordato, «l’Italia riconosce e
riafferma il principio consacrato nell’art. 1 dello Statuto del Regno 4 marzo 1848, pel quale
la religione cattolica, apostolica, romana, è la
sola religione dello Stato». Viene inoltre assicurata alla Chiesa cattolica in Italia una posizione giuridica, economica, tributaria, culturale assai vantaggiosa. Per effetto dei Patti, l’Italia «considera fondamento e coronamento
dell’istruzione pubblica l’insegnamento della
dottrina cristiana secondo la forma ricevuta
dalla tradizione cattolica». L’articolo 7 della
vigente Costituzione della Repubblica italiana
stabilisce che i rapporti tra lo Stato e la Chiesa
cattolica siano regolati dai Patti Lateranensi.
Detto articolo fu votato alla Camera il 25 marzo 1947. Su 499 votanti, i sì furono 350 e i no
149. Dei 104 comunisti votarono sì 95.
sera di martedì 27 non avrebbe mai dovuto svolgersi. Non
avrebbe. Ma con un colpo di
scena che solo da Angrogna
poteva venire, due consiglieri
di minoranza (Adorno e Cotterchio) si presentavano in
municipio nell’ora fissata per
l’adunanza e dichiaravano per
iscritto che essi non avevano
intenzione di dimettersi e che
questa scelta sarebbe stata solo una «ultima ratio» qualora
la maggioranza avesse loro
negato un confronto programmatico e la possibilità di inserire loro proposte nel bilancio
’98. «La richiesta di confronto da parte della minoranza
non ci è mai giunta - ha dichiarato il sindaco, JeanLouis Sappé - perché altrimenti avremmo senz’altro
aderito».
E allora perché le dimissioni sono state consegnate?,«A
ciel sereno, non si sa bene
perché», come ha detto nella
serata di martedì 27 Paolo
Adorno. O perché dietro c’è
stato un intenso lavorio di
parte della maggioranza e
della minoranza al fine di far
cadere la giunta Sappé?
Che il clima ad Angrogna
non fosse così tranquillo lo si
era qua e là percepito; probabilmente la scelta dell’amministrazione comunale nel
1990 di inserire nello statuto
comunale la possibilità di
avere assessori esterni, eventualità poi concretizzatasi nel
1995 con un assessore non
eletto dai cittadini e rafforzatasi con la nomina di un altro
esterno proprio al posto di Simond allora dimessosi da assessore, non aveva convinto
tutti. Ma, da qui ad arrivare a
esprimere il proprio dissenso
lavorando nell’ombra fino a
far cadere la giunta ce ne corre. Lascia qualche perplessità
anche la motivazione addotta
per la critica all’operato della
giunta: non ci si doveva imbarcare in un progetto così
ambizioso come quello dell’acquisto e della ristrutturazione della locanda «Pomo
d’oro» a San Lorenzo prima
di aver dato dèlie risposte a
problemi definiti più urgenti
come le fognature. In realtà il
progetto della creazione di un
rifugio escursionistico-spazio
turistico a San Lorenzo era
stato non solo votato ma addirittura sostenuto proprio
dalla minoranza e da tutti i
presenti della maggioranza
(esclusi però Lrida e Davide
Simond perché assenti). In
più non pare possibile una
contrapposizione fra fogne e
turismo per la semplice ragione che la ristrutturazione del
bar in piazza avverrebbe con
fondi esclusivamente relativi
al settore turismo.
Il futuro di Angrogna e della sua amministrazione è ora
affidato alla commissaria nominata dal Prefetto, Valeria
Sabatini; i primi passi compiuti nel dopo Sappè sono stati nell’ordine il cambio di tutte le serrature del municipio e
l’invio alla Procura della Repubblica di tutta la documentazione del Consiglio fantasma svoltosi la sera del 27
gennaio. Da parte sua l’ormai
ex sindaco ha lasciato sul tavolo della commissaria due libri sulla storia di Angrogna:
«Almeno così saprà dove è
stata chiamata a lavorare»,
commenta un amareggiatissimo Jean-Louis Sappé.
Non si escludono però delle
sorprese, dicevamo; in questa
vicenda, che sicuramente lascerà strascichi anche sul piano umano, ci sono ancora almeno due lati oscuri: chi nella
minoranza si è effettivamente
voluto dimettere visto che due
consiglieri lo hanno smentito
la sera dopo, arrivando a dire,
come ha fatto Paolo Adorno,
di aver «firmato in bianco» la
lettera inviata al Comune? E
perché, nel mese di settembre,
al momento di sostituire F allora dimissionario consigliere
di minoranza Albino Pons, è
stata fatta subentrare la signora Romana Miegge quando
nella sua lista ben due candidati avevano ricevuto più voti
e non risultano aver rinunciato
aH’incarico?
6
PAG. Il
L* Eco Delle mLLi mLOEsi
L'Italia candida Torino, la vai Pellice spera in qualche gara
Le olimpiadi sono più vicine
Si potano i pini deiia Casa vaidese in vista delie celebrazioni
RICORDO DELL’ECCIDIO DI FRA D’GAY — Fu una
rappresaglia vile, quella che i nazifascisti compirono il 4
febbraio 1944, a Torre Pellice e in alta valle per vendicarsi
della dura sconfitta subita a Rio Cros il giorno prima. Morirono giovani, anziani, donne e uomini inermi, ma malgrado le uccisioni e le devastazioni si stava concretizzando la
guerra di liberazione partigiana. Sabato 7 febbraio, alle 15,
a Pra d’Gay a Torre Pellice, e poi in municipio, verranno
ricordati quegli episodi.
FEDERALISTI DI TORRE PELLICE — Con l’avvio della
moneta unica, afferma un comunicato del Movimento federalista europeo (Mfe) di Torre Pellice, diventa urgente
l’impegno per una Costituzione federale europea. A tal fine
si propongono per il 1998 vari temi di dibattito (dalla cultura al diritto, alla scuola, all’occupazione, all’immigrazione, alle confessioni religiose, al servizio civile, al ruolo degli enti locali). Gli interessati sono invitati a segnalare le
loro preferenze tramite un’apposita scheda, presso il caffè
Bar Sport di via Amaud 27 o presso il negozio di dischi di
Attilio Sibille, via Arnaud 28, a Torre Pellice.
«IO ODIO» VIDEO SUL RAZZISMO A TORINO — Giovedì 15 gennaio, nell’ambito delle manifestazioni per l’anno europeo contro il razzismo, si è aperta nell’atrio di Palazzo Nuovo a Torino la videoinstallazione multimediale
dal titolo «Io odio», di Davide Bramante, sul tema del razzisino e della violenza nella musica e cultura musicale giovanile americana, europea e italiana dall’inizio degli Anni
90 ai giorni nostri. Per un mese, con orario continuato dalle
9,30 alle 19,30, i video della mostra accompagnati da colonne sonore di artisti come Prozac, Massimo Volume,
Mao, Statuto, ecc. verranno proiettati su 12 monitor che
formano uno schermo di 2 metri per 1,70.
CONTRIBUTI REGIONALI AI CONSORZI DI GARANZIA — I dati recenti mostrano come sia in crescita il ruolo
dei consorzi a sostegno del sistema delle imprese piemontesi. Nel 1996 le garanzie prestate dai consorzi sono state
complessivamente pari a 245 miliardi, di cui 126 (quindi oltre la metà) dal solo Artigianfidi. La giunta regionale ha assegnato recentemente a venticinque cooperative artigiane di
garanzia e al consorzio Artigianfidi un contributo complessivo di 1 miliardo e 336 milioni di lire quale concorso al fondo
rischi. «Le cooperative e Artigianfidi - spiega l’Assessore
regionale Gilberto Pichetto - non erogano direttamente finanziamenti, ma facilitano l’accesso al credito alle imprese
rilasciando garanzie alle banche. L’intervento aumenta così
la capacità di credito dell’azienda, consentendole di ottenere
condizioni più favorevoli. Oggi il sistema non si limita a facilitare il rapporto tra imprese e banche, ma assiste anche le
aziende nell’analisi delle varie opportunità finanziarie».
PRESTO UN NUOVO IMPIANTO TELEFONICO
ALL’AGNELLI — L’Ausl 10 ha deliberato la completa
sostituzione del vecchio centralino telefonico all’ospedale
Agnelli di Pinerolo. La nuova centrale sarà a fibre ottiche:
le linee raddoppieranno e saranno 32, e alcune fra l’altro
potranno sostenere fino a 60 conversazioni contemporanee.
Tutti gli attuali nodi dell’azienda (ospedale, uffici amministrativi, dipartimento di prevenzione, servizio di assistenza
territoriale) faranno per la prima volta capo a un unico centralino, a cui sarà pure collegata la nuova sede dell’ex Cottolengo. Attraverso le nuove linee si potranno tra.smettere
dati in tempo reale a tutti gli uffici e a tutti i reparti e le comunicazioni saranno finalmente non più cartacee ma informatiche, con notevole risparmio di tempo.
CARNEVALE SENZA MORTARETTI A PINEROLO —
Un ordinanza del 20 gennaio 1998 vieta, ai fini di tutelare
1 incolumità delle persone, l’uso di bombolette schiumogene e coloranti, l’esplosione di mortaretti, castagnole, scacciacani e congegni analoghi in occasione delle festività in
tutto 1 arco dell’anno. In caso di inadempienza, il Comune
di Pinerolo ricorda che la polizia è incaricata di intervenire.
LABORATORIO ARTISTICO — Spazio giovani, il Ciao la
Comunità montana vai Pellice propongono a ragazzi e giovani dai 13 ai 18 anni un laboratorio di espressione artistica
sul tema «Creatività e trasgressione». Il laboratorio è gratuito e si svolgerà a partire da mercoledì 18 febbraio dalle 17
alle 19 presso il Ciao di via Volta a Torre Pellice. Si tratta di
12 incontri condotti da un gruppo di artisti della valle i quali
intendono fornire ai più giovani conoscenze, strumenti e
chiavi di lettura del fenomeno artistico, per acquisire un patrimonio, per .scoprire se stessi, per prevenire il disagio. Chi
è interes.sato può rivolgersi a partire dal 9 febbraio all’ufficio Informagiovani della Comunità montana di Lusema San
Giovanni, tei. 900245 dal lunedì al venerdì dalle 14 alle 17.
Poco più di sei mesi per definire nei dettagli il dossier di
candidatura da presentare al
Comitato olimpico internazionale, nel settembre 1999 la decisione: dopo che la scelta fra
le candidature italiane è stata
effettuata la scorsa settimana e
ha privilegiato Torino e provincia, forse le Olimpiadi invernali del 2006 sono più vicine. Ci saranno comunque
molti concorrenti e, come è
accaduto recentemente con
Roma, non è detto che la scelta ricada sull’Italia. Certo la
proposta di proporre Torino
come grande città, col corollario delle sue valli, per i giochi
ha riscontrato un buon successo a livello di cittadinanza; secondo i sondaggi condotti pochi sarebbero decisamente
contrari. Gli stessi Verdi torinesi hanno sottolineato come
queste olimpiadi potrebbero
essere le prime a basso impatto ambientale: buona parte
delle opere e infrastrutture richieste sono già esistenti, così
come i collegamenti viari o
ferroviari; per i movimenti in
città dovrebbero essere utilizzati esclusivamente mezzi
elettrici; le infrastrutture richieste dai giochi possono essere inserite fin d’ora in concreti progetti di riutilizzo e di
sviluppo urbano sostenibile.
Ecco alcuni numeri: il villaggio olimpico, che a fine
giochi verrebbe utilizzato in
parte per residenza universitaria e in parte rivenduto ai
Soci Ssv
Alcune delle località previste per i giochi
privati, previsto nell’area degli ex mercati generali a Torino, è destinato a ospitare
3.500 atleti; il centro stampa,
localizzato al Lingotto, dovrebbe ospitare 7.000 operatori dei media. Per quanto riguarda gli impianti, le stime
del comitato promotore dicono di 10 impianti compietamente da costruire, 5 che necessitano di modifiche radicali e 7 che andrebbero bene
con poche modifiche. Come
■ già detto il Pinerolese verrebbe coinvolto con la vai Chisone (sci alpino già collaudato
ai recenti Mondiali più gare
di fondo a Pragelato) e Pinerolo (hockey su ghiaccio femminile i cui allenamenti dovrebbero svolgersi a Torre
Pellice, unico impianto attualmente in funzione). Non
A colloquio con Franco Barbero
Un luogo di culto
per i musulmani
ERRATA CORRIGE: In riferimento all'articolo «Un nuovo osservatorio» comparso su L'eco delle valli del 2 gennaio scorso,
segnaliamo che la scuoletta Beckwith in cui si riuniscono gli
astrofili non è «lasciata loro dal Comune in cambio di lavori di
ristrutturazione» come riferitoci in un primo momento, bensi è
proprietà del Concistoro della Chiesa valdese di San Giovanni.
Sono ormai alcune centinaia gli immigrati musulmani
presenti nel Pinerolese: molti
di loro sono credenti di fede
islamica e fin qui non hanno
avuto uno spazio tutto loro in
cui ritrovarsi per pregare; del
resto da tempo cristiani e musulmani si incontrano per dialogare sulle loro esperienze di
fede e sulla vita quotidiana.
Giovedì 5 febbraio, alle ore
20,45, presso il seminario vescovile di Pinerolo ci sarà un
incontro pubblico per discutere delle esperienze e delle
proposte fin qui maturate.
«La necessità di avere un
luogo di preghiera, di confronto e di studio non è nuova
per i fratelli e le sorelle dell'Islam - dice Franco Barbero,
della comunità di base di Pinerolo -; come cristiani ci è
sembrato di dovere appoggiare l'esigenza più volte espressa di avere una moschea». Finora i fedeli dell’Islam sono
stati spesso ospitati nella sede
della Cdb: la richiesta è quella
di avere un luogo stabile e fisso di riferimento. «Abbiamo
anche pensato a delle possibili soluzioni - continua don
Barbero -: a suo tempo si era
svolta in Comune una riunione per e.saminare la richiesta.
E chiaro che il Comune di Pinerolo, pur avendo prestato
attenzione al problema, non
può rispondere direttamente.
Abbiamo provato a guardarci
intorno, ma fra i privati c'è
ancora molto pregiudizio: si
teme l'islamico come un ‘fanatico", un terrorista. Perciò
la proposta più praticabile è
quella di chiedere alle chiese
cristiane uno spazio, ad esempio una chiesa non utilizzata,
per lasciarla ai fratelli musulmani affinché si organizzino».
La realtà musulmana di Pinerolo è assai variegata; si
tratta per lo più di magrebini,
ma certo la comunità islamica
non è fatta solo di venditori
di spugne e accendini: «Il
gruppo che è particolarmente
interessato al progetto moschea - aggiunge Franco Barbero - è composto di persone
che hanno un lavoro stabile,
con regolare permesso di
soggiorno. Queste persone
sperano di poter creare con
la moschea un punto di riferimento anche per le persone
che sono destabilizzate, magari giunti qui da poco oppure caduti nel mondo dell'alcol o della droga. Molti sentono come importante il non
dimenticare la loro esperienza di fede e io sono persua.w
che l'incontro con il Corano,
con la parola profetica possa
per molti rappresentare un
elemento costitutivo essenziale della loro vita».
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demordono a questo proposito gli amministratori della vai
Pellice che sperano ancora di
portare a Torre qualche gara
olimpica, fosse anche di pattinaggio artistico, e che intendono muoversi nei confronti
del comitato promotore affinché la tradizione dello sport
del ghiaccio in valle venga in
qualche modo riconosciuta.
