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della Chiesa Valdese
VAl£T VALDESI
per le quali oivete peccato, e fatevi un cuor nuovo e uno spirito nuovo
Ann. LXXXVII - Num. 7 ABBONAMENTI 1 1000 per l’inttfn*Eco; L. Eco e La Luce-. L. 1500 per l’intemo Spediz. abb. postale il Groppo
Unii c«pia La / L. 1500 per l’estero L. 2000 ptf resterò Cambio d’indiriiso Lire 40.—
Vocazione e responsabilità
Senza orgoglio settario, senza sicurezza umana inconsistente e fallace, possiamo affermare che esistiamo, come Chiesa e come popolo Valdese, in virtù di una vocazione divina.
Come sorse il movimento religioso
Valdese? Dall’iniziativa personale di
Pietro Valdo o da volontà d’uomo?
Ma non fu Pietro Valdo costretto a
decidersi per il regno di Cristo da
Uno che era più forte di lui?
In questa commemorazione del .17
Febbraio, che ogni anno si rinnova
col suo perenne significato, dobbiamo riconoscere che al principio c’è
stata una chiamata dall’Alto; non
la sola, non la più importante, ma
uno di quegli atti inattesi, impensati, di cui Dio si serve per orientare
gli uomini in una certa direzione.
« L’Eterno ha riposto in voi la sua
affezione e vi ha scelti»: possiamo
affermarlo, avvicinando in un certo
qual senso la storia del nostro popolo a quella dell’Israele antico. E
poiché la mano di Dio non si è ancora ritratta, più per grazia Sua che
per i ineriti nostri, partecipiamo ancora oggi ai benefici spirituali di
quella divina vocazione, mediante la
quale una Chiesa ed un popolo han
no reso testimonianza alla Parola di
Dio in queste antiche Valli.
I Valdesi di questa generazione, alle Valli, in Italia e nel mondo, si ricordino della chiamata che Dio ha
rivolto ai loro padri in vista dei figli. Avrebbero potuto Udire la parola
deU’Eterno altrove; l’hanno udita
qui, mediante l’istruzione e la predicazione della Chiesa Valdese che, io
si noti, non è scopo a se stessa e non
esiste per amor di un nome e di una
storia, ma innanzi tutto per la gloria del nome di Cristo.
Nel giorno della « festa Valdese ».
attorno, ai « falò » luminosi risplendenti sUi monti, nelle varie manifestazioni di solidarietà Valdese, non
si insisterà mai abbastanza su questa fondamentale realtà. E ciò allo
scopo di dare il suo giusto tono alla
festa del 17 Febbraio: un tono di seria e consapevole riconoscenza a Dio,
pur nell’atmosfera festosa di quel
giorno.
que tu sia, padre o madre di famiglia, giovane studente o operaio, gìovanetta che sorridi alla vita, professionista, commerciante, insegnante
nelle classi elementari o nelle Università, pastore di anime: «riconu
sci che l’Eterno, l’Iddio tuo, è Dio»
E traduci in azione e in testimonianza di vita questo tuo riconoscimento.
Nella tua chiesa, sii presente come
creatura vivente e responsabile, non
come un fantasma che appare per
un po’ di tempo e poi svanisce. E nel
mondo, in mezzo alle confuse voci
che attraggono o che stordiscono,
non temere di discernere e di ascoltare la voce di Dio, mediante un atto di fede.
Il vero Dio non è il tuo lavoro, il
tuo denaro, Ip tua libertà, il tuo piacere, la tua vita di famiglia comoda
e sicura, l’amore della tua classe sociale.
11 tuo Dio è l’Eterno: riconoscilo
e mostra, con la tua vita, che hai
creduto in Lui, che vuoi ancora cam
minare con Lui.
Ermanno Rostan.
Nei iébbreio del 1687
SULLA VIA DELL'ESILIO
Alla luce di quella divina vocazione che, attraverso i secoli, ha assunto anche il carattere di una divina
liberazione, impareremo sempre meglio a pensare a Dio, prima che a
noi o alle azioni di Valdo, di Gianavello, di Amaud e dei nostri padri
dèi 1848. Impareremo a discernere
nelle rievocazioni storiche _e nelle
commemorazioni dell’Emancipazione
Yaldese ciò che è effimero e carnale
da ciò che è eterno e vero, perchè rimane come un segno della grazia di
Dio e della fedeltà dei credenti. Sentiremo, è vero, il giusto privilegio di
essere i rappresentanti di un movimento spirituale che si ricollega, quasi fòsse un tizzone strappato dal fuoco, alle lontane rivendicazioni evangeliche del Medio Evo; ma non dimenticheremo ohe « se l’Eterno non
fosse stato con noi» avremmo potuto scomparire definitivamente dalla
storia, mentre invece la vita ha continuato a risorgere nel corpo esausto
della Chiesa. E, senza tante manifestazioni esteriori, senza tanti richiami ai Valori della stirpe o del sangue,
ci renderemo meglio conto che la via
da pereorrere, pur nell’attaccamento
alla propria storia, rimane ancora e
sempre la via dell’ubbidienza a Dio
e della fede in Lui.
Le Valli, 270 anni fa, erano deserte
o quasi; i pochi abitatori erano costituiti dai Valdesi che prima o durante la persecuzione del 1686 avevano abiurato la loro fede e avevano
avuta salva la vita e i beni, o dai cattolici che avevano comprate le terre
confiscate ai valdesi e vendute all’incanto. Tutti gli altri valdesi o gemevano ancora in varie prigioni del Piemonte o già avevano toccato l’ospitale ma straniero suolo della Svizzera.
E’ infatti noto che dopo la grande
persecuzione dell’anno precedente, le
Valli erano state completamente private dei loro abitanti, tradotti in massa a gemere e a niorire in prigione per
sei mesi: e solo dopo l’editto del 3
gennaio 1687, ottenuto grazie all’intervento diplomatico svizzero, le porte delle carceri si erano aperte ai su
fronfierà: seguiremo, brevemente le
vicende di uno di questi gruppi, il terzo, partito da Possano il 3 febbraio
1687. Il viaggio f^eva a piedi per
gli uomini validi, SU carri per gli invalidi, le donne e i bambini, ed ogni
gruppo era aocompagnato da una
scorta armata: le tappe fissatp per
questo gruppo furono le seguenti: Murello, presso Moretta: Virle; Rivoli;
Sant’Antonino; La Novalesa; poi il
Moncenisio e la Savoia fino a Ginevra. A Rivoli* la sera del 5 febbraio,
risultarono presenti in 333, e ad essi
fu distribuito il pane, il formag^o e
il vino, che gli ordipi del Duca di Savoia avevano fatto predisporre „ad
ogni tappa del viaggio. All’indomani
però 52 di essi furono lasciati a Rivoli, probabilmente perchè le loro forze
non li reggevano per continuare l’aspra
A tous nos frères vaudois. partout dans le monde.
nous envoyons par le moyen du journal nos salutations cordiales et nos bons souhaits à l'occasion
du 1? Février • Puisse le souvenir de nos pères nous
unir toujours d vantage par le lien d'une solidarité
vaudoise et chrétienne « Et que Dieu nous aide à vivre
dans la foi on sa Sainte Parole li rénactioo
quale venivano caricati i piccoli e gli
infermi. Per il nostro gruppo furono
apprestati 150 muli e 150 portatori, il
die dimostra come quasi nessuno di
essi fosse in condizioni fisiche di affrontare con le sole proprie forze U
difficile cammino. Due bambini dovettero anzi essere lasciati ad una locanda. Comunque il viaggio fu effettuato,
in mezzo a stenti che solo i protagonisti potrebbero raccontare: e quando
essi giunsero sul Moncenisio, un lugubre spettacolo si presentò ai loro
occhi: due giorni prima infatti, un
altro gruppo di Possano, compagni di
prigione, convalligiani e parenti, era
stato sorpreso sul coUe da ima fiera
tormenta di neve e ben 86 valdesi con
sei soldati di scorta, avevano trovato
la morte, forse a lungo invocata, nella
fredda neve del coUe. Quelle povere
vittime, ferite poco prima della mèta,
strapparono certamente lacrime di
sangue ai compagni di sventura che
percorrevano lo stesso cammino, e di
questi purtroppo alcuni ebbero a subire la medesima sorte, perchè quando finalmente essi giunsero a Ginevra
erano ridotti a sole 230 persone.
