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ECO
»ELLE VALLI VALDESI
Past. TACCIA Alberto
10060 AHOROONA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 99 - Nom. 17 ABBONAMENTI f Eco: L. 2.500 per l’interno Spedizione in abbonamento postale . 1 Gruppo hi? FORRE PELLICK - 25 Aprile- 1969
Una copia Lire 60 ; L. 3.500 per l’estero Cambio di indirizzo Lire 50 Ammiu. Claudiana Torre Pellice - C.CJ>. 2-17557
In uno degli ultimi colloqui di Karl Barth
leigerelaBidliiaèiHHinpiirtaite
chi fare dliaBsiraziiini pubblicha
Una rivista cattolica parla del pontefice romano
Sempre meno infallibile?
Nel fascicolo di aprile del « Kirchenblatt
il mensile della Chiesa evangelica luterana
d’Italia, era ripreso un articolo, breve e significativo, apparso sul quaderno di ottobre di
^Europäische Begegnungen)) (Incontri europei): si tratta di un resoconto interessante su
di un colloquio che Karl Barth aveva avuto
con un gruppo di cristiani polacchi, poco prima della sua morte.
Il settimanale protestante di Varsavia, « .lediiota » (Unità), la rivista che porta come sottotitolo :
« Problemi del protestantesimo polacco e dell’ecumene », ha pubblicato ultimamente un servizio sulla
visita che alcuni cristiani delle due
confessioni hanno reso a Basilea al
prof. Karl Barth. Non si tratta di
un’intervista ufficiale, ma di un resoconto ricostruito in base alle note
prese da uno dei partecipanti.
Nel colloquio affiorò il problema
dell’« aggiornamento » della Chiesa. A un certo punto Barth reagì
vivacemente ])onendo la controdomanda: a Aggionmniento — a che,
cosa? Se alVEvangelo, va bene; ma
non al inondo moderno ».
Uno dei partecipanti avanzò la
proposta ; « Aggiornamento all’E
vangelo nello spirito dei nostro tempo ». In questo contesto e in riferimento alla domanda su quel che
pett&assff del - rema- della Ck»Bferens}«
’Chiesa e Società’, il teologo rispose: « Non mi piace il concetto di rivoluzione, (/liando lo si applica alla Chi esa. Nella Chiesa non c'è rivoluzione. lina rivoluzione annienta i fondami iiti. Ma non si può attaccare il fondamento della Chiesa.
È in questo contesto che può sorgere il pericolo di un ’falso aggiornamento'. ' Hi voi azione’, poi, significa in ogni [iurte del mondo (juvdcosa di diverso; essa è una cosa in India e una rosa diversa, ad esempio,
nell’America Latina ». Il professore consigliò fortemente la lettura
del libro di .lacques Rossel, Mission
dans une soeiété dvnami(/ue (N.d.r. :
Se non andiamo errati, la Claudiana ha in ¡»rogetto una traduzione
italiana di quest’opera).
Sul finire della visita, durata
un’ora e mezza, qualcuno domandò
al teologo quale potesse essere il
contributo da dare alla soluzione
dei diversi problemi del nostro tempo. Il prof. Barth chiarì di non essere in grado di rispondere a cpiesta domanda; ma che avrebbe tentato, valendosi di un esempio, di attirare l’attenzione su una questione
oggi assai iiu])ortante, a suo avviso. Egli ricordò le violente agitazioni studentesche a Berlino-Ovest e in
altre città universitarie della Germania Occidentale. « Queste agitazioni erano t'espressione di una rivolta degli studenti contro i professori e contro le autorità universitarie. Esse ricordavano, nelle loro
caratteristiche, le marce ancora più
violente (’exo(lus’) degli studenti
del Medio(>vo. Fochi giorni fa è venuto a vedermi un pastore degli studenti, che era stato testimone di
questi avvenimenti inquietanti. Alle mie domande rispose che gli studenti si sedevano in mezzo alle strade, organizzavano manifestazioni e
Convegni. Quando gli chiesi .se faceva con loro degli studi biblici, m,i
rispose: ’No, sono cose che da tempo non faccio più’ ».
E Barth commentava così questa
dichiarazione : « Dieci studenti che
leggono la Bibbia .svolgono un ruolo più importante di un gruppo di
studenti che dimostrano. Se essi
hanno l’intenzione di interessare i
cosidetti ’cristiani anonimi’, non è
sufficiente sedere in mezzo alle piazze e dimostrare; dovrebbero leggere
anche la Bibbia. La predicazione
più semplice è un contributo al rinnovamento del mondo più importante di qualsiasi altro ».
Ed ecco ancora, in proposito, una
caratteristica affermazione di Barth:
« Oggi tutti i teologi viaggiano. Temo che la stragrande maggioranza
dei teologi, anziché starsene a casa,
siedano in auto, nelle sale d’aspetto, nei treni o negli aerei. Quando
trovano il tempo di leggere la Bibbia? Non si fa che parlare di dialogo. Ci .sono problemi alla moda.
Quand’ ero studente io, era in gran
voga l’opinione che si dovesse dedicare molto tempo alla psicologia. Lo
stesso si dice oggi della sociologia.
Eppure i cristiani dovrebbero essere in grado di dire qualcosa di specificamente loro, qualcosa di nuovo.
Ciò di cui abbiamo bisogno, oggi, è
una sorta di nuovo pietismo ».
« Il problema del magistero pontifìcio costituisce uno dei nodi più oscuri
dell’esperienza religiosa dei cattolici di
oggi, un motivo di silenzioso imbarazzo per chi dovrebbe invece portare
quella esperienza alla luce del sole, davanti agli uomini credenti e non credenti e al cospetto di Dio ». Cost inizia l’editoriale di Marcello Gentili che
apre l’ultimo numero (febbraio 1969)
della rivista cattolica milanese « Momento », dedicato in buona parte al
problema del primato e dell’infallibilità del pontefice romano. « Uno dei
nodi più oscuri dell’esperienza religiosa dei cattolici di oggi, un motivo di
silenzioso imbarazzo » : bastano queste
parole introduttive a dare il tono di
tutto l’articolo, in cui tra l’altro si
chiede, a proposito del magistero pontifìcio, «quanta parte (di esso) sia attestazione di Cri-io e quanta parte sia
tentazione di potere sugli uomini », e
si riconosce senz:- mezzi termini che il
papa è stato « talvolta più la pietra di
oppressione che taiella di fondamento
della comunità e.
sono dimenticali
errori» di cui è intessuta la storia del
magistero ponti fic’o. La distinzione
tra il magistero o- dinario, fallibile, del
papa (come è Quello che si esprime
e nei suoi innumemagistero straor
clesiale ». Né si pos■ gli « innumerevoli
nelle sue enciclii
revoli discorsi)
dìnario (ex cathedra), infallibile (come è quello cui il papa ricorre per definire — poniamo — un nuovo dogma), è certo una distinzione «fondamentale » ; essa però anziché sciogliere, inasprisce i termini del problema ».
C’è modo di uscire da questa impasse?
C’è modo di sciogliere questo « nodo »
dell’esperienza religiosa dei cattolici
d’oggi? Oppure si tratta di un nodo
gordiano, cioè uno di quei nodi che è
impossibile sciogliere, e occorre tagliare? Marcello Gentili propone « una
radicale trasformazione » dei rapporti
fra il papa e la comunità dei credenti
cattolici, facendola consistere in questo ; anzitutto in « una circolazione totale di verità recepita dall’intera base
del popolo di Dio », per cui — se vediamo bene — ciò che il papa insegna e
comanda dovrebbe nascere da questa
« circolazione totale di verità » all’interno della Chiesa, e non tanto dalle
sue personali meditazioni e riflessioni.
In questo modo il papa diverrebbe essenzialmente l’interprete e il portavoce — pur rimanendone il giudice —
del pensiero della Chiesa cattolica nella sua totalità. Un secondo aspetto della « trasformazione radicale » dei rapporti tra il papa e il popolo cattolico
consiste nell’ instaurazione di una
« prassi fraterna » che annulli o riduca
la distanza non solo fìsica ma spiri
iimimiiiiiiimiiimi
iiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiimiimiiii
CoigressQ ihilla Ginvenlfl Eïanütlica Italiana
-.i'iikt.
Come annunciato, dal 25 al 27 aprile si tiene ad Ecumene, presso Velletri, il Congresso della Gioventù Evangelica Italiana (GEI). Mentre se
ne svolgono i lavori, siamo lieti di pubblicare le risposte che il segretario e il vicesegretario della GEI, il past. Sergio Aquilante e Gian Paolo
Ricco hanno dato a una serie di domande che avevamo loro rivolte. In
attesa dei risultati del Congresso, quest'intervento offre già campo alla
riflessione e al dibattito: e apriamo a questo scopo la nostre colonne.
Nel momento in cui si sta per riunire
il Congresso GEI, potete tracciare
per noi un rapido panorama del lavoro svolto dal Consiglio della Gioventù negli scorsi anni, segnalando
le linee sulle quali si è mosso e la
rispondenza che ha trovato fra i giovani evangelici?
Il lavoro svolto negli anni passati
non è stato poco e si è svolto, anche,
attraverso non poche difficoltà.
In pratica si è concretato :
1) nei Campi GEI (ereditati dai
vecchi Campi GEM), che per la originalità della formula si sono nettamente distinti dagli altri campi che avevano luogo in Italia. Come è noto questa formula comprendeva, oltre a caratteristiche comuni ad altri campi:
a) una presa di contatto con una
realtà concreta, collegata col tema di
studio, attraverso un giro in una data
zona del nostro Paese in cui fossero all’opera comunità evangeliche con una
determinata fisionomia ;
b) successiva riflessione sul tema
del campo, compiuta ad Agape, a Ecumene 0 a S. Severa, introdotta da relazioni accuratamente preparate ;
c) scelta di argomenti collegati in
un ciclo cosi, da dare l’idea di un lavoro che procedeva di anno in anno;
2) nei Quaderni GEI: inizialmente
quaderni di studio della FUV e poi diventati materiale di studio di tutto
l’evangelismo giovanile.
Crediamo poter dire che fin dall’inizio sono stati uno strumento di informazione e di formazione per intere leve di giovani.
Hanno sempre risposto ad una esigenza sentita e voluta dai giovani : da
una panoramica del Protestantesimo
italiano e mondiale siamo passati alle
nostre prese di posizione sul cattolicesimo conciliare e fino alla pubblicazione di veri e propri studi biblici;
3) nella pubblicazione di « Gioventù
Evangelica»: il giornale unitario di riflessione teologica e di confronto con
la realtà politico-sociale del nostro
Paese ;
4) in alcune visite ai gruppi quando
ci è stato richiesto e se ne vedeva la
necessità — nell’organizzazione di alcuni convegni zonali e nella preparazione dei pre-congressi che hanno, di
regola, preceduto i Congressi della GEI
— alcuni sono stati grossi e impegnativi pre-congressi che hanno mobilita
to tutto il Consiglio della Gioventù
(CdG) e sono stati punto di riferimento non solo del campo giovanile, ma
di tutto l’Evangelismo italiano;
5) in contatti con l’estero: adesione
a campi di lavoro organizzati all’estero
e collaborazione a quelli organizzati in
Italia — nei rapporti con la Conferenza giovanile dei Paesi Latini e nel lanciare collette per iniziative ecumeniche
(vedi ad es. ULAJE, Spagna e Zambia).
In sostanza si vuol dire che il CdG
è diventato uno strumento di lavoro
unitario, ha cercato di evitare che il
suo lavoro si limitasse ai vertici dei
responsabili giovanili, ma ha sempre
ricercato contatti con la base, perché
questo è stato il suo costante interesse.
Ne fanno fede i verbali del CdG ove
sono registrate le appassionate, talvolta accalorate discussioni sui temi che
riguardano tutti i giovani evangelici.