In tutto, fra sistemazioni di
piste e realizzazioni nuove,
attualmente è ipotizzato nel
Pinerolese un intervento che
sfiora i 70 miliardi per i soli
impianti sportivi; per i collegamenti, data per completata
l’autostrada Torino-Pinerolo
e in perfetta efficienza la ferrovia Torino-Pinerolo-Torre
Pellice, i promotori annunciano come ottimale il sistema
dei trasporti.
Assemblea ordinaria e
straordinaria della Società di
studi valdesi: si terrà sabato 7
febbraio alle ore 15,30 presso
la sede della società, in via
Beckwith 3 a Torre Pellice,
Assemblea ordinaria perché
l’approvazione del consuntivo
entro aprile è un obbligo di
legge; straordinaria per via di
un’improvvisa emergenza,
Dal punto di vista del rigore
scientifico, la Ssv ha infatti
superato positivamente i requisiti richiesti per usufruire
dei contributi stabiliti per legge, ma non ha il riconoscimento giuridico come ente
culturale di interesse nazionale (finora era sufficiente quello della Regione Piemonte).
Ovviamente la Società ha le
carte in regola per tale titolo,
ma non dispone del necessario patrimonio: il ministero richiede 200 milioni depositati
come riserve per casi eccezionali. L’assemblea sarà dunque
chiamata a discutere la proposta del seggio di costituire coi
l’apporto dei soci, anche sotto
forma di prestiti, questo patrimonio sociale di 200 milioni,
con relativa modifica dello
statuto. Il seggio ritiene che
sarebbe possibile avere dei
prestiti da uno a otto anni, con
la corresponsione degli stessi
interessi offerti dalle banche e
con un piano di estinzione dei
prestiti in otto rate di 25 milioni a carico del bilancio ordinario della società.
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Le strutture dell'Azienda sanitaria 10
Favorire l'assistenza
domiciliare
Una buona attività di assistenza domiciliare da parte
dell’azienda sanitaria consente a molti pazienti affetti
da particolari e gravi patologie spesso incurabili di evitare lunghe e inopportune permanenze in ospedale o, peggio, evita spesso la trascuratezza nella cura di numerose
patologie connessa alle difficoltà logistiche di movimento nel recarsi presso gli ambulatori sanitari.
E per questo che la direzione dell’Azienda sanitaria 10
di Pinerolo, in accordo con
l’assessore regionale alla Sanità, ha inserito fra i propri
obiettivi prioritari e con il diretto coinvolgimento dei medici interessati un potenziamento del servizio di assistenza domiciliare integrata
(Adi), ovvero dell’insieme
delle cure e delle prestazioni
sanitarie rese direttamente a
domicilio del paziente. Un
impegno di potenziamento
che, alla verifica, ha prodotto
un incremento del 50% dei
casi seguiti negli ultimi 6-7
mesi del 1997. Il totale dei
pazienti seguiti era già passato dai 71-72 degli anni ’9495 ai 132 del 1996 per arrivare ai 206 del dicembre
1997; in un’alta percentuale
dei casi, all’incirca il 45%
del totale, l’assistenza viene
prestata a malati terminali,
per un altro 20% a pazienti
affetti da gravi patologie vascolari, per un altro 15% ad
affetti da patologie acute (come ictus e ischemia cerebrale, polmonite, ecc.) e infine
per un 10% a anziani, prevalentemente soli, colpiti da
gravi fratture. Si è riscontrato
anche un miglioramento della qualità delle cure fornite:
l’azienda ha infatti messo a
disposizione dell’Adi tre
nuove fisioterapiste della riabilitazione e ha incentivato
economicamente i propri medici specialisti per stimolarli
a un sempre maggiore accesso alle cure domiciliari.
Il commissario deH’Asl,
Ferruccio Massa, ha inoltre
affermato che nel 1998 occorre ancora potenziare le risorse professionali destinate
al servizio almeno del 10%-E
la direzione della Asl 10 non
solo ha voluto «professionalizzare» e migliorare qualità- :
tivamente l'assistenza Adima ha anche drasticamente
semplificato le procedure di
accesso aH’as.sistenza, affi-’
dando al medico di base l'au-,
torizzazione alla prima presa
in carico: una procedura oltretutto resa oggi assai rapida. i
con la prima assistenza già 241
ore o al massimo 48 dopo k j
conoscenza del «caso». i
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Associazione Amici ospedale valdese
di Torre Pellice
Con l’inizio del 1998 l’associazione ha una nuova
cassiera: la rag. Paola Rostan.
Per il pagamento delle quote di associazione o
qualsiasi comunicazione, rivolgersi a lei.Il suo indirizzo è:
10066 Torre Pellice. Via Bouissa 13. Tel. 0121-91653.
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La crisi a Angrogna
Valdesi e politica
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Intervista al dottor Valerio Vecchie, dell'Agenzia regionale
Comuni e verifiche ambientali
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Anche se al momento in
cui scriviamo non si sa
quale sarà la sorte del Comune di Angrogna, è necessario
dire con chiarezza che quanto
è successo, e soprattutto il
modo in cui è successo, è grave, è un brutto segnale che
emerge proprio dal cuore valdese della vai Pellice, una cosa che pensavamo appartenesse al malcostume democristiano e agli intrighi della
politica di palazzo e mai avremmo pensato potesse riprodursi nelle nostre Valli.
Non mi riferisco ovviamente
all’azione della minoranza; è
abbastanza logico che la minoranza faccia il suo mestiere, non si vede perché non
dovrebbe cercare di far saltare la giunta per cercare di subentrare alle prossime elezioni. Qui la critica va invece rivolta ai quattro consiglieri
della maggioranza che si sono dimessi senza che, almeno
per due di loro, ci fosse questa assoluta urgenza; e la critica non riguarda neanche la
legittimità del loro dissensi
con il sindaco, almeno su determinati punti. Riguarda invece il fatto che le loro dimissioni hanno assunto l’aspetto
di una vera e propria pugnalata alle spalle: numerose sono
state infatti le occasioni, in
maggioranza, in Consiglio,
nelle stesse assemblee pubbliche dell’Autunno in vai d’
Angrogna, in cui si poteva
esprimere con chiarezza il disaccordo, votare contro, battagliare perché determinate
scelte cambiassero.
Nulla di chiaro e di palese è
avvenuto, se non un generico
mugugno. Non sottovaluto
neppure il fatto che determinati indirizzi recenti, sia della
Comunità montana sia dei
Comuni, che puntano sul turismo, su progetti spesso troppo di immagine e troppo poco
di contenuti, provochino lacerazioni e dissensi profondi,
perché la popolazione continua a soffrire per molti problemi non risolti e non capisce quali benefici concreti, in
terrmni economici e di occupazione, possano portare certe scelte. Su questo punto, tra
1 altro, sarebbe urgente una
riflessione approfondita da
parte degli amministratori,
specialmente dove il governo
vorrebbe qualificare le proprie scelte in una strategia democratica e di sinistra.
La cosa grave, nei fatti di
Angrogna, è il rapporto tra
valdesi e politica. Come valdesi sappiamo che non ci sono obbedienze di partito, di
niaggioranza che ci obblighino a votare contro la nostra
coscienza. Ma sappiamo anche che il nostro «no è no, il
è sì e il di più vien dal mangno». Se qualcuno ritiene
^ che il sindaco e la giunta sbai §)ino, glielo dice in faccia, fa
ni tutto per cambiare e se non
ci riesce allora si può anche
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' Il 15 e il 16 a Torre Pel. 6. sabato 14 ad Angroe a Villar Pellice.
cessato. Anche nei momenti
più tragici del passato, tra le
truppe sabaude e il subdolo
inganno dei gesuiti e dei cappuccini, i nostri padri valdesi
hanno conservato chiarezza e
fermezza nelle assemblee e
con le loro varie deputazioni:
allora è importante avere a
cuore i luoghi, i sentieri, la
storia della loro fede e della
loro sofferenza, ma sarebbe
assai più importante, e questo
non vale solo per Angrogna,
che i nostri atteggiamenti di
oggi conservassero qualche
memoria della loro testimonianza.
Forse uso parole grosse e
esagerate per episodi che, al
di là di tutto, sono forse dovuti a rapporti personali. Ma
anche se fosse così, non è
ammissibile che due dei consiglieri, Davide e Frida Simond, abbiano potuto accusare la giunta di scarso rigore
morale. In italiano ciò vuol
dire prendersi dei soldi, fare
il proprio interesse. È di questo che vogliono accusare
Sappé? Allora portino le prove e non diffamino il prossimo. Ricordo che la decisione
più contestata, quella che riguarda l’apertura di un barposto tappa sulla piazza di
Angrogna era nel programma
al momento delle elezioni, è
stata fortemente richiesta nelle assemblee con la popolazione, votata all’unanimità in
Consiglio, anche da due consiglieri dimissionari della
maggioranza.
Si contesta il fatto che il
possibile gestore sarebbe uno
«di fuori»: ma dove sono
quelli «di dentro», i valdesi di
Angrogna che si sono fatti
avanti? Purtroppo i soldi vaidesi, non solo a Angrogna,
assomigliano troppo spesso al
talento sotterrato della parabola... Si contesta il rischio
dell’operazione in cui questo
privato si impegna ad addossarsi la restituzione di un mutuo di 600 milioni in 20 anni?
Il Consiglio ha dato mandato
alla giunta di non stipulare la
convenzione se non fossero
state prima ottenute precise
garanzie dalle banche: in altri
termini bisogna essere sicuri
che se il gestore non ce la fa a
pagare, paga la banca, se no
non se ne fa niente. Si dice
che ci sono altre priorità a
Angrogna? È vero, ma allora
diamoci da fare anche per
quelle, senza per questo chiudersi mentalmente, prima ancora che territorialmente, alle
possibilità che potranno venire anche da queste iniziative
turistiche, certo a patto che
siano coordinate con la cura
del territorio, con la cultura e
con la storia, con un intelligente recupero delle abitazioni, e non finalizzate a sfruttare l’esistente in vista di un
mero tornaconto economico.
C’è molto da fare, molto da
ricucire, da ricostruire; la cosa riguarda la politica ma anche la chiesa, la predicazione,
la fraternità reciproca. Pure è
qui la vera sfida per il mondo
valdese, più che nella cura
della propria immagine su
«Linea verde» o di fronte al
presidente Scalfaro. Pensiamoci in tempo.
Vorrei concludere, al di là
delle decisioni che incombono tra commissariamento del
Comune e ricostituzione di
un Consiglio legittimo, con
un pensiero di riconoscenza
al sindaco, Jean-louis Sappé,
e alla giunta: non sempre sono stato d’accordo con loro, e
gliel’ho detto, ma hanno lavorato con grande impegno
personale e anche con sacrificio di salute: di questo va detto loro grazie, sperando che il
discorso possa continuare.
Molti cittadini hanno passato gli ultimi giorni del 1997
alle prese con una dichiarazione riguardante gli scarichi
fognari delle proprie abitazioni qualora esse non fossero in
zone servite da pubblica fognatura. Una pratica che avrebbe dovuto essere regolarizzata da anni ma che soltanto nelle scorse settimane, con
la scadenza dei termini, ha
messo alla prova puntualità e
pazienza di molte persone.
Con l’occasione chi ha dovuto fare la richiesta di autorizzazione allo scarico nei pozzi
neri o in altri sistemi di smaltimento, o semplicemente,
per le abitazioni antecedenti
il 1976, con la dichiarazione
prevista dalla legge, ha conosciuto una sigla relativamente
nuova nel panorama dei controlli ambientali, l’Arpa
(agenzia regionale per la protezione ambientale) che da un
anno opera anche nel Pinerolese, con sede in strada San
Secondo 10 a Pinerolo, di
fronte alla caserma Berardi.
«Il nostro primo anno di attività è stato contraddistinto
da una fase di assestamento
pur se le verifiche e le indagini sono comunque aumentate
nel ’97 - dice il responsabile
operativo regionale Valerio
Vecchié -; ora stiamo predisponendo degli interventi di
controllo mirati, potendo contare su quattro operatori tecnici e un personale amministrativo. Per i prossimi mesi
abbiamo alcuni progetti interessanti: una verifica della
qualità dell’aria della città di
Pinerolo attraverso indicatori
biologici in 12 stazioni di
campionamento; una seconda
indagine riguarda la depurazione delle acque reflue in
tutto il Pinerolese dove abbiamo censito 90 depuratori comunali o consortili ed effettuato i primi campionamenti:
la situazione è critica sia sul
piano dell’efficienza che sotto
quello gestionale. I piccoli
Comuni hanno oggettive difficoltà a gestire questo servizio in modo corretto. Da febbraio partirà anche un progetto di collaborazione con le
guardie ecologiche volontarie
per il monitoraggio dello stato
di salute di tre torrenti, il Pellice, il Chisone e il Chisola».
ÌTA
Medici
di famiglia
Ho apprezzato e condiviso
pienamente l’opinione di
Piervaldo Rostan riportata
nell’articolo «Il medico di famiglia per razionalizzare il
pianeta sanità» pubblicato il 9
gennaio scorso, quando ha
sottolineato la centralità e
l’importanza dei medici stessi
quali «operatori più vicini ai
singoli utenti».
La popolazione del Pinerolese oggi manifesta comprensibile soddisfazione per la
professionalità e il servizio
fornito dai 110 medici di base della Asl 10, sia che essi
operino in vai Pellice, in vai
Chisone o altrove e al riguardo i casi di reclami o di segnalazione di disservizi sono
estremamente rari: e il fatto
che, come riportato nell’articolo citato, i medici di base
della vai Pellice si ritrovino
periodicamente in un «gruppo di lavoro» e siano parte
attiva di iniziative di informazione alla collettività dei
loro utenti è estremamente
positivo ed è quanto dovrebbe accadere in tutte le aziende sanitarie: infatti rappresenta la precisa e puntuale attuazione pratica del contenuto e dello spirito a cui sono
improntati i nuovi contratti
nazionali datati 22 luglio
1996 che regolamentano l’attività dei medici di base.
Come espressamente disposto nel richiamato accordo
nazionale, «il medico di medicina generale è parte integrante ed essenziale dell’organizzazione sanitaria complessiva» e di fatto di fronte
ai cittadini «incarna» l’azienda sanitaria, e Io ribadisce lo
stesso contratto allorquando
dispone che «la partecipazione del medico di famiglia
all’attività delle aziende è mirata a una più appropriata definizione dell’intervento sanitario». Com’è noto, fra i compiti «istituzionali» del medico
di famiglia, oltre alla prevenzione diagnosi e cura rientrano l’informazione e l’educazione sanitaria, e dunque bene fanno i medici della vai
Pellice a garantire appieno tale loro specifica funzione.
Come altrettanto bene fanno
se «entrano» in ospedale
(come dichiarato nell’articolo) e seguono le vicende dei
loro pazienti all’interno della
struttura: questo è un apprezzabile esempio di professionalità e di puntuale attuazione
del loro stesso contratto, il
quale affida al medico di base
il compito di garantire la
«continuità assistenziale che
si realizza anche attraverso
l’integrazione con i servizi
ospedalieri». E anzi, a tale riguardo, la direzione dell’Azienda ha fatto dell’integrazione ospedale-servizi territoriali un proprio specifico
obiettivo sanitario.