Sicuro: quella è la via, fuori della
quale rischiamo di accontentarci di
ricòrdi che si dissipano a poco a poco o, peggio ancora, di ombre che si.
dileguano, nell’illusione d’aver a
che fare con delle realtà.
E i Valdesi di oggi hanno bisogno
di perseverare in quella via, quandò
poi non debbono addirittura ritrovarla.
Dio chiama e suscita i popoli^ e
gli individui in vista di un compito
preciso. Se è vero che « l’Eterno ha
riposto in voi la sua affezione e vi
ha scelti », allora tu. Valdese, chiun
perstiti, cui si era concesso di recarsi
in esilio.
Tra le carceri piemontesi (Torino,
Ivrea, Carmagnola, Asti, Saluzzo, Verrua, ecc.) quella che aveva accolto il
maggior contingente di prigionieri era
il Castello di Possano, quello che ancor oggi vediamo, tetro e sinistro con
le sue possenti torri e i simi solidi muraglioni : parecchie centinaia di perseguitati vi erano stati rinchiusi, soprattutto provenienti dalle parrocchie
di S. Giovanni, di Prarosfino e di Roccapiatta. Ivi a centinaia essi erano
morti nell’estate dell’86, come ci attestano i documenti degli archivi, e dei
quali si potrebbe compilare una assai
lunga lista nominativa. Ad esempio,
il sindaco di Roccapiatta, Peiret Robert. vi perdette la moglie e le due
cognate.
Quando, nel cuore dell’inverno, si
concesse la libertà a questi disgraziati,
denutriti, malati, indeboliti, bUognò
fame quattro gruppi per guiiferli oltre
fatica del cammino e sopportare il
freddo pungente della montagna. Senza contare che lungo il viaggio vennero, per questo come per altri gnij^
pi, effettuati dei veri e proprii rapimenti di bambini, destinati ad essere
poi allevati in una fede religiosa diversa e mai più restituiti ai loro genitori. A S. Antonino di Susa la brigata
era poi ridotta di altri elementi e constava soltanto più di 276 persone. La
Novalesa, ai piedi, del Moncenisio, fu
raggiunta l’8 febbraio, con Taiuto di
28 carri da S. Antonino a Susa e di
106 muli fino a destinazione: altre tre
persone mancavano in questo posto,
cadute o sparite in cammino.
Si presentava ora il tratto più difficile del viaggio, e cioè la traversata del
Moncenisio, ad oltre duemila metri, in
mezzo alla neve e alla tormenta. Le
provvidenze del Duca per questo tratto consistevano in animali da soina e
in portatori, muniti di uno speciale
seggiolone da adattare alle spalle e sul
L^arrivo nella ospitale città del Lemano avvenne nel pomeriggio del 17
febbraio, dopo la lunga traversata della Savoia: al ponte dell’Arve c’era la
solita grande folla ad attendere gli
esuli, e dopo essere stati accolti su
carrette, i disgraziati furono condotti
da otto moschettieri e due sergenti al
posto di concentramento, doVe gli incaricati presero mota dei nomi, e provvidero per il loro alloggio e il vitto o
il ricovero in ospedale. Gianavdlo, in
esilio a Ginevra da parecchi anni, accoglieva i resti miserandi della sua
gente, dando garanzia che essi eran
tutti valdesi.
Dopo qualche giorno a Ginevra, dove essi erano rivestiti, ripuliti, nutriti
e curati, i profughi dovevano riprendere ancora la strada e recarsi, sempre
a piedi o su carri, all’altra estremità
della Svizzera, Zurigo, Sciaffusa, San
Galle, Berna: grandissima e commovente era l’ospitalità fraterna dei ginevrini, ma nella città ormai piena di
esuli ugonotti, non si potevano più
ospitare i Valdesi.
Cominciava così per loro, dopo la
guerra e la prigionia, il triste periodo
dell’esilio in terra svizzera o nelle lontane regioni della Germania.
Evangelizzazione
in Scozia
Nei numeri del 18 e 23 gennaio
dell’Eeo delle Valli Valdesi si è parlato di come il pastore scozzerà D. P.
Thomson ha organizzato nel suo paese delle campagne di evangelizzazione che si basano sull’opera di gruppi
di credenti, specialmente laici, che
visitano tutte le famiglie, fabbriche
ed esercizi pubblici di una determinata zona. Sono ormai anni che si
effettua in Scozia questo particolare
tipo di evangelizzazione. La prima
prova fu fatta nel 1947 in un quartiere industriale di Glasgow e da allora ogni anno si effettuano campagne di maggior ampiezza in città o in
zone rurali. /
A titolo di curiosità osserviamo che
quando la nostra Chiesa in Uruguay
decise nel 1953 di fare uno sforzo
evangelistico nella cittadina di Nueva Paimira si ispirò precisamente al
metodo di D. P. Thomson.
Nel 1956 la campagna in Scozia è
stata particolarmente ampia. Più di
400 persone (impiegati, operai, studenti, contadini, pastori e perfino soldati) hanno dato chi tre o quattro
giorni e chi tre o quattro settimane
per una vastissima azione in cui, tra
aprile e settembre sono state visitate
le montagne e le isole dell’ovest e del
nord della Scozia. Si tratta di zone
che sono tra le più selvagge del paese: villaggi piccolissimi, a volte semispopolati, case lontanissime le une
dalle altre, poche e cattive strade pur
in ùn panorama dei più pittoreschi,
parrocchie disagiate che da anni sono senza pastore. Le comunicazioni
sono difficili e ben lo sa lo studente
valdese che per alcuni giorni partecipò alla campagna e che in una giornata fece, assieme a un aviere della
R.A.P., più di venti km. a piedi per
visitare sei o sette famiglie.
Tra im’isola e l’altra le comunicazioni sono facili soltanto in estate:
in inverno l’oceano è spesso così agitato che per settimane di seguito i
piccoli battelli non possono lasciare
i porti. Molte personè sono e si sentono isolate: il caso estremo è forse
quello del vecchio pecoraio Aless^dro Swanney che da due anni vive
tutto solo in un’isola con le sue pecore. Un caso poco diverso è quello
di una famiglia òhe vive all’estremità di un’isola, a sette km. dalla casa
più vicina: nessuno arriva mai fino
là, salvo il postino ima volta alla settimana. Ma anche chi vive nei piccoli villaggi è quasi separato dal resto del mondo, e la scarsezza di pastori fa sì che in molte parti di quelle isole e montagne non vi sia nessun culto, e così la comunione dei
santi (cioè dei fedeli) diventi una
vuota parola. In queste regioni spesso
non si trattava di portare Evangelo
a qualcuno che non lo conoscesse, ma
piuttosto di ravvivate la fede che si
intiepidiva nell’isolamento come un
tizzone che si spe^e lontano dal fuoco. Nei resoconti della campagna
pubblicati in forma di opuscoli si
sottolinea quanto essa sia stata benefica sia per coloro che vi hanno
lavorato, sia per quelli che hanno ricevuto le visite. ». c.
Società di Studi Vaidesi
Secondo la consuetudine, la Società
di Studi Valdesi ha pubblicato pure
quest’anno l’opus’coio del XVII febbraio.
Esso è stato preparato dal prof. Arturo Pascal, e considera la storia di
Val Perosa dal 1200 al 1700. In esso
l’illustre storico, sulla stregua dei documenti, .ricostruisce la tormentata
presenza dei Valdesi nella zona compresa tra Porte e Pomaretto, donde
l’intolleranza continua fini per cacciarli completamente dalla riva sinistra del Chisone.
L’opuscolo, di pp. 24, illustrato, è
in vendita a L. 50.
La Società di Studi Valdesi rivolge
una viva preghiera ai soci che ancora
non l’abbiano fatto, di metterà in regola coffa quota sociale (L. 500 per i
soci ordinari. Lire 400 di quota
Augusto Armand-Hugon
integrativa per i vitalizi anteriori
al 1951). I versamenti possono essere
fatti nel C.GJP. n. 2/4428 o indirizzati
al cassiere, sig. Arturo Vola, Corso
Fiume, Torre Pellioe.
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L’ECO DEU£ TALLI VALDESI
La Parola della vita
“Liberi! Ma servi di Dio
(1 Ep. S. Pietro 2: 16}
In questa antitesi sta tutto il valore della Festtt Valdese.
~Liberi; è il lignificato ed il contenuto storico della nostra celebrazione; ne è la''ragion d’essere.
Ma servi di Dio: è ciò a cui essa c’inipegna; è il nostro programma.
Ne è altresì la condizione : « Servire Deo, libertas ».
