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FARE MEMORIA
«Mio padre era un arameo errante;
scese in Egitto, vi stette come straniero... gli egiziani ci maltrattarono, ci
oppressero; gridammo al Signore, al
Dio dei nostri padri, e il Signore udì la
nostra voce»
Deuteronomio 26, 5-7
/L ricordo, il fare memoria, per la
Bibbia non è solo commemorazione
di eventi sepolti nel passato, non è
struggente nostalgia dei bei tempi andati, magari di fronte a qualche foto
ingiallita. Far memoria vuole dire
prendere coscienza che apparteniamo
a una storia di amore che viene da
lontano, dalla creazione del mondo, e
che ha avvolto il popolo di Israele, i
nostri genitori nella fede, che avvolge
con la stessa intensità la nostra generazione. È la storia dell’amore di Dio.
Quella storia di sofferenza e di liberazione è anche la nostra. Il Patto si rinnova, si riattualizza, diventa storia di
salvezza per noi. E come nella Pasqua
ebraica si attualizza la liberazione
dall’Egitto, si rinnova il Patto, così nella Pasqua di Cristo si attualizza, si rinnova il Nuovo Patto sanzionato dal
suo sangue: «Fate questo in memoria
di me» è una promessa che va riscoperta in tutta la sua forza ed attualità.
Il pane e il vino indicano di generazione in generazione la presenza ricordata, creduta, sperata del Signore.
Far memoria: noi oggi sperimentiamo, come le generazioni di credenti del passato, una vitale intimità
personale e comunitaria con il Signore
morto, risorto, vivente. Far memoria
vuol dire individuare il Dna della nostra fede e della nostra speranza nella
grazia e nell’amore di Dio in Cristo Gesù. Se non sappiamo chi siamo, se non
abbiamo una solida memoria, una
chiara consapevolezza della nostra
identità cristiana ed evangelica, ci viene a mancare il terreno in cui radicare
la nostra fede e le nostre scelte di vita.
È sempre presente il rischio che Gesù
Cristo si riduca a un pallido ricordo
della nostra infanzia. Rischiamo altresì di diventare facile preda delle infinite proposte religiose che ci martellano
e che spesso si presentano con delle similitudini con la fede cristiana o di
ambiziosi personaggi che sanno fare
discorsi spirituali seducenti. Tutte cose
che a un certo punto si rivelano per
quello che sono, un inganno che ci lascia più soli e disorientati di prima.
Molti sono attratti dall’idea che
la nostra salvezza non sia solo in
Cristo, ma anche altrove, per esempio
nella New Age. Non è raro incontrare
nelle nostre chiese persone con «doppia tessera». Da questa proposta religiosa sono stati affascinati personaggi
della cultura, dello spettacolo, delTinformazione, dello sport. Si tratta di
un bricolage che raccoglie correnti e
tendenze religiose di varia origine.
«Una religione fatta di molte religioni,
ma senza Dio», così Giorgio Bocca definisce la New Age. Una religione della
salvezza «fai da te», dell’autosalvezza,
un po’ come le religioni cananee di un
tempo. A causa delle nostra ingenuità
culturale e teologica, per la mancanza
della memoria di fede che la nostra
unica fonte di vita e di salvezza è solo
nel Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Gesù Cristo, ci troviamo a
succhiare la linfa dannosa di movimenti religiosi che nulla hanno a che
vedere con la fede biblica. Far memoria: riprendiamo consapevolezza della
nostra identità di fede, facendo i conti
con il nostro passato e proiettandoci in
avanti sulla strada del discepolato
aperta dai nostri genitori nella fede,
affinché altri accolgano Gesù Cristo
come unico Signore e Salvatore. Benvenuti in questa storia di amore, di
grazia, di libertà.
Valdo Benecchi
Si:i IIMANALK DKI.U: CHIESI-: EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE. VALDESI
Il commento «cavouriano» del ministro del Tesoro Ciampi indica il prossimo traguardo
«Fatto l'euro, bisogna fare gli europei»
La moneta unica e l'attenzione all'economia non possono fondare una vera coscienza europea
occorre attingere anche al ricco patrimonio politico, culturale e spirituale del vecchio continente
_______JEAN-JACQUES PEYRONEL________
A prima vista il varo ufficiale
dell’euro potrebbe sembrare
un fatto puramente tecnico che interesserà soprattutto le banche e le
Borse ma che non avrà grande effetto sulla vita quotidiana dei cittadini degli undici paesi deH’Unione
europea che vi hanno aderito. In
realtà, con l’adozione dell’euro è
stata posta una delle pietre angolari
della costruzione europea. Ci vorrà
un certo tempo per realizzare appieno la portata storica della decisione presa a Bruxelles nel giorno di
San Silvestro ma fra tre anni, quando marco, franco, lira, fiorino, peseta eccetera scompariranno definitivamente dalla scena, sarà evidente
a tutti che è davvero iniziata una
nuova era nel vecchio continente.
Non capita tutti i giorni infatti
che un gruppo di stati sovrani decidano di comune accordo di cedere
parte della propria sovranità e di
sopprimere uno dei simboli più
forti della propria identità nazionale (la moneta), trasferendolo in un
nuovo simbolo del tutto inedito.
Basta ricordare la riluttanza di gran
parte dell’opinione pubblica dei
due paesi-guida deU’Unione (Francia e Germania) ad abbandonare la
propria moneta per rendersi conto
che la creazione dell’euro è un atto
eminentemente politico che non
potrà non avere ripercussioni anche in altri ambiti politici-istituzionali dell’Unione. Lo ha affermato lo
stesso Vim Duisenberg, presidente
della nuova Banca centrale europea che d’ora in poi soppianterà di
fatto tutte le Banche centrali nazionali nel garantire la stabilità della
nuova moneta.
Nel clima di euforia di questi
giorni, non mancano alcuni motivi
di perplessità, a cominciare dal fatto che quattro paesi membri non
sono saliti sul primo convoglio
dell’euro. Rincresce in particolare
che un paese come la Gran Bretagna, culla della rivoluzione industriale e della democrazia in Europa, continui, anche sotto la guida
del laburista Blair, ad avere un at
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teggiamento alquanto tiepido nei
confronti dell’awentura europea.
Ci sono voluti 40 anni perché il
nucleo originario della Comunità
europea (quella dei 6) si allargasse
all’Insieme dell’Europa occidentale
(quella dei 15). Ci vorrà probabilmente altrettanto, se non di più,
per giungere a un’integrazione
completa dell’intero continente: la
grande sfida della riunificazione tedesca, per la quale l’ex cancelliere
Kohl ha dovuto sacrificare il marco
a favore dell’euro, dimostra che
non sarà facile riunire le due parti
dell’Europa qualora i criteri di integrazione dovessero continuare ad
essere quelli rigidissimi ed essenzialmente monetari del trattato di
Maastricht. D’altra parte, ognuno
dei 15 paesi dell’attuale Unione ha
il suo Sud o il suo Est. L’ironia della
storia ha voluto che a tenere a battesimo la moneta unica sia stata
una maggioranza di governi di sini
stra e di centro-sinistra che per lo
più, ad eccezione dell’Italia, sono
stati finora «euroscettici». A questo
riguardo, l’assenza a Bruxelles del
superministro delle finanze tedesco, Oskar Lafontaine, è stata più
che eloquente.
Eppure, nonostante difficoltà,
scontri e contraddizioni, la costruzione dell’Europa procede, e ciò
avviene non in base ai diktat di un
singolo paese forte ma in virtù di
un confronto democratico. Questo
conferma l’originalità del progetto
europeo che, per porre fine alla
tragedia delle guerre intraeuropee,
fece la scommessa di legare in modo irreversibile gli stati europei per
il tramite dell’economia e della
moneta. L’essere giunti al traguardo della moneta unica (del tutto
utopistico fino a 20 anni fa) dimostra che l’intuizione dei padri fondatori era davvero lungimirante.
Eppure, già negli Anni 50, uno di
I progetti sostenuti grazie alle sottoscrizioni promosse dalla Fcei
Molti piccoli aiuti per il Sarno e il Centro America
T _ T- _ J ^^11^ 4.1^: i r_.X.X? 1* .. 1 .1 tir 11 . r. . t» . i.
La Federazione delle
chiese evangeliche in Italia (Fcei) ha reso note alcune informazioni sui
progetti sostenuti con le
sottoscrizioni a favore
delle vittime dell’alluvione nel Sarnese (maggio
1998) e dell’uragano Mitch in America Centrale
(novembre ’98). Per il Sarno sono stati raccolti circa
136 milioni, di cui 67 attraverso le chiese svizzere
(Hehs-Eper e Catena della
solidarietà). Una commissione coordinata dal pastore Antonio Squitieri ha
individuato (non senza
difficoltà, particolarmente
con gli enti locali) una serie di progetti: acquisto di
elettrodomestici, oggetti
per la casa, strumenti di
lavoro per contadini e ar
tigiani (progetti realizzati
con le sezioni di Cicciano
e Latina dell’Istituto per la
famiglia, organismo di volontariato di ispirazione
evangelica pentecostale),
per un totale di 15,4 milioni di lire; contributo
all’acquisto di un’automobile a 3 famiglie (4 milioni); contributi alla ricostruzione di piccole aziende (16,6 milioni); sostegno
all’Associazione «Rinascere», nata per promuovere
la ricostruzione di Sarno
(1 milione); soggiorno per
una settimana di 22 anziani presso il Villaggio
della Gioventù di Santa
Severa (8,7 milioni); contributo al progetto Caritas
«Famiglie solidali» per
aiuto a 4 nuclei familiari
che hanno subito rilevanti
danni dall’alluvione (30
milioni); contributo alla
Caritas interdiocesana per
progetti vari (22 milioni). 1
progetti ammontano a
circa 97,7 milioni di lire, a
cui vanno aggiunte le spese di gestione.
Viste la difficoltà di individuazione di ulteriori
progetti il Consiglio della
Fcei ha deciso di destinare la rimanenza a un fondo di emergenza per le
calamità naturali in Italia
e alla sottoscrizione per le
vittime dell’uragano Mitch. A quest’ultimo proposito, il Consiglio ha ipotizzato di raggiungere l’obiettivo di 130 milioni di
lire da destinare, nell’ordine, nel modo seguente: 1) progetto di Action
by Churches Together
(Act, l’agenzia di aiuto
delle chiese coordinata
dal Consiglio ecumenico
delle chiese e dalla Federazione luterana mondiale) in Nicaragua, E1 Salvador e Guatemalà: 50 milioni; 2) progetto Fundaes
(una fondazione di cui
fanno parte dieci cooperative agricole con 1.087
soci) in E1 Salvador, per la
riforestazione nella regione orientale del paese: 50
milioni; 3) progetto Act in
Honduras: 30 milioni. I
progetti Act riguardano
interventi di prima emergenza (fornitura di cibo,
medicine e sementi, potabilizzazione dell’acqua, ricostruzione abitazioni) e
si realizzano in collaborazione con organismi locali
delle chiese. (nev)
questi padri fondatori, il ministro
degli esteri francese Robert Schuman, affermava che l’Europa non
poteva ridursi a un fatto tecnico ed
economico e che bisognava «darle
un’anima». Ora, tutti convengono
che urge giungere all’unità politica,
in particolare sul fronte della politica estera che, proprio in questi
ultimi anni, ha evidenziato i suoi
gravissimi limiti (vedi ex Jugoslavia, caso Ocalan, caso Iraq).
Cosa sarà l’Europa del 2000? Stati
Uniti d’Europa o «Federazione di
stati nazionali» come auspicato da
Jacques Delors? Non c’è dubbio che
l’euro sarà uno dei pilastri portanti
della costruzione dell’Europa politica ma questa non potrà avvenire se
non attraverso un rafforzamento
dei poteri del Parlamento europeo e
della stessa Commissione europea,
chiamata a diventare vero e proprio
governo dell’Europa unita.
«Fatto l’euro, bisogna fare gli europei» ha detto Ciampi, parafrasando Cavour. Ma per fare gli europei, occorre riuscire a forgiare
una vera coscienza europea, premessa di un’effettiva cittadinanza
europea, che non potrà fondarsi
solo sulla moneta unica e sull’ecohomia, ma dovrà attingere al ricchissimo patrimonio politico, culturale e spirituale del vecchio continente. In questo processo le chiese europee, forti della loro secolare
tradizione di solidarietà sovranazionale, hanno un contributo determinante da dare, soprattutto
nella definizione delle politiche sociali, culturali e ambientali. È l’appello che ha lanciato lo stesso Jacques Santer, presidente della Commissione europea, intervenendo
nel settembre scorso all’Assemblea
generale della «Commissione ecumenica europea per chiesa e società» (Eeccs), che dal 1° gennaio
1999 è confluita nella Conferenza
delle chiese europee (Kek). Non
dubitiamo che la Kek, che raggruppa chiese di tradizione protestante,
anglicana e ortodossa, saprà raccogliere questo appello e metterlo al
servizio dell’Europa dei cittadini
che tutti auspichiamo.
MEDITAZIONE
«Benedite!»
di GIOVANNI ANZIANI
Ricordo di Sergio Carile
di V. BENECCHI, F. BECCHINO
Ricordo di Franco Ùupré
di MARIA BONAFEDE
■ EDITORIALES^»
La pena di morte
di ALBERTO CORSANI
^^»COMMENTO!
Il giubileo, l’utopia di Dio
di GIUSEPPE PLATONE
2
PAG. 2 RIFORMA
All’As
Della Parola
VENERDÌ 8 GENNAIO 1999'
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«L’amore sia
senza ipocrisia.
Aborrite il male
e attenetevi
fermamente
al bene. Quanto
all’amore
fraterno, siate
pieni d’affetto gli
uni per gli altri.
Quanto all’onore,
fate a gara nel
rendervelo
reciprocamente.
Quanto allo zelo,
non siate pigri;
siate ferventi nello
spirito, servite il
Signore; siate
allegri nella
speranza, pazienti
nella tribolazione,
perseveranti nella
preghiera,
provvedendo alle
necessità dei
santi, esercitando
con premura
l’ospitalità.
Benedite
quelli che vi
perseguitano.
Benedite e non
maledite.
Rallegratevi con
quelli che sono
allegri; piangete
con quelli che
piangono.
Abbiate fra voi
un medesimo
sentimento.
Non aspirate alle
cose alte, ma
lasciatevi attirare
dalle umili.
Non vi stimate
saggi da voi stessi.
Non rendete a
nessuno male
per male.
Impegnatevi
a fare il bene
davanti a tutti
gli uomini.
Se è possibile, per
quanto dipende
da voi, vivete in
pace con tutti gli
uomini. Non fate
le vostre vendette,
miei cari, ma
cedete il posto
all’ira di Dio;
poiché sta scritto:
“A me la vendetta;
10 darò la
retribuzione”, dice
11 Signore. Anzi,
“se il tuo nemico
ha fame, dagli da
mangiare; se ha
sete, dagli da bere;
poiché, facendo
così, tu radunerai
dei carboni accesi
sul suo capo”.
Non lasciarti
vincere dal male,
ma vinci il male
con il bene»
(Romani 12,9-21)
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BENEDIRE NELLA GIOIA DELLA FEDE
Benedire è rallegrarsi della propria partecipazione alla vita in questo mondo
tanto amato da Dio come luogo dell'incontro con fratelli e sorelle in Gesù Cristo
GIOVANNI ANZIANI
DOPO il culto del «Rinnovamento del Patto» con Dio,
abbiamo ripreso il cammino, di
persone e di chiesa, con rinnovata fede per vivere la nostra
santificazione in Gesù Cristo. È
saggio chiederci se veramente ci
sentiamo «forti» e all’altezza
della vocazione rivoltaci; se veramente nei prossimi giorni e
durante tutto questo anno saremo sempre capaci di mantenere e manifestare una fede operante nell’amore. L’apostolo
Paolo afferma che il nostro vivere con responsabilità nel mondo è in un continuo «sacrifìcio
vivente, santo, gradito a Dio».
Siamo certi che in questo nuovo
anno noi proseguiremo senza
fermate, senza incertezze e senza tradimenti tale cammino?
Come esserne sicuri?
La vita cristiana
La vita del cristiano non ha
bisogno né di debolezze (la
fede è nella confidanza della potenza di Dio), né di entusiasmi
senza sostanza (la fede è certezza). Come essere perseveranti
nell’amore di Dio camminando
attraverso tante esperienze diverse? La comunità cristiana di
Roma nel primo secolo è esortata nella lettera di Paolo a una serie di passi utili a mantenere viva l’azione dell’amore come
unica caratteristica del vivere
cristiano. L’apostolo Paolo parla
avendo ben chiaro tre punti fermi. Il primo riguarda la convinzione di essere «sacrificati a
Dio», cioè essere destinati ad
appartenere a Dio, far parte del
suo progetto di nuova creazione, e essere in attesa del suo Regno. Tutta la vita è impostata in
direzione del progetto di Dio,
perciò non è più necessario
conformare la propria esistenza
secondo la figura e la mentalità
del tempo in cui si vive.
Il secondo punto riguarda la
certezza della vita nuova in Gesù
Cristo perché lui «ci ha amati
quando ancora eravamo nemici». Tutto quello che noi oggi siamo, tutta la speranza che possediamo e tutta la gioia che è in
noi giungono attraverso un dono
tanto grandioso quanto «pazzesco», perché è frutto di amore e
di grazia. Dio ci ha amati! In Gesù Cristo tale amore è parte della
nostra storia. Noi, i «nemici» in
quanto peccatori, senza possibilità di sussistere davanti à giudizio di Dio, siamo amati, perdonati, resi giusti e posti nella via
della santificazione.
Il terzo punto fermo consiste
nella consapevolezza di vivere
nella complessità degli avvenimenti umani, sia nei rapporti tra
le persone della stessa comunità
cristiana, sia nei rapporti tra le
persone della nostra società,
«quelli che usano di questo
mondo, come se non ne usassero». Viviamo in questo mondo
pur non essendo conformi a
questo mondo; amiamo questo
mondo perché è stato oggetto
dell’amore di Dio in Gesù, pur
aspettando la fine di questo
mondo e il giungere del regno di
Dio; adoperiamo tutto quanto è
in questo mondo, perché è nostro, ma esso «passa» per fare
spazio al «nuovo» di Dio.
pazione. Io credo che dovremmo quanto prima confrontarci
con grande fraternità sul nostro
«essere chiesa», cioè sulla nostra
appartenenza a una «vita comunitaria». A volte questa «vita» è
vissuta da diverse persone in
chiusi scomparti di interessi personali. L’immagine che più volte
toma alla mente è quella del «ristorante self-service», dove ognuno prende quello che vuole
indipendentemente dalle necessità altrui. La fratellanza e la partecipazione perché ognuno possa trovare, nella libertà della fede, pace e speranza non sempre
sono punti forti della esperienza
di tutti. Eppure noi siamo la comunità che vive di «àgape fraterna», cioè di quei momenti dove
ognuno porta tutto se stesso e se
stessa nella condivisione e nella
volontà di raggiungere una comunione forte pur tra situazioni
di conflitto e di difficoltà.
Vivere l'amore
senza ipocrisia
IL cristiano vive la sua vita di
r ■
Attenersi al bene
Da questi punti fermi parte
Preghiamo
Dio solo può dare la fede,
ma tu puoi dare la tua testimonianza.
Dio solo può datela speranza,
ma tu puoi ridare fiducia al tuo prossimo.
Dio solo può dare l’amore,
ma tu puoi insegnare ad altri ad amare.
Dio solo basta a se stesso,
ma preferisce contare su di te.
(Preghiera di un grappò di Campinas del Brasile)
__ Paolo per affermare che
l’amore nella chiesa deve essere
sincero e deve realizzarsi nella
negazione del male come affermazione del bene. Lo zelo non
deve calare, il servizio non deve
interrompersi, la speranza non
può essere priva di gioia, la comunione con i sofferenti non
può essere incostante, la preghiera non può languire e l’impegno concreto per la necessità
della chiesa non può venire trascurata. In questo modo ci si
ama gli uni gli altri. Ma tutto
questo non rischia di ridursi a
sentimentalismo? Certo vi è
sempre la possibilità di fare solo
passi sentimentali e dire parole
che sono frutto di emozioni.
Certo l'amore può essere «non
sincero» perché dettato da particolarismi e da egoismi. Eppure
non ci si può stancare di esortare a questo amore e non si può
restare nell’indifferenza vivendo
la vita della comunità cristiana
senza gioia né amore né parteci
fede ogni giorno e quindi an
che fuori della chiesa. Proprio in
questa realtà complessa alla cui
forma il cristiano non può adattarsi, sentiamo la necessità di vivere l’amore evangelico. Come è
possibile? Non sarebbe più logico, oltre che più facile, leggere
gli eventi di questo mondo sempre al negativo e lasciarlo così
nelle sue realtà di ingiustizia e di
morte? Non sarebbe più concreto restare noi ben lontani da
ogni avvenimento che coinvolge
persone e cose in questo mondo
e al massimo operare per una
«conversione» del mondo senza
condividere il destino del mondo stesso? Ancora oggi, molti sono convinti che il mondo (quale
realtà negativa) deve essere abbandonata al proprio destino e
che la chiesa (quale realtà positiva) deve essere impegnata per
manifestare se stessa come unico luogo di salvezza.
Bisogna essere capaci di evitare un errore, cioè non essere
ipocriti. Questo nostro mondo è
da noi usato e noi siamo tanto
integrati nelle sue logiche da
non poterne più fare a meno.
Cerchiamo di essere sinceri con
noi stessi e vedere con semplicità come costruiamo i nostri
giorni perché costruiamo usando di questo mondo a piene mani. Poi bisogna manifestare ogni
giorno che si è capaci di amore.
Amore anche nei confronti di
una realtà negativa quale può
essere, per alcuni di noi, questo
mondo. Gesù non ci ha forse
amati «quando ancora eravamo
nemici»? L’amore deve andare al
di là dei sentimenti e coinvolgere la concretezza del nostro vivere. L’amore è più forte dell’odio e della morte e non possiamo chiudere tale dono solo in
luoghi privilegiati. In tal modo il
cristiano può solo «benedire»,
può solo amare.
La benedizione può avvenire
stando in alto, sopra le miserie e
le negatività di questo mondo.
Come persone superiori, dobbiamo guardare con compassione le
piccole persone del mondo che
sono intente solo a costruire armi di distruzione per distruggere
relazioni di vita vera. In questo
modo benedire può significare
un cercare di imporre qualcosa
che cade dall’alto, senza amore e
senza partecipazione. Ma benedire non è questo. Si tratta di altro. Paolo collega benedizione e
allegrezza. Vorrei sottolineare
questo legame forse non nuovo e
anche un po’ paradossale.
«Benedite!»
Benedire è rallegrarsi della
■ ................................
• propria partecipazione alla
vita in questo mondo come
mondo tanto amato da Dio in
Gesù, come luogo dell’incontro
con fratelli e sorelle in Gesù Cristo, e come tempo non rinviabile di offerta dell’amore conosciuto e ricevuto dallo Spirito
Santo. Benedire è vivere la gioia
in questo mondo ove incontriamo il fratello e il nemico, l’operatore di pace e il fabbricante di
armi, ma è pur sempre la creazione di Dio quale Signore della
storia di questo mondo.
«Benedite»! Con gioia raccogliete la vostra umanità, tanto
fragile pur se forte nella fede, e
con umiltà percorrete i giorni e le
settimane e i mesi di questo nuovo anno nella consapevolezza
della vittoria dell’amore di Gesù
Cristo, vostro e nostro Signore.
«Benedite»! Con umiltà e senza
lasciarvi attirare da cose e da fatti
più grandi di voi, di noi. La saggezza è dono dello Spirito Santo.