A conferma del fatto che i
medici di base nella nostra
realtà sono davvero parte integrante dell’Asl 10, basta
rammentare che il loro rappresentante, il dottor Mario
Soligo (medico della vai Pellice), fa parte attiva del Consiglio dei sanitari dell’Azienda stessa, organo che tratta
tutte le principali scelte, compresa la programmazione,
l’assetto e il funzionamento
dei servizi sanitari. Non solo,
proprio questa direzione ha
recentemente istituito con
propria delibera le Commissioni di distretto, di cui fanno
parte anzitutto i medici di base insieme ai dirigenti dei servizi dell’Asl 10, come giustamente ricordato nell’articolo
richiamato, che hanno il compito di assicurare lo stretto
raccordo fra tutti gli «operatori della sanità» nel loro insieme, operanti nell’ambito
distrettuale; e tale commissione funziona e si ritrova spesso. Dunque, alla luce di quanto sopra descritto, le iniziative informative assunte dai
medici di base della vai Pellice non «colmano un vuoto
dell’Asl 10 che dovrebbe fornire direttamente queste
informazioni ai cittadini», ma
realizzano doverosamente
una funzione deontologica
dei medici di famiglia in
quanto «sentinelle della sanità» in prima linea sul territorio a nome e per conto del
sistema sanitario dell’Asl 10,
di cui fanno parte a pieno titolo organizzativo, professionale e economico.
Ferruccio Massa
commissario Asl 10
Pinerolo
Nel frattempo i tecnici dell’Arpa dovranno valutare le
oltre 1.000 domande di autorizzazione allo scarico per le
abitazioni civili non collegabili a rete fognaria; un lavoro
complesso e oneroso per arrivare a una regolamentazione
di situazioni mai valutate sotto
il profilo tecnico. Tornando al
sistema depurativo generale, i
90 impianti sono indubbiamente troppi per una corretta
gestione; quali i correttivi possibili? «Si dovrà arrivare ad
un unico soggetto gestore
dell’intero ciclo delle acque,
dalla captazione in sorgente
alla depurazione e speriamo
ciò avvenga presto - continua
Vecchié Una razionalizzazione è necessaria: dicevamo
prima di 90 impianti ma bisogna aggiungere che esiste il
depuratore Pinerolo-Porte per
50.000 abitanti, quello di Luserna che serve 10.000 abitanti e poi per il resto della popolazione ci sono 88 impianti;
questo dà ancora di più l’idea
della frammentazione. Tecnicamente un depuratore per
ogni singolo Comune o borgata è estremamente difficile da
gestire; è problematico ad
esempio, gestire una fognatura
a Pragelato dove si passa da
500 a 5.000 abitanti. Se vi fosse un unico impianto da
80.000 abitanti, è chiaro che
tale escursione di popolazione
in alta vai Chisone verrebbe
facilmente gestita».
Luserna S. Giovanni
Progetto per
una pista
ciclabile
Presto andremo in bicicletta
e in pattini lungo il fiume da
Bibiana fino a Torre Pellice?
E quello che spera l’amministrazione comunale di Luserna, che nell’ultimo Consiglio
ha di.scusso il progetto per la
realizzazione di un percorso
pedonale e ciclabile lungo
l’asta fluviale del Pellice. Il
tragitto per camminate e biciclettate partirebbe da Lusernetta, prima del ponte che attraversa il torrente Luserna e
che potrebbe collegare anche
Bibiana, e finirebbe all’inizio
del territorio di Torre Pellice,
perché il Comune non aderisce all’iniziativa lusemese; il
percorso potrebbe passare
quindi a fianco degli impianti
sportivi, da via della Murisa a
via Pralafera. Lungo il tragitto
sarebbero poi costruite delle
aree attrezzate per chi alla bicicletta preferisce i roller, e
ancora spiazzi per i giochi dei
bambini e la sosta dei camper.
Certo, un progetto così imponente ha bisogno di un buon
finanziamento: per questo si
attende nel giro di un paio di
mesi la risposta dalla Cee, che
dovrebbe coprire circa 700
milioni di lire del miliardo e
100 previsti per i cominciare i
lavori. Il Comune pagherebbe
il resto, 400 milioni. E se la
ri.sposta della Comunità europea fosse negativa? In tal caso
non ci resterebbe che ripercorrere le vie solite, contendendole a buche e automobili
come sempre.
SOS ALCOLISMO
Poliambulatorio
Villar Perosa: tei. 51045-51379
Ospedale Pomàretto
Tel: 82352-249 day ospitai
Si ringrazia l'editore perilo spazio concesso
■ INCONTRI TEOLOGICI
«MIEGGE» — Domenica 8
febbraio alle 17, nella sala
delle attività della chiesa vai
dese di San Secondo, incon
tro del gruppo teologico
«Miegge» sulla cristologia.
CULTO ALL'OSPEDALE —
Giovedì 12 culto a cura della
chiesa di Villar Pellice.
CASA DELLE DIACONES
SE — Giovedì 26 febbraio è
fissato il trasloco degli ospiti
Casa delle diaconesse nella
sede ristrutturata di viale Gii
ly. Per effettuare le varie
operazioni in una sola giornata c'è bisogno di volontari
e volontarie: telefonare per
segnalare la propria disponi
bilità al 91254.
ANGROGNA — Riunione
quartierale martedì 10 feb
braio alle 20,30 ai Jourdan.
BOBBIO PELLICE — L'U
nione femminile si ritrova do
menica 8 febbraio.
LUSERNA SAN GIOVANNI
— Studio biblico: giovedì 12
febbraio alle 20,45 secondo
incontro dello studio biblico
a cura del pastore Pasquet sul
libro dell'Esodo dal titolo
«Mosè». Martedì 10 febbraio
alle 20,30 riunione quartiere
le alla Cartera.
PERRERO-MANIGLIA
Riunioni quartierali: martedì
10 alle 20,30 a Perrero, mercoledì 11 febbraio alle 14,30 a
Baissa. Prossimo appuntamen
to dell'Unione femminile martedì 10 febbraio alle 14,30.
PINEROLO — Mercoledì 11
febbraio, alle ore 20,45 a Pa
lazzo Vittone, il past. Giorgio
Tourn parlerà sul tema «La libertà negata. La vita valdese
nel ghetto alpino», con la
partecipazione della corale
valdese di Pinerolo.
POMÀRETTO — Venerdì 6
febbraio alle 20,30 incontro
per i monitori. Incontro donne giovedì 12 alle 20,30 a
teatro. Riunioni quartierali
venerdì 6 alle 15 all'Inverso
Clot, mercoledì 11 alle 20,30
a Pomàretto, giovedì 12 alle
15 all'Inverso Paiola. Culto al
Centro anziani venerdì 13
febbraio alle 16. Incontro di
cultura religiosa per l'Unitrè
giovedì 5 febbraio.
PRALI — Riunioni quartie
rali: venerdì 6 febbraio alle
19,30 a Orgiere, mercoledì 11
febbraio alle 19,30 a PomieriGiordano, venerdì 13 febbraio alle 20 a Ghigo. Venerdì 6 febbraio alle 17,30
prove del coretto, alle 20,30
prove del gruppo teatro al
tempio. Mercoledì 11, alle 21,
incontro di lettura del Libro
degli Atti.
PRAMOLLO — Riunione
quartierale giovedì 5, alle 20,
alla borgata Pellenchi.
RORÀ — Studio biblico alla
sala Morel giovedì 5 febbraio, alle 20,30. Riunione
quartierale alle Fucine giovedì 12 febbraio .
TORRE PELLICE — Riunio
ni quartierali: venerdì 6 alla
Ravadera, martedì 10 ai Simound, mercoledì 11 ai Chabriols, venerdì 13 agli Appiotti. Domenica 8 febbraio alle
10 durante il culto, con inizio
alle 10, assemblea di chiesa
sulla relazione finanziaria e
per decidere l'impegno di
contribuzione e il preventivo
per il 1998, l'assemblea dovrà
inoltre eleggere i revisori dei
conti e i deputati alla Conferenza distrettuale e al Sinodo.
VILLAR PELLICE — Ve
nerdì 13 febbraio alle 20,30
presso la sala del teatro il pastore terrà una conversazione
ai bambini della scuola domenicale, ai catecumeni, e a
chiunque sia interessato, sulla storia del XVII Febbraio.
Domenica 8 febbraio l'Unione femminile si ritrova alla
Miramonti per un momento
di meditazione e canto.
VILLASECCA — Riunioni
quartierali mercoledì 11 febbraio alle 20 a Trussan, venerdì 13 alle 14,30 a Trossieri,
alle 20 a Morasso. L'Unione
femminile si incontra giovedì
12 febbraio alle 14,30.
8
PAG. IV
t Eco Delle ^lli ^ldesi
VENERDÌ 6 FEBBRAIO 1998
VET
Mostra a Torino
Tavole
originali
di Pazienza
Tornano Zanardi, Petrilli e
Colasanti: le opere di Andrea
Pazienza, 250 originali, sono
in mostra a Torino fino al 29
marzo, con questa grande antologica dedicata all’artista
nel decennale della sua scomparsa. Dopo la recente mostra
di Bologna, gli originali raccolti in questi anni da Mariella e Michele Pazienza, curatori dell’antologica insieme
al giornalista Vincenzo Mollica, saranno esposti al Museo dell’Automobile. L’esposizione torinese, promossa
dalla Regione Piemonte, vuole infatti offrire una visione
allargata della produzione di
un autore tra i più innovativi
del nostro tempo. «Andrea ha detto il fratello Michele
all’inaugurazione - attraverso
il disegno ha avuto soprattutto il coraggio di mettersi in
piazza, con tutte le sue contraddizioni. Ora ci piacerebbe
che al centro dell’attenzione
fosse non la sua vita ma la
sua opera». Disegnatore di
fumetti ma anche illustratore,
scenografo, pittore e poeta,
Andrea Pazienza ha trovato
nella tecnica del disegno, e in
particolare nel fumetto, l’espressione più congeniale alla
sua prorompente capacità di
elaborare idee, immagini, storie unendo arte e letteratura.
Ha realizzato anche quadri,
fondali teatrali, locandine,
manifesti cinematografici e
costumi.
La mostra raccoglie, oltre
alle tavole fumettistiche più
celebri, 58 illustrazioni, 20
vignette satiriche, bozzetti di
scenografie, locandine, manifesti. Il museo è aperto dal
martedì alla domenica dalle
ore 10 alle 18,30, chiuso il lunedì; il biglietto intero costa
10.000 lire, il ridotto 7.000.
CALCIO
Prosegue l’annata no del
Pinerolo; in trasferta ad Imperia i biancoblù hanno perso
per 2-0 e si trovano ora isolati
al penultimo posto in classifica con 17 punti. Meglio ha
fatto la Fossanese che vincendo col Camaiore per 3-0 si è
portata al 7° posto in un gruppetto che comprende anche il
Cuneo a 29 punti. Domenica
prossima il Pinerolo affronterà in casa il Derthona mentre la Fossanese sarà in trasferta a Valenza.
HOCKEY GHIACCIO
Grande e importantissima
vittoria per l’HC Valpellice
nel terzo turno della seconda
fase del campionato di serie
B; sulla pista sempre ostica di
Chiavenna i valligiani hanno
saputo ottenere un successo
in trasferta contro la diretta
rivale per l’accesso ai playoff. Sempre sconfitti quest’
anno in trasferta negli incontri importanti i biancorossi
hanno disputato due tempi alla grande, chiudendo bene a
protezione del portiere Burrato schierato a sorpresa al posto di un Tovo ancora in difficoltà dopo l’infortunio subito col Como, e realizzando un
break decisivo nella seconda
frazione. Subito in vantaggio
con Berti in superiorità numerica, i valligiani vengono
rapidamente raggiunti da Risciotti ma, chiuso il primo
tempo sull’1-1, è nel secondo
tempo che si concretizza la
vittoria; vanno in rete ancora
Berti, poi Marchetti, un Ermacora in gran serata, il terzino Bassoli. Barrato rischia
poco ma è comunque puntuale nelle chiusure. Il terzo tempo fa tremare le gambe ai
giocatori di Rivoira; fatto il
2° gol in apertura, i lombardi
cominciano a premere e la
Valpe si blocca: gli ultimi 5’
sono da infarto, il tempo sembra non passare mai ma invece arriva il fischio finale e
con esso il successo. A que
sto punto, qualificati per i
play-off il Como e i Falchi
Bosco, la Valpe è in vantaggio sul Chiavenna per il terzo
posto; in realtà i valligiani,
vincendo i due confronti casalinghi che l’attendono, potrebbero anche arrivare secondi nel girone. La classifica
vede infatti il Como a 13
punti. Falchi 9, Valpellice 5 e
Chiavenna 1 ; prossimo incontro: domenica 8, ore 20,30,
con Valpellice-Falchi Bosco.
TENNIS TAVOLO
Ripresi i campionati, bella
vittoria della Valpellice in D2
provinciale; in trasferta a
Ivrea i valligiani si sono imposti per 5-0 grazie ai punti
di Belloni e Peracchione (2) e
di Girardon. Ha invece perso
altrettanto nettamente la DI
opposta a Torino al forte K2;
hanno giocato Giuliano Ghiri,
Alberto e Franco Picchi. Vittoria più sofferta invece per la
Valpellice in C2; nel derby
col Villar Perosa Malano e
Migliore (2 punti ciascuno) e
Piras, hanno ottenuto una preziosa vittoria per 5-3.
Sabato 7 febbraio, a Torre
Pellice dalle 14,30, saranno
in campo la DI, contro lo
Csain Fiat e la C2 contro il
Cus Torino.
PALLAMANO
È iniziato il campionato ragazzi e la prima giornata non
ha regalato novità, tutto come
da previsioni ma con qualche
nota da segnalare. Per il girone A il Candiolo di Pellissero
ha vinto a Rivalta. Il 3S Lusema ha invece dovuto cedere
al Pinasca. I ragazzi guidati
da Miriam Bellion hanno tenuto bene per tutto il primo
tempo (finito 11-8 a vantaggio del Pinasca) mentre sono
crollati nel secondo anche
perché privi di ricambi in
panchina. Nel 3S in evidenza
Stefano Rivoira, Davide Rivoira, Al Mkhatri; esordio assoluto del giovanissimo Zola.
In classifica guidano Pinasca
Alimentazione, nutrizione e mangiare sano
La ciotola d^argilla
Il vero minestrone al pesto alla genovese
CARLO BERTONELLI
HO letto la ricetta della
Ciotola d’argilla del 9
gennaio: ancorché sia specificata come una variante personale, essa è ben lontana
dall’essere, come annuncia il
titolo, «minestrone con il pesto», perché manca di verdure e di pasta. Mi scuso, ma io
la classificherei «zuppa di
patate al pesto di vasetto».
Il minestrone, lo dice la
stessa espressione, è qualcosa di poderoso: era il vitto
dei portuali e dei naviganti,
che una volta apposite imbarcazioni attrezzate rifornivano accostandosi alle navi
alla fonda nell’ambito del
porto, era il compenso di tanta astinenza di verdure per
coloro che stavano in mare
da mesi. Pertanto, varianti
personali e no, il minestrone
al pesto necessita di cipolla,
sedano, carota, zucca, zucchini, verza, patate, fagioli,
fagiolini, alla stagione propizia anche fave e piselli, oltre
all’olio di oliva; di pesto, che
è composto di basilico, sale
grosso, aglio, pinoli, formaggio grattugiato parmigiano
misto a pecorino, e che ne è
il tocco finale; di pasta fresca
o secca, di riso. Non pane e
non brodo ma acqua.
O coltivatori di basilico e i
ristoratori liguri sono in atte
sa di ottenere il placet per il
riconoscimento della denominazione d’origine della
produzione di basilico e del
pesto, dopo che la produzione industriale ha inventato in
vasetto un pesto col prezzemolo anziché il basilico e
l’olio di semi invece dell’
olio di oliva, e mentre negli
scaffali dei supermercati è
recentemente comparso un
pesto dove, oltre ai prodotti
classici, appaiono gli anacardi, noci di acagiù provenienti dall’Africa occidentale.