Esser liberi è l’istintivo, irresistibile bisogno di ogni anima creata
ad immagine di Dio : « libertà vo’ cercando ch’è si cara..». E quanti
martiri per questo Sommo Bene! Non occorre dimostrarlo, nell’ora
turbata che volge; nè, tanto meno, nel celebrare quella «Emancipazione » che ci fa palpitar forte il cuore !
Esser liberi vale essere affrancati: sul piano politieo — dalla ser^
vitù di qualsivoglia oppressore; nel campo religioso —^ dagli errori
paganeggianti, dalle superstizioni e dalle Idolatrie infiltrantesi nel Cristianesimo; nella sfera dello spirito — dalle «concupiscenze che.guerreggiano contro l’anima », da tutto ciò che separa da Dio.
• * •
Ma chi è capace di coleste cose? E quand’anche ci riuscisse di affrancarcene appieno, chi non sa che siamo fatalmente dipendenti: o
da Dio> 0 dal Maligno? Sul terreno morale, nessuno può vivere senza
padrone. E quando c’illudessimo di poter agire con piena libertà, cadremmo automaticamente in balìa... di noi stessi, cioè delle nostre
debolezze, ^delle nostre imperfezioni, dell’innata nostra malvagità —
del nostro peccato, insomma. Or, «chi commette il peccato è schiavo
del peccato» avverte Gesù: Egli solo, perchè Figliol di Dio, Nostro
Redentore e Santificatore, Egli solo « ci fa veramente liberi ».
Perciò, veramente libero è chi appartiene a Dio; chi si lascia guidare dallo Spirito Suo di amore, dì pace, di santità; chi Lo serve come
figliolo. Soltanto in questa atmosfera superiore della « vita vera » il
credente si muove con sovranità morale, emancipato dalle caténe che
legano l’uomo alla materia ed alla corruzione; e, sebbene in modo relativo, ma progressivamente, egli sente cón S. Paolo che « ogni cosa
è sua», perchè egli «è di Cristo».
XVII Febbraio ; festa, quindi, della libertà ; ma non di una qualsiasi libertà; e non una festa come le tante...
Una duplice realtà, bensì, sempre attuale, di giubilo e di monito:
«Liberi!». E «chi è' savio consideri le benignità dell’Etemo».
« Ma non usando della libertà qual manto che copra la malizia » ;
«affrancati dal peccato, fatti servi a Dio; avendo per frutto la santificazione e per fine la vita eterna ».
Gloriosa libertà dei figlioli di Dio!... L’infonda, l’Iddio dei Padri,
nella volontà dei figli.
1. m.
mistero
ARTURO PASCAL
della fuga di Enrico Arnaud
Il 22 aprile 1686 le truppe francesi, comandate dal generale Catinai,
iniziarono le opfsrazioni militari
contro i Valdesi, assalendo il borgo
, di San Germano, contro, il quale
fu mandato un forte distaccamento
composto di 300 fanti e di un battaglione di dragoni« agli ordini del
marchese di VilleviéilÌe. I valdesi,
sopraffatti dal numero, dovettero
abbandonare il tempio ,nel quale si
erano barricati e Rifugiarsi, più in
alto, nelle trincee^ ^ che erano state
inalzate a vietare jMngresso nel vallone di Pramollo,. Contro di queste
vennero ad urtarp con gravi perdite
le fanterie ed i dragoni appiedati del
re di Francia. Ifi^vuto l’ordine di
ritirarsi, le truppe francesi furono
sorprese nel ripiegamento dallè milizie valdesi, che inflissero loro sanguinose perdite e le costrinsero a
ripassare in disordine il Chisone,
portando con sè jginmerosi morti e
feriti. Il Villevieille, che con pochi
dei suoi si era rifugiato nel tempio,
fu accerchiato ed j^salito e solo per
il tempestivo arrivo di rinforzi potè
sottrarsi alla critica situazione, in
cui si trovava .
, E’ nota la parte^iche l’Arnaud ebbe nella difesa qi San Germano.
Accorso con una ghiera di 500 uomini, fu lui che ^er vincere l’ostinata resistenza del. Villevieille, barricato nel, tempio^ propose di scoperchiarne il tett% o di inondare il
pavimento, deviando l’acqua di un
vicino canale.
Quando il Catingt, superata la debole resistenza deigValdesi della Valle di S. Martino e raggiimta la cresta del Laz-Arà, cjiscese nel vallone
di Pramollo, i difensori di S. Germano, per non essere presi tra due
fuojèhi, si ritirarono con gli uomini
superstiti di Pramollo sulle alture
di Peuinian. Così fece anche l’Arnaud: ma, quando' i suoi compagni,
prestando cieca fede alle promesse
del Catinat e del/duca di Savoia,
Nel mese di febbraio di quest’anno
ricorre una delle varie date centenarie deH’emigrazione valdese in America del Sud. Il 3 febbraio 1857 infatti
sbarcava a Montevideo il primo gruppo di famiglie valdesi; altri due sarebbero partiti da Genova nel corso di
quello stesso anno: in giugno e in dicembre.
Questa prima spedizione era formata da Giuseppe Planchón con la moglie e tre figli; Giovanni Pietro Baridon e sua moglie; Pietro Gönnet con
sua moglie, sua sorella e una servetta
mutà. In, tutto undici persone. Partiti
-da Genova nel novembre precedente
erano arrivati nel porto uruguayano
dopo un lungo viaggio e qui era ad attenderli uño dei loro, Giovanni Pietro
Planchón, fratello del nominato Giuseppe, che da alcuni anni si trovava a
Montevideo, capitatovi poco meno che
per caso.
Questo Giovanni Pietro Planchón
era partito nel 1852 da Marsiglia: così, almeno, si crede. Era con lui, secondo alcuni, un tale Daniele Bertinat.
Pare che il Planchón fosse mosso da
spirito d’avventura e non avesse nessun programma preciso, e sbarcò a
Montevideo come avrebbe potuto fàrlo
in qualunque altro porto del globo.
Talvolta accade di trovare dei Vaidesi nei luoghi più impensati: in Danimarca o in Cile, in Africa o nelle
isole del Pacifico. Sono generalmente
degli isolati che aderiscono alle Chiese evangeliche del luogo quando non
succede che cadano neU’iridifferenza,
e se non alla prima, alla seconda generazione perdono ogni/contatto con
le Valli, n Planchón poteva essere uno
dì quelli e invece fu, senza volerlo, il
primo anello di una catena che portò
alla fondazione di quelle Colonie dell’Uruguay e dell’Argentina che oggi
contano poco meno Valdesi che le
Stesse Valli
11 secondo anello, e il più importante, furono le tre famiglie che arrivaro
no a Montevideo cento anni fa. Esse
non partivano alla cieca, perchè la loro scelta era caduta sull’Uruguy per
le informazioni che il loro congiunto
aveva mandato.
Da tempo si parlava di emigrare.
Subito dopo l’Emancipazione una serie di annate cattive e la perdita di
gran parte dei vigneti aveva talmente
impoverito le Valli che l’emigrazione
pareva la sola soluzione possibile pmchè, s’intende, si trovassero terre a basso prezzo. Terreni in vendita non mancavano in pianura, allo sbocco delle
nostre Valli, ma chi avrebbe avuto bisogno di comprarli non aveva i mezzi
per farlo.
Diverse offerte erano state fatte ai Vaidesi di andare a colonizzare estensioni di terre in Canadá, in Virginia, in
Argentina, in Algeria e altrove. Alcune proposte non erano convenienti; in
altri casi, dopo aver già iniziato le
trattative, sorgevano dubbi e scrupoli
che le mandavano a monte. La Tavola
ed i pastori erano in gpnere piuttosto
contrari alla emigrazione forse perchè
temevano che si ripetesse quel che accadeva spesso a coloro che passavano
le Alpi per andare a lavorare per qimlche anno in Francia: tornavano con
un po’di denaro sì, ma spesso anche
con dei vizi e con atteggiamenti irreligiosi. Vi erano poi, naturalmente,
quelli contrari per puro spirito conservatore.
Riunioni e discussioni non mancarono, in cui fosse dibattuta la questione dell’emigrazione, ma la direzione
che essa doveva prendere derivò non
da decisioni ufficiali, quanto dall’iniziativa delle tre famiglie di Villar Pellice che erano partite per Montevideo.