Raccoglietela e operate nell’amore «a tempo e fuori di tempo»!
A Lui solo sia onore e gloria.
(Seconda di una serie
di tre meditazioni)
Note
omiletiche
Il nostro brano si trova
nella terza parte della let
tera ai Romani, dove prevale il tema esortativo rispetto a quello dottrinale.
Abbiamo allora una serie
di esortazioni riguardo ad
argomenti pratici della vita comunitaria: avere un
Non \
qual
concetto sobrio di se stes
Circa 3
venienti (
.... dall'esten
lasciare dominare la L-pr la
orla vita dall'amorp ro. e"
Zurigo e
SI e
propria vita dall'amore reciproco, un amore sincero . - i
e trasparente. La cerniera ®ignnia t
di passaggio tra i temi
dottrinali e queste temati- conia sec
che esortative, è costituito suoi picc
dai primi versetti del capi- cosa e os
tolo 12, dove incontriamo che passa
la grande esortazione lavora ]
rivolta ai credenti «a non ,benedic
riprodurre nella loro vita .nalliera (
la forma e il carattere di faccioli
questo mondo, ma ad instaurare un regno della
volontà di Dio, un segno
dell’ordine del suo nuovo
mondo che viene» (Kerl
Barth). Una domanda particolare sembra porsi ai
lettori dell'epistola: come
si vive nel rinnovamento preoccup,
della mente e nella tra- cave dei i
sformazione della propria
vita? L’apostolo pone due
luoghi dentro ai quali deve avvenire una risposta:
nella chiesa, e qui de
sono app
sottile e u
volta si si(
una pause
Le pers
dorsi con
volte non
bri, opus
subito re{
ta; fiori, s]
ve prevalere un «amore 8°Dopo^
sedia e eh
sedersi, n
sogno, pe
la schiene
giamento
un po’ cu:
tointerroj
frasi e del
nano rap
Al
Croc
siali;
L’impoi
sione pers
I lenza in v
I aÈ quan
Croco tt, p
metodista
, te al Corr
«Grande
sincero», senza inganni.
«Lo zelo non può calare, il
fuoco non può spegnersi,
il servizio non può interrompersi, la speranza non
può essere priva di gioia,
la preghiera non può languire, le necessità dei santi (...) non possono essere
trascurate» (K. Barth). Si
tratta di manifestare, nelle relazioni tra credenti,
tra quelli di «casa propria», la portata grandiosa dell'amore di Dio in Gesù Cristo. Potrà sembrare
paradossale, ma l’amore
può essere «non sincero».
Questo perché, per l’apostolo, l’amore non è senti
mentalismo, quanto pas
sione reale, è manifesta
zione di se stessi, è parte
del vivere quotidiano.
- nel mondo, e qui la
parola forte è «benedizione» come partecipazione a tutte le situazioni
reali, dalla gioia al pianto, che coinvolgono l’esistenza delle persone in ..
questo mondo. Occorre ' *hticano i
rendere chiara la propria j *0- Richar
vita di fede nella parteci-j presenta
pazione, nello stare con i Consiglio
la gente di questo mondo | diale nel '
ben sapendo che è u''* del Grane
mondo di persecutori. ; Commisi
Non incontriamo mai una ^ |]gjjQ
visione neutra del mondo, quanto spesso i suoi ■ - ^
aspetti negativi e violenti.
Devono essere praticate,
come normale stile di vita
pubblica, le parole di Gesù del «Sermone sul monte» riguardo all’odio, cioè
l’amore per i nemici e per
chi, nella persecuzione, si
presenta con lo schiaffo
dato con il «manrovescio» (Mt. 5, 38-48).
Benedire nell’allegrezza della fede. Proprio
questa benedizione produce ed è costruita nella
«allegrezza», cioè nella
libertà perché nessuno la
impone, e nella certezza
di essere vincitori sul male perché diviene possibi;
le praticare il bene ogni
giorno.
Per
approfondire
- B. Corsani, Introduzione al Nuovo Testamento,
Voi. 2, Claudiana.
- D. Zeller, La lettera ai
Romani, Morcelliana.
- K. Barth, Breve com;
mentario all’epistola ai
Romani, Queriniana.
•o alla ses
Comitato
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“ileo, insii
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Una signora anziana sulla sedia a rotelle nella stazione centrale di Zurigo
Accogliere con una benedizione
^on vuole dire il suo nome. Non mangia molto ma accetta i panini che ogni tanto
qualcuno le porta. Fa un «lavoro» di accoglienza per 300.000 persone al giorno
Circa 300.000 persone provenienti da tutta la Svizzera e
dall'estero passano ogni giorno per la stazione centrale di
Zurigo e sono ormai molte
migliaia le persone che conoscono quella signora anziana
conia sedia a rotelle che con i
suoi piccoli occhi nota ogni
cosa e osserva ogni persona
che passa. La vecchia signora
«lavora per il buon Dio» e
«benedice»; si appoggia alla
spalliera della sua sedia ai cui
braccioli sono appese due
borse di plastica, sul sedile
sono appoggiati un cuscino
sottile e una coperta. Qualche
volta si siede e fa un pisolino:
una pausa nel suo lavoro.
Le persone sembrano rendersi conto che la signora si
preoccupa di tutti. Spesso riceve dei regali, e il più delle
volte non sa come usarli: libri, opuscoli di cui si libera
subito regalandoli a sua volta; fiori, spesso rose, che vengono posti sul sedile della sua
sedia e che le impediscono di
sedersi, mentre lei ne ha bisogno, perché «ha i dolori alla schiena». Con il suo atteggiamento e con la sua figura
un po’ curva è come un punto interrogativo alla fine delle
frasi e delle parole che risuonano rapide e ad alta voce
nella stazione. Racconta che
recentemente, di notte, fuori
dalla stazione dove dorme al
freddo è caduta e si è fatta
male alla schiena; la mattina
dopo è arrivata molto tardi al
suo posto. Chi la ascolta si
rende conto della sua sofferenza fisica. Un poliziotto,
l’inverno scorso, nel timore
di trovarla morta per il freddo, ha cercato di farla allontanare dalla stazione e farla
ricoverare da qualche parte,
ma lei non ha ceduto.
Non mangia molto: «Digiuno», dice, ma accetta i panini che ogni tanto qualcuno
le porta e li sbocconcella piano piano per tutto il giorno.
Non vuol dire il suo nome,
né chi era prima o che cosa
faceva: «Sai - dice - oggi non
ha più nessuna importanza».
Dà del «tu» a tutti anche se la
maggioranza delle persone le
si rivolge con un «lei» rispet^
toso. Se scambia qualche
breve frase con qualcuno, lo
fa senza perder d’occhio la
gente che passa, nel timore
di «perdere» qualcuno. Sorride quando vede che qualcuno sembra prendere sul serio
il suo «lavoro». Lavoro di «accoglienza». Per 300.000 persone al giorno.
(Ref. Presse)
■ Al Comitato centrale del Giubileo
Grocott: «No alle indulgenze
sì alla conversione personale»
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L’importante è la conversione personale, non la penii lenza in vista dell’indulgenI za. È quanto ha detto Richard
Grocott, pastore della chiesa
metodista di Padova, di fron; leal Comitato centrale del
j «Grpde giubileo», riunito in
I Vaticano il 17 dicembre scorso. Richard Grocott è il rappresentante ufficiale del
Consiglio metodista montliale nel Comitato centrale
del Grande giubileo e nella
Commissione ecumenica
(dello stesso Comitato. In
questa qualità ha partecipato alla sessione plenaria del
Comitato centrale, riunita
^r l’organizzazione del giubileo, insieme ad altri «deleSati fraterni»: il pastore valdese Salvatore Ricciardi, rappresentante deH’Alleanza
i^ormata mondiale, il canonico Bruce Ruddock, direttole del Centro anglicano di
«orna, il pastore Hamer, rappresentante della Federazione luterana mondiale, e il
Professor Paolo Ricca, rappresentante del Consiglio
Ecumenico delle chiese.
Una settimana prima, il pallore Grocott aveva scritto
lettera a mons. Eleuterio
fortini, vicepresidente della
Cottimlssione, per manife|inrgli le sue perplessità in ri^drnento alla Bolla papale di
Adizione del Grande giubiintitolata «Incarnationis
"^ysterium», e in particolare
mia questione delle «indulTOze», come già aveva fatto
^Pastore Salvatore Ricciardi
®una «lettera aperta» allo
‘Csso mons. Fortini (vedi
"dormán. 47).
In una lettera del 18 dicem^ al dr. Joe Hale, segretario
nerale del Consiglio metoma mondiale, Richard Gro¡II riferisce sull’andamento
ma riunione plenaria in Vadurante la quale gli è
1^1? consentito di esprimere
Jjblicamente il suo pensie1^-Un po’ intimidito di fron®tm pubblico composto di
le
tre cardinali, sei vescovi e oltre 50 cattolici esperti di vari
aspetti del Giubileo, Richard
Grocott ha esposto il suo
punto di vista che è stato
«ascoltato con pazienza e rispetto». L’indomani è seguito
un dibattito nell’ambito della
Commissione ecumenica,
centrato sui seguenti punti:
1) La sottolineatura della
necessità della conversione
personale è stata pienamente accettata dal Comitato
centrale come condizione di
primaria importanza, anche
se i membri cattolici non
erano d’accordo sul fatto che
la pratica dell’indulgenza
oscuri la sola fede.
2) I membri del Comitato
hanno cercato di convincere
i delegati fraterni che la teologia cattolica romana, la
pratica dell’indulgenza e la
teologia penitenziale sono
cambiate notevolmente dai
tempi medievali, e che Lutero avrebbe avuto difficoltà
a riconoscere l’indulgenza
nella sua forma attuale.
3) 11 cardinale Cassldy ha
criticato la traduzione italiana della Bolla, e ha affermato
che questa ha portato a un
fraintendimento. In particolare, al punto 10 del paragrafo 6, seconda riga, l’uso
del verbo italiano «acquistare» risulta molto diverso dall’inglese «to gain». La versione italiana dà l’impressione
che l’indulgenza sia qualcosa
da comprare mentre la parola inglese non suggerisce
questa idea sbagliata.
4) Il Comitato ha vivamente pregato i delegati fraterni
di riconoscere che tutti i cristiani condividono le verità
fondamentali della salvezza,
la quale viene dalla fede in
Cristo solo e non dalle buone opere, e che ci possono
essere differenze ecclesiali e
antropologiche nel modo di
interpretare queste verità
ma che, nel dialogo ecumenico, vi è ampio spazio per le
differenze di opinione.
L’anziana signora della stazione di Zurigo (Foto rpd-bild/Gion I
La teologa coreana era ad Harare
Chung Hyun Kyung afferma
«Non ho alcun rimpianto»
Nel 1991, durante la VII Assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec)
svoltasi a Canberra, in Australia, la teologa femminista
coreana Chung Hyun Kyung
aveva attirato l’attenzione su
di sé quando aveva evocato,
secondo lo stile tradizionale
coreano, gli spiriti di vittime
martirizzate e assassinate,
associandoli allo Spirito Santo. Ciò aveva provocato reazioni contrastanti: bene accolta da alcuni, la sua presentazione aveva scandalizzato non pochi altri, in particolare i rappresentanti ortodossi i quali avevano accusato la teologa di paganesimo e
di sincretismo. Da allora,
l’intervento a Canberra di
Chung Hyun Kyung è rimasto un elemento discriminante per tutti coloro che
pensano che il Cec sia monopolizzato dai cristiani liberali.
La Chung ha partecipato
all’Assemblea di Harare in
qualità di visitatrice. Oggi ha
42 anni e insegna negli Usa.
Prima dell’Assemblea, ha
partecipato al Festival organizzato per la fine del «Decennio di solidarietà delle
chiese con le donne», dove
ha compiuto un atto di guarigione ispirandosi alle tradizioni sciamaniche coreane
nel corso di un dibattito sulia
violenza contro le donne.
«Non rimpiango nulla» ha
detto ultimamente Chung
Hyun Kyung. «Certo, allora
ero giovane e innocente, ed
era il mio primo intervento in
ambito internazionale; ma
ho imparato molto sulla visione della chiesa, su come
possiamo servirci dei problemi per nascondere il nostro
interesse politico, e quali
possono essere i nostri fraintendimenti teologici. La
Chiesa ortodossa mi ha accusata di sincretismo ma, a ben
guardare, gli ortodossi, così
come i teologi tedeschi che
mi hanno criticata, sono sincretisti quanto me. Io ho det
to chiaramente: “Sì, sono sincretista, so da dove vengo”.
Penso che ogni cristianesimo
serio, che è incarnato nella
storia di un popolo, sia obbligatoriamente sincretista...
Il cristianesimo deve essere
contestuale, se no diventa un
pezzo da museo. Chi vuol vedere un pezzo da museo? Se
vogliamo che il cristianesimo
sia un’espressione vivente,
allora deve essere posto in
un contesto reale».
Secondo la Chung se la
chiesa deve fare i conti con
«5.000 anni di struttura patriarcale», essa deve «introdurre cambiamenti culturali
fondamentali». La teologa,
che insegna ecumenismo
presso l’Union Theological
Seminary di New York, ritiene che il Decennio ecumenico di solidarietà delle chiese
con le donne abbia dato alle
donne una «piattaforma pubblica» che ha permesso loro
di esprimersi su problemi
quali la violenza contro le
donne, la giustizia ecumenica e la partecipazione delle
donne nella società.
Nel 1993, la Chung è stata
una delle principali aratrici
alla Conferenza «Re-Imaglning» organizzata negli Usa
nel quadro del Decennio. Anche se il Decennio mirava a
promuovere la solidarietà delle chiese con le donne, occorre prendere atto che «le donne sono solidali delle chiese,
ma che la chiesa non è solidale delle donne - ha detto -.
Quando penso alla storia dell’umanità, mi accorgo che la
libertà non sarà mai data liberamente. Lo stesso vale per i
diritti delle donne». Ma, ha
aggiunto, «se lasciate la chiesa, pensate che la società non
sia patriarcale? Non c’è via di
uscita. La Chiesa è anche casa
nostra, per questo abbiamo
tutti i diritti di trasformarla.
Vogliamo rimanere e trasformare la chiesa, perché la chiesa ha l’immenso potere di trasformare la gente». (eni)
Caso Pinochet: i battisti europei sono
favorevoli al processo all'ex dittatore
FRANCOFORTE — Il servizio stampa della Federazione battista europea informa che due Unioni battiste europee, la svedese e la tedesca hanno scritto alla Camera dei Lords britannica, rispettivamente il 19 e il 23 novembre 1998, chiedendo che
fosse concessa l’estradizione in Spagna dell’ex dittatore cileno
Pinochet. Entrambe le Unioni battiste hanno motivato la richiesta con la necessità di far luce sulle violazioni dei diritti
umani avvenute durante il regime dittatoriale instaurato dal
generale in Cile negli Anni 70. (ebpf)
Caso Pinochet: appello congiunto
di tutte le chiese cristiane del Cile
SANTIAGO DEL CILE — Appello congiunto di tutte le chiese cristiane del Cile ad «anteporre il bene del nostro paese a
ogni interesse particolare o di gruppo... in un momento di
grande tensione sociale», creata dall’arresto del generale Pinochet. L’appello (firmato dal vescovo cattolico di Santiago,
dalla Chiesa ortodossa, da quella anglicana e dalle quindici
denominazioni evangeliche presenti nel paese) chiede al popolo cileno di non cadere nella trappola delle reazioni violente e di coltivare uno spirito di riconciliazione pur continuando nella ricerca della verità e della giustizia. (neviale)
^ Usa: conferenza battista sul razzismo
ATLANTA — L’evangelista Billy Graham e Ceretta Scott King
saranno i copresidenti onorari del Summit internazionale battista contro il razzismo e i conflitti etnici, sponsorizzato
dall’Alleanza mondiale battista, che avrà luogo ad Atlanta
(Usa) dall’8 all’ll gennaio 1999. Saranno condotti sull’argomento studi biblici, teologici, storici e sociologici. La conferenza ha lo scopo di spingere i battisti di tutto il mondo a combattere ogni forma di razzismo e di odio etnico nelle regioni in cui
vivono, lavorando per la riconciliazione. Due sedute saranno
tenute in luoghi particolari: una nella chiesa battista di Ebenezer, dove era pastore Martin Luther King, l’altra al Carter presidential Center di Atlanta, nel quale l’ex presidente Jimmy Carter è fortemente impegnato per la pace. (ebpf)
M. Si svolgerà a Melbourne nel gennaio 2000
il XIX Congresso mondiale battista
LONDRA — Sarà dal 5 al 9 gennaio del 2000 il 19° Congresso
mondiale battista convocato a Melbourne, in Australia, con il
motto «Gesù Cristo per sempre». La conferma della data, in
forse per alcuni problemi logistici, è stata data da Denton Lotz,
segretario generale dell’Alleanza battista mondiale, (nev/bwi)
'M Un tempio non può diventare moschea
NUOVO GALLES — È in corso una singolare controversia
legale in Australia, dove il tribunale dello stato del Nuovo Galles del Sud ha stabilito che la struttura di un tempio protestante, anche se non in uso, non può essere convertita in moschea. «Una moschea è certamente un luogo di culto - stabilisce la sentenza - ma non è una chiesa, che è un luogo di culto
cristiano». Il Centro islamico che aveva acquistato l’edificio
nel 1995 ha prontamente presentato ricorso. (nev/spp)
- Credere fa bene alla salute
USA — Credere fa bene alla salute. È la sintesi di uno studio
pubblicato sull’autorevole rivista scientifica americana «Health
education and behavior». Due ricercatori, Jeffrey Levin e Christopher Ellison, hanno svolto un’indagine su 5.000 giovani, di
cui oltre un terzo ha dichiarato di frequentare settimanalmente
una chiesa. Lo stesso terzo degli intervistati, rileva lo studio,
evidenzia uno stato fisico superiore alla media, dimostra maggiori capacità di autocontrollo e una forte autostima, (nev/gbp)
ài Inghilterra: è morto Donald English
OXFORD — Il pastore metodista Donald English, presidente
onorario ed ex presidente del Consiglio mondiale metodista è
deceduto a Oxford, in Inghilterra, all’età di 68 anni.
Il pastore metodista inglese Donald English
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 8 GENNAIO 199;
Una conferenza tenuta presso l'Istituto mediterraneo di Siracusa
Quale speranza dalle religioni?
Le tradizioni cristiana, ebraica e isiamica portano con sé il ioro modo di intendere
il futuro e il rapporto con la realtà presente, ruolo di stimolo e critica per la società
GIUSEPPE NAPOLITANO
IL 6 dicembre a Siracusa,
nella basilica paleocristiana
di San Martino vescovo (VI
secolo), si è tenuta una conferenza promossa dail’Istituto
mediterraneo di studi universitari sul tema «Le religioni
del Libro e la sfida della speranza», a cui hanno partecipato il pastore Salvatore Rapisarda, il prof. Alberto Ventura,
studioso di islamismo, il gesuita Felice Scalia e il rabbino
Luciano Caro di Ferrara.
Rapisarda ha precisato che
cosa sia e dove nasca la speranza: significa, ha detto, trovare nella propria fede, nata
dalla parola che Dio pronuncia sulla storia con i suoi profeti, le motivazioni forti per
combattere le mistificazioni e
intraprendere nuovi percorsi,
anche rischiosi ma creativi,
tanto a livello personale (conversione) quanto politico e
geopolitico, in grado di fornire speranza. Parlare in termini biblici della speranza vuol
dire coltivare un sogno, come
fecero Martin Luther King e
Dietrich Bonhoeffer. Il loro
sogno-speranza non è una
pia illusione, ma un chiaro
impegno, pagato con la vita, a
dare corpo alla volontà salvifica e liberatrice di Dio, che li
ha portati a superare ostacoli
creati anche da loro sostenitori. Essendo i cristiani portatori di speranza fondata sulla
Parola di Dio, essa va vissuta
individuando ambiti concreti
di testimonianza, affrontando
con fermezza le opposizioni
che ne derivano, prendendo
una netta posizione per esempio nei confronti del
mondo dei poveri, della guerra e del commercio delle armi, verso lo sfruttamento minorile e la condizione delle
donne e verso l’ecumenismo.
Ventura ha citato un teologo francese secondo cui
«l’ebraismo rappresenta la
speranza, il cristianesimo la
carità e l’islamismo la fede».
Salvatore Rapisarda
I Incontro dibattito a Roma
La figura di Maria in rapporto
alla centralità di Cristo
PAWEL GAJEWSKI
La figura di Maria è spesso
considerata uno dei principali elementi che dividono
il cristianesimo. Non è facile
affrontare un argomento simile senza cadere nelle polemiche oppure nel falso irenismo che tende a sorvolare i
problemi reali. L’incontro organizzato il 1“ dicembre
scorso dal Centro evangelico
di cultura nell’Aula magna
della Facoltà valdese di teologia e dedicato alla figura di
Maria nella liturgia cristiana
ha indubbiamente evitato
questi due pericoli. Il merito
deve essere riconosciuto ai
due relatori: la prof.ssa Maria
Giampiccolo dell’Università
gregoriana e il prof. Ermanno Genre, decano della Facoltà valdese e docente di
teologia pastorale della medesima. Un ruolo importante
per la buona riuscita dell’incontro ha avuto anche il documento ecumenico «Maria
nel disegno e nella comunione dei santi» elaborato di recente da un gruppo di Dombes, pubblicato anche in italiano e citato spesso da entrambi i relatori. L’impostazione della tavola rotonda,
concentrata sui testi liturgici,
ha messo in evidenza le convergenze esistenti realmente
ma anche impostazioni che
sono e rimangono diverse.
Maria Giampiccolo ha sot
tolineato che a partire dal
Concilio Vaticano II nella
Chiesa cattolica si è cercato
di ricondurre la devozione
mariana alla sua fonte primaria e cioè alla centralità
della figura di Gesù Cristo, figlio di Dio e salvatore del
mondo. Soprattutto papa
Paolo VI si è preoccupato di
costruire questo assetto teologico, spesso ancora oggi
lontano dalla prassi liturgica
di molti gruppi e ambienti
all’interno della stessa Chiesa cattolica.
Il prof. Genre ha ricordato
che alla cosiddetta «mariolatria», molto diffusa durante
la Controriforma, le chiese
protestanti e soprattutto
quelle riformate hanno reagito, rimuovendo praticamente dalla propria prassi liturgica qualsiasi forma di riferimento a Maria. Secondo
il relatore, nella liturgia delle
chiese della Riforma c’è ancora molto spazio per ricordare Maria, partendo naturalmente dai testi neotestamentari. Nella tradizione luterana e in quella anglicana
non mancano esempi importanti. Sia l’innologia protestante che la prassi liturgica
confermano però che Maria
è vista sempre come una sorella nella stessa fede in Dio,
come colei che insieme con
noi ascolta la sua parola senza assumere nessun tratto o
atteggiamento divino.
Otto per mille informa
PROGEni OPM 1999
Si ricorda che i progetti Opm per il 1999 vanno plresentati
entro il 28 febbraio 1999 utilizzando gli appositi moduli ottenibili presso l’Ufficio Opm di Roma.
I progetti presentati negli anni precedenti e non finanziati possono essere ripresentati o con una semplice lettera di richiamo
al progetto stesso, o con una lettera che modifichi alcuni dei dati oppure - ovviamente - con un modulo totalmente nuovo.
E comunque necessario allegare l’eventuale documentazione
non inviata precedentemente e in ogni caso il bilancio 1998.
Per gli ebrei l’attesa messianica si deve ancora realizzare, mentre per cristiani e islamici l’attesa si è realizzata.
