1
ECO
DELLE mm VALDESI
Sellimanale
della Chiesa Valdese
Anno 99 - Noin. 22
Una copia Lire 60
ABBONAMENTI
Í
Eco; L. 2.500 per l’interno
L. 3.500 per l’estero
Spedizione in abbonamento postale - 1 Gruppo bis
Cambio di indirizzo Lire 50
TORRE PELLICE - 30 Maggio 1969
Aiiimiu Claudiana Torre Pellico . C.CJP. 2-17557
DOPO LO VUOTARSI RELATIVO) DELLE CHIESE, SI SVUOTERANINO I PULPITI?
Miti e realtà della predicazione
Che la predicazione sia oggi, come tante altre
cose, in crisi, è un luogo comune; lo è aH’interno
delle chiese, dove è chiaro che i membri non si
pigiano nei banchi per ascoltarla, lo è all’esterno
delle chiese, dove solo "vedette” del tipo di Billy
Graham e la sua organizzazione — con tutta l’ambiguità che circonda le imprese di queste benintenzionate persone — fanno folla di pubblico, e
nemmeno in tutti gli ambienti e in tutti i paesi.
Del resto questa crisi è avvertita dolorosamente
da molti che in chiesa ci vengono e in modo intenso dai predicatori stessi: lo ha mostrato, fra
noi, il dibattito sinodale 1968, quello che è segu'Ao,
nel corso dell’anno, in molte comunità, e ultimamente quello che si è avuto alla sessione sinodale
congiunta metodista-valdese, di cui riferiamo in 3"
pagina. È un dibattito che, anziché tendere a un
chiarimento, anziché portare a una più approfondita presa di coscienza del « guai a me se non annuncio l’Evangelo ! », mi pare portare a un vero
svuotamento della predicazione, come già ho avuto occasione di scrivere.
Non sono toni allarmistici: un pastore valdese
a partire dalla domenica di Pasqua ha rifiutato di
continuare a presiedere il culto e a predicare nella
sua comunità; quello che stupisce, in questa pesante decisione, è il fatto che non è — o almeno
non sembra — avvertita come una debolezza personale, ma la responsabilità di questa situatone
di sofferenza viene piuttosto rigettata sulla chiesa; ovviamente non tanto sulla singola comunità
locale, quanto sulla chiesa storica nella sua configurazione attuale, che di fatto nel suo modo di essere e di vivere neutralizzerebbe la predicazione più
seria e fedele e ridurrebbe il predicatore a prete.
Sebbene con minore asprezza, queste note sono
risuonate anche nel corso delle recenti giornate sinodali romane : da un lato, le « strutture » della
chiesa vincolerebbero e al limite bloccherebbero la
predicazione, svirilizzandola; dall’altro la predicazione corrente sarebbe oggi incomprensibile, o peggio insignificante per gli uomini (per tutti, solo
che «quelli di dentro» si autoilludono) e la Parola necessiterebbe di una traduzione radicalmente
nuova nel linguaggio odierno, memori dell’affermazione di Paolo secondo cui è preferibile dire
quattro parole intellegibili piuttosto che fare un
lungo discorso di fatto inintellegibile.
Vorrei presentare alcune considerazioni su queste due obiezioni fondamentali, cominciando dalla seconda.
Premetto che non contesto il senso
di ratta la ricerca odierna sul problema del linguaggio: chi non si rende
corto di come le parole divengono
vui re o ambigue? Ce ne accorgiamo
anc ne nel nostro modesto lavoro su
queste colonne, lo sforzo per spiegarsi
e ’;trsi comprendere diviene sempre
più pesante, e a volte scoraggiante. E
ogri; pastore avverte questa opacità
diffusa della sua predicazione.
Occorre, tuttavia, non fare un mito
di liuesta situazione, e proprio in questi giorni ho letto alcune pagine di
Jac'iues Ellul: Note innocenti sul
« pr - blema ermeneutico », contenute in
una raccolta di saggi in omaggio a
F. \ Leenhardt, L’Evangile, hier et
auji.iurd’hui; queste pagine mi paiono
di ' ivo interesse per la questione che
ci preoccupa, e cercherò di riassumerle qui brevemente.
I. problema « ermeneutico » è, in
gergo teologico, il problema di interpretare e "tradurre”, per ogni generazione, la Parola di Dio che è stata “fissata” un tempo in una data testimonianza storica. È evidente che questa
traduzione è necessaria, ed è questa la
predicazione; altrimenti sarebbe sufficiente la pura e semplice lettura della Hibbia. Tuttavia l’importanza di
questo problema di traduzione rischia
attualmente di diventare pletorica, fino :: soverchiare quella dellu Parola
stessa.
Se' ondo J. Ellul, si parte spesso, oggi, da quattro presupposti ammessi come verità indiscusse e quindi mai dimostrate; 1) il linguaggio nel quale
gli autori biblici hanno scritto la rivelazione era il linguaggio ordinario,
quotidiano del loro tempo; 2) i miti
che esprimevano il contenuto della rivelazione erano l’espressione normale
deH’innbiente intellettuale in cui vivevano gli autori biblici, costituivano il
loro mezzo culturale per esprimere il
loro pensiero; 3) oggi invece il linguaggio biblico non ha alcuna correlazione con il nostro, e quindi non ci
trasmette nulla; 4) affermatasi una
nuova mentalità, i miti biblici hanno
perso per noi ogni significato. Questi
presupposti poggiano a loro volta su
due postulati : a) il pensiero primitivo
assume una forma mitologica, mentre
b) il pensiero moderno è razionale.
Tutta questa costruzione va soggetta a critica rigorosa, e l’Ellul vi si dedica con una delizia che ho sentito
contagiosa, con una finezza e acutezza che mi è parsa corroborante.
Cominciamo dai postulati : basta pensare, due esempi fra i tanti, alla scuola
scientifica di Alessandria, dalla quale è uscito Archimede, o al pensiero
giuridico romano, per mettere fortemente in dubbio il primo; il pensiero
antico conosceva dunque altre forme e
dimensioni oltre a quelle mitologiche,
poteva seguire linee rigorosamente
scientifiche e razionali. D’altro lato
appare per lo meno azzardato affermare che l’uomo contemporaneo è divenuto razionale : è stato razionale il
genocidio antisemita? sono razionali
molti dei conflitti attuali (malgrado le
parziali spiegazioni liberali o marxiste)? è razionale la voga degli oroscopi? come si reggerebbe, in un uomo
razionale, la colossale macchina pubblicitaria? In realtà, sia pure in proporzioni diverse, vi è sempre stata una
mescolanza di razionale e d’irrazionale. di mitico e di logico, di sperimentale e di inconscio.
Ma allora anche i presupposti di cui
sopra sono messi in discussione. Per
Quanto riguarda la prima coppia di
essi, cioè la situazione all’epoca degli
scrittori biblici, se è vero che l’autore
biblico "comprendeva” la Rivelazione
^1 Dio nel proprio apparato concettuale, si trattava però della Rivelazione e di Dio, il che evidentemente scon''olgeva tale apparato, altrimenti Dio
sarebbe stato ridotto a puro oggetto
'berte; e infatti gli autori biblici non
Parlano il puro e semplice linguaggio
quotidiano di tutti, e i miti, il linguaggio di cui si servono sono lungi dall’essere familiari ed evidenti a tutti:
come spiegarsi, altrimenti, tanti malintesi, incomprensioni, fraintendimenti? In altri termini, per i contemporanei di Isaia o di Gesù non era più
facile comprendere ciò che essi dicevano, di quel che non sia per noi oggi.
Per ciò che concerne invece la nostra situazione odierna, è inesatto dire
che il linguaggio biblico è oggi inadeguato e al limite inintellegibile: esso è costituito largamente da parole
della lingua corrente — grazia, amore,
fede, speranza, ecc. — che non sono
fraintese oggi più, o meno, di quel che
lo fossero all’epoca dei testimoni biblici. Altrettanto inesatto è affermare
che la conoscenza scientifica abbia radicalmente trasformato l’uomo di oggi: questi può avere compreso benissimo, ad esempio, in che consiste il fenomeno della morte, eppure continuare ad averne paura, costruendo quindi
dei miti di difesa; oppure può comprendere tale fenomeno in un’altra dimensione, accettando la parola della
Rivelazione di Colui che nel variare
dei tempi rimane il medesimo, ieri,
oggi e in eterno.
Insomma, se è evidente che in forte
misura l’attuale passione di "tradurre”
l’Evangelo in linguaggio comprensibile all’uomo odierno è in fondo una
passione evangelizzatrice, c’è da chiedersi se ' essa non riposi largamente
su presupposti assai discutibili. Inoltre, se è vero che occorre evitare all’incredulo scandali fasulli, per esempio ponendo in modo falso il problema scienza-fede, non si può dimenticare che comprendere razionalmente,
logicamente il senso di un testo biblico non significa ancora affatto, di per
sé, intenderne e riceverne il messaggio: l’elemento decisivo è qui la fede,
cioè l’intervento di Dio, la testimonianza interiore dello Spirito Santo.
La predicazione di Elia come quella
del più modesto predicatore di oggi
poggia interamente sulla fiducia che
Dio vuole rivelarsi e parlare agli uomini, dei quali afferra sovranamente il
linguaggio.
È vero, nella nostra società odierna
assistiamo alla crisi del linguaggio;
abuso di esso nella pubblicità, propaganda, gigantesca logorrea dell’informazione ove caterve di informazioni
insignificanti sono mescolate alle po
che significative, ripetizioni innumerevoli e ossessive in comunicati, messaggi, ragionamenti di ogni genere (culturali, politici, ecc.), banalizzazione della
comunicazione umana, apparizione del
linguaggio specifico delle macchine,
questi e altri fenomeni tendono a vanificare il linguaggio, a privarlo di significato, e quindi alla perdita di ogni
certezza.
Tutta questa problematica non deve
però ipnotizzarci — afferma TEllul —
e distoglierci dal fatto costitutivo della
fede : vi è un « Io » che parla, il Dio
di Gesù Cristo p-arla la Parola che ci
rivolge, che mi ri'- olge, per dirmi qualcosa. La larga perdita di significato del
linguaggio non è in dato di fatto indiscutibile, è invece una conseguenza del
peccato, ma la fede in (]resù Cristo mi
insegna che la Parola ha un senso e
che nella Rivelazione io ricevo una parola significante, consistente, la quale
si impone al linguag^o, rifiuta la crisi
del linguaggio, ne r.^e, « mi raggiunge.
Se si vuole essere V servitori della Parola », bisogna accettarne le regole di
gioco, bisogna credere che chi convince gli uomini è unicamente e pienamente lo Spirito di Dio, non la attualità delle nostre parole, l’aggiornamento del nostro linguaggio. Questa attualizzazione è senza dubbio il nostro
compito di predicatori e di testimoni
del Dio di Gesù Cristo, non siamo dei
« lettori » della Scrittura ; ma tale nostro compito è tutto immerso nella
sovrana significanza della Parola di
Dio ; essa non torna a lui a vuoto, senza aver condotto a termine ciò per cui
l’ha rivolta (Isaia 55). Chi ha orecchi
da udire, ode. Noi non siamo veramente nient’altro che dei testimoni, non
siamo dei mediatori.
Questo mi porta a rispondere alla
prima delle obiezioni alla predicazione
« tradizionale », menzionate iniziando :
le « strutture » della chiesa vincolerebbero e al limite bloccherebbero la predicazione, svuoterebbero l’Evangelo
predicato. Il discorso mi pare ritorcibile, almeno in patte: l’Evangelo è star
to veramente predicato? Dove e quando lo è stato, esso ed esso soltanto e
con maggiore approssimazione di pienezza — nell’epoca apostolica, nei movimenti evangelici del tardo Medioevo,
all’epoca della Riforma, soprattutto —
non soltanto ha suscitato ascolto e discepolato, accanto all’inevitabile riflu
'!• ■iiimiiiiMiiMiiiiiimiimimmMiiiMMt
iiiiiiiiHiiiiiimiiMimmiiMmiiiiiMiiiiiiMi
Un "maniieslo nero
Quel che i negri americani chiedono alle Chiese come “riparazione,,
fi
Netv York (epd). - È stala ufficialmente
tra.smessa a parecchie Chiese protestanti come
a quella cattolica romana la richiesta che movimenti radicali neri hanno rivolta alle comunità cristiane ed ebraiche degli U.S.A.,
richiesta di pagare 500 milioni di dollari (oltre 300 miliardi di lire) quale « riparazione»
ai neri sin qui sfruttati. La richiesta è contenuta in un « manifesto nero » che la « prima Conferenza nazionale per lo sviluppo economico dei neri » ha formulato e diffuso al
principio di maggio, a Detroit. Ai bianchi
viene richiesto che usino la medesima « pazienza, tolleranza, nonviolenza », che sinora
essi si erano aspettala dai neri. Quindici dollari per ogni nero costituirebbero unicamente
l’inizio di una riparazione alla quale ha diritto un popolo sfruttato, umiliato e perseguitato.
.Alla Chiesa luterana d’America sono stati
richiesti 50 milioni di dollari, quale sua partecipazione a tale riparazione.
Invece, secondo la richiesta presentata
all’arcidiocesi di New York, la Chiesa cattolica romana deve versare in totale 200 milioni
di dollari al « programma di riparazione ».
Inoltre le è stato richiesto di rendere eonto
dei suoi beni immobili e di dirottare pure una
certa percentuale dei redditi relativi a favore
dei progetti di sviluppo sociale ed economico
dei neri.
Il « General Board », il comitato direttivo
del Consiglio delle Chiese negli U.S.A. si occuperà di queste richieste in una sessione del
suo comitato esecutivo, il 23 giugno. Nel frattempo esso ha pregato le Chiese-membro di
prestare al manifesto « la più seria attenzione ».
Già la scorsa settimana il « Manifesto » è
è stato trasmesso a due personalità direttive
della Chiesa Episcopale, il vescovo Stephen
Bayne e il vescovo Brooke Mosley. Nell’atto
di riceverlo il vescovo Bayne ha definito la richiesta giustificata, in linea di principio, ma
ha detto di considerare «irragionevole », da
parte dei neri, pensare di potere ottenere dalli Chiesa del denaro per la via cosi scelta.
« Siamo un’istituzione del tutto senza potere,
totalmente dipendente dai contributi dei membri di chiesa, e questo genere di tattica di
confronto non condurrà a nulla ».
to dell’incredulità, ma ha inciso profondamente sulle strutture della Chiesa, e indirettamente della società stessa. Questo è l’ordine, e non può essere
assolutamente invertito, così com’è vero che non possiamo passare davanti
a Dio. È l’Evangelo predicato che forma e riforma la Chiesa, non è una
Chiesa ristrutturata a facilitare una
nuova comprensione delTEvangelo. Il
movimento pentecostale, il solo che
abbia oggi una presa evangelistica considerevole, è una riprova di quest’ordine : non un nuovo culto ha reso possibile una nuova comprensione delravangelo, ma un Evangelo nuovamente annunciato con potenza (anche se
con serie limitazioni delle sue dimensioni) ha creato una nuova chiesa e
un culto nuovo.
Non dimentico le parole conclusive
della predicazione (« Io non mi vergogno delTEvangelo, poiché esso è potenza di Dio per la salvezza di ogni credente », Rom. 1 ; 16) ricevuta dal pastore e professore V. Subilìa, il giorno
in cui mi è stato, con altri, affidato il
ministero della Parola; «La sostanza
e la verità di questa parola dell’Apostolo si scolpisca in voi e faccia di voi
dei ministri del Signore Gesù Cristo,
presi e animati dalla potenza del Suo
Spirito. E ora, a nome di tutta la
Chiesa, noi vi diciamo: ricordatevi di
questa parola che o^, insieme con
noi, avete ascoltato. In quest’ora solenne in cui vi accingete ad andare e
a parlare nel Nome Suo, noi vi diciamo: che la forza di questa Parola vi
accompagni in tutto il vostro ministero. Ricercate con preghiera fiduciosa,
con preghiera che non si lascia fiaccare daUe smentite e dai silenzi di Dio,
con preghiera costante questa presenza, senza la quale tutte le vostre capacità, tutti gli apparati ecclesiastici possono essere delie ossa secche senza
vita. Affinché non avvenga che dopo
la lunga preparazione tecnica a cui
siete sottoposti, voi siate dei tecnici
del ministero, ma privi del mistero e
della grazia di quella forza Sua che
sola rende autentico un ministero cristiano e che sola lo rende autorevole
presso coloro che vi saranno affidati,
che sola vi può rendere atti a maneggiare con efficacia e con successo gli
strumenti che noi vi abbiamo messo
nelle mani. Affinché non accada che
voi abbiate a venir meno nella fede in
questa potenza, abbiate a considerare
TEvangelo una debolezza e abbiate a
vergognarvi delTEvangelo, andando alla ricerca di altre forze su cui fondare
il nostro ministero. Gli uomini che
v’ incontrano rimarrebbero profondamente delusi da voi, perché troverebbero presso di voi certi conformismi di
attualità, un certo intuito spirituale,
una certa capacità professionale acquisita durante lunghi anni di ministero — quella che nei nostri ambienti
si usa chiamare "esperienza pastorale" — ma non troverebbero quello che
cercano di fatto. Non siate timidi a
parlare dell’Evangelo, non lasciatevi
prendere dalla tentazione di ridurre e
semplificare TEvangelo rendendolo banale, nel timore che TEvangelo sia
troppo diffidle e complicato per gli uomini che vi ascoltano: formate voi
con TEvangelo negli uomini la mentalità nuova capace di capire TEvangelo,
nella convinzione che né l’ignoranza
né la cultura possono essere di ostacolo alla potenza trasformatrice e formatrice delTEvangelo. Non lasciatevi
troppo impressionare dell’incredulità
del mondo e dalla poca fede della
Chiesa e non prendetele troppo sul serio, perché questo sarebbe un segno
che non prendete abbastanza sul serio
la potenza delTEvangelo e la sua capacità di fare tutte le cose nuove. L’Evangelo da voi annunziato sia "dimostrazione’’ di potenza (1 Cor. 2: 4),
affinché la fede di quelli che vi saranno dati, sia fondata su Dio e su Dio
soltanto ».
