1
Spett.
Biblioteca V‘'*^OOTE
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Riguardate alla roccia onde foste tagliati !
(Isaia LI, 1)
Torre Pellice, 28 Marzo 1941-XIX
N.'13
DELLE
Setti an«
della' Chies
Veld«
abbonamenti
g Italia e Impero . . ' . Anno L. 15 — Semestre L. 8
o c Parrocchie del Primo Distretto . » » 12 — » » 7
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' Nulla sia più forte della vostra fede I
(Qianavello)
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Direttore I Prof. QINO (OSTABEL
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AMMINISTRAZIONE: Via Carlo Alberto, 1 bis - Torre Peixice
REDAZIONE: Via Arnaud, 27 -Torre Pkluce
Ogni cambiamento d^indlrizzo costa una lira
Cent. 30 la copia
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Perfetta letizia
E’ il secondo opuscolo della « Serie
azzurra » in cui il prof. Giovanni Miegge tratta a volta a volta di essenziali
argomenti della vita spirituale.
Il titolo non deve indurre in errore.
Detta pubblicazione non ha a che fare
con certi trattatelli in cui tutto è canto
di lode e giulivo battere di mani, ed in
cui le prove del cristiano sono sempre
delle grazie del cielo o degli ostacoli
facilmente superabili.
Le afflizioni delle anime pie e le loro
sofferenze angosciose e piene di doloroso mistero sono qui riconosciute, ed
esposte senza velo. No, malgrado la
loro fede e pietà, i cristiani non sono
esenti dalle prove. E la loro prova non
si risolve sempre in benedizione; sovente essa riveste degli aspetti sconcertanti, rappresenta un vero cimento, e
rimane un "enimma.
Questa impostazione del problema,
rispettosa della realtà dei fatti ed in
cui è ognor presente una simpatia profonda e virile per il travaglio di chi
soffre, vi colpisce sin dalle prime pagine e conquista la vostra fiducia.
Siamo ancora lontani dalla « perfetta
letizia », ma bensi preparati via via a
credere in un aiuto efficace che si annunzia come una liberazione. Non necessariamente liberazione materiale dalla prova, ma liberazione dalla prova
morale che è intollerabile cimento e
travaglio.
E questa liberazione consisterà anzitutto « nell’aspettare l’Eterno », nel
cessare vale a dire di fare del proprio
m,ale e di sè stesso il centro di tutti i
pensieri e di tutti i perchè, e di « abbandonarsi a Dio », al suo amore e al
suo volere.
Allora si adempieranno le promesse
delle Beatitudini: sEu*anno beati quelli
che fanno cordoglio, perchè saranno
consolati. E la liberazione sarà, ancora
più precisamente, il Regno di Dio in
noi, la promessa che contiene tutte le
beatitudini, ed è un vivere con Dio, in
Cristo, « la vita nascosta con Cristo in
il Dio ».
Anche se la prova è materialmente
prolungata, è intimamente superata,
perchè diventa dolore santificato, una
vera e propria partecipazione alle sofferenze della Croce. E quando uno accetta di soffrire coi sentimenti che
erano in Gesù Cristo, accetta di togliere
ogni giorno la propria croce per seguirlo, la prova stessa diventa strumento di liberazione. Sarà il sorgere di
una vita nuova, una vita salvata, per
ohi avrà voluto « perderla » per amore
di Cristo.
E allora sì è maturi per credere a
quella « perfetta letizia » di cui è parlato in S. Giacomo 1: 2: « Fratelli miei,
considerate come argomento di completa allegrezza le prove svariate in
cui venite a trovarvi»; ed anche maturi
per desiderarla e gustarla, in attesa di
possederla appieno nella luce della risurrezione, al di là della croce.
Il problema del dolore non è risolto,
ma il cuore è liberato dai suoi perchè
angosciosi, ha trovato la sua pace e
cwitempla per la fede la letizia perfetta.
Dopo questo breve cenno ci rimane
il dubbio e timore di avere impoverito
e forse anche guastato, con la nostra
forzata incompletezza e imprecisione,
il chiaro e nutrito studio dell’Autore,
che è magnifica sintesi della rivelazione
biblica intorno all’arduo argomento.
Ma è più forte in noi il desiderio che
questo eccellente lavoro sia conosciuto
e letto da molti. E sappiamo per esperienza che si è più invogliati a leggere
un libro quando qualcuno ci ha parlato,
oltre che dei meriti dell’autore, del contenuto del suo libro e ci ha dato del
medesimo qualche primizia. E siccome
non c’è bisogno alcuno di ricordare i
pregi di pensatore e scrittore cristiano
del professore Miegge, ci siamo permessi di attenerci alla nostra esperienza, anche con qualche danno della
brevità.
Osserviamo infine che, denso come
egli è di pensiero e dottrina, questo libretto uguaglia un libro, e si presta ad
essere riletto e meditato con notevole
giovamento. Diremo anzi che non è
fatto per lettori superficiah e che richiede riflessione e meditazione. Ma
chi l’avrà letto con queste disposizioni
di spirito non mancherà di trarne degli
insegnaménti preziosi e, meglio ancora,
di riceverne edificazione profonda e
qualche nuovo raggio di luce da Alto.
XXX.
Via il bdlctta
Apro una poderosa Enciclopedia e
leggo:
« L’uso del belletto è molto antico. In
Giudea, in Egitto, nella Grecia, in Roma
le donne usarono annerirsi gli occhi, le
sopracciglia, colorirsi le gote, le labbra,
tutte le parti del viso. Presso i Greci ed
i Romani, specialmente ai tempi degli
Imperatori, quest’uso ebbe quasi l’importanza di un’arte, e da allora si
mantenne fino ai giorni nostri. E’ notevole averne trovato l’esempio anche
presso i popoli selvaggi dell’Asia e dell’Africa, tra i quali le donne si coloriscono il viso e m.olte parti del corpo per
apparire più belle, e gli uomini fanno
altrettanto per rendersi più terribili agli occhi dei nemici. Pare certo che il
primo belletto usato dai popoli antichi
fosse il cinabro (solfuro di antimonio)
di cui le donzelle giudee si tingevano
1 occhio in giro perchè paresse più
grande. I profeti Geremia, Isaia ed Ezechiele rimproveravano alle donzelle
giudee di tingersi gli occhi con l’antimonio. In Africa S. Cipriano perorava
grandemente contro quest’uso di tingersi gli occhi ed i sopraccigli e gridava: « Intinge oculos tuos non stibio diaboli, sed collyrio Christi » (Tingi gli
occhi tuoi non con l’antimonio del diavolo, ma col collirio di Cristo).
Dunque: primo, l’uso del belletto era
in voga presso i selvaggi e le nazioni
dette civili nel periodo della loro decadenza; secondo: i profeti hanno condannato l’uso del belletto; terzo: la
Chiesa cristiana ha preso posizione fin
dall’inizio contro simili pitture del corpo umano.
Quand’ìo ero ragazzo, abitava nel
cortile di casa mia un’onesta famiglia di
operai con numerose figlie. Una, la più
giovane, trovando ch’era troppo gravoso di alzarsi presto la mattina e lavorare in fabbrica, spiccò il volo per
la città. Se ne tornava poi, una o due
volte all’anno, impellicciata ed imbel' Iettata. Noi la si guardava e contemplava a bocca aperta, ma nel cortile i
grandi scuotevano la testa e bisbigliavano fra di loro cose a noi incomprensibili. Capii più tardi che lavoro fosse
andata a fare in città quella misera
creatura! E quando mi capitava d’incontrare per istrada qualcuna di quelle
. pèrsone imbellettate, una ripulsione istintiva sorgeva in me ed anche un gesto interiore di sprezzo e di commiserazione.