Per l’Islam il compimento di
questa attesa è sancita dall’ultimo versetto del Corano
(«Oggi ho compiuto su di voi
la mia religione»). Manca
nell’islamismo la visione di
una speranza collettiva; la visione del tempo non è lineare, in quanto ciò che poniamo nel passato (creazione) è
nel futuro (distruzione) e entrambi sono nel presente: la
speranza quindi non può che
avvenire nel presente, anche
se la speranza individuale
nella resurrezione dei corpi e
nell’aldilà è molto forte.
Scalia, condividendo il taglio dato da Rapisarda al problema, di fronte alla globalizzazione della ricchezza e della miseria, alla fame del Terzo Mondo, allo scempio della
natura, ecc., in un mondo in
cui prevale la logica del mercato, che esclude dalla cultura, dalla salute, dalla vita la
mag^oranza dell’umanità, si
è chiesto se abbia ancora
senso parlare di speranza. Ha
detto infatti di ritenere che
due siano le cause principali
del disagio, che rende difficile ogni speranza: l’ingiustizia
sociale e la nascita del «pensiero unico» che è la trionfale
affermazione che solo lo sviluppo crei ricchezza e che
solo la ricchezza porti alla
pace sociale. Viviamo in un
tempo privo di speranza, di
utopia e di profezia, ma la fede cristiana ci esorta all’ottimismo così come lo afferma
Bonhoeffer in Resistenza e resa: «L’essenza dell’ottimismo
non è guardare al di là della
situazione presente (...) ma
una forza che non lascia mai
agli avversari il futuro, ma lo
rivendica per sé».
Per il rabbino Caro la speranza ebraica è quella messianica intesa come attesa
del verificarsi di un evento
che porterà l’umanità verso
l’ideale di giustizia. Per gli
ebrei si tratta di speranza di
certezza che questo ideale si
realizzi quando lo vorremo
noi. Una tale visione ottimistica è giustificata dalla convinzione che Dio ha infuso
nell’uomo la «scintilla» di se
stesso. Sull’ecumenismo invece il rabbino Caro si è mostrato pessimista a causa delle forti difficoltà su problemi
concreti (bioetica, distribuzione equa delle risorse, lotta
alle droghe...) per trovare
una risposta univoca ai problemi sociali e per realizzare
una cultura del rispetto e
non di sola tolleranza, parola
che non piace.
Corso per insegnanti a Mestre
La Riforma protestante nel
contesto cristiano europeo
FRANCO MACCHI
IL 3 dicembre si è concluso
a Mestre il corso di aggiornamento su II cristianesimo,
l’Italia e l’Europa, che era
iniziato il 26 ottobre per l’organizzazione del Centro culturale Palazzo Cavagnis in
collaborazione con il Liceo
scientifico «G. Bruno» e il
Consiglio di quartiere Carpenedo-Bissuola. In sette incontri è stata ripercorsa la
storia dell’inquietudine e
della dissidenza religiosa che
ha contrassegnato la società
italiana e europea in questo
secondo miilennio dell’era
cristiana.
Le lezioni sono state tenute
da docenti altamente qualificati come Grado G. Merlo,
Giorgio Tourn, Aldo Landi,
Giorgio Politi, Massimo Firpo, Mario Miegge e Giorgio
Bouchard. Lo sviluppo del
corso ha messo in evidenza
come il Concilio di Trento e
le vicende religiose e politiche ad esso collegate rinchiusero l’Italia nella regione europea rigidamente controriformista. Questo per certi
versi la isolò e la tenne al riparo da tutto quanto si sviluppava di diverso e di specifico in altri paesi europei,
cioè in quei paesi in cui la
presenza del protestantesimo
nelle sue varie forme influenzò direttamente o indirettamente l’elaborazione di
concezioni politiche, di modeili sociali, di cuitura e di
pensiero diversi da quelli che
presero forma nel nostro
paese. Tutto questo spiega
anche perché nelle nostre
scuole superiori si studino i
movimenti letterari e le opere
degli scrittori e dei poeti italiani del Seicento, del Settecento e dell’Ottocento ma,
per quanto riguarda la filosofia, i nostri ragazzi, dopo Galileo e Cartesio, affrontano
l’evoluzione di questa disci
plina quasi esclusivamente
come si è sviluppata al di
fuori dell’Italia, negli stati europei a forte presenza protestante, come Inghilterra e
Germania: Bacon, Barcley,
Hume, Kant, Fichte, Schelling, Hegel, Kierkegaard...
Dalle relazioni dei docenti
è risultato chiaro un dato: negli ultimi due secoli il graduale e sempre più organico reinserimento dell’Italia nel contesto generale dell’Europa e il
conseguente progressivo affermarsi di una società più
aperta hanno spinto la coscienza religiosa e civile italiana a una maggiore interazione con le esperienze culturali diverse sviluppatesi al di
fuori del suo territorio. Queste esperienze, pur nella loro
autonopiia e con la loro caratterizzazione spesso del tutto secolarizzata, non possono
essere capite appieno senza
una conoscenza minima del
variegato humus cristiano nel
quale sono nate, sono cresciute e hanno raggiunto la
loro maturità.
Se vogliamo costruire un’
Europa che non sia solo una
organizzazione economica e
finanziaria, ma anche una
realtà più ricca dal punto di
vista umano e culturale, è indispensabile prendere coscienza delle proprie origini,
delle proprie esperienze culturali complesse e fondanti.
Fra queste certamente c’è
quella religiosa, quella cristiana, che però non si può
identificare tout-court con
quella cattolica.
Il corso è stato seguito con
molto interesse non solo da
docenti, ma anche da studenti, da cittadini e da un significativo numero di membri
della nostra chiesa di Venezia
e Mestre. Si è trattato di una
scommessa, che è risultata
vincente e che impone una riflessione attenta in vista di altre iniziative simili.
Pubblicati i «Frammenti da Tegel»
Dietrich Bonhoeffer autore
di testi letterari e teatrali
FULVIO FERRARIO
Lf EDIZIONE italiana delle
I Opere di Dietrich Bonhoeffer prosegue la sua marcia al ritmo di un volume
l’anno e presenta ora i Frammenti da Tegel* tentativi letterari intrapresi dal teologo
nei lunghi mesi di prigionia
nel carcere militare. Si tratta
di frammenti di un dramma,
di brani di un progettato romanzo, e di un racconto sostanzialmente compiuto. li
dramma si presenta come
una meditazione sulla morte
e sul coraggio di affrontarla.
Ben presto però l’autore abbandona il tentativo, ritenendo il tema inadatto a uno sviluppo drammaturgico e passando ai romanzo. Qui però,
benché i personaggi siano in
parte gli stessi, l’orizzonte si
allarga a una riflessione sui
grandi valori etici, così come
sono vissuti dalla classe altoborghese dalla quale Bonhoeffer proviene. Egli stesso
parla del romanzo come di
una «riabilitazione della borghesia», esaltata nella sua dirittura morale e sobrietà, nella sua capacità di assumersi
la responsabilità di guida
morale della società.
L’autore pensa, evidentemente, agli intellettuali borghesi impegnati nella resistenza anti hitleriana: al fratello Klaus, ai cognati Hans
von Dohnanyi e Rùdiger Schleicher, agli amici Justus Delbrùck e Friedrich Justus Rereis, tutti giuristi e tutti destinati a cadere vittime della
vendetta nazista, nell’aprile
1945; pensa al padre Karl,
psichiatra di fama, che avrebbe dovuto redigere la perizia
che dichiarasse la follia del
dittatore; pensa alia madre,
custode dei valori della casa,
in tempi tempestosi; a donne
come la sorella Christine,
moglie di Dohnanyi e sua
stretta collaboratrice, in grado di sopportare il silenzio, la
calunnia e il carcere, a fianco
dei loro uomini; pensa, infine, alla giovanissima fidanzata, Maria von Wedemeyer,
con cui scambierà il primo
bacio in carcere, sotto gli occhi di un secondino.
I passi del romanzo che ci
sono pervenuti sono il monu
mento che Bonhoeffer erige j
questa borghesia, religiosa,
mente piuttosto liberale, ni¡
profondamente cristiana. Pg
il teologo si tratta, appunto
di una «riabilitazione»: egt
aveva in precedenza preso ||
distanze da questo ambiento
essenzialmente per motivi d
fede che lo conducono a sce
gliere uno «sguardo dal bas
so», socialmente .critico, nell’analisi della realtà. Ora egl
non rinnega queste prospetti,
ve, ma scopre la contemporanea necessità di una gerar
chia sociale che preservi dall’anarchia dei valori. Sono pagine che fanno rifletterei
fondo, utilissime per illuminare gli altri scritti della maturità, in particolare VEticai
le lettere dal carcere. Emerge
anche, tuttavia, una visione
piuttosto statica deila societi
e dei valori etici: mentre
Bonhoeffer critica severamente il luteranesimo carica
turale dei teologi del regime,
frammenti del romanzo (co-'
me del resto, in forma diveri
sa, tutte le altre opere) mo-¡
strano un profondo debito!
nei confronti della tradiziont
luterana e anche dei limiti di
quest’ultima. Il materiale}
noi giunto non consente di;
avere un’idea complessivi;
del romanzo; gli autori caí
all’ultimo Bonhoeffer (Adal-;
beri Stifter, Jeremias Gotthel(,
Theodor Fontane) funziona-ì
no evidentemente da model-[
li, ma non possiamo sapere ii
che misura l’allievo sarebbt
stato capace di valorizzarnt
la lezione.
Il racconto, infine, è uno
schizzo molto efficace di ui
episodio di quotidianità cat
ceraria, grandioso e straziai!
te: senza rinunciare alla ri
flessione, l’autore pone quiii
primo piano la denunciai
quella che è stata .chiamati
«la banalità del male», non
ché della sua volgarità. Li
qualità dell’apparato (inte
grato, come sempre, dalli
note del curatore deH’edizlv
ne italiana, Alberto Gallas)
conforme aH’elevatissinii
standard della collana.
{*) D. Bonhoeffer: Frammenl
da Tegel, a cura di R. Bethge e
Tòdt. Traduzione di C. Murar»
«Opere di Dietrich Bonhoeffer
7». Brescia, Queriniana, 1998, pp
296, £ 60.000.
Iniziativa culturale a Bologna
Un concerto e un ricordo
del pastore Paolo Sbaffi
GIOVANNI ANZIANI
Mercoledì i6 dicembre
si è svolto a Bologna,
nella prestigiosa sala Bossi
del Conservatorio musicale,
un concerto di pianoforte
con musiche di Franz Joseph
Haydn: «Le Sette Sonate Opera 49». Si è trattato di una iniziativa del Comitato bolognese di Scuola e Costituzione, dell’Assessorato alla Cultura del Comune e della Camera del lavoro di Bologna
per ricordare la figura e
l’opera del pastore metodista
Paolo Sbaffi, deceduto lo
scorso 10 maggio a Firenze.
Nel salutare i numerosi intervenuti Bruno Moretto, segretario del Comitato Scuola
e Costituzione, ha ricordato
come Paolo Sbaffi sia stato
membro attivo e fondatore
del Comitato stesso e come
egli abbia profuso il suo impegno in città perché ia
scuola fosse sempre luogo di
costruzione di diritti civili e
educazione alla laicità. Chi
scrive, pastore della chiesa
metodista di Bologna, ha ri
cordato Paolo Sbaffi innanzi'
tutto come «pastore evange'
fico» che riuscì a coniugar*
l’impegno per la predicaziO'
ne dell’Evangelo con l’imp*'
gno sociale in città affincW
venisse manifestata quell*'
giustizia derivante dalla fed* ^
cristiana.
Il maestro Jolando Scarp*'
membro della Chiesa metodista di Bologna, ha eseguito !
le «Sette sonate» compost* i
sopra le ultime sette parol*
di Gesù sulla croce. La vet-,
sione a tastiera, della fiOv'
’700 e edita a Napoli da Luig>
Marescalchi, sembra trovat*
la sua piena realizzazion*
nel pianoforte le cui sonorità, perfettamente controllabili dall’esecutore, sonoi"
grado di evocare in chi ascolta un’orchestra immaginari^;
Erano presenti i mernbt(
della famiglia Sbaffi, membb
della chiesa metodista e ^
presidente della comunità
ebraica bolognese. Al termine un lungo applauso ha mo;
nifestato il ringraziamento o* |
m.o Scarpa per la eccellent*
esecuzione musicale.
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Gallas)!
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art. 2 comma 20/B legge 662/96 - Filiale diTorino
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L'Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
SI SCIA, FINALMENTE, ANCHE A FRALI — La
notte di Capodanno ha portato un po’ di neve anche a Frali
e Pragelato; nella prima località si era sciato solo sulla neve
artificiale, nella seconda non si erano neppure aperti gli impianti. È stata dunque una nevicata che almeno in parte ha
salvato la stagione; circa mezzo metro ha permesso di battere le piste e di far girare le seggiovie, anche se domenica
in quota è uscito il vento. «Per avere un innevamento perfetto occorrono ancora altre nevicate - commenta tuttavia
Carlo Raviol, amministratore delegato della Seggiovia 13
laghi l’affluenza è stata comunque buona».
D
A <1
1)
VENERDÌ 8 GENNAIO 1999 ANNO 135 - N. 2 LIRE 2.000 - EURO 1,03
Dai vari spettacoli di Capodanno, in molte città
italiane, emerge un dato comune: il vero Capodanno non
è quello che abbiamo appena
trascorso ma quello che verrà.
Quello sì che è da ricordare
per tutta la vita, il passaggio
al nuovo millennio, l’ingresso
nel secolo del Giubileo romano. I mesi di questo 1999 sono fin d’ora visti come un
tempo d’attesa nei confronti
di una delle più grandi migrazioni religiose della storia. A
Roma si concentreranno le
grandi manifestazioni dell’
anno delle indulgenze, dei
pellegrinaggi, dell’incontro
con il papa. Se anziché Giubileo questo anno romano si
fosse chiamato anno santo sarebbe stato tutto più chiaro.
LA POSIZIONE DEI PROTESTANTI
IL VERO GIUBILEO
GIUSEPPE PLATONE
Di tutta la faccenda due
aspetti inquietano.. Primo: la
questione economica. L’operazione di rilancio dell’istituzione romana non è gestita
soltanto dalla chiesa di Roma
ma è abbondantemente sostenuta dallo stato e quindi dal
pubblico denaro. In grande
vedremo ciò che è avvenuto
nei mesi scorsi con la Sindone che ha avuto una rilevante
ricaduta economica per Tori
no. La religione diventa inevitabilmente, al di là delle pie
intenzioni, un business del sacro. Secondo: l’aspetto biblico. A partire dal capitolo 25
di Levitico, che ci introducono nel vero significato spirituale ed economico del giubileo, è possibile sognare e
quindi lavorare per una nuova
economia del mondo.
Questa riflessione sta ora
entrando nelle nostre chiese
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Sorgerà a Massello
Una nuova
area a uso
artigianale
Cominceranno nel corso
Il dell’estate prossima i lavori
per la sistemazione della nuova area artigianale di Massello. Recentemente è stato approvato infatti il primo lotto di
lavori che prevede nella zona
compresa tra la centrale e il
Mulino, in prossimità del padiglione della Pro Loco, i lavori di scavo e spianamento
dell’area, il miglioramento
delle arginature sul torrente
Germanasca e altri interventi
che sono il preambolo necessario per la predisposizione
dell’area artigianale e dell’
area Pro Loco. Per questi primi interventi, il cui costo
complessivo è di circa 220
milioni, il Comune usufruirà
di 40 milioni provenienti dal
fondo a rotazione della Comunità montana valli Chisone e
Germanasca mentre dalla Provincia sono in arrivo 25 milioni per i successivi lavori relativi al recupero dell’edificio
della Pro Loco. II progetto, ol, tre alla realizzazione dell’area
artigianale (dove per altro ha
già dato la disponibilità ad insediarsi con la sua attività un
artigiano del luogo), prevede
nella sua interezza anche altri
interventi come la sistemazio!, ne dell’edificio della Pro Loco
e la costruzione di un fabbri,.cato nelle vicinanze che sarà
Usato come garage per gli automezzi comunali. Negli interventi previsti figura anche la
costruzione di un ponte in legno per garantire in quella zona della valle l’attraversamento del Germanasca, cosa che
servirà tra l’altro per raggiungere un nuovo percorso botanico autoguidato (la cui realizzazione e prevista sempre
all’interno degli interventi di
sistemazione dell’area) sulla
sponda destra del torrente, dove verrà piazzata a questo scopo la cartellonistica necessaria
al riconoscimento delle specie
botaniche presenti e le loro
particolarità naturalistiche.
I vantaggi della moneta unica sono legati all'acquisizione di una nuova mentalità
L'euro richiede una nuova imprenditorialità
PIERVALDO BOSTAN
Le cronache degli ultimi
giorni del 1998 ci hanno
presentato uffici centrali delle
banche alle prese con turni
notturni di lavoro, impiegati
bloccati a reimpostare computer con i nuovi cambi, i
nuovi rapporti, i nuovi tassi.
E arrivato l’euro. Per qualcuno è una svolta epocale, per
altri non cambia nulla, almeno fino al 1“ gennaio 2002
quando i primi euro saranno
nelle tasche dei cittadini e
verranno utilizzati per acquistare e vendere prodotti.
L’euro sarà dunque per tre
anni una moneta «virtuale».
Molti si sono comunque chiesti se ci saranno cambiamenti: i sindacati dei pensionati
hanno ricevuto decine di richieste di informazione sulla
nuova moneta; il timore più
diffuso pare essere quello di
una perdita di valore dei propri risparmi di fronte a un euro che si percepisce come
moneta molto più forte della
lira. Non si contano ormai
purtroppo i casi di anziani
truffati da personaggi senza
scrupoli che asserendo che le
VECmiO DI ZBCC^
Da un opuscolo a cura del ministero del Tesoro
lire non avrebbero più alcun
valore si fanno consegnare i
risparmi di una vita in cambio
di improbabili euro.
«La moneta unica europea
aiuta chi deve investire, ad
e.sempio sulla casa; i tassi dei
mutui sono scesi e i livelli europei sono ancora più favorevoli», è il primo commento
del direttore del San Paolo di
Lusema San Giovanni, Giulio
Griglio. Ma chi ha qualche risparmio dovrà preoccuparsi
maggiormente della loro gestione; fino a pochi anni fa lasciando i soldi in banca si po
teva anche recuperare un
buon interesse; ancor di più
con i titoli di stato. Oggi gli
interessi sono molto bassi e le
stesse rese dei titoli statali sono scese di molto. Bisogna
investire, ad esempio, in borsa? «Ci vuole molta attenzione - ammonisce Griglio -; le
opportunità di investimento
sono molto numerose e indubbiamente, negli ultimi anni, anche qui in valle sono aumentate le persone che puntano sulla borsa. Personalmente
raccomando sempre la prudenza; si dovrebbe partire da
un piano su almeno tre anni
investendo comunque solo
una parte dei propri risparmi.
La borsa è estremamente
umorale e bisogna saper scegliere i titoli su cui puntare:
in questo momento vanno
molto bene i settori telecomunicazioni e assicurativo ma
anche altri titoli possono essere un vero investimento».
Si può anche acquistare titoli
esteri? «È un settore molto
delicato - precisa Griglio -:
con investimenti nei paesi
meno sviluppati si possono
ottenere grandi utili ma anche
crolli spaventosi».
Anni fa si diceva che nelle
Valli c’era una grande ricchezza congelata nelle banche. Si può dire sia ancora
così? «In queste valli c’è una
forte propensione al risparmio - conferma il direttore
del San Paolo di Luserna -;
quello che manca è una forte
spinta verso l’imprenditorialità. Quante sono le imprese
che in zona superano il miliardo di fatturato l’anno e
che hanno radici valligiane?
Pochissime. Ci vorrebbe più
elasticità e una nuova impostazione mentale».
Anche a Livorno, città di tradizione
democratica, la presenza valdese è
richiesta dallo Stewart e il Comitato vi
invia il pastore G. Ribetti (1860-70), carattere battagliero e grande predicatore. I
suoi discorsi effervescenti e fortemente
polemici provocano una serie di reazioni
a catena: si cerca di rompere il contratto
del locale preso in affitto e spesso le guardie sono in chiesa a sorvegliare i culti.
Egli è considerato un sobillatore dei cittadini e viene espulso una prima volta nel
1860 per avere turbato l’ordine pubblico.
La stessa comunità accoglie, vicino a
membri sinceramente evangelici, anche
fanatici anticlericali e massoni. Ma nel
1861 viene comprato il tempio inaugurato
dal prof. Revel, presenti i pastori scozzesi
di Livorno e Firenze. Si aprono le scuole,
poi una scuola femminile e un asilo, e nel
1866 Livorno è la chiesa valdese più numerosa in Italia. Ribetti predica anche a
Grosseto, a Campiglia, a Volterra (...). A
Pisa nel 1860 la sua predicazione ha suc
ILFILO DEI GIORNI
RIO MARINA
MARIO CIGNONI
cesso, sostenuta e continuata dall’avv. Tito Chiesi che, passato dall’agnosticismo
alla fede evangelica all’inizio degli Anni
40 aveva ora aderito alla Chiesa valdese,
e dal pastore Salomon, evangelista in Maremma (Orbetello). E nel 1868, con i fondi raccolti dai sigg. Young e Mayer, verranno inaugurati il tempio e le scuole di
Pisa. A Livorno nel 1868 Ribetti interviene ancora con una predicazione accesa in
occasione del funerale di quattro garibaldini morti in prigionia a Roma per le ferite riportate a Mentana: è mandato sotto
processo per offesa alla religione di stato
e condannato. Ma la corte di appello di
Lucca lo assolve. E nel 1869 tiene insieme a Gavazzi, cappellano garibaldino,
una disputa memorabile a Livorno al refettorio dei cappuccini.
Una vicenda particolare è quella
dell’isola d'Elba. La prima Bibbia del
Diodati fu portata da Nizza dal capitano
G. Cignoni di Rio Marina già nel 1853.
Si costituì un gruppo evangelico clandestino che uscì allo scoperto nel 1860 provocando tensioni, tanto da andare sotto
processo con l’accusa di proselitismo.
Un nuovo gruppo nacque a Portoferraio.
Nel 1861, in mezzo a un crescendo di
gravi incidenti che videro più volte l’intervento della forza pubblica, gli evangelici elbani vennero visitati da G. Gregori,
studente alla Facoltà teologica di Firenze
che li convinse definitivamente ad aderire alla Chiesa valdese. Finalmente, dopo
le scuole, venne costruito il tempio a Rio
Marina (1864).
da / valdesi in Italia (1848-1870) in Dalle
Valli all’Italia ì848-1998. ed. Claudiana.
con il materiale che la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Feci) ha predisposto. Il titolo del «pacchetto» della Feci (comprendente
un libro, un poster e un calendario) è un po’ audace: «L’
utopia di Dio». In effetti si
tratta di una sfida che non si è
mai storicamente realizzata.
Ovvero permettere oggi a
paesi gravemente indebitati
con gli istituti intemazionali
di credito di ripartire su nuove basi. Intorno a questo Giubileo di giustizia economica
tra i popoli possiamo chiamare anche i fratelli e le sorelle
cattolici a lavorare con noi.
Lasciando al folclore religioso romano le varie manifestazioni di pietà perdonistica che
non ci vedranno mai insieme.