Gino Conte
Le Chiese protestanti svizzere
di fronte al problema
de^li immigrati
Ginevra (bip) — Il Consiglio della
Federazione delle Chiese protestanti
della Svizzera ha recentemente sottoscritto una dichiarazione dal titolo;
« Lavoratori stranieri e responsabilità
cristiana ». L’iniziativa contro la « sovrapopolazione straniera » che tende a
ricondurre obbligatoriamente la percentuale stranieri a 1/10 della popolazione svizzera ha indotto a questo passo il Consiglio della Federazione che
attira l’attenzione delle chiese membri, particolarmente sui punti seguenti:
— Beneficiari dei vantaggi dell’espansione economica, dobbiamo anche
accettare i carichi supplementari che
ne derivano ed anche i pericoli provocati dall’afflusso nel nostro paese di
mano d’opera straniera. Riteniamo
tuttavia che dev’essere possibile risolvere i problemi fondamentali che ci
vengono posti, rispettando la dignità
umana e i diritti fondamentali dell’uomo, come sono postulati dalla fede cristiana e garantiti dalla nostra
Costituzione.
— Gli argomenti addotti per difendere questa iniziativa, la nostra preoccupazione di preservare i diritti dell’uomo, la pace confessionale e l’unità
del paese, ci obbligano a nostra volta
a prendere posizione. In effetti, coloro
DomBnioa 8 Giugno
Giornata
detremigrante
che immaginano che tale iniziativa salvagxiarderebbe Tintegrità del nostro
patrimonio rischiano, al contrario, di
comprometterla con delle polemiche
passionali nell’intero' paese.
— Riteniamo che si possa trovare
una soluzione in una duplice prospettiva;
a) i lavoratori stranieri sono necessari al mantenimento ed allo sviluppo della nostra economia e dei servizi pubblici. Accogliamoli non solo come dei lavoratori che contribuiscono
ad assicurarci il nostro benessere ma
ancora e soprattutto come prossimo
nostro facendo tutto quel che possiamo per migliorare e favorire il loro
soggiorno o la loro integrazione nel
nostro paese;
b) seguiamo la formazione professionale e psicologica di coloro che
vengono a lavorare da noi, affinché
possano far beneficiare il loro paese
delTesperienza che avranno acquisita.
In questo modo, i paesi di emigrEizione avranno la loro partecipazione alla
espansione economica del nostro
paese.
siiinliiiNimtMiiMimtiimiMiiinniiiiimiiiiiMiiiiiiiiii
iniiiiliimiliiiiiiiiiKiHi
tiKimiiniiiiimMiiimmiimMiMiiiiiiiitiiiiiiiiiiiMiiKiiiiiiiiimiiimiiiii
A PALERMO
(jentfo pei' l’emigrazione
siciliana in Europa
C/n servizio curato dalla
Federazione evangelica
Come è stato già annunziato, si è costituito a Palermo, sotto gli auspici del
Comitato per le Migrazioni della Federazione delle Chiese evangeliche in
Italia, un Centro per l’Emigrazione Siciliana in Europa, con lo scopo di studiare le possibilità di assorbimento di
manodopera in loco, di una eventuale
emigrazione, ed infine di aiutare gli
emigrati con informazioni valide e
corsi di lingue.
Le difficoltà incontrate sono state
molteplici e fra di esse le maggiori sono costituite da mancanza di collaborazione. Ciascuno custodisce gelosamente il proprio servizio e non desidera farne parte agli altri. Mai come
oggi si è parlato di collaborazione e
mai come oggi ci si trova dinanzi a
porte chiuse, sia per mancanza di tempo da parte di chi dovrebbe interessarsi al problema, sia perché la maggior parte, anche nelle nostre chiese,
non sente il problema.
Dobbiamo invece riconoscere che le
chiese dei paesi di immigrazione del
Nord Europa hanno affrontato il problema con senso di responsabilità ed
hanno cercato di aiutare in molti modi i nostri connazionali che si trovano
{continua a pag. 4)
2
Pag. 2
N. 22 — 30 maggio 1969
In margine, o al centro, de'la discussione sugli Istituti di istruzione alle Valli
Pedagogia o antipedagogia ?
In questi ultimi anni, per un fenomeno facilmente comprensibile, la psicologia e la pedagogia sono diventati
termini di attualità, usualissimi, addirittura conformistici, non solo in campo educativo, ma in qualsiasi altro
settore, da quello politico e commerciale a quello religioso. Ma a questa
massiccia ed improvvisa diffusione è
mancata una preparazione di fondo,
che giustifichi un ricorso così frequente a scienze ben definite nel contenuto e nei metodi, tanto che oggi dobbiamo lamentare una pericolosa incoerenza che così possiamo riassumere: da un lato, l’attribuzione alla
psicologia ed alla pedagogia di compiti che non rientrano nella sfera delle loro rispettive finalità e, dall’altro,
una designazione del vero scopo di
queste scienze, dovuta appunto all’uso
arbitrario che ne è derivato.
Questo stato di fatto non è senza
conseguenze, prima di tutto perché
fonte di grossi equivoci e di facili illusioni e poi perché spesso, in nome
dell’ossequio alla scienza, si dimentica il vero protagonista del problema
che è l’uomo e — nel nostro caso —
10 studente.
Per questo motivo, ho deciso di entrare in merito alla discussione che,
attraverso la stampa ed in seno alle
varie Comunità, si è accesa talvolta in
maniera addirittura polemica intorno
al problema della conservazione, della
riforma o della chiusura degli Istituti
di istruzione alle Valli. Tuttavia, proprio per evitare di cadere nell’equivoco della polemica a se stessa, penso
sia utile rivedere e riflettere su alcuni
temi di fondo, affrontandoli da un
punto di vista psico-pedagogico.
Si tratta di una riflessione forzatamente succinta, a carattere leggermente diverso da quanto udito o letto su
queste pagine, ma proprio per questo
speriamo possa presentare qualche
spunto di interesse. Premetto che non
mi soffermerò sulla questione finanziaria e statistica, e neppure su quella
della testimonianza evangelica, già
trattate da altri, e che ho condensato
le proposte in una sola, alla fine, per
rendere più semplice il discorso, anche perché ritengo che — per il momento — sia superfluo pensare a « soluzioni di contorno », a proposte pluridimensionali che rendono evanescente un discorso che invece ha bisogno
di molta precisione.
11 richiamo aiia psicoiogia
Spesso, si sente dire che molti dei
mali della scuola contemporanea sono
la diretta conseguenza di un disconoscimento delle più elemptari regole
della psicologia e, quindi, di un’arretratezza in campo metodologico e didattico. Questo discorso, esteso a tutti i livelli, può farci cadere in un pericoloso equivoco, allorché ci' si illuda
di poter fare ricorso alla psicologia
per ottenere subito una scuola veramente nuova.
Quando ci si avventura su questa
strada, è segno che non si è compreso
il valore di una scienza come la psicologia applicata all’educazione. Infatti,
essa ha come scopo di studiare le
« strutture » mentali e comportamentali dell’individuo e non è affatto in
grado di dirci quali vie l’insegnante
deve scegliere per adattare la materia
a queste strutture e per « comunicarle » a chi lo ascolta. La psicologia analizza le varie fasi attraverso cui passa
l’evoluzione di un individuo e sottolinea il diverso tipo di approccio alla
realtà che un bambino o un giovane
adotta rispetto all’adulto.
Queste osservazioni sulla specificità
delle strutture mentali giovanili hanno indotto gli educatori a cercare di
« adeguare la materia » ai vari gradi
e livelli evolutivi e, soprattutto, ad individualizzare l’insegnamento, consapevoli dell’inesistenza di una omogeneità psicologica all’interno di una
classe.
L’adeguamento didattico e l’individualizzazione, però, oltre ad essere una
conseguenza degli studi psicologici e
non la psicologia essi stessi, pur essendo dei validissimi traguardi, hanno fatto dimenticare due cose molto
importanti. La prima riguarda il fatto
che, anziché puntare tanto sul perlezionamento e sulla individualizzazione
deW'insegnamento, occorre approfondire il concetto di apprendimento,
mettendo in primo piano lo studente
rispetto alla materia. Questa nuova dimensione permette di introdurle nuove modalità educative, come I insiemistica o lo strutturalismo linguistico,
che non rappresentano un virtuosismo
didattico ma la vera e unica risposta
a determinate richieste cognitive dello studente. Molto attivismo — e oggi
siamo ben oltre l’attivismo! — non ha
dato risultati positivi proprio parche
si è fidato di un perfezionamento, di
una specializzazione della didattica
senza tenere conto delle reali funzioni
che presiedoix) all'apprendimento.
La seconda cosa concerne il presunto disimpegno della psicologia. Col
pretesto che la psicologia è una scionza e che la scienza deve essere obiettiva, si finisce per falsarne le finalità,
per svuotarla della sua ragion d essere, astraendola dall’ambiente concreto
di cui si occupa. La psicologia, invece,
studiando l’individuo in una determinata situazione storica e sociale, politica ed economica, deve entrare in merito alla validità o meno delle influen
ze che queste realtà esercitano sull’uomo. In altre parole, la scientificità
della psicologia si misura non già dal
suo disinteresse per la situazione fisica e sociale contemporanea, ma dal
suo impegno in campo sociale, economico e politico come presa di posizione di fronte agli abusi ed alle incoerenze ehe pesano sullo sviluppo e sulla libera espressione della personalità.
Molte volte si ha l’impressione che
la scuola, ricorrendo ai « lumi » della
psicologia, cerchi di evitare di prendere una posizione, di pronunciarsi
sulla realtà delle cose e, perciò, attraverso il suo silenzio, di accettare passivamente le imposizioni delle élites ài "
potere.
Una pedagogia
da denunciare
Le cose non vanno molto diversamente anche in campo pedagogico e
didattico, dove l’estrema specializzazione di metodi e tecniche può diventare un pretesto o un alibi per rafforzare certe posizioni di principio o certi preconcetti. In fondo, si fa ricorso
alla pedagogia solo perché essa ci offra delle soluzioni di natura strettamente tecnica e non desideriamo che
si immischi in problemi e metodi di
gestione, nella ricerca delle cause di
disadattamento o nella critica di obiettivi di fondo: si dà per scontato che
l’individuo deve adattarsi ad una de^
terminata realtà e che tutti gli sforzi
della scuola debbano volgere a questo
adattamento. È facile capire che, se
il pedagogista si limita ad essere un
consulente tecnico, finirà per diventare — come lo psicologo e il sociologo — un cieco sostenitore del sistema,
privo della forza e degli strumenti per
analizzarne gli aspetti positivi e denunciarne quelli negativi.
Questi sono i motivi che ci spingono
a guardare con perplessità e insoddisfazione certe procedure attivistiche
come il dialogo, la ricerca, la collab<>
razione, private della loro carica « divergente » o contestativa. Se il dialo
go, la ricerca, la collaborazione si ri
ducono a tecnica di insegnamento, la
sciando in pratica inalterata la posi
zione di « inferiorità decisionale » del
lo studente che opera con questi mezzi, allora essi sono e rimangono degli
espedienti didattici, degli strumenti
puramente verbali o formali, incapaci
di modificare concretamente la realtà.
Insomma, se la ricerca (presa nel significato più ampio del termine, come
lavoro di scoperta e di approfondimento in tutti i settori, svolto nella
comunità scolastica) non consente all’insegnante ed allo studente di affrontare i problemi che veramente li riguardano, di uscire dall’astrattezza del
curricolo degli studi, di promuovere
una vita di reale collaborazione e di
impegno sociale, di manifestare la propria personalità in forme creative, allora come insegnanti, come studenti e
come adulti in genere dobbiamo e possiamo considerarci liberi di « contestare » una simile pedagogia e, anzi,
di invocare l’avvento di una antipedagogia e di una antididattica.
In altre parole, non basta dotare la
scuola delle più moderne tecniche di
insegnamento o di materiale didattico,
perché ciò che conta è il contenuto
sul quale vogliamo applicare queste
tecniche e questi metodi e la consapevolezza che vogliamo sviluppare nello
studente dei procedimenti di cui fa
uso per avvicinare e penetrare questo
contenuto. Ancora una volta, l’attenzione ritorna a fissarsi sull’indirizzo
che la scuola promuove e sostiene nel
comunicare certi dati o nel commentare certi avvenimenti. Anche i fenomeni apparentemente più univoci —
come le statistiche — si prestano alle
più diverse interpretazioni e presentazioni, proprio in virtù della « scelta »
che l’insegnante e la scuola hanno operato nei confronti della realtà che li
circonda. In molti campi culturali e
almeno per alcuni loro aspetti, è possibile ovviare alTimposizione dall’alto,
impegnando realmente le capacità degli studenti ad affrontare i problemi
della vita contemporanea, di cui sentono parlare dovunque e con tutti i
mezzi di comunicazione, ma raramente a scuola.
Questo non significa
problema della competenza degli insegnanti per ciò che riguarda gli aspetti
tecnici della cultura (lettura, scrittura,
calcolo, noziow grammaticali, ecc.),
che gli adulti posseggono e che cercano di trasmettere nel migliore dei modi al ragazzo, dalla scuola materna all’Università. Ma si tratta pur sempre
di una competenza tecnica, oserei dire
professionale, che non giustifica una
di Roberto Eynard
« competenza » di altro genere, che
giudica a priori della opportunità o
meno di affrontare certi argomenti
oppure impone l’interpretazione di fatti secondo la logica del sistema.
Questo problema di scelta pedagogica si fa sempre più acuto ed urgente man mano si sale nei gradi della
istruzione e, parallelamente, man mano la società si evolve, sì arricchisce
di significati e di sfumature.
Una svolta nella
contemporanea
lisconosccre il
Questa duplice precisazione in ordine alla psicologia ed alla pedagogia
contemporanea si è dimostrata necessaria per far vedere come certi obiettivi educativi non siano ancora stati
raggiunti e come la scuola di oggi abbia bisog:«o di' un continuo rinnovamento, di una continua autocritica per
rispondere alle richieste della gioventù.
Non solo, ma come sia anche necessario, sia per gli insegnanti che rappresentano la scuola che per le famiglie che a quella scuola e presso quegli insegnanti mandano i loro figli,
compiere una scelta precisa: rimanere in Un qualunquismo che ha l’apparenza dell’obiettività ma che in realtà
è ajpatia e connivenza, oppure aprirsi
alla ricerca di valori significativi ed
avviare i giovani alla conoscenza e alla messa in pratica di questi obiettivi.
Non si tratta di fare un discorso teorico, di « dover essere », quanto di presentare allo studente dei problemi reali e guidarlo nella ricerca e nella scelta degli strumenti che gli consentano
di risolvere questi problemi.
Qggi, siamo oltre la « scuola attiva »
perché non ci interessa tanto perfezionare un metodo, sia pur esso conforme alle strutture mentali dello studente, quanto di f^e in modo che lo
studente si renda conto dei processi
che deve impiegare per risolvere i problemi culturali. Gli studi di Bruner,
di Vigotskj (che sono ormai classici
alla pari di quelli di Piaget e della sua
scuola) hanno dimostrato come sia
urgente operare in questa direzione
per dare a chi studia non solo delle
nozioni (sempre troppo scarse), ma
un metodo di lavoro che gli consenta
di affrontare qualsiasi situazione in
maniera critica e personale.
Questo discorso è valido a tutti i livelli, dalla scuola elementare agli istituti superiori, anche se esistono alcune materie che si prestano meglio di
altre a questo tipo di « approccio »
pedagogico: la matematica, le lingue
(l’italiano e le lingue straniere), la filosofia godono di un certo privilegio
per la natura stessa del loro contenuto
ed anche perché intorno a queste discipline esistono già degli studi specialistici molto utili (pensiamo per
esempio alla fioritura quasi improvvisa dei testi di linguistica che riprendono e sviluppano le osservazioni di
De Saussure). Per le altre materie, è
ancora necessario sperimentare e studiare il problema, con una collaborazione che veda affiancati gli specialisti della materia, lo psicologo, il pedagogista, l’educatore.
I nostri Istituti in rapporto
alia nuova pedagogia
Giunti a questo punto, dopo avere
chiarito molto sommariamente i fini
attuali della pedagogia, ci si può chiedere se i nostri Istituti di istruziane
secondaria alle Valli hanno la possibilità di svolgere una funzione inequivocabile in questo settore.
Occorre essere chiari: se questi Isti
tuti si limitano a svolgere le stesse
cose e con gli stessi metodi delle altre
scuole, statali o meno, ammettiamo
pure con maggiore impegno e serietà
grazie al numero ridotto di studenti,
è superfluo conservare delle istituzioni che gravano notevolmente sul bilancio e che non presentano un’alternativa particolare rispetto alle altre
istituzioni locali. L’incertezza o l’opposizione di molte persone se mantenere
o meno questi Istituti deriva proprio
da questa mancanza di una fisionomia
ben definita, che neppure dai « temini » dei ragazzi della Val Pellice apparsi su un numero dell’Eco-Luce è
possibile cogliere.
Si impone per forza una scelta, che
non è senza incognite e senza impegni, anche finanziari, una scelta di ordine pedagogico non indifferente che
ponga le nostre istituzioni sul piano
di una Scuola-Città Pestalozzi di Firenze o di un’Umanitaria di Milano, le
quali, pur essendo statizzate, hanno
conservato una notevole autonomia interna che ha permesso di diventare
delle vere e proprie scuole-pilota.