Semplice la preparazione
del pesto. C’è chi triturava
gli ingredienti sul tagliere
con perdita dell’umore del
basilico, c’è chi li frulla con
surriscaldamento dei componenti, ma il genuino si fa nel
mortaio di marmo con l’ausilio del pestello di legno. Nel
mortaio porre due spicchi
d’aglio, una presa di sale
grosso che aiuta a frantumare
il basilico e una presa di pinoli, usare il pestello di legno
direttamente quindi aggiungere poco a poco una cinquantina o più di foglie di
basilico lavate e ben asciutte:
stavolta il pestello deve essere manovrato lateralmente
macerando le foglioline contro la parete del mortaio per
evitare di schizzare il liquido
in esse contenuto, infine aggiungere poco alla volta il
formaggio continuando a
muovere il pestello in tondo
fino a ottenere una morbida
pasta verdolina che sarà destinata a completare e a rendere con un gusto piacevole
e piccantino il minestrone.
La verdura deve stare sul
fuoco un paio d’ore, alimentata con qualche cucchiaiata
di olio di oliva quindi, immessa la pasta o il riso, attenderne la cottura e spento il
fuoco aggiungete il pesto
sciogliendolo con un mestolo. Un particolare relativo alla densità è un vezzo tradizionale; nel minestrone versato nella zuppiera un cucchiaio posto verticalmente
deve stare ritto. Questo è il
minestrone al pesto che da
óltre ottanta anni vedo preparare. Conservo l’antico mortaio materno eon un bel foro
nel fondo.
Inoltre il pesto descritto
serve a condire piatti asciutti
come lasagne, gnocchi, tagliolini, spaghetti, ecc.; con
la pasta fresca e secca lunga
si sposano bene patate lesse e
fagiolini interi lessi. È sufficiente versare il preparato dal
mortaio in una tazza sciogliendolo con olio di oliva e
pochissima acqua proveniente dalla bollitura della pasta,
quindi è pronto al condimento con abbondante formaggio
parmigiano grattugiato.
e Candiolo con 2 punti davanti a 3S e Rivalta a 0. Nel campionato under 18 il 3S Pinerolo ha sfiorato il colpaccio a
Vercelli; perdendo la partita
(14-15) i pinerolesi hanno anche perso la possibilità di accedere alla fase interregionale. Incontro dai due volti con
il primo tempo a vantaggio
del 3S per 10-4 e grandi parate di entrambi i portieri; nella
ripresa invece i pinerolesi
hanno preso a sbagliare sia in
avanti che in difesa, fino a subire un parziale di 11-4 per il
Vercelli. Prossimo incontro
T8 febbraio a Tortona.
VOLLEY
Doppio successo per le due
squadre di Pinerolo; centra la
seconda vittoria consecutiva il
Magic Traco in B1 femminile
che battendo al tie break il Pistoia .si avvicina alla zona salvezza. Vittoria anche per il
Body Cisco che in B2 maschile espugna per 3-1 il campo deH’Àrno Pisa. Settimana
storica per le formazioni giovanili del 3S; per la prima
volte tutte e quattro vanno in
finale per i play off. In campo
maschile la formazione juniores di Marco Gardiol, pur
sconfitta a Rivoli dalTArti e
mestieri, supera il turno così
come il gruppo ragazzi di Andrea Luserna. La sorpresa è
stata quella del settore femminile con le juniores che terminano al primo posto nel girone B e le ragazze ehe, vincendo a San Secondo, hanno terminato la regular season alle
spalle delTAntares Traco; entrambe le formazioni sono
guidate da Mario Picotto. Nel
torneo amatoriale maschile
Storello il Volley La Torre ha
battuto l’Ottica Ughetto per
3-2 ha perso per 3-1 dal Barge; Ottica e La Torre in testa
con 10 punti. Nel torneo femminile Baudrino TAirasca ha
battuto il La Torre per 3-1 e
ha perso con il 3S Pinerolo
per 3-0; al comando il Bricherasio con 16 punti.
Nuovo libro
Rodoretto
Anni 50
Il vallone di Rodoretto è un
tranquillo angolo della vai
Germanasca, che ha conosciuto un forte spopolamento
a partire dalla fine dellaguerra. Come molte altre località
montane, i suoi villaggi si ripopolano in estate o nei fine
settimana per gli appassionati
di un turismo semplice ma attraente. La borgata principale,
la Villa, è il punto di partenza
per piacevoli escursioni: in
più si può visitare il piccolo
museo di arredi e oggetti locali e consumare un buon pasto nella rustica trattoria.
Ma come si viveva a Rodoretto negli Anni 50, prima che
una zona produttiva diventas,se quasi soltanto una meta turistica? Ce lo racconta La bella lavanderina, il libro che
raccoglie i ricordi d’infanzia
delle sorelle Elena, Piera, Rosita, Ines e Luigina Breusa,
presentato il 24 gennaio nella
sede della Comunità montana
valli Chisone e Germanasca a
Perosa Argentina, tema del
primo incontro culturale della
stagione. I due relatori, Claudio Tron e Raimondo Genre,
hanno cercato non tanto di
spiegare il libro ai presenti, in
massima parte ben informati
in materia, quanto di ricavare
un significato basilare da questo lavoro di ricostruzione di
un passato pressoché scomparso, rivisitato attraverso ricordi di bambine, quando il
mondo è tutto da scoprire.
Appuntamenti
5 febbraio, giovedì —
TORRE PELLICE; Alla biblioteca della casa valdese, alle
15,30, per l’Unitrè, conferenza
del prof. Massimo Tarditi, biologo, sul tema «Le intossicazioni alimentari, come prevenirle».
5-8 gennaio — TORINO:
Al Teatro di Torino va in scena
«Pulcinella», balletto in un atto
musicale di Stravinskij e Pergolesi. Giovedì 5 alle 10, venerdì 6 e sabato 7 alle 21, domenica 8 alle 16.
6 febbraio, venerdì — TORINO: Al teatro Alfieri va in
scena «Non ti pago», con Carlo
Giuffrè. Ingresso: platea lire
35.000, galleria lire 29.000.
6 febbraio, venerdì —
TORRE PELLICE: Nella sala consiliare della Comunità
montana, per il Gruppo di studi
Val Lucerna, alle 20,45, conferenza del prof. Bruno Corsani
sul tema «Origini, significato e
limiti del metodo storico-critico di lettura della Bibbia».
6 febbraio, venerdì —
CANTALUPA: A villa comunale alle 21 il Gruppo giovani
presenta «Come sono cambiati
i costumi, la mentalità e la vita
nel Pinerolese negli ultimi 50
anni», relatore Vittorio Morero.
6 febbraio, venerdì — PINEROLO: Il gruppo culturale
Upam propone una conferenza
sul tema «Islam e Occidente;
gli sciti italiani e il loro contributo alla lotta anti mondi alista»
alle 20,45 al Centro sociale di
via Lequio 36.
6 febbraio, venerdì — LUSERNA SAN GIOVANNI:
Nell’aula proiezioni dell’istituto «Alberti», dalle 18 alle 20,
secondo incontro del corso su
«Alimentazione e benessere»
sul tema «Gli alimenti» con
Donatella Pascal.
6 febbraio, venerdì — PEROSA ARGENTINA: Nella
sala conferenze Ausi alle 21
primo incontro del corso «Le
immagini della pubblicità»,
corso di formazione sulla comunicazione grafica, a cura di
Silvia Vaccaneo. Costo di partecipazione lire 20.000, più lire
10.000 di associazione all’Associazione culturale Alidada,
che organizza il corso della durata di quattro incontri.
7 febbraio, sabato — CANDIOLO: Al Centro incontri,
via Roma, alle 21, serata in favore dei terremotati «Che la
speranza diventi realtà» con il
gruppo «Deriva, solo Nomadi». Ingresso libero, il ricavato
a favore dei terremotati di
Massa Martana (Perugia).
7 febbraio, sabato — BIBIANA: Al teatro parrocchiale, alle 21,15, va in scena
«Evaristo el rancia» presentato
dalla compagnia «Villarettese»
di Bagnolo. Ingresso lire
10.000, ridotto lire 4.000.
7-8 febbraio — BAGNOLO: Al teatro «Silvio Pellico»
alle 21 di sabato, alle 16 e alle
21 di domenica, va in scena
«Quand l’amor a jè», tre atti di
Maurice Hennequin. Ingresso
lire 15.000, ridotto lire 12.000.
8 febbraio, domenica —
PINEROLO; All'auditorio comunale, alle ore 16, «Storie
d’aria», presentato dalla compagnia «Laboratorio teatro Settimo». Ingresso lire 6.000.
10 febbraio, martedì — PINEROLO: L’ associazione
Chiaroscuro organizza una serie di incontri sul tema «Mettersi in gioco; la corporeità e le
emozioni nei processi di apprendimento». Primo incontro
alle 20,30 presso la sede di viale Rimembranza 86.
11 febbraio, mercoledì —
PINEROLO: Alla scuola media Brignone, via Einaudi 38,
alle 16,30 2° incontro del corso
di aggiornamento «Globalizzazione del mondo» sul tema «Il
fondamentalismo ebraico».
11 febbraio, mercoledì —
PINEROLO: Al Centro sociale San Lazzaro primo appuntamento alle 18,30 con il corso
«Raccontare e drammatizzare
la fiaba», a cura di Guido Castiglia. Informazioni: Nonsoloteatrotel.0121-323186.
12 febbraio, giovedì -—
STAFFARDA: All’Abbazia di
Staffarda alle 20,45 seconda
conferenza a cura del dott. Paolo Jannuccelli sul tema «Universo religioso degli aborigeni
australiani».
12 febbraio, giovedì — CAVOUR: Alla biblioteca comunale, alle 17, incontro di aggiornamento sul tema «La depressione nell’infanzia», relatrice Rosita Piovesan.
12 febbraio, giovedì —
TORRE PELLICE: Alla bi
blioteca della casa valdese, alle
15,30 per l’Unitrè, concerto
con Gianpaolo Torchio, pianoforte: musiche di Beethoven,
Schumann, Chopin, Schubert.
13 febbraio, venerdì —
LUSERNA SAN GIOVANNI: Alla scuola media «De
Amicis» alle 17,15 per il corso
di aggiornamento «Piccole storie, grandi storie» incontro con
Bruna Peyrot, autrice di «Le
prigioniere della torre».
SERVIZI
VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 8 FEBBRAIO
Fenestrelle: Farmacia Grippo
- Via Umberto I 1, tei. 83904
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 8 FEBBRAIO
Villar Pellice: Farmacia GayPiazza Jervis, tei. 930705
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 2331
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
Cinema
PINEROLO — La multisala Italia propone alla sala
«2cento» In e out; feriali 20,20
e 22,20, sabato 20,20 e 22,30,
domenica spettacoli continuati
dalle 14,30. La sala «5cento»
continua con la visione di The
Jackal; feriali 19,50 e 22,20,
sabato 19,50 e 22,30, domenica
14,50, 17,20, 19,50 e 22.20.
L'Eco Delle Valli Valdesi
Via dei Mille, 1 - 10064 Pinerolo
tei. 0121-323422; fax 323831
redazione Torre Pellice
tei. 0121-933290; fax 932409
Sped. in abb. post./50
Pubblicazione unitaria con Riforma
non può essere venduto separatamente
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. ai sensi di legge Piera Egidi
Stampa: La Ghisteriana Mondovi
Una copia L. 2.000
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma, giovedì 5 febbraio e venerdì 6, ore 21,15, Mrs Dalloway, con Vanessa Redgrave;
sabato 7, ore 20,10 e 22,10 e
domenica 8 febbraio, ore 16, :
18, 20,IO e 22,10, lunedì 9, ore |
21,15, Tre uomini e una gam- |
ba; martedì 10, ore 21, Amarsi l
con A. Garcia e Meg Ryan (in- '
gresso gratuito). I
BARGE — Il cinema Co- '
munale ha in programma, venerdì 30, Blackrok, sabato
Trainspotting; da domenica ,
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matrimonio del mio migliore
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confronto sul presente
Febbraio è da sempre nelle
chiese valdesi il mese del ricordo, del commemorare, del
ricordare insieme, centrato
non solo sulla data del XVII
Febbraio, ma dell’intero percorso della storia. Anche la
Federazione delle chiese
evangeliche in Italia si è da
alcuni anni orientata a dare a
questo evento il carattere di
un momento di riflessione
nella Settimana della libertà.
È naturale che quest’anno,
in occasione del centocinquantesimo anniversario del
1848, vi sia una particolare attenzione alla circostanza. Se
ogni commemorazione ha
però il suo carattere, anche se
si tratta sempre di richiamare
alla memoria una data più o
meno lontana e di confrontare il presente con quel «ieri»,
il dialogo non si ripete mai.
Nel 1989 ricordammo il Rimpatrio, un momento decisivo
e drammatico, una partita
giocata con rischio fatale, oggi ricordiamo l’aprirsi di una
porta all’evangelizzazione
d’Italia. Molto meno appassionata la riflessione, molto
più problematico il confronto. Eppure è il caso che si rifletta sul cammino percorso
in questi 150 anni in prospettiva del futuro che ci attende,
del Giubileo alle porte, del
2000. Fra i temi di riflessione
da proporre al dibattito si
possono elencare i seguenti.
- 11 fatto che la ricorrenza
del XVII Febbraio non è una
vicenda valdese ma italiana
Il tempio di Torino nei 1853
non significa soltanto, e non
tanto, la fine della segregazione di una minoranza piemontese ma la nascita dell’evangelismo italiano. Da
quel momento infatti prende
avvio il cammino del protestantesimo italiano nelle sue
diverse espressioni. Sono gli
evangelici italiani odierni
consapevoli del fatto, si sono
appropriati di questa ricorrenza come atto di nascita?
- Il secondo filone di riflessione riguarda l’impegno
dell’evangelismo nel processo di creazione dell’unità nazionale: gli evangelici nel loro
programma di evangelizzazione hanno investito speranze e impegno per la creazione di un’Italia moderna.
In questa prospettiva il Comitato ha realizzato il logo
del centenario che presenta
la Bibbia sullo sfondo dell’Italia dominata dalla bandiera. Si riconoscono valdesi
ed evangelici in questa visione della loro storia?
- Un terzo livello di problema è connesso non tanto alle
manifestazioni in sé quanto
sul fatto che inevitabilmente
iniziative di questo tipo hanno una risonanza di immagine a livello dei media. Non
sta forse la nostra chiesa investendo troppo nella creazione di immagine? Non si
dovrebbe invece puntare sulla creazione di una realtà comunitaria corposa?
Annullo postale
Nella giornata del 17 febbraio sarà aperto presso il
Centro culturale a Torre Penice, dalle 9 alle 15, un Ufficio
postale distaccato per la spedizione di posta con annullo
speciale per il centocinquantesimo anniversario delle Lettere Patenti. Chi non potesse
essere presente quel giorno
ma desideri spedire lettere o
cartoline (è stata stampata
un’apposita cartolina per il
centenario raffigurante le
manifestazioni di forino)
può farle pervenire al Centro
che provvederà a fare effettuare l’annullo il giorno 17.
■ Torino
Imparare
gli uni
dagli altri
DOMENICO FERRO
Sentirsi uguali in cristo,
in quanto destinatari del
suo messaggio di amore e
salvezza, tutti: i circoncisi
(Efesini 2, 11-22) e gli incirconcisi, i cristiani italiani,
quelli di altre nazioni europee e quelli africani o americani, che dagli europei, oltre
a schiavitù, sfruttamento e
rapina, hanno ricevuto e rielaborato, grazie a Dio, anche
l’annuncio della sua Parola.