Ora, a distanza di poco più di venti
anni le cose son cambiate: l’uso del rossetto si è generalizzato. Conosco signo1« e signorine di costumi ineccepibili
che si dipingono il viso; per molte ciò
è’diventato tanto naturale quanto di
pettinarsi e di mettersi il mantello
I quando si esce di casa.
il riguardo che deve animarci verso
I qùeste persone non ci può però impeI dire d’elevare forte la voce contro un
simile uso ehe è pur sempre un segno di
decadimento individuale o collettivo.
Le donne che si danno il rossetto vogliono comparire diverse da quello che
veramente sono, vogliono illudere la
gente sulla loro età e sulla loro salute,
vogliono illudere se stesse e convincersi
d’essere sempre floride e giovani. Ma
ci riescono ?
Il belletto dà i colori della bambola e
della marionetta, delle attrici di teatro,
m,a non dà il colore della gioventù e
della salute. Chi sta veramente bene e
non è afflitto da febbre a 41 non ha
quei colori. Ed allora perchè tingersi a
Quel modo? Non c’è forse in molte di
quelle valdesine che s’imbellettano, :1
desiderio di essere una bambola per
l’uomo, un oggetto di divertimento e di
piacere sensuale e grossolano, più che
quello di essergli un giorno una valida
compagna ? Di svegliare in lui i sensi
erotici più che di suscitare il vero amore che è fatto di rispetto, di stima e
di ammirazione ?
O quanto stonate, care giovanette
valdesi, colle vostre labbra e guance
dipinte, nel quadro della natura di Dio,
nello sfondo delle nostre campagne e
dei nostri monti! Voi siete i fiori dei
nostri villaggi e delle nostre città. Chi
penserebbe mai di tingere i fiori dei
campi ? Eppure quanto sono belli, casti e puri ! Anche quelli a tinte pallide
hanno qualcosa che ci attira, più di
quelli a colori vivi ! La loro modestia ci
piace. Eppure non sono quelli i loro
colori naturali ?
* * «
Sempre la giovanetta o la signora
valdese imbellettata è come una nota
stonata nello sfondo dei nostri monti,
ma specialmente in due occasioni.
Quand’esse si avvicinano alla Santa
Cena e quando prendono parte a dei
funerali. Dinanzi alla morte che butta
giù yiolentemente la maschera delle
nostre illusioni mondane e delle effimere ambizioni, che è richiamo so
lenne a vivere per le cose che non passano e che hanno valore eterno, siano
i nostri volti schietti e puliti! E, come
'avvicinarsi alla Mensa di Cristo col
volto al rossetto e colle unghie carminie ? Che orrore prendere con tali mani e portare a tali bocche il pane che ci
parla in modo vivente del corpo di Cristo rotto sulla croce per i nostri peccati
e afferrare quel calice segno del nuovo
patto nel sangue del Redentore ! Se rossore vi dev’essere, sia quello del pentimento! O povera Chiesa! Tu, o Signore, l’hai riscattata col tuo sangue,
ed ella si presenta a te per dirti la sua
fede e la sua riconoscenza, per rinnovare la sua consacrazione e farti la sua
promessa di esserti fedele sino alla
morte, colle mani e colla faccia dipinte!
Sì, lo sappiamo « l’uomo riguarda all’apparenza, ma l’Eterno riguarda al
cuore » e non è solo il di fuori della nostra persona che dev’essere nettato ma
specialmente il di dentro e vi possono
essere degli ipocriti con la faccia com-'
punta ma col cuore pieno di ogni malizia dinanzi alla Mensa del Signore e
dei volti imbellettati con l’anima candida. Sì ciò è possibile.
E allora, poiché è « dal di dentro che
escono cattivi pensieri, fornicazioni,
furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, frode, lascivia, sguardo maligno,
calunnia, superbia, stoltezza » e • contaminano tutta la persona, che tutto l’essere nostro, interiore ed esteriore sia
sincero, puro !
Lasciate, care sorelle valdesi, alle
classi dell’aristocrazia e dell’alta finanza di certi paesi di darsi il rossetto!
Tutta la vita loro è un imbellettamento
ed una finzione ! Ma noi, che abbiamo
ereditato tradizioni di semplicità, che
proveniamo tutti, non esclusi i cittadini ed i ricchi d’infra noi, dalla madre
terra, anche in questo aspetto esterno
della vita, come in tutti gli altri più importanti e profondi, cerchiamo di essere in armonia con la nostra storia eroica, colle nostre valli dilette che per
tanti secoli furono rosseggiate dal sangue dei martiri. Siamo candidi come la
neve incontaminata delle vette e delle
pendici dei nostri monti !
1)1 «
Vi ho convinto ? Avrei anche potuto
ricorrere ad altri argomenti: la spesa
voluttuaria del rossetto, la perdita di
tempo prezioso a fare simili preparativi, il danno che tali ingredienti arrecano alla pelle che finisce per perdere
la sua freschezza naturale. E avrei anche potuto rivolgervi la domanda: se vi
colorite così ora che siete giovani, che
farete quando sarete più mature ? Oppure, farvi riflettere seriamente e chiedervi: la gravità dei tempi che attraversiamo non vi dice e non v’insegna
nulla ? Oppure: dove andrete a finire
di questo passo ? Quest’estate vedremo
anche le unghie dei piedi dipinte, come
si è visto nelle città e nei luoghi di villeggiatura l’estate scorsa...
Quanto a me ho deciso: il giorno che
vedrò mia moglie colle labbra dipinte
la sarà finita, baci da me non ne avrà
più. FRANCO.
* * «
Pubblichiamo ora questo articolo preparato per la Pagina della Gioventù de-
2
dicata alle Giovani, e che non ha trovato
posto nello scorso numero per V.ahhondanza di materiale. . . ì;
%■'. ■ i'- ■ ■ > . '•
Da quanto dice Franco si è indotti a
credere che l’uso del rossetto si sio generalizzato nelle nostre Valli. Possiamo invece affermare con conoscenza di
causa che le donne valdesi che si dipingono le labbra sono rare come le mosche ... rosse, per fortuna.
Ma l’appello di Franco non è inutile^
E’ necessario, sì, e fastidioso; ma come
lo svegliarino che suona sempre troppo forte. Non era necessario tutto quel
baccano per svegliarci, esclamiamo irritati stropicciandoci gli occhi! Intanto ci
siamo svegliati all’ora giusta, ed è l’essenziale.
Questo del belletto non è che un aspetto del più vasto e complesso vroblema dell’infiltrazione della mondanità nelle nostre Valli. Problema che è
stato già trattato e che ogni Valdese di
qualunque sesso e di qualunque età,
della città e della campagna, deve risolvere per proprio conto, alla luce della
sua coscienza cristiana e della responsabilità che la sua appartenenza alla
Chiesa valdese comporta.
Molte volte i nostri padri dovettero
faticare a costruire delle dighe per arginare i torrenti impetuosi che, precipitando dalle selvagge combé delle nostre montagne, minacciavano di rovinare i migliori prati ed i campi più fertili.
