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Anno 117 - N. 4
23 gennaio 1981 - L. 300
Spedizione in abbonamento postate
Gruppo bis/70
dette
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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
UN INTERROGATIVO RIVOLTO Al CREDENTI
% punti
di vista
Si è svolta nel corso degli ultimi due mesi una polemica sulla
stampa nazionale originata da un
articolo di Emanuele Severino
sul « Corriere » sul significato
del Padre Nostro.
L’assunto di costui può riassumersi nella sottolineatura della contraddizione che esisterebbe
tra la prima parte del Padre Nostro, che Invoca l’avvento del Regno di Dio e il verificarsi della
Sua volontà, e la seconda parte
che tale volontà cerca di condizionare invocando, nell’interesse
dell’uomo, il pane quotidiano e
la remissione dei peccati. Vi sarebbe quindi l’espressione di una
riprovevole volontà di potenza
dell’uomo, mentre unica accettabile soluzione a questo problema
sarebbe uno storicismo che porti ad accettare come valido tutto
ciò che accade, per il solo fatto
che accade, senza pretendere di
influire sulla realtà con la volontà di potenza che la seconda
parte confermerebbe.
Sia Baget Bozzo sulla « Repubblica », sia Barbiellini Amidei e
Todisco in una tavola rotonda
riassunta nel «Corriere» (e qui,
con una protervia di integralismo cattolico non condivisibile,
anche il Testori) hanno obiettato
al Sev'erino la sua incapacità a
capire, e quindi ad interpretare,
il Padre Nostro per la dichiarata
mancanza di Fede, senza la quale un testo « divino » come il Padre Nostro non può essere letto,
perché solo la Fede permette di
superare, ove ci sia, questa come le molte altre apparenti contraddizioni della predicazione di
Gesù. .A parte ogni disquisizione
biblico-teologica, ci pare poter
fare una osservazione in occasione di questa, del resto non nuova, interpretazione del Padre
Nostro.
Purtroppo non è rara la figura
dell’« intellettuale puro » che, solo perché tale, si crede in diritto
di sdottoreggiare su tutto e su
tutti, non perché sappia di cosa
parla, ma perché chi parla è lui,
l’uomo coperto della sua naturale intellettualità.
Così il Severino, che si dichiara fuori da ogni posizione che
accetti, anche solo in astratto, il
concetto di « trascendenza », sentenzia in materia di Padre Nostro, leggendolo come espressione della volontà di potenza dell’uomo e del suo desiderio di intervenire nella storia, che invece
si sviluppa grazie a « forze infinitamente superiori a quelle dovute alla progettazione del singolo,^ o del gruppo della classe ». Da
cui l’inutilità di ogni intervento
e ia sua riduzione a pura alienazione.
Arriva così ad assimilarsi, paradossalmente, alla posizione di
coloro che ritengono giusto assistere passivamente allo sviluppo della storia nel chiuso delle
loro Chiese, pregando che il Regno venga, ma nulla facendo
perché alla sua realizzazione cooperino gli uomini. Dimenticando
inoltre che il Padre Nostro rimane la preghiera « vera » che l’uomo può rivolgere al suo Dio proprio perché in essa è contenuta
non solo la domanda di aiuto,
ma anche la promessa di partecipare all’opera di Dio in modo
attivo (rimettici i nostri debiti,
come noi li rimettiamo ai nostri
debitori).
Chi ci libererà dagli « intellettuali puri »?
Niso De Michelis
E' evangelico "realizzarsi”?
Dal « notiziario » d\ Riesi, a partire da una parola alla mo(da, un invito a confrontarsi con Colui
che non si è affermato ma si è abbassato, e che si è realizzato proprio nel non volersi realizzare
Una recente ricerca (1) sugli
orientamenti operai alla Fiat ha
rilevato, fra altro, un diverso
orientamento esistente fra gli
anziani (35 - 40 anni) ed i più
giovani, nei confronti della fabbrica e delle lotte che in essa si
sostengono. Mentre i primi valorizzano le conquiste ottenute
in fabbrica dalle loro organizzazioni ed a queste, con un certo
spirito comunitario, delegano il
potere di decidere, rinunziando
in qualche modo al « personale »
perché la lotta comune abbia
successo, i più giovani non sentono più la fabbrica come il loro
ambiente prioritario ma emigrano nel privato, pensano al loro
tempo libero come essenziale e
ci tengono a realizzarsi come
soggetti autonomi.
Siccome questa ricerca è stata
realizzata non fra operai generici ma fra quelli che sono in un
certo senso culturalmente sensibili ai problemi di vita individuale e collettiva, mi pare che
certe osservazioni fatte in quell’ambiente abbiano rilevanza anche nella chiesa fra quelli che sono impegnati nella causa dell'Evangelo. Infatti, non è detto che
certe rilevazioni siano limitate
al settore operaio ma, travalicando questo, sono prettamente
umane e rispondenti alla nostra
epoca storica o, se vogliamo, al
l’atmosfera sociale nella quale
tutti, credenti inclusi, si trovano
a vivere ed a operare.
Innanzitutto, prima di entrare direttamente nel tema, vorrei
notare che il valore delle diverse
tendenze non è dato dall’età delle persone ma da fattori oggettivi. Una volta si sopravalutava
il pensiero degli anziani, oggi, invece, sembra che perché un’idea
sia moderna e di valore debba
per forza provenire dai giovani.
Mi pare che dobbiamo liberarci
da queste prevenzioni perché né
anzianità né gioventù danno ad
un pensiero un valore particolare, ma il suo solo contenuto.
Anche tra I credenti
E’ un fatto che quanto è detto
degli operai ha valenza anche fra
credenti impegnati. Di questi una
generazione ha sentito fortemente il comunitario e, con esso, il
cammino percorso e da percorrere in quel senso, non come fine
a se stessi ma come mezzo efficace per la testimonianza a Cristo. L’altra generazione, la più
giovane, è facilmente portata al
privato, ai diritti del proprio
tempo libero, a quello che comunemente si usa dire « il realizzarsi ». Non è il caso di generalizzare questa distinzione, però
assai spesso avviene così negli
orientamenti delle due generazioni.
La parola « realizzarsi » è oggi
comunissima fra i giovani, mentre non era neppure usata una
volta, anche se nella realtà, allora, molti vivevano nella tensione
della peggiore accezione di questa parola, cioè il carrierismo,
dal quale oggi i giovani sono
alieni.
Realizzarsi: che cosa vuol dire? Qualcuno lo riferisce al compimento della propria vocazione
cristiana; in tal caso la parola
non è correttamente usata o il
suo senso è ben diverso come
vedremo più oltre. Mi pare che i
più dicendo di volersi « realizzare » abbiano di mira non solo
l’affermazione della propria personalità ma anche, semplicemente, la ricerca di ciò che permetta
a questa di sbocciare (s'épanouir), di aprirsi al proprio mondo ed essere se stessi nel mondo
degli altri. Quindi grande importanza del tempo libero, di un
lavoro corrispondente ai propri
desideri, della priorità del privato sul comunitario, dell’esser
se stessi il metro della veracità
del proprio impegno. Anche nel
« Servizio Cristiano » qualche volta ci è accaduto di avere delle
persone di questo orientamento:
tendenza al privato e mosse dal
I GIOVANNI 1: 3-4
Con le energie di tutti
« Perciò parliamo anche a voi di ciò che abbiamo visto e udito : così sarete uniti a noi nella comunione che abbiamo con il Padre e con Gesù Cristo suo Figlio. Vi scriviamo tutto questo perché
la nostra (vostra) gioia sia perfetta».
Nei disordinati e convulsi capitoli di questa lettera due cose
premono all'autore. Richiamare
i credenti sui pericoli che li minacciano: dagli idoli («non cedete al fascino delle cose di questo
mondo ») ai falsi profeti (« molti
predicatori bugiardi predicano
nel mondo) »e — in secondo luogo — invitare i credenti a stringere le fila, a riscoprire il senso
e la forza del gruppo che si raccoglie, gioioso, intorno al Signore. Tutto questo è scritto non in
tono accademico ma « da pari a
pari ». E’ la comunità nella sua
interezza che deve individuare i
falsi profeti, gli anticristi, scegliere, difendersi, orientarsi. Nella storia della Chiesa momenti
come questi non sono stati rari.
E in quei momenti la tentazione
à quasi sempre stata quella —
di fronte alle minacce del mondo esterno — di rinchiudersi, nascondersi, coltivare il proprio orticello. Ma la lettera che abbiamo sotto gli occhi e che conclude con la vittoria finale della
fede, non è solo un invito alla difesa bensì all’attacco. La comunità cristiana non è un convento. Essa si raccoglie gioiosa intorno al Cristo non per sopravvivere ma per riflettere, ascoltare, pregare, prima di proiettarsi
fuori con un’azione, un messaggio di speranza. Si tratta, in questo appello rivolto alla cristianità primitiva, di ricostituire una
forza collettiva in vista di un al
tacco da sferrare all’esterno.
In un’epoca come la nostra e
per il nostro ambiente così impregnato di individualismo questo richiamo a ricostituire la comunità mi sembra decisamente
attuale. Le voci isolate — sembra
dire l’autore — non bastano più;
opnai ci vuole una forza collettiva che sappia testimoniare, incìdere nel sociale « a testa alta,
senza vergognarsi di Lui ». Il tono non accademico, ’da pari a
pari’, rivela l'intenzione democratica di tutto il discorso. Non
si tratta di organizzare le cose
dall’alto, a tavolino: l’organizzazione nasce dal basso. Sono i credenti in assemblea (la chiesa appunto!) che individuano la strada, gli obiettivi. Si deve ragionare insieme, vagliare, pregare, però anche decidere e adeguarsi alle decisioni. I colpi di testa, le
impennate individualistiche (così apprezzate nel nostro ambiente) ritardano, indeboliscono,
frantumano quel lavoro collettivo, corale che questo “manifesto”
della cristianità primitiva intende rilanciare senza mezzi termini.
Negli anni in cui venne lanciato questo "universale" appello ai
credenti era in gioco il futuro
stesso di quella cristianità che
stava muovendo i suoi primi
passi. E per garantirlo occorrevano soprattutto due cose: una
predicazione limpida, fortemente cristologica, che evidenziasse
la vera dalle false interpretazio
ni e, seconda cosa, pur nella spasmodica attesa del Regno (« è
l’ultima ora ») che avrebbe cancellato le strutture umane, occorreva una salda organizzazione
ecclesiastica. Ma se allora era in
gioco la sopravvivenza stessa del
cristianesimo oggi è in. gioco la
sopravvivenza stessa dell’umanità. Non rielenchiamo tutte le ragioni (dalla corsa agli armamenti alla disgregazione del tessuto
etico-politico della nostra società) che c’impediscono oggi di
avere una visione ottimistica dell’immediato futuro. Ricordiamo
solo che ai cristiani — a qualsiasi confessione appartengano — è
affidato un compito che diventa
sempre più urgente: testimoniare — con fatti e con parole — di
quel modo nuovo di vivere, anche i rapporti interpersonali, che
la libertà e la speranza del Cristo rendono possibile e vero. Anche oggi come allora le voci isolate dei predicatori non bastano
più. Ci vogliono le energie di
tutti.
Nella varietà dei suoi doni e
delle sue responsabilità è tutta
la comunità che deve scendere
in campo "a testa alta" prima,
che per tutti, sia troppo tardi. Il
silenzio, il ripiegarsi su se stessi,
l’intima soddisfazione che le sicurezze della fede procurano nella tranquilla oasi comunitaria
non sono altro che rinuncia alla
sfida a cui gli avvenimenti contemporanei richiamano la totalità dei credenti. E’ nell’accettare
questa difficile sfida che ritroveremo noi stessi e la forza che il
Signore, quotidianamente, non ci
farà mancare.
Giuseppe Platone
desiderio di realizzarsi nel senso
che sopra abbiamo tentato di
spiegare. Erano persone di valore e spesso circondate dalla simpatia di tutti. Nessun giudizio
su loro, poiché ciascuno è libero
di scegliere la propria via. Tuttavia, anche senza alcun giudizio
.sulle persone concrete, è lecito
domandarci se questo « realizzarsi » entra nell’economia dell’Evangelo o se per caso non fosse una distorsione di esso provocata dall’atmosfera sociale in cui
viviamo e della quale inconsciarnente siamo succubi. E domandiamoci Se questo volersi realizzare è un'aspirazione umana nel
senso adamitico piuttosto che
cristico.
Confronto col Cristo
Qui è lecito chiarirsi le idee
col solo confronto possibile, col
solo vero uomo, Gesù Cristo. Non
è forse vero che egli si realizzò,
cioè è stato veramente LUI, proprio nel non volere « realizzarsi »? Non è colui che si afferma,
ma che si abbassa. Non ha cercato il proprio, e tanto meno il
privato. Non aveva un luogo dove posare il capo, né un momento per se stesso. E' il servitore
che dà la sua vita per il mondo.
Il suo essere fra noi è stato sinteticamente espresso nel bellissimo canto antico, trascritto da
Paolo nella sua lettera ai Filippesi: Cristo essendo ad immagine di Dio non se ne inorgoglì...
ma annichilì se stesso, prendendo la forma di servo e divenendo simile agli uomini; ed essendo trovato neH’esteriore come
un uomo, abbassò se stesso facendosi obbediente fino alla croce... E Paolo conclude: « Ed è
perciò che Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato un
nome che è al di sopra d'ogni
nome...! ». Non premio per il suo
abbassamento, ma nuova dimensione della grandezza, quella dell’agape per cui si vive non per
se stessi, per realizzare la propria persona, ma si vive per gli
altri. Nell’economia dell’evangelo
la gloria è la croce, il successo
è l’insuccesso che in essa si manifesta. E’ necessario comprendere quanto tutto ciò sia connaturato coll’impegno cristiano, il
quale diviene tanto più vero
quanto meno siamo preoccupati
di noi stessi, della propria posizione, del proprio futuro. Anzi
paradossalmente possiamo dire
di esser chiamati a voler volontariamente sciupare la propria
vita, a giocarla a dadi se occorre!, senza ansietà o paura pur di
rendere una testimonianza vera
e soprattutto coerente al Regno
che viene! Non siamo forse chiamati a camminare per fede? La
affermazione della propria personalità ed il suo spirito di consei'vazione non son forse il contrario della fede? La via non è
forse quella che i fratelli di
Taizé chiamano « vivere l’oggi di
Dio »? Sì, la via è quella dell’agape di Cristo che ci libera dalla
paura perché ci libera da noi
stessi.
Ciò non è un discorso nuovo
perché fin dal principio è significato nel battesimo « morire a
se stessi per risorgere con Cristo ». E ciò è anche la nostra
sola vocazione.
Tullio Vinay
(1) BQZZE 80 — Gli operai non
sono più quelli - G. Girardi.
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23 gennaio 1981
CON IL QUESTIONARIO PUBBLICATO IN QUESTO NUMERO I PROTESTANTI NELLA STAMPA ITALIANA
Parte “Eco-Luce inchiesta” Scuole domenicali
Abbiamo già illustrato i motivi e le finalità dell’inchiesta tra
i lettori dell’Eco-Luce a cui diamo il via con questo numero.
Riassumiamoli qui in un rilievo
di carattere generale. Il Sinodo
1980 ha invitato la direzione del
giornale a presentare una « circostanziata documentazione dei risultati ottenuti ». L’atto si riferisce in particolare all’esperimento di ampliamento del giornale da 8 a 10 pagine, ma ci sembra che una valutazione per essere completa non possa limitarsi a questo aspetto ma debba investire il giornale nel suo complesso. « Eco-Luce inchiesta » è
quindi uno strumento indispensabile per la formulazione di
questa relazione. E per la programmazione futura. Al di là di
questa relazione infatti sta l’evoluzione del nostro giornale
che si trova in un periodo di
transizione, non solo per il passaggio da 8 a 10 pagine, ma anche per un progetto di rinnovamento grafico, di potenziamento
di alcuni settori, di ridistribuzione degli spazi. Anche se questi
problemi tecnici non emergono
ovviamente dal questionario, non
è pensabile che la programmazione futura a lungo termine si
faccia senza il confronto con
un’espressione qualificata dell’opinione dei lettori.