Settore commercio
Sostegno
con fondi
regionali
Sono state 1.736 le aziende
piemontesi ad avvalersi dei
circa 21 miliardi di fondi al
settore commercio (di cui oltre 19 miliardi a fondo perduto) che la Regione ha recentemente assegnato. I contributi
che dovranno essere usati per
la ristrutturazione di locali,
l’acquisto di strutture mobiliari, di attrezzature, o per
l’apertura di nuova attività e
il trasferimento o ampliamento di quelle esistenti saranno
utilizzati da imprese di vendita al dettaglio, di rivendita di
giornali e riviste, bar e ristoranti con un massimo di 15
dipendenti, esclusi i titolari,
soci e coadiuvanti. «La risposta del settore commerciale
alla maggiore disponibilità di
fondi regionali - dice l’assessore all’Industria Artigianato
e Commercio, Gilberto Pichetto — è stata molto positiva
e si è passati dalle circa 1.000
domande accolte e finanziate
nel biennio ’95-96 alle 1.700
di quest’anno». I destinatari
del contributo, tramite l’adesione a una delle tredici cooperative di garanzia convenzionate con la Regione, possono ottenere un finanziamento bancario a medio termine di durata non inferiore
ai tre anni e con un impegno
di garanzia minimo di 20 milioni. «Net dare corso all’applicazione del decreto Bersani - dice ancora l’assessore
Pichetto - la Regione è intenzionata ad attuare una generale riforma della legislazione
sul commercio, compreso
Fambito creditizio. Si tratta
di introdurre forme ancora
più incisive di sostegno agli
investimenti, mirate specificamente alle piccole e medie
imprese, allo scopo di sostenerle in questa transizione
verso un sistema distributivo
completamente rinnovato, rispondente sia alle esigenze
dei consumatori che ai dettami della libera concorrenza».
6
PAG. Il
t Eco Delle Valli "^ldesi
VENERDÌ 8 GENNAIO 1999 VENER
LUSERNA ALTA: ORA IL TRALICCIO C’È — Malgrado
la richiesta di sospensione dei lavori avanzata dalFamministrazione comunale il traliccio Tim di Lusema Alta è sorto
come previsto nel terreno dell’assessore Merlo, in mezzo
alle case e poco a monte della scuola elementare. Anche se
il sindaco ha annunciato di aver annullato il proprio abbonamento del cellulare con la Tim nulla si è mosso se non i
lavori che hanno portato all’erezione di un palo di notevoli
dimensioni destinato a supportare l’antenna. «Abbiamo anche scritto al Provveditorato agli studi - ci ha detto la signora Luisa Kitchen, del comitato antitraliccio - e ci aspettiamo delle risposte». Intanto nascono perplessità anche a
Bricherasio dove, a pochi metri dalla Provinciale 161, è stato installato un nuovo ripetitore Telecom.
ANCHE POMARETTO AVRÀ UN’AREA ECOLOGICA
— Una sola area dove portare i rifiuti differenziati, la frazione verde dello sfalcio, il materiale ingombrante, gli elettrodomestici usati: ne ha deciso la costruzione il Consiglio
comunale di Pomaretto a fine anno. Sarà realizzata grazie a
un contributo della Provincia in un’area aimessa al cimitero.
A proposito di quest’ultimo è stata anche approvata la convenzione fra Comune e Concistoro per la gestione del campo valdese dove normalmente opera però personale comunale. Il Consiglio ha infine accettato la cessione gratuita, da
parte della Comunità montana, dell’area parcheggio realizzata in funzione dell’ospedale valdese.
POMERIGGIO MUSICALE ALL’UNITRÈ — Il concerto
del 17 dicembre scorso all’Unitrè di Torre Pellice ha visto il
duo Schettini-Perello eseguire al pianoforte sei valzer di
Strauss (Le rose del sud. Sangue viennese. Il bel Danubio
blu. Amare, bere e cantare. Il giornale del mattino. Segni di
primavera). Le due giovani pianiste, molto affiatate, che collaborano con varie orchestre e gruppi da camera, hanno meritato il vivo apprezzamento per la scelta di questa musica
festosa e brillante, in sintonia con l’atmosfera prenatalizia.
NUOVE VIE A PINEROLO — Lo scorso 17 dicembre la
giunta di Pinerolo ha deliberato la denominazione di 17
nuove piazze e vie, che tendono a valorizzare la storia locale attraverso l’indicazione di personaggi, luoghi e figure di
personalità che per le loro caratteristiche hanno incarnato
valori civici e filantropici. Si va, tanto per fare qualche
esempio, da piazzale Carlo Alberto dalla Chiesa a via Madre Teresa, da viale Grande Torino a piazza Europa.
INCONTRO DELL’ULIVO PINEROLESE — Si deciderà
venerdì 22 gennaio a Pinerolo l’organigramma del coordinamento e dell’esecutivo dell’Ulivo pinerolese. Il «coordinamento provvisorio» nato dalla riunione di un mese fa, ha
convocato una nuova riunione per le 21 di venerdì 8 all’hotel
dei Cavalieri. Ci sarà anche la famosa apertura alla società,
alle associazioni e al mondo imprenditoriale oppure ci si troverà di fronte a giochi politici ben definiti fra alcuni partiti?
La riunione, già convocata per venrdì 8, è stata rinviata per
la concomitanza della visita a Pinerolo del cardinale Carlo
Maria Martini programmata in duomo per le ore 20,30.
DA TORRE L’OK AL RECUPERO DELL’EX STAMPERIA—È convocato per martedì 12 il Consiglio comunale di
Torre Pellice; un solo argomento in discussione: la riapprovazione del patto associativo con Comuni, associazioni e privati che hanno aderito al piano di intervento con fondi europei sul turismo. A Torre verrà risistemata l’area attrezzata
della Bertenga con realizzazione di un struttura da utilizzare
per bar e servizi, oltre all’illuminazione dell’area stessa. Intanto la giunta ha dato il via, per quanto di sua competenza,
al recupero dell’ex Stamperia in cui verranno realizzati spazi
artigianali, residenziali e una sala polivalente comunale.
CONVENZIONE PER IL FOYER DEL SERRE — II Con
cistoro di Angrogna ha provveduto a rinnovare il contratto
con la Comunità montana vai Pellice per l’u.so dello stabile
del Serre, già presbiterio e ora Foyer per le persone anziane.
Il nuovo accordo ha ora la fisionomia di una convenzione a
titolo gratuito per nove anni, mentre per il passato si trattava di un contratto di affitto a canone simbolico. La variazione è stata richiesta dall’ente pubblico per fare fronte a difficoltà burocratiche inerenti la messa a norma degli impianti
dello stabile. A nessuno sfuggirà come l’impegno della
chiesa di Angrogna, sotto il profilo strettamente economico,
sia più che mai consistente. Con questo atto il Concistoro
ha voluto sottolineare e ribadire la scelta fatta quando il
Foyer fu fondato, cioè quella di dare un sostanzioso contributo all’assistenza alle persone anziane della vai d’Angrogna. Nella convenzione è infatti previsto che, nel caso in
cui la Comunità montana pensasse di cambiare destinazione
d’uso allo stabile, il Concistoro avrebbe il diritto di chiedere l’annullamento della convenzione senza penalità.
A colloquio con i militanti dei servizi di ambulanza a Pinerolo e nelle valli
Un esercito di... volontari veglia su di noi 5A
FEDERICA TOURN
Se in caso di incidente si ha
bisogno di un intervento
di soccorso, si sa, si chiama
l’ambulanza; se non si ha modo di andare in un’altra città
per fare degli esami medici,
c’è anche in questo caso la
possibilità di utilizzare un’ambulanza; ai concerti, alle partite di hockey, per qualsiasi manifestazione pubblica c’è sempre un’ambulanza attrezzata
per ogni evenienza. Raramente però ci si sofferma a pensare al lavoro e all’impegno costanti che ci sono dietro un intervento di pronto soccorso.
Nel nostro territorio, per esempio, ci sono una Croce
Rossa (a Torre Pellice) e ben
quattro sedi di Croce Verde (a
Bricherasio, Pinerolo, Porte e
Perosa Argentina, con distaccamenti a Prali e Pragelato)
che coinvolgono un gran numero di volontari e sono operative 24 ore su 24.
Perosa (più precisamente il
suo distaccamento di Pragela
LE AMBULANZE
NEL PINEROLESE
Croce Rossa di Torre Pellice, via Arnaud 30: fondata nel 1896; un centinaio
di volontari, una media di
3.200 interventi l'anno.
Croce Verde di Pinerolo,
via Saluzzo 68: fondata nel
1913; 150 volontari circa,
40 servizi al giorno in settimana, 11.389 trasporti nel
1997 per un totale di oltre
550.000 chilometri.
Croce Verde di Porte, via
Miè 6: fondata nel 1947;
107 volontari, nel 1997 si
sono registrati 1.900 servizi,
270 interventi di soccorso.
Croce Verde di Perosa Argentina, via Chiampo 16:
fondata nel 1947; 180 volontari, nel 1998 sono stati
effettuati 5.800 servizi, 800
in più dell'anno prima.
Croce Verde di Bricherasio, via Dimetti 7: fondata
nel 1987; 110 volontari, nel
1998 ha effettuato circa
400 interventi di emergenza e 1.100 trasporti interospedalieri.
to) e Pinerolo sono le uniche
ad avere anche un’ambulanza
medicalizzata, cioè con la
presenza del medico a bordo,
per i casi più gravi: quando
sia il caso di fare intervenire
questi mezzi è il 118 a deciderlo. In seguito alla recente
riforma, infatti, è ora la Centrale operativa di questo servizio di soccorso urgente, che
ha sede a Grugliasco, a gestire
le priorità e a decidere quale
Croce Verde o Rossa dèbba
raggiungere il luogo dell’incidente. «Noi dobbiamo sempre
aspettare l’ordine della Centràle per sapere quale ambulanza mandare - spiega Sergio Avondo, direttore dei servizi della Croce Verde di Pinerolo - questo sistema, che
in teoria è giusto perché privilegia chi è in pericolo di vita, in pratica risulta macchinoso: infatti se noi riceviamo
una chiamata per una caviglia rotta non possiamo uscire finché il 118 non lo stabilisce, anche se si tratta di un
intervento rapido e facilmente
risolvibile». Negli utenti si registra ancora una forte confusione su questo strumento, come conferma anche Cinzia
Pascal, segretaria della Croce
Verde di Perosa: «Il problema
più grosso è che la gente non
ha ancora ben capito come
funziona questo nuovo sistema, forse le novità del 118 e
del Soccorso urgente andavano pubblicizzate di più».
La collaborazione fra le varie Croci è buona, assicurano i
responsabili: in questo senso,
poi, è stato proprio il 118 a
chiarirne i rapporti con la definizione volta per volta della
competenza negli interventi;
prima, spiega Enrico Guiot,
presidente della Croce Verde
di Bricherasio, avevano stabilito un protocollo d’intesa per
regolamentare il lavoro comune. Più in particolare, quali
sono gli interventi delle nostre
Croci? Innanzitutto il servizio
urgente di soccorso avanzato,
riservato alle sedi dotate di
ambulanza medicalizzata di
cui si diceva sopra; poi il soccorso di base, con ambulanze
Una figura importante per Angrogna
Le tante famiglie
di Ida Rivoira
GIUSEPPE PLATONE
etta sul Signore il tuo
Nv VX affanno, ed egli ti sosterrà», e «...se non cambiate
e non diventate come i bambini, non entrerete nel Regno
dei cieli». Intrecciando il salmo 55 con una parola di Gesù il pastore Franco Taglierò
di Angrogna ha voluto salutare per l’ultima volta, martedì 29 dicembre, Ida Rivoira, spentasi all’età di 84 anni.
Dalla metà degli Anni 70 Ida
viveva in uno dei due minialloggi annessi al presbiterio
del Capoluogo. E qui, ormai
vedova, ha seguito e partecipato alla vita e alle vicende
della casa pastorale che era e
rimane un punto di riferimento essenziale nella vita di un
paese valdese. Ida aveva un
talento particolare nei confronti dei bambini e delle
bambine. Ida non aveva avuto figli ma ha aiutato molti
genitori a tirarli su. Amava
inoltre la compagnia delle famiglie pastorali nei confronti
delle quali si è sempre molto
lasciata coinvolgere.
Così è stato dai tempi del
pastore Renato Coìsson, alla
famiglia di chi scrive, alla famiglia del pastore Marchetti e
infine a quella del pastore Taglierò. Per alcuni anni Ida si
era anche occupata del buon
andamento della casa Pons
agli Albarin che allora si
riempiva, soprattutto in estate, di famiglie pastorali in ferie nella verde vai d’Angrogna. E dagli Albarin seguiva
le vicende della nostra chiesa
in tante parti d’Italia attraverso gli incontri e i racconti
delle famiglie pastorali. La
piccola folla commossa di parenti e amici che si è raccolta,
nel tempio del capoluogo, si è
così congedata da una persona che ha dato, a modo suo,
un contributo alla vita della
chiesa locale. Ida se ne va
con questo secolo che seppellendo se stesso si sta portando
via tutta una generazione di
forti nell’età e, sovente, nella
fede. Nella Grazia non ci sono comunque date, secoli,
età, meriti che contino perché
nella risurrezione di Dio «saremo tutti trasformati».
con autista e barelliere a bordo; infine i cosiddetti servizi
secondari, e cioè i servizi interospedalieri o i servizi d’istituto (i malati, pagando, possono usufruire dei mezzi di assistenza per ogni genere di trasferimento). Le ambulanze
vanno anche in appoggio della
Protezione civile o in caso di
incendi boschivi, come sottolinea Sergio Avondo, ma sempre riservandosi le competenze del servizio che rappresentano e quindi privilegiando il
trasporto dell’ammalato. C’è
poi chi non vuole limitarsi al
puro servizio di soccorso:
«Cerchiamo di inserirci come
agenzia sociale nel territorio
- spiega Franco Calvetti, presidente della Croce Verde di
Perosa - facendo visitare alle
scuole di Villar Perosa e di
Perosa Argentina la nostra
sede, che mettiamo anche a
disposizione di mostre e altre
attività socioculturali».
Tra i volontari delle Croci
troviamo molti giovani che in
genere, così per esempio a
Porte e a Bricherasio, fanno
servizio durante il fine settimana o la notte, mentre nei
giorni feriali si trovano più facilmente i pensionati. «Dei
nostri volontari, più della
metà si tratta di giovani - dice Franco Calvetti - puntiamo
molto sui ragazzi, che in genere si rivelano più ricettivi
durante la formazione e nei
corsi di aggiornamento; inol
tre per loro la Croce Verde è
anche un punto di aggrega,
zione, un posto dove ritrovarsi». Ma un problema, à detta
di Sergio Avondo, sta emergendo negli ultimi anni: «Ao.
to un grandissimo ricambio:
una volta i volontari rimanevano vent’anni, oggi vengono
ragazzi che si fermano do.
giugno a settembre o comunque per brevi periodi, e questo non è positivo, perché k
Croce Verde non può essere
un’esperienza di così breve
respiro, senza contare le spese di vestiario che in questo
modo ci assumiamo a vuoto».
L’unica a organizzare gruppi
specifici per i giovani è quella
di stato, la Croce Rossa: «Nel
gruppo dei Pionieri - spiega
il responsabile Omar Falco raccogliamo una cinquantina
di ragazzi dai 14 ai 24 anni,
impegnati nei servizi alle partite, nell’organizzazione di
campi di soccorso in collaborazione con la Protezione civile, in cui vengono fatte prove sul comportamento in caso
di necessità, o ancora nell’assistenza agli anziani».
E per entrare a far parte dei
volontari, che cosa bisogna
fare? «Avere almeno 17 anni
e una grande passione», dice
Avondo; e in più, a seconda
della Croce scelta, fare un
breve tirocinio teorico e pratico e un piccolo esame finale
di fronte a un responsabile
dell’Azienda sanitaria locale.
Un veicolo della Croce Rossa a Torre Pellice
i
Ospedale «Agnelli»
Un'alternativa
al trapianto di
midollo osseo
Presso l’ospedale Agnelli di
Pinerolo si è aperto un nuovo
centro di raccolta di sangue
del cordone ombelicale, e ha
preso il via una campagna di
sensibilizzazione delle partorienti. L’importanza di costituire delle banche di cellule di
cordone ombelicale è data dal
fatto che queste ultime possono essere una valida alternativa al trapianto di midollo osseo (spesso reso complicato
dalla difficoltà di reperire donatori compatibili e soprattutto a causa di successive complicanze immunologiche in
seguito, all’innesto). Il sangue
placentare, che è considerato
prodotto di scarto, può invece
essere raccolto dopo il parto
con una semplice procedura
che non espone a rischi né la
madre né il neonato, né comporta alcuna modifica alla
normale assistenza della madre e del bambino; le cellule
di derivazione cordonale sono
immediatamente disponibili e
i pazienti trapiantati presentano meno complicanze di quelle riscontrate dopo i trapianti
di midollo osseo.
Poste a Pinerolo
Ripartono
i lavori in
via Bertacchi
Dopo anni di attesa, finalmente pare che riprenderanno
i lavori nel cantiere di via Bertacchi a Pinerolo per la costruzione dei nuovi uffici postali
Le Poste italiane ne hanno dato conferma con una nota indirizzata al sindaco, Alberto
Barbero, nelle settimane scot;
se ed effettivamente i lavori di
ripulitura dell’area sono gi^
cominciati da alcuni giorniLe Poste informano che il
cantiere di via Bertacchi verrìì
presto ripulito dalla nuova dii'
ta appaltatrice e si potrà quindi procedere al completamento dell’edificio che ospiterà b
nuova agenzia postale. «Ora'
dice il sindaco - mi augum
che i lavori possano proceder*
celermente».
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Nel segnalare la scompans®
di Ines Favout negli Stati Urti
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(Unità sanitaria locale); in alcuni casi era diventata Ussl (Unità socio-sanitaria
locale) a significare che in
quel territorio si era tentata
l’integrazione fra i servizi sociali e quelli sanitari. Poi venne l’Asl (Azienda sanitaria
locale). Una vera e propria rivoluzione. Via le Usi dei
«politici spendaccioni», largo
alle Asl gestite dai «manager». Via soprattutto le piccole Usi, anche quelle montane,
con poca popolazione, e largo
alle Asl, con centinaia di migliaia di abitanti.
Qualche timido dubbio su
un’operazione di tal genere in
realtà ci fu, ma eravamo nell’epoca in cui si credeva che
«aziendalizzando» il paese si
sarebbero risolti tutti i problemi. E così delle tre Usi del
Pinerolese si fece una sola
grande azienda, a dispetto
delle diversità e dell’enormità
dei bacini territoriali.
La legge prevedeva anche
la costituzione, sul territorio
dell’azienda, di unità territoriali più piccole e omogenee,
idistretti sanitari che, nelle
zone montane del Pinerolese,
eOincisero con le Comunità
montane vai Pellice e valli
elùsone e Germanasca. Prevedeva altresì la conferenza
dei sindaci, un organismo con
possibilità di indirizzo e controllo dell’attività dell’Asl.
Una tale conferenza in realtà
non ha mai funzionato per il
gran-numero dei componenti
(nei nostro caso una cinquantina di amministratori del Pina-olese, portatori di idee e di
istanze estremamente diversificate) e si è limitata a ratificare decisioni dell’AsI e ad
tuparsi di aspetti sostaninente formali.
Ldistretti sanitari, poi, hanno'avuto i loro responsabili,
lunati dal direttore generale,'ina nemmeno nelle situa^oni di coincidenza con le
Comunità montane si è attivato l’organismo «politico»
(presidenti delle Comunità
Montane e sindaci) pur previsto dalla legge. Al sindaco è
rimasto il pomposo titolo di
«autorità sanitaria locale», un
titolo «nobiliare», niente più.
Da queste brevi considerazioni potrebbe sembrare che
era meglio l’Usl. Non è certamente così, ma non mi accodo a certi trionfalismi di
maniera. Le aziende, in generale, non hanno dato cattiva
prova di sé ma sono rimaste
ingabbiate nella logica della
legge che le ha volute «autonome». Vi sono poi dati che
fanno perlomeno riflettere.
Un esempio: l’aumento considerevole e progressivo delle
spese ospedaliere registrato
nella Regione Piemonte da
quando sono entrate in funzione le Asl è dovuto solamente, come qualcuno sostiene, a «ricoveri impropri», a
causa del costo del ticket o
per i lunghi tempi delle analisi e alla limitazione del tempo di degenza ospedaliera
che apre spesso la strada a
successivi ricoveri? Oppure è
anche il segno del fatto che si
è investito più sull’ospedale
che sui «servizi di territorio»
(servizi alternativi al ricovero, prevenzione...)?
L’aver escluso o comunque
di fatto limitato il livello politico locale nella programmazione sanitaria non è stato
forse un errore? Personalmente ritengo di sì e credo
che in qualche modo debba
essere recuperato. Sono fra
quelli che sono favorevoli a
dare più peso ai distretti sanitari. Innanzitutto creando un
livello politico-tecnico di lavoro. Perché non mettere i
piedi un comitato permanente
composto dagli amministratori locali, dal responsabile
del distretto e da operatori
nominati dall’Asl, dai rappresentanti dei medici di famiglia (figure professionali insostituibili sul territorio), con
il compito di proposte nei
confronti dell’Asl? Sarebbe
un segnale importante per
una necessaria programmazione e gestione condivisa e
partecipe. Ma la «politica»
saprà, ancora una volta, coglierne la necessità?
Angrogna: una decisione necessaria
Irpef fissata allo 0,2%
MARCO ROSTAN
Nel Consiglio comunale di
Angrogna, al posto di
Michele Benedetto, capo&Mppo della minoranza, di®issionario per motivi di laè subentrato Willer
“onnet. Nella riunione del 30
Hicembre, dopo aver commemorato la figura del vecchio
Sindaco Levi Buffa, il sindaco
fatto varie comunicazioni:
‘Stata richiesta alla Regione
l^tófaltatura della strada della
Jìccera mentre sarà invece
"'fficile ottenere il prolungamento dell’autolinea fino a
*^sema e all’ospedale.
La variante al Piano regolamfe potrà arrivare in porto
*'’bo fine febbraio; ad aprile
in libreria la Guida della
d’Angrogna. Cinque in^llanze sono state illustra^ dal consigliere Zunino:
W’autolinea, sulla raccolta
rifiuti, sugli accertamenti
^utari, sulla pista di fondo
^ Vaccera, sul riscaldarlo della scuola e degli ufOve possibile la giunta
Recepito i suggerimenti
"’•SHorativi; in particolare si
vuole arrivare a una soluzione positiva, con l’aiuto della
Comunità montana, per la pista di fondo; sull’autolinea è
aperta una riflessione circa
l’opportunità o meno di cedere la gestione del servizio che
comunque, oltre alle scuole,
trasporta una media di oltre
cento persone al giorno; il lavoro degli accertamenti tributari è stato contrassegnato da
numerosi errori che il personale degli uffici ha dovuto
correggere e pertanto se ne
terrà conto nei pagamenti.
In chiusura di seduta il
Consiglio ha aderito all’Agenzia di Valle e ha infine
svolto una difficile discussione sull’addizionale Irpef che
è stata istituita dal 1° gennaio
'99. Dopo un’ampia disamina
sui possibili tagli di spesa,
sulla necessità che il bilancio
tenda al pareggio, il Consiglio ha ritenuto inevitabile,
anche se spiacevole, decidere,
a maggioranza, per l’imposizione di tale addizionale nella
misura dello 0,2%, il che dovrebbe portare nelle casse comunali del prossimo anno 25
milioni in più.