Il 3 febbraio 1857, dunque, Giovanni Pietro Planchón era al porto ad attendere suo fratello e le altre due famiglie. Presto sistemati scrissero dopo
pochi mesi delle lettere entusiaste che
invogliarono altri a raggiungerli. Le
altre due spedizioni di quell’anno por
tarono in Uruguay una’ settantina di
persone l’una, più di un centinaio l’altra; e con questò-forte gruppo di famiglie cominciò la nostra colonizzazione
sul Rio de la Piata.
Possiamo chiederci se quelle tre famiglie che aprironot la nostra emigrazione in Uruguay abbiano poi avuto
qualche influenza\ul suo sviluppo ulteriore. ^
Su Pietro Gonhet non abbiamo potuto, per ora, raccogliere nessuna informazione importante, ma pare che
non fosse una personalità di primo
piano. '
Giuseppe Planchón morì giovane lasciando parecchi figli, tre nati in Italia
e gli altri in Uruguay: fu il primo ad
essere sepolto nel cimitero di Colonia
Vaidense.
Giovanni Pietro Baridon per molto
tempo fu praticamente il capo dei coloni per la sua saggezza ed energia e
diresse i culti fino all’arrivo del primo
pastore. Ma tra lui ed il pastore Morel
l’accordo non fu possibile, e dopo diversi anni di questioni, divisioni e liti,
il Baridon partì per l’Argentina dove
si occupò di organizzare la colonia
« Alejandra *. Fallita questa si ritirò
nella città di Rosario Tala in Argentina.
Tnfine l’altro Planchón, Giovanni
Pietro, quello che per primo e solo era
arrivato a Montevideo, sposò una valdese emigrata posteriormente, e nel
1875, già padre di una numerosa famiglia, ripreso forse da spirito d’avventura, lasciò Colonia Vaidense per
seguire assieme ad altri il pastore Giovanni Michelin &lomon che dopo un
corto ministerio in Uruguay partiva
per gli Stati Uniti. Stette per un tempo
nella colonia Monnett, nel Missouri, e
più tardi si trasferì nel Texas da dove
la sua famiglia rimase parecchio tempo in corrispondenza coi parenti dell’Uruguay.
"■ ■ a. c.
consegnarono le armi e fecero atto
di sottomissione, il ministro, ch’era
stata la causa principale della resistenza armata dei valdesi ed intuiva
quale sorte straziante gli era riservata, se fosse caduto vivo nelle mani
dei nemici, preferì correre il rischio
della fuga.
Da questo momento fino a quando, in agosto, la sua presenza è sicuramente attestata in Svizzera, regna un profondo mistero!
E’ opinione comune che egli riuscisse ad evadere attraverso il Delfinato e la Savoia, dirigendosi verso Ginevra e indossando chi dice
un abito di tela, chi di operaio e chi
di pellegrino. Ma che cosa sia awe
Enrico Arnaud
nulo dell’Aniaud dopo i fatti di San
Germano e come e quando sia evaso,
rimane frutto di supposizioni e di
congetture più o meno soggettive.
La scoperta recente di alcuni documenti, fin qui ignorati, ci, permetto di squarciare in parte il fitto velo
del mistero.
Sappiamo che la Corte rimase profondamente delusa, quando dopo la
• capitolazione generale di Angrogna
(25 aprile 1686), radunate le molte^
migliaia di abitanti che si erano arresi, non trovò nel gruppo dei ministri il famigerato Arnaud, ch’essa considerava come il principale
istigatore della ribellione dei Vaidesi. Perciò non solo pose sulla sua
testa una taglia di 100 pistole, ma
sguinzagliò sulle sue tracce i più
astuti segugi e si diede ad interrogare minuziosamente i prigionieri
per ottenere da essi, con minacce o
con promesse di ricompensa, qpialche indizio che potesse favorirne la
cattura.
Da un prigioniero si venne a sapere che il ministro, eludendo ogni
ricerca ed ogni posto di guardia, da
Pramollo era riparato a Villar, nella valle del Pellice, dove aveva dei
consanguinei da parte della moglie.
Margherita Bastia, e da parte della
madre. Margherita Gosio, discendente da un’illustre famiglia dronerese rifugiata da più decenni nelle
Valli per motivo di religione. Si
diceva ch’egli si tenesse nascosto in
un’oscura cantina, cibandosi di pane e di vino. Fatte fare ricerche sul
posto, si trovò che l’Amàud, fiutato
il vento infido, era fuggito in compagnia di Giuseppe Bodoira, cammuffatto da soldato e col distintivo
delle truppe ducali sul cappello; e
che si era rifugiato in una baita o
mianda appartenente alla famiglia
del fu Giovanni Pavarino, sull’alto
dei monti, che separano la valle del
Pellice da quella del Po.
I# blocco
ili tutte le strade
Temendo che il fuggiasco, all’arrivo delle truppe, si gettasse nella valle di Paesana e di Crissolò, fu
dato ordine al comandante di Saluzzo di sbarrare tutte le strade e
tutti i passi che conducevano dall’una all’altra valle. Ma fu senza esito. Si frugò minuziosamente anche la valle dei Carboneri, aspra e
selvosa; ma del fuggitivo nessuna
traccia. Non rimaneva altro da fare
che tendere tutt’attorno alle Valli
una fittissima rete di guardie nella
speranza che, uscendo dal suo nascondiglio per raggiungere la Svizzera, il ministro incappassse incautamente in qualche corpo di guardia.
Furono perciò mandati ordini
espressi non solo al comandante dì
Saluzzo, ma a quelli di Dronero, di
Demonte, di Castel-delfino e di Berceli onetta; alle autorità francesi del
Pragelato e del Delfinato, e soprattutto al Presidente della Savoia, affinchè ,stabilite guardie su tutte le
strade e su tutti i ponti, arrestassero senza distinzione i religionari
fuggitivi dal regno di Francia e dal
Piemonte diretti in Svizzera e si
assicurassero che tra le persone già
arrestate e tra quelle, che sarebbero
arrestate in avvenire, non si trovasse
11 ministro Arnaud. L’ordine precisava che il ministro era « pomo di
conseguenza e di servizio e che competeva alla gloria di Dio ed alla
legge della giustìzia ch’égli fosse
esemplarmente punito ». Perciò prometteva lauta ricompensa a tutte le
milizie, che avessero avuto la fortuna di mettergli le mani addosso.
In pochi giorni tutte le strade ed
i passi della Savoia, del Faucigny e
del Chiablese furono sbarrati o sorvegliati dalle milizie paesane, e numerosi gruppi di ugonotti e di lusernesi fuggitivi furono arrestati ed
esaminati; ma dell’Arnaud nessxma
traccia. Sicché, verso la metà di
maggio, essendo le Valli ormai totalmente sottomesse, il Presidente
della Savoia chiedeva alla Corte se
dovesse ancora trattenere tante guardie sulle strade e tante centinaia di
infelici nelle prigioni; ciò che causava forti spese e molestie. Ma il
duca, ancora alla fine di maggio, gli
rispondeva, ordinandogli di continuare la vigilanza e di trattenere
tutti i religionari francesi e piemontesi, perchè gli risultava da deposizioni recenti di prigionieri che il
ministro era tutt’ora nella Valle del
Pellice, nascosto in una grotta con
12 compagni, e che, se per caso si
era già messo in salvo, doveva ancora essere in viaggio per il Delfinato
e la Savoia. Ma forse il duca era in
errore ed il fuggiasco già in salvo
in terra svizzera!
di nuovi documenti
Tra i documenti recentemente rinvenuti ce n’è uno in data 15 maggio
che sembra contraddire a quanto
fino ad ora è stato supposto intoma
alla fuga dell’Arnaud. Dice il documento : « L’ora a passe par la route
de St. Plomb quatre mulets chargés
de l’argent de ceux des vallées, qui
arrivèrent vendredy dernier (cioè il
10 maggio) à Vevey, conduits par
dix hommes, parmy les quels il y
avoit un ministre travesty era hahit
de muletier ».
Se questo documento — come
sembra — è attendibile è se la via
indicata è realmente quella del
Sempione, si deve dedurre che
l’Arnaud fin dal 10 maggio aveva
raggiunto la terra svizzera e che,
invece di dirigersi verso Ginevra
per vie che sapeva più strettamente
sorvegliate, abbia preferito compiere un più largo giro con un itinerario meno pericoloso. E poiché è
jtoco . probabile che l’Arnaud si
spingesse fino al passo del Sempione, si può supporre o che egli valicasse i monti di Giaveno e di Danzo, portandosi nbUa valle di Aosta,
per scendere in quella del Rodano
e raggiungere la strada del Sempione o che, attraverso il Delfinato e
giimto in Savoia, anziché dirigersi
su Ginevra, preferisse attraversare
i monti del Faucigny e del Ghiablese per raggiungere nella valle
del Rodano la strada del Sempione,
che attraverso il Vallese, conduceva
nelle terre bernesi ,all’estremità del
lago Lemano.