In che misura sarà qualificata? Si sa che ad un questionario
commerciale le risposte non superano il 10%. Vorranno i lettori dare una risposta ben più significativa? Sappiamo che in generale il giornale è letto da più
persone. Saranno disposti i lettori « di seconda o terza mano »
(altrettanto importanti quanto i
lettori che ricevono personalmente il giornale) a sobbarcarsi l’ulteriore impegno di procurarsi copie extra del questionario?
La risposta a queste domande
dipende dall’insieme dei lettori e
dalla loro valutazione dell’importanza di questa iniziativa che intende collegare la nostra vasta
dispersione in un’unica ideale assemblea valutativa dell’Eco-Luce.
Istruzioni per la compilazione
e inoltro del questionario sono
contenute nel questionario stesso. Ci limitiamo qui a ricordare
che il termine per la spedizione
o la consegna del questionario è
il 28 febbraio. C’è tempo, ma non
troppo. La cosa più sicura è
compilare il questionario immediatamente.
Pur senza consultarle, abbia
PARLAMENTO
Interpellanza
sull'Intesa
L’8 gennaio scorso i deputati
socialisti (Spini, Casalinuovo,
Seppia, RafFaelli, Sacconi, Covetta, Bassanini, Clicchitto) hanno
presentato una interpellanza al
governo per sollecitare la rapida
approvazione dell'Intesa con la
Chiesa valdese.
NeH’interpellanza i deputati osservano tra l’altro che « il testo
dell’Intesa è stato definito e firmato dalle commissioni rappresentanti le parti ben tre anni addietro... », che « nelle dichiarazioni programmatiche del governo
Forlani veniva ribadito l’impegno
a concludere la vicenda », e inoltre che « lo strumento dell’Intesa
è previsto dall’articolo 8 della
Costituzione... e che a più di trent’anni dalla sua entrata in vigore
nessuna intesa è stata stipulata
con alcuna delle minoranze religiose, mentre i rapporti di queste con lo Stato sono ancora regolati dalla legge sui culti ammessi del periodo fascista... ».
• Hanno collaborato a questo
numero: Edi Marini, Valdo Benecchi, Thierry Benotmane, Marco Borno, MarieFrance Coìsson, Franco Davite. Agostino Garufì, Antonio
Kovacs, Adriano Bongo, Luigi Marchetti, Teofilo Bons,
Franco Taglierò.
mo indicato le chiese valdesi e
metodiste come centrali di raccolta dei questionari compilati. Ci
rendiamo conto di essere in questo un po’ usciti dalle nostre
competenze. Se lo abbiamo fatto
è perché consideriamo il sottotitolo della testata. « giornale delle
chiese valdesi e metodiste », come qualcosa di reale e non solo
formale. Ringraziamo perciò fin
d’ora le chiese per l’impegno che
vorranno assumersi per il loro
giornale con la promozione e poi
la raccolta e l’inoltro delle risposte.
Un’ultima precisazione: il questionario è anonimo. Chi tuttavia fosse disponibile per creare
un « gruppo di lettura » disseminato su tutto il territorio in vista di ulteriori consultazioni è
invitato a indicare nome cognome e indirizzo sul proprio questionario.
Ed ora, a tutti buon lavoro!
ALLE CHIESE
Intesa e area rioplatense
stiamo preparando un numero speciale dell’Eco-Luce
dedicato ai due argomenti
centrali che caratterizzeranno il 17 febbraio; l’Intesa tra
la Repubblica italiana e le
Chiese valdesi e metodiste e
le Chiese valdesi della regione rioplatense.
Sull’Intesa il numero comprenderà un articolo illustrativo di Giorgio Spini, una meditazione biblica e una cronistoria dei rapporti tra evangelici e governi italiani per
ciò che riguarda le intese.
Chiediamo inoltre a tutte
le chiese che stanno preparando manifestazioni per la settimana 14-22 febbraio di mandare (o telefonare) programmi e ogni notizia utile al riguardo, in modo che questo
numero possa contenere una
panoramica delle iniziative.
Tali notizie devono arrivare
in redazione non oltre il 31
gennaio.
Sulle Chiese della regione
rioplatense il numero comprenderà una pagina curata
da Thomas e Maria Soggin.
Il numero è pensato in particolare per l’esterno e vuole
essere uno strumento di diffusione del pensiero evangelico
in vista delle manifestazioni.
Chi desidera riceverne copie
extra è pregato di ordinarle
per telefono (011/655.278) per
un inoltro immediato specificando se a mezzo posta o corriere.
Il numero porterà la data
del 6 febbraio e sarà disponibile per la spedizione il 4 febbraio.
La Stampa del 5 dicembre ricorda, con un articolo di L. Purno (che richiama tra l’altro questo settimanale) origini e situazione attuale delle nostre Scuole
Domenicali, di cui ricorre il duecentesimo anniversario, sottolineando la differenza tra « evangelizzazione dei bambini » come
perseguita dalle iniziative metodiste e poi genericamente protestanti, e 1’« apprendimento a memoria di domande e risposte »,
proprio del catechismo di Pio X,
che solo ora si comincia a correggere.
Unico neo, la strana affermazione che le classi delle nostre
scuole domenicali sarebbero divise per sessi! Ma a quanto ha
comunicato lo stesso Fumo al
nostro giornale, si è trattato di
una svista redazionale.
Hs * *
La ripresa dei contatti tra Inghilterra e Irlanda per il problema dell’Ulster dà occasione alla
stampa (Corriere del 15 e Stampa del 3 die.) per ricordare la
differenza religiosa, che, se non è
certo la causa più importante del
dramma ancora in corso, fa da
sottofondo alla vicenda ulsteria
Fra le cronache del terremoto,
almeno tre giornali. Gazzettino e
Stampa del 10 e L’Occhio del 4
die. (questi attraverso l’ospitalità data ad una lettera di G. L.
Giudici) segnalano per la sua immediatezza e la sua efficienza l’opera dell’Esercito della Salvezza.
m * *
Sul Giorno del 13 die. mons.
Sartori, prendendo spunto dagli
aspetti ecumenici del viaggio in
Germania del papa, cerca di tratteggiare la figura di un futuro
pontefice che non sia « un papa
confessionale, un papa che divide », ma piuttosto « un papa ecumenico, un papa che unisce ». Il
che presuppone, ci pare, un lungo cammino da fare, se si deve
partire dalle posizioni assunte da
papa Wojtyla.
* * *
La Difesa del Popolo di Padova
del 14 die. pubblica una intervista con Carlo Grandi della Comunità di Taizè, attualmente a Roma per preparare l’incontro europeo dei giovani che la Comunità sta organizzando in quella città. Nella riaffermazione dello spirito ecumenico di Taizè appare
accentuata la componente cattolica, aggregatasi all’origine protestante dopo il Concilio Vaticano II, con la riaffermazione che
a Taizè « si vede nel papa l’unica
persona, il fondamento, la pietra sulla quale si può costruire
l’unità ». Vedi conclusione del
parap'rafo precedente.
* * *
Su Gente Veneta del 6 die. Nicola Sfredda rievoca l’insegnamento ricavato dall’ultimo Convegno Ecumenico della Mendola,
consistente soprattutto nella necessità di sentirsi in comunione
con gli altri fratelli, che lo Sfredda realizza nel dover essere « comunità liturgica».
* * *
Nel suo programma regionale
il Terzo Canale TV ha iniziato
una rubrica sulle minoranze religiose in Lombardia, dedicando
una mezz’ora alla rievocazione
del « sacro macello » valtellìnese
e ad interventi e servizi su valdesi, battisti e metodisti di Milano.
* ♦ #
Il problema del battesimo è_ all’esame delle nostre Comunità,
come da decisioni del Sinodo
Può interessare quanto scrive A
C. Jemolo sulla Stampa del 7 die
commentando le decisioni al riguardo dell’ultimo Sinodo dei
Vescovi.
Niso De Michelis
Segnalazioni e ritagli per questa rubrica vanno inviati direttamente al curatore: Niso De Michelis, via S. Marco 23, 20121 Milano.
DALLE CHIESE
FCEI: terza fase degli aiuti ai terremotati
E’ ormai in atto, informa il
Notiziario Evangelico (Rete Radio 1 ore 7,45 di domenica 18
gennaio), anche la terza fase del
piano di intervento elaborato
dalla Federazione delle Chiese
evangeliche in Italia per i soccorsi alle vittime del terremoto
nel meridione. Superato il momento degli aiuti d’emergenza,
si tratta ora di garantire supporto e continuità ai gruppi di intervento e finanziamento per i
progetti di ricostruzione a più
lunga scadenza elaborati in accordo con le autorità locali. Il
piano prevede l’istallazione di
numerosi edifici prefabbricati
per abitazione, per centri di aggregazione sociale e per la ripresa delle attività produttive. Significativa è stata la risposta
delle Chiese evangeliche di tutto
il mondo all’appello per la ricostruzione. Oltre 60 i milioni raccolti finora dalle comunità evangeliche italiane. Le somme raccolte per consolidare e avviare
il progetto di istallazione dei
prefabbricati possono essere versate sul c.c.p. 21219506 intestato
alla Federazione delle Chiese
evangeliche, via Firenze 38, Roma.
Manifestazione
in piazza
TORINO — Per incarico del
Concistoro valdese una commissione sta organizzando una manifestazione sul tema dell’intesa
che avrà luogo sabato 14 febbraio
ore 15 in piazza Carlgnano con
interventi da parte di due personalità cittadine e del moderatore
Giorgio Bouchard. La manifestazione, che ha già incontrato interesse sia alle Valli valdesi che
tra i Battisti del Piemonte, sarà
preparata a mezzo di comunicati
e conferenza stampa, interventi
in radio e televisioni locali e volantinaggio.
• Domenica 18 gennaio, nel
corso del culto della Chiesa valdese a C.SO Oddone, è stato benedetto il matrimonio di Giulia
D’Ursi, per diversi anni monitri ce della locale scuola domenicale, e Claudio Pasquet, candidato in teolopa in procinto di finire il servizio militare e riprendere il suo lavoro a Cinisello.
Una larga e attiva partecipazione ha testimoniato la gioia e l’affetto della comunità insieme a
parenti e amici.
• Venerdìi 23 alle ore 20.30 nel
teatro dell’Istituto San Luigi in
via Ormea 4 il «gruppo del sabato » di Torino presenta « Sta
scritto » (storia di Ruhama).
Questo lavoro costituisce il frutto del lavoro biblico di un anno
svolto in preparazione del campo cadetti di Agape « Gesù, un
uomo, un fatto, un mito?» dell’estate scorsa. Dopo lo spettacolo seguirà un dibattito.
• Domenica 25 alle ore 14.30
nei locali di via Pio V il « gruppo missione » della Chiesa valdese organizza un incontro dedicacato alla CEvAA con la partecipazione del pastore Franco Davite (membro del Consiglio della
CEvAA), proiezione di diapositive, partecipazione di studenti
africani attualmente a Torino
per un periodo di studio al BIT.
cipare attivamente alla vita della chiesa, il gruppo continuerà a
riflettere insieme sul significato
della fede e nella ricerca biblica.
Per i confermati « la confermazione è la risposta pubblica alla
chiamata di Cristo che ci ha raggiunti mediante la predicazione
delI’Evangelo. (...) e una libera
scelta... di vivere nella chiesa...
che impegna in primo luogo la
responsabilità del singolo (...).
Confermazione significa entrare a fare la chiesa insieme... avere compiti precisi, dare un contributo, ... esserne coinvolti interamente.
Crediamo che tutti coloro che
fanno la chiesa sono sullo stesso piano e che sono chiamati allo stesso compito di testimonianza dell’Evangelo.
La nostra confermazione di oggi non è un punto di partenza
né tantomeno un punto di arrivo, ma piuttosto un momento
della nostra vita di credenti ».
Professione
di fede
MILANO — Domenica 14 dicembre la chiesa metodista ha
avuto l’opportunità di ascciltare
la professione di fede di cinque
dei suoi catecumeni.
Nella professione di fede, che
è stata seguita dal battesimo o
dalla confermazione, i giovani affermano che anche se una parte
del grupo di catechismo non ha
inteso prendere la decisione di
diventare protestanti e di parte
Contro
il terrorismo
VENEZIA - La chiesa valdese
e metodista, riflettendo sul rapi
mento del giudice D’Urso e sul
più generale problema del terrorismo in Italia ha diflu.so un
comunicato stampa, nel quale
tra l’altro si afferma;
« ...in relazione al fenomeno del
terrorismo che si sta verificando
nel nostro Paese con sempre
maggior gravità — nella consapevolezza delle cause che lo determinano e nel riconoscimento della propria parte di responsabilità
per non aver dato adeguatamente il proprio contributo di testimonianza cristiana per un’equa
soluzione dei gravi problemi che
travagliano il nostro popolo —
fa vivo appello a coloro che tengono prigioniero il giudice D’Urso e alle autorità perché sia ri
sparmiata questa vita umana, ricordando che nessuno ha il diritto di sopprimere per nessuna ragione questo bene fondamentale
dell’uomo, che non è con l’ingiustizia di tali atti inumani che
si può stabilire la giustizia e che
è assolutamente necessario ed urgente un radicale cambiamento
della mente, del cuore e della vita di tutti, e a tutti i livelli, perché si possa costruire su basi
nuove e sane una società più
umana e più equa ».
Riapre la
Casa Valdese
VALLECROSIA - Il 15 gennaio
si è riaperta la casa valdese dopo un periodo di chiusura dovuto a una serie di lavori di manutenzione e di ristrutturazione.
Sono giunti così i nuovi ospiti: tutte persone anziane provenienti dal centro-nord Italia e
che vengono a passare alcune
settimane al clima più mite della riviera ligure.
Con la riapertura della Casa
sono anche ripresi gli studi biblici sul libro dell’Esodo.
Protestantesimo
in TV
Lunedì 16 febbraio
ore 22.45 ca. — Rete 2
La trasmissione sarà dedicata a un dibattito sulla
LIBERTA’ RELIGIOSA
IN ITALIA
La trasmissione prevista
per il 2 febbraio sarà soppressa per decisione della
Rete.
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23 gennaio 1981
25 GENNAIO: DOMENICA DELLA COMUNITÀ’ EVANGELICA DI AZIONE APOSTOLICA
Testimoniare in Africa
Laura Nisbet è stata inviata dalla Chiesa di Torre Pellice nel
Gabon, dopo un periodo di formazione alla « Société des Missions
Evangéliques de Paris » nel 1961.
In questo paese, essa lavorò fino al 1970, come insegnante nelle
scuole della Chiesa Evangelica.
Nel 1972 essa fu chiamata dalla Chiesa Unita dello Zambia dove insegnò il francese e si occupò della formazione di monitori della
Scuola Domenicale.
Nel 1979, ormai sostituita da un insegnante zambiano. Laura
Nisbet rispose ad un appello della Chiesa Evangelica del Lesotho
dove insegna ad alunni della Scuola Medio-Liceale di Thabeng, della
Scuola Biblica e della Tipografia di Morija.
Attualmente per un breve soggiorno alle Valli, le abbiamo rivolto alcune domande.
— Non succede tutti i giorni di
trovare una nazione africana in
cui tutta la popolazione si dichiara cristiana. Come può essere
successo?