DAVIDE ROSSO
.-U ealizzare percorsi turisiici a tema all’intemo del Parco naturale della
vai Troncea e nel territorio
circostante per incentivare un
tipo di turismo compatibile
con l’ambiente aU’interno di
un progetto mirato di sviluppo sostenibile della valle». È
questa l’intenzione dichiarata
dalla direzione del Parco che
10 scorso mese ha approvato
11 progetto «Vivilparco. Un
laboratorio nel Parco» che individua sei differenti percorsi
di visite guidate alla vai
Troncea. Si tratta di itinerari
con una durata che va dai tre
ai cinque giorni, indirizzati a
piccoli gruppi di persone, nel
corso dei quali, a seconda del
percorso scelto, le guide naturalistiche e il personale del
Parco faranno conoscere ai
visitatori l’ambiente, le tradizioni culturali e lavorative
della valle.
L’iniziativa parte dalla considerazione (confermata anche da rilevazioni e ricerche
sul campo) che chi visita i
parchi è: interessato all’osservazione della natura ma spesso anche alla storia e alle tradizioni delle aree interessate;
non è un turista «mordi e fuggi» ma preferisce tornare nello stesso luogo in periodi diversi dell’anno per vedere le
varie stagioni della natura;
questi visitatori inoltre sono
disturbati dalla massiccia presenza di turisti e preferiscono
il silenzio e la tranquillità al
turismo di massa. Su queste
premesse e sulla necessità di
proteggere l’ambiente naturale, dandosi come obbiettivo
anche la sensibilizzare e l’educazione ambientale dei visitatori intesa come sviluppo
della conoscenza storica, culturale e naturalistica, il Parco
propone da inizio anno alle
scuole e agli operatori turistici
italiani e stranieri dei pacchetti di visite guidate al suo territorio organizzate e gestite da
guide naturalistiche.
«L’iniziativa - dicono al
Parco - mira a realizzare un
programma di turismo ambientale organizzato (che serva oltre tutto a prevenire
eventuali danni e incidenti)
che tenga conto dell’impatto
ambientale dei turisti, il cui
flusso attraverso le visite
verrà dilazionato nel corso
del tempo, e che diventi an
che occasione per creare nuovi posti di lavoro». Nel particolare il progetto «Vivilparco», che è già operativo ma
che in pratica partirà con la
primavera, prevede dei percorsi indirizzati ai ragazzi
delle scuole e ad adulti che
intendono trascorrere un
week-end nella vai Troncea,
soggiorni a tema e stage in
gruppi di massimo 16 persone, che tratteranno temi come
le fioriture delle circa 400
specie floreali presenti nel
Parco, gli antichi mestieri
della montagna, i siti minerari
del Beth (ma anche quelli
della vai Germanasca), e diversi percorsi naturalistici in
cui le escursioni naturalistiche si alternano a quelle storiche (sono previste per esempio visite al Forte di Fenestrelle) e alle visite agli antichi siti industriali della valle
come la fonderia di Tuccia.
Un esemplare di capriolo
«La balmo d'Arman», un racconto sulla dura vita dell'alta valle
Salvare Tanìma del villaggio
GIORGIO BOUCHARD
Chiunque di noi si sia formato all’interno della
vecchia cultura valdese non
potrà leggere .senza commozione questo libro*. Anzitutto per l’autrice: Maria Luisa
Gariglio è la vedova del professor Arturo Genre al quale
il mondo valdese deve molto:
a lui, morto prematuramente,
è dedicato il libro («a moun
om»), alla cura della sua malattia sono devoluti i proventi
dei diritti d’autore.
Al figlio Andrea è dovuto
il disegno di copertina, semplice eppure potentemente
evocativo. Le radici del libro
si ritrovano negli incontri che
Maria Luisa Gariglio, giovane ragazza torinese, cominciò
ad avere, trentacinque anni
fa, con una forte e misteriosa
figura di donna («Letizia») in
un piccolo villaggio della vai
Germanasca (Maniglia?).
Dalle confidenze di Letizia, ■
dagli immancabili pettegolezzi di pae.se, da qualche raro documento, l’autrice è riuscita a ricostruire una storia
semplice e tragica, piena di
vita e di verità: vediamo di
riassumerla.
Letizia è una ragazza povera, che cresce nel tipico ambiente valdese dell'alta vai
Germanasca di cent’anni fa: i
duri ritmi della fatica contadina, le serate invernali nelle
stalle dove ci si ritrova con i
vicini (per risparmiare legna)
e si ascoltano gli anziani che
trasmettono la loro preziosa
cultura orale; la presenza autorevole della chiesa, che non
pretende di guidare le coscienze (ognuno sa benissimo
di dover rispondere di sé direttamente a Dio), ma attraverso la voce del pastore sa
inquadrare le vicende personali e locali in una cornice
più vasta: il disegno di Dio,
esemplificato nella storia valdese. E proprio questa storia
dà a quei poveri contadini
l’unico vero momento di festa di tutto l’anno: il 17 Febbraio, dopo il quale però tanto più dura e squallida si presenta la vita quotidiana.
E la durezza del quotidiano
colpisce presto la famiglia di
Letizia: uno dei fratelli se ne
va in Francia a lavorare; subito dopo tocca a Letizia: andrà
qualche mese a Nizza, a far la
domestica in un albergo. A
Nizza succede la prima tragedia: Letizia viene violentata
da un ignoto, e si trova incinta a sedici anni. La bimba che
nasce (Irma) viene praticamente adottata da una zia che
ha fatto un po’ di fortuna a
Villar Perosa, e quando qualche anno dopo Letizia torna
in patria Irma sta davanti a lei
come davanti a un’estranea: è
sua, ma non è più sua.
Chi diventa invece suo, sia
pure in modo clandestino è
Giosuè, creatura affascinante,
nove anni più di lei, marito di
una donna malata: si incontrano quando Letizia si reca
all’alpe. Forse, succede anche
qualcosa di più. Sta di fatto
che dopo un bisticcio con
Giosuè Letizia sposa un giovane cattolico, Alberto: ma
siccome è incinta deve piegarsi al matrimonio cattolico, vede crescere i suoi figli in una
chiesa che non è la sua: sente
come soffocante la famiglia
del marito, fornita di tanto di
monsignore pontificante. Anche in Alberto c’è qualcosa
che non va: forse sospetta che
il primo figlio non sia suo ma
di Giosuè. Sta di fatto che un
brutto giorno Letizia trova il
marito morto sulla soglia della
bai ma d’Arman.
La famiglia, il monsignore,
il pretore, stendono subito un
velo impenetrabile sull’avvenimento: si è trattato di un incidente e basta; neanche la lettera di un vicino che accusa
esplicitamente Giosuè li induce a mutar versione. Quale
che sia la verità dei fatti. Letizia riprende la sua relazione
con Giosuè, il vero amore della sua vita. Intanto i figli crescono: il primo studia e poi se
ne va a New York, il secondo
fa il partigiano e poi sposa una
valdese; anche Irma ha sposato un valdese, ma è distante,
lontana, imbarazzata.
Queste vicende individuali
sono inquadrate da due grandi tragedie: la prima guerra
mondiale, con la strage degli
alpini; la seconda guerra
mondiale, con l’avventura
della Resistenza. Ma la vera
tragedia è un’altra: è la tragedia dei villaggi che si spopolano, degli emigranti che
tornano e non capiscono più;
è un mondo che muore. Il nostro vecchio mondo valdese
muore: chissà se riusciremo
almeno a «.salvarne l’anima»
e a trasmetterla ai nostri nipoti e pronipoti?
(*) Maria Luisa Gariglio
Genre: La balmo d’Arman.
Collana del Centro culturale valdese, Torino, Claudiana, 1998,
pp 131, lire 16.000.
COLLETTIVO TEOLOGICO «MIEGGE» — Domenica 10 gennaio alle 17 incontro del collettivo teologico nei locali della chiesa
di San Secondo.
INCONTRO SULLA DIACONIA — Si svolgerà a Villar Pellice, venerdì 15 gennaio alle 20,45, un incontro
su «Evangelicità e professionalità nella nostra diaconia»; introduce il past. Daniele Bouchard.
INCONTRO MONITORI
DEL 1° CIRCUITO — Domenica 10 gennaio a Torre
Pellice, dalle ore 10, incontro delle monitrici e dei
monitori del 1° circuito.
CONCISTORI — Alle 15
di domenica 17 gennaio,
nel tempio di Pinerolo, incontro dei Concistori delle
Valli su «Le discipline valdesi», relazione del pastore
Franco Becchino.
ANGROGNA — Martedì
12 gennaio riunione a Buonanotte alle 20,30.
BOBBIO PELLICE — Martedì 12 gennaio alle 20 riunione alla borgata Cairus.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Sabato 9 gennaio alle 19, nella sala Albarin, bagna caoda a prò
del tempio (lire 25.000);
prenotazione presso l'Asilo
o i pastori. Domenica 10,
alle 15, studio sulla preghiera a cura dell'Unione
femminile. Giovedì 14 gennaio, alle 20,45, al presbiterio, inizia il nuovo ciclo di
studi biblici sul battesimo a
cura del pastore Pasquet.
MASSELLO — Riunione
quartierale mercoledì 13
gennaio alle 14 al Roberso.
PERRERO-MANIGLIA —
Unione femminile: incontro
martedì 12, ore 14,30.
PINEROLO — Domenica
10 gennaio alle 10 culto
con assemblea di chiesa:
all'odg il preventivo di spesa per l'anno 1999.
PRAMOLLO — Martedì
12 gennaio, alle 20, riunione quartierale alla borgata
Ruata, mercoledì 13 alle
19.30 riunione alla borgata
Bocchiardi, giovedì 14 alle
20 riunione ai Pellenchi.
PRAROSTINO — Dome
nica 10 gennaio incontro
dell'Unione femminile.
POMARETTO — Riunioni
quartierali: venerdì 8 alle
15 all'Inverso Clot, giovedì
14 alle 15 all'Inverso Paiola.
SAN SECONDO — Giovedì 14 alle 20,30 riunione
quartierale a Barbé.
TORRE PELLICE — Riunioni quartierali: martedì
12 gennaio ai Simound, venerdì 15 agli Appiotti.
VILLAR PELLICE — Domenica 10 gennaio alle
20.30 culto serale. Riunione
quartierale lunedi 11 gennaio alle 20,30 al Teynaud.
Mercoledì 13, alle 21 nella
sala di piazza Jervis si svolgerà un incontro sull'etica
sul tema dell'eutanasia, con
la partecipazione del dottor Gianni Pomari, primario
di medicina all'Ospedale
valdese di Torino.
VILLASECCA — Giovedì
14 gennaio alle 14,30 incontro dell'Unione femminile con la partecipazione
di Bruna Peyrot che parlerà
delle donne ugonotte prigioniere della Torre di Costanza. Riunioni quartierali:
martedì 12 gennaio alle 20
al Serre Giors, mercoledì 13
a Trussan alle 20.
INFORMAGIOVANI VAL PELLICE
Via Roma 45 - Luserna S. Giovanni - 0121/900245
spazio adolescenti
Ogni martedì dalle ore 17 alle 19
Si ringrazia l’editore per lo spazio concesso
Per la
pubblicità su
tei. 0121-323422, fax 0121- 323831
8
PAG. IV
E EcD Delle "\àlli ^ldesi
VENERDÌ 8 GENNAIO 1999 ^/eNERE
Regione Piemonte
Apicoltura
da tutelare
È stata approvata di recente
dal Consiglio regionale la
legge «Norme per la disciplina, la tutela e lo sviluppo
dell’apicoltura in Piemonte».
La normativa era attesa da
tempo dagli apicoltori, anche
perché prevede tra l’altro incentivi finanziari di un certo
interesse. Vengono infatti stabiliti contributi in conto capitale per la costruzione, ristrutturazione e ammodernamento
delle strutture aziendali di la
vorazione e conservazione
dei prodotti degli alveari; acquisto di macchine e attrezzature per la lavorazione e la
commercializzazione dei prodotti degli alveari e per l’acquisto e ammodernamento
degli apiari; allevamento e
selezione di api regine di razza ligustica; adeguamento alle norme igienico-sanitarie;
sostituzione delle regine presenti con regine di razza ligustica; assistenza tecnica
apistica erogata dalle associazioni dei produttori (fino all’80%); formazione e aggiornamento professionale degli
apicoltori erogata dalle associazioni dei produttori (fino
al 90%); promozione, divulgazione e valorizzazione dell’apicoltura e dei suoi prodotti e programmi di ricerca realizzati dalle associazioni dei
produttori.
La legge prevede inoltre
l’istituzione di un albo regionale degli allevatori di api regine e norme per la disciplina
igienico-sanitaria dell’apicoltura che imporrà agli apicoltori di denunciare al settore
regionale territoriale dell’
agricoltura di competenza il
numero degli alveari allevati.
Wwf a Pinerolo
Ricuperare
gli abeti
RADIO
BECKWITH
FM 91.200-96.500
La tradizione di addobbare
un abete «vivo» in vaso per
Natale è ancora molto diffusa.
Molte persone però finite le
feste non sanno bene cosa farsene, anche perché non è sempre facile trovargli una sistemazione in grado di garantirgli la sopravvivenza e il riutilizzo l’anno successivo e finiscono, magari a malincuore,
per gettarlo nella spazzatura.
Quest’anno, per chi non ha un
giardino dove piantare l’abete
servito a scopi natalizi o qualcuno a cui darlo o un luogo
dove impiantarlo, c’è una possibilità in più portandolo il 1“
febbraio alla sezione pinerolese del Wwf (Fondo mondiale
per la natura), in via Brignone
1 a Pinerolo. È nei programmi
infatti dell’associazione ambientalista, in collaborazione
con il Comune di Pinerolo, le
scuole della città e altre associazioni che si occupano di
ambiente, organizzare una
giornata ecologica in cui le
piante raccolte in questo modo
verranno impiantate in un’
area che verrà scelta dalla
giunta del Comune di Pinerolo
sulla base del numero di abeti
a disposizione. È un modo per
aiutare l’ambiente cittadino e
per evitare che le piante vengano gettate. Intanto a livello
nazionale, sempre per favorire
il miglioramento ambientale
delle città, il Wwf ha firmato
un accordo con la Federtrasporti per la promozione del
trasporto pubblico locale migliorando l’accessibilità dei
cittadini alle città e riducendo
Per le feste sono fermi gli altri campionati
Solo l'hockey sotto
Palbero dì Natale
così i consumi energetici e
l’inquinamento atmosferico
legato al trasporto individuale.
«In diverse grandi città - dicono alla sede pinerolese del
Wwf - sono già state organizzate manifestazioni per sensibilizzare la cittadinanza a questo problema; chissà che non
si può fare qualcosa a questo
riguardo anche a Pinerolo?».
Vanno in vacanza quasi tutti gli sport di squadra in coincidenza col periodo natalizio;
solo l’hockey su ghiaccio
prosegue il suo cammino a
due incontri la settimana;
questa volta è andata male
per i biancorossi di Torre Pellice. Il Valpellice Sparea si
inchina di fronte ai primi della classe perdendo per 6-4
contro il Val Venosta martedì
29 dicembre. Gli ospiti si sono dimostrati subito squadra
ben quadrata, senza primedonne ma difficile da superare. Eppure al 8’ del primo
tempo Berti riusciva a portare
in vantaggio il Valpellice; a
3’ dalla fine però gli ospiti
pareggiavano. Copione invertito nella ripresa quando il
Val Venosta passava all’8’ e i
biancorossi pareggiavano
grazie a Marchetti. Il 2-2 però
durava poco e intorno al 13’
gli altoatesini passavano ancora; a 13” dalla fine del secondo tempo la capolista si
portava sul 4-2. Il terzo tempo è iniziato sotto il segno del
Valpellice ma in contropiede
il Val Venosta allungava ancora. Sotto per 5-2 i piemontesi trovavano subito una rete
con Volante e, a 3’ dal termine con Vasicko raggiungevano il 5-4. Per tentare il recupero, ma in modo forse troppo affrettato, l’allenatore Rivoira faceva uscire il portiere
Rossi per dar spazio a un uomo di movimento in più; la
mossa però era letale e al 18’
in controfuga il Val Venosta
metteva al sicuro il risultato.
Continua il «mal di trasferta» per il Valpellice Sparea.
Opposti domenica sera alr Amatori Asiago, i biancorossi di Rivoira sono stati
battuti in modo abbastanza
netto per 7-4. Ancora una
volta i piemontesi si sono
portati in vantaggio per primi
dopo appena 4’ grazie al giovane valdostano Melotto ma
prima della fine del tempo i
padroni di casa erano già in
vantaggio per 2-1. Con analogo parziale si è chiuso il secondo tempo con due reti vicentine e una di Grannonico.
In apertura di terza frazione
rAsiago si è portato subito
sul 5-2 e poi hanno avuto
rincontro in discesa; inutili
le due reti di Grannonico
(prima doppietta della stagione) e Berti a 36” dalla fine.
In classifica il Valpellice è
stato raggiunto dallo Zoldo al
6° posto; al comando il Val
Venosta 39, seguono Bozen
34, Auronzo e Asiago 29, Como 28, Valpellice e Zoldo 23,
Feltro 6. Dopo la trasferta di
martedì a Como, domenica
prossima, in via Filatoio, ultimo confronto casalingo di
questa prima fase che si concluderà il 12 gennaio; poi
sarà la volta dei play off: i risultati fin qui ottenuti non
conteranno nulla in termini di
Appuntamenti
punteggio ma serviranno a
decidere sulla composizione
dei due gironi da quattro
squadre ciascuno che daranno
vita alla fase finale del campionato. Le prime due di ogni
girone si affronteranno poi in
semifinale e successive finali.
Intanto va registrata la netta
la sconfitta subita in casa dal
Pinerolo in serie B; opposti
alla capolista Chiavenna i
biancoblù sono stati superati
per 8-2 dai lombardi (1-2; 03; 1-3 i parziali) con reti di
Gerard e Vaccarino.
In serie C il Peter Pan Torre Pellice, battuto in casa
dall’Ambrosiana per 5-2,
malgrado un tiro di rigore parato da Benedetto, deve dare
addio alle speranze di accesso
ai play off.
9 gennaio, sabato
TORRE PELLICE: Alle 21, nel
tempio, concerto del coro «Gabrielli» di Bagnolo diretto dal
maestro M. Chiapperò, organizzato da Radio Beckwith sotto il titolo «Tra Riforma e Controriforma» verranno eseguiti
brani di musiche di Bach,
Sweelinck, Bourgeois, Goudimel, da Palestrina, Scheidt,
Buxtehude, Schùlz, Hassier. Organista Silvio Pinamonti. Ingresso libero.
10 gennaio, domenica
TORINO: Alle 17,30, nel
tempio valdese di corso Vittorio, concerto per organo con
Claudio Brizi.
PINEROLO; Al teatro Incontro, alle 16, la compagnia «Il
teatrino dell'Erba matta» presenta «Cenerentola», per la
rassegna «Di festa teatrando»;
ingresso lire 6.000; prevendite
sabato al teatro ore 11-12.
PINEROLO: Ultimo giorno
utile per visitare al Salone dei
Cavalieri il presepio trash, di
Remo Bonetto, realizzato con
materiali poveri e di recupero;
orario da lunedì a venerdì ore
17-19, sabato 9-12, 15-19 e 2123, domenica 9-12 e 15-19.
14 gennaio, giovedì
TORINO: Nel salone della
Chiesa valdese di corso Vittorio, alle 20,45, conferenza su
«La novità pentecostale», interventi di Franco Toppi, presidente delle Assemblee di Dio
in Italia, Eugenio Stretti, pastore valdese e studioso, Giorgio Bouchard, pastore valdese.
TORRE PELLICE: Alle 15,30
alla biblioteca della Casa valdese, per l'Unitrè, conferenza
del dott. Lanza su «Tecniche
complementari in medicina cinese».
PINEROLO; Per il Cineforum, al cinema Italia alle
20,45, «Lezioni di tango» di 5.
Potter.
15 gennaio, venerdì
TORRE PELLICE: Nella sede
del Cai, alle 21, diapositive e
presentazione del libro «Orizzonte bianco», a cura di Paolo
Ponzio.
TORRE PELLICE: Nella sala
consiliare della Comunità
montana, alle 20,45, conferenza del professor Aldo Comba
su «Umanità e modernità di
Calvino», a cura del Gruppo di
studio Val Lucerna.
Servizi
VALU
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 10 GENNAiO
Ferrerò: Farmacia Valletti Via Montenero 27, tei. 848827
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
10 GENNAIO
Bibiana: Farmacia Garella Via Pinerolo 21, tei. 55733
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 167-233111
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO-INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 118
Cinema
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma, giovedì 7, ore 20,10
e 22,10, Così è la vita; venerdì 8, ore 21,15, La leggenda del pianista sull’oceano; sabato, ore 20,10 e 22,10,
domenica, 16, 18, 20,10 e
22,10, lunedì e martedì ore
21,15, Paparazzi.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma, venerdì 8, ore 21, L’albero delle pere; sabato 9, ore 21,
Fantasma all’opera.
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Posta
Centraline
e territorio
Il circolo vai Pellice di Legambiente, e in particolare il
suo responsabile Renato Armand Hugon, ha espresso dalle colonne di questo settimanale l’irritazione nei confronti
deN’amministrazione comunale
di Angrogna, che non avrebbe
assunto una posizione chiara
sulla richiesta avanzata da un
privato per la realizzazione, a
monte di Pradeltorno, di una
derivazione di acqua a scopo
idroelettrico (e cioè per la costruzione di una centralina elettrica) nel torrente Angrogna.
L’accusa è che, in occasione
della visita istruttoria ordinata
dalla Provincia di Torino (l’ente
competente in materia). Il comune di Angrogna avrebbe
operato con «incompetenza» e
con «scarso spirito democratico», pronto a svendere una
parte sostanziale della propria
ricchezza, preso «dall’ansia di
sanare il bilancio».
Premesso che i corsi d’acqua non sono un patrimonio di
proprietà comunale (come potrebbero essere invece un bosco o una cava di pietra) e che
i Comuni non hanno alcuna
competenza in materia, se non
nella fase finale per il rilascio
della concessione edilizia, occorre precisare che, pur nei limiti programmatici e culturali
che l’amico Armand Hugon,
bontà sua, attribuisce agli amministratori comunali, questa
giunta con i funzionari comunali preposti aveva approfondito
(prima della data imposta dalla
Provincia per un confronto sulla fattibilità del progetto) i pro e
I contro di un’iniziativa peraltro
da tempo preannunciata, fin da
quando (autunno 1997) una
proposta simile all’attuale era
stata presentata e dibattuta
pubblicamente in sede di Consiglio comunale prima e di assemblea pubblica poi.
Inoltre, pochi giorni prima
deN’audizione, in un incontro
con il promotore dell’iniziativa,
che tra l’altro è un angrognino,
era stata presa visione del progetto. Esso, sulla base anche
delle indicazioni a suo tempo
fornite dall’ufficio provinciale
competente, non presentava a
nostro giudizio problemi di impatto ambientale e recepiva sia
la richiesta che nell’alveo fluviale fosse rilasciata una quantità d'acqua sufficiente a mantenere l’ecosistema acquatico
in condizioni di funzionalità, sia
la richiesta di totale interramento delle tubazioni e di scarsa visibilità degli altri manufatti. Quando, nell’audizione del
20 novembre, l’amministrazione comunale ha manifestato la
propria attenzione su quest’ultimo punto, i funzionari provinciali hanno sottolineato che su
tale argomento è competente il Comune per il rilascio della concessione edilizia (di cui
si è già fatto cenno). In altri
termini, il Comune deve ancora
fare la sua parte: perché allora
insinuare, come fa Armand Hugon, che il Comune abbia «preferito non esprimere alcun parere al riguardo»?.