Oggi, la diga che dobbiamo costruire
ha per iscopo di proteggerci dalle alluvioni della mondanità che vengon dal
piano e dalle grandi città.
Giovani Valdesi, uniamo le nostre
forze per questa grande « roida ». Nessuno si tragga indietro! E voi, giovinette e donne valdesi, aiutateci nella nostra impresa! G. B.
Un dimenHcaio
(Michele Morel)
La sera del 5 aprile 1847, una decina
di studenti valdesi si trovavano' raccolti
nella modesta stanza di uno di essi, in
una qualunque delle vecchie vie di Giaevra.
Il più anziano, l’anfitrione, aveva
convocati i suoi compagni per porger
loro il saluto dell’addio, prima di ripartire per le avite Valli, ora che i suoi
studi teologici erano finiti e che egli poteva consacrarsi alla missione prescelta:
li sacro ministero della Parola, fra i
suoi correligionari.
Tutti gli studenti invitati accolsero
l’avvenimento inaspettato con grande
stupore e con curiosità assai impaziente
e naturale in giovani esuberanti di vita e
pieni d’amore per il suolo natio di cui
sentivano tanta nostalgia, dalla terra
straniera che li ospitava, e verso il quale
si dirigevano cosi spesso i loro pensieri!
Perciò, all’ora fissata, tutti varcarono
la soglia dell’accogliente camera del loro ospite insolito: « alto, grosso, dalle
folte sopracciglia, dal tono sostenuto e
superbo » come scriverà uno degli invitati.
Dopo i saluti vicendevoli degli intervenuti, l’austero ospite spiegò ai compagni il motivo della riunione: « Oggi,
disse loro, ho dato l’ultimo mio esame:
mi si dice che è stato giudicato buono.
Era una tesi che ho difeso accanitamente contro tutti gli attacchi che le furono
rivolti. Oramai libero, ritorno nelle nostre care Valli; ma ho voluto, prima di
partire, stringervi la mano. Troppo occupato quest’anno per potermi permettere delle visite, ì più giovani d’infra voi
non sanno gran che sul conto mio.
Sono originario di Rorà, patria dell’illustre Gianavello, e desidero combattere per la difesa della verità con lo
stesso ardore con cui egli ha combattuto
per la difesa della patria. Se non ho seguito i corsi della Scuola di Teologia come l’amico Durand Canton, gli è per
^ chè, senza mezzi di fortuna, ho dovuto
accettare la borsa offertami dall’Accademia, che non ha mai cessato di amare la nostra Chiesa. Ma fin dai primi giorni mi - sono tenuto in guardia
contro il socinianesimo professatovi da
alcuni professori; ed i nostri pastori, esaminandomi, vedranno se son riuscito
secondo i miei desideri.
Mi sono sempre piaciute le riunioni
fra studenti valdesi e parecchi di voi
sanno che per vari anni ho assistito ad
esse con la regolarità di un orologio,
benché spesso non vi abbia trovato altro
che noia. Io vi esorto però con tutte le
mie forize ad averne, non foss’altro che
per mantenervi valdesi in una città ove
si è tentati d’essere tutt’altro, sia politicamente che religiosamente».
Rotto il ghiaccio con questo discorso,
i convenuti si raccolsero familiarmente
attorno al neo pastore, gh strinsero la
mano ed ognuno portò il suo contributo
alla conversazione che ne seguì, calda,
spontanea, vivace. In ultimo fu anche
tratta qualche bottiglia da un provvidenziale armadio a muro e si bevve calorosamente alla salute ed al buon viaggio del felice Rorengo che presto avrebbe rivisto la sua famiglia, le sue Valli,
la sua Patria. '
% «
Il giovane valligiano che prendeva in
tal modo commiato da quel piccolo gruppo di suoi correligionari studenti a Ginevra, quasi alla vigilia delle, rivoluzioni
quarantottesche, era Michele Morel, il
futuro pioniere della emigrazione valdese d’oltre oceano.
Egli era nato a Rorà, nel 1819, da una
famiglia di agricoltori che, vedendolo
sveglio, intelligente, tenace, lo avviarono agli studi, col proposito di farne un
pastore. Chè nel secolo passato, la più
nobile ambizione di una famiglia valdese ed il suo più vivo desiderio era quello
di avere nella propria famiglia un pastore, un ministro della Parola.
Così, dopo aver seguito e compiuto gli
studi classici a Torre Pellice, Michele
Morel dovette recarsi all’estero per frequentarvi i corsi di Teologia. Dopo aver terminato, come si è visto, i suoi
studi nella città del Lemano, egli rientrò alle Valli per esservi consacrato pastore ed esercitarvi il sacro ministero.
Inviato alla Chiesa di Rodoretto, vi rimase per tre anni, dal 1847 al 1850;
quindi fu chiamato a dirigere la Chiesa
della sua parrocchia Natale, Rorà, ove
esercitò il suo ministero durante dieci
anni circa.
E’ in questo decennio che si deve
collocare il periodo, più importante di
. tutta la vita del pastore Morel. Perchè
è durante quegli anni di pastorato in
una delle più povere parrocchie delle
Valli che andò maturandosi in lui, a
poco a poco, la convinzione della necessità assoluta ed improrogabile, per ’a
popolazione valdese che il 1848 aveva
finalmente emancipato, ma che si trovava come soffocata nei vecchi limiti
del trattato di Cavour, di uscire dalle
Valli e di cercare in qualche parte del
mondo nuove terre da popolare e da colonizzare. E siccome d’altra parte era
il momento in cui le Repubbliche sorte
dalle guerre d’indipendenza dell’America Meridionale cominciavano ad organizzarsi ed andavano alla ricerca di emigranti europei, Michele Morel non
tardò a mettersi in relazione con un kgente della emigrazione in Argentina
.e a farsi il banditore convinto della necessità assoluta della 'emigrazione valdese nei giovani e promettenti paesi
d’oltremare.
Non è il caso di indicare qui tutte le
noie, tutte le difficoltà e le lotte che dovette sostenere il pastore Morel per difendere le sue convinzioni, contro numerosi, agguerriti e ragguardevoli avversari, che appoggiavano piuttosto una
emigrazione europea e qualcuno paranco italiana, ma dì tutt’altro tipo.
Chè se la prima doveva essere una emigrazione a carattere rurale, la se
conda era fatalmente destinata a diventare quasi esclusivamente una emigrazione urbana, con tutti i suoi inconvenienti ed i suoi gravi pericoli.
Grazie a Dio ed all’opera infaticabile
1% del sig. Morel, fu l’emigrazione rurale
ad avere il sopravvento: sì che oggi, dall’altra estremità dell’Oceano Atlantico,
noi abbiamo delle floride colonie e delle
Chiese numerose e viventi alle quali è
riservato un più grande avvenire, di
certo. Mentre l’urbanesimo ci avrebbe
dato verosimilmente qualche ricca famiglia in più, ma avrebbe anche infallibilmente inghiottito nel suo seno e
fatto scomparire un gran numero di
Valdesi che l’ambiente e l’isolamento
avrebbero sempre più allontanato dalle
loro origini, fino a rompere compietamente i legami che li tenevano uniti alla
loro Chiesa ed alla loro patria d’origine.
(Continua). th. p.