— Da una parte il Lesotho è
stata una delle prime regioni
africane ad essere evangelizzata
da una chiesa protestante. Il pastore Casalis vi si era recato nel
1823 e successivamente la Missione di Parigi vi ha attivamente lavorato, anche con la presenza
di valdesi italiani. D’altra parte
il fatto che i primi missionari
siano stati invitati da re Moshoeshoe I ha facilitato la penetrazione delTEvangelo fra il popolo.
— Si trattava alTinizio di una
monarchia. Dopo tutte le traversie politiche determinate dall’occupazione coloniale inglese, come è oggi organizzato lo Stato?
— È di nuovo una monarchia
retta da Moshoeshoe II che, come la regina di Inghilterra, regna ma non governa. Il governo
è eletto in seguito a votazioni popolari, ma nei confronti della
Repubblica Sudafricana, ha pressappoco l’autonomia politica che
può avere la Repubblica di S.
Marino o il Principato di Monaco, anzi nettamente di meno ancora. Il governo è quindi piuttosto l’espressione del partito al
potere, sostenuto dal Sud Africa, e che da 10 anni si regge
avendo sospeso i diritti costituzionali.
— Le chiese Evangeliehe nel
mondo non godono la fama dì
appoggiare senza riserve e critiche situazioni politiche di questo genere. Può dirci quale è l’atteggiamento della Chiesa evangelica in Lesotho?
— La Chiesa evangelica del
Lesotho e le altre chiese protestanti del Paese si sono fortemente espresse contro la politica del
governo ed i disordini scoppiati
quando nel 1970 il Partito ha dichiarato lo stato di emergenza.
La chiesa ha organizzato una
grande riunione all’aperto e letto pubblicamente una dichiarazione. Oggi costituisce pratica
CEvAA: inviati non
più a senso unico
Uno dei punti per i quali la
Cevaa differisce più fortemente
da una tradizionale Società Missionaria è la questione degli inviati da una chiesa all'altra.
Non solo perché questo invio
non va più a senso unico dall’Europa verso il cosiddetto Terzo Mondo, ma sempre di più in
tutti i sensi secondo lo slogan
cevaatico « de partout vers partout ». Infatti è sempre più necessario, per ragioni culturali e
politiche, che gli Africani pensino all’Africa e succede sempre
più spesso che i posti pastorali
necessari in chiese africane, soprattutto piccole minoranze protestanti in Paesi musulmani, sono coperti da membri di altre
chiese evangeliche africane. Non
solo ma avviene ormai con una
certa regolarità che colleghi africani, malgasci o polinesiani si
occupino di parrocchie e di attività nelle chiese europee come
« missionari » delle loro chiese in
mezzo a noi. (Quando un fratello africano lavorerà anche nella
nostra chiesa valdese? C’è il problema della lingua, ma non è insuperabile).
A dire il vero il termine « missionario » non è più usato in ambienti Cevaa. Non perché ci faccia senso che « missionari » africani siano mandati dalle loro
chiese nelle nostre; ma perché il
rapporto fra le chiese ed i collaboratori reperiti dalla Cevaa è
radicalmente cambiato.
La società di missione cercava
i suoi collaboratoi'i nelle varie
chiese, ma, in un certo modo, li
toglieva alle chiese e li assumeva
essa stessa. Il missionario valdese in Zambia od in Camerún non
era mandato dalla chiesa valdese, ma dalla società missionaria
di cui diventava un dipendente.
Vi è stato un tempo in cui il pastore-missionario era cancellato
dagli elenchi pastorali della sua
chiesa di origine. Non vi era dunque un rapporto diretto fra la
chiesa di origine e quella che riceveva il missionario. Se le informazioni giungevano, questo
avveniva per mezzo di contatti
personali fra il missionario e la
sua parrocchia di origine, i gruppi di appoggio che erano sorti in
essa e così via.
Questo tipo di organiz.zazione
aveva alcuni vantaggi praticoorganizzativi, ma la società di
missione diventava una specie di
superchiesa o una attività accanto alla chiesa.
Questo stato di cose è terminato con la Cevaa. Questa organizzazione è una struttura molto
leggera che non assume se non
le 5 o 6 persone necessarie al
funzionamento del suo ufficio
amministrativo e del segretariato teologico. Il compito della
Cevaa è quello di mettere in contatto le chiese fra di loro per facilitare l’informazione reciproca
e lo scambio del personale necessario.
Se un valdese va in Gabon od
in Polinesia è la chiesa valdese
che lo « presta » all’altra. Egli va
come inviato della sua chiesa di
origine la quale si occupa di lui
durante i periodi di vacanza in
Italia e quando ritornerà definitivamente dal suo lavoro oltremare. La chiesa del Gabon o della Polinesia lo assume (come i
suoi dipendenti autoctoni) per
tutto il periodo che trascorrerà
nel suo seno. Le due chiese dovranno collaborare insieme non
solo per risolvere i vari problemi organizzativi e assicurativi
(pensione etc.) ma anche perché
questa persona incarni veramente la presenza fraterna di una
chiesa nell’altra. Inoltre l'inviato
quando ritornerà per lavorare o
essere pensionato nella sua chiesa di origine ritroverà una chiesa che Tha seguito direttamente
durante tutta la sua vita ed i non
facili problemi del riadattamento nella vecchia patria saranno
semplificati assai.
La Cevaa, per conto suo, si fa
garante del buon funzionamento
di questo nuovo meccanismo ed
interviene, in caso necessario,
per finanziare, in tutto od in parte, la permanenza dell’inviato
nella nuova chiesa in cui lavora.
La mia esperienza in diverse
chiese Cevaa non europee mi ha
fatto conoscere quanta attesa ci
sia di ricevere la collaborazione
da parte di fratelli e sorelle della chiesa Valdese. Finora nessuno è partito da quando la Cevaa
è nata. Chi vuol fare il primo?
F. D.
(Informazioni sulle richieste di
collaborazione da parte di chiese
Cevaa nel Terzo Mondo possono
essere richieste a: past. Franco
Davite - 10060 San Secondo di
Pinerolo (To) - tei. 0121/50 01 32).
mente l’opposizione non violenta
al governo.
— Questo atteggiamento di
critica ha avuto conseguenze nell’atteggiamento dello Stato nei
confronti delle Chiese?
— Certamente, e non si sono
fatte attendere. Subito dopo la
presa di posizione delle chiese vi
è stata una forte ondata di repressioni con incendi, imprigionamenti, licenziamenti a carico
di persone impegnate nella chiesa. In questi ultimi mesi (dopo
qualche anno di relativa calma)
si ha l’impressione che cominci
una nuova ondata di repressioni. Ho già parlato, su questo
stesso eiornale, dell’incendio doloso della scuola di Morija in
cui insegno e che è andata distrutta con i dormitori che ospitavano la maggioranza dei 400
alunni. Ma vi è pure stata una
violenta campagna contro i pastori con volantini stampati affissi ai muri e fatti trovare nelle
strade di varie città. Il fatto che
questi volantini fossero stampati e non solo ciclostilati fa pensare ad una organizzazione potente all’origine di questi fatti.
La stessa radio governativa si è
associata a questa campagna denigratoria, un pastore, membro
del Consiglio Sinodale e direttore di una scuola è stato arrestato con l’imputazione di appoggio a bande armate. È poi stato
assolto, ma dopo alcuni mesi di
detenzione dura. I direttori delle
scuole ricevono lettere minatorie
e vari attentati sono stati organizzati contro la'tipografia (attentato fortunatamente fallito) e
contro medici e un pastore anglicano, resonsabile del Movimento Cristiano Studenti che si occupa degli emigrati. Questo ha
perso una mano nell’attentato ed
è stato in seguito espulso dal
Paese.
Questa è la situazione che ho
lasciato qualche settimana or sono e che ritroverò fra pochi giorni. La Chiesa Evangelica affronta con serenità e fiducia nel Signore questa nuova ondata di
prove e chiede l’appoggio delle
vostre preghiere.
Intervista a cura di F. Davite
Lo scuola di Morija recentemente devastata da un incendio doloso.
SCHEDA
Lesotho Madagascar
stato indipendente situato
sulle montagne in niena Repubblica Sudafricana. È un
po’ più grande del Piemonte.
La popolazione di circa I
milione di abitanti si dichiara metà protestante e metà
cattolica, anche se i membri
iscritti nelle diverse chiese
rappresentano solo una percentuale di tutta la popolazione. La Chiesa Evangelica
del Lesotho, membro della
CEvAA, conta oltre 75.000
membri comunicanti, 55 pastori, 100 evangelisti diplomati, 300 non diplomati, 1.500 insegnanti.
Per la preparazione alla testimonianza ed al servizio cristiano dispone di: 1 scuola pastorale, 1 scuola biblica, 1
scuola professionale, 1 centro
di formazione per laici. Per
la formazione di pastori laureati c’è una Facoltà teologica nella Università di Stato.
Grande isola dell’Oceano Indiano ad Est dell’Africa Australe. È un po’ più grande
della Francia. Su circa 7 milioni di abitanti i protestanti
sono circa 1 milione, altrettanti i cattolici. La Chiesa di
Gesù Cristo nel Madagascar,
membro della CEvAA, è formata dall’unione di diverse
chiese nate dalla testimonianza di missioni europee ed ha
875.000 membri comunicanti,
981 pastori-evangelisti, 1.373
insegnanti in scuole primarie
e secondarie.
Per la preparazione alla testimonianza ed al servizio cristiano dispone di 1 collegio
teologico, 2 scuole pastorali,
2 scuole magistrali, 1 scuola
professionale, numerose scuole bibliche nei 76 distretti di
cui si compone la chiesa. È in
progetto la creazione di una
facoltà di teologia e di corsi
per la formazione dei laici.
Due chiese^dallo stile biblico
Le Chiese del Terzo Mondo, in
particolare quelle africane, devono attualmente affrontare molti e gravi problemi che neppure
le nostre chiese europee hanno
saputo risolvere in modo completo e convincente. Penso al
problema dell’identità specifica
di ogni chiesa in quanto chiesa
cristiana, al suo rapporto con la
nazione in cui vive, ai suoi rapporti con determinate altre chiese locali o di altri continenti.
Cerchiamo di vedere come due
chiese entrambe nate dal lavoro
della Società di Parigi anche se
sensibilmente diverse non soltanto per la loro posizione geografica, hanno cercato di affrontare questi problemi. L’una, la
Chiesa di Gesù Cristo nel Madagascar, ha preso posizione nei
confronti dello Stato e della propria vocazione specifica in comune con altre tre chiese dell’isola;
l’altra, la Chiesa Evangelica del
Lesotho, ha dovuto invece farlo
da sola, in un clima particolarmente ostile e tra accuse difficili
da controbattere perché fatte in
modo assai subdolo, sfruttando
anche la radio nazionale.
Nessuno
al di sopra di Cristo
La prima cosa che si^ afferma
chiaramente più volte è che la
Chiesa si deve a Cristo prima
che a chiunque altro. « Cristo è
la via la verità e la vita ed è lui,
al di .sopra di ogni altro, che la
Chiesa riconosce ».
« Riconosciamo che la Chiesa
ha il dovere di incoraggiare i
cristiani ad impegnarsi in ogni
attività tendente alTedificazione
di una comunità umana più giusta e fondata sull’amore reciproco, e fra queste attività vi sono
&
anche gli affari pubblici. A questo proposito sottolineiamo fortemente che non spetta alla Chiesa, ma che anzi ciò contrasta col
suo spirito di scegliere o di appoggiare questo o quel partito
politico. La comunità cristiana
è il luogo dove si preparano tutti i credenti, che essi facciano
parte o meno di un raggruppamento politico » (Chiese del Madagascar [1]). «Non abbiamo né
l’intenzione, né il desiderio di
servirci della nostra Chiesa per
scopi politici. Non abbiamo né
il desiderio né l’intenzione di elaborare nella Chiesa un programma politico. Non è questo il compito al quale siamo stati chiamati in quanto Chiesa. Ciò che desideriamo semplicemente, e vogliamo affermarlo con forza, è
di vedere l’Evangelo vissuto nella
sua totalità. (...) Non possiamo
tacere là dove delle forze lavorano alla distruzione della Chiesa
di Gesù Cristo. La missione che
Gesù Cristo ci affida ci impegna
talmente che ripetiamo arditamente con gli apostoli: « Non potete impedirci di parlare di Gesù
Cristo. Non possiamo permetterci di tacere su ciò che abbiamo visto ed udito » (Chiesa del
Lesotho).
La Chiesa e la Nazione
Riconosciuto allo Stato il posto di servizio che il Signore gli
assegna (Rom. 13, I Tim.), si afferma: « La Chiesa è in seno alla
nazione ed ha dei doveri verso
di essa. La Chiesa è un inviato
che ha un compito da svolgere
e non un nemico che cerca di
fare opposizione; perciò essa deve essere ascoltata con affetto anche quando pronuncia delle parole dure » (Mad.). Di fronte ad attacchi portati contro la chiesa in
generale e contro il suo giornale
« Leselinyana » la Chiesa del Lesotho parla chiaramente: « il governo, attraverso i suoi rappresentanti o i mezzi di informazione, ha adottato un atteggiamento ostile nei confronti della
nostra Chiesa; sentiamo che dobbiamo reagire con molta forza,
perché vediamo in questo la volontà deliberata non soltanto di
dare un’immagine falsa della nostra Chiesa, ma anche di screditarla di fronte a tutta la nazione ».
Cosa fare?
Le chiese del Madagascar scrivono: « Se si esaminano le cose
si può dire che, pur essendo formulati in modi diversi, lo scopo
per cui Cristo ha fondato la Chiesa e gli obiettivi attuali della nazione malgascia sono spesso concordanti.
Lo scopo ricercato è quello di
costruire uno stile di vita nuovo
in cui regni la pace e di fare del
malgascio un uomo nuovo ».
« Desideriamo ricordare a tutto
il popolo di Dio, ai membri della
Chiesa Evangelica del Lesotho
e delle Chiese associate, in Lesotho e al di fuori del paese, al
governo del Lesotho ed al pul>
blico in genere, i] legame che ci
unisce in Cristo e la nostra comune necessità di mantenere tra
di noi l’unità insegnata dal nostro Signore e Salvatore Gesù
Cristo. Ciò è per il bene di tutti;
ed è il messaggio delTEvangelo
che dobbiamo proclamare nel
nostro tempo, confessando anche i peccati che ci dividono anziché unirci e liberarci ».
E si prosegue sottolineando l’apporto positivo della tradizione
riformata per tutta la società.
Giovanni Conte
(continua a pag. 8)
4
23 gennaio 1981
A PROPOSITO DELLA PRESENZA EVANGELICA IN ITALIA
Sviluppare
r«area protestante»
Credo che il discorso sull’« Area protestante » — aperto dal
Moderatore e sviluppato da Giorgio Tourn — non debba assolutamente essere lasciato cadere,
ma meriti un serio approfondimento. Ad esso risulta infatti
connesso il discorso generale sull’evangelizzazione (che viene ulteriormente messo a fuoco, con
la precisazione di alcuni contenuti) e perfino il problema stesso della nostra identità protestante.
Il tema è vastissimo e multiforme; qui mi limiterò a fare un
inventario ragionato di argomenti, che a mio giudizio sono inerenti ad esso, direttamente o indirettamente.
1) Ogni volta che affrontiamo questi temi, si manifesta prima o poi un dissidio di fondo,
potremmo dire una schizofrenia,
tra chi parla di testimonianza
(che dobbiamo dare in ogni caso, come nostro dovere di credenti, senza preoccuparci dei risultati: a questi penserà lo Spirito, nella sua assoluta libertà) e
chi parla di proselitismo (che è
in un certo senso l’espressione
« storica » della testimonianza).