Per ora l’amministrazione
comunale non ha ritenuto di
manifestare un’opposizione
pregiudiziale, riservandosi evidentemente quanto di competenza. Non va inoltre dimenticato che il Comune di Angrogna potrà usufruire, dall’eventuale realizzazione della centralina, di un contributo finan
ziario (peraltro ancora da precisare) che potrebbe dare una
boccata di ossigeno a un bilancio sull’orlo del dissesto. Che
poi questa specie di «royalties» sia «una piccola somma», è un’illazione gratuita,
pur essendo evidente che
«l’affare con tanti zero» lo farà
il privato, una volta ammortizzate le spese iniziali (stimate in
oltre un miliardo di lire), con il
ricavo della vendita dell’energia prodotta.
Per tranquillizzare l’amico
Armand Hugon, o per aumentarne l’irritazione, vorrei inoltre
precisare che il mio rammarico
di sindaco, in tutta questa vicenda, consiste nel fatto che
un ente pubblico (il Comune di
Angrogna, la Comunità montana vai Pellice) non sia in condizioni economiche tali da realizzare in prima persona un’iniziativa del genere. Un progetto
che, se realizzato, permetterebbe un rilancio deH’economia
valligiana e contribuirebbe in
modo rilevante a far sì che le
nostre valli continuino a essere
abitate da uomini e donne,
vecchi e bambini, anziché ridursi gradualmente ad aree
deserte e abbandonate, ripopolate da tante specie di animali selvatici ma soggette a
gravi rischi idrogeologici per le
popolazioni stanziate a valle e
nella pianura.
Evidentemente l’amministrazione comunale di Angrogna
non condivide con Renato Armand Hugon e i suoi amici lo
stesso concetto di «ambiente»:
per noi non è soltanto la natura, i boschi, le acque, l’aria pulita ma anche la possibilità per
la gente che ci abita di vivere
in condizioni socio-economiche
perlomeno accettabili.
Jean-Louis Sappé
sindaco di Angrogna
La comunità
terapeutica
Prendendo spunto dalla lettera di Augusto Comba («Assistenza e business» ne L’eco
delle valli valdesi del 1® gennaio) e come «vicino di casa»
della Comunità terapeutica
«Du Pare», vorrei aggiungere
alcune brevi considerazioni.
Spiace a tutti, penso, la fine
dell'Hótel du Pare: se ne è andato un altro pezzo di quell’immagine (un po’ ottocentesca) di
Torre Pellice e viene a mancare un’altra risorsa turistica per
la valle. Non posso dimenticare
che l’agonia del «Du Pare» non
ha visto nessuna mobilitazione
di forze locali (un intraprendente gestore è stato costretto a rinunciare di fronte alle esose
pretese della proprietà milanese). Detto questo, mi ha un po’
stupito l’attivismo di un gruppo
di persone preoccupate soprattutto del valore immobiliare delle loro case (una prestigiosa
zona residenziale come viale
Dante «sporcata» da un manicomio! La collocazione consigliata era forse San Ciò?) e
che non aspettano neppure di
«vedere prima di giudicare». Si
preferiva forse la trasformazione del «Du Pare» in una belle
serie di minialloggi da parte di
qualche geometra rampante?
Perché allora tranciare giudizi
suH’ass/sfenza come business?
Ma quello che mi stupisce di
più è l’affermazione sui già
constatati comportamenti sgradevoli di alcuni ricoverati. Come «vicino di casa» debbo dire
che certi clienti dell’ex Hotel Du
Pare urlavano e vociavano
molto di più degli attuali ricoverati! Ma non è questo il punto. Il
nostro vivere civile si è forse
così degenerato che non sap
piamo più guardare con un minimo di comprensione chi ha
più problemi di noi? Non pensiamo che anche noi o i nostri
figli potremmo aver bisogno un
giorno di questo tipo di assistenza? Per concludere, vorrei
invitare il «gruppo degli oppositori» a non buttar via soldi in
avvocati, cercando altrove garanzie per la nostra sicurezza
(è più pericoloso un ricoverato
della Comunità o un automobilista o motociclista che va agli
ottanta all’ora in viale Dante?).
Grazie per l'ospitalità.
Marco Baltieri
Torre Pellice
Lettera aperta
a Augusto Comba
Caro Augusto,
conoscendoti (e stimandoti)
come uomo di fede, di cultura
laica, di vecchia militanza tra i
«Fratelli», non posso credere
che tu pensi veramente quanto
hai scritto sull’ultimo numero
de L’eco delle valli valdesi. Il
mio intervento nella riunione
del 10 dicembre scorso nell’aula consiliare non era assolutamente preparato. Mi è venuto
spontaneo sentendo tante catastrofiche previsioni, tante terrificanti paure su quanto succederà agli abitanti di viale
Dante e forse dell’Intero paese,
tante certezze (o supposizioni?) su irregolarità, ipocrisie e
illegalità commesse da chi ha
impiantato e gestisce la Comunità terapeutica «Du Pare». Ci
sono le prove? Aspettiamo a
giudicare. Net frattempo, se
vorrai venire da me a visitare I
nostri nuovi vicini (e mi farebbe
molto piacere), credimi, uscirai
colmo di riconoscenza al Signore che non ha voluto sotto
porci allo stesso calvario e, nel
contempo, pieno di gratitudine
per quel poco che ci permette
di dare loro. Con amicizia.
Mimma Quattrini
Torre Pellice
Su questo argomento abbiamo ricevuto un altro contributo
che pubblicheremo sui prossimo numero de L’eco delle valli.
Nella foto è ritratta il giorno
della festa per I suoi 100 anni,
ma il 1® gennaio scorso la signora Elodia Morelli Bruno,
evangelica di Torino, ha festeggiato I suoi 101 anni al Rifugio Re Carlo Alberto dove è
ospite da quasi quattro anni.
Auguri signora Morelli!
L'Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15 -10125 Torino
Tel. 011/655278
Sped, in abb. post./50
Pubblicazione unitaria con Riforma
non può essere venduto separatamente
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa: La Ghisleriana Mondovì
Una copia L. 2.000
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PAG. 5 RIFORMA
È mancato a Bologna il pastore Sergio Carile
La missione nel mondo
Con il suo servizio, la sua spiritualità e le sue ricerche ha
valorizzato il contributo metodista all'evangelismo italiano
VALDO BENECCHI
CON la scomparsa del pastore Sergio Carile il metodismo italiano e la famiglia
metodista mondiale sono
¿avvero più poveri. Tutto il
mio ministero pastorale, in
un modo o nell’altro si è
spesso intrecciato con i vari
incarichi di responsabilità a
lui affidati dalla Chiesa metodista, con le sue ricerche in
campo liturgico, teologico,
storico continuate fin di recente. E ne ho sempre ricavato indicazioni e spunti fecondi. Dagli anni in cui si occupava delle scuole domenicali
e dirigeva Presenza evangelica, al suo intenso lavoro ecumenico indirizzato in particolare all’accompagnamento
delle coppie interconfessionali, alle molte pubblicazioni
di grande valore fra le quali le
opere su Wesley e il metodismo, che restano pietre miliari per chi desidera conoscere questo movimento,
senza dimenticare i suoi studi in altri campi della cultura,
il pastore Carile ha sempre
messo a frutto, senza risparmiarsi, i suoi numerosi doni,
n Signore è stato davvero generoso con lui.
Per due volte ho avuto il
privilegio di inserirmi nel suo
ministero pastorale. Nel 1958,
studente in teologia al terzo
anno, Tho sostituito per un
periodo a Bologna essendo
lui impegnato all’estero per il
lavoro delle scuole domenicali, enei 1966, da Bologna
dove ero pastore, Tho sostituito a Firenze per alcuni mesi, essendo egli seriamente
malato, proprio nel periodo
deH’alluvione. Secondo me.
l’insegnamento più importante che molti di noi hanno
ricevuto da Carile è quello di
prendere sempre molto sul
serio la predicazione dell’
Evangelo. Non a caso egli da
sempre ha messo a disposizione la sua ampia cultura
teologica e storica per la preparazione dei predicatori laici
e, a suo tempo, degli evangelisti oltre che dei pastori.
Già alla Conferenza metodista del 1947 Carile propose
uno schema di preparazione
culturale e teologica «per i
non pastori che volessero impegnarsi anche saltuariamente nella predicazione. In
tal modo veniva sottratto
all’arbitrio del singolo un così
importante compito affidandone la responsabilità alla
Conferenza che rilasciava un
certificato». Sergio Carile ha
scritto in una recente lettera:
«Nel 1947 nacque la Commissione permanente per gli
studi che presiedetti per venti anni (...). Il valore del laicato ben preparato era in tal
modo molto qualificato; non
si trattava di tappabuchi o di
sostituti temporanei di pastori, ma di un vero e proprio
ruolo riconosciuto in Conferenza e da questa tenuto con
la medesima dignità di quello
pastorale». La lettera si concludeva con una frase che
contiene tutta la sensibilità
ecclesiologica dell’evangelico
e metodista Sergio Carile,
sottolineando «il rispetto e la
valorizzazione di quel sacerdozio universale al quale tanto giustamente teniamo e che
viene mortificato quando la
chiesa tende a creare una
classe sacerdotale con forme
più 0 meno stereotipate».
Il pastore Sergio Carile nel 1989
Penso infine al contributo
che Carile ha dato alla sostanza dell’integrazione delle
chiese valdesi a metodiste in
particolare alle sue riflessioni
sul valore del circuito. E qui
cito una sua significativa descrizione del circuito contenuta in una relazione a un’
assemblea dell’8° circuito: «Il
circuito è l’espressione attiva
dell’evangelizzazione. Non è
un organo ecclesiastico rigido, non serve ad amministrare nel migliore dei modi la
conservazione di uno stato di
fatto nella chiesa costituita,
ma per proiettare la chiesa
nella sua specifica dimensione, per indurla ad assolvere
al suo precipuo compito:
quello di andare nel mondo».
Qui è centrata in pieno la dimensione centrale della spiritualità metodista delle origini: la missione nel mondo.
Ringraziamo Sergio Carile
per tutto ciò che ha fatto per
le nostre chiese, ma ringraziamo soprattutto il Signore
per questo dono eccezionale
che ci ha concesso.
Nella sua vita si intreccia un secolo di storia metodista
Sergio Carile, metodista convinto e aperto
FRANCO BECCHINO
Lf «sazio di giorni» come gli
I antichi patriarchi della
Bibbia (era nato a Lugano nel
1910), Sergio Carile ci ha lasciati. È morto a Bologna dopo un colloquio con uno studente: maestro, dunque, fino
all’ultimo attimo della sua vita. Maestro egli è stato per
molti della mia generazione:
sempre attento, lucido, acuto
e arguto. «Beati i morti che...
muoiono nel Signore... poiché le loro opere li seguono»,
dice Giovanni nell’Apocalisse: ricordare le «opere» di
Sergio Carile non è semplice,
perché esse furono numerose; fare il bilancio della sua
vita è un po’ come fare il bilancio di un secolo di metodismo, tanto la sua vicenda è
intrecciata alla storia delle
chiese metodiste in Italia.
Carile fu consacrato pastore metodista nel 1933: persuaso della fondamentale importanza della teologia per la
vita della chiesa e di un corpo
di pastori ben preparato, si
adoperò ben presto perché la
formazione dei futuri pastori
metodisti avvenisse nella Facoltà valdese di teologia di
Roma che egli riteneva l’unico istituto nel nostro paese
adeguato a tale scopo. Carile
era poi convinto, e la storia gli
ha dato ragione, che la preparazione comune dei pastori
fosse il primo passo per l’unità del protestantesimo italiano. Egli si adoperò in ogni
maniera anche per una seria
preparazione del laicato. Negli anni deH’.immediato secondo dopoguerra, ottenne
l’istituzione del ruolo dei predicatori locali tenuto dalla
Conferenza metodista e di
una Commissione permanente per gli studi che ne curasse la preparazione teologica sia in vista del servizio volontario nel circuito, sia del
Il tisico valdese, impegnato per il disarmo e l'ambiente, è morto a Roma
Franco Dupré, uno scienziato con una salda fede evangelica
MARIA BONAFEDE
IL 15 dicembre è morto
Franco Dupré. Se ne è andato in un attimo lasciandoci
attoniti e lasciando aperte e
incompiute le molte cose che
stava facendo. La Chiesa valdese di piazza Cavour a Roma, la sua chiesa da sempre,
nel cui Concistoro Franco è
stato per 17 anni di cui gli ultiini dieci come presidente, si
Astretta intorno a Annemarie,
sua moglie, a Eugenio, Cecilia
6 Caterina, i suoi figli, ai fratelli Silvestro e Andrea, alle lom famiglie, ai loro amici, con
srande affetto. Ma ci siamo
miche stretti gli uni accanto
sgli altri, perché la sua morte
'3scia anche dentro di noi e
•mila chiesa un grande vuoto.
Eravamo oltre 600 persone
m suo funerale: c’era la chiela sua comunità, ma anrtie molti fratelli e sorelle del*6 chiese evangeliche di Roma
‘^ne lo conoscevano e stimaJ'mio. C’erano i suoi colleghi e
«sue colleghe e i suoi studenti, perché Franco era professore associato all’UniverJtà La Sapienza, alla cattedra
Fisica. C’erano molti fratel
^e molte sorelle cattolici perFranco Dupré ha svolto
dà prezioso ministero ecud'enico in questi anni tessen,d® rapporti profondi a tutti i
"velli, ma soprattutto alla bacon le parrocchie con le
ÌUali la comunità veniva in
"intatto di volta in volta. E
"''eora tanti, tanti, tantissimi
^ici, suoi e dei suoi familiari della comunità, amici vici’T) ma anche amici lontani
^escono con il suo ricordo di
"funco, del proprio incontro
con lui, di quel gruppo di
lavoro fatto insieme, di quel
colloquio di alcuni anni fa, di
quel progetto che si stava
portando avanti in questi
giorni, del lavoro sulla pace e
sul disarmo, e così via. Perché Franco aveva una grande
capacità di tessere rapporti in
molte direzioni e di curarli;
ed era testone, non mollava
facilmente la presa: se aveva
a cuore una causa, se si occupava di qualcuno sapeva essere determinato, anche a
costo di diventare come
r«amico importuno» della
parabola di Gesù che insiste e
non si dà per vinto.
Ci abbiamo messo più di
un’ora a salutarci tutti dopo il
culto, tanti eravamo. Perché
scrivo del suo funerale? Perché quell’assemblea piena di
dolore, ma anche di riconoscenza, raccolta per salutare
Franco e per ricevere l’annuncio dell’Evangelo parlava
proprio di lui: della sua fede
salda nel Signore risorto che
crea vita e impegna la vita,
della comunità dei credenti
evangelici e non che egli ha
amato e servito con passione,
della più vasta comunità
umana e laica nella quale
svolgeva la sua professione e
viveva la sua vocazione cristiana. Abbiamo annunziato
al suo funerale e vogliamo ricevere ancora l’Evangelo del
Natale, l’Evangelo della «luce
che splende nelle tenebre», e
sappiamo che la forza di
quell’indicativo presente ci
parla della fede che accompagna la vita e consola i nostri
cuori, ma ci parla anche della
luce della risurrezione nella
quale Franco rimane.
D’accordo con la famiglia
Dupré riporto alcuni brani
della lettera che avevo scritto
a Franco lo scorso anno a
conclusione dei suo ministero
di anziano e presidente del
Consiglio di chiesa. Accolgo
questo invito perché Franco
era stato contento di ricevere
parole che non avrebbe mai
detto di sé ma nelle quali si
era riconosciuto e perché le
ripeterei oggi.
«... ho voglia di dirti tre cose
del tuo lavoro di questi anni,
che mi sono sembrate portate
dal vento che soffia, soffia dove vuole e con efficacia:
1) L’interesse e la capacità di
coniugare fede, spiritualità,
forte ancoraggio biblico con
problemi e punti di vista assolutamente laici. Dicendo questo penso a molte cose che non
ho lo spazio di ricordare se
non facendoti due brevissimi
esempi: alcuni interventi importanti nei contenuti, nell'alto livello, ma anche nella forma, nel periodo difficile della
discussione sulla guerra del
Golfo. Ricordo su questo un
tuo scritto (non so se per la relazione annua o per il bollettino) che usciva dalla vite "pacifismo-interventismo” e apriva
alla riflessione sul senso di
quello che accadeva in quegli
anni, sulla svolta epocale che
il mondo attraversava dopo la
caduta del muro di Berlino;
paragonasti la nostra esperienza e gli eventi dell'Europa
al Mar Rosso, all'esperienza
dell’esodo. Mi era molto servita questa riflessione, per rileggere il passato e per Comprendere il presente. E di recente, i
tuoi interventi sul clima e l’insistenza sul quel tema che non
sembrava appassionare molto
gli animi di nessuno.
2) L’attenzione alle persone,
non solo come cura affettuosa,
ma come costruttiva attenzione al rapporto, alla libertà e
all’evolversi dei rapporti tra le
persone. Dal tuo venirmi a dire cosa hai pensato di un sermone che hai appena ascoltato, al pensiero per la tenuta
delle persone se la critica diventa una ferita invece di una
spinta a correggere il tiro e a
rivedere le proprie posizioni,
alla segnalazione della sofferta situazione di una giovane
madre che doveva interrompere la gravidanza per la gravissima malattia scoperta al
bambino che attendeva, al sostegno nelle decisioni impopolari, alla visita pastorale che
ho ricevuto da te lo scorso dicembre quando la notizia della morte di una mia amica mi
aveva raggiunto in una sera di
solitudine, e il mattino mi era
parso insopportabile.
3) L’impegno ecumenico
nello spirito di quanto appena detto, e vissuto con passione, intelligenza, e come vocazione. Non ho mai smesso di
ringraziare il Signore per
averti chiesto di andare al Sinodo diocesano: i tuoi interventi, che puntualmente mi
inviavi, sono stati formidabili
per la franchezza profondamente evangelica, per la costruttiva volontà di entrare in
rapporto e di incidere, per la
totale assenza di conformismi
di ogni segno. (...) Avevo voglia di mettere nero su bianco
questi pensieri e la mia gratitudine a te, ma non a te soltanto, per questi anni di lavoro comune».
servizio a pieno tempo alle
dipendenze della Conferenza
come evangelisti. Carile promosse anche una sensibilità
nuova per la «disciplina», cioè
per un modo di vivere delle
chiese e degli organismi ecclesiastici che fosse sempre
più giuridicamente avvertito e
mai lasciato all’improvvisazione. Se i metodisti sono
giunti all’integrazione con i
valdesi con un loro patrimonio normativo, ciò è dovuto in
larga parte all’opera di Sergio
Carile, svolta con intelligenza
e passione nella Commissione per le discipline.
CarOe aveva un grande senso della modernità. In questo
egli è stato un anticipatore;
molti dei discorsi che oggi si
fanno su protestantesimo e
modernità egli li faceva già, in
posizione piuttosto isolata in
verità, fin dagli Anni Sessanta.
Oggi va da sé pretendere che
il pastore o il monitore abbiano una sufficiente conoscenza della psicologia, ma quando ciò veniva visto ancora con
fastidio se non con ostilità.
Carile era propugnatore dello
studio della psicologia nella
preparazione dei ministri della chiesa. Lo stesso per le
scuole domenicali, a cui Carile si interessò a lungo: quando ancora non si avvertiva
l’importanza di una buona didattica per la comunicazione
deU’Evangelo ai bambini, nel
1961 pubblicò II dipinto spontaneo infantile, che resta fresco e vivo ancora oggi.
Sergio Carile fu metodista,
un metodista convinto. Per
lui il metodismo era essenzialmente un cristianesimo
moderno, attivo nella società. Anche qui egli fu anticipatore, perché del metodismo
amava sottolineare l’interesse per le persone, per la dimensione soggettiva della fede. Egli ci lascia alcune opere
sul metodismo [L’atteggiamento del metodismo verso il
problema della guerra, Roma,
1958; Attualità del pensiero
teologico metodista, Torino,
1971; Il metodismo. Sommario storico, Torino, 1984; I
metodisti nell’Inghilterra della rivoluzione industriale, Torino, 1989) che rappresentano una tappa obbligata per
chi voglia approfondire in
lingua italiana le sue conoscenze su questo tema. Ma a
me pare che il suo testamea’to spirituale come metodista
Carile ce lo lasci nel breve
scritto con il quale si conclude il volume del 1997 curato
da Franco Chiarini II metodismo italiano (1861-1991). In
questo saggio, intitolato «La
giustificazione per fede come
impegno sociale nel metodismo», egli richiama alla centralità della rivisitazione we
sleyana della dottrina della
giustificazione, per la quale
la grazia giustificante non
opera solo in modo «forense», ma cambia la persona
del credente spingendolo a
operare coerentemente, soprattutto nella dimensione
del sociale. «Wesley - scrive
Carile - mutò direzione alla
dottrina della giustificazione
facendola passare dalla ricerca della propria individuale
salvezza a un impegno premuroso della salvezza altrui».
Carile fu uomo ecumenico.
Prima di tutto si impegnò pér
l’unità dell’evangelismo italiano e, in questo quadro, per
una soluzione unitaria del
rapporto metodisti-valdesi. Il
Patto che dal 1975 regge Tlntegrazione valdese-metodista
è il logico e consequenziale
sviluppo della piattaforma
elaborata agli inizi degli Anni
Sessanta da una commissione
mista di cui Carile era stato
parte attiva insieme a Mario
Sbaffi, Neri Giampiccoli e
Giorgio Peyrot. In quegli anni
vedeva la luce il primo giornale comune a valdesi e metodisti; si chiamò Presenza evangelica e risultò naturale affidarne a Carile la direzione.
Verso il mondo cattolico Carile fu attivo partecipando al lavoro del Sae e tenendo corsi
presso facoltà teologiche e
istituti di cultura. Dal 1973 ha
animato il Gruppo interconfessionale per lo studio di una
catechesi ecumenica; da questa fatica è nato ii libro II pregiudizio confessionale (Padova, 1976), che vuole appunto
dissolvere i pregiudizi per far
venire alla luce le vere divergenze, sulle quali concentrare
poi il lavoro ecumenico.
Sergio Carile fu dunque un
battagliero intellettuale metodista, innamorato della
modernità e aperto all’istanza ecumenica, ma fu tutto
questo perché fu un pastore
che visse il suo ministero con
assoluta dedizione alle comunità affidate alla sua cura;
Intra, Carrara, Bologna, Firenze, Padova; queste comunità lo ricordano oggi, insieme a tutte le altre chiese metodiste e valdesi, con commozione e gratitudine al Signore. Egli amava la sua chiesa e questa lo chiamò più volte a incarichi di responsabilità; fu, ad esempio, per molti
anni, membro del Comitato
permanente, prima dell’Integrazione. Ai figli Paolo e Milvia, attivi nella comunità di
Bologna, la nostra affettuosa
solidarietà; essi serberanno
sicuramente viva memoria
del loro padre, come la hanno serbata della madre Elmina, che di Sergio fu per lunghissimi anni compagna discreta e aiuto convenevole.
RONACHE
PRAMOLLO — Il pomeriggio del 26 dicembre è stato rallegrato
dai canti e dalla recita «Pére Martin» presentata dai bambini
della scuola domenicale, a cui si è aggiunta anche una catecumena. Ringraziamo di cuore i bambini e quanti li hanno
seguiti e aiutati nella preparazione per il loro impegno.
• Ci ha lasciati all’età di 81 anni Silvio Soulier (Case nuove
dei Ciotti). Ai familiari e in modo particolare al figlio esprimiamo la fraterna solidarietà cristiana di tutta la comunità.