La linea dì fondo di questo lavoro è
stata la ricerca di una risposta alla comune vocazione che ci rivolge il Signore; una risposta, però, nelle situazioni
concrete di oggi. Non possiamo dire
che questa linea abbia trovato una rispondenza al cento per cento. Su molti di questi punti vi sono all’interno
delle nostre Chiese diverse posizioni
che si riflettono, per ovvie ragioni, all’interno del MG (Movimento giovanile) perché non viviamo fuori, ma dentro la Chiesa. D’altra parte, però, attraverso i Campi-studio, i convegni
ecc. si è potuto notare e, nello stesso
tempo, si è costruito una rispondenza
da parte di larghi strati del MG, per lo
meno sulle questioni di fondo.
L’attuale Concesso, come si situa nel
quadro storico che ci avete delineato? Si tratta sostanzialmente di prolungare le linee sin qui seguite, oppure si può, in qualche modo, parlare di un « congp’esso di svolta »? Quali sono le prospettive risultate dal
lavoro preparatorio?
Questi problemi sono all’attenzione
del prossimo Congresso. Il CdG non ha
voluto, né vuole dei Congressi che si
esauriscano in dibattiti culturali o in
cose del genere, ma dei Congressi che
siano dei momenti per delle scelte e
delle decisioni impegnative. Non si può
dire che sempre ci si sia riusciti, ma
la piattaforma è stata questa e così
vediamo anche il prossimo Congresso.
Dovendo, dunque, essere un momento
di decisione e di scelta e non essendo
le situazioni sempre identiche a se
stesse, si può e si deve parlare di « svolta ».' Una svolta, a nostro avviso, non
significa sempre abbandono o rinnegamento del passato; ma elaborare strumenti e magari anche linee di lavoro
rispondenti alle reali esigenze dell’ora.
In conclusione, a noi sembra, che si
debba evitare sempre di riprodurre delle formule di lavoro in situazioni che
non sono più quelle di ieri.
Non si tratta di prolungare o meno
le linee sin qui seguite, ma di trovare
il modo in cui queste linee di fondo
elaborate in questi ultimi anni possano essere concretate nelle situazioni di
oggi. Questo ci sembra venir fuori anche dal lavoro preparatorio fin qui
compiuto e di cui diamo una valutazione sostanzialmente positiva.
I documenti preparatori, pubblicati
sull’ultimo n° di « Gioventù Evangelica », indicano chiaramente tre linee
di azione. Potete parlarcene un poco?
Si tratta di linee in fondo indipendenti, oppure strettamente complementari?
Per rispondere a questa domanda
dobbiamo subito chiarire a scanso di
equivoci che un documento preparatorio a firma del CdG era stato pubblicato sul n° 9 di G. E. (penultimo del ’68)
e lì, si avevano già vari elementi per
approfondire e discutere l’attuale situazione del MG in Italia.
Alcuni giovani si sono lamentati della tarda pubblicazione dei tre documenti preparatori (v. n° 1/1969 GE),
ma si sono dimenticati completamente di pronunciarsi sul primo. Per parlare degli ultimi tre documenti, a cui
anche voi fate esplicitamente cenno,
dobbiamo dire che effettivamente rispecchiano delle linee di ricerca e di
azione non sempre collimanti fra di
loro, ma comunque defìnentesi all’interno di una comune ricerca.
Il CdG, proprio perché è consapevole di questa varietà di posizioni, e non
vuole un monolitismo ideologico (che
non sembra risultare dall’Evangelo),
ha chiesto di firmare i documenti preparatori. I documenti cos’i come sono
impegnano, pertanto, solo coloro che
li hanno firmati.
Sarà compito dei varii pre-congressi
e del Congresso stesso, quindi della
base, accentuare o smorzare oppure,
ancora, dare completezza ai contributi
così, esposti, in modo unitario. In
questo quadro non si può dire che
siano linee di azione indipendenti (non
ci sono « correnti »), né complementari
(l’una non vuole assolutamente completare l’altra).
(continua in 3“ pagina)
tuale che tuttora sussiste tra il pontefice e i fedeli, in modo che il papa non
sia unicamente colui che parla ai fedeli ma anche colui che li ascolta, e li
ascolta non come sudditi ma come
fratelli.
Questi ed altri analoghi pensieri si
ritrovano, finemente elaborati, nell’ampio saggio di Adriana Zarri su
« Magistero e infallibilità della Chiesa». Anche la Zarri constata che «è
entrata in crisi la fiducia indiscriminata nel magistero pontifìcio » e occorre quindi riesaminare il senso di
questo magistero e precisarne la funzione e l’esatta collocazione all’intemo
della Chiesa. Secondo la Zarri, dovrebbe ormai considerarsi superato il
« concetto solitario », monarchico, assolutista del magistero pontifìcio. Il
papa non esiste da solo, né dovrebbe
mai decidere da solo. I testi conciliari
insegnano che il pap^ esiste come capo del collegio dei vescovi e mai senza di esso, per cui ogni atto o decisione del papa è anche sempre un atto o
una decisione dell’episcopato cattolico.
Ma l’episcopato è a sua volta unito al
popolo dei fedeli, « ne raccoglie la fede
e la voce; per cui lo stesso pontefice,
attraverso il collegio, si inserisce nella
vita dell’intera Chiesa e se ne nutre ».
Vista in questa luce, l’infallibilità personale del papa non è isolata, solitaria, a se stante, ma « si trova inserita
nell’infallibilità ufficiale dell’episcopato mondiale, fondata a sua volta sulla
fede infallibile di tutta la comunità».
Insomma: infallibile non sarebbe il
papa, ma la Chiesa (o «il Cristo che
vive in essa»), e l’infallibilità papale
deriva à da Cristo ma passa attraverso la Chiesa. « La verità divina circola
nel corpo della Chiesa e viene dal
Papa recepita attraverso questa circolazione totale ». Il compito del papa
non è dunque solo di insegnare alla
Chiesa ma anche di imparare da lei,
di « nutrirsi » della sua vita, delle sue
esperienze, della sua fede. La verità
viene certamente dall’alto, cioè da Dio,
e non dal basso, cioè dal popolo; ma
è mediata dal basso, dalla « base » del
popolo di Dio : la verità viene dall’alto
attraverso il basso. Non dunque dall’alto attraverso la gerarchia, ma dall’alto attraverso il popolo dei credenti.
Cosi immerso nella coscienza della
Chiesa, il magistero pontifìcio ha questa funzione : decifrare il consenso della Chiesa (non crearlo con imposizioni
autoritarie dall’alto!), dato che senza
tale consenso lo stesso primato e magistero del papa sono — secondo la
Zarri — « improponibili ». L’infallibilità del papa è una infallibilità di riconoscimento: il papa sa riconoscere la
voce del Cristo nella voce della Chiesa,
ma, appunto, è la voce della Chiesa
che conta, non quella del papa in
quanto tale. Il papa deve ascoltare la
voce della Chiesa, e anche verificarla,
ma non scavalcarla né tanto meno sostituirla con la sua! Il papa deve riferire, avallandola con la sua autorità che ne garantisce l’autenticità cristiana, la voce della Chiesa, dopo
averla raccolta e verificata. Questo significa che l’infallibilità papale è più
passiva che attiva, e che il popolo dei
fedeli non è solo discente (cioè
non ha solo da imparare dal papa c
dalla gerarchia), ma è «conducente
insieme col Pontefice e con la gerarchia ».
Cosa pensare di tutti questi sotti!'
discorsi? Osserviamo anzitutto che la
tesi della Zarri almeno formalmente,
non è poi così, inedita come si potreb
be supporre. Anche prima del Vaticr
no II e degli ultimi sviluppi della teologia cattolica, l’autorità del papa, pur
essendo fatta risalire direttamente a
Gesù Cristo (il Concilio Vaticano I
aveva espressamente dichiarato che il
papa ha autorità « di per sé, non per il
consenso della Chiesa »), restava strettamente collegata con la fede di tutta
la Chiesa cattolica. Un pronunciamento del papa, soprattutto se di un certo
peso, non era mai disgiunto dal consenso della Chiesa. Prima di proclamare il dogma dell’assunzione corporea di Maria in cielo (1950), Pio XII
consultò tutti i vescovi cattolici chiedendo loro se consentivano col nuovo
dogma, e il 90% rispose affermativamente. Anche le diocesi furono consultate, con esito positivo. Ci si può naturalmente interrogare sul valore effettivo di questi consensi; è però un fat
(continua in 4“ pagina)
2
r
pag. 2
25 aprile 1969 — N. 17
ESTREMO’ ORIENTE
.•y.(
crisi e in noi
È quasi di moda parlare — a proposito del
Medio Oriente — di « spirale della violenza ».
A qualche settimana dalla rappresaglia israeliana all’aeroporto di Beirut la violenza sembra aver attinto il culmine supremo consentitole ai nostri giorni. Si dice che Israele abbia
l’atomica — e potrebbe benissimo averla ■—
e gli arabi affermano che in tal caso i « loro
potenti alleati » dovranno fornirla anche a
loro — e questo è meno probabile, ma non
impossibile.
Tutta la faccenda puzza di orchestrazione
intesa a capovolgere un’opinione pubblica
mondiale quanto mai labile. L’introduzione
dell’atomica nel Medio Oriente significherebbe
infatti la fine virtuale di Israele, uno Stato
che, mancando di profondità strategica per via
delle sue dimensioni fisiche, non potrebbe che
uscire annientato da un confronto atomico
degno del nome, vale a dire nel caso che gli
arabi disponessero di un armamento atomico
plausibile. Ovviamente il discorso sarebbe del
tutto diverso se, disponendo di testate nucleari e dei necessari vettori, Israele colpisse
per primo, non appena i suoi servizi di informazione avessero appurato la concreta, prossima eventualità di una fornitura atomica agli
Stati arabi : a mio avviso non c’è dubbio cbe
lo farebbe.
Fantascienza? Me lo auguro, anche se il
mio è più un auspicio che una valutazione.
Certo è che lo schema non farebbe che riproporre la vicenda della guerra dei sei giorni
e quella del raid punitivo contro l’aeroporto
libanese : due episodi identici nella loro dinamica. Solo che, nel ’67, l’opinione pubblica
mondiale ebbe una reazione di trepida solidarietà nei confronti di Israele. Ci volle la vittoria rapida — troppo rapida .— e sfolgorante
.— troppo sfolgorante — dei ragazzi .Ji Dayan
per introdurre nella coscienza generale i germi che hanno dato frutto un anno e mezzo
dopo. Questa volta la condanna di Israele è
stata unanime, aU’ONU, nel mondo, nelle coscienze. Eppure, a ben guardare, il colpo di
Beirut non ha fatto che ripetere, in. sedicesimo, la vicenda del 1967 :
1) Israele è minacciata da una rimontante aggressione araba : allora l’iniziativa di Nasser. oggi le azioni terroristiche, non più co
. perte dalla frenante complicità dei governi,
non più contenute, non più atteggiantesi in
minacce diplomatiche e strategiche, ma non
per questo meno gravi.
2) Israele vede delinearsi in questa situazione una « coesistenza pacifica » russo-americana stagnante, ridotta a mero contenimento,
preoccupata solo degli interessi particolari delle
due superpotenze, primo fra tutti quello di evitare un confronto diretto. Allora, nel ’67, e
certo che l’America di Johnson, impelagata
nel Vietnam, poteva sopportare « molto » dell’iniziativa sovietica in Medio Oriente; nessuno può dimenticare l’effetto choccante della
dichiarazione di neutralità statunitense dopo il
blocco di Aquaba e alla vigilia dell’azione
israeliana. Oggi, il recente viaggio di William
Scranton in Medio Oriente lascia intravvedere
un ammorbinimento » della futura amministrazione americana verso le posizioni .arabosovieticbe; il repubblicano Nixon .— il voto
ebraico negli USA è tradizionalmente democratico — potrebbe essere disposto a sopportare « molto di più » dell’uscente .amministrazione democratica, ove ciò rientrasse in un
più vasto quadro di « coesistenza armata » con
i sovietici.