In questa sede io vorrei riferirmi al proselitismo.
stantesimo italiano ha progredito. Ma sono andati avanti i
« fondamentalisti », mentre le
Chiese «storiche» sembrano quasi ferme. Che avesse ragione Giuseppe Gangale, quando preconizzava per queste ultime una inarrestabile eclisse? E, in ogni caso,
quali ne sarebbero le cause? Un
appunto che possiamo rivolgere
a noi stessi è che forse siamo
troppo « intellettuali ».
La nostra presenza è discreta,
colta, garbata, elegante, autocritica (a volte anche autoironica);
ci vergognamo di fare, come altri, il duro lavoro del proselitismo. In questo senso siamo forse decadenti, « alessandrini ».
Le grandi forze della storia,
compreso il protestantesimo,
quando si trovano nella fase di
ascesa (lo « stato nascente », direbbe il sociologo Alberoni) sono
sempre caratterizzate da una certa dose di fanatismo, di aggressività.
Ora io non mi sentirei di raccomandare a nessuno fanatismo
e aggressività: ma una certa tensione, una certa passione sì (e
perfino quell’intimo convincimento, a volte nemmeno confessato,
di «avere ragione»).
4) Tutto sommato non mi
sembra che fino ad ora il protestantesimo italiano sia stato capace di esprimere una propria
« politica » e di portarla avanti;
ha quasi sempre giocato di contropiede rispondendo alTiniziativa di altri (ciò vale nei rapporti
ecumenici con la Chiesa cattolica), oppure ponendosi in posizione subalterna, gregaria (ciò
vale per certe esperienze passate, nei confronti di forze emergenti, come il marxismo o il movimento sessantottista).
Scelta di vita
5) Per quanto riguarda i problemi aperti dalT«area protestante », che possiamo anche chiamare « protestantesimo diffuso »,
occorre fare anzitutto una premessa; dare la propria adesione
ad una Chiesa protestante è enormemente più impegnativo, coinvolgente, gravoso, perfino « costoso » che non darla alla Chiesa
cattolica. In fondo si può essere
buon cattolico limitandosi ad andare a messa la domenica. Essere protestante, almeno in Italia,
significa invece una dura militanza; non solo una adesione idea
le, ma una vera vocazione, una
« scelta di vita ».
È come, volendo istituire un
paragone con la Chiesa romana,
entrare a far parte dell’« Azione
Cattolica » o di « Comunione e
Liberazione ».
Ben comprensibile è dunque
che numerose e anche profonde
simpatie non arrivino a tradursi
in adesione alle nostre comunità.
A ciò si aggiunga che mentre per
i cattolici non andare al culto
domenicale è « peccato », per i
protestanti non lo è.
In un contesto così « aperto »
anche per noi — dunque — mi
sembra che un obiettivo di « pro
testantesimo diffuso » possa essere più che apprezzabile.
Non è necessariamente detto
che quello che si guadagna in
estensione si perda in profondità: perché sviluppare 1’« area
protestante » non significa trascurare la comunità tradizionale,
bensì darsi un compito in più.
E perché in definitiva è assai più
facile lavorare in profondità in
un ambiente favorevole, simpatizzante, parzialmente preparato,
piuttosto che in un altro ostile,
ignorante e pieno di pregiudizi.
Aurelio Penna
RADIO E TELEVISIONE
Angelica
È iniziato venerdì 2 gennaio
sulla rete I, alle 21.30 un nuovo
romanzo a puntate: « Angelica
marchesa degli Angeli », interpretato da Michèle Mercier e Robert Hossein, e destinato a protrarsi per cinque settimane. Questi film, girati negli anni ’60, sono tratti dai famosi romanzi dei
coniugi Anne e Serge Golon, che
hanno fatto della spumeggiante
Angelica la protagonista di ben
12 volumi, accolti con vero interesse dal pubblico; si calcola che
ne siano state vendute più di ottanta milioni di copie. I motivi di
tanto successo? Innanzitutto non
ci troviamo davanti al solito romanzetto d’amore: i libri dei coniugi Golon (editr. Garzanti)
hanno un preciso sfondo storico
Quattro gatti?
2) Uno dei problemi che pare
angustiare molti è quello dei risultati finora conseguiti. Come
valutare la diffusione del protestantesimo in Italia? Siamo andati avanti o no?
Lo scontro con una serie di difficoltà reali sembra aver prodotto in parecchi una sorta di frustrazione, che confina con l’autocommiserazione masochistica
(«siamo quattro gatti»).
Senza cadere in facilonerie
trionfalistiche, mi pare che la
diffusione del protestantesimo
nell’Italia contemporanea, iniziata concretamente circa un secolo
fa, abbia dato risultati, e anche
assai apprezzabili.
Si calcola che alla fine del primo secolo della nostra era la diffusione del cristianesimo in tutto l’Impero romano avesse raggiunto circa le 300.000 unità. Più
o meno la stessa cifra che alcune stime danno circa l’estensione del protestantesimo italiano
(ma altre valutazioni indicano
valori assai maggiori, soprattutto se si parla non di membri di
chiesa, ma di « area protestante »).
Questi risultati sono stati ottenuti in condizioni storiche obiettivamente difficili, caratterizzate
da fenomeni quali: l’emigrazione
di massa e la forte mobilità interna (che hanno scardinato le
fragili strutture faticosamente
costruite), vent’anni di persecuzioni fasciste, vent’anni di ostruzionismo democristiano, la completa secolarizzazione della società (che incide così pesantemente
anche nei confronti della Chiesa
cattolica).
3) Nonostante tutto, il prote
UNA RICERCA DA CUI E’ SCATURITO IL SONDAGGIO IFOP
Una minoranza significativa
Il grosso volume di J. P. Richardot si legge tutto d’un fiato.
L’autore è giornalista ed il suo
stile è avvincente. Si è specializzato nello studio delle minoranze ed ha cercato di far comprendere che cos’è il protestantesimo
fin da quando ha pubblicato il
suo libro sul teatro sacro delle
Cevenne. Nella presente pubblicazione, allude anche alla recente inchiesta della I.F.O.P. di cui
si parla in questo numero dell’Eco-Luce. L’autore ha intervistato molte persone per conto
suo, durante un anno intero, e
si è sentito rispondere che i protestanti sarebbero anche 5 o 10
milioni. Anche se ci sono delle
regioni ove esso è molto diffuso,
si tratta pur sempre di una minoranza che non raggiunge il
milione! « Si può discutere di
tutto con loro, dice uno degli intervistati, di cose concrete. Parlano di quello che sanno. E’ un
mondo vasto, il loro. Quando
parlate con un pastore di problemi familiari, di donne e di bambini, capisce. I cattolici sono
troppo trattenuti da principi che
non corrispondono più alla vita
odierna ».
Un collegio
tra le montagne
Christian Mazel, che fu pastore a Chambon sur Lignon dopo
la seconda guerra mondiale, ci
NOVITÀ’
CYRIL DAVEY
« AGGIUNGI DUE POSTI A TAVOLA! »
« Casa Materna », un’avventura sociale e di fede
tra i bambini di Napoli (The Santi Story)
pp. 256, 26 ill.ni, L. 6.900
Un « romanzo vero » — scritto da un pastore-giornalista
inglese — che è diventato un best-seller internazionale
(sei edizioni in molte lingue e varie ristampe).
Il libro ha inizio ai primi del secolo e racconta vivacemente l’eccezionale avventura di servizio a favore dei minimi che ha coinvolto l’intera famiglia metodista Santi,
fino ai nostri giorni. È la storia di un amore troppo grande p>er essere rinchiuso in una cerchia familiare o ecclesiastica.
- Un libro « positivo » — raccomandabile in particolare per
giovani — che è anche uno spaccato della nostra storia
di quest’ultimo secolo nel meridione.
CLAUDIANA
Via Pr. Tommaso 1
c.c.p. 20780102
10125 TORINO
presenta quel villaggio che ha
un passato « ardente e biblico ».
Su certi stipiti delle porte c’è un
versetto biblico. Si celebra regolarmente il culto di famiglia. C’è
in tutte le case un calendario
delle chiese Riformate. Malgrado il freddo, il culto in chiesa
è frequentato. C’è la coscienza
di essere veramente un popolo.
Eppure questo villaggio era _ in
via di spopolamento, ma si è improvvisamente aperto sul mondo
e si è orientato verso l’avvenire.
Un giorno giunse una coppia
pastorale che non mancava certo
di fantasia; André e Magda Trocmé. Si erano incontrati negli Stati Uniti e la signora era al tempo stesso italiana e russa. Essa
stessa racconta come ha avuto
l’idea di fondare un Collegio lassù sulle montagne. Conosceva
bene le Valli Valdesi e specialmente Torre Pellice, cittadina in
cui c’è un Collegio. Comunicò
quell’idea a suo marito che ne fu
entusiasta: quello che fanno i
valdesi, con successo, perché non
potrebbero farlo anche loro? ma
dove prendere i professori e gli
allievi? Si consultarono dei competenti che dissero che era una
pazzia!
Nonostante questo, il Collegio
fu fondato nel 1938 con quattro
professori, di cui tre senza stipendio, e quindici studenti. Poi
venne la guerra e lo sfollamento
e nel 1939 il Collegio ha già quaranta alunni. Nel 1943 gli studenti sono 350.
Si insegnava in locali di fortuna in vari punti del paese. Per
un certo tempo l’insegnante di
italiano impartiva il suo sapere
in un bagno. Un giorno un viaggiatore chiese al capostazione
dove era la sede del Collegio e
questi fece un gesto vago dicendo: il Collegio è dappertutto! Durante la guerra quel villaggio divenne un asilo della Resistenza
e un rifugio per gli ebrei: tutti
ricevettero incoraggiamento e
speranza.
La Signora Calvino
si ribella
Questo è il titolo di un altro
capitolo che mi ha vivamente interessato e fa comprendere il
ruolo della donna nel corso della
storia movimentata del protestantesimo francese. Essa è stata emancipata più presto della
donna francese in generale. Il
ruolo della donna, in seno alla
famiglia, è diventato determinante. La religione è legata alla
famiglia e la famiglia è rappresentata dalla donna. Durante la
prima guerra mondiale l’assenza
del marito ha costretto la donna
a occupare un posto che, una volta, non era il suo. Generalmente
non ha combattuto con le armi,
ma ha predicato e profetizzato.
Dal secolo XVI la coppia protestante ha avuto ima grande
preoccupazione; i figli devono
saper leggere e le donne hanno
compiuto un grande lavoro servendosi della S. Scrittura. Questo è stato spesso un atto di ribellione. Basterà ricordare l’esempio lasciato da Marie Durand!
* * *
Molti protestanti oggi non frequentano più la chiesa: però il
63% degli intervistati leggono la
Bibbia. E’ una media assai rallegrante. Il protestante in virtù del
sacerdozio universale è, in qualche modo, il sacerdote di se stesso « un papa che ha la Bibbia
in mano » diceva Voltaire. Egli
offre ai suoi connazionali un modello antico che è sempre attuale. Ed è per questo che i protestanti sono stati dei pionieri della libertà di coscienza e della democrazia. Hanno lottato contro
la schiavitù, si sono battuti per
la scuola pubblica, hanno difeso gli ebrei, hanno lottato nella
Resistenza ed hanno operato con
successo nella CIMADE.
Il popolo protestante, dice Richardot, vive ora il dramma di
coloro che hanno avuto successo.
Gli intellettuali ed i teologi corrono il rischio di esprimersi in
un gergo che è loro proprio, ma
che il popolo non parla e non
comprende. Il modello della società che incarna è fondato sulla
responsabilità individuale, l’autonomia e la cooperazione. Oggi la
società tende ad isolare gli individui ed a distruggere quei valori che hanno fatto la forza del
popolo. Quando furono emanate
le leggi razziali, il solo che
protestò fu il presidente della
Federazione delle chiese per mar
ni testare l’indignazione della minoranza che rappresentava.
Ora sappiamo che i] protestantesimo gode di una larga stima
del pubblico e che può avere
un’influenza enorme.
Questo ci rallegra e ci lascia
ben sperare per l’avvenire.
U. Bert
e rendono il lettore partecipe delle inquietudini e dei fermenti di
un’epoca: gli intrighi e gli odi
di palazzo alla corte del Re Sole,
i processi per stregoneria, allucinanti e parziali, le feroci persecuzioni contro gli ugonotti, la
Corte dei Miracoli spietata e
pittoresca, e più avanti l’Oriente
con i suoi misteri e i suoi harem,
e il Nuovo Mondo, selvaggio e
quasi inesplorato, dove la protagonista potrà finalmente rifarsi
una vita. Angelica poi non è una
dama melensa, ma una donna
volitiva e intraprendente che
prende da sola le sue decisioni,
si ribella alle ingiustizie sociali
e non ha paura di scagliarsi contro le autorità, né di vivere le
proprie esperienze personali a dispetto di tutti i pregiudìzi del
suo tempo; un personaggio battagliero e spregiudicato che suscita subito simpatia.
Sulla serie televisiva c’è molto
da dire; cinque puntate (con
qualche taglietto qua e là) sono
senz’altro insufficienti per riproporre il contenuto di una dozzina
di libri e lo spettatore che ha già
letto l’opera, ampia e curata, rimane un po’ deluso; sempre a
causa della realizzazione affrettata gli eventi storici che fanno da
sfondo alle vicende dei personaggi non vengono sufficientemente
evidenziati. Forse la televisione,
anziché rispolverare dei film di
diversi anni fa, avrebbe fatto bene a girarne di recenti, dando vita a un ciclo di tredici o quattordici puntate, come ha fatto per
altri romanzi (« I Poldark », « La
figlia del capitano », ecc.). Comunque gli attori sono bravi e
la sceneggiatura ben studiata; se
non si pensa troppo al testo originale, « Angelica » può essere
senz’altro un modo simpatico di
trascorrere il venerdì sera, tanto
più che non mancano i colpi di
scena, le sorprese e una certa suspense.
La regìa è di Bernard Borderie. E. M.
a colloquio
con i lettori
DIVISIONE
. P. Richardot, Le peuple protestant français d’aujourd'hui.
Editions Robert Laffont. Paris.
Caro Direttore
ho letto sul giornale « La Luce » n. 47
del 28.11.1980 l’Inserto «Sindaco a Felónica » della Sig.ra Maddalena Costabel e ho trovato che in esso ci sono
alcune cose difformi dal vero:
In primo luogo la notista dice di avere accettato la responsabilità di sindaco « dopo un sondaggio fatto nel paese ». Il sondaggio è stato fatto, se è
stato fatto il che non è noto a Felónica, a livello di partito e precisamente
del P.C.I.
I comunisti a Felónica nell'ultima
consultazione ottennero all'incirca 500
voti sui 1800 votanti del comune.
In secondo luogo II fatto che chi
scrive affermi che l’esperienza intende
« coinvolgere tutta la comunità » è assolutamente inaccettabile. Non entro
nel merito di questo discorso perché
ci porterebbe molto lontano, dico solo
che la maggioranza della Comunità di
Felónica non crede nella efficacia dell'Amministrazione del comune. Le gestioni precedenti non hanno dato prova
di corretta amministrazione.
Una cosa è certa dalla elezione della Sig.ra Costabel a Sindaco; una profonda divisione nella popolazione di
Felónica.
Cordiali saluti
Dies Malagò, Felónica Po
5
23 gennaio 1981
RISULTATI SORPRENDENTI DI UN SO NDAGGIO D’OPINIONE IN FRANCIA
I PROTESTANTI FRANCESI NEL 1980
« Il protestante francese ha
giocato, gioca e giocherà un ruolo considerevole nel nostro paese, perché una minoranza che si
definisce da esigenze più grandi
di quelle della maggioranza rimane sempre importante. Non esiste esempio del contrario, eccetto quando questa minoranza si
tradisce o si cancella ». Questo il
giudizio espresso alcuni anni fa
da André Malraux sul protestantesimo francese, (cfr. «Réforme»
del 27.9.’80).
