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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTESTE, METODISTE, VALDESI
VENERDÌ 17 DICEMBRE 1993
ANNO I - NUMERO 48
MESSAGGIO ALLE CHIESE PER IL NATALE
GLORIA
A DIO
KONRAD RAISER*
Sono dei pastori quelli
che per primi hanno ricevuto il messaggio di Natale, la buona novella della nascita del Salvatore per tutti i
popoli. Essi allora stavano
nei campi, di notte, in una
qualche contrada inospitale.
Di fronte all’apparizione
celeste inattesa, sono stati
prima colti dallo spavento.
Si erano appena ripresi che
già risuonava il coro degli
angeli, come in risposta al
loro timore: «Gloria a Dio
nei luoghi altissimi, pace in
terra fra gli uomini che egli
gradisce» fLuca 2, 14).
Natale, festa della gioia e
della pace. Così vuole la tradizione; e così viene celebrato in molti paesi. Dobbiamo essere riconoscenti per
la luce di Natale che risplende sul nostro mondo di tenebre. Ma questa luce risplende davvero per tutti i popoli?
In Angola e in Bosnia, nel
Caucaso e nel Kashmir,si
continuerà probabilmente a
sparare anche nel giorno di
Natale. Nel Natal e in Irlanda del Nord, nelle strade di
Sào Paulo e di Washington
gente cadrà, anche quella
notte, vittima di una violenza assurda.«// popolo che
camminava nelle tenebre ha
visto una grande luce»
(Isaia 9, 2). Così parla il
profeta Isaia. Vedranno davvero la luce i milioni di profughi dell’Africa rinchiusi
nei campi, in mezzo a zone
inospitali? È con questa disperazione presente alla nostra mente che oggi, come
allora in quella notte a Betleemme, dobbiamo credere
al messaggio di Natale.
Che cosa vuol dire credere
alla presenza del Salvatore
per il mondo intero?
Gli angeli cantano: «Gloria a Dio nei luoghi altissimi!» Rendere gloria a Dio,
riconoscerlo come colui che
tiene il mondo intero nella
sua mano, ciò vuol dire che
dobbiamo smettere di
sopravvalutarci, vedere lo
stato del mondo così com’è
realmente, ammettere il nostro smarrimento. A volte
possiamo rendere gloria a
Dio solo lasciando scorrere
le nostre lacrime, e gridando
questo lamento; «Fino a
quando, o Dio?». Ma anche
nel più profondo del nostro
abisso possiamo gridare, in
nome del bambino della
mangiatoia: Abba, Padre!
Rendere gloria a Dio vuol dire resistere con una fermezza
tranquilla all’arroganza del
potere, al culto del popolo e
della nazione che vengono
idolatrati, alla spirale
dell’odio e della violenza.
«Pace in terra fra gli uomini eh ’egli gradisce!». Non
possiamo rendere gloria a
Dio senza proteggere la di
gnità dell’essere umano che
è fatto a sua immagine. La
violenza che si esercita contro le donne, il razzismo, la
pulizia etnica, ogni aggressione alla dignità umana sono aggressioni alla gloria di
Dio.
In ogni luogo in cui uomini
e donne rendono gloria a
Dio, la spirale della violenza
viene rotta, e il ramoscello di
pace inizia a fiorire. Spesso
questi luoghi sono nascosti,
come la mangiatoia del Salvatore, e il messaggio di Natale è un invito a metterci in
cammino, alla loro ricerca.
Il movimento ecumenico è
un movimento di cristiani di
tutte le chiese che partono insieme alla ricerca di questi
luoghi in cui la luce della
presenza di Dio risplende e
trasforma il nostro mondo di
tenebre. E l’espressione vivente della nostra speranza:
che tutti, «d’un solo animo e
d’una stessa bocca», rendano
gloria a Dio Padre, Figlio e
Spirito Santo (Romani 15, 6).
«L’Iddio della speranza vi
riempia d’ogni allegrezza e
d’ogni pace nel vostro credere, onde abbondiate nella
speranza, mediante la potenza dello Spirito Santo»
(Romani 15, 13).
* Segretario generale
del Consiglio ecumenico
delle chiese di Ginevra
■■
L'avvento, il tempo dell'attesa del Natale di Cristo - 4
Accogliere il Signore del perdono, che viene
YAN REDALIE
«Allora sua madre intervenne e disse:
No, sarà invece chiamato Giovanni...
Suo padre, chiesta una tavoletta scrisse così: Il suo nome è Giovanni. E tutti si
meravigliarono...
E tu, bambino, sarai chiamato profeta
dell’Altissimo, perché andrai davanti al
Signore per preparare le sue vie»
(Luca 1, 60, 63, 76)
Ultimo episodio dell’attesa di Natale
secondo Luca, la nascita di Giovanni Battista risponde alla scena di apertura: il silenzio forzato di Zaccaria si scioglie in un inno, il Benedictus, che canta
il progetto di Dio su questo bambino appena nato e nominato. Infatti la questione del nome anima la scena.
Il nome inserisce ognuno di noi nella
società, ci permette di avere delle relazioni con gli altri e di essere sicuri della nostra identità. Come per Giovanni, il nostro nome ci precede. Non l’abbiamo
scelto noi; ognuno l’ha ricevuto. E il primo dono che ricéviamo. Chiamati per nome, possiamo essere dei soggetti e dire
«eccomi», pronti a vivere e agire come
Maria che, chiamata per nome, ha risposto all’angelo. Dare il nome al figlio era
prerogativa del padre. Luca, invece, affida questo compito a Elisabetta. I parenti
vorrebbero chiamarlo Zaccaria, dal nome
del padre del bambino. Il nome esprime
un richiamo alla parentela, a una promessa, a un pezzo di storia; oppure all’attesa
dell’amore dei genitori. Elisabetta si impone: «Il suo nome è Giovanni», come
aveva indicato l’angelo a Zaccaria. Consultato per gesti, Zaccaria, ancora muto,
scrive anche lui «Giovanni» sulla tavoletta che gli viene presentata. Il nome esprime un’alleanza, che precede la nascita.
Giovanni Battista è preceduto dall’interruzione di Dio nel flusso normale delle
attese deluse. Nome comunicato dall’angelo, saputo e taciuto da Zaccaria, verbalizzato e imposto da Elisabetta.
Tempo di attesa, il tempo dell’Avvento è tempo di meditazione su ciò che
precede l’evento decisivo. L’azione di
Dio è sconvolgente, ma anche fragile.
Non poggia su prove oggettive e indiscutibili, bensì sull’audacia della fede.
Per questo, l’azione di Dio viene assecondata dalla profezia che l’annuncia e
la precede, e confermata dalle testimonianze, che ne indicano le tracce lasciate
nella storia successiva. Giovanni Battista
prima, gli apostoli dopo. L’Evangelo di
Luca si è aperto sul co-nfronto-incontro
di due famiglie, quella di Giovanni, famiglia di antica stirpe sacerdotale, garante delle tradizioni di Israele, e quella
di Gesù, ancora in divenire. Gesù viene
preceduto e annunciato da Israele, impersonato nella nascita e nelle parole del
suo ultimo profeta. La concezione miracolosa di Gesù viene preceduta e autenticata dal miracolo della sterilità vinta in
Elisabetta, come in altri madri dei padri
d’Israele. Questa attesa di Natale ci ricorda che, tuttora e per sempre, la fede
di Israele e la sua speranza di giustizia e
di liberazione fondano e precedono la
nostra fede in Cristo.
Appena confermato il nome di Giovanni, Zaccaria ritrova la parola per benedire Dio. La gente di tutta la regione si
meraviglia e si interroga sul futuro di un
bambino la cui nascita viene accompagnata da tanti miracoli. Risponde il cantico di Zaccaria presentando Giovanni
come precursore, che ricapitola tutte le
attese di Israele. Compimento della profezia, il contributo del precursore supera
quello dei profeti: andrà «davanti al Signore... per dare al suo popolo conoscenza della salvezza, mediante il perdono dei loro peccati».
Con Giovanni Battista appena nato,
siamo invitati ad andare incontro al Salvatore che viene. A rispondere «eccomi»
alla chiamata per nome, a meditare l’attesa di Israele nella sua esigenza di giustizia e di liberazione, a ricevere il perdono come dono, ma anche come esigenza di cambiamento. Accogliere il Signore del perdono che viene non vuol dire
negarsi o ritirarsi, bensì fargli posto, felicemente liberati di noi stessi.
Chiese europee
Verso ['assise
dei cristiani
I rappresentanti di venti
«Consigli nazionali di chiese»
(Cnc) europei e di altre organizzazioni ecumeniche (Conferenza delle chiese europee.
Consiglio ecumenico delle
chiese. Commissione europea
per chiesa e società) si sono
incontrati dal 24 al 28 novembre presso il Collegio riformato di Debrecen (Ungheria) per
la loro consultazione annuale,
promossa dalla Conferenza
delle chiese europee (Kek). I
Cnc sono formati dalle varie
chiese cristiane dei singoli
paesi: in alcuni casi (Gran
Bretagna, Francia, Germania,
paesi scandinavi) comprendono anche la Chiesa cattolica,
in altri le chiese ortodosse e
protestanti; per l’Italia, dove
non esiste un Cnc, era presente all’incontro la Federazione
delle chiese evangeliche. Dopo aver esaminato la situazione del movimento ecumenico
nei vari paesi europei, i partecipanti hanno discusso del
progetto di una seconda Assemblea ecumenica europea
(dopo quella di Basilea su
«Pace nella giustizia» nel
1989), a cui sta lavorando una
commissione ad hoc nominata
dalla Kek e dal Consiglio delle conferenze episcopali europee (Ccee). La decisione finale sulla possibilità di indire
l’assemblea ecumenica europea spetta all’assemblea del
Ccee, che si riunirà nel gennaio 1994; una volta avuto il
parere positivo della parte cattolica, il comitato congiunto
Kek-Ccee (che si riunirà
nell’aprile ’94) potrà iniziare
la preparazione ufficiale. E
stato proposto che il tema
dell’assemblea sia quello della
«riconciliazione», in una Europa divisa da conflitti di ordine religioso, etnico e sociale. I
responsabili dei Cnc hanno
sottolineato la necessità che
un’assise dei cristiani europei
sia preceduta e seguita da incontri a livello nazionale e regionale che coinvolgano la base delle chiese.
Ecumene
Alla scoperta del
nuovo Sud Africa
pagina 3
All’Ascolto
Della Parola
Vegliare, attendendo
il Signore
pagina 6
Commenti al voto
amministrativo
del 5 dicembre
pagina 7
2
PAG. 2 RIFORMA
VENERDÌ 17 DICEMBRE 19Q-^
Francia: si è svolto a Viviers il XXIV Sinodo della Chiesa riformata Centre-Alpes-Rhòne
«
Dire insieme oggi una parola per domani»
ERIC NOFFKE
DONATO MAZZARELLA
Anche quest’anno l’antica
e caratteristica cittadina
di Viviers, appoggiata a una
collina a destra del Rodano,
ha ospitato dall’ 11 al 13 novembre il XXIV Sinodo della
Chiesa riformata, regione
Centre-Alpes-Rhône, la maggiore delle 8 regioni in cui si
divide la Francia riformata.
Il pastore Marcel Manoel,
presidente della regione, ha
aperto i lavori con una lunga
relazione in cui si esprimeva
viva preoccupazione per lo
stato di «assopimento» in cui
sembra essere caduta la Chiesa riformata. Nel giro di venti
minuti sono passati in rassegna sotto i nostri occhi i problemi che in seguito saranno
al centro della discussione. In
primo luogo, per far fronte al
problema della crisi nella
chiesa, si è parlato di «comunicazione» come condivisione di fede attraverso la quale
annunciamo la salvezza di
Dio: quali sono i suoi mezzi
e le sue espressioni? Li vedremo nella discussione sulla
rivista «Réveil» e nel messaggio finale del Sinodo alle
chiese: «Dire insieme oggi
una parola per domani», per
esprimere la centralità dell’
Evangelo nella riflessione
della chiesa, anche quando al
centro del dibattito sono questioni amministrative. Comunicare anche nella missione,
attraverso una partecipazione
più intensa al Defap (Département évangélique français
d’action apostolique) e alla
Cevaa, con tutta la carica di
«sfida» che tale partecipazione comporta.
Una nota di delusione ha
chiuso questo discorso quando il presidente si è spostato
sul tema dell’ecumenismo:
oggi più che mai è una sfida,
viste le minacce al dialogo da
parte di Roma con la pubblicazione del nuovo catechismo, del nuovo direttorio per
l’ecumenismo e dell’enciclica «Veritatis Splendor».
Insieme per il domani
Un momento particolarmente interessante si è avuto
nel pomeriggio del giovedì,
con il lavoro seminariale a
gruppi (una decina). Il tema
del giorno era: «Dire insieme». La discussione, che
proseguiva un dibattito da
tempo in corso nelle chiese e
in «Réveil», era coordinata
da un gruppo base che raccoglieva i vari «bollettini» inviati loro dai differenti gruppi a intervalli precisi. Alla fine della giornata tutti i pensieri sviluppati erano raccolti
in alcune semplici frasi riassuntive che, dopo il lavoro
del secondo giorno, sarebbero state raccolte in un solo
documento. Ogni gruppo,
naturalmente, ha seguito degli sviluppi particolari e in
parte differenti. Per esempio
dei due a cui abbiamo partecipato, uno si è concentrato
sul dire insieme all’interno
della comunità e quindi della
Chiesa riformata, mentre
l’altro è partito da un ambito
più ecumenico per arrivare
alla conclusione che per dire
qualcosa insieme come cristiani bisogna prima dire
qualcosa nell’ambito locale
della nostra chiesa. Dagli incontri sono emersi spunti veramente interessanti e problemi che alla fin fine sono
gli stessi che agitano le nostre comunità in Italia: un bisogno di parlare di più tra
membri di chiesa, prima e
dopo e, perché no, durante il
culto; avere pastori anche
Il past. Marcel Manoel, presidente della regione Centre-Alpes-Rhône
dove le chiese sono piccole e
«dimenticate»; avere una fede comune più precisa e
chiara; avere un confronto
comune più vivo sulla Bibbia, e così via.
Venerdì mattina la discussione per gruppi è proseguita
sul tema: «Dire oggi». Qui
sono emersi vari stati d’animo, tra i quali vorremmo segnalare soprattutto la preoccupazione per la timidezza
della testimonianza dei credenti nell’annuncio dell’Evangelo, una grande nostalgia per la semplicità della
predicazione, la mancanza di
una prospettiva missionaria,
di un annuncio vissuto, vivace e allegro della Parola. Da
un lato, dunque, la voglia di
esprimere e comunicare al
mondo la propria fede, dall’altro un profondo senso di
frustrazione per non essere
capaci di vincere i molteplici
ostacoli che si oppongono alla proclamazione dell’Evangelo.
Finanze
La situazione finanziaria è
piuttosto preoccupante, data
la prospettiva di un forte calo
delle contribuzioni, già in atto da alcuni anni. Questo problema si ripercuote soprattutto sul corpo pastorale, che
non può essere allargato fino
a coprire tutte le sedi vacanti,
con la conseguenza di una
perdita delle contribuzioni in
tali sedi. Una proposta per
risolvere il deficit è stata trovata nella riduzione dei previsti aumenti salariali dei pastori e dipendenti della chiesa.
Anche la regione CentreAlpes-Rhòne ha una sua casa
editrice che si chiama «Ré
veil», titolo anche del settimanale. Unica, grande differenza con l’editrice «Claudiana» e il nostro giornale
«Riforma», è il bilancio abbondantemente positivo, tanto che una proposta al Sinodo, poi in parte bocciata, è
stata di coprire il deficit della
regione con parte del sopravanzo di «Réveil». A parte
questo però, i problemi sono
gli stessi: raggiungere un
pubblico più ampio, rendere
più interessante e accessibile
il giornale, trovare sponsor,
migliorare il collegamento
con la vita delle comunità locali.
Un altro capitolo particolarmente interessante è stata
la discussione dei «vœux»,
proposte di prese di posizione del Sinodo su argomenti
specifici della vita ecclesiastica e sociale. Alcuni erano
di carattere strettamente locale, altri più interessanti anche
per noi, soprattutto una
proposta di condanna da parte del Sinodo delle nuove
leggi restrittive sull’immigrazione: sul tema la discussione
è stata molto vivace. Le principali opposizioni riguardavano sia la forma, in quanto
veniva obiettato che non
c’era stata sufficiente discussione su un tema tanto scottante, sia il contenuto, in
quanto per alcuni le leggi
contro l’immigrazione non
sono poi tanto sbagliate. La
discussione si è risolta quando qualcuno ha fatto notare
che in primo luogo è necessaria un’azione forte della
chiesa in solidarietà con gli
immigrati e che, soprattutto,
il Sinodo non prendeva una
posizione precisa sul problema dell’immigrazione in sé.
pomo della discordia in seno
alle chiese, bensì condannava
degli estremismi e delle
generalizzazioni nell’azione
dello stato che, quale che fosse l’idea di ognuno in proposito, erano assolutamente
inaccettabili per chiunque si
definisse cristiano.
Progetti e... musica!
Da segnalare infine la presentazione di due progetti. Il
primo era una proposta di
una nuova liturgia delle chiese riformate, progetto che vede ora la discussione in ambito locale dei fascicoli presentati in Sinodo e la futura
pubblicazione, quando saranno pervenuti i commenti e gli
arricchimenti da parte di pastori e membri di chiesa.
Il secondo riguarda la presentazione di uno strumento
per l’evangelizzazione, le cosiddette «boîtes à outils», due
(per ora) raccoglitori di schede che contengono varie informazioni utili all’evangelizzazione, una sorta di «chi
fa che cosa» all’interno della
chiesa. Avete per esempio bisogno di un animatore giovanile in una certa zona o di
materiale su un certo argomento? Tutto ciò e molto altro ancora si trova in queste
schede, anch’esse in attesa di
essere completate col contributo di tutte le comunità.
Come si vede, il Sinodo è
stato condotto a ritmo battente. Non sono però mancati
i momenti di preghiera e di
distensione: ogni giornata era
introdotta da un breve culto
tenuto dal presidente della
Chiesa riformata di Francia,
che con le sue predicazioni
ha espresso le esigenze di novità, semplicità e immediatezza manifestata con vigore
in tutti i gruppi di lavoro. Il
venerdì sera ci ha esaltati con
la forza della sua musica il
gruppo «Come on», interprete fantasioso di numerosi
«spiritual». Anche i pasti, le
pause e i (pochi) momenti di
iibertà sono stati momenti di
scambio vivaci e simpatici.
Si è trattato dunque di un
Sinodo intenso e interessante,
stimolante teologicamente,
condotto con una organizzazione e una disciplina invidiabili, da cui noi personalmente abbiamo appreso molto (e speriamo di aver dato
anche qualcosa!).
Lourdes: il pastore Jacques Stewart ha incontrato il Dalai Lama
Costruire la pace insieme agli altri
Il pastore Jacques Stewart,
presidente della Federazione
protestante di Francia, ha
partecipato all’incontro dei
rappresentanti delle grandi
famiglie religiose del mondo
con il Dalai Lama, organizzata il 15 novembre a Lourdes, dal ministro della Sanità
e sindaco di Lourdes, Philippe Douste-Blazy.
Oltre ai tre rappresentanti
del Consiglio delle chiese
cristiane in Francia (Jacques
Stewart, mons. Jérémie, patriarca ortodosso e mons.
Duval, presidente della Conferenza episcopale francese),
erano presenti Dalil Boubakeur, gran rettore della
moschea di Parigi, il gran
rabbino di Toulouse, Halle, e
un rappresentante del gran
venerabile Bour Kry della
Cambogia.
In un incontro riservato
con il Dalai Lama, essi han
no discusso sui problemi della pace nel mondo. Jacques
Stewart aveva chiesto al pastore Jacky Argaud, che tre
anni fa aveva avviato il dialogo tra la Federazione
protestante di Francia e
l’Unione buddista di Francia,
di unirsi a loro. Hanno poi
condiviso un tempo di preghiere in pubblico. Jacques
Stewart ha sottolineato che la
libertà e il senso della relazione responsabile con l’altro, che hanno la loro fonte
nella rivelazione della grazia
gratuita di Dio in Gesù Cristo, lo spingono a cercare ciò
che può intraprendere con altri per migliorare la vita e
trasformare situazioni di
questo mondo.
Al termine di questo tempo
di raccoglimento molto intenso, un bambino ha letto la
loro dichiarazione comune di
pace nella quale affermano
di «rifiutare che le religioni
possano ancora venire usate
come paravento, come travestimento ideologico della
violenza». Hanno inoltre
chiesto «perdono per tutte le
violenze commesse in nome
della religione».
Nel pomeriggio si è svolto
un incontro con la popolazione di Lourdes. Il Dalai
Lama ha ricordato che la
bontà, lo spirito di tolleranza
e l’amore sono comuni a tutte le religioni e compongono
le virtù fondamentali dell’essere umano, e ha chiesto ad
ognuno di scoprire «la pace e
il disarmo interiori». «Può la
pace essere soltanto il frutto
di coscienze individuali?» è
stato chiesto a Jacques
Stewart. «La pace comincia
con una creazione personale
ma si costruisce con gli altri»
ha risposto.
(Bip)
Polonia; visita del segretario
della Kek alle chiese minoritarie
VARSAVIA — Il segretario generale della Conferenza delle
chiese europee (Kek), Jean Fischer, si è recato in Polonia dal 4
al 9 novembre. Nel corso di una riunione del Consiglio ecumenico polacco alla quale partecipavano i responsabili delle sette
chiese membro della Kek in Polonia il vescovo Jan Szarek
presidente del Consiglio, ha informato il segretario generale sugli esiti dell’incontro avvenuto ad agosto tra i responsabili del
Consiglio ecumenico e il primo ministro di allora, la signora
Hanna Suchocka. L’incontro ha avuto luogo nel quadro del
concordato tra la Polonia e il Vaticano e ha dato ai responsabili
delle chiese l’opportunità di esprimere la loro preoccupazione
sui vari problemi riguardanti le chiese minoritarie. Il vescovo
ha sottolineato che «molto spesso, purtroppo, sentiamo di essere trattati eome cittadini di seconda categoria, respinti ai margini, giudicati secondo criteri differenti. Questa situazione è il risultato di diverse dichiarazioni di uomini politici, a volte membri del governo, e più spesso rappresentanti della Chiesa cattolica romana». Jean Fischer ha affermato che la Kek è molto interessata alla vita delle chiese in Polonia e che vigila costantemente sulla situazione nei paesi dell’Europa centrale e orientale
per assicurarsi che le nuove legislazioni, specie quando trattano
della libertà religiosa e dei rapporti chiese-stato, siano in accordo con le convenzioni della Conferenza sulla sicurezza e la
cooperazione in Europa (Csce), firmate da 51 governi europei.
In un incontro con il cardinale Glemp, Jean Fischer si è congratulato per la cooperazione sempre più profonda tra la Kek e il
Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali europee), per l’attenzione continua rivolta alla situazione nella ex Jugoslavia e
per i progressi verso un secondo raduno ecumenico europeo sul
tema della riconciliazione.
Zaire; le chiese si sostituiscono
allo stato per garantire la scuola
KINSHASA — Poiché gli insegnanti non vengono più retribuiti dall’inizio dell’anno, gli scolari zairesi sono privi di scuole. Onde assicurare l’insegnamento, le tre principali chiese cristiane dello Zaire si sono messe d’accordo per aprire classi,
chiedendo un contributo finanziario ai genitori. Anche la «Entraide protestante suisse» (Eper) partecipa a questo progetto. Al
Collegio Lisanga, sostenuto dall’Eper, il budget di assistenza
per l’anno scolastico ’93-94, preparato insieme al personale docente, ammonta a circa 56 milioni di lire, stipendi e trasporti
compresi. Secondo il budget stabilito, i genitori degli 800 allievi del collegio dovrebbero partecipare alle spese per un totale
di circa 45 milioni di lire. Il preside del collegio ritiene che il
60% del budget totale dovrà essere coperto da un finanziamento esterno. Nell’attuale situazione economica del paese e tenendo conto del reddito mensile ufficiale (circa 17.000 lire), è poco probabile che le famiglie siano in grado di poter pagare il
contributo richiesto. Alla pari degli insegnanti infatti, anche i
genitori non hanno percepito il loro salario dal gennaio ’93.
Come i disoccupati o i pensionati, essi ricevono soltanto l’equivalente di circa 340 lire il mese.
Consiglio nazionale delle chiese
Usa; invito all'evangelizzazione
BALTIMORE — Nuova importanza è stata data all'evangelizzazione nella vita del Consiglio nazionale delle
chiese degli Stati Uniti (Ncc). Nella sua riunione del 10-12 novembre a Baltimore (Mai^land), il Comitato direttivo del Ncc
ha dato la sua approvazione preliminare ad un documento intitolato «Un invito aU’evangelizzazione: Gesù Cristo e il regno
di Dio», che sarà rivisto alla luce delle reazioni ricevute e presentato per l’approvazione finale al Comitato l’anno prossimo.
«In questi ultimi venti/trent’anni - ha dichiarato il presidente
del Ncc, Syngman Rhee - abbiamo dato molta importanza
all’espressione sociale della fede, ai frutti. Ma se vogliamo raccogliere questi frutti, non possiamo dimenticarci di nutrire le
radici». Dopo i capitoli dedicati a «l’appello di Dio all’evangelizzazione», «l’appello di Dio alla conversione personale» e
«l’appello di Dio alla comunità», il documento sviluppa il tema
de «l’appello di Dio all’evangelizzazione ecumenica». Esso
parla di una «Chiesa evangelizzatrice ecumenica» e di dialogo
con le chiese sul significato dell’evangelizzazione, distinguendola dal proselitismo.
A Edimburgo la prossima
Assemblea europea dell'Arm
PARIGI — L’Ufficio del Consiglio europeo dell’Alleanza
riformata mondiale (Arm) ha tenuto la sua sessione d’autunno
dal 14 al 16 ottobre nei locali della Chiesa riformata di Francia
(Erf) a Parigi, sotto la presidenza del pastore Jiirgen Reuter,
della Chiesa riformata in Germania. L’Ufficio aveva come
compito principale quello di preparare l’organizzazione della
prossima Assemblea europea dell’Arm che si svolgerà a Edimburgo nell’agosto 1995. Sarà la prima assemblea europea
dell’Arm dopo i cambiamenti avvenuti in Europa nel 1989. 166
delegati vi rappresenteranno 36 chiese della famiglia riformata
in Europa. Il tema sarà; «Speranza e rinnovamento in un epoca
di cambiamento». Verranno dibattuti i seguenti temi: Identità
riformata. Ecclesiologia, Fede e economia. Rapporti chiese-stato, Nazionalismo e identità etniche (questione delle minoranze), Media e evangelizzazione. Formazione cristiana. Alla
comunità degli uomini e delle donne nella Chiesa verrà dedicata una giornata particolare.
3
VENERDÌ 17 DICEMBRE 1993
Ecumene
PAG. 3 RIFORMA
Dal 7 al 19 novembre Maria Sbaffi e Giorgio Girardet hanno visitato il paese, invitati dalla Chiesa riformata olandese bianca
Alla scoperta del nuovo Sud Africa democratico che sta nascendo
MARIA SBAFFI GIRARDET
Ventotto appuntamenti, in
cui abbiamo incontrato
oltre quaranta persone, responsabili delle varie chiese e
delle Facoltà di teologia, ma
anche personalità politiche:
sufficienti per dire di aver
compreso la realtà attuale in
Sud Africa? Certamente no,
dato che la prima impressione
è stata quella di una situazione
estremamente complessa ma
subito, anche, la sensazione
che il cambiamento è reale e
che si sta andando, come tutti
ci hanno detto, verso il «nuovo Sud Africa».
Rispondendo all’invito rivolto alla Federazione delle
chiese evangeliche in Italia
dal decano della Facoltà di
teologia di Pretoria, il prof.
Johan Fleyns (invito che ha
fatto seguito a una visita in
Sud Africa del team della rubrica televisiva «Protestantesimo») Giorgio Girardet ed io
abbiamo vissuto per 14 giorni,
dal 7 al 19 novembre, un’intensa esperienza, affidati per
l’organizzazione del viaggio
all’efficienza inappuntabile
del Southern African Forum,
un ufficio che ha il compito di
organizzare missioni culturali,
commerciali e politiche da e
per il Sud Africa. In qualche
modo la nostra visita aveva
dei limiti per il fatto che l’iniziativa veniva dalla Chiesa
riformata olandese bianca e
che bianchi sono stati molti
dei nostri interlocutori, e tuttavia. come avevamo richiesto.
Il leader dell’Ano, N. Mandela
non sono mancati gli incontri
con quelli che per tanti anni
hanno rappresentato l’opposizione al regime di apartheid (e
con i quali noi evangelici italiani avevamo avuto rapporti
di solidarietà), come le chiese
del Consiglio delle chiese sudafricane (Sacc) e l’African
National Congress (Anc).
Violenze quotidiane
Il primo impatto con Johannesburg, prima tappa del nostro viaggio (che ci ha portato
a Pretoria, Città del Capo e
Bloemfontain) ci ha dato subito il segno delle tensioni
esistenti e dei pericoli di violenza: la nostra accompagnatrice, un’efficientissima giovane sudafricana bianca del
Southern Africa Forum, laureata in scienze politiche, che
ci ha accompagnato per tutto
il viaggio, integrando con le
sue ampie conoscenze dei
problemi e della situazione e
la sua apertura al cambiamento le informazioni che ricevevamo via via nel corso degli
incontri, ci ha subito avvertiti
che non era prudente uscire
da soli da! nostro albergo, cosa che ci è stata confermata
dal personale dell’albergo
stesso. Johannesburg, molto
più di Città del Capo, è infatti
teatro di violenze quotidiane,
specie dopo l’orario di chiusura dei negozi.
Costretti in albergo, la prima sera del nostro arrivo, ab
biamo acceso la televisione e,
con una certa sorpresa, abbiamo constatato che vi viene dato molto spazio ai dibattiti interrazziali, per esempio sulle
nuove prospettive per le scuole e le università, dibattiti in
cui ci è sembrato si parlasse
con piena libertà, oltre che
con grande passione, da parte
di giovani neri e bianchi, nei
riguardi del processo di transizione che il Sud Africa sta vivendo in vista di una società
veramente democratica. Se
l’apartheid legale è finita, rimangono infatti problemi gravissimi, dovuti al divario economico esistente tra le condizioni generali di vita dei bianchi e quelle dei neri e dei coloured.
Le miserevoli townships
Alle periferie della grandi
città, così belle e ordinate, con
i grattacieli al centro e gli eleganti quartieri residenziali con
le loro case spesso di stile
olandese (la cultura afrikaner
è certo quella dominante;
quella inglese rappresenta soltanto il 20 per cento dei bianchi, anche se tutti ne parlano
la lingua) fanno riscontro le
squallide township nere. Con
grande emozione abbiamo visitato la township di Soweto, a
pochi chilometri da Johannesbsurg, dove è avvenuta la tragica strage di studenti del
1976. Abbiamo visto le case
in cui hanno vissuto Desmsond Tutu e Nelson Mandela
e, nella township coloured,
quella di Allan Boesak. Eppure qui l’insediamento è abbastanza antico e le case sono
relativamente decenti, le strade sono in gran parte asfaltate,
vi sono scuole e chiese e le
aree delle baraccopoli di lamiera sono limitate.
Nella township di Crossroads, alla periferia di Città
del Capo, abbiamo visto una
distesa miserevole e immensa
di baracche di lamiera, che si
affacciano su strade sterrate,
che cresce ogni giorno per
l’arrivo dei disperati che abbandonano le zone rurali,
spinti anche da una siccità che
dura da 12 anni, alila ricerca
di un impossibile lavoro nella
grande città. Qui opera un
centro sociale, indipendente
ma sponsorizzato dalla Chiesa
riformata olandese, una specie
di «Servizio cristiano di Riesi» sudafricano, che gestisce
scuole, asili, centri per anziani
e laboratori artigianali; il direttore è un bianco, rimasto
cieco e con le mani amputate
in un non meglio chiarito «incidente», coadiuvato da un
team di bianchi, neri e coloured.
Dato che l’invito proveniva
dal decano di una Facoltà di
teologia, molti dei nostri incontri sono stati dedicati alle
facoltà di teologia più importanti del paese; quelle afrikaner di Pretoria, Stellenbosch
(Città del Capo) e Bloemfontain e quella coloured di Western Cape. Anche in questi
ambienti è fortissimo il senso
del cambiamento, tanto più
che a queste Facoltà, inserite
nell’Università di stato ed
egemonizzate dalla Chiesa
riformata olandese bianca,
non basterà soltanto aprirsi,
come hanno già cominciato a
fare da qualche anno, a neri e
coloured, ma dovranno condividere la loro gestione con le
altre confessioni cristiane a
maggioranza nera (la stessa
cosa si può dire dei programmi religiosi radio e televisivi,
che dovranno diventare anch’essi multirazziali).
Più volte abbiamo sentito
parlare con accenti sinceri del
riconoscimento delle colpe
Soweto (Sud Africa): sostenitori doil’African National Congress
della Chiesa riformata olandese bianca per aver dato una
base teologica all’apartheid, e
anche le reticenze manifestate
da questa chiesa in occasione
del documento di Rustenburg
del 1990 (che ha sancito il decisivo ripudio dell’apar-theid
da parte delle chiese), rispetto
all’ipotesi politica «un uomo,
un voto» appare superata dai
fatti: le prossime elezioni libere avverranno il 27 aprile del
prossimo anno e la Costituzione ad interim, che è stata approvata il 18 novembre, garantisce tutti i diritti umani e
politici fondamentali, e prevede non una repubblica federale, come vorrebbero gli estremisti neri e bianchi ma una
forte autonomia regionale per
le nuove nove province, dopo
l’abolizione delle homelands.
De Klerk e Mandela
Protagonisti indiscussi dell’accordo, il governo di De
Klerk e l’African National
Congress di Nelson Mandela;
ne sono rimasti invece fuori il
partito Inkhata che raggruppa
una parte (e non la maggioranza!) dei neri zulù e quello
dell’estrema destra bianca,
stranamente alleati nella
«Freedom Aliance» (Alleanza
per la libertà). Il nostro incontro più scioccante è avvenuto
proprio con i rappresentanti di
questa Alleanza, una coppia di
bianchi e una nera, dai quali
abbiamo sentito fin dal primo
istante accenti aggressivi e
minacce di guerra civile se
non fosse stata approvata la
loro ipotesi federalista. Molto
saggia e realistica ci è apparsa
invece la posizione dell’African National Congress nelle
parole della sua rappresentante che abbiamo incontrato nella nuova grande sede dell’
Anc, appena ultimata. Qui abbiamo anche rivisto con piacere Benny Nato, ben noto in
Italia perché vi ha rappresentato per anni l’Anc.
La preoccupazione e l’impegno dell’Anc sono per una
transizione il più possibile pacifica (pur sapendo che delle
violenze si manifesteranno
inevitabilmente) e per una
educazione alla democrazia
che istilli la tolleranza e faccia
comprendere la necessità di
una gradualità nel cambiamento, di fronte alle aspettative eccessive che le cose cambino da un giorno all’altro. Sia
il Partito nazionale di De
Klerk che l’Anc devono infatti
fare i conti con le loro ali
«estreme». Esistono quindi
varie iniziative per «l’educazione al voto» e per «l’educazione alla pace» (intesa come
pace interna). Bisogna tener
presente che queste elezioni
costituiscono un’esperienza
del tutto inedita nella storia
del Sud Africa e inoltre che
esiste un diffuso analfabetismo tra i neri. Le chiese nel
loro insieme costituiscono
l’unica infrastruttura esistente
anche nelle zone rurali e i loro
locali saranno spesso utilizzati
come sedi elettorali.
Una società molto religiosa
La società sudafricana nel
suo insieme è fortemente religiosa, con una maggioranza
cristiana che va dal 60 al 70
per cento, suddivisa tra la
Chiesa riformata olandese
(15%), metodisti (8,7%), anglicani (5,6%), luterani
(3,5%), cattolici (10,8%), oltre alle fortissime chiese nere
indipendenti (24,4%) e ad alcune altre denominazioni minori. Vi sono anche piccole
minoranze musulmane, indù
ed ebree.
Come ci ha spiegato un
esperto della Facoltà di Stellenbosch, in queste chiese il
cristianesimo si è profondamente amalgamato con le religioni tradizionali africane,
con tracce di animismo e di
culto degli antenati, ed esse
offrono ai neri una precisa
identità con lo stile particolare
del loro culto, la musica, le
danze, il forte senso comunitario. Il grande problema per
la Chiesa riformata olandese è
oggi la riunificazione tra i
suoi quattro rami: afrikaner,
neri, coloured e indiani. Le
chiese nere e coloured si sono
già accordate per riunirsi e
una conferenza in tal senso è
prevista per l’aprile del prossimo anno. Più problematica
l'unificazione generale, non
solo per ragioni concrete (per
esempio l’enorme disparità
del trattamento economico dei
pastori) ma anche per ragioni
teologiche; e questo non può
stupirci se pensiamo alla frattura che ha diviso queste chiese proprio sul piano teologico.
Eppure, ci è stato ripetuto,
questa è la meta che si deve
raggiungere.
Questa è anche la condizione per rientrare nell’Alleanza
riformata mondiale, da cui le
chiese bianche sono state so
spese nel 1982 per il loro sostegno all’apartheid, considerato «eresia». Una rappresentanza dell’Alleanza riformata
mondiale è già stata in Sud
Africa nel marzo scorso per
riprendere i contatti e verificare la sincerità dei propositi
di cambiamento. Successivamente si affronterà il problema dell’appartenenza al Consiglio ecumenico delle chiese:
un segno importante di distensione in questo senso è
che il prossimo Comitato
centrale del Cec si riunirà nel
prossimo gennaio a Johannesburg.
Educare alla democrazia
Educazione alla democrazia, alla tolleranza, alla riconciliazione: sono queste oggi le
parole chiave nell’impegno
delle chiese, che tuttavia non
rivendicano affatto un ruolo
direttamente politico. E noto
che l’arcivescovo Desmond
Tutu ha dichiarato esplicitamente che il compito di supplenza politica delle chiese è
terminato e tocca ora ai politici condurre la transizione verso la democrazia; ma le chiese possono mettere al servizio
di questi obbiettivi la loro credibilità e il fatto di essere diffuse in tutto il paese. Lo abbiamo visto, Desmond Tutu,
nella sua residenza come arcivescovo della Chiesa anglicana dell’Africa del Sud e, dopo
aver visto la sua casa a Soweto, ci siamo resi conto dello
choc che deve aver provocato
a suo tempo nella comunità
bianca l’ingresso di Tutu, un
nero, in questo bel complesso
di edifici circondati da grandi
giardini, situato a Bishops
Court, in una delle zone più
belle ed esclusive presso la
costa orientale della Penisola
del Capo, dove ha la sua residenza anche il presidente De
Klerk.
Nessuno dubita della vittoria elettorale dell’Anc, che è
però il primo a mettere in
guardia contro le difficoltà e
il pericolo di violenze, prima
e dopo le elezioni. Le difficoltà sono infatti enormi, legate soprattutto ai nuovi assetti economici oltre che politici che si dovranno raggiungere. Il lungo male dell’apartheid lascia nel paese ferite
profonde. Le sanzioni intemazionali hanno avuto un grave
effetto sull’economia, che da
anni si trova in una fase di recessione, e hanno avuto anche
un forte effetto di isolamento
psicologico rispetto al resto
del mondo, che oggi si cerca
di spezzare. Come ci ha detto
l’ambasciatore italiano in Sud
Africa, ciò che fa ben sperare
è la preparazione della classe
dirigente dell’Anc, spesso formatasi nell’esilio all’estero,
dove ha acquisito le necessarie competenze.
A noi, che in Italia e in Europa abbiamo accompagnato
con la nostra solidarietà le lotte per la liberazione dall’apartheid, si chiedono forse
nuove capacità di comprensione e di solidarietà per il
nuovo Sud Africa che sta nascendo.
Dopo l'incontro svoltosi a Ginevra
Come rafforzare i rapporti tra
il Cec e la Chiesa cattolica?