3) Israele colpisce per primo, oggi come
un anno c mezzo fa. Allora non si volle ammetterlo: era una « difesa ». Oggi lo si ammette fin troppo : « è stato un attacco proditorio ». Mostra agli arabi, in modo persino oltraggioso, la loro impotenza; chiarisce agli
« alleati naturali » che la sua posizione, nel
cuore del mondo arabo e sottosviluppato, è e
CENTRO EVANGELICO P. .ANDREETTI
Via Provinciale 17 - s. fedele intelvi
resta un fattore e un segno di contraddizione
che non ammette esitazioni o tentennamenti.
Ma tutto questo ( e il resto: il Libano coinvolto, il nuovo respiro della guerriglia palestinese, il frazionamento del mondo occidentale,
il voltafaccia dell’opinione pubblica, il profilarsi degli armamenti atomici — vero o solo
intimidatorio che sia) è in qualche modo marginale. Come il vario manifestarsi di un »iramma i cui attori restano gli stessi : Israele e noi.
Israele, che ci rispecchia in una tragicità
immanente e insuperata : nel pericolo e nella
sconfitta, ludibrio delle genti e fatto segno a
una pietà inconcludente; nella potenza e nella
vittoria, sterminatore dei suoi nemici e fatto
segno aH’universale condanna non meno inconcludente e non meno penosa.
Convegno
Fede e testimonianza,,
Le assonanze bibliche non dovrebbero risul
tare gratuite sia per i legami reali esistent
— al di là di ogni mitizzazione passata e pre
sente — fra lo Stato d’Israele e l’ebraismo in
ternazionale, sia soprattutto per la condizio
ne umana di questo secolo che il conflitto ara
bo-israeliano ci ripropone in tutti i suoi eie
menti più pregnanti. È singolare come la nostra società occidentale ritrovi in questa sua
culla creativa che è il Medio Oriente e in questo aiFrontamento tra due popoli la cui ascendenza ha troppo misconosciuto •— è singolare
dicevo che noi si ritrovi qui, realtà e simbolo,
tutto il nostro problema. E il problema è questo : che nessuno può cercare di essere (è il caso degli arabi) o di preservare la propria esistenza (è il caso di Israele) senza necessariamente imporre agli altri il proprio predominio. Il problema è lo stesso che si pone tra
paesi ricchi — industrialmente avanzati ■— e
paesi poveri; tra classi privilegiate e ceti nullatenenti, all’interno dei paesi in via di sviluppo; tra categorie investite di funzioni decisionali e masse emarginate, nei paesi tecnicamente progrediti. Naturalmente quando arabi
ed israeliani si sparano addosso è facile parlare di « spirale della violenza », ma il problema è lo stesso, è uno, è tragico nel senso
classico del termine.
E la stessa è anche la nostra reazione; il
senso di impotenza con tutti i suoi derivati :
la paura, prima di tutto; poi la condanna
ipocrita, l’identificazione di un colpevale reale o presunto che sia, da crocifiggere per farci
una buona coscienza; e, infine, o contemporaneamente, l’abbandono, la delega delle responsabilità, la scelta o Taccettazione dell’assenteismo o della violenza. Quest’ultima financo teorizzata od esaltata, in realtà cercata in
un tentativo di purificante autodistruzione.
Il contributo europeo, poi, è ancora più
squallido. La Francia gollista propone una
conferenza dei « quattro grandi » per eliminare le conseguenze della guerra dei sei giorni. È come proporre di fronti ad un malessere
così grave e profondo una riunione di farmacisti per studiare palliativi; un incontro in cui
i due grossi medici presenti ~ .USA e
URSS — devono ben guardarsi dall’assumere
lo proprie responsabilità, qualora anche intendessero farlo, perché in tal caso gli altri, i farmacisti, non conseguirebbero il prestigio che
ricercano dalla partecipazione al consulto.
Insomma dalle superpotenze proviene solo
una rinnovata — ed adeguata guerra fredda;
dall’Europa un tentativo — già abortito, ma
significativo — di realpolitik nazionalistica e
ottocentesca. Eppure non mancherà in Francia come altrove chi si compiacerà di codeste
iniziative, salutandole come affermazione dell’indipendenza europea in funzione antiamericana e antisovietica. Saranno non casualmente, a destra e a sinistra, i più decisi condannatori di Israele. Perché, bisogna pur dirlo, la condanna che sorge dalla paura della
guerra raramente è sostenuta da concrete volontà, da generose iniziative di pace. E fatalmente, in certa parte dell’opinione pubblica,
tende ad assumere le tinte di un antisemitismo antico e non dimenticato. Lo si è sentito
in questi giorni nei « giovani » dei movimenti di destra (i vecchi sono occupati daH’.anticomunismo) ma anche nei luoghi comuni della gente e nei giovani di sinistra, nei quali
certo antisemitismo è teorizzato in certa analisi marxista (o nelle sue mistificazioni) e si
sposa alla teorizzazione della violenza rivoluzionaria.
Ce n’è abbastanza ]>er sentire lezzo di fascismo, nero o rosso che sia. L’intellettuale sente
sempre più stretti i tempi di una indispensabile liberazione e rigenerazzione dell’opinione
pubblica, di un colpo d’ala delle politiche nazionali, di un rilancio internazionalistico. Ma
per intanto può e deve dire a questo lezzo
montante il suo no. alto e chiaro. Ora.
Gilberto Cella
La nostra impotenza è, come deve essere,
fin troppo decantata; è quella di un mondo
in cui un terzo sperpera e due terzi muoiono
di fame, ecc. Fra parentesi: gli aiuti allo sviluppo, per criticabili che fossero le forme in
cui furono attuati nei primi anni ’60, non
sono stati semplicemente ridotti. Il divario fra
sviluppo e sottosviluppo continua a crescere
Nei paesi in via di sviluppo si sono moltiplicate le dittature militari. Nei paesi tecnologicamente avanzati le contestazioni manifestatesi fino ad ora hanno ottenuto appena risultati razionalizzanti. Intanto è rimasto invariato, per restare al caso nostra, il rapporto in
termini di sviluppo tra Stati arabi e Stati
industriali (Israele in primis) ed è questo
— non la razza né la religione — il nodo del
contrasto arabo-israeliano, quali che siano gli
accenti che esso di fatto va assumendo.
10 e 11 Maggio 1969
Argomento : Come la Bibbia vede Vuomo ed i
problemi ad esso connessi - quali: animai
spirito, corpo; spirito-materia; bene-male
A cura dei Pastori : C. Papacella: O. Rauch;
F. Scopacasa della Bregaglia.
Dopo il Convegno svoltosi il 1° e 2 febbraio
su « la città secolare » vogliamo ritrovarci a
San Fedele il 10 e 11 maggio per esaminare
questo altro interessante argomento. Si tratta
dunque del trezo convegno che terremo in
questo anno 1968-69.
Il Programma dei giorni 10 e 11 maggio si
svolgerà secondo le seguenti linee:
Sabato:
Cena ore 19.30 (ind’ccire sul foglietto d^iscrizione se vi si parteciperà).
Inizio studi ore 21 : Il problema h blico delVuomo e del dualismo.
Domenica:
Proseguimento studi e discussione a ora da
fissarsi (ore 9 probabilmente);
Pranzo ore 13 o 13,30 per poter chiudere il
convegno prima del pranzo stesso e permettere ai più distanti di partire presto.
Nel corso della mattinata si avrà un dibattito
sulle Conseguenze pratiche derivate nella
vita e pensiero della chiesa dalle concezioni
sulVuomo e sulla vita tratte più dall ambiente circostante che dalla Sacra Scrittura.
Prezzo del convegno a pei^ona L. 1.500, tutto
compreso.
Prenotarsi al più presto e non oltre il 7 maggio, anche telefonicamente: Via T. Grossi 17
22100 COMO - Telef. (031) 273440
Cosicché l'ipocrisia con cui si è chiesto nel
novembre del '67 e si torna a chiedere oggi
il ritiro di Israele dai territori occupati, senza
che nessuno possa o voglia obbligarlo ad eseguire la relativa risoluzione dell’ONU, questa
ipocrisia è pari solo a quella con cui gli si
promette in cambio un « riconoscimento » arabo di cui né rONU, nè le grandi potenze, né
gli stessi governanti arabi possono rendersi garanti. Impotenza dunque, impotenza e paura.
Non la paura che spinge ad agire, a difendersi, a costruire ripari, a contrattaccare per
assicurarsi la pace; al contrario, la paura che
annichilisce, che fa accettare compromessi,
che sospinge indietro, con le spalle al muro
dello sgomento. Perché Beirut è stato come
il Vietnam, come Cuba, come gli assassini di
King e di Kennedy, come Praga. Le forze
politiche, ora questa, ora quella, hanno avuto
paura di veder saltare le proprie ipotesi e i
propri discorsi, la gente ha avuto paura della
guerra, un intellettuale deve aver avuto paura
perché c’era a proposito del Vietnam, come di
Praga, come di Beirut, la sensazione che xorze
oscure, irrazionali ed occulte, cospirassero contro un desiderio di pace così diffuso e sincero
— nel suo limite egoistico — che quasi ci intorpidisce.
Impotenza e paura, dunque, e condanna
ipocrita. Anche ad Israele è toccata la sorte di
Johnson e Breznev; la condanna è stata appena formalmente più umana, ma espressa
in forme altrettanto varie. Come per il Vietnam e la Cecoslovacchia si è andati dalla « pirateria criminale » alla « misura controproducente ». Come se si giudicassero fatti di cui
siamo complici e al tempo stesso, paradossalmente, disinteressati. Disinteressata è 1 opin one pubblica e assurde le diverse politiche statuali. Basti considerare le iniziative precedenti
e concomitanti con i fatti di Beirut e le ‘reazioni della stampa, valutando le une e le altre
col metro dello sviluppo, che è il solo reale;
l’inviato di Nixon e lo stesso Gromiko in Medio Oriente, a quanto pare per gettare acqua
sulla polveriera mediterranea: rallegramenti
generali. Ma nessuno ha notato e denunciato
che gli accordi di coesistenza armata così congeniali ai duri di Mosca e di Washington prevedono per gli arabi solo armamenti sovietici
di scarto, piombo cadente dai Phanthom. che
gli USA « devono » continuare a fornire a
Israele in qualche misura, e soprattutto un
rallentamento dell impegno per lo sviluppo all’insegna di una aggiornata e generalizzata
dottrina Monroe.
Chi Si pensa di stare ritto,
guardi di non cadere
I Corinzi 10/1-13
In questo passo l’Apostolo adopera un ricco simbolismo
tratto dall’Antico Testamento, per istruire ed ammonire i credenti di Corinto circa il senso, le condizioni, le tentazioni del
loro cammino nella storia.
Nell’Esodo, Cristo, la roccia spirituale, seguiva il popolo
nella sua marcia: ciò significa che le motivazioni ultime della
storia e della vita della Chiesa non dipendono da avvenimenti e
fatti storici ed umani: come Israele è nato come popolo da una
crisi dell’impero egiziano, cosi la nuova comunità dei credenti
nasce da quella rottura operata da Cristo nella storia: tutte
le religioni sono il prodotto e il simbolo della continuità della
specie umana, la fede cristiana è invece il prodotto e l’annuncio
d’una novità-, l’apparire del Regno fra di noi, nella persona di
Gesù di Nazareth. In secondo luogo, come Israele era guidato
dalla nuvola, così oggi la comunità dei credenti è guidata dallo
Spirito Santo, che le apre una strada tra le difficoltà più inaudite,
come fra le tentazioni più sottili: purché la Chiesa si affidi a questa guida soltanto, e non alla sua propria sapienza, intelligenza
o forza religiosa.