Ebbene, questa minoranza protestante non sembra essersi né
tradita né tanto meno cancellata.
Anzi! I risultati — sorprendenti
— deirinchiesta demoscopica
realizzata nel marzo scorso su
tutto il territorio francese rivelano che quasi due milioni di francesi « si sentono vicini al protestantesimo », mentre i protestanti ufficiali sono poco più di 800
mila.
AU’origine di questo sondaggio c’è un libro del giornalista
Jean-Pierre Richardot («Le peule protestant français d’aujourd’hui ») che, girando attraverso
la Francia, cercava di vedere se
esiste ancora un « popolo protestante » e di scoprire « che cos’è
un protestante ». Stimolati da
questa ricerca, diversi settimanali cristiani e quotidiani francesi
presero l’iniziativa di far realizzare un sondaggio scientifico dall’IFOP (Institut Français d’Opinion Publique). I promotori sono stati: « La Vie » (settimanale
cattolico), «Le Christianisme au
XX Siècle », « Réforme », « Le
Messager évangélique» (settimanali protestanti), « Le Midi Libre » e « Les Dernières Nouvelles
d’Alsace » (quotidiani regionali
di due zone protestanti) e le 8
riviste mensili regionali della
Chiesa Riformata di Francia.
II sondaggio !FOP
Il sondaggio è stato effettuato su un campione di 9871 persone dai 15 anni in su. Di queste,
414 si sono dichiarate « vicine al
protestantesimo ». Se consideriamo che nel 1979 la popolazione
francese era di 53,5 milioni di
persone, di cui 22% al di sotto
dei 15 anni, la nopolazione interessata aH’inchiesta può essere
stimata a 41,7 milioni. Il 4,2%
che si sente vicino al protestantesimo rappresenta dunque circa
1.800.000 persone. Quelli che si
sono dichiarati vicini al cattolicesimo sono 65%, cioè 27,5 milioni (un altro sondaggio realizzato
nel ’79 dall’IFOP-La Vie indicava 83%). Notiamo intanto che da
questi dati emerge che un francese su cinque non si sente vicino a nessuna chiesa, il che costituisce un altro dato su cui
riflettere.
Ma chi sono questi 1.800.000
« protestanti » francesi? (Le virgolette sono d’obbligo perché
questo sondaggio, come ogni sondaggio, va valutato con molta
cautela). Nell’insieme si tratta di
una popolazione più femminile
e più anziana della media della
popolazione francese (21% oltre
i 65 anni). Sempre rispetto alla
media nazionale, comprende
meno contadini e operai (questo
conferma il sostanziale imborghesimento del protestantesimo
francese). Si tratta soprattutto
di popolazione urbana, residente
in particolare nella regione parigina (32% contro 14% nelle Cevenne-Rhóne-Alpes e 11% in Alsazia-Moselle).
Perché protestanti
Perché si sono dichiarati « protestanti »? Qui cominciano i dati
sorprendenti ma comunque molto interessanti: 1/3 perché si
sentono attratti da certi aspetti
del protestantesimo, 1/4 perché
sono nati in una famiglia protestante, 1/5 soltanto nerché condividono la stessa fede. Dunque —
come diceva giustamente il moderatore il XV agosto — il passato protestante, la tradizione c’entra molto poco. Uno non nasce
solo protestante, lo diventa, cioè
fa una scelta personale motivata. Ma non illudiamoci, la maggior parte di questi « protestanti » non ha alcun rapporto con le
chiese, sono solo nell’«area» protestante. Infatti, 61% non vanno
mai in chiesa, 37% non leggono
mai la Bibbia, 36% non pregano
mai, 60% non danno mai offerte
né ad una chiesa né ad un’opera
protestante, 70% non leggono
mai un giornale protestante. Insomma, protestanti senza chiesa.
Vicini al protestantesimo
D.: « Si sente più vicino al protestantesimo. E prima di tutto perché...?
E poi? ».
P risp. 2“ risp.
— È attratto da alcuni aspetti del protestantesimo 34 22
— È nato in una famiglia protestante 23 9
— Il protestantesimo risponde alle Sue convinzioni,
alla Sua fede 21 22
— Un membro della sua famiglia è o è stato pro-
testante 13 10
— Per rifiuto del cattolicesimo 6 5
— Non si pronunciano 3 32
D.: « Ed, in particolare, è prima di tutto per...? E poi? ».
1» risp. 2’ risp.
— La libertà di spirito che esso dà 36 17
— Il posto dato alla bibbia 18 10
— 1 suoi principi morali 13 16
— La sua fede in Gesù Cristo 10 12
— La sua accettazione della laicità 9 16
— Le sue opere religiose e sociali 3 5
— il suo passato di religione perseguitata 2 3
— Non si pronunciano 9 21
D.: « Qual è, fra le seguenti, la principale critica che fa alle chiese prete-
stanti? E poi? ».
1* risp. 2“ risp.
— Sono troppo divise 16 5
— Alcune delle loro dottrine sono sorpassate 9 4
— Il loro rigorismo morale è troppo grande 9 4
— 1 loro culti sono spesso noiosi 8 9
— Sono i notabili che dirigono 4 5
— Si può credere qualunque cosa 4 2
— 1 loro prìncipi morali non sono abbastanza rigidi 2 3
— Non si pronunciano 48 68
D.; « A suo parere, il pastore è prima di tutto...? E poi? » F risp. 2" risp.
— Un consigliere spirituale 25 16
— Un modello morale 19 7
— Il responsabile della vita parrocchiale 17 21
— Un uomo al servizio dei poveri e degli emarginati 15 19
— Un funzionario della chiesa 8 11
— Un predicatore 7 8
— Il responsabile del catechismo 4 3
— Non si pronunciano 5 15
Per questo è interessante confrontare i dati del sondaggio con
quelli dell’inchiesta realizzata parallelamente dai due settimanali
protestanti « Réforme » e « Le
Christianisme au XX Siècle »
presso i loro lettori, inchiesta
alla quale hanno risposto 1.300
lettori di « Réforme » e 600 lettori del «Christianisme». Trattandosi di protestanti per fede e praticanti, le loro risposte alle stesse domande del sondaggio sono
sensibilmente diverse da quelle
degli 870.000 simpatizzanti protestanti. Come si presenta questo
protestante-tipo? Generalmente
ha più di 50 anni, è pensionato
(57%), vive in città sotto i 100
mila abitanti, vota piuttosto a
destra, dà la sua contribuzione
alla chiesa e aderisce al protestantesimo per il posto che vi occupa la Bibbia. Da notare inoltre che fra questi protestanti «veri» (in questo caso i lettori di
« Réforme ») c’è una forte percentuale di ceti medio-alti: 19%
sono padroni e quadri superiori,
ll'',o quadri intermedi, mentre gli
agricoltori rappresentano solo il
6% e gli operai il 4%. Un altro
dato interessante dell’inchiesta
fra i lettori è quello sulla lettura
della Bibbia. Chi la legge di più?
Per ordine, sono i pentecostali,
poi i battisti, poi gli altri evangelici, poi i Riformati, poi i Luterani.
Chi sono invece questi simpatizzanti che rappresentano il doppio della popolazione protestante inscritta nei registri? Sociologicamente, circa 20% sono liberi
professionisti, quadri dirigenti,
industriali, 27% sono impiegati,
26Vo operai, 24% non attivi, 4%
agricoltori. Che cosa è che li attrae nel protestantesimo? La Bibbia? Gesù Cristo? No, le loro motivazioni non sono di ordine teologico ed hanno poco a che vedere con la confessione di fede
protestante. Ciò che oltretutto li
attrae è lo spirito di libertà che
caratterizza i protestanti, e questa libertà la riscontrano concretamente nelle prese di posizione
dei protestanti su temi scottanti
d’attualità quali: il matrimonio
dei divorziati, la difesa dei lavoratori immigrati, l’obiezione di
coscienza, la contraccezione, l’aborto, l’energia nucleare, il decentramento regionale, l’ecumenismo, ecc. Che questa simpatia
abbia scarse motivazioni di fede
è confermato dalle risposte a domande più specifiche: per esempio, come vedono il pastore? I
protestanti « veri » hanno risposto senza esitazione: predicatore. I simpatizzanti invece lo vedono prima di tutto come «consigliere spirituale» (25%) e «modello morale» (19%) e solo 7%
lo vedono come predicatore della Parola.
La sfida
della periferìa
Come valutare questo giudizio
e l’insieme delle opinioni di questi « protestanti »: come conoscenza superficiale del protestantesimo oppure come riflesso più
o meno deformato, o più o meno fedele, dell’immagine che il
protestantesimo dà di se stesso?
L’ipotesi che si può fare è che
questa « area » è un’area di mezza secolarizzazione, nei due sensi, sia di protestanti che si sono
allontanati dalla chiesa, sia di
non protestanti che si stanno avvicinando ad essa. In ogni caso,
questa periferia protestante non
può non rappresentare, per le
Chiese protestanti, una sfida, una
sollecitazione a precisare e a
chiarire linee e posizioni del protestantesimo, e soprattutto a predicare Gesù Cristo fuori dalle
mura delle chiese in modo che
questa simpatia generica e un
po’ confusa, da opinione diventi
fede cosciente della propria origine, da attrazione diventi militanza confessante. Anche perché, come scrive Michel Viot, direttore del Centro culturale luterano di Parigi, « questo non deve
mascherare la crisi del protestantesimo francese che fra poco rischia di trasformarsi in disfatta
totale se non vi si pone rimedio ».
Anche Roger Mehl, direttore del
Centro di Sociologia del protestantesimo, di Strasbourg, è del
parere che le chiese protestanti
debbano rispondere positivamente e tempestivamente a que
La strage della notte di San Bartolomeo (1572), qui in una stampa
dell’epoca, è il simbolo storico del protestantesimo francese.
Orientamenti politici
Praticanti j regolari Praticanti ¡ Non saltuari 1 praticanti
sinis. destra sinis. destra sinis. destra
Cattolici 1 Sondaggio 19% 81% SOFRES ’78 1 41% 59% j 60% 40%
Protestanti
Sondaggio
IFOP ’80
49%
51% 60%
40% ! 61%
39%
sta fiducia nei confronti del protestantesimo, se no corrono il
rischio di « diventare molto rapidamente delle sette ».
Orientamento
politico
Un altro dato importante di
questo sondaggio è l’orientamento politico dei protestanti francesi. Nell’insieme (vedi riquadro)
si collocano nettamente a sinistra, ed in modo prevalente nel
Partito Socialista (28%). È significativo notare che l’impegno politico a sinistra è inversamente
proporzionale alla militanza in
una chiesa. Perché questa preferenza per il Partito Socialista? La
spiegazione niù probabile è che
i protestanti non hanno molta
simpatia per i partiti fortemente
centralizzati, gerarchizzati, ideologizzati (come lo sono il Partito Comunista e quello gollista).
La loro libertà di giudizio, il loro proverbiale individualismo,
la loro tradizione e la loro prassi democratica li porta molto più
naturalmente verso un partito
come il P.S.F., non dogmatico,
anti-gerarchico, pluralista, pragmatico, un partito che, sia per
la sua composizione sociale sia
per la sua organizzazione e la sua
dialettica interna, somiglia molto alle chiese protestanti. Alcuni
interpretano questa forte adesione socialista come una pericolosa tendenza alla secolarizzazione,
con un passaggio automatico dal
piano teologico al piano politico,
così come i cattolici che abbandonano la loro chiesa e si trasferiscono nel Partito Comunista
simile ad essa sul piano secolare. Lo stesso fenomeno si verificherebbe per i protestanti rispetto al Partito Socialista. Altri,
come Georges Baguet su « Témoignage Chrétien » (settimanale
cattolico progressista), esprimono un giudizio ancora più « cattivo » (ma forse in parte vero)
su questi « protestanti » francesi: il fenomeno potrebbe essere
« la conferma della tesi dell’interiorizzazione del modello americano » in una « Francia sempre
più conforme alla società americana ». E la « cattiveria » va fino
a dire: « scommetto che un candidato alla presidenza della Repubblica francese, se fosse di sinistra e protestante, in una Francia americanizzata, avrebbe un
grande successo ».
Ma allora chi sono questi « protestanti » francesi del 1980? Certamente uomini e donne liberi,
sicuri di sé ed impegnati nella
loro società. Ad ogni modo, ad
ognuno di noi di valutare, secondo il ben noto spirito protestante!
Jean-Jacques Peyronel
Chi è il Cristo
D.: « Per Lei, il Cristo è prima di tutto...? E poi? ».
F risp. 2> risp.
— Il figlio di Dio 32 15
— Un Ideale morale 29 19
— Un personaggio storico 22 14
— Un salvatore personale 6 11
— Il liberatore degli uomini 5 22
— Non si pronunciano 6 19
D.: « A quale tendenza del protestantesimo si sente più vicino? »,
— Le chiese riformate 31
— Le chiese luterane 9
— Le chiese battiste 5
— Le altre chiese evangeliche 4
— Le chiese pentecostali 3
— Nessuna chiesa in particolare 37
— Non si pronunciano 11
D.: « A quale partito politico si sente più vicino? ».
— Partito Socialista 28
— U.D.F. (Giscardiani) 15
— R.P.R. (Gollisti) 10
— Partito Comunista 8
— Altro 7
— Nessuno 23
— Non si pronunciano 9
6
23 gennaio 1981
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
Resistere
al potere
Nelle ultime settimane sull « Eco delle Valli » sono apparsi alcuni articoli; il primo di Enrico Tron sulle residenze contestate, successivamente quello di
Jean-Jacques Peyronel «Occitani
o Valdesi » e sull’ultimo numero
la risposta di Claudio Balma ad
Enrico Tron ed «Al fuoco» di
Ermanno Geme.
Cito tutti questi articoli, perché si riferiscono tutti ad una
realtà talmente devastata che per
cercare di risanarla, non ci possiamo permettere di lasciare per
strada nessun elemento.
Esistono due ordini di problemi intrecciati tra loro ed a seconda da dove sì guarda la realtà
si è portati a dare delle risposte
differenti; da una parte il modo
di agire del potere attraverso le
istituzioni. Comuni e Comunità
Montane, dall'altra la gente con
le sue capacità creative e di influenza sulle istituzioni.
Credo che due dei quattro articoli citati partano dal considerare le cose attraverso l'ottica di
chi si sente partecipe delle istituzioni, Stato o Chiesa; mentre
gli altri due vedono le cose come
la gente le può vedere. Claudio
Balma a mio avviso è molto fiducioso sulla capacità delle istituzioni di autoriformarsi al punto
di essere in grado di rispondere
ai bisogni della gente ed alle esigenze di manutenzione del territorio. Jean-Jacques Peyronel dà
fiducia all’identità valdese cercando, a mio avviso, di svincolarla dalla realtà di lotta politica
svolta dai Valdesi nel corso della
storia, dando valore a delle differenze che oggi corrono il rischio
di voler dire anche divisione di
fronte a problemi non diversi.
Enrico Tron ed Ermanno Geme
partono da un punto di vista che
mette a fuoco i problemi di una
realtà in continuo sfaldamento,
nonostante la politica dell'ente
locale e la fedeltà della chiesa.
Non credo che sia necessario
essere dei tecnici o dei sociologi
di chiara fama, per capire che
oggi nelle nostre zone è sufficiente il maltempo o un incendio
oppure il trasferimento di residenza di poche persone per mettere in crisi un equilibrio estremamente precario.
Sappiamo tuttavia che molte
persone continuano in diversi
modi a combattere una guerra
di resistenza, probabilmente già
perduta, e si tratta dei vecchi
contadini e operai che grazie alla
pensione possono dedicarsi a
quella funzione troppo sottovalutata dal potere che è la manutenzione del territorio. Il guaio è
che questa capacità individuale
di resistenza per mancanze di alleanze e di forza contrattuale nei
confronti del potere è vana.