Il presidente F. W. De Klerk
Il presidente del Consiglio
pontificio per l’unità dei cristiani, cardinale Edward Cassidy, ha incontrato membri
dell’Ufficio del Comitato
centrale e responsabili del
Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec) il 6 novembre a
Ginevra. Il cardinale Cassidy
era accompagnato dal vescovo Pierre Duprey, segretario del Consiglio pontificio
per l’unità dei cristiani e da
mons. John Radano.
Il Cec era rappresentato dal
presidente e da uno dei vicepresidenti del Comitato centrale, l’arcivescovo Aram Keshishian e il vescovo Soritua
Nababan, dal segretario generale Konrad Raiser, dal segretario generale aggiunto Wesley Ariarajah, da George Lemopoulos, segretario esecutivo dell’Ufficio delle relazioni
con le chiese e con la comunità ecumenica, e da suor
Monica Cooney, cattolica romana, responsabile delle relazioni con le società missionarie cattoliche presso l’Unità
«Vita, educazione e missione» del Cec.
Il rafforzamento delle relazioni tra il Cec e la Chiesa
cattolica romana dopo la VII
Assemblea del Cec a Canberra e dopo la pubblicazione da
parte del Consiglio pontificio
di una nuova edizione del
«Direttorio per l’applicazione
dei principi e delle norme
suH’ecumenismo» era all’ordine del giorno della riunione, primo incontro ufficiale
tra l’Ufficio del Comitato
centrale del Cec e il Consiglio pontificio per l’unità dei
cristiani.
Un’attenzione del tutto particolare è stata data alla coo
perazione nel quadro del
Gruppo misto di lavoro tra il
Vaticano e il Cec, al lavoro in
corso della Commissione di
Fede e costituzione e alla collaborazione nel campo della
riflessione sulla missione e
sulle questioni sociali ed etiche. I rappresentanti del Cec
si sono congratulati per il rapporto del recente dialogo teologico internazionale tra ortodossi e cattolici romani sull’
uniatismo e per la ricerca della piena comunione. Hanno
proposto che questo documento non serva soltanto a
facilitare le relazioni bilaterali ma permetta anche di
allargare le discussioni ecumeniche.
È stato sottolineato che
l’impegno ecumenico della
Chiesa cattolica romana ai livelli locale, nazionale e regionale tramite i Consigli nazionali di chiese e gli organismi ecumenici regionali,
offre nuove possibilità ecumeniche che andranno sviluppate insieme. 1 partecipanti
hanno anche posto l’accento
sulle sfide pastorali sollevate
dai matrimoni misti, fenomeno sempre più frequente in alcune parti del mondo.
Quest’incontro ha anche
consentito di parlare di una
seduta plenaria sulle relazioni
tra la Chiesa cattolica romana
e il Cec, prevista durante la
riunione del Comitato centrale a Johannesburg nel prossimo gennaio, e di aprire la riflessione sul modo migliore,
per il Cec e la Chiesa cattolica, di rispondere alle attese
dei molti che aspirano a una
certa forma di espressione
ecumenica per segnare il nuovo millennio.
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 17 DICEMBRE I993
VERSO PENTECOSTE '94
INVITO
A FIRENZE
GIUSEPPE PLATONE
Il nuovo anno si apre,
per il mondo evangelico
italiano, con una sfida che
non ha precedenti. L’idea è
semplice, ma realizzarla fa
tremare i polsi. È tardi comunque per ogni ripensamento, ormai la macchina
organizzativa è partita ed
ha stabilito il proprio quartier generale al Gould.
L’avvenimento avrà luogo
a Firenze, al Palazzetto
dello Sport, dal 20 al 22
maggio e sarà il primo incontro pubblico del mondo
evangelico italiano. In
quanti verranno? Gli organizzatori pensano a tremila
persone, quasi un «pendant» con i dati del racconto della Pentecoste del libro degli Atti. Il programma ufficiale sarà definito
in questi giorni e verrà inviato entro Natale alle
chiese e movimenti.
Tutto l’impianto dell’iniziativa è biblico; studi, dibattiti sullo Spirito Santo
nella Bibbia. È prevista anche una serata di testimonianze che daranno voce
aUe diverse espressioni del
mondo evangelico, non
mancheranno momenti di
predicazione (Ricca e Maselli) e riflessioni sulla presenza degli evangelici in
Italia (Barbanotti e Spini).
I costi dell’operazione verranno ricuperati dalle iscrizioni (ogni partecipante
dovrà pagare 160.000 lire
tutto compreso dal venerdì
alla domenica) e dalle collette.
Molto attese sono le
iscrizioni dei coralisti perché buona parte dell’incontro sarà dedicato a canti
assembleati. Cornice indispensabile a tutta la manifestazione saranno gli
stand che varie opere sociali e case editrici evangeliche allestiranno eviden
ziando i colori e le voci del
mondo evangelico. Nel
frattempo molti alberghi,
pensioni e tutti i centri
evangelici (a Firenze e dintorni sono una decina) sono già stati preavvertiti.
L’operazione è in sostanza
complessa e non sono pochi i timori che l’accompagnano. «Si tratta di un’avventura - dice Bouchard,
della Fcei, che presiede il
comitato organizzativo voluta e condivisa da molte chiese evangeliche».
La vertigine del nuovo
non sembra paralizzare i
lavori del comitato. «Se
c’è un effettivo desiderio
d’incontrarci per meglio
conoscersi tra evangelici afferma Eliseo Longo, della chiesa dei Fratelli di Firenze - il Signore non ci
farà mancare il suo aiuto».
Una sorta di Kirchentag
all’italiana, una scommessa a cui tutti possono partecipare. In altre parole si
tratta di un’iniziativa tesa a
mettere a confronto le diverse facce del mondo evangelico. Dietro i lavori
preparatori cresce il desiderio di concordia e di testimonianza, il bisogno di
lanciare una parola di speranza nel nostro paese. Significativo, infine, il fatto
che il mondo pentecostale
che si riconosce nelle Assemblee di Dio ha preso
molto sul serio il prossimo
appuntamento di Firenze.
E se l’iniziativa riuscirà
sarà anche per merito loro.
«Accogliere questa nuova
sfida - conclude il pastore
Francesco Toppi, presidente delle Assemblee di Dio
e membro del comitato organizzativo - fa parte di
quella testimonianza evangelica che sa cogliere ogni
occasione per dar gloria a
Dio»
Firenze: Giorgio Spini ai giovani diaconi
Ritrovare lo spirito
del Risveglio
_______MARIO ALBEBIONE______
Il 7 novembre a Firenze,
presso il Centro giovanile
protestante, si è aperto l’anno accademico ’93-94 per la
formazione diaconale. Il
pubblico è stato numeroso e
rappresentativo del diversificato mondo evangelico italiano. Ha fatto spicco tra i
numerosi interventi la prolusione del prof Giorgio Spini
sui compiti degli evangelici
in questo momento di particolare e difficile crisi istituzionale in Italia.
L’oratore, dopo aver analizzato criticamente i motivi
profondi che hanno determinato l’attuale crisi, che in
parte sono di natura storica a
causa della necessità da parte
italiana di ricostruire il tessuto economico, sociale e politico dopo lo sfacelo dell’ultima guerra, ne ha individuato
fra le cause prime la forte
identità ideologica messa in
atto dalla Chiesa cattolica,
atta a condizionare le scelte
politiche italiane, e ha rilevato come tali scelte abbiano
spesso coinvolto il protestantesimo italiano, cercando di
snaturarne le radici che risalgono alla Riforma e ai movimenti di risveglio che si realizzarono in Europa e in Italia nel secolo scorso.
Fra i protagonisti di tale risveglio sono in evidenza i
colportori, in particolare vaidesi che, affrontando difficoltà culturali, logistiche e
personali, hanno diffuso in
Italia il messaggio evangelico e la cultura protestante
europea, constatandone i risultati positivi confermati
dalla fondazione di nuove
comunità ecclesiastiche, specialmente nel Centro-Sud.
Il prof Spini ha lamentato
che questo spirito innovatore
di risveglio sia andato via via
esaurendosi e che le chiese
riformate italiane abbiano
nell’ultimo cinquantennio
imboccato la strada delle
opere assistenziali di matrice
cattolica e dell’impegno politico, troppo spesso generico e
acritico, che ha seguito le direttive del cattolicesimo impegnato e del marxismo militante, senza analizzare le
cause profonde del malcostume e dell’inefficienza politica e proporne il superamento.
Pur riconoscendo alcuni
cambiamenti positivi di apertura e di dialogo attuati negli
anni ’60 da parte del cattolicesimo italiano. Spini ha
constatato che tali cambiamenti hanno poco inciso nella realtà italiana e che le
prassi clientelare e mafiosa e
il malcostume hanno dialogato negli ultimi 20 anni. A
fronte di un’analisi teologica
decisamente tradizionale, come quella della «Veritatis
splendor», l’oratore ha esortato, anche in mancanza di
serie prospettive di cambiamento politico in Italia tale
da determinare una collocazione veramente europea, a
tener presente la necessità
improrogabile che gli evangelici italiani annuncino con
forza il messaggio integrale
del Vangelo e la necessità
della metànoia, della conversione personale, che porti al
cambiamento di moralità e di
abitudini degli italiani, per
far sì che ognuno si assuma
le proprie responsabilità sociali e civili in conformità alla volontà di Cristo.
Il relatore ha concluso richiamando i responsabili
delle chiese a riprendere gli
studi biblici in maniera sistematica e capillare e a por
mano agli studi dei teologi di
più grande rilievo, da Barth a
Miegge, Vinay, Subilia, per
poter praticare quanto detto
in precedenza. Non resta che
augurarci che queste raccomandazioni vengano accolte
con la dovuta considerazione
e che gli evangelici italiani si
mobilitino per l’attuazione di
un nuovo risveglio delle coscienze.
L'XI circuito delle chiese valdesi e metodiste riflette sugli aspetti della catechesi
Una proposta: non scuola ma luogo di festa
______FRANCO SOMMAMI_____
Nell’ambito dell’XI circuito da qualche tempo
si sta riflettendo sulla catechesi nei suoi vari aspetti.
Nell’assemblea di circuito di
quest’autunno c’è stato un
ampio scambio di vedute in
particolare sulla scuola domenicale. Tutti erano d’accordo che la scuola domenicale è un’attività essenziale
per la vita della chiesa nel
presente e nel futuro; ma da
tutte le chiese del circuito è
stato lanciato un allarme sullo stato di difficoltà nel quale
le scuole domenicali si trovano. Le ragioni sono diverse e specialmente si diversificano fra le chiese meno numerose e quelle più numerose (che si trovano a Roma).
Le chiese più piccole hanno
soprattutto due ordini di problemi: il primo è quello dello
scarso numero di bambini
spesso molto diversificati
nell’età; il secondo è quello
di reperire monitori che possano svolgere in modo adeguato il loro compito.
Le chiese più numerose
hanno il problema delle grandi distanze, il fatto che molte
famiglie hanno un tenore di
vita medio-alto (seconda casa, settimane bianche, gite
scolastiche ecc.), il problema
che spesso la domenica è
l’unico giorno in cui i genitori possono stare con i figli,
problema aggravato se uno
dei genitori è religiosamente
indifferente per cui una frequentazione della chiesa non
ha senso. Questo è il quadro
che grosso modo è venuto
fuori dagli interventi dell’assemblea: quali sono i rimedi?
Si sono proposte alcune linee di azione. Anzitutto occorre intraprendere un’opera
di responsabilizzazione dei
genitori: in casa si fa poco o
nulla per una formazione
evangelica dei figli e la scuola domenicale non è certo al
primo posto nelle preoccupazioni di molte famiglie. Qui
c’è un grosso e urgente compito per i Consigli di chiesa.
Si dovrebbero intensificare
quei momenti di culto comune fra grandi e piccoli, che
esistono già in molte chiese,
ma si è sottolineato che que
sti momenti debbono essere
accattivanti per i bambini (e
anche per i grandi!) e devono
esse attesi con gioia e vissuti
con entusiasmo.
Ma anche il modo in cui si
svolge la scuola domenicale
va ripensato e rivisto. Dobbiamo tenere presenti le molteplici sollecitazioni che i
bambini di oggi ricevono
dalla televisione, dal cinema,
dalla vita associata che inizia
dalla tenera età dell’asilo nido. Qualcuno ha detto che
dovremmo cercare di fare in
modo che le nostre scuole
domenicali non siano affatto
«scuole», ma piuttosto luoghi di gioia e di festa. È auspicabile che sia possibile
creare momenti di incontro
fra i bambini delle diverse
scuole domenicali in modo
che abbiano la possibilità e
la gioia di ritrovarsi insieme
numerosi.
Al Consiglio di circuito
l’Assemblea ha chiesto: primo, di organizzare un incontro di scuole domenicali nella prossima primavera, a
Ecumene, avvalendosi dell’
esperienza pluriennale della
Chiesa metodista di via XX
Settembre; secondo organizzare, per il prossimo settembre, possibilmente su piano
Bmv, un convegno di formazione per monitori, con alcuni specialisti: sarebbe infatti
molto utile avere delle indicazioni sugli interessi specifici dei bambini nelle diverse
età; sarebbe anche altrettanto
utile conoscere le tecniche
dell’animazione; e ancora, se
riuscissimo a coinvolgere i
genitori, una illustrazione
delle dinamiche che creano i
rapporti fra genitori e figli
nelle diverse età.
PROTESTANTESIMO
INTV
Domenica 19 dicembre
Raidue - ore 23,30
replica
lunedì 27 dicembre
Raidue ore 9
n Messia di Händel
esecuzione di brani musicali
introdotti e commentati da
Gianni Long.
VI circuito delle chiese valdesi e metodiste
Organizzati gli aiuti
per Tex Jugoslavia
Il Centro culturale «Jacopo
Lombardini» di Cinisello Balsamo e il Consiglio del VI circuito delle chiese valdesi e
metodiste hanno inviato una
lettera a tutte le chiese della
zona in cui, richiamandosi
all’articolo 118 dell’ultimo Sinodo (invito alla preghiera e
all’azione di «sostegno materiale e spirituale per tutte le
vittime della violenza») e facendo propria la discussione
dell’Assemblea del VI circuito (9 ottobre), in cui si è concretizzata la sollecitazione da
parte delle comunità di Omegna e Como, informano dell’iniziativa che il Centro Lombardini e il Consiglio di circuito intendono proseguire.
«Il Consiglio del VI circuito
e il Centro culturale Lombardini - dice la lettera - hanno
costituito un polo di coordinamento delle iniziative e delle
attività. È stato attivato a tale
proposito un servizio di segreteria telefonica a cui potersi
rivolgere per qualsiasi esigenza di informazioni, comunicazioni, collegamento con altre
comunità».
L’intenzione è quella di
avere un unico polo (il Lombardini) che coordini le attività esistenti e dia le necessarie informazioni a quelle comunità non ancora impegnate
che volessero adoperarsi nella
raccolta e/o nel recapito di generi di prima necessità da destinarsi alle popolazioni colpite dalla guerra nell’ex Jugoslavia.
I telefoni a cui fare riferimento sono: 02-66010435 e
02-66040826, lunedì 14-17
(Marcella); mercoledì 9,3011,30 (Patrizia) e 18-20 (Laura), giovedì 10-12 (Daniele),
15-17 (Donatella).
Roma: il nuovo linguaggio del catechismo
['«impertinenza
della verità»
MARIA BONAFEDE
Così, «l’impertinenzadella
verità», è stata definita
dal prof. Ermanno Genre,
l’autenticità delle domande e
dei problemi che spesso i ragazzi e le ragazze che frequentano i corsi di catechismo
nelle nostre chiese sollevano
e, potenzialmente, offrono alle
comunità come occasioni preziose di riflessione sulle forme e il linguaggio con cui
esprimiamo il messaggio
evangelico. Accade infatti che
i 14-17enni, non ancora assuefatti al linguaggio biblico e
teologico della chiesa, non
riescano a comprendere contenuti e forme fondamentali per
la nostra vita spirituale. Forse,
come chiese, potremmo da
queir «impertinenza» trarre
vantaggi preziosi in vista della
comunicazione e della testimonianza della «verità» che
fonda la nostra fede.
Questa la stimolante conclusione della relazione di
Genre. Superata l’impostazione classica dei catechismi della Riforma costruiti su domande e risposte e chiarito
che nel catechismo non si può
pensare ai ragazzi come a dei
«contenitori» da riempire di
informazioni e conoscenza, è
emerso un profilo del catechismo come occasione di con
fronto «da fede a fede», in cui
la relazione tra chi «apprende» e chi «insegna» è fondamentale per gli uni e per gli
altri.
Dopo il culto, anch’esso
centrato sulla catechesi e in
particolare sull’affermazione
dell’apostolo Paolo «la fede
viene dall’udire», il convegno
è proseguito nel pomeriggio
con la discussione tra i rappresentanti delle diverse chiese
del circuito. Presenti anche
Caterina Dupré e Marco Gisola, studenti in teologia che
collaborano attivamente in
questo settore, rispettivamente
nella nostra comunità e nella
chiesa di Ferentino. 1 loro interventi hanno sottolineato
l’importanza di non essere soli nella conduzione di un
gruppo proprio perché catechismo e chiesa, insegnamento e predicazione, gruppi di
lavoro e vita comunitaria sono
intimamente collegati.
E emersa anche, in questa
discussione, la necessità di
momenti di formazione per i
catechisti che, al di là della
necessaria competenza biblico-teologica fornita dai pastori, permettano di acquisire
quel minimo di conoscenze
psicologiche e di tecniche
dell’animazione essenziali
nella comunicazione, in particolare con i giovani.
EBRAISMO, CRISTIANESIMO,
ISLAM, LAICITÀ.
DIALOGO O CONFLITTO?
Il mensile delle nuove frontiere:
ecumenismo, dialogo, etica e laicità.
ABBONAMENTI: un anno (11 numeri) lire 50.000 - sostenitore lire
100.000 - una copia lire 6.000.Versamenti sul c.c.p. 61288007
intestato alla coop. Com Nuovi Tempi, via Firenze 38, 00184 Roma tei, 4820503; fax 4827901
Cumulativo Confronti + Riforma:
LI00.000 invece di LI20.000
5
VENERDÌ 17 DICEMBRE 1993
»
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
Il coordinamento evangelistico delle chiese valdesi e metodiste
La vocazione: evangelizzare
_______VALDO BENECCHI_______
Mi auguro che la sigla
«Coordinamento delle
chiese valdesj e metodiste per
l’evangelizzazione» sia ormai
sulla bocca di tutti i lettori
metodisti e valdesi del nostro
settimanale. Non si tratta di
una commissione, ma di un
coordinamento il cui compito
dovrebbe essere, come dice la
parola stessa, quello di coordinare cioè, in pratica, inventariare, selezionare e far circolare il materiale per l’evangelizzazione prodotto dalle
chiese, dai circuiti, dai distretti. Ma per ora non è stato
possibile assolvere pienamente a questo nostro compito
istituzionale. Nel frattempo
abbiamo lavorato come una
commissione producendo del
materiale che abbiamo via via
messo a disposizione delle
chiese.
Schede
Le schede. Questi gli argomenti già affrontati: Una comunità che evangelizza; Parlare della propria fede; Ecco
un’idea; Che cosa credono i
protestanti?; Le divisioni del
mondo protestante; Protestanti e cattolici; I Testimoni di
Geova; L’Antico Testamento;
Che cosa significa tradurre la
Bibbia; Gli apocrifi nel canone dell’Antico Testamento.
Sono in preparazione: I ministeri nella chiesa; La preghiera; Morte e resurrezione. Le
schede sono pensate sia per
l’esterno che per l’interno
delle nostre chiese e sono a
disposizione di coloro che le
richiedono.
Corso per corrispondenza
È in fase avanzata di preparazione il corso biblico per
corrispondenza. 11 primo ciclo sarà composto di 15 lezioni. Nel Sinodo 1992 è stato
distribuito un manifesto centrato su Romani 10, 14. Nel
Sinodo 1993 il manifesto distribuito, questa volta preparato in collaborazione con il
Dipartimento battista di evangelizzazione, era centrato su
Isaia 55, 6. Ambedue i mani
1986: un congresso evangelico a Amsterdam
festi dovrebbero essere stati
affissi nei locali di tutte le nostre chiese.
Ai membri del Sinodo ’93 è
stato inoltre offerto un pacchetto contenente una copia
della Bibbia «missionaria» e
l’opuscolo intitolato «Leggere la Bibbia oggi», uno strumento utile per un corretto
approccio alla Bibbia. Questa
offerta è stata possibile grazie
alla proficua collaborazione
con la Società biblica, i cui
responsabili sono sempre presenti alle riunioni del Coordinamento. Abbiamo già previsto un secondo opuscolo che
nascerà dalla collaborazione
fra il Coordinamento, la Società biblica e il Dipartimento
battista. Il tema centrale sarà;
I diversi generi letterari della
Bibbia.
Convegno
Coordinamento e Dipartimento battista stanno lavorando al progetto di un convegno sull’evangelizzazione da
realizzare nella primavera del
1995. L’iniziativa è volta ad
attuare i contenuti del documento presentato all’Assemblea-Sinodo del 1990: «Proposta per l’evangelizzazione
comune». Ai valdesi e metodisti ci permettiamo di ricordare, a proposito, l’art. 37 del
Sinodo 1993.
Non pensiamo a un convengo sull’evangelizzazione
introdotto da esperti durante
il quale sia possibile discettare su questo tema. La struttura del convegno si articolerà
su questi punti che saranno
Ricordo di un testimone dell'Evangelo
Giorgio Borghese
______ERMINIO PODESTÀ______
Giorgio Borghese non era
evangelico, era un cattolico che per oltre 30 anni ha
prestato un servizio prezioso
e responsabile presso l’Ospedale evangelico internazionale di Genova in qualità di direttore amministrativo e capo
dell’ufficio ragioneria.
Con il suo comportamento
e la sua correttezza è stato di
esempio a tutti noi. Rispettoso delle idee degli altri, competente nella sua materia era,
sempre con molta umiltà, disponibile a elargire consigli,
soprattutto ai giovani.
Infatti nel giorno del suo
funerale, avvenuto venerdì
26 novembre alla presenza di
parenti, amici, colleghi e del
Consiglio di amministrazione
dell’ospedale quasi al completo, la bara è stata portata a
spalle da quattro fra i suoi
giovani, che dovranno essergli sempre riconoscenti per
l’insegnamento e l’esempio
ricevuti. Un suo collega, al
termine della funzione, ha
detto: «Penso che nessuno
possa dire che Giorgio abbia
poi meglio definiti: il punto
sulla situazione delle nostre
chiese battiste, metodiste,
valdesi; le difficoltà e i problemi di una evangelizzazione comune; progetti comuni e
prospettive per il futuro.
Necessariamente il convegno dovrà essere preparato in
modo adeguato intendendo,
per questo, avvalerci dell’essenziale collaborazione dei
circuiti dei distretti per quanto riguarda valdesi e metodisti, e delle associazioni regionali per quanto riguarda i battisti. Questa collaborazione è
essenziale proprio per fare il
punto sulla situazione attraverso un’accurata indagine
sul territorio di propria competenza. A proposito abbiamo
già inviato una lettera e avviato contatti.
Vorremo concludere questa
prima fase di raccolta di
informazioni e di scambio di
idee alla fine del mese di
aprile ’94. Non dubitiamo
della piena collaborazione
dei circuiti, dei distretti, delle
associazioni e delle chiese.
Non si tratta di occuparci di
una delle tante attività delle
nostre chiese: «L’evangelizzazione va intesa come comunicazione del messaggio
centrale del Nuovo Testamento col fine di suscitare la
risposta della fede all’annunzio della grazia» (dal documento dell’Assemblea-Sinodo). Si tratta né più né meno
che della nostra stessa vocazione. Le chiese che non
evangelizzano non hanno ragione di esistere.
Egei del Triveneto
La dipendenza
da sostanze
BARBARA GRILL
Il 27 e 28 novembre, nei locali della Foresteria valdese
di Venezia, si è tenuto l’annuale convegno di apertura
dei vari gruppi Fgei del Triveneto. Il tema proposto alla nostra riflessione è stato la tossicodipendenza, problema sempre di grande attualità, analizzato questa volta in relazione
alla fede e al nostro rapporto
con la società.
Ci siamo chiesti, con l’aiuto
del pastore Castelluccio e del
dottor Morpurgo in quali termini la società, la cultura, la
fede stessa riescono a rispondere alle nostre esigenze. La
nostra attenzione si è spostata
gradualmente al rapporto che
esiste tra fede e tossicodipendenza e emarginazione in genere, e abbiamo osservato che
il legame e il dialogo con Dio,
ormai in crisi, ha portato l’uomo e la donna all’isolamento,
a una rottura con la fede.
Recuperare questo rapporto
a filo diretto con Dio può servire a circoscrivere il male e a
contribuire a un ricupero totale dell’individuo? Nel rispondere a questa domanda abbiamo pensato al nostro concetto
di fede, problematico, che
apre grosse fratture, che mette
ogni cosa in discussione.
Le modalità di ricupero da
una situazione di emarginazione e difficoltà non sono
quindi universalmente valide;
la fede, individuale, che pone
ciascuno di noi in rapporto
personale con Dio, può comunque essere un punto di riferimento, ma non il solo valore con cui confrontarsi. Interessante è stato il confronto
con Patrizia Cristofori, psicoioga della comunità di ricupero «Villa Renata» del Lido di
Venezia.
Si è trattato di uno scambio
di idee e di informazioni che
ha aiutato al superamento di
molti luoghi comuni riguardo
le comunità per ex tossicodipendenti, nel continuare a ritenerle un’ulteriore conferma
della volontà di ghettizzazione
da parte di una società irresponsabile.
fatto del male a qualcuno».
Anche durante la malattia ha
saputo essere dignitoso e discreto. Dalle sue labbra non
sono mai usciti un lamento o
un’espressione di disperazione. Nei giorni che hanno preceduto la sua morte, avvenuta all’età di soli 54 anni, a chi
si recava a fargli visita si dimostrava ottimista anche se
le sofferenze aumentavano
quotidianamente, e diceva:
«Spero di poter tornare presto a lavorare, perché ci sono
molte pratiche importanti da
sbrigare».
Giorgio a lavorare non è
più tornato. Resta il ricordo
di un uomo che per l’Ospedale evangelico internazionale
ha dato il meglio di se stesso.
Chiese di Colleferro e Roma Centocelle
Ricordato Lutero
Il Riformatore Lutero è
stato commemorato dal prof.
Giovanni Gönnet presso la
comunità valdese di Colleferro (con predicazione su
Matteo 18, 1-22) e presso la
chiesa battista di Roma Centocelle nella giornata di domenica 31 ottobre, 476° anniversario delle 95 tesi sulle
indulgenze.
Facendo notare che le tesi
81 e 90 di questo testo del
1517 testimoniano di un Lutero ancora geloso del «prestigio» papale e contemporaneamente preoccupato degli
attacchi dei «laici» (sic),
l’oratore ha ricordato che,
durante la Disputa di Lipsia
del 1519, Lutero viene accusato dal suo massimo con
Sabato 25 dicembre - Raidue - ore 10
Culto di Natale
in eurovisione
in diretta dalla Chiesa valdese di Palermo.
Il culto sarà presieduto dalla pastora Laura Leone; il sermone sarà tenuto dal pastore Giuseppe Platone.
traddittore, Giovanni Eck, di
professare idee già espresse
più di un secolo prima da Jan
Hus. Punto sul vivo, il futuro
riformatore si mise a consultare le opere del boemo, e
scoprì di essere stato hussita
senza saperlo. Scriverà a
Spalatino la famosa frase:
«Siamo tutti bussiti senza saperlo, anche Paolo e Agostino» (cfr. Giovanni Miegge:
Lutero giovane, Torre Pellice, 1946, pp. 291-292).
Ora, nel 1419, Hus non poteva prevedere che la «protesta» da lui iniziata a Praga si
sarebbe poi incontrata con
quella dei valdesi, già presenti da un bel numero di anni in alcuni villaggi della
Boemia meridionale, finendo
per costituire idealmente
quella «internazionale valdohussita» tanto cara a Amedeo
Molnàr (cfr. la sua Storia dei
valdesi/1, Torino, 1974, pp.
159-196). Dunque, se l’apostolo Paolo e Agostino d’Ippona sarebbero stati «bussiti» senza saperlo, a più forte
ragione si potrebbe affibbiare
a Lutero, per somiglianza,
l’epiteto di valdese.
PINEROLO — In uno degli ultimi incontri dell’Unione femminile abbiamo avuto modo di conoscere il lavoro delle società bibliche e allora è nata l’idea di contribuire in qualche
modo alla diffusione della Bibbia nel mondo. Abbiamo letto il programma «Una Bibbia al mese» che vuole offrire un
mezzo regolare e sistematico per condividere le Sacre Scritture con coloro che ne hanno più bisogno; ci siamo impegnate a far conoscere questo programma a tutta la nostra
comunità e collaboreremo, con tutti quelli che lo vorranno,
a inviare ogni mese una cifra perché una Bibbia venga inviata a qualcuno che ancora non la possiede.
• Irene Vinçon e Davide Long hanno festeggiato le loro
nozze d’oro: giungano loro ancora le felicitazioni di tutti.
• In ancor giovane età, dopo una lunga lotta contro un terribile male, ha terminato la sua giornata terrena Sergio Azzario.
A 93 anni, invece, e quasi improvvisamente, ci ha lasciati
Mario Gherardi che poco tempo fa, da Scalenghe, ancora
frequentava i nostri culti domenicali. Con cristiana simpatia
tutta la comunità è vicina alle famiglie in lutto, (v.l.)
MEANA DI SUSA — Lunedì 21 novembre è deceduto il fratello Mario Gherardi, di 93 anni, membro della chiesa battista di Meana, da diverso tempo residente a Scalenghe
presso la figlia Pia Capitanio. Il funerale ha avuto luogo il
25, presso il tempio valdese di Torre Pellice.
SUSA — Venerdì 5 novembre si è svolto il funerale di Luciano Pognante, di 69 anni, simpatizzante della chiesa battista
locale. Ha presieduto il pastore Adriano Dorma. La comunità battista di Susa porge alla famiglia la sua solidarietà
cristiana.
VENARIA — Due funerali hanno avuto luogo recentemente
nella chiesa battista il 19 e il 22 novembre. Il primo del fratello Bruno Ghilardini, assiduo al culto domenicale, che è
mancato improvvisamente il 16. Alla moglie Franca, a cognati, cognate e nipoti va la nostra simpatia cristiana. Il secondo di Gino Finotti, nonno della sorella Rachele Mutti,
deceduto il 20. Le nostre più sentite condoglianze alla moglie Peuma, alle figlie e nipoti e ai parenti della famiglia
Girello.
S. ANTONINO DI SUSA — Venerdì 3 dicembre si sono svolti i funerali del fratello Alberto Brunetto, di 94 anni, abitante a Caprie. Al rito funebre, presieduto dal pastore
Adriano Dorma, hanno partecipato numerose persone, sia
nel tempio battista, sia nel cimitero di Celle. Si rinnovano ai
famigliali del caro Alberto le condoglianze e la partecipazione dell’intera comunità.
VILLAR PELLICE — Siamo grati al pastore Archimede Bertolino per il messaggio che ci ha rivolto nel culto che ha
presieduto.
• Un benvenuto a Manuel, primogenito di Riccardo Davit e
di Nives Geymonat: felicitazioni ai genitori con l’augurio di
ogni bene nel Signore.
• Ci ha lasciati la sorella Anna Roux all’età di 88 anni; ai
familiari rinnoviamo la fraterna solidarietà della chiesa.
ANGROGNA — «J’ai combattu le bon combat, j’ai achevé la
course, j’ai gardé la foi». Queste parole di II Timoteo 4, 7
della sua Bibbia in francese sono state la preghiera con cui
Lidia Balmas ved. Pons si è preparata alla morte che sentiva ormai vicina e che l’ha colta il 28 novembre, all’età di
93 anni.
Noi confidiamo che, continuando nella lettura del testo, «le
Seigneur, le juste juge, lui donnera la couronne de la justice» che verrà a coronare una lunga vita di madre e di sposa
tutta deditai al lavoro nell’onestà e nella semplicità. Nella
certezza della fede siamo vicini con affetto al figlio Armando che l’ha assistita con tanto amore lungo tutti questi ultimi anni.
SAN GERMANO — Venerdì 26 novembre ha compiuto 100
anni Irma Monnet ved. Tron, da tutti conosciuta con il suo
terzo nome, Anna. Per l’occasione un gruppetto di rappresentanti delle attività della chiesa si è recata a casa sua per
un breve culto e per portarle il saluto di tutta la comunità.
Alla nostra sorella, lucida e spiritosa come sempre, sono
pervenute espressioni di simpatia da molte persone e la sua
casa era invasa dai fiori. In questo clima di festa abbiamo
avuto modo di rendere grazie al Signore per i molti doni
che sempre ci concede.
SAN SECONDO — Domenica 28 novembre è stata battezzata la piccola Daniela Mìcci di Enzo e di Ines Martinat; la
benedizione del Signore sia su questa bambina e sulla famiglia.
• Domenica 5 dicembre il culto è stato presieduto dalla sorella Florence Vinti che ringraziamo vivamente.
• Il 22 novembre è stato annunciato l’Evangelo della resurrezione e della speranza in occasione del funerale della sorella Fiorina Romano ved. Rostan, deceduta presso la sua
abitazione dopo lunga malattia.
TORRE PELLICE — È stato celebrato il battesimo di Nicholas Roland: il Signore accompagni questo bimbo nella sua
crescita.
• La comunità è vicina con cristiana simpatia alla famiglia
di Dino Fenouil, che ci ha lasciato.
POMARETTO — Sabato 11 dicembre si sono svolti i funerali
del fratello Roberto Micci, deceduto all’ospedatle di Pomaretto, all’età di 68 anni. È mancata anche Maddalena
Costamagna (Lena) ved. Maurino. La comunità esprime ai
parenti tutti la propria solidarietà.
PRAMOLLO — Sabato 27 novembre abbiamo trascorso
un’interessante serata in compagnia del pastore Giorgio
Tourn, che ci ha parlato in modo semplice e chiaro del nostro passato, e in particolare dell’adesione dei valdesi alla
Riforma protestante e delle vicende che hanno portato a
quell’importante decisione. Lo ringraziamo di cuore e ci auguriamo di poter ancora trascorrere altri momenti insieme.
• Un grazie di cuore a Franco Siciliano, Miriam Vinti e Ennio Sasso per i messaggi che hanno portato nei culti da loro
presieduti.
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 17 DICEMBRE 1993
VERSO IL NATALE - 3
VEGLIARE
ATTENDENDO IL SIGNORE
GIANNI GENRE
..^otto splendido stella>>k3to, veglian quieti quei
pastor...» dice un inno che
veniva cantato nelle nostre
chiese e che ci ricorda una
certa atmosfera natalizia legata alla nostra infanzia.
L’annunzio della nascita di
Gesù, della buona novella
che produrrà grande allegrezza in tutto il popolo, raggiunge effettivamente per primi i
pastori di Betlemme che vegliavano i loro greggi. Sono
loro, fra lo stupore e la paura,
ad udire il canto degli angeli
in quella notte in cui Dio ci
ha rivelato la sua insospettabile identità; sono loro i primi testimoni di quella nascita
che ha dato una prospettiva
nuova all’esistenza di milioni
di persone.
Non ci viene detto nulla di
quei pastori, nulla li caratterizza in modo particolare, se
non il fatto che essi si trovassero semplicemente là, in
quella fredda regione della
vita di ogni giorno. È un verbo che abbiamo estromesso
anche dalle nostre chiese,
perché troppo piccolo, troppo
«debole» rispetto agli altri
verbi che usiamo volentieri
perché considerati verbi «forti»; preferiamo il verbo credere, il verbo amare, soprattutto il verbo agire, in un
mondo in cui conta l’azione,
la velocità, Tefficienza.
L'attesa del Signore
Pensiamo invece che vegliare sia sinonimo di
immobilismo, di impotenza,
di rassegnazione. Le veglie
della sera pochi le ricordano
ancora, sono retaggio di una
cultura contadina ormai
scomparsa. La nostra generazione non ha mai imparato a
vegliare, pensando di avere
già capito tutto per potere
agire, per poter affrontare la
fatica della vita. Vegliare, se
qualcuno lo facesse aneora,
non è altro che una perdita di
«Or in quella medesima contrada v’eran dei pastori che stavano nei campi e facevano di notte la
guardia al loro gregge. E un angelo del Signore si
presentò ad essi e la gloria del Signore risplendé intorno a loro, e temettero di gran timore. E l’angelo
disse loro: Non temete, perché ecco, vi reco il buon
annunzio di una grande allegrezza che tutto il popolo
avrà: Oggi, nella città di Davide, v’è nato un salvatore, che è Cristo, il Signore».
(Luca 2, 8-11)
«Allora Gesù venne con loro in un podere detto
Getsemani, e disse ai discepoli: Sedete qui finché io
sia andato là ed abbia orato. E presi seco Pietro e i
due figliuoli di Zebedeo, cominciò ad esser contristato ed angosciato. Allora disse loro: L’anima mia è oppressa da tristezza mortale; rimanete qui e vegliate
meco. E andato un poco innanzi, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non
come voglio io, ma come tu vuoi. Poi venne ai discepoli, e li trovò che dormivano, e disse a Pietro: Così,
non siete stati capaci di vegliar meco un’ora sola? Vegliate ed orate, affinché non cadiate in tentazione;
ben è lo spirito pronto, ma la carne è debole».
(Matteo 26, 36-41)
Palestina. E che stessero vegliando. Il grido di gioia della
notte di Natale, potremmo dire, raggiunge per prime le persone che non dormono, ma
vegliano.
Gesù nel Getsemani
Al termine della vicenda
terrena di Gesù, nell’
amaro episodio del Getsemani, il Maestro chiede ai tre discepoli che ha voluto con sé
semplicemente di vegliare.
Lo chiede per tre volte di seguito, con un’insistenza che
non può non essere rilevata.
All’inizio e alla fine dell’
Evangelo troviamo dunque
delle persone che vegliano;
c’è come un invito a vegliare
per poter cogliere e accogliere la Parola di un Dio che si
fa dono.
Oggi, il verbo vegliare non
va più di moda. È un verbo
su cui nessuno più riflette, un
verbo accantonato nel ricordo di qualche parabola ascoltata da bambini alla scuola
domenicale. È un verbo che
non ritorna nei quotidiani o
nei mass media che ci prestano la loro terminologia per la
tempo. Così, quasi mai facciamo i conti con l’invito di
Gesù che chiede a più riprese
a chi vuole diventare suo discepolo di imparare a vegliare. Cantiamo «Veglia al mattin, la sera veglia ancora...»,
il bell’inno con la melodia di
Sibelius, e forse mai come in
questa occasione riflettiamo
così poco su ciò che stiamo
cantando. D’altra parte, perché si dovrebbe vegliare?
Perché l’Avvento è un tempo
particolarmente favorevole
per riprendere a vegliare?
Anzitutto, perché vegliare
significa attendere. È proprio
questo il verbo dell’Avvento,
dell’attesa del Signore. Noi
aspettiamo un Signore che è
già nato, ma che ancora deve
nascere dentro di noi (Calati
4, 19), per potere comprendere il senso del Natale. Noi
aspettiamo un Signore che è
già venuto, ma che ancora
deve ritornare. Certo, oggi
può far sorridere parlare di
ritorno del Signore, dopo così lungo tempo, dopo questo
ritardo incomprensibile che
abbiamo peraltro colmato
senza problemi. In fin dei
conti, Dostoevskij lo racconta
in maniera insuperabile nella
«Leggenda del santo inquisitore», la chiesa ha da tempo
preso il posto del Grande Ritardatario; lo ha sostituito
nella fede dei poveri e nella
coscienza dei suoi contemporanei. La parabola del servitore malvagio è stata da lungo tempo rimossa dagli altari
e dai pulpiti di ogni tipo. Forse per questo nessuno di noi
sa oggi dare contenuto al termine vegliare: perché la chiesa stessa, che avrebbe dovuto
essere il luogo dei discepoli
che vegliano, non ha saputo
mantenere viva l’attesa.