Infine, come gli antichi ebrei « furono battezzati nella nuvola » e « mangiarono lo stesso cibo spirituale », così alla Chiesa
di oggi sono dati i sacramenti, quali segni verac'i d’una comunione che supera i confini e i limiti della storia umana, e che li orienta eificacemente verso il Regno futuro di Dio.
Tutti questi doni di Dio non sono però delle garanzie au
tomatiche: sono dei segni di grazia, che esigono una risposta
di fede: senza di essa, la Chiesa ricade in tutte quelle miserabili
vicende di idolatria, immoralità, paura, brontolii, che hanno ca
ratterizzato i quarant’anni del deserto.
Questo passo di Paolo, ricco di riferimenti all’antica storia
d’Israele, è un ammonimento per noi: anche la chiesa del nostro
tempo è impegnata in una lunga marcia che la separa da un pas
sato di schiavitù e la avvicina a un futuro di nuove responsabili
tà. Ma in questo cammino occorre confidare unicamente nella
guida e nella speranza dello Spirito, che solo ci garantisce da
penose ricadute e da sciocche deviazioni.
Giorgio Bouchard
L’equilibrio del terror
Accanto al problema della fame,
quello della possibilità che il mondo intero venga distnfÉto da un irrimane
conflitto angoscia i nostri tempi.
Ci pare perciò più che mai attuale il
libro dal titolo « La follia nucleare »
(edizioni IPL Milano) della serie « studi e opinioni » che contiene, fra Taltro,
un fermo invito a tutte le Chiese ed ai
cristiani di prendere cosciente posizione di fronte ai « crimini di pace ».
Come è detto nell’epistola ai Calati :
« fratelli, voi siete stati chiamati a libertà » — ricorda nella premessa del
libro Hervé Chaigne, prete cattolico —
e perciò noi dobbiamo condannare e
ricusare in modo assoluto la guerra, di
cui la corsa agli armamenti e la strategia « dissuasiva » non sono che i
prodromi. Non bisogna abbandonare
ai soli governanti la cura della ricerca
della pace : i cristiani hanno pieno diritto (direi meglio; assoluto dovere)
di dire « NO » ai preparativi di guerra
ed alla politica di terrore.
Autori del libro sono due : Daniel
Parker, che esamina il problema della
follia nucleare di fronte alla coscienza
cristiana, ed il dott. Robert Bonniot,
che descrive gli effetti ed i pericoli,
presenti e futuri, delle radiazioni ionizzanti.
A noi interessa ovviamente in inodo
particolare la prima parte e ne diamo
qui alcuni cenni, onde offrire ai nostri
lettori uno spunto per un’ulteriore e
più approfondita meditazione.
Anzitutto un dato, impressionante:
Nel mondo intero — secondo una statistica deU’Unesco — si spendono 180
miliardi di dollari all’anno (pari a ca.
110 mila miliardi di lire italiane) per
gli armamenti. Questa cifra equivale
al 9% della produzione mondiale; rappresenta oltre i due terzi del valore
monetario del reddito nazionale globale di tutti i paesi sottosviluppati, all’incirca eguale al valore di tutti i prodotti esportati ogni anno nel mondo.
La cosa tanto più colpisce quando si
pensi che di fronte all’immane miseria dei popoli sottosviluppati ed all’ampiezza del dramma della fame del Terzo Mondo, la cosa viene ad assumere
l’aspetto di un vero e proprio crimine
(un « crimine di pace »!) contro l’umanità.
La bomba americana lanciata il 6
agosto 1945 su Hiroshiina, su un Giappone ormai agli estremi, causò 80 mila
morti, 80 mila feriti o bruciati, coritro
i 220 mila morti e feriti delle statistiche giapponesi ; 12 kmq. di città rasi
al suolo, 60 mila case, su 90 mila, distrutte.
Il comandante dell’aereo che lanciò
la bomba, Claude Eatherly, 15 anni
dopo, in una lettera scritta ad un amico, diceva; «La colpevolezza di un tale crimine ha turbato da quel giorno
la mia anima ed il mio spirito. Ho passato negli ospedali e talora nelle prigioni (ha commesso volontariamente
dei crimini allo scopo di distruggere il
mito dell’eroe) 8 anni su 15. Stavo me
glio in prigione perché espiavo una
colpa ».
Primo responsabile di quel terrìbile
lancio (che pare sia stato fatto anche
a titolo di « provare » una nuova arma, analogamente a quanto gli americani stanno tuttora facendo in Vietnam con armi chimiche, ecc.) è stato
l’allora presidente Truman il quale —
ancora recentemente — ha dichiarato
che, in analoghe circostanze, avrebbe
agito allo stesso modo.
Ma se — poniamo il caso — la sorte
delle armi fosse stata differente, Truman, portato davanti ad un tribunale
nipponico, non sarebbe forse stato processato e condannato come un feroce
criminale di guerra? Appare qui in tutta la sua tragicità il problema del concetto di « moralità » in guerra ; il più
forte è il migliore ed ha ragione !
Oltre al concetto di « equilibrio delle
forze» (ma allora sarebbe eguale un
equilibrio delle « non forze » ! ), altra
concezione del tutto erronea è quella
delle bombe « difensive » : le bombe
americane sono « difensive », come lo
sono quelle russe, quelle cinesi, quelle
inglesi, quelle italiane, ec. : in attesa
del disarmo generale, auspicato in teoria da tutti i governi, le bombe sono
garanzie di pace: intanto, negli arsenali, si vanno accumulando ordigni,
atomici o meno, pronti a causare milioni e milioni di morti e di disgraziati, se non addirittura a cancellare la
vita dalla faccia della terra.
Ed allora si rende più che mai necessaria ed urgente una ferma presa
di posizione dei cristiani, se la parola
di Cristo ha per essi ancora qualche
valore : « la testimonianza delle chiese,
che per un complice silenzio sembrano
accordare una implicita accettazione
alla fabbricazione di armi di distruzione massiccia non sarebbe colpita da
un’ipoteca cos , grave da perdere ogni
autenticità e non cesserebbe di essere
una vera testimonianza cristiana? Non
esiste infatti incompatibilità irriducibile fra predicazione evangelica, esercizio del ministero di riconciliazione
affidato ai cristiani, e fabbricazioni di
armi di distruzione, qualunque esse
siano? ».
Concludendo, vorremmo ricordare
qui una frase (riportata nel libro) tratta da un discorso che il gen. americano Mac Arthur «grande» uomo di
guGrra del recente passato tenne il
5 luglio 1961 ad un congresso; «Una
guerra generale può essere messa fuorilegge nel mondo? Se sì, costituirebbe
il più grande progresso della civiltà
dal Sermone della Montagna e nello
stesso tempo provocherebbe un’ondata
di prosperità economica che eleverebbe il livello di vita del mondo ad altezze che mai Fumo ha immaginato ».
Impegno costante e singolo del crisiano si diceva, onde indurre statisti e
papi militari a piegarsi alla pressione
dell’opinione pubblica : continuiamo
pure a pregare, dentro e fuori le chiese affinché ci venga risparmiata una
nuova tragedia — e forse ultima per
sempre — esperienza; ma prima esaudiamo noi la «preghiera» che ci ha
rivolto il Padre: siate facitori d'. pace,
Roberto Pc. i-d
Amici del Collegio e della Scuola lìuiia
I partecipanti al convegno proinosso dagli Amici del Collegio e «.‘Ila
Scuola Latina il giorno 20 aprile 1!)69
— preso atto della situazione di risi
in cui sono venuti a trovarsi i Givstri
Istituti di istruzione alle Valli in (iuesti ultimi anni sia per l’incertezza del
loro destino a seguito di centrasi arti
deliberazioni sinodali sia per la cfimpagna contraria svolta nei loro éonfronti , ,
— preso atto della totale unilater;iiita
della relazione della Commissione nominati: nel sinodo 1968
RIAFFERMANO
— l’importanza della presenza e della
funzione in Italia dei nostri Istituti di
istruzione secondaria nelle Valli Vaidesi, come già espresso dal sinodo ’65
(A. 52)
— la funzione che essi hanno nella
vita della Chiesa come prezioso strumento di testimonianza evangelica
— la funzione « sociale » che essi svolgono nell’amhito delle Valli Valdesi
— la validità di una «pedagogia protestante », che non può incontrarsi e
confondersi né con il confessionalismo
scolastico cattolico né con il preteso
laicismo della scuola statale
NEGANO
— la valutazione delle opere della
Chiesa dal punto di vista unicamente
economico, e tanto meno per il settore dell’istruzione, sempre per sua natura passivo
— la validità delle alternative « culturali » proposte dalla Commissione sinodale 1968, in quanto costose ed utopistiche, e per nulla sostitutive della
funzione continua e consolidata dei
nostri Istituti
SOTTOLINEANO
— la necessità di ridare alle Comunità delle Valli, con tutti i mezzi possibili, la ñducia e il desiderio della cultura e delTistruzione, che già le ha caratterizzate ed arricchite per tanto
tempo
— la pericolosità di depauperare ulteriormente le Valli Valdesi di strumenti preziosi come affermazioni di presenza protestante
— la funzione di servizio che gli Istituti delle Valli hanno per tutta Chiesa Valdese e per il protestantesimo italiano, con la conseguente necessità di
operare attivamente per il loro potenziamento in tal senso
SI IMPEGNANO
— a sostenere con tutti i merai finanziari e morali a loro disposìrione l attività insostituibile dei nostri Istituti.
3
25 aprile 1969 — N. 17
pag. 3
6esù e la rivoluzione SPINTI DALL 'AMORE
Il pastore André Trocmè non è un
estraneo nella famiglia evangelica italiana; anzi, l’abbiamo sempre veduto
fra noi, compartecipe delle nostre
esperienze e pronto ad aiutarci proprio in quanto sempre ci abbisogna:
un contatto con le correnti vive di
pensiero e d’azione nel protestantesimo mondiale. È alla sua mediazione
che dovremmo, per esempio, quella feconda circolazione delle idee del Movimento Internazionale della Riconciliazione che fino a qualche anno fa ha
.esercitato una influenza ed ancora oggi alimenta atteggiamenti evangelicopacifisti di parte del nostro protestantesimo.
Anni fa egli condensò in un libro,
asai discusso allora e per certi versi
anticipatore, la sua lunga meditazione
sui problemi più scottanti della nostra
epoca. Forse per la difficoltà della lingua, non ebbe allora quel lavoro la
attenzione che meritava; oggi abbiamo a cura dell’editore Gribaudi di Torino, una bella edizione italiana (André Trocmè, Gesù e la rivoluzione. Il
messaggio rivoluzionario deU’Evange.
lo), è' un libro che merita ampia circolazione in questi nostri ambienti
evangelici cosi, sospettosi di ogni idea
che non abbia riferimento immediato
con la Sacra Scrittura e, lo speriamo,
attenti a quanto nella Scrittura ha
una indicazione e un riferimento.
L’autore incentra il suo discorso su
una tesi valida : Gesù, «profeta ebreo»,
porta a compimento quanto era nell’attesa del popolo d’Israele, e si esprime in un linguaggio familiare agli uomini del suo tempo. Nella sua trattazione. però, non si ferma alle proclamazioni dei grandi profeti, ma cerca
di vedere in concreto il significato di
talune espressioni; che cosa si intendeva, per esempio, per « anno giubilare ». È cosii che le parole acquistano
corposità, hanno significati precisi nella sfera pratica: il messaggio rivoluzionario delI'Evangelo appare in piena luce, e comprendiamo meglio quale
era la carica esplosiva dell’insegnamento. dei gesti del Maestro.