Naturalmente, per attuare questo
piano interno di riforma, è indispensabile operare dei sacrifici e che il corpo insegnante si trasformi in una vera e propria équipe richiedendo (o accettando) l’intervento di persone specializzate sul piano psico-pedagogico e
didattico. Il momento comunitario
non è utile e necessario solo per lo
studente, ma anche per l’insegnante
che si completa e si realizza al contatto con i colleghi ugualmente impegnati. Se il lavoro delle Scuole domenicali — per fare un esempio nel nostro campo evangelico — ha ricevuto
un certo impulso in questi ultimi anni
è proprio perché il Consiglio Nazionale ha deciso di intraprendere un serrato lavoro di équipe interdisciplinare, che ha permesso di rivedere e di
rinnovare quadri e strutture ormai
inoperosi.
Qualsiasi altra soluzione volta alla
conservazione non può essere che un
compromesso più o meno interessante, ma non risolve la questione di fondo, che è quella di una presenza operante dei nostri Istituti all’interno della massa delle altre scuole italiane.
E un discorso diffìcile, forse, ma un
discorso da farsi.
Alìliiamo sccllo come linea di ricerca una
indagine suiramfiientc delle Valli, prendendo
come punto di partenza il villaggio di Frali
e la sua storia. I ragazzi condurranno essi
Culto radio
Domenica 1 giugno
Past. PAOLO RICCA
Torino
Domenica 8 giugno
Past. FRANCO RONCHI
Dietikon - Zh.
A VENEZIA
Una foresteria
per evangelici
A Venezia la Chiesa Valdese ha allestito
una Foresteria con 40 posti letto in camere
a 2 posti e camere a 10 posti (per gruppi), in
funzione dalla seconda metà di giugno. È poss'bile pernottare e fare la prima colazione.
Il prezzo è fissato in Lire 1.000 a persona e
per notte per il pernottamento (colazione
esclusa). È necessario prenotarsi in tempo .in
quanto la foresteria è riservata agli evangelici,
ed il movimento turistico non è prevedibile.
Indirizzarsi a Pastore Giovanni Scuderi - Ca*
stello 5170 - 30122 Venezia - Tel. 27549.
Colloquio
delle
pastorale
Valli
Il prossimo colloquio pastorale avrà luogo
a Torre Pellice lunedì 9 giugno con il seguente ordine del giorno :
ore 9,30 - culto presieduto da Cipriano
Tourn;
ore 10-12 - Proseguimento della discussone iniziata sul rinnovamento delle comunità e le possibilità di azione di gruppi impegnati;
ore 13,30-14,30 - Problemi amministrativi del Distretto:
ore 14,30-14,30 - Esame degli ultimi incontri a carattere interdenominazionale : Congresso della G.E.I. ad Adelfia e Sinodo (^mgiunto di Roma.
Le Casermette » BOBBIO PELLICE
Centro Ricreativo Salutista
Colonia per bambini e bambine dai 6 a 12
anni, dal 1° al 28 luglio;
Campo Biblico per giovani uomini e dr -ne
dai 15 ai 30 anni, dal 1“ al 20 agosto.
Missione sotto la tenda dal 3 al 15 ago to.
Appartamenti e camere per famiglie: tf' Tene per camping dal 15 giugno al 15 seti inbre.
Rivolgersi: Cap. Antonio Longo, via P’ lafera 14 bis, 10066 Torre Pellice (Torino) el.
91.671.
Agape, 18-26 giugno ; Campo AreondeUi
Alla scoperta di Frali
stessi la ricerca, visitando luoglii caralleristici come ambiente sociale, miniere e alpeggi
nel corsi di visite e gite.
Si vuole cercare, seguendo le esperienze ricavale dal campo cadetti, di far percepire ai
ragazzi la realtà deirambienle in cui .si .situa
Agape e la comunità valdese alle Valli. Far
loro intuire rinsieme dei problemi ebe agitano ora questo ambiente con riferimenti storici
e analisi della situazione.
II campo c limitato a 15 partecipanti per
questo primo esperimento.
I partecipanti sono pregati di portare ;mdumenli da montagna, sacco da montagna,
scarponi.
II campo sarà diretto dal past. Giorgio
Tourn.
Quota Lire 8.000 + 1.600 di iscrizione.
Conoscere seconilo Cristo
« Talché, da ora in poi, noi non cotv ■
sciamo più alcuno secondo la carne.
(2 Corinzi 5: 16 '
Quello che l’apostolo Paolo chiama il conoscere «secondi'
la carne », non è un modo viziosamente critico e negativo o
guardare a persone e situazioni umane, ma piuttosto il modo Ci
mune, naturale ed in fondo umanamente sano, di vedere gli ur
mini e le cose di questo mondo per quel che effettivamente sonc-^
esseri che comunque peccano, e situazioni che restano insanabi;
mente peccaminose. Vedere « secondo la carne » è vedere nc
l’uomo il vecchio uomo e nel mondo un mondo vecchio, e nor.
poter fare altrimenti.
Paolo ci dice che quando si è conosciuto Cristo, non si può
più conoscere « secondo la carne ».
Perché mai? Forse perché ha sottoposto a critica la cono
scenza « secondo la carne » e l’ha trovata a sua volta pecca
minosa?
Sì, può tentarci la tesi che quel « secondo la carne » non .si
riferisca soltanto all’oggetto del conoscere, ma anche al soggetto
conoscente, al modo stesso di conoscere: carne di peccato ci sarebbe in ogni uomo ed in ogni situazione umana, ma anche in
chi guarda e giudica, ed anche nel modo di vedere, che, essendo
umano, è necessariamente difettoso ed ingiusto. Per cui anche il
vedere il peccato non sarebbe esente da peccato e soprattutto il
giudicare sarebbe estremamente peccaminoso, perché implicherebbe una presunzione di giustìzia e di rettitudine nel giudicare
che non possono essere dell’uomo ma soltanto di Dio.
E con questa un’altra tesi ancora potrebbe apparirci suggestiva: che cioè la nostra conoscenza « carnale » di ciò che è umano potrebbe essere emendata e sostituita da una conoscenza
« spirituale » che ci facesse vedere, oltre le apparenze negative e
le contraddizioni di ogni condizione umana, quel fondo misterioso di tutte le creature e di tutte le cose in cui Dio stesso opera
ed attua i suoi disegni.
Ma non pare che Paolo intenda prospettarci un’alternativa
più spirituale di conoscenza di ciò che è umano.
Il suo pensiero segue una linea più semplice, più diretta, piii
garantita, e quello che ci propone non è una correzione della nostra vista, ma una decisione di carattere pratico; « da ora in poi
noi non conosciamo più alcuno secondo la carne ». E una decisione cui è pervenuto partendo da quanto egli ha conosciuto dì
Cristo, non è visione mistica o speculazione teologica, perché si
riassume in questo semplice ed indubitabile fatto: che « Egli
morì per tutti ». Di qui il rifiuto di conoscere altrimenti gli uomini che come coloro per i quali Gesù Cristo c morto.
Una conoscenza « secondo la carne » ci fa vedere solo dei
peccatori da punire, delle situazioni peccaminose da redimere, e
ci trasforma in carnali strumenti di giudizio e di distruzione. Ma
avere conosciuto che Gesù Cristo per salvare gli uomini ha voluto morire — e che Egli è morto per tutti senza distinzione
ci conduce a fare nella nostra azione la scelta che Dio ha approvato, quella scelta che non lascia alternativa, se essere cristiani
ha ancora un senso: amare soltanto, servire tutti, morire per
primi.
Ugo Gastaldi
3
pag. 4
N. 22 — 30 maggio 1969
LE FESTE DI CANTO NELLE VALLI VALDESI
Le Corali
della Val Penice
A causa del pessimo stato delle strade di Villar Pellice, si è chiesto e prontamente ottenuto di poter usufruire
dei locali della Chiesa di Torre per lo
svolgimento della festa di canto di
domenica 11 maggio.
Il pastore Aime ha presentato il programma rammaricandosi per l’assenza
delle corali di Bobbio e Rorà ed esprimendo la speranza che questi gruppi, che gli anni scorsi validamente
contribuivano alla buona riuscita di
questa festa, possano presto ricostituirsi.
Erano presenti, oltre alla Corale di
Torino, ospite di turno, e al gruppo
dei trombettieri della Val Pellice, le
corali di Angrogna, Villar, S. Giovanni
e Torre.
Ogni corale ha presentato un cantico e un coro: Torino, n. 159 Inn. C. e
« Mottetto » di Bartmuss; Angrogna,
n. 70 Ps. et C. e « Un fanciullo è nato
a Betleem » da una Cantata di Bach;
Villar, n. 20 Ps. et C. e « La grande
dossologia » di Bornianski; S. Giovanni, n. 335 Inni Nuovi e « Coro di Pasqua » di A. Bost; Torre, n. 10 Ps.et
C. (armoniz. F. Corsani) e «Un Sauvcur nous est donné » (Anonimo 1625).
Notiamo nella scelta dei cantici un
quasi unanime orientamento j/erso i
« I lassici » protestanti, criterio seguito
da qualcuno anche nella scelta del coro. A proposito di cori, va riconosciuta la paziente quanto sapiente ricerca
di coloro che offrono all’ascolto e allo
studio delle corali musiche nuove e
valide, curandone armonizzazione e te
sto, arricchendo così il patrimonio culturale e spirituale della nostra Chiesa.
I trombettieri, sotto la direzione del
M° Rivoir, si sono esibiti in musiche
di Pezelius, Bender e Criiger.
Gli inni d’insieme, diretti in parte
dal M° Corsani e in parte dal Pastore
Aime, sono stati eseguiti col solito trasporto denotante un’accurata preparazione. A questo proposito, mi sia lecito ricordare che per qualche corale
già appesantita da molteplici impegni,
la preparazione di questi inni può risultare faticosa. Non dobbiamo dimenticare che rare sono le attività di chiesa che, come la corale, richiedano ai
membri che la compongono, tanto impegno di tempo e di volontà. In molti
casi, infatti, la corale è un po’ l’elemento di punta della comunità. Il suo
ruolo non si esaurisce più nella sola
preparazione di cori per le circostanze speciali: impara e insegna alla comunità inni nuovi, sostiene il canto
nelle riunioni quartierali, fa visita a
ospedali e ricoveri e a persone isolate,
organizza concerti a prò’ della comunità; la prova settimanale sovente non
è sufficiente e persone già molto impegnate devono in certi periodi dedicare
a questa attività due, tre sere su settimana. D’altra parte gli inni d’insieme, oltre a costituire un legame ideale tra tutte le corali e a dare un bel
contributo alle feste di canto, possono
essere utilizzati durante l’anno in varie circostanze, sempre che il loro testo lo consenta. Si raccomanda dunque alla commissione del canto sacro
di tener presenti esigenze e difficoltà
e anzi, da più parti si auspica un incontro tra le persone più interessate a
questa attività, non solo per uno
scambio d’idee circa la scelta di questi inni, ma per studiare insieme il
modo di utilizzare meglio le nostre
corali come strumenti di testimonianza. Il rinfresco, offerto con la solita
generosità dalla Corale di Torre nella
sala del Convitto, è stqtq ima bella
occasione per cantare ancora insieme
e ascoltare vecchie canzoni. c.c.
Le Scuole Domenicali
della Val Pellice
La festa di canto delle Scuole Domenicali
della Val Pellice ha avuto luògo quest’anno
nel pomeriggio della domenica 18 maggio u. s
nel tempio di Angrogna Capoluogo. Le Scuo
le Domenicali presenti erano quelle di Bob
bio Pellice, Villar Pellice, le 4 di Torre Pel
lice (Coppieri, Centro, Asilo, Appiotti), Luser
na S. Giovanni ed Angrogna (che comprendeva i bambini del Capoluogo, del Serre ed una
rappresentanza di Pradeltorno).
Dopo un breve messaggio di introduzione
e di saluto del past. Taccia, il programma si
è svolto sotto la direzione del past. Aime. I
canti d’insieme si sono alternati ai vari canti preparati dalle singole Scuole Domenicali
ed il past. Aime ha rivolto il suo messaggio
riuscendo ad accattivare l’attenzione dei numerosi ed alle volte un po’ chiacchierini
alunni.
II numeroso pubblico presente ha vivamente apprezzato il programma ed ha applaudito
con egual partecipazione ogni esecuzione, mentre i bambini hanno fatto festa al gelato, che
ha concluso l’incontro.
e dellUiVal Chisone
Domenica pomeriggio 18 Maggio, i bambini delle Scuole Domenicali delle Chiese della Val Chisone si sono riunite a San Germano
per l’annuale festa di canto. Il bel gruppo di
più di 300 bambini, guidati dai loro monitori
e Pastori, ha preso posto nel tempio verso le
ore 15, insieme al pubblico, che era intervenuto discretamente numeroso.
Dopo l’invocazione a Dio e la preghiera fatta dal Past. A. Deodato, il sig. F. Bertinat,
che da diversi mesi svolge il ministero pastorale a S. Germano Chisone e sostituisce il
Past. P. L. Jalla al quale va l’augurio di una
pronta e piena guarigione con l’aiuto del Signore, porge ai convenuti il fraterno benvenuto della comunità e si rallegra che un così
consistente gruppo di bambini si ritrovi insieme per cantare le lodi del Signore. La Signora
Laura Rivoira, membro della Commissione del
Canto Sacro, porge il saluto della Commissione e rivolge alle Scuole Domenicali, alle loro
direttrici ed ai direttori una parola d’incoraggiamento a continuare a svolgere questa loro
utilissima attività in seno alla Chiesa, mettendo al servizio del Signore la propria voce per
lodarLo, adorarLo e renderGli testimonianza.
Dopo di che ha inizio il programma costituito dagli inni che le Scuole Domenicali riunite cantano sotto la vigile direzione della
Signora Rivoira. È stato un programma nutrito intramezzato da una breve pausa nel
corso della quale il Past. A. Genre, con brio,
ha fatto un veloce ripasso delle lezioni bibliche svolte durante l’anno, rivolgendo svariate domande ai bambini, che gareggiarono
per avere l’ambito premio annunziato in precedenza.
A nostro avviso gli inni sono stati cantati
benino; forse sarebbe opportuna una mighore
preparazione degli inni d’insieme, che si potrà ottenere se tutti i bambini impareranno a
memoria le parole dei vari inni. Alla comunità di San Germano Chisone, che ha offerto
l’apprezzato gelato ed una tazza di tè, alle
Scuole Domenicali, alle loro direttrici e direttori un vivo ringraziamento per il lavoro
svolto con amore nel corso del passato anno
ecclesiastico.
Teofilo Pons
l'ratro per l’emigrazioue
siciliana in Enropa
(segue da pag. 1)
all’estero. Esse però si rendono conto
che ciò che è fatto nei paesi di arrivo
non è sufficiente. E necessario che anche nei paesi di emigrazione, cioè di
partenza, il problema sia affrontato e
sia guardata in faccia l’amara realtà
di questi nostri fratelli che, per lo più
esasperati, partono spesso alla cieca
alla ricerca di un lavoro.
Ciò che le chiese estere lamentano
è proprio che questi umili lavoratori
per lo più braccianti o senza un vero
mestiere, arrivano spaesati con denaro e vestiario insufficienti, senza la più
pallida idea delle difficoltà cui vanno
incontro per la mancanza quasi assoluta di conoscenza della lingua, degli
usi locali, delle condizioni di vitto e
di alloggio, del clima, ecc.
Sarebbe quindi importante poter
incontrare questi emigranti prima della partenza ed informarli sufficienternente. Ma la difficoltà sta nell’aggancio: come, quando e dove incontrare
questi emigranti? Il problema è più
arduo di quanto non si creda. In genere le persone diffidano degli Enti, o
Centri di Studio, o di Assistenza; forse perché molte sono le iniziative del
genere e scarso l’aiuto concreto che se
ne riceve. Forse, anche per colpa nostra, ci si attende un soccorso finanziario, e viene dato poco valore alla
informazione preparatoria ed alla
istruzione.
Il Centro di Palermo ha tutta la
buona volontà di fornire l’aiuto più
valido possibile, ma ha anche bisogno
di collaborazione, innanzitutto da parte degli interessati. Chi desidera informazioni scriva indirizzando a « Centro
Emigrazione Siciliana all’estero », Via
Spezio 43, 90139 Palermo.
I LETYORI CI (E SI > SCRIVONO
C liesa e politica
siilla stampa valdese
u corredattore ci ha inviato questa gustosa messa a punto:
Ca o direttore,
. an riferimento alla lettera del sigi) " Riccardo Ricca, da Lei pubblica; nel n. 21. del 23 maggio. Le vorrei chiedere di concedermi alcune
pr’cisazioni. Premetto che non intendo occuparmi del Suo « cadreghino »,
anche se mi dispiacerebbe molto che
risentimenti di parte dovessero render la direzione impossibile ad un
uomo integer vitae scelerisque purus!
i.a mia precisazione sì riferisce alla -toria valdese che il suo corrispondei te tratta molto... « soavemente ».
sei mdo la pessima consuetudine demi,iziata dallo Schweitzer quando osservava come la storia sia la balia
delle più grandi menzogne in tutti i
campi, perché i teologi, filosofi ecc.
qii , )do non riescono più con la forza
del ragionamento a puntellare le loro
co iizioni traballanti ricorrono alla
sii 1 la!
Lui si tratta del noto slogan; i nosli padri non facevano politica in
i'li::sa. non si azzuffavano, si rispettaviìiio, c se facevano della politica
sul giornale, veniva defenestrato il direttore.
Ora ¡1 puntello storico scelto dal signor Riccardo Ricca è stato scelto
molli) male, e, una volta ridotto alle
sue vere dimensioni sul piano storico. potrebbe esser invocato proprio per
dimostrare che i nostri Padri facevano (lolla politica in Chiesa, e che la
Chiesa faceva una determinata politica.