Accettarsi, sulla base di questa unità, riconoscendosi reciprocamente sensibilità culturali, modalità espressive e
intensità emozionali diverse,
tutte degne di essere accolte
e valorizzate. Essere disposti
a insegnare e imparare gli uni
dagli altri, a darsi vicendevolmente spazio senza presunzioni di primato in quanto ci
si sente tutti mattoni di un
unico edificio, di cui Cristo è
la pietra angolare.
Sono, questi, alcuni concetti della predicazione di
Edoardo Kibongui di domenica 18 gennaio ala comunità
battista di Torino, via Passalacqua, in occasione del culto
internazionale, anche quest’
anno tenuto integralmente
da fratelli e sorelle di altri
paesi; Congo, Perù, Moldavia, Nigeria, Romania, Albania. Credenti dei diversi
gruppi etnici, in modi originali, hanno predicato, suonato, pregato e persino cantato
in tutte le lingue parlate della
comunità, fornendo a questa
non più soltanto un’occasione di conoscere meglio se
stessa, come nelle prime edizioni del culto internazionale, ma un’esperienza concreta di condivisione delle diversità, che arricchiscono perché coinvolgono, musicalmente, spiritualmente e profeticamente: come quando
Ludmilla, otto anni, occhi
limpidi, sorriso candido, pronuncia chiarissima, ha recitato a memoria perfettamente
il testo integrale dei dieci comandamenti.
■ La nostra sorella è deceduta in Angola per la malaria
Lidia Grasso, testimone nella missione
ANNA MAFFEI
yy Sciate subito le re'X-/ ti, lo seguirono» (Marpo 1,18) Lidia Grasso è morta
in Mrica, stroncata dalla malaria. Da Lentini aveva raggiunto il marito, Rodrigues
Ehama, i primi di ottobre
nell’anno scorso. Insieme
avevano progettato una Casa
ni accoglienza per orfani di
Snerra e mutilati dalle mine a
Huambo, in Angola. Avevano
già ottenuto il terreno e lì
avevano il 13 dicembre scorso organizzato una festa per i
nambini, a cui erano intervenute più di 10.000 persone,
wdia aveva personalmente
preparato una torta per il go''prnatore che aveva poi stanziato cospicui fondi per il
progetto.
Lidia, membro della Chiesa
nattista di Lentini, aveva
ant’anni quando partì per la
rizzerà dove, fino a due anjii e mezzo fa, ha vissuto con
a sorella Giuseppina. Connceva una vita tranquilla; il
l'Oro, una bella casa, le fern ’ pomodità. Poi aveva
I nosciuto Rodrigues, angono, che svolgeva un lavoro
I '^aionario per gli extracoq^.^iitari per conto dell’
Do -f battista in un’area
chp I Napoli. Fu allora
I g Lidia si dimenticò di sé.
I posando Rodrigues scelse di
vivere nell’amore per gli altri,
per coloro che non avevano
casa, benessere, comodità.
Anche dopo, quando con Rodrigues aveva deciso di andare a vivere in Africa, Lidia
non aveva fatto calcoli. Aveva
scelto d’istinto, ricordandosi
dei suoi.sogni di bambina,
quando con le sue compagne
di scuola domenicale sfogliava i giornali evangelici che
parlavano dell’amore di Dio
portato fino ai confini della
terra. Aveva salutato i suoi ed
era partita. Aveva poi telefònato dicendo che sarebbe
tornata a Lentini per Natale
perché c’era troppo da fare,
non poteva allontanarsi. E
non si è allontanata neanche
quando si è ammalata. Non
si è ricordata di sé, non ha
pensato a controllarsi per
quello che lei credeva fosse
solo un raffreddore. Invece
era malaria. E quando, allo
stremo, si è ricoverata era or,m:!i troppo tardi. È morta la
" 'ri 19 gennaio.
'io sì, Dio si ricorderà
di lei, sua discepola. E anche
la chiesa di Lentini, la sua famiglia, i tanti che Thanno conosciuta, anche loro la ricorderanno sempre per il suo
coraggio, per la sua tenacia e
per la sua fede. Così, domenica 1“ febbraio varie centinaia
di persone nella chiesa battista di Lentini hanno voluto
dare a Lidia l’estremo saluto.
Suo marito Rodrigues, che
aveva accompagnato le sue
spoglie per il lungo estenuante viaggio di cinque giorni,
non ha potuto essere presente. Aveva la febbre alta. Anche lui ha preso la malaria ed
è ora ricoverato all’ospedale
di Catania. Il culto, presieduto dal pastore Chris Mattock,
è stato l’occasione per ascoltare un messaggio del past.
Lello Volpe, la testimonianza
di Laura Maci, amica di Lidia
da sempre, che ha ripercorso
con commozione alcune tappe della sua vita e del pastore
Salvo Rapisarda il quale, accostando l’esperienza di Lidia a quella della Lidia di cui
si parla negli Atti degli Apostoli, ha raccontato come la
sua casa sia sempre stata
aperta a tutti. In particolare
in Svizzera è stata affettuoso
luogo di accoglienza per i
tanti studenti in teologia della facoltà battista di Rùschlikon (si veda a questo proposito la lettera che pubblichiamo a pagina 7 del giornale). Quella casa è stata aperta tante volte anche per me.
E non lo dimenticherò. Se
qualcuno vuole contribuire al
progetto di Lidia e Rodrigues
in Angola può farlo inviando
la propria offerta a: Sebastiano Grasso, via Agatocle 27,
96016 Lentini (Sr).
^ Casa materna
A Portici
si inaugura
la casa-famiglia
Casa materna
Il 14 febbraio, alle ore 11,
all’istituto «Casa materna» di
Portici (Na) è prevista l’inaugurazione di un intero piano
che è stato ristrutturato in
appartamenti casa-famiglia,
capaci di ospitare 17 bambini. I lavori si inseriscono nella più ampia azione di ristrutturazione dell’intero stabile,
che rappresenta uno dei progetti italiani dell’area «Bambini e giovani: istruzione e
accoglienza» finanziati con i
proventi dell’8%o raccolti
dall’Unione delle chiese vaidesi e metodiste. Circondata da un ampio parco e situata a pochi metri dal mare.
Casa materna ha come attività principale il ricovero dei
bambini che, trovati in condizioni disagiate, vengono affidati dal giudice e dalle assistenti sociali dei Comuni limitrofi alla cura di istitutori
professionali. Attualmente
sono ospitati 32 bambini.
Inoltre vi è la scuola materna
con tre classi e la scuola elementare parificata con otto
classi. L’opportunità di rendere più ospitali e fùnzionali
i luoghi preposti all'accoglienza e all’istruzione dei
bambini impegna Casa materna ancora oggi, dopo più
di 90 anni dalla sua fondazione, al servizio e alla testimonianza evangelica verso il
prossimo.
Motto la
Un'occasione
di testimonianza
Dopo il culto del 1° gennaio per accogliere con rinnovata responsabilità e coscienza il nuovo anno, si è
svolta nel giorno dell’Epifania la consueta festa della
scuola domenicale, alla quale
partecipa sempre un numero
consistente di persone esterne e simpatizzanti.
Occasione quindi di testimonianza, la festa è stata incentrata su due rappresentazioni, quest’anno non strettamente bibliche ma comunque evangeliche nell’annuncio della costante e forte presenza di Gesù Cristo nel nostro vivere quotidiano. Tutto
il materiale, compresi i canti
di lode e di ringraziamento,
sono stati tratti dai manuali
del Sie, sempre di validissimo
aiuto. Il pomeriggio ha visto il
tradizionale momento delle
poesie e quello conclusivo del
balletto realizzato con le più
piccole; la novità è stata il totale coinvolgimento delle giovani monitrici. Domenica 18
la comunità ha accolto con
gioia il piccolo Angelo Romanelli condividendo con i genitori l’impegno di curare e
seguire la sua crescita. La
meditazione del pastore
Nunzio Loiudice si è articolata sul significato biblico della
presentazione di Gesù.
I
Agenda
7 febbraio
TORINO —A partire dalle 10, all’Ospedale evangelico valdese (via Silvio Pellico 19) inizia con il culto l’inaugurazione
del nuovo reparto di chirurgia e delle nuove sale operatorie.
A se^ire il saluto dei rappresentanti delle chiese e della comunità civile e la visita al nuovo reparto al III piano.
BERGAMO — Alle ore 17,30, presso il Centro culturale protestante (via Tasso 55), il pastore Thomas Soggin tiene l’incontro conclusivo del ciclo sul Vangelo di Giovanni, sul tema: «Autore: ipotesi sulla sua identità».
8 febbraio
SUSA — Alle ore 15, nell’aula consiliare del Comune (via
Palazzo di città 39), U Centro culturale «Piero Jahier» e il
Centro di ricerche di cultura alpina (Ce.rea) organizzano
un dibattito sul tema; «1848-1998: il cammino della libertà». Intervengono Luca Patria (presidente Ce.rca), Guido Fubini (comunità ebraica di Torino) e il pastore Giorgio
Bouchard. Partecipano il sindaco Germano Bellicardi e il
vescovo mons. Vittorio Bernardetto; presiede Anna Rostagno Telmon. Melodie della tradizione valdese saranno
eseguite dalla corale di Prarostino.
ROMA — Alle ore 16, in via Giusti 12, il gruppo Sae organizza un incontro su: «Vivere la profezia: memoria e anticipazione». Intervengono Daniele Garrone e Gianni Gennari.
MESTRE — A partire dalle 10, in via Cavallotti 8, si tiene il
secondo incontro di formazione per predicatori locali, catechisti e monitori. 11 past. Salvatore Ricciardi introduce il
tema: «Come le nostre chiese affrontano il giubileo?».
9 febbraio
TRIESTE — Alle ore 18,30, presso il Gruppo ecumenico
(Casa delle suore di Sion, via Tigor 24), l’archimandrita Timotheos Eleftheriou parla sul tema: «Lo Spirito Santo nella
tradizione ortodossa».
11 febbraio
MILANO — Alle 18,30, presso la Chiesa cristiana protestante (via Marco de Marchi 9), la pastora Katherin Hess parla
sul tema: «Sacerdozio universale, sacerdozio della donna».
UDINE —Alle 18, nella sala della Chiesa metodista (piazzale D’Annunzio 9), il pastore Giorgio Girardet presenta il
proprio libro «Protestanti e cattolici: le differenze».
14 febbraio
BERGAMO — Alle ore 15,30, presso l’Archivio di stato (via
Tasso 84) ha inizio una giornata di studio sul tema «150 anni
di libertà religiosa in Italia. 17 febbraio 1848-1998, l'evento,
il contesto storico, il significato oggi», per Torgannizzazione
del Centro culturale protestante, della Comunità cristiana
evangelica e col patrocinio dell’Archivio di stato.
REGGELLO—Alle ore 17, presso Casa Cares, Debora Spini
presenta il libro di Giorgio tourn «Italiani e protestantesimo. Un incontro impossibile?». A seguire si terrà il buffet e
il tradizionale falò commemorativo. Per eventuali informazioni e prenotazioni, telefonare allo 055-8652001.
15 febbraio
VENEZIA — Alle ore 15,30, nella chiesa valdese e metodista, il pastore Giorgio Girardet tiene una conferenza dal titolo: «Protestanti e libertà nell’Europa che cambia».
TORINO — Alle 18, nel tempio valdese di corso Vittorio, si
tiene un concerto benefico di chitarra classica (m.o Paolo
Garganese) a favore di «Ruote per il mondo - Albania».
Radio e teleoisione
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO; rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il
lunedì della settimana seguente alle ore 9 circa. Domenica
8 febbraio (replica 16 febbraio); «1848-1998, la libertà degli
altri; Ecumenismo a Milano: nasce il Consiglio delle chiese
cristiane: Con la danza nel cuore; Incontri».
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica deve
inviare i programmi, per lettera o fax, quindici giorni prima
del venerdì di uscita del settimanale.
SPECIALE PROTESTANTESIMO
Culto evangelico
diretta eurovisione - Raidue
domenica 15 febbraio 1998 - dalle ore 10 alle ore 11
dalla chiesa valdese di Torre Pellice (valli valdesi)
presiede il pastore Bruno Rostagno
predica il pastore Giorgio Tourn
corali dirette dal m.o Ferruccio Corsani
regia di Giovanni Ribet
produttrice Gianna Urizio
In occasione del 150° anniversario delle «Lettere Patenti» del 17 febbraio 1848 sarà trasmesso in diretta eurovisione un culto solenne alla presenza del Presidente
della Repubblica italiana, on. Oscar Luigi Scalfaro
10
PAG. 6 RIFORMA
Commenti
VENERDÌ 6 FEBBRAIO 199s
Riforma
La commiìc azione
protestante
Eugenio Bernardini
La rubrica di Raidue «Protestantesimo», curata dal Servizio stampa e radiotelevisione della Federazione deUe chiese evangeliche, ha compiuto, insieme con la rubrica ebraica gemella «Sorgente di vita», 25 anni (ne riferiremo sul
prossimo numero di questo giornale). Nella tavola rotonda
organizzata a Roma per questa occasione, si sono ricordate
le molte cose che sono cambiate in questo quarto di secolo,
tra queste anche la comimicazione di massa e in particolare la comunicazione del fenomeno religioso, che og^ è più
ampia, più avvertita, più pluralista, sempre in riferimento
a 25 anni fa, naturalmente. Tanto che c’è chi parla di
«boom del religioso» con un aumento di programmi e di
ascolto che non riguardano solo ü cristianesimo, soprattutto nella sua versione cattolica, ma anche le altre religioni.
Anche la pubblicità registra questo interesse con riferimenti a espressioni tradizionali delle religioni. Insomma,
in tempi di crisi delle certezze razionalistiche e di flducia
nel futuro, neUa comunicazione di massa il religioso cresce
e viene sempre più presentato in modo positivo.
Naturalmente, tutto ciò non significa che il religioso
venga presentato in modo mediamente corretto. Non solo
e principalmente per calcolo perverso, ma forse più spesso
per ignoranza, impreparazione, sciatteria, deferenza verso
le fìgure tradizionali del potere religioso, valutazione «a
peso» dell’interesse e quindi della visibilità del religioso,
voglia di sottolineare la «stranezza» di ciò che è diverso.
Come evangelici ne sappiamo qualcosa, ma è lo stesso per
le altre minoranze religiose come gli ebrei e i musulmani.
Come si colloca, in questo quadro, la comunicazione
«protestante»? Molti la vorrebbero come un semplice prolungamento della predicazione dal pulpito e del catechismo e come impegno continuo di controinformazione.
Può essere anche giusto e necessario, purché non si immagini se stessi come cittadelle assediate che ogni tanto
tentano di alleviare la pressione con deUe sortite «fuori
dalle mura» perché o^, in realtà, insieme a un persistente e diffuso pregiudizio «a bassa intensità», c’è anche un
crescente e genuino interesse, in ambienti laici e cattolici,
a conoscerci e a sentire le nostre opinioni. Se avessimo
più risorse, umane prima di tutto e poi anche economiche, sarebbero tante le occasioni che si aprono.
Ma la comurdcazione «protestante» deve sapere affrontare anche, o forse prima e soprattutto, la sfida del dialogo rispettoso ed esigente tra le diverse posizioni religiose,
culturali e politiche presenti nella società, informando
correttamente, valutando in modo equilibrato e sereno,
mettendo in discussione le varie posizioni, anche le proprie, e sviluppando anche l’ascolto reciproco (quanto
parliamo e quanto poco ci parliamo!). Insomma, come
molto bene diceva il titolo della tavola rotonda di Roma
che ha ricordato i 25 anni di «Protestantesimo», passando
dai «recinti» (delle varie «appartenenze») all’«agorà», cioè
alla piazza, dove ciascuno può interloquire con l’altro e
essere riconosciuto per queUo che è.