Eppure Gesù ci avvisa a
più riprese che chi non sa attendere, diventa idolatra. Lo
aveva capito anche l’antico
popolo di Israele, dopo l’episodio del vitello d’oro. Dovremmo ricordarcelo con
maggiore preoccupazione in
ogni tempo, soprattutto noi
protestanti che ci richiamiamo ad una Riforma che ha
preteso di esprimere anzitutto
ia protesta di Dio nei confronti di qualsiasi tentativo di
surroga.
Vegliare, cioè attendere il
Signore senza pretendere di
possederlo e di gestirlo. Attendere, cioè cercare di capire prima di agire, riflettere
prima di giudicare, ricevere
prima di pensare di potere
dare. In secondo luogo vegliare può significare essere
presenti con Gesù chiede ai
suoi - e a noi - di imparare a
stare con lui, a Betlemme e
nel nostro Getsemani quotidiano.
Gesù non ha chiesto ai pastori di mettere sottosopra il
mondo per l’annuncio della
sua nascita, non ha chiesto ai
suoi discepoli di prepararsi a
respingere i soldati che stanno per venire a prenderlo. Ha
chiesto loro di essere presenti, e vigili.
Essere presenti
Certo, ci può sembrare
poco essere presenti,
stare con; eppure l’Evangelo
ci dice che è la cosa più difficile. Anche i discepoli non ci
sono riusciti forse perché, come noi, avrebbero voluto capovolgere le cose, rovesciare
la situazione. È più gratificante e più facile partecipare
alla trasformazione o alla costruzione di qualcosa che non
semplicemente, magari in silenzio, trasmettere il calore
di una presenza, l’intensità di
una condivisione.
Quante volte, in quante situazioni, come pastori o come semplici amici abbiamo
dovuto sperimentare la difficoltà e l’imbarazzo della
semplice presenza, attorno al
letto di un malato terminale
o nella sofferenza di chi ci
racconta l’impossibilità di
dare un senso alla propria
esistenza, di chi ci comunica
la propria rabbia per l’ingiustizia della vita. Allora, ci
siamo resi conto di quanto
sia difficile essere soltanto
presenti, nella disponibilità
all’ascolto e alla solidarietà
silenziosa.
Gesù, nel chiederci di imparare a vegliare, sa che alcune situazioni non possono
essere cambiate, non possono essere trasformate. Lui
stesso ha rifiutato di mostrare, a chi glielo chiedeva, un
Dio con la bacchetta in mano, in grado di far girare il
mondo al contrario. O, forse,
sapeva che la vera possibilità
Georges de La Tour; «Saint Joseph menuisier», Museo dei Louvre, Parigi
di eambiamento sta nel vegliare, nell’essere accanto
all’altro, con l’intensità di
uno sguardo o nella comunicazione di una carezza. Mai
come oggi, probabilmente,
sono state così tante le persone che non aspettano una rivoluzione nella loro vita ma
chiedono solo un gesto di
presenza, di non abbandono,
di tenerezza.
Infine, vegliare significa
imparare a resistere, a perseverare, a tenere duro. Gesù
non lascia dubbi a questo
proposito: diventare cristiano
significa imparare a resistere,
accettare il peso di un lungo,
interminabile tirocinio alla
resistenza. Resistere ad ogni
forma di rassegnazione, in
ogni ambito della vita, nella
politica come nel lavoro, nella speranza come nella fede.
Resistere
Imparare a resistere alla
rassegnazione anche rispetto a noi stessi, alla nostra
inconcludenza, al senso sottile di inutilità che aggredisce
ogni iniziativa, che mina
ogni entusiasmo, che frustra
ogni progetto. Chi veglia con
Gesù può tenere duro, anche
in questo tempo della morte
di ogni ideale, anche in que
sto periodo che ci porta verso un Natale carico di interrogativi e di incertezza per
molti nostri compagni e
compagne di cammino e di
speranza.
Solo alla fine del percorso
e della lotta della nostra vita
terrena, sarà possibile affidare, come ha fatto Gesù, a Dio
il peso di ogni preoccupazione, di ogni pensiero. Nell’attesa fiduciosa, propria solo
di chi sa vegliare, di una
nuova, sorprendente dimensione, che sorpassa ogni immaginazione: la dimensione
della Risurrezione inaugurata
da Gesù.
/era
Signore Gesù CristOi
a noi piace sorvegliare e ci piace
abbandonare,
ma non sappiamo vegliare,
come non hanno saputo vegliare
i tuoi discepoli
nella riotte del Getsemani,
quando era ormai passato il tempo
di parlare e di agire,
quando non era ancora venuto il tempo
di lottare e di resistere,
quando bisognava semplicemente
vegliare con te
senza addormentarsi.
Insegnaci a vegliare con i bambini,
che hanno un mondo tutto loro
e ci sconcertano per la magia
della loro fiducia
e per l’assolutezza dei loro entusiasmi.
Insegnaci a vegliare con gli adolescenti,
che vivono i palpiti della loro voglia
di indipendenza
e la vulnerabilità dei laro progetti.
Insegnaci a vegliare con gli adulti,
che si lasciano assorbire dal loro lavoro
e si irrigidiscono nei loro schérni.
Insegnaci a vegliare con i vecchi,
che si aggrappano alla vita
e si abbandonano alla nume.
Insegnaci a vegliare con il mondo,
che si esalta per le sue scoperte
e si rabbuia per i suoi orrori.
Insegnati a vegliare Con la chiesa
che si rallegra della vivacità
della tua Parola
e si rattrista per essere una realtà
di così debole apparenza.
Insegnaci a vegliare nella perseveranza
che nessuna abitudine può attenuare,
ma che si rafforza attraverso la gioia muta della fedeltà.
Insegnaci a vegliare nella saldezza di una convinzione che non esige alcuna dimostrazione
supplementare. Insegnaci a vegliare senza paura,
poiché nessun malinteso può venire a turbare
la parola data, la mano stretta,
il cuore offerto, il corpo tranquillo.
Insegnaci a vegliare adesso,
poiché ieri eravamo insieme
e domani lo saremo ancora,
anche se oggi devo vivere il silenzio,
la distanza, l’isolamento e l’incertezza,
che sono peraltro i segni
delta nostra libertà
fino al cuore stesso dell’amore.
Veglia dunque su di noi,
tu che non sei un maestro di scuola,
né un poliziotto, né un pedagogo,
né un contabile,
ma semplicemente un pastore,
che sorveglia il suo gregge
in movimento.
André Dumas
7
Six'di/jono in ahb iioì.! Gr II A/70
In fasci di mancato rocapilo risjxxlire a:
CASEU-A POSTAI.!; l()Ob(>
TORRE PELl.ICK
Fondato nel 1848
E
Delle %lli %ldesi
VENERDÌ 17 DICEMBRE 1993
ANNO 129 - N. 48
URE 1300
Quasi mille bambini utilizzano ogni giorno le mense scolastiche nel Pinerolese
Che cosa hai mangiato oggi a scuola?
CABMELINA MAURIZIO
Sono mediamente quasi un
migliaio i bambini e i ragazzi tra i tre e i quattordici
anni che ogni giorno consumano il pranzo presso le
varie mense scolastiche presenti in tutte le scuole
delTobbligo delle valli
Pellice, Chisone e Germanasca. Abbiamo cercato di
capire come cosa mangiano e
quali sono i costi di questo
servizio. Va innanzitutto
detto che i principali utenti
della mensa scolastica sono i
bambini delle scuole elementari a tempo pieno, che usufruiscono del pasto per cinque giorni a settimana, mentre i ragazzi delle medie che
frequentano il tempo prolungato si fermano solitamenteper i pranzo solo per tre giorni a settimana.
In generale, raccogliendo i
dati sulle mense scolastiche di
questo territorio, emergono
alcune caratteristiche comuni;
per esempio i costi non differiscono in maniera sensibile
da una zona all’altra: infatti il
prezzo medio di un buono
mensa per le elementari si
aggira intorno alle 4.000 lire,
scende un po’ per le materne
(in media LsOO lire) ed è di
circa 4.500 per le medie. Il
prezzo è stabilito dai Comuni
e quindi ciascuna amministrazione comunale si regola
diversamente: per esempio in
alcuni casi vi sono delle riduzioni in base al reddito familiare (fino alle esenzioni totali), in altri vi è la possibilità di
un costo ridotto per fratelli e
sorelle che frequentano la
stessa scuola; altrove invece il
prezzo è uguale per tutti. Di
solito il pasto è preparato da
personale dipendente del Comune o dalle ditte appaltatrici. Il costo per i Comuni si
aggira mediamente sulle
8.000 lire per pasto. La preparazione dei piatti avviene
presso le cucine, quasi sempre
situate aH’interno della scuola, o comunque viene portato
caldo in appositi contenitori
termici (è questo, per esempio, il caso delle scuole
dell’obbligo di Luserna San
Giovanni o quello delle medie
e delle elementari di Perosa
Argentina) quando viene preparato altrove.
Siamo poi andati a vedere
cosa mangiano bambini e ragazzi, tenendo conto sia dei
vari menu sia delle informazioni che ci sono state fornite dai responsabili dei servizi scolastici. In linea di massima il menu varia ogni settimana nell’arco del mese e si
ripete poi a partire dalla prima
settimana di quello successivo. La rotazione su quattro
settimane è praticamente
adottata ovunque nelle scuole
dell’obbligo di queste valli e
si ispira al concetto di base di
fornire un’alimentazione varia
ed equilibrata. 11 pasto di solito è composto da un primo
piatto (risotto, minestra, pasta
rossa 0 in bianco, gnocchi,
pasta e legumi), da un secondo (carne in media due volte
la settimana, pesce una o due
volte, uova o frittata una
volta, poco usati gli affettati e
i formaggi che si trovano
combinati con pasta o altro).
un contorno (verdura di stagione, insalate) seguiti infine
da frutta fresca e una volta il
mese dal dessert budino.
«Le abitudini alimentari spiega Maura Bertin, puericultrice, responsabile nell’
ambito della Comunità montana della Ussl 42 dell’educazione alimentare insieme al
dott. Pratesi - si creano
nell’infanzia, crearle bene
significa assicurare una
buona qualità della vita.
Proprio per questo da circa
15 anni oltre ai corsi teoricopratici per operatori e insegnanti cerchiamo anche di
promuovere un’alimentazione corretta ed equilibrata pro
prio a scuola». Nel corso di
quest’anno, l’Ussl 42 ha anche avviato una revisione dei
menu settimanali attraverso
l’uso di pannelli che mettono
in evidenza i vari componenti
alimentari per ciascun pasto
al fine di ottenere un pranzo
equilibrato.
Per completare l’indagine,
abbiamo cercato infine di
sapere che cosa ne pensano i
diretti interessati e le famiglie. Tra l’altro, proprio in
questi giorni si è svolto a
Luserna San Giovanni un
incontro tra le famiglie e i responsabili del servizio mensa.
In quella sede, ma anche
chiedendo in giro, è emerso
che in generale le famiglie
lamentano la presenza di cibi
non sempre graditi ai bambini
e ai ragazzi (il pesce è per
esempio tra i meno apprezzati) e si interrogano sull’effettiva genuinità dei prodotti
usati, oltre al fatto che spesso
viene criticata o la cottura
(cibi troppo asciutti, scotti) e
talvolta anche i condimenti.
Da parte degli operatori la
risposta è stata che la tendenza è quella di scegliere prodotti freschi, di provenienza
controllata e preferibilmente
biologici, con particolare
interesse per le produzioni
locali.
A colloquio con una pastora valdese e il vescovo di Pinerolo
La donazione di organi e i limiti
della pratica scientifica
________DAVIDE BOSSO_______
Paralisi dell’attività di trapianto alle Molinette per
mancanza di donazioni.
Medici che ricorrono, per il
trapianto di fegato e reni, a
una donatrice di 62 anni.
Sospetto di espianti non autorizzati. Ma come si pone la
gente di fronte alla donazione? Difficile a dirsi. Noi abbiamo provato a chiedere a
due persone di fede, la pastora Erika Tomassone e il
vescovo di Pinerolo Pietro
Giachetti, la loro posizione
sulla donazione.
Il vescovo di Pinerolo vede
la problematica dei trapianti
nella prospettiva della solidarietà «in forza della quale ci
si sente legati l’uno al bene
deH’altro. Se si può essere di
aiuto all’altro, perché non
farlo? Deve restare tuttavia
nell’ambito della donazione,
della gratuità e valuto come
immorale ogni forma di
commercializzazione. La
scuola e le altre istituzioni
educative (chiesa, famiglia)
devono formare alla solidarietà. Bisogna far capire alla
gente che donare organi è un
mezzo di solidarietà. L’espianto va fatto con il consenso esplicito del donatore
o dei parenti; la legge non
può, come vorrebbero alcuni,
presumere il consenso; sarebbe un atto della società e
non del soggetto. Ritengo
inoltre che la donazione sia
lecita a due condizioni:
l’accertamento della morte
del donatore (morte clinica)
e una sincera speranza di riuscita e quindi un effettivi
vantaggio per il ricevente
l’organo».
La pastora Tomassone,
sensibile al problema della
donazione di organi, sottolinea però un problema più generale non solo relativo alla
donazione ma anche alla
scienza nel suo complesso, il
problema del limite umano.
«Io ho sempre percepito dalla
Bibbia che c’è una consapevolezza della propria limitatezza come esseri umani;
mi spaventa l’idea della perdita del limite, cioè il fatto
che si consideri il corpo
umano come una macchina
in cui si possono sostituire
dei pezzi e questo può creare
anche un’idea illusoria di
onnipotenza; i limiti con il
trapianto si spostano ma
rimangono pur sempre vivi e
quindi mi piacerebbe che una
riflessione sulla donazione
degli organi fosse affiancata
alla meditazione su fino a che
punto è giusto dare l’impressione che ogni cosa è sostituibile e fino a che punto
ancora oggi impariamo a fare
i conti con i limiti che abbiamo».
Abbiamo anche chiesto al
vescovo di Pinerolo se secondo lui esiste in alcuni una
sorta di paura nel donare gli
organi. «Ho l’impressione
che ci sia la paura che con la
donazione si venga a profanare un cadavere, ma questo
non è vero perché esso non
solo non viene profanato ma
viene utilizzato per il bene di
un altro. Il credente sa che il
cadavere di una persona
diventa polvere e per chi
crede il corpo morto risorgerà. Il credente sa che il corruttibile si trasformerà in
corpo spirituale e che su questa terra la storia unica
dell’individuo finisce nel
momento della morte».
«Può capitare - dice la
pastora Erika Tomassone che un pastore debba seguire
un caso in cui la famiglia
deve decidere se donare gli
organi di un proprio familiare
e allora penso che per il
pastore questa decisione
dovrebbe essere per certi
versi incoraggiata dal punto
di vista non egoistico; soprattutto dovrebbe esserci un
accompagnamento nei dubbi,
nelle incertezze e bisognerebbe poter aiutare anche di
fronte alle pressioni che possono esser fatte. I pastori
dovrebbero essere estremamente informati ma anche
attenti a tutto il lavoro pastorale nei confronti delle persone coinvolte che rimangono».
PROGEni DI SVILUPPO
L'EUROPA E
LA CULTURA
PIERVALDO ROSTAN
Ancora una volta il
Consiglio della Comunità montana vai Pellice si è
riunito per parlare di viabilità. Questa volta il dibattito
è stato assai tranquillo rispetto a precedenti occasioni, per
certi versi quasi inutile. Ne è
uscito un documento onnicomprensivo in cui ciascuno
può trovare qualcosa in cui
riconoscersi, chi vorrebbe un
asse di valle che liberi i paesi
dal traffico, chi vorrebbe un
prolungamento e un potenziamento della ferrovia, chi
vorrebbe l’autostrada. Forse
alla base di questa apparente
tranquillità sta formai raggiunta consapevolezza che
non ci sono fondi né per le
strade né per le ferrovie e
che dunque tutto, o quasi,
resterà come prima.
La Comunità montana
interviene dunque per chiedere collegamenti, per uscire
dall’isolamento; si chiede
l’autostrada fino a Pinerolo,
una strada pedemontana
verso il Cuneese, svincoli per
la valle. Poi si affronta lo
storico collegamento del
Colle della Croce (senza
autostrada, dicono i più,
forse ferroviario, chiedono
Lega Nord e maggioranza
consiliare).
Alla base di questa voglia
di strade c’è, come già detto,
il timore dell’isolamento e la
voglia di «aprirsi all’Europa»; in più si dice di voler
migliorare i collegamenti per
rilanciare l’economia. Su
questo secondo aspetto sono
state dette molte cose ma mai
troppo convincenti: se è vero
che un effettivo potenziamento della ferrovia potrebbe rendere più vicina l’area
industriale della valle a
Luserna, renderla più sicura
e dunque anche più «europea», per il resto illudersi
che l’economia si faccia solo
con le strade potrebbe essere
fatale. O si costruisce una
imprenditorialità o si finirà
inevitabilmente in un ruolo
di subalternità, non più
nell’industria più o meno
grande, o nella miniera, ma
nel terziario e nel turismo.
E allora viene da chiedersi
come mai non si sia fin qui
dedicato praticamente alcuno
spazio alla riflessione sulla
cultura, al di là del «come
eravamo» o di alcune iniziative che vengono recepite
come piccoli salotti di élite
bensì sulla formazione, sulla
riqualificazione.
L’Europa si avvicina non
tanto su una superstrada ma
uscendo da un tunnel di
descolarizzazione che se ha
radici lontane, nella cultura
del posto in fabbrica sicuro,
sta registrando pericolose
involuzioni. Non si sono
sapute nemmeno cogliere le
opportunità di lavoro a livello dirigenziale che le valli
offrono: a puro titolo di
esempio basti ricordare che
pochi dei responsabili di settore nelle Ussl sono provenienti dal territorio oppure
come la vai Germanasca non
abbia saputo partorire un
ingegnere minerario pur
avendo una lunga tradizione
nel settore.
Non sarebbe preferibile
che i nostri enti locali aprissero un dibattito sulla cultura
e sulla non cultura, che si
muovessero per riqualificare
una manodopera che rischia
ogni giorno di trovarsi spiazzata, vecchia e senza lavoro
che provassero a discutere
con i cittadini i «piani di sviluppo» su cui si chiedono
finanziamenti della Comunità europea che, al limite,
volessero approvare ordini
del giorno a sostegno di una
sede universitaria distaccata
nel Pinerolese?
A quando una nuova maggioranza?
Crisi alla Regione
Non ci sono ancora novità
per una ricomposizione della
crisi della giunta regionale,
successiva alle dimissioni
rassegnate dal presidente
Gian Paolo Brizio a fine ottobre. Il Consiglio svoltosi il 7
dicembre ha fatto registrare
pochissimi interventi, che
hanno ribadito posizioni già
note. Esponenti del Msi
hanno fatto rilevare che mentre lo scenario politico cambia, con la creazione di un
polo di sinistra e uno di centro-destra, in Regione «il cartello delle sinistre tenta un
accordo con le ceneri del pentapartito»; Pino Chiezzi (Rifondazione comunista) ha
sollecitato i gruppi, e in particolare la Democrazia cristiana, partito di maggioranza
relativa, a «esprimersi pubbli
camente», aggiungendo che
«è negativo trovarsi a questo
punto dopo tanto tempo; i cittadini non possono più aspettare. Le forze politiche - ha
concluso Chiezzi - si pronuncino chiaramente sui documenti presentati».
Il socialista Rossa ha annunciato che il suo gruppo
assume ore la denominazione
di «Gruppo regionale laburista Psi»e ha sottolineato «la
necessità di proseguire un
percorso politico che abbia
come obiettivo la volontà di
aggregare le forze di sinistra,
cattoliche, laiche e laburiste
per una giunta di progres.so».
Dopo il Consiglio è stata promossa una riunione delle
forze disponibili a cercare
una nuova maggioranza per il
governo del Piemonte.
8
PAG. Il
Lo stabilimento della Tecnomaiera
Cronache
ANCORA UNA SETTIMANA DI CASSA INTEGRAZIONE — Per i dipendenti della Maiera marmi di Inverso rinasca c’è ancora una settimana di cassa integrazione; nel frattempo si aspettano notizie dalle trattative ancora in corso. In
settimana ai dipendenti è stato dato un primo acconto dopo
che da settembre tutti erano senza stipendio.
UN PARCHEGGIO SULL’EX CIMITERO — Sorgerà
sull’area dell’ex cimitero cattolico al Clot di Inverso Rinasca
un nuovo parcheggio pubblico; lo ha deciso l’ultimo Consiglio comunale. I lavori, finanziati con fondi attinti dal bilancio comunale, cioè senza mutui specifici, avranno inizio in
primavera e, una volta ultimati, consentiranno di usufruire
di una ventina di nuovi posti auto.
70 MILIONI PER LA PISCINA DI LUSERNA — La Provincia di Torino ha deliberato di assegnare al Comune di
Lusema 70 milioni per le spese straordinarie di manutenzione della piseina. Con questo si chiude una lunga vertenza tesa ad avere un maggior contributo sulla gestione rispetto
all’attuale 25% che invece è rimasto invariato. I lavori dovrebbero servire a razionalizzare e rendere più funzionale
rimpianto della vai Pellice.
FONAZIONE PER MAESTRI DI SCI — Il prossimo anno
si svolgeranno corsi di formazione professionale per maestri
di sci nelle discipline alpine e nel fondo. Ai corsi possono
accedere giovani che abbiano frequentato le scuole dell’obbligo e compiuto i 18 anni di età. È prevista una prova attitudinale pratica selettiva per la quale occorre effettuare un
versamento di 50 mila lire sul c/c postale n. 17580101 intestato al Formont. La seadenza per la presentazione delle domande è fissata al 25 febbraio ’94. Per ulteriori informazioni
e iscrizioni occorre rivolgersi all’Apt pinerolese in via San
Giuseppe 39, a Pinerolo.
I BAMBINI A SCUOLA DI POLITICA — 1 bambini della
scuola elementare di Bobbio Pellice hanno visitato il Comune aceompagnati da una maestra; dopo aver chiesto notizie
sul funzionamento degli uffici, dei computer e degli altri accessori, i bambini della quarta e della quinta hanno rivolto
alcune domande al sindaco. Dimostrando un certo interesse
per argomenti importanti quali la nuova legge elettorale e il
funzionamento degli organismi comunali; quando è stato loro chiesto cosa manchi a Bobbio hanno manifestato il desiderio di poter usufruire di maggiori infrastrutture sportive.
GIORNATA PER L’EX JUGOSLAVIA — Anche l’amministrazione comunale di Pinerolo ha deciso di aderire all’iniziativa lanciata dal Consiglio d’Europa partecipando a una
giornata di mobilitazione a favore delle popolazioni dell’ex
Jugoslavia. L’appuntamento è per sabato 18 dicembre, dalle
9 alle 12 e dalle 15 alle 18 presso il municipio di Pinerolo.
Saranno raccolte firme a sostegno di una petizione per fermare la guerra; alla giornata di mobilitazione parteciperanno
le organizzazioni cittadine che svolgono programmi di aiuti
ai popoli dell’ex Jugoslavia, per raccogliere fondi e illustrare le modalità dei loro interventi.
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bomo
dì tesi & delmastro
via trieste 24, tei. 0121/ 793117
pinerolo (to)
E Eco Delle AAlli "^ldesi
Comunità montana vai Pellice
I numerosi problemi
legati alla viabilità
VENERDÌ 17 DICEMBRE I993
MARCO ROSTAN
Nonostante il fatto che di
viabilità per la vai Pellice si discuta ormai da lungo
tempo, per chi avesse assistito
al Consiglio della Comunità
montana di lunedì 29 novembre non sarebbe stato facile
farsi un’idea esatta della volontà degli amministratori locali e soprattutto dell’esistenza o meno di risorse e per
che cosa. Cerchiamo di indicare in sintesi i punti sui quali
sembra comunque esserci un
consenso.
Il collegamento autostradale fra Pinerolo e Torino: ci si
è ovviamente pronunciati per
il suo completamento in tempi brevi, ma il De Bonansea
ha avvertito che potrebbe non
essere pronto per i mondiali
del 1997 e che, se si procederà con leggi ordinarie, bisognerà aspettare le necessarie
varianti di piano regolatore
nei Comuni di Airasca e Scalenghe. Odetto ha insistito
perché ci sia il pedaggio con
barriera ad Airasca, perché la
gente preferisce pagare ma
avere un collegamento efficiente.
Da Pinerolo a Bobbio: nella
mozione approvata e presentata dalla maggioranza si
chiede un intervento risolutorio della Provincia, che tenga conto della necessità di eliminare l’attuale eccesso di
traffico e di pericolo, di venire incontro alle esigenze commerciali e artigianali, di favorire il turismo senza compromettere l’ambiente. La discussione ha sottolineato che
si tratterebbe di realizzare un
collegamento con superstrada
fino al ponte di Bibiana.
Odetto ha illustrato come il
probabile tracciato autostradale, per superare il dislivello
dal ponte di Bibiana a Villanova, dovrebbe correre non
lungo il Pellice ma sul versante di Lusemetta, in pratica
scavalcando, con tratti di galleria, i Comuni di Luserna,
Torre e Villar.
Collegamento con il Queyras: la mozione della maggioranza ha subordinato questo punto alla redazione del
piano di sviluppo transfrontaliero vai Pellice-Queyras, finanziato dalla Cee. Se tale
piano, con tutti i necessari
studi di fattibilità, impatto
ambientale, ricaduta socioeconomica, richiederà la realizzazione di un tunnel sopra
Villanova, si chiede se tale
galleria abbia valenza solamente turistica, con traffico
leggero e/o ferroviario. Sull’ipotesi del traforo esclusivamente ferroviario ha insistito
molto Hertel, consigliere della Lega, e si è opposto Charbonnier, sindaco di Bobbio
Pellice.
Molti infine gli interventi a
favore della realizzazione di
una tangenziale fra Bricherasio e Barge sul sedime dell’attuale linea ferroviaria abbandonata (Bibiana ha già deciso
che, salvo fatti nuovi, entro il
31 agosto del ’94 chiuderà le
sue strade al traffico dei pesanti camion provenienti dalle
cave di pietra) e per collegare
Pinerolo alla ipotetica autostrada pedemontana che attraverso Saluzzo e Cuneo dovrebbe essere un’alternativa
alla direttrice Torino-Asti.
Oltre che di strade, il Consiglio si è occupato di scuole,
prendendo posizione contro le
misure adottate dal Provveditorato per la soppressione
di alcune scuole elementari
montane, ribadendo l’importanza di questo servizio e la
difficoltà per i nostri Comuni
di realizzare servizi di trasporto a valle degli allievi, oltre che la sua insensatezza socio-culturale.
Consiglio comunale a Torre Pellice
Alcune Interpellanze
fanno discutere
Sono state interrogazioni e
interpellanze a dare un po’ di
pepe al Consiglio comunale di
Torre Pellice martedì 30 novembre; la Lega Nord ne aveva presentate due inerenti la
sospensione dei lavori nel
cantiere della zona di recupero edilizio del S. Marco avvenuta alcune settimane or sono,
e una sulla querelle sorta in
Comunità montana sul palazzo del ghiaccio.
Il sindaco ha illustrato la situazione venutasi a creare dopo che un muro, che secondo
ie indicazioni regionali doveva essere salvaguardato, era
crollato durante operazioni di
demolizione di altre parti della casa. Il cantiere era stato
fermato e posto sotto sequestro; ora i lavori sono ripresi
in attesa delle indicazioni della Regione sulla parte che andava tutelata. Sull’areasi ricaveranno alloggi e negozi.
Per quanto riguarda il palazzo del ghiaccio una analoga
interpellanza era stata presentata in Comunità montana dallo stesso consigliere Hertel
ma la sera precedente, durante
il Consiglio, la presidenza
aveva scelto di non portarla in
discussione suscitando il disappunto dell’interpellante,
che ha avuto ovvie ripercussioni durante la discussione
nel Consiglio di Torre Pellice.
Il fatto su cui si è soffermata la minoranza riguarda una
diehiarazione fatta dal consigliere De Pollo secondo cui lo
stesso presidente, Cotta Morandini, avrebbe affermato
che la direzione lavori al palaghiaccio sarebbe stata affidata
in base a criteri clientelari. Di
chi? Quando? Pollo non lo
disse e Cotta Morandini si affrettò a smentire. Lo stesso
Pollo ha con una successiva
lettera ritrattato o smentito le
sue affermazioni, tuttavia
registrate nel Consiglio della
Comunità montana. La vicenda ha comunque gettato altro
veleno sulla ristrutturazione
del palazzo del ghiaccio.
Un’altra interpellanza, questa volta della consigliera di
maggioranza Mirella Antonione, poneva l’accento su alcuni
problemi inerenti il settore
cultura: la biblioteca e il Museo della bambola. Per la prima si sta cercando una sede
all’interno del palazzo comunale, fruibile dalla popolazione, e nello stesso tempo si auspica che una rapida riapertura possa rappresentare un ulteriore stimolo alla promozione
di dibattiti e incontri sul libro.
II Museo della bambola, collezione privata di Guido e Samy
Odin, com’è noto, traslocherà
in buona parte a Parigi a partire dal prossimo anno; le bambole restanti difficilmente rimarranno in valle ma probabilmente a Torino.
Poco da segnalare sugli altri
punti in esame: un certo dibattito è nato in Consiglio sulla
decisione, poi votata a maggioranza, di sostenere la proposta di legge di iniziativa popolare sugli asili nido. Al di là
del fatto che la fine anticipata
della legislatura potrebbe azzerare il tutto, il testo proposto al Parlamento individua il
nido non più come un servizio
assistenziale ma come l’inizio
di un percorso educativo a cui
ogni bambino ha diritto e si
chiede pertanto che le competenze del settore vengano affidate al ministero dell’Istruzione. In chiusura di Consiglio la
capogruppo Psi, Mirella Antonione ha comunicato la fine
del gruppo in Comune, come
già era avvenuto da alcune
settimane in Comunità montana, per dar vita al gruppo Movimento socialista vai Pellice;
una presa di distanza dal Psi
delle tangenti, opportuna ma
almeno tardiva.
Mieloso
solidarismo
Strane cose succedono a
Torre Pellice: direttore di una
scuola, sindaco e Ussl passano sei mesi a farsi la guerra
con tanto di giornalisti e radio tv al seguito, e quando si
trovano (e non è mai troppo
tardi) uno di fronte all’altro
in una pubblica assemblea
scoprono di essere perfettamente d’accordo; si ringraziano, si complimentano a vicenda e, anziché scusarsi col
pubblico presente, concludono la serata con edificanti
appelli alla solidarietà (e non
tra di loro, il che aiuterebbe a
capire la situazione, ma con,
verso i «più deboli»; e questo
è piuttosto curioso e quantomeno di cattivo gusto).
Ma più strano è che a nessuno (pubblico e giornalisti
presenti) venga in mente che.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolo
n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa:
La Ghisleriana Mondavi
Spedizione in abb. post.
Gr2A/70
se così stanno le cose, questi
signori dovrebbero cambiar
mestiere. Certo, non tutto il
male viene per nuocere, ma
una telefonata a suo tempo
nuoeeva sicuramente di meno.
Chissà... sarà la forza dei
buoni sentimenti! Unica merce che in tutta la vicenda non
scarseggia. «Che servano a
nascondere qualcosa?» ha
chiesto a un certo punto un
noto psichiatra (sarà un caso?) «foresto». Figurarsi se a
Torre Pellice due ex tossici
mandano in ansia il paese!
Siamo mica a Bagnolo...! Per
noi, stirpe colta, democratica,
solidarista (bella trovata la
solidarietà, Occhetto la vuole
addirittura immettere nel
mercato; va a finire che la ritroviamo nella minestra!) gli
uomini sono tutti uguali; nessuna discriminazione, anzi,
ben sappiamo che tutti prima
o poi tornano utili, foss’anche per una piccola guerra al
vetriolo.
Tutti quasi contenti. Quasi
contento il professor Eynard
che se la cava con una tiratina di orecchie (che sbaglio
agitare i cattivi sentimenti!),
quasi contenti Ussl e Comune per l’insperata opportunità
di guadagnare consensi. Il
pubblico non chieda di eapirci qualcosa (potrebbe turbare
precari equilibri di potere).
ma sia grato per il mieloso
solidarismo avuto copiosamente in pasto.
Andrea Salasso
Torre Pellice
L'UssI
e i disabili
Abbiamo letto sul vostro
settimanale del 3 dicembre,
nell’aiticolo sul superamento
delle barriere architettoniche,
un’ affermazione del sig.
Franco Bellanca che, se non
rettificata, può dar luogo a
disinformazione e, quindi,
danno per i cittadini.
Dire: «Su nostra personale
iniziativa siamo riusciti ad
ottenere la dotazione di un
cingolato comodo e trasportabile fornitoci dalla Comunità montana che ne possedeva già uno giacente in magazzino e non utilizzato»
costituisce un’informazione
sbagliata e non utilizzabile
dai cittadini che abbiano bisogno di questo tipo di risposte.
Le persone affette da invalidità irreversibile ottengono
i presidi che sono necessari
previo parere dello specialista non per caso, ma per un
loro preciso diritto, rivol
gendosi, ovviamente all’Ussl,
servizio Assistenza sanitaria,
che è il riferimento competente e non la Comunità
montana.
Verificate le condizioni
viene fornita l’attrezzatura
necessaria o tramite nostro
acquisto o in prestito d’uso.
Nel caso in questione, segnalato dallo specialista e dalla
fisioterapista che hanno «in
carico» il bambino, è stato
dato in «prestito d’uso» il
cingolato. Tale presidio, nuovo, appena arrivato, quale
nuova dotazione dell’Ussl,
per evitare le lungaggini
burocratiche, è stato immediatamente montato e consegnato al padre del bambino
interessato. Questo è il percorso che il cittadino deve fare per la soddisfazione di un
suo diritto.
Auspichiamo che certi problemi trovino soluzione nel
superamento delle barriere
architettoniche esistenti anche negli edifici scolastici e
in tal senso riteniamo utile
promuovere un dibattito
aperto a tutti su handicap e
barriere architettoniche all’
inizio del prossimo anno.
Giovanni Rissane
coordinatore sanitario
deirUssl 43
Laura Serra Guermani
amministratore straordinario
deirUssl 43
9
VENERDÌ 17 DICEMBRE 1993
Cinquant'anni fa un convegno che ha cambiato l'Italia
Per i diritti delle popolazioni
alpine: autonomia e lingua
Cinquant’anni fa, il 19 dicembre 1943, a
Chivasso nell’ospitale casa del geom. Edoardo
Pons, si è svolto un convegno clandestino per
fare il punto sulle proposte della resistenza
sulle autonomie alpine. A quell’incontro parteciparono per la valle d’Aosta Emile Chanoux e Ernesto Page, per le valli valdesi
Osvaldo Coisson, Gustavo Malan, Giorgio
Peyrone! e Mario Alberto Rollier (questi ultimi due provenienti da Milano). L’incontro era
stato organizzato per confrontare alcuni documenti elaborati autonomamente dei vari gruppi della resistenza. Coisson e Malan avevano
preparato «l’introduction des représentants
des vallées vaudoises», Mario Alberto Rollier
aveva posto l’accento nel suo contributo sul
«diritto alla bilinguità», Federico Chabod, che
non avendo potuto partecipare alla riunione
aveva mandato un suo documento nel quale
affermava la «volontà di rimanere uniti all’Ita
lia libera di domani» e chiedeva la «autono-"
mia amministrativa, e una particolare autonomia culturale e linguistica», Emile Chanoux e
Ernesto Page rivendicavano il diritto a «usare
la propria lingua».
A Chivasso in quell’occasione si discusse
anche di altri aspetti, di economia, di cultura,
di organizzazione dello stato, di autonomia,
dei diritti delle popolazioni alpine.
Alla fine si approvò la «Dichiarazione dei
rappresentanti delle popolazioni alpine», una
dichiarazione che è stata presa in attenta considerazione quando si è trattato di formulare
l’art. 6 della nostra Costituzione (non ancora
completamente attuato) e quando si è trattata
di approvare l’autonomia della Valle d’Aosta.
Per ricordare quell’avvenimento abbiamo
chiesto un contributo al prof. Giorgio Peyronel e abbiamo intervistato, il prof. Gustavo
Malan, protagonisti di quell’avvenimento.
La coscienza europea cresce con cultura, lingua e democrazia
L'interesse per la partecipazione
GIORGIO PEYBONEL______
Il convegno di Chivasso
del 19 dicembre 1943 è
stato una delle iniziative resistenziali di quel tempo. Vi
parteciparono: da Torre Pellice Osvaldo Coisson e Gustavo Malan, da Milano
Giorgio Peyronel e Mario A.
Rollier, da Aosta Emilio
Chanoux e Ernesto Page. Il
prof. Federico Chabod, non
potendo partecipare alla riunione, mi consegnò un suo
testo che ho pubblicato, insieme a tutti gli altri che hanno concorso alla formulazione del manifesto di Chivasso,
sulla rivista «Il movimento
di liberazione in Italia» del
1948.
Il convegno di Chivasso è
stato il risultato di una collaborazione clandestina fra i
tre gruppi partecipanti. Da
Milano avevo frequenti rapporti con la Valle d’Aosta
dove era sfollata parte della
mia famiglia e con il valdostano Federico Chabod
dell’Università di Milano.
Da Milano Mario A. Rollier
teneva i collegamenti con
Torre Pellice dove aveva la
casa. Per il convegno fu scelta Chivasso quale più facile
punto di incontro dei tre
gmppi e in quanto lì risiedeva lo zio di mia moglie,
Edoardo Pons, nella cui abitazione ci riunimmo senza
però rivelargli - soprattutto
per la sua sicurezza - la vera
ragione del nostro incontro,
che ufficialmente doveva apparire come dovuto alla stesura di un atto notarile davanti al notaio Emilio Chanoux. In quei momenti qualsiasi riunione di più persone
era sospetta e era regola fondamentale avere sempre una
motivazione ineccepibile da
presentare anche alla gente
comune.
Come ho scritto nel mio
contributo al volume edito da
Il Mulino nel 1972 su «Il fascismo e le autonomie locali», «...le autonomie locali si
richiamano nella generalità
dei casi ad una unità geografica ben distinta in cui si sono storicamente sviluppati
caratteri etnici, linguistici e
culturali ben differenziati
dalle zone circo.stanti su un
substrato economico sufficientemente consistente per
consentire di porre il problema anche in termini politicoamministrativi. Per i valdesi
tali condizioni si sono verifi
cate nelle Valli Valdesf almeno in parte nel passato,
ma oggi la loro situazione si
presenta come assai più
complessa. La caratterizzazione dei valdesi è stata ed è
essenzialmente religiosa; la
loro unità geografica è stata
realizzata, loro malgrado
per alcuni secoli, nelle Valli
Valdesi solo per un motivo
storicamente contingente: la
necessità di difendersi da
una repressione plurisecolare che, dopo averli estirpati
dal loro primitivo contesto
europeo, li ha costretti a
confinarsi e radicarsi in alcune valli del Piemonte, dove
con alterne vicende hanno
potuto sopravvivere còme
minoranza religiosa»
Ciò nonostante l’interesse
dei valdesi all’autonomia.
che per l’assenza di una unità
geografica omogenea e ben
definita come la Valle d’Aosta non può aspirare a essere
una «regione» o, come diceva allora qualcuno di noi, un
«cantone» di tipo svizzero,
aveva diverse altre motivazioni.
a) Un’attiva partecipazione
alla gestione della vita locale
in forma democratica da parte della popolazione valdese
educata all’ordinamento presbiteriano e sinodale della
sua organizzazione ecclesiaT
stica e dalla diretta partecipazione della Chiesa valdese
alla vita civile locale: probabilmente una storia da rimeditare, approfondire e forse
anche da riscrivere;
SEGUE A PAGINA IV
Intervista al professor Gustavo Malan
L'autonomia locale
e la politica
PIERVALDO BOSTAN
Jl documento di ChivasKKJ. so è ovviamente datato;
oggi il termine autonomia ha
assunto un significato più
ampio; si può dire che le si
attribuisca un significato soprattutto amministrativo
(Tautonomia dei Comuni).