ANGROGNA — L’Assemblea di chiesa di fine novembre ha
ascoltato la relazione sul Sinodo presentata dal deputato
Elio Meggiolaro; in seguito Franca Coìsson, presidente
della Ciov, ha dato alcune informazioni sulle novità riguardanti la Csd. L’Assemblea, dopo aver preso conoscenza e
discusso il progetto, ha dato mandato al Concistoro di
procedere nell’esecuzione della manutenzione straordinaria, della messa a norma degli impianti e dell’abbattimento delle barriere architettoniche della sala unionista. Il non
indifferente impegno finanziario sarà sostenuto da una
sottoscrizione pubblica, confidando per questo nella collaborazione di tutti gli enti e le associazioni di Angrogna,
che hanno utilizzato in passato e potranno utilizzare in futuro la sala per le loro attività.
• In occasione dei funerali di Margherita Peyronel (Fé), Giovanni Malan (Ciabas), Alberto Bertalot (Torre Pellice), Levi
Buffa (Foyer del Serre) e Ida Rivoira (capoluogo), la comunità si è stretta alle famiglie per esprimere la propria simpatia fraterna e annunciare l’Evangelo della resurrezione.
12
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 8 GENNAIO 1%
Riforma
La pena di morte
Alberto Corsani
Parlare di pena di morte sembra quasi scontato. Quasi
sempre, all’approssimarsi dell’esecuzione di un detenuto
negli Stati Uniti, si levano le proteste di politici e religiosi, di
associazioni e di familiari: grida e proteste giuste, ma che rischiano di essere assimilate alle tante voci che condannano
altre ingiustizie: la guerra, 1 bombardamenti, la fame nel
mondo, la povertà. Costa poco firmare un documento; costa poco protestare. Non solo, ormai la battaglia contro la
pena di morte è condivisa, almeno nel nostro paese, anche
da settori politici un tempo pronti, all’opposto, a «cavalcare» l’esasperazione e l’ansia di sicurezza dei cittadini: anche
nell estrema destra vi sono quanti si impegnano attivamente in battaglie pubbliche e trasversali contro la pena capitale, a dispetto magari dei propri elettori. Anche dal lato «tecnico» non si può aggiungere molto: mancano elementi per
sostenere che la pena capitale non sia deterrente alla delinquenza; pare che in alcuni stati americani gli atti criminosi
siano effettivamente diminuiti, ma le cause del fenomeno
potrebbero essere molteplici. Mancano dati certi.
Perciò sembra che tutto sia stato detto; che sulla pena di
morte si misuri con rassegnazione la distanza fra cultura
europea e cultura americana (meno sembra importare il
divario rispetto a un paese come la Cina), distanza espressa dallo scambio di opinioni tra il papa e il presidente
Clinton (ma lo scrittore Ferdinando Camón faceva notare
che da parte cattolica prima di rampognare gli Usa si potrebbe provvedere a eliminare la possibilità, per quanto
remota, di ricorso alla pena di morte tuttora contemplata
dal proprio «Catechismo» ufficiale).
Allora? Rinunciare? Protestare «per riflesso condizionato»? Credo che si possano fare due riflessioni. La prima è
sffi «valore deUa costanza». Sì, la battaglia contro la pena
di morte difficilmente può trovare spunti teorici e concettuali diversi da quelli sinora sviluppati: lo stato non può
mettersi suUo stesso piano del criminale; negli Usa gli imputati poveri sono destinati più di altri aUa sedia elettrica,
al gas, aU’iniezione letale (e in tre stati il beccaio può teoricamente esercitare anche con il cappio); c’è il rischio degli
errori giudiziari; c’è la disumanità aggiuntiva deUe lunghe
attese nei bracci della morte; l’uomo, per i credenti, non
può sostituirsi a Dio. Tutto già visto, tutto sentito, ma proprio nell’assiduità e nella pervicacia sta la forza dell’opposizione, nell’ostinata ricerca di nuovi interlocutori (in Italia è stato possibile); costanza e meticolosità sono da sempre aUa base dei successi di Amnesty International, che deve la liberazione di molti detenuti proprio al lavoro incessante e sempre uguale delle proteste, forse ossessivo per
chi sgancia una firma un po’ controvoglia, ma alla lunga
un’ossessione per quei governi che praticano arbitrio e
trattamenti disumani: a volte, alla fine, si estenuano a concedono parziali benefici ai prigionieri. Alle volte qualche
governatore commuta la pena.
L’altro argomento da valorizzare potrebbe essere il contesto. Una grande campagna «abolizionista» potrebbe essere collegata a strategie, possibilmente visibili, che favoriscano la sicurezza un po’ di tutti, dei cittadini sensibili e
politicamente avvertiti ma anche di quelli qualunquisti,
interessati solo al quieto vivere (questi ultimi sono spesso
antipatici, tuttavia esistono e votano e protestano); strategie che chiariscano che la vivibilità delle città (di nuovo:
parlando di altri stati, come la Cina, bisognerebbe andare
oltre la città) deve essere vivibilità per tutti: i gay hanno diritto di circolare senza essere brutalizzati a motivo del loro
orientamento sessuale, ma se violenza avviene deve essere
chiaro, anche a loro, che la pena di morte non è una risposta alla loro sofferenza. Strategie che contemplino la ricerca della riconciliazione, non tanto fra le vittime (o i loro
parenti) e i colpevoli (spesso impossibile), ma fra le vittime
e la società tutta, che spesso le ignora, come è successo per
le vittime del terrorismo. L’abbassamento di livello del
rancore e dell’odio, se non altro, servirebbe a non produrre nuovi sostenitori del patibolo. Una battaglia, dunque,
che può trarre forza, paradossalmente, dall’essere sempre
uguale e sempre diversa a se stessa, in grado di collegarsi a
altre battaglie per la qualità della vita.
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1998
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non può essere venduta separatamente
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 dei l'* gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993.
È il tema della «Settimana della libertà» del 1999
Il giubileo^ Tutopia di Dio
La norma biblica rinvia a una maggiore giustizia e solidarietà
tra le persone e tra i popoli, non certo a facili «indulgenze»
GIUSEPPE PLATONE
IL giubileo romano, molto
prevedibilmente, sarà il
più grande movimento di
massa di questo secolo (il Vaticano parla di circa 23 milioni di pellegrini). Molti cattolici critici, come Giovanni
Franzoni, raccomandano tuttavia di stare a casa a riflettere sul nostro modello di sviluppo e sulle contraddizioni
di una crescita illimitata. Il
povero Martin Lutero, che si
infuriò per la predicazione
del domenicano Tetzel sulla
vendita delle indulgenze, si
rivolterà nella tomba nel rivedere profilarsi un nuovo
grandioso mercato internazionale del sacro.
Certo non sarà la piccola
pattuglia protestante italiana
a fermare questo fiume in
piena che tra pochi mesi invaderà Roma. Si tratta di un
fenomeno inarrestabile che
ha una sua carica spirituale,
anche se priva di fondamento biblico e comunque molto
(troppo) incentrato sull’istituzione ecclesiastica sul piano teologico. Lo stesso termine biblico di giubileo fu utilizzato da papa Bonifacio Vili
nel 1300 per indire l’anno
santo con tutto il suo corollario religioso e commerciale.
È nostro compito ricordare
che il termine giubileo è una
norma biblica che (anche se
mai storicamente attuata)
rinvia a una maggiore giustizia tra le persone e i popoli.
Una norma che indica la liberazione da ciò che opprime la vita e le sue prospettive
e che tende a ristabilire dei
rapporti di equità per rendere reale un nuovo inizio.
La pubblicazione che, in
occasione della prossima
«Settimana della libertà» (1421 febbraio 1999), propone la
Commissione studi della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), dal titolo L’utopia di Dio, contiene
anche delle indicazioni concrete su come muoversi e su
che cosa fare. La fine di questo millennio, con tutte le sue
crudeltà e violenze, costringe
tutti i cristiani, in termini globali ed ecumenici, a lavorare
per liberarci da ogni forma di
schiavitù, anche economica,
che distrugge l’umanità. Duemila anni di storia cristiana
possono essere l’occasione
per fare il punto su un bilancio sostanzialmente negativo.
Ma non per piangerci addosso, semmai per inaugurare
una nuova mentalità.
Dunque il giubileo non come rilancio di uìia chiesa sulle altre, non come indulgenza
plenaria, ma il giubileo così
come è presentato nelle pagi
OGNI anno che passa è
sempre carico di ricordi
che ci portiamo appresso.
Purtroppo accade sovente che
i fatti che più ricordiamo siano proprio quelli che dovremmo dimenticare, mentre con
tanta facilità dimentichiamo
quelle cose che dovremmo invece ben ricordare. La nostra
natura umana è fatta così. Chi
di noi nell’anno appena trascorso non ha ricevuto qualche offesa? Chi di noi non ha
subito qualche torto? Chi di
noi non è stato vittima di
qualche cattiveria? Questi ricordi provocano in noi sovente dei risentimenti, dei rancori, il desiderio di vendetta.
Sentimenti che non possono
avere spazio nell’animo di un
credente. Perciò dimentichiamo offese, torti, cattiverie ed
entriamo nel nuovo anno
senza questo bagaglio ingom
ne bibliche. Ovvero: una visione di effettiva solidarietà,
di sfida, di annuncio di liberazione agli indebitati ridotti
in schiavitù. L’unica guerra
alla quale possiamo aderire
con le armi della ragione e
della generosità è quella contro la povertà, il degrado,
l’ignoranza e la violenza.
Dobbiamo fare il possibile
per eliminare questo vertiginoso abisso tra paesi poveri e
paesi ricchi. L’etica della responsabilità deve guidare
l’economia del mondo perché il problema numero uno
è che troppi muoiono di fame, di stenti, di guerra mentre una minoranza spreca in
modo sinora inarrestabile risorse e vive in un gran benessere anche se ha sempre il
coraggio di lamentarsi.
Occorre veramente passare
dall’indifferenza su queste
questioni a una riflessione e
informazione più profonde e
quindi all’azione sull’economia del nostro continente
per permettere il decollo dei
paesi poveri del mondo le cui
avanguardie disperate sbarcano sulle nostre spiagge e
attraversano la vecchia Europa come un ■vivente messaggio epocale che grida: «Così
non si può più andare avanti». Occorre cambiare gli equilibri e questo comincia già
a casa nostra dal nostro stesso stile di vita: cominciamo
da noi, dalle nostre piccole
comunità evangeliche disseminate in Italia. Noi crediamo che la dignità della persona umana non possa essere
calpestata: solo la persona liberata dalle proprie catene
può iniziare un tempo e una
vita nuovi. Le catene possono
essere: una fede che scade a
religiosità formale e superstiziosa, una società multiculturale che non sa o non vuole
integrare le proprie diversità,
una politica che scade a semplice libido del potere incapace di interpretare i bisogni e
le attese. Le catene possono
essere le chiese stesse, a cominciare dalle nostre, se diventano indifferenti osservatrici dei guai del mondo, incapaci di promuovere i cambiamenti necessari. Oggi la
parola biblica che scaturisce
dalla norma del giubileo indica che la liberazione da ogni
forma di schiavitù, personale
e collettiva, è diventato un
compito che non possiamo
eludere se siamo cristiani.
La pubblicazione che propone quest’anno la Fcei tocca
tutti questi punti in termini
biblici, teologici, economici e
pratici. Si tratta di un volumetto a più voci realizzato insieme alla chiesa cristiana avventista. Questa pubblicazione costituisce il primo contributo organico del protestantesimo italiano sulla questione «Giubileo». Esso farà discutere, speriamo non in spirito di sterile polemica o nel
timore di andare a rimorchio
del grande tema romano, ma
in vista di una sempre minore
distanza tra buone intenzioni
e azioni giuste. Non ci si può
limitare a annunciare la giustizia, occorre viverla.
Come ordinare i materiali della Fcei
Per il secondo anno consecutivo la «Settimana della libertà» è organizzata dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) in collaborazione con l'Unione italiana delle chiese cristiane avventiste (Uicca). Anche
quest'anno vengono proposti tre diversi strumenti:
1) Un opuscolo di 96 pagine, con introduzione dei pastori Daniele Benini (segretario Uicca) e Giuseppe Platone (vicepresidente Fcei), e contributi biblici (Daniele Garrone,
Giovanni Leonardi, Antonio Caracciolo), sulla comprensione ebraica (Leon Klenicki), sull'attualità del giubileo (Hans
Ucko, Konrad Raiser) e su iniziative concrete (campagna Jubilee 2000, progetto «Giubileo 2000» della Fcei, Fondazione Adventum contro l'usura, Global Viliage).
2) Un manifesto a colori, cm 50x70, con un'illustrazione
di Alessandro Spanu sul «peso del debito», il motto della
Settimana e un versetto tratto da Neemia: «...è nostro dovere rinunziare a questi crediti».
3) Un caiendarietto tascabile plastificato che riproduce,
in piccolo, il manifesto.
il costo dei materiali è lo stesso dei 1998 (e del 1997):
10.000 lire (più spese postali) per l'opuscolo, 2.000 lire più
spese postali per il manifesto (oppure 1.000 lire per ordini
di almeno 10 copie); il caiendarietto è offerto gratuitamente a chi ordina opuscoli e manifesti. Per ordinare! materiali
ci si può rivolgere a: Settimana della Libertà, c/o Confronti,
via Firenze 38, 00184 Roma, tei. 06-4820503, fax 064827901. I materiali saranno disponibili a partire dalla seconda metà di gennaio: per le comunità è prevista una spedizione a mezzo corriere a un recapito regionale: in questo
caso le spese di spedizione non saranno addebitate.
/íJjJí¡U/3í
PIERO BENSÌ
braiite. «Non rendete a nessuno male per male (...) non fate
le vostre vendette, miei cari»,
esclama l’apostolo Paolo e aggiunge: «Sopportatevi gli uni
gli altri e perdonatevi a vicenda, se uno ha di che dolersi di
un altro».
Duemila anni dopo queste
affermazioni del Vangelo, anche la psicologia è arrivata ad
affermare che nessun sentimento è tanto distruttivo del
nostro animo, come il ranco
re, l’acredine. E insieme con i
torti degli altri, dimentichiamo anche quel poco di bene
che siamo riusciti a fare durante l’anno. Anche questa è
un’arte molto dilficile per noi,
che siamo sempre portati a
vantarci (magari anche solo
con noi stessi) delle cose buone che ci capita di fare. «Molta gente vanta la propria
bontà - dice la Bibbia - ma un
uomo fedele chi lo troverà?».
Dimentichiamo le nostre
COBñIERE DELLA SEi
Un'idea di laicità
viaFiren
contri c(
ulteriori
FIRENZI
Partendo dalla question Martire
scuola privata, lo scrittore caparla
saggista Claudio Magris sibi stfissior
terroga (6 dicembre) sulla lai aoMAcità oggi. «Laicità - scrive. '
non è un contenuto filosofi
co, bensì un abito mentale,]
capacità di distinguere cif
che è dimostrabile razionai TRIESTI
mente da ciò che invece è o« nenico :
getto di fede (...) e di distia logia del
guere le sfere di ambiti dell heRGAD
diverse competenze, pere Ltoloi
sempio quelle delia chiesai „„ria sul
quelle dello stato; (...) è Patti E stà
tudine critica ad articolare] iLtore
proprio credo filosofico o re
ligioso secondo regole e prij I
cipi logici che non possoni I
essere condizionati, nella lo ygNEZI
ro coerenza, da nessuna fede ^ertt
perché in tal caso si cadrebh nia Scar
in un torbido pasticcio, sem
pre oscurantista». E più avait
ti: «I grandi pensatori religio.
si hanno spesso dato esemp lORINC
altissimi di questa chiarezzj Inaaiue
(...). Uno dei più grandi laio pénteco
che ho conosciuto è stato Ar dente d<
turo Carlo Jemolo, maestro li Jouchai
diritto e di libertà, cattolico ifljnovii
fervente, il quale sapeva chi ,
il Vangelo può ispirare un]
visione del mondo e dunque muovere l’animo a creare HBTRl
una società più giusta, mi
non può tradursi direttamente in articoli di legge, come
pretendono gli aberranti fondamentalisti di ogni specie»..
dSavra
ri. Dope
enelpo
nieprei
L'impegno dei cattolici
Il vescovo Alessandro Mag
giolini interviene (23 dicetil
bre) a proposito dell’impe
gno dei cattolici nella sociel
e nella politica in questi ulti
mi anni: innanzitutto «Uni
certa flessione di responsabt
lità di vari credenti nella con;
vivenza civile ha quasi co:
stretto la gerarchia ecclesiastica a intervenire direttamente in problemi pressochi
politici, pur trattati secondi H'
grandi orientamenti moral B»
(...). L’episcopato ha cosi
spesso oscillato tra proposti
applicative molto determina
lesa
te ma sempre di vertice, e ut Im-rcon
----------------------------rH». POTESl
tono diplomatico, concordatario, si direbbe proteso pd
principio al compromesso».
Quanto all’oggi i credenti «si
dedicano con particolari
sforzo alle opere di carità:
specie attraverso il volontariato (...). Ciò che manca, in¡
vece, è la passione per uni
presenza istituzionalizzata
“corpi intermedi” nella con■vivenza civile». I credenti sono esposti quindi a uno «sta-|
talismo che mortifica l’identità cristiana e umana».
Firj
studio su
storia». F
medi De
di V
repatria i
CULTO E
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totizie de
pila Fed
lessa a
Itoedì de
nica 10 gf
aorte. Ui
un in
Patri, rul
id'
buone opere che non sono
nulla di fronte aH’immensa
sofferenza umana e ancor
meno rispetto al grande dolio
che abbiamo ricevuto da Dio
in Cristo. (Questo è da ricordare ogni giorno, ogni ora: il
dono e la fedeltà di Dio n®
nostri confronti e il bene, poco o tanto che sia, che abbiamo ricevuto dal nostro proS" ■ .
simo. Se impariamo ad ai- u (
frontare il nuovo anno eoo
l’animo sgombro dai risentimenti e pieno di gratitudini
verso il Signore, la nostra vito
sarà serena anche in mezzo
alle prove. «Benedetto sia >
Signore! - canta il salmista '
Giorno per giorno porta po'
noi il nostro peso!».
(Rubrica «Un fatto, un co^'
mento» del «Culto evangelico*
di Radiouno, curato dalla Fe^'
razione delle chiese evangelico^
in Italia, trasmesso il 3 gennaio!’
13
^10 1995
8 GENNAIO 1999
Dei Lettori
PAG. 7 RIFORMA
Agenda
9 gennaio
uestiou
crittore.
gris si il) smissione della fede nella società contemporanea».
I sulla lai
- scrive
) filosofi
iemale,
¡uere ci
razionai
?eceè
di distin
biti
e, pere
chiesa
■) è fatti.
_ SELLO BALSAMO — Alle ore 17,30, presso il Centro
julfurale «Jacopo Lombardini» (via Montegrappa 62/b), il
pastore Antonio Adamo conduce il primo di quattro «Incontri con Gesù» dedicato al personaggio di Zaccheo. Per
dteriori informazioni tei. 02-66010435 - 6600414.
FIRENZE — Alle ore 17, al Centro culturale protestante «P.
martire Vermigli» (via Manzoni 21), il professor Paolo Ricca parla sul tema: «Di generazione in generazione. La tra
JOMA — Alle ore 10, nella sala della Chiesa metodista di
eia Firenze 38, si tiene l’Assemblea nazionale del Refo.
P.
J1 gennaio
I
TRIESTE — Alle ore 18,30, presso i locali del Gruppo ecumenico in via Tigor 24 Sergio Cozzi parla sul tema; «La teologia del Nome di Dio».
IERGAMO — Alle ore 20,45, presso il Centro culturale S.
Bartolomeo (largo Belotti 1), il past. Salvatore Ricciardi
parla sul tema; «Ritornare a Dio rallegrarsi nella speranza»,
.che è stato oggetto dell’Assemblea di Harare del Cec, a cui
¿colare! foratore era delegato per le chiese valdesi e metodiste,
fico 0 rei
le ep:
possoni
nella lo ^^NEZIA
^111'
m IP^
13 gennaio
una fede
cadrebbe
ciò, seni)
3iù avi
ri religio.
0 esempllORINO
Alle ore 18, a Palazzo Cavagnis, si tiene un
:fbcerto per fagotto (Stefania Marchi) e pianoforte (Stefania Scarpa), con musiche di Mozart, Telemann e Vivaldi.
14 gennaio
- Alle 20,45, nel salone valdese di corso Vittorio
II 23, si tiene un incontro sul tema: «La novità
péntecostale» a cui partecipano Francesco Toppi, presidente delle Assemblee di Dio in Italia, e i pastori Giorgio
Soiichard e Eugenio Stretti, di cui sarà presentato il libro
^movimento pentecostale. Le Assemblee di Dio in Italia».
:hiarezz)
indi laid
stato Ai.
laestroi
cattolico
peva
rare un
: dunqui
a crear! fflSTRE — Alle ore 10, nella chiesa valdese di via Cavallottsta, m|tì8avrà luogo una giornata di aggiornamento dei monitori. Dopo la meditazione è previsto un «laboratorio del fare»
enei pomeriggio un laboratorio musicale. Per informazionieprenotazioni telefonare allo 0415-202285.
attamen;e, comi
ami fon
ìpecie»,
il'
18 gennaio
— Alle 15, alla sede decentrata della biblioteca di
Sdente religiose «Erik Peterson» (via Martini 4/b), Luigi Bettazri, vescovo di Ivrea e Gian Carlo Andenna (Università
esplica di Milano-Brescia), presentano il libro: «Storia delesa di Ivrea dalle origini al XV secolo» (ed. Viella, ’98).
ttolici
Irò Mag
i dicentl
ll’impi
a sociel
esti ulti
° “ tógi Firpo (via Principe Amedeo 34), inizia la giornata di
aonsa t. jdjjjo su: «La casa editrice Claudiana: politica, cultura e
^c^Tesh Spini («Diritti di Dio, diritti dei popoli») e il
Æmasia.
INO —Alle ore 15, presso la sede della fondazione
storia». Franco Bolgiani e Carlo Papini presentano il volu
‘il'
iliPK'
Radio e teieoisione
,. . di V. Minutoli «Storia del ritorno dei valdesi nella lo
essocK - dopo un esilio di tre anni e mezzo».
secondi
i mora^
ha così filiLxo EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
troposte prillo programma radiofonico della Rai, predicazione e
erminn ¿aj mondo evangelico italiano ed estero; attualità.
^OTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
tta Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trateessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il
taedì della settimana seguente alle ore 9,15 circa. Domenica 10 gennaio andrà in onda: «Con rispetto di fronte alla
Wrte. Una riflessione sul tema dell’eutanasia»; «Musican^ un incontro con il compositore Luigi Bonafede»; «In1. ftltri, rubrica biblica».
ncordateso pei
messo»,
lenti «si
icolart
carità,
folonta’
nca, in;
per uni
zzata di
Ila conenti sono «sta1 l’iden
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imensa
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le dono
I da Dio
a ricotli ora: il
Dio net
me, pO’
; abbiO'
0 proS"
1 ad alno coo
risentiitudino
;tra vita
mezzo
to sia ii
nista 'irta po'
in coni'
.jpe/toO”
la Fedengelic^
Le
feste
ebraiche
edizioni com nuovi tempi
a cura di
Pupa Garribba
^Mentri esci dal presente verso il passato e il futuro,
’^¡Sci anche da te stesso. La festa ti fa uscire da casa,
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Filippo Gentiioni
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M Airamico
Franco Dupré
Caro Franco,
desidero ringraziarti per
quanto hai rappresentato per
me, e per quanto mi hai insegnato. Ricordo che avevo 14
anni e ti ponevo dei quesiti su
come si rapportano la conoscenza scientifica e la fede. Tu
non rispondevi con discorsi
sui massimi siste- mi, ma proponevi un percorso nel quale
la conoscenza scientifica appariva come un’impresa molto seria, con regole precise,
che consentiva di conseguire
importanti risultati. Al tempo
stesso, sapevi trasmettere il
senso del limiti di tale processo, limiti oggettivi, temporali,
spaziali, culturali, antropologici, che non ne inficiavano la
validità, ma ne circoscrivevano per così dire l’ambito. Al di
là di questi limiti, si percepiva
uno spazio più vasto nel quale, ponendosi in ascolto con
umiltà, si poteva intuire l’Altro, l’Eterno.