A venti .secoli di distanza, nel cuore
di una crisi di civiltà che non ha precedenti per ampiezza e profondità, noi
ci avvediamo di essere gli eredi e i responsabili di un messaggio che è di
contestazione radicale, capace di dare
una autenticità a nuovi modi di impostare le relazioni umane, i rapporti
1 lettori
ci scrivono
Ci vuole una
marcia di protesta?
Un leltore. da Roma:
Sig. i\ ri'itori'.
è -i'oriio”;iunl(’ iJ fntlo che a distanza <ii <iur mesi lialic prime proteste (allo quali se iic sono aggiunte
innunirre\olj aline) per la <f. spifferata )> che «la qualeh? lempo accompagna la lnaMni,>is'one del Culto Evangelico alla radio il nostro orecchio
debba ancora essere offeso od il nostro animo r«‘so mal disposto alTascollo da ({uel suono cosi poco indovinato e tanto fastidio,so.
Che cosa cj vuole per modificarlo
0 per sostituirlo con un altro brano
musicale {>iù gradevole e più in armonia con il quarto d’ora di culto e
di meditazione?
Ci vuole una dimostrazione di
piazza ?
Se sì. ce lo si dica e organizzeremo una marcia di protesta dalla città del Buonsenso a quella del Buongusto nella speranza che, finalmente,
la contestazione ottenga il risidtato
da tutti desideralo!
Una lettr'ce. da Caslellanionte :
Sìg. direttore.
speravo che almeno per Pasqua il
culto evangelico della domenica cambiasse qucll'irrilante ed irriverente
virtuosismo di clarinetto che è stato
tanto infeliesmente inserito ne] culto.
Ho Ietto su l'Eco delle Valli che
le proteste .sono stale tante ma i dirìgenti del culto sono ostinatamente
sordi ai desideri della comunità, per
cui debbo concludere che il culto lo
fanno per loro stessi e non per ì fedeli^ i «piali chiudono disgustali la
rado,
E una cosa che non riesco a comprendere come in una trasmissione
religiosa abb ano potuto inserire una
musica sìmile che sarebbe già stata
di cattivo gusto .se reclam'zzasse un
detersivo od un formaggino, altro
che misticismo per predisporre 1 animo al culto.
Distinti saluti.
Emilia Reveì
Politica e ideologia
Abbiamo ricevuto una lettera del
dott, Loris Beili che contiene giudizi
legativi e critici su Vorientamento
politico e ideologico del nostro settioianale e sull’operato del suo direttore, Poiché Gillo Conte è in questi
Storni assente, per ovvie ragioni di
correttezza ne rimandiamo la pubblicaz.one al suo ritorno.
fra le generazioni, gli uomini e le loro
culture e istituzioni.
Questo un libro giovane. E noi siamo spesso vecchi, di una vecchiaia fatta di stanchezza e assuefazione, di fastidio e timore per tutto ciò che può
scombussolare il nostro tran-tran. A
volte si riflette sul nostro recente passato, e siamo sgomenti. Tante delle
cose espresse in questo libro sono state spiegate, predicate, da tutta una
generazione di laici e pastori che ora
dalla maturità s’avvia alla vecchiaia;
che risultato abbiamo avuto? Gran
parte delle comunità sono rimaste ferme su posizioni ottocentesche, chiuse
ai problemi nuovi di un’epoca diversa;
pattuglie di giovani hanno ripreso il
discorso e, pressati o affascinati dagli
avvenimenti, sono andati tanto oltre
che stentiamo a riconoscerci nelle loro
posizioni... Eppure proprio questi ultimi sono forse i più coerenti, quelli che
hanno preso sul serio un discorso teologico che dal barthismo in poi, non
è stato estraneo a nessuna delle nostre chiese. Ma gli altri, gran parte
delle comunità, perché non hanno voluto intendere? erano essi i sordi, o
non abbiamo saputo portare il messaggio?
Il libro che ora raccomandiamo ripropone interrogativi e preoccupazioni che talvolta ci angosciano, ma soprattutto aiuta a intendere il Vangelo
della riconciliazione che in Cristo ha
il suo esecutore. Se penetrasse nelle
nostre chiese, tante prevenzioni cadrebbero, ci capiremmo meglio.
Luigi Santini
Joseph B. Underwood ha raccolto episodi e
testimonianze di vite trasformate da Cristo,
in ogn; parte del mondo; il suo libro, recentemente tradotto in italiano per conto della
Casa editrice battista di Roma, ci ricorda che
nel mondo ci sono ancora dei credenti che
operano il miracolo della nuova nascita,
« spinti dall’amore di Cristo » a mezzo deilo
Spirito Santo.
nista conosce nel lebbrosario un giovane che
le fa conoscere il vero Guaritore, che le
consente di « rallegrarsi delle sue sofferenze
per altri; e quel che manca alle afflizioni
di Cristo le compie nella sua carne malata
a prò del corpo di Cristo, cioè la chiesa a.
La sua malattia sarà fonte di gioia e di conversione per altri.
lutchetti inutili
Vicolo Sago
Ecco ad esempio la testimonianza di Francisco Benedito del Brasile, il quale passa le
notti esaminando la Bibbia alla luce incerta
d'una candela o di una vacillante e fumosa
torcia a kerosene; ad un tratto corre per la
strada alla ricerca del fratello per gridargli
che Cristo lo ha salvato: scherni, persecuz.oni rafforzano la sua fede e la propagazione
della Parola aumenta: quando poi Benedite
riceve Tordine di non più presiedere riunioni
in casa sua pena la perdita del lavoro, risponde : a voi date una scelta; ma io non
posso mettere il lucchetto alla mia bocca e,
far tacere la mia l.n{'iia e tradire il Signore
che mi ha salvato con la sua grazia ». Intanto le comunità evangeliche sì moltiplicano
dovunque. Il credente non è un serbatoio di
forze inutilizzate, ma un canale che irriga
e irrora i cuori e la vita degli uomini. Gesù
proclama: (c Chi crede in me, fiumi d^acqua
viva sgorgheranno da! suo seno... ».
Ecco ancora il racconto della pianista famosa, acclamata in lutto il mondo che un
giorno scopre sulla sua pelle delicata una macchia di lebbra. Per !ii giovane la carriera è
spezzata e la sua c i-tenza resterà confinata
in un lazzaretto, mulilata, emaciata. La pia
I racconti seguono questa linea di testimonianza in Tailandia, in Africa e nelle zone
più infelici del mondo, persino nell’orrido
« Vicolo Sago » di Singapore, nella zona più
ricca di traffico, così descritta da un missionario : « Si sentono voci di b'.mbi che giocano.. si sente anche Vodore acre della cera bruciata di deboli candele che gettano sinistri
raggi su corpi emaciati, ammucchiati in cuccette di bambini, dove ci sono corpi senza
speranza, in attesa che la vita dia un ultimo
guizzo e si spenga come quelle candele..., corpi di uomini.^ donne e bambini, portati <iu-i nel
vicolo Sago, portati a morire, mantenuti con
magre razioni di cibo. Uodor dei corpi ammassati, di pagliericci intrisi di sudore e urina
che tutto invade e pervade. Quanti vivono
nelle stanze affollate del Vicolo Sago.? Chi
lo sa? Chi si preoccupa? vengono camminando sui deboli p edi, guardando indietro verso
la vita che già svanisce ...essi vengono e se ne
vanno con un solo compagno : la morte. Di
quando in quando vis tatori si inoltrano per
d vicolo Sago facendo commenti quando entrano e diventando più silenziosi alla vista de'le sofferenze stoiche e della solitune. non puntando più la macchina fotografica; poi, ancKessi se ne vanno sforzandosi di
tiiimiimiidLiiiniiiiiiuiKiiiiiiii
iiimiiiiiiiitiiiiimmimiiiiiiiiiiiiimmiiimu
Congresso gioventù Evangelica Italiana
(segue dalla 1“ pagina)
Come (voi) situereste i rapporti attuali
fra il CdG e le organizzazioni giovanili denominazionali attuali (e le
strutture stesse delle Chiese alle quali queste appartengono), e che cosa
vi attendete dall’imminente Congresso di Ecumene?
I rapporti fra il CdG, da una parte,
e le Chiese e gli organismi denominazionali, dall’altra, sono stati definiti da
lungo tempo in quella che abbiamo
chiamato la « base » del nostro lavoro.
Sono raporti improntati al rigoroso rispetto delle singole posizioni e organizzazioni denominazionali. Nello stesso
tempo sono determinati dalla ferma
volontà di un lavoro unitario. Cosa
significa? Significa che il punta principale è il lavoro unitario e non il discorso sulle strutture denominazionali.
Noi pensiamo che il cammino verso
l’unità non debba iniziare dal dissolvimento delle organizzazioni denominazionali per avviarci verso un lavoro
unitario; semmai tutto il contrario;
lavorando concretamente insieme si
superano anche certe strutture denominazionali che possono anche essere
sorpassate. Dal prossimo Congresso di
Ecumene ci si aspetta una energica
spinta innanzitutto verso il lavoro unitario : secondo il nostro parere personale, sarebbe controproducente, ai fini
di una testimonianza efficace, abolire
oggi quelle che devono essere le « strutture portanti » della Federazione Giovanile Evangelica Italiana (EGEI). Il
superamento lo verifichiamo nei fatti.
Guardando nell’insieme la vita giovanile evangelica nel nostro paese, quali aspetti vi paiono particolarmente
interessanti e promettenti? e quali
invece rivelano carenze?
Se abbiamo ben capito la domanda,
potremmo dire che l’aspetto più rilevante e positivo è da vedersi neH’ansia,
presente in molti giovani, di vivere la
propria lede nelle vicende concrete
della storia; un inizio di superamento
della tradizionale divisione fra lo « spirituale » (V. attività di chiesa) e il
«materiale» (lavoro, politica, scuola,
sindacato, ecc.).
Nel lavoro della Gioventù una carenza ci sembra essere quella del lavoro
fra i « cadetti » : il problema è stato
presente, sia a livello denominazionale,
per quanto riguarda, per es., la Gioven
tù Metodista (GEM), sia a livello del
CdG, ma non si è trovato né il tempo
né i modi per una soluzione pratica.
Siamo stati presi dal problema più urgente di definire una linea ed elaborare nuovi strumenti di lavoro.
« Gioventù Evangelica » ha iniziato un
nuovo periodo di vita, di più ampio
respiro ; volete dirci qualcosa di questo aspetto così rilevante dell’attività
giovanile evangelica nostrana?
Gioventù Evangelica, come accennavamo più sopra, è, a nostro avviso, uno
strumento di ricerca del modo in cui
vivere la propria fede nelle situazioni
concrete, « qui ed ora ». Per questo, il
CdG ha ritenuto che, col primo numero del ’69, dovesse diventare nella forma ciò che era già, da qualche anno,
nella sostanza: la ricerca, oggi, è a livelli diversi di ieri.
Rimandiamo senz’altro alla presentazione fattane nel primo numero, in
quanto rispecchia fedelmente le esigenze emerse in tutti questi ultimi anni di lavoro.
Alcuni dicono; troppa politica! Siamo costretti ancora una volta a precisare cosa si intende per « politica », in
quanto chi lo dice pensa automaticamente a « partito », come se G.E. fosse
l’espressione di una forza o corrente
ideologica riferei:' -si ad un partito.