Si potrebbe pensare che una tale sfida dovrebbe essere
accolta con naturalezza e facilità da noi protestanti, perché il protestantesimo è nato e si è sviluppato su una base
programmatica di pluralismo e dialogo. In realtà non è
stato sempre così e forse non lo è stato neppure spesso.
La realtà dell’evangelismo italiano, per esempio, e non
solo per esigenza di autodifesa, si è caratterizzata troppo
per chiusura e pregiudizio e troppo poco per dialogo rispettoso e fecondo. Sia al proprio interno sia verso tutte
le espressioni religiose «a-evangeliche». E anche se da un
po’ di tempo si diffonde una mentalità più aperta e meno
arroccata su identità confessionali e ecclesiastiche senza
o contro le altre identità confessionali e ecclesiastiche,
molto resta ancora da fare, non tanto nella comunicazione protestante istituzionale, che in questi decenni si è
molto attrezzata e qualificata per rispondere a questa sfida, ma piuttosto nella cultura media di una parte del popolo evangelico italiano.
La comunicazione protestante, dunque, dovrà affrontare la sfida della società «aperta», che sembra caratterizzare il terzo mUlennio, con umiltà e impegno.
Riforma
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DIRETTORE: Eugenio Bernardini. VICEDIRETTORE PER IL CENTRO-SUD; Anna Maffei. IN REDAZIONE: Alberto Corsani, Marta D'Auria. Emmanuele Paschetto. Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan (coordinatore de L’eco delle valli) Federica Toum. COLLABORANO; Luca Benecchi, Alberto Bragaglia. Avemino Di
Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrario, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio
Girolami. Pasquale lacobino, Milena Mattinai. Carmelina Maurizio, Luca Negro,
Luisa Nitti, Nicola Pantaleo. Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan. Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi.
REVISIONE EDITORIALE:Stelio Armar)d-Hugon: GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia; ABBONAMENTI: Daniela Actis.
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Tariffe inserziani pubblicitarie: a modulo (42,5x40 mm) £ 30.000. Partecipazioni: millimetio/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000.
Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrala dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 176 del 1° gennaio 1951. Le modifiche sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 5 del 30 gennaio 1998 è stato consegnato per l'inoltro postale aU’Ufficio
CMP Nord, via Reiss Remoli 44/11 di Torino mercoledi 28 gennaio 1998.
«conti con il comunismo» impegnano i singoli individui
Contraddizioni ineludibili
Aver creduto in un'idea pur conoscendone i risvolti più
tragici impone un riesame doloroso^ anche per i credenti
ALBERTO CORSAMI
IN merito al dibattito che
imperversa sulla stampa
italiana a proposito delle colpe del comunismo, dei silenzi
della sinistra e delle necessarie autocritiche da parte degli
eredi del Partito comunista,
vorrei impostare il discorso
su una base personale, prescindendo dalle considerazioni di tipo storico (che devono fare gli addetti ai lavori,
anche se un po’ tutti dovrebbero leggerle) o di tipo politico, che fanno pur parte del
gioco. Sono iscritto a un movimento politico che si dice
comunista (anche se non è
quello che intende «rifondare» il comunismo); leggo un
quotidiano e un settimanale
che si fregiano dello stesso
aggettivo, a torto, a ragione o
per abitudine. E mi capita,
non da ieri e nemmeno dal
1989, di discutere con altri,
sul lavoro, in treno, in chiesa.
Capita dunque, a me come
a tanti altri, di tentare di spiegare che nel programma di
una forza politica piccola e di
nascita recente, che fa parte
dell’attuale maggioranza di
governo, alcuni punti qualificanti portano il segno di una
lunga tradizione, di una tensione verso il miglioramento
della società, nel senso della
giustizia e della democrazia.
In buona parte questo programma può essere ricondotto alla tradizione comunista,
ma vi sono presenti anche altri elementi, altre suggestioni, dovuti ad altre culture politiche o parapolitiche, dalla
fede cristiana al pacifismo a
un’idea di laicità merce rara
nella tradizione comunista
«ortodossa». Ora, in questo
viluppo di suggestioni, che
parlano di giustizia sul lavoro, di opposizione all’emarginazione, di antirazzismo, di
tutela della legalità e tanto altro, è sempre più difficile rinvenire dei legami «esclusivi»
con il comunismo, legami diretti e dotati di copyright con
la tradizione dell’ottobre
1917 e con Togliatti. E tuttavia delle consonanze ci sono,
anche se altre persone arrivano alla stessa visione dell’attualità per altre strade.
Di questo si discute solitamente e a volte il discorso si
sposta per l’appunto sulla
tradizione comunista, e sul
senso o sul peso che la parola ha oggi. Naturalmente se
mi accusano di essere co-responsabile di eventi avvenuti
lontano e per opera di altri
comunisti, ho molti argomenti per difendermi, e a
volte anzi parto in contropiede: ma se mi accusano di
Un comizio di Paimiro Togiiatti
«aver saputo» e tuttavia aver
fatto finta di niente, la mia linea di difesa vacilla. E non
sarà il «mea culpa» di D’Alema a tirarmi su il morale, né
la condiscendente assoluzione di qualche improvvisato
maestro di liberalismo (come
chi trova una patente di democraticità in Sceiba). La
contraddizione è tutta mia,
ognuno risponde di sé.
Rifiutare un aggettivo, con
lo scrollandomelo di dosso
mantenendo le mie idee sugli specifici argomenti politici oggi d’attualità, mi sembra
troppo facile: è stato troppo
comodo per quei marxisti
pentiti che ora strillano da
altre trincee in maniera opportunistica; ma sarebbe
troppo comodo, per chi è
stato ed è comunista, chiedere scusa con una dichiarazione pubblica. D’Alema, leader
di un partito, l’ha dovuto fare, ma credo che l’abbia fatto
ben sapendo che qualcuno
l’indomani avrebbe scritto:
bravo, ma non basta; oppure: meglio tardi che mai.
Molto più interessante per
me è l’esperienza esistenziale
del confronto individuale con
gli altri, anche se in buona
parte va a mio svantaggio. È
importante cercare di capire
quali altre strade fossero state percorse, o anche solo suggerite, da altre persone (penso per esempio all’esperienza
azionista), che cercavano la
stessa giustizia sociale rifiutando però nettamente il totalitarismo, anche solo adombrato, anche lontano dai
nostri confini; così come è
importante cercare di capire
quelli che in almeno due generazioni mi hanno preceduto nell’adesione al pensiero
comunista, che non hanno
scannato nessuno, e purtuttavia sapevano ciò che succedeva a Est, o più recentemente in Cina e Cambogia. Oggi
la lotta a fianco dei più deboli
non è compatibile con una
visione totalitaria dei rapporti politici: perché prima lo è
stato? Una sola cosa rifiuterò
con ostinazione e anche con
violenza: la conta dei morti,
come alcuni di fatto la propongono, tra campo comunista e nazifascista; l’equiparazione tra tragedie diverse.
Non perché moralmente il lager e il gulag siano stati diversi; ma perché concettualmente, intellettualmente è cosa
diversa sterminare gli avversari oppure una categoria,
anzi più categorie di persone
(ebrei, omosessuali, zingari)
sulla base di un presupposto
inventato come quello della
razza e del complotto ebraico; come scrive anche François Furet «l’innovazione di
Hitler sta nell’awersione per
gli ebrei, simbolo sia del capitalismo sia del bolscevismo
(...), il giudaismo alimenta in
Hitler un odio ecumenico
(...). Far detestare insieme
borghesi e bolscevichi attraverso gli ebrei, è stata l’invenzione di Hitler»'.
Fare strage di avversari, come ha fatto Poi Pot non è meno ignobile: ma deriva da un
ragionamento diverso: entrambi devono essere studiati
per evitare il loro riprodursi,
ma discernendo le diverse
motivazioni che li animarono. Anche se fa male. Del resto i credenti, che noi siamo,
non sono soli di fronte alla
propria coscienza. Scrive Albert Camus, personaggio che
non è mai troppo tardi per riscoprire: «Quell’ora della sera, che per i credenti è quella
dell’esame di coscienza, è dura per il prigioniero o per
l’esiliato che non hanno
nient’altro che il vuoto con
cui confrontarsi»L Non è il
nostro caso. Abbiamo qualcuno con cui confrontarci, a
proposito di tutta la nostra
condotta, compresa quella
politica, e questo qualcuno ci
può aiutare.
(1) Il passato di un’illusione.
L’idea comunista nel XX secolo. Milano, Mondadori, 1995.
(2) La peste, ed. Gallimard,
1947-78, trad. mia.
COME se nel mondo non
esistessero altri problemi
di ben diverso spessore politico o sociale, siamo stati assordati in queste ultime settimane da una tempesta di notizie sulla vita privata del
presidente Clinton. La stampa e le televisioni americane
si sono gettate sulla vicenda
in cerca di particolari piccanti, con accanimento assolutamente inaccettabile. Nonostante questo, tuttavia,
due osservazioni positive si
impongono.
La prima è che nonostante
le accuse pesanti e tali da suscitare le più feroci battute
sulla sua immagine morale,
né Clinton né i suoi collaboratori si sono mai permessi
di attaccare la magistratura o
dì negarle il diritto di indagare su fatti del tutto personali,
benché sia evidente l’interesse degli avversari politici ad
—i/lin
Lamenzogna
PIERO BENSÌ
aizzare lo scandalo. Qui da
noi, quando i nostri personaggi politici vengono indagati per reati ben più gravi e
ben altrimenti documentati,
alzano alte grida accusando
la magistratura di volontà
persecutoria, sostenuti da
giornalisti da strapazzo e da
commentatori televism acidi
che blaterano ogni giorno i
loro insulti contro la nostra
magistratura. La seconda osservazione è questa: se mai
Clinton sarà costretto alle di
missioni, questo non avverrà
per i suoi veri o presunti rapporti erotici extraconiugali
ma perché sarà stato provato
che ha mentito agli americani. L’America, per quanto
possa ritenere deplorevole il
comportamento libertino
(qualora provato) del presidente, non ne fa una questione di permanenza o meno alla Casa Bianca. 11 presidente è un uomo e può cadere in errore come altri suoi
predecessori. Ma ciò su cui
rtbità
Il pastore e il rabbino
Martin Luther King e il rabbino Abraham Joshua Heschei combatterono pacificamente, fianco a fianco, pei
molte battaglie: «La lotta alla
schiavitù e l’impegno alla redenzione - scrive Amos Vitale
il 17 gennaio -: King ed Heschel hanno speso la vita per
aiutare la gente a raggiungere
la terra promessa. Per noia
miraggio era un mondo libero
dal pregiudizio razziale, pei
l’altro stava nell’ispirare la
gente a ispirare una relazione
intima con il creatore, a compiere le sue opere su questa
terra restando capaci di rallegrarsene». La ricorrenza del
compleanno di BCing e quella
del giorno della morte di He
schei spingono 300 comunità,
nere e ebraiche, a ricordare
queste due figure che lottarono per la giustizia. «Heschel e
King - commenta il rabbino
riformato Harold Schulweishanno parlato con la voce dei
profeti, ci hanno insegnato
che qualcuno è colpevole, ma
tutti siamo responsabili. Che
il concetto di responsabilità
morale trascende le classi,!
credi e le razze».
COBBIERE DELLA SEBà
Archivi dell'Inquisizione
Il 22 gennaio è diventata
ufficiale l’apertura alla consultazione degli archivi àeì
Santo Uffizio. Il giornale^lanese (19 gennaio) interpete
Adriano Prosperi, autoredi
un recente volume sull’argomento: «Il percorso - spiega
Prosperi a Corrado Stajano-'
è iniziato col pontificato di!
Giovanni XXIII, il papa chea!
tempi del Modernismo avevai
sofferto dei metodi inquisito-!
riali (...). Fu con il ConciliOj
Vaticano II che ebbe finei
Sant’Uffizio, nacque la Congregazione per la dottrina
della fede (...). Siamo vicini al
Giubileo e la Chiesa sembra
impegnata in una resa dei
conti millenaria». Non man
ca la tendenza a rldimensio
nate la durezza di quei tribunali: «Il tribunale deH’Inquisizione aveva una procedura
rigorosa, consentiva la difesa
Anche le condanne a morte
furono limitate, se confronta;
te con quelle dei tribunali
normali», e inoltre «il reato Æ
dissenso dottrinale era punito allora in tutta Europa». Ora
bisogna puntare all’apertura
degli archivi delle curie arcivescovili, «dove il fondo inquisitoriale è sempre causa
di paure e di imbarazzi».
^ * ' X
l’America non transigerla
men/ogna. .Non è ammissibile che il piesidente dica
bugie: se lo la deve andarseiK' liillo il resto è peidonabile: la menzogna no. È successo per Nixon. Un presidente, un senatore, un fu”'
zionario non possono esseri
bugiardi. È un concetto tip|"
camente evangelico che deriva dalle parole di Gesù: «Noi’
giurate... ma il vostro parlare
sia: sì sì, no no». Pensavo: come sàfebbe diversa la nostra
politica se tutti applicassW”
questo principio qui in Italia’
dove la virtù massima è*
furberia, l’inganno, dovei
mentire è considerato no^'i
male routine quotidiana. j
(Rubrica «Un fatto, un co^ I
mento» della trasmissione di if |
diouno «Culto evangelico» ,
ta dalla Federazione delle cnitj^
evangeliche in Italia an(^i^ I
onda domenica 25 gennaio)- |
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1998 VENERDÌ 6 FEBBRAIO 1998
JA Dei Lettori
PAG. 7 RIFORMA
' La Sindone è un segno efficace per la fede e Levangelizzazione
Nessuna altra immagine dice quello che essa dice»
«
Fondo Di Solidarietà
conto corrente postale n. 11234101
intestato a La Luce, via San Pio 15, 10125 Torino
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Abbiamo ricevuto questa lettera
circa due mesi fa e, in accordo con
¡'autore, don Giuseppe Ghiberti,
vicepresidente della Commissione
diocesana per l'ostensioneabbiaffio deciso di attendere il documento preparato dalle chiese
evangeliche torinesi e che Riforma
ha pubblicato il 23 gennaio scorso. A questo punto l’autore ci ha
confermato la sua richiesta di
pubblicazione.
Caro direttore,
l’ostensione della Sindone
si avvicina e so che i fratelli
delle comunità evangeliche
di Torino e d’Italia si interrogano sul senso di questa
operazione che, se non avviene in «casa loro», si pone
in rapporto con valori evangelici e perciò interessa tutti
coloro che nutrono interesse
per quei valori. Ho pensato
che non fosse bello per me,
che in passato avevo avuto
sovente occasione di dialogare con alcuni di voi, specialmente a Torino, fare il
mio cammino senza un tentativo per continuare il dialogo anche in questa situazione. Sono stato incaricato dal
mio vescovo di seguire l’organizzazione di questo avvenimento e lo faccio nella
doppia convinzione di ritenere che la cosa possa rivestire un’efficacia di evangelizzazione e di dover realizzare anche in questo caso la
comunione con il mio vescovo in spirito di ubbidienza.
Penso che sulla seconda
convinzione voi non entriate
in merito, mentre non potei#
non sentirvi coinvolti dalla
prima, che probabilmente la
gran maggioranza di voi non
condivide. Mi è venuto così il
desiderio di scrivere a te e a
tutti i lettori del nostro giornale («mio» anche da molti
anni), per cercare di dirvi
sommariamente come vedo
io la cosa. L’idea di questo intervento è esclusivamente
mia, non concordata; vi parlo
dunque solo delle mie convinzioni, come le vivo e cerco
di mediarle. Le affido alla vostra amicizia, che è la migliore chiave di interpretazione.