Perciò lasciamo la parola ai fatti.
1922: anno fatidico! Marcia su
Roma! Veto popolare a Giolitti, che
tempo prima aveva messo il veto alla
candidatura del radicale Giretti. Ministero di Luigi Facta, l’uomo di paglia di Giolitti.
A Torre Pellice si stampano tre
settimanali ncH'ambiente Valdese:
L’Echo des Valìées. diretto dal pastore
Giovanni Bonnet (semi-politico secondo li) classificazione di allora) che
puliblieava una chron.que polit'qun
settimanale redatta con accuratezza
dal prof. Giovanni Cdisson; Il Pellice.
d retto dal dott. Davide Rivoir, amministratore Emilio Eynard, collaboratori Alessandro Pasquet (Parvus),
Mario Falchi ed altri; L’Avvisatore
Alpino, diretto dal prof. A. Jalla, gerente G. Chauvie.
L'Avvisatore Alpino si presentava
ai lettori come (c periodico liberale-democratico n : aveva il suo Dio nell’alto dei cieli e il suo rappresentante in
terra : Giovanni Giolitti.
Il Pellice presentava il suo sottotitolo: a giornale democratico y>. Adoprava un linguaggio quasi apocalittico nei confronti della volpe di Dronefo. del Gran Corruttore Giovanni
Giolitti. Era l'organo di Edoardo G retti. radicale, oggi diremmo progressista.
L'Echo des Vallées, non aveva (nel
1922) alcun sottotitolo, proprio perché
la Chie.sa, come ben dice il signor
Riccardo Ricca, non faceva della politica, ufficialmente! La lasciava fate
dalla Chronique polit'que di Giovanni
Co'i.s.son! E questa politica deirEcho
4es Vallées e sostanzialmente allineata sulle posizioni dell’Avvisatore Alpino, con più misura ovviamente. E’
la classica adesione al Giolitti. anche
se certe velleità dj lui non sono sem
pre gradite al quieto vivere dei benpensanti.
Giolitti è estromesso, dieevamo; subentra Facta. Qual’è l’atteggiamento
dei nostri Valdesi? Il centro (Echo
des Vallées) è pienamente soddisfatto;
Giov. Coìsson scrive una mezza colonna di elogio, che conclude pateticamente : « Que Dieu Vinspire et le
soutienne ».
La destra (Avvisatore Alpino) esulta. Il buon Attilio JaUa intuona un
inno, che dico, un peana! Scrive Capo del Governo con tanto di maiuscola e non ha neppure bisogno dell’aiuto di Dio : « Abbiamo piena e serena
fiducia ch’egli vincerà la prova ». ¡
La sinistra (Il Pellice) intitola il
commento redazionale di Parvus significativamente: «Tiremm Innanz»;
analizza la posizione del ministero e
parla con rispetto di Facta, « un uomo onesto ».
Niente « tapage » quindi, in questa occasione da parte di quei disgraziati... sinistri G'rettiani.
E più tardi? Quando Facta tradito
e abbandonato se ne va?
L’Echo des Vallées ha parole severe;
Giovanni Coìsson nella sua Chronique
del 13 ottobre 1922 (Si parla ormai
apertamente di una certa marcia su
Roma... e dintorni) scrìve, alludendo
alle presunte benemerenze mussoliniane verso l’Italia ; « ...Ce n’est pas
encore une raison pour qu’on lui permette de l’asservir aujourd’hui à sa
dom'nation tyrannique et réactìonnaire ». Elogio e simpatia per Facta,
su un piano privo di retorica e molto
assennato.
L'Avvisatore Alpino tace pudicamente. Solo brevi accenni alla crisi,
con un commento redazionale non
firmato del 27 ottobre; solito stile lirico : (c II discorso di Mussolini è un
focoso, magnifico, travolgente decorso di uomo politico giovane che ha
grandi e pur precisi ideali, che ha la
forza, e che intende servirsi di questa
per tradurre quelli in atti... ». Di
Facta il liberal-democratico Avv'satore non parla più!
Il Pellice sempre preso dalla polemica sul piano economico con le dottrine giolitt'ane si augura che sul
p ano politico « l’azione negativa di
oggi » — il colpo di stato — possa
trovare una giustificazione « nell'azione positiva di domani ».
Ancora in questo periodo cruciale
non vi è alcuna insurrezione della sinistra g rettiana e progressista contro
Giovanni Coìsson che così chiaramente precisa la posizione del suo giornale. E Giovanni Coìsson non perde
il cadreghino nel 1922, anzi!
Il 27 ottobre 1922 ¡1 pastore Giovanni Bonnet deve lasciare la direzione deWEcho des Vallées perché traderito ad una comunità fuori delle
Valli, e gli succede proprio lui, il
prof. Giovanni Coìsson! E dal suo
i « cadreghino » continuerà a difendere
ton coraggio la sua linea fino a quando gli eventi politici precipiteranno c
'a dittatura fascista lo costringerà ad
andarsene, dignitoso e rispettato.
Cordiali saluti
L. A. Vaimal
Obiezione
di coscienza:
un errore grave?
Un lettore, da Torre Pellice, d invia' questa « lettera aperta al Pastore
Bruno Rostagno »; la pubblichiamo
perché, malgrado troppi particolari
personali e locali, presenta un aspet
to effettivo del problema. Pur noni
condividendo affatto la sicurezza del
nostro lettore, non condividiamo neppure quella di coloro che hanno i’iee
opposte, poiché malgrado tutta u ,o
biblioteca di scritti pacifisti, anciie
cristiani, la radice biblica dell’oh‘ezione di coscienza resta per noi a
problema oscuro e aperto. Dobbia :o
però aggiungere che per noi il Regno
di Dio, il giorno nel quale le anrd
saranno rifuse in vomeri d’aratro, si
trova nella direzione additataci ih'i
segno indicatore così umano, incerto,
contradditorio del nostro fratello -lido Ferrerò, non nella direz'one opposta; un segno non è una soluzione, e
scade a ideologia se pretende di diventarlo, se cioè pretende drizzare in
questo mondo che pa-sa un’anticipazione del mondo che v ene e che dura; ma segno resta, a confermare alla
nostra fede e alla nostra speranza —
al di là delle incapacità e delle incoerenze di noi uomini — l’imporsi irresistibile della realtà significata, additata, veniente,
Gino Conte
Signor Pastore,
Domenica 11 maggio corrente. Ella
ha introdotto nel culto (predicazione e
preghiera di intercessione) l’invito al"
la Comunità di interessarsi in modo
attivo del caso deU’obbiettore di coscienza Aldo Ferrerò, sotto giudizio
militare, onde appurare quali erano i
motivi di quell’atteggiamento dichiaratamente radicato nella fede o meno. (In luogo destinato al pubblico).
Sul n. 20 del 18 c. m. del giornale
« Nuovi Tempi » l’Obbiettore stesso
pubblica una sua Autocritica, presentata dal Pastore Davide Cielo, da Napoli, dalla quale traspare come il soggetto :
a) dopo una settimana di camera
di punizione, ha creduto bene di recedere dalla decisione presa;
b) asserendo che questa resipiscenza era maturata « dopo lunga meditazione »;
c) a tre mesi di distanza afferma
di aver scelto la strada giusta, ma
confessa di non poter giudicare se essa sia la migliore;
d) adduce, quale motivo del suo
primitivo atteggiamento, il solito retorico impulso di « coerenza con la
sua fede » e la necessità di testimoniare di « essere credente », di testimoniare la propria fede in questo
ambiente;
e) ...ambiente così arido e chiuso
ad ogni idea di libertà e giustizia
quale è quello militare, e quindi l’assoluta necessità per un credente di testimoniare la propria fede.
Signor Pastore, come Ella vede non
ho avuto bisogno di andare alla ricerca dell'individuo, come Ella aveva invitato dal pulpito, e come mi ha reiterato (a culto terminato) l’invito,
quando le ho contestato il diritto di
servirsi di quella tribuna per avallare
questa presa di posizione, conferendogli un carisma di valore profetico (assolutamente gratuito).
Ora davanti a questa carta stampata e data in pasto al pubblico è facile
dedurre che il Ferrerò non poteva avere una conoscenza dell’ambiente
militare arido e chiuso quando è arrivato al CAR :
a) con ¡1 partito preso di non fare il militare; ma questa retorica gli
venne meno quando.
6) in camera di punizione, potè
riflettere da solo, con i suoi pensieri
e respinse i suggerimenti che lo avevano indotto aUa ribellione;
c) gl) si possono concedere molte
attenuanti quando tenta di giustificare, a posteriori, quell’atteggiamento,
che peraltro non lo convince più;
d) questo deve richiamare l’attenzione di Lei sulla necessità, per i
Pastori, di seguire i giovani che le Ìamiglie commettono in buona fede alle loro cure spirituali, onde evitar loro queste esperienze fasulle e controproducenfi;
e) riflettendo che questo fa parte
di quella cura d’anime, componente
es.senziale della vocazione pastorale, di
cui si è parlato in occasione della visita di quei due studenti di teologia,
che hanno francamente asserito di
non sentirsi chiamati a quella funzione, neanche quando ne sono stati richiesti da quattro interventi del pubblico, per chiarire questo loro incomprensibile atteggiamento. La loro dichiarata intenzione è di essere, in futuro, i teologi della parrocchia, a disposizione dei fedeli, che una mancata
formazione teologica lasci perplessi di
fronte ad un dato problema.
E' vero che il Suo Collega, nella
recente circolare di chiesa, tenta di
giust ficare i giovani studenti che
non sarebbero stati compresi; ma Ella mi concederà che se due giovani
muniti di maturità classica e dopo
due anni di studi di grado accademico, non riescono a dire ciò che pensano in modo comprensibile, a un
pubblico qualificato da parecchi universitari oltre a 5 pastori, vuol dire
che i loro studi umanistici lasciano
un pò perplessi.
E’ vero, invece, che essi hanno detto ciò che noi tutti abbiamo inteso,
con buona pace del suo Collega. E
siamo ormai abituati al fatto che la
teologia di voi contestatori sta prendendo delle sbandate [troppo fasulle
perché dobbiamo preoccuparcene, ma
tali, però, ebe debbono essere rintuzzate e denunziate per quella nostra
necessità di testimonianza (Salmo
LVIX : 9)1 ormai ultralibertarie.
Esempio: Uno studente di teologia a
S. Germano Chisone inizia il suo sermone plaudendo allo sgozzamento dei
400 profeti di Baal e poi se ne viene
fuori con l’apologià della obiezione di
coscienza. Ha detto e gli è stato contestato per iscritto, che questa era la
nuova concezione teologica del Bonhoeffer. Ma non ha dato giustificazione, per iscritto. Altrettanto dicasi
di un giovane pastore 40enne che giura sulla teologia di Gollwitzer, ma
non risponde ad una richiesta scritta.
Se Ella vorrà documentarsi circa
rObieziòne di Coscienza, in vista di
un qualche raro caso, Le ricordo
quanto ebbi a dirle : Nel 1959 il Direttore dell’« Eco-Luce » chiudeva una
polemica suH'Obiez'one di Coscienza
così ; « Quando avremo i testi del
Vangelo, si saranno esaminati i testi
biblici dell'Antico e del Nuovo Testamento su questa materia, si potrà riprendere utilmente la discussione, ed
è quanto cì sforzeremo di fare prossimamente ».
Non se ne è mai fatto niente.
Avendo trovato sul « Semeur Vaudois » una recensione di un libretto
sulla obiez'one di coscienza, ed avutane copia lo tradussi e ne offersi la
pubblicaz’one alla Claudiana. Venne
rifiutala! Ne ottenni la pubblicazione
a puntate sul « Pellice ». Nessuno la
contestò. Segno che non è sentita dal
popolo valdese. Difatti £ casi non esistono!
Quindi è un problema artificioso.
Comunque dovendolo affrontare sia
sul piano laico-civile sia sul piano religioso come è stato posto dal Ferrerò
e come ne parlano anche taluni dei
nostri giovani, in buona fede e tal’altri per partito preso, è bene che i pastori si documentino prendendo visione anche degli argomenti biblici
che abbiamo offerto al pubblico con
la traduzione di quel volumetto del
pastore Henry Chavannes di GrangesMarnand. Quel libretto è edito dai
« Cahier de la Renaissance Vaudoise », 11 Place Saint François, Lausanne, dove forse ne es ste ancora qualche copia.
Sia ,i Sigg.ri editori sia l’Autore
stesso furono molto gentili e generosi nel rispondere alla mia richiesta
(ciò di cui ancora li ringrazio) e presumo che la loro gentilezza non verrà meno ad una richiesta dei pastori
valdesi del Piemonte.
E quando avrete vagliati ed esaminati tutti i pro e contro, alla luce
della B'bbia, potremo anche esaminare se <( questo rifiuto del servizio militare sia l’apporto decisivo e obbligato del crist.ano alla società ».
Questa frase non è mia! Ma la conservo gelosamente avendovi già risposto, con la conclusione del Pastore
Chavannes : « L’objection de conscience est une erreur grave ».
Cordialmente, in Cristo
E. A. Beux
Non cade
a terra un passero...
Alcune settimane or sono abbiamo
pubblicata la lettera accorata del fratello Giorgio Morbo: « C’è ancora posto per me nella chiesa? », toccato
dalla contestazione giovanile nella sua
coscienza di credente impegnato in
un posto di responsabilità industriale
che lo spinge di fatto ad essere « la
mano del padrone », contro la sua volontà. La lettera che segue è la prima
risposta che, a distanza di settimane,
viene data a quella tormentata domanda.
Lucca, 22-5-69
Egregio Sig. Morbo,
intendo con la presente rispondere
all'ultimo capoverso della Sua lettera
pubblicata sul n. 16 deO’« Eco-Luce »
del 18 aprile scorso.
Il problema che Lei sj pone e che
L’angust a è comune a tutti gli uomini, siano essi umili o elevati socialmente. E’ in pratica il vero dramma
delTuomo combattuto tra l’aspirazione, che è in tutti, alla perfezione e
la realtà di un mondo che è assai diverso da questa.
Non deve sentirsi sfiduciato per la
Sua posizione né per le condanne indirette o dirette che a Lei, a altri o a
me vengono da fratelli. Io sono ben
certo che niente avviene in questo
nostro mondo che non sia già stato disposto dal Signore per motivi a noi
sconosciuti e che non possiamo né capire né indagare con speranza di capire; la Bibbia è piena di affermazioni di ciò e dalla Bibbia apprendiamo che il Signore ha ripetutamente
inviato punizioni al Suo popolo pur
sapendo, e volendo, che per niente lo
migliorassero, come vediamo che pure il tradimento di Giuda « bisognava
che si adempisse » (Atti, 1: 16). Perché così avvenga, né Lei,- né alcun
altro, né io possiamo spiegarlo; possiamo solamente prenderne atto.
Pertanto spero che ritrovi la Sua
pace, augurandomi che il Signore voglia farlo sempre umile di fronte alla
Sua volontà, e La invito a credere
che, se avesse firmato que quiniRci
licenz'amenti, non li avrebbe firmati
Lei. Qualcuno, ben più importante di
Lei e degl; « oppressori con i quali
collabora », lo avrebbe voluto; fortunatamente per Lei, quel Qualcuno Le
ha voluto risparmiare, ed ha risparm'ato ai quindici, un sacrificio che
invece non ha risparmiato a altri. Lo
ringrazi e si auguri che anche per il
futuro voglia essere benevolo con Lei.
Gli uomini e le chiese, vogliano
ammetterlo o no, si limitano a fare
esclusivamente la volontà del Padre
loro, anche se la loro limitatissima sapienza li porta a sentirsi veri figli
dello Stesso, e purtroppo questa è caratteristica non solo della Ch'esa Cattolica, solo se compiono qualcosa che
ritengono « di buono », dimenticando
che « bene » e « male » sono solamente definizioni umane.
Con sinceri saluti ed auguri.
Roberto Cerchiai
L’ululato
Un lettore, da Prarostino:
Signor direttore.
desidero esporle il mio netto disappunto per quanto concerne la forma
di presentazione del Culto Evangelico
presso la RAI-TV.
Sono un assiduo uditore del Culto
Radio e penso che quella specie di
« ululato » poco simpatico che precede il Culto, non sia affatto adatto; e,
per quanto m; consta, interpreto :
pensieri d; moltissimi uditori. Non
potrebbero, i responsabili, sostituire
quella forma d; presentazione, magari
con appropriate battute di organo o
con Un Canto Corale dei nostri Inni?
.Avrebbe un tono più serio, più importante, più appropriato per udire la
parola di Dio.
Affezionatissimo
Erminio Gardiol
Per il Biafra
La responsabile della Scuola Domenicale dell'Inverso di Torre Pellice^
Marcella Bonjour„ ci scrive:
Sarei grata di sapere se ricevete
ancora offerte per il Biafra, dato che
ì bambini della nostra scuola domenicale hanno deciso di devolvere a
tale scopo le collette deiranno,
H'spondiamo qui anche per tutti
gli altri che si ponessero questa domanda: la Federazione delle Chiese
Evangeliche in Italia tiene sempre
aperta la sottoscrizione in favore delle popolazioni del Biafra: le offerte
vanno versate sul c. c. p. 1/31882 intestato a Mario Sbaffi, Via Firenze 38,
Roma, indicando la causale del versamento.