Per noi « politica '■ è invece, tutto ciò
che riguarda la a lis”, il reale, senza
dare a questi tei: a:ni alcunché di assoluto e immutata , poiché, come dice
l’apostolo Paolo ii . Cz. 7: 31 «la figura di questo mondo passa». Per Paolo,
uomo formato nall’ambito della cultura greca «il miao do» — kosmos —
comprende anche - "polis" cioè tutte
le istituzioni unv Punto di partenza per tutti noi è dlvangelo, la fede e
la nostra azione :- i maliflca come azione della Chiesa di Cristo. In quanto
noi accettiamo, co : amore e con riconoscenza, la nostr a Chiesa come il luogo nel quale ci è ; ta rivolta la vocazione del Signore fon ci dilungheremo ulteriolmente ;. questo argomento
avendolo già fatto 'arie volte e specificatamente rimandiamo i lettori del
giornale al fondo pubblicato dalla
Giunta del C.d.G. nel n. 1-1967 di G. E.:
« La nostra chiesa ».
Quali vi paiono essere, attualmente, i
rapporti fra i gruppi giovanili e le
comunità nelle quali, in modo più o
meno pieno e immediato, vivono e
operano? Se ne parlerà, naturalmente, in Congresso, ma la problematica
di quest’ultimo sembra essenzialmenmente volta all’esterno, al « mondo ».
Ci permettiamo di contestare l’ultima affermazione: non ci sembra che
la problematica del Congresso sia essenzialmente rivolta all’esterno, al
"mondo”. La maggior parte del tempo
del Congresso sarà dedicata a temi riguardanti la vita interna del nostro
Movimento. Questo perché abbiamo
sempre voluto evitare un discorso di
"élite”, che quindi, non tenga conto
della realtà del M. G. evangelico. Abbiamo sempre visto i gruppi giovanili
come parte integrante della Comunità
locale e tale, a nostro avviso, devono
restare.
Infine, saremmo lieti di avere indicazioni concrete sul Congresso di Ecumene: svolgimento del programma,
delegazioni, mozioni dei pre-congressi, ecc.
Il programma sarà svolto secondo
l’ordine del giorno come pubblicato sul
n. l-’69 di G. E. (3“ pag. di copertina).
Le relazioni non saranno qualcosa di
astratto, ma tenendo conto dei risul
tati dei pre-congressi, saranno un utile contributo per avviare un discorso
che proseguirà per i tre giorni previsti
per questa Assemblea Costituente della F.G.E.I. Gli oratori saranno: Giorgio Gardiol per i movimenti giovanili
di massa, Paolo Ricca per il cattolicesimo del dissenso e Gian Paolo Ricco
per la F.G.E.I.
La preparazione del Congresso è ormai nella sua fase finale; erano stati
previsti otto pre-congressi, che si sono
regolarmente tenuti; ci risulta che alcuni gruppi hanno continuato a dibattere i temi precongressuali per tutto il
mese di aprile. Per quanto riguarda
la partecipazione: ogni gruppo o unione può delegare un membro per ogni
50 o frazione di 50; non vi è nessuna
limitazione in questo; ogni gruppo
può, infatti, inviare quanti osservatori
vuole. Abbiamo ricevuto iscrizioni anche da gruppi interdenominazionali e
di osservatori dalla Federazione Giovanile Evangelica di La Spezia-Toscana, che è l’unica nel suo genere essendo sorta come esigenza di base dei vari
gruppi di quella regione. Mentre abbiamo notizie che altre sono in cantiere (Piemonte, Triveneto, ecc.) avendo preso l’avvio durante i lavori precongressuali.
Come vedete abbiamo di fronte un
bel po’ di lavoro, che cercheremo di
svolgere, coll’aiuto del Signore, nel
migliore dei modi, tutti assieme, senza
esclusioni di sorta.
Il segretario Sergio Aquilante
il vice-segr, Gian Paolo Ricco
Il diavolo allo calcagna
di L. ZAMPERINI
« Zamperini è un moderno miracolo e la storia della sua vita si legge
come un romanzo. Come campione
olimpico, il suo nome occupò le testate dei giornali e come uno dei più
grandi eroi della seconda guerra mondiale, ha conosciuto privazioni, sofferenze ed onori. Il più grande avvenimento della sua esistenza fu però
l'aver dato la propria vita a Dio ».
Dalla introduzione di Billy Graham.
Edizioni Centro Biblico.
Via Carriera Grande, 37.
801.39 Napoli.
Canto sacro
Le Feste di Canto delle Corali e delle Scuole Domenicali avranno
luogo alle date e nelle località seguenti :
CORALI
per la Val Chisone : domenica 4 maggio, ore 15 nel tempio di Pramollo ;
per la Val Pellice: domenica 11 maggio, ore 15 nel tempio di Torre
Pellice.
SCUOLE DOMENICALI
per la Val Chisone: domenica 18 maggio, ore 15 nel tempio di San
Germano Chisone ;
per la Val Pellice; domenica 18 maggio, ore 15 nel tempio di Angrogna-Capoluogo.
Le prove d'insieme, per le Corali e per le Scuole Domenicali, avranno luogo alle ore 14.30 nei locali che saranno indicati.
Ringraziamo la Corale e la Comunità di Torre Pellice per avere
accettato di ricevere quest'anno le Corali in luogo della Corale e della
Comunità di Villar Pellice, le cui strade sono dissestate attualmente per
lavori in corso concernenti l'acquedotto e la fognatura.
La Commissione del Canto Sacro
scuotersi di dosso l’ombra del vicolo Sago ».
N«1 vicolo Sago, immagine del mondo solitario, inquieto, angosciato, senza speranza,
soffocato daU'ingiustizia l’evangelo getta un
po’ di luce, la luce del Cristo che passa ancora per tutti i vicoli Saghi del mondo, a
mezzo de', suoi testimoni che risanano le
piaghe nel suo nome.
(Juesta lieta nota evangelistica rivela purtroppo una incomprensione verso ¡ movimenti rivoluzionari della storia, come il marxismo « che conqa sta il mondo con la cong ura e la rivo’uzione »; non dimentichiamo che
questi moti sono sorti per ridare un volto
ed una dignità all’uomo asservito e oppresso,
per secoli da parte di chi recava l’insegna
del Cristo. Perciò mentre ci rallegriamo di
queste testimonianze limpide, tessute di gioia
e di luce, non dimentichiamo che esse debbono comportare come frutto la « liberazione
degli oppressi », dovunque si trovino, con
la potenza deU’Amore; al tempo stesso il
messaggio della conversione a Cristo comporta l’abbassamento di ogn; uomo, in ogni settore della vita, bloccando ogni assolutismo,
autoritarismo, tirannia, registrati e registrabili purtroppo nella vita religiosa come in
quella politica di ogni colore.
Il 1 bro si legge d’un fiato ed è prezio.so
per ogni lettore che crede ancora nella nuova vita di Cristo.
Gu.stavo Bouchahd
« Io Vi lascio pace ; vi do la mia
pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia
turbato e non si sgomenti»
(Giov. 14: 27).
Il 19 aprile ha terminato la sua giornata terrena dedita al lavoro ed alla
famiglia il
dott. Emilio Gay
straziati, ma fidenti nelle promesse del
Signore, lo annunciano a, funerali avvenuti la moglie Margherita Meynier,
le figlie Fiammetta con il maritoLuciano Partisetti ed i piccoli Marco e
Stefania, Donatella con il marito Giorgio Rochat, i fratelli Arnaldo, Manlio
e Graziella con le rispettive famiglie.
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prega prenotarsi presto.
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pag. 4
25 aprile 1969 — N. 17
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
Enrico Peyrot, missionario
K Con G. Mondain e M. Groult, Enrico
Peyrot è stato uno dei principali costruttori
della Chiesa Evangelica del Madagascar »,
con queste parole Jacques Vernier riassumeva nei 1962 il ministero del pastore missionario Enrico Peyrot, deceduto improvvisamente rii aprile 1969 a Tananarive. Una numerosa assemblea composta da rappresentanti dei vari gruppi religiosi, etnici e sociali della capitale, assisteva alla cerimonia
funebre presieduta dallo stesso Jacques Vernier.
Nato rii gennaio 1885 a Luserna S. Giovanni, il Peyrot. ottenuta la licenza liceale,
offriva i suoi servizi alla Società delle Missioni di Parigi. Terminata la sua preparazione nella Scuola Missionaria, veniva mandato al Madagascar nel 1909.
Erano appena trascorsi 12 anni dal tragico assassinio dei missionari Escande e Minault, mandati a prendere in mano l’opera
che i missionari inglesi avevano dovuto abbandonare al momento della conquista francese dell’isola. Le chiese protestanti, duramente provate da questi avvenimenti e da
una sistematica propaganda dei missionari
cattolici ispirata allo slogan: «qui dit français dit cathoLque, qui dit protestant dit
étranger », stavano riprendendosi a poco a
poco, e riorganizzando le loro attività all’iuterno delle comunità e la loro testimonianza
in mezzo alla massa pagana. A questo lavoro
intenso per gettare le basi di una chiesa
evangelica attiva e impegnata nell’evangelizzazione del popolo, fu intimamente associato il giovane missionario Enrico Peyrot,
innanzi tutto come pastore del distretto di
Vonizongo, comprendente un centinaio di
comunità.
Richiamato in patria, egli prese parte alla
prima guerra mondiale comç capitano del
l’esercito italiano.
Dopo la guerra tornò a Vonizongo, ma
ben presto fu chiamato alla direzione della
Scuola Norinale della Missione, cominciando così un lungo ministero neirinsegnameni^
to, per la preparazione di maestri cristiani,
e poi dal 1948 al I960, per la preparazione
dei pastori ind:geni.
Dal 1931 al 1947 egli fu quasi senza interruzione presidente della Conferenza dei
Missionari del Madagascar, e si deve principalmente alla sixa iniziativa la creazione
del Sinodo Generale delle chiese fondate dalla Missione di Parigi, che dovevano poi costituirsi in chiesa autonoma col nome di
« Chiesa Evangelica del Madagascar Per
lunghi anni fu pastore della comunità di
lìngua francese di Tananarive, e fu pure
presidente della Federazione delle Missioni
Protestanti del Madagascar.
Come tanti altri missionari di quell’epoca,
egli acquistò una profonda conoscenza della
lingua indigena. Fu per lunghi anni direttore-redattore del giornale « Ny Mpamafy »
(11 Seminatore) g pubblicò un corso di catechismo usato largamente nelle chiese, che
nel 1962 era giunto alla sua 16® edizione.
Il pastore Jacques Vernier caratterizzando
la figura di Enrico Peyrot diceva nel 1962 :
« Egli è conosciuto per la sua acutezza, la
sua saggezza e la sua conoscenza dei Malga
sci e della loro lingua. E’ predicatore apprezzato dai suoi uditori, esercita un’autorità morale non comune presso i poteri pubblici e le chiese del Madagascar ».
Scompare cosi ancora uno di quei missionari valdesi, che partiti sul finire del secolo
scorso e nella prima decade del nostro secolo, portarono un valido contributo alla fondazione delle chiese indigene dell’Africa e
del Madagascar, mentre i pastori loro contemporanei compievano una energica opera
di evangelizzazione' in Italia.
L’opera di quella generazione di missionari è spesso criticata severamente in Europa e iu Africa, ma chi può dire quale sarebbe stato l’avvenire di quelle popolazioni senza la loro attiva presenza ,e chi può valutare la portata della loro influenza negli anni del colonialismo e sugli sviluppi che hanno portato alla indipendenza politica di quel
le popolazioni? Il presidente Kaunda dello
Zambia dice nel suo libro « Africa’s Freedom » : « Io ricordo con profonda ricono
scenza gli anni della mia gioventù trascorsi
a Lubwa, una stazione missionaria della Missione Scozzese ».