Noi pensavamo all’autonomia politica, che non è la
stessa cosa del federalismo;
può arrivare al federalismo,
ma anche non arrivarci».
- Pensando ai nostri Comuni, agli enti montani, si ha
a volte l’impressione che se
non si ottengono determinate
cose, ciò sia anche dovuto a
una classe di governo non
sempre all’altezza dei problemi...
«Non dobbiamo dimenticare che qui ci si muove sui
piccoli numeri; ci può es.sere
una carenza di personale politico, si può dire che le Valli
volano basso, eppure le possibilità sono enormi, continuano a esercitare all’esterno un ’attrazione particolare».
- La Valle d’Aosta, da cui
provenivano molti degli auto
ri della Carta, ha avuto una
storia ben diversa dalle nostre
vallate; diciamo che ha ottenuto qualcosa...
«Mentre la Valle d’Aosta
ha avuto forti spinte veramente autonomiste (erano su
questa linea uomini del mondo cattolico ma anche altri,
fra cui molti comunisti), per
le valli valdesi, nelle quali
pure spesso si è parlato di
autonomia, lo si è sempre fatto con un atteggiamento direi
quasi “romantico”. C’è poi
un ulteriore aspetto: l’area
che noi oggi possiamo chiamare Valli va al massimo
dalla vai Pellice all’alta vai
di Susa, cioè 45 mila abitanti
e sono zone estremamente
aperte, anche territorialmente, rispetto alla ben più compatta vai d’Aosta».
- Si può dire che il mondo
valdese abbia in qualche modo inciso sul mancato decollo
dell’autonomia delle Valli?
«Là borghesia valdese,
molto legata alle Valli venendoci d’estate, è cresciuta con
l’Italia e quindi in qualche
SEGUE A PAGINA IV
CHIVASSO-19 DICEMBRE 1943
DEI RAPPRESENTANTI
DELLE
POPOLAZIONI ALPINE
Noi popolazioni delle vallate alpine
CONSTATANDO
che i vent’anni di malgoverno livellatore e accentratore, sintetizzati dal
motto brutale e fanfarone di «Roma
doma» hanno avuto per le nostre valli i
seguenti dolorosi e significativi risultati:
a) Oppressione polìtica attraverso
l’opera dei suoi agenti politici e amministrativi (militi, commissari, prefetti,
federali, insegnanti) piccoli despoti incuranti e ignoranti di ogni tradizione
locale di cui furono solerti distruttori;
b) Rovina economica per la dilapidazione dei loro patrimoni forestali e
agricoli, per l’interdizione della emigrazione con la chiusura ermetica delle
frontiere, per l’effettiva mancanza di
organizzazione tecnica e finanziaria
dell’agricoltura, mascherata dal vasto
sfoggio di assistenze centrali, per l’incapacità di una moderna organizzazione turistica rispettosa dei luoghi; condizioni tutte che determinarono lo spopolamento alpino;
c) Distruzione della cultura locale per la soppressione della lingua fondamentale locale, laddove esiste, la
brutale e goffa trasformazione dei nomi e delle iscrizioni locali, la chiusura di
scuole e di istituti locali autonomi, patrimonio culturale che è anche una ricchezza ai fini deH’emigrazione temporanea all’estero;
AFFERMANDO
a) che la libertà di lingua come
quella di culto è condizione essenziale per la salvaguardia della
personalità umana;
b) che il federalismo è il quadro più
adatto a fornire le garanzie di questo
diritto individuale e collettivo e rappresenta la soluzione del problema delle piccole nazionalità e la
definitiva liquidazione del fenomeno
storico degli irredentismi, garantendo
nel futuro assetto europeo l’avvento di
una pace stabile e duratura;
c) che un regime federale repubblicano a base regionale e cantonale è l’unica garanzia contro un
ritorno della dittatura, la quale
trovò nello stato monarchico accentrato italiano lo strumento già pronto per
il proprio predominio sul paese;
fedeli allo spirito migliore del Risorgimento
DICHIARIAMO
quanto segue:
a) AUTONOMIE POLITICHE
AMMINISTRATIVE
1. - Nel quadro generale del prossimo stato italiano che economicamente
e amministrativamente auspichiamo sia
organizzato con criteri federalistici, alle valli alpine dovrà essere riconosciuto il dritto di costituirsi in
comunità politico-amministrative
autonome sul tipo cantonale-,
2. - Come tali ad esse dovrà comunque essere assicurato, quale che sia la
loro entità numerica, almeno un posto
nelle assemblee legislative regionali e
cantonali;
3. - L’esercizio delle funzioni politiche e amministrative locali (compresa
quella giudiziaria) comunali e cantonali,
dovrà essere affidato ad elementi ori
ginari del luogo o aventi ivi una residenza stabile di un determinato numero di anni che verrà fissato dalle assemblee locali.
b) AUTONOMIE CULTURALI
E SCOLASTICHE
Per la loro posizione geografica di intermediarie tra diverse culture, per il rispetto delle loro tradizioni e della loro
personalità etnica, e per i vantaggi derivanti dalla conoscenza di diverse lingue, nelle valli alpine deve essere
pienamente rispettata e garantita
una particolare autonomia culturale linguistica consistente nel:
1. - Diritto di usare la lingua locale, là dove esiste, accanto a quella
italiana, in tutti gli atti pubblici e nella
stampa locale;
2. - Diritto all’insegnamento della lingua locale nelle scuole di ogni
ordine e grado con le necessarie garanzie nei concorsi perché gli insegnanti
risultino idonei a tale insegnamento.
L’insegnamento in genere sarà sottoposto al controllo o alla direzione di un
consiglio locale;
3. - Ripristino immediato di tutti i
nomi locali.
c) AUTONOMIE ECONOMICHE
Per facilitare lo sviluppo dell’economia montana e conseguentemente
combattere lo spopolamento delle vallate alpine, sono necessari:
1. - Un comprensivo sistema di tassazione delle industrie che si trovano
nel cantoni alpini (idroelettriche, minerarie, turistiche,, di trasformazione,
ecc.) in modo che una parte del loro
utili torni alle vallate alpine, e ciò indipendentemente dal fatto che tali industrie siano o meno collettivizzate;
2. - Un sistema di equa riduzione dei
tributi, variabile da zona a zona, a seconda della ricchezza del terreno e della prevalenza di agricoltura, foreste o
pastorizia;
3. - Una razionale e sostanziale rifor
ma agraria comprendente:
a) l’unificazione per il buon rendimento dell’azienda, mediante scambi e
compensi di terreni e una legislazione
adeguata, della proprietà familiare
agraria oggi troppo frammentaria;
b) l’assistenza tecnico-agricola esercitata da elementi residenti sul luogo e
aventi ad esempio delle mansioni di insegnamento nelle scuole locali di cui alcune potranno avere carattere agrario;
c) il potenziamento da parte delle au
torità locali della vita economica me
diante libere cooperative di produzione
e consumo;
4. - Il potenziamento dell’industria e
dell’artigianato, affidando all’amministrazione regionale cantonale, anche in
caso di organizzazione collettivistica, il
controllo e ramministrazione delle
aziende aventi carattere locale;
5. - La dipendenza daH’amministrazione locale delle opere pubbliche a carattere locale e il controllo di tutti i servizi e concessioni aventi carattere pubblico.
Questi principi, noi rappresentanti
delle Valli Alpine, vogliamo vedere affermati da parte del nuovo stato italiano, così come vogliamo che siano affermati anche neh confronti di quegli
italiani che sono q potrebbero venire a
trovarsi sotto il dominio politico straniero.
10
PAG IV
ss E Eco Delle ¥vlli \àldes:
La storia di una chiesa e di una comunità valdesi colpite dallo spopolamento
C'era una volta Rodoretto in vai Germanasca
i-jr VENERDÌ 17 DICEMBRE
Accordo tra Acea e Ciov per Pomaretto
Il teleriscaldamento
ENZO TRON
C9 era una volta la chiesa
valdese di Rodoretto,
ora è un quartiere della chiesa
di Frali. Ma andiamo con ordine. Penso sia utile per me e
specie per i miei conterranei
giovani e non, sparsi un po’
dovunque, sapere qualche cosa di più su quella che fu la
nostra chiesa.
Vorrei risalire alle sue origini ma per me, dilettante in
materia, è cosa impossibile.
Una cosa però è certa: il movimento «eretico» facente capo a Valdès (Valdo) di Lione
nella seconda metà del 110,
che si spanderà poi nelle vallate del Pinerolese, raggiunge
anche il nostro sperduto vallone, rifugio sufficientemente
sicuro nei momenti critici
della nostra storia. Tesi, questa, avvalorata dai nomi di
luogo tutt’ora esistenti: Gardiola (borgata) da guardiola e
Col de gardio neUa zona della
Balma di Rodoretto.
Notizie, questa volta datate,
ce le fornisce il nostro grande
storico Giovanni Lèger, pastore e moderatore, nato a
Villasecca, nella sua «Histoire de l’Eglise vaudoise
1669». Il 1° novembre 1592 a
Bricherasio, davanti a Lèsdiguières, duca e consigliere di
Enrico IV il Grande, fra gli
altri c’è anche il deputato di
Rodoretto a far atto di obbedienza al re di Francia. Così,
il 5 maggio 1655, il conte
Bochard, signore della vai
San Martino, «le Mercure»
del marchese di Pianezza, rivolge le sue minacce ai Comuni della valle, incluso Rodoretto. E prima ancora: al
neopastore Lèger, consacrato
il 27 settembre 1639 al Sinodo di San Germano, vengono
affidate le parrocchie di Frali
e Rodoretto dove, nel febbraio del 1641, percorrendo
«Lou viòl dà m’nistre» gli capitò una brutta avventura;
verso Galmount, all’altezza
di Villa di Frali, sul sentiero
ghiacciato, una folata di vento (è lui che lo racconta) lo fa
cadere e rotolare lungo il declivio: «...a causa del freddo,
la mia testa bagnata fu presto
ricoperta da un berretto di
ghiaccioli». Le conseguenze
sono assai gravi.
Scampato al massacro delle
Pasque piemontesi nel 1655
perché all’estero, raccoglierà
le tristi testimonianze dei pochi sopravvissuti. E si arriva
al 1686, Rodoretto subisce le
sorti delle altre parrocchie
delle valli. I pochi superstiti
delle 35 famiglie valdesi del
vallone vanno in esilio, i beni
sono confiscati e venduti per
un totale di 1.100 lire ai nuovi abitanti venuti dalla pianura e dalla Savoia. Alla fine
dell’anno 1686, Rodoretto
conta 12 famiglie con 12 uomini, 12 donne e 48 figli; alla
fine dell’87, 27 famiglie con
132 bocche, 323 seminativi
(emine), 37 bovini e 910 pecore. Ai primi di settembre
del 1689 ritorna Enrico Arnaud con i 450 dei 900 partiti
da Prangins. I residenti fuggono.
È probabile che in questo
periodo si costruiscano le prime case che daranno vita alla
borgata chiamata Amaud in
ricordo del valoroso pastorecapitano. Dopo la parentesi
della puntata in vai Pellice,
Arnaud decide di passare
l’inverno a Rodoretto, prima
di trasferirsi nella più sicura
Bastiglia, secondo i consigli
dei suoi capitani Tron-Poulat
e Peyrot nativi della zona.
L’anno seguente, il duca Vittorio Amedeo II rompe l’alleanza con lo zio, il Re Sole,
Rodoretto in un’immagine di trent’anni fa
e si ha un periodo di relativa
tranquillità. Intorno al 1720
viene costruito il primo tempio a Villa Rodoretto. Sarà
ceduto alla famiglia Meinier
che, a sua volta in seguito a
un incendio e in vista della
costruzione dell’attuale
(1843-46), lo venderà alla famiglia Breusa. A ricordo del
vecchio tempio rimane il nome del cocuzzolo adiacente
«lou biic d’ia glèizo vellho».
La domenica 8 gennaio
1834 arrivano a Rodoretto
due carabinieri con l’incarico
di arrestare il giovane pastore
Alexis Muston, il cui delitto
era di pubblicare all’estero libri che sapevano di liberalismo e di essere l’autore
L’antico Mulino di Rodoretto
dell’«Histoire des vaudois»
nonché del «Serment de Sibaud». Per sua fortuna, avvertito, era già all’estero, dopo aver salutato i suoi a Bobbio.
Il censimento della popolazione del 1839 registra che i
valdesi della parrocchia raggiungono un totale di 261
anime. Come ricordato, il
vecchio tempio è ceduto perché troppo piccolo e si procede alla costmzione del nuovo.
Il 12 gennaio del 1845, la comunità è in lutto: poco dopo
la mezzanotte una valanga distrugge il presbiterio. Vittime
sono il pastore Daniele Buffa,
la moglie, il figlio di pochi
mesi e la persona di servizio.
Le spoglie mortali riposano
nel nostro cimitero. Per evitare che si ripeta il disastro sarà
costruito un «rempart» di
protezione. Con il tempio si
costruiscono anche le nove
scuolette presbiterio.
Se è vero che i montanari si
sono sempre prodigati in mille modi per affrontare le più
disparate situazioni, pur di rimanere abbarbicati alle loro
rocce, è altresì vero che la vita grama, che lasciava i suoi
segni (lo sottolinea nei suoi
«Ricordi di un bisnonno»
Amedeo Beri, pastore a Rodoretto negli anni 1832-33),
ha finito per intaccare le resistenze, pur sempre umane, di
quei rudi nostri nonni.
Si varcano i confini con la
Francia, alla ricerca di lavori
stagionali; qualcuno espatria
verso la Svizzera, altri attraversano addirittura l’oceano
pur conservando in fondo al
cuore il ricordo del paesello
natio che è stato loro patrigno
e matrigna oltre misura. A testimonianza, abbiamo oggi
nel cantone di Vaud «Villa
Rodoret», fatta costruire da
una certa signora Suzanne
Tron di Campo Clot e via Rodoret a Valdese in America,
per citare due soli esempi.
La guerra del 1915-18 non
risparmia i rodorini: di otto
caduti sul Carso, sei sono vaidesi (due fratelli; un terzo
fratello morirà qualche anno
dopo in seguito ai patimenti
subiti in guerra. E come se
non bastasse, un loro nipote.
Beniamino Tron, cadrà partigiano nella seconda guerra
mondiale).
La vita continua ad essere
dura; il lavoro, i sacrifici...
non danno respiro, anche se
la scoperta del talco porta
qualche soldo in più alle famiglie e fa dimenticare i sentieri che portano al di là delle
Alpi. Con i doppi turni, le
giornate non finiscono mai.
Così, passato il turbine della
seconda guerra mondiale, avviene il grande esodo. Siamo
a cavallo degli anni Sessanta
e io mi fermo perché tutti coro che vivono ancora possono
portare mille validissime testimonianze di vita vissuta
negli ultimi decenni.
Non posso però terminare
senza qualche breve cenno
sulla vita spirituale della parrocchia. Ho davanti a me il
lungo elenco dei pastori che
si sono susseguiti sul pulpito
del tempio dal 1829 ad oggi.
Prima di quell’anno non mi è
dato conoscerne i nomi ad eccezione del pastore Lèger già
ricordato e del «régent Etienne Mondon» di Bobbio al
quale, verso la fine del Settecento, venne affidata la responsabilità della parrocchia
e che rilegò, in modo egregio,
la grande Bibbia del 1764 che
fa bella mostra di sé sul tavolo della Santa Cena.
Il via vai frequente dei pastori (tolta qualche rara eccezione) ha avuto ripercussioni negative fra la gente;
spesso non si aveva il tempo
di conoscere il pastore e tanto
meno il pastore di conoscere i
parrocchiani. Come d’altra
parte ricorda Amedeo Bert:
«Essendo allora imposto ad
ogni giovane ministro di passare qualche anno fra le nevi
e gli alti monti, prima di venir chiamato in più facili e
aggradevoli parrocchie». Per
fortuna in qualche modo supplivano gli anziani del Concistoro che spesso erano anche
maestri di scuola sussidiata,
dopo qualche corso seguito a
«Fècole de Méthode» di Pomaretto. Comunque sia. Favere costruito Fattuale tempio in sostituzione dell’antico, di ridotte capacità ricettive, sta a dimostrare che la
frequenza ai culti era per lo
meno discreta.
Con l’esodo degli anni
1960, le cose sono totalmente
cambiate. Se d’estate le borgate in parte si ripopolano,
una sola famiglia valdese
sverna oggi nel vallone di
Rodoretto, per cui al tempio
si chiudono i battenti che si
riaprono l’estate ogni quindici giorni, poiché allo spopolamento si deve aggiungere
un’altra nota negativa: il divorzio di fatto del quartiere di
Fontane.
DALLA PAGINA III
L'autonomia locale
modo si sente a disagio. C’è
poi un equivoco: quando parliamo di autonomia delle valli valdesi, non parliamo certo
di autonomia dei valdesi».
- Esiste oggi una forza politica o un movimento che si
possa dire abbia ripreso i
contenuti ideali che voi
inseriste nel documento di
Chivasso?
«La Carta di Chivasso appartiene a tutti coloro che vi
fanno riferimento, tranne
quindi a coloro che si oppongono ai principi che la ispirano. Noi vedevamo le Alpi,
non le regioni subalpine, come intermedie fra attuali stati
europei, ma non solo intermediarie bensì dotate di una
propria originalità, come si
dice oggi identità, come mostrano gli stati alpini della
Svizzera, Austria e anche della Slovenia. Questo sviluppo
non c ’è stato nelle Alpi occidentali che si aprono al più
ampio ambito intemazionale.
Non terre di confine ma di
dialogo. La nostra gente non
è stata solo rinchiusa, ma nei
secoli ha sciamato nel mondo
intero e il mio popolo, delle
valli valdesi, si è arricchito
di rifugiati, di immigrati provenienti da vicino e da lontano. Mi sento di richiamare
l’attenzione, parlando di attualità della Carta di Chivasso, sugli aspetti istituzionali e
culturali».
all'ospedale
In data 26 novembre 1993,
presso la sede del Consorzio
Acea, si è concluso il contratto fra il consorzio stesso e
la Ciov (Commissione istituti ospitalieri valdesi), in forza del quale FAcea gestirà
per la durata di 20 anni il teleriscaldamento per il fabbricato dell’Ospedale valdese di
Pomaretto.
Con tale contratto FAcea
si impegna a garantire il riscaldamento anche differenziato dei diversi locali della
struttura ospedaliera e si impegna ad effettuare degli investimenti atti a rendere funzionale e adeguato alle esigenze tutto il servizio di riscaldamento dell’ospedale.
In occasione della firma,
da entrambe le parti è stata
espressa soddisfazione rispetto all’intesa raggiunta,
che pone i presupposti per
una collaborazione attiva e
costruttiva fra i due enti.
«La nostra scelta - dice
Giovanni Ghelli, presidente
della Ciov - in mezzo a tante
possibili, si è indirizzata al
consorzio Acea il quale, con
garanzie di serietà e professionalità, permette un accordo fra parti che privilegiano
un servizio reso al territorio
al meglio delle loro possibi
DALLA PAGINA I
lità. Il Consorzio Acea dovrà
perciò assicurare adesso tutto
il suo impegno tecnico e professionale per dotare l’Ospedale valdese di Pomaretto di
un servizio particolarmente
efficace, in quanto rivolto a
una struttura che si connota
per la sua peculiare capacità
di assicurare al meglio l’assistenza sanitaria».
«Attraverso tale contratto
- dice Franco Santiano, presidente del consorzio Acea si pongono in essere i presupposti in base ai quali
l’azienda dei Comuni del Pinerolese presenta la sua candidatura a gestire gli impianti
non solo di proprietà dei Comuni, così come prevedeva
espressamente il precedente
statuto, ma anche di proprietà di enti diversi e di privati.
Siamo in grado, con la
struttura che ci siamo dati, di
gestire tale nuova attività su
cui si è disposti anche ad effettuare altri investimenti. È
bene sottolineare che il teleriscaldamento attuato a Pomaretto consentirà di gestire
anche il calore per il municipio di Pomaretto e il progetto realizzato consentirà peraltro di servire anche altre
utenze».
L'interesse per la partecipazione
b) Lo sviluppo eccezionale
dell’istruzione che faceva dire all’inquisitore di Passau,
uno dei primi a occuparsi dei
valdesi: «Omnes scilicet, viri
et foeminae, parvi et magni,
nocte et die, non cessant docere et discere»*. Nel 1848,
per una popolazione di circa
20.000 abitanti, la Chiesa
valdese gestiva alle valli 169
scuole primarie per 4.479
alunni, con obbligo di frequenza fino a 16-17 anni di
età e con maestri in maggioranza muniti del brevetto
della scuola normale di Losanna.
Queste scuole salirono a
192 nel 1897 per passare poi
allo stato entro il 1914 in applicazione della legge Credaro del 1911. Dopo tale data
la Chiesa valdese conservava
solo due istituti di istmzione
secondaria: il Collegio di
Torre Pellice e la Scuola latina di Pomaretto. Ma con
questo passaggio scomparvero le «scuole di quartiere» di
cui a suo tempo si era occupato Beckwith e di cui rimangono ancora nei villaggi
delle valli gli edifici, totalmente abbandonati o malamente utilizzati.
Ma negli anni in cui ero
presidente della Commissione per l’istruzione secondaria alle valli dovemmo combattere strenuamente una
certa teoria della «surroga»,
secondo la quale anche le
nostre scuole secondarie dovevano ora passare allo stato,
avendo la chiesa esaurito,
appunto, il suo compito di
«surroga» al medesimo. E
con le scuole residue dovevano essere passate allo stato
anche altre istituzioni ecclesiastiche a carattere sociale;
c) Nei caratteri «etnici, linguistici, culturali» dei valdesi vi è poi, per me essenziale.
Fuso della lingua francese
che era una delle nostre fondamentali rivendicazioni al
convegno di Chivasso. Una
«lingua» non è solo un mezzo di comunicazione ma è un
«modo di pensare», una
«partecipazione a una cultura» e il plurilinguismo rappresenta non solo un grande
valore economico ma anche
un’espansione della cultura e
della sensibilità spirituale
umana. La conoscenza del
francese e l’essere valdese ha
sempre consentito ai valdesi
di avere una «coscienza europea» e di dedicarsi con
«spirito europeo» alle varie
attività da loro sempre svolte
con intelligenza, scrupolosità
ed efficienza nel loro paese,
rifuggendo da quel nazionalismo fanatico e stupido che
ha caratterizzato il ventennio
fascista.
Per quanto riguarda il rifiuto, da parte di alcuni, del
francese definito una lingua
«straniera», ciò ha luogo
proprio nel momento in cui
si sta costruendo faticosamente, in un contesto di giganti internazionali, l’unità
europea per la quale le regioni «mistilingui» dovrebbero
essere potenziate come anello di congiunzione e come
intermediarie fra diverse culture anziché osteggiate con
un incolto spirito «regionalistico» che non ha nulla da invidiare a quello «nazionalistico» che lo ha preceduto,
con i bei risultati che conosciamo.
Quanto a iniziative «autonomistiche» alle valli valdesi, ne sono state proposte diverse nel passato e sarebbe
troppo lungo parlarne, tanto
più che sono fallite per la
preferenza che influenti dirigenti valdesi del tempo hanno dato a certe ideologie politiche e ai loro partiti.
(*) «Appare chiaro che essi, uomini e donne, piccoli e
grandi, notte e giorno, non
smettono di insegnare e di
apprendere»
11
NOTIZIARIO DELLA FEDERAZIONE GIOVANILE EVANGELICA ITALIANA
AMICI VICINI E LONTANI: la fgei in albania
Problemi e prospettive di un incontro
In una novella dello scrittore albanese
Nonda Bulka (1906-1972), si racconta un episodio realmente accaduto nel corso della II
guerra mondiale. Si tratta dell’incontro dell’autore con un contadino albanese che, sconvolto dagli avvenimenti del tempo, occultava nella sua cantina bandiere di diverse nazioni. Il
contadino si teneva così pronto ad accogliere
con i dovuti onori l’eventuale, probabile invasore di turno, qualunque esso fosse. Rispon
—
Guarna) che ci ha presentato il proprio lavoro
sia sul versante dell’evangelizzazione e della
cura pastorale, sia su quello dell’Intervento
sociale (sostegno aH’agricoltura locale, interventi a favore della sanità e dell’istruzione).
3) Incontro con una scuola superiore di Tirana insieme alla quale avviare un programma di scàmbi con una scuola italiana nonché
di aiuti in termini di materiale didattico.
A tutto ciò ha fatto da sottofondo un inten
dendo alla constatazione dell’autore circa
l’assenza di una bandiera albanese, il contadino rispose: “Lei ha proprio ragione! Non ci
avevo pensato: sa, con tutte le preoccupazioni che ho non posso prevedere tutto! .... “
Questo breve racconto rivela bene due caratteristiche dell’Albania. La prima consiste nel
fatto che l’Albania è un territorio di confine, in
continua transizione: il popolo albanese ha
vissuto una dura storia di invasioni e di dominazioni che gli ha conferito la capacità di
adattarsi, di cambiare, di tollerare. La seconda caratteristica, che ,iavece emerge dallo
sguardo sconsolato dell’ autore Nonda Bulka,
riguarda la presenza di un sentimento (o di
un’esigenza?) interiore di nazionalità o meglio
di appartenenza ad pn popoio; tale sentimento riaffiora come un filo .fosso nella storia del
popolo albanese. Come è ovvio queste due
caratteristiche diventano.,particolarmente evidenti in questi ultimi anni di lÉièrta e democrazia della storia dell’Albania.
Queste sono solo alcune delle impressioni
ricavate dall’ultima visita in Albania (7-14.pfto^|‘
bre ‘93) cui ha partecipato una delegazione
Fgei formata da sette componenti. Forte de|_
contatti già avviati in loco e della riflessione
sviluppata in ambito nazionale, la delegazione ha seguito un programma intensissimo
comprendente:
1) Un convegno con un numeroso gruppo
di giovani ortodossi di Tirana con cui si è avuto uno scambio di informazioni e di opinioni
circa la storia e l’attualità politica e sociale dei
rispettivi paesi, le caratteristiche delle rispettive chiese e organizzazioni giovanili, le diverse teologie.
2) L’incontro con la missione battista di Tirana (presso cui lavora il pastore Saverio
. n® é^‘}' '#
dicdmore
-tV),
so “fuori programma” di chiacchierate, contatti, discussioni, soprattutto con i/le giovani ortodossi/e che, avendoci offerto l’ospitalità
presso le loro case, ci hanno coinvolti in una
esperienza umana indimenticabile. Va ancora
annotato che l’intera operazione è stata programmata e condotta in stretta collaborazione
con il Servizio Rifugiati e Migranti della Fcei e
con rUcebi.
Più recentemente (20-21 novembre ‘93) si
è tenuta a Casa Cares (FI) una riunione di
“gestione” sul progetto Albania al fine di fare il
punto sui progetti pratici e sulla riflessione più
generale. Circa i progetti pratici, si tratta di
rendere operativa la succitata collaborazione
con la scuola di Tirana, di organizzare un
campo dì lavoro di utilità sociale presso la
missione battista, di continuare a coordinare i
rapporti con i/le giovani ortodossi/e (scambi di
informazioni, visita di ortodossi albanesi in
Italia entro il maggio ‘94, coinvolgimen
tp^dei/delle giovani ortodossi/e negli
anismi ecumenici internazionali
I noi ben noti, invio di aiuti su loro
proggtf.Recitici).
Ma a Casa Cares è prevalsa
la discMssibne sull’Impostazione
generafe dell’intero progetto,
sulla scìa delie riflesstoni e degli
interrogativi sorti In occasione
dell’ultimo viaggio in Albania. Proverò a sintetcaarla quidi seguito
La domanda di partenza è: le ipotesi
che originariamente erano alla base
progetto Albania sono tuttora valide? Alcune
sì, altre no. Tra quelle che hanno retto alla
prova dei fatti ci sono le ipotesi che il consiglio adottò quando scelse di avviare il gemellaggio propiio con l’Albania. L’aver scelto un
paese che, nel passato e nel presente, nel
bene e nel male, ha avuto molti contatti con
l’Italia, ha semplificato enormemente l’operazione di approccio e ha fornito un terreno comune iniziale per partire con ulteriori scambi.
Ma la scelta dell’Albania ci ha anche aperto
nuovi orizzonti: ci ha fatto scoprire i Balcani,
la loro cultura, i loro problemi, la loro posizione critica nell’Europa di oggi. E poi, in Albania, abbiamo toccato con mano che cosa è il
“comuniSmo reale”: quando si ascoltano i
drammatici racconti di esperienze di confino o
di persecuzione, quando si constata che cosa
ha significato e prodotto l’ateismo di stato,
quando si apprendono tutte le limitazioni della
libertà nella vita quotidiana, si ha una percezione del “comuniSmo reale” molto diversa da
quella che si ricava dalla mera lettura di giornali e libri. Dopo aver visitato l’Albania, come
minimo si prova un forte imbarazzo nei confronti degli/delle albanesi quando ad esempio
occorre raccontar loro la storia e le posizioni
politiche nel passato della Fgei. Un ultimo fattore positivo da sottolineare riguarda l’eccellente collaborazione con il SRM della Fcei.
Che cosa non ha funzionato? Sostanzialmente non ha funzionato l’ipotesi originaria
dell’intero progetto (cfr, X congresso) che prevedeva un forte nesso tra il lavoro di accoglienza e la conoscenza approfondita di un
paese a forte immigrazione verso l’Italia.
L’esperienza di accoglienza di parte dei
40.000 albanesi è stata, per molte nostre
chiese, un’esperienza negativa, non elaborata fino in fondo. Di rimbalzo, le regioni Puglia
e Lucania hanno perso quella centralità all’interno del progetto, inizialmente auspicata. A
questo punto l’unico “trait d’union” che rimane
fra il progetto Albania e il lavoro con i migranti
è probabilmente la riflessione circa il significato e le modalità della solidarietà. In entrambi i
progetti è presente la dimensione dell’aiuto e
allora vale la pena di porsi'le seguenti domande: quando l’aiuto diventa assistenzialismo?
Quante risorse vanno investite neli’aiuto e
quante nella conoscenza e nella relazione
con l’aiutato/a? L’azione dell’aiutare serve
al/alla destinatario/a di tale azione o serve sostanziaimente a noi stessi/e? E così via.
Ma allora: quale è la prerogativa oggi del
progetto Albania? Direi che nello spazio delle
tematiche fgeine il progetto Albania si situa in
un punto equidistante dai iavoro con i migranti, dalla rifless i o
n e
teologica e dalle relazioni ecumeniche internazionali. Queste
due ultime sfere si aggiungono perché ormai
si ritiene unanimemente, per altro con il vivo
consenso della missione battista di Tirana,
che la priorità del progetto Albania stia nei
rapporti con i/le giovani ortodossi/e. Questi
rapporti vanno sviluppati in termini di relazioni
personali e, ad esempio, dal punto di vista del
confronto tra organizzazioni giovanili. Ma sullo sfondo di tutto ciò c’è sicuramente la scommessa ecumenica non priva però di problemi
(del resto già emersi nel corso dell’ultima visita). La chiesa ortodossa autocefala d’Albania
, che da due anni a questa parte sta ricostruendo se stessa, può, comprensibilmente,
interpretare ogni richiesta di dialogo
dall’esterno, se non come un tentativo subdolo di conversione, quantomeno come un pericoloso fattore di instabilità. Ci sembra però
che dagli/dalle ortodossi/e incontrati/e a Tirana vengano molti segnali affinché il dialogo
prosegua e che vi sia una comune valutazione positiva sugli effetti benefici che tale dialogo potrebbe produrre. Da parte nostra occorre solo avere prudenza, lealtà, rispetto. E conoscenza dell’ortodossia. A copertura di questa esigenza, si vorrebbe organizzare un convegno proprio suN’ortodossia entro marzo ‘94,
da intendersi anche come preparazione alla
successiva visita dei giovani albanesi ortodossi in Italia.
Rimane il problema di come coinvolgere
più ampiamente la Fgei nel progetto Albania:
già il succitato convegno e la visita in Italia
dei/delle giovani albanesi possono essere ottime “chances”. Un’altra occasione di coinvolgimento viene dalla campagna di finanziamento che si vorrebbe lanciare all’interno
della Fgei a favore del progetto Albania , visto che finora la nostra federazione ha contribuito in misura minima.
Per il resto, vale
l’invito rivolto a
chiunque
avesse
idee di
lavoro o
fosse interessato a
collaborare
attivamente con
il progetto a contattare una delle seguenti persone (membre
del gruppo di lavoro appositamente nominato dal consiglio): Marisa
Ciprelli, Barbara Grill, Daniele Bouchard oltre
al sottoscritto. Come si vede le prospettive
non mancano, così come non mancano le
possibilità dì dare un contributo.
Giorgio Bonnet (Sesto S.G. , MI)
12
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'sàÈk(
Hotiziariofget
SU DIO E' STATO DEHO DI JUnO: CHISSÀ' COME L'HA PRESA?
Pensiero della differenza, ricerca teològica e cristologia al convegno teologico di Agape
Nel dibattito conclusivo Francesca l’ha definito un convegno di portata storica regalando un’ulteriore emozione ai partecipanti. Ma ci
ha subito avvertito del rischio di fuga in avanti, delle difficoltà di un percorso di riflessione e
di rielaborazione teologica in solitudine, della
necessità di un dialogo fecondo con la generazione che ci ha preceduto nella Fgei (purtroppo sostanzialmente assente) e con le
chiese.
La riuscita del convegno sulla ricerca teologica ad Agape oggi, è misurabile dalla stanchezza con la quale siamo giunti a fine corsa,
così come dall’entusiasmo (ed il rammarico)
con cui siamo ripartiti da Praly sotto la neve.
Oltreché, naturalmente, dai documenti che
presto usciranno su Ge.
Alcuni spunti emersi dall’incontro ed alcune considerazioni di metodo ci possono aiutare a capire meglio cosa è accaduto.
Immagini di Dio, pensiero della differenza
e ricerca teologica, cristologia/e; questi i grossi nodi che abbiamo provato ad iniziare a dipanare.
Le tre relazioni introduttive di Daniele Bouchard, Letizia Tomassone e Franco Barbero
ci hanno trasportato con intensità e passione
dentro il discorso su Dio. La forza evocativa
delle parole bibliche, l’impatto con il percorso
ir
93
delle donne (dentro e fuori le chiese), l’analisi
lucida e spesso critica del cristianesimo cattolico (nelle sue molteplici facce), hanno toccato i nervi - stavolta scoperti- della ricerca
di fede di tutti e tutte noi.
Così il Dio senza nome e senza figure è
stato detto, sezionato, osservato, accolto e rifiutato nel nostro immaginario, nel nostro inconscio, nei nostri ricordi di infanzia e scuola
domenicale, nel presente di un percorso che
non ci lascia mai appagati o riposati. Senza
paura di ortodossia e bestemmia (!?) su Dio è
stato detto tutto.
Lui (o Lei, o tutti e due, o di più, o che altro?) chissà come l’ha presa.
Il secondo gruppo (significativamente e
proficuamente composto di donne e uomini)
ha dibattuto intensamente di alterità e complementarietà. Il pensiero della differenza ha
svelato l’inganno che poneva il modello universale «neutro» come unico modello di interpretazione del reale e di fondamento di senso
e di identità. Da qui il superamento di tale visione e il sorgere della necessità della mediazione femminile per il riconoscimento della
propria identità sessuata e di genere. La relazione tra le donne, il riconoscimento, l’autorità, la trascendenza femminile, sono stati
concetti che hanno fatto da sfondo, perciò, alla
CONOSCO /ALMENO accentuazione
’ALTRA! ^ teologica che l’inFljCjA fRECiPllOSfì. contro suggeriva.
Perciò è sorto
il problema
dell’incarnazione
sessuata di Gesù. Dell’ostacolo
che questa ap
partenenza di genere può creare alle donne
che si avvicinano alla fede cristiana o che si
definiscono credenti. Il Gesù di Nazareth uomo, il Gesù di Nazareth confessato come Cristo, il Gesù mediatore unico della relazione
tra Dio, che sceglie di sperimentare la natura
umana, e gli esseri umani.
Su questo Gesù, evento con cui Dio irrompe nella nostra storia e nella nostra vita, siamo tornati e tornate a più riprese, e nei tre
gruppi, per sottolineare l’importanza dell’incontro con lui, e allo stesso tempo la possibilità di indicarlo come persona, sessuata, parziale, nato da donna, che segna una frattura
della storia progressiva e lineare, un punto
chiave nella ricerca della nostra identità.
«Gesù ti rivela la tua identità» è stato detto. Ed è una rivelazione di significato e di senso.
Ma se Gesù Cristo è una possibilità per
l’essere umano di avvicinare, nominare, figurare il problema di Dio, il nostro Solus Christus non può e non deve suonare giudizio,
condanna, negazione dell’altrui esperienza di
fede. L’accoglimento del Solo Cristo (e del
Cristo solo), l’irriducibilità e la libertà di questo
evento straordinario non consentono sincretismi 0 aggiustamenti di sorta. Ma non esprimono giudizi di valore e di condanna sugli altri percorsi di fede.
Il dibattito, le riflessioni sono ancora agli
inizi.
In questi ultimi anni la Fgei ha rimesso la
fede al centro delle proprie ricerche; ad Aga
^3
pe, in alcune chiese locali, nei sinodi e nelle
assemblee, emerge il desiderio di riguardare
ai fondamenti e alle radici della nostra vocazione e testimonianza.
Il nostro Dio e Gesù il Cristo non intendono
lasciarci tranquilli nel nostro ménage ecclesiastico, e noi, incalzati dagli accadimenti stupefacenti di questi ultimi anni nel mondo, slamo
costretti a riprendere in mano il filo del discorso su Loro, sulla chiesa degli uomini e delle
donne, sul senso della nostra presenza nei
paesi e nelle città dove operiamo. E siamo liberi di farlo.
Non ringrazieremo mai abbastanza il Signore per questa libertà.
Stefano Meloni (Cagliari)
ALL'OMBRA DEL BIG-BANG
Esplosivo campo di lavoro a Kenton Lane
Due battute sui campisti e suiie campiste
(commenti non ortodossi dal punto di vista ecclesiologico)
Come dimenticare la ri-collocazione di alcune/i nella geografia del “parlamento ecclesiastico":
post-cristiani, pre-cristiani, cristiani(l), credenti, non credenti, credibili, in-credibiii, teocentrici, cristocentrici, moderni, post-moderni, modernizzabiii, trascendenti, de-divinizzati, uomini, donne,
neutri e un sacco di aitre posizioni.
Come non ricordare il sottile gusto della trasgressione bibllco-teologica di Daniele, le relazioni
teologiche pericolose di Letizia, la corsa sul filo del rasoio del “catto-protestante” Franco, le visionarie ma lucide provocazioni di Manfredo, le performance canoro-ecclesiastiche di Giorgio, le invero spiritose prestazioni di tutte e tutti sul palco per la festa finale, le danze e le partite, impossibili, di ping-pong.
Come non citare le improbabili e trasversali correlazioni filosofiche, teologiche, cuiturali, artistiche, psicanalitiche del conturbante Vittoriano? Che spaziava dalla Bibbia all’Apostoio Paolo, da
Bonhoeffer a Lacan, da Kandinsky ad un altro che non mi ricordo.
Di tutto e di più, si potrebbe concludere con una citazione culturalmente poco accreditata.
In realtà alla Fgei e ad Agape spesso si sono intrecciate in modo fecondo le ardite scalate verso il Dio in cui crediamo, e che stavolta abbiamo toccato con un balzo del pensiero, e i nostri vissuti più personaii e a volte non dicibili. Parlare di Dio è anche parlare di noi e su di noi.
Accade cosi raramente
che ci siamo date/i un appuntamento per il prossimo
campo teologico ad Agape
daH’11 al 18 agosto prossimo.
A presto.
S.M.
CHÍ effetto
-ri Ffl LA y
TRA5ceNì?ENZ.A .
AH FA
TRAS/ÌLlRE.
NOTIZIE D'OLTRALPE
La Fédé francese si riunisce
Quaranta delegati in rappresentanza di
una trentina di gruppi locali hanno dato vita,
dal 29/10 al 1/11, all’Assemblea Generale
della F.F.A.C.E., la Federazione Francese
delle Associazioni Cristiane di Studenti, organizzazione quasi centenaria (il secolo di vita
sarà celebrato nel 1998) del protestantesimo
giovanile europeo meglio nota come “Fédé".