Il prossimo
numero doppio
uscirà il 13 giugno
4
30 maggio 1969 — N. 22
p¿g. o
Al sinodo congiunto metodista-valdese di Roma
Il dibattito sulla predicazione
Cercando di trarre le fila della riflessione condotta in proposito dalle comunità nel
corso dell’anno, l'assemblea sinodale ha riResso la partecipazione profonda al
problema e alla ricerca ma un altrettanto profondo e comune disorientamento
Dai campi della missione
Come abbiamo riferito la scorsa settimana, quasi tutta la seconda giornata della sessione congiunta della Conferenza Metodista e del Sinodo Valdese, il 16 maggio, è stata occupata da
un dibattito sulla predicazione e sulla
testimonianza, oggi. Esso è stato introdotto, a nome della commissione
preparatoria (Sergio Aquilante, Enrico
Corsani, Salvatore Ricciardi, Emidio
Sfredda), dal relatore Salvatore Ricciardi, il quale ha fatto notare il mandato limitato affidato alla commissione: elaborare e condensare in alcuni
punti le prese di posizione comunicate da comunità metodiste e valdesi
che nel corso dell’anno hanno affrontato il problema; anche così, comunque, questa relazione aveva un suo
nerbo, e perciò la pubblichiamo, in
questa pagina; si può osservare che se
la discussione avesse seguito maggiormente questa falsariga sarebbe stata
meno dispersiva di quel che invece è
stata.
Il Seggio della sessione sinodale congiunta ci ha rimesso copia dei verbali
di questo dibattito e tentiamo di rifletterlo in queste colonne. Ha rotto il
ghiaccio Valdo Vinay, con una serie
di considerazioni sulla predicazione
(esse sono sviluppate in un opuscolo
della collana « Attualità protestante »,
che la Claudiana diffonde in questi
giorni), ma soprattutto con una vigorosa affermazione della sua centralità,
per la chiesa e per il suo culto, e del
fatto che essa non è discorso su Dio,
ma discorso di Dio: questo fatto prevale nettamente, per la fede nell’opera dello Spirito, suH’inevitabile diaframma frapposto dalla mediazione
del discorso umano.
Gli hanno risposto diversi colleglli:
Aldo Comba ha notato che la struttura ecclesiastica nella quale predichiamo può essere tale da rendere vana la
predicazione stessa; certo, il Signore
può servirsi di un discorso fatto in un
quadro sbagliato, ma questo non giustiflca il mantenimento di quel quadro; il problema è: quali effetti produce, la predicazione? Giorgio Girardet: non si contesta la predicazione,
ma si constata che le comunità non la
recepiscono; il linguaggio del pulpito,
religioso, non parla più alla gente del
nostro tempo e bisogna allora porsi il
problema se non è preferibile dire una
parola sola intellegibile, che non un
lungo discorso in linguaggio incomprensibile: non hanno dato esempio
di questa ’traduzione’ proprio i testimoni apostolici? Vezio Incelli: mentre
i padri risorgimentali ci hanno lasciato l’esempio di una predicazione inserita nella realtà, si è prodotto gradualmente un processo di interiorizzazione
e ha ridotto il peccato alla sua dimensione individuale, sicché manca oggi
una robusta predicazione del giudizio;
la Parola va annunciata certo ai poveri come ai ricchi, ma in modo diverso agli uni e agli altri. Sergio Rostagno: ogni predicatore giovane o medio-giovane parte senz’altro dalla base
riaffermata da V. Vinay, ma nei fatti
questi principi e questa base si sono
profondamente problematizzati e ci
siamo gradualmente resi conto che il
nocciolo della questione sta nel rapporto fra la Parola annunciata e le
nostre azioni; anche Karl Barth è andato accentuando la tensione fra Parola e predicazione: quest’ultima è testimonianza resa alla Parola.
Mentre Franco Giampiccoli ed altri
ribadivano la necessità che la predicazione si innesti in una nuova realtà
ecclesiastica e di impegno nel mondo,
un fratello metodista di Padova (ce ne
sfugge ora il nome, e questi fogli mancano nella copia del verbale inviataci)
dichiarava il suo stupore di fronte a
tutte queste problematizzazioni e riferiva la semplice e fresca esperienza
— non è quella di tanti centri del nostro ’campo d’evangelizzazione’? — fattà con il sorgere di un gruppo di credenti, intorno alla Parola predicata e
scoperta, nella preghiera, ad Aldichiero, vicino a Padova. Mentre alcuni
’laici’, fra cui in particolare Giorgio
Spini, rimproveravano ai pastori dialoganti un eccessivo pessimismo. Paolo Ricca poneva, nei confronti delle
prime repliche a V. Vinay, la domanda: la situazione, il quadro possono
bloccare la predicazione, sì o no? e
per parte sua rispondeva nettamente
con la negativa, rifacendosi comunque
all’esempio della Riforma: quando la
Parola è veramente predicata, essa non
è legata — gli uomini di Barmen l’hanno anch’essi saputo, nel 1934 — ma
anzi è essa a riplasmare la chiesa e,
in qualche misura, la società stessa; la
Parola prevale sulla situazione, non viceversa. Diverse risposte a questa domanda sembravano, invece, insistere
sul fatto che le attuali strutture (e per
« strutture » si intendevano le espressioni concrete in cui si è tradotto l’annuncio dell’Evangelo) di fatto neutralizzano la predicazione; è stato affermato, ad es., che le nostre strutture
sono state importate dall’estero e corrispondono all’impostazione delle chiese di mas.sa; finora abbiamo posto
l’accento sulla predicazione in sé, con
il risultato che essa non ha toccato le
strutture. A noi sembra che, però, il
problema è chiedersi se questa predicazione inoffensiva, inefficace, anche Se
ortodossa, magari barthianamente ortodossa, è stata vera predicazione; anche se il discorso — e non solo il discorso — sulle strutture ecclesiastiche
va certamente proseguito, approfondito, fino ad attuazioni effettive.
Qualcuno si è profondamente rallegrato di questo inizio di ricerca comune, che rivela una medesima ansia
e la sensibilità comune per questo
problema; qualcuno ha messo in guardia contro il rischio di settarismo e
di nuove schiavitù babilonesi che minacciano la contestazione attuale;
qualcun altro ha fatto osservare, a
chi chiede maggiore concretezza nella
predicazione: vi è forse qualcosa, o
meglio qualcuno di più concreto dell’Iddio vivente? e per quanto le vie
siano e non possano non rimanere diverse, la predicazione pentecostale non
ci dà forse l’esempio di un annuncio
di Cristo capace di trovare ascolto e
suscitare discepolato? i pentecostali
credono più di noi nella realtà del Dio
vivente, più di noi la vivono? Sul finire di questo dibattito — gli interventi
sono stati una quarantina! e spesso
ampi — Giorgio 'Tourn ha notato con
tristezza e preoccupazione che si è
trattato spesso di ’monologhi’, senza
un vero parlarsi a vicenda per comprendersi, e ha visto profilarsi un ulteriore peggioramento della situazione,
negli anni che vengono: andiamo verso un accrescersi della tensione all’interno delle nostre comunità e occorre
decidersi a fare delle scelte che urgono, sia pure scelte minime, agli inizi,
per giungere a quelle più radicali. Gesù ha chiamato i discepoli a seguirlo,
e hanno dovuto lasciare il loro vecchio
modo di vivere e di pensare.
È indiscutibile che il problema è affiorato ed è stato avvertito in modo
comune, fra metodisti e valdesi; è stata, purtroppo, soprattutto una comunanza di disorientamento. Come non
ripensare, ritornandocene alle nostre
comunità, alla Parola predicataci da
Vittorio Subilia nel culto d’apertura:
« Come mai non avete fede? » È chiaro che certi problemi complessi di linguaggio, di ’strutture’, di corrispondenza fra annuncio e realtà vissuta
non solo individualmente ma comunitariamente e altri ancora sono non
solo reali, ma inevitabili; è chiaro che
bisogna preoccuparsi di come — di
fatto — l’annuncio viene ricevuto,
captato, compreso, o no. Eppure, di
fronte a tanta, sempre più diffusa sfiducia nella predicazione, non affiora
una crisi d’incredulità? L’Evangelo —
molto precisamente: l’Antico e il Nuovo Testamento — basta, o no? Il problema ermeneutico — cioè il problema dell’interpretazione, della traduzione in linguaggio odierno — merita effettivamente di assurgere a centro assoluto, supremo vertice della riflessione teologica? In altri termini, la Parola di Dio è legata (alla nostra capacità o incapacità interpretativa)? Noi
siamo forse intellettualmente convinti
che essa è teoricamente libera, ma viviamo e predichiamo e testimoniamo
troppo (o troppo poco) come se fosse
legata.
* * *
Ed ecco le deliberazioni finali della
sessione congiunta metodista-valdese.
La commissione mista richiesta dall’assemblea per studiare e riferire sull’integrazione dei servizi delle due
Chiese, è stata così nominata dal Seggio: Alberto Ribet, Franco Becchino,
Giorgio Peyrot relatore. Paolo Marauda, Vezio Incelli.
La commissione mista (detta « dei
12 ») alla quale l’assemblea sinodale
ha affidato « il compito di affrontare
globalmente il problema del culto, dell’insegnamento, dei ministeri e delle
strutture della Chiesa, alla luce della
discussione svoltasi nella sessione congiunta » e alla quale ha chiesto che
« informi di volta in volta le comunità
dei risultati del suo lavoro e ne riferisca alla prossima sessione congiunta », è stata nominata dal Seggio nelle
seguenti persone: Aurelio Sbaffi presidente, Sergio Aquilante, Domenico
Cappella, Franco Gitimpiccoli, Vezio
Incelli, Paolo Ricca, Franco Sommani,
Massimo Tara, Giorgio Tourn, Valdo
Vinay, Marco 'Tullio Fiorio, Renzo Turinetto.
Infine, « il Sinodo Valdese e la Conferenza Metodista nella loro sessione
congiunta decidono che la prossima
sessione congiunta si aprirà, piacendo
a Dio, la penultima domenica del mese di agosto 1971 in Torre Pellice ».
CONGO-KINSHASA :
UNA UNIVERSITÀ PROTESTANTE
L’università di Kisangani (ex Stanleyville) chiamata Università Libera è
un istituto protestante. Il rettore attuale Louis Mollet è stato per molti
anni al servizio della Società delle
Missioni di Parigi, nel Madagascar.
Ora vi sono 500 studenti nelle varie
facoltà: 155 in scienze umane, 112 in
insegnamento, 84 in scienze, 56 nel politecnico, 21 in teologia, con 62 professori di cui 17 sono congolesi.
CAMERUN: UNA CHIESA
IN PIENO SVILUPPO
Dal 1957 al 1969 il numero dei membri della Chiesa Evangelica è raddoppiato: erano 63.000 ora sono 120.000.
Il bilancio delle spese della chiesa era
di franchi 460.000, è ora di 1.300.000.
La crescita maggiore concerne la regione dei Bamileke, teatro di una sanguinosa guerra civile dopo la proclamazione della indipendenza, ma ora
pacificata.
Per la Chiesa Evangelica ora il problema è di sapere come inquadrerà,
istruirà e edificherà questi nuovi convertiti.
IL PRESIDENTE KAUNDA
A PARIGI
Di passaggio a Parigi, il presidente
Kaunda dello Zambia ha visitato la
Casa delle Missioni evangeliche, e ha
fatto le seguenti dichiarazioni:
« Per sviluppare una nazione, per
assicurare una buona educazione ai
ragazzi, ci vogliono delle famiglie armoniose e unite, che siano veramente
dei focolari domestici. Ora noi siamo
entrati in un periodo di sconvolgimenti. Un tempo il villaggio era come
una grande famiglia. Ora, a causa della industrializzazione e delle grandi
città, la vita familiare è negletta e alle volte distrutta. Noi abbiamo particolarmente bisogno dell’aiuto della
Chiesa per la educazione delle donne.
E noi chiediamo alle chiese di mandarci dall'Europa delle donne cristiane che vengano a vivere da noi ».
« Oggi come ai tempi di Cristo, è vero che l'uomo non vive so’tanto di pane. Il nostro popolo ha bisogno di
aiuti tecnici, ma ha anche bisogno dell'aiuto spirituale delle Chiese. Però le
chiese non possono portare questo
messaggio se non sono anzitutto unite. Sono stato molto soddisfatto della
costituzione della Chiesa Unita della
Zambia, di cui sono membro ».
PORTE CHE SI CHIUDONO
Negli ambienti missionari britannici
si parla sempre più del problema po
iMmiiiimiiiiiiiiMiiimiiiiimmiiimmmimniiiiiiiiiiii'
La relazione presenlafa dalla commissione sulla predicazione e la lesHmonianza, oggi
Il problema esistenziale della Chiesa
1) La maggioranza delle Comunità
delle due denominazioni ha esaminato il problema della predicazione, della testimonianza e dell’impegno della
Chiesa nel processo di liberazione dei
minimi, con un senso di viva partecipazione ed interesse, sì da autorizzare la Commissione ad affermare che
quasi unanimemente questo è sentito come il problema esistenziale della Chiesa; il problema, cioè, non del
suo « bene esse », ma del suo « esse » ;
il problema che polarizza il nostro
interesse di credenti senza d’altro canto far passare in seconda linea, ma
anzi coinvolgendo nella discussione i
problemi delle strutture e delle varie
attività ecclesiastiche, del pastorato e
dei ministeri.
2) Si può innanzittutto concordare
nell’ attribuire un’ importanza fondamentale, nella vita della fede, al rapporto verticale di ogni singolo credente col suo Signore, il quale chiama
gli uomini fuori dalla schiavitù delle
logiche mondane di potenza, di dominio, di affermazione di sé; fuori da
una religiosità interessata perché tesa alla conquista della salvezza personale o al massimo familiare nell’aldilà; fuori dalle discriminazioni di
razza, di sesso, di colore, di censo, di
blocchi. Il quale fa di questi uomini,
nuovi perché rinnovati nel cuore, degli uomini liberi e quindi disponibili
per il mondo. Per recare cioè al mondo la parola del perdono e della croce di Cristo. Per operare nel mondo
i segni del Regno di Dio che viene.
Per far tutto questo senza essere del
mondo, essendo cioè disposti a pagare
di persona, sull’esempio di Cristo, il
prezzo della loro fede e della loro ubbidienza.
3) La Comunità, formata di questi
uomini liberi in Cristo, confessa la
signoria di Cristo su tutte le cose, su
tutti gli uomini, su tutto il mondo.
Signoria che non si esercita in una
eternità atemporale e senza riferimenti sul piano della storia, ma hic et
nunc. La Comunità è impegnata a
servire il mondo testimoniandogli il
Regno. E questo non significa, come
è stato fatto osservare, che essa debba essere attenta alle voci del mondo
di oggi per dare al mondo quello che
chiede; ma che è chiamata a dare al
mondo quello di cui ha bisogno, sapendo discernere la volontà di Dio
per il mondo e mettendola in pratica.
4) La Comunità deve quindi innanzitutto conoscere e meditare la Parola di Dio: quella Parola che non è
mai astratta, ma che è sempre un
evento concreto che si verifica nel
mondo e che rivela la presenza di
Dio. Senza dimenticare mai che l’evento ultimo nel quale Dio è stato ed è
présente nel mondo è il fatto di Cristo. Conoscere e meditare significa
studiare, approfondire, sviscerare esegeticamente il testo biblico affinché
questo possa poi essere attualizzato.
Un lavoro del genere richiede tempo
e fatica, ma questa fatica non è risparmiata alla Comunità.
5) La Comunità deve poi anche conoscere a fondo, o almeno il più a
fondo possibile, la situazione in cui
il Signore la chiama a vivere e ad annunziare la sua Parola di grazia e di
giudizio, di rinnovamento e di speranza. La Comunità quindi non può chiudere gli occhi e fingere di non vedere
i drammi del Viet-Nam, della Nigeria
0 del Medio Oriente. Non può disinteressarsi della corsa del mondo verso la distruzione atomica. Non può
ignorare la spaventevole povertà che
affligge tanta parte del genere umano né il giogo sotto cui gemono milioni di creature del Signore, oppresse da iniqui sistemi economico-sociali fondati sull’egoismo individuale e
sull’egoismo di classe. La Comunità
non può esser sorda alla voce del sangue versato che « grida a Dio dalla
terra» (Gen. 4: 10), e non rendersi
conto che le ribellioni degli studenti,
le inquietudini degli intellettuali, i
sommovimenti delle masse proletarie
annunciano non solo la fine di un’epoca, ma anche, per chi sa vedere, il giudizio di Dio. La predicazione della Comunità può contribuire a dare uno
scrollone alla società del consenso e
del capitalismo, invitandola a cercare
« prima di tutto il Regno di Dio e la
sua giustizia» (Mt. 6: 33). È quindi
criticabile perché anticristiana la predicazione di una Chiesa che, cercando
di riassumere in sé tutte le varie spinte, formuli un’etica buona per tutti e
per tutti gli usi e finisca con l’avallare
o col suggerire un’accettazione passiva dello status quo.
6) Per predicare la Parola del Signore in questa situazione di travaglio
e di crisi, è indispensabile che la Comunità sappia riscoprire, se occorre, e
sappia vivere uno spirito di autentica
fraternità. Che sappia procedere ad
una meditazione e ad una ricerca che
siano veramente comunitarie, trasformando per esempio le Assemblee di
Chiesa da sedute di Consigli di amministrazione in incontri di credenti che
si interrogano sull’ « unum necessarium», che insieme lo ricercano e che
ad esso insieme si confrontano.
7) È pure necessario che le Comunità attuino seriamente ed alla base,
cioè tra i fratelli, la loro vocazione ad
essere Comunità del Signore, promuovendo le iniziative di integrazione locale anche nell’ambito della Federazione, e rivalutando finalmente con serietà il sacerdozio universale dei credenti, che non è la costituzione di piccoli nuclei di aiuto-pastore o di vicepastore nell’ambito di ogni Chiesa locale, ma la responsabilizzazione di tutti e la presa di coscienza dei doni che
Dio ha affidato a tutti perché vengano
esercitati.