Noi ricordiamo con riconoscenza il ministero di Enrico Peyrot. e ringraziamo il Signore che in lui ha dato alla chiesa e al
mondo, un costruttore di chiese, un educatore di nuove generazioni e di società nuove, un testimone e predicatore fedele del
Vangelo. Esprìmiamo a tutta la sua fam:
gnata. dal lutto e dal dolore. Martedì 8 aprile
venivano resi gli onori funebri alla salma di
Gardiol Margherita ved. Romano di anni 83,
deceduta in casa della figlia al Capoluogo. La
sua grande fede in Dio, ha aiutato la nostra
sorella a sormontare alcune circostanze particolarmente dolorose della sua vita. Lascia in
tutti un buon ricordo di sé.
Giovedì 10 aprile venivano accompagnate
al campo del riposo le spoglie mortali di Long
Francesco Enrico di anni 73, deceduto quasi
subitamente all’ospedale Civile di Pinerolo.
Infine, venerdì 11 aprile ci siamo ritrovati
molto numerosi attorno alla bara di Romano
Alvise di anni 61 deceduto all’ospedale Agnelli dopo lunghe sofferenze, sopportate con cristiana pazienza. La tristezza della della folla
era resa più profonda dal fatto che la morte
del nostro fratello seguiva di pochi giorni
quella della madre.
A quanti piangono i loro cari rinnoviamo
l’espressione della nostra sincera simpatia ed
invochiamo su di loro le consolazioni del Padre di misericordia e la forza della fede nel
nostro Signore Gesù Cristo, vincitore per noi
della morte.
— Rinnoviamo i nostri ringraziamenti all’anziano Dino Gardiol per il culto che ha
presieduto.
POHARETT
SCUOLA LATINA
Offerte ricevute fino al 31-3-1969 dalla Direzione che, sentitamente, ringrazia.
Lageard Annamaria (Inverso Pinasca) L. 10
Notiziario
ecumcn ico
a cura di Roberto Peyrot
A LONDRA
PROSSIMA CONFERENZA
SUL RAZZISMO
Ginevra (soepì) — L’arcivescovo di Canterbury Ramsey e 0. Tambo, militante africano, saranno i due oratori partecipanti ad
una seduta pubblica che avrà luogo il 21
maggio prossimo alla « Church House » di
Londra. Essi parleranno sul « Razzismo : il
maggiore ostacolo alla comunità mondiale ».
0. Tambo è un fuoruscito dal Sud Africa
e vive attualmente in Tanzania. Dalla morte nel 1967 di A. Luthuli, primo africano
che ottenne il Premio Nobel per la pace,
0. Tambo è presidente del Congresso nazionale africano.
Questa seduta pubblica che sarà il fulcro
della Conferenza sul razz smo organizzata dal
Cec a Londra nei giorni 19/24 maggio, sarà
presieduta dal senatore aniericano G. Me Govern. Questa Conferenza ha lo scopo principale di raccomandare al Cec e alle Chiese
membri « un programma di educaz'one e di
azione in vista deWeliminazione del razzismo ».
ANCHE I MONACI
DEL MONTE ATHOS
VITTIME DEI « COLONNELLI »
Monte Athos^ Grecia (soepi) — I monaci
del monte Athos hanno lanciato un appello
o— i n J 1 J_iagcaiu x xv q0| molile aliius naiixiu lancialo un appem^
glia, e in particolare a a ve ova e a mila; Coucourde Luciano (Inverso Pinasca) mondo cristiano col quale protestano con
Io professore Attilio Peyrot, la nostra fra
terna simpatia.
LUSERNA S. GIOVANNI
Unione Femminile
27 aprile, ore 15 - Sala Albarin
Conversazione della Sig.ra L. Conte-Jalla, Torino, su « Incontri ed esperienze a Tahiti » con thè di beneficenza e lotteria a favore del Giardino d'infanzia.
Tutti sono cordialmente invitati!
SAN SECONDO
I culti della Settimana Santa sono stati
frequentati da buone assemblee. La domenica
delle Palme sono state ricevute nella piena
comunione della Chiesa, con la pubblica confessione della loro fede in Gesù Cristo, le seguenti catecumene di quarto anno : Comba
Elvana (Canova) Genre Adelisa (Capoluogo)
Roman Laura (Meme) e Rivoiro Iris (Lombarda).
II Signore accompagni queste giovani, fortifichi la loro fede e le aiuti a camminare
nella via del servizio e della testimonianza.
La nostra Corale ha recato la sua preziosa
collaborazione sia al culto delle Palme che a
quello di Pasqua.
— La settimana dopo Pasqua è stata se
10.000; Volpi Elio (Torino) 50.000; Richard
Renato e Dario (Prali) 10.000; Gardiol Lidia
(Trossieri), in mem. dott. Quattrini 10.000;
Vitale Jahier (Pomaretto) 700; Long Carla
(Pramollo) 5.000; Pons Amalia (Pomaretto)
3.000; Alba e Alberto Pascal (Perrero 20.000;
Monnet Graziella (S. Germano Chisone) 5.000;
Menusan Ferruccio (Perrero) 10.000; Peyronel Enrico (S. Germano Chis.) 5.000; Schwazenbasch (Ginevra) 3.000; Poet Laura (Perrero) 10.000; Micol Willy e Annalisa (Massello) 5.000; Baudissard Elide (Pomaretto) 10
mila; Long Adelina. Alice, Cesare (Pinerolo)
10.000; Bertalot Ida e Gina (Pinerolo), in
mem. nipote Sergio 2.000; Pons Italio (Pomaretto 15.000; Griglio Sandra 15,000.
Irò la soppressione della loro libertà ed autonomia, soppressione sancita da un decreto
legge del regime militare, come informa la
agenzia cattolica Kipa.
D’ora innanzi tutte le decisioni della repubblica autonoma formata dai monaci dovranno essere presentate al governatore « il
quale censura e fissa la forma della pubblicazione ». Inoltre « in ragione della sua carica » il governatore « ha diritto di controllo
sulle reliquie, sul tesoro e sulla biblioteca,
come pure su tutti i beni mobili ed immobili ».
Questa decisione pone fine ad un’autonomia millenaria dato che il Monte Athos è
stato fondato nel 963. I monaci fanno rile
DONI ECO - LUCE
Da Pinerolo: Alfredo Griot 500; Rina Bertalot 500; M. Rivoira 500; Davide Roccione
500; Luisa Tron 500; Attilia GriU Bonjour
500; Beniamino Garro 500; Enzo Tron 500;
Rodolfa Benyr 100; Giulio Coucourde 500;
Gabriele Coucourde 500; Alice e AdeUna
Gönnet 500; Eugenio Long 500; Ada Gaydon 500.
Da Firenze: Aldo Frache L. 500; Istituto
Gould 500; Barberina Mengiardi 2.500; Cornelio Bartoletti 500; Lidia Lantaret 500; Dalila Berla 500; Arnaldo Gay 500; Clorinda
iiilMKIIIIIIIIIIIIIIimillltl:
iiiiinmiiiiiiiiii
Sanpre meno mfalliliili!?
Long 2.500; Giorgio Long 2.500; Luigi Cairus Guerrini 500; Nicla Fioriti 500; Cesare Ga^ ' ruti 500.
G. F. Santoleri, Campo di Giove L. 500;
Mario Meucci, Trieste 500; Elisabetta Tessa
Hornberger, Svizzera 500; Nella Raymond,
Ginevra 1.500; Adele Pontet v. Sappei, Porte
300; Gustavo Balmas, Inv. Porte 500; Jenny
Leger Charrier, Pinasca 500; Cesarina Boglino, Trausella 500; Carletta Quara, Gassino
Tor. 500; Elda Revel Scagliola, Calosso 500;
Giulietta Raima, Parma 500; Giovanni Gönnet, Oslo 1.500; Alpina Maciotta, Raima Biell.
500; fam. Lena, La Maddalena 1.000; Ezio
Villani, Padova 500; Guido Ciccarone, S. Giacomo Sebiav. 500; Maria Mantovani, Mantova
500; Renato Pozzi, Alba 1.000; Dino Costa
(segue dalla 1“ pagina)
to che, almeno formalmente, il magistero pontificio non agì da solo, ignorando o scavalcando l’episcopato e la
Chiesa, ma consultò entrambi ottenendone un consenso quasi plebiscitario
(e proprio per questo un tantino sospetto). Anche un monarca come
Pio XII sapeva che il suo magistero
non poteva prescindere dal consenso
della Chiesa, anche se, a guardar bene, la funzione di quest’ultimo era di
inquadrare, non di fondare, il pronunciamento pontificio. La Zarri non
vuole che il consenso della Chiesa sia
una semplice cornice del magistero
pontificio ; vuole invece che ne sia la
matrice; quanto meno essa auspica
che tra la mente della gerarchia e la
mente del popolo cattolico si instauri
una sorta di intreccio ecclesiale (secondo l’aggettivo oggi in voga nella
pubblicistica cattolica), da cui dovrebbe sorgere la mente di Cristo. In questo modo i rapporti tra papa e popolo
cattolico subiscono realmente quella
«trasformazione radicale» che Geritili, nel suo editoriale, considera indispensabile? Tutto sommato, ci pare di
no, nella misura in cui al papa spetta
sempre, come carisma personale connesso col suo ufficio, il compito della
verifica, cioè l’ultima parola, quella decisiva. Sono tutti infallibili; il papa,
i vescovi, il popolo ; ma il papa lo è
un po’ più degli altri.
Se si vogliono trasformare radicainiente 1 rapporti tra il papa e «la base » della Chiesa, la tesi della Zarri
non basta. Occorrerebbe sostituirla
con quest’aura : non è il papa che ha
il compito di « verificare », « riconoscere e avallare (o meno) la voce della
Chiesa ma è la Chiesa che ha il compito di « verificare », « riconoscere » e
avallare (o meno) la voce del papa.
Questa sarebbe, in verità, una trasformazione radicale.
Ma anche così, non sarebbe ancora
raggiunto il livello ultimo della radicalità evangelica, che esige una diversa impostazione del discorso, e cioè
questa: né la Chiesa ha da esser giudice del papa, né il papa giudice della
Chiesa, ma l’uno e l’altra han da esser
giudicati dalla Sacra Scrittura. Non è
infallibile la fede del papa e non lo e
neppure la fede della Chiesa: infallibile è solo il Signore e la sua Parola.
Non si tratta dunque di « immergere »
il magistero pontificio nella « coscienza ecclesiale » : con queste « immersioni» nulla di decisivo è guadagnato; è
sempre la Chiesa che parla con se stessa. Si tratta invece di confrontare il
magistero pontificio e la « coscienza
ecclesiale » con la Parola di Dio. Il dialogo interno alla Chiesa tra i «vertici» e la «base» e viceversa, è certo
importante e senz’altro auspicabile.
500; Elena Tiirck 500
Da Pomaretto: Emilia Lantaret 200; Federico Baret 200; Enrico Artero 500; Vitale
Jahier 500; Federico Micol 500; Enrico Martinat 500; Giosuè Ribet 500; Giovanni Laetsch
500; fam. Bernard 500; Margherita GriRDick 200; Enrichetta Garrou 500; Elsa Pastre 500; Levi Massel 300; Paolina Ribet
Coucourde 300; Albertina Baret Peyrot 100;
Guido Baret 500.
Da Torino: Giuseppe Tagliaferro L. 500;
Evelina Pons 1.500; Elena Pascal 1.000; Maria Malan 200; Vincenzo Gay 500; Pietro Feroldi 500; Anita Eynard 1.000; Paola Citernesi 1.000; Samuele Bouchard 1.000; Luigi Mar
vare, nel loro appello, di non aver mai subito un simile trattamento nel corso dei loro,
mille anni di storia, neppure ai tempi dgì
Turchi.
L'UNIONE DI DUE CHIESE
IN SVIZZERA
Berna (soepì) — Durante rincontro dei
delegati della Chiesa evangelista metodista
dell’Europa centrale e meridionale, a Berna,
tenutosi recentemente è stata sancita l’unione della Chiesa evangel sta e della Chiesa
metodista svizzera, sotto il nome dì « Ch'esa evangelica metodista ».