Tuttavia alcuni canali a''’"'" i'
so cui le esigenze delle comunità
vengono espresse esistono ancora e sono i consigli comunali che
si continua ad eleggere nonostante le difficoltà e le poche forze
disponibili.
Il problema della devastazione
della montagna che si evidenza
a tutti i livelli pur essendo stato,
in questi anni, documentato in
mariiera soddisfacente, desta poco interesse ad esempio nelle organizzazioni sindacali che non lo
assumono come terreno di lotta
e contrattazione. A gestire la cosa rimane il potere che si limita
a mettere delle toppe qua e là
quando non diventa esso stesso
strumento di colonialismo, avallando posizioni liquidazioniste o
spendendo denaro pubblico in
politica assistenziale sterile.
Credo però che esista ancora
una possibilità: il dibattito e la
sensibilizzazione degli « intellettuali artigiani » che possono farsi carico della ricerca di una via
di uscita nel conflitto tra scienza del consumismo e scienza degli uomini che in tempi meno
prosperosi hanno permesso di vivere su territori come quelli delle
nostre valli.
Giovanni Tron
PEROSA ARGENTINA
Filseta: si aggrava la crisi
L’acquisto della Gùtermann da parte della Cascami è stata una operazione finanziaria - Con la cassa integrazione arriveranno altri soldi?
Settimana densa di appuntamenti sul problema della crisi
Filseta. Un’affollata assemblea
pubblica martedì scorso alla presenza di amministratori locali
della Com. Montana, della Provincia, di lavoratori, di sindacalisti, in cui si sono resi pubblici
i dati sino a qui emersi e le richieste fatte dall’azienda.
Il presidente della C. Montana,
Daviero, nel suo intervento, ha
notato come ci si trovi sempre
di fronte ai fatti compiuti che
riducono gli spazi per risposte
alternative. Per questo è necessario addivenire al più presto all’individuazione dell’area industriale del comprensorio sulla
quale potrebbero insediarsi le
aziende che per il loro ampliamento sono costrette ad uscire
dall’area metropolitana torinese.
Questo garantirebbe la possibilità di risiedere in vallata. Richiardone, sindaco di Pinasca, e
Fenoglio, assessore provinciale,
hanno rivolto un pressante appello affinché le maestranze siano
vigili durante le operazioni di ristrutturazione e nel controllo degli investimenti. Rimangono comunque degli interrogativi ai
quali in quella sede non si è riusciti a dare ancora risposte
esaurienti. Anzitutto non sono
chiare le intenzioni del gruppo
finanziario che sta dietro alla
Cascami; gruppo che è nella zona di influenza della D.C. veneta
che fa capo all’onorevole Bisaglia. Sorgono molti dubbi che
l’acquisto ex Gfitermann sia
stata una grossa operazione appetibile solo sul piano finanziario (lo stabilimento acquisito con
contropartita di poche centinaia
di migliaia di lire, i debiti superiori al miliardo appianati con
contributi dello stato, operazione di ristrutturazione fatta nella
maggior parte portando da uno
stabilimento all’altro vecchi macchinari!.
In secondo luogo, come mai
quest’azione punitiva nei confronti della Filseta quando in varie occasioni è emerso che il
prodotto fornito dalle maestranze locali è sempre stato di qualità superiore a quello delle altre fabbriche del gruppo?
Come mai si è accettato in
questi ultimi anni di puntare sulla quantità a scapito della qualità? È proprio stato fatto tutto
il possibile, per contrastare questa tendenza?
Mentre la Cascami lamenta
l’eccessiva apertura operata dalla CEE nei confronti di prodotti
dei paesi emergenti, quali sono
i suoi veri interessi in India dove sta impiantando uno stabilimento e dove notoriamente la
manodopera è sottopagata? Se
le cose stanno come l’azienda
dice, su quali basi si ritiene che
all’interno del biennio’81/’83 la
situazione dovrebbe ritornare accettabile?
Successivamente si teneva a
Torino un incontro alla presenza del presidente della Giunta
Regionale, del presidente della
Provincia, degli Assessori provinciali e della C. Montana, nonché
di alcuni sindaci della vallata e
di tre dirigenti dell’azienda.
In questa riunione sarebbe
emerso la disponibilità della Regione ad intervenire nel settore
di sua competenza (la riqualificazione del personale) nel caso
questo si rendesse necessario;
per il momento si rimane in attesa degli ulteriori incontri che
l’azienda avrà entro fine mese
con il consiglio di fabbrica ed i
sindacati nazionali.
In questa stessa riunione si
poneva il problema di un uso
più oculato della cassa integrazione speciale la cui dotazione
rischia di essere troppo assottigliata a causa dell’abuso fattone
in questi ultimi anni.
A. L.
______VALLI CHiSONE E GERMANASCA
Squadre antincendio
TELEPINEROLO
Val Penice - canali: 24 - 49
Val Chisone - canali: 32-4143-54.
Comprensorio e Pinerolo:
canali 56-27.
Ogni sabato ore 20.30: rubrica « Confrontiamoci con
l’Evangelo » a cura di Marco Ayassot e Attilio Fornerone.
Gli incendi che si sono succeduti nei primi mesi di questo
inverno così eccezionalmente
asciutto e ventoso hanno convinto amministratori e popolazione
delle valli Chisone e Germanasca
dell’urgente necessità di costituire squadre anti-incendio che possano in breve tempo dare un aiuto nell’opera di spegnimento.
La giunta della Comunità Montana ha organizzato un incontro
tra amministratori, guardie ecologiche e rappresentanti di varie
associazioni interessate alla salvaguardia del territorio, per esaminare la situazione e dare un
concreto appoggio alle squadre
che si intendono formare ed attrezzare. Alla riunione erano presenti anche le guardie forestali
che sono addette alla sorveglianza dei boschi nelle due valli.
La discussione è stata aperta
dal presidente Daviero, il quale
ha promesso l’avvio delle pratiche per la richiesta di contributi
alla Regione e per l’assicurazione dei volontari; si è anche impegnato a contribuire con il bilancio della Comunità per integrare il contributo regionale nell’acquisto delle attrezzature singole. Si è convenuto di sistemare sopra un UNIMOG un serbatoio per il trasporto dell’acqua
dove sia possibile raggiungere il
luogo dell’incendio con una strada carrozzabile.
Alcuni presenti hanno osservato che in caso di pericolo per i
villaggi i vigili del fuoco intervengono, mentre lo spegnimento degli incendi boschivi grava totalmente sulla popolazione, che
spesso, per inesperienza, si dà un
gran daffare nel modo più sbagliato. Le squadre, quindi, dovrebbero essere preparate con
un breve corso di addestramento e servire poi per coordinare
l’azione di quanti si presentano
per dare un aiuto.
Una breve indagine tra i rappresentanti dei Comuni presenti
ha fatto capire che questa serie
quasi ininterrotta di incendi aveva veramente messo in allarme
la popolazione: infatti quasi dappertutto c’era l’intenzione di formare squadre di pronto intervento. Si è poi convenuto di costituirne 6 o 7 al massimo e di
segnalare entro due settimane i
nominativi dei volontari alla Comunità montana, che a sua volta provvederà ad organizzare un
breve corso di preparazione.
Con questo, ovviamente, non
si è inteso risolvere un problema che rimane preoccupante,
quello cioè della prevenzione degli incendi stessi. Prevenzione
molto ardua, prima di tutto perché chi dà fuoco spesso lo fa intenzionalmente, per scopi vari, e
riesce anche a non farsi scoprire. In più, i boschi ormai trascurati hanno il suolo coperto di
uno spesso strato di foglie secche che propagano le fiamme ad
una velocità che sfida ogni azione umana.
E’ forse più possibile, con la
scarsità di popolazione esistente,
ripulire almeno i terreni intorno
alle borgate e le sorgenti che
possono fornire l’acqua necessaria.
Se, purtroppo, l’incendio si sviluppa ugualmente, una segnalazione tempestiva può almeno limitarne i danni. Per questo è stato proposto di far conoscere in
ogni villaggio un indirizzo o un
numero telefonico da chiamare
in caso di emergenza. Le squadre di pronto intervento dovrebbero dare maggiore sicurezza
proprio agli abitanti dei villaggi
isolati e quasi spopolati, i quali
non possono, in queste circostanze, contare sulle risorse locali.
L. V.
Comunità Montana
Val Pollice
Prime
decisioni
A carattere per lo più informativo la seduta della Comunità Montana di mercoledì 14 gennaio. La giunta ha infatti fornito ampie delucidazioni sull’andamento operativo di progetti la
cui realizzazione era già stata in
precedenza approvata dai consiglieri.
Segnalato lo stato di cose per
ciò che riguarda il piano assistenza terremotati, si è passati
all’esame di questioni di interesse locale, quali Paccertamento
dei danni provocati dal vento
(sono previsti contributi regionali da assegnare, previa una perizia, ai privati danneggiati che ne
facciano richiesta) e la definitiva
sistemazione del ripetitore televisivo di Rocca Bera.
L’assemblea si è rammaricata
data l’impossibilità di avviare
subito il corso di istruzione professionale riservato ai contadini:
a causa della carenza di iscritti,
tutto viene rimandato al prossimo autunno.
D'altro canto è stato accolto
positivamente il progetto Enel,
finanziato con 513 milioni — la
spesa complessiva si aggirerà sugli 840 — dalla Comunità Europea, che prevede la collocazione
delle linee elettriche nelle zone
rurali di parecchi comuni della
Valle che ne sono ancora sprovviste.
Un’altra iniziativa, avviata da
diversi mesi, è quella per l’inserimento pilotato degli handicappati ultra quattordicenni nel
mondo del lavoro. Grazie a questo progetto, che ha riscosso l’unanime consenso anche per la
sua messa in pratica nel futuro,
si riuscirà a impiegare un numero sempre maggiore di handicappati, dando loro uno stipendio
non assistenziale, ma effettivo.
Pure qui la copertura economica
— durante il periodo di assunzione in prova sono versate alle
aziende che offrono il lavoro 100
mila lire mensili per ogni persona occupata — è assicurata da
contributi CEE. La Comunità
Montana allestirà, inoltre, un
centro di cultura manuale capace di indirizzare i giovani ultra
quattordicenni menomati verso
quelle attività che più si confanno loro.
M. B.
TORRE PELLICE
COMUNICATO
I componenti dell'ex-negozio SADRA
di Torre Pellice comunicano che hanno
distribuito la somma di L. 570.000 cosi
suddivisa fra i seguenti istituti: Asilo
dei Vecchi di Luserna S. Giovanni L.
250.000; Rifugio Re Carlo Alberto di
Luserna S. Giovanni L. 150.000; Ricovero San Giuseppe di Torre Pellice L.
100.000; Casa Miramonti di Villar Pellice L. 70.000.
Le Amministrazioni di detti istituti
sentitamente ringraziano.
TORRE PELLICE
Problemi dei pensionati
Assistenza malattia, contributo per il riscaldamento,
servizi - Queste le richieste avanzate dagli anziani
Sabato 17 gennaio si è svolto il quindicinale incontro di pensionati al Centro di incontro di Torre Pellice. È
stata illustrata ai cinquanta convenuti
la funzione dell’Unità Locale Sanitaria
che ha sede in Via XXV aprile 7 i cui
Uffici sono aperti anche la mattina di
sabato. Il delegato sindacale sig. Battaglia ha comunicato ai presenti le nuove aliquote delle pensioni in vigore dal
1°/1/’81 e le rivendicazioni in atto per
ottenere la trimestralizzazione della
contingenza. Ha ricordato che nella
nostra Regione i pensionati sono I milione, ma soltanto 47 mila sono gli aderenti ai sindacati (CGIL-UIL-CISL). Una maggiore adesione dei pensionati
compresi quelli della Val Pellice alla
organizzazione sindacale significherebbe una presenza più incisiva nella dife
SAI
sa dei propri interessi e diritti. Non
si può lasciare ad altri tale compito.
È intervenuto alla riunione il Sindaco di Torre Pellice, che si è dichiarato
disponibile a partecipare a questi incontri. Si è appreso che la Regione
Piemonte non ha ancora deliberato gli
stanziamenti necessari per contribuire
alle spese di riscaldamento destinati ai
pensionati. Il mancato stanziamento è
messo in relazione agli interventi straordinari disposti dalla Regione a favore dei terremotati del sud.
Particolare attenzione è stata rivolta ad alcuni problemi determinati dai
servizi di erogazione gas e acqua e
raccolta rifiuti. Il Sindaco ha dato le
spiegazioni ed i consigli del caso.
A. K.
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Istruzioni per l’inoltro
del questionario compilato
Dopo aver compilato il questionario si prega di piegarlo accuratamente in modo che resti allesterno l’indirizzo a cui deve essere fatto pervenire, chiudendolo
in basso con un punto metallico o, ancor meglio con
un pezzetto di carta gommata.
Le risposte vanno spedite (affrancate con L. 200) o
consegnate alla più vicina chiesa valdese o metodista
entro e non oltre il 28 febbraio 1981
Redazione ECO-LUCE
Via Pio V, n. 15
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23 gennaio 1981
CRONACA DELLE VALLI
UNA BELLA FIGURA DI CREDENTE
CIRCUITO
Filippo Berger
Filippo Berger ci ha lasciati.
Era un uomo amato da tutti. Insieme alla moglie signora Junine,
con la quale formava una coppia
ideale, ha trascorso gran parte
della sua vita in un vero e proprio « diaconato » nelle opere
della chiesa, e sempre fra i giovani. Dopo un lungo servizio al
Convitto di Torre Pellice, egli,
con la moglie, si sono trovati ad
aiutare i giovani nelTesaltante,
ma al contempo difficile, periodo
di Agape.
Nessuno dimenticherà i miracoli che i due sapevano fare per
darci da mangiare ai nostri campi quando ancora c'erano le tessere e, anche dopo, con la miseria di denaro di cui disponevamo La coppia Berger è stata
con noi nei campi estivi alle
« Casermette » di Pomieri, a quelli invernali a Ghigo ed a quelli
primaverili a Borgio Verezzi. Ultimata la costruzione di Agape
sono stati ancora con noi per
oltre una diecina di anni. Vita
dunque trascorsa in mezzo ai giovani chiassosi sì, e contestatari
fin troppo, ma giovani che sapevano anche amare in modo visibile. Il ricordo di Filippo Berger
ci muove sempre a commozione
perché il suo amore per il prossimo, così evidente, sapeva esprimersi in una saggezza di vita per
cui il suo parere era ascoltato
volentieri da tutti. Fu per molti
anni anziano della Chiesa di
Frali ove rappresentava un pensiero progressista che non urtava nessuno per il modo con cui
esprimeva le sue idee.
Quando la notizia della sua
morte sarà conosciuta migliaia
di persone da ogni parte del mondo ne saranno commosse. Noi
ringraziamo Iddio per il dono di
un fratello nella fede di tale umanità e di tale capacità di servizio da rimanere fra noi un esempio vivente.
Alla signora Junine ed alla figlia Rosalba, rimasta vedova dopo pochi anni di matrimonio, voglio dare un abbraccio affettuoso
dalla parte di tutti quelli che
hanno amato la loro famiglia. E
sono una grande folla. E dir loro
che ci rivedremo di nuovo tutti
insieme, come in un grande campo festoso, nella « nuova Terra »
che Cristo ci ha preparata e
fatta.
Tullio Vinay
PINEROLO
Incontro ecumenico
Il Collettivo Biblico Ecumenico di Pinerolo invita i
gruppi biblici e i membri delle comunità cattoliche e
valdesi del Pinerolese ad un incontro di preghiera e di
ricerca, che si terrà la domenica 25 gennaio presso il
Convento dei PP. Cappuccini a Pinerolo (Via De Amicis, 2).