Per me la Sindone è una
realtà povera, debole, umile,
e deve essere accettata così,
ma è anche un segno estremamente espressivo, efficace, impegnativo. È tanto povera, che non sai di dove viene, in quale epoca sia nata,
con quale processo si sia formata, e deve essere accettata
così, senza forzare verso gradi di certezza che possiamo
desiderare ma il Signore non
ci ha dati, attendendo fino al
giorno in cui tutto ci sarà
svelato, ma vedendo lui faccia a faccia non avremo più
bisogno di segni e potremo
solo più ringraziarlo per
quelli che ci ha dati in questa
vita. È debole, la Sindone,
perché non ha l’efficacia sacramentale deH’Eucaristia,
ma è solo un rimando a quel
«corpo dato per voi», a quel
«sangue sparso per voi».
La Sindone non mi permette nemmeno la soddisfazione che mi dà l’immagine
di una persona cara: davanti
alla foto di mia mamma so
benissimo che non è la sua
persona, ma dico senza riserva «Mamma cara», davanti
alla Sindone, lo faccio solo
passando attraverso i Vangeli: «O Signore, torturato come quest’uomo». Meno che
meno la Sindone è un mezzo
necessario per giungere alla
salvezza: per molti non è importante, per moltissimi non
fu e non è conosciuto, e ciò
non ha diminuito la loro
consapevolezza d’impegno
per una risposta all’invito
di Cristo. La Sindone non è
accettata nemmeno come
compagnia lecita in un cammino verso Dio da tanti fratelli credenti della mia e soprattutto di altre confessioni.
Dunque è un ben povero
segno, la Sindone, e, quando
la si concettualizza, diventa
anche cosa assai complicata.
Però la Sindone c’è, e dice le
stesse cose che dice il Vangelo sulla morte e sepoltura
di Gesù, anzi diventa segno
proprio e solo attraverso il
Vangelo. Le dice in un modo
come nessun altro le dice, e
le dice oggi, nella cosiddetta
«civiltà dell’immagine». Si direbbe, ha detto una volta
l’attuale papa, che questo segno abbia atteso il nostro
tempo per manifestarsi a un
gran numero di persone.
Queste cose le dice a me, per
aiutarmi a diventare io stesso, sempre di più, cassa di risonanza di quel messaggio.
È difficile rispettare la povertà della Sindone, segno
dell'attesa, segno del silenzio
del sepolcro. Vorremmo avere, io e molti altri che ragionano umanamente (forse
qualcuno di voi pensa: troppo umanamente), la consolazione di sapere che c’è stato
un contatto tra quell’oggetto
e il corpo del nostro Signore,
e invece dobbiamo accontentarci del ricordo attraverso il segno, che passa attra
verso gli occhi, per divenire
solo parola. Eppure è umano
che io reagisca a quel segno
secondo la sua natura di immagine. Di fronte a un volto
del Dürer, di Tiziano, di Rembrandt... mi viene spontaneo
dire: «Signore, perdonami,
aiutami». La stessa cosa può
accadere davanti alla Sindone, anche perché nessun’altra immagine dice quel che
essa dice. Bisogna avere avuto la possibilità di trascorrere
molte ore a contatto con essa, per rendersi conto del fascino struggente che ne emana. Anche se è tutto il contrario di un’immagine gioiosa o
gratificante.
Poiché mi dice cose dell’Evangelo, sento che è doveroso fare il possibile affinché siano udite anche da altri. Mi sembra, guardandola,
che acquisti un particolare
significato quel passaggio
del credo paolino «e fu sepolto» (1 Cor 15, 4), sul quale
abbiamo la fin troppo facile
tendenza a passar oltre. Mi
pare che ne abbia molto bisogno anche il nostro tempo
ed è il motivo per cui anche
una ostensione grandiosa
come quella a cui ci prepariamo (e che ricorre allo
straordinario come a stimolo
per la vita ordinaria) trova la
sua giustificazione.
Certo questa convinzione
deve fare i conti con le esigenze di un programma organizzativo, che è necessario
per evitare disagi a tante persone, ma ha il suo peso e i
suoi rischi. Spero che il Signore ci conceda di contenerli il più possibile.
Giuseppe Ghiberti - Torino
ore di
l’argo
1 La scomparsa
di Lidia Grasso
Ci ha raggiunto la notizia
della morte improvvisa e prematura di Lidia Grasso in Angola, dove si era recata con
suo marito, e siamo tristi e
sconvolti. Lidia Grasso proveniva da Lentini ma ha vissuto tanti anni a Zurigo insieme alla sorella Giuseppina,
ed è stato qui che noi, gli ex
sedenti del Seminario teologico battista di Rùschlikon,
1 abbiamo conosciuta.
Ricordiamo i momenti insieine nella piccola chiesa
battista italiana di Zurigo di
cui Lidia, insieme a Giuseppina, era un’energica e convinta sostenitrice. Ricordiamo le
allegre sere in cui noi studenti ci siamo riuniti a casa delie due sorelle per stare in
compagnia e cenare, e ricor
diamo come in queste occasioni Lidia era sempre gentile
e lieta. Insieme a Giuseppina
si prendeva cura di noi studenti, che eravamo via da casa in un paese straniero ma,
anche grazie a loro, ospitale.
Lidia era sempre pronta a
aiutare e a coinvolgere anche
noi nella vita e nelle attività
della chiesa. Noi, l’ultima generazione di studenti italiani
al Seminario di Rùschlikon,
Giuseppe Miglio e Pino Mola,
Nunzio Loiudice e Julia Yablokova, Stefano e Hélène
Fontana, Alessandra Fusi,
Francesca Nuzzolese e Gabriella Gasanova, insieme a
tutti gli studenti italiani che
ci hanno preceduto e che
hanno conosciuto Lidia, siamo vicini alla famiglia Grasso, particolarmente alla sorella Giuseppina, e al marito
di Lidia nel loro grande lutto.
Stefano Fontana - Genova
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A/
FEBBRAI01998
Crimini di guerra
verso un Tribunale internazionale permanente
Libertà religiosa
150 anni fa l’emancipazione di valdesi ed ebrei
Comunità di base
Un Giubileo senza pellegrinaggio?
Scuola
Autonomia, solo soldi ai privati?
Protestantesimo
L’incontro impossibile tra Riforma e L’Italia
una copia lire 8.000; abbonamento annuo lire 65.000;
»nitore lire 120.000 con libro in omaggio). Versamento sut ccp 61288007
'intestato a coop. Com Nuovi Tempi, via Firenze 38,00184 Roma.
Siedete una copia omaggio telefonando allo 06-4820503, fax 4827901,
^ (indirizzo Internet: Http://hella.stm.it/market/sctìhome.htm)
Il pastore
Franz Zanfrìni
Con tristezza e con commozione ricordiamo il pastore evangelista luterano Franz
Otto Zanfrini, spentosi il 13
gennaio all’età di 90 anni a
Arco (Tn), dove ha svolto il
suo ministero dal 1971 al
1986 e dove risiedeva tuttora.
Studioso e appassionato
amante dell’arte, fu promotore della «Pasqua musicale
arcense» e presidente del coro «Città di Arco». Si impegnò in prima persona per la
ristrutturazione della bellissima chiesa evangelica di Arco. Presente sempre ancora
a tutte le iniziative ecclesiali
della sua comunità, fu anche
ecumenico convinto, strin
gendo legami solidi e fraterni con la comunità cattolica.
A Rovereto lo ricordiamo
con affetto: Io abbiamo avuto
fra noi in momenti lieti e dolorosi, era per tutti noi un
amico. In particolare, lo ricordiamo la scorsa primavera
alla nostra ultima agape nella
piccola sala valdese, gioioso e
contento di essere venuto. In
quell’occasione ci donò ancora una volta la sua bella voce tenorile, cantandoci il vecchio inno «Mi prendi per la
mano. Signor Gesù...». Le foto di quell’agape sono tuttora
esposte nella nostra bacheca.
«Il Salvatore nostro Cristo
Gesù ha distrutto la morte e
ha messo in luce la vita mediante l’Evangelo» (II Timoteo 1,10).
Il gruppo valdese di Rovereto
Pregiudizi?
Con amarezza ho letto sulla prima pagina di Riforma
del 16 gennaio un titolo di
per sé, a mio avviso, poco indovinato e prolusione comunque di un articolo molto
discutibile, soprattutto nei
toni e nel linguaggio. Alludo
a «In ordine sparso contro il
cancro», a firma del medico
oncologo Gianni Fornati.
Il titolo (e il sottotitolo,
nonché l’occhiello) portano
inevitabilmente a una determinata chiave di lettura e già
questo non mi è sembrato
corretto. In quanto ai contenuti dell’articolo, concordo
ovviamente sulla critica a
una emotività (esasperata dai
mass media) che può solo
danneggiare sia gli ammalati
sia chi da molti anni sta dedicandosi a una seria ricerca
scientifica che apre nuove
porte alla speranza, senza affatto creare «false illusioni».
È chiaro inoltre che in una
vicenda come questa, giunta
alla ribalta dell’opinione pubblica solo ora dopo lunghi anni di affossamento, si assiste
non solo a reazioni emotive,
ma anche al diffondersi di
ciarlatani di ogni tipo che si
spacciano per seguaci del
prof. Luigi Di Bella. Ciò non
toglie che il taglio dato all’articolo in questione, tutt’altro
che serenamente obiettivo,
offre un quadro pregiudizialmente negativo sulla ricerca
oncologica del prof. Di Bella
e, mi permetto di aggiungere,
rivela anche una certa disinformazione sui fatti. Perché solo oggi, a circa 30 anni
di distanza, si è dato il via alla
sperimentazione?
Sa il dottor Pomari che è
sorta a Trento e si è diffusa a
livello nazionale già da tempo
l’Associazione nazionale famiglie contro il cancro, in appoggio alle ricerche e agli studi del prof. Di Bella, rifiutati
finora con pervicace ostinazione dagli organismi preposti a tale compito? Non sono
sospettabili squallide connivenze e interessi di tipo economico? Perché tanto «sospetto e cautela» solo sul
prof. Di Bella?
Non dico nulla che appartenga al mio immaginario: ho
cercato, umilmente, di documentarmi. D’altronde... da
Jenner e da prima di lui historia docet.
Florestano Piccoli Sfredda
Rovereto
Come abbiamo evidenziato
nell’ultimo notiziario del
Fondo, con il 31 dicembre
1997 abbiamo concluso la
raccolta delle offerte per il
progetto di scolarizzazione a
Tirana gestito dalla Federazione delle chiese in Italia.
Mandiamo quindi alla Federazione i 3 milioni raccolti e
vi proponiamo ora il progetto
«Una scuola in Benln».
Il Benin (già conosciuto
con il nome di Dahomey) è
una Repubblica situata fra il
Togo e la Nigeria nell’Africa
occidentale ex francese. Si
tratta di un paese sviluppato
tutto nel senso Nord-Sud e
che si affaccia sull’Atlantico
nel Golfo di Guinea. Nel Benin è presente la Chiesa protestante metodista del Benin,
con oltre 50.000 membri (su
una popolazione totale aggirantesi sul milione e mezzo di
abitanti). In Benin si è svolta
la prima Azione apostolica
comune della Cevaa in Africa,
con un progetto sanitario che
ha dato origine a una grande
evangelizzazione della regione Fon. Il paese, governato
per vari decenni da un partito
marxista-leninista attraversa
ora, come molti altri paesi
agricoli africani, una grave
crisi economica determinata
in buona parte dal crollo dei
prezzi dei prodotti esportati
(copra, cacao, ecc.).
La recessione pesa in modo
particolare sulle scuole della
Chiesa metodista, che non ricevono più i finanziamenti
necessari. A malapena sono
pagati gli stipendi degli insegnanti che sono assai miseri.
In questa situazione le attrezzature e gli edifici scolastici
deperiscono rapidamente
per la mancanza della manutenzione più ordinaria. Ci è
stata segnalata la scuola elementare di Dassa Zoumé,
con oltre 200 alunni. I tetti
delle aule, per lo più in lamiera, sono in condizioni
pietose tanto che in occasione di forti piogge la scuola
deve rimanere chiusa (in
queste zone tutte le piogge
sono forti e fortissime). Per i
più urgenti lavori di riparazione dei tetti è necessario
trovare al più presto la somma di 5 milioni di lire italiane. Questa è la meta che vi
proponiamo, sperando di
raggiungerla al più presto onde permettere a quei ragazzi
di poter almeno frequentare
regolarmente la loro scuola.
OFFERTE PERVENUTE
NOVEMBRE-DICEMBRE
£ 300.000: Mirella Argentieri
Bein.
£ 200.000: Odette Eynard
Balmas.
£ 100.000: Delia Fontana; Renata Pampuro Busani.
£ 50.000: NN Verbania; Primo Violo in memoria di
Elena Vigliano.
£ 30.000: Nirvana Sinnone;
Elena Inate.
Totale £ 860.00
Totale precedente:
£2.314.919
Tassa bollo £18.000
Incassa; £3.156.919
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Alina Avondet ved. Morucci
ringraziano tutte le gentili persone
che con la presenza, scritti, parole di conforto e offerte hanno partecipato al loro dolore.
San Germano Chisone
15 gennaio 1998
RINGRAZIAMENTO
«L’Eterno ha dato, l'Eterno
ha tolto, sia benedetto
il nome dell'Eterno»
Giobbe 1, 21
Il marito della compianta
Nelly Monne! Berlin
nell’Impossibilità di farlo singolarmente, ringrazia di cuore tutte le
persone che con scritti, parole di
contorto e partecipazione al funerale gli sono stati vicini nella triste
circostanza.
Ringrazia l’affezionata Luigina, i
parenti, i vicini di casa, gli amici,
la sig.ra Canale, la Croce Rossa e
tutti coloro che sono stati d’aiuto a
lui e alla cara Nelly durante la lunga malattia, oltre che materialmente anche con l’incoraggiamento e la preghiera. In particolare il pastore Taglierò per le numerose visite e l’annuncio della parola di Dio, Il dottor Laterza che con
pazienza e comprensione l’ha seguita per tanti anni, e il personale
medico e infermieristico dell'Ospedale valdese di Torre Penice.
Angrogna, 28 gennaio 1998
RINGRAZIAMENTO
«L'Eterno è la mia luce
e la mia salvezza»
Salmo 27, 1
La moglie e i familiari tutti del
caro
Giovanni Boero Roi
ex carabiniere
commossi e riconoscenti per la dimostrazione di stima e di affetto
tributata al loro caro, sentitamente
ringraziano quanti con presenza,
scritti, parole di conforto e fiori
hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare
alia Cri di Torre Pellice, alla Guardia medica, alla sig.ra Fiorina, ai
carabinieri di Luserna San Giovanni, alle associazioni Carabinieri in congedo e Ex combattenti
e reduci, e al pastore Pasquet.
Luserna San Giovanni
6 febbraio 1998
RINGRAZIAMENTO
«Anima mia,
benedici il Signore!
...l’uomo esce all'opera sua
e al suo lavoro fino a sera»
Salmo 104, 1; 23
La moglie, i figli e parenti tutti di
Mario Beux
rivolgono un pensiero di profonda
gratitudine a tutti coloro che sono
stati d’aiuto nella sua malattia e a
quanti, in vario modo, hanno preso parte al loro dolore.