Lo splendido centro comunitario “La Roche
Dieu” di Bièvres (Parigi) ha fatto da cornice ai
lavori degli “ateliers”, agli interventi degli ospiti, alla elezione della commissione esecutiva.
L’interesse maggiore dei gruppi che aderiscono alla Fédé è legato al mondo studentesco in generale, di conseguenza si è discusso
molto di università, reddito minimo studentesco, “bizutage” (un fenomeno presente nelle
scuole secondarie, diffusissimo e drammatico, molto simile al “nonnismo” presente nelle
caserme italiane), crescita preoccupante della
sieropositività tra la popolazione studentesca
francese.
Alla fine del presente anno accademico è
previsto un passaggio di consegne per quel
Ho partecipato al campo di lavoro C.inA.
(Christian in Action) “Cosa può fare una comunità” dall’11 al 22 agosto. Ci siamo ritrovati
in 14: 7 tedeschi, 3 polacchi, una ceka, una
bulgara, 2 italiani (Mario Coiaianni ed io).
Con a coordinamento di Eileen Goddard,
rappresentante della comunità metodista locate, abbiamo diviso il nostro tempo tra visite
alla città di Londra, incontri
con altre comunità religiose, anche induiste ed islamiche, ed infine il lavoro
(non c’è da preoccuparsi...
si sopravvive). Ma iniziamo
proprio da quest’uitimo. Si
trattava di lavare con il detersivo e riverniciare, parti
ad olio parti a tempera, le
mura ed il soffitto della ex
chiesa... (chissà quante
dette nostre chiese e locali
annessi avrebbero bisogno
di un trattamento simile).
Abbiamo lavorato “hard”,
anche se il nostro sforzo è
stato temperato da veloci
merende a base di caffè,
ovviamente lungo, tè, torte
e frutta.
A proposito di cibo: i pasti erano abbondanti ed ottimi. Alcuni inviti a casa di
membri della comunità ci
hanno consentito di gustare specialità inglesi in un
dima veramente delizioso.
Aitri momenti d’incontro
proficui sono stati gli inviti
che Eiieen a rotazione rivoigeva al capo della polizia locale, alla direttrice di
una casa di riposo per anziani e ad aitre persone,
pronte ad illustrarci il proprio iavoro, fondato sulta
coiiaborazione di ogni comunità.
La prima parte del mattino era riservata alia preghiera, ai canti accompagnati da pianoforte e chitarra e da studi con animazione
sui significato della parola “Comunità", cosa
può essere positivo e cosa negativo per essa.
Abbiamo avuto ia possibilità d’intervenire
durante i culti domenicali con canti, letture bibliche nella propria lingua e brevi riflessioni
suli’essere cristiani.
Interessante ho trovato l'incontro con la comunità induista. Abbiamo visitato il tempio,
udito le loro idee religiose, il significato delle
statuette oggetto di culto. Nel centro islamico.
Pasquale lacobino (Firenze) stesso programma con l’aggiunta d'informa
che riguarda la segreteria nazionale; Francois
Dietz è a fine mandato e passa il testimone
ad Arina Van de Kerk, consulente in comunicazione, 35 anni, di origine olandese, studi di
teologia in Austria, pastora per 8 anni in Francia, coniugata con un pastore francese di origine maghrebina, agapina in una occasione
(a proposito, saluta calorosamente Letizia Tomassone!). Sarà una segretaria all’insegna di
un maggior coinvolgimento europeo della
Fédé?
Per il momento prendiamo nota con prudente compiacimento della disponibilità al rilancio del Progetto Latino espressa dalla
Fédé durante una discussione di gruppo sul
Movimento Cristiano Studenti animato dalla
presidente del MCS Europea, Susanna Argyri.
Chiara Ettorre ed il sottoscritto hanno portato il saluto della FGEI e registrato la richiesta francese di intensificare le occasioni di incontro tra i nostri movimenti.
zioni sulla condizione femminile nel mondo
Islamico, forniteci da una donna e di un gradito rinfresco. In entrambi i casi ci slamo tolti le
scarpe per entrare nei loro locali di culto e noi
donne abbiamo coperto la testa con foulards
a mo’ di chador.
E dulcis in fabula, le visite ai musei, a monumenti e palazzi famosi, tra cui Houses of
Parliament con il BigBang, a parchi e, perché
no ?l, tanti giri sul caratteristici busses rossi a due
piani. Ed infine Wesley
tour, con visita alla raccolta
di manoscritti e libri del
fondatore del metodismo.
Ma la nostra riflessione
spirituale è stata particolarmente accompagnata e
stimolata da una vita serale e notturna intensa o
quasi, visite di “studio” ai
pubs, riguardanti birre e
bevute varie; ma anche giri serali più impegnativi,
come quello alla Chester
House, l’ostello metodista
molto ben tenuto e con ottimi prezzi. Una sera siamo andati a teatro con alcuni giovani della comunità per assistere alla rappresentazione, davvero
originale, della vita del
Giuseppe biblico in versione rock music-hall. Il faraone della commedia somigliava e cantava come Elvis Fres ley..., posso assicurarvi che nessuno ha
dormito durante lo spettacolo. Un’altra sera l’abbiamo dedicata all’arte culinaria cinese in un ristorante
munito di Karaoke.
Infine II barbaquet nel
giardino della nostra Eileen Goddard e, l’ultima sera la barn-dance (tipica musica inglese
del secolo scorso), con una buona partecipazione della comunità.
Per concludere vorrei ribadire che questo
campo è stato ricco di momenti veramente
piacevoli (l’avrete sicuramente capito) che
hanno permesso a tutti di superare barriere di
lingua, arricchendoci da un punto di vista
umano e di creare amicizie internazionali che
spero siano durature.
Spero anche che questo articolo faccia venire voglia ad altri giovani italiani di essere più
presenti in ambito internazionale.
Marina Serra (Opera, MI)
13
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HotUiúríofgei
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TRADIZIONE PROTESTANTE
E GENEALOGIA FEMMINILE
Questo il titolo dell’incontro di Cassiopea
che si è tenuto a Roma il 23 e 24 ottobre. Il
tema può apparire oscuro a chi non è “addetta ai lavori”, ma in realtà si trattava semplicemente di proseguire il lavoro di ricerca sui
rapporti tra donne che stanno alla base della
nostra pratica politica: se noi, per dare valore
e dignità al nostro essere donne, ci rivolgiamo
prioritariamente alle altre donne - cerchiamo
cioè una mediazione femminile al nostro esserci nel mondo, dobbiamo anche interrogarci
sulle donne che ci hanno precedute, indagare
su quanto valore esse abbiano nel nostro immaginario, sull’importanza della nostra presenza (o, al contrario, della loro assenza) nelle nostre vite.
Questo discorso coinvolge in primo luogo il
rapporto con le nostre madri, quelle reali e
quelle “simboliche”, ma anche il rapporto con
storica femminista, ci ha parlato di “eredità
protestante e femminismo”: dapprima ha raccontato della pratica politica delle donne femministe protestanti del secolo scorso, individuando uno stretto rapporto tra la nascita del
movimento e le idee e le pratiche fondamentali del protestantesimo, poi ha indicato dei
nessi concettuali, delle categorie di pensiero
che ci hanno stimolate a guardare alla tradizione protestante non come un impedimento,
una barriera, ma come un accesso originale
al pensiero femminista, in un’ottica non di ricalco di esperienze di altre, ma di riappropriazione e traduzione delle nostre. La relazione
di Emma Baeri sarà pubblicata nel prossimo
numero di GE e sarà certo un utile materiale
per il nostro prossimo lavoro. A completamento del quadro storico, sono stati poi presentati
da Francesca Spano , Graziella Tron e Antonella Visintin, tre libri: “Vite discrete” di Bruna
Peyrot e Graziella Bonansea, di “Una vita degna di essere narrata” di Gabriella Rossetti e
le nostre “antiche sorelle” nella fede e nella
lotta per la liberazione femminile.
Nel convegno perciò abbiamo lavorato in
un primo momento sul piano della nostra
esperienza, di che cosa percepivamo come
facente parte della nostra genealogia, secondo la pratica delle donne del partire da sé:
con l’aiuto di alcune domande guida e servendoci di foglietti multicolori, abbiamo dato
frutti e radici a un albero disegnato su un foglio che ognuna di noi aveva a disposizione.
Poi abbiamo messo in comune i nostri percorsi e le nostre “radici”, raggruppando tutti i biglietti secondo le categorie emerse (la genealogia biologica, la madre, gli eventi, i radicamenti simbolici nell’universale neutro, la genealogia simbolica femminile, il maschile) in
una sorta di alberane collettivo di Cassiopea.
In un secondo momento abbiamo lavorato
su un piano che definirei storico-teorico: Emma Baeri, insegnante universitaria di Catania,
“Le donne della riforma” di Bayton.
A conclusione del convegno, abbiamo infine lavorato alla stesura di una bozza di documento che cominciasse a tracciare un “profilo” di che cos’è oggi Cassiopea, a quattro anni dalla nascita: in particolare, abbiamo discusso in gruppi su tre temi: le nostre pratiche
politiche, le nostre radici protestanti e le piste
future di ricerca.
Il tema della genealogia non è esaurito e ci
auguriamo di approfondirlo, arrivando anche
a dei punti fermi, nel prossimo convegno, che
si terrà di nuovo a Roma il 19-20 febbraio
1994. A proposito, chiunque fosse interessata
a partecipare, o semplicemente a capire qualche cosa di più, può telefonare a Silvia Rostagno (tei. 06/3219729) che si occuperà anche
di trovare un’ospitalità per quante ne avessero bisogno.
A presto!
Franca Bezzi (Milano)
ORIZZONTE DI SENSO
Rt^ie^sioniOi ou/*'a
- Parlami di Dio.
- Non mi interessa parlare di un dio o di una dea, preferisco parlare di colei in cui credo, senza bisogno che sia divina. Ma anche il pronome colei è inadeguato: devo per forza
parlare di un essere?
- Parlami allora di ciò in cui credi.
- Credo in un orizzonte di senso, rispetto al quale non sono che seconda; una circonferenza di raggio infinito che mi
circonda, una struttura che mi è limite, e in quanto tale mi
consente di esistere; che mi costringe ad esistere e a cercare, con le altre e con gli altri, i significati che da sola non
posso trovare.
- Cerchiamoli.
Bettina König (Torino)
dai consißCio
Il Consiglio si è riunito a Roma il 3 dicembre con ì 4 consiglieri e le 3 consigliere, e si
è allargato ai/lle segret. regionali il 4 e 5. Faceva da sfondo alla riunione la consapevolezza che era giorno di elezioni in tutta Italia, un giorno vissuto con II fiato sospeso, soprattutto a Roma. Adesso dovremmo lavorare dappertutto, affinché questa possibilità di
governo delle città porti dei frutti nella direzione che speravamo.
Il 1994 risulta per la Fgei pieno di attività, locali, regionali, interregionali e nazionali.
Come primo appuntamento vi ricordo con particolare enfasi il campo invernale di
Bethel. I gruppi del nord sono soprattutto invitati a raccogliere questo invito, anche alla
luce dell’atto n.33 (vedi sotto).
Il gruppo di lavoro sull’Albania organizza un convegno suU’ortodossia per la fine di
febbraio, come punto di partenza per una migliore comprensione delle proprie tradizioni
religiose. Aspettiamo una visita di giovani albanesi/e per il prossimo maggio.
Nel primo weekend di marzo si terrà in Piemonte il convegno itinerante sulla mafia.
Una prima attuazione di quello spirito espresso dalla mozione del Congresso riguardo alla comprensione della questione del mezzogiorno come questione nazionale. Ai gruppi rimane di raccogliere l’invito di gemellaggi tra nord-centro-sud.
Vi invito inoltre caldamente a tenere libero nella vostra primavera, il fine settimana del
19-20 marzo, per partecipare al convegno su G.E., dove si prenderanno tutte le decisioni finali riguardo alla nostra rivista.
Come consiglio allargato abbiamo lavorato molto bene rispetto al campo studi, che
si terrà nel dicembre 1994. Le indicazioni emerse saranno rivolte alla staff che è incaricata della preparazione del campo.
Siamo lieti inoltre di aver potuto attuare l’indicazione del Congresso di portare i numeri del Notiziario da 5 a 8, grazie alla disponibilità di alcune Igeine di Napoli a formare una
redazione napoletana. Questo comporta dei costi maggiori, che incidono sul bilancio della fgei, costi che la fgei tutta dovrà pensare a come coprire. Si ipotizza l’idea di una festa
del Notiziario, per esemplo.
Il Congresso di settembre, cioè noi, ha approvato un aumento dell’autofinanziamento per il 1994 del 20% circa. Facendo un calcolo approssimativo significherebbe che
ognuno di noi in media dovrebbe dare 18.000 lire l’anno. In media vuol dire che c’è chi
darà di meno e c’è chi darà di piùl Una buona idea di autofinanziamento è l’organizzazione di cene, con la cresta sulla spesa, ovvero divertendoci reciprocamente ci finanziamo.
La decisione di pensare a campagne di finanziamento per specifici progetti non è stata
approfondita al consiglio allargato. Mancano un po’ le idee e forse rimane un argomento
in cui mostriamo eccessivo pudore.
Comincia il tempo per la raccolta delle adesioni dei gruppi. Per favore chiudiamo
questa conta nei primi mesi dell’anno. Le schede servono per mantenere i collegamenti e
facilitare lo scambio di informazioni. Nulla di più, nulla di meno.
V
Silvia Rostagno
r
atti
Roma 3/4/5 dicembre 1993
24. Si nomina corrispondente nazionale dell’MCS Renato Del Priore.
25. Si accoglie la proposta del gruppo di lavoro sull’Albania, di organizzare un convegno
sull’ortodossia. Si incarica lo stesso gruppo di lavoro di organizzarlo.
26. Si nominano Stefano Fasola, Barbara Grill, Haría Quartino, Martin Sopjio e Pasquale
lacobino membri del gruppo di lavoro sui migranti.
29. Si nomina Simon Pietro Marchese rappresentante Fgei nel Comitato di Bethel.
31. Si decide la copertura finanziaria di 8 numeri del Notiziario per il 1994.
33. Si stanziano L. 500.000 per borse viaggio, per il campo invernale di Bethel ‘Giovani e
UNA DOMENICA A SIENA
Domenica 14 novembre, i ragazzi delle comunità di Pisa, Castiglioncello, Firenze e
Grosseto sono venuti a trovare noi giovani di
Siena per conoscerci, per conoscersi e per
iniziare una futura collaborazione.
Qui a Siena siamo un piccolo gruppo che
ha iniziato a formarsi con l’arrivo di studenti
camerunesi e grazie a loro sinceramente la
nostra chiesa, sotto certi aspetti, si è come
rinnovata, sono infatti sorte due nuove attività: il coro ed il corso di cucito oltre al catechismo che già da tempo portiamo avanti con
il nostro pastore Giovanna Pons.
Quando ci è possibile, inoltre cerchiamo di
visitare i membri della diaspora portando i nostri canti nelle campagne del Chianti.
La Domenica passata insieme ai ragazzi
della FGEI Toscana, è iniziata alle ore undici
con il culto centrato sul tema della vocazione
(Isaia 53: 6-12; Atti 8: 26-40), è proseguita
con una breve passeggiata per le vie di Siena
per poi passare, in un secondo momento, al
pranzo nei locali della chiesa.
Nel pomeriggio dopo un giro di presentazioni, una chiacchierata e numerosi canti, ci
siamo suddivisi in gruppi discutendo delle rispettive comunità, delle attività svolte da noi
giovani all’interno e all’esterno di esse e chiedendoci soprattutto se volevamo avere contatti con altri gruppi per condividere insieme
opinioni e problemi.
La risposta a questa domanda è stata positiva, pensiamo infatti che tali incontri, come
quelli di Domenica, siano costruttivi perché ci
aprono verso altre realtà evangeliche che, per
esempio, in questa piccola città, sono difficilmente rintracciabili.
Sperando in un nuovo incontro, ringraziamo il Signore che ci ha dato la possibilità di
conoscerci e di aprire nuove porte.
“Cantate all’Eterno un cantico nuovo, cantate all’Eterno, abitanti di tutta la terra!”. (Salmo 96:1)
Elisa Capannoli (Siena)
posta * ¡posta * ¡posta * posta¡^¡posta‘^posta¡^¡posta *Jposta^^^posta¡i*í!posta^posta¡^postaP—¡posta * posta^*-posta^Jposta¡^posta
K!
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE IN NORMANDIA
Sto frequentando, da settembre scorso, il Liceo
“Jehan Ango" di Dieppe, una piccola cittadina sulla
Manica nell’Alta Normandia. A fine anno scolastico
tornerò al mio Liceo “Tommaso Campanella” di
Reggio Calabria.
Mentre aspettavo l’autobus davanti la scuola iniziai un colloquio con un gruppo di ragazzi. La conversazione era piacevole quando, ad un certo punto, parlando dell'Italia mi chiesero da quale parte
venissi. Risposi dal Sud, precisamente “en face à la
Sicilie". Zittirono per lunghi secondi. Poi uno disse:
"Ah, dove c’ò la maflal?” Dissi ovviamente di sì. La
conversazione non fu più la stessa e s’interruppe
quasi subito.
Non è il solo caso che mi è capitato. Qui tutti immaginano che il meridione sia un luogo esclusivo di
mafia e l'Italia una terra dominata dalla corruzione.
Ancora non ho avuto il tempo, forse neanche II coraggio, di parlare loro di questo argomento visto da
chi, come me, vive nello stesso territorio. Però sto
pensando incessantemente come fare per liberarci,
noi calabresi e meridionali, da questo male. Come
fare a non assuefarci a questa schiavitù.
Qui per la prima volta mi sono accorto che
chiunque può Intraprendere il lavoro che più gli aggrada senza dare conto ad altri se non alle autorità
competenti, qui ho visto strade senza spazzatura,
case con facciate ben mantenute, scuole pubbithe
pulite e riscaldate con lavagne luminose, computer.
palestre, con attrezzature scientifiche che vengono
adoperate dagli studenti.
Allora penso che In Calabria dobbiamo Incamminarci verso la nostra libertà, dobbiamo liberarci di
coloro, di quella minoranza, che per troppo tempo
ci hanno oppresso esaltando l’egoismo e la prevaricazione, il tornaconto tribale e la violenza.
Per fare ciò dobbiamo credere che Chi ci ha dato la vita ci starà sempre accanto come un'aquila
con i suoi piccoli.
Ho sedici anni, sto conoscendo una realtà fortunatamente diversa e voglio che anche la mia terra
possa ottenere questa condizione.
Tornerò e farò di tutto affinché, con l'aiuto di Chi
ci protegge, ciò avvenga.
Piervincenzo Canale (Dieppe)
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VALLI VALDESI
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■.^ P/er Paolo Long
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J 0121-73318
AGAPE
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0121-807514
Rappresentanti FGEI:
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CONSIGLIO NAZIONALE ^ CENTRI GIOVANILI
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Renato Del Priore
TRIESTE
Pier Davide Coisson
via Monte Peralba 36
34149 T rieste
040-829234
LUSERNA S.GIOVANNI
Daniele GardioI
strada Pecoul 5
10062 Luserna S.G.TO
0121-900278
:Ì,VtORRE PELLICE
Luciano Kovacs
via C. per la libertà 1
10066 Torre Pellice TO
0121-932264
PIEMONTE
segretario:
Andrea Rostagnol
via Gorizia 197
10137 Torino
011-328649
TORINO
Giovanna Ribet
via Filadelfia 29
10134 Torino
segretario:
Daniele Del Priore
c/o Lombardini
via Montegrappa 62/B
20092 Cinisello B. MI
02-66040862
Sitia,, a.’
VENEZIA-VICENZA
Barbara Grill
via Castello 5170
30122 Venezia
041-5239745
VERONA-TRENTO
Cipriana Tomaselli
via M. Buonarroti 7
37050 Vago di Lavagno VR
045-983138
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MILANO
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via P. da Vimercate 10
20121 Milano
02-6599603
BERGAMO
Luca Fasulo
via P. Recastello 12
24125 Bergamo
UDINE E GORIZIA
Claudia Nisbet
Claudia Nisbet
•/L.'v* A ‘n via San Rocco 254/4
NOTIZIARIOFGEI
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Redazione:
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10060 S.Pietro Val
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PISA
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56127 Pisa
050-574218
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M
m:
Ü- i 00050 Santa Severa
/isola DEL URI
Elga Pallagrosi
via Camello 13/c
03036 Isola del Liri
0776/812055 i
A
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TOSCANA
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via Aurelia 632/bis
57012 Castiglioncello LI
0586-751241
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CAGLIARI
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070-300608
-87188802
LAZIO
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OQOQn /0/-./0 rial I ¡ri CD
ROMA MONTE SACRO
Luana Pallagrosi
via G.Casati57
00129 Roma
Cristir
CONSIGLIO
NAZIONALE
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Pasquale lacobino
c/o Istituto Gouid
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via S.Baldacchini 11
80123 Napoli
081-5729572
Emanuele Sbaffi (cassiere)
via G. Venezian 3
40121 Bologna
051-239227
Debora Spini (resp. esteri)
via Marsilio Ficino 19
40132 Firenze
055-573784
Lello Volpe
via Regina Margherita 38
96016 Lentini SR
095-942544
PUGLIA LUCANIA
’^4 segretario:
4| Amos Carri
via monte Amiate 2
71042 Cerignola FG
0885-429177
Cristina Arcidiacono
viale Unità d'Italia 24/d
70125 Bari
-5360196
TARANTO
Marco Sardiello
via Lazio 84
74100 Taranto
CERIGNOLA
Amos Carri
via monte Amiata 2
71042 Cerignola FG
¡5-429177
CORATO
Nella Patrono
viale Adige 28
70033 Corato BA
080-8725629
Jkt,
CATANIA
Stefania Consoli
via Mad. di Fatima 54
95030 Catania
095-414490
GRAVINA
Frncesca Lo Russo
via Kennedy 16
70024 Gravina BA
SICILIA
segretaria:
‘ Vitea Allegra
i viaPecori Giraldi 23
90123 Palermo
091-473210
RIESI
Laura Testa
via Volturno 7
93016 Riesi CL
0934-9285301
LENTINI
Sandra Spada
via Archeologica Pref.1
96013 Carlentini SR
095-9931141
/scigli
Zaela Mania
via Salem! 1
97018 Scicli RG
0932-932031
urg"
MATERA
Angela Stifano
via Don L.Sturzo 17
75100 Matera
0835-262119
ADELFIA
970'' 0 Scoglitti RG [ i ' Vit
" ■ Rappresentanti FGEI:^\^^^^^
MIGLIONICO
Maria Castellari
Pza del Popolo 6
SU 75010 MiglionicoMT
'■^Iv
CONVERSANO
Pina Lestingi
via Bergamo 2
70014 Conversano BA|'
080-9956867
VENOSA
Daniele Doria
via G.Fortunato 55
0835-559573
REDAZIONE: C/o Anna Lo Grasso, via Genova 64,10126 Torino
REDATTORI/TRICI: ATORINOiMax Cambellotti, Daniele Griot, Bettina König (coordinatrice - tei 0121-543819), Anna Lo Grasso (tei 011/6967671), Samuele Montalbano,Elia Piovano.
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COLLABORATORI/TRICI: AlbertoG|rsani, Daniela Qi, Cario, Gioraio Guelmani, (^vanni Jalla Jteonpietro Marchese, Enzo Marziale, Marco Schellenbaum, Stefano Mattone, Stefano Meloni,
Angelo Merletti, Fabrizio Oppo, Uj^TPallagrosi^pffiio PasquK^ssella Saup, Sandro S|^^, Renzo Ij^^tto, Paolo^Ato, AntoneU^Visintin.
CORRISPONDENTI REGIOIÌt4^3rira Ca^QfltSRiri Pallagigilu^rah MartifUr Maria Maraìfello, Francauo Petrosillo,Jl^^tella RosU^|ro,Oriana fl^illier. Paolo ]B0ta.
15
venerdì 17 DICEMBRE 1993
PAG.
VIA BECKWiTH 1 - 10066 TORRE RELUCE - TEL 0121/91260
LICEO
EUROPEO
t
I Indirizzo
I linguistico
Indirizzo
giuridico
economico
Indirizzo |
artistico \
CORSI DI LINGUE
E CULTURA
LICEO CLASSICO
SPERIMENTALE
r Materie aggiunte: 1
I • informatica i
I I
I • diritto ed economia |
I_________________ 1
r-------------------- ,
I Materie estese !
I a tutto il corso '
I 1
I • inglese • scienze • arte |
CORSI DI
FORMAZIONE E
RIQUALIFICAZIONE
Il progetto educativo del Collegio valdese di Torre Pellice guarda all'Europa
Non solo una scuola superiore
ma una struttura di formazione permanente
MARCO ROSTAN
Sostenuto dalla decisione
deir ultimo Sinodo, che
ha approvato il progetto di
migliorare le possibilità di
istruzione e formazione in
quest’area geografica con un
rilancio e una diversificazione dei programmi del Collegio valdese di Torre Pellice,
il Comitato si è messo al lavoro secondo tre linee operative: l’innovazione della didattica e la sua qualità, il potenziamento delle attività
culturali e lo sviluppo del
settore della formazione e riqualificazione professionale.
Si tratta in concreto di:
1) realizzare un progetto
educativo globale incentrato
sul Liceo europeo a partire
dall’anno scolastico 1993-94
(vedi scheda);
2) ampliare i corsi di lingue straniere e di cultura generale aperti a tutti gli interessati, senza preclusioni di
età;
3) istituire dei corsi di formazione e riqualificazione
professionale mirati all’acquisizione di competenze
specifiche possibilmetìte utilizzabili sul territorio.
Per quanto riguarda il primo punto, sono state inoltrate
le domande al ministero: oltre al nuovo liceo europeo, si
vuole continuare il classico,
non solo per la «tradizione»
del Collegio ma perché questa scuola viene oggi rivalutata anche da parte delle
aziende che hanno scoperto
come gli studenti del classico
siano i più pronti a capire e
imparare idee e tecniche nuove. Inoltre il classico, al Col
SCHEDA
Il liceo europeo
Il Liceo europeo è un corso
di studi di 5 anni, articolato in
un biennio e un triennio. Entrambi prevedono un’area comune e tre aree di indirizzo:
linguistico moderno, giuridico economico, artistico letterario. Le materie caratterizzanti sono: a) per il linguistico moderno la terza lingua
straniera nel biennio, la terza
lingua straniera e l’arte nel
triennio; b) per il giuridico
economico le discipline giuridico-economiche nel biennio,
il latino, il diritto e l’economia nel triennio; C) per l’artistico letterario il linguaggio
visuale nel biennio, il latino e
le discipline artistiche nel
triennio.
Durante il biennio è possibile modificare la scelta
dell’indirizzo. Questo modello di scuola superiore vuole
consentire il libero accesso
alle università della Comunità
europea. Nel triennio superiore una o due materie saranno
studiate in lingua straniera,
anche seguendo lezioni tenute
da insegnanti provenienti da
scuole gemellate con il Collegio.
Si darà particolare sviluppo
ai contatti diretti con realtà
culturali e socio-economiche
diverse per mezzo dei programmi Cee, come «I giovani
per l’Europa», e verranno intensificati gli scambi con
classi di allievi di scuole gemellate di altre nazioni. La
preparazione dei diplomati
del liceo europeo risulta particolarmente adatta per proseguire gli studi nelTambito
della comunicazione,
dell’amministrazione pubblica o privata, della conservazione del patrimonio artistico.
Secondo la commissione
ministeriale che ha elaborato
questo progetto, questo tipo
di scuola dovrebbe diventare
il modello di liceo in tutti i
paesi della Comunità europea. Il costo annuo per la frequenza al liceo europeo sarà
di tre milioni e 500.000 lire: è
prevista la possibilità di concorrere all’assegnazione di
borse di studio per coprire in
parte questi costi.
legio, si presenta già innovato: con l’informatica affiancata alla matematica, estensione ai 5 anni dell’inglese
(una volta studiato solo nei
primi due anni) il diritto e
Teconomia.
L’esperienza dei corsi di
lingue, già sperimentata in
passato, continua con successo e può migliorare: quest’
anno sono stati attivati 4 corsi di inglese per adulti (32
persone) e uno per bambini
(6 allievi); 4 corsi di tedesco
con 40 partecipanti, di cui un
corso a Pomaretto, con 16 allievi; 2 gruppi di spagnolo (7
partecipanti). Interessante,
anche se per pochi, il tentativo realizzato con un corso di
greco neo testamentario. L’intenzione (confortata da richieste) è di svolgere questi
corsi anche per le valli Chisone e Germanasca.
Il terzo settore di attività,
quello dei corsi di cultura generale e di qualificazione o
riqualificazione, è ancora in
fase di progettazione e rappresenterebbe la novità: il
Comitato si augura di iniziarne almeno qualcuno in primavera. Vi è qui un grosso
settore di collaborazione con
gli enti pubblici, le Comunità
montane, che potrebbe da un
lato svolgere un importante
ruolo culturale e dall’altro
costituire uno stimolo per
realizzare alcuni sbocchi occupazionali in una situazione
che si presenta, sul piano del
lavoro, veramente drammatica per i giovani della zona.
Basti pensare, per esempio, a
corsi per operatori turistici, a
corsi sul restauro del mobile,
a corsi di riqualificazione per
geometri che puntino a realizzare in valle interventi di
recupero edilizio rispettosi
dell’ambiente e delle tipologie esistenti, a corsi per operatori dei musei. Si tratta anche di valorizzare le risorse
qualificate già presenti sul
territorio, dal Centro culturale alla Società di studi valdesi con le loro strutture museali e di ricerca.
Insomma, l’idea generale è
di riqualificare il Collegio
non soltanto sul versante della scuola superiore per giovani, ma come struttura di formazione polivalente che sa
legarsi e rispondere a una serie di necessità presenti nella
popolazione locale, nelle varie fasce di età. Naturalmente
non si può pensare di aumentare il numero dei frequentanti il liceo senza poter offrire loro una struttura residenziale e un servizio di
mensa: a questo proposito vi
è la disponibilità della Foresteria e si sta studiando la
possibilità di realizzare una
«casa dello studente» in parte
dei suoi locali; si pensa anche di acquisire la disponibilità di alcune famiglie nel
prendere a pensione alcuni
allievi, in particolare nel primo anno.
La questione decisiva, in
tutto questo progetto di rilancio del Collegio, resta infatti
il numero degli allievi che
frequenteranno: attualmente
sono 83, di cui 17 nella prima classe, ma perché le cose
funzionino dovrebbero arrivare a 125. Un traguardo ambizioso ma non impossibile:
è bene ricordare, a questo
proposito, che il Sinodo ha
rivolto un appello alla popolazione valdese e al mondo
evangelico perché si avvalga
delle nuove possibilità offerte da un Collegio proiettato
verso l’Europa. Il Comitato
ha avviato anche degli incontri con i Concistori delle valli
per illustrare queste possibiìità, per stimolare l’iscrizione
al Collegio da parte di giovani delle comunità e per invitare le chiese a offrire una
borsa di studio.
I costi del progetto sono infatti notevoli, specialmente
nei primi anni, e le rette richieste per la frequenza dovranno necessariamente corrispondere alla gran parte di
questi costi, perché non è
giusto che essi ricadano sulla
chiesa. Ma il Comitato ritiene anche necessario adottare
una politica di borse di studio
che non precluda la strada
del Collegio a chi non ce la
fa economicamente, e perciò
si propone di migliorare la
rete di contatti e di informazione con amici e sostenitori,
con l’obiettivo di riuscire a
finanziare l’insieme del progetto in questa delicata fase
di transizione e nei primi anni della sua attuazione.
Un dibattito sull'etica e sulla politica
I protestanti e
la sinistra progressista
_______SERGIO PASETTO_______
Le vicende politiche degli
ultimi giorni hanno impresso un’ulteriore accelerazione alla situazione attuale,
spingendo ancora verso il
cambiamento della scena che
preesisteva all’attuale radicale rivolgimento. La fine del
regime fondato sui partiti nazionali consolidati da quasi
50 anni ha dato luogo a un assottigliamento delle vecchie
formazioni politiche, ridotte a
due: Pds e Msi. Questo porta
a una riflessione: le opposizioni di destra e di sinistra sono meno penalizzate dall’
elettorato, che sembra riconoscere e voler punire chi ha
retto concretamente il governo in questi anni e ha condiviso la degenerazione del sistema.
Il successo del Msi nel primo turno dell’elezione del
sindaco a Roma e Napoli e in
altre città pone un problema
di autocritica a sinistra, dove
si è forse considerato solo un
antifascismo di maniera, non
rendendosi conto che andava
approfondito un rapporto con
quei giovani che non hanno
conosciuto il regime fascista
e mancano di stimoli a considerare la profonda permanenza, oltre la sconfitta storica, di un’ideologia che trascende l’epoca che la espresse. Meglio dire che il fascismo è un’idea che permane
oltre il ventennio mussoliiuano, un’impostazione della vita e del rapporto con gli altri
che può entrare anche in settori della società che sono
lontani dalla storia del fascismo stesso. Fascismo è anche una linea populista, demagogica, autoritaria, intollerante che però alberga in
molti di noi, nel rapporto con
gli altri, nell’individualismo
accentuato.
A tale proposito una linea
progressista, di cambiamento,
non può prescindere da una
filosofia morale chiara, che
trovi un suo punto importante
nella solidarietà e nella riscoperta di ideali che non siano
stati travolti dalle ideologie
della stessa sinistra nel passato; mi è parso opportuno il richiamo in tal senso che ha
fatto il filosofo Gianni Vattimo sulla «Stampa» del 26 novembre. Una sinistra che riscopre valori morali di fronte
a una destra che punta sul
«realismo» capitalistico che
passa sopra la persona e la
morale.
Una destra che stenta a coagularsi, incerta tra populismo
della Lega, reazione del Msi,
autoritarismo, e una sinistra
che si è coalizzata con più facilità ma non ha risolto il nodo del distacco dall’ideologia
del passato, consegnato alla
storia conclusa (nel bene e
nel male) del comunismo, e
ha la possibilità di ridare certezza di onestà e trasparenza
alla conduzione politica del
paese.
È azzardato dire a questo
punto che il protestantesimo
può accampare una sua possibilità di intervento sulla tematica morale che sta come
elemento fondamentale nella
sinistra progressista che si sta
costruendo? Dovremmo, noi
protestanti, discuterne di più,
interiorizzare di più, renderci
più visibili come stimolo al di
qua della quantità, alla ricerca
laica di un’alleanza di progresso?
E se ciò portasse a un diversificarsi di posizioni non
sarà certo negativo, ma una
ricchezza nel pluralismo democratico.
Iniziativa ecumenica a Pinerolo
Risponde il 39.82.42
Circa un anno fa a Pinerolo
nasceva un nuovo centro di
assistenza, il Centro di ascolto, grazie all’iniziativa della
Caritas diocesana e della
Chiesa valdese di Pinerolo,
rappresentate dal canonico
Mercol e dal pastore Tron. Il
personale, in gran parte femminile, resta a disposizione di
coloro che si rivolgono al
Centro a turni di tre giorni la
settimana: ascolta i problemi
della gente, scambia opinioni
e, nel limite del possibile, offre un piccolo aiuto, anche
materiale, per l’acquisto di
generi di prima necessità.
Il Centro di ascolto non è
però nato come ufficio di aiuti esclusivamente finanziari
ma come centro di consulenza che indirizza le persone
in caso di bisogno e senza distinzione di fede e di colore,
verso istituzioni e persone
che possono risolvere i loro
problemi; vale a dire una sorta di assistenza di tipo sociale
in collaborazione con altre
istituzioni già esistenti nel Pinerolese.
Lo scopo fondamentale è
quello della promozione
umana: molti si rivolgono al
centro con la speranza di essere aiutati a trovare un lavoro o una casa; è necessaria
quindi una rete di persone
volontarie, esperte, che aiuti
no la gente a uscire da situazioni di difficoltà non unicamente economiche. Già alcuni professionisti hanno offerto la loro collaborazione medica o legale, e altri sarebbero preziosi. Sono importanti
anche le segnalazioni, da parte di imprenditori e privati, di
possibilità di alloggio o di lavoro. In generale ogni tipo di
volontariato è ben accolto.
Per ulteriori informazioni è
possibile rivolgersi allo
0121-398242. Il Centro è
aperto il lunedì e il sabato
dalle 9 alle 11,30 e il mercoledì dalle 15 alle 17,30.
Villar Pellice
Grazie
giovani
if
Fa piacere vedere che i
giovani pensano a noi, come
è accaduto domenica 12 dicembre in occasione della festa dell’anziano e ci sono vicini con amore e spirito fraterno, senza badare al lavoro
e alle spese. Un profondo
grazie di cuore.
Un anziano
16
PAG. VI
venerdì 17 DICEMBRE I993
La corale della Chiesa valdese di Prarostino nel 1943 è composta da sole donne
Il centenario della corale valdese di Prarostino - T
Quando ¡I pianoforte costava
quanto una bella mucca
DELIA BERT
Nel raccogliere materiale
e informazioni sulla storia della corale di Prarostino
abbiamo intervistato la signora Bert che, per 12 anni,
ha diretto la corale di Prarostino negli anni difficili della
guerra e nel momento alto
del Centenario dell’emancipazione del 1948.1 suo ricordi sono una pagina interessante della storia della corale
di Prarostino, interessante
non soltanto per i prarostinesi
ma anche per gli altri valligiani, visto che le esperienze
di quegli anni erano simili in
tutte le comunità.
Racconta Delia Bert, vedova del pastore Umberto Bert:
«Noi siamo giunti a Prarostino esattamente 55 anni fa,
nel luglio 1938, e naturalmente mi è stato subito chiesto di dirigere la corale. I primi anni sono stati un po’ difficili, vuoi perché ero abbastanza giovane ancora, avevo
25 anni, e anche per la difficoltà di fare gli esercizi di
canto e non valsero molto i
corsi di teoria musicale che
avevamo istituito, frequentati
naturalmente dai ragazzi più
ANGROGNA — A partire dal prossimo mese di
gennaio il culto avrà inizio
alle 10, e non più alle
10,30, per consentire a
quanti lo desiderino di ritrovarsi per un momento di
fraternità nella saletta del
Concistoro.
• Lo spettacolo del Gruppo teatro Angrogna A la
brua! riprodotto interamente su videocassetta è
disponibile come strenna
natalizia presso la libreria
Claudiana di Torre Pedice
oppure direttamente presso
i componenti del gruppo.
VILLAR PEROSA —
La prossima riunione quartierale avrà luogo venerdì
17 a casa di Claudio Bertin.
POMARETTO — A
partire da domenica 19
dicembre i culti saranno nel
tempio; si ritornerà nel teatro con la prima domenica
di gennaio.
che dagli adulti i quali erano
impegnati nel lavoro quotidiano, che era abbastanza duro. C’éra un piccolo strumento, un armonium alquanto
sfiatato, e facevo più fatica a
far uscire il suono da
queir armonium piuttosto che
far uscire la mia voce successivamente per le quattro parti; allora abbiamo fealizzato
che si era imposta la necessità di avere uno strumento
adatto e si è parlato di un pianoforte: era l’anno 1942 e ricordo che nel 1943 avevamo
già il pianoforte, naturalmente di seconda mano: costò
esattamente 9.777,15 lire e
ricordo che una persona competente del posto, forse era
un membro del Concistoro,
aveva detto che equivaleva al
costo di una bella mucca.
Per arrivare a quella somma (ci si arrivò abbastanza
facilmente) ci aiutò l’Unione
delle madri e abbiamo fatto
qualche concerto perché, in
quel tempo, avevamo potuto
usufruire di. alcuni sfollati
che erano a Prarostino; abbiamo fatto concerti con violino, l’armonium e, se non
erro, anche la corale di Torre
Penice era venuta a darci una
mano.