Negli anni dell’Università
pensavo che raggiungendo
certi livelli di sapere specialistico avrei potuto quasi automaticamente risolvere molti
problemi. Tu, che di sapere
specialistico te ne intendevi,
mi dimostravi che il problema
reale spesso non è la produzione del sapere, ma la sua
trasmissione in forme appropriate, e coerentemente costituivi un filone di ricerca sulla
formazione. Il metodo d’indagine che ti eri dato fin da giovane, basato su un esame sistematico di tutti gli aspetti di
un problema, senza concessioni ai luoghi comuni, ti consentiva di formulare valutazioni approfondite di questioni complesse come il disarmo
nucleare, la crisi energetica,
l’inquinamento ambientale.
Ricordo che mi spiegavi che
all’inizio ti sorprendeva che si
potesse giungere a conclusioni diametralmente opposte su
una questione, ma poi avevi
imparato a capire i processi di
costruzione delle argomentazioni, esplicitando i vari passaggi, e questo ti consentiva
di comprendere contestualmente una pluralità di posizioni su un problema.
In anni più recenti, capitava di fare belle chiacchierate
sulla linea ferroviaria RomaFirenze, che entrambi prendevamo frequentemente. A
me ora stavano meno a cuore
le questioni del «pensiero
globale» e di più quelle dell’«azione locale», in particolare quel nodo nel quale si incrociano, in un contesto specifico, le istanze della conoscenza scientifica, dell’inter
I protestanti non sono abbastanza «protestanti»?
Siamo animati dallo soirito evi
Giù la maschera. Finalmente il cattolicesimo si è tolto la maschera. Il pontefice con
atto solenne ha pubblicato la Bolla di indizione del grande Giubileo dell’anno 2000
che inizia con le parole solenni: «Giovanni
Paolo, vescovo, servo dei servi di Dio, a tutti
i fedeli incamminati verso il terzo millennio...». E così dopo 481 anni dalla nascita
della Riforma, si è riaperto (in realtà non si
è mai chiuso) il mercato delle indulgenze in
tutta la sua solennità. Si possono acquistare
ovunque, ce ne sono di tutti i tipi, anzi alla
Bolla è allegata una nota con «disposizioni»
per l’acquisto delle indulgenze giubilati: ma
c’è di più, si dice che nell’anno santo 2000 il
Purgatorio si svuoterà e che andremo tutti
in Paradiso, previo acquisto di indulgenze,
s’intende.
Come protestante, arrivato dal cattolicesimo, sono inorridito a leggere tutto questo,
inorridito e nauseato proprio come quel
brav’uomo di Martin Lutero che il 31 ottobre 1517 affisse alla Cattedrale di Wittenberg le sue «95 tesi». Oggi di Martin Lutero
non ce ne sono più, non ci sono più voci
profetiche nel protestantesimo, ma esistono chiese o presunte tali che asseriscono di
aver fatto tesoro delle parole di Lutero,
chiese che oggi si dichiarano «riformate».
Ebbene, queste chiese dovrebbero fare risentire la loro voce di aperto dissenso e di
ferma condanna di fronte a questo triste e
squallido mercato delle indulgenze; Lutero,
oggi, rifarebbe esattamente tutto ciò che fece in quel lontano 1517.
La chiese protestanti oggi, se hanno un
minimo di dignità, sottolineo dignità, devono dire «No grazie» all’attuale ecumenismo
solo di facciata, perché di fronte a questi
squallidi eventi che il Giubileo propone, e
all’autorevole asserzione del papa che tuona
dicendo che nella Chiesa cattolica «non ci
può essere democrazia», non vedo come si
possa iniziare o continuare un dialogo di
fronte a una così sfrontata dittatura.
Proprio in questo clima chiamato così affrettatamente «ecumenico», siamo costretti
a tornare indietro, siamo costretti a fare i
protestanti nel vero senso della parola, siamo costretti a fare un esame di coscienza e
a chiederci con tutta sincerità se ci sentiamo ancora dei «riformati». La Riforma innescata da Lutero non deve essere per noi solo
un lontanò ricordo, ma deve diventare «attualità». Mi pare seriamente preoccupante
il silenzio del protestantesimo in generale
su questo ritorno al passato da parte del
cattolicesimo,
Sergio Margara - Vercelli
Il protestantesimo italiano non è silenzioso,
né sulla deriva conservatrice e tradizionalista di
gran parte della gerarchia cattolica, né sul
conformismo crescente e ossequioso, che soffoca la nostra voce, di gran parte dei giornalisti e
degli intellettuali italiani. Come qualsiasi lettore
un po’ attento può verificare, il nostro giornale
ha pubblicato, e continuerà a pubblicare, molti
documenti e prese di posizione di vari organismi e assemblee delle nostre chiese, molti commenti e lettere critiche sulle molte divergenze
che ci separano dalla tradizione cattolica e che
separano questa dalla tradizione biblica. Questo è l’ecumenismo che le nostre chiese praticano da decenni: franco ma costruttivo, dialogante ma senza compromessi.
Siamo certi di non essere distanti, nella sostanza, dalle posizioni di Lutero e degli altri
riformatori del Cinquecento: anch’essi hanno
cercato il dialogo senza cedere a compromessi.
Certo, il nostro linguaggio è diverso, ma anche
quello cattolico lo è. E anche il quadro culturale
e religoso in cui viviamo è diverso e più articolato. Per esempio, dobbiamo fare i conti con altre
posizioni religiose, con chi religioso non è (o
non appare), con le sempre più numerose famiglie ((misteri o «interconfessionali». Insamma,
se il nostro «stile» protestante è cambiato ed è
diventato verbalmente nonviolento non significa
che abbiamo «tradito» le nostre origini né, e
questo conta ancora di più, lo spirito evangelico
che continua ad animarci, (e.b.)
vento operativo e delle resistenze al cambiamento. Tu
avevi notevoli doti di ascolto,
sapevi calarti in una problematica particolare, cogliere
punti rilevanti, suggerire
spunti originali.
Tanti, in questi giorni, hanno parlato di te, evidenziando
vari aspetti del contributo che
hai dato. Un contributo alto,
dato con umiltà e con mitezza. Grazie ancora, Franco.
Pietro Comba - Roma
s Nuovo indirizzo
Da gennaio a giugno il pastore Bruno Gabrielli è reperibile anche al seguente indirizzo: via G. Messina 71,
74100 Taranto: tei./fax 0994774680. E-mail (invariata):
bmnogab@tin.it.
Il past. Francesco Carri
mantiene il vecchio indirizzo;
via Monte Amiata 2, 71042
Cerignola (Fg); 0885-429177.
La Tavola Valdese
ricerca
un/a impiegato/a
con funzioni amministrative e contabili
si richiede:
conoscenza e pratica della tenuta della contabilità su personal computer con l'utilizzo di software contabili;
conoscenza degli obblighi legali e tributari di varia natura
relativi alla tenuta della contabilità e dell'amministrazione
del personale;
doti di accuratezza nell'eseguire i lavori affidati, predisposizione al lavoro di gruppo, attenzione alla qualità e ai
tempi di emissione dei rendiconti;
- autonomia nell'esecuzione dei compiti assegnati;
- conoscenza dell'inglese o del tedesco;
- conoscenza dell'ambiente evangelico italiano;
- disponibilità a viaggi saltuari in Italia e all'estero.
Si offre:
- lavoro diversificato di registrazioni contabili, di tenuta di situazione dei progetti "otto per mille" (Opm|, di redazione di
rendiconti di budget e di consuntivo e di partecipazione a
gruppi di lavoro;
- possibilità di lavorare con grandi agenzie diaconali estere
per i progetti Opm internazionali.
Sede dì lavoro: Roma
Le domande indirizzate alla
Tavolo valdese, vìa Fìrenxe, 38 - 00184 Roma fax n. 06-47885308 - E-maìl: tvmode@tìn.ìt, devono
pervenire entro il 31 gennaio 1999
Proposte per
Panno giubilare
«Per la Basilica di San Paolo l’apertura della porta santa è rimandata al successivo
martedì 18 gennaio [2000],
inizio della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, per sottolineare anche in
questo modo il peculiare carattere ecumenico che connota questo Giubileo». Così
si legge nella Bolla di indizione del Grande Giubileo
dell’anno 2000. Tale iniziativa era prevedibile senza difficoltà e il carattere ecumenico dell’Anno santo (qui ribadito con forza) noto sin
dal 10 novembre 1994 (Lettera apostolica Tertio millennio adveniente).
L’«ufficialità» plurale di casa nostra deve pronunciarsi
anche su queste colonne. Dal
canto mio, vado a avanzare
una serie di proposte: 1) Gli
organizzatori della Settimana
decidono di sospendere l’iniziativa: non si può certo dissipare irresponsabilmente un
lavoro svolto con passione,
dedizione e convinzione: 2)
In caso contrario noi dobbiamo ritirarci, costi quel che
costi: non si può rinunciare
alla propria identità già sin
troppo annacquata; 3) Se
manca tale disponibilità da
parte evangelica, allora suggerisco di dare vita ai Comitati per l’affissione: i dissidenti affiggeranno sui portali
dei rispettivi locali di culto le
95 Tesi di Lutero.
Sergio Ronchi - Milano
RINGRAZIAMENTO
«E fattosi sera
Gesù disse loro:
“Passiamo all'altra riva”«
(Marco 4, 35)
I familiari della cara
Ida Rivoira
ringraziano riconoscenti il personale medico e paramedico dell’Ospedale valdese di Torre Penice, la dottoressa Grand, gli ospiti
del Foyer di Angrogna, il pastore
Franco Taglierò e tutti quanti le
sono stati vicino.
Angrogna, 29 dicembre 1998
RINGRAZIAMENTO
«Gesù disse: “Lascia
I morti seppellire
i loro morti; ma tu va'
ad annunziare il regno di Dio"«
Luca 9, 60
È deceduta
Evelina Grill
ved. Purpura
di anni 88
Ne danno l’annuncio le figlie
Claudia, Paola e Giovanna con i
rispettivi figli Federico Balmas,
Gabriella e Fausto Coucourde,
Elena Calvetti.
Si ringrazia il personale tutto
del Centro aperto per anziani di
Porosa Argentina e quello dell’Ospedale valdese di Pomaretto
per le cure prodigate con professionalità, disponibilità e affetto. Il
presente serve da partecipazione
e ringraziamento. Eventuali offerte in memoria possono essere
devolute ai due istituti citati.
Pomaretto, 3 gennaio 1999
Le convenzioni
con radio e televisione
Chi scrive manifesta la sua solidarietà con coloro che protestano contro la convenzione radiotelevisiva di cui tratta il vostro settimanale a pag. 11 del numero del 20 novembre. Anche
se appartengo alla Chiesa cattolica post-conciliare, in cammino verso l’unità dei cristiani, vedo come ingiusto tale trattamento, in campo informativo e di culto, nei confronti delle
chiese sorelle.
Mi duole che, lo stato italiano tuttora giace sotto l’egemonia
di un clericalismo conservatore superato e trascuri le altre
chiese che hanno i loro diritti. Mi auguro per l’avvenire un
trattamento migliore.
Nicola Anastasi -Liuzzo Orto (Me)
14
PAG. 8 RIFORMA
venerdì 8 GENNAIO 199¡)
Contano già oltre 50 milioni di membri nel continente
Il «boom» delle chiese indipendenti africane
Ad Harare, durante la Vili
Assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), i
responsabili di diverse «chiese d’istituzione africana»
(Aie) hanno difeso con vigore
le loro chiese, sottolineando
che quelli che le accusano di
essere scismatiche sono solo
degli ipocriti.
Durante uno degli incontri
del «Padare», Rufus Ositelo,
arcivescovo della «Chiesa del
Signore Aladura» (un aggettivo deU’Africa occidentale che
si potrebbe tradurre con «divina ispirazione) in Ghana,
ha fatto notare: «Quando andate in Olanda o in America,
trovate migliaia di chiese battiste diverse e nessuno pensa
ad accusarle di scisma; invece si sollevano tante questioni a proposito delle chiese di
istituzione africana. La gente
dovrebbe vedere le nostre
chiese attraverso la parola di
Dio, e non farsi giudice di
quello che è bene o no».
Anche se non esistono statistiche precise, le Aie parlano
di migliaia di chiese e di oltre
50 mUioni di membri in tutto
il continente. Si chiamano
così perché sono state fondate da cristiani autoctoni africani e non da missionari europei o nordamericani. I responsabili adoperano indifferentemente i termini «di istituzione», «autoctone» o «indipendenti» per parlare delle
loro chiese. Le chiese occidentali e le chiese africane
storiche da loro fondate hanno un atteggiamento scettico,
per non dire ostile, nei confronti delle Aie. Lo ha ricordato l’arcivescovo Njera Wambugu, dell’Etiopia, segretario
generale dell’Organizzazione
delle chiese di istituzione africana, spiegando che «abbiamo dovuto rompere con le
chiese missionarie perché i
nostri membri non avevano la
formazione sufficiente per diventare dei responsabili e
perché ci opponevamo alle
costrizioni coloniali».
Per la profetessa J. E. Ahme
di «Eternai Sacred Order of
Cherubim and Seraphim» in
Nigeria, che dirigeva la sessione del «Padare» sulle Aie insieme all’arcivescovo Wambugu, queste chiese dovrebbero far parte del movimento
ecumenico. «Oggi siamo esclusi, anche se crediamo
nella Trinità, affermiamo che
la Bibbia è parola di Dio, e
confessiamo che la salvezza
viene soltanto dal Cristo». Un
portavoce del Cec ha poi dichiarato che sette Aie erano
già membro del Cec, che altre
tre erano state ammesse durante l’Assemblea, e che altre
lo sarebbero state fra poco.
Smentendo che le Aie fossero sincretiste (un’altra ac
cusa spesso portata contro
queste chiese) Nduruso Ngada, del Sud Africa, ha spiegato: «Comprendiamo Dio dal
punto di vista africano; abbiamo le nostre culture, le
nostre abitudini e i nostri
principi che costituiscono la
base della nostra concezione». Ricordando l’umiliazione subita quando dovette
iscriversi alle scuole missionarie con il «suo nome cristiano e il suo nome pagano»,
Ngada ha aggiunto: «Non vedo nulla di male al fatto che
gli africani celebrino Dio in
quanto africani».
Secondo il parere dell’arcivescovo Wambugu, lo scisma
è un problema reale per le
Aie, la maggior parte delle
quali sono state fondate da
capi «che avevano ricevuto la
loro missione da Dio» e si sono poi divise in fazioni rivali
dopo la morte del loro fondatore: «I responsabili non hanno pensato ai problemi di
successione quando hanno ricevuto l’appello di Dio», (eni)
Il mondo
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della prima copia dei giornale.
risultati di un referendum a Tainan, 4^ città dell'isola
No alla ríunifícazíone di Taiwan con la Cina
La Cina ha lanciato un avvertimento a Taiwan accusandola di «giocare col fuoco»
dopo il rigetto categorico della riunificazione dei due paesi
in occasione di un referendum appoggiato dalla Chiesa
presbiteriana di Taiwan. «È
pericoloso cercare di bloccare
la riunificazione e di creare
un’isola di Taiwan indipendente», hanno dichiarato all’agenzia stampa Xinhua, il 9
dicembre scorso, i rappresentanti di Pechino incaricati del
dossier di Taiwan. Il referendum, che si è svolto all’inizio
di dicembre, era il primo sondaggio di opinione sul futuro
dell’isola. Svoltosi a Tainan,
quarta città dell’isola per
estensione, ha dimostrato che
solo il 9% degli elettori della
città pensa che l’isola dovrebbe tornare un giorno ad essere governata dalla Cina.
Chiayi, città di 255.000 abitanti, a 50 chilometri a nord
di Tainan, pensa ora di organizzare un referendum dello
stesso tipo. A Tainan la stragrande maggioranza degli
elettori (77%) ha respinto la
prospettiva di una riunificazione. Le altre schede di voto
non erano valide. Va tuttavia
precisato che, nonostante
l’appoggio della Chiesa presbiteriana di Taiwan, la più
influente delle chiese protestanti dell’isola, solo il 25%
degli elettori si è recato alle
urne. Questa debole percentuale di partecipazione si
spiega in parte per l’indifferenza generale dei taiwanesi
nei confronti delle votazioni
e in parte a causa di una controversia tra gli impiegati comunali responsabili del referendum e il sindaco di Tainan, George Chang.
In quella città di 700.000
abitanti, gli elettori dovevano
dire se erano del parere che
Taiwan dovrebbe essere governata dalla Repubblica popolare della Cina. Dovevano
inoltre pronunciarsi sul progetto di costruzione di un aeroporto internazionale vicino
a Chiku, città costiera della
provincia di Tainan. Il ritorno
di Taiwan alla Cina è una
questione estremamente delicata: agli occhi di Pechino, infatti, Taiwan è una provincia
rinnegata della Repubblica
popolare di Cina. Dopo la retrocessione di Hong-Kong alla
Cina nel luglio 1977, la questione è diventata ancora più
attuale perché Pechino spera
che i taiwanesi vedranno nell’esempio di Hong-Kong (il
cui statuto non è cambiato
molto dopo il trasferimento)
un modello per la riunificazione di Taiwan e della Cina.
Lo scorso anno il presidente
americano Bill Clinton aveva
allarmato i taiwanesi dichiarando alle autorità cinesi, durante la sua visita a Pechino,
che non avrebbe riconosciuto
il governo di Taipei.
Anche se la partecipazione
al referendum è stata meno
alta del previsto, il sindaco
Chang, ex militante dell’opposizione che ha subito vent’
anni di esilio, si è detto soddisfatto che il referendum si sia
svolto senza incidenti e che i
risultati siano chiari e incontestabili. Kuo Chao-wu, membro del Consiglio comunale
che aveva proposto il referendum, ha spiegato che, dopo la
visita di Clinton a Pechino, intendeva dare agli abitanti di
Taiwan la possibilità di esprj.
mersi sul proprio futuro. La
Chiesa presbiteriana di Talwan, che da tempo appoggjj
l’indipendenza di Taiwan, è
anch’essa riuscita a sensibiliz.
zare l’opinione pubblica dif.
fondendo un comunicato nel
quale dichiarava che il futuro
dell’isola dovrebbe essere deciso unicamente dai taiwanesi. Il giornale «Taiwan Church
News», pubblicato dalla Chiesa, ha organizzato una petizione al riguardo. La richiesta
dì un referendum era appog.
giata anche dall’Associazione
dei docenti universitari di
Taiwan, favorevoli all’indipendenza.
Intanto suscitano profon-;
da preoccupazione a Taiwan
le violazioni sempre più frequenti dei diritti dei taiwanesi che lavorano in Cina o che
vi transitano, e in particolare
casi recenti di sequestri di
persona e di delitti. Il presbiterio di Tainan si è dimostrato il più fervente sostenitore
del referendum. Il 29 novembre, una settimana prima del
referendum, ha proceduto a i
un sondaggio d’opinione dei '
propri membri e ha consta-1
tato che il 95,8% di essi re- i
spingeva l’idea della riunifi- !
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Una veduta di Kaohsiung, città portuale a sud di Tainan
In un edificio di 17 piani da 42 milioni di dollari
L'Opus Dei americano trasloca a Manhattan
Per celebrare l’anno 2000,
l’Opus Dei si prepara a inaugurare, in pieno centro di
New York, una nuova sede di
17 piani che costerà 42 milioni di dollari. L’edificio, che
dovrebbe essere ultimato per
la fine del 1999, è destinato a
migliorare l’immagine nazionale dell’Opus Dei, un organismo noto finora, almeno
fra i suoi detrattori, per il suo
gusto del segreto.
Secondo William Schmitt,
direttore delle comunicazioni
dell’Opus Dei negli Usa, il trasloco della sede americana
dell’organizzazione da New
Rochelle, nella periferia di
New York, a Manhattan, simboleggia un nuovo sforzo di
espansione dell’opera apostolica ed evangelica dell’Opus Dei. «New York è un
grande crocevia mondiale ha dichiarato Schmitt alla
agenzia Eni -. Grazie a quell’edificio, potremo portare il
nostro messaggio alla popolazione di New York e anche
oltre la città. Lo percepiamo
come una base che ci permetterà di portare avanti il
nostro apostolato a New York
e nel resto del paese».
L’Opus Dei è stato fondato
in Spagna nel 1928 da Josemaria Escriva de Balaguer
(1902-1975), il quale fu beatificato da Giovanni Paolo II nel
1992. Istituito per celebrare la
divinità del «lavoro ordinario», l’Opus Dei conta oggi nel
mondo 80.000 membri di cui
3.000 negli Stati Uniti. La sua
missione, secondo William
Schmitt, è di aiutare i suoi
membri a cercare e a raggiungere la «santità» nel proprio
lavoro, nella propria famiglia
e nella propria vita personale.
Tra le altre attività, l’Opus Dei
organizza ritiri spirituali, colloqui e corsi.
Benché composto in maggioranza di laici (l’organismo
conta solo un migliaio di
preti), l’Opus Dei assomiglia
molto a una diocesi cattolica:
ha una gerarchia che comprende dei vesco’vi e un clero. Di fatto è una «prelatura
personale», un’organizzazione stabilita dal Vaticano e diretta da un prelato, il quale
opera indipendentemente
dalle diocesi locali, anche se
collabora con loro per alcuni
programmi.
L’Opus Dei ha la sua sede
internazionale a Roma. Il suo
capo, il vescovo Javier Echevarria, è stato nominato da
Giovanni Paolo IL Ufficialmente, l’Opus Dei non possiede beni immobiliari negli
Usa. Il nuovo edificio di New
York appartiene a una fondazione senza scopo di lucro
provvisoriamente chiamata
«National Center Foundation». Per questo esso viene
ufficialmente chiamato «centro di conferenza» e non sede
nazionale. Il finanziamento
delTedificio viene assicurato
dalla «Woodlawn Foundation», diretta da un membro
dell’Opus Dei. Una campagna di sottoscrizione è stata
lanciata 15 anni fa. Da molti
anni i critici dell’Opus Dei dicono che l’organizzazione sia
una forma di setta segreta che
recluta i propri membri in
modo aggressivo e tenta di
controllarli per mezzo di una
disciplina spirituale rigorosa.
Dianne Di Nicola, che dirige «Opus Dei Awareness
Network Ine.» (Rete di sensibilizzazione sull’Opus Deh
ha dichiarato all’agenzia Eni
che gli sforzi compiuti dall’Opus Dei per avere maggio"
re visibilità destavano qualche preoccupazione alla sua
rete, un organismo popolate
di circa 600 membri negli
Usa, che cerca di mobilitare
l’opinione pubblica su quello
che sono, a parer loro, i peri;
coli dell’Opus Dei. Per la D'
Nicola, la questione della
proprietà deH’edificio di New
York è caratteristica della
propensione al segreto dell’organizzazione. «Da dove
viene il loro denaro? - dice-E a chi rendono conto?». Uno
dei sostenitori più influenti
dell’Opus Dei è il cardinale
John O’Connor, arcivescovo
di New York.
Recentemente, durante un^
messa, egli ha fatto l’elogio
dell’organizzazione e ha fatto
parte ai fedeli del suo appog'
gio «incondizionato». «Vi sO'
no molto riconoscente dichiarato - per tutto quello
che avete fatto per la Chiedo
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