Ma in tutte queste congetture rimangono parecchi punti oscuri, che
fanno desiderare il ritrovamento di
altri più precisi documenti, i quali
possano finalmente svelare l’interessante mistero, che l’Arnaud stesso
non ha creduto opportuno rivelare
nella sua « Histoire de la Glorieuse
Rentrée »,
E' USCITO
Innario Cristiano
Nuova ristampa
L. 700
3
L’ECO DELLE VALU VALDESI
-t
f
>
-e
Pietro Gegmet Moderatore della Tavola
e Sottoprefetto di Ptnerolo
Nel corso di letture e ricerche di
archivio che ho condotte per la mia
tesi di laurea, (I Valdesi sotto la Rivoluzione francese e l’Impero, Torino
1955) ho avuto l’occasione di avvicinarmi ad una figura che a ragione
può ritenersi fra le più notevoli, nel
campo politico e religioso, di questi
ultimi 150 anni.
Purtroppo il nome o per lo meno i
meriti di Pietro Geymet sono scono-,
scinti a molti Valdesi ed il mio modesto intento è quello di tratteggiarne brevemente la vita e l’attività,
legate quest’ultime a quel periodo di
storia che intercorre fra il l’789 e il
1815. In questo periodo vediamo tutta una serie di persone, anzi di vere
e proprie personalità politico-religiose che molto speravano dal trionfo
di quei Diritti dell’Uomo che sembrava dover diventare, anche per essi,
salvaguardia delle loro ptesse proprietà, dei loro stessi più materiali
diritti, e, quel che più contava quasi
per tutti, garanzia di libertà e d’uguar
glianza religiosa. Il più importante
tra questi fu certamente 11 Geymet.
Era nato ad Alessandria, ove il
padre era Maggiore chirurgo nel reg
gimento di stanza in quella città.
L’educazione sua si fece all’Accademia Calvinista di Ginevra, giacché, in quei tempi non vi erano scuole superiori in Piemonte aperte ai
Protestanti. Nel 1772 si iscriveva a
Ginevra alla Facoltà di «Filosofia»
e poi di «Teologia» Nel 1776, in seguito al valore intellettuale dimostrato, fu eletto Rettore dell’Uditorio
l eologico di Ginevra e nel settembre
1777 egli vi fu consacrato pastore. Il
scjggiomo, a Ginevra è moltq impor
tante ai fini della formazione’ spirituale del giovane pastore poiché in
quel periodo la città, sotto l’impulso
delle ideologie di Voltaire e di Rousseau. era piena di forte attività in
iavore della libertà di coscienza e di
culto. Rientrando neile Valli Valdesi
nel 17SI gli fu affidata, in qualità di
i< Regent » la direzione della Scuola
Latina a Torre Pellice. Dopo una
succesiva permanenza all’estero, fu
nominato aiuto del pastore di Torre
Penice e, nel 1788, Moderatore della
Chiesa valdese, segno indubitato delle sue; evidenti e multiformi capacità
L’anno della Rivoluzione batteva alle
porte e, oltre alle noie e ai pericoli
causati dall’invasione francese e delle susseguenti lotte e terribili responsabilità, che egli sentiva verso il governo deUa Chiesa che gli era stata
affidata dovette occuparsi d’infinite
vessazioni inflitte ai privati special
mente pct le mene del oleico cattolico: appalti di strade nelle Valli dati
a cattolici e non a Valdesi del luogo;
nomine a consiglieri di gente illetterata o indegna pur di non conferire
a Valdesi quel posto.
Del favore di cui il Geymet godeva
presso il Sovrano stesso e presso le
più alte personalità non solo politiche ma anche religiose, fanno fede
non solo il Memoriale che il generale
Zimmerman aveva trasmesso a Vittorio Amedeo III, ma anche l’interesse
che per lui e la causa valdese dimostravano alcuni prelati cattolici quali, specialmente, il curato trappista
C. E. Mulderr de Melsene, rettore della parrocchia dell’Indritto in vai di
Susa, col quale Geymet ebbe a corrispondere con una intesa profondamente cristiana.
Dopo torbidi anni nel corso dei
quali il Geymet si trovò a dover fronteggiare situazioni critiche e difficili,
col 1798 e coll’occupazione dei Francesi si apre un’era nuova per i vaidesi e si può affermare che 1 15 anni
che seguirono furono molto importanti nella loro lunga storia: 15 anni di libertà dopo secoli di oppressioni e persecuzioni. S’inizia qui l’attività politica e la collaborazione ai
Governo di Pietro Geymet anche se
potè dimettersi dalla carica di Mo
deratore soltanto nel 1801.
Nel 1799, proclamata l’annessione
alla Francia, è nominato Membro
dell’Accademia di Pubblica Sicurezza e dei Comitato Annonario e poi
quella di. Coispettore Superiore delle
Relazioni Estere. Per sobbarcarsi a
tante responsabilità politiche, civili e
religiose ci voleva davvero la fibra e
l’intelletto poliedrico del Geymet, pri
mo rappresentante dei Valdesi in ambienti politici di ootì grande importanza. ’
Quanta parte in-ogni singola deliberazione spetti a lui non è facile
stabilire. Cèrto è die la proclamazione dell’uguaglianza dei diritti e dei
doveri civili, quella dell’uguaglianza
e della libertà di culto, la soppressione dell’inquisizione e della tortura,
dovevano trovare in lui im leale e
forte sostenitore. H 3 Aprile dello
stesso anno, il Geymet è chiamato
a far parte deU’Amministrazione Generate del Piemonte della quale diventò poi Presidente quafido essa,
con l’occupazione russa, paissò ie Alpi. Ritornati i Francesi dopo nove
mesi in Piemonte, To troviamo ancora Membro della Consulta Legislativa. Geymet ebbe molta parte negli
orientamenti seguiti da questa e molti provvedimenti a favore dei Valdesi furono emanati per suo diretto interessamento (beni nazionali e sussidi ai pastori).
Il Geymet avrebbe potùto essere
eletto Prefetto, poiché era assai apprezzato ed aveva' ricoperto importanti cariche nel gpvemo. Infatti gli
fu offerta la Prefettura ^ Cuneo.
Egli però preferì ricoprire una carica
più modesta: quella di Sotto-Prefetto
di Pinerolo per potèr rimanere più vicino alle Valli e per essere utile ih
qualche modo ai §uol corfèligionari.
Naturalmente diede le dimissioni dalla carica di Moderatore e, affinchè i
suoi correligionari non pensassero nè
credessero che egli avesse lasciato la
carica per aspirare ad un’altra per
mero orgoglio ed ambizione, in una
lettera diretta al sùo successore Peyran, che se ne sarebbe reso interprete presso i comuni “colleghi, scriveva
non aver scelto egli indifferentemente un’incarico piuttosto di Un’altro,
ma in questo modo avrebbe potuto
rendersi con molta facilifi^ uÌìlè alle
Valli ed ai loro conduttori spirituali.
Infatti con la sua prudenza, la moderazione e lo zelo rese dei p’andi servigi non solo ai suoi correligionari
(durante il terremoto che colpì le
valli nel 1808 cérco con ogni mezzo
di raccogliere somme onde aiutare 1
sinistrati) ma giovò a tutta, la regione di sua giurisdizione che egli diresse con saggezza fino alla caduta
di Napoleone.
Meriti questi che non impedirono
alla Restaurazione di congedarlo
brutalmente. Florelisa . Vinçon
Parola d’ordine per i Valdesi
Se avete jSTM intrinseca, voi riuscirete; se no, resterete confusi
nella massaie non s'udrà più parlare di voi,,.
D'ora in avanti o voi sarete missionari o non sarete nulla... tutta
la vostra utilità futura riposa sul posto che voi assumerete nella
società piemontese e sull'attitudine morale e religiosa che saprete
avere in mezzo ad essa... Ó dovete rimaner nascosti nella vostra
oscurità, o dovete attirare gli occhi degli uomini su di voi. Se volete
che questo avvenga, bisogna che vi raddrizziate, o non potrete sopportare la luce della vostra propria candela...
...Bisogna avere la convinzione della vostra causa e l'ardimento
di camminare diritto in avanti sul cammino delle libertà civili e
religiose, senza idee preconcette, con probità e perseveranza; se no,
sarete sorpassati, eclissati, cancellati dal catalogo.