Nel mondo della scienza
Nel Mattino Illustrato, N. 52 del 2330 1940-XIX stralciamo, da un articolo
di Giannino Omero Gallo, consacrato
alle relazioni di Gabriele d’Annunzio
con i suoi medici, il seguente brano,
giusto riconoscimento della scienza del
nostro illustre correligionario, il senatore Davide Giordano:
« Per Gabriele d’Anmmzio il grande
chirurgo italiano Davide Giordano fu
soltanto un dotto invincibile. Ma se Davide Giordano fu « dottore invincibile »
d’Annunzio volle chiamarsi « guaritore
inguaribile ». Per un chirurgo di cosi
grande valore egli ebbe un rispetto
profondo e tuttavia una... audace opinione dì sè stesso. Il chirurgo di Torre
Pellice, la cui scienza è conosciuta in
tutta Europa, divenne « il grande Davide », ma, se voleva offrirgli le « Faville del Maglio », allora vi aggiimse, a
mo’ di spiegazione, « queste temerarie
vivisezioni di me medesimo ».
9|C * «
Della illuminata filantropica attività
scientifica di un altro nostro insigne
Maestro ci piace dar qui breve cenno,
spigolando dalla relazione che la prof.
Albertina Magri Fumo ha consacrato a
La Scuola Fascista di puericoltura dei
Fasci Femminili di Torino nel quinquennio 1935-940. Questa istituzione,
sorta nel 1920 per iniziativa del prof.
Emilio Meynier, con lo scopo di diffondere il concetto che il problema dell’infanzia dev’essere considerato . « come
un complesso problema di eugenica, dì
demografia, d’igiene e di difesa sociale, di progresso morale, economico e
culturale » e di « insegnare alle giovani
madri l’allevamento e l’igiene razionale
del bambino e la sua razionale assistenza in caso di malattia », questa Istituzione, diciamo, si è andata affermando
e sviluppando così da ottenere riconoscimento legale, l’inaugurazione di corsi magistrali speciali d’accordo con le
Autorità Scolastiche, cui parteciparono
nel primo decennio più di 500 maestre.
Non ci è possibile di seguire, qui, passo
per passo lo sviluppo dì quest’opera che
col 5 novembre 1935-XIV, passava al
Fascio Femminile di Torino, segnando
così « una meta raggiunta e l’inizio di
nuova e più fervida vita della Scuola,
che il Fascio volle sempre affidata com’era giusto - alla intelligente direzione del professore Emilio Meynier,
sotto la presidenza della Fiduciaria
dei Fasci femminili », e realizzò nel suo
campo, il com,andamento Mussoliniano
andare verso il popolo istituendo « un
corso speciale per bambinaie, allo scopo
di dirozzare le ragazze comunque addette alla sorveglianza dei bambini ».
Vogliamo solo notare il giusto riconoscimento della nobile attività svolta dal
prof. Emilio Meynier, la cui vita ed opera è stata ed è tanta parte della vita
e dell’opera benefica di questa Istituzione.
Una plffabòlalMérDa
^ L’abbiamo letta nel N.» 22 (28 maggio
1880) dell’Eco, e per quanto, come tutte
le parabole più o meno moderne, essa
sia ben lontana daU’inimitabile modello, pure vi è in essa una spirituale aspirazione, per cui non ci pare giusto di
lasciarla completamente nell’oblio, o se
preferite, per maggior precisione, affidata alla memoria dei nostri lettori
che 60 anni fa l’hanno notata.
Eccola adunque.
Vi era un uomo, ricco, che aveva molti beni, e molti parenti; in punto di
morte egli si ricordò dei suoi parenti e
pensò a separarsi dai suoi beni. E vi
era pure un uomo povero, che soffri/a
tutta la sua vita.
Ora avvenne che l’uomo ricco mori
molti anni prima del povero che egli
conosceva e, in punto di morte, egli
disse, ai parenti, raccolti intorno al suo
letto: « Io ho pensato a voi, nel mio testamento; vi ho lasciato più di quanto
vi sia necessario: godetene; solo vi chiedo che voi diate, a quel mendicante il
cui nome è scritto qui, questa piccola
somma, che lo aiuti a vivere ».
I parenti promisero, il ricco morì, i
parenti lo piansero e si affrettarono a
dividersi l’eredità.. ®rano buone persone, e mai venne loro in mente di impadronirsi del legato che dovevano versare al mendicante. Ma nepnure venne
loro in mente di far le pratiche necessarie per pagare il legato e rintracciare
il povero. Povera gente! avevano tanto
da fare: oggi gli avvocati, domani il notàio, poi il geometra, poi le tasse! Nessuno può comprendere quanti fastidi
porti con sè una grossa eredità! (Del resto la somma era cosi piccola che, un
poco alla volta, i parenti dell’uomo ricco dimenticarono il legato). Ed un giorno l’uomo povero morì.
Quando essi appresero la cosa, ne furono profondamente rattristati, il loro
cuore, in mezzo ai banchetti, ne fu turbato, e la loro coscienza si ridestò, ma
era troppo tardi; l’altro era morto, e
morto di fame, senza sapere che altri
possedeva quanto a lui apparteneva!
Orbene, circa 1900 anni or sono, il
Signore ha dato alle nazioni una eredità
di gloria e di vita, ed ha ordinato ai,
suoi discepoli di farlo conoscere loro
(Marco 15: 15). Ma dei milioni di anime
sono perite, e tuttora ne perisce ogni
giorno un gran numero perchè esse ignorano la preziosa eredità che esse
hanno nella Grazia di Dio.
Ma dici Tu questa parabola per noi,
oh! Signore? (Luca 12: 41).
Sì, caro lettore, essa è anche per te.
Che fai tu?
Che dai fu, per l’annunzio dell’Evangelo ai pagani ?
Che fai tu per chiamare a Cristo le
anime che periscono ?
FIORI in memoria della compianta Signora LINETTE VOLA ved. COTTA
MORANDINI:
Sigg. Meta e Mario,Gallian
Bauer, per l’Òspedale
Valdese, Reparto Maternità L. 600,—
Sig.ra Hilda Bruschettini Roland, per Orfanotrofio » 200,—
Sigg. Arnoldo e Maria Roland, Id. » 100,—■'
Sigg. Cristina e Gianni Barberis, Id. » 100,—
FIORI in memoria dell’Evangelista GUSTAVO BERT:
Sig.na Genicoud, per la Chiesa
di S. Germano L. 20,—
La famiglia, per Id. » 200,—
Id., per i poveri di S. Germano » 100,—
Id., per l’Asilo dei Vecchi di S.
Germano » 200,—
3
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L^ECO DELLE VALLI VALEESI
Brevi considerazioni
snlla pregbiera
L’INTERCESSIONE DELLA CHIESA.
,,,
La Riforma rimise in luce una venta
evangelica vissuta già nella chiesa cri,-stiana primitiva: che ogni credente è
’""sacerdote. Egli dunque come tale può,
.'.umilmente ma direttamente, pregare
Dio per sè e per altri. E’ stata data questa possibilità a tutti i cristiani, senza
distinzione di sorta: ogni singolo credente''- colto o ignorante, ricco o pevere, vecchio o giovane - può compiere
l’ufficio sacerdotale della intercessione.
La qual cosa ha un grande valore in se
stessa per la grandezza e bellezza di
questo ufficio, e nei suoi effetti a prò
di chi lo compie o di chi è l’oggetto
di tale intercessione.