8) La Comunità tutta deve dare la
sua predicazione nei fatti e negli avvenimenti in cui vive, incarnando la
volontà del Signore anche nella testimonianza e nell’impegno. La Commissione, sulla base delle relazioni ricevute, dà per scontato che la Comunità
possa impegnarsi in senso politico, innanzi tutto dibattendo nel suo seno le
situazioni. Ritiene però che l’Assemblea congiunta debba discutere l’impegno concreto da assumere conseguentemente al dibattito e le forme in
cui esso debba concretarsi.
9) Predicare e testimoniare è anche
servire. Pensiamo che la Chiesa abbia
il compito di provvedere tanto all’assistenza spicciola del singolo bisognoso (anche le nostre Opere sociali più
tradizionali hanno oggi una funzione
di « rottura » in certe situazioni arretrate), quanto alla rimozione delle
cause che determinano lo stato di bisogno. Anche questo va fatto senza dimenticare che diversi sono i doni che
alle Comunità provengono dall’uno e
medesimo Spirito.
10) La predicazione (testimonianza
esplicita) ed ii servizio (testimonianza
implicita) sono da considerarsi non
esclusive tra loro, ma complementari.
L’una deve rafforzare l’altra ed esserne rafforzata. Né Luna né l’altra possono comunque essere « anonime »,
cioè « prive del riferimento al nome »
di Colui che è fondamento del nostro
vivere e del nostro operare: Cristo
Gesù, il Signore che viene. Senza con
questo che ci si senta autorizzati a
dare a tutto quel che facciamo o diciamo un fine proselitistico che tornerebbe più alla gloria nostra che a quella
di Colui che « annichilì) sé stesso facendosi ubbidiente fino alla morte, e
alla morte della croce» (Fil. 2: 7, 8).
Sergio Aquilante
Enrico Corsani
Salvatore Ricciardi
Emidio Sfredda
a cura di Robarlo Coisson
sto dal rifiuto di certi governi di concedere il permesso di entrata ai missionari. La lista dei paesi asiatici che,
oppure rifiutano l’entrata ai nuovi missionari, oppure la concedono col contagocce soltanto a coloro che vanno a
sostituire i missionari che partono, si
allunga sempre più, e si osserva la
tendenza a ridurre progressivamente
il numero dei missionari stranieri. La
Birmania è un caso estremo, ma bisognerebbe citare pure Ceylon, la Malesia, l’India. Un tale atteggiamento potrebbe anche manifestarsi in un prossimo avvenire in Africa. Conviene senza dubbio ripensare la nostra azione
missionaria in funzione di una tale
possibilità.
Nella sua lettera mensile di informazione il Canonico I. V. Taylor, segretario generale della principale società missionaria anglicana, sottolinea
un certo numero di punti. Anzitutto,
dobbiamo fare il più possibile il meglio possibile, il più presto possibile,
là dove le porte ci sono ancora largamente aperte. Poi occorrerebbe pone
l’accento sulla utilizzazione dei laici
cristiani che partono per l’Africa c l'Asia in qualità di tecnici. Infine si dc.ivrebbe cessare di pensare in termini
di istituzioni e immobili, c investire
sugli uomini.
Il missionario M.-A. Ledoux, capo
del servizio informazioni della Società delle Missioni di Parigi, aggiunge;
perché la missione continui la sua
opera in seno a tutte le popolazio.ii
che non conoscono ancora il Vangelo,
bisogna assolutamente che le Chiese
d’oltremare diventino esse pure missionarie. Non è soltanto una esigenza
della fede; è pure un imperativo della
situazione attuale. Può darsi che l’Azione Apostolica Comune abbia ui \
importanza ancora superiore a qu. i
che pensavamo.
FINANZE MISSIONARIE
Quest’anno ancora la Società deli ’
Missioni di Parigi ha concluso l’anno
finanziario senza deficit. Lo sforzo del’ultima ora per giungere a quel risultato è stato compiuto da persone ci
modeste condizioni che hanno ma dato piccoli ma numerosi contribu, ,
perché fosse evitato il deficit; ciò no i
avviene dunque, come si pensa spess-;)
nelle chiese francesi, grazie ad aleni i
grossi doni di persone facoltose.
Il bilancio della Società, che è di u;i
po’ di più di 539 milioni di lire, è coperto da doni provenienti per il 70' ■
dalla Francia, 27% dalla Svizzera, 3‘io
da altri paesi (Gran Bretagna, Italia
ecc.).
Le spese sono ripartite come ségue;
missionari in attività di servizio 54,5
per cento, rimborso spese mediche 2,7
per cento, pensioni 11,7%, le spese inerenti alla loro attività 6,5%; aiuti iinanziari alle giovani chiese per spese
speciali, che non concernono generalmente l’esercizio normale delle chiese,
5,7%; viaggi di andata e ritorno e.,i
campi di lavoro 9,6% e spese di ai,;ministrazione 9,3%.
I missionari in attività sono 206 e
se si contano anche le loro mogli c:;,;
partecipano alla loro opera, sono 320
le persone che la Società manda c )-,i
ga nel terzo mondo, su richiesta dd'o
chiese interessate.
(Dal servizio informazioni delia
Società delle Missioni di Parigi).
Doni Eco-Luce
Da Torino: Sergio e Niny Travers 500:
Domenico Abate 500; Ermanno Sappé 500;
Guido Bouiious 500; Enrico Pons; 500: Enrico Bonnet 50Ó; Federico Pagliani 1.000; Enrichetla Conte 20.000, in ricordo di Luii.;!
Conte; Ada Pecoraro 4.000; Eda Radoiic
1.500: Aibertine e Jean Berlin 500; .\rliiro
Concorde 500; Malvina Besson 500; Irene
Proietti Bounous 300.
Da Milano: Mariano e Ada Palmery 500:
Enrico Pavoni 1.000: Evelina Rossini 500:
Celio Longhi 500; Alina Barzaghi 500; Ferruccio Avondetlo 500; Marina Bassignana
500; Ezio Bonomi 500; Elvira Cougn 500; .Albertina Corsini 2.500; Virginia Ducei 500:
Stellina Fabbri 2.500; Ida Gürtler 500; lima
Givri Celli 500; T. Guldbrandsen 1.500; Aldo
Rostan 500; Luigi Rigogliosi 1.000; Xeiiia
Vigano 500; Evelina Long 500; Anna Leonardi 500; Margherita Gay 500: Maria Goisf-on 500.
Da Frali: Alessio Genre 100; Caterina (hirrou 100; Enrico Grill; Oreste Pascal 500.
Grazie!
(continua)
Lerone Bennett
Martin Luther King
L’uomo di Atlanta
pp. 220 circa, illustrato, cop. a 4
colori - L. 1.700; ediz. per regalo
rilegata - L. 2..500.
L’unica biografia autorizzata dal
compianto leader negro, scritta da un
compagno di studi e di lotte e completata fino alla morte.
EDITRICE CLAUDIANA
Via Principe Tommaso, 1
10125 TORINO
5
3Ü maggio 1969 — N. 22
pag. 5
Vita della Facoltà Valdese di Teologia
Il servizio per formare i
teologica e dialogo con il
CENTRAT/Ì SÜ “PRESENZA CRI STI AN/i ,
Gampagoa evangelistica a Taranto
predicatori, ma anche il laicato evangelico - Ricerca
mondo contemporaneo - L’esperimento assembleare
In questi ultimi anni la Facoltà ha
fatto alcune esperienze che sono comuni alla maggior parte delle Facoltà
teologiche del mondo, sia in Europa
che in America é nel terzo mondo.
Durante vari anni queste esperienze
sono state oggetto di studi e confronti promossi dal Consiglio Ecumenico
delle Chiese (Ginevra) attraverso un
•ufficio-studi diretto dal pastore Steven
Mackie, che ha organizzato diversi incontri internazionali e ha pubblicato
diversi-fascicoli di iìiGhieste e, dt-rapporti. L’incontro finale è stato tenuto
in Inghilterra nell’estate del 1967, a
Northwood ed il suo rapporto finale è
stato oggetto di studio da parte delle
chiese e delle facoltà di tutto il mondo durante il 1968. Non possiamo riportarne tutto il contenuto, tuttavia
alcuni punti sono interessanti perché
si ritrovano di riflesso, in parte, anche
nella nostra esperienza rimana. Anzitutto, la maggiore importanza che
assume il servizio delle Facoltà teologiche per la formazione del laicato
evangelico. La raccomandazione degli
esperti è che ai laici sia offerta una
possibilità di preparazione teologica
in larga misura identica a quella offerta a chi si prepara per un ministero
pastorale. Questo significa non dare
per scontato che chiunque si iscrive a
una Facoltà si prepari « ipso facto »
al pa sturato, pensare invece che una
solidr formazione teologica può consentire una testimonianza efficacissima ;n molti settori della vita moderna. Naturalmente questi casi saranno
prevedibilmente un’eccezione, cosi, infanti la nostra facoltà ha potenziato i
corsi per laici che non possono dare
che .na piccola parte del loro tempo.
Gli iscritti ai corsi per laici, fra i frequeniatofi delle lèzfoni e quelli che le
segu no per corrispondenza, hanno
supe.ato quest’anno la cinquantina.
Un altro punto delle raccomandazioni de gli esperti riguarda la necessità
che l i ricerca teologica avvenga in un
continuo dialogo con il mondo contemporaneo tenendo conto delle più recenti concezioni scientifiche, antropologie’e e, sociali, e del pensiero dei non
crist ni. Questo punto può essere più
faci! lente sviluppato proprio da quegli s' identi che oltre alla teologia coltivaro anche studi scientifici o filosofici i' livello universitario. Invece, per
coloro che in modo speciale si preparane per un ministero nella chiesa, è
raccomandata la ricerca o la creazione di « situazioni di apprendimento »
concreto, dove possano emergere quali
sono in pratica le difficoltà da affrontare nel pastorato, e quale valore abbia 1 esperienza di pastori che hanno
già una certa anzianità. Su questi due
punti si citano gli esperimenti fatti a
Pragn, a Chicago, a Bristol, a Dortmuno a Melbourne, a Bangalore (India), nella « Mission de France » —
ma ( chiaro che un protestantesimo
forte'nente minoritario come il nostro
è inevitabilmente handicappato nel
seguirli.
Qu: sti argomenti, assieme a molti
altri, sono stati oggetto di numerose
« asse ¡nblee » che hanno riunito a volte professori e studenti, altre volte
tutti >ji abitanti del caseggiato, quindi
anche il personale e le famiglie dei
professori. Si tratta di un’istituzione
che è al suo nascere, ma di cui si possono prevedere i positivi sviluppi, se
non s; esaurisce in un confronto fra
parti opposte, ma in un confronto comune con la Parola di Dio e con le
implicanze della nostra comune vocazione cristiana.
Durante l’inverno e la primavera
siamo stati visitati da molti amici di
cui serbiamo un grato ricordo; il Dr.
Hammer, di Vienna, ha tenuto una
lezione sulle ideologie moderne; il Dr.
Visser ’t Hooft ha tenuto una conversazione-dibattito sugli aspetti più
recenti del problema ecumenico; il
prof. Dr. Georg Strecker, di Gottinga,
ex-studente della Facoltà, ha tenuto
(in italiano) una lezione sulla proble
AVVISI ECONOMICI
CERCASI dal 1° Luglio p. V. per servizio
])orlieralo del Palazzo Cavagnis. sede della
Chie.sa Valde.se in Venezia, coppia coniugi
eia lucilia, prefcribilmenlc senza figli. Indirizzare olTerle al pastore. Castello ,5170.
CONTINUA L’OFFERTA SPECIA
LE del vero OLIO D’OLIVA di ONEGlia a famiglie evangeliche con sconto di L. 50 a litro.
Le spedizioni sono fatte direttamente ai consumatori dai luoghi di produzione (trasporto e recipienti compresi
nel prezzo).
Solo il GENUINO OLIO D’OLIVA
da un condimento nella forma più sana, naturale e più adatta al corpo umano, essendo un alimento eccellente che
si raccomanda ad ognuno che si interessi della propria salute.
Per informazioni con listino completo scrivere a: PAOLO SCEVOLA - Casella Postale 426 - 18100 IMPERIA
ONEGLIA.
matica della ricerca sul Gesù storico;
il Prof. Dr. Gordon Rupp, di Cambridge, presidente per quest’anno della
Conferenza Metodista inglese, ha tenuto una conferenza sulla tradizione
cattolica e la tradizione metodista. A
tutti questi amici, e a tutti gli altri,
assai numerosi, che ci hanno visitati,
siamo molto riconoscenti per i legami
di affetto che abbiamo rinsaldato con
loro e con le loro Facoltà o le loro
chiese.
Un po’ grazie all’accresciuto numero
di studenti, un po’ grazie all’interesse
che questo fatto aveva suscitato nelle
chiese, quest’anno è stata potenziata
la cosiddetta « Domenica della Facoltà ». Sono state visitate le chiese di
Angrogna, Villar Pellice, Torre Pellice,
San Giovanni, Pomaretto, Villar Porosa, Torino C. O., Milano, Roma P.
Cavour, Forano, Matera, Altamura,
Gravina, Napoli, Civitavecchia e, in
altra occasione, Trieste, Corato, Bari...
Chiediamo venia se in quest’elenco vi
è qualche omissione. Questo contatto
con le chiese si è rivelato quanto mai
interessante e proficuo. Fin da ora la
Facoltà si mette a disposizione delle
chiese per il prossimo anno, raccomandando però che non tutte fissino una
data nello stesso periodo, perché allora diventa impossibile accogliere tutte le richieste.
Terminando, vorremmo ricordare
specialmente ai nostri « Amici » che il
maggiore sforzo contributivo chiesto
dal Sinodo alle chiese Valdesi, in particolare anche per la Facoltà, parte
dal presupposto che tutte le altre entrate degli anni passati (doni delle
chiese, contribuzioni degli «Amici»)
rimangano invariate nel loro importo
totale. Siamo fiduciosi q'uindi che gli
« Amici » degli anni passati ci confermeranno la loro solidarietà, e che ce
ne procureranno anche degli altri per
sostituire coloro che hanno terminato
il loro pellegrinaggio terreno.
L’ultima parola di questo notiziario,
però, non vuol essere un appello finanziario, ma piuttosto l’invito alle chiese perché si associno alla nostra ricerca affinché anche in un tempio ricco
di problemi come il nostro, l’Evangelo
possa essere presentato con una fedeltà che ne faccia emergere tutta la rilevanza per l’attualità. Proprio la partecipazione delle chiese a questo sforzo darà concretezza al nostro lavoro,
liberandolo dal pericolo dell’isolamento e della sterilità. Un « divorzio » fra
teologia e comunità non risulta ad altro che a un impoverimento dell’una e
delle altre. Anche qui vale l’istruzione
dell’apostolo Paolo esposta nel cap. 12
della 1“ lettera ai Corinzi.
La Facoltà
Ricordiamo a tutti clic il servizio di tesoreria per la Facoltà è svolto daU’ufficio amministrativo della Tavola Valdese (C. C. P. Roma
1/27855) Via IV Novembre 107; il « Sodalizio degli Amici della Faeoltà » è organizzato
e diretto dal Gen. Ing. Giorgio Girardet (Via
Carlo Poma 2, Roma C. C. P. 1/5074). Per
ogni eventualità, anche il prof. Bruno Corsani
ha un proprio C. C. P. che porta il numero
2/12886. Per la Biblioteca, il prof. Alberto
Soggin (C. C. P. 1/38031). Indicare sempre
la eausale dei versamenti!
Dal 9 al 12 aprile ha avuto luogo a Taranto
sotto gli auspici della Commissione Distrettuale, nei locali della nostra Chiesa una Campagna di evangelizzazione.
Per Toccasione vari membri della Comunità si sono impegnali nel lavoro preparatorio di diffusione di inviti, di volantini, di
stampa evangelica e di esposizione, nei nostri
locali, della nostra stampa.
La Campagna che ha richiamato un certo
numero di persone estranee è stata imperniata sul tema, generale : « Presenza Cristiana V e si è articolata neUe seguenti conferenze :
— Chi sono i cristiani evangeRci (Pas. S.
Ricciardi);
— La chiesa e il Regno di Dio (Past. D.
Cielo);
— L’impegno politico del cristiano (Past. E.
Corsani);
— 11 problema deU’ecumenismo (Pastore E.
Naso).
Ci è sembrato opportuno scegliere quest’anno questo tema, per una affermazione e chiarificazione, in un tempo di ricerca e di confusione, delle posizioni evangeUche sui vari
problemi che travagliano la coscienza de] nostro tempo; non nel senso della proclamazione
di noi stessi, della nostra « presenza », ma
nel senso di una messa a punto dei suddetti
problemi alla luce dell’Evangelo. Era facile,
infatti, cadere nella tentazione di trattare il
tema in chiave polemica, contrapponendo noi
stessi alle altre chiese, avere cioè un atteggiamento trionfaUstico, che non ci sembra
davvero consono alI’Evangelo. Si è ' evitato
tutto questo trattando il tema, in una prospettiva rigorosamente cristocentriea, nella coscienza cioè che noi, proprio perché evangelici,
non viviamo per noi stessi e non contrapponiamo agli altri noi stessi, ma viviamo per il
Signore e contrapponiamo a tutto e a tutti
Cristo e Cristo soltanto.