Il pianoforte, una volta acquistato, è arrivato a Miradolo; da Miradolo a San Bartolomeo è stato trasportato su
un carro tirato da mucche: ho
trovato, in una circolare, i
nomi di chi si era offerto di
fare questo servizio: Virgilio
Gay e signora. Guido Godino
e Bruno Forneron. Col pianoforte tutto è cambiato: è
stato utile non solo per le
esercitazioni della corale ma
anche per poter organizzare
moltissime attività per la gioventù; facevamo una specie
di saggio alla fine dei corsi,
fantasie musicali... insomma:
ci lanciavamo! Il pianoforte
ci aiutava veramente.
Questo fino al luglio 1943;
poi cominciarono i giorni bui
e tragici. Già molti giovani
erano lontani, sotto le armi;
altri, dopo T8 settembre, si
diedero alla clandestinità oppure entrarono nelle formazioni partigiane. In quel momento la corale si vide ridotto quasi a zero l’elemento
maschile e fu l’elemento
femminile che effettivamente
mandò avanti la corale: C’è
una foto che lo ricorda. Avevamo ancora forse una mezza
dozzina di uomini, però avevamo anche cominciato a fa
re degli inni a tre voci, tre
voci bianche, voci di donne;
e co^ì abbianto sempre potuto partecipafe alle fèste di
canto. I giovani tornarono, finita la guerra, ma cominciò
l’emigrazione femminile;
questo però risultò meno grave perché l’elemento femminile era preponderante, perciò la corale ne soffrì molto
meno. Molte giovani erano
partite per l’estero, specialmente in Svizzera e mandavano notizie: cercavano di
raggranellare un po’ di quei
benedetti franchi svizzeri che
potevano aiutare per le necessità della ricostruzione.
Intanto siamo andati avanti. In una circolare di allora
ho letto questo: “La Corale,
pur chiamandosi Società il risveglio, dopo alcuni anni di
sonnolenza sembra proprio
ora essersi risvegliata!’’. Questo perché erano stati anni
molto proficui e, soprattutto,
vedevamo arrivare la data del
1948: quella data ha dato uno
slancio d’entusiasmo a tutta
la comunità. Voglio ricordare
appunto, in occasione del
1948, l’inno del Centenario,
musicato dal maestro Ferruccio Rivoir sul testo di una
poesia della nostra poetessa
Ada Melile; tutte le corali
delle Valli hanno imparato
quell’inno del Centenario;
T abbiamo cantato anche noi
a Prarostino e Tabbiamo ripetuto nel ’50 in occasione di
un concerto in comune con la
corale di Torre Pellice; cominciava “Come stormo
d’uccelli migranti...’’. È stato
molto bello il 1948, e ci ha
dato molta soddisfazione.
Ora ripensando a quei tempi lontani mi domando se la
corale di Prarostino non stia
vivendo proprio oggi il suo
tempo migliore nel senso che
è guidata magistralmente da
un pastore competente e può
dare molto alla chiesa. Non
so se i coralisti abbiano preso l’abitudine, che sarebbe
stata tanto gradita a mio marito, di frequentare un po’
più assiduamente i culti. Il
compito precipuo di un coro
parrocchiale è quello di guidare il canto in chiesa; lo
strumento, armonium o organo, va benissimo ma sono
proprio le voci a guidare il
canto; e per finire vorrei lasciare alla corale l’augurio di
poter espletare questo servizio per la chiesa che è, nello
stesso tempo, testimonianza
di fede».
IL NATALE
NELLE CHIESE VALDESI
DELLE VALLI
ANGROGNA — Venerdì 24 dicembre,
alle 21, nel tempio di Pradeltorno, culto
condotto dalla corale.
Sabato 25, alle 10, nel tempio del capoluogo, culto con Cena del Signore e partecipazione della corale e dei bambini della
scuola domenicale.
Domenica 26 dicembre, alle 10,30, nel
tempio del Serre, culto e recita dei bambini
della scuola domenicale; a seguire agape
comunitaria e pomeriggio comunitario alla
sala unionista a partire dalle 14,30.
Venerdì 31 dicembre, alle 21, nel tempio
del Serre, culto di fine anno con Santa Cena.
BOBBIO PELLICE — Domenica 19,
alle 10, nel tempio, culto condotto dai ragazzi con canti e recite. Alle 12,15, nella sala, agape fraterna.
11 culto di Natale avrà luogo alle 10 con
celebrazione della Cena del Signore.
Domenica 26, ore 10,30, culto di fine anno con partecipazione della corale.
Domenica 2 gennaio, ore 10,30, culto di
capo d’anno con Santa Cena.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 19, alle 10, nella sala Albarin, culto
con i ragazzi delle scuòle dòmenicali.
Giovedì 23, alle 10, culti con Santa Cena
all’Asilo valdese e al Rifugio Carlo Alberto.
Venerdì 24, ore 21, culto con partecipazione della corale al tempiio'del Ciabas.
Nel giorno di Natale i culti saranno alle 9
agli Airali e alle 10 nel tempio, entrambi
con Cena del Signore e, nel secondo caso,
partecipazione della corale.
Domenica 26, culti alle 9 agli Airali e alle
10 nel tempio; alle 14,30, ai Peyrot, festa di
quella scuola domenicale.
Venerdì 31 dicembre, ore 21, nel tempio,
culto di fine anno con celebrazione della
Santa Cena.
MASSELLO — Il culto di Natale sarà
alle 11 al Reynaud.
PERRERO-MANIGLIA -- Il 19 a Ferrerò, ore 10,30, culto a cura della scuola domenicale.
Il 25 culti alle 9 a Maniglia e alle 10,30 a
Ferrerò con Santa Cena e partecipazione
della Corale.
Domenica 26, ore 10,30 culto a Ferrerò.
11 31, ore 19,30, culto a Ferrerò con successiva partecipazione all’agape comunitaria di Villasecca.
Domenica 2 gennaio culti a Ferrerò e Maniglia.
PINEROLO — Domenica 19, alle 10,
culto con i bambini della scuola domenicale.
Martedì 2L alle 20,45, culto con la Comunità di base, sul tema «Memorie di Dio
nella fragilità umana».
Il 25, alle 10, culto con S.Cena e corale.
Domenica 26, culto alle 10, così come sabato 1° e domenica 2 gennaio.
POMARETTO —Domenica 19, ore 10,
culto con i bambini della scuola domenicale; a seguire agape comunitaria e pomeriggio con canti e giochi.
Venerdì 24, ore 16, culto al Centro anziani di Porosa..
Sabato 25, ore 9, culto con Santa Cena e
intervento della corale all’ospedale; alle 10,
culto con Santa Cena e corale, nel tempio.
Alle 20 riunione ai Cerisieri.
Domenica 26, ore 10, culto al Clot di Inverso. Alle 14,30, festa di Natale a Inverso.
Venerdì 31, ore 20,30, culto con Santa
Cena e, alle 22, incontro fraterno all’Eicolo
grando.
FRALI — Giovedì 23, ore 20,30, culto
con Santa Cena, per quanti il giorno di Natale saranno impegnati col lavoro.
Il 25, ore 10,30, culto con Santa Cena; alle 20,30 festa dell’albero con recite e canti.
Altri momenti di culto: domenica 26, sabato 1° e domenica 2 gennaio, alle 10,30.
PRAMOLLO — Il 19, alle 15, festa di
Natale dell’Unione femminile.
Il 25, ore 10, culto con Santa Cena e partecipazione della corale.
Domenica 26 il culto sarà alle 15 con la
partecipazione dei bambini della scuola domenicale che presenteranno recite e canti.
Domenica 2 gennaio, ore 10, culto con
Santa Cena.
PRAROSTINO — Il giorno di Natale,
alle 10, culto con Santa Cena e partecipazione della corale.
Domenica 26, ore 9, culto al Roc, con celebrazione della Cena del Signore. Alle
10.30, culto a Roccapiatta con Santa Cena e
partecipazione della corale. Alle 15, festa
della scuola domenicale e precatechismo
con recite e canti.
Sabato 1“ gennaio, ore 10, culto con Santa
Cena e Corale.
RORÀ — Domenica 19, ore 14,30, festa
dei bambini della scuola domenicale alle
Fucine.
Mercoledì 22, ore 20,30, nella sala del
teatro, recite dei bambini.
Sabato 25, ore 10, culto con Santa Cena e
partecipazione della corale.
Domenica 2 gennaio, ore 10, culto.
SAN GERMANO CHISONE — Venerdì 17, alle 15, festa natalizia all’Asilo.
Domenica 19, alle 10, culto con la scuola
domenicale; alle 15, nella sala, festa dei
bambini della scuola domenicale con recite.
n 20, ore 14,30 culto ai Ciampetti e il 21,
ore 14,30, culto alla Costabella.
Venerdì 24, ore 15, culto all’Asilo.
Il 25, ore 10, culto con partecipazione
della corale e celebrazione della Cena del
Signore. U
Domenica 26, ore 10, culto di Santa Cena.
Venerdì 31, ore 20,30, culto di S. Cena.
SAN SECONDO — Sabato 25, alle ore
10, culto con Santa Cena e partecipazione
della corale.
Domenica 26 il culto è alle ore 10 mentre
alle 20, nella sala, si svolge la festa dell’albero con partecipazione della scuola domenicale.
Venerdì 31, alle 20, 30, si tiene il culto
con Santa Cena.
TORRE PELLICE — Sabato 18, alle
14.30, nella scuola dei Coppieri, si svolgerà
la festa della scuola domenicale.
Domenica 19, nel tempio del centro, alle
10, culto con scuola domenicale, catecumeni e famiglie; alle 15 pomeriggio comunitario con la partecipazione della corale, del
coretto e del maestro Corsani all’organo.
Segue un tè in Foresteria.
La Cena del Signore verrà celebrata la sera del 24, alle 21, durante il culto nel tempio
dei Coppieri, a cui parteciperà il coretto; nel
giorno di Natale, ore 10 al centro, con la
partecipazione della corale, il 26, alle 10,30
al culto degli Appiotti e il 31 dicembre, alle
21, nel tempio del centro.
VILLAR PELLICE — Domenica 19,
alle 10 nel tempio, culto natalizio per la
scuola domenicale con canti e recite. Alle
20.30, nel tempio, concerto della corale di
Villar-Bobbio e del Coro alpino vai Pellice.
Il culto di Natale, alle 10, vedrà la celebrazione della Cena del Signore e la partecipazione della corale.
Domenica 26 il culto sarà normalmente
alle 10,30.
Venerdì 31 dicembre, alle 20,30, culto di
fine anno con celebrazione della Santa Cena
. Domenica 2 gennaio, culto in francese.
VILLAR PEROSA — Domenica 19, nel
tempio, alle 10, culto delle attività con partecipazione della scuola domenicale e dei
ragazzi del catechismo; a seguire agape comunitaria al convitto.
Nel pomeriggio, nella sala del teatro, festa dell’albero con recite, canti e tè intorno
all’albero.
Venerdì 24, alle 20,30, incontro tradizionale alla scuola Beckwith di Vivian.
Il culto di Natale, alle 10, vedrà la partecipazione della corale e la celebrazione della Santa Cena.
Domenica 26, ore 10, culto di Santa Cena
al tempio.
Nel giorno di Capodanno il culto sarà alle
10 al convitto.
VILLASECCA — Sabato 18, ore 20,30,
nel tempio, concerto delle Corali. Venerdì
24, ore 20, culto natalizio alla scuola di
Trussan con Santa Cena.
Il giorno di Natale, alle 10, nel tempio
culto con Santa Cena e partecipazione della
corale.
Domenica 26, alle 10, nel tempio, incontro dei bambini della scuola domenicale con
recite e canti.
Il 31 dicembre, alle 20 culto a cui farà seguito agape comunitaria.
Domenica 2 gennaio, ore 10, culto con
celebrazione della Cena del Signore.
17
\/FNERDÌ 17 DICEMBRE 1993
■■■■r-- • E Eco Delle ¥illi ¥^ldesi
PAG VII
Anche a Luserna San Giovanni nasce un coretto di bambini Comunità montana Chisone-Germanasca
Parte dai più piccoli il rilancio
delia pratica collettiva del canto
Per l'integrazione
delle Alpi occidentali
PIERVALDO ROSTAN
in atto un rilancio del
H/ canto a partire dai bambini più piccoli; dopo anni in
cui questa attività sembrava
relegata più ai vecchi coralisti che ai giovani o ai giovanissimi, ecco che si assiste a
un rifiorire di gruppi di canto
più 0 meno istituzionalizzati.
In vai Pellice da ormai molti
anni esiste il coretto di Torre
Pellice, da cui sono ormai
passate più generazioni di
giovani; col tempo sono nati
altri coretti e l’ultimo, in ordine di tempo, a Luserna San
Giovanni. E sono proprio i
più piccoli a partecipare con
più gioia agli incontri di preparazione al canto, bambini
che in alcuni casi hanno appena compiuto i quattro anni.
A Luserna il coretto è seguito dall’animatore giovanile Massimo Long, e ha cominciato a ritrovarsi da quest’autunno; vi partecipano
una ventina di bambini fra i 6
e gli 11 anni con prove regolari ogni sabato alle 16 nei locali della chiesa valdese. A
Torre Pellice il coretto dei
piccoli, grazie agli ultimi arrivi, ha raggiunto la quarantina di elementi ed è diretto,
come quello dei più grandi,
da Cristina Pretto. Visto
l’elevato numero e anche le
differenze di età (e dunque di
voce) questo gruppo viene
periodicamente diviso in piccoli e medi; con questi ultimi
vengono già messe in piedi
Il coretto di Torre Pellice nel recente «tour» in Germania
esecuzioni a piu voci con
l’inserimento graduale di
qualche strumento.
I due coretti «piccoli» hanno partecipato sabato scorso
a una serata nel gremitissimo
tempio dei Bellonatti a Lusema. Il tema della serata era
la Ninna nanna nel mondo e
sono stati così suonati vari
brani provenienti dall’Irlanda, dal Giappone, Francia,
Germania e naturalmente
dall’Italia. Per il neonato coretto di Luserna è stata la prima esibizione, ma già è in
programma fra pochi giorni
la partecipazione alla festa di
Natale all’Asilo valdese. È
stata una serata davvero molto bella, un’occasione non
solo di stare insieme in allegrezza e fraternità, ma anche
di vedere come il canto possa
Ricordo di Mario Gherardi
Una ricerca di fede
EMANUELE BOSIO
Ci ha lasciato Mario Gherardi. Con queste semplici parole i familiari hanno
dato la notizia della sua morte, avvenuta nel suo 93° anno
di età. Diminuisce di anno in
anno il numero delle persone
che hanno vissuto e lavorato
al suo fianco. Lo ricordano
con affetto quanti hanno trovato in lui un dirigente severo ed esigente ma pronto,
anche, a momenti di fraterna
allegria e comprensione.
Per 35 anni diresse la
Stamperia Mazzonis di Torre
Pellice, che dava lavoro a diverse centinaia di persone,
prima, durante e dopo l’ultima guerra fino al 1964. Era
considerato, a livello europeo, un maestro nel campo
della nobilitazione dei tessuti
ed ha formato, alla sua scuola, numerosi tecnici di questo
specifico settore.
Nell’ambito della Chiesa
valdese fu membro attivo
della Commissione istituti
ospitalieri valdesi e propugnò, fondò e condusse, come
presidente del comitato, per
molti anni la scuola valdese
di agricoltura ed economia
domestica a Luserna San
Giovanni, con l’intento di
sviluppare maggiormente le
attività agricole e terziarie
nelle Valli.
Di famiglia cattolica, toscano, era entrato da giovane
in contatto con i professori e
gli studenti della Facoltà valdese di teologia, allora a Firenze.
La scelta religiosa che lo
ha portato ad essere membro
della Chiesa valdese non è
stato, solamente, il passaggio
da una chiesa ad un’altra.
Mario Gherardi non ha cercato una religione, ma una
fede; non ha cercato una
chiesa, ma un Salvatore.
Non si sentiva particolarmente legato a questa o a
quell’aura denominazione
evangelica, pur ritenendo necessario aderire a una struttura religiosa che fosse organizzata.
La sua vita è stata una
continua ricerca di mezzi
nuovi, di nuove esperienze.
Era pronto a incoraggiare e
sostenere ogni iniziativa volta a promuovere l’annuncio e
la diffusione della parola di
Dio fra i gruppi sociali più
diversi, dove più viva e
spontanea era la manifestazione della stessa fede.
^eme
Assiciirazioni
Arnaldo Prochet
AGENTE GENERALE DI TORRE PELLICE
via Repubblica 14 - tei. 0121/91820
diventare momento educativo e di formazione per dei
bambini.
Ma di coretti non si parla
solo in vai Pellice; da oltre un
anno anche a Pomaretto si
riunisce un gruppetto di bambini delle scuole elementari,
sotto la guida di Dario Tron; i
piccoli imparano prevalentemente canti per bambini e
hanno regolari prove ogni
quindici giorni. Per ora non
sono ancora state effettuate
uscite ufficiali ma le «esibizioni» sono state presentate
unicamente ai familiari e agli
amici. Una caratteristica di
tutti e tre i gruppi; non sono
certo chiusi allo stretto ambito valdese; anche questo è un
segno di come il canto possa
davvero affratellare tutti, a
partire dalla più giovane età.
Vento di sfiduciato pessimismo; questo era il clima
politico che emergeva dal
Consiglio della Comunità
montana valli Chisone e Germanasca la scorsa settimana.
Incertezza sulle prospettive
degli enti montani, carenza
di finanziamenti, situazione
molto magmatica rispetto alle nuove collocazioni politiche di molti amministratori
locali dopo le vicende giudiziarie che hanno visto come
protagonisti Emilio Trovati
ed Eugenio Maccari, i due
personaggi politici riferimento per le due valli.
Eppure non si può lasciare
che tutto cada nella sfiducia
generalizzata; c’è pertanto
chi tenta di rilanciare la politica in valle, partendo magari
da alcuni progetti e da alcune
idee.
Forse mai come in questo
1993 le valli Chisone e Germanasca hanno puntato sulla
formazione e sulla riqualificazione di operatori specialmente nei settori del turismo,
del riassetto del territorio,
dell’agricoltura di qualità, risorse tipiche delle zone montane.
A questo proposito va segnalata la presentazione, lunedì scorso a Torino, di Euralp, un’associazione che si
definisce indipendente «per
l’integrazione delle Alpi occidentali». Fra le aspirazioni,
il rilancio dell’area in un’ottica di cooperazione con la
confinante area francese.
Perosa: presentato il libro «Le valli valdesi)
Una guida «storica»
______LILIANA VIGLIELMO___
La prima serata degli incontri culturali che si
tengono nella sede della Comunità montana valli Chisone e Germanasca si è conclusa con la presentazione del
libro «Le valli valdesi» edito
di recente da una casa editrice specializzata in testi geografici e naturalistici di ambiente montano, la Kosmos
di Piero Tirone. Il libro si
presenta come una guida turistica, con una ricca serie di
itinerari storici, naturalistici
e etnografici, con una presentazione di pari ampiezza
dedicata alla storia valdese,
alle incisioni rupestri e agli
altri interessanti aspetti di
una presenza secolare sul territorio.
All’incontro erano presenti
la professoressa Fernarda
Gregoli, che ha commentato
molto vivacemente le particolarità del testo, Mariangela
Tomba, in rappresentanza
dell’editore, e Vittorio Avondo, autore di una parte del libro. Chi abita in queste valli
sa bene, ma fa piacere vedere
che lo scoprono anche altri,
di vivere in un ambiente particolare, dove si sono svolte
vicende per molti versi uniche nella storia, in un intreccio molto stretto tra fede e
tradizione, dimensione internazionale e attaccamento al
piccolo borgo montano.
Quello che sappiamo tutti,
e che dà un po’ di malinconia quando si scorrono le pagine del volume, è che le cose più interessanti da vedere
appartengono al passato e
forse tra poco spariranno per
sempre: le incisioni rupestri
sono lì da millenni ma la casa tipica, il vecchio sentiero,
la baita in disuso, la miniera
lontana dalla strada asfaltata
che visitiamo oggi, ci saranno ancora domani?
Vittorio Avondo ha portato
davanti agli occhi dei presenti, con una serie di diapositive, due itinerari consigliati, che uniscono tutti gli
aspetti segnalati nella guida:
la passeggiata storica in vai
d’Angrogna e la salita alle
miniere del Beth, concludendo rincontro con le belle immagini delle montagne che
tutti conosciamo.
Il prossimo appuntamento
sarà a gennaio e avrà come
tema i canti popolari piemontesi, a cura del maestro
Angelo Agazzani.
T[
)¥@T[
ARREDAMENTI PER NEGOZI - BILANCE
REGISTRATORI Di CASSA - AFFETTATRICI
via Ribet, 10 - Luserna S. Giovanni
Tel. e fax (0121)90.18.24
«Nell’associazione - precisa il presidente della Comunità montana, Erminio Ribet
- vi sono professionisti, uomini d’azienda, imprenditori,
amministratori, cittadini impegnati nel volontariato che
in qualche modo hanno già
avuto rapporti con il versante
francese. Nell’associazione
sono presenti, per parte italiana, operatori di Piemonte,
Liguria e Valle d’Aosta».
L’associazione, fondata a
Torino presso il centro studi
Bruno Longo, vede anche
impegnati amministratori
della città e non ha dunque
solo valenza montana; quest’area potrà muoversi con
progetti specifici sia sul piano commerciale che tecnico.
Sul rilancio della politica
in valle Ribet è più cauto:
«Da tempo in Comunità
montana si è formato un
gruppo costituito dagli ex
amministratori Psi; ora si sta
lavorando nella direzione di
un gruppo socialista pinerolese capace di aggregare
un’area più vasta connotata
da programmi progressisti;
siamo però ancora in una fase abbastanza interlocutoria».
Nel frattempo però le elezioni politiche si stanno avvicinando, e l’unica forza
che è riuscita nell'impresa di
aggregare in questi mesi consenso e iscritti anche in vai
Chisone è la Lega Nord che
ha aperto una sezione a Pomaretto.
Pinerolo
Gli studenti
in piazza
Anche a Pinerolo gli studenti scendono in piazza; lo
hanno fatto chiedendo maggiori spazi per i giovani al Comune, lo hanno fatto partecipando alle manifestazioni torinesi. Al centro della discussione ci sono naturalmente i
progetti del ministro Jervolino
ma ci sono, come detto, anche
rivendicazioni più locali. Di
fronte alla richiesta di poter
utilizzare l’ex cinema Primavera è arrivato il no visti i progetti già esistenti su quella
struttura; forse si potrebbe
puntare sul Centro sociale di
San Lazzaro, attualmente sottoutilizzato. C’è poi un problema di locali scolastici, dicono gli studenti, che in alcuni
casi sono fatiscenti, in altri
mancano gli spazi.
Lunedì mattina al Buniva è
stata convocata l’assemblea
degli studenti; si è parlato di
occupazione poi, più semplicemente, di autogestione
che è stata effettivamente
messa in pratica con lavoro in
gruppi su temi cari ai giovani:
musica, teatro, questione sessuale. Niente di straordinario,
ma è il segno che anche la
scuola vive un suo momento
di nuova vivacità.
VISUS
di Luca Regoli & C. s.n.c
OTTICA - via Arnaud 5
10066 TORRE PELLICE (TO)
Fenestrelle
Il recupero
della fortezza
Il recupero della fortezza
di Fenestrelle dal punto di vista turistico, iniziato nel
1990 dalla Pro Loco di Fenestrelle (anche con l’aiuto del
Comune e di alcuni enti),
sembra aver dato frutti positivi. In una recente relazione,
infatti, il «Comitato progetto
Forte San Carlo» trae un bilancio del lavoro che è stato
svolto nel passato e getta uno
sguardo al futuro.
Il recupero della fortezza
inizia nel ’90 togliendo
dall’abbandono la struttura
del Forte. Iniziano così alcune visite che confermano il
potenziale storico culturale
della fortezza. Nel ’91 viene
studiato un nuovo itinerario
che possa trasformare la visita in una lunga passeggiata.
'Visita che la guida si incarica di introdurre sul piazzale
del Forte raccontando i fatti
storici dal 1690 fino ai giorni
nostri mentre nelle due ore e
mezza di passeggiata si visitano i palazzi e i luoghi più
importanti del complesso.
Nasce intanto anche l’esigenza di effettuare le visite
non solo nel periodo estivo
ma durante tutto l’anno per
guidare le scolaresche di Torino, Pinerolo ecc. che salgono al Forte e che fanno seguire alla visita azioni didattiche.
Nel ’92, grazie a un grande
lavoro di volontariato (anima
del recupero del Forte), vengono ripulite e ripristinate alcune aree e il Comune di Fenestrelle affida ufficialmente
la gestione delle visite alla
Pro Loco. Nello tesso anno
l’enorme mole di lavoro che
ha preso a gravita intorno al
Forte convince la Pro Loco
ad istituire al suo interno un
apposito comitato che si possa fare carico dellala gestione del complesso.
Nel ’93 vengono infine introdotte alcune novità da parte del comitato come la pubblicazione del libro «La piazzaforte di Fenestrelle» del
prof. Tullio Contino, la produzione di una videocassetta
che verrà data a tutte le associazioni e scuole che ne facciano richiesta, il ripristino
della Casa Reale oggi inserita nel calendario delle visite
come «passeggiata reale» e
altre iniziative di carattere
culturale.
La conclusione del Comitato progetto Forte San Carlo
esprime senz'altro soddisfazione per quanto è stato fatto
finora, e di impegno nel prosieguo in altre azioni finalizzate al completo recupero del
complesso e di auspicio, per
il futuro, di una convenzione
di gestione del Forte tra la
Pro Loco e il Comune di Fenestrelle, che si è sempre dimostrato sensibile e interessato all’iniziativa di recupero
del Forte.
Per la pubblicità
su L’Eco delle valli valdesi:
Servizi Editoriali s.a.s.
tei. 0121-32.36.38
UOTTICO DI LUSERNA
di Federico Regoli & C. s.n.c
via Roma. 42
^(XI62 LUSERNA S. GIOVANNI (TOI f
iH«'
y
18
PAG Vili
E Eco Delle Aàlli \àldes:
venerdì 17 DICEMBRE 1993
Alimentazione e mangiare sano
La ciotola
d^argilla
VALERIA FUSETTI
La vassilopitta
È un dolce che, in Grecia, viene offerto durante
le festività natalizie e che
non manca mai durante le
feste di Capodanno. La tradizione vuole che nell’impasto, prima di cuocerlo,
venga infilata una moneta
che dovrebbe assicurare
gioia e fortuna a chi la troverà nella sua fetta.
Ingredienti (per 6-8 persone): 400 grammi di farina; 6 cucchiaini di lievito
in polvere; 1 cucchiaino di
sale; 200 grammi di zucchero; 200 grammi di burro; 4 uova; 1 tazza e 1/2 di
latte (la misura è la tazza di
tè); scorza grattugiata di un
limone, zucchero a velo.
Procedimento: mescolare la farina, il lievito e il
sale. Aggiungere un po’ alla volta lo zucchero e il
burro ammorbidito e sempre mescolando energicamente aggiungere un uovo
alla volta. Quando le uova
saranno ben incorporate
aggiungere il latte e incorporare sino ad ottenere un
impasto liscio ed elastico;
profumare con la scorza
del limone. Imburrare una
tortiera di 30-32 cm di diametro e versarvi il composto a cui sarà aggiunta una
moneta. Cuocere in forno a
180° per circa 40 minuti,
poi lasciare raffreddare e
spolverizzare di zucchero a
velo.
Sformato di carciofi
Adatto per chi non è particolarmente amante di arrosti.
Ingredienti: cuori di carciofo 500 grammi, alcuni
rametti di prezzemolo; 1
spicchio d’aglio; parmigiano 70 grammi; 2 uova, 1
tazza grande di besciamella
vegetale, 3/4 di bicchiere di
vino bianco secco; olio, sale, peperoncino rosso.
Procedimento: tagliate a
fette non troppo sottili i
cuori di carciofo e metteteli in una grande padella antiaderente con poco olio e
uno spicchio d’aglio. Fateli
insaporire e aggiungete il
vino, poi coprite la padella
e lasciate cuocere a fuoco
basso. Poco prima di spegnere, aggiungete il prezzemolo tritato e un pizzico di
peperoncino rosso in polvere. Schiacciate bene con
una forchetta, sino ad ottenere una purea, aggiustate
di sale. Mentre i carciofi
cuocevano, voi avrete provveduto a fare una besciamella vegetale alla quale
aggiungerete la purea di
carciofi, il parmigiano grattugiato e le due uova, mescolando molto bene. Versate il tutto in uno stampo
oliato (o antiaderente) e
cuocete a bagnomaria per 1
ora. È ottimo servito tiepido. Per ottenere una buona
besciamella vegetale non è
necessario usare il burro,
seguite questa ricetta e vi
troverete bene.
Con 1 carota, 1 pezzo di
costa di sedano, 1 cipolla
bianca steccata con 1 chiodo di garofano, 1/2 finocchio, 1 patata e 1/5 di litro
d’acqua fate un brodo vegetale. Scolate le verdure,
che insaporite con un po’
d’olio e semi di sesamo
potrete poi mangiare in insalata, e usate il brodo vegetale sia per la besciamella che per le creme di cereali. In un pentolino antiaderente fate scaldare 3 o 4
cucchiaiate d’olio, levate
dal fuoco e aggiungete 50
grammi di farina di frumento, bianca o integrale
come meglio preferite, mescolando energicamente in
modo da ottenere una pastella senza grumi. Rimettete sul fuoco a fiamma
bassa e aggiungete 1/4 di
litro di brodo vegetale un
po’ alla volta mescolando
bene. Lasciate bollire per
almeno 10 minuti, sinché
la besciamella non avrà
raggiunto la consistenza
giusta, non troppo liquida.
A questo punto aggiungete
un po’ di sale e un pizzico
di noce moscata. Naturalmente se avete acqua di
cottura della verdura, potrete usarla senza fare il
brodo vegetale.
TORRE PELLICE — Il cinema Trento proporrà nel
prossimo fine settimana Film
blu, libertà dalla trilogia di
Krzysztof Kieslowski. Vincitore alla 50“ mostra del cinema di
Venezia, il Film blu riprende,
nella trilogia dei colori (blu =
libertà, bianco = uguaglianza,
rosso = fraternità) i tre concetti
della Rivoluzione francese. I
temi però non vengono presi
nella loro dimensione politica
ma piuttosto individuale e personale. In teoria, a parole, siamo tutti uguali; di fatto, nella
vita, tutti vogliono essere superiori agli altri. «Esiste una libertà individuale? E assai arduo liberarsi dai legami imposti dal denaro, dai sentimenti,
dalle ambizioni, dal passato.
Soltanto la fraternità - dice
l’autore - si può almeno in parte realizzare malgrado la tendenza all’egoismo».Film blu è
stato interamente girato in
francese con interpreti francesi
a Parigi: sarà proiettato sabato
18 alle 20 e 22,10, domenica,
ore 16, 18, 20, 22,10, lunedì e
martedì alle 21,15. Venerdì 17,
ore 21,15, visione di II viaggio,
di F. Solanas.
BARGE — Il cinema Comunale propone, venerdì. Libera; sabato Supermario
Bros; domenica, ore 15, 17,
19, 21, e lunedì, martedì, giovedì, Senza tregua; orario feriale: 21.
Economici
ANTICHITÀ, mobili, oggetti vari privato acquista. Telefonare 0121-40181 dopo le
ore 18.
TORRE PELLICE di fronte Foresteria valdese vendesi
appartamento mq 90, con cantina. Tel. 06-5803789.
AFFITTASI alloggio a Borgbetto. Telefonare allo 0121598194.
Giovedì 16 dicembre — PINEROLO: alle 20,45 presso il
Centro sociale, in via Clemente Lequio 2, conferenza dibattito
su I trasporti e la viabilità nel Pinerolese. Partecipano Danilo Rivoira, segretario dell’Unione Val Pellice, Carlo Bolzoni,
consigliere provinciale. Luigi Rivalta, consigliere regionale,
Renzo Gianotti, senatore e Rinaldo Bontempi, parlamentare
europeo.
Giovedì 16 e venerdì 17 dicembre — PINEROLO: nei
locali del Centro sociale San Lazzaro, in via Rochis 3, alle 21
si svolge il 3° congresso del circolo pinerolese di Rifondazione Comunista.
Venerdì 17 dicembre — TORRE PELLICE: alle 20,45,
presso la Foresteria valdese, nei locali dell’ex museo, il prof.
Daniele Garrone, docente di Antico Testamento alla Facoltà
valdese di teologia, parlerà su II servo dell’Eterno nel libro
di Isaia.
Venerdì 17 dicembre — CHIVASSO: alle 21, presso
l’Hôtel Europa, la Lega alpina organizza un incontro pubblico
per celebrare il 50° anniversario della Dichiarazione d’autonomia dei popoli alpini. Presiederà il consigliere regionale
del Piemonte Anna Sartoris e parleranno il consigliere provinciale di Torino Roberto Grommo e il consigliere provinciale
di Cuneo Alberto Seghesio.
Venerdì 17 dicembre — TORINO: alle 10,30 presso Palazzo Lascaris, in via Alfieri 15, si terrà un convegno su Autonomia e federalismo a cinquant’anni dalla dichiarazione
di Chivasso. Testimonianza di alcuni degli estensori della
Carta di Chivasso: Osvaldo Coisson, Gustavo Malan che saranno intervistati da Gino Lusso; alle 11,30 Tavo Burat parlerà su «L’attualità della Dichiarazione di Chivasso nel dibattito politico contemporaneo»; seguirà il video storico di Stefano Viaggio.
Dalle 14,30 approfondimenti su «L’autonomia nella dichiarazione di Chivasso e nell’esperienza di governo regionale
della Valle d’Aosta»; «Le lingue locali e l’autonomia»;
«L’autonomia e le popolazioni montane»; «Qualche proposta
verso il federalismo fiscale»; «Il federalismo e la pace».
Sabato 18 dicembre — TORRE PELLICE: alle 16,
nell’atrio del municipio, apertura della mostra fotografica Immagini della vai Pellice, curata dal gruppo fotografico Lumière. La mostra resterà aperta fino al 26 dicembre.
Sabato 18 dicembre — POMARETTO: alle 20 ritrovo
presso la piazza del municipio per la festa natalizia 1993: è
prevista la sfilata per le vie del paese con la banda musicale,
alle 21 presso la sala del convitto valdese grande spettacolo
con magia, animazione, musica; regali per i bambini e un rinfresco per tutti.
Domenica 19 dicembre — TORRE PELLICE: alle 16,30
momenti musicali sotto gli alberi di Natale con un suonatore
di cornamusa scozzese.
Domenica 19 dicembre — LUSERNA SAN GIOVANNI:
in piazza Partigiani alle 14,30 si terrà il concerto della Banda
musicale.
Domenica 19 dicembre — TORRE PELLICE: alle
19,30, presso la sede del Ciao in via Volta 5, Spazio giovani e
il Gruppo scambi intemazionali Val Pellice organizzano Natale in Europa, le tradizioni dalla parte delle radici.
Martedì 21 dicembre — LUSERNA SAN GIOVANNI: il
Centro incontro anziani organizza il consueto pranzo di Nataie presso il ristorante Slancio. Per informazioni, telefonare
ad Aldo Sartor al 901368.
Giovedì 23 dicembre — TORRE PELLICE: alle 20,30,
presso la casa valdese, si terrà una serata dibattito sul tema
Essere valdesi oggi. Introdurrà il dibattito Giorgio Toum La
serata conclude la prima parte del corso di storia valdese organizzato dal Centro culturale; la seconda parte comincerà in
primavera con un programma di gite sui luoghi storici.
Fino all’ll gennaio — TORRE PELLICE: presso l’Hôtel
Centro in via Caduti per la Libertà è esposta una scelta di acquerelli di Wilma Roberto Dalla Pria. Orario: tutti i giorni
dalle 9 alle 22, chiuso il lunedì.
CALCIO - Si allunga la serie positiva del Pinerolo nel
campionato nazionale dilettanti, ma domenica al Barbieri
non è stata una bella partita. Il
risultato di 0 a 0 con la Valenzana rispecchia abbastanza il
gioco espresso in campo. Alcune occasioni i biancoblù le
hanno avute, ma sono state
sciupate; nel complesso il gioco non è risultato piacevole come altre volte.
Il Pinerolo in classifica sale a
17 punti, a cinque lunghezze
dalla capolista Pro Vercelli;
domenica ancora un appuntamento casalingo, con la Sarzanese.
BOCCE - Due sconfitte per
le formazioni pinerolesi nel
campionato di serie Al di bocce nel turno di sabato scorso. Il
Veloce Club di Pinerolo ha perso in trasferta a Chiavari per 11
a 5, mentre il Valpellice è stato
superato in casa dalla capolista
Tubosider Asti per 10 a 6.
In classifica gli astigiani sono
sempre soli al comando a quota
77 con quattro punti sulla Chiavarese, mentre il Veloce Club
conserva alcune possibilità di
recupero essendo quarto con 67
punti; per il Valpellice penultimo posto in classifica, a 36.
PALLAMANO - Bella vittoria del 3S Graphicart Lusema
nel campionato di serie D; la
squadra valligiana ha espugnato
il campo di Rivoli per 25 a 14
grazie a una puntuale prestazione di tutta la squadra e in
particolare di Attardo che ha saputo trascinare i suoi compagni.
Nel campionato di C femminile invece le ragazze sono state battute dal Biella; pesante,
oltre i meriti delle avversarie, il
punteggio di 30 a 10. Positivo
esordio del secondo portiere
Saiu e, in panchina ,di Fabrizio
Bellion.
Bella partita anche per i ragazzini del Graphicart che nel
Trofeo torinese di mini handball hanno superato meritatamente il Rivalta per 10 a 7.
VOLLEY - Vincono le ragazze e perdono gli uomini
delle formazioni pinerolesi nei
campionati di Bl. La squadra
femminile è andata a vincere
una bella e appassionante partita a Valdengo con la Lauretana, capolista del girone. Il punteggio, di 3 a 1, dice di una gara assai tirata anche nei singoli
set; per le ragazze pinerolesi,
sabato 18 in casa con il Calasse, si tratta veramente di un bel
risultato.
È invece andata male ai ragazzi deirOlympus, sconfitti
in casa dal forte Voluntas Asti
per 3 a 1, ma anche in .questo
caso i parziali dei set dicono di
frazioni molto combattute dove
solo un pizzico di esperienza in
più ha fatto la differenza.
Nel campionato di serie Cl
prosegue la serie vittoriosa
dell’Antares la giovane formazione di Pinerolo nata da un
paio di anni fra i ragazzi delle
scuole della città con il coinvolgimento di genitori e insegnanti. Mercoledì 8 dicembre è
stato superato per 3 a 1 il Novate Milano e sabato 11 le pinerolesi hanno superato per 3 a
0 il Sanremo. Sabato prossimo
trasferta con la Sanmartinese.
Nella partita di apertura del
campionato provinciale under
14 il 3S Nova Siria di Luserna
è stato superato per 3 a 0 dalla
più esperta Lecce Pen.
Nel campionato provinciale
1° divisione femminile il derby
fra 3S e Villar Perosa è stato
vinto dalle seconde per 3 a 1.
Torneo amatoriale femminile Baudrino
Questi i risultati: Pablo Neruda B - Porte 3 a 1; Barge Pablo Neruda B 1 a 3; Barge Villafranca 0 a 3; Villafranca Pablo Neruda A 3 a 0; Villafranca - Pablo Neruda B 3 a 0.
In classifica al comando il Cavour, seguito da 3S Nova Siria
e Villafranca.
)ERVIZI
USSL 42
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154.
DOMENICA 19 DICEMBRE
Rinasca: Farmacia Bertorello
- Via Nazionale 22, tei.
800707
Ambuianze:
Croce verde, Perosa: tei. 81000
Croce verde. Porte : tei. 201454
USSL 43 - VALPELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 19 DICEMBRE
Bobbio Peliice: Farmacia Via Maestra 44, tei. 92744
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricheraslo, tei.