Ora, se tale è per l’individuo, che
cosa non sarà l’ufficio sacerdotale
dell’intercessione per la Chiesa nel
suo insieme? Che cosa essa non otterrà per mezzo di preghiere d’intercessione fatte con fervore con viva
speranza dell’esaudimento? Specie se
essa le continuerà sino a tanto che
non impetri mercè da Dio? — Se l’ufficio sacerdotale d’intercessione era
una grande realtà nell’antico popolo
di Dio, Israele (basti pensare a Mosè
e ad Elia), non sarà questa realtà
tanto più bella e più grande nel nuovo
popolo di Dio, la Chiesa di Cristo?
(Ai Calati VI, 16).
Essa — che crede nella fratellanza
universale e accetta com,e suo compito l’annunzio dell’Evangelo in tutto
■ il mondo, « ad ogni creatura », troverà in quest’ufficio un mezzo potente
che l’aiuterà ad adempiere il sacro
mandato ricevuto da Gesù Cristo.
La preghiera della Chiesa cristiana,
ma la vera preghiera d’intercessione,
può fare molto in questo senso, tanto
per « quelli di fuori », come per « quelli
di dentro », dando occasione al Risveglio di nascere e di svilupparsi sia in
estensione che in profondità.
La. storia della Chiesa evangelica ci
mostra come spesse volte i Risvegli
erano preparati, accompagnati, ravvivati dalla intercessione.
Ogni Chiesa dunque dovrebbe ripristinare quest’ufficio d’intercessione,
mediante riunioni di preghiera periodiche, per la sua stessa vita spirituale
e per il bene delle anime che rimangono
ancora alla sua soglia o lontane da
essa. L. N.
Scrìvono aU’€co...
... il sig. A. B., un valdese al cento
per cento, come si suol dire,- che riconosce quello che si fa, ma vorrebe naturalmente che si facesse mèglio e di
più; e gli lasciamo la parola: « Leggo
dunque, caro Eco, con grande attenzione i tuoi articoli, e, con particolarissima attenzione le « Segnalazioni ».
Non te l’avrai a male se ti confesso che
leggo prima le Segnalazioni e poi gli
articoli! Perchè questa mia preferenza
non è dovuta, come potrebbe insinuare
qualche maligno, al fatto che esse sono
più brevi, ma al fatto che una non bre“Ve esperienza mi ha convinto che la divulgazione di una sana letteratura evangelica è un elemento indispensabile per un normale sviluppo della nostra azione valdese. Perciò avevo salutato con gioia la decisione della Tavola di intensificare questo ramo di attività, e mi ero rallegrato nel sapere
che Giovanni Miegge avrebbe preso,
come si suol dire, la cosa in mano. Perciò saluto con gioia ogni Segnalazione
che mi annunzia che una nuova pubj blicazìone è venuta ad arricchire il non
troppo ricco e non troppo attuale corpus librorum della nostra Chiesa. Però
ecco, c’è ancora qualcosa che manca !
I libri cominciano ad esserci, sta bene;
ma si vendono ? sono conosciuti in tut
te le nostre Chiese ? si fa insomma una
propaganda direi quasi aggressiva per
il nostro libro? C’è in ogni parrocchia,
una persona incaricata di questa diffusione, una specie di fiduciario della
Claudiana ? Mi dirai: c’è il pastore, ed
è vero, m^ il pastore deve preparare i
suoi sermoni, deve fare le sue visite pastorali, e quindi non si può pretendere
che si occupi della diffusione dei libri
nostri, tutt’al più potrà annunziare dall’alto del pulpito che i libri ci sono;
ma non basta; se aspettiamo che la gente si scomodi, stiamo freschi noi, e nella
polvere annosa i libri; è necessario porli
sotto gli occhi, imporli! In una grande
chiesa evangelica di una grande città
germanica ho visto un « banco librario » nell’interno della Chiesa stessa, in
fondo alla navata centrale; tutti erano
obbligati a vederlo! La cosa urterebbe
il nostro latino senso dell’arte ? Perchè
non trovare il modo di utilizzare l’atrio come ho visto in alcune delle nostre Chiese ? Deve proprio essere una
cosa impossibile di trovare in tutte le
parrocchie qualcuno che si incarichi di
questo servizio che è un servizio evangelico al cento per cento?!...
Siamo lieti di dire al sig. A. B. che
il nostro libro si vende; alcuni opuscoli
sono alla seconda edizione; tutti i problemi prospettati non sono certo ancora
risolti, ma sono già stati prospettati e
la parola, o meglio l’opera è agli uomini di buona volontà!
... il Vice-presidente dell’Unione di
Rodoretto, sig. Aldo Tron il quale è lieto di veder arrivare L’Eco che « riferisce qualche notizia a noi cara; aspetto
con gioia il tuo arrivo, perchè non solo
le notizie m’interessano, ma pure i tuoi
soggetti, studi ed aneddoti ». Anche però per il nostro amico c’è un ma, e proprio quello che sentiamo noi! « Ma la
tua attività potrebbe essere ben maggiore se tutti collaborassero più alacremente con te; io parlo per la gioventù
specialmente...: perchè non c’è quell’entusiasmo che ci dovrebbe essere? Non
si potrebbe, per esempio, ogni tanto collaborare al nostro caro Eco, raccontando magari un aneddoto, far presente un
piccolo studio su qualche argomento
concernente la vita attuale, com,e pure
tenerci più uniti, mediante lo scambio
di qualche idea ?».
Il sig. A. Tron spera che la sua idea
non debba essere priva « di un esito
favorevole, perchè così ü nostro Eco
meriterà giustamente il nome di ^ Eco
delle Valli Valdesi ».
Giustissimo desiderio, che è sempre
stata l’aspirazione di tutti i direttori
dell’Eco: non lettori passivi, ma attivi,
che suggeriscano argomenti, che propongano, che discutano; pertanto, grazie.
Doni ricevuti dal Cassiere
della Tavola Valdese per Istituzioni varie
Per Evangelizzazione:
Siila Gherardi, Torre Pollice L. 100,—
Per Emeritazione:
Comba Adolfo e Lidm e figli, in memoria Adele
Pons e Gustavo Bert » 300,—
Revel Ayassot Ester, Torre
Pellico » 25,—
Revel Albina, Grottaferrata » 50,—
Anita Cianferotti, Siena, in
memoria cara sorella e
cognato » 25,—
Per Collegio:
Revel Ayassot Ester, Torre
Pellico » 20,—
Per Orfanotrofio di Pomaretto:
La nonna Cesira Tron, in
memoria di Nino Bosio » 50,—
Alessandrina Avondetto
Gardiol, Torino, in memoria Irma Forneron Gay » 20,—
Jahier Elsa, Torre Pollice,
in memoria » 50,—
Per Orfanotrofio di Torree Pellice:
Cesira Tron, in memoria dei
’suoi cari Past. Giosuè e
.Adele Tron L. 25,—
Per Istituto di Vallecrosia:
■ .rt
Studenti in Teologia, in memqria di Nino Bosio » 100,
Anita. Cianferotti, Siena, in
memoria cara sorella e
, cognato » 25,
Istituto Gould:
Buscaglia Castiglione Clelia,
Montallegro » 50,—
Anita Cianferotti, Siena, in
memoria cara sorella e
cognato » 25,—
Istituto Evangelico Femminile di Firenze:
Anita Cianferotti, Siena, in
memoria cara sorella e
cognato » 25,—
Asilo di Vittoria:
Graziella Gìandinoto, Catania » 5,—
Anita Cianferotti, Siena, in
memoria cara sorella e
cognato » 25,—
\^silo di San Germano:
Coitìm. Federico Margaria,
Torre Pellice » 25,—
.Jpspedale di Torre Pellice:
Lo ¡Zio, prof. Adolfo Tron, in
memoria di Nino Bosio » 50,—
Cesira Tron, in memoria dei
suoi cari Past. Giosuè e
^ Adele Tron » .25,—
Per Rifugio Re Carlo Alberto:
Cesira Tron, in memoria dei
suoi cari Past. Giosuè e
Adele Tron » 25,—
Anita Cianferotti, Siena, in
mèmoria cara sorella e
cognato » 25,—
, Per Diaconesse:
Cesira Tron, in memoria dei
suoi cari Past. Giosuè e
Adele Tron » 25,—
SETTIMANA DI RINDNZIA
Terza Lista.