Risultati? Ci sembra assurdo parlare di risultati immediati, in questi casi : il compito
-viiiiiiiiiiiiiiiiiimMiiiiiiiiiiiiiiiiiinmimiiiimiiiimiiiiiiimmiDiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiihiMiiimiiimiiiiiimimmimiiiiiiiiiiiiMiniiiiitiiiiiiiiiiiiiiiim' ■iimiiiiiiiiiiimMiiniiuii
iiiiiiiiimiiiiiiimiimiiiiiiimniimiiiimitimiMiik
LA COMUNITÀ DI BARI STUDIA IL PROBLEMA DELL'ISTRUZIONE SECONDARIA
lina
ispirata alla teologia protestante snH’nomo
Riferiamo anzitutto più ampiamente
sullo studio da noi fatto nel mese di
marzo della relazione della commissione sull’istruzione secondaria, onde
portare il nostro contributo al dibattito in corso. Diciamo subito che, anziché esaminare partitamente tutti i
punti della relazione e valutare le alternative presentate alla chiusura del
Liceo-Ginnasio prima e delle altre
scuole medie alle Valli poi (secondo le
conclusioni della commissione), abbiamo preferito concentrare la nostra attenzione e limitare la nostra analisi a
quello che ci sembra essere il problema di fondo, dalla cui soluzione (e
non già dal fatto che ci siano o no i
mezzi) ci sembra che dovrebbe essere
determinata una decisione del Sinodo.
Quale è il rapporto tra testimonianza e servizio? Che cosa intendiamo per
testimonianza? Si può parlare di una
pedagogia protestante? Quale validità
presenta, dal punto di vista della testimonianza, una scuola evangelica?
Cercando di rispondere a questi quesiti, non ci è sembrata accettabile l’alternativa tra testimonianza o servizio
posta dalla commissione, che opta per
il servizio.
Testimonianza e servizio:
un tutto inscindibile
Riteniamo invece che testimonianza
e servizio siano inscindibili dal punto
di vista della fede, perché si testimonia servendo, e si serve con chiaro riferimento a Colui che dà senso e sostanza al nostro servizio. Per questa
ragione, ad un certo momento qualsiasi testimonianza deve essere esplicita; non comprendiamo cosa voglia
dire « testimonianza implicita » o muta, e pensiamo che difficilmente lo
comprenderebbero coloro che ne sono oggetto. Come si può tacere su Colui che ci manda? Questo non significa fare proselitismo, perché il riferimento non deve essere alla nostra denominazione, ma al nostro Signore
(« ...così risplenda la vostra luce nel
cospetto degli uomini, affinché veggano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli »;
Matteo 5; 16).
Questo servizio sarà una testimonianza all'agape di Cristo, e non vediamo quindi perché ad un certo momento non si debba parlarne. In questo modo il nostro servizio, reso anche con le opere sociali o la scuola,
può diventare autentica predicazione.
Non si tratterà quindi di predicazione
autoritaria perché fatta dalla cattedra, ma del fatto che insegnanti autenticamente cristiani trasmettano il
contenuto della loro fede, con il loro
modo di essere e di insegnare.
II mito
del non-condizionamento
La Commissione ritiene che non si
possa servirsi di una struttura scolastica per condizionare attraverso l'insegnamento. Ma non viviamo in una
atmosfera rarefatta, asettica: i condizionamenti ambientali sono inevitabili. Il silenzio del credente finirebbe fatalmente per determinare un condizionamento ben più temibile e meno evitabile, con tutte le deformazioni che
esso porterebbe con sé. Seguendo questo ragionamento della Commissione,
al limite si potrebbe addirittura soste
nere che anche la famiglia, per la sua
stessa strutturà, \ i> :ne a limitare la libertà del fanciulle ed a condizionare
le sue scelte. È o-eyio che la famiglia
non può imporre la fede, e nemmeno
può determinarne la nascita; ma dei
genitori credenti non abdicheranno al
loro compito che f- quello di annunciare Cristo anche td anzitutto ai loro
figli.
Naturalmente una scuola protestante è legittima soltanto se essa è sostenuta da una pedagogia protestante.
La commissione afferma che « da
quando la pedagogia è diventata scienza, non potrà più esservi una pedagogia protestante più di quanto non vi
sia una medicina protestante negli
ospedali evangelici ».
Rileviamo anzitutto che l’accostamento tra pedagogia e medicina non
ci sembra legittimo. D’altra parte, sarebbe interessante discutere sui problemi che due diverse impostazioni
spirituali possono determinare anche
nel campo della medicina. Pensiamo
infatti ai due studi del Dr. Paul Tournier: Médecine de la personne; Bible
et médecine (vedi in particolare il
cap. X del primo dei due libri citati:
Verso una medicina sintetica).
Certo, anche se negli ospedali evangelici operassero dottori atei nessuno
nega che saprebbero eseguire interventi chirurgici o curare malattie con
altrettanta o addirittura maggiore
competenza e perizia di dottori credenti, ma il problema non è solamente tecnico, ma investe i complessi rapporti tra il corpo e lo spirito, il senso
della malattia, il peccato, la missione
di un medico credente, la sofferenza,
il campo della coscienza etc.
Per cui. se è vero che non si può
parlare di « medicina protestante », è
altrettanto vero che vi può essere una
interpretazione ed una utilizzazione
« cristiana » della medicina.
Perché è lecito parlare
di pedagogia protestante
Ma torniamo alla quistione della pedagogia protestante. Ci sembra che essa sussista se sussiste una antropologia protestante, cosa che, riteniamo,
nessuno potrebbe negare. Antropologia
protestante significa diversa interpretazione di che cosa è l’uomo.
Basterà che accenniamo al pessimismo antropologico tipico della Riforma, che spiega la polemica antiumanista di Lutero. E cosa sia l’uomo lo
si sa dalla rivelazione biblica e non già
per mezzo della filosofia, perché noi
conosciamo l’uomo come si è sviluppato dopo il peccato originale: in lui
anche la ragione è pervertita e perciò
incapace di una adeguata conoscenza
della creatura umana (vedi prof. Valdo Vinay: L’uomo nel pensiero di Lutero). Se accettiamo quanto sopra, è
chiaro che non possiamo accettare in
assoluto nessuna delle moderne pedagogie, che partono tutte da una concezione ottimistica dell’uomo, che ritengono di poter conoscere l’uomo in
sé, e che ne affermano l’autonomia da
ogni altro da sé! L’antropologia della
Riforma mostra il fondamento dell’uomo non già in qualcosa che sia nell’uomo stesso, ma fuori dell’uomo nella grazia di Dio. L’uomo è giustificato
per fede. Perciò « antropologia significa cristologia, il discorso intorno al
l’uomo presuppone il discorso di Dio »
(Edmund Schlink).
Tutto ciò è estraneo alle moderne
pedagogie, che portano avanti soltanto un discorso sull’uomo, e per questo
appunto possono essere considerate
pedagogie scientifiche.
Una ricerca comunitaria
senza dogmatismi
né confessionali né laicisti
Dunque; alla base di una scuola
protestante vi sarà questa pedagogia
ispirata alla teologia protestante sull’uomo; per questo l’insegnamento non
potrà mai essere dogmatico né in senso confessionale né nel senso di altri
dogmatismi laici. Sarà un insegnamento critico, alla cui base vi sarà la
ricerca comune, dell’insegnante e dell'allievo. Quindi, insistiamo sulla necessità di un quadro scolastico che
realizzi una realtà comunitaria di ricerca. Non sottovalutiamo l’importanza che può avere (come osserva la relazione, della commissione) la presenza individuale e più ancora quella di
un gruppo di insegnanti evangelici in
una Scuola di Stato. Ma questi insegnanti, nella scuola di Stato non potranno condurre fino in fondo il loro
discorso, sia perché la struttura di
quel tipo di scuola o non lo permetterebbe o lo renderebbe più difficile se
addirittura non lo vanificherebbe; sia
anche perché un gruppo di insegnanti evangelici in una Scuola di Stato sarebbe impedito dal proprio scrupolo
di rispettare la laicità di questa Scuola. In un istituto evangelico, invece,
qualsiasi ricerca e qualsiasi esperimento sarebbe possibile, ed allora l’insegnamento della storia, della filosofia ed anche della letteratura potrebbe essere svolto in una visione critica
di ricerca, senza preclusioni od apriorismi dogmatici confessionali o laicisti.
Tutto ciò naturalmente presuppone
la coerenza evangelica degli insegnanti che siano evangelici non di nome
ma di fatto. Solo in questo caso, infatti, possiamo legittimamente parlare
di « concentrazione evangelica » e non
abbiamo scrupoli verso quella che la
commissione definisce « visione sintetica » della testimonianza. Infatti non
si può evitare di affiancarsi agli elementi umani della scuola, così come
la predicazione della Parola di Dio è
un tesoro che però è contenuto in
« vasi di argilla » come ci ricorda l’apostolo Paolo.
Invito al Sinodo a studiare
più a fondo la questione
Concludendo: il qruppo che ha studiato questo problema non ritiene di
trasmettere alla Tavola o al Sinodo
un ordine del giorno, ma di invitare
il Sinodo a studiare più a fondo il
problema del rapporto tra testimonianza e servizio nell’ambito di una
scuola evangelica, collegandolo con
quello di una pedagogia ispirata alla
teologia protestante sull’uomo. Il
gruppo ritiene che si possa affrontare
con buona coscienza la quistione relativa alla chiusura delle nostre scuole di istruzione secondaria, solo se si
sarà dimostrato che non esiste una
differenziazione pedagogica in una
(continua a pag. 6)
nostro non era e non è quello di raccogliere
quanto quello di seminare, di testimoniare,
di annunziare.
E questo si è cercato di fare nella coscienza dei nostri limiti certo, ma anche della
grandezza di quello che s iannunziava e della potenza dello Spirito di Dio che può vivificare e rendere efficace la nostra umile
opera. E. N.
N
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Alessandrina Peyret
ved. Vinçon
ringraziano sentitamente quanti hanno partecipato al loro dolore e in particolare il Signor Pastore, il Dott. De
Clementi, la Sig.ra Ida Blanc e i condomini.
San Germano, 12 maggio 1969
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Olimpia Bertin
esprimono la loro riconoscenza a quanti si unirono a loro con affetto e simpatia nella improvvisa dipartenza della loro cara.
« L’Eterno è il mio pastore »
(Salmo 23)
Asilo dei 'Vecchi,
Luserna San Giovanni, 16 maggio 1969
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie Giordan e Davit, nell’impossibilità di farlo personalmente, riconoscenti ringraziano tutti coloro che
hanno preso parte al loro lutto per la
dipartita del caro
Enrico Giordan
Un ringraziamento particolare al
Dott. De Bettini, al Pastore sig. Sonelli, e alla famiglia Corsanì, alle rappresentanze Soc. Gen. Operaia dì M. ,S.
e Grappo Alpini.
Torre Pellice, 30 maggio 1969
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie Gonin, Mûris, ArmandHugon, riconoscenti ringraziano il
Dott. De Bettini, la Direzione ed il
personale delTOspedale Valdese, 1 pastori SonelU e Rostagno, per l’assistenza materiale e spirituale prestata
alla cara
Giuseppina Mûris
ved. Gonin
e quanti con presenza e scritti si unirono al loro lutto.
Torre Pellice, 30 maggio 1969
SENSAZIONALE!
Apertura a Pinerolo del
“ROGIRO’,,
(Tutto per la musica)
con nuova sede in
VIA DEL PINO, 60
Fidatevi della Direzione
«ROGIRO’»!
Si impartiscono anche lezioni di
musica con l’assistenza di un
Professore d’Orchestra Diplomato al Conservatorio Musicale di
Torino. Fidatevi dunque del Negozio « ROGIRO’ » che oltre alla
vendita dei dischi e tutti gli strumenti per la musica, vi offre la
massima ASSISTENZA TECNICA per le eventuali riparazioni.
La Direzione del « ROGIRO’ » è
affidata ad un diplomato specializzato per la vendita di Organi Elettronici « DAL MINI ORGAN ALL’IMPERIAL ORGAN »
Una rapida visita non vi impegnerà in alcun modo
La nostra sede dal 26 MAGGIO
è aperta tutti i giorni (orario negozi)
« ROGIRO’ »
VIA DEL PINO, 60 - PINEROLO
6
pag. 6
N. 22 — 30 maggio 196^
ieri
¡oggi
In questo periodo dell’anno ecclesiastico si vanno convocando assemblee e Conferenze e si traccia un
primo bilancio delle attività; ognuna di queste assemblee ascolta la
lettura di Relazioni Annue, dei Concistori, delle Conferenze distrettuali e ne discute. Ho sempre letto con
estremo interesse questi bilanci spirituali delle comunità a distanza di
tempo e mi sono sempre domandato che valore possono avere per tracciare un quadro esatto della storia
di una comunità. Sono sovente mutevoli come l’umore della gente, ora
lieta ora triste, e sembrano molto
spesso redatte da un gruppo o da
una persona più che da una comunità che fa il -Suo esame di coscienza.
Ecco ad esempio' il bilancio che
della vita di una comunità delle Valli viene tracciato in una relazione
ad un Sinodo della fine 800:
A part un petit nombre de personnes, la presque totalité des membres de notre Eglise semblent, pour
ainsi dire, prendre à tâche, qui
d’une manière, qui de l’autre, défaire voir que l’Evangile peut parfaitement s’allier dans la vie avec
toute sorte de péchés. Sans vouloir
cesser de se dire chrétiens et tout -en
étant plus ou moins réguliers aux
assemblées religieuses, combien qui
sont adultères, ivrognes, voleurs,
fureurs, joueurs, médisants, remplis
de haine et d’envie, indifférents dans
l’accomplissement de leurs devoirs
religieux, avares pour les oeuvres
de bienfaisance, transgresseurs du
jour du repos, et cela au vu et su de
tout le monde? Combien qui après
des avertissements publics et particuliers, demeurent toujours les mêmes, et poussent l’effronterie jusqu’à légitimer, en certain manière,
les péchés qu’avec la parole de Dieu
à la main on leur reproche! Combien
qui sous le coup de l’épreuve se
roidissent contre la Parole de Dieu!
Combien enfin qui sous de belles
apparences et un extérieur religieux
des plus accomplis, cachent les plus
méchantes actions! *
A questo punto non resta che dire: tutto era finito, non c’era più
Chiesa cristiaria in quel villaggio oppure gli estensori di queste righe
erano malati di pessimismo inguaribile! O la gente era realmente cosi
o il pastore non aveva saputo predicare l’evangelo e si sfogava gettando la colpa sulla comunità. Non saprei cosa scegliere in questa alternativa; a meno che il pastore pretendesse dal suo gregge più di quanto
quello poteva dare? Mi domando però che cosa succederebbe se oggi
pronunciassimo un giudizio di questo genere in una relazione annua,
quale sarebbe la reazione dell’assemblea. Certo sarebbe una reazione negativa. Questo significa allora
che la gente è diventata migliore,
migliore dei padri risvegliati del secolo scorso di cui si dice tanto bene
e che consideriamo esemplari? Se
siamo migliori vuol dire che le cose
non vanno poi così male come si dice. O invece, se si reagisce di fronte
ad un giudizio di questo genere, significa che la gente non è cambiata
affatto, ma in più non ama essere
criticata, non ama che le si dica la
verità. In tal caso la differenza tra
noi e i nostri padri sarebbe solo questa: loro non erano meglio di noi
ma avevano il coraggio di dire e di
ascoltare la verità sulla propria vita
spirituale, noi ci nascondiamo dietro la tradizione per non vedere.
Giorgio Tourn
* A parte un numero ristretto di persone,
la quasi totalità dei membri della nostra
Chiesa sembra, per così dire, impegnarsi, chi
in un modo chi nell’altro, a mostrare che
l'Evangelo pub accordarsi perfettamente, nella vita, con peccati di ogni sorta. Senza voler
cessare di dirsi cristiani e partecipando in
modo più 0 meno regolare alle assemblee religiose. quanti adulteri, ubriaconi, ladri, bestemmiatori, dediti al gioco, maldicenti, pieni
d'odio e d’invidia, indifferenti nel compimento dei loro doveri religiosi, avari verso le opere benefiche, trasgressori del giorno del riposo, alla faccia della gente? Quanti, dopo
ammonimenti pubblici ep rivati, rimangono
sempre gli stessi e spingono la loro sfrontatezza fino a legittimare, in qualche modo, i peccati che vengono loro rimproverati con la
Parola di Dio in mano! Quanti, sotto i colpi
della prova, si irrigidiscono contro la Parola
di Dio! Quanti dietro belle apparenze e una
facciata religiosa nascondono le peggiori
LA SITUAZIONE DELLE CHIESE IN BULGARIA
“Con il popolo e con la patria,,
Da un^laiervlata de! prof, Sabev, di Sofia, traspare una situailone
di vitalità eoeleslastlea, ma anche di costantlnlanesimo socialista
Il prof. Todor Sabev, membro del Comitato centrale del CEC, ha rilasciato una
intervista che compare sul n. 17 del soepi. La trascriviamo qui di seguito sotto
forma di articolo, omettendo le domande e raggruppando le risposte. Appare
evidente, per quanto riguarda i rapporti fra stato e chiesa, il soverchiamente del
primo sulla seconda e di conseguenza si deve purtroppo sentir dire che la chiesa
non deve immischiarsi negli affari dello stato ; si deve sentire l'esaltazione del
suo ruolo patriottico e del suo legame inseparabile « con il popolo e con la Patria ». Assistiamo cioè allo stesso fenomeno che avviene nei regimi conservatori
e di destra (e anche in quelli « democratici »1), per cui o la chiesa si « costantinizza », cioè si allea e si lega mani e piedi al potere costituito, oppure è destinata ad essere perseguitata. Ma Gesù non ha detto: « beati quelli che saranno
perseguitati a cagion mia »?
Su una popolazione di circa 8 niilioni e mezzo di abitanti, si contano in
Bulgaria circa sei milioni di ortodossi, 50 mila cattolici di rito occidentale,
10 mila uniati, 22 mila armeno-gregoriani, 6 mila pentecostali, oltre 3 mila
avventisti, 1.500 metodisti e circa mille
battisti. Per completare il quadro, occorrerebbe aggiungere circa 6 mila
ebrei e 650 mila mussulmani : non dimentichiamo che i turchi hanno occupato il nostro paese per circa cinque
secoli.