L’argomento deH’incontro è il seguente:
Lettura della Bibbia,
Attualizzazione e
Predicazione
PROGRAMMA:
ore 14.30 - Momento di preghiera;
ore 15 - Introduzione alla ricerca;
ore 15.30 - Ricerca a gruppi (lavoro su traccia preparata);
ore 17.30 - Assemblea (relazione dei gruppi, discussione,
prospettive);
ore 18.30 - Conclusioni e preghiera.
TORRE PELLICE
La sala della Casa Unionista ha
ospitato, domenica 18, l’incontro
con Laura Nisbet che la TEV
aveva preannunciato e organizzato. Un buon numero di fratelli della nostra comunità, interessati all’opera della CEvAA, ha partecipato alla conversazione, nella
quale « rinviata » della Comunità
Evangelica di Azione Apostolica
nel Lesotho ha presentato il proprio lavoro e le difficoltà che esso ha comportato soprattutto
negli ultimi tempi, in cui la sua
scuola è stata praticamente distrutta da misteriosi incendi.
Il giorno precedente la signorina Nisbet si era incontrata con
i ragazzi del Gruppo Cadetti e
con i bambini della Scuola Domenicale dei Coppieri, interessandoli all’azione che la CEvAA
svolge.
PRECISAZIONE
Indipendente
DC
In riferimento all’articolo relativo alle elezioni del COMITATO DEL COMPRENSORIO PINEROLESE pubblicalo sul n. 2
del 9/1/81 pag. 5.
Sono con la presente a chiederLe di pubblicare un « errata
corrige », in quanto io, Po'ét Guido, non faccio parte della lista
DC, come erroneamente pubblicato, ma appartengo alla lista
INDIPENDENTI DC.
L’articolo in questione ipotizzava la composizione suddivisa
per gruppi consiliari del Comitato Comprensoriale.
Questa precisazione vuol forse
dire che il consigliere Poèt non
aderirà al gruppo consiliare DC
in comprensorio?
gg
1» CIRCUITO
CONVEGNO
MONITORI
È Stato fissato per sabato 24 gennaio un incontro
di aggiornamento per i monitori del Circuito: esso si
svolgerà a partire dalle 17
nei locali della Casa Unionista di Torre Pellice.
Il programma prevede:
ore 17: presentazione schede su Mosé (past.
Ermanno Genre);
ore 18: momento di dibattito e incontro tra
monitori;
ore 19: cena (viene preparato un primo, portarsi il resto);
ore 20: momento di incontro sul canto nelle
S.D., con Franco
Taglierò;
ore 21: chiusura.
I monitori e gli interessati sono caldamente invitati.
Incontro
catecumeni
Si è svolto a Torre Pellice, domenica 18, l’incontro dei catecumeni di quarto anno del 1° Circuito.
Una trentina di giovani provenienti da 5 delle 6 comunità del
Circuito (non erano rappresentati infatti i catecumeni di Villar Pellice) si sono confrontati
su temi per loro molto attuali,
come la confermazione e la partecipazione al culto, avendo come
base di discussione la predicazione che il past. G. Tourn ha tenuto nel culto animato dai giovani di Torre Pellice.
L’incontro è proseguito anche
nel corso del pomeriggio, purtroppo con un numero di giovani minore rispetto al mattino. I
presenti hanno ascoltato da un
pastore, da un monitore, da un
obiettore di coscienza e da un
giovane della FGEI che ha partecipato al campo di lavoro nella zona terremotata di Senerchia. una vivace testimonianza
di impegno nella Chiesa e nella
Società odierna.
Si è trattato di un incontro ricco di spunti e di stimoli per i giovani confermandi, che sarà utile
nella misura in cui le tematiche
affrontate verranno riprese e approfondite nei normali corsi di
catechismo.
POMARETTO
Ricordiamo le riunioni quartierali della prossima settimana:
martedì 27: Lausa alle ore 20.30;
giovedì 29: Maurini alle 20.30.
• Una « giornata » dei catecumeni — In esclusiva da Moriah:
« Si può uccidere per fede? ».
« Grazie ad un servizio giuntoci
stamane in redazione dal nostro
inviato speciale, siamo venuti a
conoscenza di un fatto, di notevole importanza religiosa, accaduto recentemente in questo villaggio... Passeggiavo in città
quando vidi passare due stranieri: padre e figlio... Si recavano,
soli, sul monte che sovrasta la
città portandosi appresso solo
fuoco e legna. Pensai che la loro intenzione fosse di fare un
sacrificio... ma essi non conducevano nessun animale... »
In questi termini si sono sbizzarriti ad illustrare il sacrificio
di Isacco i catecumeni del 1° anno, nella loro prima ’’giornata”,
durante le vacanze di Capodanno.
Dovevano — in 4 gruppi di 4 —
fare un giornale (questi i titoli
dei giornali: « Il giornale Punta
3 Valli », « Il villaggio », « Borgata Cerisieri Times », « Il tam-tam
dei Cerisieri » - Anno del Signore
2000 circa aC.) con foto-disegni
e diversi articoli: oltre quello del
sacrificio d’Isacco con commento, una descrizione del villaggio
semi-abbandonato dei Cerisieri
dove sono andati a piedi, e un’intervista alle poche persone che
ci vivono ancora. Gli improvvisati giornalisti hanno ben lavorato, anche se è mancato il tempo per « dare alle stampe » il
prodotto della loro ricerca.
BOBBIO PELLICE
• Domenica 25 il culto sarà
presieduto dal nostro fratello
Dino Gardiol. Sii benvenuto fratello a Bobbio!
• Nel pomeriggio, unione femminile. La presenza di tutte è indispensabile questo giorno poiché il gruppo vuol darsi una
struttura che permetta di suddividere le responsabilità.
• Martedì 20: studio biblico.
• Giovedì 22: agape fraterna.
• Mercoledì 15 è stato celebrato il funerale di Jean-Jacques
Lausarot. A tutti i familiari in
lutto esprimiamo la nostra solidarietà, nella certezza che Dio ci
ha chiamati in Gesù Cristo alla
vita eterna.
Doni per l’Asilo
dii Luserna S. Giovanni
ricevuti nel 4” trimestre 1980
FONDO DI SOLIDARIETÀ’
L. 5.000: Reynaud Lea (3 versamenti).
L. 10.000: Maffeo Angelo; Bertin Stefano: Martina Elena; Pons Luigi; Dr,
Boér Silvio; Giordan Maddalena; Aragno Luciana.
L. 15.000: Bertin Stefano; Giusiano
G. e M.
L. 20.000: Odetto Jvonne; N. N.; Corsani Bilione Sigismonda: N. N.: Benigno
Giorgio.
L. 30.000: Dr. Peyrot Giovanni: Cercenà Francesco, in mem. della moglie
Vittoria Giuditta: Martina Margherita;
Balmas Eynard Odette, in mem. di Henry Rivoir; Pro Loco di Rorà.
L. 50.000: Sorelle Bertea; Bertetto
Lina.
L. 100.000: Brigitte Luthi; Bertetto
Lina, in mem. dei suoi cari.
L. 115.250: Pastore Bundschuh (Palmbach).
L. 120.000: Odette Balmas Eynard, in
mem. del marito.
VILLAR PEROSA
Tra gli ospiti della Foresteria
un ricordo particolare ha lasciato
il gruppo di giovani svizzeri (Ginevra e dintorni), a cui si sono
uniti alcuni giovani della Chiesa
di San Germano Chisone, che
hanno trascorso con noi i giorni
della fine dell’anno ’80 e dell’inizio dell’anno ’81. Alcuni di loro
hanno presieduto il culto della
domenica 28 dicembre, mentre
altri si sono recati nella Chiesa
di S. Germano. Il gruppo ha poi
diretto il culto di fine d’anno, a
cui ha fatto seguito la serata comunitaria da loro preparata con
.cura. Un certo numero di membri delle Chiese di S. Germano e
di Villar Porosa ha avuto così la
opportunità di iniziare il nuovo
anno insieme agli amici svizzeri,
che ringraziamo ancora sentitamente per i canti, le scenette
bibliche presentateci, i messaggi
rivoltici e le visite ad alcune persone che non potevano partecipare agli incontri comunitari. A
loro l’augurio fraterno di ogni
benedizione nell’attività singola
e collettiva che svolgono ed il nostro arrivederci.
• Alcune sorelle dell’Unione
Femminile hanno visitato le persone anziane, s#le od ammalate
della Chiesa, nonché quanti sono
ricoverati presso la Casa di Riposo di S. Germano, portando un
piccolo dono ed una parola di
augurio.
• Un benvenuto a Samanta,
primogenita di Ricca Giuseppe
e di Gaydou Marianella: la grazia
del Signore riposi sulla neonata e
sui suoi familiari.
• Sabato pomeriggio, 17 c.m.,
hanno avuto luogo i funerali della sorella Coucourde Giulietta v.
Rochon, deceduta all’Ospedale di
Porharetto all’età di 82 anni. Da
alcuni anni era ospite della Casa
di Riposo di S. Germano Chisone. Ai figli con le loro famiglie
ed a tutti i familiari rinnoviamo
la nostra fraterna solidarietà.
• Il culto di domenica 18 c.m.
è stato presieduto dal predicatore locale Dino Gardiol di Luserna
San Giovanni, che ringraziamo
ancora vivamente per l’apprezzata collaborazione e per il messaggio rivoltoci.
• Un benvenuto a Ivan, pri
mogenito di Mauro Costantino e
di Bruna Lerda; il Signore accompagni questo bambino ed i
suoi genitori.________________
SAN SECONDO
• Esprimiamo il nostro affetto e solidarietà fraterna a Rolando Rochon (Centro) per la perdita della madre Giulietta Coucourde, da anni ricoverata all’Asilo dei Vecchi di S. Germano
Chisone.
« Sotto la direzione del past.
Paolo Ribet e del sig. Franco
Taglierò, il Coretto di Ferrerò,
rinforzato da elementi di Torre
Pellice ha realizzato una bella
serata di canti negro spirituals
e letture bibliche portando un
forte messaggio di coraggio e di
speranza anche per la comunità
cristiana del nostro tempo. L’assemblea, che i coralisti avrebbero meritata più numerosa, ha
partecipato con il canto e interventi a questa serata comunitaria.
• Domenica 18 i ragazzi della
scuola domenicale hanno dato
vita ad una lezione un po’ fuori
dei normale. Essa ha avuto luogo nel pomeriggio per consentire
non solo di studiare il testo biblico del giorno, ma anche di
conoscersi meglio e stare insieme un paio d’ore in più. La buona riuscita dell’esperimento permette ai ragazzi di preparare la
predicazione per domenica 25
gennaio (domenica della Missione) e ci incoraggia a prevederne
altre in futuro.
ANGROGNA
1« CIRCUITO
Domenica 1° febbraio alle ore 14.30 a Luserna S.
Giovanni, nella Sala Albarin, avrà luogo la
ASSEMBI.EA
DI CIRCUITO
che sarà dedicata allo studio del tema proposto dal
Sinodo;
IL RUOLO
DIACONALE
Il Consiglio di Circuito
• Domenica 25, ore 10, Assemblea di Chiesa in Cappella (il
culto al Serre è sospeso) con
questo ordine dei lavori: culto,
bilancio 1980, relazione sul « ruolo diaconale », informazione sui
restauri al tempio del Capoluogo, varie.
• Il Concistoro si incontra sabato 24, ore 20.
RINGRAZIAMENTO
« Nella mia distretta ho invocato l’Eterno ed egli m’ha risposto » (Salmo 120 : 1)
I familiari di
Giovanni Giacomo Lausarot
ringraziano tutti coloro che sono stati
loro vicini in questa triste circostanza
ed in modo particolare il personale medico e infermierìstico dell’ Ospedale
Valdese di Torre Pellice e i pastori
Bruno Bellion e Thierry Benotmane.
Bobbio Pellice, 23 gennaio 1981
(( Ho combattuto il buon combattimento. ho finito la corsa,
ho serbato la fede »
(II Tim. 4: 7)
II 13 gennaio, improvvisamente, all’età di 87 anni ha concluso la sua vita
terrena l’ìngegner
Giorgio Girardet
Tenente Generale del Genio aeronautico. Ne danno l’annuncio i figli Lilia,
Evelina, Enrico con le loro famiglie, i
fratelli Alberto e Elena, i nipoti Giorgio, Franco, Maria, con le loro famiglie. I familiari ringraziano tutti coloro che hanno espresso la loro fraterna simpatia.
Roma, 17 gennaio 1981
AVVISI ECONOMICI
FAMIGLIA di tre persone cerca urgentemente alloggio Torino. Telefono 684397 sera.
Don.
Giovanni GRILLONE
specialista in pediatria
Visita
per appuntamento
presso 1’«Asilo Valdese»
di Luserna S. Giovanni
Via Malan, 3 - Tel 90285
COMUNITÀ' MONTANA
VAL PELLICE
SERVIZIO
GUARDIA MEDICA
notturna - prefestiva - festiva
dal sabato ore 14 al lunedì ore 8
dalle ore 14 della vigilia del giorno festivo infrasettimanale alle
8 del giorno successivo presso
I OSPEDALE WlAURlZiANO - Luserna San Giovanni - Tel. 90884.
Nella notte dei giorni feriali, dalle ore 20 alle ore 8 lescluso sabato, domenica e vigilia dei festivi) presso rOSPEDALE VALDESE - Torre Pellice - Tel. 932433.
GUARDIA FARMACEUTICA
festiva e notturna
DOMENICA 25 GENNAIO 1981
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CALETTO - Via Roma 7 - Tel.
909031.
CHIUSURE INFRASETTIMANALI
A Torre Pellice: martedì chiusa
la farmacia Muston, giovedì chiusa la farmacia Internazionale.
A Luserna San Giovanni; mercoledì chiusa la farmacia Preti,
giovedì chiusa la farmacia Gaietto.
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DOMENICA 25 GENNAIO 1981
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Luserna S.G.: Tel. 90884 - 90205
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dal sabato ore 14 al lunedì ore 8,
dalle ore 14 della viglila dei
giorni festivi alle ore 8 dei giorni
successivi ai festivi
le notti dalle ore 20 alle 8.
II recapito del servizio è presso
la CROCE VERDE di Perosa Argentina - Tel. 81.000.
GUARDIA FARMACEUTICA
festiva e notturna
DOMENICA 25 GENNAIO 1981
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Croce Verde Pinerolo - Tel. 22664
Croce Verde Porte - Tel. 74197
Croce Verde Perosa - Tel. 81000
10
8
23 gennaio 1981
L’INDUSTRIA GIAPPONESE IN ESPANSIONE
In arrivo il pericolo giallo?
Tra i motivi dell’alta produttività i forti investimenti e i rapporti molto stretti tra impresa e lavoro e tra imprese e istituti di credito
Si è di recente concluso con
un nulla di fatto rincontro di
Tokyo tra i costruttori d’auto
europei e giapponesi. Malgrado
alcune espressioni di ottimismo,
in realtà questi ultimi, più che
mai legati alla logica del loro
« export drive », non hanno fatto
alcuna concessione.
Nonostante l’intenzione comune di rinnovare rincontro, si profila all’orizzonte una guerra commerciale senza esclusione di colpi che vede l’Europa sulla difensiva e disposta a ricorrere anche
ad uno strumento grave come il
protezionismo.
E quindi veramente giunto alle
nostre porte il tanto temuto « pericolo giallo »? È esso un pericolo
reale ed in che cosa consiste?
Per tentare di accennare ad
una risposta possiamo considerare per un momento il settore industriale del quale parlavamo all’inizio, prima linea nel confronto commerciale tra Giappone ed
Occidente, e cerchiamo di capire
cosa rende tanto concorrenziale
l’industria nipponica.