Chiesa di:
Catania, 1° versamento L. 425,—
Coazze » 225,—
S ampierdarena » 1000,—
Angrogna, Capoluogo » 1250,—
Bobbio Pellice (compreso N. N. L. 60 in memo-
ria dei suoi cari) » 1500,—
Torino, 4° versamento » 3000,—
Riesi » 1161,—
Forano, 2° versamento » 72,—
Santa Lucia » 60,—
Mantova » 150,—
Felonica Po » 455,—
Torre Pellice, 1° versam. » 5434,—
Pinerolo, 1° versamento » 5000,—
Napoli, 2° versamento » 3118,—
S. Germano, 1° versamento » 3000,—
In tempo di guerra tutti devono
imparare a tacere. Notizie, apparentemente innocue, su movimenti di truppe, di lavorazione negli stabilimenti militari,
possono giungere . all’orecchio
del nemico ed arrecare danni
incalcolabili. Nessuna ingenuità e nessuna indiscreziorie. Il
silenzio assoluto su auMsiasi
notizia di carattere militare è
un dovere di tutti gli italiani.
Sostenitori
Torre Pellice: Paschetto Caterina, L.
3 - Vinay Violetta, 3 - Bonnet Anìia, 3
- Susanna Trebino, 3 - Gardiol Elena, 3
- Jalla Ida, 5 - Dott. Quattrini, 5 - Costabel Godine, 5 - Maggiore Clementina,
3 - Favai Ernesto, 2.
Angrogna: Coisson Stefano, L. 2
Monnet Edoardo, 2 - Rivoira Enrico, 3
- Coisson Maria, 3 - Jourdan Àugustina,
3.
Pinerolo: Long Eli, L. 8 - Vincon Guido, 3 - .Balmas Margherita, 3 - Ricca
Seiina, 8. : .
San Secondo; Simondet Paolo, L. 3 »
Famiglia Reynaud, 3 - Rivoira Margherita, 4 - Gay Emanuele, 1,50 - Forneron
Livio, 3 - Paschetto Francesco, 3 - Paschetto Aldo, 3 Avondet Pietro, 3 -r
Gardiol Vicino Ada, 3 - Cardon Bonjour,
3 - Don Ida, 8 - Bertalot Giovanni, 2 Avondetto Farmy, 3 - Romàno Giulia, 2
- pardiol Bartolomeo, 8. "
Bricherasio: Paschetto Lidia, L. 2.
Vico Soprano: Dott. Neidhart, 10.
Torino: Gambellotti Bounous, L. 3
Gay C., 8 - Suor Lidia Pasquet, 3 - Rostan Currado, 3 - Jahier Augusto, 3 Ing. Scaccioni, 13 - Vincon Cavalli, 3 Giacomo Vigna, 3 - E. Musso, 3 - Barus
Giovanna, 3 - Lombardini Teresa, 3 Prof. Peyronel Beniamino, 3 - Chiavia
Lidia, 3 - Rostagno Giovanni, 3 - Ribet
Emilia, 8.
Pramollo: Bouvier Long Luisa, L. 3 Long Giovanni Giacomo, 3 - Long Edoardo, 3 - Pons Luigia, 5 - Plavan Giacomo, 3 - Beux Soulier Elisa, 3 - Soulier
Augusto, 3.
Luserna San Giovanni: Stalè Margherita, L. 3 - Bastia Lidia, 3 - Marta Malan Long, 8 - Monti Emilia, 3 - Pons
Luisa, 2 - Costabel Enrica, 3 - Malan
Luigi, 1.
Firenze: Frache Désiré, L. 5 - Comba
Carlo, 10.
Rorà: Tourn Valentina, 3.
Inverso Porte: Avondet Emilio, L. 3 Avondet Umberto, 8 - Avondet Levi, 3
- Avondet Alessandro, 3 - Avondet Augusto, 3 - Bertalot Luigi, 3 - Beux Paolina, 3 - Avondet Ottavia, 3 - Gallian
Emo, 3 - Forneron Filippo, 3 - Martinat
Luigia, 3 - Pedriali Giuseppe, 3 - Gallian Emma, 3 - Beux G. Paolo, 3 - Gallian Luigi, 3.
(Continua).
CRON/IC/I V/ILbE5E
■ LUSERNA SAN GIOVANNI. Mercoledì 19 corrente ha avuto luogo il funerale della Sig.ra Lidia Coisson vedova
Marino, deceduta agli Airali, all’età di
60 anni.
Alla figlia ed ai parenti in lutto vada
l’espressione della nostra sincera simpatia.
PINEROLO. Gramaglie. Mercoledì 19
corrente, ebbero luogo i funerali del nostro fratello Guglielmo Meynier, deceduto dopo lunghi anni di malattìa, alla
età di 66 anni. Dopo il servizio fimebre
nel nostro tempio, la salma fu trasportata a Porosa Argentina e tumulata nella tomba di famiglia. Alla sorella dell’Estinto, signora Seiina Meynier vedova Ricca, al nipote rag. Guido e a tutti
i congiunti rinnoviamo l’espressione della nostra simpatia cristiana.
FRALI. All’età di 8 anni, si è addormentato nel Signore, Peyrot Filippo, degli Indiritti. I funerali si svolsero, con
grande partecipazione di parenti ed amici, il 19 corr. Ai figli, di cui tre in America ed uno anziano della nostra Chiesa, esprimiamo la nostra simpatia cristiana.
— Lo studente Felice Canal ha presieduto il culto del 23 marzo. Per il suo
m.essaggio, vibrante dì fede e di attualità, gli rinnoviamo ì nostri ringraziamenti.
RODORETTO. Colpito da una polmonite, dopo alcuni giorni di sofferenze,
mancava all’affetto dei suoi cari, Pons
Giovanni, delle Fontane, all’età di 67
anni. Di carattere mite ed affabile, il
nostro fratello aveva saputo conquistarsi
in tutta la valle molta stima ed amicizie.
Ai funerali, che ebbero luogo il 20 corr.,
presero parte, oltre ai numerosi parenti,
molti amici e conoscenti.
Alla famiglia così duramente provata,
rinnoviamo l’espressione della nostra
profonda simpatia cristiana.
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4
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L’ECO DELLE VALLI VALDESI
*
culto di fm
(Meditazioni preparate sui testi del Calendario Biblico della Chiesa Morava)
Lunedi Lettura: Salmo 119: 161-176.