0 diventate una realtà
o non sarete nulla I
Parole scritte da Carlo Beckwith al Pastore Lantaret, il 4 gennaio 1848, presentendo vicino il gran giorno dell’Emancipazione dei
Valdesi. Egli conosceva le condizioni spirituali della popolazione
Valdese, se ne preoccupava e additava ai Valdesi il significato della
loro presenza in Italia. Le sue parole hanno un particolare sapore di
attualità e le consideriamo degne di meditazione, da parte dei Pastori e delle Comunità.
Red.
Per la Libertà religiosa
A Firenze, nei giorni scorsi, si è
tenuto il primo Congresso dell Associazione per la libertà religiosa in
Italia.
Non possiamo che rallegrarci della
iniziativa rii cui pochi giornali de)
resto hanno dato notizia, in ben altre faccende affscendati. E ci raiiegriamo anche del fatto che il problema della libertà religiosa sia pasto
di fronte aìl’attenzione degli studiosi,
dei politici, dei rappresentanti dille
organizzazioni religiose e del pubblico in generaie: Segno che il problema esiste e che dei « laici », dalla
mente aperta e libera, ne discutano
in un’atmosfera serena, senza spirito di parte.
Tra i congressisti ha anche parlato
il prof. Giorgio Peyrot. Pur riconoscendo che, dopo le elezioni del 7 giugno sono diminuiti i soprusi a danno delle comunità evangeliche in Italia, ha sottolineato il fatto che ^numerose sono ancora oggi le azioni
giudiziarie intentate solesse con i ffi#strani pretesti, mentre i’opinione
pubblica ed i partiti continuano a
mostrare scarsissimo interesse per
questi probiemi.
Il prof. Raffaele Petazzoni, uno dei
maggiori studiosi della storia delle
religioni, ha chiarito che non bisogna
lottare soltanto contro le disposizioni di legge, ma contro « 1 animus »
che le informa. Oggi, dice la Stampa
di Torino nella sua cronaca del Congresso e riferendosi al discorso de)
prof. Petazzoni, « in Italia occorre
far sentire più profondamente i valori della religione, oltreché difendere le confessioni di minoranza >K
Il prof. Giorgio Spini ha proposto
che i’Associazione presenti una serie
di richieste positive, fra cui l’abolizione della legge 1929 sui culti ammessi ed il prof. Luigi Rodelli ha fatto una lunga relazione sulla libertà
religiosa nelle scuole italiane, specialmente nella primaria, dove il processo confessionale si sta _ sviluppando con accentuata intensità.
11 XÏÏ1 Febbraio a Ginevra
Ore 10 : Culto solenne nel «Tempie
des Eaux-Vives» celebrato
dal Past. Giorgio Toum.
Cori della Maîtrise Protestante.
Ore 12,30: Pranzo al Buffet de la gare.
Ore 1430: Commemorazione storica,
messaggi dei Past. Toum,^
Tron è Rìvoir, cariti.
Ore 19 : Convegno della gioventù
valdese alla « Maison de
paroisse» - Bourg de Four
24.
Inoltre ricordiamo ai Valdesi residenti e di passaggio a Ginevra, l’esistenza della Unione Giovanile Valdese con sede alla Bue de Carouge 35
ogni mercoledì sera e i culti in lingua italiana celebrati ogni domenica
al «Tempie de St. Gervaìs» Chapelle de l’Escalade, alle ore 15,15 dal
Past. Enrico Tron.
Dand' Madleno s'est assoupie
dans la tiède atmosphère de son
écurie, tout près de la Rousso qui
rumine tranquillement. Mais elle
ne dort pas longtemps... Voilà
les garçons du village qui font irruption dans son étable. Madleno
Se réveille en sursaut et, mécontente, a un geste d'impatience.
Les garçons ont laissé la porte large ouverte et il y a une bise glaciale, la bise du Coll Elle pense
que les enfants de cette génération n'ont pas d'égards pour lei
vieux. Autrefois!... Mais les garçons crient à tue-tête qu'il leur
faut du bois, beaucoup de bois
pour le "falò".
" C'est la fèto, vous l'aviez oublié Dand' Madleno? ".
L'attitude de la vieille femme
change du tout au tout.
" Oui, mes braves enfants, je
vais vous donner une fascine, non
ce n’est pas assez, prenez-en deux,
des plus grosses, des plus sèches "... Et les garçons s’en vont
tout à la joié d’allumer un feu,
un grand feu!
Dand’ Madleno reste seule
avec ses pensées. Comment a-telle pu oublier une date si mémorable? C’est sa mémoire qui lui
fait défaut depuis quelque temps.
Elle lui a joué un mauvais tour!
C’est vrai qu’elle n’a pas de calendrier et qu’elle vit bien isolée.
Heureusement, maintenant que
les enfants l’ont réveillée, les souvenirs reviennent peu à peu, par
degrés tandis que la Rousso rumine tranquillement comme si la
veille du 17 Février était un jour
comme tous les autres!
* * *
Et d’abord une date, la date,
le '48! Quelle année pour les
Vaudois! Comme tout change
pour un petit peuple persécuté!
Puis le Nom qu’elle répète à voix
basse avec respect et tendresse en
même temps: bon Charles Albert! Le roi qui a donné la liberté aux Vaudois! La Liberté! Que
serait la vie sans la Liberté, se
demande Madleno: une horreur!
Elle est contente d’avoir donné
de son bois, pour célébrer la fèto, la fête par excellence.
Oh! elle a eu beaucoup de peine à le ramasser ce bois. Chaque
fois qu’elle se baisse elle sent une
douleur digue dans le dos, ce pauvre dos qui s’est courbé peu à
peu à force de porter des fagots,
des poids trop lourds pour utk
femme et par des sentiers glissants, malaises. Mais elle est contente d’avoir donné, deux fascines et des plus sèches. Tant pis
si elle aura plus de peine à allumer son feu. Elle a quelquefois
pleuré d’être si pauvre, i pauvre
Madleno! mais ce soir .jelle se
sent riche. C'est l’esprit du 17
Février qui souffle avec le vent
du Col... Elle pense à son héritage, à cet héritage que personne
ne peut lui ravir parce qu’elle y
a droit. Ce sont ses pères qui ont
lutté pour la Liberté, la liberté
religieuse, la plus précieuse de
toutes, cette liberté qui donne de
la valeur à la vie — même la plus
pauvre... Elle pense qu’elle porte un nom glorieux (c’est sa seule fierté) le tiom d’un des héros
de Balsille et son dos se redresse
peu à peu. Elle a aussi pleuré
quelquefois d’être seule mais ce
soir elle se sent en compagnie —
et quelle compagnie! — les héros,
ses pères sont là tout près d’elle,
si vivants!... Elle pense:” Les
canons étaient braqués en face de
la Balsille, et une scânte indignation lui soulève la poitrine ":
Oh vous pensiez qu’ils auraient
eu peur n’est-ce-pas? qu'ils se seraient rendus? Mais ne saviezvous pas que Dieu donne du courage à ceux qui combattent pour
une bonne cause? Ne saviez-vous
pas que l’amour de la Liberté est
tellement enraciné dans le coeur
des Vaudois qu'ils préfèrent mourir que de vivre sans elle?... Les
souwnirs maintenant reviennent
en foule dans la pauvre tête de
la vieille Madleno. Il lui revient
aussi des airs qu'elle chante >'i
voix basse, des airs de 17 Février.
La Roüsso en est si étonnée qu'elle cesse un moment de ruminer
son foin.
* * *
Mais les enfants doivent avoir
allumé le ” falò ” mdintenant.
Madleno va le voir de sa petite
fenêtre. Il y a déjà une petite
flamme tremblottante, Les enfants jettent mainterumt de grandes brassées de bois (le sien peutêtre). Elle est contente d’alimenter la flamme elle aussi, la flamme qui danse pure, légère. Même les arbustes rabougris sont
maintenant illuminés et font penser à des arbres de NoH.
C'est beau! Mainterumt tous
les falò de tous les villages sont
allumés. C’e.st féerique!
Tout le vallon est illuminé.