Queste due Chiese formano due rami del
movimento metodista di cui i pastori John
e Charles Wesley furono gli iniziatori. Esse
vennero create dagli emigrati svizzeri e tedeschi ritornati dalPAmerica sul continente
europeo nel 1856 (Chiesa metodista episcopale) e nel 1866 (Chiesa evangelista). L’unione non pone problemi particolari dato che le
due Chiese sono molto simili sìa per quanto
riguarda la loro dottrina, la loro struttura ed
il loro lavoro di evangelizzazione e missionario.
La nuova Chiesa comprende 16.500 membri, d'stribuiti in 94 parrocchie, di cui
10.500 provenienti dalla Chiesa metodista e6.000 dalla Chiesa evangelista. Membro della Federazione delle Chiese protestanti svizzere, la Chiesa evangelica melodista fa parte del Consiglio ecumenico delle Chiese.
NIGERIA/BIAFRA;
APPELLO IN FAVORE
DI UNA MEDIAZIONE DEL CEC
Francojorte sul Meno (soepi) — Il Sinodo,
della Chiesa di Hesse-Nassau riunitosi recentemente a Francoforte si è dichiarato favorevole ad una mediazione del Cec fra le due
partì belligeranti in Nigeria. La risoluzione
adottata alPunanimità è la seguente:
« Dopo aver preso conoscenza di un rapporto sulla situaz'one in Biafra, il Sinododella Chiesa di Hesse-Nassau prega il Consiglio deda Chiesa evangelica tedesca di rivolgersi al Cec affinché accetti il ruolo di
mediatore. Noi desideriamo che si chieda al
Cec di usare la sua influenza verso le Chiese
della Nigeria e del Biafra (eventualmente in
collegamento colla Chiesa cattolica) pò ri'
cordar loro il ruolo essenzialmente pacificatore delle Chiese. La Commissione delle Ch ese per gli Affari internazionali del Cvo dovrebbe essere incaricata di elaborare un plano par la pace e di sottoporlo ai paesi interessati ed all'ONU ».
AUSTRIA:
IL « SERVIZIO EVANGELICO
PER IL MONDO »
Vienna (soepi) — Il segretario es: cufivo
del Consiglio austriaco delle Missie.ai lui incoraggiato la creazione di un « Servizi,' evangelico per il mondo » in Austria che sarei)he incaricato di porre in pratica 1«. raccomandazioni della quarta assemblea del Cec
per lottare contro la fame, la povertà ed il
sottosviluppo e di coordinare gU sforzi delle
Chiese austriache in questo campo.
In un memorandum indirizzato alle dive se istituzioni ecclesiastiche che desidera';o
partecipare ad un’azione comune viene falto
sapere che le Chiese protestanti potrehÌTuro
presentarsi anche come valido interlocu u re
davanti alle autorità governative re.sp(L.sr-abili dell’aiuto allo sviluppo e davanti alla
Ch'esa cattolica in Austria.
Questo « Servizio evangelico » do'.
centralizzare le attività del Servizio di
fra le Chiese austriaco, deirattività
per gli affamali », del Consiglio delle
sioni e della Federazione degli stiiUent!.
D’ora innanzi, il servizio dì aiuti fra le
bhe
•iuti
^ane
Mis
tinat 250; Fanny Prelato 500; Elsa e Vittorio beUo, Novara 1.000; Rolando Tron, Rod°retto
Travers 500; Levi Peytonel 500; Giovanni 200; Archimede Bertolino, Ferentino 1.(^00;
--- ^ Luigi Costa, Fresinone 500; Irma Zecchm,
Venezia 1.000; Ernesto Long, Abbadia Alp200; G. J. Pontier, Olanda 1.000; Angelo Busetto, Venezia 500; Angelo Platania, Pisa 500;
Mantìlaro 500; Elsa Ricca 500; Guido Bonnel 500.
Da Ferrerò: Enrico Costantino L. 500; Giovanni Pascal 200; Franco Menusan 500; Luigia Peyran 100; Giulio Genre 500; Enrico
Poet 300; .Augusto Pascal 500; fam. Quattrini 500; Lidia Gardiol 500; C. A. Viglielmo
500; Edmondo Pascal 200; Desiderata Clot
200; Abele Pons 200; Enrichetta Massel 500.
Da San Secondo di Pin.: Francesco Peyrot
L. 500; Elisa Griglio Pasebetto 300.
Da Prarostiiio: Maddalena Avondet L. 500;
Alessandro Rivoiro 500.
Da Inv. Pinasca: Vittorio Coucourde L. 250
Erica Kcsselring, S. Giov. Lupatoto 1.000;
Ragni Basso, Cormano 500; Alessandro Vetta,
Brescia 500; Carla Gay Bressy, Rivoli 500;
Elisa Tomasetta, Napoli 500; Samuele Vezzosi, Verona 500; Francesco Mandola 500; Alberto Cane, Bologna 250; Ida Palmieri, Borrello 500; Valdo Gtaiero, Rivoli 1.000; Domenico Di Toro, Winterthur 500; Sila Albertazzi. Sala Biell. 500; Luigi Breuza, Fontane di
Rodoretto 500; Alessandro Forneron, Villar
se si occuperebbe essenzialmente degli aiuti
urgenti, mentre l’attività di « Pane pes' gli
affamati » comporterebbe soprattutto 1 > Tiborazioiie di programmi e di progetti che potrebbero contribuire a lungo termine al rafforzamento della giustizia e della pace. Il
Consiglio delle Missioni austriaco sarà responsabile. come prima, dei progetti <li azione missionaria. La Federazione degli ,i=ttidenti e Tattivilà giovanile saranno incaricate di riunire dei giovani disposti a lavorare
per qualche anno nei paesi sottosviluppati.
Questo « Servizio » dovrebbe anche rallorzare la collaborazione col Consiglio ecumenico
austriaco.
ma non è decisivo : bisogna vedere se LuTgi‘coucourde 200; Regis Beux 500; Elisa Perosa 200; Samuele Serre Vdkr Perosa
avviene davanti alla Parola di Dio O ,=;nn 300; fam. Romano, Vercelh 500; Bergna Pe
alle sue spalle. Che il papa, nel suo magistero, ubbidisca alla « voce della
Chiesa » piuttosto che alle sue voci interiori; che tragga la verità cattolica
non già « dallo scrigno del suo cuore »
(come dice un antico testo canonico)
ma dallo scrigno della Chiesa (come
vorrebbe la Zarri): che il magistero
pontificio eia «comunitario» e non
« solitario » ; che il papa sia l’interprete del consenso di tutta la Chiesa
e non solo il portavoce della gerarchia
o delle sue personali rivelazioni — tutto ciò è apprezzabile ma non è determinante. Determinante non è l’ascolto
della « voce della Chiesa » ma l’ascolto
della Parola di Dio, l’ubbidienza alla
Parola, la dipendenza della Parola. Se
questo manca, tutto il resto è purtroppo, vano.
Il magistero pontificio è — come giustamente dice Marcello esentili « un
modo oscuro ». Non ci pare che l’argomentazione della Zarri sia riuscita a
scioglierlo. Ci chiediamo anzi se, dopo
che il Vaticano I ha fatto del primato e dell’infallibilità pontificia un dogma di fede, sia ancora possibile sciogliere questo « nodo ». Forse lo si può
proprio solo tagliare.
Paolo Ricca
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175. 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (To)
Beux Soulier 500.
Da Roma: L. Penniiigton de Jongh L. 2.500;
Giorgio Girardet 500; Guglielmo Angiolillo
500.
Da Prali: Germano Grill L. 500; Elena
Grill 200; Aldo Richard 500; Luigi Bounous
300.
Da Riclaretto: Silvia Peyronel L. 500; Carlo Griglio 500; Melania Malanot Grill 500;
Adele Pons 450: Aldo Peyronel 500; Valdo
Tron 500; Ettore Massel 100.
Da Perosa Arg.: Gino Roslan L. 500; Bartolomeo Volai 200; Laura Micol 500; Lino
Tron 500.
Da Villa Pellice: Caterina Janavcl Gönnet
L. 500; Maddalena Cairus 500.
Da Torre Pellice: N. N. L. 1.000; Cesare
Malanot 200; Mimi Tron Bernoulli 500; Enrico Genre 500; Bellion Jalla 200; Cecilia Bcsozzi 500; Elena Geymonat 500; Emilia Giordano 500; Riccardo Pellenc 500; Beniamino
Peyronel 2.400; Gustavo Comba 2.500; Marianna Rivoir 500; Mario Rivoir 500; Giovanni Moiirglia 500; N. N. 4.000; Ernesto Di
Francesco 2.500; Arturo Vola 500.
Da S. Germano Chisone: Lilline Bert L.
500; Arturo Meytre 500; Enrichetta Bouchard
250; Simona Soulier Scapin 500; Anita Bandiziol Germanet 1.000; Mary e Anita Long
200; Paolo Vinçon 500; Alfredo Baret 200;
Elena Lantelme 500; Orlina Balmas 500.
Da Luserna S. Giovanni: Giuseppina Arnoulet L. 500; Placido Mondon 500; fam. Gay
500; Clelia Girardon 500; Pietro Grand 500;
Paolo Favout 500; Mario Berlin 250; 'TuUio
Beux 1.000; Augusto Martinat 200; LilRne
Beux 500; Pia Mercandalli 500; Elisa Jalla
500; Emilio Fattori 1.000; Susanna Catalin
draglio, Como 500; Mario Bassetto, Vicenza
1.000; Giovanni Mantelli, Alessandria 500;
Lino De Nicola, Sanremo 500; Emilio Ricca
Lusernetta 500; Sigismonda Corsani, Genova
500.
Grazie! (cantina)
PENSIONE TORINO d; Renata Jalla
. Santa Margherita Ligure - Via
Gramsci, 1 . Telefono 86.010. Posizione centrale, conforts, vicinissima al mare, trattamento familiare,
ottima cucina. Interpellateci.
L’obbedienza è una virfù?
MENTRE CONTINUANO LE CONDANNE AGLI OBfETTORt DI COSCIENZA
Il volume edito dalla casa editrice delle
Esperienze Pastorali e della Lettera a una
Professoressa, riprende i documenti relativi
al processo contro il prete di Barbiana, già
raccolti a suo tempo dal Centro « Cultura »
di Firenze e presentati su queste colonne
(Eco-Luce del 4 marzo 1966). Vi si rileggono dunque l'ordine del giorno dei cappellani militari in congedo della Toscana, la risposta di Don Milani, la sua denuncia da
parte di un gruppo di ex combattenti, la
lettera ai giudici del parroco già ammalato
ed, infine, la sentenza che non era contenuta nella raccolta di « Cultura », L impressione di un incompetente di diritto è che il
giudizio sia la parte meno felice di tutto il
volume, tutto teso com’è a voler salvare la
personalità di Don Milani da una pena che
peraltro egli non avrebbe ritenuta infamante, pur senza che ci siano basi giuridiche
convincenti. Le accuse sono chiare, sia quella del cappellani sia quella degli ex combattenti. Le lettere di Don Milani anche, nel
senso opposto. La sentenza molto meno e lascia il dubbio che la corte si sia trovata dinanzi ad un caso di fronte al quale la legg®
italiana è in contraddizione con se stessa : da
una parte la Costituzione, dalTaltra il Codice Penale. Ma non è la prima volta che le
decisioni della fede mettono in imbarazzo i
tribunali. Anche quando ci sarà il riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza e della sua propagazione, sarà forse ancora così e resterà, perciò, valida la lettura
di queste pagine. M. C. Tron
— L’obbedienza non è più una virtù ■— Documenti del Processo di Don Milani -7Libreria Editrice Fiorentina, s. d., pagi'
ne 82, L. 700.