598790
USSL 44 • PINEROLESE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 22664
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19
\/FNERDÌ 17 DICEMBRE 1993
ALITA
PAG. 7 RIFORMA
Il voto a Napoli: una prima valutazione «a caldo» del pastore Sergio Aquilante
Il sindaco Bassolino: un^apertura al nuovo
________LUISA NITTI_______
Al pastore Sergio Aquilante, osservatore partecipe della realtà meridionale,
abbiamo chiesto una valutazione a caldo sul voto del 5
dicembre.
- La coalizione progressista ha vinto nelle principali
città in cui si votava e in molti centri minori anche del
Sud. Come si può leggere
questo voto che smentirebbe
quanto si pensava una volta:
un Nord leghista, un Centro
Pds e un Sud democristiano?
«Premetto che secondo me
sarebbe sbagliato leggere i risultati di queste elezioni amministrative come una prefigurazione di quelle politiche
che dovrebbero svolgersi in
primavera: non si può escludere l’avvento di fatti che
producano modificazioni anche profonde nel panorama di
oggi. Tuttavia a me pare che
dal voto del 21 novembre e
da quello del 5 dicembre ci
venga una indicazione interessante. Queste elezioni, se
si esclude Roma, hanno interessato aree non vaste delle
regioni cosiddette centrali; e
perciò il Pds, stando alle rassicurazioni che mi ha richiamato, avrebbe dovuto avere
scarsissimi consensi. Ma così
non è stato. L’alleanza progressista alla quale, come ha
commentato Eugenio Scalfari, il Pds ha fornito il fattore
aggregante, l’infrastruttura
indispensabile, ecc. ha avuto
successo in molte zone del
paese, al Nord e al Sud, affermandosi come una reale novità».
- Parliamo di Napoli, capitale del Sud. Bassolino è riuscito a vincere, raggruppando intorno a sé varie aree e
sensibilità fatte di persone
che sperano in una Napoli
nuova..
«Pur con tutte le mie incertezze rispetto alla capacità e
alla voglia della nostra gente
di mettersi sul cammino del
rinnovamento, penso che
questa volta Napoli (non solo
nelle sue élite minoritarie ma
nella maggioranza dei suoi
cittadini) abbia rifiutato la
rabbiosa protesta “plebea” e
che abbia votato “secondo ragione”. Il voto alla coalizione
progressista, a cui ha concorso una pluralità di culture, di
posizioni, di sensibilità diverse è un segnale, pur provvisorio, di apertura su un futuro
nuovo. Il segnale è provvisorio e flebile: può darsi che
venga offuscato, se non addirittura spento. Non mi piace
fare il profeta del pessimismo
ma non amo neppure chiudere gli occhi alla realtà.
Per esempio i giornali raccontano che illneosindaco, l’8
dicembre, ha Mitecipato
cerimonia in om
macolata, a cui ha
nome del Comune, un mazzo
di fiori. In questa occasione,
sempre nel racconto dei giornali, si è anche incontrato con
il cardinale Michele Giordano: insieme avrebbero stretto
un “patto” per la difesa dei
bambini, dei più deboli, restando naturalmente ciascuno
nella sfera della propria competenza. Non mi interessano
le “guerre di religione”: lo dico con molta fermezza. Mi
preme però la costruzione
della “democrazia del pluralismo”. Per carità, il sindaco è
libero di rendere omaggio
all’Immacolata: ma ha visitato anche le nostre chiese, ha
partecipato a un nostro culto?
A tutt’oggi non mi risulta e
una “contemporaneità” a mio
avviso sarebbe stata significativa. Dunque, in questo campo, il percorso è stato a “senso unico”: una democrazia
inevitabilmente monca.
Il sindaco inoltre (se la notizia è corretta) è libero di fare certi patti. Ma questi patti
non possono configurare una
sorta di “compromesso storico” che, per la sua sostanza,
emargina le “culture minoritarie”. Devono collocarsi pur
sempre in quella pluralità di
saperi, di risposte, di esperienza che ha espresso a Napoli l’attuale sindaco. E
nell’area della “grande Napoli” c’è anche una nostra esperienza, per altro radicata, in
difesa dei diritti dei bambini,
bisognosi ecc.: una
locrazia del pluralismo
non può non tenerne conto».
- Ma allora è già caduto il
segnale di novità ?
«Non è questa la mia conclusione. Mi sembra però che
in questa nostra situazione si
delinei un compito preciso
per le nostre chiese: queste.
Taranto: un risultato elettorale che lascia molto sconcertati
Si può vìvere con un sindaco
appena eletto e già plurindagato?
________ALBA MURGIA_________
I grandi mezzi di informazione nazionale hanno
sottovalutato la difficile situazione di ballottaggio per
la carica del nuovo sindaco
di Taranto.
La situazione si presentava
sconcertante. Da una parte
avevamo un magistrato, uomo onesto, di cultura, sostenuto da una coalizione progressista, Gaetano Minervini, dall’altra Giancarlo Cito,
personaggio accusato di mafia, proprietario di un’emittente locale sulla quale ha
costruito le sue fortune e il
cui simbolo coincideva con
quello della sua lista di lega
meridionale.
L’inconfondibile stile del
«telepredicatore» consisteva
in un linguaggio violento
utilizzato ad arte per istillare
odio e sospetto verso i suoi
avversari .e creare un clima
di intimidazione utilizzando
segnali allusivi sparati nel
mucchio. Il sistema riecheggiava un famoso film in cui
ragazzini oziosi si divertivano a telefonare a sconosciuti
ripetendo la frase: «Io ti conosco e so che cosa hai fatto».
L’impudenza di Cito risalta ancora di più alla luce della sua torbida biografia.
«L’Unità» del 2 dicembre,
cominciando con Telencare i
suoi peccati di gioventù, parla di lui come di «un famoso
squadrista, sempre pronto a
colpire con spranghe e catene chi disapprovava il suo
pensiero fascista (...). Cin
que condanne tra il ’74 e il
’90 che vanno dalla rissa alla
violazione delle norme per la
propaganda elettorale alla ricettazione. Ben 17 procedimenti penali ancora aperti, il
cui percorso nelle aule giudiziarie è intralciato da lontani
rinvìi».
Ma l’accusa più dura a Cito arriva da uno dei grandi
pentiti di mafia. Salvatore
Annacondia, il quale afferma
che Cito gli fu presentato
nella villa bunker di Montescaglioso appartenente ai
fratelli Modeo, capostipiti
dell’omonimo clan tarantino,
come un «compare», in gergo sinonimo di organico
all’organizzazione mafiosa.
Nei verbali ufficiali della
Commissione parlamentare
di inchiesta sulla mafia è anche contenuta la notizia di
un finanziamento di 100 milioni che Cito avrebbe ricevuto da parte dei Modeo per
la sua campagna elettorale.
Ancora si richiama la collaborazione fra lui e un suo
cronista per favorire rincontro fra un alto esponente del
clan Modeo, Marino Pulito,
oggi pentito, e Licio Gelli.
Di tutto questo il 52,60 %
dei cittadini tarantini non si è
voluto ricordare premiando
così la violenza, la barbarie,
la politica concepita come
mezzo per schizzare fango
su tutti e su tutto.
Così Cito è stato eletto primo cittadino di una città esasperata per la perdita di
60.000 posti di lavoro e per
una dilagante criminalità urbana. Ha certamente influito
su questo risultato la posizione della Democrazia cristiana locale che non ha dato
alcuna indicazione di voto
contribuendo a portare alla
cifra record, 65.000, il numero degli astenuti e delle
schede bianche.
Ma siamo in tanti che non
ci rassegniamo ad essere
rappresentati da un personaggio ambiguo e pluri-inquisito come Cito.È vero, la
maggioranza ha decretato
questo e la prima tentazione
per molti di noi è stata la fuga da questa città.
Avevamo atteso un risultato elettorale per il quale Taranto potesse finalmente risorgere e dopo il quale tutti
ci saremmo potuti rimboccare le maniche per ricostruire
con mezzi onesti e democratici una convivenza civile e
una cultura della pace, ormai
calpestata da continui episodi di intolleranza.
Invece c’è da piangere e
da gridare di rabbia non solo
per la sconfitta delle forze
progressiste, ma per la sconfitta della serenità, per lo
scippo della speranza.
Eppure la consapevolezza
democratica mostrata nella
gran parte del resto d’Italia
ci deve convincere a restare,
decisi, pur delusi e amareggiati, a non abbassare la
guardia, a ricominciare daccapo anche insieme a quei
cittadini che hanno dato fiducia a Cito.
Non sarà facile ma pregheremo il Signore che ci sostenga negli scontri con questa triste realtà tarantina.
Adriano Sansa eletto sindaco di Genova
Gli evangelici e la
campagna elettorale
ADRIANO BERTOLINI
MANUEL KRAMER
Antonio Bassolino, neosindaco
di Napoli
proprio per la loro prassi, la
loro struttura, le loro identità,
anche se in una estrema debolezza e modestia di dimensioni, si trovano a dovere raccogliere questo segnale e a farlo
vivere. Insomma, esse hanno
lottato, fin dalle loro origini,
per una Napoli diversa; oggi
sono chiamate a intensificare
questa lotta e ad adoperarsi
per coinvolgere in essa quegli
strati della popolazione che
appaiono disponibili a trasformare la nostra valle di
Baca, come dice il Salmo 84,
in un luogo di fonti».
Scriviamo mentre vengono
diffusi i risultati del turno
di ballottaggio nelle elezioni
amministrative a Genova,
che sembrano segnare una
vittoria netta (59,2%) del
candidato progressista, il
giudice Adriano Sansa, sul
candidato della Lega Nord, il
medico Enrico Serra. In questa sede vogliamo presentare
alcune riflessioni specifiche
anche utili per la definizione
di un nostro ruolo di evangelici nella città.
Per quanto riguarda il sistema elettorale, alcuni umori diffusi nelle nostre chiese
hanno valutato come conseguenze positive l’accresciuta
partecipazione della gente, il
voto alla persona e la responsabilità diretta del sindaco
nei confronti dei suoi elettori; e negative la personalizzazione eccessiva e una spettacolarizzazione all’americana
in cui diventa oggetto di polemica il dato biografico della nascita a Fola di Sansa.
Per quanto riguarda la
campagna elettorale, alcuni
problemi che in genere ci
stanno particolarmente a
cuore, quali quello della solidarietà con le fasce più deboli, sono stati affrontati in modo diverso dai due candidati,
riteniamo non senza conse
Un episodio nell'antica piazzetta Nilo
Napoli che cambia
__________PIERA EGIDI________
Chissà perché, per Napoli,
sono ottimista. Mi è capitato di pensarlo per una
gioia improvvisa, l’altra settimana, mentre mi aggiravo nei
vicoli del centro storico della
città trasudanti una storia nobile e antichissima e operosi
di botteghe artigiane, di monelli vocianti, di folla festosa
e gaia come solo sanno essere
i napoletani. Tutto è già pronto per il Natale, in un pittoresco indaffararsi collettivo, in
cui ogni cosa diviene partecipazione di gruppo, solidarietà,
aiuto reciproco, motto, frizzo
e commento. Tale e quale come ce li descrive il grande
Eduardo nelle sue commedie.
C’è il negoziante che sistema
e lucida i ripiani della sua vetrina, c’è la vecchietta sordomuta che dal suo basso prepara i fiori di carta, c’è l’acquafrescaio che ti vende una bibita nel suo chiosco tra ghirlande di arance e limoni, o la popolana con grappoli di bimbi
al collo che prepara su una
graticola improvvisata profumate caldarroste.
È il grande popolo napoletano che vive e s’arrabatta per
vivere: popolo intelligentissimo, creativo, dal cuore antico.
Popolo dei bassi e dei vicoli,
sventurato ma vitale e oserei
dire felice. C’è una grande,
invisibile operosità al lavoro
nella città di Napoli; i giovani
vanno riscoprendo l’importanza e il diritto allo studio, le
parrocchie si aprono all’organizzazione dell’accoglienza
dell’immigrato e del «diverso». E sulle bancarelle dei
presepi nella storica via di san
Gregorio Armeno, in mezzo
ai pastori, quest’anno gli arti
giani espongono un severo Di
Pietro nella sua toga nera da
magistrato, tra due carabinieri
in alta uniforme e a cavallo. E
la voglia di legalità, di dignità, di stato che così ingenuamente e creativamente si
esprime, il bisogno di riscatto.
Così è successo che l’altra
settimana, nel cuore di Napoli, nell’antichissima piazzetta
Nilo, all’incrocio del decumano, è ricomparsa al suo
posto sul suo piedistallo la
statua greco romana del dio
Nilo, il vecchio obeso sdraiato sul fianco che regge con
una mano il corno dell’abbondanza. E il «corpo di Napoli», uno dei più antichi
simboli cittadini, posto al
centro della piazza che fu
seggio del popolo nel corso di
forse tremila anni di vita: luogo di riunione e di libera discussione per gli abitanti. Come la vicina cappella Sansevero che è stata restaurata da
un’associazione di cittadini,
attraverso una pubblica sottoscrizione di «mille lire», e anch’io Tanno scorso le avevo
date, pensando, lo confesso;
«chissà?». E invece adesso se
ne è tornata lì, rimessa a nuovo, circondata da paletti ridipinti e guardata a vista dai
negozi intorno non meno che
dal sigarettaro e dal parcheggiatore abusivo con i loro
bambini. «Abbiamo voluto
fare questa sottoscrizione popolare - spiega un avvocato
del comitato per la cappella
Sansevero - perché la gente
che abita qui deve sentire
quest’opera d’arte come cosa
propria». Infatti tutti rispettano le panchine e le fioriere e,
davanti all’ingresso, non c’è
per terra neppure un pezzettino di carta.
guenze sul futuro atteggiamento dei genovesi. Sansa ha
quantomeno impostato in termini di solidarietà il rapporto
con gli immigrati, ha parlato
di un nostro debito storico
nei confronti dei loro paesi di
provenienza e ha posto tra le
priorità la garanzia di servizi
sociali. Serra ha posto la
questione stranieri ci sembra
quasi esclusivamente dal
punto di vista di un’emergenza da affrontare o di un
flusso da fermare e ha in
qualche modo collegato la
garanzia dei servizi al reperimento di risorse mediante un
rilancio della libera economia di mercato.
Sansa si è posto come candidato per una ricostruzione
di una politica più dignitosa
e trasparente, con il Comune
come garante di un insieme
di regole certe anche per un
rilancio economico, e si propone di utilizzare competenze del volontariato e anche
già attive in giunte precedenti. Serra si è presentato come
candidato antipartitocratico,
di centro, liberista, attestato
sul rifiuto di qualunque rapporto con le forze che già
hanno a suo avviso «sgovernato» la città; non è però riuscito a svincolare la sua immagine dal partito Lega e da
Bossi. Si può poi, con una
certa approssimazione, ipotizzare che Sansa sia stato
sostenuto, tra primo e secondo turno, dalle forze sindacali, dal volontariato, dall’arcipelago ecopacifista, dal
«gruppo dei cento», che raccoglieva numerosi imprenditori e da parti significative
del mondo cattolico. Serra e
la Lega hanno ricercato il
rapporto soprattutto con
commercianti e artigiani e
sono penetrati anche nelle fasce popolari, per esempio
sulla base della protesta fiscale. Talora il linguaggio si
è fatto pesante: si ricorda un
volantino in cui, in polemica
con la posizione di Sansa che
ipotizzava la distribuzione
controllata di eroina, il suo
nome veniva associato alla
siringa. Interessante qualche
scambio di battute: per Sansa
«le parole sono importanti»;
per Serra «lo sono per chi
come voi vive di parole, per
noi contano i fatti».
In conclusione sarebbe
ipocrita non dichiarare, senza
che questo significhi una
presa di posizione delle chiese, che il gruppo che ha condotto l’iniziativa di incontro
con i candidati ha riscontrato
per quanto riguarda il ballottaggio consonanze maggiori
negli atteggiamenti e nel programma di Sansa (pur con
valutazioni diversificate tra
noi e su specifici punti del
programma dei vari candidati). Ci sembra però che, anche in conseguenza delle
prese di posizione di Napoli
e della Fcei, vada avviato un
dibattito nella nostra regione
in vista delle elezioni politiche, in occasione delle quali
si riterrebbe opportuno ripetere un’iniziativa di consultazione di tutti i candidati.
Hai fatto
l’abbonamento
RIFORMA?
20
PAG. 8 RIFORMA
venerdì 17 DICEMBRE I993
«L’altalena» del chirghiso Aktan Abdykalykov
'ì
Un corso del teologo Giovanni Cereti
Molte chiese
un^unica chiesa
EUGENIO STRETTI
'f'Wistoire des variations
M.J. des Eglises protestantes'. è il titolo del capolavoro
del vescovo di Meaux, potente consigliere del Re Sole
Luigi XIV, al secolo Jacques-Bénigne Bossuet; costui
mai avrebbe immaginato che
qualche secolo dopo un fine
ecumenista cattolico, Giovanni Cereti, per illustrare la
diversità confessionale si sarebbe rifatto all’idea delle variations in chiave tipicamente francescana e cattolica: «I
conventuali, i cappuccini e i
minori sono tre famiglie
francescane, che forse si sono anche osteggiate in passato, ma che oggi vivono nella
piena comunione e concordia
il comune carisma di Francesco, circondate di tante altre
famiglie francescane del secondo e terzo ordine. Ecco
una bella parabola dell’unica chiesa cristiana, in cui vivono sin d’ora, nella quale le
diverse famiglie confessionali sono chiamate a lasciare
da parte le contese del passato e a vivere nella concordia, nell ’amore e nel rispetto
reciproco, conservando tuttavia il loro carisma specifico e camminando insieme
verso il Regno».
Posta questa premessa
nell’ introduzione, rispettata,
ci pare, dal punto di vista
metodologico, Giovanni Cereti ha sviluppato un rigoroso
corso di ecumenismo cattolico-romano*. Sin dalla ricostruzione storica del cristianesimo delle origini emerge
la difesa apologetica della
«grande chiesa» (p. 15 ss.)
senza alcuna preoccupazione
per le chiese marcionite e
montaniste che, grazie alla
grande scuola protestante
storico-liberale del secolo
scorso, sono state comprese
sì nei loro limiti, ma anche
nelle loro potenzialità.
Interessante è la ricostruzione delle origini del movimento ecumenico, ovviamente protestante, ma con
dei risvolti imprevisti, non
solo a partire dal Concilio
Vaticano II - momento di
entrata ufficiale di Roma nel
discorso ecumenico. Pochi
sanno che una prima sezione
italiana dell’Ymca venne costituita a Torino, intorno al
1905, e i soci divennero ben
presto in maggioranza cattolici; tra loro segnaliamo almeno l’avvocato Alessandro
Favero, cattolico pacifista
ecumenico.
Cereti tende, come altri
ecumenisti cattolici, a reinterpretare formulazioni teologiche della Riforma alla luce dei documenti del Concilio Vaticano II. La classica
affermazione di Lutero: «Ecclesia indiget reformatione»
(Risoluzione sulla tesi 89)
viene travisata con le citazioni dalla Unitatis Redintegratio (4) e Lumen Gentium (9),
dove si precisa che la «Chiesa ha bisogno di rinnovare
se stessa». E dunque bene
precisare che quando il teologo cattolico parla di riforma intende in realtà l’aggiornamento della Chiesa, come
ben ci ha insegnato Vittorio
Subilia nelle sue penetranti
analisi dei documenti conciliari.
Queste critiche sono ovviamente teologiche e non
intaccano la validità del discorso ecumenico che è, come rileva Cereti, autentica
conversione (pp 90-106) personale e comunitaria: d’altronde per la nostra storia
riformata e dalla teologia
barthiana dovremmo aver
imparato a non chiuderci
verso gli altri, ma anzi a
aprirci alla luce del messaggio evangelico verso tutte e
tutti, pur talora nel distinguo
confessionale.
In appendice al libro si trova uno sguardo alla situazione italiana, corretto e stimolante e di buon auspicio per
un ecumenismo che, non dimentichiamolo, ha avuto inizi silenziosi (cfr. gli incontri
tra il pastore metodista Giovanni Ferreri e don Primo
Mazzolari) e si concretizza
oggi in riunioni di preghiera
e di studio biblico comuni.
(*) Giovanni Ceretì: Molte
Chiese cristiane un’unica
Chiesa di Cristo. Corso di ecumenismo. Brescia, Queriniana,
1992, pp. 306. £ 35000.
Si è svolta lo scorso novembre l'undicesima edizione della manifestazione torinese
Il cinema è giovane quando crea nuove strade
per raccontare l'universo contemporaneo
ALBERTO CORSANI
Due curiose coincidenze
hanno caratterizzato
l’undicesima edizione del
Festival internazionale cinema giovani di Torino. La più
vistosa, quella di cui si parla
tutti i giorni sui quotidiani, è
l’insurrezione di cineasti, critici e «politici della cultura»
guidati dai francesi alla riscossa contro l’egemonia
dell’esportazione cinematografica americana; tutto vero,
vien da dire, però una manifestazione come quella torinese delle indicazioni le aveva date da tempo: nel senso
che le alternative si praticano
anche inventando nuove forme, andando alla ricerca di
nuovi circuiti (al Festival è
stato presentato un interessante libretto: Come vendere
un cortometraggio), cercando di far uscire la produzione
italiana dal paludamento dei
suoi autori affermati e premiati (e giustamente un regista indipendente come Pasquale Misuraca se l’è presa
con quei registi che fanno televisione con i mezzi del cinema, che non inventano
niente di nuovo) che fanno
film gradevoli, si potrebbe
aggiungere, senza fare del cinema.
In questo quadro, cinema
giovani non rappresenta solo
la ribalta per una fascia d’età
(sia che si tratti di giovani autori sia di tematiche giovanili), sono giovani, molto spesso, le forme di espressione.
Così (e siamo alla seconda
coincidenza), mentre si
proiettava II corpo di Lenin,
del russo Vitali) Manskij,
giungeva da Mosca proprio la
notizia che il governo stava
pensando alla rimozione della
salma illustre dal mausoleo
(ma essa non ha ancora una
destinazione precisa), azione
ricca di simbologia politica e
culturale; e il regista ha potuto rivendicare, parlando con
il pubblico, la sua scelta di
mischiare finzione e documento all’interno del proprio
mediometraggio.
Non c’è però solo l’attualità, anche se essa è ben presente in una manifestazione
del genere (ne fanno fede
l’anteprima di un parziale
montaggio di Crotone, Italia
di Daniele Segre, reportage
sulla disperazione operaia
degli anni ’90, i video
sull’emarginazione come
Grosso quanto un mandarino, confessione alla telecamera di un sieropositivo con
vicende giudiziarie e soprattutto di solitudine; ne fa fede
la rievocazione, tramite i cortometraggi, dell’autore «maledetto» Cyril Collard, quello
delle Notti selvagge, (film
purtroppo noto ai più solo
perché l’autore e protagonista è morto di Aids), c’è anche poesia pura, come quella
che viene dal chirghiso Aktan Abdykalykov.
Nel suo mediometraggio
L’altalena, non parlato (ma
tutt’altro che muto), un ragazzino e un giovane soldato
sono innamorati della stessa
ragazza. Ovviamente al ragazzino toccherà la delusione
di dover attendere degli anni
prima di esprimere ciò che
sente dentro per qualcun altro, e cancellerà così il ritratto, dipinto su un muro, della
ragazza che si dondola.
«Qualsiasi artista ha delle
radici che affiorano - ha detto l’autore, che ha una formazione di pittore - e in questo
film ho impiegato l’altalena,
oggetto dell’infanzia e dei
miei ricordi, che è anche il
simbolo dell’amore nella cultura del mio paese. Probabilmente l’autore si nasconde
dietro quel bambino che disegna...che forse pensava di
essere il più bello».
E non ci sono solo i giovani: uno dei film più belli.
Passatempo del cinese Ning
Ying, racconta il disagio (e il
suo superamento) del passaggio dalla condizione lavorati
va a quella della pensione per
il custode del teatro dell’opera di Pechino (e diversi film,
fra cui il vincitore Infanzia e
giovinezza del dio guerriero,
di Tsai Ming-Liang, Taiwan,
sono stati realizzati in Oriente...); c’è il confronto con
le forme più classiche (il bel
thriller In mezzo al nulla del
messicano Hugo Rodriguez:
una famiglia in scacco in una
stazione di servizio in mezzo
al deserto, a opera di tre delinquenti; o l’indagine dei
rapporti «familiari» fra due
sorellastre, il padre ambiguo
e un suo amico avvocato ancora più equivoco in Una
nuova vita di Olivier Assayas).
Contenuto forzatamente
nel budget, nel numero di invitati, nelle giornate (che
però hanno visto, complessivamente, le presenze stimate
scendere da 50.000 dell’anno
scorso a 49.000) il Festival
ha trovato probabilmente una
dimensione ideale, che permette di concentrarsi sugli
eventi in programma senza
troppi affanni e di meditare
adeguatamente il materiale.
La «retrospettiva» è stata per
forza di cose ridimensionata:
era prevista quella sul cinema
nòvo brasiliano, si è avuta
quella sulla filologia del film,
con la proposta di classici del
muto (dalla Corazzata Potémkin di Ejzenstejn, al «protoserial» Judex alle Pagine
dal libro di Satana di
Dreyer) restaurati e in parte
ricostruiti dal confronto di
copie diverse. E proprio da
qui è giunto, purtroppo di
fronte a scarso pubblico, il finale col botto: La ricerca
proibita, dell’olandese Peter
Delpeut, ha avuto una genesi
particolare.
Nel 1941 un falegname
giunse in un villaggio irlandese raccontando di aver partecipato a una spedizione navale al Polo Sud nel 1905:
fatto sta che ha con sé alcune
pizze di materiale filmato
(ovviamente muto) a partire
dal quale viene imbastita una
vicenda immaginaria. Il materiale documentario al servizio dell’invenzione narrativa
e fantastica in un alternarsi
di incubi, smarrimenti, voglia di esplorare, fatiche immani, paesaggi impensabili,
in una direzione die potrebbe essere quella di Jules Verne o Edgar Allan Poe o Joseph Conrad. Un grande
film, che esalta la capacità
dell’invenzione e il fascino
del racconto avventuroso.
«Passatempo», film cinese di Ning Ying
Un volume che fa il punto sul processo «Giustizia, pace e salvaguardia del creato»
L'ecumenismo tra il diluvio e l'arcobaleno
Molto è stato scritto sul
movimento ecumenico per
«Giustizia, pace e salvaguardia del creato» (Jpic), promosso alla VI Assemblea del
Consiglio ecumenico delle
chiese nel 1983. Ricordiamo
anche che l’assemblea mondiale tenutasi a Seoul nel
1990 ha rappresentato un
momento importante per il
progresso del movimento e
per l’elaborazione di programmi per gli anni futuri.
L’Assemblea di Canberra del
1991, infine, ha affermato
che «lavorare per la giustizia, per la pace e per la salvaguardia del creato aiuterà
le chiese a comprendere il
loro compito nel mondo» e
che questo «è emerso quale
visione centrale del Cec».
Between thè Flood and thè
Rainbow (tra il diluvio e l’arcobaleno), a cura del dr. Preman Niles, già direttore del
programma Jpic, contiene
numerosi saggi scritti da persone, come Margot Kàssman, Marga Biihrig, Roger
Williamson e altri ancora,
coinvolte direttamente nel
Un momento della VII Assemblea del Consiglio ecumenico (Canberra, 7-20 febbraio 1991)
movimento. Questi scritti*
evidenziano da vari punti di
vista i diversi aspetti degli
impegni delle chiese nel
mondo.
Le tre sezioni in cui il libro
è diviso esaminano le moda
lità in cui il movimento si è
sviluppato, con quali risultati
e dove e perché è fallito. Esse contengono inoltre giudizi
positivi sui lavori dell’Assemblea di Seoul, considerazioni su problemi non ancora
risolti e compiti ai quali il
Jpic deve continuare a dedicarsi. 1 problemi affrontati
dal movimento spesso rispecchiano i limiti del movimento ecumenico in generale
e del Cec in particolare, e
una critica allo stile con cui
il Consiglio funziona è implicita in questi saggi; in modo particolare essa è relativa
al modo in cui esso si collega
alle chiese membro e a altre
chiese e gruppi.
Scrive lo stesso Niles:
«Malgrado i cambiamenti
radicali nel mondo avvenuti
in anni recenti, continuiamo
a vivere tra il diluvio e l’arcobaleno, tra le minacce alla
vita e la promessa di Dio di
nuovi cieli e una nuova terra. In un momento in cui la
vita e la terra che la .sostiene
sono entrambe minacciate
dalla morte, il movimento
Jpic puc) essere veramente la
testimonianza più autentica
a Cristo, la vita del mondo»
(*) Preman D. Niles (a c. di):
Between thè Flood and thè
Rainhow, Ginevra, ed. Consiglio ecumenico delle chiese.
21
x/FNERDÌ 17 DICEMBRE 1993
PAG. 9 RIFORMA
Una questione che sta coinvolgendo e appassionando teologi, storici e studiosi
La Riforma protestante è stata una riforma
da poter coinvolgere anche le donne?
VERA VELLUTO__________
La Riforma protestante è
stata una riforma anche
per le donne? Più di uno storico si pone questa domanda
e, forse sulla scia della riflessione femminista, ritiene che
la Riforma sia stata incapace
di produrre nuove e significative teorie in grado di modificare il ruolo e la condizione della donna. L’analisi
storico-sociologica del secolo, secondo lo storico William Monter, dimostra che
sulla condizione della donna
non incisero né la Riforma
né la Controriforma e che
«se nel periodo segnato dalla
Riforma ci furono influenze
decisive per l’evoluzione
della storia delle donne, queste furono indipendenti dai
due movimenti religiosi
riformatori».
Su queste opinioni che tendono a presentare un’immagine angusta della Riforma,
occorre fare alcune precisazioni. Non c’è dubbio che il
pensiero dei riformatori presenti delle contraddizioni sul
problema della donna, ma
c’è un aspetto della loro riflessione teologica ed etica
che non viene sufficientemente sottolineato. Si tratta
dell’elemento di novità che
essi hanno introdotto nel rapporto uomo-donna e che ha
causato lo spostamento da
una concezione che giudicava impura la sessualità a
un’etica che ha liberato la
donna dal tabù sessuale, accelerando in tal modo l’impulso, che già serpeggiava
fra i ceti intellettuali dell’
epoca, all’evoluzione femminile.
Il riformatore Giovanni
Calvino notava che nella
chiesa primitiva, già subito
dopo la scomparsa degli apostoli, venivano diffuse teorie
prive di fondamento biblico,
le quali associavano la sessualità con il male e l’ascetismo e la castità con la santità. Nei primi secoli del cristianesimo, infatti, era già
emersa una teologia, influenzata dai principi della filosofia aristotelica, che danneggiava la donna. I padri della
chiesa credevano, con Plato
Un ritratto di Giovanni Calvino
ne e Aristotele, che vi fosse
separazione tra lo spirito e la
materia. Reputavano «virili»
le virtù spirituali e definivano «femminile» tutto ciò che
era collegato con il corpo e
perciò in contrasto con la vita dello spirito. Mentre Ireneo, vescovo di Lione
(135/40-200) dubitava che la
donna avesse un’anima,
Tommaso D’Aquino (12251274) definiva la dorma «un
maschio mal formato e priva
delle virtù spirituali proprie
del maschio».
Giovanni Crisostomo
(344/47-407) era certo che
«fra la bestie selvagge non se
ne era trovata una dannosa
come la donna». Quando i
decreti del Concilio di Trento presentarono la castità come lo stato che piace a Dio e
che conduce alla santità, Calvino si scagliò contro «gli
spiriti ipocriti che dichiarano
cosa santa vivere fuori del
matrimonio come se fosse
una perfezione angelica». La
Scrittura, dice Calvino, definisce «buono» tutto ciò che
Dio ha creato e poiché 1’
unione della coppia è stata
voluta da Dio, anche la sessualità è «buona». La santificazione non si consegue con
l’astensione sessuale ma, secondo l’Evangelo, si realizza
con la profonda comunione
fra la creatura e il suo Signore. «Bisogna rifiutare - dichiara Calvino - l’errore di
coloro che credono che la
donna sia stata creata per popolare il genere umano».
Nella morale di Calvino,
osserva il teologo André Bieler, «l’uomo e la donna si incontrano nella loro autenticità fisica e spirituale, con il
rispetto sacro dovuto ai loro
corpi nei quali abita lo Spirito Santo ma senza alcun pudore, né mistero inutile, in
completa verità, liberati da
ogni tabù». Il riformatore respinse la tesi della teologia
scolastica sull’inferiorità della donna, e dal racconto biblico di Genesi 2 trasse il
principio della subordinazione della donna. Calvino non
riuscì a superare il limite po
Un'edizione del testo tradotto da Ludovico Castelvetro nel 1530
I «Lod communes» dì Melantone
FULVIO FERRARIO
/principii della teologia*
costituisce una tappa importante nella storia della
Riforma in Italia: si tratta infatti della traduzione, dovuta
a Ludovico Castelvetro, dei
Loci communes di Melantone
(il cui nome è volto in Ippophilo de Terra Negra), sintesi del pensiero teologico
della Riforma pubblicata per
la prima volta a Wittenberg
nel 1521.
Insieme alla Confessione di
Augusta del 1530, i Loci devono essere considerati l’opera principale del grande discepolo di Lutero. La traduzione
di Castelvetro esce, forse, dalla stamperia di Paolo Manuzio, tra il 1530 e il 1534,
quindi prima di altre opere
decisive dell’evangelismo italiano, come il Sommario della
santa Scrittura e il Trattato
utilissimo sul beneficio di
Giesù Christo crocifisso, rispettivamente del 1537 e del
1543 (entrambi recentemente
riediti dalla Claudiana di Torino). È legittimo, quindi, ritenere che essa rechi un apporto
decisivo alla diffusione delle
idee chiave dell’interpretazione luterana dell’Evangelo a
partire da quella centrale, la
giustificazione per grazia mediante la fede.
Il metodo dei Loci, di origine umanistica, consiste, semplicemente, nel raccogliere e
organizzare i testi biblici riguardanti un determinato tema {locus appunto) della teologia. Melantone passa così
dal libero arbitrio al peccato,
alla legge e alle sue conseguenze, per arrivare all’Evangelo e alla giustificazione; in
seguito si parla dei sacramenti, per concludere con l’etica
privata e pubblica. Natural
mente il tono generale è polemico, soprattutto nei confronti
della tradizione teologica medievale e del papato.
Salvatore Caponetto, uno
dei principali conoscitori della Riforma italiana (suo il recente La Riforma protestante
nell’Italia del Cinquecento,
Claudiana) introduce lo scritto con alcune dense pagine,
che riprendono gli esiti di precedenti ricerche. Un libro di
alto valore scientifico che
però si lascia accostare senza
eccessive difficoltà da qualunque lettore interessato il
quale, oltre alla solida teologia melantoniana potrà apprezzare anche la finezza stilistica di Castelvetro.
(*) Filippo Melantone: I
principii della teologia, a cura
di Salvatore Caponetto. Roma,
Istituto storico italiano per l’età
moderna e contemporanea, 1992,
pp 198, £20.000.
stogli dalla narrazione biblica, tuttavia nei suoi commentari si dichiara convinto che
la donna è una porzione
dell’umanità e che il maschio
e la femmina insieme formano il genere umano. Fra i due
vi è una «uguaglianza differenziata», una nuova espressione con la quale Calvino
vuol fare intendere che fra il
maschio e la femmina non vi
è differenza di valori, ma di
funzioni. Ma ecco che Calvino esprime la cultura del suo
tempo quando giudica la
donna inadatta agli uffici
pubblici perché, a suo avviso, è incline al pettegolezzo,
alla curiosità, all’ozio ed è...
bigotta.
Tuttavia, Calvino sostiene,
nella Scrittura vi sono, oltre
alle leggi immutabili, parti
che fanno riferimento a comportamenti che mutano nelle
diverse epoche storiche e
culturali, perciò anche nella
funzione femminile potrebbe
variarsi una varietà nella vita
ecclesiastica e sociale. Calvino, così come Lutero, si
espresse in favore della libera scelta dei figli maggiorenni in caso di matrimonio e ha
ritenuto possibile lo scioglimento del matrimonio in caso di adulterio, poiché Dio
non richiede l’adesione formale alla sua volontà, ma la
purezza del cuore.
Sulla questione femminile
vi è quindi un’attualità della
Riforma che non dipende
soltanto dalle riflessioni dei
riformatori sul problema della donna, ma che consiste
nell’aver messo in questione
le categorie della teologia
tradizionale e l’immobilismo
dogmatico della chiesa di
Roma. La Riforma protestante ha così reso possibile ogni
nuova comprensione dei rapporti umani e del rapporto
dell’essere umano con il suo
creatore, poiché ad avere autorità non è il criterio della
chiesa, ma il messaggio liberante della Scrittura.
Fonti: André Bieler: L’Homme et la Femme dans la morale
calvinista. Labor et Fides ed.
William Monter; Women in
the age of Reformations in Becoming Visible; Co. Boston.
Venerdì 17 dicembre —
LIVORNO: Alle ore 17, 30,
presso la chiesa valdese, si tiene un incontro sul tema; «La
teologia nella musica di J. S.
Bach» Intervengono i maestri
Marco Lenzi, Marco Giammanossi e Luca Brunelli.
Mercoledì 22 dicembre —
IVREA (To): Presso l’AB cinema il professor Paolo Ricca,
della Facoltà valdese di teologia, e il giudice torinese Rodolfo Venditti introdurranno
un dibattito pubblico sul tema
dell’enciclica papale «Veritatis splendor».
4-6 gennaio 1994 — SERRAMAZZONI (Mo): Si tiene
il convegno dei giovani del
Segretariato attività ecumeniche, sul tema: «Tra memoria e
profezia». Partecipano Massimo Aprile, Amos Luzzato,
Paola Palagi, Teresa Rossi,
Brunetto Salvarani. Per informazioni e iscrizioni, entro il
10 dicembre: Fabio Perroni
(06-5562829) o Francesco
Consalvi (06-434853). Quota
di partecipazione £ 100.000.
Una scena della Sarajevo in guerra
Riviste
Articoli da tutto il mondo
Il primo numero era dedicato al Gatt e alle sue ripercussioni
politiche, il secondo all’assedio di Sarajevo, il terzo a una rievocazione dell’assassinio di John Kennedy. Internazionale*, un
settimanale che ha iniziato le pubblicazioni in novembre, si
propone di fornire in traduzione articoli e saggi dai più autorevoli quotidiani e periodici del mondo.
Organizzato in temi centrali a carattere monografico, come
quelli sopra citati, il periodico vi affianca una raccolta di notizie per rubriche fisse (politica e cronaca, economia e fmanza,
cultura e spettacoli, scienza e tecnologia), anch’esse ricavate
dalle testate più prestigiose.
Intemazionale ha un precedente illustre, il Mese, che alcuni
antifascisti italiani stampavano a Londra nell’autunno del ’43.
Oggi come allora è importante non lasciarsi ingannare dalle apparenze e dalle omologazioni di pensiero che caratterizzano il
mondo dell’informazione, e un’occasione come questa è una
vera e propria apertura sul mondo.
(*) Internazionale, distr. Mondadori, £ 3.000, abbonamento £
140.000 (assegni da indirizzare a Internazionale srl, via Vasari 1.5,
20135 Milano).
Una storia poco accademica
Nata nel 1972 come notiziario ciclostilato e cresciuta negli
anni fino a conquistarsi un posto di tutto rispetto nel panorama
storiografico, la rivista semestrale dell’Istituto storico della
Resistenza in Cuneo e provincia’'' è una risposta positiva, tangibile e immediata a chi si chiede se gli istituti storici della Resistenza abbiano ancora una funzione.
Le sezioni in cui la rivista si articola simboleggiano la volontà, e la capacità, di legare presente e passato in una riflessione non polverosa e accademica ma stimolante, ricca, articolata. Nelle «Fonti» troviamo documenti di diverso livello ma
sempre di grande interesse. Si va dal diario ingenuo del soldato contadino, che lotta con la sintassi e l’ortografia ma non rinuncia a esprimere l’intensità delle esperienze che gli urgono
dentro, alla relazione scrupolosamente documentata del comandante partigiano. In «Cultura e società» si riuniscono numerosi e agili interventi su argomenti di storia contemporanea,
commenti su mostre e convegni, discussioni su ricerche apparse, in Italia e all’estero.