San Germano Chisone
27 gennaio 1998
Regala
un abbonamento a
ITALIA
ABBONAMENTI 1998
- ordinario
■ ridotto
- sostenitore
■ semestrale
ESTERO
£ 105.000
£ 85.000
£ 200.000
£ 55.000
- ordinario
- via aerea
- sostenitore
- semestrale
£ 160.000
£ 195.000
£ 250.000
£ 80.000
■ cumulativo Riforma + Confronti £ 145.000 (solo Italia)
Per abbonarsi: versare l’importo sul ccp n. 14548101
intestato a Edizioni Protestanti s.r.l., via S. Pio V15 bis, 10125 Torino.
12
PAG. 8 RIFORMA
BALE
venerdì 6 FEBBRAIO 1998
I dati di una ricerca della Fondazione Migrantes e della Caritas di Roma
A quale Dio credono gli immigrati in Italia?
La maggioranza degli immigrati regolari sono di fede cristiana: cattolicf
protestanti e ortodossi. Un terzo appartiene al variegato mondo musulmano
JEAN-JACQUES PEYRONEL
Quanti sono gii immigrati regolari in Italia e qual
è la loro appartenenza religiosa? Ce lo dice la ricerca
compiuta dalla Fondazione
ecclesiale Migrantes e dalla
Caritas di Roma. Dai dati di
questo «Dossier statistico»
sull’immigrazione (1996) emerge che, contrariamente a
quanto molti pensano, il numero di cristiani supera quello dei musulmani. Sui 57 milioni di abitanti che conta
l’Italia, 1 milione 95.622 sono
immigrati regolari. Di questi,
343.968 (31,4%) sono cattolici, gli altri cristiani (soprattutto protestanti e ortodossi)
sono 267.239 (24,4%), mentre
i musulmani sono 360.774,
cioè un terzo di tutti gli immigrati. Sulla base di questi
dati, il Servizio rifugiati e migranti (Srm) della Federazione delle chiese evangeliche in
Italia (Fcei) stima a circa
150.000 il numero di stranieri
protestanti presenti in Italia.
In pratica quindi un evangelico su tre, in Italia, è straniero, dato che complessivamente gli evangelici con cittadinanza italiana sono stimati fra 300 e 350.000.
I cristiani nel loro insieme
provengono per oltre il 50%
dall’Europa e dall’America
ma, fra i cattolici, molti provengono dall’Asia (soprattutto filippini, che da soli rappresentano un sesto di tutti
gli immigrati cattolici). Un
quarto proviene dall’America
Latina e quasi la metà dall’Europa dell’Est. I cattolici di
origine africana sono il 5%. 1
protestanti invece provengono per lo più dall’Africa e dal
Madagascar, da alcuni paesi
dell’Europa dell’Est e dell’Estremo Oriente (in particolare dalla Corea del Sud).
Le religioni orientali contano 66.630 seguaci, mentre
gli animisti, provenienti essenzialmente dall’Africa, sono 15.537 (1,4%). Fra i seguaci delle religioni orientali si
contano buddisti (oltre la
metà), induisti (un terzo),
confuciani (10%). Infine, oltre 7.000 immigrati ebrei si
sono aggiunti ai 35.000 ebrei
italiani.
Più di due terzi dei musulmani vengono dall’Africa.
Contando anche gli immigrati irregolari, il numero di musulmani in Italia non dovrebbe superare il mezzo milione
per cui sarebbe improprio
parlare, come fanno alcuni,
di «invasione islamica». Ciò
non toglie che la presenza
musulmana fa parte ormai
La relig ione degli immigrati
Regioni cattolici altri cristiani musulm. ebrei
V. d’Aosta 956 520 1.291 11
Piemonte 18.142 12.405 28.161 229
Lombardia 76.665 53.907 88.112 1.492
Liguria 10.584 5.519 8.457 103
Trentino AA 12.437 8.299 7.256 64
Veneto 19.941 24.730 25.676 678
Friuli ve 12.411 11.248 5.006 259
Emilia R 18.97 115.029 33.663 451
Toscana 21.892 20.852 20.173 698
Umbria 6.645 7.560 6.660 142
Marche 5.492 5.244 8.121 214
Lazio 93.918 56.324 53.390 1.482
Abruzzo 4.452 6.820 5.448 59
Molise 416 357 519 4
Campania 16.543 14.478 17.339 643
Puglia 4.725 7.023 11.543 203
Basilicata 474 415 1.378 6
Calabria 3.756 2.330 6.580 43
Sicilia 12.664 11.879 27.625 424
Sardegna 2.684 2.300 4.376 88
Totali 343.968 267.239 360.774 7.293
della mappa culturale e religiosa italiana anche se il fenomeno, per quanto riguarda
l’Italia, è molto più recente e
fluido rispetto ad altri paesi
dell’Europa occidentale (in
particolare Francia, Germania e Gran Bretagna) dove i
musulmani residenti sono oltre sette milioni.
La ricerca
della Fondazione Agnelli
Da una ricerca condotta
dalla Fondazione Giovanni
Agnelli e pubblicata su «XXI
Secolo» nel giugno 1994 col
titolo «Islam in Europa e in
Italia», risultava che i musulmani legalmente presenti sul
territorio nazionale erano
circa 305.000, e che a questi
andavano aggiunte le presenze non regolari stimate allora
a non meno di 150-200.000
persone. Le aree geografiche
di provenienza sono prevalentemente il Nord Africa e
l’Africa subsahariana, ma anche alcuni paesi dell’Europa
dell’Est, del Medio Oriente e
del subcontinente indiano.
Le concentrazioni più consistenti si trovano nel Lazio, in
Lombardia, in Emilia Romagna e in Piemonte, seguite
dalla Sicilia, dal Veneto, dalla
Toscana e dalla Campania.
Secondo lo studio della
Fondazione Agnelli anche in
Italia, come negli altri paesi
dell’Europa occidentale, «si
riproduce l’immagine multiforme dell’Islam, al cui interno le varie tendenze si or
Un gruppo di colf immigrate a Roma
gamzzano m maniera autonoma, con proprie strutture,
associazioni, moschee, spesso in concorrenza tra loro».
Due Centri si contendono la
guida e la rappresentanza nazionale dei musulmani in Italia: il Centro islamico di Milano, «che propone un’interpretazione dell’Islam chiaramente integralista» e il Centro islamico culturale d’Italia,
con sede a Roma, da cui dipende la grande moschea di
Roma, che è «espressione
dell’Islam ufficiale degli stati
musulmani» e nel quale l’Arabia Saudita gioca un ruolo
determinante.
Dal Centro di Milano è nata l’Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia). Nel novembre 1992, l’Ucoii ha presentato alla presidenza del Consiglio la richiesta di stipulare
un’intesa tra confessione
islamica e stato italiano, dimostrando così il suo proposito di diventare l’unico ente
rappresentante dell’Islam in
Italia. Ma nel 1993, anche il
Centro islamico culturale di
Roma ha presentato una propria bozza di intesa alternativa. Una terza richiesta di intesa è stata poi ufficialmente
presentata dall’Associazione
musulmani in Italia. Questo
conferma l’estrema diversità
e frammentarietà del mondo
islamico in Italia, espressione
della diversità esistente nei
paesi di provenienza. Questo
è uno dei motivi per cui la
strada per raggiungere un’intesa con lo stato italiano sarà
lunga e difficile. L’altro motivo, non meno complesso, è
secondo la fondazione Agnelli il conflitto intrinseco
«tra la concezione europea
delle istituzioni statali basata
sulla laicità e la concezione
islamica, in cui la religione
legittima e fonda l’apparato
politico e giuridico, o le reciproche concezioni riguardo
ai diritti dell’uomo e al diritto
familiare, che presentano alcuni punti di netto divario».
Al di là di questi aspetti peculiari del variegato mondo
musulmano, rimane il fatto,
ormai irreversibile, che anche l’Italia è diventata un
Paeft multietnico, multiculturale e multireligioso, il che
pone il nostro Paese di fronte
alla sfida di accogliere questa
diversità come una ricchezza
culturale e spirituale anziché
come una minaccia alla propria identità nazionale.
Impressioni di un breve viaggio in due paesi dell'America Latina
Dalle strade umide di San Paolo alle favelas di Rio de Janeiro
FEDERICA TOURN
Arriviamo a San Paolo
nel primo pomeriggio. È
sabato e una leggera pioggia
non impedisce alla gente di
riversarsi nelle strade chiuse
al traffico, o di raccogliersi davanti alle chiese e ai MacDonald ad ascoltare qualche predicatore infervorato o a guardare i movimenti abili dei
danzatori di capoeira. Il mercato invade il centro, grigio e
affollato di grattacieli: su bancarelle improvvisate trillano
di continuo sveglie e orologi
con la suoneria, si spaccano
canne da zucchero e si friggono frittelle dolci, e naturalmente si vende di tutto, dalle
calze al cibo in scatola ma se
ripassi dopo un’ora già non
trovi più gli stessi banchi, ma
altri con altre donne che ti
magnificano altra merce in un
portoghese dalla cadenza dolce ma incomprensibile. Un
uomo con un camice consunto offre a un passante di misurargli la pressione, un gruppo di transessuali parla animatamente in uno spiazzo
mentre una squadra di poliziotti spunta all’improvviso
per sfrattare dal prato sudicio
davanti alla cattedrale un viada addormentato.
Con la sera spuntano le
prime luci dei neon, la folla
si dirada, le bancarelle vengono smontate e i paulistanos
scompaiono in fretta dalle
strade. Rimangono solo quelli che nelle strade ci abitano e
che ogni sera montano i loro
sarcofaghi di cartone, magari
sfruttando gli angoli dei palazzi o i gradini di qualche ufficio diurno; un uomo e una
donna litigano su dove piazzare l’ingresso della loro casa
pieghevole, un ragazzino sta
seduto composto sulla soglia
della sua ingegnosa abitazio
Sulla strada tra San Paolo e Rio de Janeiro
ne di cartone e stracci mangiando da una scodella. Sono
rimasti anche i giocatori incalliti, seduti seri intorno a
una cassetta rovesciata a
muovere i pezzi del domino o
a distribuire le carte; gruppetti sporadici di bambini
ciondolano loro intorno fumando pezzi di sigarette.
Nella notte è piovuto parecchio e le strade sono ancora bagnate e vuote quando, la mattina presto, usciamo per prendere il pullman
che ci porterà a Rio de Janeiro. Ea umido, freddo nonostante la primavera che avanza e la latitudine; per raggiungere la stazione del metrò dobbiamo scavalcare corpi di bambini e uomini che
dormono per traverso sui
marciapiedi. Nei sotterranei
del metrò invece regna un
ordine innaturale, immensi
corridoi in cui non incontriamo nessuno e dove evidentemente è vietato stazionare.
Rio è enorme: cresciuta a
gruppi di palazzi sulle spiagge e tra le montagne a bernoccolo, dal Corcovado offre
sicuramente una delle viste
più suggestive che un europeo possa immaginare. La
popolazione che affolla le vie
di Copacabana e del centro è
la più varia possibile, raccoglie tutte le etnie e le culture;
c’è un gran viavai dentro e
fuori gli uffici, negli onnipresenti mercatini, poveri o folcloristici, nei chioschi di frutta e sui pullman cittadini che
corrono velocissimi sulle
strade trafficate.
Fa un caldo davvero equatoriale e chi può si fa trasportare dalle onde imperiose
dell’oceano o gioca a calcio
sulla sabbia. Noi attraversiamo a piedi i quartieri residenziali vicino alia funicolare che
porta al Pan di Zucchero, Copacabana e le sue catene di
negozi e locali notturni e poi,
dopo aver preso un metrò
che ha fermate sempre più
distanti e spopolate, i dintorni dello stadio, il Maracaná. E
qui vediamo che vivere sotto i
ponti per molti brasiliani non
è affatto un modo di dire: si
raccolgono sull’erba spelata
alfombra dei cavalcavia e appendono i vestiti ai pochi arbusti, si costruiscono case di
cartone e stracci per ripararsi
se non dall’umido della notte
almeno dagli sguardi di chi
passa lì accanto in macchina.
Oppure dormono così, immobili come morti, sulla terra
nuda. Da un lato la ferrovia,
dall’altro edifici immensi e
desolati (a Rio ci sono molte
case alveare, dove diverse famiglie si dividono alloggi già
piccoli e mancanti di tutto);
non molto distanti, ma in
fondo lontanissime visto che
non si vedono strade per arrivarci, le casupole delle favelas abbarbicate sui morros, le
colline di Rio.
Gigi Eusebi, autore di A
barriga morrea. Il genocidio
Yanomami, (edizioni Sonda,
Torino, 1990), ha vissuto a
lungo in Brasile lavorando
per un progetto di cooperazione internazionale di salvaguardia delle popolazioni indigene; oggi è responsabile
per l’Italia del Ctm, Cooperazlone Terzo Mondo, che si
occupa di commercio equosolidale con il Sud America;
dopo tanti sforzi è orgoglioso
di aver conquistato la carteira, il passaporto brasiliano.
«Le favelas, vere e proprie occupazioni abusive, sono completamente controllate dai
narcotrafficanti - racconta nella sola Rossinha, la favela
diventata famosa per la visita
del papa, abitano 400.000
persone che vivono di espedienti: ci sono persino dei
“ricchi” che si costruiscono la
casa con tutti i comfort. Nelle
favelas ci sono le scuole, la rete idrica e fognaria, la luce e
anche piccoli ambulatori: tutti i servizi basilari, insomma,
anche se ovviamente sono
malridotti o precari. Tutte le
volte che piove poi si formano
valanghe di fango capaci di
travolgere intere abitazioni».
(1 - continua)
11.200 cristiani del Chiapas
Viaggio nella capitale per
chiedere la fìne della violenza
Circa 1.200 cristiani della
diocesi di San Cristobai de las
Casas hanno concluso mercoledì 21 gennaio il loro pellegrinaggio verso la capitale
del paese per chiedere la fine
della violenza nel Chiapas. I
partecipanti, giunti da 42
parrocchie di quello stato del
Sud-Est messicano oggi in
conflitto, avevano iniziato il
loro pellegrinaggio domenica
18 gennaio, partecipando a
numerose cerimonie religiose e ad azioni di solidarietà a
Tuxtla Guttierrez, Tehuantepec, Oaxaca e Puebla.
La carovana, composta di
due camioncini e di 27 autobus, è arrivata senza incidenti nella capitale dove una
messa di chiusura è stata celebrata dal vescovo Samuel
Ruiz, nella basilica di Guadalupe. I partecipanti hanno
poi visitato 26 parrocchie di
Città del Messico e di Morelas prima di tornare in Chiapas. Gli organizzatori avevano convocato al pellegrinag
gio «cattolici e non cattolici».
Nella loro lettera pastorale
d’invito, i vescovi Samuel
Ruiz e Raul Vera hanno dato
una descrizione abbastanza
drammatica della situazione
in cui vivono quotidianamente gli autoctoni dello stato del Chiapas. Hanno rilevato l’aumento dei delitti, degli
spostamenti dei profughi
all’interno del paese, nonché
la rottura della vita comunitaria e lo smantellamento
della produzione.
La violenza dei gruppi paramilitari, legati alle forze armate presenti nel Chiapas,
contro le comunità autoctone, ha raggiunto il punto culminante il 22 dicembre scorso, con l’uccisione di 45 indios Tzotzil della comunità di
Acteal. I partecipanti hanno
«pregato per queste 45 vittime» e per Guadalupe Mendez, la giovane donna uccisa
il 12 gennaio a Ocosingo
(Chiapas) durante una manifestazione di protesta, (etti)
Una famiglia di indios del Chiapas