31 Marzo esso, dico, nel quale siamo stati sortiti, essendo stati predestinati secondo il proponimento di colui
che opera tutte le cose secondo il consiglio della sua volontà; acciocché siamo
alla lode della sua gloria noi che prima
abbiamo sperato in Cristo. Ef. 1: 11-12.
Siamo, dice l’Apostolo, e la nostra esperie^a spirituale ce lo conferma, benedetti d’ogni benedizione spirituale,
nei luoghi celesti, in Cristo.
E siamo benedetti in Lui, perchè Egli
ci ha sortiti, scelti, secondo il consiglio
della sua volontà.
Non possiamo conoscere gli altissimi
misteri della volontà di Dio e della predestinazione; non possiamo che umilmente inchinarci ad esse, ringraziando,
per l’immenso dono che ci ha fatto, sortendoci in sorte e predestinandoci. A
noi, il tesoro della Fede, a noi il compito
di conservarla nel nostro cuore e di diffonderla, a noi la grazia di poter sentirci,
già, pur in mezzo alle tempeste del mondo, cittadini del Regno Eterno.
Martedì | Lettura: Marco 14: 43-52.
1 Aprile E se siamo figlioli, siamo
ancora eredi, eredi di Dio e coeredi di
Cristo, se pur sofferiamo con lui, acciocché ancora con lui siamo glorificati.
Rom. 8: 17.
Abbiamo mai seriamente provato quale fonte inesauribile di conforto e gioia
sia per noi il sapere che siamo eredi dì
Dio’ E’ tutto l’opposto di quanto ora ci
unùlia e ci fa soffrire: peccato, miseria
spirituale, dolore. Allora avremo conoscenza, eternità, visione di Dio e sopratutto Amore.
Ma se siamo eredi di Dio siamo coeredi di Cristo, il nostro Divino Fratello,
e dobbiamo quindi, anche in questa
terra, avere comune con lui la sorte,
come l’avremo neUa gloria del cielo.
E’ quindi naturale e giusto che il Cristiano soffra di più che gli altri uomini:
Gesù fu l’uomo dei dolori ed esperto in
languori, e Gesù, oltre che il Salvatore
e il Maestro è il Modello dei suoi seguaci.
Mercoledì Lettura: Marco 14: 53-65.
* Aprile Umiliamoci nel cospetto del
Signore-ed Egli vi innalzerà.
Giacomo 4: 10.
— Il culto della domenica 23 marzo è
stato presieduto dallo studente Felice
Canal, Presidente della Società Pra del
Tomo. Il suo discorso sulle Missioni è
stato ascoltato con molto interesse. Lo
ringraziamo per la sua gradita visita.
TORRE PELLICE. In quest’ultima
quindicina abbiamo avuto quattro dipartenze per Tal di là;
La sig.na Giuseppina Costabel, deceduta all’Ospedale dopo pochi giorni di
malattia.
La signora Linette Cotta Morandini,
che, seriamente provata nella sua salute
durante qualche settimana, sembrava
avviarsi risolutamente verso la guarigione, quando repentinamente fu chiamata dal Maestro.
La signora Emma Decker vedova
Uno degli indizi più certi che mostrano come l’umanità si stia allontanando dal Cristo, è il disprezzo che nutre verso l’umiltà, che è virtù squisitamente Cristiana. Per essa l’uomo riconosce il suo peccato, per essa sente che da
solo non può far nulla di bene e chiede
da Dio aiuto e forza; per essa infine tende la mano ai suoi fratelli in sofferenza
ed in umanità, vedendo in ognuno di |
essi un’anima redenta da Cristo, e si carica del peso dei fratelli più sofferenti.
Ora s’insegna troppo all’uomo a confidare solo in sè stesso, e nella potenza
e nella sapienza umana e gli effetti si
possono riassumere in una parola: caduta. Ecco, all’opposto l’esortazione dell’Apostolo Giacomo; « Umiliatevi nel cospetto del Signore, ed Egli vi innalzerà ». Cadere in ginocchio davanti a Dio
è l’essere innalzati sopra le stelle. Ergersi superbamente è cadere fin nell’infemo.
Giovedì Lettura: Marco 14: 66-72.
3 Aprile Imperocché ciò che la carne pensa ed ha l’animo é a morte, ma
ciò che lo Spirito pensa ed ha l’animo é
vita e pace. Romani 8: 6.
L’Apostolo Paolo, nel Cap. 8 della lettera ai Romani confronta le opere delruórno che non ha in sè lo Spirito di
Dio e quelle di colui che à lo Spirito di
Santità e di adozione. Le opere dei primi, uomini di carne, sono secondo la
carne: ma le opere di coloro che sono
secóndo lo Spirito, sono dello Spirito e
la carne è qui intesa come l’antitesi dello
spirito. Il nostro corpo deve essere lo
strumento datoci da Dio per operare:
come tale à anch’esso la sua dignità e
verso lui abbiamo dei doveri: esso deve
divenire il tempio dello Spirito santo.
Ma quando lasciamo signoreggiare il nostro corpo, egli esercita il suo predominio con tale violenza da riuscire a spegnere lo spirito che è in noi. Allora l’uomo cessa di essere tale per divenire simile alle bestie: peggiore anzi, perchè
esse non sanno di fare male.
Venerdì Lettura: Marco 15: 1-15.
4 Aprile n quale Dio ha innanzi ordinato, per purgamento col suo sangue,
mediante la fede, per mostrare la sua
giustizia per la remissione dei peccati
che sono stati innanzi, nel tempo della
pazienza di Dio. Per mostrare, dico, la
sua giustizia nel tempo presente, acciocché egli sia giusto e giustificante colui
che è della fede di Gesù.
Romani 3: 25-26.
Come potremo. Signore, comprendere
appieno Timmensìtà del tuo beneficio
che ci hai fatto in Cristo Gesù? Come
potremo rendertene grazie? Illumina tu
le nostri menti ed accendi i nostri cuori,
. acciocché l’inno della nostra benedizione
salga fino al trono; per noi, dall’Eternità,
tu hai ordinato Cristo, il tuo Unigenito
a purgamento dei nostri peccati. Oh
quanto grandi ed innumeri sono essi,
e come sentiamo che, giustamente, noi
avremm,o meritato la condanna e la
morte! In esse noi avremmo dovuto riconoscere la tua giustizia; quella giustizia
che il tuo Cristo ha soddisfatto pei noi.
Tu sei giusto, Signore, ma in Cristo
Gesù tu ci hai giustificati; tu hai cambiato Lui del nostro peccato e della nostra morte. Tu hai voluto che noi vivessimo a vita eterna!
Sabato Lettura: Marco 15: 16-20.
5 Aprile E Maria prese una libbra di
olio odorifero di nardo, schietto, di gran
prezzo e ne unse i piedi di Gesù, e li asciugò coi suoi capelli, e Iq casa fu ripiena dell’odor dell’olio.
Giovanni 12: 3.
Quando Maria ebbe la sorte di avere
Gesù nella sua casa, intese il bisogno di
offrirgli quanto aveva di più prezioso.
Ella gli aveva già data la sua anima e
il suo amore, ma comprese che doveva
mostrare la sua dedizione anche con una
offerta esteriore, e gli offri il profumo
di gran prezzo, in tutta umiltà. Anche
noi abbiamo Gesù nella nostra casa; anzi, Egli abita nel nostro cuore: eppure
noi mendichiamo tutti i pretesti, plausibili o no, per offrire a Lui ed alla sua
Chiesa, il meno che ci è possibile.