Forti investimenti
Punto di partenza di una seppur breve analisi sono i forti investimenti che i giapponesi continuano ad effettuare, malgrado
il calo delle vendite sul mercato
interno; questi hanno tra l’altro
l’effetto di migliorare sempre più
gli impianti produttivi, sviluppando in primo luogo l’automatizzazione, già elevatissima e
punto di forza di questa industria. Conseguentemente si può
registrare una alta produttività
del lavoro, non dovuta quindi
esclusivamente, come troppo ripetuto in Europa, alla rigida autodisciplina degli operai giapponesi, alla mancanza di rivendicazioni salariali e di scioperi e, viceversa, ad un alto numero di
straordinari. Infine non va trascurato un ulteriore elemento di
vantaggio, costituito dai bassi costi di gestione.
Quanto precede è stato riferito
all’industria automobilistica, ma
può essere esteso a tutto il mondo produttivo che presenta analoghe caratteristiche. Una economia quindi che appare estremamente vigorosa e solida pur se
anch’essa con i suoi problemi
legati essenzialmente al reperimento delle materie prime, al
rialzo dei loro prezzi ed alla ripercussione della bassa congiuntura che ha investito tutto il
mondo industrializzato.
Quanto detto finora non ci permette ancora di mettere a fuoco
ciò che ci interessa e ci è quindi
Comitato di Redazione: Franco
Becchino, Dino Ciesch, Niso De
Michells, Giorgio GardioI, Marcella Gay, Aurelio Penna, Jean-Jacques Peyronel, Roberto l’eyrot,
Giuseppe Platone, Luciano Rivoira,
Liliana Viglielmo.
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Direttore Responsabile:
FRANCO GIAMPICCOLI
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intestato a « La Luce: fondo di solidarietà », Via Pio V, 15 - Torino.
• La Luce »: Autor. Tribunale di
Pinerolo N. 176, 25 marzo 1960.
• L’Eco delle Valli Valdesi »: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
necessario considerare i fattori
che caratterizzano il Giappone rispetto all’Europa.
Diverse forme
di collaborazione
Il primo elemento da menzionare è senz’altro la stretta collaborazione che lega in una azione
congiunta e coordinata la Pubblica Amministrazione ed il mondo imprenditoriale. Questa collaborazione non ha praticamente
vincoli giuridici ed è estremamente pragmatica, adeguandosi
all’evoluzione della congiuntura,
sebbene le grandi decisioni di politica economica vengano prese
dal MITI (Ministry of International Trade and Industry). Contrariamente a quanto avviene in
Italia, tuttavia, l’intervento statale non è mai diretto a difendere i settori improduttivi o le industrie passive bensì a favorire
profonde riconversioni per ridare vigore e competitività all’economia.
Un rapporto molto stretto esiste anche tra impresa e lavoro,
dovuto sia alla particolare struttura sociale del Paese, sia al sistema dell’impiego a vita. Questi
elementi fanno sì che i lavoratori
si sentano parte integrante dell’impresa, considerata come una
grande famiglia, i cui dirigenti
non sono visti come degli antagonisti.
Ciò si riflette anche nella quasi
nulla conflittualità e nella massima partecipazione al lavoro
(mancanza di assenteismo, elevata quantità di straordinari ecc.).
Ciò stante l’industria può facilmente giocare sui salari nei
momenti di difficoltà, mantenendo al di sotto del tasso d’inflazione le consuete maggiorazioni annuali e decurtando i cosiddetti
« bonuses », redditi aggiuntivi
piuttosto consistenti corrisposti
due volte l’anno.
Infine, « last taut not least »,
vanno menzionati gli stretti legami tra istituti di credito ed imprese. I primi vengono così ad
assumere una funzione di consulenza, di supporto in particolare
nei momenti di difficoltà. Ciò fa
sì che l’indebitamento delle imprese sia molto elevato senza
tuttavia creare particolari problemi. Tale rapporto è eccezionalmente stretto nel caso delle
« holdings », di cui l’istituto di
credito costituisce il cuore.
Breve cenno è necessario fare
anche alla struttura della commercializzazione, caratterizzata
dalle gigantesche « trading companies », le quali grazie alle loro
dimensioni e vasto campo d'azione, all’organizzazione ed all’estensione delle loro reti estere, sono
in grado di condurre una agguerrita azione di penetrazione sui
mercati esteri.
Una indicazione chiara nel confronto tra Giappone ed Occidente si ricava da una indagine effettuata dalla Dresdner Bank,
che pone in raffronto il costo
del lavoro e la produttività tra i
suddetti Paesi. Si può osservare
che il valore della produzione
per unità di costo salariale in
Giappone è il più elevato tra i
paesi considerati, mentre giapponesi sono i più bassi costi salariali per unità di prodotto, indicando quest’ultimo fattore non
solo bassi salari, bensì anche una
alta produttività degli impianti.
Tutti questi elementi, qui rapidamente considerati, fanno del
Giappone un agguerrito e temibile concorrente, tanto più in questo momento in cui una certa
flessione del mercato interno
spinge molte industrie ad intensificare la corrente esportativa.
Come il Giappone
vede l’Europa
E quindi giusto parlare di « pericolo giallo »? Realmente il mondo imprenditoriale nipponico e
le autorità economiche non si curano delle conseguenze e delle
reazioni che il loro « export drive » potrebbe causare nei Paesi
occidentali?
quindi per un
Giappone vede
Consideriamo
istante come il
l’Europa.
Da parte nipponica si auspicano scambi reciproci sempre più
liberi, in nome della libera concorrenza, pur se in questo particolare frangente, tenuto conto
delle difficoltà che stanno attraversando le economie europee,
non viene considerato con particolare avversione un periodo di
tregua. Temendo oltre ogni cosa
il protezionismo, i giapponesi
preferiscono piuttosto giungere
ad un accordo che eviti il blocco
alle loro esportazioni. D’altra parte ciò che essi richiedono con insistenza è l’abolizione dei contingenti ancora numerosi nei confronti delle loro merci, specialmente in Italia, e soprattutto
una omogeneizzazione nell’ambito CEE, che possa rendere questa realmente interlocutore unico.
Ma l’accusa che essi principalmente rivolgono all’Europa è di
pigrizia, sia nel ridare slancio
alla propria industria, rendendola moderna e competitiva, sia nelTaffrontare i mercati esteri.
Oltre a ciò il fondamentale individualismo europeo — affermano ancora — non si adatta
alla struttura industriale della
produzione in serie, che richiede
viceversa maggiore compattezza.
Infine, elemento negativo della
economia europea è la sua scarsa adattabilità alle nuove situazioni, come hanno dimostrato le
due crisi energetiche.
È purtroppo vero che gran
parte delle accuse rivolte dal
Giappone all’Europa non possono essere smentite. Quest’ultima
nei momenti di difficoltà cerca
sovente un capro espiatorio e
con un processo di rimozione
trasferisce ad altri le cause dei
propri problemi. Attualmente
questo capro espiatorio è sempre più spesso il Giappone. È
vero che questo è aggressivo, potente e oppone ancora ostacoli
ad un libero ingresso dei pro
dotti esteri sul proprio mercato.
Ma è anche vero che l’Europa
ha accumulato enormi ritardi
nella struttura produttiva, nella
ricerca, nella gestione aziendale
e nella struttura della commercializzazione.
Pericolo europeo?
Nei confronti del Giappone pochi, mal coordinati e dispersivi
sono gli sforzi di penetrazione
commerciale; scarso l’impegno a
conoscere a fondo il Paese e la
sua realtà sociale ed economica.
L’Europa ha senz’altro bisogno di porsi per alcuni anni al
riparo da gravi minacce com
merciali, ma questo periodo deve servire a ristrutturare il tessuto produttivo per ridare nuovo slancio alla produzione e raccogliere le forze per affrontare
con rinnovato slancio i mercati
esteri, in particolare quello nipponico. Ma guai se questa difesa
dovesse provocare un ulteriore
abbandono alla propria pigrizia,
e guai se i Paesi europei continuassero a presentarsi in ordine
sparso.
A questo punto è ancora possibile parlare di « pericolo giallo » o non dovremmo piuttosto
temere il « pericolo europeo », pericolo di una involuzione autodistruttiva dell’Europa?
Carlo Vicari
COSTRUIRE LA PACE
Costarica: un paese
senza esercito
Il numero di dicembre del « Notiziario MIR » (Movimento Internazionale della Riconciliazione) pubblica un articolo, tratto dalla
consorella rivista inglese che descrive la singolare situazione della
repubblica del Costarica per quanto riguarda le forze armate. Ne
offriamo ai lettori i passi più interessanti, come valido contributo
alla nostra rubrica. Tutti i Paesi del mondo pensano a potenziare
ed a “migliorare" sempre più le loro attrezzature belliche. E’ proprio dei giorni scorsi la notizia che la nostra nazione non ha apportato “tagli” all’acquisto di ben cento “Tornado" il sofisticato caccia
europeo, dal costo di 17/18 miliardi per esemplare. Tanto più dunque la notizia di questa nazione “disarmata" è degna di attenzione
e di segnalazione.
Da oltre 30 anni il Costarica
ha sciolto le sue forze armate.
Questa nazione è una delle più
piccole repubbliche centro-americane, tra il Panama ed il Nicaragua. E’ grande circa la metà
della Gran Bretagna ed ha due
milioni di abitanti. L’economia è
quasi interamente agricola e relativamente povera, ma il suo
prodotto nazionale lordo resta
uno dei più alti fra i suoi immediati vicini (forse proprio a causa della mancanza di spese belliche, n.d.r.).
Il Costarica è stato definito
una « oasi di democrazia in un
oceano di dittature »: ogni 4 anni si eleggono con voto popolare
il Presidente ed il Parlamento ed
ora anche il partito comunista
(che era stato messo al bando
fino al 1974) può fare la sua propaganda.
Chiese e stile biblico
(segue da pag. 3)
Il mondo di utopia?
Sarebbe sbagliato di pensare
che le chiese di cui ci occupiamo
pensino di contribuire alla creazione del « mondo di utopia ».
« Il miglioramento delle condizioni di vita è importante, particolarmente per i paesi in via di
sviluppo come il nostro. Bisogna
tuttavia ricordarsi che la felicità
dell’uomo non dipende soltanto
dalla ricchezza, né dalla conoscenza, né dalla salute. Queste
cose sono utili, ma se vi separano da Dio, diventano degli strumenti di distruzione per se stessi e per gli altri (...). Tanto la
Chiesa che lo Stato, ciascuno
nella sua sfera devono lottare
contro quei flagelli che sono la
disgrazia del popolo ed aumentano ogni giorno, come l’alcoolisino, le droghe, i cattivi costumi, il furto, l'assassinio, la corruzione, i vizi di ogni sorta. Lo
Stato lo farà per mezzo della
legge (...) attraverso la creazione
di posti di lavoro per i disoccupati, reprimendo il male. La
Chiesa lo farà incoraggiando,
ammonendo, educando c operando in vista del rinnovamento morale. D'altra parte, l’avvenire del
nostro popolo è inquietante se
lo si considera dal punto di vista dell’insegnamento e dello sviluppo. Sembra che il livello culturale degli allievi diminuisca,
cosa che merita tutta la nostra
attenzione ». (Mad.).
La Chiesa del Lesotho rivendica con particolare vigore l’importanza ed il significato del suo
lavoro sociale (ospedali, scuole)
e formativo (pubblicazioni, giornali). A proposito del giornale
la Chiesa afferma: « La nostra
tipografìa di Morija ed il giornale Leselinyana (= piccola luce) hanno lo stesso scopo: dif
fondere la parola di Dio. E’ un
compito talmente immenso che
la Chiesa non ha mai voluto
chiamare il suo giornale « Luce »
perché la vera luce è Gesù. (...)
Il nostro scopo è di aiutare la nostra nazione a conoscere sempre
meglio Dio ». Questo, considerano i fratelli basotho, può avvenire anche attraverso un’informazione quanto più possibile
completa, che metta tutti in grado di prendere una posizione responsabile, per i credenti a partire dalla loro fede.
Concludendo: molti elementi
della riflessione di queste chiese
fanno anche parte delie nostre
preoccupazioni.
Ciò che è rallegrante è il senso di dignità con cui i credenti
africani prendono posizione nei
confronti dello Stato e il coraggio con cui contribuiscono alla
ricerca di tutti. C’è da augurarsi
che, come è vero anche per noi,
non si lascino prendere la mano
dalla tentazione del « sociale » a
tutti i costi e che mantengano
un atteggiamento aperto ma critico e non privo di un certo distacco nei confronti del mondo
dei politici. Non senza per questo
incoraggiare quelli di loro che
assumono impegni neH'amministrazione dello Stato a farlo con
spirito libero da pastoie di qualsiasi genere, volto al servizio e...
pronti ad essere proprio per questo respinti dai più! Per tutto
questo rimane estremamente importante che vi siano dei legami
molto vivi tra noi e loro, tra loro e noi, perché il colonialismo
è una pagina chiusa ma il servizio comune non fa che cominciare, se così vorrà il Signore della
Chiesa e del mondo.
Giovanni Conte
[1] D'ora in poi citeremo:
« Mad. » e « Les. » per Chiesa
Madagascar e Lesotho.
Lo scioglimento dell’esercito
avvenne dopo una sanguinosa
guerra civile scoppiata dopo le
elezioni del 1948. Lo sconfitto governo uscente rifiutò di accettarne il risultato e le dichiarò nulle.
Le stesse famiglie erano divise in
quanto alcuni combattevano a
fianco del governo ed altre contro. I fratelli uccidevano i fratelli, letteralmente. L’esercito regolare, schierato col governo,
venne sconfitto, con l’aiuto della
Legione Caraibica. Al termine
della lotta, sciolta la Legione e
di fronte alla generale esecrazione per la strage compiuta vi fu
la richiesta dell’abolizione delle
forze armate. Un anno dopo, il
Governo ebbe il coraggio di
emendare la Costituzione disponendo lo scioglimento dell’esercito, con la possibilità di mobilitazione per la difesa.
Successivamente, il Governo
sconfitto e fuoriuscito nel vicino
Nicaragua tentò di riconquistare
il Paese, con l’aiuto di questa nazione. Ripresero gli scontri ed i
costaricani denunciarono alTQSA
(Qrganizzazione degli Stati Americani) l’invasione. Vennero allora fatte pressioni diplomatiche
sul Nicaragua che ritirò il sostegno ai ribelli e l’invasione ebbe
termine. E’ importante notare
che furono esercitate solo pressioni diplomatiche e non militari: è forse la prima volta che
una simile cosa è successa.
Nel 1955 ci fu una seconda
tentata invasione, ma con un
nuovo ricorso all’OSA la situazione fu ancora normalizzata: alcuni « ribelli » vennero perdonati e
poterono tornare a vivere in Costarica.
Nel 1979 il ministro della sicurezza costaricano propose di acquistare alcune batterie antiaeree e dei caccia, ma la compatta
opposizione della popolazione
mandò a monte il progetto.
Durante una sessione speciale
dell’QNU dedicata al disarmo il
Costarica ebbe modo di precisare alla pubblica opinione mondiale la sua situazione: mentre
voi parlate di disarmo, noi l’abbiamo messo in atto più di 30
anni fa.
L’intervento, praticamente ignorato dalla stampa mondiale,
mise in rilievo la differenza fra
le gigantesche spese per gli armamenti e quelle — misere —
riservate allo sviluppo economico e sociale. Il Costarica avanzò
anche la proposta concreta di
una riduzione del 10% delle spese militari con la parallela costituzione di un Fondo per lo sviluppo. Essa non è stata raccolta
mentre invece è stata accettata
dall'QNU la proposta della fondazione di una Università per la
Pace. Nel frattempo le isole Seychelles e Gilbert hanno seguito
l’esempio costaricano sciogliendo le proprie forze armate.
Roberto Peyrot