Comme H est beau ce vallon! Ne
importe si la vie y est dure! Madleno est heureuse d’y être née.
d’y vivre en liberté et elle espère
y mourir. La terre lui sera plus
légère ici qu’ailleurs! La flamme
' monte, monte, joyeuse. Elle n’éclaire pas seulement tout le paysage qui semble enchemté, elle
raconte avec des langues de feu
des choses merveilleuses, incroyables et pourtant vraies! C’est l’épopée des Vaudois, des Invincibles! La flamme monte encore
plus haut, toujours plus haut:
victorieuse, triomphante! Elle
parle de la Glorieuse Rentrée!
Dand’ Madleno joint les mains:
" Merci, mon Dieu, de les avoir
aidés à revenir! ” Et avec les
mains jointes elle reste là longtemps, recueillie reconnaissante.
Maintenant le falò n’est plus
qu’un grand braizier. Les mélèzes ne sont plus éclairés par des
lueurs fantastiques et ont remis
leur manteau sombre, le manteau
de tous les soirs. Les petits villages, perchés sur la montagne, ne
sont plus enchantés, ils ne sont
plus que de pauvres masures. La
métamorphose, la fantasmagorie
est finie! Mais de son pauvre
grabat, devant les yeux fermes
de Dand’ Madleno une flamme
danse encore légère, pure, victorieuse, triomphante. Elle monte,
elle monte! Madleno est contente d’avoir donné de stm bois.
C’est la fèto!
G. Thon
4
4 —
,.V
■'fc.
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L«BCO DÉUJS TiUXI TALDISI
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i Ci rallegrwmo nel notaresche le Borse di
Studio istituite ed elargite daJl’AlCE continuano a dare i frutti aperati.
(Quando glt imegnantì evangelici, nelFormai lontano 1951, dtbero l’idea di venire
finanziariàniente in aiuto agli studenti più
bisognosi residenti alle Valli, per avere un
giorno nuovi maestri i qpali volessero con
impegno e amore curare e dirigere le nostre scnolette di montagna^ e si iniziò la
raccolta dei fondi per delle Borse di studio, con la prima oiferta della Signora Edi' na Ribet di Torino, si ebbe fede nella buona riuscita della cosa. Prima ancora di avere i fondi furono bandite due borse di lire
25.000 caduna: e i soldi arrivarono in misura sufficiente per far fronte agli impegni.
Da allora sono state assegnate ben quindici Borse di Studio x>er un importo di oltre lire 350.000 e molti vi hanno contribuito con piccole e grandi offerte. Due delle
nostre beneficate già hanno conseguito il '
Diploma di Abilitazione Magistrale e una
terza lo conseguirà, pensiamo, quest’anno. ■
Stiamo ora raccogliendo le offerte per le
tre Borse di 25.000 lire caduna che saranno
bandite nelTottobre di quest’anno. Siamo
certi che le persone buone e generose saranno ancora e sempre numerose.
1 versamenti vanno fatti sul C. C. n.
2-40715 intestato al Mo Dosio Levi Trento
- S. Secondo di Pinerolo (TO).
Ecco le ultime offerte pervenuteci;
Revel llda .(S. G. Chisone) 2.700; Bounous Olga (S. G. Chisone) 1.000; Jalla Ada
(Ivrea) 1.2(K); Tron Emanuele (Genova) 400;
Pascal Eletta (Torino) 400; Rivoiro Pellegrini Ugo (Torino) 15.000; Rivoir llda
(Torre Pellice) 400; Grill Elio (Prali) 400;
Albarin Maria (Milano) 2.000; Sommani
Lina (Pomaretto) 2.000; Platzer Elide (Milano) 1.500; Jahier Eugenio (Torino) 100;
Cossi Mirella (Cesano Mademo) 400; Jervis
Lucilla (Firenze) 1.000; (Jardiol Frida (Trieste) 700;. Malan Frida (Torino) 400; Trogliotti Tron Eulalia (Vercelli) 700; Tron
Eìmilio (Vercelli) 400; Tron Enzo (Rodorctto) 700; Boncihaid Davide (Prali) 1.000;
Tron Matilde e Em^to (Pomaretto) 400;
Marquet Franchie (Francia) 1.400^ Avondetto Federico (Torino) 500; Gay Marcella
(Pinerolo) 5.000; Bouissa Clementina (Torre Pellice) l.OOO; Geymonat Elena (Torre
Pellice) SOO; Ribet Liliana Torino) 500;
Ribet Edina (Torino) 1.000; Gardiol Yvonne (New York) 15.425; Cari Elsa (Torre
Pellice) 1.000; Coisson Assely (Inverso Rinasca) 400; Giacone Giorgina (Torino)
1.000.
VALDESn nella settimana^dal 10 al 17 Febbraio la Tavola
' Valdese vi invita a dare alla Chiesa la vostra
ÙFFERTA D§
RINUNZIA
In occasione del Cu^ del 17 Febbraio e nella serena e riconoscente atmosfera di|quel giorno, non dimenticate di servire
la Chiesa anche con*de vostre offerte
E siate generosi ! ! !
DALLA
Corso Oddone
/ nostri Culti sono stati frequentati bene
la doménica mattina, discretamente il giovedì sera. Dobbiamo dire con gratitudine
a Dio e a tutti i fratelli, che le nostre assemblee domenicali hanno sempre riempito U Tempio, e in alcune occasioni (ripresa della. Scuola Domenicale, visita del
pastore Bosio, ammissione di sei fratelli e
sorelle provenienti dal cattolicesimo) si è
rivelato insufficiente ad ospitare tutti i presenti.
Il giovedì sera Ita visto ogni settimana il
consueto gruppo di 25-30 persone fedeli,
che sentono il bisogno di interrompere i
sette giorni con un’ora di meditazione della Parola di Dio, L’atmosfera accogliente e
familiare della nostra saletta ha un fascino
particolare, per cui gli « affezionati » del
giovedì sera si ritrovano quasi immancabilmente ogni settimana. Quest’anno il
gruppo si è accresciuto di alcuni visi nuovi, e speriamo che la partecipazione vada
ancora aumentando. E’ stato seguito con
interesse lo studio del libro, di Daniele,
così importante per la sua attualità e per
le discussioni a cui dà adito. '
La Scuola Domenicale ha quest’anno 105
iscritti (cifra record), e le presenze sono
giunte fino a un’ottantina.
« Bicchier d’acqua ». — Domenica 18
Novembre la Sig.ra Ribet ha visitato la
nostra S. D. per illustrare quest’opera a
favore delle zone depresse della nostra patria. Ed ora ci manda questo comunicaUìi
che ci rallegra profondamente:
« Quest’anno vi è stata una vera gara di
entusiasmo nel donare da parte dei bimbi
delle scuole domenicali e di molti fratelli
e sorelle della comunità, di modo che ab
biaìno raccolto più di un quintale di ve
stiario in un mese. Tutto è già stato spe
dito, parte alle nostre chiese dell’Italia me
ridionale, parte ai due orfanotrofi delle
Valli Valdesi, iqom’era stato stabilito. Il comitato che presiede a questa . raccolta ringrazia vivamente tutti i generosi donatori.
.Si prega di specificare sui pacchi che ci
portate: «Per il dono del Biochier d’acqua y>; ed anche il nome del donatore, al
fine di poter accusare ricevuta ». Il comitato del donò del « bicchier d’acqua », Signore: Edina Ribet,. Mariuccia Jonscotta,
Marcella Bertolé, Zelia Pons, Laura Rostagno.
Corso Vittorio
Scuola Domenicale. — La Scuola Domenicale ha riaperto le sue porte ai nostri
bimbi e ragazzi. Gli iscritti sono I40. Un
bel numero che supera quello degli scorsi
anni, ma è ancora lungi dal raccogliere tutti
gli alunni che dovrebbero e... potrebbero
venire.
I nostri Culti.
Non crediamo peccare
Libri sulla storia valdese
Ooitto anni tU Storia Valilese CI848-1946) L. 1.000
Storia dol Valdaal di ERNESTO COMBA . . L. 800
Brovo Storia da! Valdesi di ERNESTO COMBA . . L. 300
Brovo guida storloa dello Valli Valdesi -
L. 250
Vita eroloa di Giosuè Glanavollo di ATTILIO JALLA . L. 150
Pietro e Franoesoo di MAX EYNARD . . . . . . . L. 500
LEGOETE E DIFFONDETE LA STORIA VALDESE
di facile ottimismo affeimando che la frequentazione dei nostri Culti è ancora migliorata. E’ cosa che tutti possono personalmente constatare. Ne ringraziamo il Signore augurandoci che tali assemblee, sempre più numerose, siano veramente l’indice d’nn risveglio spirituale e rendano sempre più efficace la nostra testimonianza .
evangelistica. Riteniamo però che ci sia ancóra molto da fare e che molti miglioramenti siano ancora possibili. Pensiamo soprattutto alle Conferenze della Domenica
pomeriggio i cui uditori sono in continuo
aumento, ma che vorremmo veder presto
raggiungere assemblee numerose come quelle deL mattino. Desidereremmo che i Membri di Chiesa si rendessero conto dell’importanza di questi culti per la nostra opera di evangelizzazione e sentissero sempre
più il loro dovere di concorrere, con la loro partecipazione, a renderli più efficaci.