Porse la dedizione della nostra anima
e del nostro amore è meno sincera e totale di quella di Maria, forse dividiamo
il nostro cuore tra Dio e Mammona, o
forse, semplicemente la nostra fede è
tanto debole che non sappiamo offrire
altro che parole.
I. LOMBARDINI.
Domenica 6 Aprile
Leggere la meditazione in prima pagina
Crocetti, tolta ai suoi cari improvvisamente, quando sembrava rimettersi da
una indisposizione che si confidava avrebbe felicemente superata.
La signora Ricca Susanna vedova
Planchon, di Rio Cro, sofferente da
qualche tempo, stanca e travagliata da
svariate prove, paziente nell’afflizione e
sottomessa alla volontà di Dìo.
Sulle famiglie provate, le quali hanno
sentito nella loro afflizione la realtà ed
i benefici della simpatia fraterna, invochiamo ancora la consolazione di Colui
che sussurra al cuore ferito ed all’anima piangente: « Io vi do la mia pace.
Venite a me ! »
— Una lodevole e benefica attività si
sta svolgendo nella parrocchia, da qualche mese, in favore dei nostri soldati.
Oltrepassano di alcune unità i giovani
che hanno risposto aH’appéllo deUa patria. La « famiglia parrocchiale » ha voluto dar loro una prova tangibile che si
pensa a loro. Senza che si siano organizzate collette non meno di centocinquanta famiglie hanno spontaneamente portato al Pastore indumenti di lana, o offerte in denaro od altri oggetti utili,
, Molti però non hanno ancora concorso
a quest’opera di bene. Ma confidiamo
che lò faranno e li invitiamo cortesernertte a volerlo fare il più presto possibile. Sappiano quei nostri fratelli e sorelle che un qualsiasi dono è accolto con
riconoscenza in qualsiasi momento, ma
evidentemente più presto ci perviene
meglio è.
Il comitato ha potuto mandare fino
ad ora ai nostri soldati una ottantina di
pacchi. Le risposte dei nostri cari soldati dicono quanta sia la loro riconoscenza
per il dono materiale e per il fatto che
prova quanto si pensa affettuosamente
a loro.
VILLASECCA. Fiori in memoria di
Peyrot Hylda in Poet, da ripartirsi fra
l’ospedale, l’orfanotrofio di Pomaretto e
l’orfanotrofio di Torre Pellice: ^ Enrichetta Peyrot in Poet, L. 100 - Emma
Poet in Ferrerò, 50 - F. Peyrot e famiglia, Chiotti, 50.
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E’ in corso di stampa il N. 3
della Serie Azzurra (Vita Spirituale) delle brevi pubblicazioni del Prof. G. Miegge. Ha
per titolo:
«SII FEDELE»
e si rivolge ai Catecumeni che
si preparano a confermare la
loro cosciente adesione alla
Chiesa.
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LIBRERIA EDITRICE CLAUDIANA
TORRE PELLICE
Prof. Qìno Costabel, direttore responsabile
ARTI GRAFICHE « L’ALPINA » - Torre Pellice
Indirlizi di Chiese Valdesi
Angrogna — Pastore : Arnaldo Comba.
Angrogna (Serre) — Cand. Theol.
Edoardo Aime.
Bobbio Pellice — Pastore : Alberto
Ricca.
Luserna San Giovanni — Pastore : Lorenzo Rivoira.
Massello — Pastore : Enrico Tron.
Perrerò — Pastore : Oreste Peyronel.
Pinerolo — Pastore : Luigi Marauda.
Pomaretto — Pastore : Guido Mathieu. ’
Prali — Pastore : Arnaldo Genre (incaricato).
Pramollo — Pastore : Paolo Marauda.
Piarostino — Pastore : Umberto Bert.
Riclaretto — Pastore : Alfredo Janavel.
Rodoretto — Pastore : Arnaldo Genre.
Rorà — Pastore ; Enrico Geymet.
San Germano Chisone — Pastore : Gustavo Bertin.
Torre Pellice — Pastore : Giulio Tron.
Viliar Penice — Pastore ; Roberto Jahier.
« Chiesa di Cristo » - Culto
- Pastore : Carlo Gay, da
Abbazia
ore 16
Fiume.
Aosta — Chiesa : Via Croce di Città, 11
— Pastore : Vittorio Subilia.
Barga — Chiesa Valdese (da Pisa).
Bari — Chiesa Valdese — Pastore : A.
Miscia - Via Tanzi, 33.
Bergamo — Chiesa : Viale Vittorio
Emanuele, 4 — Pastore : Mariano
Moreschini - Viale Vittorio Emanuele, 52.
Biella — Chiesa : Piazza Funicolare Culto la 1^, 3®, 5® Domenica del mese
(da Ivrea).
Bordighera — Chiesa ai Piani di Vallecrosia — Pastore : Davide Pons Piani di Vallecrosia (Imperia).
Borrello — Chiesa Valdese (da Carunchio).
Brescia — Chiesa ; Via dei Mille, 4 —
Pastore : Davide Forneron, ivi.
Brindisi — Chiesa Valdese : Via Congregazione (da Taranto).
Caltanissetta — Chiesa : Via B. Gaetani, 50 (da Riesi).
Campobasso — Chiesa Valdese (da San
Giacomo).
Carema — (da Ivrea) - 2® Domenica.
Carunchio — Chiesa Valdese — Pastore;
Liborio Naso.
Castelevenere — Chiesa Valdese (da
Ivrea).
Catania — Chiesa ; Via Naumachia, 20
— Pastore ; Teodoro Balma, ivi.
Cerignola — Chiesa Valdese (da Or
sara).
Como — Chiesa : Via Rusconi, 9 — Pastore : Carlo Lupo - Via T. Grossi, 17.
Coazze — Chiesa Valdese — Pastore :
Francesco Lo Bue.
Corato — Chiesa Valdese : Corso Mazzini, 27 (da Bari).
Cormaiore — Chiesa Valdese — Pastore : Vittorio Subilia.
Felonica Po — Chiesa Valdese — Pastore : Lami Co'isson.
Firenze — Chiesa : Via dei Serragli, 49
— Pastore : Emilio Corsani, ivi —
Chiesa ; Via Manzoni, 21 - Pastore :
Tullio Vinay, ivi.
Fiume — Chiesa : Via Pascoli, 6 e 8
(Culto ore 10) — Pastore : Carlo Gay,
presso Wiltsch - Via Baccich, 5.
Forano Sabino (Rieti) — Chiesa Valdese — Pastore ; Enrico Pascal.
Genova — Chiesa : Via Assarotti —
— Pastore : Francesco Peyronel Via Cùrtatone, 2.
Grottaglie — Chiesa Valdese (da Taranto).
Grotte (Agrigento).— Chiesa Valdese
(da Riesi).
Ivrea — Chiesa : Corso Botta, 5 — Pastore : Arturo Vinay - Casa Bavera Piazza d’Armi.
Chiesa Valdese (da
La Maddalena
Roma).
Latiano — Chiesa Valdese (da Taranto).
Livorno — Chiesa : Via G. Verdi, 8 —
Pastore : Alberto Ribet, ivi.
Lucca — Chiesa : Via G. Tassi, 18 (da
Pisa).