La Chiesa ortodossa — che è la più
antica delle chiese ortodosse europee,
essendo stata fondata nell’870 possiede circa 3.200 chiese e cappelle servite da circa 2 mila preti; oltre 100
monasteri (alcuni di essi sono molto
piccoli) con circa 400 monaci e suore.
Circa l’origine delle chiese protestanti, esse vennero in rnaggioranza
fondate nella seconda metà del 19° secolo e sono legate direttamente o indirettamente all’attività di missionari
americani Le comunità dei pentecostali esistono dal 1921. L’influenza protestante penetra soprattutto da Costantinopoli e tramite certi emigrati
russi.
La Chiesa ortodossa bulgara ha vari
stabili fuori della Bulgaria e particolarmente negli Stati Uniti, in America latina, in Canadá ed in Australia, ha
dei preti bulgari dislocati a Costantinopoli, Vienna, Bucarest, Budapest e
Calata, una rappresentanza ecclesiastica a Mosca ed un monastero a
Monte Athos. .
Disponiamo di due Istituti di insegnamento teologico : un Seminario di
teologia (scuola secondaria) con due
mila alunni ed un’Accademia (scuola
superiore) con 115 studenti regolari e
30 per corrispondenza; il numero degli allievi, soprattutto nel corso degli
ultimi due anni, è aumentato.
Circa i rapporti fra la chiesa ortodossa bulgara e quelle protestanti, essi stanno migliorando e diventano
sempre più fruttuosi sul piano ecumenico. Questa atmosfera ecumemca
sempre più favorevole ci consentirà di
fondare un Consiglio ecumenico nazionale. .. .
Per quanto riguarda i rapporti ira
Chiesa e Stato, dopo la rivoluzione socialista del 1944, queste due istituzioni
sono state separate. Questa separazione fu ben accolta in quanto sotto il
precedente regime la Chiesa aveva sofferto per l’intervento brutale dello
Stato negli affari ecclesiastici. Secondo l’articolo 78 dell’attuale Costituzione, tutte le comunità religiose hanno
diritto all’autorganizzazione e all’autoamministrazione. La libertà di coscienza e di confessione sono garantite ai cittadini, come pure quella di
culto. Chiunque, colla forza o con minacele impedisca ai cittadini o alle
confessioni riconosciute di esercitare
liberamente la loro fede e di effettuare
i loro riti e servizi religiosi è passibile
di pena (art. 304 del codice penale).
La vigente legislazione assicura le libertà di costruire delle chiese, delle
case di riunione, delle scuole religiose,
ecc. ed all’occorrenza lo Stato può sovvenzionare le diverse confessioni. La
chiesa ortodossa riceve una sovvenzione annua che rappresenta da 1/6
ad 1/8 del suo bilancio. Le altre chiese
non ricevono sovvenzioni. I miei amici
protestanti mi dicono : « Preferiamo
non chiedere sovvenzioni allo Stato
(meno male!) perché la cosa non è
nelle tradizioni ». Ah ! questi puritani !
Indirettamente, lo Stato favorisce
l’ecumenismo perché, secondo le leggi,
chiunque predichi l’odio per motivi religiosi è passibile di tre anni di prigione e di 400 leva di multa. È pure vietato abusare della religione e della
Chiesa per fini politici, come pure di
formare partiti politici a base religiosa.
I rapporti fra Stato e Chiesa sono
pertanto normali e leali ed i motivi sono essenzialmente a carattere storico.
La Chiesa ha difeso il popolo contro
nemici esterni ed interni, ha conservato la coscienza nazionale ed ha lottato
per l’indipendenza religiosa e politica.
Questi meriti della nostra Chiesa sono
riconosciuti da tutti. Uno dei leaders
del movimento comunista intemazionale bulgaro ebbe a dichiarare : « In
quanto bulgaro,, mi sento Aero della
Chiesa bulgara ». Egli ha qualificato la
Chiesa come guardiana e protettrice
dello spirito nazionale nel corso dei
secoli. Infatti, anche in occasione della rivoluzione socialista del 1944 la
Chiesa ha continuato a montare la
guardia alla patria e a giocare un ruolo decisivo nella vita sociale. Essa è
inseparabilmente legata al popolo ed
alla Patria. Lo Stato e la pubblica
opinione apprezzano vivamente il ruolo della Chiesa nei riguardi del movimento per la pace. A questo occorre
ancora aggiungere la saggezza del governo nella realizzazione della democrazia popolare e la stima personale
di cui gode sua santità il patriarca
Cirillo, capo della nostra chiesa : in parecchie occasioni ha ricevuto altissime
decorazioni ed onorificenze.
La Chiesa ha la possibilità di annunciare la Buona Novella anche ai
non cristiani — sia pure con certi limiti verso i bambini e la generazione
che cresce — ed all’uopo indice conferenze, conservazioni e dispone di pubblicazioni settimanali e mensili.
La Chiesa, pur vivendo in una società socialista, dispone di tutti i suoi beni che assommano ad un valore molto
importante. Essa ha immobili amministrativi, ricettivi, scolastici e produttivi (fra cui 75 tenute agricole), case di
riposo, ecc. Inoltre lo Stato ha concesso alla Chiesa il monopolio della fabbricazione dei diversi articoli legati al
culto, che vengono a rappresentare
una importante sorgente di reddito.
Circa i rapporti « giovani-chiesa »,
siccome l’istruzione e l’educazione dei
giovani sono affidati unicamente allo
Stato, possiamo incontrarci coi ragazzi quando vengono in chiesa: non si
può dire vi siano molti giovani che
r. p.
partecipino alla vita della chiesa: tuttavia, in occasione delle grandi feste,
le funzioni sono molto frequentate anche dai giovani.
Concludendo, dobbiamo onestamente riconoscere che lo Stato ha ottenuto risultati perfetti in tutti i campi. In
quanto cristiani, non possiamo che approvare e sostenere i suoi sforzi per
quanto concerne l’industria, l’economia rurale, la cultura, la vita sociale,
l’aiuto ai paesi sottosviluppati ed il
movimento per la pace. È chiaro che
il livello di vita dei nostri concittadini si è assai elevato e di fronte al
« rimprovero » di essere dei cristiani
comunisti diciamo; un cristiano non
deve rallegrarsi e non deve dirlo apertamente?
Naturalmente non siamo sempre
d’accordo collo Stato, ad es. quando esso decise la trasformazione in
museo nazionale del grande monastero di Rila; ma successivamente esso è
ritornato sulla sua decisione concedendo alla chiesa il diritto di ripristinarvi la vita monastica.
Vivendo sotto un regime socialista
ci sforziamo di compiere il nostro dovere di cittadini e di aiutare la Chiesa
nella sua missione, sempre rimanendo
dei cittadini leali e fedeli all’interesse
del nostro popolo e della nostra patria. Todor Sabev
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
LITI IN FAMIGLIA
S’avvicina per la Francia il giorno della
prova : l'ele.i’one presidenziale. Nell’attesa,
è interessante rilevare alcuni aspetti della profonda discordia che travaglia la sinistra francese. II seguente episodio di dettaglio è uno
fra i molti sintomi (ma non dei meno significativi!) di questo inquietante fenomeno politico.
Alain Krivine, il giovane candidato della
« Lega comunista », che si professa trotskista
e che, come tale, combatte il Partito Comunista Francese, ha parlato giovedì 22 maggio a
Rouen, designando quel partito eome « principale responsabile della sconfitta popolare nel
maggio 1968 : quel partito che aveva il preciso scopo di guidare i lavoratori alla vittoria ».
« Egli ha inoltre rimproverato al partito di
non compiere il proprio dovere, che è quello
di "educare i lavoratori, mostrando loro la necessità di conquistare il potere”. Esponendo il
proprio programma, il candidato della Lega
comunista ha pubblicamente dichiarato: "Bisogna imporre le proprie rivendicazioni e finirla con le discussioni... Accettare la legalità
borghese, significa accettare la legalizzazione
della violenza” ».
Lo stesso giorno, a Radio-Lussemburgo, il
Krivine si è espresso, in termini più precisi,
come segue : « Nella misura in cui noi riteniamo che soltanto il socialismo, cioè la fine dello
sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sarà capace
di edificare una società nella quale la violenza e le guerre saranno scomparse, noi pensiamo (e tutta la storia lo prova!) non esser possibile altra soluzione (a partire dal momento
in cui la maggioranza dei lavoratori s’impegna
in un processo rivoluzionario) che quella (...)
d’opporsi con tutti i mezzi alla borghesia: a
quella borghesia che, a sua volta (lo ripeto),
utilizzerà tutti i mezzi possibili per impedire
la rivoluzione ».
UN APPELLO DI
55 CITTADINI SOVIETICI ALL’ONU
È rivolto, più precisamente, alla « Commissione dei Diritti dell’Uomo ». Circola clandestinamente a Mosca, e richiede che venga fatta un’inchiesta sulle violazioni dei « diritti
civili fondamentali » nell’URSS.
« Il documento protesta, in particolare, contro l’arresto del generale Grigorenko /avvenuto circa tre settimane fa) e contro quello del
poeta Ilya Gabai.
’’Questi recenti arresti ci obbligano a pensare che i servizi repressivi sovietici hanno
deciso di sopprimere, una volta per tutte, le
attività delle persone che protestano contro gli
atti d’arbitrio nel nostro paese.
Noi riteniamo che la libertà d’avere e di
esprimere delle convinzioni indipendenti, è
messa in pericolo.
Noi ci appelliamo all’ONU, perché non è
stata data mai alcuna risposta alle nostre proteste, inviate da anni alle più alte autorità
dello Stato e della Giustizia”.
Fra i firmatari si notano i nomi dello storico Yakir'il cui padre, stimato capo militare, venne fucilato durante le purghe staliniane e poi riabilitato; del poeta e matematico
Alessandro Yessenin-Volpin, figlio del poeta
Sergei Yessenin; della poetessa Natalya Gorbaneskaya, che si trovava nel gruppo delle
persone che, l’anno scorso, nel mese d’agosto,
protestarono contro l’invasione della Cecoslovacchia; della moglie e del figlio del generale
Grigorenko ».
(Da « Le Monde » del 24-5-1969).
iiiiiiiimiiiiuiiimiimimiimiiii)i unii lille 'iiiiiiiiimiiiiiiiin
La Cooferenza lletodista
istitaisce il ruolo
dei “pastori locali,,
noD a pieno tempo
Della Conferenza Metodista di quest’anno, che ha svolto i suoi lavori dal
13 al 18 maggio in Roma, diamo solo
un brevissimo cenno su alcuni particolari riguardanti le deliberazioni adottate nelle Sessioni separate. La parte ,
di maggior rilievo e di elevata importanza dei lavori della Conferenza va
ritenuta quella che è stata trattata
nelle Sessioni congiunte col Sinodo
Valdese. E di questa sezione è fatto
cenno in modo ampio e adeguato in
altra parte di questo periodico.
Ciò che ha maggiormente impegnato
la Conferenza è stata la istituzione del
ruolo dei « Pastori locali » non a pieno
tempo. Si tratta, in brevi parole, di pastori provenienti da libere professioni
ai quali — dopo la dovuta consacrazione — viene affidata la cura di Comunità pur continuando, costoro, a svolgere la loro professione. Possiamo dire che è un primo passo verso il riconoscimento dei « ministeri laici », anche se il problema non sembra affrontato alla radice. Da non poche affermazioni udite in Conferenza, risulta
che la Chiesa sente la necessità di permettere più ampia libertà alle vocazioni nel riconoscimento di quei « doni » che lo Spirito Santo offre ad ogni
credente senza alcuna distinzione di
carattere istituzionale.
Le relazioni dei vari Segretariati e'
Commissioni hanno permesso alla
Conferenza l’esame del lavoro faUo e;
da fare in vista di un maggior impegno evangelistico. Il problema ielleopere sociali non è stato dibattuto a.
fondo. È un tema che la Chiesa vuole (e deve!) esaminare con una seria
riflessione inserendolo nel coni estodella completa testimonianza evangelica nel nostro Paese. Pure la situazione finanziaria ha richiesto un attento esame da parte della Conferenza. Se attualmente la situazione è
«pesante», in prospettiva si presenta
abbastanza ottimisticamente. Cc -ì è
stato affermato dai maggiori responsabili delle nostre finanze.
Ad elezioni compiute, gli inca: ichi
risultano cosli distribuiti:
Presidente :
Pastore Mario Sbaffì
Vice Presidente ;
Avv. Pietro Trotta
Segretario :
Pastore Sergio Aquilante
Membri del Comitato Permanent ;:
Pastori : Ivo Bellacchini, Au elio
Sbaffì, Massimo Tara;
Laici; Dr. S. De Ambrosi, Prof.
G. Spini, Dr. E. Sfredda.
Segretari dei Segretariati:
Gioventù: Pastore Paolo Sbafii
Scuole Domenicali; Pastore -.'aldo
Benecchi
Predicatori laici: Marcello Rizzi
Attività Femm.: Mirella Bell:ami.
Seguono le varie Commissioni permanenti e di studio.
I trasferimenti dei pastori; '-ast.
G. B. Nicolini da Terni a Bas; : gnana; Evang. G. Janni da Pese- ¡a a
Terni; Cand. Evang. E. Mannelli da
Roma a Savona. Candidato Pal lorelocale Dr. Franco Becchino pei Savona.
A chiusura dei lavori, i membri della Conferenza si sono raccolti cun la
Comunità Metodista di Roma nel empio di via XX Settembre per un Culto di S. Cena. Ha presieduto il Presidente Pastore Mario Sbaffi, il sermone è stato pronunciato dal pastore
Massimo Tara. g.
iiiimiiiMiiimiiiiiiiiii
iiiiiMimiiiHiiiiiimiiimiiiHiHiHM ii
Una pedagogia iapirata aUa tealagia protestante snll'uoma
5)
(segue da pag.
prospettiva cristiana, o, nel caso che
si concordi col fatto che questa differenziazione sussista, solo se queste nostre scuole dovessero mancare di insegnanti o di allievi. Non ci sembra
infatti che la quistione dei mezzi sia
altrettanto determinante, perché la
storia della Chiesa Valdese ci insegna
che, tutte le volte che si sono avuti
programmi chiari e si sono effettuate
scelte precise, i mezzi sono venuti perché la Chiesa deve camminare per fede e non per visione.
Enrico Corsasi
HVim HfSCHIie VALDESE
1(X)66 TORRE PELLICE
Torino tei. (0121) 91230
VACANZE
ORGANIZZATE
dal 29 giugno al 31 agosto
per ragazzi dai 7 ai 14 anni
Possibilità di lezioni di nuoto
nella propria piscina coperta
Sono aperte le iscrizioni per
l’anno scolastico 1969-70 per ragazzi dai 6 ai 16 anni.
Diamo cenno di alcune altre attività della
nostra Chiesa in questi ultimi mesi.
In marzo abbiamo avuto nei nostri locali
una « tavola rotonda » sul problema della
« contestazione nella scuola ». Hanno parlato
il rev. don Luciano Bux, insegnante di religione nel Liceo classico di Bari; il prof. Nicola Pantaleo, lo studente universitario Antonio Bellomo. Cattolici il primo e terzo oratore, avevano in comune col secondo, evangelico, il fatto di partire da presupposti cristiani, anche se il loro discorso è stato molto
diverso. Il numeroso pubblico composto prevalentemente di studenti e professori, ha partecipato con vivo interesse e con interventi,
alcuni dei quali di alto livello.
Giovedì 10 Aprile il Pastore ha parlato nell'aula del Consiglio Comunale di Bari sul tema : La non violenza - Il messaggio di Martin
Luther King. Era stato invitato da un centro
culturale che intendeva ricordare il primo anniversario della morte.
Il 31 Marzo hanno avuto inizio presso il
circolo cattolico « 11 Leggio » gli incontri di
studio biblico a livello comunità, cui avevamo
fatto cenno in precedenza. Questa iniziativa
si inserisce nel quadro degli incontri ecumenici che si svolgono da alcuni anni, e che
ora ci hanno portato a questa auspicala fase.
Partecipano la chiesa valdese, la chie.sa cattolico romana, quella cattolica di rito greco
e la chiesa ortodossa. Gli incontri hanno una
periodicità quindicinale. In questo primo ciclo di studi abbiamo scelto le parabole del
Regno. Lo studio viene introdotto a turno da
un rappresentante delle comunità indicate
(non necessariamente pastore o sacerdote), che
indica punti di discussione o di approfondimento; poi il pubblico partecipa liberamente
alla ricerca comune. Nonostante alcune ìnccrtez.ze e difficoltà emerse in questa prima fase,
riteniamo che l’esperimento abbia validità e
possa offrire interessanti sviluppi.
Per quanto riguarda la vita « interna » della nostra comunità, ricordiamo anzitutto le
gradite visite di due professori della Facoltà
di Teologia: il prof. Bruno Corsani ed il professor Valdo Vinay. Il primo ha predicato a
Corato ed a Bari, rispettivamente il giovedì
.santo e la domenica di Pasqua; il secondo ha
predicato a Bari la domenica 4 maggio. Lt
ringraziamo vivamente.
La comunità, in una serie di incontri, ha
discusso il problema della predicazione e ¡Iella
testimonianza oggi, e i documenti sul Pastorato ed i Ministeri nella Chiesa, riferendo sia
alla Commissione del Sinodo congiunto Valdc.se-Metodisla, sia al giornale «Nuovi lempi » che ne aveva fatta richiesta.
Per quanto riguarda le Finanze, già da tempo la comunità ha completato i suoi versamenti, per tutte le voci, raggiungendo 1 aumento del 20'’/o indicato secondo la nuova
ripartizione.
E. C.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
_____________n. 175, 8-7-1960_______________
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (To)