Soltanto infatti una numerosa assemblea di
fedeli può testimoniare adeguatamente di
fronte agli uditori occasionali delle conferenze. Pensate solo alla necessità che ci
siano neU’assemblea almeno duecento Membri di Chiesa perchè il canto degli inni
risuoni degnamente nel Tempio, in modo
da ben inipressionare gli estranei che vi
entrano.
Che si tratti di un’opera importante lo
dicono le cifre '^iù che le parole: infatti
Via Nomaglio
La nostra saletta di Via Nomaglio è sempre stata al completo, domenica dopo domenicà, ed in qualche occasione varie persone non hanno trovato posto a sedere,
nonostante, si sia provveduto all’acquisto di
nuove sedie per arricchire rarredamenlo
del locale.
Nelle Domeniche d’Awento è stata svolta
una serie di conferenze nelle quali il Prof.
G. Tartara ed il Pastore Ayassot si sono
alternati trattando un seguito di argomenti
sulla persona e sul messaggio di Giovanni
Battista il precursore di Gesù.
NELLA CHIESA DI PINEROLO
Domenica 27 gennaio, su iniziativa delPUnione femminile di Pinerolo, ha avuto luogo una bella riunione di più di sessanta sorelle in fede,
molte delle quali non possono prendere parte alla vita dell’Unione per
ragioni di lavoro:
Occasione più favorevole non poteva essere creata, per consentire di
stringere legami di simpatia, di approfondire conoscenze reciproche, di
rinnovare seritimenti di attaccamento e d’amore alla Chiesa ed all’opera sua.
Dopo un breve messaggio delle Signore Rostan e Fornerone Pattini, il
Pastore ha fatto uno studio su « Renata di Francia, duchessa di Ferrara », rievocandone la figura e là parte da lei presa nell’accogliere e favorire a Ferrara i simpatizzanti della Riforma Protestante in Italia ed
i Riformati francesi fuggiaschi dal
la loro patria.
La riunione che ha lasciato iii tutte le partecipanti un buon ricordo,
si rinnoverà D. v. domenica 17 marzo.
L’Unione glovanfle di I^eiolo Uà
fatto visita all’Unione di Torre Pellice, sabato 26- gennaio. Essa ringrazia gli amici di Torre Pellice per la
loro. cordiale accoglienza.
Il 22 gennaio è deceduta presso
l’ospedale della Molinette a Torino
la nostra sorella in fede Jolanda Stegel, originaria ’di Fiume, da dove era
giunta subito dopo la guerra.
Al marito, alle due figlie residenti
negli .Stati Uniti, giungano ancora
le espressioni della nostra solidarie
tà cristiana nella fede.
Al culto del 10 febbraio," iniziandosi la Settimana Valdese, il Pastore
ha rievocato la figura di Carlo Be
ckwith, grande benefattore del pò
polo Valdese nel secolo scorso, e ne
ha tratto motivi di rifièssione e di
monito per la testimonianza dei Vaidesi in questo tempo.
Una folla di amici e di conoscenti ha fatto corona agli sposi Ide Co- ,
stantido e Vi"vine Borno di San Secondo, sposatisi nella Chiesa di Pi
nerolo lunedi 11 febbraio. Là sposa
è una fedele monitrice alla Scuola
Domenicale di San Secondo ed insegnante di religione nelle scuole elementari.
A lei èd a suo marito giunga il
pensiero augurale della Chiesa per
una vita di fedeltà reciproca nella
gioia cristiana.
nioni quartierali: a Indiritti, Villa,
Ghigo, Orgere e Pomieri, presentando meditazioni e studi missionari e
raccogliendo offerte per l’opera delle
Missioni.
Il programma delle celebrazioni
del 17 febbraio è il seguente: sabato
16, alle 19,30 al suono, della campana
saranno accesi i tradizionali falò
nelle diverse borgate.
Domenica mattina due cortei con
le bandiere si incontreranno al ponte di Ghigo alle 10 precise. Un corteo verrà da Ribba raccogliendo al
passaggio le persone della parte alta
della parrocchia; l’altro corteo verrà
da Villa e raccoglierà quelli della parte bassa. Accompagnato dalla banda
niusicale il corteo generale si recherà
ai Tempio dove il culto comincerà
alle 10,30 esatte.
Direttore: Prof. Gino Òostabel
Pubblicazione autorizzata dal Tribunale di
Pinerolo con decreto del 19 gennaio 1955.
Doni por TEeo dello Valli Valdesi
DI TORINO
in circa un solo anno abbiamo distribuito
ai visitatori del nostro Tempio di Corso
Vittorio diecimila fogli di spiegazione sulla nostra fede! Se si tiene conto che tali
fogli sono distribuiti uno per famiglia (nel
caso di familiari che vengano assieme) ci
si renderà conto di quante migliaia di persone entrino nel nostro Tempio ogni anno!
Ai Culti del Mercoledì sera siamo ormai
costantemente ad una quota di presenze che
supera le cento persone. Ma anche qui desideriamo fare ulteriori progressi e pensiamo che questi Culti, in mezzo alla settimana, potrebbero attirare un numero almeno
doppio di membri di Chiesa.
f Clot Cesare 100; Jourdan Jean 200;
Bonnet Rosina 100; Massel Olga 200;
Peyronel Enrico 200; Crespi Felice
250; Pons Umberto 100; Meytre Oreste 200; Micol Luigi 200; Dana Giacomo 1.750; Ferrerò Luigia 100; Artero Alfredo 100; Dàvit dulie 200;
Priore Alberto 250; Polo Giuseppina
200; Grilli Bruno 250; Bova Demetrio 250; Perro Giovanni 150; Fantino Guido 250; Elsa Gandino Penelli 250; N. Frizzoni Steiner 150; R.
'Steiner 150; Fernando Pellegrini 250;
Cléanthe Rivoiro Pellegrini 250; Benech Paolina 200; Rostagno Emilio
250; Maurino Celina 100; Ribet Oscar 100; Rostan Arturo 125; Conte
Gino 500; Pavoni Bianca 200; Barbara' Sweifel 250; Fam. Kesselring
250; Piero- Quercioli 250; Emilia Peri 50; Grill Paolo 250; Long Tomaso
150. Errata corrige : Davide Bouchard
500 anziché 5.000.
Ringraziamo quanti aggiungono all’abbonamento un’offerta per il giornale.
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non oltre il mese di Febbraio.
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laboratori. Io piano 5 vani. Ilo pia
no 5 vani. Rivolgersi Pro Valli, Casa Valdese, Torre Pellice.
La famille de la très chère et regrettée
Hélène Arnoulet
veuve Mondon
remercie de tout cosur les personnes
qui ont'pris part à son deuil et particulièrement Messieurs le Pasteui
Jahier et le Docteur Pellizzaro.
Je t’ai appelée par ton nom,
tu es à moi. Es. 43; 1.
Luserna S. Giovanni, le 3 février ’57
La famiglia Poét vivamente commossa per il tributo d’affetto dimo
strato da parenti ed amici in occasione della dipartita da questa vita
terrena del suo congiunto
Poët Umberto
ringrazia tutti coloro che con la loro
presenza e con scritti hanno manifestato la loro stima e recato conforto
nell’ora del dolore.
Traverse di Perrero 10-2-1957
Redattore: Ermanno Rostan
Via dei Mille, 1 - Pinerolo
tei. 2009
Sede e Amministrazione
Editrice Claudiana
Torre Pellice - c.c.p. 2/17557
Tipografia Subalpina - 5. p. a.
Torre Pellice (Torino)
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Pinerolo • ?i*'**'* Miradolo, di fronte alla caserma degli Alplìil
■ (Ca.^enoa Berardl)
Frali
Domenica 9 febbraio la parrocchia
ha avuto il piacere di udire la predicazione del sig. Bruno Bellion, Presidente della Società Missionaria
« Pra del Torno ». I. giovani studenti
della « Pra del Tomo » la sera precedente avevano presieduto diverse riu
Non aspettate restate
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