La sezione ponderosa è quella intitolata «Studi e documenti» in cui vengono pubblicati saggi di ampio respiro, capaci di
fornire argomenti consistenti alla meditazione, di inquadrare i
grossi problemi. Esemplari, da questo punto di vista, le ricerche di Emma Mana sulla geografia elettorale della provincia
di Cuneo in»età liberale, di Mario Giovana sulla «nuova destra», di Marco Revelli sul razzismo, apparse sul n. 43, l’ultimo uscito, (e./.)
(’'’) Il Presente e la Storia, rivista dell’Istituto storico della Resistenza in Cuneo e provincia. Un numero £ 15.000, abbonamento annuo £ 30.000 (ccp. 16146128 intestato all’istituto).
Libri
Atlante di storia ebraica
Oltre vent’anni sono passati da quando è apparsa la prima
edizione di questo atlante’*', e ora questo prezioso stmmento di
consultazione e informazione di presenta aggiornato e disponibile anche in italiano (seppure, per motivi tecnici, i nomi geografici nelle cartine siano stati mantenuti in lingua inglese).
L.’Atlante di storia ebraica comprende i circa 4.000 anni che
hanno visto e vedono tuttora protagonisti gli ebrei. Martin Gilbert, professore a Oxford, con l’apporto di tre validi cartografi
(Arthur Banks, Terry Bicknell e Tim Aspden) ha esposto in
123 cartine la storia sfaccettata, multicolore, avvincente, tragica, culturalmente vivace, che non ha eguali, degli ebrei. Non
solo quindi le vicende funeste contrassegnate dall’antisemitismo culminante nello sterminio nazista, ma i tratti salienti che
caratterizzano il contributo dell’ebraismo alla storia e alla cultura di noi tutti.
Le cartine aggiornate al 1991 presentano fatti noti e meno
noti, ma non meno interessanti: i caraiti, per esempio, ossia gli
ebrei che non accettano la tradizione orale talmudica (una non
accettazione della tradizione che li può accomunare per certi
versi ai protestanti in campo cristiano). Di questa e di altre opere dell’editrice Giuntina ha bisogno la cultura italiana perché si
arricchisca il bagaglio culturale di ciascuno, così come l’orizzonte comunitario. (m.a.)
(’*') Martin Gilbert: Atlante di storia ebraica. Firenze, Giuntina,
1993, pp. VI1-128,£ 28.000.
22
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 17 DICEMBRE 199.^
Dibattito sull'ultima enciclica di papa Giovanni Paolo II, la «Veritatis splendon
Il pluralismo è una sfida per le chiese
JEAN-PAULWILLAIME
Occorre ricordarlo? L’individualismo è la
caratteristica fondamentale
delle società moderne occidentali. L’affermazione dei
diritti dell’individuo e della
sua autonomia rispetto a tutti
i magisteri è direttamente legata alla secolarizzazione e
all’avvento della democrazia.
Questa aspirazione all’autonomia si esprime a tutti i livelli: autonomia del sapere,
nel campo della conoscenza e
della scienza; autonomia economica poiché l’individuo,
che possiede il diritto di proprietà, è l’agente della libera
impresa e dello scambio mercantile; autonomia della sfera
politica rispetto al potere religioso. Nel campo filosofico e
culturale, vi è l’insistenza
sulla libertà di creazione artistica, sulla libertà del riso,
della satira e della critica in
generale.
Nel campo religioso, questo desiderio di autonomia si
è affermato con la Riforma.
Ma, al di là di questo fatto
storico, esso ha la sua fonte
nel giudeo-cristianesimo
stesso, in un certo tipo di relazione dell’individuo di
fronte a Dio. Lutero non ha
fatto altro che incarnare la
protesta di una coscienza di
fronte all’autorità dell’istituzione. Il suo gesto costituiva
una desacralizzazione di questa istituzione e delle sue autorità. Ciò ha portato ad una
pluralizzazione del mondo
cristiano, legata all’elaborazione di un pensiero della
tolleranza.
I Lumi hanno rappresentato un’altra tappa importante.
Si trattava di emancipare la
ragione umana rispetto alla
religione stabilita e di promuoverla per regolare le faccende umane. In nome della
ragione, i Lumi hanno anch’essi avuto tendenza ad insistere su ciò che era comune
a tutti gli uomini e quindi su
una certa potenza coercitiva
della ragione. 11 termine stesso di individualismo è nato
nell’Ottocento in Francia, per
reazione al movimento dei
Lumi. Questa tensione tra
l’individualismo e il suo rigetto è nel cuore della modernità. La si ritrova tanto
nell’ambito politico quanto
nell’ambito economico, ad
esempio, tra liberalismo e socialismo. Come articolare tra
loro le libertà individuali, oppure limitarle, per il bene.ssere di tutta la società?
L’individualismo è dunque
uno degli elementi intrinsechi dell’affermazione democratica. Per Tocqueville
(1805-1859), la democrazia è
una società in cui l’uguaglianza è un principio essenziale, un valore sociale, perché riconosce il diritto degli
individui e protegge le loro
libertà. Ma, nello stesso tempo, Tocqueville vedeva bene
i rischi impliciti nell’individualismo, in particolare il
modo in cui la libertà dell’individuo può favorire, alla
lunga, la sottomissione di tutta la società all’opinione pubblica. Il rischio anche del
rafforzamento dello stato a
causa del riflusso degli individui nella sfera privata e del
disinteresse per la cosa pubblica. Questa ambivalenza
dell’individualismo fa parte
della logica stessa della modernità. Ma condannare l’individualismo a causa dei suoi
effetti perversi non significa
condannare lo stesso spirito
democratico?
L’enciclica Veritatis Splendor rispecchia una fortissima
Una riunione di cardinaii in Vaticano
inquietudine rispetto alla
modernità e alla perdita d’influenza della Chiesa al livello dei comportamenti morali.
Ma questa perdita d’influenza dei magisteri non significa
affatto una perdita dei valori.
È vero, stiamo attraversando
una crisi morale. Ma penso
che il sistema democratico
ha in sé la capacità di rimediarvi. Occorre però che esso
si dia i mezzi per organizzare
il dibattito collettivo a tutti i
livelli, onde abbozzare soluzioni. E il caso, ad esempio,
dei comitati di etica. La vita
associativa gioca, anch’essa,
un ruolo importante in questo campo. Non bisogna
confondere, come fa l’enciclica, individualismo e soggettivismo. In una società
democratica, l’individuo si
iscrive in un quadro collettivo che non ha nulla di soggettivo.
Il soggettivismo è il rifiuto
delle mediazioni sociali e
della ricerca collettiva di soluzioni e di orientamenti. Tale atteggiamento viene giustamente condannato nell’enciclica, quando l’autenticità della convinzione diventa il criterio della verità. Non
bisogna però confondere la
democrazia con la legge del
numero.
In Francia, ad esempio, la
democrazia è fondata su una
costituzione che si basa sulla
«Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino». Il
pericolo sarebbe di credere
che oggi non esista più alcun
valore e che siamo in pieno
soggettivismo solo perché i
magisteri clericali non vengono più ascoltati. La fine
del potere dei chierici non
equivale alla scomparsa pura
e semplice dei valori. A questo riguardo, lo sguardo che
il papa porta sul mondo moderno mi sembra estremamente pessimistico.
La valorizzazione contemporanea dell’individuo è anche la conseguenza dell’esperienza storica e della
grandissima diffidenza delle
persone rispetto a tutti i
totalitarismi. E curioso che
un uomo come Giovanni
Paolo II non veda nell’individualismo un’affermazione
salutare rispetto a tutti i collettivismi. Ma è vero che
guardando all’esperienza della Polonia, il pluralismo politico ha portato a un plurali
smo religioso che probabilmente preoccupa il papa. La
Chiesa cattolica non sfugge
alla tendenza individualistica
contemporanea. Ci sono infatti mille modi di essere cattolici, di vivere la propria fede e il proprio rapporto con
la Chiesa.
Si sceglie la propria parrocchia, ci si ritrova a piccoli
gruppi e per affinità. Inoltre,
si ricerca sempre di più un
accompagnamento personalizzato. Di questo si può
pensare ciò che si vuole ma
se si vuole incidere sulla
realtà, bisogna accettare di
tener conto di questa pluralità di fatto. Si tratta di una
sfida per la Chiesa. E probabile che essa debba inventare, in questo tempo di
pluralismo, nuove forme di
legami ecclesiali. Se non lo
farà, il suo discorso rischia di
essere totalmente sconnesso
dalla società e quindi respinto. Il che avrebbe come
conseguenza paradossale di
favorire le tendenze al ripiegamento su se stesso. In altri
termini, condannare l’individualismo in modo non appropriato significa rischiare
di rafforzarlo.
Un documento del gruppo giovanile sui fatti di Civitavecchia
Noi giovani battisti pensiamo...
Come gmppo giovanile della Chiesa evangelica battista
di Civitavecchia abbiamo sentito la necessità di fare alcune
riflessioni sui noti fatti di cronaca accaduti nella nostra
città. L’ordine di considerazioni su cui vorremmo soffermarci riguarda le reazioni che
hanno suscitato in città non
solo l’episodio, ma anche la
sua risonanza a livello nazionale. Abbiamo notato che, a
cominciare dai protagonisti, è
iniziata una serie di rimbalzi
di responsabilità, di «scaricabarili».
I ragazzi accusati di violenza hanno affermato che le
bambine «ci stavano» e che
quindi non pensavano di fare
niente di male; la maggior parte dei nostri concittadini ha attribuito la colpa di ciò che è
avvenuto alla mancanza di
strutture per i giovani in città,
alla società poco interessata ai
ragazzi, alla scuola inefficiente, alla televisione con i suoi
messaggi violenti, ai genitori
poco presenti. Ma la cosa più
preoccupante è che la stragrande maggioranza di loro attribuisce la colpa principale
alle bambine che, «a detta di
popolo», andavano in giro,
sebbene appena undicenni o
dodicenni, truccate e con abiti
succinti, ossia con i segni di
chi «ci sta»; i poveri ragazzi
non avrebbero fatto altro che
rispondere in modo adeguato
ai segnali lanciati.
Crediamo che giustificare in
questo modo la violenza nei
confronti delle bambine sia
davvero incivile. Non abbiamo ancora imparato a prenderci personalmente le responsabilità dei nostri atti;
preferiamo sempre ricercare
negli altri o nella società la
giustificazione dei nostri comportamenti perversi, ingiusti e
violenti. È vero, a Civitavecchia non ci sono seri luoghi di
incontro per i ragazzi, non c’è
un teatro e i ragazzi sono
spesso costretti davanti alla
Tv e ai videogiochi bombardati da continue immagini di
violenza; ma tutto ciò non può
giustificare comportamenti
istintivi e animaleschi.
Certo, come creature, siamo
soggetti al peccato e all’errore
ma, come credenti, sappiamo
di essere stati chiamati alla riconciliazione con Dio attraverso la confessione personale
di peccato, assumendoci singolarmente la responsabilità
di ogni nostro atto. Solo partendo da questa consapevolezza possiamo e dobbiamo fare
confessione di peccato anche
come famiglie che spesso non
sono in grado di guidare i propri figli e come società che
non dà più punti saldi di riferimento.
Le accuse dei nostri concittadini, tra cui il vescovo, nei
confronti dei giornalisti che
avrebbero parlato troppo del
caso, infangando l’onorabilità
della città, rappresentano ancora una volta il tentativo di
allontanare da noi le responsabilità spostando il centro del
problema. Noi riteniamo che
il buon nome di una città non
si misuri nascondendosi dietro
un silenzio ipocrita, ma dalla
capacità di individuare e affrontare apertamente e consapevolmente ciò che non va.
Solo in questo modo Civitavecchia potrà fare tesoro anche di un episodio tanto triste,
dimostrando la sua coscienza
civica.
Il gruppo giovanile
della Chiesa evangelica
battista di Civitavecchia.
La fine di un bipolarismo «rassicurante):
Il «nuovo grande
disordine mondiale»
EMMAKUELE BEBUFFINI
La disgregazione dell’
Urss e il frantumarsi del
suo impero ha segnato il passaggio da un mondo «ordinato» quale era quello bipolare
ad un nuovo sistema internazionale dalla struttura assai
incerta. C’è chi parla di bipolarismo «zoppo», chi di unipolarismo, quasi vi fosse un
unico padrone del mondo,
chi conta nuovi poli (Germania e Giappone), ma qualsiasi
formula appare inadeguata a
rappresentare una realtà intemazionale in itinere, fluida
magmatica, in continuo e
convulso mutamento. Si è
realizzato quello che Ernesto
Balducci denominò il «Risveglio delle tribù», ovvero
l’insorgere violento delle
parti di umanità (nazioni o
etnie) obliterate per mezzo
secolo dall’inverno nucleare.
Che fine ha fatto il nuovo
ordine mondiale preconizzato
da Bush? Al suo posto sembra regnare un grande disordine, un caos difficilmente
decifrabile. Della tragica e
complessa fase di transizione
che stiamo vivendo si è discusso in un dibattito promosso dal Grappo Abele, intitolato «Disordine economico-ambientale», a cui hanno
preso parte Luigi Bonanate,
docente di relazioni internazionali, il noto economista
Siro Lombardini e Anna Segre dell’Università di Torino.
La prima annotazione meritevole di attenzione è stata fatta
da Bonanate: «Paradossalmente il disordine non è nella
vita politica intemazionale, il
disordine è dentro agli stati».
Negli ultimi quarant’anni il
tasso di violenza politico-militare intemazionale è andato
progressivamente diminuendo mentre, al tempo stesso, è
aumentato il numero di guerre civili e colpi di stato, ovvero il tasso di bellicosità interna. Se vogliamo individuare le radici dell’attuale disordine mondiale, dobbiamo
guardare all’interno delle entità statali, cioè puntare l’attenzione sulle «tossine» prodotte da alcuni regimi politici, anziché prendersela unicamente con le Nazioni Unite.
È vero che l’Onu troppo
spesso è latitante e quando
interviene dimostra di non
possedere una propria linea
politica, tuttavia le decisioni
(Bosnia docet) sono prese al
di fuori del Palazzo di vetro e
quando le situazioni giungono sul tavolo del Consiglio di
sicurezza sono incancrenite a
tal punto da rendere assai difficile qualsiasi intervento rivolto a ripristinare una pace
giusta.
Il bipolarismo in un certo
qual senso era rassicurante,
costituiva una sorta di ingessatura, una forma di congelamento seppur «terribile» a
causa della minaccia nucleare. Eravamo ormai certi,
non solo che Usa e Urss non
si sarebbero mai fatti la guerra, ma anche che l’Europa
non avrebbe mai più dovuto
sentire il clamore degli eserciti e il rumore delle armi.
Venuto meno quel modello
di sistema internazionale siamo costretti a «esperienziare» la guerra nel cuore stesso
del continente europeo, smarrendo ogni certezza, ogni sicurezza.
Non si può prendere atto,
con Bonanate, dell’evento rivoluzionario a cui abbiamo
assistito: la terza guerra mon
diale non è ancora da venire
ma è già stata combattuta è
vinta con armi metaforiche e
senza morti. In modo non
violento si potrebbe dire.
Una cosa mai accaduta nella
storia.
Oggi ci ritroviamo in una
fase di ricostruzione postbellica, con il disorientamento che da sempre caratterizza
questi momenti della vita
collettiva dei popoli e delle
nazioni. Dobbiamo essere
pessimisti o ottimisti? Afferma Bonanate: «Siamo comunque costretti a fare
un'autocritica del buon cuore. Non è più sufficiente avere idee egualitarie e cosmopolite. Chi più di tutti si è occupato negli ultimi tempi del
nostro futuro e nel modo più
aberrante? I soldati che in
Bosnia stupravano le donne
per creare una nuova razza.
Di fronte a ciò non è più possibile andare avanti con la filosofia dei buoni sentimenti,
ma siamo costretti a tentare
di pensare al futuro in termini diversi».
L’industrializzazione ha
portato la società a una situazione ben diversa da quella
prefigurata agli albori dai
cantori delle magnifiche sorti
e progressive. Non siamo
giunti alla «pace perpetua»
(Kant) né al trionfo della ragione tecnologica. Sono venuti meno i miti del progresso senza fine, dello sviluppo
illimitato e «l’epoca attuale ha sostenuto Lombardini verrà ricordata come quella
del trionfo della follia, anziché della ragione, perché
non si sono mai visti integralismi più spaventosi». L’ingegneria genetica consente
all’uomo di realizzare in pochi anni mutamenti che richiederebbero millenni e tutto ciò in un contesto di assoluta ignoranza e irresponsabilità dove «gli uomini conoscono le singole leggi locali e le manipolano come
apprendisti stregoni, rischiando di far .saltare l'intero pianeta». Siamo giunti al
punto che anche una crisi
economica come l’attuale è
accettata senza che ci si interroghi sulle ragioni che
l’hanno generata e sui responsabili, a cominciare dal
Fondo monetario internazionale che impone le proprie ricette ai paesi dell’Est e del
Sud senza porre le condizioni
per un’economia di mercato
che non produca costi sociali
esorbitanti (come sta verificandosi in Russia).
Due problemi cruciali rispetto ai quali ogni altra questione è superflua: 1) il problema della popolazione (se
non si pone un freno alla crescita demografica è inutile
parlare di riduzione dei consumi); 2) il rischio che un
sempre maggior numero
di
paesi adotti gli standard di
consumo nord americani.
Una serata scevra da ottimismi fuori luogo, un forte
invito a lavorare con urgenza
per inventare alternative credibili e praticabili. A dirlo
non sono stati i soliti «profeti
dell’Apocalisse», ma studiosi
seri e appassionati. Quella
passione e quella serietà che
hanno portato Siro Lombardini a chiudere il suo intervento con queste parole:
«Oggi o l’umanità assume
responsabilmente il controllo
del proprio processo di sviluppo, oppure il destino del
mondo e delle generazioni
future è segnato».
23
\/F.NERDÌ 17 DICEMBRE 1993
Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
¡TA
I battisti
in Albania
Caro direttore,
rispondo volentieri alla lettera che Adriana Gavina ha
inviato al giornale per riflettere pubblicamente sul programma «Albania, la fede in
libertà», che Protestantesimo
ha mandato in onda il 14 novembre scorso.
Anzitutto grazie ad Adriana: le sue osservazioni espresse in tono pacato e riflessivo sono sempre benvenute perché ci aiutano a svolgere meglio il nostro lavoro e
ci forniscono l’occasione di
condividere i criteri che abbiamo seguito per impostare
il servizio.
L’ipotesi che abbiamo seguito è stata quella di offrire
al telespettatore una panoramica sulla situazione religiosa nel paese a partire da storie
personali e non particolare riferimento alla Chiesa cristiana ortodossa. I cristiani albanesi erano quindi al centro
del programma: da loro volevamo capire come avevano
vissuto gli anni precedenti la
caduta del regime di Hohxa e
le loro speranze di oggi.
A conforto di questa scelta
(mille altre erano possibili)
c’era il criterio di intervento
della Egei, della Fcei e del
Consiglio ecumenico che
hanno deciso di accompagnare in questo cammino i fratelli albanesi, nel rispetto della
loro cultura e delle loro priorità, aprendo con loro un dialogo attivo.
Credo allora che il nodo,
forse, sia qui: mi pare di cogliere nella lettera di Adriana
una critica a questi criteri di
intervento, ma questo apre
una discussione (che a me
personalmente interessa anche molto) che prescinde dalla trasmissione. Mi chiedo se
è sufficiente parlare come fa
Adriana di mero «intervento
umanitario» per l’intervento
realizzato da Fcei, Fgei, Cec,
contrapposto a un’azione
evangelistica. Si dovrebbe infatti aprire una discussione su
come intervenire in un paese
dove esiste una chiesa sorella,
la Chiesa ortodossa autocefala, e quindi che cosa si debba
intendere per «testimoniare
l’Evangelo» oggi in un paese
del vecchio blocco comunista.
Infine è vero che in questo
momento è attivo anche un
interessante progetto della
Federazione battista europea
di cui abbiamo parlato nel
servizio, all’interno del quale
si inserisce l’intervento missionario del pastore Saverio
Guarna che, all’epoca delle
riprese, operava in Albania
solo da pochi mesi. Il regista
l’ha incontrato varie volte e
chiacchierato e cenato con
lui. Certo era possibile dargli
voce nella trasmissione, ma il
suo lavoro era talmente ancora agli inizi che il regista ha
preferito far parlare chi, responsabile del progetto, da
più tempo viveva e operava
nel paese.
Purtroppo spesso nel nostro
lavoro scegliere significa anche escludere: importante è
saperlo, e compiere delle
scelte che abbiano delle motivazioni condivisibili, come
credo sia possibile in questo
caso. E poi il futuro è davanti
a noi e, a Dio piacendo, potremo ancora incontrare
Guarna in Albania, questa
volta non al ristorante, ma davanti a una telecamera.
Gianna Urizio
caporedattrice di
«Protestantesimo»
Mario Gherardi
Ogni giorno che passa ci
avvicina sempre più a quel
giorno che chiude il nostro
pellegrinaggio e specialmente
noi, con un certo numero di
anni, dimenticando il passato,
guardiamo ad esso quasi con
simpatia, soprattutto senza
paura. Ancora un caro e fedele fratello ci ha lasciato, molti
nostri fratelli e compagni di
viaggio e di fede ci hanno lasciati, umanamente parlando
rimaniamo un po’ soli ma resta in noi sempre presente il
loro esempio, la loro fede, la
loro certezza.
Conobbi il fratello Gherardi
alle riunioni mensili della
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 -fax 011/657542
Via Foria, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185 -fax 081/291175
Via Repubblica, 6 -10066 Torre Pellice - tei. e fax 0121/932166
DIRETTORE: Giorgio Gardioi
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REDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Alberto Bragaglia, Daniele
Busetto, Luciano Cirica, Alberto Coreani, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo, Maurizio Girolami, Anna Maffei, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Pietro Romeo, Marco Rostan, Pienraldo Rostan, Marco Schellenbaum, Federica Tourn, Florence Vinti, Raffaele
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AMMINISTRAZIONE: Mitzi Menusan
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■ L'eco delle vanvtìdftì
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176
del 1® gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono stale registrate
con ordinanza in data 5 marzo 1993.
' ‘ , ULTIMA ORA ' ‘
Firmato ildecreto per la defiscalizzazione
delle offerte alle chiese valdesi e metodiste
Il ministro delle Finanze, Franco Gallo, ha
firmato sabato 11 dicembre il decreto di attuazione relativo alla possibilità, per i contribuenti, di dedurre d^ reddito complessivo, ai
fini dell’imposta sul reddito, le offerte erogate - fino ad un tetto massimo di due milioni
di lire - a favore della Tavola v^dese, l’ente
che rappresenta le chiese evangeliche metodiste e valdesi. Le offerte deducibili sono
quelle destinate a fini di cult», istruzione e
beneficenza. Il decreto, il cui testo è stato
concordato dal ministero delle Finanze con
una delegazione della Tavola valdese, prevede che la deduzione possa avvenire sulla base di una certificazione rilasciata direttamente dalla Tavola valdese, oppure anche dalle
chiese locali metodiste e valdesi, così come
da enti, istituti, comitati, associazioni collegate alla Tavola valdese e da essa autorizzate
al rilascio della certificazione.
Tev circa 12 anni fa ed ebbi
subito modo di riconoscere in
lui le vere caratteristiche del
credente che sa in chi ha creduto, che non dimentica per
tutta la vita la sua vocazione
facendo brillare la luce della
sua fede ogni giorno con la
gioia sicura di chi ha fatto di
Dio la roccia della sua vita
con la certezza incrollabile
delle gioie eterne che ora
contempla.
Come è scritto in I Tessalonicesi, Gherardi scrisse
sulla circolare Tev 255/1987:
«Trovo giorno per giorno la
certezza che la parola di Dio
è l’unico punto fermo e risplendente come la stella polare, che indica la strada agli
stanchi viandanti». Mi disse
che la sua fede poggiava su
cinque certezze che mi descrisse; esse sono e dovrebbero essere per tutti i credenti fondamento di ogni certezza: la Parola, la salvezza, la
preghiera, la certezza nella
prova, la certezza della vita
eterna.
Tutte queste certezze ci appartengono oggi per il tempo
presente e per questo caro
fratello, aggiungo io, valgono
ora per l’eternità.
Mario Goletti
Bobbio Pellice
La Repubblica
sociale
Caro direttore,
leggere sul giornale delle
nostre chiese (Riforma, n. 40)
che Mussolini avrebbe salvato l’Italia del nord dalle rappresaglie del «tradito alleato
tedesco», grazie alla repubblica sociale da lui «voluta»,
fa venire i brividi. Non riesco
a immaginare dove e come
Giovanni Petti, autore della
lettera da te pubblicata, abbia
vissuto fino ad oggi e da dove
abbia tratto le sue informazioni.
Voglio solo ricordare che la
Repubblica sociale, a parte
l’aver costituito la premessa
per la guerra civile, è stata
utilizzata come alibi per i
molteplici crimini compiuti
dai nazisti nel nostro paese
nel periodo della loro occupazione dell’Italia. Inoltre si è
comportata da feroce nemica
nei confronti dei militari italiani catturati dai tedeschi,
più di 600.000 uomini, declassati a internati militari,
trattati peggio dei prigionieri
di guerra sovietici, condannati al lavoro coatto proprio in
base ad un accordo tra Mussolini e Hitler.
Questi sono fatti oggettivi,
storicamente provati, che
l’autore della lettera sembra
ignorare totalmente.
Ma un discorso a parte va
fatto a proposito del «tradito
alleato tedesco», affermazione che troppo spesso viene ripetuta con colpevole leggerezza da persone che senza
avere alcuna cognizione di
causa si permettono di coprire il nostro paese anche di
questa infamia.
Dato che proprio di recente
è stata pubblicata la traduzione in italiano dell’opera di
uno storico tedesco che ha affrontato l’argomento con rigore scientifico, consultando
la documentazione degli archivi tedeschi, ritengo utile
approfittare dell’occasione
per segnalarla ai lettori di
Riforma. Si tratta de «I militari italiani internati nei campi di concentramento del terzo Reich 1943-1945. Traditi,
disprezzati, dimenticati» diGerhard Schreiber (edito a
cura dell’Ufficio storico dello
Stato Maggiore dell’Esercito,
Roma, 1992, pp 903. Corredato di fotografie). Il libro è
dall’autore dedicato «Agli assassinati, ai morti, ai sopravvissuti» (intende i militari italiani).
Dalla documentazione degli archivi militari tedeschi
risulta che sin dal 25 luglio
1943, per ordine di Hitler, la
Wehrmacht aveva dato corso
a tutta una serie di misure per
l’attuazione di un colpo di
mano inteso a ristabilire il regime fascista in Italia. Tutti i
movimenti degli uomini e dei
mezzi erano sfrontatamente
palesi e non potevano passare inosservati agli alti comandi italiani; questi peraltro
non ritennero di prendere alcuna iniziativa né di predisporre alcun piano che permettesse alle nostre truppe,
in Italia, nei Balcani e nelle
isole un’azione coordinata di
difesa.
La diffusione da parte degli
americani della notizia
dell’armistizio con l’Italia
precedette solo di pochi giorni la data fissata dai tedeschi
per il colpo di mano; comunque la macchina militare nazista era pronta ed ebbe buon
gioco di fronte ai militari italiani lasciati abbandonati a se
stessi, con l'ordine di reagire
solo singolarmente se provocati. In questa azione l’esercito nazista non mancò di coprirsi di disonore con ordini
criminali come quello, che
peraltro alcuni generali tede-schi rifiutarono di eseguire, di
fucilare come franchi tiratori
gli ufficiali italiani che avessero organizzato la loro truppa alla resistenza.
In sostanza deve essere ben
chiaro, a chiunque vuol basarsi su fatti storici e non su
Il clic
di prima pagina
Attimi di silenzio e di raccoglimento per le vittime di un
attentato esplosivo in Irlanda del Nord. Con 1 mazzi di fiori
deposti dai passanti e dai conoscenti, anche i giocattoli di
alcune delle vittime. È una di quelle scene che si pensa di
aver visto una volta per tutte e che invece irrompono, uguali e diverse, con un carico di tristezza che lascia attoniti.
chiacchiere, che tradito non è
l’alleato tedesco ma, come dice anche il prof. Schreiber, i
militari italiani: traditi dall’alleato tedesco e traditi dal loro
comando supremo che preferì
provvedere alla propria sicurezza personale, piuttosto che
alla difesa del paese.
Cordiali saluti
Umberto Beltrami - Monza
Lettera aperta
all'on. Pivetti
Cara on. Pivetti,
ho aspettato a lungo invano
una tua smentita, ma ora devo
dedurre che sono vere le tue
affermazioni pubblicate sui
giornali del 3 ottobre in cui
tra l’altro ti schieri per una limitazione del diritto di manifestare religioni diverse da
quella cattolica. Da cittadino
che ama la libertà, da evangelico valdese e anche da militante della Lega Nord dal
1990, non posso certo tacere,
anche perché molti, strumentalmente e no, continuano a
considerare la tua una sorta di
posizione ufficiale della Lega
Nord in materia religiosa o,
peggio ancora, in materia di
diritti civili.
Tuttavia, anziché disquisire
in generale sulla libertà religiosa, ormai accettata da tutti
nel mondo occidentale (esclusi qualche fan di Khomeini e,
a quanto pare. Fon. Pivetti ma
incluso il papa che ne ha ben
conosciuto la negazione nella
Polonia comunista), ti vorrei
proporre una scelta fra due
personaggi storici, uno famoso, l’altro meno.
Il primo è il re di Francia
Luigi XIV che, indifferente
agli insegnamenti morali della religione, tentò tuttavia di
fame uno stmmento della sua
politica ipercentralista. Ogni
dissenso religioso divenne
dunque ai suoi occhi un pericolo politico, revocò il tollerante editto di Nantes e perse
guitò crudelmente le minoranze, tra cui i valdesi che tuttavia, a prezzo di migliaia di
morti, non si piegarono. Molti
ugonotti fuggirono in altri
paesi dove spesso entrarono a
far parte deH’élite in diversi
campi, mentre la Francia centralista veniva privata dei loro
talenti. Qualcosa di simile a
quello che successe con le
leggi razziali fasciste.
L’altro personaggio è un
contemporaneo di Luigi XIV,
Roger Williams, pastore puritano fuggito dall’Inghilterra
in Massachussetts assieme ad
altri correligionari a causa
delle sue opinioni in materia
di fede. Anche là venne a
contrasto con l’intollerante
leader puritano John Cotton,
per questioni dottrinarie.
Quando si rese conto che Cotton stava per farlo arrestare,
in una nevosa notte del gennaio 1636, fuggì a piedi in
territorio degli indiani di cui
era amico. Ottenuto il loro
consenso, fondò la colonia di
Rhode Island, dove la libertà
religiosa non solo era tollerata
ma, per la prima volta, era riconosciuta come diritto di
ciascuno, anche per chi la
pensava come John Cotton. E
sì che Williams era fortenaente convinto delle sue dottrine,
di cui fu instancabilmente
propagatore anche fra gli indiani, tanto convinto - direi da non aver paura di confrontarle con quelle altrui, ritenendo anzi la libera concorrenza dello spirito (free competition of spiri!) un bene per
la vitalità del cristianesimo.
Quando poi, 150 anni dopo,
gli Stati Uniti vollero darsi
una costituzione, si verificò
ciò che spesso accade in un
paese federalista: una innovazione, sperimentata in un singolo stato, viene estesa, se ha
dato prova positiva, agli altri.
11 diritto inalienabile alla libertà religiosa fu infatti garantito in tutta l’Unione.
Io sto con il federalista Roger Williams, e tu?
Lucio Malan
Lusema San Giovanni
membro della segreteria
politica Lega Nord Piemont
RINGRAZIAMENTO
La moglie e il figlio di
Roberto Micol
ringraziano sentitamente quanti
sono stati loro vicino in questa
dolorosa circostanza.
Un grazie particolare al pastore
Sergio Ribet e al personale medico e paramedico dell'Ospedale
valdese di Pomaretto.
Pomaretto, 11 dicembre 1993
Errata
Righe saltate
Nel n. 44 del 19 novembre, a pag. 6, lo studio biblico di Erminio Podestà dal titolo «Il testimonio» è risultato monco nella
sua conclusione. Il pensiero finale era questo: «La successiva
storia della giovane chiesa ne offrirà la conferma quando le
persecuzioni daranno origine a molti “martiri”, che sacrificheranno la loro vita per “testimoniare” la fede in Cristo».
Ci scusiamo con l’autore e con i lettori.
La chiesa di vetro
Nel n. 41 e nel n. 46 abbiamo pubblicato, a illustrazione di
due articoli sulla religiosità in Usa, due foto della «chiesa di
vetro» di Los Angeles tratte da una nota agenzia fotografica intemazionale.
Purtroppo abbiamo «clonato» anche la didascalia ed abbiamo
attribuito la proprietà della chiesa di vetro a Billy Graham e nel
numero 46 abbiamo pubblicato anche una foto dichiarando che
il personaggio in questione era Billy Graham.
Carlo Papini e Christine Spanu ci hanno scritto per protestare
contro il grave errore commesso.
La foto del telepredicatore era quella del pastore californiano
Schuller e non quella di Billy Graham, il quale non ha mai partecipato alla costruzione della chiesa di vetro che non può dirsi
in alcun modo «sua».
Ci scusiamo con Billy Graham e la sua organizzazione in Italia e con i nostri lettori, per il grave errore non voluto.
24
PAG. 12 RIFORMA
I
Villaggio Globale
Svizzera: è partita un'altra iniziativa promossa dalle opere di aiuto al Terzo Mondo
Dopo il caffè, ecco il miele «Max Havelaar»
La Fondazione Max Havelaar che, come è noto, intende
pagare un prezzo superiore al
corso mondiale i prodotti dei
piccoli contadini del Terzo
Mondo, ci riprova. Dopo l’ottimo risultato della vendita
del suo caffè, propone ora del
miele alla popolazione svizzera. Durante una conferenza
stampa data a Berna il 22 novembre, la Fondazione ha
spiegato perché ha conferito
il proprio marchio di qualità
al miele prodotto dai piccoli
contadini messicani, guatemaltechi e cileni. Gli apicoltori svizzeri appoggiano l’iniziativa.
I grandi successi avuti con
il caffè hanno suscitato speranze e innescato una domanda mirante all’introduzione
rapida di prodotti Max Havelaar presso i consumatori
svizzeri e i grandi centri comnwrciali. Da tempo, i «Magasins du monde» e «Caritas»
hanno lanciato l’idea di un
commercio più equo con i
piccoli produttori, offrendo
vari prodotti alimentari e di
artigianato di provenienza dai
paesi del Sud.
Con il lancio, 18 mesi fa,
del caffè Havelaar sul mercato
e il coinvolgimento dei grandi
supermercati, il consumatore
svizzero ha risposto favorevolmente: 1,4 milioni di chili
venduti quest’anno, ossia una
quota di mercato del 5%. La
vendita del caffè ha prodotto
una cifra d’affari di 20 milioni
di franchi di cui hanno usufruito diecine di migliaia di
famiglie in 15 paesi. Una parte del plusvalore è stata inoltre
Siberia: una storia singolare
«Ho fatto migliaia di chilometri
per trovare dei cristiani»
Lo stand del caffè «Max Havelaar» all’ultimo Salone del libro e della stampa di Ginevra
utilizzata j»r finanziare scuole, migliori tecniche di produzione e una diversificazione
agricola.
Mangiando più di un chilo
di miele l’anno, gli svizzeri
sono fra i più grandi consumatori di miele nel mondo. Ecco
dunque una buona base di partenza per raggiungere l’obiettivo, vale a dire una quota di
mercato del 10% in un anno
per i tre organismi interessati:
la cooperativa di consumo
OS3, Coop e Caritas. Con la
loro offerta attraente di miele
venduto a prezzi equi, OS3 e
Caritas hanno già raggiunto
una quota di circa il 5% del
miele importato. Fin da ora,
con l’offerta del miele «Cooperazione» in tutte le filiali
Coop, nuovi e ampi strati di
popolazione hanno la possibilità di agire concretamente per
migliorare le condizioni di vita dei piccoli contadini.
La Fondazione ha l’appoggio degli apicoltori svizzeri;
«Approviamo interamente gli
obiettivi della Fondazione
Havelaar» ha affermato Berchtold Lehnherr, segretario
della Federazione svizzera
delle società di apicoltura.
Secondo Lehnherr i prezzi
equi, sia in Svizzera che nel
Terzo Mondo, sono anche
l’obiettivo della sua Federazione. Esclude comunque che
questo miele faccia concorrenza al miele svizzero in
quanto vi è un mercato stabile per il miele locale.
I fondatori di Max Havelaar
Svizzera, le opere di aiuto
«Action de carême», «Caritas», «Helvetas», «Pain pour
le prochain» e «Swissaid» si
rallegrano che un nuovo prodotto venga offerto alla libera
scelta dei consumatori, un
modo modesto ma efficace di
realizzare ciò che esse chiedono fin dalla loro fondazione.
«Nei nostri rapporti con i paesi del Sud - affermano - la
“carità” e la pietà non bastano. Bisogna prima realizzare
la giustizia». (Spp)
Vsevolod Lytkin ha 25 anni
ed è monitore della scuola domenicale. Ha raccontato di essere cresciuto in una famiglia
assolutamente agnostica che
però gli ha trasmesso una
grande curiosità per ciò che
accade nel mondo insieme
con l’insegnamento a non credere automaticamente a tutto
ciò che leggeva sui giornali o
vedeva in televisione.
«Quando avevo 16 anni cominciai a interessarmi di questioni religiose, pur non credendo in niente. Naturalmente
non credevo nemmeno a quello che i libri e la televisione
dicevano sull’argomento. Per
saperne di più su Dio cominciai a comprare dei libri di
propaganda atea dove comunque si parlava di religione e in
particolare di cristianesimo.
Ho letto parecchi libri del genere. In particolare mi piaceva
il dizionario dell’ateismo perché - sia pur in maniera negativa - parlava della Bibbia; ho
imparato a conoscerla proprio
attraverso di esso.
Non c’era nessuno che potesse spiegarmi meglio le cose che mi interessavano. Il
dizionario diceva che nelle
repubbliche baltiche esistevano dei protestanti e così partii
per l’Estonia per andarli a
cercare e farmi dire da loro
che cos’è il cristianesimo. A
Tallin trovai una chiesa e incontrai delle persone che mi
parlarono di Dio. Cinque anni fa sono stato battezzato e
ho ricevuto in dono una Bibbia. Sono tornato a Novosibirsk e ho cominciato a cercare dei credenti. Ho trovato
una chiesa che mi ha aiutato
grandemente a crescere nella
fede. Ora la Bibbia mi è molto cara». (Abs)
Malawi: si svolgeranno il 16 maggio '94
I •
iviaiavvi. 31 3VUIgCldllllU II I O llld¡
Le prime elezioni libere
L’anno prossimo, il 16 maggio, si svolgeranno in Malawi
per la prima volta libere elezioni. Il presidente Kamuzu
Hastings Banda, i rappresentanti del governo e dei partiti
all’opposizione hanno scelto
concordemente questa data. In
ottobre dovrebbe essere abrogata una legge che ha assegnato a Banda la presidenza a
vita. Banda, che si ritiene abbia superato i 90 anni, è un
conservatore e governa da dittatore il Malawi sin dall’indipendenza del paese, conseguita nel 1964. In tutti questi anni
l’opposizione è stata repressa
brutalmente. Le proteste crescenti della popolazione e le
pressioni internazionali hanno
costretto Banda a indire un referendum nel giugno scorso
che ha portato, a grande maggioranza, all’abolizione del
monoparti tismo.
Riforma.
Non perdete
una buona
abitudine.
Parte il secondo anno di RIFORMA.
Eccoci pronti ad affrontare con entusiasmo un nuovo anno di informazione, di
confronti, di iniziative.
Grazie al sostegno di molti amici e abbonati, RIFORMA ha pubblicato più di 800
pagine sulla realtà evangelica italiana e intemazionale, sugli incontri ecumenici
grandi e piccoli, sugli avvenimenti culturali e politici del nostro tempo.
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